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321 marzo

Tariffa R.O.C. - Poste Italiane Spa - Sped. In Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27.02.2004, n° 46), art. 1 comma 1 - Prezzo e codice a barre in IV di copertina

MIA Photo Fair 2020 | Mantova Biennale di Fotografia Femminile | Roma Fotografia | Bologna Women

storie, talenti e immagini

women Spiriti liberi

protagoniste del cambiamento frammenti di storie al femminile

Š Robin Hammond, 2014

www.ilfotografo.it

numero



3

Queste pagine sono dedicate al pensiero di esperti e studiosi dell’universo dell’immagine e della comunicazione. Collezionisti, fotografi, photoeditor, scrittori,

Editoriale

MARZO

critici d’arte, e chiunque abbia idee da scrivere sulla passione per la fotografia, accompagneranno il lettore alla scoperta di vecchie e nuove tendenze.

Rispetto.

di Michele Dalla Palma Fotografo giornalista e scrittore

Un concetto fuori moda?

E

Evoca tempi antichi e romantici, questa parola in cui è racchiusa l’essenza dei rapporti umani, oggi sempre più spesso ignorata in nome di troppi e spesso pretestuosi diritti: la cronaca, l’immagine, la creatività, la libertà artistica. Spesso, vittima di questa mancanza di rispetto è la donna e la sua immagine, abusata e prevaricata sfruttando la sottile, ma letale arma della valorizzazione. La donna come oggetto e fulcro del lusso, dell’eleganza, ma anche vittima predestinata, insieme ai bambini, di qualsiasi evento drammatico raccontato dalla cronaca. La fotografia, se dietro alla fotocamera non c’è anche un pensiero etico e rispettoso, non è immune da questa strumentalizzazione. Anzi, troppe volte diviene l’alibi per realizzare lo scatto capace di “colpire allo stomaco”! Troppe volte ho visto, sul campo, colleghi cercare di drammatizzare un’immagine “sparando” un 20 millimetri sul seno di una donna che allattava sul bordo di una strada o sul volto di un’anziana consumata dalla vita o dentro una povera capanna dove la sopravvivenza non è mai una certezza. Protagoniste di questa idea distorta di racconto sono, quasi sempre, le donne e i loro infanti. Donne che spesso osservano senza capire il voyeurismo di chi crede, dietro lo scudo di una presunta libertà narrativa, di poter entrare nella vita di altri. Senza chiedere il permesso. Senza rispetto.

Un virus che contagia anche i “viaggiatori” armati di macchine fotografiche a caccia di immagini suggestive, meglio se drammatiche, convinti che nel prezzo di un biglietto aereo per una destinazione esotica sia compreso il diritto a entrare, senza remore e senza educazione, nello spazio vitale di chiunque. La verità non può mai essere il risultato di una mancanza di considerazione dell’altro. Neanche per il più grande dei fotografi! n

Un’immagine può raccontare molto più delle parole e, in questo caso, testimoniare la grande apertura culturale dell’attuale sovrano dell’Oman. In nessun altro Paese islamico si potrebbe pensare di vedere un’insegnante donna gestire una classe di adolescenti maschi.


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idee di Sommario N° 321 - Marzo 2020

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| Silvia Taietti

48

| Federica Berzioli

| Luca Sprea

Gus Powell

| Giovanni Pelloso

Takashi Homma

38 Cristina Vatielli

Editoriale Michele Dalla Palma Rispetto. Un concetto fuori moda?

Accade A marzo 3

Contributor Chi siamo Fotografi e autori del mese 6

Focus On Susan Meiselas

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Profilo d’Autore Takashi Homma A testa in giù 34 Cristina Vatielli Le storie sopite 38 Alessandro Zenti Dentro il reportage 44

Gus Powell Family Car Trouble 48

Mostre Italia Mostre Mondo

Appuntamenti Grandi Mostre

Storie

WOMEN, un mondo in cambiamento 10 EROS, Roma Fotografia 2020 16 Dorothea Lange e Margaret Bourke-White 24 MIA Photo Fair 2020 26 Biennale di Fotografia al Femminile 28

20 22

Raffaella Castagnoli sussurra alle palme 54 Gianni Rizzotti Un viaggio lungo trent’anni 58 Maria Luisa Frisa

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MARZO 5

54

44

Raffaella Castagnoli

58

Gianni Rizzotti

70

Fiorella Mannoia

Alessandro Zenti

66 62

26

Gran Photo Tour

Viaggio a Milano I luoghi della fotografia 66

Musica e fotografia

Libri da collezione New York Capitale della fotografia 74

Fiorella Mannoia Quando una fotografia e una canzone si assomigliano 70

Le vostre foto Lettura portfolio

80

Book Show

La redazione commenta

86

Red Harvest Era mare

73

Esercizio a tema: risultati 90

Proposta a tema: Micro fotografia 94

Corsi e workshop Dal Web Prossimamente

74 96 98

Maria Luisa Frisa

MIA Photo Fair 2020

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CONTRIBUTORS

fotografie di Dentro il reportage

Gus Powell

Alessandro Zenti

Gianni Rizzotti

parole di

Family Car Trouble

Un viaggio lungo trent’anni

Takashi Homma

Cristina Vatielli

Fiorella Mannoia

Dal silenzio della natura al rumore delle città

Le storie sopite

Quando una fotografia e una canzone si assomigliano

| Giada Storelli Mostre-Book show-Fiere

| Ludovica Pellegatta | Francesca Orsi Focus on Susan Meiselas Intervista Cristina Vatielli

|M anuela De Leonardis | Francesca Interlenghi | Barbara Silbe Intervista Takashi Homma Storie Gianni Rizzotti Storie Raffaella Castagnoli

| Vittorio Scanferla Libri da collezione

| Leonello Bertolucci Musica e fotografia

| Michela Frontino Intervista Alessandro Zenti

| Giulia Zorzi Intervista Gus Powell

| Paola Romano Appuntamenti Women

| Livia Corbò Storie Maria Luisa Frisa

|B enedetta Donato Photo Tour Milano


Regala Regala nitidezza nitidezza con con bokeh bokeh spettacolari spettacolari

AF Accurato e Veloce AF Accurato e Veloce

Leggerezza Leggerezza


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Susan Meiselas Focus On

testo di Ludovica Pellegatta

L

Carnival Strippers

L’ambiguità della fotografia-documento

La prima volta che vidi Carnival Strippers provai un groviglio di pensieri e di emozioni contrastanti, ma anche la netta consapevolezza di aver incontrato un mio “punto di non ritorno”. Riemersi dalla lettura del primo libro della fotografa americana Susan Meiselas con la sensazione di aver ricevuto in regalo un nuovo paio di occhiali con cui guardare la cosiddetta “fotografia-documento”. Non solo scoprii una realtà nascosta e perturbante per l’America puritana degli inizi degli anni Settanta, ma soprattutto capii la complessità della nostra relazione di spettatori con il soggetto fotografato. Racconto un pò meglio la storia: nell’estate del 1972, appena ventiquattrenne, Meiselas e il suo partner, il fotografo e film-maker Dick Rogers, viaggiano attraverso il Midwest fotografando circhi e fiere itineranti… Al di là di giostre, ruote panoramiche e bancarelle di tiro a segno, il viaggio non rivela niente di entusiasmante, finché a fine estate la coppia arriva a una fiera dove si svolge uno show particolare: un presentatore invita il pubblico ad affrettarsi ad assistere allo spettacolo, una coppia di ragazze sul palco balla e ammicca verso la folla, mentre sul retro, in un’area nascosta da un

tendone, per 2 o 3 dollari i clienti uomini possono accedere e vedere le donne esibirsi in uno striptease, al limite tra sensualità e pornografia. Per tre anni, dal 1972 al 1975, Meiselas trascorre le sue estati alle fiere di paese in New England, Pennsylvania e South Carolina, ritraendo le spogliarelliste sul palco e fuori scena, nella loro intimità, fotografando e intervistando anche fidanzati, manager, clienti...

USA. Essex Junction Vermont. 1973. Lena on the Bally Box © Susan Meiselas Magnum Photos

Pubblicato per la prima volta nel 1976, durante i primi anni del movimento femminista, il progetto riflette una complessa era di cambiamento, all’indomani della legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti. Emerge un mosaico di punti di vista molteplici, diversi, spesso conflittuali, dove lo spettatore non sa più se si tratta della storia di donne vittime dello sfruttamento maschile oppure di spiriti liberi intrepidi, che infrangono le norme sociali e lottano per l’identità e l’auto consapevolezza, cercando di uscire dall’anonimato e di sottrarsi al destino di cameriera, segretaria o casalinga che la vita di provincia americana poteva loro offrire. Il groviglio di emozioni ancora non si è sciolto e lo sguardo rimane abbagliato dall’immediatezza e dall’energia grezza e pulsante delle immagini delle carnival strippers. n


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Appuntamenti

Festival

testo di Paola Romano

Bologna ospita uno sguardo sulla condizione femminile attraverso i grandi fotografi del National Geographic. Curata da Marco Cattaneo e proposta nel complesso museale di Santa Maria della Vita in collaborazione con Genus Bononiae. Musei in città e Fondazione Carisbo, la mostra pone l’attenzione del visitatore sulla condizione femminile nel mondo in occasione del centenario del diritto al voto per le donne americane.

WOMEN un mondo in

cambiamento

La proposta espositiva offre un percorso di memoria e di confronto rispetto al ruolo femminile nella società e al suo mutare nel tempo alle diverse latitudini. Il racconto antropologico e culturale è costruito attraverso le espressive immagini che il National Geographic, la storica rivista dedicata all’esplorazione del mondo, ha selezionato beneficiando del suo ricco archivio. Ad affascinare il visitatore sono gli scatti firmati da William Albert Allard, Lynsey Addario, Stephanie Sinclair, David Alan Harvey, Robin Hammond, Luis

Marden, Lynn Johnson, Ed Kashi e Steve McCurry, ma non solo. Le loro immagini accompagnano il visitatore alla scoperta di mondi a volte solo apparentemente lontani. Dagli anni Venti del Novecento fino ai giorni nostri, la narrazione dedicata al mondo femminile esce da quell’immaginario intriso di luoghi comuni, rimanendo invece attenta all’obiettivo di “mettere a fuoco” il cambiamento del ruolo della donna nei diversi Paesi nel mondo, restituendo un universo variegato e resiliente.

«Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare» Liliana Segre

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1 | Donne di etnia Gabra trasportano taniche piene di acqua torbida attraverso le pianure desertiche del Kenya. © Lynn Johnson, 2009 2 | Una ragazza afghana sposata da poco abbraccia la sorellina a Wakhan, in Afghanistan. © Matthieu Paley, 2012 3 | Alcune donne partecipano alla cerimonia Holi, la festa dell’amore e dei colori che in passato era preclusa alle vedove, al Tempio di Gopinath, in India. © Amy Toensing, 2016 4 | Miss Trinidad sistema il suo costume al concorso per Miss Universo 1998 © Jodi Cobb, 1998

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FESTIVAL 13

«Ogni aspetto della nostra vita deve essere sottoposto a un inventario... ...di come ci stiamo assumendo la responsabilità» Nancy Pelosi

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INFORMAZIONI Women: un mondo in cambiamento a cura di Marco Cattaneo Dove: Chiesa S. Maria della Vita, via Clavature 8-10 40124 Bologna Quando: dal 15 febbraio al 17 maggio 2020

Orari: da martedì a domenica ore 10-19 Tel. 051.19.93.63.43. mail: esposizioni@genusbononiae.it Ingresso: Intero 10 euro, ridotto 5 euro Web: www.genusbononiae.it


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FESTIVAL

«Trasforma le ferite in saggezza» Oprah Winfrey

5 | Una coordinatrice di 24 anni si prende una pausa per fumare una sigaretta fuori dall’African Artists’ Foundation di Lagos, in Nigeria. © Robin Hammond, 2014 6 | Una donna si fa rasare la testa sulla scalinata del Campidoglio della Virginia Occidentale per protestare contro la mountain top removal, la pratica di estrazione del carbone mediante la rimozione delle cime delle montagne, e la violazione del diritto alla salute, e di conseguenza dei diritti umani, delle comunità di minatori. © Ami Vitale, 2012

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Divisa in sezioni (Beauty, Joy, Love, Wisdom, Strength, Hope), la mostra propone grandi temi che accomunano questo mondo tinto di rosa, focalizzando l’attenzione sui problemi e sulle sfide condotte quotidianamente e nel corso del secolo dalle donne di culture diverse. Le tematiche scelte e le opere esposte consentono di giungere a un chiaro ritratto, risultando un’occasione di approfondimento di realtà diverse, a volte sconosciute. Si parla di amore (Love) nella pienezza del suo significato, non solo quello materno raccolto nello sguardo protettivo della madre per il proprio figlio, ma anche di quel sentimento che lega l’amicizia e l’importanza della protezione dei rapporti tra le persone. La donna è bellezza (Beauty) non sfacciata ma profonda, legata alle proprie radici e alla propria storia; è gioia (Joy), sentimento femminile per antonomasia e sinonimo di una gestualità profonda e radicata. La forza (Strength) delle donne sta nelle storie che raccontano della loro determinazione, il loro sacrificarsi e la loro forza d’animo. Possono essere le donne che quotidianamente cercano e trasportano l’acqua sulle proprie spalle nel deserto, come lo è l’astronauta Samantha Cristoforetti, prima donna italiana a far parte di una missione nello spazio. Non può non mancare la speranza (Hope) nelle storie delle donne, fatta di piccoli e grandi gesti che testimoniano la nuova libertà. La mostra si chiude con Portraits of Power, ritratti e racconti di attiviste, politiche, scienziate e celebrità intervistate dal National Geographic in occasione del numero speciale dedicato alle donne nel novembre del 2019. Nancy Pelosi, Presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Oprah Winfrey, conduttrice e autrice televisiva, Jane Goodall, etnologa e antropologa, Christiane Amanpour, giornalista britannica, Jacinda Ardern, Primo Ministro neozelandese, Liliana Segre, senatrice a vita e testimone di una delle pagine più tristi della storia mondiale. Queste sono solo alcune delle donne che attraverso la loro storia testimoniano il nuovo secolo sempre più aperto al mondo femminile. n



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Appuntamenti

Festival

testo di Giovanni Pelloso

Fino al 6 aprile Roma diventa la capitale italiana della fotografia con mostre, incontri, workshop, laboratori didattici. Un evento organizzato dall’associazione Roma Fotografia con il patrocinio di Roma Capitale e della Regione Lazio, in collaborazione con Istituto Luce, CoopCulture e Fondazione Cerasi e Palazzo Merulana.

EROS

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Roma Fotografia 2020

A essere investigati, attraverso la fotografia, sono i contorni e le sfumature di questa forza straordinaria che muove il mondo. L’eros, il desiderio, si presenta nello sguardo di chi riesce a cogliere l’essenza e ogni forma di bellezza nell’esistenza. Nel continuo esercizio delle emozioni con cui stimoliamo i nostri sensi che diventa una chiave di lettura con cui interpretare ciò che viviamo. Da questi principi nasce Roma Fotografia 2020 (www.roma-fotografia.it) con l’intenzione di far emergere la capacità di Eros di immedesimarsi e di nascondersi tra le righe dell’esistenza, nelle pieghe della quotidianità. Il cuore della manifestazione è Palazzo Merulana con un ciclo di tre personali tutte al femminile. Dallo spirito rivoluzionario nelle fotografie di Tina Modotti alle dive del cinema muto degli anni Venti, alla contemporaneità intrisa di classicismo delle opere di Chiara Caselli, le proposte guardano a delle donne che rappresentano la forza, l’indipendenza, il coraggio e l’emancipazione. Tra le iniziative in programma, segnaliamo la mostra tratta dall’archivio di Marcello Geppetti (dal 26 febbraio, Contesta Rock). Il tema cinema e desiderio si propone in quaranta scatti che consentono di rivivere episodi e sentimenti di

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un’epoca in cui Roma fu teatro di numerose e fondamentali vicende legate al cinema, alla musica, alla politica e al costume. Inaugura il 12 marzo, Passioni e Parole (Margutta bio) a cura di Sonia Zimmitti. Alefo Del Bosco, Francesco Galizia, Angela Matarozzi, tre fotografi specializzati in nudo artistico, si affiancano a Cristina De Paoli, Barbara Perrotta, Sonia Zimmitti, tre calligrafe appassionate che arricchiscono con coraggio e inchiostro dettagli narrativi, per dar vita, in una fusione insolita, a un nuovo modo di comunicare. Allo Stadio di Domiziano apre il 18 marzo la mostra a cura di Maria Cristina Valeri e Alex Mezzenga dedicata alle immagini di grandi fotografi romani: Ada Maselli, Alessandro Dobici, Giovanni Cozzi, Angela Lo Priore, Fabio Lovino, Mirta Lipsi e Giuseppe Di Piazza. Roma Fotografia non dimentica i più giovani per i quali sono in calendario diversi incontri con attività di laboratorio – a cura di alcuni ricercatori de La Sapienza di Roma e della Fondazione S. Lucia nel campo delle Neuroscienze – in alcune scuole secondarie di primo e secondo livello di Roma con l’obiettivo di sensibilizzare gli alunni sul tema dell’empatia e del rispetto reciproco grazie al supporto di dispositivi di Realtà Virtuale.

MOSTRE

Palazzo Merulana

Via Merulana 121- Roma - tel. 06.39.96.78.00. Biglietto: 10 euro (ingresso alla Collezione Cerasi) - 15 euro Eros Card La card consente l’accesso illimitato dal 23 febbraio al 4 aprile alla Collezione Cerasi, alle mostre di Roma Fotografia 2020, e ai talk in occasione di RF2020, con la possibilità di prenotare il proprio posto (nei limiti della disponibilità prevista) agli incontri. Info e prenotazioni: info@palazzomerulana.it


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TINA MODOTTI L’Eros della Rivoluzione Quando Dal 23 febbraio all’8 marzo Ingresso biglietto unico Inaugurazione 22 febbraio entrata libera ore 18:30

1 - 2 | Tina Modotti Murales messicani 3 | Tina Modotti Mujer con bandera

È un viaggio in quattro tappe che parte con le immagini iconiche che hanno portato Tina Modotti a essere la fotografa più influente dell’inizio del secolo. Il suo sguardo così particolare e acuto mostra una straordinaria capacità di raccontare la complessità di una rivoluzione senza mai perdere la delicatezza di porgere attenzione anche al più piccolo dettaglio


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Palazzo Merulana

ISTITUTO LUCE Stelle Silenti

MOSTRE

Quando: Dal 26 marzo al 5 aprile Ingresso: biglietto unico Inaugurazione: 25 marzo entrata libera ore 18:30

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1 | 2 | Istituto Luce - Stelle Silenti

CHIARA CASELLI Come allo specchio Quando Dal 12 al 22 marzo Ingresso: biglietto unico Inaugurazione 11 marzo entrata libera ore 18:30 Attrice per Antonioni, Cavani, Gus Van Sant, sino all’ultimo film di Pupi Avati, Chiara Caselli è anche regista e fotografa. La sua è una fotografia insieme evocativa ed essenziale nel suo essere priva di aneddoti, una fotografia silenziosa e fortemente espressiva all’interno di un controllo formale dai chiari rimandi classici. Come allo specchio è il racconto di un’estate passata in cui lo specchio è insieme materia e metafora del desiderio e della nostalgia

Chiara Caselli, Trittico

La mostra è curata dall’Archivio Fotografico dell’Istituto Luce-Cinecittà ed è composta da 48 stampe fotografiche digitalizzate e restaurate dall’Archivio Fotografico Luce dedicate al Cinema muto degli anni Venti. Il progetto deve il suo grande valore al Fondo Cinema Muto, costituito da fotogrammi cinematografici originali dei primi del Novecento che riguardano scene tratte da film muti


WORKSHOP E INCONTRI

FESTIVAL 19

WORKSHOP Info e prenotazioni: www.roma-fotografia.it

INCONTRI

Da venerdì 27 a domenica 29 marzo WORKSHOP CON FRANCO FONTANA Dove: MaTeMù

Via Vittorio Amedeo 14, Roma A pagamento, numero chiuso Franco Fontana è protagonista del workshop Colore e Creatività. I partecipanti sono chiamati a compiere un’esperienza unica con l’obiettivo di scoprire e testimoniare emozioni, invenzioni, pensieri e versatilità. È un viaggio che ogni fotografo partecipante affronterà all’insegna della scoperta di territori sconosciuti nel tentativo di evolvere e rinnovare grazie al supporto dell’autore modenese, considerato uno dei fotografi italiani contemporanei più celebri a livello internazionale.

sabato 21 e domenica 22 marzo WORKSHOP CON PIERO TAURO Dove Galleria Canova Via Canova 22, Roma A pagamento, numero chiuso

Piero Tauro, professionista che vanta un’espe-

rienza ultratrentennale, concentra il suo intervento sulla fotografia di scena e punta ad analizzare i cambiamenti che questo genere ha registrato nel corso del tempo: dal regista ai coreografi, agli interpreti, ai disegnatori luce, agli scenografi.

