Ordine degli Architetti della Provincia di Reggio Calabria
Corso base di specializzazione in prevenzione incendi ai sensi del DM 5.08.2011 CODICE DI PREVENZIONE INCENDI INTRODUZIONE
Capitolo S.4 : Esodo
a cura dell’Ing. Andrea Gattuso
Il Codice di prevenzione incendi DECRETO 3 agosto 2015. Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. GAZZETTA UFFICIALE n° 51 del 20 agosto 2015 entrato in vigore il 18.11.2015
Art. 15 D.Lgs n. 139/2006 Norme tecniche e procedurali di prevenzione incendi
Le norme tecniche di prevenzione incendi sono adottate con D.M. dell'interno, di concerto con i Ministri interessati (es. Beni culturali) sentito il C.C.T.S. per la P.I., sono fondate su presupposti tecnico-scientifici e specificano misure, provvedimenti e accorgimenti operativi intesi a: - Ridurre le probabilità dell'insorgere di incendi attraverso dispositivi, sistemi, impianti, procedure di svolgimento di determinate operazioni, atti ad influire sulle sorgenti di ignizione, sul materiale combustibile e sull'agente ossidante; - Limitare le conseguenze dell'incendio attraverso sistemi, dispositivi e caratteristiche costruttive, sistemi per le vie di esodo di emergenza, dispositivi, impianti, distanziamenti, compartimentazioni e simili. Co. 3: Fino all'adozione delle citate norme, alle attività , costruzioni, impianti, ‌ soggetti alla disciplina di prevenzione incendi si applicano i criteri tecnici che si desumono dalle finalità e dai principi di base della materia.
OBIETTIVI INIZIALI DEL PROGETTO DI SEMPLIFICAZIONE
Disporre di un testo unico in luogo di innumerevoli regole tecniche; Tale obiettivo potrà ritenersi attuato nel momento in cui saranno inserite le varie RTV (Regole tecniche verticali). Semplificare; Adottare regole meno prescrittive, più prestazionali e flessibili; Prevedere la possibilità di scegliere fra diverse soluzioni; Favorire l’utilizzo dei metodi dell’ingegneria antincendio.
PRINCIPALI NORMATIVE DI RIFERIMENTO DLgs 8 marzo 2006, n. 139 “Funzioni e compiti dei VVF” DPR 1 agosto 2011, n. 151 “Regolamento di prevenzione incendi” DM 7 agosto 2012 “Istanze di prevenzione incendi” DM 9 maggio 2007 “Approccio ingegneristico” DPR 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico edilizia” … ecc.
STRUTTURA DEL PROVVEDIMENTO
Il provvedimento è costituito, oltre al preambolo, da: − Parte dispositiva costituita da 5 articoli. Art. 1: Approvazione e modalità applicative delle norme tecniche di prevenzione incendi; Art. 2: Campo di applicazione; Art. 3: Impiego dei prodotti per uso antincendio; Art. 4: Monitoraggio; Art. 5: Disposizioni finali; − Un allegato (Codice di prevenzione incendi) diviso in 4 Sezioni.
