Sommario Corruzione Capitale | Roma ai tempi degli ingranaggi lubrificati Arte reattiva Collettivo Neworld
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“O città venale [Roma] e destinata presto a perire, se troverà un compratore.” (Giugurta, Re della Numidia ed abile corruttore) Giovanni Argan
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L’organo dentato Michela Becchis
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Arte contemporanea reattiva Raffaella A. Caruso
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Vox clamantis in deserto Antonella Catini
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Per una nuova vocazione civile dell’arte: appunti e riflessioni Anna Cochetti
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La corruzione ci riguarda tutti Umberto Croppi
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Nulla di nulla Francesco Giulio Farachi
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Roma. Istruzioni per l’uso (e l’abuso) Il malaffare ai tempi del Secondo Decadentismo Massimo Rossi Ruben
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Special Guest
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Performances
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Corruzione Capitale: un’indagine artistica delle declinazioni del male Laura Lioce
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Opere
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Associazione Neworld
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Curatore
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Corruzione Capitale | Roma ai tempi degli ingranaggi lubrificati Arte reattiva Se è vero che uno dei motivi d’essere dell’Arte è quello di aprire gli occhi, di suscitare la crescita e la riflessione, di accendere il dibattito sulle più scottanti tematiche coeve, allora Corruzione Capitale è la mostra per antonomasia. Un vero e proprio percorso che parte dall’odierno ma ha le proprie radici nel passato e abbraccia tutte le epoche del malaffare.
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Mafia Capitale, altrimenti nota come Cupola Romana, è una delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e politicoimprenditoriale operante a Roma dal 2000. Ha come antecedenti le rapine dei Nuclei Armati Rivoluzionari degli anni Ottanta, e successivamente la banda della Magliana. L’inchiesta «Mondo di Mezzo» del 2014, che si spera abbia efficacemente smantellato l’organizzazione criminale, ha rivelato la facilità con cui la corruzione e la malavita hanno potuto inserirsi nelle attività gestite dalla Pubblica Amministrazione Italiana. O forse, semplicemente, ha puntato i riflettori su cose che erano sotto gli occhi di tutti da chissà quanto tempo. Che Roma sia una grande sacca, piena di virtù ma anche di radicati vizi, non è una novità. Lo sapevano i Romani, nostri antenati, ben prima di noi. Lo gridavano senza timore i letterati della caput mundi, lasciandocene testimonianza nei loro scritti. Era già il primo poeta aristocratico, Lucilio (II sec a.C.), ad attaccare nelle sue satire i politici romani e la loro corruzione. A predire ai suoi concittadini che se non avessero abbandonato l’amore per il lusso e il denaro, avrebbero perso la propria moralità. Due secoli dopo Tacito, negli Annales, apre il sipario su un’epoca di profondo disagio sociale, mostrandoci i veri meccanismi del potere in una Roma sempre più distante dal mos maiorum, da quegli antichi costumi che avevano reso grande la capitale in tutto il mondo. L’indagine sulla corruzione, che è essenzialmente studio della natura umana e delle sue declinazioni in prossimità del potere, continua ancora in epoca trecentesca con Dante Alighieri e la sua Divina Commedia. Nei canti XXI e XXII dell’Inferno, il poeta tratta la casistica dei peccatori di frode. Coloro, cioè, che a vario titolo hanno imbrogliato, rubato, tradito la fiducia altrui approfittando del proprio carisma e della propria posizione sociale.
Li troviamo nell’ottavo cerchio dell’inferno, che ha il nome di Malebolge. In dieci bolge - quasi borse, gole di pietra in cui gettare questi disonorevoli individui - si alternano gli adulatori, che ingannarono i potenti con le loro lusinghe per fini personali; i barattieri che, complice la propria posizione politica, si macchiarono del peccato di concussione; i falsari di metalli, di persona, di parola e di monete. E ancora ladri, seminatori di discordia, indovini, ipocriti, ruffiani e seduttori, simoniaci. L’animo umano si deforma ad assumere ogni possibile, deviata sfumatura, e ne ricava la terribile punizione che merita secondo la dantesca legge del contrappasso. Incedendo tra le bolge li si sente urlare eternamente, immersi tra la pece bollente o nello sterco, lambiti dalle fiamme, frustati e mutilati da demoni. Una battaglia antica, una indagine sempre aperta sulle meschinità umane. Un perché al quale, ancora oggi, si cerca risposta. L’Arte di Corruzione Capitale è in grado di raccontare la sopraffazione e la devianza criminale che hanno insanguinato e umiliato Roma e tutta la Nazione. Una tematica ancora viva e scottante, che i singoli artisti interpretano e modificano attraverso scenari immaginari di mondi, però, terribilmente verosimili. Con le lenti del gioco e del colore, con tratti onestamente disarmanti, gli artisti protagonisti dell’evento offrono un rinnovato dibattito agli spettatori odierni, una riflessione propositiva su una questione tristemente concreta e che ci riguarda tutti. E così Corruzione Capitale è un percorso di idee differenti che si alternano ad indagare, tra le scelte umane, quelle dettate dai giochi di potere, dai giochi di corruzione che passano per il sesso e il denaro, di mano in mano fino ad avvelenare l’aria e l’acqua di una società avvizzita. A privarla della sua linfa, in bella mostra, gli eterni difetti umani. Corruzione Capitale lascia la parola a un’Arte che non si limita a farsi osservare, ma si fa scrutatrice a sua volta. E guarda dall’interno il popolo romano, ma anche l’Italia tutta e il nostro tempo con le sue logiche inquinate da quell’aria e quell’acqua. E restituisce, come un implacabile specchio, ogni terribile deformità della morale umana. Collettivo Neworld
“O città venale [Roma] e destinata presto a perire, se troverà un compratore.” 1 Ascoltando alla radio o alla televisione le notizie riguardanti l’ennesimo episodio di corruzione, si è spesso spinti a credere che, nei tempi antichi, questi spregevoli avvenimenti fossero sporadici e comunque puniti con estrema severità. Quanti di noi rievocano un’età dell’oro, ormai perduta, e adducono come esempi le nobili virtù dei nostri antenati Romani! Ma quest’idea romantica, che ci è stata tramandata dall’Ottocento ed è stata ampliata dalla propaganda fascista, è un falso mito che non può recare sollievo allo spirito. Basta infatti leggere gli autori antichi, per scoprire che, oltre ad aver ereditato dai Romani splendidi monumenti ed una grandiosa cultura, ne abbiamo conservato –ahimè!- i malcostumi. Lo storico Tito Livio ci racconta che, nel corso della seconda guerra punica, precisamente nel 215 a.C., la Repubblica si trovò in difficoltà economiche e si appellò ai pubblicani affinché facessero credito allo Stato e rifornissero di vestiti e di frumento l’esercito in Spagna. Tre società di pubblicani assunsero l’appalto, richiedendo però due garanzie: “che fossero esentati dal servizio militare, finché avessero quell’appalto pubblico, e che la merce caricata sulle navi viaggiasse a rischio dello Stato in caso di attacchi dei nemici o di naufragio per tempesta.2” Fin qui, i pubblicani sembrerebbero davvero degni di lode, essendo accorsi in aiuto dello Stato in un momento di estrema difficoltà, anche a costo di perdere i loro averi. Ma poi si scopre che questo amore patrio, non era assolutamente disinteressato. I pubblicani Postumio di Pirgi e Pomponio Veientano, furono poi condannati per truffa ai danni dello Stato, avendo approfittato delle garanzie concesse: “Costoro poiché erano a rischio dello Stato le merci che venivano portate agli eserciti nel caso di tempeste, avevano inventato falsi naufragi, e quegli stessi veri naufragi che avevano denunciato erano avvenuti per frode loro, non per caso. Su navi vecchie e scassate avevano caricato poche merci e di poco prezzo, e dopo averle affondate in alto mare e raccolti i marinai in scialuppe preparate in precedenza, falsamente asserivano che le merci avevano un valore molte volte superiore.3” Passando agli anni dell’impero, abbiamo una lettera di Plinio il Giovane, il quale, ricoprendo la carica di governatore della Bitinia (111-112 d.C.), scrive all’imperatore Traiano per informarlo di un problema –assai frequente ai nostri tempi- di sperpero di danaro pubblico per opere incompiute: “La comunità di Nicomedia, o signore, ha speso 3.318.000 sesterzi per un acquedotto che, ancora incompiuto, è stato abban-
donato e addirittura distrutto; per un altro acquedotto sono stati di nuovo stanziati 200.000 sesterzi. Abbandonato anche questo occorre una nuova spesa, perché abbiano l’acqua gli abitanti di Nicomedia che hanno sciupato tanto denaro…4” Questi sono solo alcuni dei tanti episodi di malcostume, che si sono consumati nei diversi periodi della storia della Roma antica e che ci sono stati tramandati dagli autori classici. Si capisce quindi che il fenomeno della corruzione vanta, purtroppo, una lunga tradizione e che estirparlo non risulta così semplice. Lasciando alle leggi e ai magistrati il compito di combatterlo sul campo, ci si può chiedere in che modo gli intellettuali e gli artisti possano apportare il loro contributo per sradicare una mentalità malsana, cancro di tutte le società. Se grandi maestri del passato, come Giotto o Michelangelo, hanno dipinto soggetti sacri al fine di veicolare, attraverso le immagini, i principi morali della cristianità, gli artisti contemporanei potrebbero assumere l’impegno didattico di trasmettere, con qualsiasi forma d’arte, un messaggio di rivoluzione etico-civile della nostra società. Giovanni Argan
Sallustio (86-34 a. C.), La guerra giugurtina, XXXV Tito Livio (59 a. C.-17 d. C.), Storie, XXIII 49, 1-3, riportato e tradotto da L. Perelli, La corruzione politica nell’antica Roma, Biblioteca Universale Rizzoli, 1994, pp. 198-199 3 Ivi, XXV, 3, 8-13; Ibidem 4 Plinio il Giovane (61-114 d.C.), Epistolario, X, 37, 1; Ivi pp. 227-228 1 2
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L’organo dentato