COLLETTIVA

Informazioni: info@romasmistamento.it

Dove: Roma Smistamento

Via di Villa Spada 343

Grazie alla collaborazione con Roma Smistamento, Roma Fotografia ha deciso di dedicare ai giovani under 35 il circuito off dell’evento. La collettiva consente di cogliere le diverse sfaccettature della capitale. A ogni professionista è stato affidato un aggettivo, un “segno particolare” da indagare e mettere poi in mostra insieme a tutti gli altri, aggiungendo un tassello alla panoramica globale su Roma. L’obiettivo è indagare il tema di quest’anno raccontando in modo dissacrante i lati più erotici, provocatori, disinibiti e gustosi di questa immensa città. CIRCUITO OFF - GIOVANI Dal 21 marzo SEGNI PARTICOLARI. COLLETTIVA

Palazzo Merulana Via Merulana 121 Roma tel. 06.39.96.78.00. Info e prenotazioni: info@palazzomerulana.it Domenica 8 marzo ore 18.30 Talk: Il coraggio di essere me stessa Si celebrano la figura e le opere di Tina Modotti Sabato 21 marzo ore 16-21 Domenica 22 marzo ore 10-13 Lettura Portfolio Primo Premio Il Fotografo Per iscriversi alla lettura www.roma-fotografia.it/ lettura-portfolio Ad Alex Mezzenga e Roberto Huner si affianca la redazione de Il Fotografo con l’art director Silvia Taietti e lo staff editor Giovanni Pelloso. Il miglior lavoro sarà pubblicato nella sezione portfolio della rivista Sabato 28 marzo ore 18.30 I colori dell’eros Incontro con Franco Fontana. L’autore emiliano, riconosciuto tra le firme più importanti della fotografia contemporanea, racconterà della sua carriera straordinaria dedicata alla passione e alla bellezza


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Milano, Modena e Torino Appuntamenti

MOSTRE ITALIA

testo di Giada Storelli

Le mostre più interessanti nel nostro Paese

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1 | Paloma Picasso, 1975 2 | Blue Water, 1975

MILANO

fino 13 aprile

Antonio Lopez INFORMAZIONI Dove: Fondazione Sozzani, Corso Como 10, 20154 Milano Orari: Tutti i giorni ore 10.30-19.30, mercoledì e giovedì ore 10.30-21. Ingresso: 5 euro Tel.: 02.29.00.40.80 Email: galleria@fondazionesozzani.org Web: www.fondazionesozzani.org

Drawings and photographs

«L

a moda gli serviva come pretesto per esprimere bellezza, sensualità, sessualità, vita e tempo. Il suo tempo». Ad affermarlo è Anne Morin, direttrice di Chroma Photography a Madrid e curatrice per la Fondazione Sozzani di Milano della mostra dedicata ad Antonio Lopez, illustratore e fotografo portoricano che ha rivoluzionato l’immaginario della moda degli anni Settanta e Ottanta attraverso le pagine di Vogue, Elle, Harper’s Bazaar e Interview

3 | Photo Booth, 1974 4 | Stripes, 1966

Magazine al fianco di Andy Warhol. Il lavoro di Lopez ha rappresentato un crocevia culturale, un nesso di cultura alta e bassa, tra New York, Milano e Parigi, che ha determinato un profondo cambiamento estetico nella rappresentazione fisica del corpo nel mondo della moda con piena consapevolezza etnica e razziale – la sua è la ricerca di una bellezza nuova –. In mostra, oltre duecento disegni originali, provini Kodak Instamatics, sequenze fotografiche, collage, diari e film di documentazione raccontano il processo creativo di Antonio Lopez, il suo segno visionario e il periodo storico in cui è vissuto, durante il quale ha contribuito a ribaltare i canoni estetici del fashion system. n

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INFORMAZIONI Dove: Fondazione Modena Arti Visive, Palazzo Santa Margherita, Corso Canalgrande 103 41121 Modena

Orari: mercoledì, giovedì e venerdì ore 11-13 e 16-19 sabato e domenica ore 11-19 Ingresso: 6 euro

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Tel.: 059.20.32.919 Email: info@fmav.org Web: www.fmav.org

1 | Yael Bartana True Finn, 2014 Still da video Courtesy Petzel Gallery New York; Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Sommer Contemporary Art Tel Aviv

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1 | Luigi Ghirri, Alpe di Siusi,1979 2 | Basilico, Milano, 1978

INFORMAZIONI Dove: Camera. Centro Italiano per la Fotografia Via delle Rosine 18, 10123, Torino Orari: Tutti i giorni ore 11-19 giovedì ore 11-21; martedì chiuso Ingresso: 10 euro Tel.: 011.08.81.150 Email: camera@camera.to Web: www.camera.to

2 | Yael Bartana A Declaration, 2006 Still da video Courtesy Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Sommer Contemporary Art Tel Aviv

MODENA

fino al 13 aprile

Yael Bartana

Cast Off

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ael Bartana è una fotografa di origini israeliane che vive e lavora tra Tel Aviv, Berlino e Amsterdam. Il suo lavoro è riconosciuto a livello internazionale e alcuni suoi progetti sono stati esposti, tra mostre personali e collettive, all’interno di importanti sedi istituzionali quali il MoMA PS1 di New York, il Musée Cantonal des Beaux-Art di Losanna, il Philadelphia Museum of Art e lo Stedelijk Museum di Amsterdam. Fino al prossimo 13 aprile sarà

possibile scoprire le sue opere all’interno delle sale del Palazzo Santa Margherita della Fondazione Arti Visive di Modena con la mostra personale intitolata Cast Off. Curata da Chiara Dall’Olio, l’esposizione si compone di sei installazioni video e fotografiche che pongono l’attenzione sul significato di concetti come identità, nazione e rito, ma soprattutto sul valore, anche politico, che queste parole hanno acquisito nella nostra cultura contemporanea. In mostra si potranno ammirare, tra le altre, opere quali The Recorder Player from Sheikh Jarrah, il video Tashlikh (Cast Off), Summer Camp/Avodah e True Finn. n

TORINO

fino al 10 maggio

Collezione Bertero

Memoria e Passione

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runo Barbey, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Robert Capa, Lisetta Carmi, Henri CartierBresson, Mario Cattaneo, Carla Cerati, Mario Cresci, Mario De Biasi, Mario Dondero, Alfred Eisenstaedt, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Mimmo Jodice, William Klein, Herbert List, Ugo Mulas, Federico Patellani e Ferdinando Scianna sono solo alcuni dei nomi che compongono una delle collezioni di fotografia più importanti d’Italia: la collezione

Bertero. Fino al 10 maggio, la mostra Memoria e Passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero ospitata all’interno delle sale di Camera - Centro Italiano per la Fotografia condurrà i visitatori all’interno di un viaggio nei trent’anni più significativi della storia della fotografia italiana e internazionale. A cura di Walter Guadagnini e con la collaborazione di Barbara Bergaglio e Monica Poggi, l’esposizione racconta la storia del nostro Paese attraverso gli scatti più iconici della collezione, partendo dall’Italia appena liberata dal fascismo, narrata dalle immagini dei Neorealisti, fino alle vicende più legate al concettuale di Ugo Mulas, Luigi Ghirri e Mimmo Jodice. n


MOSTRE MONDO

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BRUXELLES

fino al 24 maggio

Wolfgang Tillmans

Today is the First Day

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olfgang Tillmans è un artista internazionalmente riconosciuto tra i più influenti della sua generazione. È stato tra i primi a utilizzare il mezzo fotografico secondo i paradigmi dell’arte contemporanea piuttosto che quelli della cultura fotografica. Today is the First Day è la retrospettiva dedicata all’autore tedesco che presenta al pubblico una vasta selezione di opere che riassumono i primi trent’anni di un’intensa carriera. Tillmans ha costantemente riflettuto sullo spirito del tempo che ha contraddistinto gli ultimi tre decenni, cercando di restituire un resoconto poetico del mondo in cui viviamo

«per creare – come afferma l’autore – immagini che parlino di come ci si sente a essere vivi oggi». L’attualità è costantemente agitata da movimenti contraddittori, più o meno percettibili, che Tillmans porta alla nostra attenzione in modo particolarmente ispirato: i diritti sociali acquisiti dalla fine degli anni Sessanta, oggi sono messi in discussione e ondate di nazionalismo tengono le persone isolate. Il progetto di Tillmans appare più che mai essenziale per una riflessione approfondita sul nostro presente.

INFORMAZIONI Dove: WIELS, Centre d’Art Contemporain Avenue Van Volxem 354, 1190 Bruxelles Ingresso: 10 euro E-mail: welcome@wiels.org Web: www.wiels.org

BERLINO

fino al 25 maggio

Umbo

Photographer Works 1926-1956

U

mbo è il nome d’arte di Otto Maximilian Umbehr, uno dei più rivoluzionari interpreti della fotografia tedesca degli anni Venti del secolo scorso. Con la sua ricca immaginazione e attitudine alla sperimentazione, Umbo ha influenzato in maniera incisiva la corrente Neues Sehen (Nuova Visione) della fotografia tedesca. A lui è attribuito il merito di aver inventato un nuovo modo di ritrarre le donne, il paesaggio urbano e il fotoreportage in generale. Il suo nome è associato al movimento giovanile Wandervögel

– corrente popolare nei primi anni del Novecento in Germania e pioniera nell’ambito del Naturismo – è stato uno dei più importanti allievi del Bauhaus sotto la direzione dell’artista Johannes Itten –. La mostra Umbo. Photographer. Works 1926-1956, che celebra l’acquisizione della Berlinische Galerie dell’eredità artistica di Umbo resa possibile dal Bauhaus Dessau e lo Sprengel Museum, presenta al pubblico oltre duecento tra opere e documenti storici in una delle sue maggiori retrospettive a lui dedicate negli ultimi vent’anni. INFORMAZIONI Dove: Berlinische Galerie. Berlin’s Museum of Modern Art, Photography and Architecture. Alte Jakobstraße 124 –12810969, Berlino Ingresso: 12 euro E-mail: bg@berlinischegalerie.de Web: www.berlinischegalerie.de


AMSTERDAM

fino al 31 maggio

Viviane Sassen

Venus & Mercury

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er la sua nuova mostra Viviane Sassen, una delle più significative interpreti della fashion photography contemporanea, si è ispirata alla storia della regina Maria Antonietta e agli intrighi della corte di Versailles tra il XVII e il XVIII secolo. Racconti melanconici arricchiti dell’espressività dell’erotismo, del potere, dell’intrigo, della follia, della decadenza e della morte. Venus & Mercury, questo il titolo dell’esposizione visitabile fino alla fine di maggio, si completa affiancando alle storie liberamente ispirate dalle vicende della corte francese, gli eventi accaduti nello stesso periodo ad Amsterdam nel Canal

Huis Marseille, recentemente raccontate dalla scrittrice Caroline Hanken nel libro Una casa di nome Marsiglia, pubblicato nel 2019. La mostra si compone di installazioni multimediali e opere inedite frutto dell’unione di tecniche come pittura, collage e fotografia, in un’evoluzione dell’originale stile della fotografa olandese.

INFORMAZIONI Dove: Huise Marseille. Museum voor Fotografie Keizersgracht 401, 1016 EK Amsterdam Ingresso: 9 euro E-mail: info@huisemarseille.nl Web: www.huisemarseille.nl

PARIGI

fino al 7 giugno

Collettiva

Le Supermarché des Image

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gni giorno più di tre miliardi di immagini sono condivise sui social network. Come avviene la loro conservazione, gestione, trasporto e fruizione? Le Supermarché des Images cerca di riflettere su queste e su molte altre questioni proponendosi come una delle più importanti esposizioni collettive della stagione 2020 del centro Jeu de Paume di Parigi. La mostra, curata da Peter Szendy, autore del saggio omonimo edito da Les Éditions de Minuit nel 2017, si interroga sul ruolo e sull’impatto dell’onnipresenza delle immagini nell’epoca contemporanea. Punto di partenza della riflessione è l’analisi della dimen-

sione economica della loro imponente diffusione: la loro conservazione – in particolare attraverso le banche immagini – la velocità con cui queste circolano, i materiali che le compongono e il loro singolo valore. Peter Szendy, con il supporto delle co-curatrici Emmanuel Alloa e Marta Possa, ha selezionato sessantasette opere di quarantotto artisti provenienti da tutto il mondo, tra i quali spiccano i nomi di grandi autori, tra storici e contemporanei, quali Andreas Gursky, Sophie Calle, Maurizio Cattelan, Samuel Bianchioni, Lázló Moholy-Nagy, Trevon Plagen, Thomas Ruff e Hiroshi Sugimoto.

INFORMAZIONI Dove: Jeu de Paume 1 Place de la Concorde, 75008 Parigi Ingresso: 10 euro E-mail: accueil@jeudepaume.org Web: www.jeudepaume.org


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Oltre settanta immagini in bianco e nero firmate da Dorothea Lange e Margaret Bourke-White sono esposte al Centro Culturale di Milano fino al prossimo 15 marzo. La mostra dedicata alle due autrici americane, ideata da Camillo Fornasieri e curata da Angela Madesani, si inserisce nel palinsesto del Comune di Milano all’interno del programma Donne e Creatività che coinvolgerà la città lombarda da gennaio a giugno 2020.

Appuntamenti

Grandi mostre

testo di Giada Storelli

A Milano si celebrano il talento e

Dorothea Lange Margaret Bourke-White Due donne nei tornanti della storia

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Dorothea Lange e Margaret Bourke-White oltre a essere state due fondamentali testimoni della storia del Novecento, sono celebrate ancora oggi per la loro capacità di aver saputo trasmettere nelle loro immagini l’emozione e la tensione emotiva di quei particolari momenti. Tra le loro fotografie più iconiche troviamo certamente Migrant Mother firmata dalla Lange nel 1936 e scattata all’interno del progetto di documentazione voluto dalla Farm Security Administration – il programma statunitense aveva lo scopo di mappare le condizioni di povertà delle zone rurali degli Stati Uniti dopo la grave crisi economica scaturita con il crollo della Borsa del 1929 –. Lo scatto, una donna ritratta con i suoi figli che guarda verso l’orizzonte mentre i due bimbi si sorreggono sulle sue spalle, è diventato sin da subito un’icona della Grande Depressione americana, una moderna madonna laica simbolo di forza e protezione materna. Margaret Bourke-White è stata, come Dorothea Lange, una donna indipendente dotata di un grande talento, oltre che di una grande forza. Fu tra i primi reporter a entrare nel campo di concentramento di Buchenwald il giorno successivo alla liberazione dei prigionieri, testimoniando con la sua fotografia l’orrore e la tragedia umana di quel luogo. Vicina al tema dell’emergenza sociale, suo è il celebre scatto del 1937 che ritrae una fila di persone afroamericane in attesa di un pasto lungo la strada. Sopra le loro teste campeggia la pubblicità di un’automobile con all’interno lo stereotipo della famiglia bianca borghese. Il claim World’s highest standard of living sottolineava ulteriormente il forte divario sociale ed economico che caratterizzava la società americana dell’epoca. n

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le capacità visionarie di due tra le più importanti donne della storia della fotografia

3 1 | Due bimbi, Dorothea Lange, 1936 2 | Migrant Mother Nipomo, California, 1936 Dorothea Lange. FSA/OWI Library of Congress 3 | At the time of the Louisville Flood Louisville, Kentucky 1937 © Margaret BourkeWhite, courtesy Getty Images 4 | Aereo sorvola New York, Margaret BourkeWhite

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INFORMAZIONI Dove: Centro Culturale di Milano Largo Corsia dei Servi 4 20122 Milano Quando: fino al 15 marzo 2020 Orari: da lunedì a venerdì ore 10-13 e 14-18:30; sabato e domenica ore 15-19 Ingresso: donazione di 10 euro Tel.: 02.86.45.51.62. E-mail: segreteria@cmc.milano.it Web: www.centroculturaledimilano.it


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Appuntamenti

Fiere

testo di Giada Storelli

1 | Alberto Selvestrel Senza Titolo #1 Serie L ink II, 2019, Fine Art Giclée Print on Hahnemühle Photo Rag 308 100% Cotton paper 70x100cm, ed. 43952 Artist; courtesy ArtNoble 2 | Noé Sendas, Crystal Girl N99, 2018, Ink Jet print on premium luster photo paper, 10x8cm (print size) 41x31cm (frame size), ed.3 + 2AP, Courtesy mc2gallery 1

MIA Photo Fair 2020

Le novità della decima edizione Il MIA Photo Fair compie dieci anni. La kermesse fieristica più importante d’Italia interamente dedicata alla fotografia ritorna a The Mall (Milano) ospitando quella che è riconosciuta una tappa fissa per professionisti, collezionisti e appassionati dell’immagine artistica e del racconto visivo. Ottanta gallerie provenienti da tutto il mondo, dalla Francia all’Inghilterra, dagli Stati Uniti alla Grecia, sono state invitate dal comitato scientifico composto da Fabio Castelli, direttore del MIA, Gigliola Foschi, curatrice, ed Enrica Viganò, fondatrice di Admira. Non mancano, all’interno di una formula collaudata, le novità del 2020 che arricchiranno ulteriormente il calendario della kermesse. Si segnala, a tal proposito, la mostra Beyond Photography Italia / Anni Settanta

curata da Elio Grazioli: un percorso espositivo originale che si articola tra alcuni stand e che illustra al pubblico un passaggio determinante per la fotografia italiana, alla fine degli anni Sessanta, attraverso gli scatti di Paolo Gioli, Franco Fontana, Luigi Erba e di altri autori. Si prosegue con l’esposizione delle immagini vincitrici della prima edizione del premio New-Post Photography lanciato lo scorso autunno e rivolto a tutti gli artisti che con il loro lavoro approfondiscono le nuove espressioni della fotografia contemporanea. Un’ultima curiosità di questa nuova edizione è legata a Rankin. Il noto fotografo di moda inglese firma l’intera immagine coordinata della fiera attraverso alcune sue opere del progetto Saved by the Bell. n

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3 | Serena Maisto, Andy De-Composition n9, 2019 Courtesy IMAGO Art Gallery

4 | Bruno Cattani, Voodoo Preparazione per il Festival delle Maschere Gelede, 2019 Fotografia montata su stoffa originale e doppia cornice cm 100x75, Ed.3/5 Courtesy VisionQuesT 4rosso

5 | Tongue piercing - Yellow and Red. Saved by the Bell HUNGER, Issue 14, 2018 © Rankin - Courtesy of 29 Arts in Progress gallery

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INFORMAZIONI Dove: The Mall Piazza Lina Bo Bardi 1, 20121 Milano Quando: Dal 19 al 22 marzo Orari: giovedì 19 marzo ore 11-21 Da venerdì 20 a domenica 22 marzo ore 11-20 Ingresso: 16 euro E-mail: info@miafair.it Web: www.miafair.it


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Appuntamenti

Festival

testo di Giovanni Pelloso

È la prima edizione in Italia di una biennale al femminile e promette di diventare un evento da non perdere per chi ama l’arte e la fotografia. A Mantova si danno appuntamento gli appassionati che desiderano mettere a fuoco quanto sta accadendo oggi nel mondo grazie alla visione di grandi e sensibili autrici. La proposta culturale non si ferma alla ricca selezione di mostre, ma ad accogliere i visitatori sono le protagoniste dei talk e dei workshop e lettrici portfolio di fama internazionale.

Mantova

Biennale di Fotografia al Femminile La manifestazione vuole rendere omaggio a quei contributi che il professionismo femminile ha donato e continua a donare alla società. In particolare, si guarda al lavoro, questo è il tema centrale della manifestazione. Una lettura che, attraverso il femmineo nelle sue molteplici declinazioni, esplora un concetto di grande interesse e attualità, sia nella micro che nella macro visione, dal lavoro necessario, quello che costringe esseri umani a cercare altrove un futuro per loro e le loro famiglie, al lavo-

ro visto come opportunità di dignità e realizzazione personale, al lavoro nella prospettiva delle donne attraverso le difficoltà e le soddisfazioni all’interno della società occidentale, così come ad altre latitudini. Le fotografe invitate a questa prima edizione della Biennale sono Rena Effendi, Sandra Hoyn, Annalisa Natali Murri, Claudia Corrent, Daro Sulakauri, Nausicaa Giulia Bianchi, Eliza Bennett, Erika Larsen, Betty Colombo, Mariagrazia Beruffi, Claudia Amatruda e Aldeide Delgado.

«Ho voluto porre in evidenza una prospettiva che trascende i confini geografici e che consente di approfondire tematiche affrontandole con tempi di riflessione diversi da quelli a cui siamo abituati quotidianamente» Alessia Locatelli

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ELIZA BENNET A woman’s work is never done 1 | ALDEIDE DELGADO Gilda Pérez. Los pasajeros series.1993. Courtesy of the artist and Catalogo de Fotografas Cubanas 2 | ANNALISA NATALI-MURRI Cinderellas 3 | NAUSICAA GIULIA BIANCHI Women priests project 4 | CLAUDIA CORRENT Vorrei 5 | DARO SULAKAURI Black gold project 6 | BETTY COLOMBO La Riparazione 7 | STEFANIA PRANDI Oro Rosso Progetto fotografico e libro 8 | SANDRA HOYN Fighting for a pittance 9 | ERIKA LARSEN Quinhagak Opere dal 2015 al 2019 10 | RENA EFFENDI Transylvania: built on grass

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CONFERENZE Donne, lavoro e divario di genere. Conoscerlo per affrontarlo Claudia Forini, con il supporto CGIL 5 marzo - Comune di Mantova, Sala degli Stemmi Orario: 18-19 Donne ed editoria fotografica Giulia Zorzi 6 marzo - Palazzo Ducale, Sala degli Arcieri Orario: 18-19 Perché una collezione di donne fotografe Donata Pizzi e Marzia Corraini 7 marzo - Corraini Edizioni e Arte Contemporanea Orario: 11-12 Il fotogiornalismo. Viaggio di un’immagine dall’idea all’edicola Betty Colombo e Chiara Zennaro 7 marzo - Palazzo Ducale Orario: 14-15.30 Da musa ad autrice. Il nudo femminile in fotografia dalle origini ad oggi Anna Luccarini e Francesca Marani 7 marzo - Ex Chiesa della Madonna della Vittoria Orario: 16-17.30 Il lavoro dello storytelling Erika Larsen 8 marzo - Ex Chiesa della Madonna della Vittoria Orario: 14-15.30

La direttrice artistica Alessia Locatelli, incontrata a poche settimane dall’inaugurazione, ha risposto ad alcune nostre domande. La prima edizione ti vede protagonista nella direzione di una biennale agli esordi. Accettando l’invito degli organizzatori eri consapevole dell’impegno preso o l’entusiasmo e la sfida hanno prevalso su tutto? «L’occasione si è presentata con la proposta da parte dell’Associazione La Papessa di occuparmi della direzione artistica. Una sfida tanto impegnativa quanto stimolante in cui ho voluto portare tutto l’entusiasmo che mi ha sempre contraddistinto nella mia relazione con il mondo dell’arte e, in particolare, della fotografia. Prima edizione significa, sostanzialmente, avere la possibilità di modellare il progetto dalle basi. È stato un lavoro esaltante e al contempo molto faticoso che ha richiesto non solo di fare bene il proprio compito, ma di far suonare bene e in armonia un’intera orchestra. Per fortuna in questa avventura non mi sono mai sentita di dover partire da zero, potendo contare su un ottimo team, quale quello nato all’interno dell’Associazione La Papessa, e di un ottimo ufficio stampa. Grazie a loro questa sfida non è mai risultata improba. Raccontare il mondo attraverso gli occhi delle donne significa poter dare risalto a uno sguardo, quello femminile, oggi non sempre considerato a sufficienza. Colpisce il respiro internazionale dei lavori ai quali ho voluto offrire una vetrina e una visibilità quanto mai necessaria nel nostro mondo globalizzato. Un mondo da indagare, ascoltare e costruire. Questo è quello che vedo nella Biennale della Fotografia Femminile. È poi un’opportunità di crescita personale e non solo. Come non esserne entusiasti». Che impronta hai voluto dare a questa prima edizione? «Per la prima edizione ho ritenuto necessario poter costruire uno storytelling coerente ed efficace al tempo stesso, qualcosa che potesse distinguersi facilmente nell’offerta culturale esistente. Per questo la caratteristica “femminile” non si limita alla selezione delle professioniste invitate a esporre, ma riguarda anche le presenze ai talk, le lettrici portfolio, la regia dei film proiettati, nonché le protagoniste dei tre workshop (Letizia Battaglia, Betty Colombo e Sara Lando). I workshop e le letture portfolio sono naturalmente aperti alla fruizione di tutti, tranne per quello di Letizia Battaglia dedicato


