15- "MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA" 126pag.

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Ordine degli Architetti della Provincia di Reggio Calabria

Corso base di specializzazione in prevenzione incendi ai sensi del DM 5.08.2011

MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA

a cura dell’Ing. Andrea Gattuso




LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI

PREVENZIONE INCENDI

prevenzione propriamente detta

protezione

protezione attiva

misure precauzionali d'esercizio

protezione passiva

IL MIGLIORE PROGETTO DI SICUREZZA PUO’ ESSERE VANIFICATO SE NON SI TENGONO IN DEBITO CONTO TUTTE LE MISURE RELATIVE ALLA GESTIONE DELLA SICUREZZA.


LA PROTEZIONE PASSIVA INSIEME DELLE MISURE DI PROTEZIONE CHE HANNO COME OBIETTIVO LA LIMITAZIONE DEGLI EFFETTI DELL’INCENDIO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO.

Barriere antincendio Isolamento dell’edificio Distanze di sicurezza esterne ed interne Muri tagliafuoco, schermi ecc. Strutture aventi caratteristiche di resistenza al fuoco commisurata ai carichi d’incendio Utilizzo di materiali classificati per la reazione al fuoco Sistemi di ventilazione Sistema di vie d’uscita commisurate al massimo affollamento ipotizzabile dell’attività e alla pericolosità delle lavorazioni Segnaletica di sicurezza


In questa lezione tratteremo delle seguenti misure di protezione passiva :

Distanze di sicurezza esterne ed interne Sistema di vie d’uscita commisurate al massimo affollamento ipotizzabile dell’attività e alla pericolosità delle lavorazioni Segnaletica di sicurezza

Per gli altri argomenti si rimanda alle apposite lezioni previste nel programma del corso


DISTANZE Distanza di sicurezza esterna: valore minimo stabilito dalla norma, delle distanze misurate tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di un’attività e il perimetro del più vicino fabbricato esterno all’attività stessa o di altre opere pubbliche o private oppure rispetto ai confini di aree edificabili verso le quali tali distanze devono essere osservate.

Distanza di sicurezza interna: valore minimo, stabilito dalla norma, tra i vari elementi pericolosi.

Distanza di protezione: valore minimo, stabilito dalla norma, tra l’elemento pericoloso e la recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dell’area su cui sorge l’attività stessa.


DISTANZE

AREA EDIFICABILE ESTERNA

Distanza di sicurezza esterna

Distanza di sicurezza interna

AREA ATTIVITA’ PERICOLOSA

Distanza di protezione


LE DISTANZE DI SICUREZZA SONO FISSATE GENERALMENTE DALLE NORME DI PREVENZIONE INCENDI

PER ATTIVITA’ OVE NON E’ PRESENTE UNA SPECIFICA NORMA DI PREVENZIONE INCENDI EVENTUALI DISTANZE DI SICUREZZA DEVONO ESSERE DETERMINATE ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO INCENDIO


ESEMPIO 1 : DISTANZA DI PROTEZIONE PER SERBATOI DI GPL FINO A 5 MC DM 14.05.2004


ESEMPIO 2 : DISTANZE DI SICUREZZA PER DEPOSITI DI GPL IN BOMBOLE Circolare 74 del 20.09.1956

Categoria 1a (fino a 5.000 kg) 2a (fino a 1.000 kg) 3a (fino a 300 kg)

DISTANZE DI SICUREZZA

Distanze di sicurezza interna

Distanze di sicurezza esterna

m6

m 15

-

m 10

-

m8


ESEMPIO 3 : DISTANZE DI SICUREZZA PER DISTRIBUTORI DI GPL D.P.R. 24 ottobre 2003, n. 340 Distanze di sicurezza esterne. Dagli elementi pericolosi dell'impianto …….. devono essere osservate le seguenti distanze di sicurezza rispetto al perimetro di fabbricati esterni all'impianto: a) per depositi di capacita' complessiva fino a 30 m³: dal punto di riempimento, 30 m; da serbatoi, barrel, pompe, elettrocompressori, 20 m; da apparecchi di distribuzione, 20 m; b) per depositi di capacita' complessiva maggiore di 30 m³: dal punto di riempimento, 30 m; da serbatoi, barrel, pompe, elettrocompressori, 30 m; da apparecchi di distribuzione, 20 m. Nel computo delle distanze di sicurezza possono comprendersi anche le larghezze di strade, torrenti e canali nonche' eventuali distanze di rispetto previste dagli strumenti urbanistici comunali;


ESEMPIO 3 : DISTANZE DI SICUREZZA 24.10.2003, n. 340

PER

DISTRIBUTORI

DI

GPL D.P.R.

13.3 Distanze di protezione. 1. Rispetto agli elementi pericolosi dell'impianto devono essere osservate le seguenti distanze di protezione: a) dal punto di riempimento, 10 m; b) dagli apparecchi di distribuzione, 10 m; c) da serbatoi, barrel, pompe, elettrocompressori, 5 m; d) dall'area di sosta dell'autocisterna, 5 m.



La progettazione di un sistema di vie di esodo Il documento interpretativo n. 2 “sicurezza in caso di incendio” della Direttiva 89/106/CEE, nell’analizzare gli obiettivi generali che l’opera deve raggiungere affinché sia garantito il soddisfacimento del requisito globale della sicurezza in caso di incendio, prevede che “gli occupanti possano lasciare l’opera o essere soccorsi altrimenti”. Direttiva abrogata e sostituita dal nuovo Regolamento UE n° 305 del 9.03.2011 entrato in vigore, senza necessità di recepimento, parzialmente il 24.04.2011 e per la totalità degli articoli il 1.07.2013.