SCOPO E MOTIVAZIONI IN BREVE
Semplificare e razionalizzare l'attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli incendi attraverso l'introduzione di un unico testo organico e sistematico di disposizioni di prevenzione incendi applicabili ad attivitĂ soggette ai controlli di prevenzione incendi e mediante l'utilizzo di un nuovo approccio metodologico piĂš aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali
ALLEGATO L'Allegato, è il "Codice di prevenzione incendi", suddiviso in 4 Sezioni: G - Generalità (termini, definizioni; progettazione antincendio; determinazione profili di rischio); “RTO” S - Strategia antincendio (misure antincendio, da reazione al fuoco a sicurezza impianti tecnologici); “RTO” V - Regole tecniche verticali (Aree a rischio specifico, atmosfere esplosive; vani ascensori); “RTV” M - Metodi (ingegneria sicurezza antincendio, scenari prestazionale, salvaguardia della vita). “FSE”
per
progettazione
PARTE DISPOSITIVA : IL CODICE SI PUO’ APPLICARE IN ALTERNATIVA A : Disposizioni di Prevenzione incendi di cui all’art. 15 co. 3, del D.Lgs n. 139/2006; Alle seguenti regole tecniche: - DM 30 novembre 1983 “Termini, definizioni e simboli grafici”; - DM 31 marzo 2003 “Reazione al fuoco condotte distribuzione”; - DM 3 novembre 2004 “Dispositivi per l'apertura delle porte”; - DM 15 marzo 2005 “Reazione al fuoco”; - DM 15 settembre 2005 “Impianti di sollevamento”; - DM 16 febbraio 2007 “Classificazione di resistenza al fuoco”; - DM 9 marzo 2007 “Prestazioni di resistenza al fuoco”; - DM 20 dicembre 2012 “Impianti di protezione attiva”.
L’applicazione del codice è su base volontaria
IL CODICE SI APPLICA (su base comunque volontaria): volontaria Attività soggette a controllo VVF - DPR n. 151/2011: Att. 9, 14, 27÷40, 42÷47, 50÷54, 56÷57, 63÷64, 70, 75(*), 76: Officine…; Impianti …; Stabilimenti …; Depositi …; Falegnamerie; Attività industriali e artigianali …; (*)Depositi mezzi rotabili. IL CODICE NON SI APPLICA: Att. 1÷8, 10÷13, 15÷26, 41, 48÷49, 55, 58÷62: impianti, reti di trasporto con sost. infiammabili, esplodenti, comburenti, radioattive, Distributori carburante, centrali termoelettriche, macchine elettriche, gruppi elettrogeni, demolizione veicoli, … Att. 65÷69, 71÷75, 77÷80: locali di spettacolo, impianti sportivi, alberghi, scuole, asili nido, ospedali, attività commerciali, uffici, edifici tutelati, edifici promi-scui, centrali termiche, autorimesse, edifici civili, stazioni, metropolitane, inter-porti, gallerie.
RIASSUMENDO
Il Codice si applica in genere ad “attività soggette” non normate (su base volontaria). Può essere utilizzato come riferimento (e quindi su base volontaria) per attività non soggette ai controlli di prevenzione incendi. Si applica ad attività nuove ed esistenti, senza distinzione. Si tratta di una novità rispetto all’approccio delle attuali regole tecniche, per le quali sono di norma previste prescrizioni meno gravose per attività esistenti. Il Ministero (attraverso la DCPST) monitora l'applicazione per il futuro superamento della compresenza tra vecchie e nuove norme.
Nulla cambia per i Procedimenti di prevenzione incendi. Per la presentazione delle istanze, documentazione tecnica, importo dei corrispettivi, si rimanda ai DPR 1/8/2011, n. 151, DM 7/8/2012, DM 9/5/2007. Non sono previsti obblighi per attivitĂ giĂ in regola con il DPR n. 151/2011.
RICHIAMIAMO BREVEMENTE IL CAPITOLO G3 CAPITOLO G3 DETERMINAZIONE DEI PROFILI DI RISCHIO DELLE ATTIVITÀ Sono degli Indicatori semplificati per valutare il rischio di incendio. Servono per attribuire livelli di prestazione. La necessità di individuare 3 profili di rischio (R_vita, R_beni e R_ambiente) deriva dai compiti attribuiti ai VVF dal D.lgs n. 139/2006 (art. 13 co. 1) in materia di prevenzione incendi: “La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pub-blico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente
I TRE PROFILI DI RISCHIO
R_vita : Salvaguardia della vita umana (attribuito per ciascun compartimento) (Da ISO/TR 16738:2009 e BS 9999:2008 Section 2) R_beni :Salvaguardia dei beni economici (attribuito per l'intera attivitĂ ) (Specifico italiano) R_ambiente : Tutela dell'ambiente (attribuito per l'intera attivitĂ ) (Specifico italiano)
PROFILO DI RISCHIO Rvita
È attribuito per compartimento in relazione ai seguenti fattori: δocc: caratteristiche prevalenti degli occupanti che si trovano nel compartimento antincendio; δα: velocità caratteristica prevalente di crescita dell'incendio riferita al tempo tα in secondi impiegato dalla potenza termica per raggiungere il valore di 1000 kW. Per “prevalenti” si intendono le caratteristiche più rappresentative del rischio compartimento in qualsiasi condizione d'esercizio.
