TUTTO QUELLO CHE UN ALLENATORE DI CALCIO DEVE SAPERE
È l’Inghilterra, comunque, a essere ritenuta la vera patria del calcio, sebbene nell’anno 1350 questo sport fu addirittura bandito dal sovrano inglese Edoardo III, convinto che distraesse i suoi sudditi dalla pratica delle arti di guerra quali ad esempio il tiro con l’arco. Nonostante tutte le avversità subite nel corso dei secoli, il gioco del calcio, a poco a poco, è riuscito a compiere un’ascesa trionfale, che oggi l’ha portato a diventare lo sport più amato nel mondo.
Capitolo 1 Cenni di storia sul gioco del calcio
Dove nasce il calcio moderno Il calcio moderno vero e proprio nasce dunque in Inghilterra, paese nel quale nel 1846 prende vita la prima società di calcio del mondo, il Cambridge Club Football. È facile intuire come attorno a questo sport siano fioriti numerosi aneddoti che inevitabilmente sono stati tramandati nel tempo. Uno di questi narra che nel 1855 il rettore dell’università di Harrow, per far sì che i propri calciatori, per rispettare le regole, non toccassero il pallone con le mani, impose loro di indossare durante le gare un paio di… guanti bianchi! Il 26 ottobre 1863 l’elaborazione plurisecolare del gioco si fissa in un atto ufficiale: undici dirigenti di club e di scuole londinesi, riuniti nella Free Masons Tavern, “una taverna massonica”, sulla Great Queen Street, fondarono la Football Association. Fin dalla nascita, il calcio riscosse un grande successo, sia per la semplicità delle regole che per il dinamismo insito nel gioco stesso. Un passo importante verso il professionismo fu compiuto nel 1897, quando a Londra fu istituita la prima associazione di giocatori britannici, che si sarebbe trasformata poi nella potente PFA (Professional Footballers’ Association). Con la nascita della federazione inglese, furono stabilite una serie di regole atte a mettere ordine e portare lealtà tra i giocatori. Per impedire, ad esempio, che alcuni giocatori stazionassero lontano dalla palla, fu introdotta la regola del fuorigioco, che a posteriori risulterà determinante nell’evoluzione del calcio, infatti: veniva a trovarsi in posizione irregolare qualsiasi giocatore che stazionava davanti alla linea della palla in tutto il campo.
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Capitolo 2 I principali test da campo r
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I test sono verifiche che permettono ai tecnici e ai preparatori atletici di stabilire la condizione fisico-atletica dei loro calciatori in uno specifico periodo dell’annata calcistica in corso. • Salvo alcuni casi, i test si eseguono: ad inizio stagione (test d’ingresso); a metà stagione (test di paragone);a fine stagione (test di uscita).
Test di Cooper (resistenza aerobica) Il test di Cooper è il test più conosciuto e utilizzato, in particolare tra le squadre dilettantistiche. Serve a valutare la resistenza aerobica del calciatore. Per eseguirlo sono necessari una pista d’atletica (o, in alternativa, un percorso tracciato ai bordi del campo di calcio accuratamente misurato) e un cronometro.
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Descrizione Dopo una buona messa in azione, il calciatore, nei 12 minuti previsti dal test, deve percorrere la maggiore distanza possibile; si esegue una sola prova, bisogna che il calciatore sia in grado di distribuire le proprie forze. • Meno di 2000 metri - Valutazione insufficiente • Da 2000 a 2400 metri - Appena sufficiente • Da 2400 a 2800 metri - Discreta • Da 2800 a 3200 metri - Buona • Oltre 3200 metri - Ottima Per i dilettanti una discreta prova varia da 2730 a 2900 metri, distanze inferiori ai 2730 sono scarse, distanze superiori ai 2900 sono largamente sufficienti. La corsa di fondo di 12 e 6 minuti (per misurare l’attitudine cardiorespiratoria). Da un punto di vista fisiologico, gli sforzi di una durata inferiore ai 5 minuti non permettono di valutare la capacità cardiorespiratoria. Al contrario del test di Cooper, la batteria di Moper utilizza la corsa di 6 minuti per la misurazione dell’attitudine cardiorespiratoria. Leytan (1982), Kemper (1980) e Bernini (1980), comparando i risultati dei test di corsa dei 6 e dei 12 minuti, hanno stabilito che per misurare sul campo l’attitudine cardiorespiratoria può risultare sufficiente un test di corsa sui 6 minuti.
