IL RAGGIO VERDE. Proposta progettuale per la valorizzazione del Lago di Massaciuccoli

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IL RAGGIO VERDE Proposta progettuale per la valorizzazione del Lago di Massaciuccoli

Relatore: Antonio Lauria Candidata: Carlotta Di Sandro


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Scuola di Architettura Corso di Laurea Magistrale quinquennale a ciclo unico

TESI DI LAUREA IN ARCHITETTURA

IL RAGGIO VERDE Proposta progettuale per la valorizzazione del Lago di Massaciuccoli

Relatore: Antonio Lauria

Candidata: Carlotta Di Sandro

Anno Accademico: 2017/2018

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Ai miei genitori



INDICE Il progetto di ricerca - Parole chiave - Stato dell’arte - Delimitazione del problema scientifico - Obiettivi - Metodologia

16 18 20 22 24

PARTE I 26 I.1. Analisi

degli scenari

I.1.1. Turismi I.1.1.1. Definizione, evoluzione, I.1.1.2. Turismo culturale I.1.1.3. Turismo musicale I.1.1.4. Turismo sostenibile I.1.1.5. Turismo lacuale

28 30 31 33 36 40 42

differenziazione della richiesta

I.1.2. Paesaggio I.1.2.1. Definizione ed evoluzione del termine I.1.2.2. La tutela del paesaggio nel corso della storia: le tappe I.1.2.3. Senso dei luoghi: crisi, attenzione, consapevolezza I.1.3. Acqua I.1.3.1. Il valore dell’acqua: numeri e approcci I.1.3.2. L’acqua all’origine di tutto I.1.3.3. Cultura dell’acqua: introduzione ad una I.1.4. Paesaggio lacustre I.1.4.1. Caratteristiche e classificazione dei I.1.4.2. Il lago come ecosistema I.1.4.3. Il rapporto con le società umane I.1.4.4. Geografia culturale dei laghi

principali

progettazione paesistica

52 53 54 54 58 59 63 64 65

laghi

I.2. IL PAESAGGIO D'ACQUA NELLE ARTI VISIVE I.2.1. Cinematografia I.2.1.1. Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera I.2.1.2. Sul Lago dorato - Mark Rydell I.2.1.3. La casa sul lago del tempo - Alejandro Agresti

44 45 46 51

66 - Kim Ki-duc

68 70 72 74


I.2.2. Pittura I.2.2.1. Stagno a Montgeron - Claude Monet I.2.2.2. Schloss Kammer sull’Attersee III - Gustave I.2.2.3. Chiesa rossa - Vasilij Kandinskij I.2.2.4. Ponte sullo stagno - Paul Cézanne I.2.2.5. By the water - Pierre Auguste Renoir

Klimt

I.2.3. Scultura I.2.3.1. Back to nature - Ludovic Fesson I.2.3.2. Support - Lorenzo Quinn I.2.3.3. She lies - Monica Bonvicini I.2.3.4. Another Space - Antony Gormley

76 78 80 82 84 86 88 90 92 94 96

I.2.4. Fotografia I.2.4.1. Ansel Adams I.2.4.1. Cartier Bresson I.2.4.1. Elliot Erwitt I.2.4.1. Steve McCurry

98 100 104 108 112

I.3. COSTRUIRE SULL’ACQUA

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I.3.1.

Criteri di valutazione

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I.3.2. Best practices I.3.2.1. Kastrup Sea Bath I.3.2.2. CPH-01 Platform I.3.2.3. The Floating Piers I.3.2.4. Quzhou Luming Park I.3.2.5. Marginal de Esposende I.3.2.6. Bostanli Footbridge & Bostanli Sunset Lounge I.3.2.7. Teatro del Mondo I.3.2.8. Quilotoa Shalalà Overlook

120 122 126 130 134 138 142 146 148

PARTE II

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II.1. IL CASO APPLICATIVO

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II.1.1. Il Lago di Massaciuccoli II.1.1.1. Inquadramento II.1.1.2. Bonifiche II.1.1.3. Le vie di comunicazione II.1.1.4. Antichi mestieri II.1.1.5. Le bilance

156 157 158 160 161 163


II.1.2. L’Oasi Lipu II.1.2.1. L’associazione II.1.2.2. Flora II.1.2.3. Fauna II.1.2.4. Sentieri e punti d’osservazione

164 165 166 166 167

II.1.3. Giacomo Puccini II.1.3.1 Luoghi e sentimenti II.1.3.2 Villa Puccini II.1.3.3 Nascita del Festival Puccini:

170 171 174 176

dal Carro di Tespi Lirico al Gran Teatro all’aperto

II.1.4. Il contratto di Lago per il Massaciuccoli II.1.4.1 Che cos’è il Contratto di Lago II.1.4.2 Maggiori criticità ambientali e nuove proposte

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II.1.5. Studio e riflessioni sul Lago II.1.5.1 Considerazioni generali II.1.5.2 Problematiche e punti di forza II.1.5.3 Obiettivi

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II.2. VERSO IL PROGETTO

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II.2.1. Sopralluoghi II.2.1.1. Il Teatro del Silenzio II.2.1.2. Sofar Sound II.2.1.3. Il Parco delle Stelle

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II.2.2. Requisiti

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progettuali

II.3. LA PROPOSTA PROGETTUALE II.3.1. Note sul Lago II.3.1.1. Il lago degli artisti II.3.1.2. Il Raggio Verde II.3.2. Riduzione

206 208 211 214

delle tavole

APPARATI

226

- Bibliografia 228 - Sitografia 232 - Fonti delle illustrazioni 234 RINGRAZIAMENTI

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INTRODUZIONE


L’interesse per questa ricerca prende le mosse da due mie grandi passioni: la musica e la natura. Avendo assistito, nel corso degli anni, a svariati spettacoli musicali in diversi contesti ho coltivato un gusto particolare per gli eventi intimi, delicati, nei quali la musica diviene la guida per la ricerca interiore e la tranquillità. Di pari passo con l’amore per la musica vi è anche quello per la natura, per gli ambienti lontani dal caos cittadino, per le vette di montagna, per tutto ciò che la terra ha da offrire. Poche volte mi sono trovata in situazioni in cui queste due entità si sono fuse tra loro: ho partecipato a concerti in cui ero solo un puntino tra migliaia di persone, dove ciò che contava era solo la musica e nient’altro. Altre volte mi è invece capitato di passeggiare in luoghi suggestivi, in cui sarebbe stato facile lasciarsi andare a pensieri, emozioni, riflessioni. Tuttavia, quando mi trovo in questi paesaggi, spesso lasciati a loro stessi, dimenticati, sconosciuti ai più, mi viene spontaneo pensare a come potrei intervenire per cambiarli, iniziando così a ragionare in termini architettonici; questi pensieri sono dovuti sicuramente al modo in cui sono stata abituata a valutare i luoghi nel mio percorso universitario, con occhio critico e volontà di valorizzazione.


ABSTRACT

Il Lago di Massaciuccoli è famoso in tutto il mondo per essere il luogo in cui ha vissuto Giacomo Puccini, uno dei massimi operisti della storia. Sulla sponda di Torre del Lago, vi è il Gran Teatro all’aperto G. Puccini, legato a una delle manifestazioni più celebri e seguite della Toscana: il Festival Puccini, nato nel 1930. Sul lato opposto di Torre del Lago, si trova invece l’Oasi Lipu Massaciuccoli, una riserva naturale nata nel 1985 facente parte della Riserva Naturale del Chiarone all’interno del Parco naturale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. Nonostante questi due poli attrattivi rendano il lago un luogo assolutamente unico e suggestivo, lo specchio lacustre non riceve le attenzioni che meriterebbe e le sue condizioni rischiano di aggravarsi con il trascorrere del tempo. Il lago è infatti soggetto a gravi criticità: fenomeni di eutrofizzazione inquinano le acque, vi è un aumento di salinità e la presenza massiccia di specie alloctone invasive. Inoltre sulle acque del Lago sono presenti strutture abbandonate in legno e lamiera, le cosiddette “Bilance da pesca”. Queste affascinanti strutture dovrebbero essere, a mio avviso, il punto di partenza per iniziare la riqualificazione

dell’intera area. Non avendo le competenze per occuparmi di una riqualificazione ambientale, ho cercato di capire in che modo potrebbe essere fornito un aiuto dal punto di vista prettamente architettonico. Se si operasse per la riqualifica architettonica di tutta l’area e si cercasse di congiungere tra loro i vari punti attrattivi del Lago, ad ora privi di collegamento, si verrebbe a creare un maggiore interesse nei confronti dell’intero specchio lacustre e dei suoi problemi. Nasce così l’idea di progettare un percorso tra il Porticciolo di Torre del Lago e le sponde di Massaciuccoli; tale percorso sarà caratterizzato da punti di sosta per l’osservazione del paesaggio, la contemplazione, la socializzazione e, soprattutto, la creatività. Sarà una vera e propria immersione nella natura in cui non mancheranno dei punti che, in base alle occasioni e alle necessità, potranno svolgere funzioni diverse. Un susseguirsi di moli, pontili e piattaforme galleggianti in cui il visitatore potrà sentirsi libero di esprimersi e di allacciare un contatto con l’ambiente circostante. Fulcro della riqualificazione sarà la progettazione di un punto attrattivo a circa metà strada tra i due poli principali. La struttura sarà progettata

in modo che possa ospitare piccole esibizioni artistiche, (mostre, spettacoli, allestimenti ecc.), essere un punto di incontro e di “pace” per tutti coloro che sentiranno il bisogno di allontanarsi momentaneamente dalla terra ferma. Prima di arrivare alla progettazione vi sarà un lungo percorso di analisi e di ricerca. Un ruolo fondamentale sarà giocato dallo studio del turismo: si dovrà capire che tipo di persone potrebbero essere interessate a questo tipo d’intervento e in che quantità il lago sarebbe capace di accoglierle. Si cercherà di comprendere al meglio il luogo in cui andrà a collocarsi l’intervento e le relazioni che si instaureranno tra uomo e progetto come tra progetto e luogo. La tesi non si limiterà quindi alla semplice progettazione architettonica ma andrà alla ricerca degli intimi legami che si instaurano tra le varie entità, al fine di trovare un modo per far coesistere uomo, architettura e natura, non dimenticando che in questa unione essi saranno sempre accompagnati dalla musica e dall’arte. Non potrebbe essere diversamente visto che il Lago è da sempre soprannominato “Il Lago degli Artisti”.