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No. Non il senso figurato, ma il suo primo senso. Cos’è un ingranaggio? “Meccanismo che serve alla trasmissione di movimenti […], mediante una coppia di organi dentati”. Quello che ci rimane come immagine - e qui siamo su pagine che con la costanza dello sguardo si misurano - è sicuramente “l’organo dentato”. Insomma perché ci sia movimento c’è bisogno di denti. Nulla più di questa immagine sembra attagliarsi alla corruzione e in particolare alla corruzione che entra come costume nella Cosa Pubblica. Ormai troppo spesso c’è bisogno, perché tutto assuma il sembiante del funzionamento, di denti che strappano una non troppo metaforica carne dal corpo dell’Istituzione e dai corpi violati di chi è vittima di quell’ingranaggio. Viviamo in un’epoca in cui tutti associamo ai fatti, agli accadimenti non tanto parole quanto immagini, figure nel senso latino del termine; cioè modelliamo i fatti secondo una grande quantità di immagini che spesso senza discernimento ci vengono rovesciate addosso. Allora il disgusto che tutti dovremmo provare per quel fenomeno di mafia che a Roma, sempre rispettosa del suo grande passato, è stato scritto in carattere capitale, diventa disgusto per una serie di immagini che sono la visività della sua gravità. E che ci riportano ancora ai denti, ai denti esibiti in forma di sorrisi ufficiali, sorrisi beffardi, aperte risate dei tanti interpreti di questa tragedia, organi dentati che mettevano in moto meccanismi che assumono il sembiante, sempre sorridente, dell’ipercorrettezza sociale che, come ci insegna Abdelmalek Sayad, nasconde quasi sempre il “neutrale” disfacimento dell’agire politico. Certo quei denti sorridenti ingoiavano denaro di tutti, ma soprattutto ingoiavano dignità e buona sopravvivenza di uomini e donne arrivati dentro questo meccanismo in cerca di vite migliori e lavoratori che erano il riverbero economico e altrettanto umano di quel fiume di creature che chiamiamo Migrazione. Però tutti quei sorrisi, ma no forse è meglio chiamarle smorfie, vengono a loro volta inghiottiti da un’altra immagine potente, terribile e spaventosa: Crono che divora i suoi figli di Goya. Quegli occhi allucinanti dal feroce tentativo di salvare se stesso e l’ordine buio da lui costituito e violentemente preservato, quella bocca spalancata, antro nero dentro cui l’umanità scompare, stremata e ormai incapace di ribellione, sono sempre stati e rimangono la figura di un potere che devasta la vita, intesa come processo storico e politico di riconoscimento e affermazione dei bisogni, dei diritti, delle necessità di ogni essere umano, affondando i denti nelle vite, brevi e preziosissimi segmenti di quel processo storico. “L’uomo è per sua natura animale politico” scrive Aristotele e troppo spesso si dimentica quanto continui a rimanere
ineccepibile questa affermazione, quanto non possa essere scalfita da un fenomeno altrettanto dentato qual è la cosiddetta “antipolitica”. Allora è nella direzione di una nuova affermazione di quella massima che l’ingranaggio deve riavviarsi per trasmettere un movimento altro, invertito rispetto all’attuale, un movimento extra ordinem rispetto all’ordine di Crono o di quella lupa “che di tutte brame/Sembrava carca nella sua magrezza, /E molte genti fe’ già viver grame” (lupa avida da sempre amaro simbolo di Roma). Insomma avviare un nuovo moto, storicamente limpido e inclusivo, che appellandoci a Copernico ma non solo, potremmo definire rivoluzione. Rendere per figura una rivoluzione che cancelli tutti i corrotti organi dentati che l’orribile storia di questi giorni ci obbliga a guardare è compito assai difficile e generalmente ci riescono solo gli scienziati e gli artisti. Michela Becchis
Arte contemporanea reattiva Viviamo indubbiamente tempi cupi, le coscienze paiono addormentate e le voci sopite. Pare che i sogni parlino di ricordi e non di futuro. Pare che voci afone predichino solitarie più che in un deserto, soffocate da mucchi di immondizia e degrado. Manca il coraggio della denuncia, manca il coraggio della solidarietà. La voce di uno è tuono se diventa la voce di tutti. L’Artista - che sia scrittore, attore, musicista, pittore - può essere la voce di tutti e questa esposizione intende ricordarlo. Il valore civile fondante dell’arte infatti è essenziale e connaturato per taluni versi all’opera d’arte stessa, anche laddove il pensiero non riesca a coglierne nel contenuto riferimenti immediati. Li coglie il cuore, perché l’atto della creazione artistica parla per natura sua il linguaggio della libertà. E essere liberi, il dovere affrancarsi è uno dei primi doveri civili. La realtà è che passiamo parte della nostra vita schiavi…del denaro, del tempo, della paura… Non è libera una società che ancora ha fame, non è libera una società che non ha tempo, che non guarda, che basa sullo scambio e non sulla solidarietà il proprio tessuto sociale. E dove impegnati nelle miserie d’ogni giorno non riusciamo ad alzare la testa, dovrebbe essere l’artista a guardare e a parlare per noi. Dovrebbe. Esiste una parola “antica” quasi desueta che bene indica il dovere civico del poeta, una sua ispirazione quasi profetica nello svolgere il compito di guida della comunità: vate. Non è un caso se fu utilizzata per la prima volta da autori latini nel periodo di corruzione della Roma imperiale... Quando l’Artista ha perso la propria coscienza civile? Nell’immediato dopoguerra il problema artistico fu urgenza della ricostruzione dell’identità nazionale. Il ventennio fascista aveva strutturato pesantemente una nuova estetica: il dibattito sull’arte assunse dunque un ruolo fondamentale e fondante, simbolico persino della volontà di rinnovamento. A questo ruolo concorsero a livello dialettico figure intellettuali insuperate. Lionello Venturi torna nel 1945 dall’esilio, a cui il rifiuto di firmare il giuramento al fascismo lo aveva costretto, e riprende a Roma la Cattedra di Storia dell’arte e la militanza critica. Sono gli anni di Ragghianti, Longhi, Arcangeli. Anche a livello “funzionale” l’opera d’arte diviene centrale. Nell’impegno infatti di ricostruzione oltre che a scuole e ad ospedali si pensa ai musei, con il preciso compito di riformare il gusto e di diffondere la conoscenza dell’arte straniera. A Roma sotto la guida di Palma Bucarelli riapre la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. A Milano viene ricostruita Brera, Carlo Scarpa riallestisce le Gallerie dell’Accademia di Venezia e lavora dal 1948 agli allestimenti della Biennale. Ignazio Gardella nel 1949 progetta a Milano il PAC e Franco Albini lavora su Genova ad altri progetti museologici. Chi oggi pensa davvero ai Musei? Chi li offre perché possano adempiere alla propria funzione di educazione democratica? Sono forse essi invece merce politica di scambio, opportunità di appalti? Con quale responsabilità civile vengono riempiti di contenuti foss’anche solo per educare al bello? Aprire le menti al bello non può che portare l’azione verso il buono. E mentre oggi La Biennale di Venezia in alcuni padiglioni offre scandalo non di contenuti ma per i meccanismi
con cui sono stati “riempiti”, la Biennale del 1948 segnò l’esigenza strutturata di un rinnovamento di valori. Tra le varie sale infatti anche quella del Fronte Nuovo delle Arti e il rifiuto di un’estetica definita e vincolante, nel rispetto delle singole individualità dei suoi componenti. Alla base comune la responsabilità di carattere etico nei confronti dell’arte e della storia. Senza addentrarci in informazioni storiche più dettagliate, peraltro reperibili su qualunque manuale di storia dell’arte, è questo senso di responsabilità che ci interessa, e come rappresenti parte dell’afflato etico di cui si nutre questo progetto, nella speranza che la partecipazione di noi tutti segni l’inizio di un vero e proprio movimento artistico, tenuto insieme non dal collante del denaro o da meccanismi di mercato posticci, ma da rinnovata speranza e consapevolezza civile come più volte è capitato nella storia dell’Estetica e dell’Arte. Pur non condividendone appieno le posizioni il mio pensiero corre ad esempio a Marcuse e a come la sua interpretazione esteticosociologica del neo-marxismo del Novecento identifichi nell’arte uno strumento di denuncia sociale e di emancipazione: “Nel rapporto con la realtà della vita quotidiana, l’alta cultura del passato era molte cose - opposizione e ornamento, grido e rassegnazione. Ma era anche una prefigurazione del regno della libertà, il rifiuto di comportarsi in un dato modo”. (H. Marcuse, L’uomo a una dimensione, Einaudi, 1991). Inoltre i concetti di bellezza e di libertà racchiudono anche tutta la bellezza e tutta la libertà non ancora realizzate. Grazie a questa impostazione Marcuse assegna una funzione fondamentale all’immaginazione, capace di vedere un oggetto anche se non è presente… l’immaginazione al potere diventerà parola d’ordine della rivolta degli studenti. Una parola infine sulla categoria cui magari indegnamente appartengo: quella della sedicente critica d’arte. E’ un termine da cui più che posso rifuggo, preferendo l’accudimento del curatore o la voce dello scrittore, qualora sia in grado di restituire all’opera la libertà di parlare da sé. Ahimè nella maggior parte dei casi il critico ha abdicato alla possibilità di scegliere, di adempiere al suo ruolo militante, scegliendo ciò che per lui è bello davvero, ha rinunciato per soldi al privilegio di selezionare, di affiancare l’artista, di sorreggerlo in un cammino spesso difficile, di impedirgli di cedere al mercimonio, alla prostituzione più becera della sua anima vendendo non l’opera (questo sta nella natura delle cose) che ne è la fisica estensione, ma facendo commercio di spazi espositivi e opportunità. Avreste sicuramente schifo di un medico che vendesse un posto letto in ospedale. Ecco: è lo stesso. I meccanismi “mafiosi” che in questa lodevole mostra affidata all’accudimento del suo curatore e al volontariato di tanti sono vituperati, fanno ormai parte anche del sistema dell’Arte. Guardandomi però qui intorno ho visto tanti artisti e nessuno di questi ha tradito se stesso nel sentire il tema proposto. E questo è il primo modo di resistere…Guardando tra le opere, qui intorno, ho visto simboli di sangue e di passione, ma non di violenza e mai rassegnazione, ho visto le monete di Giuda ma anche tanto colore e farfalle. La speranza. Raffaella A. Caruso
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Vox clamantis in deserto Gli dissero dunque: «Chi sei? ….. io sono voce di uno che grida nel deserto…” Vangelo secondo Giovanni, 1, 22-23 Cade su Roma una pioggia acida, carica di morte, desolazione, sgomento. Cade su Roma un diluvio di lacrime: lacrime di apocalisse, disfacimento, calamità; Lacrime imbevute di sabbia riarsa, cuori inariditi, spettri risorti dagli abissi neri dell’anima; Cade su Roma una tormenta di sabbia: deserti interi sommergono lo splendore di Enea, la grandezza di Numa. Sono le lacrime di Ernesto Nathan, e la sabbia è il suo respiro; divenuto terra secca, vite che non dà frutto, tronco rinsecchito e sterile. Sabbia e lacrime di chi, chino, vede la sua Roma e sente rimbombare la sua voce dalle vastità dei deserti.
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Ernesto Nathan è stato un Uomo grande. Sindaco di Roma dal 1907 al 1913, prese la sua città tra le sue mani di uomo giusto e la condusse, con audacia, coraggio e visionarietà, su di una strada di rettitudine e eguaglianza. Fece trasformazioni sociali; sfidò i corrotti, i miseri servi dell’interesse personale, gli opportunisti piegati al potere; sfidò la corruzione, la deriva delle istituzioni, l’interesse del singolo a favore dell’interesse del popolo perché credeva che “lottare per la giustizia contro la prepotenza, per la libertà contro l’arbitrio, per l’uguaglianza contro il privilegio..” fosse un dovere di coscienza . Sgomenta la triste attualità delle sue parole: “Vi sono questioni di cui l’opinione pubblica si è impossessata da anni ed anni, capaci di radicale soluzione legislativa, e tuttora l’attendono (…). Così, quando si vedono le carceri gremite di imputati; così nella più grande, nella più ardua delle questioni, quella dell’istruzione e dell’educazione, delle scuole dove si plasma e mal si plasma la generazione in cui ogni speranza si ripone (…); Università prime e secondarie buone e cattive a iosa per fabbricare dottori d’ogni specie e stoffa d’impiegati; E si riassumono anch’essi nell‘aspirazione: dateci meno saccenti e più cittadini! Parole di Uno che provò, perché credeva, a salvare la sua Roma; parole che ci appaiono, oggi, una vox clamantis in deserto. In questo odierno deserto; questo deserto che è Roma: svilita, sfruttata, calpestata, negletta! Spremuta, disossata, scarnificata! Da avvoltoi famelici senza nemmeno le ali per volare.; da iene assetate di glorie, potere, onori, denari, denari, e ancora denari. Da sciacalli che si cibano di carne umana, la più fragile, la più bisognosa, la più disperata: e riempiono tasche di denaro grondante di sangue del povero.