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esclusivamente alle donne. All’interno della manifestazione sarà possibile godere di dodici mostre e di una serie di incontri e conferenze legate al tema del lavoro. Abbiamo strutturato una scaletta che si concentra prevalentemente dal 5 all’8 marzo per i talk e le portfolio review, mentre nei tre weekend successivi di marzo sarà possibile frequentare i workshop e visitare le mostre nelle varie location di Mantova, tra palazzi storici e gallerie private, compreso l’iconico Palazzo Te. Mantova è una città affascinante che si distingue da anni per il Festivaletteratura in settembre. Credo che la nostra biennale possa ben dialogare con questo importante evento completando l’offerta culturale della città dedicandosi alla “scrittura con la luce”. Per questo vorrei che la mia impronta risulti originale e attenta al tempo stesso». Perché la scelta del lavoro come tema dominante? «Questa domanda la giro volentieri a Anna Volpi, presidente dell’Associazione La Papessa che ha ideato la Biennale della Fotografia Femminile e che ha scelto il tema di quest’anno». — «Abbiamo cercato un argomento che potesse essere universale. Il lavoro coinvolge l’umanità intera, nella sua presenza o assenza, e non importa il genere, la religione, la cultura, la politica: è una necessità su cui oggi è importante attuare una riflessione. Il lavoro crea migrazioni, povertà, sfruttamento, profitto, scalate sociali, disparità, e mille altre questioni. Il lavoro ha molteplici tematiche collegate e anche infiniti modi di mostrarsi. Ed è per questo che all’interno delle mostre della biennale troverete reportage, ritrattistica, collezionismo, arte contemporanea e video arte. Non è stato semplice decidere il tema. In un primo momento si è pensato a concetti più legati all’attualità contemporanea, come il clima, lo sfruttamento, l’omofobia, ma alla fine tutto questo e molto altro è rientrato nel macro tema del lavoro, permettendoci così di creare un percorso legato da questo fil rouge». Di cosa sei particolarmente orgogliosa? «Ho notato con soddisfazione che la mia presenza all’interno della BFF ha consentito di portare significative professionalità del mondo della fotografia ad aderire alla stessa. Questa per me è una nota importante perché vuol dire che in qualità di direttore artistico sono riuscita a ottenere quella fiducia che non è facile ricevere in una prima edizione. Inoltre, devo dire che il partire

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Workshop - Per informazioni: prenotazioni@bffmantova.com

Canon Academy, Incarico fotografico

Ritrattistica creativa

Nuda come la Terra Madre

Sara Lando

Letizia Battaglia

14-15 marzo, ore 10-18.30

21 e 22 marzo, ore 10-18.30

28 e 29 marzo, ore 10-18 (break 13.00 -15.00)

Betty Colombo

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FESTIVAL 31

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Lettura Portfolio Per informazioni: prenotazioni@bffmantova.com sabato 7 marzo ore 11-13.30 Lettrici: Erika Larsen, Betty Colombo, Giulia Zorzi, Anna Luccarini,

Francesca Marani, Ann Griffin, Cecilia Pratizzoli e Aldeide Delgado. Saranno selezionati 2 portfolio che parteciperanno al premio nazionale Italy Photo Award (dicembre, 2020) 10

da subito con un’impronta internazionale ci inserisce nel giusto solco di ricerca e di relazioni che la biennale vuole tenere anche nelle sue prossime edizioni. Sicuramente sono molto contenta di aver coinvolto due premi nazionali: uno riguarda la proiezione dei progetti vincitori del Premio Musa 2019 e l’altra è la partecipazione di due portfolio, selezionati durante le letture del Festival, all’Italy Photo Award. Sono anche orgogliosa di come siamo riusciti con tutto il team a strutturare questo grande evento che per qualità e originalità di visione sono convinta risulterà stimolante e apprezzato».

PROIEZIONI

ELLIOT ERWITT: Silence sounds good

Proiezione e conferenza della regista Adriana Lopez Sanfeliu sabato 7 marzo,

ore 18.00 Cinema del Carbone

Presenta il film la regista Adriana Lopez Sanfeliu (Francia - Spagna, 2019) Il lavoro femminile di ieri e oggi tra oppressione patriarcale e sfruttamento sabato 14 marzo

ore 18.00 Cinema Mignon

La serata si sviluppa in due eventi: Proiezione di ESSERE DONNE

(Italia 1964; 2019) Regia di Cecilia Mangini Presentazione del progetto

e del libro fotografico

ORO ROSSO di Stefania Prandi

Cosa ti auguri che succeda in questo mese? «Mi piacerebbe che l’entusiasmo che abbiamo avuto nel costruire questa proposta possa diffondersi e contagiare chi lo incontrerà. Sia tra chi, appassionato e attento a ciò che avviene nel mondo della fotografia, non mancherà occasione di cogliere una così ricca offerta culturale, sia tra chi avrà pensato di visitare una splendida città come Mantova in un bel weekend di inizio primavera, facendosi sorprendere da proposte fotografiche inaspettate e coinvolgenti. Credo che le autrici esposte, oltre a confermare il loro valore agli occhi dei visitatori più informati, risulteranno una scoperta piacevole e stimolante anche per chi incontrerà per la prima volta il loro lavoro visivo. Mi auguro che la BFF generi un meccanismo virtuoso che porti ad approfondire le tematiche affrontate e suggerirne di nuove, attraverso il linguaggio fotografico reso particolarmente ricco e potente dalla sensibilità peculiare della visione femminile. Insomma, mi auguro, e lo credo fortemente, che questo percorso che abbiamo iniziato possa svilupparsi e crescere attraverso le successive edizioni, diventando un evento non solo apprezzato, ma ricercato e atteso nel mondo della fotografia anche da chi scoprirà la necessità di “ascoltare” questo linguaggio nella sua connotazione femminile per meglio affrontare le sfide che il nostro tempo e il nostro mondo ci propongono quotidianamente». n INFORMAZIONI BIENNALE DELLA FOTOGRAFIA FEMMINILE Mantova Dove: Spazio Arrivabene 2, Tempio di San Sebastiano, Palazzo Ducale, Galleria Corraini, Galleria Disegno e Casa del Rigoletto, Palazzo Te, Spazio Bernadelli, Casa Del Pittore. Quando: 5-29 marzo 2020 Ingresso: 15 euro biglietto intero (gratuito bambini sino agli 8 anni compiuti) Web: www.bffmantova.com


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Accade a

Marzo

testo di Giovanni Pelloso

INIZIA LA MARCIA DEL SALE È il 12 marzo del 1930

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onostante l’opposizione del governo e delle autorità locali, il Mahatma Gandhi guida la protesta contro la tassa sul sale su cui vigeva un assoluto monopolio coloniale. La lunga ed estenuante marcia di oltre duecento miglia (320 km) fu percorsa a piedi da Ahmedabad a Dandi, sull’Oceano, con l’obiettivo di raccogliere un pugno di sale dalle saline per rivendicare simbolicamente il possesso di questa risorsa al popolo indiano. Il progetto del movimento di disobbedienza civile fu portato a termine dopo 24 giorni. In migliaia compirono il piccolo e clamoroso gesto – il primo nella campagna per l’indipendenza da Londra –. La stampa internazionale seguiva con grande interesse gli eventi e le azioni di repressione nel tentativo di bloccare la rivolta. Un giornalista britannico, nel suo articolo,

scrisse: «Non uno solo dei manifestanti alzò un braccio per ripararsi dai colpi. Cadevano come birilli. […] I superstiti, senza rompere le righe, continuavano a marciare silenziosi e ostinati, finché non cadevano a loro volta sotto i colpi». n

NASCE JOEL MEYEROWITZ È il 6 marzo del 1938

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amoso per la street photography, ma anche per i ritratti e i paesaggi, iniziò nel 1962 divenendo ben presto uno dei primi sostenitori dell’uso del colore. Affascinato da Robert Frank e da Eugène Atget, lascia il lavoro di art director di un’agenzia pubblicitaria per gettarsi nelle strade di New York con una fotocamera 35mm con l’intenzione di raccontare storie semplici e momenti comuni. «Sapevo solo che avevo bisogno di stare per la strada»,

ricorderà qualche anno dopo. Compone le sue immagini ricercando «il modo in cui qualcuno fa un gesto per la strada, o quello in cui due persone reagiscono l’una all’altra, o ancora la simultaneità di due cose che avvengono all’unisono e la relazione che si crea tra esse». È autore di sedici libri tra cui Cape Light, considerato un classico tra le opere di fotografia a colori – oltre 100.000 copie vendute –. Fu l’unico fotografo autorizzato con accesso illimitato a essere presente a Ground Zero immediatamente dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 – il suo impegno ha permesso di raccogliere un archivio di 8.000 immagini –. Sue opere sono nelle collezioni dell’International Center of Photography, del Museum of Modern Art e della New York Public Library a New York e del Museum of Contemporary Photography di Chicago. n


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MUORE GIUSEPPE “JOE” PETROSINO È il 12 marzo del 1909

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ESCE IN EDICOLA IL PRIMO NUMERO DEL TIME È il 3 marzo del 1923

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ondato da Henry Luce (qui nella foto a destra), il celebre editore e creatore di riviste e giornali, fu il primo settimanale di notizie a essere pubblicato negli Stati Uniti. Facile da leggere, non troppo impegnativo, si caratterizzava per una forte attenzione allo spettacolo, all’intrattenimento e al costume. A distinguerlo in edicola erano un bordo rosso che incorniciava la testata – non i primi anni – e l’immagine in copertina che raffigura un’unica persona – il primo numero mostrava il ritratto di Joseph G. Cannon (sotto a destra), ex presidente della Camera del Partito Repubblicano –. Contribuì ad aumentarne il successo il suo numero speciale, di solito l’ultimo pubblicato di ogni anno, dedicato alla “persona dell’anno” e a chi «nel bene o nel male ha fatto di più per influenzare gli eventi dell’anno appena concluso». Tra i personaggi, ricordiamo Charles Lindbergh, Adolf Hitler, Joseph Stalin, il Mahatma Gandhi, la regina Elisabetta II, il “computer” e Barack Obama. n

l primo poliziotto che sfidò Cosa Nostra è raggiunto da quattro colpi di pistola mentre camminava in Piazza Marina a Palermo. Nato a Padula (Salerno) nel 1860 e trasferitosi da piccolo negli Stati Uniti, incominciò a lavorare come lustrascarpe per poi entrare, dopo vari impieghi, in polizia. Si guadagnò ben presto una grande fama per essersi infiltrato nelle organizzazioni anarchiche e nelle organizzazioni criminali dedite al racket delle estorsioni come la Mano Nera. Fu promosso tenente e il presidente Teddy Roosevelt lo dotò di una squadra, l’Italian Branch, per continuare la lotta alla mafia. Seguendo alcune piste investigative giunse in Sicilia in assoluto segreto. O così si credeva, visto che ben presto la notizia si sparse. Fu ucciso da due sicari alle 20.45 – i proiettili lo raggiunsero alla gola, alle spalle e uno alla testa per finirlo –. L’omicidio scatenò un tale clamore che il console americano a Palermo telegrafò al suo governo il seguente messaggio: «Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. Gli assassini sconosciuti. Muore un martire». Al funerale a New York parteciparono circa 250.000 persone – resterà nella storia per essere stato il più importante funerale degli inizi del nuovo secolo –. n


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Profilo d’autore

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include paesaggi naturali apparentemente incontaminati. Una fotografia, quella di Takashi Homma, in cui è percepibile la contraddittorietà delle pause e del rumore incessante, nella ricerca di un equilibrio tra lentezza e velocità in cui l’elaborazione del pensiero diventa scrittura di luce.

1 | Trails, 2009, Takashi Homma - Courtesy of the Artist

testo di Manuela De Leonardis

2 | Fukushima #45, 2011 Takashi Homma - Courtesy of the Artist

Takashi Homma

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cambiamenti veloci e le aritmie convulse della contemporaneità sono parte di una visione fotografica che La fascinazione per i

3 | Camera Obscura - Thirty six views of Mount Fuji Shinjuku, 2017, Takashi Homma - Courtesy of the Artist

A testa in giù

4 | Atelier, Cap-Martin, France 2004, Takashi Homma Courtesy of the Artist 2

Dal silenzio della natura più selvaggia al profilo sonoro delle città in movimento

Un paesaggio bianco di neve, sospeso nell’assoluto silenzio di un dramma antico, è lo scenario in cui si consuma il rito dell’uomo cacciatore e della sua preda. Vittima e carnefice si guardano negli occhi consapevoli del tragico destino che li unisce, mentre sulla neve fresca le tracce di sangue diventano come segni di una scrittura astratta. Per Takashi Homma è un appuntamento fisso la visita allo Shiretoko National Park, dove dal 2009 torna ogni inverno per fotografare la caccia ai cervi. Lassù nel parco nazionale patrimonio UNESCO, nell’isola di Hokkaido (Giappone del Nord), è lo stesso governo a incoraggiare i cacciatori del posto a prendere in mano il fucile per togliere di mezzo i mammiferi artiodattili che, a causa della sovrappopolazione, invadono i centri urbani minacciando anche le coltivazioni. L’autore non giudica né è interessato all’eloquenza del dato reale, piuttosto attraverso le sue fotografie coglie il dettaglio che isola in un racconto altamente simbolico, in cui è presente anche l’anelito alla sublimazione della natura più selvaggia. Quelle macchie rosse sono l’evidenza di qualcosa di terribilmente crudele, ma allo stesso tempo esteticamente affascinante.

«Ogni progetto sembra apparentemente lontano dall’altro, ma in realtà c’è un forte collegamento» Takashi Homma


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«Il libro fotografico ha una lunga storia in Giappone. I fotografi giapponesi pensano prima al libro, poi alla mostra» Takashi Homma Del resto l’ambiguità che attraversa l’intero corpus fotografico – oltre al libro Trails (2019), il fotografo giapponese ha realizzato anche un documentario e un’opera video – è il leitmotiv del suo intero processo creativo fin dal 1992, dopo due anni trascorsi a Londra. Lasciato il Nihon University College of Art, Homma inizia a lavorare nell’ambito della fotografia commerciale (moda e pubblicità), trasferendosi nella capitale britannica pronto ad assorbire nuovi stimoli. In particolare, la collaborazione con la rivista i-D, diretta da Terry Jones e impreziosita dal contributo di fotografi quali Wolfang Tillmans, è per lui un’importante lezione. L’enigma è un elemento che entra nel tessuto narrativo dei suoi lavori anche quando dalla natura – in corso di pubblicazione Symphony, mushrooms from the forest è un omaggio a John Cage con le immagini di funghi fotografati in Scandinavia, Fukushima, Chernobyl e Stony Point nello stato di New York – ci si sposta nell’aritmia dello scenario metropolitano. Nello skyline fitto di architetture delle sue fotografie c’è sempre la memoria di una storia che si rincorre e si sovrappone, nutrendosi di se stessa. Con un’attitudine non convenzionale fotografa le città, da New York a Milano, da Ahmedabad a Tokyo, da Cap-Martin a Hiroshima, intercettando e stimolando riflessioni sulle questioni sociali. Un’eredità che arriva in parte dall’ammirazione per la fotografia di Robert Frank, Robert Adams e, tra gli altri, Lewis Baltz e i Becher. Ma è soprattutto Tokyo, dove è nato e cresciuto, la sua grande musa ispiratrice. È per lui un’autentica necessità l’impulso a fotografare questa metropoli che cambia fisionomia con un battito di ciglia, continuando ad affascinare generazioni intere di fotografi giapponesi e stranieri. Basti pensare agli scatti degli anni Sessanta di William Klein, fonte d’ispirazione anche per Daido Moriyama. Homma, tuttavia, preferisce citare i paesaggi urbani di Nobuyoshi Araki – forse meno conosciuti di nudi e bondage – e l’irruenza di Takuma Nakahira, tra i fondatori nel 1968 della rivista Provoke. Camminando per la città alza lo sguardo e poi lo riabbassa, osserva ogni cosa con un entusiasmo che si rinnova, come appare evidente già nel volume Takashi Homma: Tokyo (Aperture Foundation, 2008) con le sue prime immagini raccolte tra il 1993 e il 2007. Per il fotografo è sempre molto importante sottolineare, a partire dal titolo stesso, la relazione che stabilisce con il luogo attraverso il filtro del proprio mondo affettivo, come per Tokyo and my Daughter (2006). È forse anche un modo per non perdersi nell’anonimato della metropoli. Cercando di ristabilire un equilibrio nel gesto compulsivo dello scatto, l’autore ricorre anche all’antico procedimento della camera obscura o foro stenopeico. Negli scatti della serie Camera Obscura, le immagini capovolte che si formano sulla parete della stanza (o della scatola) buia, attraverso il piccolo foro dove passa il raggio di luce, sembrano ricostruire quella distanza emotiva dalla frenesia dei cambiamenti architettonico-urbanistici che stanno trasformando i quartieri della città, in particolare Shibuya, Shinjuku e Ebisu in vista delle imminenti Olimpiadi. Un processo lento in cui la fotografia sancisce la continuità tra passato e presente. n

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TRAILS - Takashi Homma MACK Books, aprile 2019 copertina flessibile 66 pp. 22 x 31.5 cm fotografie a colori lingua inglese € 35 | £30 | $40

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biografia

©Manuela De Leonardis

TAKASHI HOMMA 37

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akashi Homma (Tokyo 1962) dagli anni ’90 inizia la ricerca sul linguaggio fotografico realizzando il primo libro Babyland (1995) e Tokyo Suburbia (1998), premiato con il Kimura Ihei Photography Award. È del 2003 il suo primo film 16 mm Kiwamete yoi fukei. Nel 2008 Aperture pubblica il libro Takashi Homma: Tokyo; nel 2010 il 21st Century Museum di Kanazawa gli dedica la prima antologica. Nel 2014 inizia la serie The Narcissistic City (MACK, 2016) focalizzata sull’analisi di edifici iconici delle metropoli: gli scatti realizzati nel 2017 a Milano sono stati esposti nella personale La città narcisista. Milano e altre storie alla galleria Viasaterna. Le sue opere fanno parte di collezioni quali National Museum of Modern Art e Museum of Contemporary Art di Tokyo.


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Profilo d’autore

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Cristina Vatielli

testo di Francesca Orsi

L’autrice utilizza la macchina fotografica come un amo con cui catturare e riportare alla luce quello che la storia ha voluto velare con lo strato polveroso del tempo. Con i suoi progetti ridona lucentezza e nitidità a racconti sbiaditi e posti in secondo piano, conferendo una voce ai personaggi che li abitano. Nelle sue immagini parlano i soggetti, dotati di nuova espressione, ma anche i paesaggi, i dettagli degli interni, i vestiti e ogni elemento che compare all’interno del frame fotografico.

Le Storie sopite Sia con Sin Hombre che con Le donne di Picasso insceni delle storie di vita. Per ora si è trattato di storie di donne. È un caso o ti sei consapevolmente focalizzata su ambientazioni al femminile? «Ho una grande sintonia con le donne e sono sempre stata attratta dalle loro storie, come anche nei ritratti prediligo scattare figure femminili. Il vero focus del mio lavoro è, in realtà, lo scovare ciò che è stato taciuto e le personalità che la storia ha voluto tacere, senza voler per forza sottolineare una distinzione di genere» Cosa ti ha attratto delle storie di queste donne? «Per Le Donne di Picasso sono stata incuriosita dalle figure che hanno influenzato la vita privata e artistica di Pablo Picasso. Come diceva Virginia Woolf, «dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna». In questo caso sono otto le donne che hanno accompagnato il pittore nella vita e nel lavoro. In Sin Hombre – la storia di Elisa e Marcela, le prime donne a essersi sposate in chiesa – ho voluto sottolineare il loro coraggio. Per amore, era il 1901, hanno sfidato la società riuscendo a ingannare l’istituzione ecclesiastica, la quale a oggi non ha annullato il loro matrimonio». Mentre per Le Donne di Picasso eri tu a dare il volto ai tuoi soggetti, per Sin Hombre ti sei servita di due attrici. Perché? «Per Le Donne di Picasso è stata un’esigenza pratica e di concetto. Per il messaggio che volevo dare sentivo la necessità che fosse la stessa donna a interpretarle tutte. Perché l’intento non era quello di puntare il dito sull’artista, ma di concentrare lo sguardo su quelle donne che scelsero di donarsi e di vivere nell’ombra del celebre pittore. Tutte diverse tra loro per cultura, esperienza e personalità, ma legate da un comune denominatore: pur di rimanere immortali nei suoi quadri,

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1 | Cristina Vatielli Sin Hombre, 2019

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«È più difficile onorare la memoria dei senza nome che non quella di chi è conosciuto. Alla memoria dei senza nome è consacrata la costruzione storica» Walter Benjamin

2 | Ol’ga Khokhlova. Ballerina di origine ucraina e di famiglia nobile, fu la prima moglie di Picasso e la madre di suo figlio Paulo. Si sposarono nel 1918 e trascorsero gran parte del loro tempo partecipando a eventi e feste nei saloni aristocratici. Quando Ol’ga scoprì i tradimenti del pittore impazzì finendo per pedinare Picasso e le sue amanti. Morì di cancro in totale solitudine nel 1955


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decidono di convivere con un uomo che definiva le donne «dee o pezze da piedi». Nel momento dello scatto mi ritrovavo davanti all’obiettivo. Ho dovuto, quindi, fissare l’inquadratura grazie a dei precedenti sopralluoghi e affidare a Ippolito Simion, compagno di vita e di lavoro, la realizzazione tecnica. Una delle difficoltà è stata quella di pensare alla posa e all’espressione da assumere per dare valore al soggetto da rappresentare e alla sua personalità. Il tutto ha preso così la dimensione della performance. Con Le donne di Picasso ho capito che preferivo rimanere dietro la macchina fotografica per concentrarmi sul progetto, sulle sue variazioni, e per poter scegliere anche all’ultimo nuove inquadrature. Per Sin Hombre ho deciso di cercare delle donne che potessero interpretare la storia di Elisa e Marcela. Grazie a un’amica ho incontrato Antonella Alfano, attrice di teatro, e Maria Vassali, illustratrice e tarologa. Queste conoscenze hanno permesso di concentrarmi sulla regia e, allo stesso tempo, di lasciare alle protagoniste la libertà di sorprendermi». In entrambi i lavori si evidenzia uno stile personale. Da dove attingi il tuo modo di fotografare? «Quando frequentavo la scuola di fotografia il mio interesse era di ricostruire le scene dei film che maggiormente mi ispiravano. Poi il percorso lavorativo si è spinto più verso il reportage avendo avuto la fortuna di incontrare Paolo Pellegrin e di assisterlo per anni nel suo lavoro. Il reportage quindi è stato il linguaggio predominante, ma poi nei progetti personali l’amore per il cinema e per la storia dell’arte mi hanno portato a cambiare nuovamente modo di raccontare le cose, non più cogliendo il momento, ma immaginandolo e ricreandolo. Con Sin Hombre, ho sentito la necessità di unire i due percorsi, quello del reportage con quello della fotografia staged, adottato invece per Le Donne di Picasso». Come sei venuta a conoscenza della storia di Elisa e Marcela? «Mi piace molto fare ricerche, principalmente sui libri, ma anche in internet. Per caso ho scoperto il sito Enciclopedia delle donne e tra le varie storie mi sono imbattuta in quella di Elisa e Marcela che mi ha subito colpita. In seguito, ho trovato il libro di Narciso De Gabriel Elisa y Marcela, más allá de los hombres, scritto in spagnolo, che ricostruisce la loro storia nel dettaglio con documenti d’archivio e testimonianze». Come hai deciso di procedere per la produzione di questo lavoro? «Realizzando Le Donne di Picasso ho consolidato il rapporto professionale e personale con Lisangela Sabbatella, costumista di cinema, e Simona Marra, truccatrice e scenografa. Con loro si è consolidata una stima reciproca e un amore comune per i progetti che realizziamo insieme. Non essendoci budget hanno sposato la causa seguendomi in queste avventure con passione e professionalità. Per Sin Hombre ho avuto anche la fortuna di avere accanto Nunzia Pallante, una giovane fotografa che da due anni mi segue nel lavoro. Un altro elemento chiave è stato avere il supporto di Fujifilm Italia che mi ha dato la possibilità di utilizzare la GFX 50S, un medio formato molto maneggevole con il quale è possibile muoversi liberamente come nel reportage, ma allo stesso tempo di scattare immagini molto definite anche in situazione di luce scarsa».