Caratteristiche prevalenti degli occupanti A) Familiarità (Scuole, attività produttive, …) A-B) SVEGLI B) Non familiarità (Centro commerciale, cinema, …) C) ADDORMENTATI (Alberghi …) D) DEGENTI (Ospedali …)
δocc : CARATTERISTICHE PREVALENTI DEGLI OCCUPANTI
δα : CARATTERISTICHE PREVALENTI DI CRESCITA DELL'INCENDIO
δα PRESTABILITI PER ATTIVITÀ IN CAT. A Il codice prevede che nel caso di alcune attività in cat. A del DPR n. 151/2011, la scelta non sia libera, ma devono essere obbligatoriamente impiegati i valori minimi di δα prestabiliti. δα = 2 : 66.1.A, 67.1.A, 68.1.A, 68.2.A, 69.1.A, 71.1.A, 75.1.A, 77.1.A δα = 3 : 41.1.A Si tratta comunque di attività non rientranti nell’attuale campo di applicazione del Codice. Nessuna attività in Cat. A rientra nell’attuale campo di applicazione del Codice.
Attività con δα = 2 (tα = 300 s - Velocità “Media”)
Attività con δα = 3 (tα = 150 s - Velocità “Rapida”)
RIDUZIONE DI δα Il valore di δα può essere ridotto di un livello se l'attività è servita da misure di controllo dell'incendio (Cap. S.6) di livello di prestazione V.
DETERMINAZIONE DI R_vita (combinazione di δocc e δα)
Profili di rischio R_vita – alcuni esempi
Capitolo S.4 : Esodo finalitĂ assicurare che gli occupanti dell'attivitĂ possano raggiungere o permanere in un luogo sicuro, a prescindere dall'intervento dei Vigili del fuoco. procedure ammesse: a. esodo simultaneo; b. esodo per fasi (ad esempio in: edifici di grande altezza, ospedali, multisale, centri commerciali, grandi uffici, ...) c. esodo orizzontale progressivo (ad esempio nelle strutture ospedaliere). d. protezione sul posto (ad esempio in: centri commerciali, mall, aerostazioni, ....)
Esodo simultaneo: spostamento contemporaneo a luogo sicuro (Attivazione subito dopo la rivelazione dell'incendio o differita dopo verifica. Esodo per fasi: In strutture con piÚ compartimenti, dopo la rivelazione e l'allarme incendio l’evacuazione avviene in successione partendo dal compartimento di innesco, con l'ausilio di misure di protezione attiva, passiva e gestionali (Es.: edifici alti, ospedali, multisale, centri commerciali, grandi uffici, ecc.). Esodo orizzontale progressivo: spostamento occupanti dal compartimento di innesco in un compartimento adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a eventuale successiva evacuazione (Es. strutture ospedaliere, asili nido, ecc.). Protezione sul posto: protezione occupanti nel compartimento di primo innesco (Es.: centri commerciali, mall, aerostazioni, ecc.).
Livelli di prestazione
Criteri di attribuzione dei livelli di prestazione
Soluzioni conformi per il livello di prestazione I
1. Il sistema d'esodo deve essere progettato nel rispetto di quanto previsto al paragrafo S.4.5, 2. Possono essere eventualmente previste le misure antincendio aggiuntive di cui al paragrafo S.4.10.
Soluzioni conformi per il livello di prestazione II
Non è indicata soluzione conforme, si deve ricorrere a soluzioni alternative.