SISTEMI DI VIE DI ESODO

PERCORSO SENZA OSTACOLI AL DEFLUSSO CHE CONSENTE ALLE PERSONE CHE OCCUPANO UN EDIFICIO O UN LOCALE DI RAGGIUNGERE UN LUOGO SICURO


Luogo sicuro statico e dinamico


PROGETTAZIONE DEL SISTEMA DI VIE DI ESODO Soluzioni tecniche finalizzate all’esodo delle persone dai locali a rischio d’incendio nelle migliori condizioni di sicurezza possibile in caso d’incendio o di qualsiasi altra situazione di pericolo reale o presunto.

Elementi fondamentali della progettazione: Sistemi di protezione attiva e passiva delle vie di esodo Dimensionamento e geometria delle vie di esodo Sistemi di identificazione continua delle vie di esodo (segnaletica, illuminazione ordinaria e di sicurezza)


INTERVENTI PER AUMENTARE IL MARGINE DI SICUREZZA Tev: tempo d’evacuazione (legato al movimento fino al raggiungimento del luogo sicuro)

Tam: tempo d’evacuazione ammissibile o disponibile (legato all’incendio) Inizio processo ignizione

Percezione incendio

Incendio critico

Tempo di evacuazione massimo ammissibile

Tempo teorico di evacuazione

Margine sicurezza

Tempo


Come aumentare i margini di sicurezza? A) Riducendo Tp (Tempo di percezione) - Impianti di rivelazione e segnalazione incendio; B) Riducendo Tr (Tempo di ricognizione) – Efficacia dei sistemi organizzativi ed informativi; C)Migliorando il comportamento al fuoco dei materiali combustibili. (materiali con bassa classe di reazione al fuoco)


SISTEMI DI VIE DI ESODO


DEFINIZIONI


DENSITĂ€ DI AFFOLLAMENT O

rapporto tra il massimo numero prevedibile di persone e la superficie lorda di pavimento; è espressa dalla formula: d=Np/S (pers/mq)


ESEMPIO : DENSITA’ DI AFFOLLAMENTO PER LE ATTIVITA’ COMMERCIALI (DM 27.07.2010)


alberghi

scuole

AFFOLLAMENTO: camere: n° posti letto aree comuni per il pubblico: 0,4 persone/mq (salvo quanto previsto per spazi di trattenimento e simili) servizi: persone presenti + 20%

AFFOLLAMENTO aule : 26 persone/aula aree destinate a servizi: persone presenti + 20% refettori e palestre: densitĂ di affollamento pari 0,4 persone/mq


ospedali a) aree di tipo B: persone presenti incrementate del 20%; b) aree di tipo C: ambulatori e simili: 0,1 persone/m2; sale di attesa: 0,4 persone/m2; c) aree di tipo D: 3 persone per posto letto in strutture ospedaliere; 2 persone per posto letto in strutture residenziali; d) aree di tipo E: uffici amministrativi: 0,1 persone/m2; spazi per riunioni, mensa aziendale, scuole, convitti e simili: numero dei posti effettivamente previsti; spazi riservati ai visitatori: 0,4 persone/mq


CLASSIFICAZIONE AREE NELLE STRUTTURE OSPEDALIERE

Tipo A - aree od impianti a rischio specifico, classificati come attività soggette al controllo del C.N.VV.F.

Tipo B - aree a rischio specifico accessibili al solo personale dipendente (laboratori di analisi e ricerca, depositi, lavanderie, ecc.) tipo C - aree destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale (ambulatori, centri specialistici, centri di diagnostica, consultori, ecc.) in cui non é previsto il ricovero tipo D - aree destinate a ricovero in regime ospedaliero e/o residenziale nonché aree adibite ad unità speciali (terapia intensiva, neonatologia, reparto di rianimazione, sale operatorie, terapie particolari, ecc.); Tipo E - aree destinate ad altri servizi pertinenti (uffici amministrativi, scuole e convitti professionali, spazi per riunioni e convegni, mensa aziendale, spazi per visitatori inclusi bar e limitati spazi commerciali) .


MODULO è l’unitĂ di misura della larghezza delle vie di uscita e si assume uguale a 60 cm, corrispondente alla larghezza media occupata dalla persona. Le norme prescrivono generalmente che una uscita abbia larghezza multipla del modulo e comunque non inferiore a due moduli (120 cm)


CAPACITÀ DI DEFLUSSO CAPACITÀ DI DEFLUSSO: numero massimo di persone che possono defluire attraverso un modulo di uscita, in altre parole tale parametro seleziona il numero di persone che devono sfollare con il numero di moduli a disposizione: LaC=Np/M normativa Italiana, ai fini del (pers/modulo) dimensionamento delle vie di esodo, fissa la capacità di deflusso delle uscite in funzione, generalmente, della quota del piano dal quale deve avvenire l’esodo


Esempio D.M. 9 aprile 1994 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attivitĂ ricettive turistico - alberghiere CAPACITA' DI DEFLUSSO 50 per piano terra 37,5 per piani interrati 37,5 per edifici fino a 3 piani f.t. 33 per edifici oltre 3 piani f.t.


Esempio Il D.M. 19.08.1996 riguardante i locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo richiede i seguenti valori della capacitĂ di deflusso: a) 50 per locali con pavimento a quota compresa tra +/- 1 m rispetto al piano di riferimento; b) 37,5 per locali con pavimento a quota compresa tra +/- 7,5 m rispetto al piano di riferimento; c) 33 per locali con pavimento a quota al di sopra o al di sotto di 7,5 m rispetto al piano di riferimento.