3 3 | Cristina Vatielli Sin Hombre, 2019 4 | Dora Maar. Henriette Theodora Markovic fu una fotografa indipendente e anticonformista. Incontrò Picasso nel 1936 e testimoniò con i suoi scatti la produzione di Guernica. Il pittore riuscì a distoglierla dalla fotografia, dove era molto riconosciuta, e la spinse alla pittura. Vivendo nell’ombra di Picasso, Dora cadde in una grande depressione. Picasso stesso la definisce la donna più intelligente e ironica, nonostante la ritrasse sempre come la donna che piange. Quando il pittore la lasciò, Dora ebbe un esaurimento nervoso che la costrinse a una serie di elettroshock. Dopo il ricovero, trovò conforto nella religione fino alla sua morte (1997). Disse: «Dopo Picasso c’è solo Dio»


CRISTINA VATIELLI 41

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CRISTINA VATIELLI

biografia

5 | Jacqueline Roque. Fu la seconda moglie e ultima musa di Picasso. Quando si incontrarono lei aveva 26 anni e lui 70. All’inizio della relazione lei lo chiamava “mio signore”, si rivolgeva a lui in terza persona e gli baciava le mani. Jacqueline incarnava tutte le donne che Picasso aveva amato e, poco a poco, prese in mano le redini della vita dell’artista. Con lei il pittore continuò a lavorare moltissimo: fu lei la donna che ritrasse più di tutte. Quando Picasso morì, Jacqueline proibì al resto della famiglia di partecipare ai funerali

© Ilaria Di Biagio

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C

ristina Vatielli, romana di nascita, dopo essersi diplomata alla Scuola Romana di Fotografia nel 2004, inizia a lavorare come assistente di Paolo Pellegrin. Negli anni si specializza nella postproduzione delle immagini, collaborando con diversi fotografi di fama internazionale. Intraprende in seguito un suo percorso di ricerca personale con un approccio storicodocumentario avvalendosi, in alcuni casi, della messa in scena di eventi e personaggi. Ha collaborato con le maggiori testate italiane e internazionali. Alcuni dei suoi lavori hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Si ricordano il Sony Awards, il Prix de la Photographie Paris, l’International Photography Awards, il Julia Margaret Cameron Award. È rappresentata dalla Galleria del Cembalo (Palazzo Borghese, Roma).

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In Sin Hombre le due donne sono fagocitate da ambientazioni cupe, una natura che le mantiene nell’oscurità come degli animali notturni. Quanto c’è della tua personale interpretazione della storia e quanto hai voluto mantenere fede alla veridicità dei fatti? «Mentre ideavo il progetto e programmavo lo shooting per il mese di febbraio del 2019, ho scoperto che contemporaneamente Netflix stava producendo un film su Elisa e Marcela. Questo mi ha portata a non voler raccontare le loro vicende in maniera didascalica, immaginando che lo avrebbe fatto il film, ma di cogliere i momenti salienti e le emozioni che hanno segnato la loro storia». Nel progetto la storia delle due donne dialoga fittamente con la natura boschiva attorno. Che simbologia hai voluto far emergere? «Le immagini con le protagoniste sono state scattate in una casa a Pacentro in Abruzzo per ricreare atmosfere povere dei primi del Novecento. I paesaggi sono stati realizzati nella terra dove la vera storia si è ambientata, la Galizia. Siamo al Nord della Spagna, dove gli scenari spesso sono duri e le intemperie sono le vere protagoniste. Oltre a voler portare una testimonianza più veritiera al

racconto fotografico, i paesaggi diventano simbolo delle emozioni e delle difficoltà che hanno segnato la storia di Elisa e Marcela». Quali sono i tuoi riferimenti fotografici? «Fin dagli inizi, ho sempre avuto una grande attrazione per il lavoro di messa in scena di Cindy Sherman. Nel corso degli anni sono stata influenzata dal lavoro di Pellegrin e seguendolo ho avuto la possibilità di conoscere professionisti come Stanley Greene e molti fotografi della Magnum. Alcuni di loro mi hanno ispirato sia umanamente che fotograficamente. Nel tempo mi sono appassionata ai lavori di Gregory Crewdson, Tim Walker, Kourtney Roy e Julia Fullerton». Racconterai qualche storia anche al maschile? I prossimi progetti? «È il mio obbiettivo. Vorrei riuscire a staccarmi dalla dimensione femminile, dalla questione di genere, per concentrare il messaggio più sulla storia». «Sin Hombre è una prima parte di un’opera più complessa dedicata a porre in luce storie sopite. Sono in fase di pre-produzione del nuovo capitolo e spero di realizzarlo il prima possibile». n

«Ho sempre creduto nella condivisione e nella collaborazione. Come nel cinema, per realizzare questo genere di progetti fotografici, formare una squadra di lavoro con professionisti di cui ti fidi e con i quali si crea una sintonia è la vera chiave» Cristina Vatielli



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Fedele a un approccio fotogiornalistico, Alessandro Zenti segue il fenomeno delle migrazioni da più di dieci anni. Il lavoro sul campo lo porta a documentare la vita nelle tendopoli di Boreano (Pz), San Ferdinando (RC) e Rignano Garganico (Fg). Dal suo punto di vista, i reportage assegnati dai giornali sono solo il pretesto per divulgare una ricerca a lungo termine che lo vede impegnato in prima linea, al fianco dei migranti, per raccontarne da vicino le storie e i vissuti.

Profilo d’autore

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Alessandro Zenti

testo di Michela Frontino

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Dentro il reportage negli occhi dei migranti Il tuo lavoro cerca di mettere in luce situazioni sociali spesso al limite della legalità. Come entri in contatto con i tuoi soggetti e in che modo ti inserisci nei loro contesti di vita? «Scattare rappresenta la fase finale di un processo di lavoro iniziato mesi prima e che comprende la ricerca, la comprensione e la pianificazione di tutti gli aspetti, inclusa la pre-visualizzazione dei soggetti e dei contesti. Essere dentro una realtà ti permette di comprenderne tutte le sfaccettature, abbattendo quei preconcetti che sono insiti in ognuno di noi. Ciò che mi interessa è conoscere, farmi conoscere e condividere con le persone momenti della giornata, dal caffè del primo mattino fino alla sera. Spesso passano mesi prima che riesca a portare a casa qualcosa. Fondamentali in questo lavoro sono l’empatia, la perseveranza e la determinazione». I tuoi reportage sono impostati come racconti in terza persona di soggetti con esperienze di vita difficili. C’è una storia che ti ha colpito maggiormente tra quelle che hai raccontato? «Ogni storia ha una sua particolarità e ti lascia un segno. Avrei voluto raccontare la storia di una ragazza romena alla quale hanno sottratto e venduto il figlio. Arrivata in Italia è finita tra le grinfie di aguzzini che hanno venduto il suo corpo. Giornate in preda all’alcol e alla droga la vedevano assoggettata e vulnerabile. In pochi mesi ho potuto assistere alla parabola della sua breve vita, terminata in una cella frigorifera a cui non hanno degnato neanche di uno sguardo tutti quelli che dicevano di amarla». Esiste un episodio particolarmente significativo che riguarda il tuo lavoro a contatto con i migranti? «A questo proposito posso raccontare un fatto che mi ha riempito il cuore di gioia. Ero a Rosarno, in Calabria. Ho trascorso moltissimo

tempo nella tendopoli. Il giorno dello sgombero le forze dell’ordine mi hanno allontanato dietro le transenne con tutti gli altri operatori dell’informazione. Appena è cominciato lo smantellamento del ghetto, i migranti si dirigevano verso gli autobus e cercavano di coprirsi il volto per non farsi riprendere dalle fotocamere. Ma quando sono passati davanti a me, hanno tentato di avvicinarsi, fino a chiedere espressamente alle forze dell’ordine di farmi passare per accompagnarli ovunque stessero andando. Mi chiamavano “mio caro amico, mio molto amico”. Tra lo stupore di tutti non ero più un fotografo – uno che ruba l’anima, secondo i migranti – ma ero un loro amico». Quello della migrazione è un tema molto trattato dai media italiani negli ultimi anni. Credi che sia sviluppato in modo esaustivo nell’uso delle immagini? «Ciò che i giornali pubblicano è solo la punta dell’iceberg di un mondo sotterraneo che non è facile raccontare fino in fondo. Per questo preferisco lavorare autonomamente sui reportage a lungo termine che mi permettono di gestire i tempi, di entrare in profondità nelle diverse realtà». Dopo aver fotografato i ghetti degli immigrati ti sei occupato delle badanti rumene in Italia. Cosa ti ha spinto a lavorare su quest’ultimo argomento? «Con il mio ultimo lavoro cerco di raccontare storie positive di migranti economici dell’Est Europa. Si tratta di migranti arrivati in Italia nel secolo scorso e che oggi sono perfettamente integrati nel tessuto produttivo. Il mio scopo è quello di comprendere cosa significhi integrazione e come quest’ultima può realizzarsi attraverso le fasi del processo migratorio, tenendo presente quei processi storici che ieri hanno visto protagonista l’Est Europa e oggi l’Africa e il Medio Oriente». n


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«Nel mio lavoro si creano veri e propri legami. E non è raro che le persone che fotografo mi chiamino o mi scrivano, perché molto spesso trovano in me un amico» Alessandro Zenti

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1 | Il momento del solenne ringraziamento a Dio Rosarno (Rc), marzo 2019 2 | Rosarno (Rc), febbraio 2019


biografia

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lessandro Zenti, giornalista dal 2012, collabora con noti media italiani come Il Fatto Quotidiano, Mediaset, Fanpage e Radici. La sua carriera inizia nella redazione de Il Quotidiano della Basilicata dove si dedica al reportage sociale. Come fotoreporter embedded documenta i danni della guerra in Kosovo. In Marocco lavora nella regione di Tadla-Azilal per raccontare i progetti di inclusione sociale di una ONG. La borsa di studio Peacekeeping.

Conflitti internazionali e vittime civili di guerra gli permette di approfondire il fenomeno migratorio. Alessandro Zenti sta attualmente lavorando su Migrants, un progetto fotografico a lungo termine dedicato alla vita dei migranti e agli aspetti della migrazione.

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ALESSANDRO ZENTI 47

ÂŤLe immagini che mi colpiscono sono sempre quelle piĂš emblematiche e che arrivano dritto allo stomacoÂť Alessandro Zenti

4 3 | Doccia invernale al ghetto di Rosarno, gennaio 2019 I migranti per potersi lavare devono acquistare acqua calda (venduta in appositi secchi) e seguire un percorso tra cumuli di stracci e topi morti 4 | Borgo Mezzanone (Fg) giugno 2019 5 | Borgo Mezzanone (Fg) aprile 2019

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Profilo d’autore

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Gus Powell

testo di Giulia Zorzi

La street photography è il tratto riconoscibile di Gus Powell, nato e cresciuto nella culla del genere: le strade della Grande Mela. Le immagini di Powell sono incluse in due celebri raccolte dedicate: Bystander: A World History of Street Photography a cura di Joel Meyerowitz e Colin Westerbeck (Little Brown, 1994) e Street Photography Now (Thames and Hudson, 2010). La seconda monografia, esce per la prima volta nel 2015 ed è ispirata a un libro del 1942 dell’illustratore William Steig. The Lonely Ones, letteralmente le persone sole, contiene illustrazioni

accompagnate da brevi testi. Powell associa singole immagini a poche frasi che ne orientano la lettura. Il libro ha la peculiarità di essere composto interamente da pagine con alette: sfogliandolo frettolosamente le fotografie restano quindi nascoste. Bisogna fermarsi e aprire ciascuna aletta per scoprirle. Pubblicato da J&L Books nel 2015, va velocemente fuori catalogo e incontra un grande successo in Italia, dove esce una seconda edizione per Lazy Dog Press nel 2017 con testi in italiano, inglese e giapponese.

Family Car Trouble (TBW Books, 2019)

Family Car Trouble (TBW Books, 2019) è la terza monografia dell’autore ed è una narrazione intima della propria famiglia. Le immagini della moglie e delle due figlie si accompagnano alle fotografie del padre malato. Una storia privata che l’autore intreccia con la presenza della macchina, una vecchia Volvo station wagon chiamata Jimmy, costantemente in panne. Il libro si presenta come un classico romanzo, con tanto di raccomandazioni per la lettura e biografia dell’autore sui risvolti di copertina. Presentato a Parigi nel novembre 2019, è stato scelto come miglior libro dell’anno da autori del calibro di Alec Soth e Christian Patterson. Considerando che il tuo primo libro è ispirato a un volume di poesie, il secondo potrebbe sembrare un libro di solo testo e il terzo è travestito da romanzo, cosa cerchi nella letteratura che la fotografia non può dare? «Concedermi di trovare ispirazione al di fuori della fotografia e perfino utilizzare linguaggi diversi per esprimermi è estremamente liberatorio. Sono molti i libri fotografici che mi hanno ispirato, ma se cercassi di lavorare in una relazione troppo diretta con questi finirei senz’altro per deludere innanzitutto me stesso. È un po’ come se dovessi preparare l’ultima versione di un piatto che tutti già conoscono: devo cucinare senza gli ingredienti della ricetta originale e posso usare solo ciò che cresce nel mio orto. Sono convinto che questo rapporto con la letteratura sia positivo anche per il lettore. Sia The Lonely Ones che Family Car Trouble sono oggetti fisici che invitano a un’utilizzo diverso perché si presentano come libri non solo da guardare, ma anche da leggere. Predisporsi a leggere un’immagine singola e poi una sequenza di immagini cambia profondamente la fruizione del lavoro».

Da dove è nata l’ispirazione? Dalla tua famiglia o dalla tua macchina? «Le immagini nascono sempre dalla vita che mi scorre davanti agli occhi. Pensavo che tre metri e mezzo fossero la mia distanza ideale dalle cose. Poi sono arrivate le bambine e le ho osservate imparare a usare i cinque sensi proprio mentre vedevo mio padre perderne progressivamente il controllo e ho capito che avevo guardato la vita da una distanza di tre metri e mezzo perché era a quella distanza che avevo vissuto. Sapevo di voler fare qualcosa con le fotografie che avevo scattato alla mia famiglia, ma non avevo ancora intuito le coordinate di quel lavoro. Poi è arrivato uno di quei giorni rari e preziosi in cui senti l’urgenza del fare e riesci a rispondere positivamente». Il poeta italiano D’Annunzio scrisse che «l’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza». Hai chiamato la tua macchina Jimmy. Cosa rappresenta l’auto per te e perché è maschile? «Comprai la macchina perché avevo bisogno di portare mia figlia, che aveva 6 mesi, dalla bisnonna che allora aveva 94 anni – oggi ne ha 103 e spero di avere ereditato i suoi geni – a Clymer, in Pennsylvania. Clymer è proprio accanto a Indiana, la città natale di James Stewart. Nel centro della città hanno sistemato un’enorme statua dedicata all’attore. Lì ho comprato un portachiavi di Jimmy a cui è attaccata, ancora oggi, la chiave della Volvo». Come sei arrivato all’editing finale del tuo libro, come l’hai costruito? Insomma, come sei arrivato al libro pubblicato? «Ho fatto una prima selezione a schermo, ma per l’editing vero


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ÂŤFamily Car Trouble appartiene, nella mia biblioteca personale, a una sezione di titoli rariÂť Giulia Zorzi


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e proprio ho usato piccole stampe (10x15cm) che ho ripetutamente mescolato, segnato, appuntato, spostato. Poi ho costruito i dummy, ovvero le prove del libro. Per vedere cosa funziona devo dare al lavoro una forma fisica, reale, fatta a mano. A volte lo costruisco con cura – della mia pratica sono parte importante un osso per la piegatura delle pagine e una colla a stick –, altre volte velocemente, senza troppe attenzioni, pinzando insieme fotocopie di bassa qualità, in bianco e nero». Uso questi oggetti per avere un feedback dalle persone che rispetto. Cerco di trovare qualcuno che abbia gusti simili ai miei e altri con gusti totalmente diversi. Devo sempre scrivere quello che mi dicono, altrimenti poi ricordo solo le parti che voglio sentire. Mia moglie è la mia miglior critica. Conosce bene sia i miei punti di forza che i miei punti deboli. È un’incredibile narratrice e sa perfettamente se qualcosa le piace. Fu lei a dirmi che le piaceva la fotografia della macchina, quella che era nel primo dummy. Quindi è merito suo se poi sono andato in quella direzione». Tra le tante qualità per cui sei conosciuto, c’è sicuramente il tuo modo, unico, di promuovere i libri. Mentre The Lonely Ones

«Il libro parla della vita e della morte e dei nostri ostinati sforzi di aggiustare le cose» Giulia Zorzi

è famoso per un trailer imperdibile, Family Car Trouble vede la partecipazione di una vera e propria Volvo Station Wagon alle presentazioni e l’edizione speciale di 200 copie non è accompagnata da una fotografia ma da un’impronta delle gomme dell’auto – una Volvo 940 Turbo Tire Print. È come se tutto appartenesse a una sorta di concept-album. È il risultato di un lavoro di squadra, o è qualcosa che pensi e realizzi da solo, e quale processo segui? «La promozione del libro è diventata parte della mia pratica tanto quanto la sua realizzazione. È la parte che mi dà più gioia ed è la meno solitaria. La penso da solo, ma sono fortunato perché ho dei collaboratori fantastici che coinvolgo. Quando ho pubblicato The Lonely Ones con Jason Fulford, dovevamo trovare i soldi necessari alla produzione, ma nessuno dei due voleva fare una campagna di crowdfunding. Ho sempre amato il trailer di Jean Luc Godard per Le Mépris (Il disprezzo, 1963). Mia moglie e io lo abbiamo usato per aprire le danze al nostro matrimonio! Così ho pensato di usare il trailer esattamente come ho fatto con il libro di William Steig. Ho scritto la sceneggiatura; sapevo esattamente cosa volevo. Ho chiamato il fotografo e regista Steven Brahams


biografia

GUS POWELL 51

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per realizzare le immagini e l’editing video, e lo straordinario Craig Ward per la parte tipografica. L’unico collaboratore difficile è stato lo scoiattolo. Gran parte della nostra giornata di riprese è trascorsa a lanciare noccioline vicino al libro che si trovava a 30 metri di distanza dalla macchina fotografica. Family Car Trouble è stato molto più difficile da promuovere rispetto a The Lonely Ones. Per finanziare il libro attraverso la prevendita dovevo trovare un modo che fosse il più divertente possibile. Ho scelto molto consapevolmente di lasciare sottotraccia la parte dedicata a mio padre e fare piuttosto leva sugli aspetti ‘automobilistici’ del lavoro. Ho realizzato alcuni trailer, ma poi ne ho usato uno solo, quello che ho costruito con il fotografo e videoeditor Sean Colello, in cui abbiamo rielaborato una pubblicità giapponese della Volvo del 1992. Il libro stesso cerca di assomigliare alla macchina. Sulla sovracoperta c’è un’immagine in scala 1:1 di una ricevuta di riparazione appoggiata sul cofano lucido della mia auto e la copertina è praticamente come gli interni, sia per il colore che al tatto. Avevamo annunciato che avremmo aggiunto qualcosa di speciale per chi avesse pre-acquistato le copie. Lo avevamo fatto anche per The Lonely Ones – in quel caso era

una carta tipografica con le impronte digitali mie, dell’editore (Jason Fulford) e della persona che ha fisicamente stampato il libro –. Comperate delle gomme nuove, ho deciso di tenere la più rovinata di quelle vecchie per fare le stampe per l’edizione limitata. Il mio amico Brian Karlsson, bravissimo fotografo ed ex stampatore, mi ha aiutato a realizzarle. Ogni evento che riguarda Family Car Trouble cerca di includere anche l’elemento automobile. A Parigi ho avuto la fortuna di trovare un’auto identica alla mia per il lancio del libro a Paris Photo e ho organizzato la presentazione insieme a Matthew Connors che, stranamente, aveva appena pubblicato un libro che aveva a che fare, anche se per motivi del tutto diversi, con una Volvo dei primi anni Novanta (The Poetics, foto di Matthew Connors e testi di Lucy Ives, Image Text Ithaca Press, 2019)». Fin dalle prime pagine trascini i lettori dentro la storia. Tuo papà e tua figlia si guardano l’un l’altro a cavallo di una pagina, come se si accordassero segretamente su qualcosa, e poi compaiono insieme, rivolgendosi direttamente a noi e invitandoci a entrare. Nell’ultima immagine siamo seduti in

us Powell (1974) è un fotografo nato e cresciuto a New York. Non ha ancora trent’anni quando, nel 2003, riceve il primo riconoscimento importante: è selezionato da PDN tra i trenta migliori autori under 30. Pubblica lo stesso anno il primo libro con la J&L Book, piccola e molto brillante casa editrice dell’amico Jason Fulford. Il libro ha per titolo The Company of Strangers ed è ispirato a un altro celebre volume di poesie, The Lunch Poems del premio Nobel Frank O’Hara (City Lights, 1964). Raccoglie quelle che Gus Powell chiama lunch pictures, immagini di street photography scattate nel centro di New York durante la pausa pranzo. Sono gli anni in cui lavora come photo editor del New York Times.