The Massaciuccoli Lake is famous worldwide for being the place where Giacomo Puccini, who is considered to be one of the most influential ‘operista’ in history, lived his life. On its shores, on the Torre Del Lago’s side, the open-air G. Puccini Gran Teatro (Great Theatre) stands, bound to one of the biggest and most relevant events in the whole Tuscany area: the Puccini Festival, which goes on since 1930. On the opposite side of Torre Del Lago, the Oasis Lipu Massaciuccoli can be found, which is a natural reserve born in 1985 and is a part of the Chiarone’s Natural Reserve, located within the Migliarino Natural park, San Rossore, Massaciuccoli. Despite these two centres of attraction make the place absolutely unique and evocative, the lake does not receive the care and attention it deserves and, therefore, its conditions might worsen overtime. The lake is, in fact, witnessing some serious issues: eutrophication phenomena pollute the water, saline presence increased as well as the presence of invasive alloctone species. Moreover, there are wooden and sheet metal buildings known as “bilance da pesca”, which means ‘fishing scales’, that reside abandoned in and around the lake.

These fascinating structures should, in my opinion, be the starting point for a redevelopment of the whole area. Since I don’t possess the skills and knowledge to take care of a whole environmental redevelopment, I tried to figure out in which ways I could help the area strictly from an architectural perspective. If we were to embark on an architectural redevelopment of the whole area and try and link the various attractions, which at the moment are isolated from one another, a way higher public interest could be raised, as well as an awareness of all of the Lake’s issues. It is from these premises that the idea of projecting a path between the Torre Del Lago’s Porticciolo and the shores of Massaciuccoli is born; the path will be characterised by staging points where the public could observe the landscapes, contemplate/meditate, socialise and, especially, be creative. It will be a true and authentic immersion into nature, and the various staging points could, depending on the occasion and the necessity, perform different functions. A succession of piers and floating platforms where visitors could feel free to express themselves and to truly bond with the environment all around.

The redevelopment will have, as its pivot, the planning for a staging point more or less in between the two main centres of attraction. The structure will be designed to both host small artistic exhibitions as well as being a meeting point and a ‘peaceful’ spot for anyone who feels the need to escape the mainland. Before reaching the planning stage, there will be a long process of analysis and research. A fundamental role will be played by analysing tourism: who are the people that are gonna be interested in this new development and to what extent will the lake be able to host them? The location will be studied thoroughly and the relationships that will be established between men and the project and between the project and the location will be analysed in depth. The thesis will then not be limited to the simple architectural design, but it will research the intimate bonds between the various entities, with the goal to find a way for men, architecture, and nature to coexist, without forgetting that, in this harmony, all of them will always be accompanied by music and art. And, since the lake’s nickname is “Lago Degli Artisti” (Artists’ Lake), it couldn’t be any other way.



“Spazi che guidano, seducono, mollano, danno libertà. In vista di determinati usi è molto più sensato creare condizioni di calma e rilassatezza, progettare quindi uno spazio in cui la gente non è costretta a correre in giro, a cercare la porta. Spazi dove si può semplicemente stare.” Peter Zumthor


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PROGETTO DI RICERCA

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Parole chiave

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Temporaneità Pensando ad un’architettura in rapporto con la natura è necessario volgere lo sguardo verso strutture temporanee che non vadano ad interferire in modo duraturo con l’ambiente. Progettare con la natura significa rispettarla e mettersi al suo servizio: l’architettura deve essere un mezzo di riconciliazione tra uomo e natura. Paesaggio lacustre I laghi sono risorse naturali molto pregiate, adatte alla contemplazione, alle passeggiate, a chi vuole entrare in contatto con la natura. Nei paesaggi lacustri il limite tra terra e acqua può divenire impercettibile e l’uomo si trova così in un ambiente mutevole in cui l’acqua gioca un ruolo fondamentale. Sarà quindi opportuno, per poter progettare con consapevolezza, possedere un’ottima cultura dell’acqua. Atmosfera Tra l’architettura e l’ambiente circostante deve esserci un rapporto scambievole, fatto di prendere e di dare. Un’attenzione, un arricchimento reciproco. A contatto con un’opera dovrebbero affiorare alla mente parole come atmosfera, stato d’animo. I luoghi e gli edifici devono, insieme, offrire un quieto approdo creando una condizione ambientale nella quale l’uomo possa emozionarsi davanti ad essi. Ecoturismo Turismo che si incentra sulla visita di aree naturali relativamente indisturbate o incontaminate con lo specifico obiettivo di studiare, ammirare e apprezzare lo scenario, piante ed animali selvaggi, così come ogni manifestazione culturale esistente. Turismo musicale Tipologia turistica appartenente alla cerchia del Turismo Culturale che, adeguatamente osservato, studiato e compreso, potrebbe avere una forza autonoma e di tutto rispetto nel traino di numeri turistici e nel rilancio di luoghi attualmente poco valorizzati. Musica La musica è quell’arte che, attraverso un’opportuna disposizione di energie e strumenti diversi nel tempo, si mette al servizio della psiche umana offrendogli un’atmosfera finalizzata a scopi predefiniti (intrattenere, commuovere, spaventare, danzare, partecipare ad un lutto, pregare, ecc..). La musica può quindi essere fondamentale nella riuscita di un progetto. Essa può essere in grado di unire le persone e i luoghi, può divenire il filo conduttore necessario all'ottenimento di una buona connessione tra le parti. Flessibilità La flessibilità dello spazio, ovvero la capacità di adattamento alle diverse situazioni o esigenze mediante la convertibilità delle caratteristiche già presenti nell’organismo originale, può essere il punto di forza di un progetto architettonico. Oggi nella progettazione è necessario volgere lo sguardo in avanti, a ciò che potrebbe accadere negli anni successivi all’edificazione. È doveroso chiedersi se il progetto possa rinnovarsi nella forma, nella funzione e nel suo significato urbano. Pensare all’architettura come un qualcosa di rigido e fisso nel tempo non è adeguato allo sviluppo tecnologico e socio-culturale attuale, ma anzi si riflette negativamente sul paesaggio, sul tessuto urbano e sui cittadini. Connessione L’intimo legame tra due o più parti di uno stesso luogo o progetto è fondamentale affinché esso risulti coerente e funzionale. Senza connessione il rischio è quello di giungere ad un risultato squilibrato, in cui alla una buona riuscita di una parte si contrappone l'esito non soddisfacente dall’altra. Si vedrà come questo sia accaduto, nel corso degli anni, proprio al Lago di Massaciuccoli, luogo d’intervento per questo progetto di tesi. 19


Stato dell’arte

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Pensando ad uno spettacolo e al luogo in cui esso si svolgerà, il nostro pensiero si rivolge inevitabilmente ad uno spettacolo legato a grandi eventi in strutture imponenti. Si ha, del luogo dello spettacolo, una concezione quasi sacrale. Grazie a tale visione abbiamo assistito, nel corso della storia, a realizzazioni architettoniche magnifiche che hanno tuttavia portato ad una “emarginazione” di quei luoghi in cui non era assicurato un forte riscontro economico. Si sono così realizzati teatri, auditorium e luoghi per spettacolo nei centri maggiori e nelle aree metropolitane, tralasciando i centro medio-piccoli e i luoghi caratterizzati da una forte valenza paesaggistica immersi nella natura. Questa scelta ha escluso così una parte cospicua del territorio da una partecipazione diffusa agli eventi artistici; ha limitato inoltre la possibilità di espressione e la valorizzazione di realtà spettacolari locali, spesso originali e degni di interesse. Inoltre, nella progettazione di un luogo per

lo spettacolo, spesso non si tengono in conto fattori fondamentali come la “flessibilità”; essa risulta tanto più indispensabile se si considera che la cultura contemporanea è ad oggi protesa verso un ventaglio sempre più ampio di interessi e di attività. Tuttavia si potrebbe pensare che il livello troppo alto e l’estrema sofisticazione di una tecnologia flessibile continui a rimanere inaccessibile dalla normale prassi progettuale e sia dunque riservata solo a pochissimi, grandi centri urbani: la soluzione, invece, può comunque scaturire dall’impiego di una “tecnologia del provvisorio”. È necessario modificare l’approccio e gli obiettivi relativi alla progettazione di un’opera che coinvolga (anche) lo spettacolo: occorre considerare con precisione il rapporto tra un pubblico piuttosto esiguo e la dimensione degli spazi necessari ad ospitarlo in ogni situazione. Andrà valutato il tipo di spettacolo, la periodicità con cui verrà eseguito, come utilizzare la struttura nei momenti in cui non vi si svolgono eventi

artistici ecc. Un luogo ideale dovrebbe essere in grado, da solo, di fornire soluzioni alle molteplici richieste derivanti sia dagli utenti ma anche da necessità legate al luogo e a fattori esterni. Dalla visita del Gran Teatro all’aperto G. Puccini di Torre del Lago, situato sulle sponde del Lago di Massaciuccoli, è emerso come, seppur godendo di una grande fama e attirando artisti di alto livello, non riesca, specie in determinati periodi dell’anno, ad attrarre visitatori e favorire interesse per la zona circostante. Proprio dall’analisi del suo rapporto con l’ambiente nasce l’idea di una riqualificazione dell’intera area del Lago di Massaciuccoli, che vanta, oltre al Teatro, un altro luogo di grande interesse: la Riserva Naturale del Chiarone (Oasi Lipu Massaciuccoli), collocata sulla sponda opposta del Teatro ma non abbastanza valorizzata.