Egli, Ernesto Nathan, seppe fare la diagnosi: (…) Siamo tutti convinti della verità di sofferenze terribili, di vizi scellerati, di degradazioni obbrobriose che derivano dalle diseguaglianze sociali ….. il motivo si è che la doverosa tutela di interessi finora negletti offendeva altri interessi… predominanti nelle sfere legislative e amministrative…. La ragion di Stato oggi perlopiù non è la ragione della collettività, è la ragione di un numero limitato di banchieri, appaltatori, industriali, grossi proprietari ed avvocati patrocinatori, insieme collegati col filo del mutuo interesse …e che, per varie ramificazioni in tutte le sfere, riescono a determinare l’indirizzo della cosa pubblica. Talché questa cosa pubblica diventa privata ….ma non poté, da solo, curare il male putrescente della deriva delle istituzioni, della grettezza insana e avida degli amministratori. Quanta sconsolante attualità nelle sue parole: “Credo alla necessità di alleggerire parecchi gravosi tributi….Così, a modo d’esempio, la semplificazione di quel meccanismo burocratico ne scemerà notevolmente il costo (…….) ma soprattutto una coscienziosa severità nell’applicazione delle imposte che non permetta ai grossi lo sfuggire mentre coi piccoli non si usa misericordia...” Quanta sconfortante similitudine tra ieri e oggi, quante battaglie non combattute per la giustizia, quante speranze naufragate per i più deboli. Egli aveva “cercato di dimostrare ciò che è da fare, nel campo odierno della legislazione e dell’amministrazione, per rimediare alle tristi sperequazioni che spesso degenerano in odi e ire di classi……., giuste ire che nel loro irriflessivo scoppio possano scuotere e travolgere tutto: bene e male; pensino che contro quelle forze, nulla parò la forza: solo la giustizia, la fratellanza hanno potere di deviare, di temperare le grandi lotte che il secolo morente lascia in retaggio al futuro…… Egli incitò la gente alla rettitudine; esortò le coscienze a risvegliarsi, gridando di “ essere radicali contro gli abusi, le prepotenze, i monopoli dei pochi a danno dei molti “ e pronosticò un veritiero, nefasto presagio: “E soprattutto si decidano, non tardino molto: quel che oggi si può fare, domani va sommerso nei flutti che s’avanzano: il mondo cammina, camminerà senza di loro, su di loro, se non avanzano il tardo passo”. Il mondo ha camminato, camminerà ancora e le glorie di Roma giaceranno sotto una coltre impenetrabile di sabbia su cui aleggerà una voce, una voce che grida nel deserto. Antonella Catini
Per una nuova vocazione civile dell’arte: appunti e riflessioni. “L’urbanesimo e l’architettura hanno sempre parlato di potere e di politica. Le loro forme attuali…mostrano a sufficienza la cinica franchezza della storia umana. Sono le nostre società che abbiamo sotto gli occhi, senza maschera, senza belletto. (…) La società e l’arte hanno il medesimo destino. La bellezza dell’arte dipende dalla sua dimensione storica: occorre che l’arte sia arte del suo tempo, che sia storica oggi per essere bella domani” (Marc Augè, Rovine e macerie, 2004)
Rispondere all’appello su “Arte Contemporanea Reattiva” significa tornare ad interrogarsi su una nuova, necessaria “vocazione civile” dell’Arte e sul “ruolo sociale” degli artisti, in generale, e, più specificamente, in una città quale è Roma. Rispondere all’appello su “Arte Contemporanea Reattiva” significa per me tornare a leggere e proporre come personale contributo gli appunti e le riflessioni su cui, nelle mie attività curatoriali e professionali, ho avuto occasione di soffermarmi, che toccano un insieme articolato di temi e problemi che attengono al più ampio degrado della democrazia e della cultura civile e politica intervenuto negli ultimi tre decenni, e nel cui contesto anche “Mafia Capitale” ha trovato l’humus del sorgere e radicarsi. Riflettere sulla possibile e necessaria ‘”vocazione civile” dell’Arte significa interrogarsi sulla capacità che l’Arte può attivare ad intervenire, positivamente modificandola, sulla realtà del contesto dato e sugli ambiti di tale azione, che sinteticamente posti in una sorta di sommario - vanno dal rapporto arte-società alla funzione dell’arte, all’intervento sul territorio, al ruolo sociale e all’identità dell’artista, dall’educazione diffusa rivolta alla conoscenza, comprensione e fruizione dell’arte e alla consapevolezza del rispetto e tutela del patrimonio storico-artistico-culturale e paesaggistico tutto, all’educazione affettiva ed estetica dei cittadini giovani ed adulti, alla intrinseca qualità utopica dell’Arte. Significa la possibilità di agire l’Arte (la circolazione dell’Arte e la conoscenza e fruizione del patrimonio artisticoculturale dall’archeologico al contemporaneo) come uno dei più potenti fattori d’intervento per riqualificare il tessuto urbano e riconnettere i cittadini in un’idea alta di città, che
sia in grado di produrre e fruire cultura in tutti i suoi livelli e in tutte le sue articolazioni e che fondi il profilo di una nuova cittadinanza, la cui identità sia democratica in quanto partecipativa ed inclusiva. Quale situazione migliore di quella di Roma - dove le contraddizioni della modernità segnano la fisionomia stessa delle trasformazioni, che nella Città Eterna hanno avuto anche l’aspetto vistoso del degrado indotto dalle modalità politico/economico/sociali con cui la modernizzazione si è realizzata - in cui la condizione semplificata di perenne presente, pretesa dal modello culturale della postmodernità, deve necessariamente misurarsi con la consapevolezza della durata storica, imposta dalla stratigrafica persistenza nel presente del passato, finanche nella persistenza di millenarie pratiche di commistione di interessi illeciti, corruzione, clientelismo e decadenza? Roma che - se ha cessato di essere ‘capitale delle arti’ al sorgere della modernità - tuttavia è ancora città d’artisti, operanti dentro il flusso delle sue stesse contraddizioni. Artisti disseminati non più solo nei luoghi ‘storici’, ma sempre più spinti dalle pressioni del mercato e dalle trasformazioni economico-finanziarie a cercare di inserirsi, anche se spesso ignorati, nel tessuto urbano più composito; ed è ancora città ‘eletta’ da artisti stranieri per vivere e lavorare. E’ ancora, se non nella prassi almeno nell’immaginario e nella coscienza collettiva, un nodo nella formazione all’Arte. Roma potrebbe tornare ad essere un Laboratorio per una nuova vocazione civile dell’Arte.
Anna Cochetti
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La corruzione ci riguarda tutti Il termine corruzione, nella sua accezione tecnico-giuridica, risulta riduttivo per la descrizione dei fenomeni diffusi che continuano a riempire le cronache giudiziarie e politiche del nostro Paese. Sebbene ogni anno ci vengano forniti dati sulla stima del suo indotto, valutato nella spaventosa cifra di circa 60 miliardi di euro, questa fattispecie riguarda solo un aspetto dei comportamenti, molti dei quali addirittura solo al limite della legittimità, della classe politica e della burocrazia.
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Il fatto corruttivo si realizza quando qualcuno versa illecitamente denaro a qualcun altro per ottenerne in cambio un favore: un appalto, una legge, una variante, una laurea, un voto o magari soltanto l’ottenimento di una cosa dovuta. Ma il sistema che si delinea mettendo insieme tutti i frammenti che di volta in volta emergono è molto più articolato, complesso e diffuso, e non riguarda soltanto la Capitale. Il Mose di Venezia, l’Expò di Milano, la Tav in Piemonte, la Metro C a Roma, ad esempio sono casi eclatanti che rappresentano il modo di gestione della finanza nella realizzazione di tutte le grandi opere infrastrutturali in Italia. Parallelamente ci sono le indagini che riguardano le spese folli dei consiglieri regionali, dal Lazio alla Lombardia, dalla Liguria all’Emilia Romagna, sono modalità omogenee e addirittura regolamentate. Poi la gestione dei fondi dei partiti, le assunzioni clientelari, i finanziamenti alle fondazioni politiche e molti altri casi ancora. Tralasciando pure gli episodi ormai accertati di infiltrazioni delle mafie e delle camorre in senso stretto su tutto il territorio nazionale e le loro compromissioni con la politica, quella che la magistratura romana ha messo in luce è una modalità che rimanda alla forma tali organizzazioni, senza necessariamente essere a queste collegata. La procura di Roma ha infatti utilizzato una imputazione propria ai reati associativi mafiosi per identificare un fenomeno vasto, trasversale, che costituisce un sistema di gestione di tipo criminale, condiviso e possibile soltanto attraverso una generale complicità, che non comporta necessariamente un’azione personale e diretta, ma una accettazione omertosa. Proprio per queste sue caratteristiche la soluzione del problema non può essere affidata alla semplice azione giudiziaria. Molti dei comportamenti cui ci riferiamo sono difficilmente dimostrabili in sede processuale, a volte restano addirittura entro il confine
della legge; non pochi tra gli indiziati saranno prosciolti o assolti, come è successo in molti casi, alcuni perché effettivamente innocenti, altri per i motivi che ho appena descritto. Eppure la verità ognuno di noi la conosce, perché ognuno di noi ha a che fare ogni giorno con questo sistema: basterebbe citare un caso, quello delle spese delle campagne elettorali, milioni di euro impegnati in propaganda che non trovano nessun giustificativo nelle dichiarazioni ufficiali e nessun corrispettivo nelle retribuzioni degli eletti. Piccolo esempio, si dirà, ma oggettivo, certo. Allora non ci si può limitare all’indignazione quando il titolo di un giornale ci mette davanti a un caso eccezionale. I comportamenti quotidiani di ognuno di noi, la denuncia costante, il rifiuto di sottostare ai ricatti, la scelta che esercitiamo attraverso il voto, sono questi gli strumenti che abbiamo a disposizione per punire o premiare i comportamenti e le persone. La sola lamentazione non basta e non basta attendere la pronuncia di un magistrato, perché la corruzione che dobbiamo combattere non è solo quella definita dalla legge ma quella indicata nel significato originale della parolo, cioè un “deterioramento” del senso morale, che è al fondamento di ogni malcostume e che ci riguarda tutti. Umberto Croppi
Nulla di nulla Non so quanto c’entrino i recenti fatti di cronaca battezzati con la dizione di “mafia capitale” e relativi al cosiddetto “mondo di mezzo” con i mestieri e le vocazioni d’arte. Ma un parallelo m’è venuto spontaneo in mente, e non perché ci sia un qualche aggancio fattuale fra le due cose; neppure penso che sia possibile aprioristicamente attribuire alla visione artistica una capacità interpretativa più o meno significante dei fenomeni sociali, storici e figuriamoci, come in questo caso, giudiziari. Bensì. Attori e comprimari della trista vicenda capitolina sono o sono stati nelle fila della militanza politica più ideologica e più ideologizzata; li scopriamo, per di più o invece, dediti all’interesse criminale più individuale e personalistico. Questo è dunque il fetido rigurgito di una stagione che, dagli anni ‘70 e ’80 con tanta contraddizione e sofferenza ed errore, pure mirava a cambiare lo stato delle cose. Che è successo dopo? La cosa terribile è che non è successo proprio nulla. Non solo le ideologie, sono morte allora anche le idee. Il mondo s’è chiuso sotto un basso orizzonte di tanti “io” ipertrofici, impegnato a scovare solo quale obesità rappresentasse meglio il modello singolare per stimolare la pinguedine di tutti. C’è da meravigliarsi se qualche gentiluomo abbia scarrocciato più di altri seguendo le proprie innate tendenze all’ingrasso? Facendo comunella con chi era fornito solo di uguale ganascia, a prescindere, secondo il noto principio “similes cum similibus”? E a noi invece, a tutti gli altri, che è successo? Tranquilli, il nulla di nulla. Parliamo d’arte, visto che siam qui. Movimento arte concreta, Pop Art italiana, Arte povera, Transavanguardia (sì lo so, ma se ci vuole, ci vuole), figurativi contro astrattisti e, contro tutti, concettuali e new-dada: dagli anni ‘50 ai ‘70, e con importanti strascichi agli ‘80, è stato un proliferare di movimenti, correnti, collettivi, gruppi d’artisti, esisteva un’arte impegnata e politicamente engagé, ce n’era una dai contorni più sociali e già vicina ai grandi temi del presente attuale (globalizzazione e integrazione, ecologia etc.), ma la cosa importante è che il singolo talento emergeva da un contesto di pluralità aggregate, di ricerche e sperimentazioni condivise e partecipate; soprattutto, non c’era percorso artistico che non avesse dietro un’idea forte, un progetto di costruzione artistico-critica da perseguire. Per vari motivi e (anche) interessi, tutto ciò ha fallito, ma più do-
loroso è constatare che, almeno qui in Italia, da allora non assistiamo a fenomeno artistico degno né del nome né dell’aggettivo, si è entrati in una fase di assenza o di clandestinità del ruolo sociale dell’arte, l’artista chiuso da solo nel suo studio a mirare la propria magnifica individualità, al più partecipe di esclusive conventicole che se la suonano e se la cantano. Il mondo dell’arte, che già di suo non può mai brillare per altruismo e umiltà, è oggi il regno del solo individualismo e dell’individuo isolamento. Non il miglior luogo per intenti moralizzatori. “Mondo di mezzo” è la forma che il nulla ha assunto nello specifico contesto, ma per quanto paradossale e provocatorio possa apparire, quel nulla è lo stesso nulla che tutti noi abbiamo vissuto, viviamo e forse ci arrabattiamo a superare. Averne coscienza può a tal fine giovare.