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macchina accanto a te e Arielle e guardiamo le ragazze attraverso il vetro. Fuori, davanti a noi, la luce è bellissima, si vede il mare. Le due ragazze trasmettono un meraviglioso senso di libertà. Perché non ci fai uscire, perché ci fai restare in macchina? «A volte ho la sensazione che la fotografia non sia altro che la decisione di dove fissare i quattro angoli dell’inquadratura. Un finestrino di un’auto può fare la stessa cosa al posto tuo, senza bisogno di una macchina fotografica. Un’inquadratura su ruote. Come uno schermo cinematografico, il più delle volte per un pubblico di una sola persona. Guardare le mie figlie attraverso quel parabrezza sporco, un anno o più dopo la morte di mio padre, sedute sul caldo cofano dell’auto, vicine a me, ma anche lontane in un mondo esterno tutto loro, è stato bellissimo. Avevamo viaggiato insieme fino a un attimo prima, ma avremmo ricordato l’arrivo in modo diverso. Girando la pagina siamo ancora nello stesso posto ma ora una delle bambine si è alzata e ha aperto le braccia, mentre l’altra guarda più lontano, verso l’orizzonte. Poterlo vedere è stato un grande regalo. Le bambine sono al di là di un vetro che non riuscirò mai a pulire del tutto, si protendono verso uno spazio e un tempo sconosciuti che la presenza del mare e dell’orizzonte suggeriscono».

Come spettatore sono invitata a riempire queste pagine con i miei pensieri, le mie immagini e le mie esperienze personali, ma allo stesso tempo, questa intervista è una meravigliosa opportunità per chiederti cosa c’è scritto sulle tue pagine invisibili. «Questo lavoro è stato realizzato in un periodo molto difficile per me, ma non è un’esperienza solo mia. A mio padre diedero nove mesi di vita che poi sono durati nove anni. Ha trascorso gli ultimi quattro senza voce, ma non silenzioso, a causa di un intervento chirurgico alla gola. Ha preso il sopravvento su gran parte della mia vita e su quella della mia famiglia. Ovviamente la vita è stata molto di più di questo, non abbiamo solo gestito le sue cure e aspettato la sua morte. Ci sono stati anche il matrimonio, le figlie, le estati. Il libro mostra alcune di queste cose, senza nascondere le parti più difficili. Aprendolo, è subito chiaro che una parte di questa storia non sarà a lieto fine, ma è inserita in un contesto di quotidianità familiare che ha i suoi momenti luminosi e semplici. Lottiamo con le cose che possiamo controllare (posso continuare a buttare via i miei soldi in questa macchina riparandola) e con le cose che non possiamo controllare... e alla fine, come si dice, la vita va avanti». n



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Storie fotografie e testo di Raffaella Castagnoli a cura di Barbara Silbe

Spennacchi di palme morenti, arricchiti da interventi grafici e intercalati a scene di un tempo che fu, per un’indagine fotografica che è autobiografia minimalista e malinconica. Segmentato in almeno tre parti, la documentazione giornalistica, la geografia del paesaggio e il racconto intimo del sé, questo lavoro di Raffaella Castagnoli stupisce perché pone l’accento su un tema così specifico, locale, facendolo diventare planetario: l’importanza delle connessioni tra noi e il luogo che ci ospita.

Raffaella Castagnoli

sussurra

alle palme

Gli alberi simbolo della Liguria, infestati da un parassita, sono espedienti per una esplorazione intima in bilico tra passato e presente

«Ho passato la mia infanzia a Nervi, giocando nel Viale delle Palme e nel vicino parco pubblico con Bitta, amica di una vita. Siamo nate nella stessa clinica a pochi giorni di distanza, cresciute insieme e tuttora indissolubilmente unite e osservare quegli alberi mi ha sempre riportata indietro nel tempo. Ora vivo in Lunigiana, ma un giorno, andando a trovare mia madre, attraversando quel viale, mi sono resa conto che le palme erano sofferenti, le cime spoglie, dei monconi urlanti al cielo. Il mio sguardo era attonito, straziato. Così ho iniziato a fotografarle e a disegnare l’insetto che le stava uccidendo, un modo per ancorarmi di nuovo alle mie radici. Vengo dalla grafica pubblicitaria, ho studiato all’Istituto Europeo di Design a Milano e, a quel tempo, non avevo ancora sviluppato un particolare interesse per il mezzo fotografico. Mi sono avvicinata alla fotografia molto più tardi, quando morì mio padre, una figura sconosciuta, lontana, un uomo che avrei voluto scoprire, amante della fotografia. L’unico ricordo di questa sua passione consiste in una scatolina che mi è giunta in eredità. Conteneva dei vetrini: le sue diapositi-

ve di viaggi in Africa e Asia. D’istinto, subito dopo la sua perdita, ho compiuto l’azione di acquistare una fotocamera, forse per sentirmi comunque in contatto con lui, per sanare la mancanza di rapporti nella nostra relazione, che è sempre stata conflittuale, vissuta male, annullata dall’assenza. Ho iniziato a fotografare tardi, nel 2008, e, forse, sono stata davvero spinta dalla mia necessità di ritrovarlo e di ritrovarmi. Con la consapevolezza di oggi, posso dire che tendo ad abbellire ciò che è brutto, con un afflato poetico. Inizialmente non sapevo se realizzare questo progetto come un reportage o in modo artistico, o entrambe le cose. Gli anni nei quali mi sono dedicata a visitare mostre, partecipare a festival, approfondire su libri e con letture portfolio, mi hanno regalato incontri con splendide persone che mi hanno spronata a usare la fotografia per arrivare a me stessa attraverso la natura e il mondo che mi circonda. L’azione del fotografare parte da tutte le domande che mi faccio e da tutte le risposte che non riesco a darmi. La mia infanzia, i legami affettivi profondi... Finisco lì ogni volta che un mio bisogno genera un concetto che affiora nella mia mente.


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E credo fermamente che si tratti per il 60% proprio dell’idea che ti viene, il resto è composto per il 15% dall’azione di scattare e per il restante 25% dall’editing, dalla selezione che fai (o fai fare) delle immagini prodotte. Attualmente sto pensando di realizzare un libro proprio con questo mio progetto ligure, il dummy di No More è pronto da tempo».

RAFFAELLA CASTAGNOLI. Nata a Genova, dopo la matu-

rità classica si è diplomata in grafica pubblicitaria allo IED di Milano. Dopo varie esperienze di lavori, vita e luoghi, è approdata in Lunigiana per coronare il sogno di vivere in mezzo alla natura. Ha partecipato a diverse manifestazioni nazionali ottenendo convincenti affermazioni. Tra queste: nel 2018 primo premio al 3° Portfolio del Po a Torino, nel 2014 vincitrice del premio Creatività e speranza Galleria Spazio23 Genova, selezionata per il Codice MIA nel 2013 e 2014, nel 2012 primo premio a IX Seravezza Fotografia Seravezza; 2° al 12° Spazio Portfolio 64° Congresso Nazionale FIAF, Garda; 3° ex-aequo 11° Portfolio dell’Ariosto a Castelnuovo di Garfagnana, nel 2011 primo premio 11° Spazio portfolio - 63° Congresso Nazionale FIAF, Torino, nel 2010 prima ex-aequo 4° Penisola di luce, Sestri Levante; menzionata al 10° Spazio Portfolio 2010 del 62° Congresso Nazionale FIAF Carrara; selezionata al 1° Portfolio dello Strega 2010 - Sassoferrato (An).

«Genova è un pezzo della mia storia. Ha un patrimonio di 1.459 esemplari di palme appartenenti ai generi principali (Phoenix, Washingtonia, Livistona, Syagrus) ed è fondamentale fornire una risposta efficace al problema fitosanitario e paesaggistico. Per questo è stato realizzato un progetto pilota organico che definisce l’importanza di interventi integrati e complementari di difesa preventiva, curativa e di ricostruzione del paesaggio. Queste piante non sono solo un oggetto ornamentale, sono fondamentali in tutta la regione. L’infestazione del punteruolo rosso va contenuta e va protetto il patrimonio storico e ambientale. Il danno che questo insetto crea agli alberi è causato dalle larve che, formando tunnel e grandi cavità nei tronchi, si nutrono del tessuto di crescita nella corona delle palme, spesso distruggendo l’area di crescita apicale e causandone la morte. Sono temi che mi sono cari sia sul piano personale che su quello ambientale. Non è mai semplice parlare di se stessi, ma lì ci sono le mie radici e alcuni dei miei affetti più cari. Ho scoperto che raccontarmi attraverso le immagini mi riesce facile, è un mezzo che corrisponde al mio sentire più di qualunque altra disciplina artistica. Secondo me esistono due tipi di fotografi: c’è il cacciatore di immagini e poi c’è il contadino. Io sono una contadina, devo seminare e veder crescere il germoglio. Non è nella mia natura essere cacciatrice. Ho scelto questa strada sia nella creatività che per la vita, visto che vivo felicemente in campagna in mezzo agli animali coltivando molte delle verdure di cui mi nutro». n


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Storie

Fashion

testo di Francesca Interlenghi

Cristallizzate in 30 immagini altrettante visioni oniriche, le fotografie trasformano l’indumento da oggetto percepito nella sua materialità a soggetto che si svela, sempre diverso, sul palcoscenico dell’immaginazione. Sono gli scatti realizzati dal fotografo Gianni Rizzotti e raccolti nel libro Different Visions con l’intento di celebrare la trentennale collaborazione con Naracamicie, il brand mono prodotto fondato nel 1984 dall’imprenditore milanese Walter Annaratone, onorando così uno dei sodalizi più longevi che l’industria della moda italiana conosca.

Un viaggio lungo trent’anni

Gianni Rizzotti

Different Visions di Naracamicie Contrappunto a un sistema che tutto fa e disfa al ritmo insensatamente veloce dei trend stagionali, c’è in quest’opera un’unione di intenti lunga tre decadi, la condivisione di una stessa progettualità che è stata capace di alimentare la visione dinamica e propulsiva del marchio e che per stare al passo con una contemporaneità sempre più ricca di storie e connessioni non si è sottratta alla necessità di adottare un linguaggio crossmediale, frammentando e disseminando parti distinte della stessa narrazione su vari media.

«A un certo punto ho avvertito che la richiesta di immagini più fruibili, meno complesse e ricercate, rischiava di limitare un po’ la mia inventiva. È emerso allora il desiderio di realizzare in assoluta libertà degli scatti che potessero assecondare le mie fantasie creative. Ed è grazie a esse che sono approdato a questo libro» Gianni Rizzotti


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L’istinto, la visione, l’abilità tecnica, il desiderio di mettersi sempre in gioco, articolando gli elementi del vestire in maniera fantasiosa e non solo funzionale, sono gli ingredienti di questo progetto che fonde sulla superficie dell’immagine le realtà, reali e irreali, di universi differenti. C’è il mondo animale, che da sempre affascina Gianni Rizzotti perché vero e imprevedibile. È il mondo della donna colta nelle sue molteplici declinazioni: bella, sensuale, misteriosa, perfino poetica quando, come dipinta, emerge dallo sfondo per quel meraviglioso segno argenteo che si innerva tra i capelli. È il ritratto della moglie del primo maestro, il fotografo Serge Libiszewski, il ritratto di un femminile slegato da vincoli comunicativi e promozionali, collocato simultaneamente fuori e dentro la moda.

E poi ambienti metafisici che evocano le suggestioni dei quadri di De Chirico e i boschi e i ghiacciai della Groenlandia che convivono con le tradizioni più antiche della terra sarda insieme a templi cambogiani e una caotica Bangkok illuminata dalle luci al neon.

«Ho così ricucito insieme la mia storia agganciando la passione per il reportage alla professione di fotografo di moda, restituendo visioni differenti di un prodotto con cui convivo da ben sessanta stagioni» Gianni Rizzotti


biografia

STORIE FASHION 61

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ianni Rizzotti, friulano di nascita e milanese d’adozione, è un fotografo di moda, pubblicità e ritratti. Dopo il diploma alla Scuola di Fotografia di Milano, inizia la sua carriera come assistente di due maestri del click patinato quali Serge Libiszewski e Gian Paolo Barbieri. Fin dall’inizio della carriera collabora con varie agenzie internazionali per importanti brand di moda come Versace, Ferrè, Naracamicie e per diversi editori tra cui Condé Nast, Hearst, Mondadori, RCS. Ha all’attivo la pubblicazione di quattro libri fotografici e dal 2017 è anche docente di fotografia al Corso Triennale in Fashion Design presso Raffles Milano Istituto di Moda e Design.

L’inclinazione giovanile per la fotografia documentaria, quella con funzione di registrazione del reale, quella che semplicemente accade davanti all’obiettivo della camera affidando la propria esistenza alla pura percezione dell’occhio meccanico, trova qui e ancora un perimetro dai confini mobili entro il quale esprimersi e arricchirsi. Linee nuove e paesaggi nuovi scaturiscono dall’incontro di istinto e progetto, di luoghi e abiti, permettendo alla camicia, sebbene cambiata, di rinascere identica a sé stessa. Un modo di guardare alla moda nelle sue diramazioni fantasiose che unisce ragione e sentimento, prosa e poesia. Sintesi per immagini di una metamorfosi creativa che amplifica i confini del vestire, ne fa spazio abitativo per le idee superando il dilemma tra cuore e intelletto. n

«Diceva Van Gogh: prima sogno i miei dipinti poi dipingo i miei sogni. In questa sua affermazione c’è tanto di questo libro. Ho sognato le mie foto e poi ho fotografato i miei sogni. E adesso fanno parte della mia vita» Gianni Rizzotti


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Livia Corbò, giornalista, lavora in ambito fotografico da più di vent’anni, ha co-fondato l’agenzia Photo Op. In questa rubrica raccoglie le principali lezioni di umanità e lavoro di vari protagonisti del mondo dell’immagine .

Storie

Cosa ho imparato

Critici, curatori, picture editor, fotoreporter, artisti, galleristi e allestitori raccontano in poche parole esperienze, scoperte,

testo di Livia Corbò Ha collaborato Marta Cannoni

piccole e grandi lezioni di vita, passioni e avversioni maturate sul campo.

Maria Luisa Frisa, classe 1953, storica dell’arte, curatrice, cultrice e appassionata di moda, è stata consulente d’immagine per Giorgio Armani. Si è formata nella Firenze degli anni Ottanta, si auto definisce punk, anticonformista, curiosa, inquieta e onnivora, anche di fotografia. Caratteristiche comuni delle tante mostre che ha curato, l’ultima Italiana: l’Italia vista dalla moda del 2018. Dirige il corso triennale di Design moda e arti multimediali dell’Università IUAV di Venezia.

«Divagare è stato il mio modo per mettere a fuoco quello che mi interessava» Maria Luisa Frisa Il mio primo ricordo legato alle fotografie sono quelle nella casa dei miei nonni. Molte, disposte senza ordine e non con cornici pompose. Fotografia come memoria e appunto degli affetti. Sono nata a Venezia il 19 novembre 1953. Sono stata una bambina solitaria e un’adolescente ribelle. Insofferente. Sono cresciuta in una casa piena di quadri e fin da piccola sono andata a vedere le biennali e le mostre d’arte. Sono stata abituata a guardare immagini, dipinti. Le fotografie dei dipinti. I libri d’arte. Ho studiato storia dell’arte, a Firenze, quando ancora si chiedeva agli studenti di esercitarsi con le attribuzioni. Tante fotografie. E tanti particolari. Un esercizio straordinario per abituarsi a riconoscere un autore da un particolare come una mano o addirittura un dito, o da una texture. La persona fondamentale per me, per la mia crescita professionale e la mia consapevolezza, è stato Mario Lupano. Che poi è diventato mio marito. Ma per diverso tempo siamo stati soltanto amici. Lui ha apprezzato il mio modo strampalato di guardare le cose e il mio perdermi tra interessi molto diversi. Mi ha aiutato a mettere a fuoco quello che m’interessava, senza rinunciare alla mia personalità.

1 | Maria Luisa Frisa in un ritratto di Giulio Tanzini

Rosanna Armani mi ha insegnato moltissimo. È lei che mi ha chiamato per fare l’Emporio Armani Magazine. Lei in quel periodo seguiva tutte le campagne fotografiche sia della Giorgio Armani che dell’Emporio. E io lavoravo a stretto contatto con lei e partecipavo anche alle riunioni con Giorgio per definire le cam-

pagne e quando veniva fatta la selezione delle immagini. Così ho imparato moltissimo su come si lavora con un fotografo, come si organizza una campagna e come si selezionano le immagini. Uno dei momenti più importanti era la scelta della foto di copertina del magazine che poi era anche quella del grande murales che era diventato punto di riferimento nella toponomastica della città di Milano. Uno dei primi murales fu l’immagine di Aldo Fallai di un maggiolino nelle vie di Pantelleria. Niente moda, niente persone. La magica atmosfera del viaggio e della vacanza. Un training formidabile. Molto formativo. Anche per quanto riguarda l’attenzione ai particolari e la ricerca della perfezione. Conservo le fotografie in scatole alla rinfusa e non scatto molte foto perché ho bisogno di guardare e assimilare, senza distrarmi. Sono onnivora di immagini e vado a momenti. Non sono legata a una sola immagine e non ne tengo sulla mia scrivania. Amo molto gli artisti che lavorano con la fotografia. E nel mio studio è appesa una immagine di Larry Clark della serie Tulsa. Le immagini mi servono e fanno parte del mio modo di raccontare. Ho curato molti libri in cui il saggio visivo era il racconto e il saggio critico. Mi piace il montaggio. Sono i libri che ho letto, gli autori che ho incontrato Le passioni che hanno determinato svolte e cambiamenti. Ci sono immagini che mi hanno aiutato a sintetizzare visivamente un concetto.


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La foto di Larry Clark Untitled (man, flag, gun) 1971, della serie Tulsa che Maria Luisa Frisa tiene nel suo studio

Una copertina del periodico edito da Giorgio Armani: Armani Magazine la foto è di Aldo Fallai

Sherrie Levine, After Walker Evans, 1981 Gelatin Silver Print Metropolitan Museum of Art Nel 1981, Sherrie Levine fotografò riproduzioni di fotografie di Walker Evans dedicate alla grande depressione americana, come questo famoso ritratto della famiglia di Allie Mae Burroughs, un mezzadro dell’Alabama. La serie, intitolata After Walker Evans, divenne un punto di riferimento del postmodernismo


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2 | Maria Luisa Frisa in un recente ritratto durante lo shooting degli abiti Memos al Museo Poldi Pezzoli di Milano 3 | Helmut Newton Sie kommen dalla serie Big Nudes, Parigi 1981 Tra bellezza al di fuori dell’ordinario, moda glamour e nudo d’autore, emerge il sofisticato occhio di Newton teso a ricercare il senso di perfezione nel ritratto del corpo femminile con e senza abiti

Penso alla mostra e anche al catalogo Excess. Moda e underground negli anni Ottanta. In quel progetto le due immagini gemelle di Helmut Newton, le Sie Kommen Dressed e Sie Kommen Naked del 1981, erano icastiche del proprio tempo: una precisa rappresentazione della forza e della perentoria, sicura baldanza che trasmettono quei corpi. Nudi senza vergogna. Vestiti senza costrizione. Una sicurezza corale, compatta e consapevole. Loro sono le donne appena uscite trionfalmente dalle dure manifestazioni femministe che, partite dalla contestazione degli anni Sessanta in America e in Europa, culminano nelle conquiste politiche e sociali degli anni Settanta. C’è stato un periodo molto lontano in cui andavamo a trovare Luigi Ghirri con Mario Lupano e Vittorio Savi (entrambi storici e critici dell’architettura [N.d.R.]). Pomeriggi interi a guardare foto, a commentarle, a divagare. Senza una meta e senza una ragione. Per il piacere di perdere tempo in quel territorio strano e magico che è la Pianura Padana. Il lavoro di Sherrie Levine After Walker Evans visto in mostra a New York mi ha fatto riflettere molto sull’appropriazione e sulla critica e mi dato il titolo per la mostra Diana Vreeland after Diana Vreeland curata con Judith Clark a Palazzo Fortuny a Venezia nel 2012. Una delle fotografie che più mi hanno colpito è quella di Diana Vreeland in piedi nel suo ufficio davanti a tutte le fotografie, quelle da scegliere per il numero di Vogue in lavorazione, per terra. Un metodo per avere una visione completa e individuare le immagini che colpiscono. Quelle che nella sequenza del servizio saranno memorabili.