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Delimitazione del problema scientifico

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Laghi, fiumi, specchi d’acqua e ambienti lacustri hanno sempre affascinato l’uomo. In Italia viaggiatori e abitanti hanno la fortuna di trovarsi spesso immersi in scorci entusiasmanti che si fondono tra acqua e terra. Tra i vari paesaggi in rapporto con l’acqua in questa ricerca è stato scelto di porre l’attenzione sui paesaggi lacustri. I laghi sono risorse naturali molto pregiate, un eccezionale richiamo per l’uomo, e giocano un ruolo fondamentale nelle dinamiche di organizzazione del territorio e dello spazio: la presenza di acqua, la possibilità di praticare la pesca, di riconciliarsi con la natura e con se stessi ha infatti favorito fin dall'antichità la progressiva antropizzazione delle aree lacustri. Il loro pregio si accresce per il patrimonio culturale che la storia vi ha accumulato nella millenaria azione umana di organiz-

zazione delle sponde: centri storici urbani e rurali, porticcioli e ville testimoniano una pluralità di utilizzazioni agrarie, ittiche, commerciali. Lo specchio lacustre e il clima mite sono i fattori portanti di un turismo polivalente che ha progressivamente assunto nuove funzioni e nuovi modelli insediativi. Il turismo di massa tuttavia è spesso l’innesco di degrado ambientale e paesaggistico ed è quindi necessario tenerlo sotto controllo e valutarne gli aspetti negativi. Se da una parte il turismo di massa è un potenziale portatore di criticità e degrado, dall’altra, l’assenza di turismo può condurre ad un abbandono del luogo, poiché viene considerato uno scarso generatore di benefici per la comunità. È quindi necessario e indispensabile trovare un giusto equilibrio tra tutela paesistica

e turismo lacuale in modo da poter contemporaneamente valorizzare un luogo e attrarre turisti. In una valorizzazione e riqualificazione dei paesaggi lacustri l’attenzione andrebbe posta in primo luogo su quelli di minore interesse ma non per questo aventi meno potenziale, ovvero su quei luoghi che non riescono ad attirare, per svariati motivi, l’attenzione che meriterebbero, sia da un punto di vista ambientale e paesaggistico che da un punto di vista turistico ed economico. Vi è infatti in Italia un gran numero di laghi di piccole dimensioni, di paesaggi lacustri e paludosi in stato di semi-abbandono; sono luoghi suggestivi che, se visitati, riescono a trasmettere un senso di pace e tranquillità difficilmente presenti in altri luoghi.

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Obiettivi

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Generali Nell’area del Lago di Massaciuccoli si riscontrano quindi diverse criticità che, se osservate in un’ottica di valorizzazione architettonica e paesaggistica, potremmo riassumere in una difficile fruibilità e accesso al Lago e in una mancanza di promozione dei valori ambientali e culturali. Il Lago è anzitutto poco accessibile: le infrastrutture che lo circondano non sono collegate e alcune sono addirittura precarie. L’unica frazione che permette di accedere al Lago è, oltre al Teatro di Torre del Lago Puccini, il Paese di Massaciuccoli che potrebbe essere vista come una “Porta del Lago”. Gli obiettivi generali sono due e strettamente connessi tra loro: - Creare una connessione coerente e attiva

tra Torre del Lago e Massaciuccoli in modo da valorizzare sia i due centri attrattivi principali (Il Teatro e l’Oasi) sia le sponde del lago che al momento risultano non agibili. La mancanza di un collegamento fa sì che questi poli siano concepiti come due realtà distanti pur trovandosi a pochi chilometri di distanza. Studiare un sistema di collegamento potrebbe aiutare a far sì che il lago venga concepito come un luogo da visitare nella sua interezza, valorizzando così tutto ciò che ha da offrire. -Trovare un filo conduttore coerente e identitario sul quale strutturare la proposta progettuale. Il lago e le zone limitrofe hanno moltissimo da offrire; tuttavia, questa grande varietà di proposte, rischia di non riuscire a fare

emergere interamente le potenzialità del luogo. Per fare un esempio, basti pensare che nei periodo in cui non è in corso il Festival Puccini (ovvero per gran parte dell’anno) l’intero lago sembra lasciato a se stesso, in attesa del grande evento che come per magia risveglia gli animi e l’interesse delle persone. Sarebbe doveroso riuscire a dare continuità all’entusiasmo che si manifesta nei giorni del Festival, in modo da rendere il lago di Massaciuccoli un luogo interessante e fruibile in tutto l’arco dell’anno. Grazie a questi spunti di riflessione è emerso quali dovessero essere, a mio avviso, i punti fermi dell’intera proposta progettuale: la connessione tra le parti, l’arte e l’immersione nella natura.

Specifici - Progettazione di un percorso sensoriale tra il Teatro e l’Oasi. Il collegamento sarà realizzato con una struttura galleggiante in modo che il visitatore possa sentirsi completamente avvolto dalla natura e percepire l’ambiente circostante in maniera totalizzante. - Il percorso sarà caratterizzato da punti di sosta per l’osservazione del paesaggio, la contemplazione, il raccoglimento, l’ispi-

razione. Saranno quindi studiate delle “bilance tipo” in cui poter alloggiare per brevi periodi, per dare sfogo alla creatività, per rilassarsi, per stare in compagnia, per osservare la natura. - Progettazione di un terzo punto attrattivo: per accrescere l’interesse nei confronti di questo “villaggio” sull’acqua è stato necessario pensare ad una struttura che potesse suscitare la curiosità dei visitatori e che allo

stesso tempo fosse utile a scopi artistici e sociali. Nasce in questo modo l’idea di una piattaforma sull’acqua dalle molteplici funzionalità: i musicisti in cerca di quiete e ispirazione, gli amanti della natura incontaminata o coloro che ambiscono soltanto a una pausa rigenerante dalle tensioni della vita urbana potranno contare su questa struttura particolare nel bel mezzo delle acque di Massaciuccoli.

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Approccio metodologico

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Fase di analisi Analisi indiretta Attraverso la letteratura scientifica si cercherà di fornire un inquadramento generale riguardante la cultura dell’acqua, il paesaggio e la tutela ambientale, fino a giungere all’analisi dei paesaggi lacustri, approfondendo aspetti legati a questi tipi di ambienti come il turismo e la mobilità. Verranno inoltre studiati e analizzati termini come “flessibilità”, “accessibilità”, ”sviluppo tecnologico”. La ricerca verrà arricchita da una approfondimento nel campo della Arti Visive, cercando di attingere informazioni, spunti, suggestioni ed emozioni da sculture, fotografie, film e dipinti che nel corso della mia formazione ho avuto l’opportunità di

conoscere e studiare. Successivamente verranno analizzate delle Best practices, ovvero delle esperienze progettuali positive di strutture temporanee in rapporto con l’acqua.

Grazie ad un analisi diretta sul campo è stato possibile comprendere più a fondo i problemi e le potenzialità del luogo d’intervento. I sopralluoghi sono stati effettuati nell’Oasi Lipu Massaciuccoli, al Gran Teatro Giacomo Puccini di Torre del Lago, nel Paese di Massaciuccoli e in tutti quei luoghi vicino al Lago che credevo sarebbero stati utili al fine

di un buon sviluppo progettuale. Ogni sopralluogo è stato accompagnato da un’attentata documentazione fotografica e da rilievi. Sono inoltre entrata in contatto con il “Contratto di Lago per il Massaciuccoli”, uno strumento di programmazione strategica e negoziata per la riqualificazione e valorizzazione del lago di Massaciuccoli che persegue la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori lacustri unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo così allo sviluppo locale. In questo modo, attraverso documenti, elaborati grafici, proposte progettuali, ho potuto farmi un’idea più chiara di quali siano i reali bisogni del Lago e in che direzione si stiano muovendo le amministrazioni locali.

l’aspetto artistico, che prenderà le mosse l’intero progetto di riqualificazione. Una riqualificazione non solo puntuale ma anche a grande scala, in modo che tutta l’area del Lago di Massaciuccoli possa godere delle attenzioni che merita. Tutta la proposta progettuale non si discosterà mai da quello

che generalmente viene chiamato “genius loci”: una costante attenzione nei confronti della storia del luogo, dei lavori che una volta venivano svolti sul lago, della natura, del contesto ambientale e sociale e di tutto ciò che è, e che è stato, in contatto con lo specchio lacustre.

Analisi diretta

Fase propositiva Nella fase propositiva, seguente alla fase di analisi, viene studiato un modo per riqualificare il luogo preso in esame e per contrastare le criticità riscontrate durante lo studio. Si cercherà di valorizzare ancora di più i punti di forza trovati: sarà proprio da uno di questi punti di forza, ovvero

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PARTE I

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I.1 ANALISI DEGLI SCENARI

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In questa prima parte di analisi vengono presi in esame i vari ambiti che delimiteranno la ricerca di tesi. Nel primo capitolo verrà affrontata la questione del turismo, un argomento delicato e fondamentale nel momento in cui si agisce per la valorizzazione e la tutela paesistica. Dopo una doverosa introduzione sulla definizione e l'evoluzione del turismo si cercherà di delimitare l'ampiezza dell'argomento andando a studiare solo alcuni tipi di turismo, ponendo l'attenzione sul turismo culturale e sostenibile, per giungere poi al "turismo lacuale", fondamentale per questa ricerca di tesi che riconoscerà nel paesaggio lacustre il suo principale protagonista. Tuttavia, prima di affrontare un argomento delicato come quello dei luoghi d'acqua è stato necessario definire ciò che comunemente intendiamo, oggi, con il termine "paesaggio". Solo dopo aver assimilato queste importanti nozioni si entrerà nel merito della questione con un capitolo interamente dedicato ai laghi.