Francesco Giulio Farachi
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Roma. Istruzioni per l’uso (e l’abuso) Il malaffare ai tempi del Secondo Decadentismo I sociologi ci informano - non senza provocazione - che il momento di recessione economica sfocerà presto in una crisi di valori, anche identitari, e che i mercanti resteranno nel tempio ben più a lungo di quanto si credeva, trionfando come briganti nell’anarchia. Ma non era già finito, il Decadentismo? Il quadro è senza dubbio delirante; la prospettiva si annuncia tuttavia futuribile. L’immoralità ed il malaffare, del resto (accompagnati dal graduale disfacimento delle ideologie, dal registrato riemergere di un certo interesse per l’imperialismo e per la corsa agli armamenti e da tutti gli aspetti deleteri del manifesto ottocentesco), farebbero propendere verso la persuasione di un effettivo rigurgito del fenomeno (che di culturale in vero nulla più conserva, se non l’illusoria appartenenza a certi ismi), dando ragione ai catastrofisti.
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E allora è ufficiale: siamo in pieno Decadentismo. Il secondo, ҫa va sans dire. Più convulso, pare, e senza dubbio più tormentato del “primo” se correlato a certe disonestà di cui le cronache ci riferiscono, al punto da originare parallelismi nell’immaginario collettivo con le bolge dantesche (straordinario potere evocativo di certi atlanti di storia dell’arte che riportano ai demoni volanti del Signorelli!). Localizzando il fenomeno - che certo un’analisi lucida e imparziale dichiara diffusissimo e presente in ogni plaga ed ambito, in ragione delle statistiche regionali e del numero di interventi posti in essere dalle Forze dell’Ordine - osserviamo un annidamento generalizzato del dolus nella pubblica amministrazione dello Stato, sulla base di brogli e raggiri venuti alla luce dopo mesi, forse anni, di indagini giudiziarie e revisioni della Corte dei Conti. Roma, ovvero il Comune di Roma, con la sua irrequieta milizia di intendenti e faccendieri, ha fatto molto parlare di sé. Ma l’arte talvolta è anche sobillazione; attraverso i suoi infiniti lessici ora vuol prendere la parola, farsi interprete del proprio disagio, votare contro la devianza criminale, riappropriarsi con un guizzo di orgoglio della credibilità della nazione, recuperare fiducia e consenso per imbrigliare la lobby dell’Informazione e i massmediologi a rivedere il giudizio globale del Paese in seno alla comunità internazionale, disonorato da un’amministrazione, quella di “Roma
Capitale”, formata da uomini, e come tali “esseri imperfetti”. A tutte le latitudini. La rassegna ideata da Antonietta Campilongo, lumen di riferimento per molti creativi del panorama contemporaneo, è proprio incentrata su questa progettualità: artisti che con i rispettivi elaborati - sorprendentemente attinenti ed acuti nel dibattito - riferiscono della devianza e degli accadimenti giudiziari che hanno messo a ferro e fuoco un’intera compagine municipale; gli episodi di concussione, truffe e corruzioni che hanno riempito le pagine di cronaca saranno il volàno attorno al quale muoveranno le riflessioni di questo gruppo selezionato di autori - che mal celano proteste e contestazioni al sistema sociale e politico - in una perfomance a tratti surreale e fabulatoria, che non asseconda il malcostume né arretra di un solo passo dal fronte di scadimento e dissolutezza. Un racconto, dunque, singolare e provocatorio di una “faccenda” tutta italiana che rievoca sinistramente gironi maleolenti e pece, in una città ormai simulacro di un passato glorioso, ma che opportunamente nettata ed astersa dalla “simonia” tornerà a rifulgere. Roma stupor mundi. La prospettiva è certo acclive, ma senza dubbio antagonista della rassegnazione. Massimo Rossi Ruben
SPECIAL GUEST Marco Veronese
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L'artista propone uno scossone per tutti gli spettatori: a muovere il suo ingegno, forse, la speranza di risvegliare le coscienze in merito al dissanguamento di una Italia già tanto duramente colpita dal freddo emotivo e culturale, dalla vecchiaia, dallo strapotere di pochi che l'hanno inaridita, arrugginendola e prosciugandola. Un'Italia distesa, dalla quale stilla ancora sangue. Tra le mani di una popolazione che ha tanti volti, tutti accomunati da un presagio di morte. Una grande ferita squarcia Roma, cuore di questo paese abbandonato. Resta di lei solo un'ombra spenta dal ritmico sgocciolare della sua linfa, unico movimento tra l'immobilità circostante; lentamente scivola via il succo di questa civiltà, preziosa fonte di vita e di saperi. Che tutto ciò non vada perduto: l'oro e il sangue costituiranno il nostro santo graal culturale. Resiste ai colpi, e non è ancora spirata, questa nostra patria. Forse una trasfusione potrà rinvigorire le membra stanche di questo posto da rifare, e salvarlo dall'inverno dell'azione e dei pensieri della sua gente. Forse l'Italia non è ancora finita. Laura Lioce
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2014 d.C. Legno, ferro Corten, resina, foglia oro H 280x205x80
Marco Veronese Biella (Italia) 1962
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Marco Veronese è un artista poliedrico, fotografo, artista digitale, scultore, performer, pensatore, poeta e scrittore.
Marco Veronese is a multifaceted artist, digital artist, photographer, sculptor, performer, thinker, writer and poet.
Dal 1982 ad oggi ha esposto in numerose mostre in tutto il mondo. Tra i paesi più importanti ne citiamo alcuni quali Italia, Francia, USA, Svizzera, Israele, Germania, Belgio, Russia, Corea, Olanda, Spagna e Turchia. Inoltre è uno dei membri fondatori del famoso CrackingArtGroup.
Since 1982 he has displayed his works in numerous exhibitions all over the world. Just to mention a few of the most important countries: Italy, France, USA, Switzerland, Israel, Russia, Korea, Germany, Belgium, Holland, Spain and Turkey. He is also one of the founding members of the famous CrackingArtGroup.
Durante il 2014 ha esposto alle seguenti mostre: I HAVE A DREAM, Robert F.Kennedy Foundation.Palazzo Reale, Milano, Italy. WORLD ART DAY, UNESCO and UPSD/IAA Antalya, Turkiye, “DOLCE VITA. FEDERICO FELLINI: PARABLE AND CARNIVAL”. State Museum of City Sculpture St. Petersburg, Russia. In occasione del suo decimo compleanno riceve in regalo il libro “Dal Rinascimento al Manierismo”. Questo libro lo condurrà a scoprire la bellezza, la profondità e l’importanza dell’arte.
In the course of 2014 he has presented works in the following exhibitions: I HAVE A DREAM, Robert F. Kennedy Foundation, Palazzo Reale, Milan, Italy. WORLD ART DAY, UNESCO and UPSD/IAA, Antalya, Turkey, “DOLCE VITA. FEDERICO FELLINI: PARABLE AND CARNIVAL”. State Museum of City Sculpture, St.Petersburg, Russia On his tenth birthday he was given the book "From the Renaissance to Mannerism." This book would lead him to discover the beauty, depth, and importance of art.
PERFORMANCES artisti ยง innocenti
18 artisti§innocenti (Petra Arndt, Daniele Casolino, Davide Cortese, Sara Davidovics, Alfonso Frontanelli, Roberta Guerrera Rita Mandolini Carlo Massaccesi, Armando Moreschi, Francesca Saracino, Donato Simone Franco Ottavianelli, Bivio Piumetini, Daniele Villa) performance D’Olio Cospargere Di olio gli ingranaggi e di sciolina spalmare superficie e i Romani tersi, dopo il bagno, si spalmavano il corpo di olio
Si stende uniformemente un leggero strato di spremitura liquida e pastosa sulla superficie di un corpo. Un vecchio rito di passaggio qui mutato in un intervento collettivo interstiziale e condotto, con il nutriente d’oliva, per un coinvolgimento individuale corrispondente ad un passaggio della materia. L’olio è infatti un mezzo ma è anche un obiettivo. Il suo spargimento si prospetta inevitabile, l’unzione naturale e contagiosa. Ciascun arto propaga la sua diffusione nel sistema. Si può star fuori o curiosare finendo poi dentro a spalmare debiti, appannaggi, aggravi e splendori accaparrabili. O tenacemente sottrarsi e impedire …
DECORO (almeno un po’ di decoro, ancora) installazione site specific degli artisti§innocenti con intervento poetico di Sara Davidovics
Corruzione Capitale Un’indagine artistica delle declinazioni del male
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È dal 2014 che l’inchiesta “Mondo di mezzo” ha puntato i riflettori sul malaffare italiano, smantellando una delle cosche mafiose più radicate del Paese: quella romana. Una associazione che, è stato rivelato dalle indagini, opera da almeno un quindicennio. La diffusione capillare di questa organizzazione ha lasciato emergere una struttura ben più profonda, che sappiamo avere in realtà radici antichissime, fino a giungere ai nostri avi romani. “Corruzione Capitale” vuole essere un percorso di consapevolezza, attraverso l’arte e il tempo. Ciò che oggi scopriamo è ciò che in definitiva negli ultimi decenni, negli ultimi secoli addirittura, ha caratterizzato la nostra vita più o meno consapevolmente, invadendo il cielo al di sotto del quale abbiamo costruito le nostre certezze. Ovunque attorno a noi, invisibili mostri si nutrono e crescono fino a schiacciare le nostre vite e costringerle in angusti spazi, fino ad ammazzarci il pensiero. L’arte viene utilizzata come strumento di denuncia e di salvezza, unica soluzione per risvegliare le coscienze sopite di un paese simbolo di bellezza, cultura, di antichi valori traditi dai suoi stessi figli. Gli artisti di Corruzione Capitale rompono l’inerzia, affrontando la tematica dell’inganno e del malaffare e restituendoci una personale interpretazione del fenomeno in termini evolutivi. Il percorso tematico ha indagato lo spiritus movens dell’organizzazione mafiosa: denaro e voracità, che rimpiazzano ogni valore morale. Vari artisti hanno concentrato il proprio studio sul terreno dal quale la mafia prende vita, che già in epoche passate aveva generato riflessioni e contestazioni. STEFANIA VASSURA ricorda con un velo di nostalgia l’età aurea della città: un tempo in cui splendeva la sua forza, e vigeva il rispetto del mos maiorum. Il personaggio dalle marmoree sembianze classicheggianti sembra afflitto, etichettato come è dal moderno cartello che reca al collo. Su di esso, la scritta: Roma città aperta. Aperta a cosa, ormai, lo sappiamo tutti. Sull’onda degli antichi splendori, l’artista KALOS (CALOGERO CARBONE) offre un ripensamento della celeberrima frase latina Pecunia non olet. Il denaro non ha odore, non importa la sua provenienza ma solo la sua destinazione, il suo possesso. Inciso su uno scenario di trasparenze offuscate, il simbolo dell’antica Roma: il Colosseo. Accarezzano la sua immutabile presenza impalpabili nubi. Si spargono in tutte le direzioni, senza lasciare intendere da dove provengano. Ma ora che ne siamo saturi, ora che abbiamo imparato a riconoscerlo possiamo affermare: Pecunia olet. E il suo odore ricorda un tradimento amaro, quello di chi avrebbe dovuto garantire il benessere della sua gente. Del resto, “Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?” è una domanda antica quanto gli scritti del poeta Giovenale, vittima egli stesso delle malefatte dei potenti. Nella sua opera, DOMENICO GRANDE compone e scompone la questione. Lettere sbriciolate ricostruiscono, in varie parti, i simboli del corrotto potere di Roma. Tra i mille pezzi vaganti emergono