Esempio DECRETO MINISTERIALE 26 AGOSTO 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica

CAPACITA' DI DEFLUSSO :

60 per ogni piano


SISTEMI DI VIE DI ESODO

LARGHEZZA DELLE VIE DI USCITA: deve essere multipla del modulo di uscita (0.60 m) e nella quasi generalità dei casi non inferiore a due moduli (1.20 m); le scale e i pianerottoli debbono avere la stessa larghezza delle vie di esodo di cui fanno parte; LARGHEZZA TOTALE DELLE USCITE: è data dal numero di moduli ed è determinata dal rapporto tra il massimo affollamento ipotizzabile (A) e la capacità di deflusso (C) A/C = numero moduli


PERCORSI DI ESODO VERTICALI Le Scale : definizioni


CENNI SU RESISTENZA AL FUOCO E COMPARTIMENTAZIONE

Dm 30.11.1983 : Resistenza al fuoco. Attitudine di un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato - in tutto o in parte: la stabilità "R", la tenuta "E", l'isolamento termico "I", così definiti: - stabilità: attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco; - tenuta: attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare nè produrre se sottoposto all'azione del fuoco su un lato fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto; - isolamento termico: attitudine di un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore.



Definizioni secondo il dm 9.03.2007

a) CAPACITÀ DI COMPARTIMENTAZIONE IN CASO D’INCENDIO: attitudine di un elemento costruttivo a conservare, sotto l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità, un sufficiente isolamento termico ed una sufficiente tenuta ai fumi e ai gas caldi della combustione, nonché tutte le altre prestazioni se richieste.

b) CAPACITÀ PORTANTE IN CASO DI INCENDIO: attitudine della struttura, di una parte della struttura o di un elemento strutturale a conservare una sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco con riferimento alle altre azioni agenti.


Il DM 9.03.2007

c) CARICO DI INCENDIO: potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1 MJ è assunto pari a 0,054 chilogrammi di legna equivalente. Valore Corretto 0,057

d) CARICO D’INCENDIO SPECIFICO: carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda. E’ espresso in MJ/mq.


e) CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO: carico d’incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti. Esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della resistenza al fuoco delle costruzioni.

f) CLASSE DI RESISTENZA AL FUOCO: intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al carico di incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità di compartimentazione.

Il DM 9.03.2007


g) COMPARTIMENTO ANTINCENDIO: parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione.


Il DM 9.03.2007

j) RESISTENZA AL FUOCO: una delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante in caso di incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi.

k) SUPERFICIE IN PIANTA LORDA DI UN COMPARTIMENTO: superficie in pianta compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il compartimento.


classi di resistenza al fuoco

Le classi di resistenza al fuoco sono le seguenti:

15; 20; 30; 45; 60; 90; 120; 180; 240; 360. Esse sono di volta in volta precedute dai simboli indicanti i requisiti che devono essere garantiti, per l’intervallo di tempo descritto, dagli elementi costruttivi portanti e/o separanti che compongono la costruzione.

Il DM 9.03.2007


LA COMPARTIMENTAZIONE

SCHEMA DI ATTIVITA’ INDUSTRIALE CON REPARTI SEPARATI DA MURI TAGLIAFUOCO


PERCORSI DI ESODO VERTICALI SCALA PROTETTA

Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura


PERCORSI DI ESODO VERTICALI Scala a prova di fumo Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano, mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di auto-chiusura, da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno.


PERCORSI DI ESODO VERTICALI Scala a prova di fumo interna Sala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo.


Filtro a prova di fumo Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata (MIN 60), dotato di due o piÚ porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata (MIN 60), con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 mq sfociante al di sopra della copertura dell’edificio, edificio oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza, emergenza oppure aerato direttamente verso l’esterno con aperture libere di superficie non inferiore a 1 mq con esclusione di condotti. condotti


Filtro a Prova di Fumo

In sovrapressione >0,3 mbar

Aerazione Permanente

Camino di aerazione


Filtro a Prova di Fumo


SCALE DI SICUREZZA ESTERNA


SCALE DI SICUREZZA ESTERNE : specifiche previste dal DM 19/08/1996 “regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacoloâ€? a) possono essere utilizzate in edifici aventi altezza antincendio non superiore a 24 m; b) devono essere realizzate con materiali di classe 0 di reazione al fuoco; c) la parete esterna dell'edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco almeno REI 60. In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5 m dalle pareti dell'edificio e collegarsi alle porte di piano tramite passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato.


SCALA DI SICUREZZA ESTERNA


SCALE DI SICUREZZA RAMPE : Rettilinee, con non meno di tre gradini e non piu' di quindici. Gradini a pianta rettangolare, alzata max 17 cm, pedata min 30 cm. Ammesse rampe non rettilinee con pianerottoli di riposo ogni quindici gradini e pedata almeno 30 cm misurata a 40 cm dal montante.

AERAZIONE : in sommitĂ (a parete o a soffitto) min 1 mq; -

sistema di apertura degli infissi comandato sia automaticamente da rivelatori di incendio, che manualmente mediante dispositivo posto in prossimita' dell'entrata alla scala, in posizione segnalata.