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I.1.1. Turismi

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I.1.1.1. Definizione, evoluzione, differenziazione della richiesta Parlando di turismo è fondamentale, per prima cosa, fare alcune precisazioni. Il termine “turismo” abbraccia un gran numero di significati in quanto viene praticato in varie forme, tempi e modi anche molto diversi tra loro. Vi è la fuga dalle città alla ricerca di relax, le gite di un giorno o poco più nelle città vicine a quelle di appartenenza, le vacanze stagionali in luoghi esotici o montani. Vi è poi il “turismo culturale” che vede nelle città d’arte le mete privilegiate, il “turismo sostenibile” e il “turismo lento”; negli ultimi anni vi è stata anche una crescita del cosiddetto “turismo emozionale”, alla ricerca del benessere psichico. Quelli appena citati sono solo un’esigua parte di tutte le coniugazioni di turismo nate e cresciute nel corso degli anni, ognuna delle quali ha un diverso rapporto con il luogo e con il paesaggio. In alcuni periodi dell’anno le città d’arte sono letteralmente invase da turisti che ne alterano la vivibilità, la godibilità e rischiano addirittura di deteriorarne i pregi artistici. Non meno a rischio sono i paesaggi naturali, spesso vittime di un’affluenza incon-

trollata di turisti ed escursionisti che portano anche al deterioramento i pochi luoghi selvaggi e ameni rimasti. Potremmo dire che qualsiasi forma di turismo, a parte rare eccezioni, è spesso caratterizzata da un atteggiamento irrispettoso nei confronti delle ricchezze artistiche, del patrimonio naturalistico, delle risorse culturali e ambientali che offre il nostro paese. Vi è inoltre una lettura superficiale dell’ambiente, una scarsa attenzione nei confronti delle peculiarità paesaggistiche, un uso spesso inadeguato del territorio. Questa incapacità di cogliere e valorizzare i tratti caratteristici dei vari luoghi, rischia di condurre a un’alterazione progressiva delle diversità ambientali, a un impoverimento e a una banalizzazione di splendidi paesaggi naturali e umanizzati. Tuttavia, se adeguatamente pianificato e gestito, il turismo può apportare considerevoli benefici economici e soprattutto un miglioramento della qualità della vita, un’attenzione maggiore nei confronti dell’offerta paesaggistica, può favorire la manutenzione dei beni culturali e naturali,

la sopravvivenza delle culture locali e delle attività artigianali. Il precario rapporto Paesaggio – Turismo impone, al fine della comprensione e della gestione, uno studio sull’origine e l’evoluzione del turismo e, soprattutto, un’attenta ricerca su come sono cambiate le richieste, le necessità e gli interessi dei viaggiatori. Il turismo è un fenomeno che ha iniziato ad avere una certa rilevanza a partire da più di centocinquant’anni fa e dalla seconda metà del XIX secolo è stato determinante nella trasformazioni dei paesaggi e nell’economia delle regioni interessate a questo fenomeno. La storia del turismo coincide, per molti aspetti, con la storia delle trasformazioni del territorio e con i comportamenti sempre meno attenti nei confronti del paesaggio naturale e culturale, sfruttato senza limitazioni fino alla perdita delle qualità originarie che furono la principale attrattiva di quei luoghi. Il turismo che conosciamo ha origini ottocentesche che si collocano in continuità con la tradizione del “Grand Tour”, dal quale assume il nome, un’esperienza in cui i

Fig. I.1.1.1 - 1 Turisti sul Preikestolen, Norvegia

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giovani studenti venivano formati per essere cittadini del mondo. Nel corso dei secoli il Grand Tour modificò parte delle sue caratteristiche: inizialmente aveva una durata che andava dai tre ai quattro anni in quanto concepito come una scuola itinerante che doveva garantire la formazione dei giovani. In ogni caso i vari itinerari prevedevano tra le loro tappe l’Italia, che divenne col tempo una delle mete obbligate. Tale preferenza traeva origine dal primato culturale della penisola, considerata un paese brulicante di arte, libri, manifatture, artisti, ingegneri ecc. Tra i viaggiatori i più numerosi erano gli inglesi, a seguire francesi e tedeschi; era un turismo elitario e rispettoso dell’ambiente. Nonostante nel corso del Settecento l’Italia e il Mediterraneo venissero considerate come aree in ritardo nello sviluppo civile ed

economico, il flusso turistico verso la penisola non si affievolì; al contrario, il Settecento fu il secolo in cui l’Italia conquistò il primo posto nelle mete del Grand Tour, che aveva iniziato ad assumere una valenza più paesaggistica. La formazione culturale divenne quindi secondaria e s’iniziò ad adottare un atteggiamento più turistico in cui divennero importanti anche aspetti come la scoperta di luoghi naturali, il divertimento, l’avventura. Con questo cambiamento iniziò a ridursi la durata del viaggio e aumentò la fascia di età dei viaggiatori. Nel corso dell’Ottocento il Grand Tour attraverso l’Europa continentale passò di moda e i viaggiatori iniziarono a esplorare nuove terre, anche oltre i confini europei. Una delle mete predilette divenne l’India, ricca di panorami naturali e opere architettoni-

Fig. I.1.1.1 - 2 Veduta della Riviera di Chiaia - Gaspar van Wittel

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che; spesso l’India fungeva da tappa per un itinerario più lungo che toccava l’Africa, lo Sri Lanka, l’Australia, la Nuova Zelanda. Il Grand Tour europeo sopravviveva ormai solo grazie agli americani che dalla metà dell’Ottocento iniziarono a viaggiare verso le città d’arte, sulle tracce di testimonianze architettoniche e artistiche. Nonostante il fenomeno del Grand Tour sia andato pian piano a scomparire, il suo aspetto di viaggio culturale e ludico ha lasciato un’eredità. I tanti piccoli viaggi che compiamo nel corso della vita per visitare i patrimoni artistici delle città di tutto il mondo sono una chiara prosecuzione del Grand Tour. Questo tipo di turismo viene oggi chiamato turismo culturale.


I.1.1.2. Turismo culturale Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT)1 il Turismo Culturale “rappresenta tutti quei movimenti di persone motivati da scopi culturali come le vacanze studio, la partecipazione a spettacoli dal vivo, festival, eventi culturali, le visite a siti archeologici e monumenti, i pellegrinaggi. Il turismo culturale riguarda anche il piacere di immergersi nello stile di vita locale e in tutto ciò che ne costituisce l’identità e il carattere”. Oggi il turismo culturale è a tutti gli effetti un settore produttivo che, specialmente negli ultimi anni, ha subito un forte incremento. Ha iniziato ad assumere una sua identità precisa e, grazie ad esso, tutta una serie di località precedentemente trascurate sono andate incontro ad un forte sviluppo. In Italia questa tipologia di turismo è divenuta sempre più importante; ciò è dovuto al fatto che la nostra penisola è la patria di un immenso e variegato patrimonio artistico, culturale, paesaggistico, gastronomico, artigianale e folcloristico che la rendono la meta esclusiva e di eccellenza quando si parla di cultura. Si sta delineando in maniera sempre più precisa anche la figura del viaggiatore culturale, non più appartenente ad una élite che va alla ricerca di luoghi fuori dai tradizionali circuiti turistici né come turista che si serve della cultura in modo generalista. Josep Ejarque2 distingue le varie categorie di turisti culturali, classificandoli in collezionisti di conoscenze, i culturalmente ispirati e i culturalmente motivati. Ognuna di queste tipologie ha caratteristiche e peculiarità

distinte ma in tutti i casi le motivazioni alla base delle scelte dei turisti sono la ricerca della conoscenza e l’arricchimento personale. La predisposizione ad apprendere cose nuove, ad imparare qualcosa sulla natura e sulla cultura soddisfacendo la propria curiosità costituiscono degli aspetti importanti e caratteristiche che permettono di distinguerli dagli altri turisti. Inoltre il consumo culturale si sta orientando sempre di più verso una dimensione di esplorazione identitaria e allo stesso tempo vi è una maggiore estroversione e una crescente voglia di socializzazione, al fine di condividere esperienze emozionali e avvenimenti interiori. In base a queste considerazioni potremmo dire che la rivelazione dei prossimi anni potrebbero essere i luoghi della cultura meno scontati, in quanto il turista culturale percepisce il valore di una destinazione in base all’intensità complessiva della “vacanza”, cioè con la varietà e la qualità delle opportunità che in un breve arco di tempo il territorio è in grado di offrirgli aumentando il suo bagaglio emozionale, esperienziale e culturale. Tra le principali esperienze ricercate dal turista vi sono sicuramente le visite a mostre temporanee, esposizioni, spettacoli, festival, eventi speciali. Di particolare importanza all’interno del turismo culturale vi è sicuramente l’Heritage Tourism, definito dall’OMT come “un’immersione nella storia naturale, nel patrimonio umano, nelle arti, nella filosofia e nelle istituzioni di un’altra regione o paese, una sorta di eredità da trasmettere alle gene-

razioni presenti e future sia in termini di risorse tangibili come ad esempio le aree naturali, gli spazi antropizzati, che intangibili quali i valori, le tradizioni, gli eventi culturali.” L’Heritage Tourism è strettamente connesso alla cultura in quanto riguarda monumenti ed edifici storici, siti testimoni di importanti eventi del passato, luoghi rinomati, eventi e pratiche popolari, lingua, letteratura, spettacolo, musica, arte, stili di vita che riconducono all’eredità storica degli abitanti dei luoghi. Tuttavia è sbagliato porre heritage e storia sullo stesso livello: quest’ultima riproduce le conoscenze del passato mentre il primo è l’uso attuale di queste conoscenze. Si può dire che l’heritage comprenda sia l’ambiente storico naturale ed edificato, sia ogni dimensione culturale come monumenti antichi, aspetti dell’ambiente naturale (come la flora e la fauna) e le arti. L’heritage si compone quindi d’innumerevoli risorse che possono essere immobili e tangibili (ad es. edifici, fiumi, laghi, aree naturali), mobili tangibili (oggettistica) e intangibili (usi e tradizioni, valori, eventi culturali, feste). Possiamo quindi affermare che il turismo inerente al patrimonio culturale è legato alla visita di paesaggi selezionati, luoghi storici, edifici e monumenti mentre, facendo riferimento alla cerchia più ristretta del Tourism heritage, l’esperienza avviene non solo con la storia del luogo visitato ma anche attraverso il coinvolgimento in spettacoli teatrali, arti visive, festival e nella ricerca del contatto con la natura.3

1. L’Organizzazione Mondiale del Turismo ha sede a Madrid ed è stata creata nel 1975 con l’obiettivo di promuovere e sviluppare il turismo, al fine di contribuire all’espansione economica, stabilire e mantenere rapporti di cooperazione, stimolare e sviluppare collaborazioni tra i settori pubblico e privato, con particolare attenzione agli interessi dei Paesi in via di sviluppo. 2. J. Ejarque, La destinazione turistica di successo, 2003, Hoepli, Milano 3 Hall C. M., Zeppel H., 1990a, p. 87, English translation based on quotation in Buczkowska, 2008, p. 17.