differenti interessi e priorità che affiancano quelli del passato. All’elmo del gladiatore, all’alloro del poeta, anche CRISTINA CASTELLANI avvicina un altro elemento. Divinità autoctona, Denaro ha riscosso ampi consensi tra la popolazione sin da tempi remoti, come pare dimostrato da un antico mosaico riproposto da EASYPOP: un senatore togato, vera e propria istituzione per la Città Eterna, immortalato mentre percepisce una “bustarella”. Tende la mano all’indietro, ad afferrare un compenso che non guarda per meglio fingere che nulla di illegale stia accadendo. Col passare delle epoche, poco della natura umana pare veramente mutato. Come in un macabro gioco, OLIVIER BARETELLA colloca la lupa a muovere gli ingranaggi di un sistema indegno che innesca distruzione. Il Colosseo è fagocitato da un misterioso soggetto senza identità, il cui volto è sostituito da una banconota: moderni personaggi mossi dall’interesse lasciano tramontare per sempre quelli gloriosi di un passato che viene ingoiato dall’oscurità. La cupola nera di MELITA OLMEDA resiste a stento, tra gli edifici dalla candida facciata; si staglia assecondando il buio circostante, come se stesse cedendo del tutto all’oblìo. All’altro estremo di questa istantanea non ci sono stelle, ma monete. Monete in una città che vive di re e regine vecchi e nuovi, e di ricchezze e poteri fatti di silenzio - assenso. Non è dissimile la storia che ci racconta ADRIANA PIGNATARO: una mano si tende ad afferrare i sonanti denari che la circondano. Si avvicina minacciosa al Colosseo, in parte celato da un lucente panno d’oro che ne sostituisce le fattezze e ne occulta l’originario volto. Oppure nasconde ciò che oggi è diventato. Non è una visione poi tanto surreale, quella che ci restituisce GIANFRANCO SERGIO: una città dominata dai “cravattari”. Strozzini, estorsori vestiti bene, infestano la città rendendola schiava della loro presenza. Con le facce pulite ed il sorriso sul volto tentano di dissimulare ciò che accade dietro le quinte e che MARIA GIOVANNA CINQUINA ci svela: soggetti sostanzialmente uguali - anche se di diverso colore - si spartiscono le fette di questa specie di torta che è divenuta Roma. Fagocitano nel frattempo ignari cittadini, assorbendone le vite per avvicinarsi sempre più al cuore di un sistema che non ha difese. Un gioco sottovalutato prima, fino a divenire un terribile mostro poi: il Divoratore di MIRO GABRIELE è un essere ibrido che si avvicina terribile, strisciando nel silenzio. Vive nell’oscurità che l’ha generato. Né uomo né animale, come entrambi ingoia l’umanità ed ogni suo progresso in nome della propria sopravvivenza, lasciando scie di silenti tenebre al suo passaggio. Il silenzio è l’altro immancabile pezzo del nostro scioccante puzzle. Nutrimento del crimine, lo alimenta e lo nasconde rendendoci tutti complici dei nostri aguzzini. L’opera di ELEONORA DEL BROCCO reca un messaggio sigillato di un rosso presagio. Si abbandonano parole e pareri: il giuramento sostituisce il pensiero e cancella il libero arbitrio. Si infittiscono, con l’omertà, i percorsi illegali che
formano la Capitale dietro il gesto semplice e apparentemente insensato di TOMMASO PENSA. Due mani unite in una sorta di rete che tutto tenta di ingabbiare, raccogliendo profitti e gettando cupe ombre dietro di sé. Assenza di parola da un lato, dunque, non è assenza di azione dall’altro: il tutto si svolge di nascosto, poco alla volta, e gli effetti si manifestano all’improvviso. Sul fondo porpora dei fasti romani, PIER MAURIZIO GRECO contrappone un foro di proiettile nitido e fresco a un’antica iscrizione che il tempo e l’incuria hanno sbiadito, maltrattato, corrotto fino a cancellarla tra l’indifferenza del popolo. Sui personaggi del passato che hanno fatto la nostra storia, il presente ha colato un cemento di mutismo che occulta la grandezza che fu, in un solo gesto che pare cancellare ogni cosa. CHRISTIAN MOLIN (LOSPAZIO) incornicia il momento criminale in cui abbiamo venduto noi stessi al nemico, fino a che tutto - immagina SIMONETTA DE SANTIS - presente e futuro, viene ricoperto. La mafia aspetta sempre il momento giusto per giocare le sue mosse nello scacchiere universale. VALENTINA LO FARO lascia che l’albero della vita mantenga un fittizio ordine naturale. Ma sa che un occhio osserva ogni cosa, oscura presenza che attende di intervenire a modificare il corso degli eventi, la vita e la morte con lunghi tentacoli che si confondono nel cupo cielo romano, pronti a colpire e ritrarsi. Uno skyline decaduto, sfiancato da un mostro quasi invisibile ma sempre presente, al quale FEDERICA CECCHI dà una forma. È grigio anche il panorama prospettato da SILVIA CASTALDO. Lotte intestine e rivolgimenti creano futuri in bianco e nero: in alcuni punti qualcosa pare cercare di emergere da un fondo di paura e incomprensioni, per poi essere nuovamente sommerso dalle mute contingenze. PIERO PETRACCI plasma il cemento ed il ferro in un gomitolo di pungenti rovi. Intrecci di egoismo, trame fitte di cosche e associazioni, verità spente da fandonie sembrano generate dalla stessa terra su cui posano, senza inizio né fine. È un mondo capovolto, il nostro: allegre pubblicità sponsorizzano famigliole felici su sfondi colorati. Individui di corda non hanno alcun valore, nessun colore ne definisce in realtà l’esistenza. Ma non si fa un fiato nella reclame di MARCHO GRONGE o si potrebbe incorrere in una sanzione pesante quanto il piombo, resa esplicita da SILVIO CORTEGGIANI, tra giochi di luci e ombre e sussurri smorzati da gocce di porpora. I vertici, intanto, vivono esistenze di velluto e d’oro, certi di non essere visti. LINDA SCHIPANI, però, ritaglia una finestra nel mondo segreto della corruzione: l’artista apre la scatola immaginaria in cui i giochi di potere si svolgono. Una specie di macchina del tempo che rimanda all’anno zero, il 2000. Una mano opulenta sullo sfondo italiano, un colletto bianco e una cravatta gestiscono gli ingranaggi corrotti del malaffare. Il titolo esprime il rifiuto di figure escluse e invisibili, ignare partecipanti che per troppo tempo hanno oleato di silenzio-assenso un sistema che ci sta contaminando da vicino: magari si potesse richiudere quella scatola e impedirgli di uscire, mera illusione. Perché, in realtà, quell’universo cammina già con noi e si insinua nelle nostre vite, cambiando il nostro modo di pensare. LISA YACHIA se lo figura come un serpente che striscia sulle nostre spalle, aggrappato alla pelle. Un muto serpente, un
veleno che contamina le nostre esistenze e le tinge delle cromaticità ematiche di ALESSANDRA JOHN FINOCCHIO. L’indimostrabilità di stragi emotive ci attanaglia, catena di immagini e frasi inutili. Bloccati in un continuo film muto, scorrono dinanzi ai nostri occhi quelle mille parole che vorremmo pronunciare. Siamo tutti testimoni, complici e vittime di un dolore che ci strazia per primi e nasce da noi stessi bagnando di lacrime silenziose questa terra. ANTONELLA GRAZIANO ritrae gli occhi del suo popolo e i simboli della corruzione e della morte che ne dominano lo sguardo. Nelle forme che si delineano in quegli occhi, tra la nefandezza delle cose viste e la disperazione di un sogno di grandezza svanito per sempre, non c’è più spazio per le illusioni. Il dominio criminale è stato tollerato a lungo, fintanto che è sembrato lontano e arginabile. Ma in realtà, col tempo si è abbattuto sulle nostre vite come una pioggia del colore del sangue e dalla forza del fuoco, sconvolgendo ogni cosa. I loschi personaggi senza volto di ROSY D’ASCOLA agiscono sullo sfondo della città: la coppola e il sangue sono i segni inequivocabili del malaffare che cola delitti sui nostri paesaggi. FABIO SANTI li immagina immersi in un caos di nere ombre che si mescolano alle vite dei cittadini ignari, inseguendo stralci d’oro con cui tentano di occultare colpe e atrocità che imbrattano i simboli eterni di questa Roma, tenuti saldamente da una mano nera di melma con cui FRANCESCO FAI si figura l’oscuro potere della criminalità. LEOPAPP (LEONARDO PAPPONE) scava alla base di una nazione divisa al suo interno. È impossibile tenere insieme questa morente creatura, quando la terra che la sostiene è invasa da un mostro tentacolare. Generato dal suo stesso sangue marcio, la piovra ha ormai contaminato il suolo del suo Paese. E rende chiaro il messaggio: la mafia uccide la civiltà, incatenando un popolo che vuol sognare e crescere ancora. Nell’opera di MARCO CAVALIERI l’Italia intera è castrata dall’inganno e dalle ruberie, isolata in mezzo a un mare monocromatico fatto di rottami, tra possibilità precluse e progetti smembrati. Non un alito di vento sostiene questa nostra civiltà che pare avere abbandonato ogni speranza: quasi un prossimo, piccolo Titanic affondato dall’iceberg di una sovrastante corruzione. Un oceano di tensioni e fobie che al giorno d’oggi non hanno più una gabbia. Per BREDA CUK libere di vagare all’aria aperta, divengono strumento pericoloso nelle mani sbagliate. E lasciano ad ognuno una sensazione di nudità. Un volto osserva le note segrete della sua mente che lo circondano, fluttuando attorno al suo sguardo vacuo. ANGELA SCAPPATICCI cambia punto di vista. Non più il mare, ma gli effetti del vulcano criminale sulla terra catturano la sua attenzione: come una colata di sangue e malaffare, polvere da sparo e menzogna, esso sta occultando ciò che, nei secoli, abbiamo costruito. Domina la fanghiglia che ha investito il nostro mondo: solo in alcuni punti resta un ricordo della nostra terra. A LUIGI ROVELLA appare chiaro come tutto ciò non sia altro che l’attuazione del presagio di Remo: sullo sfondo di una città vuota e indifferente la lupa, madre premurosa di Roma, è dilaniata dagli avvoltoi che attendono pazienti il momento giusto per finirla. Ad assistere allo strazio due bambini dai visi che giungono da lontano, sofferenti e impaurite vittime di un invisibile burattinaio,
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inconsapevoli pedine di uno scacchiere immorale. La lupa–madre straziata viene indagata in molteplici forme e colori: GIANCARLO MONTUSCHI offre alla nostra riflessione un mondo quasi fiabesco; un rifugio lontano trascinato brutalmente nella realtà. Una madre premurosa, Roma, culla di una civiltà che ha cresciuto attraverso i secoli. Una madre che ha sfamato con amore una progenie che l’ha prosciugata della sua identità, cancellandone il bel volto. Anche FRANCO ZUANETTO utilizza il linguaggio del colore, e racconta con le forme di un cartone animato una amara realtà: i tre bassotti hanno le sembianze tristemente note dei poteri in lotta nella Capitale. Col tempo, le organizzazioni criminali hanno influenzato sempre più il tessuto sociale italiano, creando una frattura rispetto alla popolazione–vittima dei giochi di potere: una spaccatura che non solo isola i pochi manovratori dalla massa, ma segna una trincea di macerie di esistenze. Alcuni artisti lasciano emergere lo sconforto e la disillusione, altri indagano le forme del male e pare che ogni cosa faccia parte di un perverso, ineluttabile disegno superiore. Emerge su tutto un senso di delusione e sconfitta. La corruzione è tradimento di un popolo, di speranze di vita affidate a un sistema marcio dall’interno. Vortici sanguinolenti occultano sfumature di civiltà sottostanti. ANTONELLA BOSIO le getta in un calderone in cui soffocano e muoiono vite avvelenate da mulinanti inganni, in un continuo ribollire. E poi qualcosa accade, la realtà si spacca, forzata da continue tensioni: una frattura le lascia allora emergere, le verità quotidiane. E possono respirare, lontane dalla sopraffazione di rosse bugie. Libere di fuoriuscire e di lasciarsi scrutare. Anche MAURO CAMPONESCHI vive, nella sua opera, questa spaccatura: mille pezzi navigano su un mare oscuro. Venature di odio e delitto tra le macerie di antiche identità distrutte: valori sgretolati. Nulla è più come prima. MARIA GRAZIA LUNGHI libera sulla tela mostri di trame intricate che imprigionano il paesaggio in una fanghiglia melmosa: la Città Eterna, esanime, ha smesso di lottare per affiorare. Spinta al di sotto dal peso di tutto ciò, cerca finestre di respiro: è vicina la sua ultima ora sotto il cielo dell’indifferenza, tra fili di cemento e sangue. Il cemento torna, più forte, nell’opera di GIULIANO BESIO, in una rivelazione stavolta diretta e concreta dei luoghi della disonestà. Il trapasso temporale tra antico e moderno è accompagnato da scontri, ma infine coesistenze di colori caldi e freddi. Momenti diversi solo apparentemente segnano il trionfo dell’abuso di potere. Silla, osteggiato dittatore, impose il proprio dominio con l’appoggio degli eserciti, favorendo l’oligarchia senatoria. Oggi, una oligarchia cleptocratica si è infiltrata in uno dei settori simbolo del malaffare: l’edilizia. Non è mai stato un mistero, che intere fette dell’economia italiana fossero dominate dal crimine, ed oggi ci troviamo a dire ad alta voce notizie che, in fondo, non aspettavano altro che essere annunciate apertamente. FABIO GISMONDI ne approfitta per urlare in prima pagina l’omicidio della fiducia popolare e dell’onestà perpetrato ai danni della civiltà, in un Paese in cui il primo defunto è la vergogna, mentre FRANCESCO AMADORI scompone e ragiona il volto di Buzzi, uno dei maggiori incriminati nell’ambito dell’operazione “Mondo di Mezzo”, seguendo le teorie di Cesare Lombrosio. Secondo il noto criminologo, alcuni