Alla fine degli anni ‘70 e all’inizio degli anni ‘80, un gruppo di artisti tra cui Cindy Sherman, Richard Prince e Sherrie Levine, all’epoca soprannominati la generazione “Pictures”, iniziò a usare la fotografia per esaminare le strategie e i codici di rappresentazione. Nel riprendere e riproporre le pubblicità di Marlboro, le immagini fisse dei B-movie e persino i classici della fotografia modernista, questi artisti hanno assunto il doppio ruolo di regista e spettatore. La copertina del catalogo della mostra Diana Vreeland after Diana Vreeland a Palazzo Fortuny nel 2012

Fare una mostra è una bellissima avventura. Mi piace molto tutta la complessità del lavoro necessario per realizzarla. Tutte le esposizioni che ho curato hanno rappresentato una tappa importante del mio percorso. Mi interessano quelle che avrei voluto fare e che per ragioni diverse non sono ancora riuscita a concretizzare. Non ci sono segreti o regole per una mostra di successo. E spesso, purtroppo, le più interessanti non lo hanno. Credo che la cosa importante siano le ragioni e l’idea dietro una mostra. La scuola, l’università è un luogo di formazione permanente anche per i docenti. Ti obbliga allo studio quotidiano e a non rimanere chiuso nelle tue idee. Italo Calvino e le sue Lezioni americane mi hanno ispirato il prossimo progetto al Museo Poldi Pezzoli di Milano (inaugura il 20 febbraio 2020). Una mostra piccola ma precisa, difficile e divagante. n Helmut Newton Excess. Moda e underground negli anni ‘80 Charta Editore 2004


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Grand Photo Tour

a cura di Benedetta Donato

Il nostro tour sui luoghi della fotografia in Italia giunge a Milano, capitale della fotografia: tra arte, tecnologia e immagine, si concentra sul suo territorio e in provincia il maggior peso di attività nel settore fotografico, con fabbricazione, realizzazione di servizi, vendita di materiali e sviluppo foto, secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano. La città, che negli anni Sessanta ha accolto Il Diaframma, prima galleria in Europa interamente dedicata alla fotografia, è divenuta nel tempo un

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saldo punto di riferimento in cui si concentrano istituti di alta formazione, musei, spazi espositivi e numerose manifestazioni. Tutte attività trasversali volte a promuovere la fotografia come mestiere e come opera d’arte, facendo crescere il numero di collezionisti e attraendo nuovi appassionati che si avvicinano con sempre maggiore interesse alla cultura visiva e alle immagini d’autore. La storia più recente di Milano rappresenta un particolare esempio di contaminazione tra i vari settori creativi, dove la fotografia occupa un ruolo di primo piano.

Viaggio a Milano Vedere

imparare

conoscere

7 luoghi

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scelti

per voi Il 2020 sarà un anno ricco di iniziative, a partire dal Photofestival, manifestazione giunta alla quindicesima edizione, che si svolgerà dal 16 aprile al 30 giugno. La programmazione, oltre alla varietà di mostre dislocate in varie sedi della città, conferma il coinvolgimento di realtà vicine come Pavia e l’allargamento ad altri luoghi altrettanto vivi. A giugno sarà la volta di Milano PhotoWeek, un progetto che mira a diffondere la fotografia in città avvalendosi di diversi partner culturali. Durante l’ultima edizione è stato presentato il Richard Photo District, il distretto della fotografia che sorgerà intorno alla ex fabbrica Richard-Ginori.

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MIA – Milan Image Art Fair

The Mall, Piazzale Lina Bo Bardi, 1 www.miafair.it

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n attesa dell’inaugurazione dell’edizione decennale della fiera, che si svolgerà dal 18 al 22 marzo, incontro Lorenza Castelli, co-direttrice della manifestazione insieme al grande collezionista Fabio Castelli. «L’idea di realizzare una fiera interamente dedicata a questo settore – racconta Lorenza – nasce nel 2010, partendo da una

passione per il medium e con l’intento di proporre la fotografia come linguaggio di arte contemporanea e che, in quanto tale, assumesse un ruolo rilevante all’interno del mercato». Nel corso degli anni la fiera si è evoluta non solo in termini di adesioni da parte di gallerie nazionali e internazionali – sono il 30% –, di diverse case editrici presenti nell’interessante Sezione Editoria, ma anche nella partecipazione da parte del pubblico che, come afferma Lorenza, è cambiato: «Oggi appare meno attento alla tecnica e più interessato a ciò che l’artista ha da dire, al suo progetto». In quest’ottica, la fiera diventa momento di confronto con dibattiti, presentazioni, incontri, iniziative e mostre come Beyond Photography Italia / Anni Settanta curata da Elio Grazioli e dedicata alle avanguardie e agli autori che usavano la fotografia come linguaggio di arte contemporanea. Il percorso espositivo, poi, si arricchirà di una serie di stand monografici proposti da otto gallerie. Non mancano i riconoscimenti, come il Premio di Fotografia d’Architettura in partnership con lo Studio G*AA

di Attilio Giaquinto, nato per esaltare il legame tra fotografia e architettura. Rinnovata anche quest’anno la sinergia con Photo Independent, la fiera di fotografia di Los Angeles che sonda le nuove generazioni di fotografi indipendenti e che per l’occasione proporrà una selezione dei più interessanti autori. Una manifestazione sempre più internazionale, rivolta a collezionisti, appassionati e neofiti che siamo certi, non deluderà le vostre aspettative. Y

FONDAZIONE FORMA PER LA FOTOGRAFIA 2

Via Meravigli, 5 www.formafoto.it n pieno centro città sorge quella che per tutti ormai è diventata Forma Meravigli. La fondazione nasce nel 2005 per volere di Roberto Koch e Alessandra Mauro, due nomi importanti nel

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Courtesy Forma Meravigli

Courtesy MIA © Phroom Agency

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Courtesy Forma Meravigli

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mondo della fotografia, legati a realtà come l’agenzia fotografica e la casa editrice Contrasto. Alessandra Mauro mi accompagna a visitare lo spazio: «Era il 2005 e ancora non esisteva una casa per la fotografia, un luogo deputato alla realizzazione di mostre che non rimanessero semplici episodi isolati. Il nostro intento era di creare una sede con una forte riconoscibilità caratterizzata da una programmazione continua e da attività estese come la didattica, gli incontri e le presentazioni». Un obiettivo centrato sin dai primi eventi, viste le grandi mostre in partnership con prestigiosi musei italiani e internazionali, le attività formative di qualità, gli incontri sulla fotografia e la creazione e la gestione di un fondo fotografico per le attività di conservazione, valorizzazione e studio. In questi spazi ha sede anche Contrasto Galleria, dedicata al mondo del collezionismo. Tra i tanti progetti in essere, ce n’è uno in particolare che riguarda il mondo del libro fotografico: «Si tratta della Biblioteca dell’Immagine – racconta Alessandra –, un luogo all’interno della città di

Milano per creare un interesse sempre maggiore nei confronti delle pubblicazioni di settore e conferire ai libri fotografici un ruolo ancora più specifico». Un’idea ambiziosa sulla quale torneremo a parlare. Y

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LEICA GALERIE

Via Mengoni, 4 (angolo Piazza del Duomo) www.leicastore-milano.com

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asseggiando per Piazza del Duomo, arrivo alla Leica Galerie, dal 2014 unica galleria in Italia dello storico marchio. «Non tutti gli store hanno una Leica Galerie e a Milano è stato un elemento necessario». Ad affermarlo è Maurizio Beucci, che della Galerie è il responsabile oltre a dirigere la Leica Akademie, occupandosi anche dei contenuti culturali e fotografici in qualità di Photography Asset Manager. Mentre parliamo, visitiamo la mostra di Jacob Aue Sobol dal

Courtesy Leica Galerie Milano

Courtesy MIA © Phroom Agency

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titolo With and Without You, realizzata in collaborazione con MC2 Gallery a cura di Claudio Composti – rimane aperta fino ai primi giorni di marzo –. Maurizio racconta delle numerose attività che si svolgono sia in ambito espositivo che didattico. Al piano di sopra c’è lo spazio dedicato alla formazione con il programma dell’Akademie che si rivolge, continua Maurizio, «non solo a chi possiede attrezzatura Leica, ma a tutti gli appassionati, cui forniamo gli strumenti per far sì che possano esprimere appieno la propria creatività».

Rimango in zona e ne approfitto per visitare Osservatorio - Fondazione Prada, uno spazio espositivo dedicato alla fotografia e ai linguaggi visivi situato in Galleria Vittorio Emanuele II al livello della cupola in vetro e ferro che copre la celebre architettura. Per qualche giorno ancora sarà possibile visitare l’esposizione di Kate Crawford e Trevor Plaglen dal titolo Training Humans: prima grande mostra fotografica che racconta la storia delle immagini utilizzate per il riconoscimento di esseri umani nel settore della computer vision e dei sistemi di intelligenza artificiale. Una ricerca complessa, davvero molto interessante!


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sedi istituzionali, quali la Fondazione Stelline, che ha aperto la nuova stagione espositiva lo scorso 6 febbraio con la mostra Ganga Ma. Giulio Di Sturco a cura di Eimear Martin (aperta fino al 22 marzo). Di Sturco è uno degli autori rappresentati dalla galleria assieme a Massimiliano Gatti, Loredana Nemes, Thomas Jorion e a tanti altri, cui si aggiungerà presto Ilaria Abbiento, giovane artista partenopea dall’interessante ricerca. Mentre parliamo, ho l’occasione di visitare la mostra Pleasure Garden, una collettiva sul tema del nudo, curata da Pierre André con un saggio di Angela Madesani. Le opere rimarranno allestite fino al 31 marzo e vi suggerisco di non farvi sfuggire questa mostra. Y

La didattica, che si articola in workshop e masterclass, è svolta non solo all’interno della sede milanese, ma nei diversi store dislocati in Italia, divenendo così itinerante. Prima di lasciare questo luogo legato a un nome che ha scritto i fondamentali della storia della fotografia, vi diamo un’anticipazione sulla protagonista della prossima mostra che inaugurerà nella seconda metà di marzo: Lisette Model che, come ricorda Maurizio, «è stata la prima vera donna street photographer». Da non perdere. Y

PODBIELSKI CONTEMPORARY 4

Via Vincenzo Monti, 12 www.podbielskicontemporary.com

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postandoci in zona Cadorna, incontriamo Pierre André Podbielski che, dopo sette anni a Berlino, nel settembre del 2018 è rientrato a Milano con l’intenzione di proseguire qui l’attività di gallerista. Una scelta che egli stesso definisce premiante: «Durante gli anni di duro lavoro a Berlino, ho cercato di creare un’identità definita e di promuovere gli autori, non solo all’interno dello spazio della galleria, ma partecipando a fiere internazionali». The Others, Artissima, MIA Fair, dove sarà presente anche quest’anno e Photo London, rappresentano solo alcune delle manifestazioni cui ha aderito. In quest’ultimo periodo si sono intensificate le collaborazioni anche con

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Via San Vittore, 13 29artsinprogress.com

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i trovo nello storico quartiere di Sant’Ambrogio, non distante dalla Basilica di Santa Maria delle Grazie, dov’è possibile ammirare Il Cenacolo di Leonardo da Vinci. A pochi passi in via San Vittore, accedo in un cortile signorile ed elegante per salutare Eugenio Calini che, con Luca Casuli, ha fondato e dirige questo meraviglioso spazio articolato su più livelli. «Il progetto nasce nel 2013 a Londra – racconta Eugenio –, città da dove era più semplice

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Courtesy 29 ARTS IN PROGRESS

Courtesy 29 Arts in progress

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Courtesy Podbielski Contemporary

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Ammirata dalla bellezza di questi cortili e di questi palazzi, arrivo al Castello Sforzesco per visitare il Civico Archivio Fotografico di Milano, fondato agli inizi del Novecento. Un patrimonio composto da 850.000 fotografie originali, rappresentative di tutte le tecniche sperimentate tra l’Ottocento e il Novecento. Questo luogo custodisce patrimoni di grande rilievo tra cui la Raccolta Iconografica, la Raccolta Beltrami e la Collezione di Lamberto Vitali. Da qualche tempo, il Civico Archivio Fotografico ha creato il portale Fotografieincomune, dal quale è possibile accedere alle collezioni fotografiche dell’istituto anche online. Per saperne di più, potete visitare il sito fotografieincomune.comunemilano.it

Courtesy Podbielski Contemporary

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Courtesy Leica Galerie Milano

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collaborare a progetti e iniziative nel mondo e in particolare nel Sud Est Asiatico. Con il nuovo dinamismo che ha caratterizzato Milano, nel 2016 abbiamo deciso di aprire questa sede e, devo ammettere oggi, con grande soddisfazione». La galleria si distingue in termini di proposte molto specifiche, dedicate a un collezionismo attento, con artisti internazionalmente riconosciuti come Gian Paolo Barbieri, che rappresentano in esclusiva, Rankin, Greg Gorman, Giuseppe Mastromatteo e Ronald Martinez, giusto per citarne alcuni. Oltre alla programmazione in sede, la partecipazione a fiere nazionali e internazionali, la galleria vanta collaborazioni per esposizioni in partnership con importanti musei e istituzioni, tra cui ricordiamo The Hong Kong Arts Centre, The Multimedia Art Museum di Mosca e La Triennale di Milano. Insieme alle attività che riguardano la promozione di artisti consolidati, dal 2018 Eugenio e Luca hanno ideato Unpublished, il contest volto all’individuazione di nuovi talenti da parte di una giuria internazionale


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– da quest’anno l’evento vedrà la collaborazione del MUSEC - Museo delle Culture di Lugano. I talenti emergenti della fotografia sono stati avvisati, non fatevi sfuggire questa importante opportunità. Saluto Eugenio, entusiasta per il prossimo progetto espositivo che sarà presentato entro l’anno e che vedrà come protagonista Vincent Peters. Anche a questo appuntamento non si potrà mancare. Y

MC2 CONTEMPORARY ART

c/o Ncontemporary, via Giovanni Lulli, 5 www.mc2.gallery

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i dirigo al prossimo appuntamento per incontrare il curatore Claudio Composti, fondatore con Vincenzo Maccarone di questa realtà, di cui è anche direttore artistico. Nata nel 2009 in viale Col di Lana, come galleria interamente dedicata alla fotografia, in questi undici anni si è aperta ai diversi linguaggi dell’arte. «La fotografia – afferma Claudio – è un medium per creare arte ed entra a pieno diritto nell’ambito più ampio dei linguaggi del contemporaneo». Un’evoluzione questa, che ben si sposa con la scelta di trovare una nuova ubicazione presso gli spazi di Ncontemporary, all’interno della quale sono presentate tre mostre l’anno. La logica operativa di MC2 è basata sull’apertura alle

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aggiungo l’ultima tappa di questo intenso viaggio milanese. A circa dieci minuti dalla Stazione Centrale arrivo a Monza, dove ad attendermi trovo Sara Munari, fotografa e fondatrice di uno dei blog di fotografia più seguiti. «MUSA – racconta Sara – è la conseguenza naturale dello studio fotografico che per quindici anni ha avuto sede a Lecco e delle altre attività relative alla formazione che tuttora mi vedono impegnata con altre realtà. Questo è divenuto uno spazio aperto ad altri autori che qui tengono corsi, letture portfolio e presentazioni editoriali». L’offerta didattica è molto ampia, dalla masterclass in fotogiornalismo ai diversi percorsi dedicati al reportage, alla street photography e al linguaggio fotografico. Ciclicamente sono organizzate sessioni di letture portfolio aperte anche ai non iscritti dove intervengono, oltre a Sara, diversi esperti del settore per creare ulteriori momenti di crescita e confronto. Il centro ha una sede di circa 160 mq in cui si trovano due capienti sale dedicate alle esposizioni, ai corsi e alla consultazione di pubblicazioni fotografiche grazie alla biblioteca che va costantemente ad arricchirsi di nuovi titoli. C’è anche una foresteria molto curata adibita a ospitare i docenti. Sara, sempre impegnata tra produzioni, mostre e workshop in giro per il mondo, ha raggiunto quello che era uno dei suoi obiettivi: realizzare un centro per la fotografia che divenisse luogo di apprendimento, di condivisione e di crescita professionale. Chiedendo del prossimo obiettivo per MUSA, ha risposto: «Individuare un giovane autore che si appassioni alla fotografia e a questo progetto per passare il testimone e fare in modo che il centro diventi un luogo rivolto ai giovani... Così io tornerò a dedicarmi al mio progetto principale. Fare fotografia». Y

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Courtesy MUSA

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Courtesy MUSA

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Courtesy MC2 Contemporary

MUSA FOTOGRAFIA

Via Mentana, 6 - Monza www.musafotografia.it

collaborazioni con altre sedi espositive, come per esempio la sinergia con Leica Galerie e la mostra di Jacob Aue Sobol ancora in corso. Grazie al lavoro di Claudio, si possono scoprire autori del calibro di Antoine D’Agata, Patricio Reig e Michael Ackerman. A proposito di quest’ultimo, in collaborazione con Leica, è previsto ad aprile un workshop che si svolgerà durante il Festival Fotografia Europea a Reggio Emilia. L’attenzione ai talenti più giovani è una caratteristica costante che viene mantenuta puntando su Renato D’Agostin, Paolo Ciregia, Vittoria Gerardi e Justine Tjallinks, la cui produzione è promossa anche nell’ambito delle numerose fiere cui partecipa. Claudio e Vincenzo pensano in maniera fluida e guardano lontano, verso una nuova concezione di galleria contenitore itinerante di idee per condividere la propria visione della fotografia come linguaggio artistico in Italia e nel mondo. Y

Courtesy MC2 Contemporary

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Prima di raggiungere il prossimo spazio, cammino ancora tra le vie della città e non dimentico certo di passare da New Old Camera, il negozio di attrezzatura fotografica che il suo proprietario Ryuichi Watanabe ha saputo trasformare in punto di ritrovo per amanti e cultori della materia. Proseguo la mia passeggiata, visitando la storica galleria FABBRICA EOS, in piazzale Baiamonti e salutare il direttore Giancarlo Pedrazzini. Un passaggio alla Fondazione Sozzani in Corso Como 10 è d’obbligo per non mancare, fino al 13 aprile, la mostra di Antonio Lopez dal titolo Drawings and Photographs. Mi concedo una sosta presso Micamera Bookstore, la libreria d’arte specializzata in fotografia, attiva nel territorio da più di quindici anni. Oltre cinquemila libri, dai grandi maestri ai giovani autori e molte attività che spaziano dalle presentazioni editoriali alla curatela di mostre.

Da Monza arrivo a Cinisello Balsamo per visitare il MUFOCO - Museo di Fotografia Contemporanea, dove ancora per qualche settimana sarà possibile visitare la mostra Tra cielo e terra. Il paesaggio lombardo attraverso gli occhi dei santi. Il progetto, nato nel 2019, invitava tutti gli abitanti della Lombardia a osservare e a fotografare il paesaggio dal punto di vista dei santi che su quei territori vigilano da tempo. Quasi 3.000 fotografie sono state raccolte ed esposte nei tre piani del Museo che vi invito a visitare per scoprire il patrimonio dei 35 fondi fotografici delle collezioni. Il nostro tour ha svelato solo alcuni attori di una città vivacissima, attenta e capace a intercettare i bisogni di un pubblico sempre più esigente e desideroso di un’offerta che nulla ha da invidiare ad altre capitali.


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Musica e fotografia

testo di Leonello Bertolucci

Fiorella Mannoia non ha bisogno di presentazioni: è un’esponente di punta della canzone d’autore italiana con un prestigioso percorso alle spalle. Ci racconta come la fotografia abbia modificato le sue abitudini e il suo modo di camminare per le strade del mondo. Come, di conseguenza, anche le canzoni trovino ora una risonanza nelle sue fotografie. Al punto che, nell’ultimo album dal titolo Personale, questo abbinamento si è reso evidente.

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Quando una fotografia e una canzone si assomigliano

Fiorella Mannoia Come nasce questa passione? Era già latente, anche se non praticata, o è esplosa all’improvviso? «È stato un fulmine a ciel sereno. Un certo istinto e piacere per fermare momenti con il telefonino c’erano già, ma non pensavo proprio di farlo seriamente. Poi casualmente, mentre mi trovavo a New York, ho accompagnato un mio collaboratore, che voleva comprarsi una macchina fotografica, in un negozio specializzato. Così, sul momento, ho deciso di acquistarne una anch’io, dicendo a me stessa “vediamo se ci capisco qualcosa”. E da lì ho compreso quale sensazione si prova a scattare con una macchina fotografica vera. Ne sono rimasta come stordita. Così è iniziata la passione e mi sono messa a fotografare con impegno, piano piano ho imparato a conoscere sempre meglio la tecnica, la luce, l’inquadratura. Sia chiaro che non mi sento una fotografa – i professionisti sono altri –, fino a un certo momento le foto le tenevo per me, forse era una questione quasi di pudore, ma poi tutti i miei collaboratori, vedendole e apprezzandole, mi hanno incoraggiata a mostrarle. Perché no – mi sono detta – e ho così iniziato a scegliere quelle da accostare alle mie canzoni». Il tuo ultimo album si intitola Personale, parola che rimanda a se stessi, ma che si usa anche nel senso di “mostra personale”. Durante i concerti del recente tour le tue foto erano proiettate e dialogavano con i tuoi pezzi. Quale criterio ti ha guidato nell’editing di questi incroci tra immagini, parole e note? «Le foto proposte durante il concerto erano già inserite nel booklet

del disco. Ho voluto abbinarle con un’intenzione precisa, cercando un nesso di senso tra immagini e testo delle canzoni, è stato divertente e interessante scorrere tutte le mie foto e cercare quelle che nei miei pensieri meglio rappresentavano un determinato pezzo. Nella canzone Carillon, per esempio, si parla di violenza sulle donne e c’è l’immagine di una sposa che si gira in maniera interrogativa, quasi facendo pensare – perlomeno nella mia mente – che quella sposa, al momento del matrimonio, pur non sapendo cosa sarebbe successo dopo, già quasi presagiva una minaccia futura. In un’altra canzone intitolata Il senso si dice “abbiamo senso solo io e te”, e per quella ho trovato una foto che feci a Siviglia a due ragazze, rannicchiate dietro un muro, talmente felici e in armonia che, pur vedendomi mentre le fotografavo, non gliene importava nulla. Erano concentrate solo sul loro legame e su quel momento di tenerezza. Tutti film che mi sono fatta da sola, ovviamente». Ci sono fotografi che ammiri in particolare? «Sicuramente Peter Lindbergh, Daidō Moriyama e Sebastião Salgado – lui anche per il lavoro sociale che ha fatto –. Lindbergh, il mio preferito in assoluto, nelle fotografia di moda ha riportato l’attenzione sui visi, sulle espressioni, con le modelle che tornavano a essere umane. Ha fotografato donne bellissime, ma sempre senza volgarità, senza ostentazione della sessualità, in modo schietto e diretto. Mi piace molto anche la street photography, e oltre agli autori classici recentemente ho scoperto, comprando un libro, il talento fotografico


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«La passione per la fotografia era lì ad aspettarmi, è lei che mi ha scelto, io dovevo solo prenderla. Ora è lei a portarmi, come una predestinazione. Non esco più di casa senza la macchina fotografica» Fiorella Mannoia


Un disco presuppone un progetto: la concatenazione dei brani, l’atmosfera generale, il momento storico e quello personale. Tutto è teso verso una coerenza e un’identità. Guardando avanti, pensi di arrivare a concepire veri e propri progetti fotografici, insomma ad affrontare organicamente una determinata realtà? «Ormai ho capito che questa passione non mi abbandonerà. Mi ha realmente cambiato la prospettiva con cui guardo il mondo, e oggi, quando giro per strada non lo faccio più come prima. Ora se viaggio, io viaggio solo per fotografare. Non mi interessa neanche più andare al mare, per capirci. Amo gli esseri umani, mi piacciono le persone e sento che il genere a me più vicino e congeniale è quello del ritratto. Perciò è su questa fame di volti, di racconti personali, che mi sto concentrando e lavoro con più energia. Sto scoprendo e sperimentando da poco anche l’uso dei flash per cercare nel ritratto efficaci tagli di luce. Ho il grande cruccio di non avere iniziato prima quando stavo 3 incidendo l’album Sud. Con tutti viaggi che ho fatto a Cuba, in Brasile, nel nostro Sud e in altri “sud del mondo” ci sarebbe stato da divertirsi a trovare gli abbinamenti fotografici con quelle canzoni. Traggo grande ispirazione dall’umanità di ogni Sud che visito, e ora che fotografo è quasi un’ossessione. Per dire, l’ultima volta che sono stata a Cuba ho totalmente disertato spiagge e divertimenti, camminando ininterrottamente dalla mattina alla sera con la mia macchina fotografica. Questo a L’Avana come tra i contadini di Viñales, catturata da ambienti, mondi e ritmi di vita a noi poco conosciuti». Ogni canzone racconta una storia e anche ogni fotografia lo fa a suo modo. Restando al ritratto, le tue canzoni in particolare sono anche ritratti di qualcuno o di qualcosa.