Soluzioni alternative 1. Sono ammesse soluzioni alternative per tutti i livelli di prestazione. 2. Al fine di dimostrare il raggiungimento del livello di prestazione il progettista deve impiegare uno dei metodi di cui al paragrafo G.2.6.
G.2.6 : Metodi ordinari di progettazione della sicurezza
CARATTERISTICHE GENERALI DEL SISTEMA DI ESODO
Luogo sicuro 1. Luogo idoneo a contenere gli occupanti che lo impiegano durante l'esodo come da tab. S.4-14. 2. Si considera luogo sicuro : a. la pubblica via, b. ogni altro spazio scoperto esterno alla costruzione collegato alla pubblica via, che non sia investito da prodotti della combustione, in cui il massimo irraggiamento dovuto all'incendio sugli occupanti sia limitato a 2,5 kW/m2, in cui non vi sia pericolo di crolli. La distanza di separazione che limita l'irraggiamento sugli occupanti e calcolata con i metodi previsti al capitolo S.3 (compartimentazione).
A meno di valutazioni piÚ approfondite da parte del progettista, la distanza che si considera evitare il pericolo di crollo dell'opera da costruzione è pari alla sua massima altezza. 3. Il luogo sicuro deve essere contrassegnato con cartello UNI EN ISO 7010-E007 o equivalente
LUOGO SICURO TEMPORANEO
Luogo interno o esterno nel quale non esiste pericolo imminente per gli occupanti che vi stazionano o transitano in caso di incendio, idoneo a contenere gli occupanti analogamente al luogo sicuro. Es. Un compartimento adiacente a quelli da cui avviene l'esodo o uno spazio scoperto. Gli occupanti devono poter raggiungere un luogo sicuro.
Lunghezza d'esodo: distanza che ciascun occupante deve percorrere lungo una via d'esodo dal luogo in cui si trova fino ad un luogo sicuro temporaneo o ad un luogo sicuro. È valutata con il metodo del filo teso senza tenere conto degli arredi mobili. Corridoio cieco (o cul-de-sac): porzione di via d'esodo da cui è possibile l'esodo in un'unica direzione (termina nel punto in cui diventa possibile l'esodo in più di una direzione, indipendentemente dai luoghi sicuri temporanei eventualmente attraversati dalla via d'esodo).
G1) TERMINI, DEFINIZIONI E SIMBOLI GRAFICI
VIE D'ESODO Altezza ≼ 2 m. Non ammessi: scale portatili e alla marinara; ascensori; rampe > 8%. Ammesse altezze inferiori per brevi tratti e scale alla marinara per locali con presenza breve e occasionale di addetti (es. locali impianti). Occore tenere conto che in caso di emergenza, gli occupanti che non hanno familiarità tendono a uscire dalle vie di entrata. Le superfici di calpestio devono essere non sdrucciolevoli. Fumo e calore dell'incendio non devono interferire con il sistema delle vie d'esodo.
Via d’esodo esterna 1. Scale d’esodo esterne e percorsi esterni devono essere esterni rispetto all'edificio servito. 2. Durante l'esodo degli occupanti la scala esterna non deve essere soggetta ad irraggiamento dovuto all'incendio superiore a 2,5 kW/m2 e non deve essere investita dagli effluenti dell'incendio. 3. Si ritengono soddisfatte tali condizioni applicando almeno uno dei seguenti criteri: a. la parete esterna dell’edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a EI 30 per una larghezza pari alla proiezio ne della scala incrementata di 1,8 m per ogni lato; b. la scala deve essere distaccata di 2,5 m dalle pareti dell'op era da costruzione e collegata alle porte di piano tramite passerelle incombustibili. Nota: Una scala esterna è sempre considerata almeno equivalente ad una scala a prova di fumo.