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Oltre al Tourism heritage rientra nel turismo culturale anche il cosiddetto “Turismo del paesaggio culturale”, noto maggiormente col termine “Turismo del territorio”. Se si vuole parlare di Turismo del paesaggio culturale bisogna tenere presente che esso si realizza solo nel momento in cui vi è una grande interazione tra le risorse e non una singola attrazione, come potrebbe essere la visita di un museo, la partecipazione ad una festa di paese ecc. Vi deve quindi essere una forte integrazione tra territorio e attrazioni culturali, le quali, se separate dal loro contesto ambientale, perderebbero di significato. Di particolare importanza in questo tipo di turismo è il tema della strada: poiché il turista del paesaggio culturale è un turista curioso, spinto dalla volontà di

apprendere, scoprire e conoscere, è necessario dotare i luoghi che andrà a visitare d’itinerari in cui è possibile visitare le varie tappe assaporando tutte le risorse naturali e culturali del territorio. Il turismo del paesaggio culturale presta anche particolare attenzione al mezzo di trasporto utilizzato, preferendo metodi alternativi come la bicicletta, la navigazione fluviale, una passeggiata a piedi o a cavallo. Il turismo, se ben coordinato, può essere un grande promotore di opportunità per la cultura. Il vantaggio che può scaturire da una loro interazione è reciproco: il turismo si avvale del patrimonio culturale e paesaggistico e, a loro volta, i beni culturali ne traggono beneficio grazie alla distribuzione e commercializzazione attuata grazie agli

→ Fig. I.1.1.2 - 3 36

introiti economici portati dal turismo; in questo modo si può creare un indotto tale da consentire una migliore conservazione dei beni, siano essi culturali, naturali, paesaggistici. Certamente, i due settori hanno orientamenti, comportamenti e vocazioni molto diverse tra loro e in alcuni casi anche contrastanti. Nello scenario attuale il punto d’incontro è senza dubbio l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile del territorio. Le destinazioni che investono nel proprio patrimonio culturale sono molte ma, a monte, è necessario che ci sia sempre un approccio fortemente incentrato sulla conservazione, manutenzione e valorizzazione del patrimonio esistente.

Turisti davanti la chiesa di Orsanmichele, Firenze


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I.1.1.3. Turismo musicale

Prima di addentrarsi nell’ambito del turismo sostenibile è necessario, ai fini di questa ricerca, approfondire una tipologia particolare di turismo. All’interno del turismo culturale possiamo infatti collocare un turismo che costituisce oggi una nicchia di mercato: il turismo musicale. La WTO non ha ancora fornito una definizione precisa di questo fenomeno, e quindi non è possibile individuare con certezza chi è, o non è, il ‘turista musicale’. Gibson e Connel definiscono “Music tourism, where people travel, at least in some part, because of music – and the significance of this culture, economics and identity” .4 Nonostante l’assenza di una definizione esaustiva, potremmo dire, in maniera molto generica, che chi pratica turismo musicale è attratto da eventi musicali e/o da luoghi legati alla musica; sotto il profilo

dell’offerta, i luoghi della musica, gli itinerari, i paesaggi, le dimore legate ai musicisti, i teatri, i musei specializzati rappresentano un grande potenziale, valorizzato solo in piccolissima parte da intermediari e operatori specializzati. Basti pensare al turismo associato ai Beatles: è stato stimato che a Liverpool si raggiunga, ogni anno, la cifra di 600.00 visite e che visitatori apportino 20 milioni di sterline all’economia locale. Quindi, parlando di turismo musicale, non ci si riferisce solo ai grandi concerti dal vivo, ma anche a luoghi legati ad artisti o a performance avvenute in passato. A tal proposito è utile citare, ancora una volta, Gibson e Connel che hanno definito una “tipologia di turismo musicale”, quella cioè legata principalmente ai luoghi: “mainly where music is consumed by tourists, whether

4. Musica, Tourism and the Transformation of Memphis – Chris Gibson, John Connel, 2007

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visits to places of performance (such as concert arenas), places of musical composition, places enshrined in lyrics (from the Mull of Kintyre to Strawberry Fields), places of births (Vera Lyn’s Rochdale) and deaths (including cemeteries) or museum”. Non è raro quindi che la scelta di un viaggio ricada su mete che, in qualche modo, abbiano avuto a che fare con la musica o che tutt’ora ospitano eventi musicali. Ci stiamo muovendo sempre più verso la necessità di assaporare ciò che ci circonda attraverso i sensi, di vivere esperienze che arricchiscano non solo la nostra mente ma anche il nostro spirito. E proprio in quest’ottica la musica si rivela un tramite comunicativo straordinario e universale, capace di muovere un numero significativo di persone e di unirle in località uniche ed emozionanti.


La musica può quindi essere, oltre che una proposta, anche un pretesto di viaggio, al fine di coniugare un evento culturale unico e irrepetibile – come un concerto dal vivo – con i luoghi che diventano il palcoscenico naturale dell’esecuzione stessa. Il tema della musica fornisce enormi potenzialità di sviluppo nel settore turistico e può fornire la svolta per molte mete che sono al di fuori dei percorsi classici e storici: se lo scopo del viaggio è la musica essa può, attraverso la sua carica emotiva, condurre moltissime persone in località che, senza il supporto di questa disciplina, potrebbero contare solo su un turismo tradizionale o, nel peggiore dei casi, su nessun tipo di turismo. La musica assume quindi una funzione cruciale ai fini di: - potenziare luoghi che sono destinazioni consolidate e legate da tempo alla musica;

- riqualificare territori in declino in cui la musica può essere, o è stata, la chiave dello sviluppo turistico; - diversificare le destinazioni mature o in declino per le quali è necessario trovare una soluzione per rilanciarle sul mercato turistico; - valorizzare territori considerati non turistici ma che, potenzialmente, grazie alla musica (sia “sola” che integrata ad altre proposte), potrebbero diventarlo. Un altro aspetto da non sottovalutare del turismo musicale è che sembra non avere età, in quanto composto da un target di utenza molto diversificato e mutevole in base al tipo di manifestazione. “La differente composizione della domanda comporta, di conseguenza, una diversa organizzazione a livello di offerta. Obiettivo degli operatori del mercato

è quello di provare a rompere il sillogismo: giovani-contemporanea, meno giovani-classica, per cercare di sviluppare sempre di più il fenomeno ed incrementare le opportunità di offerta.” 5 Visti gli innumerevoli vantaggi che il fenomeno musicale potrebbe apportare, sarebbe intelligente cercare di valorizzarlo con progetti in grado di caratterizzarlo con una dignità propria, con una peculiarità e con un grado di attrattività tali da configurarlo come proposta autonoma e innovativa. I luoghi e le occasioni relative alla musica sono illimitate, tant’è che in certi casi la musica è diventata il simbolo di riconoscimento di una certa località o territorio. Si pensi, ad esempio, a Giuseppe Verdi: il bicentenario della sua nascita, nel 2013, è stato, per il territorio piacentino-parmense un’occasione unica per ospitare eventi di natura mu-

5. Turismo musicale - Sara D’urso, 2009

Fig. I.1.1.3 - 4 Vista aerea del Festival di Woodstock

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sicale ma anche convegni, mostre e visite turistiche alla scoperta dell’enogastronomia locale e delle bellezze naturalistiche dei luoghi. In questo caso la musica ha offerto un pretesto turistico: grazie all’interesse per un genio della musica le persone hanno potuto esplorare i luoghi cui il Maestro era legato e venire a conoscenza di aspetti poco noti ma sicuramente interessanti e significativi. Investire sul turismo musicale significa quindi scegliere un’espressione culturale che, oltre a costituire un richiamo in sé, consenta di scoprire luoghi che diventano così veri e propri palcoscenici naturali. La musica è il linguaggio universale più fruibile, la cui esperienza, specie se vissuta ed esperita dal vivo, comunica emozioni e sensazioni senza tempo e confini. Questa forma di turismo determina inoltre un rilevante indotto a livello locale, in quanto il prodotto turistico musicale spesso consta di eventi di vasta portata con importanti numeri di turisti e consumatori. Folle motivate - così come ridotti ma significativi gruppi o persone appassionate - possono percorrere molti chilometri “solo” per ascoltare un artista o per partecipare a un appuntamento diventato nel tempo un evento immancabile: da quelli che sono entrati nella storia, come Woodstock, a quelli che sono divenuti vere e proprie ricorrenze estive, come l’Umbria Jazz. Tuttavia negli eventi di portata elevata che richiamano un gran numero di persone il rischio che si corre è quello di, anziché valorizzare il luogo, danneggiarlo. È quindi necessario, al fini di una corretta gestione ambientale, muoversi sempre verso un turismo sostenibile, che riesca a coniugare la voglia di conoscere, scoprire e muoversi con il rispetto per l’ambiente e la cultura del luogo.

Fig. I.1.1.3 - 5 I Beatles in Abbey Road

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Fig. I.1.1.3 - 6 Concerto di Francesco De Gregori, Piazza SS. Annunziata, Firenze

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I.1.1.4. Turismo sostenibile

Affinché vi sia una buona gestione del patrimonio culturale e paesaggistico si devono tenere ben presenti parole chiavi come conservazione intelligente e valorizzazione sostenibile. Negli ultimi anni si sta diffondendo la consapevolezza che lo sviluppo di un determinato territorio deve procedere di pari passo con la tutela, la gestione e la valorizzazione del paesaggio. Con il concetto di “sviluppo sostenibile” ci si riferisce ai modi utili ad una corretta integrazione tra l’ambiente, la società e l’economia, e alla necessità di intraprendere un cammino che possa portare allo sfruttamento sostenibile delle risorse, al fine di ottenere una protezione e una gestione integrata dell’ambiente e l’armonizzazione delle azioni umane con il patrimonio naturale del pianeta. Il binomio passaggio-turismo ha portato all’elaborazione di numerosi documenti e normative, sia nazionali che internazionali, aventi come obiettivi comuni lo sviluppo sostenibile e la qualità paesistica. Vediamo, in ordine cronologico, i principali: - Nel 1995 si tenne a Lanzarote la I Conferenza Mondiale sul Turismo Sostenibile, in cui venne discussa e approvata la “Carta per il turismo sostenibile” primo documento ufficiale che pose le basi per lo sviluppo di questa tipologia turistica; rappresentò un riferimento nella definizione delle priorità, degli obiettivi e dei mezzi necessari a promuovere il turismo futuro. - Nel 1996 la WTTC, la WTO6 e l’Earth Council stilarono un programma denominato “Agenda 21 for the Travel and Tourism