Storie dunque raccontate attraverso i loro protagonisti. «È così. Sono molto attenta ai testi che scavano nell’animo umano e parlano di cose reali. Quelli che scelgo di cantare hanno un senso per me ben preciso e mi corrispondono. Mentre in fotografia sto delineando la mia strada e capendo quale direzione prendere e al momento sono proprio i ritratti a imporsi maggiormente a me. Anche in musica all’inizio della mia carriera ero una cantante più pop, poi gradualmente ho capito dove esattamente volevo andare e ho cominciato a scegliere di conseguenza, orientandomi per esempio sui cantautori, capendo che lì riuscivo a dare il meglio di me. Ora in fotografia sto iniziando a fare la stessa cosa – mi sta portando lei verso i ritratti, lei mi sta guidando –. I miei ritratti non sono violenti, vogliono essere rispettosi, delicati, spero che mi rappresentino, anche se questo devono dirlo gli altri. Per i ritratti amo il bianco e nero con sfondi scuri e luci taglienti per una ricercata intimità. Mi piacciono anche le foto “sporche”, con la grana, pure se sono un po’ mosse o sfuocate, ma capaci di contenere emozioni. Prima o poi voglio arrivare a sperimentare l’analogico. Come in musica, a volte l’estrema precisione del digitale toglie anziché aggiungere. E poi è importante, anche in fotografia, capire da dove veniamo». Nel tuo album Personale c’è un brano che s’intitola Il peso del coraggio. Per fotografare, secondo te, ci vuole coraggio? Ce ne vuole per alzare una macchina fotografica verso un volto? «Credo che questa canzone abbia una profondità particolare e forse è una delle più belle tra quelle che ho cantato. Dipende da come guardi la cosa. Io più che con coraggio fotograferei il coraggio, quello delle persone che lo dimostrano nella quotidianità, magari nell’alzarsi alle sei del mattino per svolgere un lavoro che nemmeno piace, quello degli invisibili che nessuno conosce, ma che nella vita mandano avanti questo pianeta. Non mi interesserebbe fotografare per esempio personaggi famosi, per quanto coraggiosi o che abbiano lasciato un segno nella società». n

«Sono certa che da qui a quando uscirà il mio prossimo disco ogni canzone avrà il suo ritratto fotografico» Fiorella Mannoia

© Francesco Scipioni

dello scrittore Luciano De Crescenzo. Andava in giro per i vicoli di Napoli con la macchina fotografica nascosta in una scatola con un buco e lo scatto flessibile in tasca per evitare che le persone perdessero naturalezza e spontaneità».

MUSICA E FOTOGRAFIA

biografia

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iorella Mannoia.

All’inizio ci sono Castrocaro del 1968, il primo album Mannoia Foresi & Co nel 1972 e il suo primo Festival di Sanremo nel 1981 con Caffè nero bollente. Sarà poi a Sanremo in molte edizioni nell’arco di quasi quarant’anni, ricevendo il premio della critica per due volte consecutive nel 1987 per Quello che le donne non dicono di Ruggeri e nel 1988 per Le notti di maggio di Fossati. Per lei hanno scritto De Gregori, Fossati, Cocciante, Battiato, Ruggeri, Daniele, Ron, Ligabue, Ferro, Jovanotti, Bungaro e altri grandi. Gli album si susseguono negli anni, accompagnati da tour che fanno il tutto esaurito, fino al recente Personale del 2019. Vince un gran numero di dischi di platino. Ha organizzato e partecipato a concerti-evento per scopi sociali. Nel 2017 debutta in tv come presentatrice nel suo one woman show Un, due, tre… Fiorella! su Rai 1. Nel 2018 per la prima volta è in concerto a New York.


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BOOK SHOW

narrazione del reale

di Giada Storelli

La è il tema principe di questo mese

RED HARVEST

Titolo: Red Harvest Autore: Marguerite Bornhauser Uscita: 11/2019 Prezzo: 25 euro Editore: Poursuite Pagine: 32 CONSIGLIATO A CHI Per coloro che amano seguire e approfondire le nuove tendenze della fotografia contemporanea internazionale.

Marguerite Bornhauser è una tra le giovani rivelazioni della fotografia francese dell’ultima edizione di Paris Photo. In tale occasione, insieme ad alcune sue opere selezionate dalla galleria Madé di Parigi, Bornhauser ha presentato al pubblico il suo ultimo libro Red Harvest, edito dalla casa editrice indipendente parigina Poursuite. Il progetto editoriale, esposto in precedenza alla Maison Européenne de la Photographie (MEP) di Parigi, prende ispirazione dal racconto omonimo dello scrittore Dashiell Hammett, pioniere del genere letterario poliziesco americano. Diversamente dal romanzo, nella narrazione visiva firmata da Bornhauser, il colore è il protagonista principale: saturo, simbolico, emotivo, estraniante. Attraverso l’enfatizzazione cromatica dei corpi esposti al sole, dell’eccessiva luminosità dell’acqua, dei cieli ardenti e delle ombre estremamente delineate, la fotografa ci invita a osservare la realtà da una prospettiva diversa. Piuttosto che creare una falsa verità in cui potremmo perderci, la fotografa sceglie di proporre una visione alternativa allontanando lo spettatore dalla comune visione della vita quotidiana. n

Titolo: Era Mare Fotografie: Matteo de Mayda testo: Francesca Seravalle progetto grafico: bruno (Andrea Codolo e Giacomo Covacich) Uscita: 2020 Prezzo: 10 euro Editore: auto produzione Pagine: 24

CONSIGLIATO A CHI Per chi vuole conservare nella propria libreria una testimonianza visiva di un evento di cronaca eccezionale del il nostro Paese.

ERA MARE Nel novembre 2019 lo scirocco smise di soffiare verso l’una di notte mentre Venezia registrava un eccezionale fenomeno di acqua alta. Per diversi giorni una delle città più belle del mondo è stata sommersa da 187 cm di acqua, provocando danni irreparabili al patrimonio storico/artistico, alle attività commerciali e alle abitazioni. In quei giorni di grande emergenza, Matteo de Mayda decise che quell’evento doveva essere raccontato. Rifuggendo la cronaca d’assalto e il dramma nel rispetto delle persone colpite, il fotografo si è concentrato sull’atmosfera sospesa e sulla fragilità della città, della sua laguna e dei veneziani per aprire una riflessione sul futuro della Serenissima. «Venezia si rifletteva ora anche sui campi diventati specchi d’acqua raggiungibili in barca, a cui i lampioni fungevano da ormeggi. Da settimane una calma piatta, di una bellezza post apocalittica, svegliava i veneziani alle cinque e mezzo del mattino con le sirene, trasformando la cronaca di un’emergenza in emergenza cronica», scrive la curatrice e photo editor Francesca Seravalle nell’introduzione alle immagini. L’intero ricavato della pubblicazione darà devoluto all’associazione culturale Do.Ve., la rete di attività commerciali e private impegnata nella tutela e nella valorizzazione del sestiere di Dorsoduro. n


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Libri da collezione

Gallerie testo di Vittorio Scanferla

La grande mutazione che sta trasformando New York da metropoli industriale e commerciale a mecca del turismo internazionale, ne ha mutato anche il panorama artistico e culturale. Le nuove istituzioni museali , oltre all’ampliamento di quelle già esistenti, hanno coinvolto anche il paesaggio della fotografia . New York ha una lunga tradizione di gallerie fotografiche , basti pensare alla leggendaria Gallery 291 di Alfred Stieglitz

aperta nel 1905 che espose per la prima volta oltreoceano le avanguardie europee insieme alle immagini della Photo-Secession. Il bimestrale Photograph ne conta più di cinquanta tra le gallerie storiche che hanno conservato le loro prestigiose sedi in Midtown e le molte che si sono trasferite a Chelsea, nuovo paradiso dell’arte contemporanea, nelle aree dismesse del Meatpacking District, negli ex mattatoi lungo il fiume Hudson e il parco urbano della High Line.

New York

Capitale della fotografia

1 | Preparazione di una mostra alle Swann Galleries 2 | Guggenheim Museum mostra Mapplethorpe Now Fuller Building sede di 4 storiche gallerie fotografiche a Midtown 3 | ICP Museum Ext Metnick 4 | Fuller Building 5 | MET Museum Resized 6 | Strand Bookstore

L’International Center of Photography , fondato nel 1952 da Cornell Capa, fratello di Robert Capa, ha conservato gli spazi didattico-formativi in Midtown, al 1114 di Avenue of the Americas, e aperto una sede espositiva, l’ICP Museum al 250 della Bowery, di fronte al New Museum of Contemporary Art. Il Museum of Modern Art continua nella valorizzazione del proprio patrimonio fotografico iniziato nel 1940 con la costituzione del Department of Photography – il curatore era Beaumont Newhall –, data che segna il definitivo riconoscimento della fotografia come forma d’arte e linguaggio estetico. Il Guggenheim Museum ha aperto un’ala dedicata alla fotografia con una mostra, Implicit Tensions di Robert Mapplethorpe, istituendo la Robert Mapplethorpe Research Initiative, in collaborazione con la Mapplethorpe Foundation, e un programma di borse di studio e di ricerca sul lavoro del fotografo. Le principali case d’asta Christie’s e Sotheby’s propongono periodicamente immagini fotografiche, mentre la Swann Galleries si distingue sin dagli anni Settanta per aste di Photobooks e Photographica. Le numerose istituzioni della città riservano stabilmente spazi alla fotografia, dal Whitney Museum of American Art al Museum of Chinese in America (MOCA), dal Czech Center Gallery al Gewish Museum, dal Brooklin Museum al Museum of the City of New York, senza dimenticare la New York Public Library e la New York Historical Society. Un ruolo particolare riveste la Morgan Library & Museum che, ampliata con un progetto di Renzo Piano, ha valorizzato il patrimonio librario e aperto nuove sale, di cui una dedicata alla fotografia – ricordo che John Pierpont Morgan è stato un generoso sostenitore nella pubblicazione dei venti volumi di North

American Indian del 1907 di Edward S. Curtis –. Il mastodontico Metropolitan Museum ha istituito dal 1992 un Dipartimento di Fotografia, raccogliendo 75mila immagini. Oltre a possedere magnifici calotipi firmati da Fox Talbot e paesaggi del West americano di Carleton Watkins e Timothy O’Sullivan, custodisce seicento immagini della collezione di Alfred Stieglitz e l’archivio di Walker Evans e di Diane Arbus. Nella tradizione americana delle donazioni, il Metropolitan ha acquisito la collezione fotografica della Ford Motor Company e 8.500 immagini della Gelman Paper Company. Nel 2007 il museo ha inaugurato la Joyce and Robert Menschel Hall for Modern Photography, un progetto appositamente dedicato alle attività espositive. Tra le tante manifestazioni che si svolgono in città, un particolare interesse riscuote, tra i bibliofili, la International Antiquarian Book Fair che da marzo di quest’anno si svolgerà in Park Avenue Armory, festeggiando il sessantesimo anniversario e destinando un importante settore alla fotografia e alla letteratura fotografica. Per chi non desidera affrontare le impegnative quotazioni del mercato antiquario, può rivolgersi a Strand Books, istituzione cittadina del libro usato con un interessante reparto dedicato ai libri fotografici rari a prezzi ragionevoli. Strand “Home of 18 miles of books” è brillantemente sopravvissuta alla triste moria delle numerose librerie dell’usato che costellavano la città e in particolare il Greenwich Village. Resistono ancora alcune storiche librerie antiquarie meta di raffinati bibliofili disposti a investire somme impegnative per la loro passione. Bauman Rare Books, Ursus Books, B&B Rare Books, Argosy Old & Rare Books, in Midtown, pubblicano accurati cataloghi online, anche di libri fotografici. n


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Benedetta Donato Phototutoring B

enedetta Donato, curatrice indipendente, ha ideato e realizzato numerosi progetti fotografici ed editoriali in Italia e all’estero, tra cui Fotografia Italiana, la serie di otto film sui grandi maestri della fotografia italiana edita e distribuita da Contrasto. Il corso si rivolge a fotografi professionisti ed emergenti e vuole fornire gli strumenti necessari alla costruzione di un progetto espositivo e alla valorizzazione dei propri scatti.

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l workshop in Phototutoring con Benedetta Donato si rivolge a fotografi professionisti ed emergenti e vuole fornire gli strumenti necessari alla costruzione di un progetto espositivo e alla valorizzazione dei propri scatti. Come si costruisce concretamente una mostra fotografica di qualità? Quali sono gli elementi indispensabili per realizzare un progetto espositivo ed editoriale di successo? Durante il corso, ogni partecipante troverà le risposte a queste e ad altre domande. Attraverso case-history ed esempi pratici, relativi ai progetti curati dalla docente, saranno affrontate strategie e metodologie applicate fino alla visione dei progetti proposti dai partecipanti al corso.

Programma •L e figure coinvolte: il fotografo, il curatore. •P ianificazione: le attività, il timing, la previsione del budget, l’individuazione dei partner (istituzionali e privati) e del pubblico di riferimento.

sabato 22 e domenica 23 febbraio •S celta del tema: il concept e la redazione del progetto, la coerenza nella selezione delle immagini, le opzioni per la stampa e il montaggio. •S edi e piattaforme di destinazione: come individuare le sedi più adatte per presentare e promuovere un progetto (musei, gallerie, festival, testate di settore e generaliste). • I ndividuazione dello spazio e ideazione dell’allestimento: come rendere funzionali le diverse tipologie di ambienti per il nostro progetto e articolare un percorso espositivo coerente. •L ogistica e burocrazia: la gestione dello spazio espositivo durante il periodo di mostra, le soluzioni per il trasporto, l’assicurazione e la documentazione necessaria. •P rodotti editoriali: come realizzare il catalogo. •L a comunicazione e la promozione: come comunicare efficacemente la nostra mostra. • I l vernissage: presentazione del progetto e inaugurazione al pubblico. • I l ciclo di vita di un progetto: come promuovere la nostra mostra e il nostro libro in altre sedi. •L ettura portfolio e visione progetti: ogni partecipante potrà portare in visione un portfolio o un progetto che sarà visionato e commentato. Cosa portare I partecipanti possono presentare un portfolio o un progetto fotografico di max 20 immagini; prodotti editoriali realizzati e in fase di realizzazione come fanzine, cataloghi, libri autoprodotti.


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Gianluca Catzeddu

Adobe Lightroom e sviluppo RAW sabato 14 marzo G

Brand design

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sabato 29 e domenica 1 marzo

iacomo Giannini, art director, fotografo, videomaker, si dedica a un’intensa attività di ricerca per l’innovazione dei linguaggi visivi, caratterizzati da confini sempre più fluidi tra immagini ferme e in movimento. Il corso si concentra sull’utilizzo della fotografia nella comunicazione e sulla capacità di narrare un marchio e di entrare in contatto con i propri clienti attraverso il Web e i social.

Focus su: • La visione: il punto di vista. • La messa in scena: i vari attori, gli strumenti, il backstage. • Composizione e interpretazione. • La realtà rappresentata. • La realtà fotografata. • Nuove tecnologie e trasformazione della professione. • Case-history di come narrare un marchio e come usare il Web per entrare in contatto con i propri clienti o utenti (case-history Alessi/Design) e linguaggi della comunicazione.

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Sabato 29 febbraio 2020 • Conoscenze necessarie per l’utilizzo della fotografia nella comunicazione, i vari linguaggi, case-history. • “I format e il Web”: entrare in contatto con i propri clienti o utenti. •L a capacità di raccontare attraverso la fotografia.

l workshop in Brand Design con Giacomo Giannini è aperto a tutti gli amanti della fotografia e intende introdurre alle conoscenze necessarie per l’utilizzo della fotografia nella comunicazione, esplorandone i vari linguaggi, attivando una sperimentazione per applicare nella realtà concreta la capacità di raccontare attraverso le immagini. Allo stesso tempo, il corso intende aiutare i partecipanti a progettare la propria identità visiva e il coordinamento dei differenti ambiti di spendibilità (per esempio Web e social network). Saranno proposti una serie di esercizi che consistono nella “lettura” e nella riproposizione in chiave differente di temi assegnati attraverso l’uso di racconti fotografici.

A TUTTI I PARTECIPANTI verrà

Domenica 1 marzo 2020 • Sviluppo e realizzazione del/i progetto/i assegnato/i e relativa presentazione. Cosa portare Portatile e un minimo di attrezzatura per la ripresa, dallo smartphone alla mirrorless o una classica camera DRSL e, se possibile, anche un cavalletto.

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l workshop in Adobe Lightroom e sviluppo RAW si propone di approfondire tutte le tematiche di gestione dei contenuti, catalogazione dell’immagine e selezione, indirizzando il fotografo verso un flusso di lavoro organizzato e ben strutturato nelle sue fasi. Il tutto in integrazione con gli aspetti più creativi di elaborazione dell’immagine, come la correzione del colore, ricercando la tridimensionalità e i giusti rapporti di illuminazione per una corretta lettura della fotografia. Il corso permetterà, quindi, ai partecipanti di approfondire la conoscenza dei principali strumenti di Lightroom, la soluzione di casa Adobe per l’archiviazione fotografica e lo sviluppo dell’immagine.

Programma • Gestire e archiviare le proprie fotografie: quando e perché usare Lightroom. • Il pannello Libreria di Lightroom, il corretto flusso di importazione e i consigli sulla gestione delle cartelle e dei contenuti. • Le fasi cruciali dello sviluppo RAW in Adobe Photoshop Lightroom o Camera Raw: Panoramica sulle regolazioni del pannello Sviluppo e utilizzo delle funzioni di regolazioni locali. • Il contrasto e la sua regolazione fondamentale: le Curve e come metterle in combinazione con altre regolazioni di sviluppo RAW per raggiungere risultati particolari in termini di contrasto e colore.

• Analisi delle possibilità combinate fra Pannello Base, Curve, HSL e uso creativo di Calibrazione Fotocamera. Creazione di settaggi per l’ottimizzazione del flusso di lavoro. • Cenni sull’utilizzo dei profili e creazione dei preset per velocizzare e uniformare la correzione colore. • La nuova regolazione TEXTURE e il suo utilizzo in relazione alle regolazioni locali e relative opzioni di mascheratura automatica. • Il concetto di contrasto locale e le sue varianti di applicazione. Dove, come e quando applicare la giusta tecnica. • Tecniche di conversione in bianco e nero e lettura dei rapporti di illuminazione. • L’esportazione, il salvataggio e le corrette opzioni in base all’utilizzo dell’immagine. Cosa portare Per assistere al workshop non è necessario portare il computer, la lezione è registrata, sia audio che video, e verranno forniti successivamente i link per rivedere i filmati comodamente a casa. Si consiglia pertanto di portare semplicemente il necessario per prendere appunti.

Foto di Monica Silva

Giacomo Giannini

ianluca Catzeddu, dopo il Master in Fotografia professionale nel 2001, intraprende l’attività di fotografo, realizzando varie campagne pubblicitarie e cataloghi. Dal 2005 è Adobe Certified Expert per Photoshop e fa parte degli AdobeGuru, il gruppo di esperti ufficiali di Adobe Italia, svolgendo seminari e attività di dimostrazione software. Collabora con agenzie e fotografi per la post-produzione e la gestione del colore.

rilasciato un attestato firmato dal docente e 6 mesi di abbonamento digital a una rivista Sprea Editori a scelta


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LA LETTURA PORTFOLIO Da sempre è l’occasione per i fotografi (professionisti e non) di presentare il proprio progetto. È il sistema più semplice ed efficace per far conoscere a esperti e addetti ai lavori il racconto visivo al quale state lavorando o che pensate di avere concluso. Un onesto confronto vi consentirà di ricevere elementi utili di valutazione e di perfezionamento.

I migliori portfolio scelti dalla redazione saranno pubblicati nelle pagine di questa rubrica

VENITE A TROVARCI NEI VARI FESTIVAL Siamo presenti alle letture portfolio in varie manifestazioni in Italia.