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Capitolo 3 Fisiologia spicciola
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La contrazione muscolare La contrazione muscolare avviene in quanto particolari siti delle teste di miosina sono in grado di legarsi a speciali recettori posti sulle membrane di actina, successivamente la testa della miosina si muove verso il centro del sarcomero trascinando con se l’actina e provocando lo scivolamento del filamento sottile verso il centro, mentre il filamento spesso resta immobile. Una volta terminato il movimento in avanti, la testa della miosina si stacca dall’actina arretrando e legandosi a un’altra molecola di actina. Con questo movimento di andata e ritorno i filamenti sottili vengono fatti scorrere verso il centro trascinando con se le bande Z (che sono fibre di connessione alle quali sono legati i filamenti sottili). Dopo aver descritto quali sono i componenti attivi e il loro comportamento, si cerca ora di capire quale ruolo giochi l’ATP nella contrazione. Una volta formata la relazione actina-miosina, occorre energia per poter rompere il legame e consentire il rilascio della contrazione. Entra quindi in gioco l’ATP, che legandosi sulla testa di miosina fornisce l’energia necessaria per scindere il legame actina-miosina con il conseguente spostamento della testa della miosina verso la linea Z. Durante questo movimento l’ATP è idrolizzata, liberando energia che viene immagazzinata nella testa della miosina. La testa di miosina è quindi fornita di energia potenziale e può legarsi all’actina, liberando energia e generando la spinta della testa verso il centro del sarcomero; questo evento è denominato “colpo di potenza”. Poiché la testa di miosina è legata al filamento di actina, questa viene trascinata e di conseguenza anche le due bande Z del sarcomero si avvicinano in quanto saldamente collegate con i filamenti sottili. A questo punto actina e miosina si trovano fortemente legate ed è necessario quindi l’intervento dell’ATP, come descritto, per rompere tale legame. La contrazione, come noto, è un’azione volontaria che implica l’intervento del sistema nervoso centrale che ordina la contrazione stessa ed evita che questa possa rimanere perennemente in azione. Nel muscolo a riposo i recettori dell’actina sono coperti da filamenti di tropomiosina che impedisce la formazione del complesso actina-miosina.
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Capitolo 4 I principi della gestione dell’allenamento calcistico
Si possono classificare almeno sei principi per la gestione dell’allenamento calcistico. ► Principio della consapevolezza: il calciatore deve essere consapevole di ciò che serve al suo miglioramento: spiegare quindi come e perché, il fine e le modalità di ogni esercizio. ► Principio della partecipazione attiva: il calciatore deve essere interessato all’allenamento in quanto la motivazione è la chiave dell’apprendimento. ► Principio della metodicità: avere un metodo e una logica; il lavoro che si esegue deve tener conto di quanto svolto prima e di quello che sarà svolto in seguito con una programmazione a breve e medio termine. ► Principio della semplicità e della chiarezza: il dialogo con i propri calciatori deve essere chiaro, coinciso e completo; proporre durante gli allenamenti la ripetizione continua di gesti semplici, chiari e collegati tra loro; prestare molta attenzione alla legge della saturazione. Maggiori sono le aspettative di risultati, più aumenta lo stress. ► Principio della varietà e della molteplicità: essere vari e molteplici significa variare l’esercitazione in funzione dello stesso scopo, che deve però risultare sempre ben preciso. ► Principio dell’evidenza: il mezzo più chiaro per l’apprendimento è l’imitazione, in quanto l’occhio vede, il cervello decide e il muscolo esegue. ► Principio dell’adattamento: si lavora in base alle capacità di risposta dei propri calciatori. Solo conoscendo le loro capacità e i vari fattori che possono influenzarle è possibile programmare un piano di lavoro efficace e funzionale. Un singolo allenamento è formato da • la resistenza, la un insieme di esercitazioni che possoforza e la velocità no impegnare qualità fisiche come:
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e qualità specifiche come:
• la tecnica e la tattica.
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Oggi le nuove situazioni tattiche, il miglioramento sul piano fisico e le nuove metodologie di allenamento hanno fatto sì che la sequenza dei gesti si sia modificata in: • scegliere (pensiero), Atto tattico - capire, valutare; • gesto tecnico (azione), Tecnica di base applicata (spazio, tempo); • eseguire (Azione), Tecnica applicata.
Capitolo 5 Giochi e attività pratiche
La tecnica La tecnica è l’insieme di tutti quei movimenti necessari a un calciatore nello svolgimento della gara. La tecnica si divide in tecnica di base, tecnica applicata di possesso palla e di non possesso. La tecnica di base • Calciare • Stoppare • Guida della palla • Colpo di testa • Rimesse laterali • Contrasto
Contrasto
La tecnica applicata Rappresenta tutti quegli accorgimenti attraverso i quali la tecnica di base risulta utile, economica e redditizia nello svolgimento della gara.
