Il racconto degli oggetti

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storie

IL RACCONTO DEGLI OGGETTI testo di MONICA CUOGHI

S

iamo grati a Olga che ci ha chiesto di scrivere il racconto degli oggetti che abbiamo salvato, amato, conservato, ma soprattutto abbiamo fatto vivere nel teatro della nostra esistenza. è stato facile passare dal collages agli oggetti, come un tesoro che si trova sui libri e spesso nell’immondizia; ed ora c’è internet. Ho cominciato ad usare oggetti nelle mie installazioni prima che capissi che li stavo usando. Il primo fu un vetro rotto che composi come dei fiori dentro a una grande ampolla di vetro. Poi una barchetta di ferro veneziana con dentro un ritaglio di una bambina presa da una cartolina e una statua di una tigre bianca, alta un metro, alla quale feci

degli occhi di pongo gialli e blu che ti fissavano grandi, era il 1986. Poi usai le fotografie, prima di Anna Chiavelli poi quelle di Claudio Corsello, dei loro lavori artistici e feci dei collages assieme ai ritagli di foto della mia famiglia. Questa fu la prima collaborazione con Corsello. Il primo lavoro esposto in una mostra importante composto da materiale trovato furono le 8 altalene che installai in un circolo di alti pioppi nella radura interna all’isola Boschina di Mantova, dove nel 1987 abbiamo organizzato la mostra Traviata. Fu un lavoro magico, capii di essere ispirata da un filo sottile che ci collega agli altri uomini e anche al passato e al futuro. Mentre cercavo le catene di ferro arrugginito per costruire le altalene ho comprato

anche una vecchia statuina di ferro che rappresenta un coccodrillo con una maschera da sub, con accanto una presunta tomba: gli ho dipinto la canottiera rosa con il pongo e sulla tomba nera ho messo una stella gialla. Lo misi sul pozzo della villa abbandonata dell’isola che ci ospitava, regalata da Onassis a Maria Callas tanto tempo prima. Non ci siamo mai posti il dubbio se lavorare con materiale riciclato o nuovo: non avevamo coscienza di usare degli oggetti riciclati, erano solo bellissimi e basta. Il primo tesoro nell’immondizia, dove trovammo i nostri personaggi principali - Il Re, Bimbambola, Anima, il Lupo Mannaro, Cappuccetto Rosso, Ombra, il cane- , fu in via del Porto a Bologna, ora c’è il museo Mambo. Siamo sempre rimasti affascinati dai meccanismi delle cose: il lato estetico passava

in secondo piano rispetto ai suoi esaltanti meccanismi. Con oggetti trovati costruivamo sculture della serie Selettori. Ad esempio la n.1 era formata da una cassa di legno per le armi che aveva innestato un tergicristallo, che andando avanti e indietro toccava tre viti che azionavano e spegnevano tre circuiti elettrici che terminavano con tre prese. Un altro esempio di scultura selettore fu il baule girarrosto, un antico baule con fissato sopra un girarrosto preso da un forno; girava facendo sentire una radio sintonizzata sulle onde AM posta dentro al baule, ma quando ad un certo punto il girarrosto toccava una molla la radio si spegneva e si metteva in funzione un trapano sempre all’interno del baule. Poi siamo passati agli oggetti con le pompe


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Nella pagina a fianco: Ultima casa di celloffan, 2001 Sopra in senso orario: Argonauta (scultura), 1987 Sindrome di Sthendal (performance con Maurizio Mercu), 1993 Pea Brain di candelabri, 1992 Mooncup Donna hote il nano (fotografia), 1995 Tutte le immagini: courtesy dell’artista

d’acqua come la lavatrice svuotata, l’orso sti delle vicende. Avevamo stanze dedicate che faceva le bolle. Avevamo una grande ai vari materiali o argomenti: la stanza del collezione di televisori raccolti da quando legno, la stanza degli armadi, la stanza del sperimentavamo forme video. Venivano ferro.... impilati formando dei robot giganti, stru- Gli oggetti, le cose, erano come le figurine menti musicali autocostruiti o modificati. che ritagliavo dalle riviste, lo facevo per Così esprimemmo questa passione per loro giorni disponendole tutte sui tavoli, poi al con una performance, La sindrome di Sten- momento giusto le componevo, e così andhal: in un’arena smontavamo, operavamo, collegavamo tv e strumenti musicali, rompendo i tubi catodici, facendo rilevare alle tv le onde luminose degli strumenti, ecc. La Sindrome si fondava proprio sul riciclaggio di tutti i componenti e gli oggetti di un mondo prezioso che stava andando a man che le cose tridimensionali era come se si bassa nel macero. Volevamo tutto il tempo per le nostre spe- raggruppassero per fare scene che volevano rimentazioni, così decidemmo di occupare comunicare qualcosa. le fabbriche per vivere in povertà o in ric- è qui che Quadrupede, un nostro personagchezza a seconda di quello che succedeva, gio dei fumetti, ha preso forma nelle cose, fu come andare ad abitare in uno degli og- gli abbiamo dedicato una mostra: Quadrupede poteva essere due cavalletti con un getti trovati. Le abbiamo fatte rivivere con tutto quello trave sopra, e vedevi il suo musetto, oppure una specie di giraffa con i tubi delle tende che a loro apparteneva, alberi, cespugli, che poteva avere la grandezza adeguata al spacciatori, mobili, spazio, vuoto, pace. Non era un riciclo, ma un rianimare per dare posto che l’ospitava, oppure un armadio altre possibilità e scoprire i loro talenti, e i messo in orizzontale con i piedi riposizionati nella schiena. miei. Anche i mobili erano animati da questo modo di essere e diventavano dei protagoni- * La versione integrale del racconto è

Ci fu tutta una serie di mobili sculture assemblate. La nostra vita nelle fabbriche era una continua installazione, la quotidianità, anche dura, come una performance dove ogni gesto era vissuto nel qui e ora, cercando di essere al massimo della presenza, dell’attenzione, dell’assorbimento emotivo di ciò

non avevamo coscienza di usare degli oggetti riciclati, erano solo bellissimi e basta che accadeva e con noi gli oggetti che influenzano la nostra energia. Trovavamo sempre quello che ci serviva, sia per vivere sia per comporre poesie tridimensionali che ci insegnavano ed emozionavano Eravamo i servitori di questa grande collezione di “cose”, l’energia era rivolta ad essa. Ogni trasloco ci ha però allontanato da molti oggetti: quello che non siamo stati capaci di prendere e di regalare è purtroppo finito nei vortici dell’insensatezza. disponibile sul sito

www.artesera.it


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