CORRIDOIO CIECO:

Corridoio o porzione di corridoio dal quale e' possibile l'esodo in un'unica direzione La lunghezza del corridoio cieco va calcolata dall'inizio dello stesso fino all'incrocio con un corridoio dal quale sia possibile l'esodo in almeno due direzioni, o fino al piu' prossimo luogo sicuro o via di esodo verticale; nel calcolo della lunghezza del corridoio cieco occorre considerare anche il percorso d'esodo in unica direzione all'interno di locali ad uso comune;



Spazio calmo: luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito; tale spazio non deve costituire intralcio alla fruibilita' delle vie di esodo e deve avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacita' motorie in attesa dei soccorsi;

Ricordiamo la definizione di Luogo sicuro Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), statico ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico). dinamico


ESEMPIO DI LUOGO SICURO STATICO



SISTEMI DI VIE DI ESODO CASO DELLE ATTIVITA’ SOGGETTE A CONTROLLO DEI VIGILI DEL FUOCO: ESISTONO IN GENERE SPECIFICHE NORMATIVE DI PREVENZIONE INCENDI CHE CONSENTONO DI DETERMINARE LE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA DELLE VIE DI USCITA. IN PARTICOLARE VIENE INDICATA: •LA CAPACITA’ DI DEFLUSSO •LE MODALITA’ DI DETERMINAZIONE AFFOLLAMENTO IPOTIZZABILE

DEL

MASSIMO

•IL CALCOLO E LA LARGHEZZA MINIMA DELLE USCITE •IL NUMERO MINIMO DELLE USCITE •IL NUMERO MINIMO DELLE SCALE •LA LUNGHEZZA MASSIMA DEI PERCORSI DI ESODO •ALTRI PARAMETRI IN BASE ALLA TIPOLOGIA DELL’ATTIVITA’ (CORRIDOI CIECHI, SPAZI CALMI)


[Numero di moduli]

la larghezza delle singole uscite deve essere multipla di 2 moduli = 120 cm


ESEMPIO : AUTORIMESSE


ESEMPIO : AUTORIMESSE


ESEMPIO : ATTIVITA’ COMMERCIALI Larghezza minima vie di esodo: multipla del modulo di uscita e min 2 moduli (1,2 m). ECCEZIONI: attività commerciali aventi superficie di vendita non superiore a 1000 mq è ammesso che le uscite abbiano ampiezza inferiore ad 1,2 m, con un minimo di 0,9 m, purché conteggiate come un modulo; nelle attività commerciali aventi superficie di vendita non superiore a 2.500 mq è ammesso che una percentuale non superiore al 50% delle uscite abbia larghezza inferiore ad 1,2 m, con un minimo di 0,9 m, purché conteggiate come un modulo.


LA LUNGHEZZA DEI PERCORSI DI ESODO

La lunghezza massima dei percorsi di esodo è stabilita dalle norme di prevenzione incendi. In genere è variabile da 30 a 60 mt La lunghezza delle vie di uscita è misurata dalla porta di ciascun locale occupato, anche solo da qualche persona, e da ogni punto dei locali comuni fino ad una uscita su luogo sicuro o su scala di sicurezza esterna o a prova di fumo con un percorso non superiore a quanto stabilito dalle norme.


LUNGHEZZA DEI PERCORSI DI ESODO ESEMPIO : ATTIVITA’ COMMERCIALI

Percorso effettivo per raggiungere un luogo sicuro: Lunghezza max 50 m, incrementabili a 60 m in presenza di un sistema di smaltimento fumi Corridoi ciechi: Lunghezza max 15 m. Il percorso per raggiungere una scala di tipo protetto max 30 m incrementabili a 40 m in presenza di un sistema di smaltimento fumi Percorso all’interno del vano scala protetto non va computato ai fini della lunghezza massima ammessa.


LUNGHEZZA DEI PERCORSI DI ESODO

CASO DELLE SCUOLE

LUNGHEZZA VIE DI USCITA Max 60 mt misurata dal luogo sicuro alla porta di ogni aula o locale frequentato.


LARGHEZZA TOTALE DELLE VIE DI ESODO Larghezza totale uscite di piano: rapporto tra il massimo affollamento e la capacitĂ di deflusso AttivitĂ con piĂš di due piani fuori terra: larghezza totale vie di esodo verticali che conducono al piano di riferimento: calcolata sommando la larghezza totale delle uscite di due piani consecutivi di maggiore affollamento. La larghezza totale delle uscite a servizio del piano di riferimento: deve essere determinata sulla base del massimo affollamento previsto a tale livello e comunque non inferiore alla larghezza complessiva delle vie di esodo verticali provenienti dagli altri piani.

Rampe mobili e scale mobili non devono essere computate ai fini della larghezza delle uscite


CARATTERISTICHE DELLE VIE DI ESODO

Altezza dei percorsi non inferiore a 2 m. Larghezza utile dei percorsi misurata deducendo ingombri (esclusi estintori, gli elementi sporgenti ad un'altezza superiore a 2 m ed i corrimano nonchĂŠ dispositivi di apertura delle porte con sporgenza non superiore ad 8 cm). Vie di uscita sgombre da materiali Pavimenti non sdrucciolevoli - Vietati specchi lungo i percorsi d'esodo (se traggono in inganno sulla direzione dell'uscita) - superfici trasparenti segnalate.