Industry: Towards Environmentally Sustainable Development” che stabiliva alcuni principi fondamentali: il turismo e i viaggi devono basarsi su modelli di consumo e di produzione sostenibili e devono contribuire alla conservazione e al ripristino degli ecosistemi della terra; lo sviluppo turistico deve inoltre riconoscere e sostenere l’identità, la cultura e gli interessi delle popolazioni locali. - Nel marzo del 1997 ebbe luogo a Berlino la “Conferenza internazionale sulla diversità biologica e sul turismo durevole e sostenibile”, a conclusione della quale fu approvata la “Dichiarazione di Berlino” che ha affermato con forza l’esigenza dell’eco-compatibilità per fare del turismo una fonte di reddito per le popolazioni ospitanti e per mantenere i livelli di biodiversità. Venne posta l’attenzione anche sulla necessità di una gestione seria da parte degli operatori turistici e del settore privato. - Nel 1999 a Barcellona si è tenuta la conferenza sul “Mediterranean Action Plan on Tourism” che ha riaffermato il ruolo della partecipazione integrata dei diversi attori del settore turistico e la necessità della ricerca e definizione di soluzioni adatte ai singoli territori. - Un altro importante passo nel percorso di formazione dello sviluppo turistico sostenibile fu l’adozione, sempre nel 1999, da parte della WTO del “Codice Mondiale di etica per il turismo”, comprendente nove articoli che definiscono le regole per la difesa dell’ambiente, naturale e culturale, e dello sviluppo del turismo internazionale.

6. WTTC: World Travel and Tourism Council, WTO: World Tourism Organization 7. United Nations World Tourism Organization

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- Anche l’Italia ha dato il suo contributo nell’ambito del turismo sostenibile, accogliendo, nel 2001, la II Conferenza internazionale del turismo sostenibile, al termine della quale venne redatta la “Carta di Rimini”; si è occupata dei problemi delle zone costiere del Mediterraneo più frequentate, cercando di indirizzare queste aree verso strategie responsabili e sostenibili. - Ultimo atto, per ora, del percorso internazionale di studio e ricerca sui temi del turismo sostenibile è stata la III Conferenza internazionale sullo sviluppo sostenibile, avvenuta a Johannesburg nel 2002 per opera delle Nazioni Unite. Qui furono approvati il Piano di attuazione e la Dichiarazione Politica, il cui fine principale era promuovere lo sviluppo turistico sostenibile per migliorare le condizioni sociali delle comunità locali e rurali. Il turismo sostenibile può essere applicato a tutte le forme di turismo, includendo sia quello di massa sia quello di nicchia, e ad ogni tipologia di destinazione. L’UNWTO7 ha individuato i “12 Aims of Sustainable Tourism” da raggiungere per rendere efficace il processo di sviluppo turistico sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale: 1. Efficienza economica; 2. Prosperità locale; 3. Qualità dell’occupazione; 4. Equità sociale; 5. Soddisfazione dei visitatori; 6. Controllo locale; 7. Benessere della comunità; 8. Ricchezza culturale;


9. Integrità fisica; 10. Diversità biologica; 11. Efficienza delle risorse; 12. Qualità dell’ambiente. Come si evince dagli obiettivi designati sopra, lo scopo principale del turismo sostenibile è quello di conciliare il benessere dei visitatori, della popolazione locale e quello economico con la conservazione delle qualità ambientali. Già nel 1998 la WTO definiva così il Turismo Sostenibile: “Lo sviluppo turistico sostenibile è capace di soddisfare le esigenze dei turisti di oggi e delle regioni ospitanti, prevedendo e accrescendo le opportunità per il futuro. Tutte le risorse dovrebbero essere gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità e i sistemi biologici”. A distanza di venti anni possiamo dire che le opportunità di cui parlava la WTO non sono state sfruttate a pieno e gli obiettivi che erano stati prefissati non sono stati raggiunti. Basti pensare, nell’ambito delle azioni negative attuate dall’uomo sull’ambiente, alle colonizzazioni turistiche che, in molteplici luoghi della terra, hanno provocato e continuano a provocare danni ingenti sia alle popolazioni locali che agli ecosistemi; tuttavia, sono da riconoscere al turismo anche effettivi positivi come, ad esempio, la crescita economica e, in alcuni casi, anche un miglioramento della qualità della vita delle popolazioni. Una delle difficoltà maggiori in questo settore consiste nell'impossibilità di individua-

re un unico modello di “turismo sostenibile”, in quanto ogni località, paesaggio, città, necessita di un accurato studio e di una strategia progettuale adeguata per comprendere in che modo tale luogo possa accogliere la domanda turistica senza gravare sulle risorse locali, di qualsiasi tipo esse siano. Le strategie progettuali da adottare devono essere adeguate alle varie situazioni territoriali, alle differenti caratteristiche ambientali, alle diverse realtà economiche e, soprattutto, devono avere come obiettivo non solo la sostenibilità ecologica, ma anche quella economica, sociale e culturale. Affinché si realizzi uno sviluppo turistico durevole, questo deve basarsi non su una crescita repentina e a breve termine, ma su una crescita costante che possa garantire la riuscita dell’intervento anche in tempi futuri. Tuttavia accade assai frequentemente che lo sviluppo turistico venga basato su un modello di crescita che, oltre a voler incrementare il numero dei turisti senza preoccuparsi della capacità di carico del luogo, miri ad un beneficio a breve termine riproducendo forme e modelli architettonici standardizzati, senza approfondire lo studio sull’identità del luogo, sui materiali e sulle tradizioni locali. Affinché un “turismo” possa essere definito “sostenibile” è necessario che le componenti naturali, antropiche, storico-culturali del luogo vengano rispettate; si devono tenere in considerazione le possibili alterazioni ecologiche e paesaggistiche; si deve mirare al potenziamento, nel tempo, delle attività economiche. Il turismo sostenibile ha il compito di riuscire a perseguire il suo obiettivo principale, ovvero la qualità

paesistica e di individuare e risolvere situazioni di degrado: il paesaggio non deve assolutamente diventare sinonimo di “bene di consumo” a favore di un maggior numero di turisti, di “landscape users”. Un turismo sostenibile deve quindi valutare accuratamente la capacità di accoglienza dei visitatori in quanto un’intensa attività turistica può interferire con l’ambiente naturale e causare danni irreversibili agli ecosistemi e può essere responsabile di avversi impatti socio-culturali. Un altro aspetto fondamentale da valutare è la valorizzazione del territorio; se da una parte è necessario controllare l’afflusso turistico affinché esso non diventi eccessivo, dall’altra è molto importante valorizzare il luogo perché, senza una giusta attenzione, il patrimonio tenderà a degradarsi e i visitatori stessi percepiranno un calo qualitativo. Investire su di essa è una sorta di forma di destination management: si gestisce e governa la destinazione catturando nuovi flussi turistici responsabili e attenti alla sostenibilità. Un mancato processo di valorizzazione deriva dalla mancanza di risorse finanziarie o dal loro utilizzo inappropriato; è inoltre poco diffusa una cultura della conservazione e della tutela di ciò che possediamo. Si tende a sfruttare il patrimonio, non tenendo in considerazione i danni dell'usura e della non rinnovabilità. A fronte di ciò, negli ultimi anni si stanno diffondendo forme di sensibilizzazione e nuove realtà turistiche, rivolte ad un uso consapevole e responsabile delle risorse.

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I.1.1.5. Turismo lacuale La scelta di una destinazione turistica non è basata solamente su opportunità economiche, su prossimità territoriali, su scelte definite attraverso una rigida analisi dei fattori di distanza, costo, convenienza. Come tutte le decisioni che interessano la sfera spaziale, la selezione di una destinazione comporta l’entrata in gioco di valori immateriali e di aspetti psicologici. Nel corso della storia dell’umanità l’acqua ha sempre attratto l’uomo ed ha svolto un ruolo importante nella scelta delle vacanze. Basti pensare, ad esempio, al turismo costiero, meta privilegiata in ogni momento dell’anno da migliaia di turisti. Oltre alle località marittime, in tutto il mondo vi è ampia scelta anche nell’ambito delle destinazioni lacustri e paludose. I laghi hanno sempre costituito uno straordinario fattore di richiamo per l’uomo e sono stati fondamentali nelle dinamiche di organizzazione del territorio, degli spazi e degli spostamenti: la presenza di acqua, la possibilità di praticare la pesca e la navigazione hanno infatti favorito fin dall’antichità la progressiva antropizzazione delle aree lacustri. Questa centralità non è venuta meno ma anzi, ha giocato un ruolo chiave, anche nell’ambito della geografia delle aree turistiche: il lago è divenuto un vero e proprio fattore di attrazione turistica autonomo, in grado di attirare coloro che in esso vedono la motivazione principale della propria vacanza, ma anche come destinazione complementare in un’esperienza turistica diversamente motivata. Soprattutto nelle regioni temperate si è assistito dunque alla trasformazione delle località lacuali in vere destinazioni turistiche, spesso create sul modello dei centri balneari marini, attrezzate per accogliere 8. Rapporto sul turismo italiano 2011-2012 XVIII edizione

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un turismo stanziale che concentra nella residenza al lago, nella balneazione e nella fruizione dell’arenile il fulcro dell’esperienza turistica; nel contempo, è cresciuta attorno agli specchi d’acqua l’offerta sportiva e per il tempo libero mirata a soddisfare le esigenze dei turisti residenziali, così come quelle di altri target più specifici che non trovano nella fruizione balneare del lago la propria motivazione principale di vacanza.8 La diversa fruizione di questi ambienti dipende molto dal fatto che la maggior parte di queste destinazioni presentano caratteristiche molto diverse tra loro in termini di morfologia, clima, cultura, tradizioni e così via. Tuttavia mostrano anche varie somiglianze riguardo ai loro potenziali e alla minacce cui sono esposte. Dovrebbero essere attuate strategie a lungo termine per uno sviluppo sostenibile di queste aree e, allo stesso tempo, sarebbe fondamentale capire la loro capacità di carico, al fine di preservare con successo le aree sensibili. È necessario tenere sempre presente dei progetti dimostrativi – delle best practices – riguardanti lo sviluppo sostenibile delle aree lacustri e delle zone umide e considerare che il ruolo svolto dal turismo è un fattore chiave per il loro mantenimento: solo con un attento studio sarà quindi possibile spostare gli obiettivi dei documenti citati nel paragrafo precedente dalla carta alla pratica. Lo sviluppo del turismo di successo dipende da un corretto equilibrio tra l’uso delle risorse ambientali - da utilizzare come attrattrici principali - e gli effetti ambientali negativi che il turismo potrebbe causare alla natura. Vi è un certo consenso sul fatto

che le risorse limitate (spiagge, laghi, ecc.) e la loro qualità siano fattori limitanti per lo sviluppo del turismo: in una zona lacustre, soprattutto se di medio-piccole dimensioni, non possiamo avere come obiettivo il raggiungimento di un turismo di massa, perché questo porterebbe inevitabilmente al deterioramento del luogo. Dopo queste riflessioni si deduce che il primo passo da affrontare è capire perfettamente che tipo di risorsa abbiamo davanti e come possiamo valorizzarla: studiarne i punti di forza, le criticità, la storia, la cultura, la flora, la fauna e molto altro. Solo in questo modo potremo essere sicuri di intervenire in maniera coerente, senza alterare gli equilibri del luogo.