tratti suggeriscono la fisiognomica del delinquente: il naso largo e spiovente, gli occhi piccoli e infossati, le labbra sottili. Il male che ci circonda assume volti non casuali; la gestazione di un criminale premedita la sua natura e la comunica, beffarda, all’impotente mondo. Abbiamo passeggiato al fianco di questi individui, che avevano scritte in faccia le loro colpe, eppure non siamo stati in grado di riconoscerli. E ora che la delusione ci attanaglia le viscere siamo qui, esausti, a cercare di affidare colpe e responsabilità, a cercare di capire cosa poteva essere evitato, e come. Eppure qualcuno annuncia, con la sua opera, che tutto questo sta per essere superato: la storia, dicevano gli antichi, non è che un ciclo destinato a ricorrere. Un inseguirsi di avvenimenti che si sopiscono e sfumano l’uno nell’altro, fino a primeggiare per essere smorzati da quello successivo. E ancora così, tra speranza e dolore, all’infinito. Se solo dessimo più spazio ai nodi di avvenimenti e pensieri che ci hanno formati, se ognuno di noi si dedicasse alla riflessione e alla riscoperta degli intrecci della sua anima con le contingenze, sostiene GUALTIERO REDIVO con la sua opera, le staccionate che ci imprigionano sarebbero semplici sfondi bianchi per la nostra esistenza. SILVANO DEBERNARDI ci ricorda la marcia su Roma, quando il potere si mostrò apertamente. Oggi come ieri, assistiamo alla marcia della mafia sulla Città Eterna. Si mostra ormai apertamente un potere che si è nascosto per lungo tempo, come un oscuro manovratore. Ma per GIUSEPPE SCELFO sta finendo il tempo del dominio. In un mondo in cui siamo tutti codificati, la matrice della Corruzione Capitale è stata basata sulla forza con cui ha strappato l’identità di quel popolo che ha generato il suo stesso potere. Irrimediabilmente corrotto da un virus che viaggia al suo interno, nemmeno il comando sfugge a sé stesso e, mai pago, si autodistrugge. Come in una serie di cornici ricorsive, come in un giardino tutto all’italiana SIMONA CRISTOFARI lascia che ogni cosa si ripeta all’infinito, trovando da sé un equilibrio. Mentre alcuni artisti arrischiano un messaggio di speranza condita di realismo: ROSSANA BARTOLOZZI conosce bene lo spoglio skyline di Roma: la città è ormai una macchia di devastazione. Eppure il cielo è blu. La speranza è riposta in coloro che ancora cercano di percorrere una strada irta e difficile, quella dell’onestà. Inutile dire che un simile cammino di degrado morale era stato annunciato da tempo, come mostrano CECILIA DE PAOLIS e ANNA TAGLIALEGNA: Ilia, antica vestale, ha il volto velato dalle sue sofferenze. Infinite banconote ne costituiscono il pesante copricapo, causa e materializzazione dello smarrimento onirico della fanciulla. È il denaro il motivo per il quale le sorelle hanno smarrito la via e intere famiglie si sono divise. Ilia non ha il coraggio di alzare gli occhi al cielo, per paura di non trovarlo: eppure la voce di Roma le ha assicurato la libertà. I suoi figli verranno dal Tevere e la scioglieranno dalla schiavitù del suo cappello. Un messaggio di speranza che ha accomunato nel tempo varie epoche di buio e incertezza, specie nel dopoguerra degli anni ‘50, momento di crisi e corruzione dilagante. La storia, e l’Italia lo sa bene, si insegue e cade, morendo in sé stessa. Ma presto o tardi trova sempre la forza di rialzarsi. Laura Lioce
Aidan Francesco Amadori Art & Design Oliver Baretella Rosella Barretta Rossana Bartolozzi Giuliano Besio Mariagrazia Borhy Antonella Bosio Mauro Camponeschi Silvia Castaldo Cristina Castellani Antonella Catini Marco Cavalieri Federica Cecchi Maria Giovanna Cinquina Silvio Corteggiani Simona Cristofari Breda Cuk Rosy D’Ascola Aloi Cecilia De Paolis Simonetta De Santis Silvano Debernardi Eleonora del Brocco Easypop Francesco Fai Alessandra John Finocchio Daniela Foschi Miro Gabriele Michael Gambino Fabrizio Garghetti Fabio Gismondi Domenico Grande Antonella Graziano Pier Maurizio Greco Marcho Gronge Kalòs Valentina Lo Faro Maria Grazia Lunghi Christian Molin Giancarlo Montuschi Melita Olmeda Onda Bianca Albino Palamara Leopap Tommaso Pensa Piero Petracci Adriana Pignataro Loredana Raciti Eugenio Rattà Marcello Reboani Gualtiero Redivo Luigi Rovella Paolo Russo Fabio Santi Stefania Scala Angela Scappaticci Giuseppe Scelfo Linda Schipani Gianfranco Sergio Stefania Vassura Lisa Yachia Grace Zanotto Franco Zuanetto
OPERE
Paolo Russo L'umanità in un pozzo Matita su carta, supporto forex - cm 40X40
Il degrado è un mostro che scava, alimentato da ingordigia, egoismo e incomunicabilità. Si annida nelle società, costruendo la propria culla sotterranea. Crea gallerie sotto i nostri piedi: vuoti di certezze che ci portano a sprofondare. Seduti sul fondo del pozzo, non abbiamo più la forza di risalire. Gli occhi stanchi cercano uno spiraglio di luce sempre più flebile nel nostro scivolare. Laura Lioce
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Stefania Scala ...e non dire Grafica digitale su Stampa grafica e alluminio - cm 40X40
Come spilli, sottilissime linee scure rompono la luce trafiggendo delle labbra aperte, pronte a parlare: non esce un suono, la rete di trame sottili nelle spesse labbra imprigiona le note e blocca il respiro fino a soffocare la coscienza: vero strumento della mafia, il non dire allarga la colpevolezza all'animo di ognuno. Laura Lioce
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Michael Gambino Pecunia non olet Libro, farfalle di carta ritagliate e appuntate alla tavola con spilli, fondo fosforescente - cm 40x40
�Pecunia non olet�... e ugualmente il denaro non lascia intravedere la sua provenienza. Dall'Inferno della Divina Commedia summa delle miserie umane, con forza centrifuga appare un volo di farfalle: da sempre simbolo di metamorfosi qui -ritagliate da banconote- diventano la dolente metafora di come camaleonticamente il malaffare sappia camuffarsi blandendo con lusinghe colorate ed apparentemente innocue. Gambino però ha sempre usato la farfalla come simbolo di rinnovamento, nella consapevolezza che un semplice battito d'ali può scatenare tempeste e cambiare il mondo...la fluorescenza notturna del fondo ci invita ancora a sognare.
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ART&DESIGN Sandra Naggar e Lucia Petracca Roma,Roma,Roma Scultura Luminosa (istruzione per la lettura: pronunciare con tono drammatico) Tecnica mista su metallo - cm 40x40x25
Le mappe di Roma nelle varie epoche diventano qui sculture di denuncia ma svettano sul sangue ad indicare la ‘Grande Bellezza’ artistica quale mezzo di rinascita morale e sociale.
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Antonella Catini Tracce residue Olio su tela - cm 40x40 L'artista gioca con le diverse consistenze: sono rapidi i trapassi tra bidimensionalitĂ e una terza dimensione che si stacca dal supporto estrudendo un pensiero prima schiacciato. Un caos apparente governa l'opera: comunicano le diverse percezioni del reale, rispecchiandosi e amplificandosi. Inquietudini ben mascherate emergono a lasciare traccia di sĂŠ, segnando l'ambiente in cui viviamo. Laura Lioce
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Marcello Reboani Lupa Tecnica mista su tavola - cm 38x25 Ci sono simboli eterni che nel linguaggio dell’arte diventano altro ed icone che nella nuova vita del pop si ribellano: questa lupa senza occhi e muta, gonfia solo di denaro, non è più in grado di allattare. Aspetta forse solo di essere nutrita, madre in cerca figli in grado di darle nuova vita. Ancora una volta il pop di Marcello Reboani regala agli oggetti la forza contemporanea del simultaneo: quanto è stato, come è, quando sarà…
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Daniela Foschi Ner mezzo Tecnica mista su tela - cm 40x40
L'opera sottolinea, ridicolizzandoli, gli aspetti fondamentali per i cittadini di Roma e gli italiani in generale: una città, un paese intero in cui il benessere è traducibile nei piaceri immediati. Le coscienze sono abbagliate dalle infinite possibilità di facili profitti. Il luccichio delle monete riesce a distogliere l'attenzione da problematiche più profonde. Laura Lioce
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Aidan Ottavo girone Tecnica mista su tela in realtĂ aumentata - cm 40x40
Davanti allo skyline di una Roma magica si apre la voragine dei gironi danteschi. Lo spettatore inquadrando l'opera con il proprio smartphone la vedrĂ animarsi in tempo reale con le anime in pena di chi ha barattato il potere con il denaro, tradendo la propria vita e la fede altrui...Un fumo nero avvolge la Caput mundi mentre un demone caccia le anime perse e l'imbuto dantesco si trasforma nel Colosseo, simbolo di potenza e di dolore. Dopo la distruzione del fuoco purificatore in una ciclica e necessaria ekpuresis, la rinascita.
Onda Bianca SPQR: il girone infernale dei poteri Pittura su argilla rossa ingobbiata - Cm 40x40 L'inferno dantesco rappresenta un Ade tutto romano: si avvicendano i gironi nella cittadella murata, in cui i cerchi concentrici tentano di contenere i vizi umani che sembrano vorticare cercando di uscire. Un fossato argina la sua espansione di fuoco, ma i ponti tra il potere e la città sono quasi tutti interrotti. Quasi dei punti che esclamano quei vizi stessi che furono causa del loro crollo. Altrove, qualche ponte si è salvato, ed unisce ancora questa cleptocrazia infuocata alla fresca, ancora verde speranza del popolo. Laura Lioce
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Albino Palamara Eterna Favola Disegno a china su legno - cm 40x40
La situazione attuale deriva direttamente da un eterno passato: l'opera è un universo parallelo che svela apertamente intrighi e immoralità. Maschere animalesche rappresentano il volto disumano di chi ha depredato senza vergogna, al cuore di un sistema facilmente manovrabile. Lupi incravattati muovono il meccanismo criminale, sostituendo antichi eroi della repubblica. All'esterno, avidi maiali, personificazione dei vizi capitali, gestiscono le restanti forme di potere in un cerchio di complicità ed assensi difficile da spezzare. Tutto intorno, lontano e inconsapevole dei giochi di ruolo dei potenti, il gregge: non ha potere decisionale, non ha più la facoltà di comprendere. Ipnotizzato e succube, segue la strada maestra senza capire quale sia la reale meta.