SCALE D'ESODO Devono condurre in luogo sicuro (anche con percorso protetto). Se h>54 m almeno una deve addurre in copertura (se praticabile). Eventuale pendenza del pavimento deve interrompersi a una distanza almeno pari alla larghezza della scala. Devono essere dotate di corrimano laterale. Per larghezza > 2,4 m dovrebbero essere dotate di corrimano centrale. Devono consentire l'esodo senza inciampo degli occupanti. A tal fine: - i gradini devono avere alzata e pedata costanti; - devono essere interrotte da pianerottoli di sosta. Dovrebbero essere evitati gradini singoli; se non eliminabili, devono essere opportunamente segnalati
Rampe d'esodo Le rampe d'esodo devono prevedere pianerottoli di dimensioni minime pari alla larghezza della rampa almeno ogni 10 m di lunghezza ed in presenza di accessi o uscite.
PORTE LUNGO LE VIE D'ESODO
Le porte delle uscite di sicurezza devono essere facilmente identificabili e apribili da parte di tutti gli occupanti. L'apertura delle porte non deve ostacolare il deflusso degli occupanti lungo le vie d'esodo. Le porte devono aprirsi su aree di profonditĂ almeno pari alla larghezza complessiva del varco.
Caratteristiche delle porte lungo le vie d'esodo
Dispositivi per l'apertura delle porte Come previsto dal D.M. 3/11/2004, i dispositivi delle porte installate lungo le vie di esodo nelle attività soggette al controllo VVF devono essere conformi alle norme UNI EN 179 o UNI EN 1125, le quali definiscono 2 tipi di uscite in relazione a tipologia e numero di occupanti: Uscite di emergenza: abitualmente utilizzate da persone addestrate nell’utilizzo delle uscite e dei dispositivi installati sull’uscita nelle quali si ritiene che non si verifichino fenomeni di panico. Uscite antipanico: dove possono verificarsi situazioni di panico e frequentati da un numero di persone piÚ alto che non conoscono i luoghi e i dispositivi installati sulle porte
Sono ammesse porte apribili nel verso dell'esodo non conformi UNI EN 1125 o UNI EN 179, a condizione che l'apertura avvenga a semplice spinta sull'intera superficie della porta. Per esigenze di sicurezza antintrusione sono consentiti sistemi di controllo ed apertura delle porte, con modalitĂ certe, indicate nella gestione della sicurezza antincendio.
Uscite finali 1. Le uscite finali verso luogo sicuro devono avere le seguenti caratteristiche: a. posizionate in modo da garantire l’evacuazione rapida degli occupanti verso luogo sicuro; b. devono essere sempre disponibili, anche durante un incendio in attività limitrofe. 2. Le uscite finali devono essere contrassegnate sul lato verso luogo sicuro con cartello UNI EN ISO 7010-M001 o equivalente, riportante il messaggio “Uscita di emergenza, lasciare libero il passaggio”.
Segnaletica d'esodo ed orientamento
1. Il sistema d'esodo (es. vie d'esodo, i luoghi sicuri, gli spazi calmi, ...) deve essere facilmente riconosciuto ed impiegato dagli occupanti grazie ad apposita segnaletica di sicurezza. 2. Ciò può essere conseguito anche con ulteriori indicatori ambientali quali: a. accesso visivo e tattile alle informazioni; b. grado di differenziazione architettonica; c. uso di segnaletica per la corretta identificazione direzionale, tipo UNI EN ISO 7010 o equivalente; d. ordinata configurazione geometrica dell’edificio, anche in relazione ad allestimenti mobili o temporanei.
La segnaletica d'esodo deve essere adeguata alla complessità dell'attività e consentire l'orientamento degli occupanti. A tal fine: a. devono essere installate in ogni piano dell'attività apposite planimetrie semplificate, correttamente orientate, in cui sia indicata la posizione del lettore (es. “Voi siete qui”) ed il layout del sistema d'esodo (es. vie d'esodo, spazi calmi, luoghi sicuri, ...). A tal proposito possono essere applicate le indicazioni contenute nella norma ISO 23601 “Safety identification - Escape and evacuation plan sign”. b. possono essere applicate le indicazioni supplementari contenute nella norma ISO 16069 “Graphical symbols Safety signs - Safety way guidance systems (SWGS)”.
ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA
Deve essere installato impianto di illuminazione di sicurezza lungo tutto il sistema delle vie d'esodo fino a luogo sicuro qualora l'illuminazione possa risultare anche occasionalmente insufficiente a garantire l'esodo degli occupanti (es. attivitĂ esercite in orari pomeridiani e notturni, locali con scarsa illuminazione naturale, ...). L'impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello di illuminamento sufficiente a garantire l'esodo degli occupanti, conformemente alle indicazioni della norma UNI EN 1838
L’illuminazione di sicurezza, secondo la Norma UNI EN 1838, fa parte del sistema più generale dell’illuminazione di emergenza. Mentre l’illuminazione di riserva ha la funzione di consentire il proseguimento dell’attività, l’illuminazione di sicurezza deve consentire l'esodo sicuro in caso di mancanza della normale alimentazione
Il codice si limita a indicare che l'impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello di illuminamento sufficiente a garantire l'esodo degli occupanti, conformemente alla norma UNI EN 1838. Illuminazione di sicurezza per l’esodo: Per vie di esodo di larghezza ≤ 2 m, l'illuminamento orizzontale al suolo lungo la linea centrale della via di esodo, deve essere ≥ 1 lx e la banda centrale, di larghezza pari ad almeno la metà di quella della via di esodo, deve avere un illuminamento ≥ 50% del precedente valore
Le attuali regole tecniche italiane prevedono, di norma, un livello di illuminamento ≥ 5 lx misurato ad 1 m dal suolo, lungo le vie di uscita, e ≥ 2 lx negli altri ambienti accessibili al pubblico. Sono ammesse singole lampade con alimentazione autonoma purché assicurino il funzionamento per almeno 1 ora. L’alimentazione di sicurezza deve essere automatica a interruzione breve (≤ 0,5 s) per gli impianti di rivelazione, allarme e illuminazione; ad interruzione media (≤ 15 s) per ascensori antincendio e impianti idrici antincendio
DATI DI INGRESSO PER LA PROGETTAZIONE DEL SISTEMA D'ESODO
Si assume Profilo di rischio R_vita più gravoso dei compartimenti serviti; Affollamento di ciascun compartimento in base a: Tabella Regola tecnica verticale Qualora non previsto nei casi precedenti : norme o documenti tecnici di organismi riconosciuti Il responsabile dell'attività può dichiarare un valore di affollamento inferiore, impegnandosi al rispetto.
Tabella S.4-6: Affollamento specifico o criteri per tipologia di attivitĂ
Misure antincendio minime per l'esodo 1. Le scale d'esodo devono essere protette con resistenza al fuoco determinata secondo il capitolo S.2 e comunque non inferiore alla classe 30 con chiusure dei varchi di comunicazione almeno E 30-Sa. 2. Tutti i piani dell'attivitĂ devono essere serviti da almeno una scala d'esodo a prova di fumo proveniente dal resto dell'attivitĂ o scala esterna in ognuno dei seguenti casi: a. la scala d'esodo serve piani a quota superiore a 32 m o inferiore a 10 m; b. la scala d'esodo serve compartimenti con profilo di rischio Rvita compreso in D1, D2. 3. La porzione di scala d'esodo interrata che serve piani a quota inferiore a -5 m deve essere inserita in compartimento autonomo rispetto alla parte di scala fuori terra
Misure antincendio minime in caso di esodo simultaneo
1. E' ammesso l'uso di scale d'esodo non protette in attivitĂ con profilo di rischio Rvita e requisiti di cui alla tabella S.4-7.