Fase di possesso • Smarcamento • Controllo e copertura della palla • Passaggio • Finta e dribbling • Tiro a rete Fase di possesso palla • Lo smarcamento è un’azione di gioco che deve essere applicata con tempismo e raziocinio. Il calciatore in possesso di palla deve infatti poter avere due o più possibilità di scelta di gioco. Lo smarcamento, salvo in rari casi, non deve compromettere l’equilibrio tattico della squadra e
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Capitolo 6 Situazioni di palla inattiva
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Il gioco del calcio è indubbiamente uno degli sport di squadra più amati al mondo, veicola interessi economici enormi facendo sì che il risultato delle gare diventi quasi una questione di vita o di morte. Negli ultimi anni valenti studiosi hanno elaborato dati statistici dai quali si evince che la percentuale di reti segnate in tutti i campionati del mondo da sviluppi di palle inattive varia dal 40 al 45% del totale. Visto che per quanto riguarda la preparazione delle partite ormai niente è lasciato più al caso, la quasi totalità dei tecnici dedica sempre più spazio durante gli allenamenti allo studio di esercitazioni specifiche sia per quanto riguarda la parte attiva che per quanto riguarda la fase passiva, in modo da poter codificare il maggior numero di situazioni possibile. Premesso che esistono in circolazione sui calci piazzati considerando che queste situazioni si possono verificare in molte zone del fronte d’attacco e a distanze diverse dalla porta, una squadra davvero organizzata deve essere in grado di attivare appropriati schemi, sia attivi che passivi, studiati e provati in allenamento e atti a controbattere e sorprendere le squadre avversarie.
Palle inattive Si possono classificare come palle inattive: • calci d’angolo; • rimesse laterali; • punizioni; • calci di rigore. Per quanto riguarda i falli laterali e le punizioni centrali dirette o indirette, la loro preparazione ed esecuzione dipenderà esclusivamente dalla distanza dalla porta avversaria. In diverse situazioni di palla inattiva sono determinanti due azioni di gioco attivo denominate: • blocco; • velo. Per blocco si intende un’azione di gioco che permette a un calciatore della squadra attaccante di liberarsi dalla marcatura grazie a un movimento di un compagno che di fatto si inserisce sulla linea di corsa dell’avversario, appunto bloccandolo. Per velo si intende un’azione di gioco che spesso riesce a diso-
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Capitolo 7 Accenni sul gioco a zona
Questo sistema di gioco ha preso piede in Italia dopo l’avvento del tecnico Arrigo Sacchi al Milan, ul finire degli anni Ottanta.
I vantaggi del gioco a zona • Si marca in rapporto alla posizione della palla con distribuzione maggiore del carico di lavoro in campo. • Si è più numerosi attorno alla palla, quindi è possibile riprendere l’iniziativa più spesso. • Le distanze fra i reparti sono inferiori e quindi è più facile effettuare il pressing e diversificare gli attaccanti in fase conclusiva. • Gli spazi sono più ridotti tra i calciatori e sussiste una equa distribuzione sul terreno di gioco, per cui si hanno maggiori possibilità di trovare un compagno nella zona destinata e nello stesso tempo maggiori possibilità di effettuare passaggi facili.
Gli svantaggi del gioco a zona
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• Difficoltà nel “passarsi” l’avversario da zona a zona. • Si hanno meno contatti diretti con l’avversario, quindi è necessaria una maggiore organizzazione tattica e mentale. • La squadra avanza più lentamente sul terreno di gioco.
Requisiti per attuarlo
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• Fascia laterale opposta all’attacco avversario libera. • Squadra corta. • Interscambiabilità dei ruoli. • Pressing e fuorigioco. • Gli esterni bassi di movimento che a turno si propongono. • I due centrali dovrebbero avere caratteristiche fisiche compatibili, uno forte fisicamente per difendere sulle palle alte, uno molto veloce per i recuperi e le diagonali difensive. • Si accorciano gli spazi in senso orizzontale e verticale in fase di non possesso man mano che gli avversari si avvicinano alla porta.