Laura Lioce
Loredana Raciti La città sommersa Arte digitale su plex-alluminio - cm 40x40 Sommersa. La capitale è una specie di immenso acquario in cui i pescecani nuotano cercando le loro prede. Nascoste e intimorite, paiono aver svuotato questo strano mondo immobile, in cui sembrano essere rimasti solo temibili predatori a farla da padroni. Laura Lioce
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Eugenio Rattà Gnam...Gnam… (Mafia Capitale) Acrilico e smalto su tela - cm 40x40 Come famelici squali, loschi personaggi circondano lo stemma romano, sua rappresentazione. Lo riducono in brandelli, tentando di prendere da esso tutto quanto di commestibile ci sia. Resterà poco ai tanti ignari. Laura Lioce
Antonella Bosio La Frattura Tecnica mista su tela - cm 40x40
Silvia Castaldo Senza titolo Tecnica mista - cm 40x40
Simona Cristofari Giardino italiano Tecnica mista su tela - cm 40x40
Breda Cuk Profondo rosso Tecnica mista su tela - cm 40x40
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Giuseppe Scelfo Pieni poteri Tecnica mista su tela - cm 40x40
Valentina Lo Faro La Scacchiera Tecnica mista su tela - cm 40x40
Alessandra John Finocchio IO SO (libero riadattamento dell'opera originale "La PietĂ dell'Idroscalo" Tecnica mista su carta - cm 40x40
Fabio Gismondi Anche tu Bruto Tecnica mista su tela - cm 40x40
Antonella Graziano Ingordigia Tecnica mista - 40x40
Pier Maurizio Greco Foro Romano Acrilico su tela - cm 40x40
Piero Petracci Quer pasticciaccio brutto. Gnommero Cemento e fil di ferro - cm 40x40
Kalòs Pecunia... olet Sagoma in alluminio su lastra di cristallo fumÊ - cm 40x40
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Rosella Barretta Fuoco, la luce tra i graffi Tecnica mista su tela - cm 40x40 Quando si dice «mafia», non si dice solo «soldi». Si dice sangue, si dice fuoco. Un fuoco che purifica, ma distrugge. Un fuoco che riplasma per poter continuare ad esistere. Il fuoco è plasma. Genera nuova materia che, sotto gli occhi della luna, di nuovo tornerà a ricreare sé stessa. Da esso si può ripartire nella ricostruzione di un nuovo mondo che sia animato, tra cenere e cumuli di materiale, da nuova luce. Questa volta senza minacciosi fuochi. Laura Lioce
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Mariagrazia Borhy Senatvs PatrinvsQve Romanvs Tecnica mista su tela - cm 40x40 Il pianeta Roma è da sempre un mondo a parte, circondato dai colori delle differenti culture e in grado di unificarle. Le sottili trame di interazioni sovrapposte hanno formato nel tempo una città unica al mondo. Ma nel suo ordito non mancano elementi tossici che la stanno annullando dall'interno, sciogliendone la struttura costitutiva come un Padrino maligno che lotta per emergere sopra ogni cosa. Laura Lioce
Francesco Amadori Hahahaha Olio su legno - cm 40x40
Oliver Baretella Tentazioni...d' amoR !? Tecnica mista su tela cm 40x40
Giuliano Besio Antichi e nuovi fasti Olio su tela - cm 40x40
Rossana Bartolozzi La scarpetta azzurra Olio su tela - cm 40x40
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Fabio Santi Roma ferita Tecnica mista su tela - cm 40x40
Christian Molin (Iospazio) Sac Ă poche Bassorilievo - cm 40x35x5
Francesco Fai Piovra Capitale Tecnica mista - cm 40x40x15
Simonetta De Santis Roma Ferita Tecnica mista - cm 40x4
Mauro Camponeschi Cocci di travertino Assemblaggio polimaterico su tavola - cm 40x40
Angela Scappaticci Mondo di sotto, mondo di sopra. Mondo sottosopra Tecnica mista su tela - cm 40x40
Marco Cavalieri Mafia (particolare) Acciaio inox - cm 26x38
Silvano Debernardi La maFia su Roma Fotocopie su Legno - cm 40x40
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Maria Grazia Lunghi VizioCapitale Tecnica mista su tela - cm 40x40
Miro Gabriele The devourer, Il divoratore Stampa a getto d'inchiostro su carta Ilford Galerie - cm 33x40
Tommaso Pensa Er Cuppolone Acrilico su tela - cm 40x40
Lisa Yachia Le spire di un serpente Video
Easypop Cave Romanum Acrilico su tela - cm 40x40
Cecilia De Paolis - Anna Taglialegna Il sogno di Ilia Busto in bronzo con cappello in tessuto e carta - 1954-2015
Stefania Vassura Contaminazioni Stampa da file digitale su pannello forex - cm 23x40
Gualtiero Redivo La vita onesta non fa male agli altri Tecnica mista su tela - cm 40x40
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Maria Giovanna Cinquina Avidita' Tecnica mista su carta telata - cm 39x35
Cristina Castellani Corruzione capitale Olio su tela e tecnica 3D - cm 40x40
Domenico Grande Quis custodiet ipsos custodes? Tecnica mista su tela - cm 40x40
Federica Cecchi Lo sconcio di Roma Tecnica mista su tela - cm 40x40
Rosy D’Ascola Il volto della mafia Tecnica mista su pallet di legno - cm 39x39
Silvio Corteggiani Mafia Capitale Tecnica mista su tela - cm 40x40
Luigi Rovella Vultures (il presagio di Remo) Olio su tela - cm 40x40
Eleonora del Brocco A Morfeo la consegna del silenzio Fotografia elaborata su tela - cm 40x40
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Giancarlo Montuschi I figli della Lupa Acrilico su tela - cm 40x40
Gianfranco Sergio Mani sulla cittĂ Acrilico su tela - cm 40x40
Leopap (Leonardo Pappone) Kolosseum Tecnica mista su tela - cm 40x40
Franco Zuanetto Tizio Caio e Sempronio Acrilico su tela - cm 40x40
Marcho Gronge Mondo di Sopra Mondo di Sotto Tecnica mista su cartone recuperato - cm 40x40
Melita Olmeda La citta' della regina Collage su cartone - cm 40x40
Linda Schipani BaciaNo Le Mani Tecnica mista - cm 40x40
Adriana Pignataro Mani sulla cittĂ Tecnica mista su tela - cm 40x40
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Grace Zanotto Mafia Burka. OmertĂ e sottomissione. Fotografa Alessandra Camera Mafia Burka realizzato in collaborazione con lo studio di design Infusion di New Delhi La Sacra cupola copre e occulta. Un dogma ineluttabile racchiuso nella triangolazione peccato - punizione - pentimento; norma che rivive da generazioni di gesti ripetuti, in un intreccio sociale tra famiglia e religione. La mafia e' come il burka, piĂš che una metafora, un filo conduttore che unisce tutte le razze e ogni tempo, rivelando un aspetto arcaico della natura umana. Nell'iconografia popolare il mafioso e' accompagnato da un asino, indossa il completo gessato con la coppola (copricapo siculo), e talvolta reca in mano una lupara. Oggi abbiamo unito, con intento panantropico, gli abiti della sottomissione e li abbiamo posti nella ruralitĂ dell'esistenza. Mafia e Burka, fieno e povertĂ . Il racconto visivo, che si svela fra paraocchi e silenzi, si svolge in un mondo chiuso, maschilista. Passa attraverso un documento che ricorda una striscia a fumetti assemblata con Polaroid. La Polaroid e' il punto d'incontro tra fotografia e scultura: un pezzo unico che immortala il momento oggetto, formando una prova inconfutabile del fatto.
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Fabrizio Garghetti "Occhio agli sviluppi... il "Coro" aspetta! Foto - cm 35x40
Il coro attende, su un secchio che è stato già riempito a metà. Forse si strizzerà ancora questa terra, fino a derubarla di ogni residuo di vita, fino all'ultima goccia. Forse qualcosa cambierà, mentre osserviamo. Bloccati in una pallida attesa. Laura Lioce
ASSOCIAZIONE
NEWORLD WWW.NWART.IT
Profilo L’Associazione Neworld – ecologia e sociale, è nata nel 2007 con l’intento di studiare le problematiche sociali ed ambientali del nostro tempo. Partecipa al dibattito critico che mette in discussione il modello di società fondato sullo sviluppiamo ad oltranza, ma anche la falsa alternativa dello sviluppo sostenibile con le sue molteplici contraddizioni (ed inganni). L’associazione è attivamente impegnata affinché si diffonda un pensiero culturale che informi circa la reale dimensione delle criticità ecosociali che continuano ad essere irrisolte; e affinché ciò avvenga, è necessario che si affermino stili di vita innovativi capaci di coinvolgere tutti nella costruzione di una società solidale più equa e sobria. Finalità Il campo del nostro progettare è ampio e diversificato come lo sono le attività e i luoghi che fanno da sfondo alla vita: abitare, lavorare, relazionarsi, coltivare e scambiare saperi. I nostri scopi: promuovere l’ecoarte, la bioarchitettura, il design sostenibile, l’educazione all’ambiente, riflessioni sulla società dei consumi, la pratica dell’autoproduzione, il riutilizzo e il riciclo dei materiali, L’uso di energie da fonti autonome e rinnovabili, l’agricoltura contadina biologica e gli orti urbani, il vivere lento e la cultura del cibo sano, la preservazione delle culture del pianeta a rischio di estinzione. Alla definizione dei progetti ed alla loro realizzazione partecipano esperti e specialisti di vari ambiti (scientifico, tecnico, umanistico, sociologico, artistico, economico, giuridico, educativo e formativo), secondo le caratteristiche del progetto e quasi sempre in una modalità di collaborazione multi-disciplinare. Una breve riflessione sull’attualità Le società moderne caratterizzate dal mito della crescita economica, dal produttivismo e dalla competitività, nonostante abbiano contribuito ad innalzare il livello generale delle condizioni di vita, siano state il motore di scoperte scientifiche e tecnologiche importanti, hanno prodotto sul piano dell’ambiente, uno sfruttamento incontrollato delle risorse del pianeta, mantenuto se non aggravato sul piano sociale ed etico la divaricazione economica e culturale, le disuguaglianze tra classi sociali, tra Nord e Sud del mondo. Hanno causato danni irreversibili all’ecosistema e gravi problemi di salute, esportato guerre per il controllo degli approvvigionamenti energetici e delle materie strategiche, prodotto nuove forme di schiavitù e sudditanza, miseria e mancanza di diritti fondamentali.
La centralità delle attività economiche e finanziarie hanno man mano imposto una cultura basata principalmente sul valore economico del fare umano che mette in secondo piano quella cultura umanistica impregnata di valori autentici e realizzativi. E’ evidente come perfino il malessere psicologico ed esistenziale diffuso nelle nostre società derivi proprio dai modelli di vita da esse stesse assunti e propagandati, modelli che essendo “un surrogato di felicità” non possono certo dare il senso di equilibrio interiore e serenità di cui gli esseri umani hanno bisogno.