Misure antincendio minime in caso di esodo per fasi 1. Tutti i piani dell'attività devono essere serviti da almeno una scala d'esodo a prova di fumo proveniente dal resto dell'attività o scala esterna. 2. L'attività sia sorvegliata da rivelazione ed allarme con livello di prestazione III. 3. Nell'attività deve essere prevista gestione della sicurezza con livello di prestazione II 4. Ciascun piano dell'attività sia inserito in compartimenti distinti e compartimentazione abbia livello di prestazione III. 5. Procedura di esodo non utilizzabile per piani inferiori a quota -5 mt
Progettazione dell'esodo
Numero minimo di vie d'esodo ed uscite 1. Vie d'esodo o uscite sono ritenute indipendenti quando sia minimizzata la probabilità che possano essere contemporaneamente rese indisponibili dagli effetti dell'incendio. 2. Si considerano indipendenti coppie di vie d'esodo orizzontali che conducono verso uscite distinte per le quali sia verificata almeno una delle seguenti condizioni: a. l'angolo formato dai percorsi rettilinei sia superiore a 45°; b. tra i percorsi esista separazione di adeguata resistenza al fuoco dimensionata secondo i criteri del capitolo S.2.
3. Si considerano indipendenti coppie di vie d'esodo verticali inserite in compartimenti distinti. Ad esempio, sono indipendenti tra loro: due scale d'esodo protette distinte, una scala d'esodo protetta ed una aperta, due scale d'esodo aperte ma inserite in compartimenti verticali indipendenti, una scala aperta ed una scala esterna, ... 4. In funzione del profilo di rischio Rvita e dell'affollamento, nella tabella S.4-8 e riportato il numero minimo di vie d'esodo indipendenti (es da ciascun edificio, compartimento, piano, soppalco, locale, …).
Numero minimo di vie d'esodo ed uscite
Lunghezze d'esodo e dei corridoi ciechi
Lunghezze d'esodo e dei corridoi ciechi
Calcolo delle larghezze minime delle vie d'esodo orizzontali La larghezza delle vie d'esodo orizzontali Lo (es. corridoi, porte, uscite, ...), che consente il regolare esodo degli occupanti, è calcolata come segue: Lo = LU ăƒť n o con: Lo larghezza minima delle vie d'esodo orizzontali [mm] Lu larghezza unitaria per le vie d'esodo orizzontali determinata dalla tabella S.4-11 in funzione del profilo di rischio Rvita di riferimento [mm/persona] nonumero totale degli occupanti che impiegano tale via d'esodo.
Devono comunque essere rispettati i seguenti criteri per le larghezze minime di ciascun percorso: a. la larghezza (di porte, uscite, corridoi, ..) non può essere inferiore a 900 mm, per consentire l'esodo anche ad occupanti che impiegano ausili per il movimento. b. se un compartimento, un piano, un soppalco, un locale necessitano di piĂš di due uscite, almeno una di esse deve avere larghezza non inferiore a 1200 mm; c. sono ammesse vie d'esodo orizzontali di larghezza non inferiore a 600 mm da locali ove vi sia esclusiva presenza occasionale e di breve durata di personale addetto (es. locali impianti, ...). d. Ăˆ ammessa larghezza non inferiore a 800 mm per porte di locali con affollamento fino a 10 persone (singoli uffici, camere albergo, servizi igienici, etc)
VERIFICA DI RIDONDANZA DELLE VIE D'ESODO ORIZZONTALI
Se un compartimento o un locale hanno piÚ di una via d'esodo orizzontale si deve supporre che l'incendio possa renderne una indisponibile. Pertanto si deve rendere indisponibile una via d'esodo orizzontale alla volta e verificare che le restanti abbiano larghezza complessiva sufficiente a garantire l'esodo degli occupanti Le vie d'esodo a prova di fumo o esterne sono considerate sempre disponibili e non devono essere sottoposte a verifica di ridondanza. Nella verifica di ridondanza non è necessaria un’ulteriore verifica delle lunghezze d'esodo e dei corridoi ciechi
Numero minimo di vie d'esodo verticali
1. Il numero minimo di vie d'esodo verticali dell'attività è determinato in relazione ai vincoli imposti per il numero minimo di vie d'esodo. 2. Qualora l'edificio abbia piani a quota superiore a 54 m, tutti i piani fuori terra devono essere serviti da almeno 2 vie d'esodo verticali. 3. Qualora l'edificio abbia piani a quota inferiore a -5 m, tutti i piani interrati devono essere serviti da almeno 2 vie d'esodo verticali.