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Capitolo 8 La settimana che precede la gara
scindere la figura dell’allenatore del settore giovanile da quella di allenatore della prima squadra
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Per poter esprimersi al meglio durante la gara, il giocatore non deve essere soltanto ben allenato a livello fisico, ma anche e soprattutto a livello psicologico. Ogni calciatore, all’inizio della stagione, deve porsi degli obbiettivi da raggiungere, programmando di conseguenza la sua annata agonistica. Le attività proposte dal tecnico dovrebbero quindi permettergli di raggiungere obiettivi alla sua portata, adottando un insegnamento progressivo tale da consentirgli di mettere in atto di volta in volta le opportune autocorrezioni: • tecniche; • tattiche; • fisiche; • comportamentali. Il calciatore deve essere sempre consapevole del ruolo che ricopre nel contesto in cui opera e quindi il suo comportamento deve risultare confacente in campo e fuori, nel rispetto del suo ruolo sociale; quando questo non avviene, diventa fondamentale la competenza umana e pedagogica dell’allenatore, che dovrà comunque mostrare al gruppo squadra grande competenza, carisma e tranquillità. A questo punto è comunque fondamentale scindere la figura dell’allenatore del settore giovanile da quella di allenatore della prima squadra. Sarebbe opportuno affidare la guida di una squadra del settore giovanile a un ex calciatore, magari professionista, capace di trasmettere le proprie esperienze vissute in tanti anni di calcio. Per una prima squadra, invece, si ritiene più adatto un conoscitore della categoria, un mestierante in grado di risolvere problemi complessi: • tecnici; • tattici; • fisici; • ambientali. È indiscutibile che i quattro pilastri su cui si reggono le fondamenta di una squadra di calcio sono: • la tecnica; • la tattica; • la preparazione fisica; • la preparazione psicologica.
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Capitolo 9 La PNL (Programmazione Neuro Linguistica)
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Forme e origini della PNL Appare doveroso introdurre il concetto della PNL per indurre, soprattutto i più motivati fra i giovani allenatori, alla scoperta di un concetto che presto entrerà significativamente nelle programmazioni del lavoro calcistico anche a livelli di base: le fonti per applicazioni più pratiche del metodo sono ampiamente disponibili. Blander e Grinder svilupparono negli anni ’70 la PNL- Programmazione Neuro Linguistica come metodo e sistema applicativo di crescita a livello personale. Una forma riassumibile come lettura dei fatti reali per definirne il modello analitico e soprattutto quello operativo allo scopo di ottenere con un insieme di tecniche e strumenti frutto anche dell’integrazione tra approccio limnguistico e cibernetico, sistemi della comunicazione, capacità percettive ed esperiene pregresse.
Concetti generali Per la PNL i pensieri, le parole e i gesti dell’individuo combinano i loro effetti interagendo tra loro nelle modalità di percezione del mondo. Se si modifica il sistema di credenze relativo a ciò che è la realtà esterna e a ciò che è la realtà interna, ognuno può potenziare e migliorar le proprie percezioni, azioni e performance: ciò cambiando la percezione del mondo e la risposta a esso applicando opportune tecniche di cambiamento. La PNL può sviluppare l’attitudine al successo, amplificando i comportamenti positivi e diminuendo quelli negativi e limitanti. Il cambiamento può avvenire riproducendo i comportamenti di successo attraverso un processo di rimodellamento. Tutti hanno nel proprio essere tutte le risorse per avere successo e “ Bandler e Grinder scelsero tre terapeuti di successo - Fritz Perls, Virginia Satir e Milton Erickson - come modelli ispiratori della PNL. I due studiosi analizzarono gli schemi di comportamento e di pragmatica dell’azione terapeutica dei tre e svilupparono schemi specifici per la comuni-
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Capitolo 10 Alimentazione
Introduzione ad un’alimentazione corretta Un’alimentazione corretta deve essere: • bilanciata e cioè l’apporto energetico deve essere pari alle perdite causate dalle attività fisiche, altrimenti il corpo sarà costretto a ricorrere alle riserve energetiche; • equilibrata e cioè il rapporto di consumo dei vari costituenti deve essere più o meno costante: • glicidi 55%; lipidi 30%; protidi 15%; in particolari condizioni (in fase di allenamento) l’apparato proteico aumenta: • glicidi 55%; • lipidi 20%; • protidi 20%; • digeribile, quanto più difficilmente viene digerito il cibo quanto più sforzo deve compiere lo stomaco e tutto l’apparato digerente. • appetibile, quanto viene proposto alla bocca deve essere gradito al soggetto, seguendo le regole della giusta quantità.