SISTEMI DI APERTURA PORTE ED INFISSI

Porte installate lungo le vie di esodo: Si devono aprire nel verso dell’esodo a semplice spinta. I battenti delle porte non devono ostruire passaggi, corridoi e pianerottoli. Sono ammesse porte d’ingresso di tipo scorrevole con azionamento automatico purchè predisposte anche per l’apertura a spinta verso l’esterno e restare in posizione di apertura in assenza di alimentazione elettrica. In prossimità di tali porte deve essere posto un dispositivo di blocco nella posizione di apertura. Le porte, comprese quelle di ingresso, devono aprirsi su area piana, di profondità almeno pari alla larghezza delle porte stesse.


È consentito che le porte resistenti al fuoco, installate lungo le vie di uscita, in corrispondenza di compartimentazioni o nei filtri a prova di fumo, siano tenute in posizione aperta tramite appositi dispositivi elettromagnetici che ne consentano il rilascio a seguito di:  attivazione dell’impianto di rivelazione automatica di incendio; attivazione del sistema di allarme incendio; mancanza di alimentazione elettrica; intervento manuale su comando posto in prossimità delle porte in posizione segnalata


DISPOSITIVI DI APERTURA DELLE PORTE

I dispositivi di apertura manuale delle porte installate lungo le vie di esodo nelle attivitĂ soggette al controllo dei Vigili del fuoco devono essere conformi alle norme UNI EN 179 o UNI EN 1125 Tali dispositivi devono essere muniti di marcatura CE.



installazione a) sulle porte delle vie di esodo devono essere installati dispositivi conformi alla norma UNI EN 179 qualora : a.1) l'attivitĂ e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da meno di 10 persone; a.2) l'attivitĂ non e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da un numero di persone superiore a 9 ed inferiore a 26; b) sulle porte delle vie di esodo devono essere installati dispositivi conformi alla norma UNI EN 1125 qualora : b.1) l'attivitĂ ' e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da piu' di 9 persone; b.2) l'attivitĂ non e' aperta al pubblico e la porta e' utilizzabile da piu' di 25 persone; b.3) i locali con lavorazioni e materiali che comportino pericoli di esplosione e specifici rischi d'incendio con piu' di 5 lavoratori addetti.





MATERIALI INSTALLATI LUNGO LE VIE DI ESODO Reazione al fuoco : DM 15.03.2005

Negli atri, nei corridoi, nei disimpegni, nelle scale, nelle rampe, nei passaggi in genere, in luogo di prodotti di classe 1, e nei limiti per essi stabiliti dalle specifiche disposizioni di prevenzione incendi, sono installati prodotti classificati in una delle seguenti classi di reazione al fuoco, in funzione del tipo di impiego previsto: a) impiego a pavimento: (A2FL-s1), (BFL-s1); b) impiego a parete: (A2-s1,d0), (A2-s2,d0), (A2-s1,d1), (B-s1,d0), (Bs2,d0), (B-s1,d1); c) impiego a soffitto: (A2-s1,d0), (A2-s2,d0), (B-s1,d0), (B-s2,d0).


CRITERI GENERALI PER LE USCITE SECONDO IL DM 10.03.1998 “applicabile per attività non soggette a controllo dei Vigili del Fuoco”


CRITERI GENERALI PER LE USCITE SECONDO IL DM 10.03.1998


LUNGHEZZA DEI PERCORSI dove è prevista più più di una via di uscita, la lunghezza del percorso per raggiungere la più più vicina uscita di piano non dovrebbe essere superiore ai valori sottoriportati: sottoriportati: – 15 ÷ 30 metri (tempo max di evacuazione 1 minuto) per aree a rischio di incendio elevato – 30 ÷ 45 metri (tempo max di evacuazione 3 minuti) per aree a rischio di incendio medio – 45 ÷ 60 metri (tempo max di evacuazione 5 minuti) per aree a rischio di incendio basso le vie di uscita devono sempre condurre ad un luogo sicuro; sicuro;

i percorsi di uscita in un'unica direzione devono essere evitati per quanto possibile. possibile. Qualora non possano essere evitati, la distanza da percorrere fino ad una uscita di piano o fino al punto dove inizia la disponibilità di due o più vie di uscita, non dovrebbe eccedere in generale i valori sottoriportati: – 6 ÷ 15 metri (tempo di percorrenza 30 secondi) per aree a rischio elevato – 9 ÷ 30 metri (tempo di percorrenza 1 minuto) per aree a rischio medio – 12 ÷ 45 metri (tempo di percorrenza 3 minuti) per aree a rischio basso


CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO IN BASE AL DECRETO MINISTERIALE 10 MARZO 1998 : “CRITERI GENERALI DI SICUREZZA ANTINCENDIO E GESTIONE DELL’EMERGENZA NEI LUOGHI DI LAVORO”

ALLEGATO I LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO

CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO A) LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO BASSO

B) LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO MEDIO

C) LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO ELEVATO


LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO BASSO Luoghi di lavoro o parti di essi in cui sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO MEDIO Luoghi di lavoro o parti di essi in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. Si tratta di : Luoghi di lavoro compresi nel DM 16.2.1982 e DPR 689/1959 escluso quelli a rischio elevato Cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all'aperto. Abrogati e sostituiti dal DPR 151/2011


LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO ELEVATO Luoghi di lavoro o parti di essi in cui per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di principi di incendio e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio. Industrie e depositi a rischio di incidente rilevante Fabbriche e depositi di esplosivi Centrali termoelettriche Impianti estrazione oli minerali e gas Impianti e laboratori nucleari Depositi oltre 20.000 mq Attività commerciali oltre 10.000 mq Scali aeroportuali, infrastrutture ferroviarie e metropolitane Alberghi oltre 200 posti letto Ospedali, case di cura e ricovero per anziani Scuole oltre 1000 persone Uffici oltre 1000 dipendenti Cantieri in sotterraneo per opere tipo gallerie di lunghezza superiore a 50 mt Cantieri con impiego di esplosivi