Calcolo delle larghezze minime delle vie d'esodo verticali
Calcolo in caso di esodo simultaneo
In ogni caso la larghezza minima è pari a mt 1,20
Calcolo in caso di esodo per fasi
Se nell'attività si applica la procedura d'esodo per fasi, le vie d'esodo verticali devono essere in grado di consentire l’evacuazione degli occupanti dei piani durante ciascuna fase
In ogni caso la larghezza minima è pari a mt 1,20
In ogni caso la larghezza minima è pari a mt 1,20
VERIFICA DI RIDONDANZA VIE D'ESODO VERTICALI
Se un edificio ha pi첫 di una via d'esodo verticale si deve supporre che l'incendio possa renderne indisponibile una alla volta (ad eccezione delle scale d'esodo a prova di fumo e delle scale esterne che possono invece essere considerate sempre disponibili) e verificare che le restanti siano sufficienti a garantire l'esodo.
Calcolo delle larghezze minime delle uscite finali La larghezza dell’uscita finale LF, che consente il regolare esodo degli occupanti, è calcolata come segue:
ESODO IN PRESENZA DI DISABILITÀ
In tutti i piani dell'attività nei quali vi può essere presenza di occupanti che non abbiano sufficienti abilità per raggiungere autonomamente un luogo sicuro tramite vie d'esodo verticali, devono essere previsti alternativamente: – spazi calmi; – esodo orizzontale progressivo
SPAZIO CALMO
Luogo sicuro temporaneo ove gli occupanti possono attendere assistenza per completare l'esodo verso luogo sicuro; Se lo spazio calmo è contiguo e comunicante con una via d'esodo, non deve costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo e deve garantire la permanenza in sicurezza degli occupanti in attesa dei soccorsi.
Dal capitolo Termini e definizione ricordiamo che : Sistema d'esodo: insieme delle misure antincendio che consentono agli occupanti di raggiungere un luogo sicuro in caso d'incendio. Luogo sicuro: luogo esterno ove non esiste pericolo per gli occupanti che vi stazionano o transitano in caso di incendio Luogo sicuro temporaneo: luogo interno o esterno nel quale non esiste pericolo imminente per gli occupanti che vi stazionano o transitano in caso di incendio idoneo a contenere gli occupanti analogamente al luogo sicuro (Es. Un compartimento adiacente a quelli da cui avviene l'esodo o uno spazio scoperto). Da ogni luogo sicuro temporaneo gli occupanti devono poter raggiungere un luogo sicuro.
SPAZIO CALMO
1. Le dimensioni dello spazio calmo devono essere tali da poter ospitare tutti gli occupanti con disabilita del piano nel rispetto delle superfici lorde minime di tabella S.4-14. 2. Nello spazio calmo devono essere presenti: a. un sistema di comunicazione bidirezionale per permettere agli occupanti di segnalare la loro presenza e richiedere assistenza; b. indicazioni sui comportamenti da tenere in attesa dell'arrivo dell'assistenza.
ESODO ORIZZONTALE PROGRESSIVO 1. Piani dell’attività suddivisi in almeno due compartimenti. 2. Ciascun compartimento deve: a. poter contenere in emergenza, oltre ai suoi normali occupanti, il massimo numero di occupanti che lo impiegano per l'esodo orizzontale progressivo, secondo le superfici lorde minime di tabella S.4-14; b. avere vie d'esodo adeguate ad evacuare il numero dei suoi occupanti, maggiorato del 50% del massimo numero di occupanti che lo impiegano per l'esodo orizzontale progressivo; c. avere almeno due vie d'esodo indipendenti, anche tramite esodo orizzontale progressivo verso distinti compartimenti adiacenti
MISURE ANTINCENDIO AGGIUNTIVE