Questo momento di conoscenza e di scambio ha delle regole non scritte per rendere il nostro tempo e il vostro ben spesi:

INVIATECI LE VOSTRE FOTO Iscriviti alla gallery de Il Fotografo e partecipa ai vari esercizi a tema www.ilfotografo.it/gallery

• accettare la collaborazione e rispettare il punto di vista esterno • è importante preparare un portfolio adeguato: 10/15 immagini e una breve esposizione che chiarisca il significato e l’obiettivo della proposta • ogni immagine deve contribuire alla produzione di un gruppo omogeneo atto a formare un unico nucleo narrativo

VENITE A TROVARCI IN REDAZIONE Il Fotografo e i suoi redattori sono felici di incontrare i lettori e di dar vita a un dialogo costruttivo e a un confronto. Vi aspettiamo. Per un appuntamento: redazione@ilfotografo.it

SEGUITECI SU FACEBOOK, su INSTAGRAM, e sul sito ILFOTOGRAFO.IT per essere sempre aggiornati sui prossimi appuntamenti che ci vedranno protagonisti. POSTATE UNA VOSTRA FOTO con una copia de Il Fotografo. Nella nuova sede stiamo costruendo un wall con gli scatti dei nostri lettori.

La redazione de Il Fotografo sarà a disposizione del pubblico per letture portfolio durante i Novegro Photo Days 24-26 aprile 2020 - Parco Esposizioni Novegro (MI) - Prenotati all’indirizzo redazione@ilfotografo.it - novegrophotodays.com


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The Village

Le vostre foto

Portfolio

testo di Michela Frontino

Catalina Isabel Nucera

«C’

è un villaggio circondato da boschi nell’estremo Sud della Bielorussia, nel cuore della zona d’esclusione che circonda Chernobyl. Kirov è un luogo fuori dal tempo. Il disastro rimane nei documenti ufficiali, nei barattoli delle conserve stipati nelle dispense, nel tessuto carnoso dei funghi contaminati da cesio-137 e stronzio-90 che a Kirov la gente ama raccogliere e mangiare, ma sbiadisce dalla memoria di chi, per continuare a vivere, preferisce dimenticare. The Village è uno sguardo sulla resilienza e l’ostinazione di chi, sulla soglia dell’impossibile, continua a vivere qui».

I

l 26 aprile 1986, l’esplosione del reattore numero 4 alla Centrale nucleare di Chernobyl ha provocato un disastro senza precedenti con gravi conseguenze sulla salute umana e l’ambiente. Il silenzio delle istituzioni e di buona parte della stampa sulla cosiddetta «zona morta» tra Bielorussia e Ucraina ha di fatto lasciato che gli abitanti


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Incontrata alla lettura portfolio del SI FEST

dei territori interessati fossero abbandonati a se stessi, in una terra tuttora altamente radioattiva. In questo contesto pieno di contraddizioni e amara rassegnazione, la fotografia di Catalina Isabel Nucera documenta la vita che scorre nelle strade e nelle abitazioni di Kirov (città della Russia nordorientale), come se nulla di tutto questo – dal disastro ambientale a quello umano e sociale – fosse mai accaduto. Nelle sue immagini non c’è traccia di controlli, né ombra di sbarre o posti di blocco. Eppure, i luoghi ritratti in queste immagini figurano tra le aree più radioattive del pianeta. Lo stile a cui l’autrice sembra ispirarsi è quello della fotografia documentaria che assume come soggetto prediletto di osservazione il territorio, le persone che lo vivono e gli eventi che lo attraversano.

L’approccio esplorativo e conoscitivo consente a Catalina Isabel Nucera di seguire un solo filo narrativo con una tensione emotiva costante, senza picchi espressivi. Ciò le permette di mettere in luce la condizione allarmante in cui versa la regione tra Bielorussia e Ucraina senza colpi di scena, portando l’osservatore a riflettere sulle immagini e su ciò che rappresentano. n

Il progetto fotografico di Catalina Isabel Nucera è stato pubblicato da Doll’s Eye Reflex Laboratory Il libro è acquistabile online su www.dollseyereflex.org/shop


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Belle

Natascia Aquilano «N

el cuore della Catania barocca si trova quello che era considerato il più grande quartiere a luci rosse del Mediterraneo, San Berillo. Un quartiere carcassa eppure profondamente romantico. Un corpo morente tenuto in vita dagli ultimi e dagli indicibili: prostitute, travestiti, puppi. Da coloro che non lo hanno mai abbandonato e che mai lo faranno, le “Belle di San Berillo”. Qui fino alla metà del Novecento convivevano circa trentamila persone tra artigiani, bottegai e prostitute. Poi nel 1957 il quartiere è stato completamente sventrato e le porte delle sue case murate, in visione di un risanamento urbanistico che non è mai avvenuto. Oggi il quartiere appare come un corpo estraneo alla città sebbene indissolubilmente legato a essa. I suoi confini sono ben definiti. Le abitazioni diroccate e le strade strette lo separano dal resto del centro. È un territorio difficile quello di San Berillo, dove tutto è estremizzato e dove l’omologazione non esiste. Eppure già dalla prima volta in cui vi ho messo piede ho sentito che non sarebbe stata l’unica. Mi sono trovata di fronte a un microcosmo di storie, sensazioni ed esperienze tra le più disparate. Ciò che si avverte subito è il profondo legame che le “Belle” hanno con questo quartiere».


PORTFOLIO 83

C

on approccio sensibile e delicato, Natascia Aquilano esplora un fenomeno sociale di emarginazione e ghettizzazione molto diffuso nel nostro Paese. Nel suo reportage, il mondo della prostituzione – riferito al quartiere catanese di San Berillo – è fotografato da vicino, attraverso gli sguardi di chi lo vive e lo frequenta abitualmente. Gli occhi dell’autrice si posano sugli invisibili, su coloro che assumono atteggiamenti sociali e sessuali differenti rispetto ai modelli dominanti nelle nostre comunità. «Se questo quartiere fosse uno stato sarebbe anarchico – racconta Franchina, transgender di 60 anni e prostituta da 44 anni di San Berillo –, se avesse una bandiera sarebbe indubbiamente un arcobaleno, se fosse una fabbrica

sfornerebbe peccati, se fosse una casa avrebbe quattro porte, se fosse un quartiere questo è San Berillo». In questa sequenza fotografica, ritratti ambientati dagli accenti intimi e confidenziali, scorci di strade e abitazioni private si alternano ai dettagli delle camere da letto e dei tavolini da toilette per signore. Immagine dopo immagine, ci troviamo di fronte a una realtà cruda e romantica allo stesso tempo, dove i soggetti emergono con dignità e consapevolezza. Dal punto di vista espressivo e linguistico, l’autrice sembra stabilire un rapporto di dialogo e di fiducia reciproca con i luoghi e le persone che ritrae, nell’ottica di un racconto senza filtri, che assume una prospettiva interna, capace di comprendere senza pretese di giudizio. n




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Limbo Land Valeria Pierini

«A

l Nord, il fairytale sembra essere roba per bambini. Inizio a pensare che la lotta delle fiabe irlandesi tra folletti e umani non sia che la metafora del conflitto tra cattolici e protestanti. Mi parlano del pragmatismo della lingua: «Sei italiana, usi molte metafore». Mi domando che fine abbiano fatto la poesia oscura di Eliot, la rosa e il nome di Shakespeare, la lingua di Joyce, Heaney e la sua Limbo Land: gli sono bastate queste due parole per descrivere l’Irlanda del Nord. Molti di noi, al Sud, non sappiamo mica che ci sono due Irlande, o forse tre».


PORTFOLIO 85

I

l viaggio di Valeria Pierini nell’Irlanda del Nord si traduce in una sequenza di immagini ricca di evocazioni e riferimenti poetici. Il racconto che ne deriva assume la prospettiva di una visione personale, che cerca di stabilire una relazione empatica con i luoghi e i soggetti fotografati. «Impiego due giorni di viaggio per arrivare a Derry – scrive l’autrice per descrivere l’inizio del viaggio –. Non mi lascio sfuggire l’occasione di atterrare a Dublino e percorrere in lunghezza l’isola, fino alla città vergine, sulle sponde del fiume Foyle, adagiata sul confine più violento dell’Europa della fine del XX secolo: quello tra EIRE e Regno Unito. Capisco di essere entrata in Irlanda del Nord quando i cartelli in doppia lingua (irlandese e inglese) scompaiono». Le parole di Valeria Pierini non lasciano

alcun dubbio sull’approccio sentimentale con cui intraprende il suo tragitto nella nazione più a Nord del Regno Unito. Nelle sue immagini, i riferimenti alla cultura irlandese si intrecciano alle bellezze monumentali della città di Derry e ai drammatici episodi storici che la legano al conflitto nord irlandese (noto come The Troubles). Proprio in questa città, infatti, tra le più antiche d’Irlanda, il 30 gennaio 1972 si è consumato il famoso Bloody Sunday, durante il quale furono uccise ben 14 persone mentre partecipavano a una manifestazione organizzata dall’Associazione per i Diritti Civili dell’Irlanda del Nord (NICRA). Nel percorso visivo tracciato dall’autrice gli avvenimenti storici rimangono sullo sfondo, evocati da vecchie foto di famiglia, incantevoli paesaggi e affascinanti scorci urbani. n


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Le vostre foto

Commenti

a cura della Redazione

Analizziamole insieme Ritratti, autoritratti, paesaggi e grandi opere dell’Italia contemporanea. Questa finestra appare un’occasione per conoscere il lettore e le sue capacità

MARIA ROSARIA MASCIA

R

iprendere luoghi che hanno fatto da scenario alle più grandi tragedie dell’umanità è un compito davvero difficile, e nel farlo, a volte, hanno fallito anche fotografi e registi di grande spessore. Per fotografare il campo di concentramento di Auschwitz, Maria Rosaria ha scelto di muoversi in punta di piedi: si è letteralmente nascosta dietro

le quinte e ha scattato attraverso finestre e porte, riuscendo così a tenere a distanza se stessa – ma anche chi guarderà la foto–, rispettando il silenzio e la memoria delle vittime. La stagione fredda, gli alberi senza foglie e la conversione in un duro bianco e nero, sprofondato nei toni più scuri, fanno il resto.

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COMMENTI 87

ZINO CITELLI

T

utto ebbe inizio quando cominciò la fine. Così Zino presenta la sua interpretazione del Cretto di Burri, maestosa opera di Land Art creata da Alberto Burri nel luogo in cui (nel 1968) si verificò il terremoto che spazzò via la città vecchia di Gibellina, nel Belice. È una location che regala spunti fotografici da ogni angolazione,

ma che troppo spesso diventa set di shooting che non temiamo di definire offensivi nei confronti di un monumento che, a tutti gli effetti, rappresenta il “congelamento” nella roccia della memoria storica di un paese. Zino è stato invece attento a non superare i limiti, con uno scatto elegante e rispettoso.

ANTONELLA CUNSOLO

A

ntonella ama la fotografia ritrattistica e le immagini che ha pubblicato nella gallery de Il Fotografo lo dimostrano. Tra i tanti, abbiamo selezionato due scatti che evidenziano la sua capacità di affrontare al meglio questo genere, sia in studio che in esterni. In entrambi i casi, l’autrice è riuscita a gestire impeccabilmente la luce, che “cade” sulle modelle (Giorgia, sopra, e Laura) in maniera morbida, delicata e senza mai generare ombre dure che avrebbero stonato sui tratti gentili delle ragazze. In studio, ottenere questo risultato è più facile, perché è possibile controllare a proprio piacimento l’illuminazione con l’uso di accessori come softbox e riflettori. Sul campo, a differenza di quanto troppo spesso si creda, è bene scegliere una giornata coperta: le nuvole fungeranno da formidabile diffusore, enorme e... naturale!

PAOLA OREFICE

L’

autoritratto, in pittura come in fotografia, è un’arte e come tale non mancano le variazioni sul tema. Spesso si tratta di un ritratto classico (un primo piano, una mezza figura, un piano americano...) realizzato facendo uso dell’autoscatto o nascondendo il telecomando tra le dita. Tuttavia, per rappresentare se stessi, può bastare anche un close-up di un semplice dettaglio – proprio come ha fatto la nostra lettrice.


88

COMMENTI

MARIO GIUSEPPE CARILLO

E

ssere uno street photographer non significa solo mettersi al collo una macchina fotografica, scendere in strada e scattare a raffica (e a vanvera) nella speranza che davanti all’obiettivo “qualcosa” succeda. Certo, la fortuna gioca un ruolo importante e bisogna essere preparati a tornare a casa senza aver ottenuto nulla di buono. Con il tempo e l’esperienza, però,

si impara a prevedere quel che potrebbe accadere, approfittando delle occasioni che la città ci regala (e che all’occhio meno allenato possono sfuggire). Qui l’autore ha intuito che la lunga striscia colorata avrebbe potuto regalargli soddisfazioni. Ha avuto la pazienza di aspettare ed ecco improvvisamente apparire un uomo con la camicia dello stesso colore della vernice!

ALESSANDRO CONTI

È

il modo migliore di fotografare le persone riuscendo, con un solo scatto, a mostrare chiaramente cosa il soggetto fa nella vita, o meglio, l’ambiente in cui si “muove”. Il ritratto ambientato è un genere che trova la sua concretizzazione in molti contesti, dalla fabbrica (per un reportage, per esempio) alla foresta amazzonica (per un servizio sulle ultime tribù di Indios). Alessandro è un fotografo piuttosto eclettico e attento al sociale. Il suo portfolio raccoglie immagini che spaziano dal ritratto tradizionale alla fotografia sportiva. E proprio dall’unione di queste passioni sono nati gli scatti che ci propone: i ritratti ambientati (entrambi con i soggetti sulle rispettive piste) di Emilano Malagoli – motociclista disabile dell’associazione Di.Di. Diversamente Disabili onlus, in alto – e Andrea Lanfi, campione paralimpico di atletica leggera.

GIOVANNI ARISTODEMO

A

nche Giovanni, così come Mario Giuseppe, ha sfruttato il contesto urbano quale sfondo per una foto. In questo caso, però, non siamo di fronte a uno scatto “rubato” – come invece avviene di solito nella fotografia prettamente street (quella di Cartier-Bresson o Vivian Maier, per intenderci) – e neppure davanti a un’immagine del genere street fashion, visto che anche quest’ultimo richiede una certa spontaneità da parte del soggetto. Qui un palazzo di Catania, coperto di tag e graffiti, fa da scenario a un ritratto fashion, in un vero set all’aperto che vede coinvolta una modella (ben consapevole di essere inquadrata dal fotografo) e allestito in modo da valorizzare non solo la ragazza, ma anche gli abiti che indossa. In post-produzione, buona l’idea di dare un mood moderno all’immagine tramite il color grading e di aggiungere la vignettatura per concentrare l’attenzione sul soggetto.


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Mercati e bazar

Le vostre foto Esercizio a tema

Risultati

a cura della Redazione

Cuore pulsante della vita cittadina, la piazza adibita alla vendita di merci e prodotti locali offre numerose occasioni di incontro e di scambio tra le persone e le culture

LUCIANA TRAPPOLINO

I

n un mercato di Alaba, distretto di Addis Abeba (Etiopia), Luciana Trappolino si lascia sedurre dal volto dolce ed espressivo di una giovane donna, ritraendolo in primo piano.

tecnica ••••• composizione ••••• colpo d’occhio ••••• creatività •••••

Questa tipologia di inquadratura avvolge il viso della figura umana dall’altezza delle spalle. Il soggetto è isolato dal contesto e la sua espressione diviene il centro dell’attenzione. In fotografia è conosciuto anche come formato tessera, per la distanza

molto breve tra l’obiettivo della fotocamera e il soggetto. Il risultato è un ritratto dal forte impatto visivo e dal piglio particolarmente cinematografico che consente di cogliere il carattere e il temperamento della donna fotografata.


RISULTATI 91

LORENZA TRINCANATO

J

aipur è il capoluogo dello stato indiano del Rajasthan, una delle destinazioni turistiche più celebri di tutta l’India del Nord. In questa affascinante città, nota per il colore rosa delle sue architetture monumentali, Lorenza Trincanato realizza una mini serie fotografica che descrive con attenzione l’atmosfera caotica e vivace del mercato tradizionale. Il suo sguardo alterna visioni d’insieme a prospettive più ravvicinate, offrendo un racconto piuttosto esaustivo di una tipica giornata trascorsa tra bancarelle e venditori ambulanti. Ecco allora che agli espositori di corone di fiori colorati seguono la ripresa dall’alto del bazar per giungere, infine, al ritratto di una donna intenta nella preparazione del tipico succo di melograno. Queste tre fotografie restituiscono un’immagine fresca e genuina del mercato di Jaipur, dei suoi prodotti tradizionali e delle produzioni locali.

tecnica ••••• composizione ••••• colpo d’occhio ••••• creatività •••••

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92

LORENZO MILANI

A

ttratto dalle bellezze dei mercati africani e mediorientali, Lorenzo Milani scatta tre istantanee di grande immediatezza visiva nei bazar di Tunisi (Tunisia), Sana’a e Taiz (Yemen). In questi contesti ricchi di storia e cultura, l’autore ritrae uomini che discutono tra loro, un mercante di stoffe e un giovane venditore di agnelli. Le scene rappresentate in queste tre fotografie si susseguono con uniformità compositiva e coerenza espressiva, dimostrando l’interesse di Lorenzo Milani per gli aspetti più autentici e meno turistici dei mercati che ha visitato. Tonalità calde e ambrate avvolgono questa breve sequenza fotografica capace di porre in risalto gli usi e i costumi di culture e tradizioni differenti.

tecnica ••••• composizione ••••• colpo d’occhio ••••• creatività •••••


RISULTATI 93

tecnica ••••• composizione •••••

MARCO MARCONE

I

l punto di vista con cui l’autore di queste immagini osserva il Bogyoke Aung San Market di Yangon (Birmania) mette in luce l’operosità e la fatica degli operai e dei commercianti che vi lavorano. Guardando queste tre fotografie, appare subito evidente che Marco Marcone non sia interessato al mercato così com’è visto e vissuto degli avventori, quanto piuttosto alle dinamiche interne e ai suoi retroscena. Ecco allora che, con grande intuito visivo, l’autore ritrae uomini al lavoro o mentre fumano una sigaretta durante una breve pausa. Lo stile del reportage a cui queste foto si rifanno è caratterizzato da una modulazione della luce molto particolare, che accentua i contrasti cromatici. In particolare, in questa breve sequenza, spicca il ritratto di un uomo (piano americano) che guarda in camera con grande espressività e disinvoltura mentre alle sue spalle si scorge il volto di un altro soggetto sullo sfondo avvolto in un nero profondo.

colpo d’occhio ••••• creatività •••••


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Le vostre foto Esercizio a tema

Proposta

a cura della Redazione

Micro fotografia Il mondo della natura e degli oggetti offre una vasta gamma di elementi figurativi di piccole dimensioni che l’occhio del fotografo può cogliere in numerose forme e composizioni

I

l genere fotografico che cattura il soggetto (o una sua porzione) con un fattore di ingrandimento di almeno 1:1, vale a dire delle stesse dimensioni, è il genere della Micro (o Macro) fotografia. Si tratta di un metodo di lavoro che coniuga l’interesse per l’universo sotterraneo delle cose, i suoi aspetti più ricercati e visibilmente celati, alla passione per la tecnica che si rivela nell’uso sapiente di obiettivi specifici (comunemente chiamati macro e appositamente progettati per offrire prestazioni ottimali a distanze di messa a fuoco ridotte), cavalletti o software di sviluppo digitale. Per convenzione, in questo tipo di immagini, il soggetto riempie l’intero spazio dell’inquadratura e appare perfettamente a fuoco, mentre non sono a fuoco i dettagli che lo seguono o lo precedono. Sulla base delle linee guida che definiscono questo genere fotografico, i lettori della nostra rubrica potranno realizzare immagini che colgono i diversi aspetti della vita. Gli ambiti di osservazione potranno riguardare sia il mondo naturale che quello delle cose che circondano il nostro quotidiano: in casa, negli spazi lavorativi, per strada o in altri luoghi pubblici. Alla finezza tecnica ciascun fotografo potrà affiancare soluzioni interpretative soggettive, ispirate alla propria capacità di guardare e osservare la realtà che lo circonda. n

«Se vi accontentate di vedere ciò che è ovvio, non vedrete nulla» Ruth Bernard SEI ANCORA IN TEMPO PER Esercizio a tema scadenza Giallo colore della luce 15/03/2020 Sport 15/04/2020 Micro fotografia 15/05/2020

uscirà nel n° 323 maggio 2020 324 giugno 2020 325 luglio 2020


CARICA LE TUE FOTO SU www.ilfotografo.it > gallery 95

«Nella fotografia c’è una realtà così sottile che diventa più reale della realtà» Alfred Stieglitz Le immagini di questo articolo fanno parte del progetto Micro fotografia di Piero Moraglio. Nella nota introduttiva a questa serie l’autore scrive: «Le mie foto nascono da un grande e incondizionato amore per la natura in tutte le sue forme»

«Fotografiamo gli oggetti per non dimenticarli» Franz Kafka


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Le vostre foto

Dal web

a cura della Redazione

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2

1 | Aldo Palin 2 | Mario Alberto Alberghina 3 | Claudia Costantino 4 | Diocleziano Galella 5 | Anna Maria Noto

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novembre

Lorenzo Cicconi Massi Astrazioni e visioni | Magnum Photos Mountains | Berlino 1989: la caduta del Muro

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Moda e ricerca artistica

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Coordinamento: Gabriella Re, Silvia Vitali , Ambra Palermi, Alessandra D’Emilio, Roberta Tempesta, Elisa Croce, Laura Vezzo, Laura Galimberti, Michela Lampronti, Francesca Sigismondi, Tiziana Rosato Amministrazione: Erika Colombo (responsabile), Irene Citino, Sara Palestra, Danilo Chiesa, Désirée Conti - amministrazione@sprea.it IL FOTOGRAFO, testata registrata al tribunale di Milano il 29/02/1992 con il numero 146. ISSN: 1122-6960 Mensile - prezzo di copertina 7.90 € Direttore responsabile: Luca Sprea Distributore per l’Italia: Press-Di Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. - 20090 Segrate Distributore per l’Estero : SO.DI.P S.p.A. Via Bettola, 18 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. +390266030400 - Fax +390266030269 - sies@sodip.it - www.sodip.it Stampa: Arti Grafiche Boccia S.p.A.- Salerno

“Questa rivista è stata stampata dalle Arti Grafiche Boccia S.p.A. a 5 colori utilizzando la rotativa Komori mod.LR 538/1250D - prima installazione in Europa- con sistema di controllo registro stampa, registro piega e densità del colore QI Press Control e con sistema Komori PQA-W: sistema Komori per la individuazione di difetti di stampa e controllo del colore. La stampa inoltre è stata effettuata nel rispetto delle procedure per la certificazione di qualità di prodotto che prevedono uno standard qualitativo elevato per ciascuna singola copia.”

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