CRITERI GENERALI PER LE USCITE SECONDO IL DM 10.03.1998


CRITERI GENERALI PER LE USCITE SECONDO IL DM 10.03.1998

Numero e larghezza delle uscite di piano In molte situazioni è da ritenersi sufficiente disporre di una sola uscita di piano. Eccezioni a tale principio sussistono quando: a) l’affollamento del piano è superiore a 50 persone; b) nell’area interessata sussistono pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e pertanto, indipendentemente dalle dimensioni dell’area o dall’affollamento, occorre disporre di almeno due uscite; c) la lunghezza del percorso di uscita, in un’unica direzione, per raggiungere l’uscita di piano, in relazione al rischio di incendio, supera i valori stabiliti per i percorsi in un’unica direzione







Misure di sicurezza alternative Se le misure relative alle vie di esodo non possono essere rispettate per motivi architettonici o urbanistici, il rischio per le persone presenti, per quanto attiene l’evacuazione del luogo di lavoro, può essere limitato mediante l’adozione di uno o più dei seguenti accorgimenti: a) risistemazione del luogo di lavoro e/o della attività, così che le persone lavorino il più vicino possibile alle uscite di piano ed i pericoli non possano interdire il sicuro utilizzo delle vie di uscita; b) riduzione del percorso totale delle vie di uscita; c) realizzazione di ulteriori uscite di piano; d) realizzazione di percorsi protetti addizionali o estensione dei percorsi protetti esistenti; e) installazione di un sistema automatico di rivelazione ed allarme incendio per ridurre i tempi di evacuazione.


ACCORGIMENTI SUGLI INFISSI

Le porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di piano, devono aprirsi nel verso dell’esodo. In ogni caso l’apertura nel verso dell’esodo è obbligatoria quando: a) l’area servita ha un affollamento superiore a 50 persone; b) la porta è situata al piede o vicino al piede di una scala; c) la porta serve un’area ad elevato rischio di incendio.


Porte scorrevoli e porte girevoli

Una porta scorrevole non deve essere utilizzata quale porta di una uscita di piano. Tale tipo di porta può però essere utilizzata, se è del tipo ad azionamento automatico e può essere aperta nel verso dell’esodo a spinta con dispositivo opportunamente segnalato e restare in posizione di apertura in mancanza di alimentazione elettrica

Una porta girevole su asse verticale non può essere utilizzata in corrispondenza di una uscita di piano. Qualora sia previsto un tale tipo di porta, occorre che nelle immediate vicinanze della stessa sia installata una porta apribile a spinta opportunamente segnalata


CRITERI STABILITI DAL DLGS 81/2008 Uscite dagli ambienti di lavoro

Locali e luoghi di lavoro in genere Locali fino a 25 lavoratori : • una porta avente larghezza minima di m 0,80; a) Locali con numero di lavoratori compreso tra 26 e 50: • una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo; b) Locali con numero di lavoratori compreso tra 51 e 100: • una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo; c) Locali con numero di lavoratori superiore a 100: • in aggiunta alle porte previste al punto c) almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.


Locali e luoghi di lavoro con lavorazioni e materiali con pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio con pi첫 di 5 lavoratori : almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.

TOLLERANZA

Porte con larghezza minima di m 1,20: tolleranza in meno del 5% Porte con larghezza minima di m 0,80: tolleranza in meno del 2% (due per cento)


ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA •

Per illuminazione di emergenza si intende l’illuminazione destinata a funzionare quando l’illuminazione ordinaria viene a mancare.

L’illuminazione di emergenza si distingue in illuminazione di riserva e in illuminazione di sicurezza:

l’illuminazione di riserva permette la continuazione di un’attività anche al venire meno dell’illuminazione ordinaria;

• l’illuminazione di sicurezza deve evitare il panico nei locali affollati e segnalare le vie di esodo in modo che siano facilmente identificate. identificate


Prescrizioni di carattere generale ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA

L’impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello di illuminazione non inferiore a 10 lux ad un metro di altezza dal piano di calpestio lungo le vie di uscita, non inferiore a 5 lux negli altri ambienti accessibili al pubblico.

Possono essere utilizzate singole lampade autoalimentate oppure con alimentazione centralizzata


ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA Caratteristiche tecniche Sono preferibili più apparecchi di illuminazione piccoli, piuttosto che pochi apparecchi con grande flusso luminoso. Per illuminare le vie di esodo deve essere disposto un apparecchio di emergenza in corrispondenza di ogni: • uscita di sicurezza; • vicino alle scale; • in modo che ogni rampa riceva luce diretta; • incrocio di corridoi; • luogo sicuro dove le persone confluiscono, al di fuori delle uscite di sicurezza. Per approfondimento sull’illuminazione di sicurezza si veda anche la norma UNI EN 1838.


Diviet i Lungo le vie di uscita occorre che sia vietata l’installazione di attrezzature che possano costituire pericoli potenziali di incendio o ostruzione delle stesse quali: apparecchi di riscaldamento alimentati combustibili gassosi, liquidi e solidi; apparecchi di cottura; depositi temporanei di arredi; sistema di illuminazione a fiamma libera; deposito di rifiuti.

direttamente

da

Le vie e le uscite di emergenza, nonchĂŠ le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti, in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.