Fig. I.1.1.5 - 7 Turisti nel Parco dei Laghi di Plitvice, Croazia


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I.1.2. Paesaggio

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I.1.2.1. Definizione ed evoluzione del termine

Non è possibile affrontare il tema dei paesaggi d’acqua se prima non si definisce ciò che comunemente intendiamo, con il termine “paesaggio”; per comprenderne a fondo il significato è necessario capire come il termine si è evoluto nel tempo e analizzare le molteplici definizioni e interpretazioni che nel corso degli anni si sono succedute. Da una concezione di paesaggio come “immagine” siamo passati ad una concezione in cui si alternano sia i segni della natura che le tracce lasciate dall’uomo, siano esse memorie di un’attività produttiva, segni dell’infrastrutturazione, monumenti architettonici, ecc. L’evoluzione di questa interpretazione non è stata né breve né semplice, si cercherà quindi di portare alla luce le tappe e i concetti fondamentali. Nel corso dell’Ottocento e per gran parte del Novecento il ‘paesaggio’ è stato associato ai panorami mozzafiato e alle bellezze delle natura. L’architettura, affinché venisse considerata in armonia con il contesto, doveva sposarne le forme paesistiche. Il Porena9, a fine Ottocento, si riferiva al paesaggio come all’aspetto complessivo di un paese “che suscita sentimenti estetici” 10 . Nel lontano 1905, Ricci11 definiva il paesaggio come un “insieme di bellezze natu-

rali connesse alla letteratura, all’arte e alla storia”; per il Parpagliolo, nell’Enciclopedia Treccani, poteva essere definito paesaggio “un insieme pittoresco ed estetico a causa della disposizione delle linee, delle forme e dei colori”. Fino alla metà del ‘900 le interpretazioni di paesaggio sono state orientate, per la maggior parte, verso due scuole di pensiero distinte: secondo il primo indirizzo la valutazione di un luogo o di uno scenario doveva avvenire tramite la vista e il paesaggio doveva essere inteso come immagine; da ciò nascevano apprezzamenti soggettivi e valutazioni basate solamente sul gusto personale. La seconda scuola di pensiero, al contrario, si affidava a metodi scientifici: intendeva il paesaggio come entità fisica, oggettiva e reale. Tra il 1970 e il 1980 Valerio Giacomini12 ha approfondito nelle sue ricerche la comprensione del paesaggio, nella sua accezione più ampia e dinamica di ‘ecosistema globale’. Egli dimostrò che per comprendere a fondo il paesaggio, un sistema complesso in cui opera l’uomo attivando svariati processi, non basta affiancare lo studio di più discipline, ma è necessario ricorrere alla loro fusione. Lo stesso procedimento, dal particolare

al generale, venne intrapreso, ormai quasi 100 anni fa, da Ludwig Wittgenstein, filosofo e logico austriaco, il quale affermava il ruolo centrale della relazione nella descrizione del mondo: “Se è vero che il linguaggio rispecchia la realtà, la struttura del linguaggio rispecchia la struttura della realtà. Come il linguaggio non consiste in un elenco di parole, ma un sistema di regole per costruire proposizioni che pongono i nomi in relazione tra loro, così il mondo non è un elenco di oggetti, cioè di cose isolate, ma un sistema dove gli oggetti si combinano, sono in relazione in uno ‘stato di cose’: il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose”.13 Nel 1985 Bernardo Secchi 14, nel n. 509 di Casabella in “L’eccezione e la regola” sosteneva: “non vi è più parte della città e del territorio che non ci venga incontro con il suo carico di dense tracce del passato, anche di quello più recente.” Oggi l’uomo ha preso coscienza di questo fatto e si sta finalmente diffondendo e consolidando la consapevolezza che “paesaggio” non è sinonimo di “panorama”, non è unicamente una bellezza da proteggere, ma è una realtà fisica dove si sono sovrapposte le infinite azioni ideate e realizzate dall’uomo nel corso del tempo e nello spa-

9. Filippo Porena (Roma 1839 - Portici 1910): geografo, Laureatosi nel 1863 in filosofia e poi in diritto, si rivolse agli studî geografici relativamente tardi, insegnando geografia prima nelle scuole medie, poi dal 1892 nelle università di Messina, di Palermo, e infine, per 15 anni (1895-1910), in quella di Napoli. 10. Filippo Porena, Il “paesaggio” nella geografia, “Bollettino della Società Geografica italiana, pp- 78 11. Corrado Ricci (Ravenna 1858 - Roma 1934).: scrittore e storico dell’arte italiano Direttore generale delle antichità e belle arti (1906-19); senatore dal 1923, socio nazionale dei Lincei (1921), accademico di S. Luca. 12. Valerio Giacomini (Fagagna 1914 – Roma 1981): è stato una delle massime personalità scientifiche italiane ed europee, e il principale riferimento di tutta una cultura ecologica, sia per le sue attività basilari nel campo delle biologia e della conservazione della natura (Parchi e Riserve), sia per l’autorevolezza e la vastità delle sue concezioni filosofiche e scientifico-umanistiche. 13. Stanzani A., Relazioni e collegamenti: la catalogazione dei fondi grafici, in Aperto, bollettino del gabinetto dei disegni e delle stampe della pinacoteca nazionale di Bologna, n.1 maggio 2008, rivista. 14. Bernardo Secchi (Milano 1934 – Milano 2014): architetto, urbanista e ingegnere italiano, professore emerito di Urbanistica, presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV)

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zio. Queste azioni, nel bene e nel male, hanno modificato ambienti e territori ed hanno contribuito all’evoluzione del paesaggio: sono all’origine di caratteri, qualità, valori, degrado o situazioni dei territori che ci circondano. Nella società odierna il paesaggio viene così visto non solo come una bellezza d’insieme, secondo quella concezione soggettiva che è stato l’unico parametro di giudizio per decenni, ma come qualcosa di più e di diverso, come una risorsa collettiva, una fonte di benessere, un comune patrimonio naturale e culturale. Anche se negli anni il concetto di paesaggio si è notevolmente sviluppato, esso non è ancora del tutto concepito nella sua autentica natura di “organismo reale, mutevole nel tempo, composto di un insieme di elementi naturali, biotici e abiotici tra loro correlati” 15, dove sono incisi segni, forme, tracce dell’avvicendarsi di innumerevoli stratificazioni antropiche, in un’incessante rete di azioni e relazioni che hanno legato l’uomo al suo territorio. Anche ambienti di ricerca culturalmente qualificati stentano a capire che del paesaggio, entità fisica complessa e articolata, non può e non deve occuparsene una sola disciplina, ma anzi deve essere il frutto e lo studio di materie come la geografia, la storia, l’architettura, l’urbanistica, le scienze naturali ed umane ecc. Inoltre, per una comprensione più profonda del paesaggio è necessario non solo capire come debba essere definito e da quali punti di vista debba essere letto, ma anche studiare le varie tappe che hanno portato, nel corso della storia, alla sua tutela e valorizzazione. 15. M. Mautona, M. Monza, Patrimonio culturale e paesaggio: un approccio di filiera per la progettazione, Roma, Gangemi Editore, 2010, pp. 37

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Fig. I.1.2.1 - 8 Colline del Pian di Laura, Toscana,


I.1.2.2. La tutela del paesaggio nel corso della storia: le tappe principali

Nel 1909 col ministro Luigi Rava, originario di Ravenna e Ministro della Pubblica Istruzione del Governo Giolitti, s’iniziò a sentire il bisogno di mettere sullo stesso piano la nozione di “bellezza naturale” e quella di “monumento”; era un periodo delicato in cui esistevano fondati motivi per tutelare “da profanazioni irrimediabili” luoghi come la Pineta di Ravenna e la cascata delle Marmore “che per lunghe tradizioni ricordano le fortune storiche di un popolo e si connettono all’arte, alla storia, alla letteratura” .16 La legge n.364 del 1909 che stabilisce e fissa norme per l'inalienabilità delle antichità e delle belle arti porterà la firma del ministro Luigi Rava ma deve almeno altrettanto anche ad un altro ravennate, Corrado Ricci, che Rava nominò Direttore Generale alle Antichità e Belle Arti, al deputato toscano Giovanni Rosadi e all’abruzzese Felice Barnabei, che prima di essere deputato era stato anch’egli Direttore Generale alle Antichità e Belle Arti. Il testo originario del disegno di legge conteneva alcuni principi, che al Senato non passarono. Fra questi vi era l’inclusione, fra le cose da tutelarsi elencate all’art. 1, di “giardini, foreste, paesaggi, acque, e tutti quei luoghi ed oggetti naturali che abbiano l’interesse sovraccennato”. Questo primo tentativo di tutela del paesaggio e dell’ambiente naturale avrebbe avuto esito successivamente con leggi ad hoc. Infatti il 25 settembre 1920 Benedetto Croce17