Regole temporali La digestione gastrica impiega per un pasto normale dalle 3 ore alle 3 ore e 30’
La digestione gastrica, ovvero la più dispendiosa, impiega per un pasto normale dalle 3 ore alle 3 ore e 30’. Durante questo lasso di tempo l’organismo non può esprimere una prestazione fisica ottimale (rischio congestione) e per logica successione una buona prestazione può essere raggiunta soltanto dopo 3-4 ore dall’ultimo pasto.
L’alimentazione dello sportivo
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Sia per le attività lavorative abituali che per le attività fisiche di grande intensità svolte da chi pratica sport, è assolutamente necessario reintegrare con l’alimentazione le riserve energetiche consumate durante lo sforzo. Il mancato ripristino di queste riduce rapidamente le capacità di prestazione e, se protratto nel tempo, influenza negativamente la funzionalità dell’intero organismo. La reintegrazione dei consumi energetici con una corretta alimentazione è dunque di grande importanza nell’equilibrio ge-
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Capitolo 11 Il regolamento del calcio in pillole Il terreno di gioco deve presentare queste dimensioni
Nel corso degli anni le regole del calcio sono state riscritte diverse volte, oggi, nel 2008, queste regole sono ben 17.
Regola 1 Il terreno di gioco Il terreno di gioco deve presentare queste dimensioni: larghezza massima 90 m, minima 45; lunghezza massima 120 m, minima 90. Le porte devono avere un’altezza di 2,44 m e una larghezza di 7,32 m.
Regola 2 Il pallone Il pallone deve presentare una circonferenza massima di 70 cm e minima di 78 cm. Il suo peso deve essere minimo di 410 g e massimo di 450 g all’inizio della gara.
Regola 3 Il numero dei calciatori Il numero dei calciatori per ogni squadra deve essere massimo di 11, di cui uno giocherà da portiere, e minimo di 7, di cui uno giocherà da portiere. Le sostituzioni, a prescindere dal ruolo, potranno essere non più di 3. Equipaggiamento di un calciatore
Regola 4 L’equipaggiamento dei calciatori Ogni calciatore dovrà obbligatoriamente indossare: una maglia, calzoncini, calzettoni, parastinchi e scarpe; è fatto obbligo ai portieri di indossare colori che lo contraddistinguano dagli altri calciatori, dall’arbitro e dagli assistenti.
Regola 5 L’arbitro
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Ogni gara si disputa sotto il controllo dell’arbitro, al quale è conferita l’autorità necessaria per vigilare sul rispetto delle regole del gioco nell’ambito della gara che è chiamato a dirigere. L’arbitro deve: • far osservare le regole del gioco; • assicurare il controllo della gara in collaborazione con gli
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ALLENAMENTO
Capitolo 12 Le domande alle I quesiti più comuni del giovane allenatore quali un allenatore dilettante e le relative indispensabili risposte dilettante dovrebbe Dall’esperienza di anni di “didattica” diretta o indiretta, come saper rispondere frutto cioè di interventi di insegnamento in corsi o come diffusione di consigli a colleghi collaboratori più giovani, è nata la raccolta che segue. È fondamentalmente una summa-sintesi di tutto quanto eposto nel manuale e comunque un elenco molto pratico dei quesiti più ricorrenti che si raccolgono nel confronto con chi è alle prime esperienze allenanti. Definizioni sintetiche senza alcuna pretesa di assoluta scientificità e senza anche la pretesa di esaurire argomenti troppo importanti in rapporto allo spazio descrittivo disponibile, ma sicuramente utili almeno come punti di partenza.
Allenamento A che cosa serve la messa in azione? La messa in azione o riscaldamento è una fase della seduta di allenamento che spesso, purtroppo, è trascurata. Sarebbe importante sapere che se il muscolo non va in temperatura diventa probabile incorrere in contratture, stiramenti e strappi muscolari. Gli allenatori, in special modo quelli che allenano squadre dilettantistiche che si ritrovano alla sera, dovrebbero cercare di utilizzare i propri tempi di allenamento senza togliere spazio alla messa in azione.
A cosa serve lo stretching?
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Lo stretching che si effettua attualmente (2008) sui campi di calcio è sicuramente inadeguato. Se si considera che nell’istante in cui il calciatore esegue una serie di esercizi di stretching mette in atto una sorta di prevenzione contro gli infortuni sia tendinei che muscolari e quanto può valere, in termini economici, proprio l’infortunio a un ginocchio o a un muscolo di un calciatore, si comprende l’errore commesso dalla stragrande maggioranza degli allenatori e dei preparatori atletici, che spesso praticano questa disciplina senza conoscerne i risvolti, sia positivi che negativi.