… SITUAZIONI DA EVITARE …


SCALA ESTERNA IN ACCIAIO A SERVIZIO DI UN ALBERGO CON SOTTOSTANTE FORNO A LEGNA



DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008 , n. 81 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (G.U. n. 101 del 30 aprile 2008) (aggiornato al decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106) Titolo V - SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO Capo I - Disposizioni generali Art. 161. Campo di applicazione

1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.

la

2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo ed aereo.


Art. 162. Definizioni 1. Ai fini del presente titolo si intende per: a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito indicata ÂŤsegnaletica di sicurezzaÂť: una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attivitĂ o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale; b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo; c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o pericolo; d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato comportamento; e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;


f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e); g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilità è garantita da una illuminazione di intensità sufficiente; h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari; i) colore di sicurezza: un colore al quale è assegnato un significato determinato; l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa;


m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che è illuminato dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa; n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale; o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale; p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori


Art. 163. Obblighi del datore di lavoro 1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformitĂ all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli allegati da XXIV a XXXII. 2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le particolaritĂ del lavoro, l'esperienza e la tecnica. 3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unitĂ produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'allegato XXVIII.


Art. 164. Informazione e formazione 1. Il datore di lavoro provvede affinchĂŠ: a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unitĂ produttiva;

b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonchĂŠ i comportamenti generali e specifici da seguire.


Capo II - Sanzioni Art. 165. Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente 1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti: a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1, lettera b); b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a). Art. 166. Sanzioni a carico del preposto 1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19: a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione dell'articolo 163; b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 150 a 600 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).


ALLEGATO XXIV - PRESCRIZIONI GENERALI PER LA SEGNALETICA DI SICUREZZA 1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI 1.1. La segnaletica di sicurezza deve essere conforme ai requisiti specifici che figurano negli allegati da XXV a XXXII. 1.2. Il presente allegato stabilisce tali requisiti, descrive le diverse utilizzazioni delle segnaletiche di sicurezza ed enuncia norme generali sull'intercambiabilitĂ o complementaritĂ di tali segnaletiche. 1.3. Le segnaletiche di sicurezza devono essere utilizzate solo per trasmettere il messaggio o l'informazione precisati all'articolo 162, comma 1.


2. MODI DI SEGNALAZIONE 2.1. Segnalazione permanente 2.1.1. La segnaletica che si riferisce a un divieto, un avvertimento o un obbligo ed altresĂŹ quella che serve ad indicare l'ubicazione e ad identificare i mezzi di salvataggio o di pronto soccorso deve essere di tipo permanente e costituita da cartelli. La segnaletica destinata ad indicare l'ubicazione e ad identificare i materiali e le attrezzature antincendio deve essere di tipo permanente e costituita da cartelli o da un colore di sicurezza. 2.1.2. La segnaletica su contenitori e tubazioni deve essere del tipo previsto nell'allegato XXVI. 2.1.3. La segnaletica per i rischi di urto contro ostacoli e di caduta delle persone deve essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza o da cartelli. 2.1.4. La segnaletica delle vie di circolazione deve essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza.


2.2. Segnalazione occasionale 2.2.1. La segnaletica di pericoli, la chiamata di persone per un'azione specifica e lo sgombero urgente delle persone devono essere fatti in modo occasionale e, tenuto conto del principio dell'intercambiabilitĂ e complementaritĂ previsto al paragrafo 3, per mezzo di segnali luminosi, acustici o di comunicazioni verbali. 2.2.2. La guida delle persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo deve essere fatta in modo occasionale per mezzo di segnali gestuali o comunicazioni verbali.


3. INTERCAMBIABILITA’ SEGNALETICA

E

COMPLEMENTARITA’

DELLA

3.1. A parità di efficacia e a condizione che si provveda ad una azione specifica di informazione e formazione al riguardo, e' ammessa libertà di scelta fra: -un colore di sicurezza o un cartello, per segnalare un rischio di inciampo o caduta con dislivello; -- segnali luminosi, segnali acustici o comunicazione verbale; -- segnali gestuali o comunicazione verbale. 3.2. Determinate modalità di segnalazione possono essere utilizzate assieme, nelle combinazioni specificate di seguito: - segnali luminosi e segnali acustici; - segnali luminosi e comunicazione verbale; - segnali gestuali e comunicazione verbale.


4. COLORI DI SICUREZZA 4.1. Le indicazioni della tabella che segue si applicano a tutte le segnalazioni per le quali è previsto l'uso di un colore di sicurezza. Colore Significato o scopo Indicazioni e precisazioni Rosso Segnali di divieto Atteggiamenti pericolosi Pericolo - allarme Alt, arresto, dispositivi di interruzione d'emergenza Sgombero Materiali e attrezzature antincendio Identificazione e ubicazione Giallo o Giallo-arancio Segnali di avvertimento Attenzione, cautela Verifica Azzurro Segnali di prescrizione Comportamento o azione specifica - obbligo di portare un mezzo di sicurezza personale Verde Segnali di salvataggio o di soccorso Porte, uscite, percorsi, materiali, postazioni, locali Situazione di sicurezza Ritorno alla normalitĂ


5. L'efficacia della segnaletica non deve essere compromessa da: 5.1. presenza di altra segnaletica o di altra fonte emittente dello stesso tipo che turbino la visibilità o l'udibilità ; ciò comporta, in particolare, la necessità di: 5.1.1. evitare di disporre un numero eccessivo di cartelli troppo vicini gli uni agli altri; 5.1.2. non utilizzare contemporaneamente due segnali luminosi che possano confondersi; 5.1.3. non utilizzare un segnale luminoso nelle vicinanze di un'altra emissione luminosa poco distinta; 5.1.4. non utilizzare contemporaneamente due segnali sonori; 5.1.5. non utilizzare un segnale sonoro se il rumore di fondo è troppo intenso; 5.2. cattiva progettazione, numero insufficiente, ubicazione irrazionale, cattivo stato o cattivo funzionamento dei mezzi o dei dispositivi di segnalazione.