NWART (Neworld art) che è parte integrante dell’Associazione Neworld, opera a livello nazionale e internazionale per diffondere e promuovere l’Arte contemporanea attraverso mostre ed iniziative pubbliche. Dal suo nascere, si distingue come promotrice di nuovi processi artistici ispirati a temi sociali ed ambientali in collaborazione con enti privati, pubblici e istituzioni. Manifesto Nwart per l’eco-arte L’artista consapevole dell’iniquità della società neoliberista che esclude e marginalizza tutto ciò che non è funzionale e asservito alle sue logiche, sensibile alle disuguaglianze sociali e alle devastazioni dell’ambiente, alla banalità culturale che tale società usa e incentiva per autoconservarsi, sceglie di indirizzare il suo operato e potenziale creativo verso un prodotto artistico propedeutico al “risveglio della coscienza”. Ricontestualizza il titolo del Capricho di Goya “il sonno della ragione genera i mostri”, per ricordare e far ricordare che l’aspirazione a un mondo più etico e autenticamente libero, passa attraverso il recupero e l’esercizio di una lucida capacità critica e la partecipazione attiva. L’elaborazione dell’artista abbandona l’autoreferenzialità e l’ingannevole identificazione narcisistica con l’opera, fine a se stessa e va a realizzare un’idea fruibile che coinvolge e diventa patrimonio di tutta la comunità. L’art-action (performance, dipinto, oggetto multidimensionale, foto o video) diventa l’armamentario della comunicazione. Essa racconta in tutta la sua evidenza la criticità e l’implosione di questo modello di società che propaganda di essere veicolo di progresso, benessere e opportunità e che invece ha creato ingiustizie, un endemico “mal di vita” e un preoccupante deterioramento della biosfera. Come non accorgersi infatti
del restringimento abilmente mascherato, dei diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici della persona; del consumismo che propaganda benessere e felicità proporzionati al PIL e allo sviluppo incurante dei limiti del pianeta; della promozione di status quali il successo, il potere e la ricchezza, a unici valori realizzativi; dell’alienazione e delle difficoltà esistenziali che tali disvalori producono minando la stabilità fisica e psicologica delle persone; della natura violata, saccheggiata e devastata in modo irreversibile per lo strapotere dei gruppi economici trasnazionali e della messa in atto di mega-progetti ad esse funzionali; dei beni comuni, diritto fondamentale dei cittadini (acqua, servizi essenziali, saperi) trasformati da beni di libero accesso a merci, cospicua fonte di profitti privati. Dunque, proprio da queste istanze e dal desiderio di partecipare al cambiamento della società, l’eco-artista si coinvolge in questa corrente “open source” che pensa, costruisce, scambia e propaganda idee veicolandole con tutti i mezzi possibili. Di fatto, si viene a costituire una sorta d’incubatore dove i prodotti artistici, gli artisti e i fruitori diventano un sistema interdipendente, il prototipo e l’esemplificazione della trasformazione. I progetti di NWart continueranno ad avere due caratteristiche: cogliere l’attualità in movimento fissandolo nella storia contemporanea alla maniera del fotoreportage e la “portabilità” delle idee in contesti disomogenei; si tratta in sostanza di verificare come questo movimento per l’eco-arte che si sta consolidando riesca ad attraversare mondi, culture e sensibilità diverse mantenendo inalterato il suo messaggio.
Luigi Straffi (Presidente Associazione Neworld)
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Curatore Antonietta campilongo
ARCHITETTO | DIRETTORE ARTISTICO E CURATORE Attualmente vive e lavora a Roma. Da giugno 2010 è direttore artistico della Galleria MostrArti Roma. Da marzo 2007 è direttore artistico, settore mostre, della Fonderia delle Arti - Roma. Dal 2007 vicepresidente e curatore, settore mostre, dell’associazione Neworld (NWart). Dal 2003 curatore indipendente. Ha collaborato e collabora con molteplici gallerie private e spazi istituzionali in Italia e all’estero. Ad oggi ha firmato oltre 20 cataloghi con referenti privati, musei e altri organi istituzionali. A Roma e provincia ha collaborato e curato diverse esposizioni: al Museo Ara Pacis “Energie fluide I cantieri dell’anima” in collaborazione con Philippe Daverio; al Museo delle Auto della Polizia di Stato “Distanze di Sicurezza”; alle Scuderie di Palazzo Ruspoli “Della Stessa Sostanza degli Ultimi”; al Chiostro del Bramante mostre personali di artisti emergenti; a Palazzo Valentini “Bideceinge” - mostra e Conferenza sulla Decrescita “La strategia della lumaca”; al Museo del Fiume a Nazzano “Il filo d’acqua” e numerose mostre personali sul tema dell’acqua e natura, al Museo Archeologico Doria Pamphilj di Valmontone “Ti Riciclo in Arte/In Arte ti Riciclo”. A Berlino ha curato esposizioni con la Galleria Infantellina; a Varsavia con la Galleria Pracovnia e l’Istituto Italiano di Cultura; a Zamosc (Polonia) Galeria Zamojska; a Londra con differenti gallerie private e l’istituto Italiano di Cultura; a Lubiana (Slovenia) con l’Università e a Crnomelj (Slovenia) con gallerie private; a Hangzhou (Shanghai, Cina) ha curato un’esposizione di artisti italiani in occasione della XXII edizione della The West Lake Expo Art Fair di Hangzhou; a Fukuoka (Giappone) al Palazzo della Toyota Bldg. MOSTRE | EVENTI 2015 • Corruzione Capitale | Roma ai tempi degli ingranaggi lubrificati - Arte Contemporanea Reattiva Stadio di Domiziano - Roma • Food Culture e Slow Art | l’arte che rappresenta il gusto StepDue Milano - Patrocinio Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali - Spazio Hi - Tech, galleria Crackingartgroup - Milano • POP by POP - Personale di Eugenio Rattà - Chiostro del Bramante - Roma • Sacro Tempio - Personale di Fabio Masotti - Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - Dodicesima edizione - Fonderia delle Arti Roma
2014 • POP PUNTO ROMA - Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - Undicesima edizione - Fonderia delle Arti Roma • Food Culture e Slow Art | l’arte che rappresenta il gusto Patrocinio Presidenza del Consiglio dei Ministri Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali - Regione Lazio Roma Capitale Municipio VII - Ente Parco Appia Antica - CNA Roma - Ex Cartiera Latina - Parco Regionale Appia Antica Roma • Energie fluide I cantieri dell’anima - Personale di Antonella Catini Testo in catalogo di Philippe Daverio - Museo Ara Pacis - Roma • openARTmarket - Decima edizione - Fonderia delle Arti Roma • Viaggio nella la città - Personale di Sante Muro - Chiostro del Bramante - Roma • openARTmarket - Nona edizione - Fonderia delle Arti - Roma 2013 • Flash City - Mostra Personale di Leonardo Pappone (Leopap) nell’ambito della manifestazione Molise un’Altra Storia con il patrocinio: Expo 2015, Regioni Lazio e Molise, Roma Capitale Municipio VIII. Con il supporto di CNA, Formez PA, Camera di Commercio, Millepiani e associazione Forche Caudine - CNA Roma • Kaleidoscope - Personale di Paolo Vignini - Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - Nona edizione - Fonderia delle Arti - Roma • 5 Elementi 5 - legno . fuoco . terra . metallo . acqua - o4m Odaka per mostrArti - Roma • Territori interiori - Personale di Antonella Catini - Chiostro del Bramante - Roma • 5 Elementi 5 - legno . fuoco . terra . metallo . acqua - Ex Cartiera Latina - Parco Regionale Appia Antica - Roma - Con il Patrocinio Della regione Lazio - Roma Capitale - Ente Parco • La fotografia è la mia poesia - Personale Luigi Scuderi Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - Ottava edizione - Fonderia delle Arti - Roma • Nuvola Creativa - Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - Settima edizione - Fonderia delle Arti Roma 2012 • openARTmarket - sesta edizione - Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - quinta edizione - Fonderia delle Arti - Roma • Presentazione catalogo openARTmarket, edito da Gangemi
Editore - Sala mostre e convegni Gangemi Editore - via Giulia 142 - Roma • openARTmarket - quarta edizione - Fonderia delle Arti - Roma • openARTmarket - terza edizione - Spazio mostrArti - Roma 2011 • openARTmarket - seconda edizione - Spazio mostrArti - Roma • openARTmarket - prima edizione - Spazio mostrArti - Roma • IL FILO D’ACQUA - Museo del Fiume - Nazzano - Roma • IL FILO D’ACQUA - Galleria Gotland - Berlino • Paesaggio Urbano - Personale di Daniela Foschi - Galleria Gotland - Berlino • Fuori dal guscio - Fonderia delle Arti - Roma • Flussi. Le forme dell’acqua - Personale di Antonella Catini Museo del Fiume - Nazzano - Roma • Spazio al colore! - Personali di Daniela Foschi - Fonderia delle Arti - Roma • Coriandoli | Personale di… 5 artisti a confronto - Mostrarti Roma 2010 • 7 ½ - Sette Opere e mezza x 5 - Mostrarti - Roma • SouvenirMania - Basilica di Santa Maria in - Montesanto Chiesa degli Artisti - Roma • Eugenio Rattà SouPop/Opera - Basilica di Santa Maria in Montesanto - Chiesa degli Artisti - Roma • L’equilibrio essenziale - Personale di Luciano Lombardi Fonderia delle Arti - Roma • Costellazioni Sotterranee - Antonio Ceccarelli - Mostrarti Roma • TRENTAPERTRENTA=NOVECENTO/ Opere Da MostrArti Mostrarti - Roma • IL FILO D’ACQUA - Acqua bene pubblico - Fonderia delle Arti Roma • TRENTAPERTRENTA=NOVECENTO / Step 5 - Galerija Laterna - Crnomelj • TRENTAPERTRENTA = NOVECENTO / Step 4 - Università di Ljubljana - Lubiana • Qo’noS / ossessione del poeta - Personale di Alfredo Di Bacco Università di Ljubljana • TRENTAPERTRENTA = NOVECENTO /Sotto il cielo di Berlino Galleria Infantellina - Berlino • Qo’noS / ossessione del poeta - Personale di Alfredo Di Bacco Galleria Infantellina - Berlino • POPMAN - Personale di Eugenio Rattà - Fonderia delle Arti Roma
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2009 • Ancora Rosso/Repaint Red - Personale Teferi Gizachew Fonderia delle Arti - Roma • Della Stessa Sostanza degli Ultimi - Scuderie di Palazzo Ruspoli - Roma • TRENTAPERTRENTA=NOVECENTO - Passaggio in Cina Peace International EXHIBITION CENTER - The West Lake Expo Art Fair di Hangzhou XII Edizione Hangzhou - (Cina) • TRENTAPERTRENTA = NOVECENTO - Fonderia delle Arti Roma • Arteitaliana a Fukuoka - Toyota Bldg - Fukuoka (Giappone) • Ti rubo l’anima - Personale Alberto Marolda - Fonderia delle Arti - Roma • Divenir pittura - Personale Nello Bruno - Fonderia delle ArtiRoma • Living in a still life - Cronache di un inquinamento... - Fonderia delle Arti - Roma • Bideceinge - Patrocinata dalla Provincia di Roma - Palazzo Valentini/ ISA - Roma • Ti Riciclo in Arte/In Arte ti Riciclo - quarta edizione - Patrocinata della Città di Valmontone, assessorato alle Politiche culturali, assessorato all’ambiente - Palazzo Doria Pamphilj Museo Archeologico - Valmontone (RM) 2008 • smArt Recycling - Candid Arts Galleries - Londra • Ti riciclo in Arte/Storie di plastica, carta, alluminio e vetro, L’arte rende Sacro - Patrocinata dal Comune di Capranica e dalla Regione Lazio - Chiesa Romanica San Francesco, Capranica (VT) • Distanze… di sicurezza - Museo della Polizia di Stato - Roma • Mostra Personale di Barbara Herbeck - Con Galerie Nürnberg/Rom Arte Contemporanea - Fonderia delle Arti - Roma • Le formidabili tensioni Mostra Personale di Aldo Palma Fonderia delle Arti - Roma • Da Roma a Ljubljana secondo step– Università di Lubiana • Mostra Personale di Aldo Palma - Galleria Riv.56 - Padova • Ti riciclo in Arte/Storie di plastica, carta, alluminio e vetro Fonderia delle Arti - Roma • Different looks - GALERIA ZAMOJSKA - Zamocs: (Polonia) • Different looks - PracowniaGaleria - Patrocinata dall’Istituto di Cultura Italiano a Varsavia 2007 • Specchio non mente - Complesso monumentale di Santa Croce in Gerusalemme, Domus Sessoriana - Roma • 3 Ore e 15 Minuti - Associazione Culturale Civita Piazza Venezia Roma
• L’altro/Io - Complesso monumentale di Santa Croce in Gerusalemme, Domus Sessoriana - Roma • In Libero Quadrato - Neoartgallery - Roma • WITHOUT - Patrocinata dal Comune di Capranica e dalla Regione Lazio e Provincia di Viterbo - Chiesa Romanica San Francesco, Capranica (VT) 2006 • La donna animale - Chiesa Romanica S. Francesco Capranica (VT) • Immaginare l’impossibile. Completamente impossibile Neoartgallery - Roma 2005 • Oltre ogni confine - Università di Lubiana - Lubiana • Homo Ludens - Quando l’arte entra in “Gioco” Neoartgallery Roma • Luce e ombra - Complesso Monumentale S. Gregorio al Celio - Roma
Finito di Stampare Giugno 2015 Grafica e Stampa Effetto Immagine il piacere di stampare S.r.l. Via Benedetto Bompiani, 28 - 00147 - Roma www.effettoimmaginesrl.it