6. I mezzi e i dispositivi segnaletici devono, a seconda dei casi, essere regolarmente puliti, sottoposti a manutenzione, controllati e riparati e, se necessario, sostituiti, affinché conservino le loro proprietà intrinseche o di funzionamento. 7. Il numero e l'ubicazione dei mezzi o dei dispositivi segnaletici da sistemare è in funzione dell'entità dei rischi, dei pericoli o delle dimensioni dell'area da coprire. 8. Per i segnali il cui funzionamento richiede una fonte di energia, deve essere garantita un'alimentazione di emergenza nell'eventualità di un'interruzione di tale energia, tranne nel caso in cui il rischio venga meno con l'interruzione stessa. 9. Un segnale luminoso o sonoro indica, col suo avviamento, l'inizio di un'azione che si richiede di effettuare; esso deve avere una durata pari a quella richiesta dall'azione. I segnali luminosi o acustici devono essere reinseriti immediatamente dopo ogni utilizzazione.


10. Le segnalazioni luminose ed acustiche devono essere sottoposte ad una verifica del buon funzionamento e dell'efficacia reale prima di essere messe in servizio e, in seguito, con periodicitĂ sufficiente. 11. Qualora i lavoratori interessati presentino limitazioni delle capacitĂ uditive o visive, eventualmente a causa dell'uso di mezzi di protezione personale, devono essere adottate adeguate misure supplementari o sostitutive. 12. Le zone, i locali o gli spazi utilizzati per il deposito di quantitativi notevoli di sostanze o preparati pericolosi devono essere segnalati con un cartello di avvertimento appropriato, conformemente all'allegato XXV, punto 3.2, o indicati conformemente all'allegato XXVI, punto 1, tranne nel caso in cui l'etichettatura dei diversi imballaggi o recipienti stessi sia sufficiente a tale scopo.


ALLEGATO XXV - PRESCRIZIONI GENERALI PER I CARTELLI SEGNALETICI 1. Caratteristiche intrinseche 1.1. Forma e colori dei cartelli da impiegare sono definiti al punto 3, in funzione del loro oggetto specifico (cartelli di divieto, di avvertimento, di prescrizione, di salvataggio e per le attrezzature antincendio). 1.2. I pittogrammi devono essere il piĂš possibile semplici, con omissione dei particolari di difficile comprensione. 1.3. I pittogrammi utilizzati potranno differire leggermente dalle figure riportate al punto 3 o presentare rispetto ad esse un maggior numero di particolari, purchĂŠ il significato sia equivalente e non sia reso equivoco da alcuno degli adattamenti o delle modifiche apportati.


1.4. I cartelli devono essere costituiti di materiale il più possibile resistente agli urti, alle intemperie ed alle aggressioni dei fattori ambientali. 1.5. Le dimensioni e le proprietà colorimetriche e fotometriche dei cartelli devono essere tali da garantirne una buona visibilità e comprensione. 1.5.1. Per le dimensioni si raccomanda di osservare la seguente formula: A > L2/2000 Ove A rappresenta la superficie del cartello espressa in m2 ed L è la distanza, misurata in metri, alla quale il cartello deve essere ancora riconoscibile. La formula è applicabile fino ad una distanza di circa 50 metri. 1.5.2. Per le caratteristiche cromatiche e fotometriche dei materiali si rinvia alla normativa di buona tecnica dell'UNI.


3.1. Cartelli di divieto Caratteristiche intrinseche: - forma rotonda, - pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un’inclinazione di 45°) rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello).


3.2. Cartelli di avvertimento Caratteristiche intrinseche: - forma triangolare, - pittogramma nero su fondo giallo, bordo nero (il giallo deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).


3.3. Cartelli di prescrizione Caratteristiche intrinseche: - forma rotonda, - pittogramma bianco su fondo azzurro (l’azzurro deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).


3.4. Cartelli di salvataggio Caratteristiche intrinseche: - forma quadrata o rettangolare, - pittogramma bianco su fondo verde (il verde deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).


3.5. Cartelli per le attrezzature antincendio Caratteristiche intrinseche: - forma quadrata o rettangolare, - pittogramma bianco su fondo rosso (il rosso deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello).


ALLEGATO XXVI - PRESCRIZIONI PER LA SEGNALETICA DEI CONTENITORI E DELLE TUBAZIONI ……. omississ

ALLEGATO XXVII - Prescrizioni per la segnaletica destinata ad identificare e ad indicare l'ubicazione delle attrezzature antincendio ……. omississ

ALLEGATO XXVIII - Prescrizioni per la segnalazione di ostacoli e di punti di pericolo e per la segnalazione delle vie di circolazione ……. omississ

ALLEGATO XXIX - PRESCRIZIONI PER I SEGNALI LUMINOSI ……. omississ


ALLEGATO XXX - PRESCRIZIONI PER I SEGNALI ACUSTICI

……. omississ ALLEGATO XXXI - PRESCRIZIONI PER LA COMUNICAZIONE VERBALE ……. omississ

ALLEGATO XXXII - PRESCRIZIONI PER I SEGNALI GESTUALI ……. omississ


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