presentò in Senato quella che sarà ricordato come la Prima legge di tutela del paesaggio e delle bellezze naturali; ne ottenne presto l’approvazione il 31 gennaio 1921. Si può dunque dire che la legge Croce del 1920, passando attraverso la riformulazione della legge Bottai del 1939, ha determinato l’art. 9 della Costituzione del 194818, la quale dichiara, solennemente, che la Repubblica s’impegna a tutelare il paesaggio, in quanto bene da difendere perché parte integrante della nostra storia e del nostro patrimonio culturale. Prima della Costituzione la tutela del paesaggio era quindi stata affidata ad un importante documento giuridico normativo, la legge n. 1497 del 1939, che applicava vincoli rigorosi alle bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e ai belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si gode lo spettacolo di quelle bellezze, intendendo come paesaggio gli stupendi panorami italiani immortalati in quadri famosi ed in tante cartoline illustrate. Le debolezze di questa legge emersero nella seconda metà del secolo scorso: pur essendo adatta a proteggere, da un punto di vista estetico, i paesaggi che contribuivano ad accrescere la bellezza e l’unicità del nostro Paese, risultò inadatta quando si trovò costretta a contrastare numerosi scempi operati sul nostro territorio, ottenendo scarsi risultati. Nonostante le necessità esistenti, la società e la legislazione non erano ancora

pronte per identificare i paesaggi con la realtà stessa e per iniziare a percepire il paesaggio come sintesi tra natura e cultura. I primi segnali positivi arrivarono nel 1967, quando la Commissione Parlamentare Franceschini sottolineò la necessità di rinnovare le concezioni poste alle base della 1497, sopracitata. S’iniziò così a liberare il paesaggio da una concezione strettamente percettiva ed estetica. Rosario Assunto, una delle voci più significative all'interno del dibattito filosofico estetico del Novecento, nella sua fondamentale opera degli anni ’70, Il paesaggio e l’estetica, superava il concetto di “paesaggio - quadro” con quello assai più ampio e denso di significati di “paesaggio luogo della memoria e del tempo”. Nel paesaggio, secondo Assunto, “epoche ed eventi, istituzioni e credenze, costumi e culture […] diventano simultanee nell’immagine spaziale […] nella capacità che esse hanno di restituire nel cuore del presente, e senza modificare il presente, tutto il passato.” 19 Dal 1972 nel contesto europeo vennero adottati e diffusi numerosi documenti contenenti raccomandazioni, direttive e indicazioni comportamentali nel campo della protezione, della pianificazione e della gestione dell’ambiente naturale e culturale del paesaggio. Tra queste può essere utile ricordare: - la Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, Parigi, Novembre 1972;

16. Legge 16 luglio 1905, n. 411 per la conservazione della pineta di Ravenna. 17. Benedetto Croce (Pescasseroli 1866 – Napoli 1952): filosofo, storico, politico, critico letterario e scrittore italiano, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente del neoidealismo. 18. Articolo 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. 19. R. Assunto, Il paesaggio e l’estetica, 2006, Novecento.

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- la Convenzione di Berna del 1979 per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa, per la protezione e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio naturale, per il suo valore scientifico, estetico, ricreativo, economico; - La Benelux Convention sulla conservazione della natura e protezione dei paesaggi, Bruxelles, giugno 1982; - la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico dell’Europa, del 1985, per la protezione e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e architettonico europeo, per il miglioramento del quadro di vita urbano e rurale, per un più equilibrato sviluppo economico, sociale e culturale degli Stati e delle varie regioni; - la direttiva n.337 della Comunità Europea, concernente la Valutazione di Impatto Ambientale di determinati progetti pubblici e privati, del giugno 1985; - la Convenzione di Malta (La Valletta, 1992) che sottolinea l’importanza della protezione del patrimonio archeologico in quanto fondamento della memoria collettiva e di studi storici e scientifici; - la Carta per il Paesaggio Mediterraneo del CPLRE; - le raccomandazioni in merito alla conservazione e alla gestione dei paesaggi culturali e della vita selvaggia (1993) e quelle per uno “sviluppo sostenibile” delle campagne in cui veniva sottolineata l’importanza della protezione dei paesaggi; - la Carta del Paesaggio Mediterraneo presentata a Montpellier, nel giugno 1993, che sottolinea come la maggior parte dei paesaggi mediterranei – risultato dell’integrazione tra fattori naturali, culturali, storici, funzionali e visuali – profondamente segnati dalla presenza dell’uomo, costituiscano valori fondamentali e significativi elementi dell’identità culturale europea;

- le Raccomandazioni per uno sviluppo sostenibile del turismo nel rispetto dell’ambiente, del 1994. Una considerazione più approfondita merita la legge 431 del 1985, nota come Legge Galasso, dal nome del suo proponente Giuseppe Galasso20. Constatata l’assenza di specifiche conoscenze del territorio sotto l’aspetto della pianificazione paesistica nacque la necessità di una normativa che potesse contrastare anche la dissipazione del territorio. La legge si preoccupava anche di classificare le bellezze naturalistiche in base alle loro caratteristiche peculiari suddividendole per classi morfologiche. È stata una legge che ha voluto andare oltre la considerazione estetica del territorio e approfondire, proprio attraverso le varie analisi, le linee, le forme che strutturano il paesaggio ed esprimono i suoi assetti e caratteri naturali, biotici e abiotici; ha inoltre esteso un vincolo ad alcune ‘categorie di beni’ e di ‘oggetti geografici’ da introdurre nella pianificazione, individuando “una considerazione del territorio che vedesse la bellezza nella sua fisionomia generale, dialetticamente articolabile in punti forti e meno forti, ma scaturiente essenzialmente dalla conformazione naturale del territorio stesso.” La legge individuava quindi nelle linee e nelle forme di articolazione del territorio – crinali montuosi, coste marine, fluviali, lacustri, ghiacciai, zone dalla vegetazione intensa e rilevante, (ecc.) – i beni da vincolare al fine di salvaguardare la ‘bellezza’ del paesaggio. Tutti i decreti, le convenzioni e le leggi fin qui esposte hanno sicuramente contribuito allo sviluppo della cultura paesaggistica, ma è certamente merito della Convenzione Europea del Paesaggio (CEP), strumento giuridico internazionale interamente dedicato al paesaggio, presentato a Firenze nel 2000 e divenuto in Italia Legge dello Stato nel 2006,

20. Giuseppe Galasso (Napoli 1929 – Pozzuoli 2018): storico, giornalista, politico e professore universitario italiano

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se il paesaggio è stato portato ad una nuova e maggiore attenzione dei governanti, degli studiosi e dei professionisti, per le importanti funzioni che svolge sul piano culturale, scientifico, ecologico, sociale ed economico. Tale convenzione ha introdotto principi ed obiettivi innovativi, riconoscendo al paesaggio il significato di patrimonio, di risorsa economica, culturale, ecologica ed estetica della collettività, attribuendo rilevanza paesaggistica all’intera dimensione territoriale e, di conseguenza, conferendo al paesaggio una centralità strategica in qualsiasi azione di trasformazione territoriale. La CEP impone ai paesi aderenti, di estendere l’attenzione, la cura e la valorizzazione non solo ai paesaggi di eccellenza, ma a tutti i paesaggi diffusi sul territorio nazionale, in quanto ognuno di essi contribuisce a caratterizzare la cultura, la storia e l’ambiente del luogo. La Convenzione propone inoltre l’attivazione di strumenti d’intervento idonei alla “salvaguardia, gestione, pianificazione e valorizzazione in tutte le politiche che possono avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio.” Appositi programmi di informazione, sensibilizzazione e formazione della società dovrebbero consentire di sviluppare una nuova attenzione e una particolare ‘sensibilità’ per il paesaggio, per le sue identità e valori; dovrebbero promuovere il passaggio dal concetto di vincolo a quello di tutela attiva e di conservazione innovativa, con il coinvolgimento di molteplici soggetti che operano, vivono e agiscono, a vario titolo, nella costruzione e nella trasformazione dei paesaggi. La CEP riconosce al paesaggio alcuni particolari valori21 : - un valore culturale in quanto nella sua definizione vi è stato il contributo dell’attività


umana, testimoniata dagli usi impressi sul territorio, dalla capacità di utilizzare le risorse naturali, di strutturare i campi agricoli, di dare forma agli insediamenti; - un valore estetico da ricercarsi nei segni visibili del paesaggio; questi infatti vengono percepiti in primo luogo dagli organi sensoriali che mettono in relazione le impressioni ricevute con un sistema di apprezzamenti estetici e di valori universalmente e storicamente riconosciuti (semplicità, ordine, equilibrio, simmetrica…); - un valore scientifico perché il paesaggio rivela il funzionamento, le relazioni e le interrelazioni tra i vari elementi che lo costituiscono, è l’espressione della sua dinamica interna e consente di interpretare e comprendere le relazioni tra società e natura; - un valore economico in quanto i paesaggi possono essere fondamentali nella riuscita

di un’attività economica e nei processi produttivi di vario tipo; - un valore ecologico in quanto il paesaggio rivela la grande varietà e diversità degli ecosistemi, delle interazioni esistenti tra elementi biotici e abiotici, tra diverse unità spaziali di uno stesso territorio, ecc. Questo documento fortemente innovativo ha attribuito non solo valore giuridico al paesaggio, ma ha altresì riconosciuto una centralità strategica nuova nelle politiche territoriali e nella considerazione della società definendo una “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità”. La CEP ha inoltre esteso, per la prima volta, questa considerazione a “tutti i paesaggi”, da quelli di “particolare bellezza a quelli co-

21. F. Calamita, E. Falqui, P. Pavoni, Paesaggio, luogo della mente, Pisa, Edizioni ETS, 2011, pp. 66

muni o degradati, in quanto tutti contribuiscono, nel loro insieme e nella loro specificità, alla qualità della vita delle popolazioni”. Ha richiamato la necessità e l’urgenza che vengano definiti per i vari paesaggi gli ‘obiettivi di qualità paesistica’ da perseguire nel tempo e nelle varie attività che hanno a che fare con la trasformazione del territorio; ha definito quali siano gli obiettivi e le azioni da perseguire per stimolare, promuovere e favorire la presa di coscienza delle vaste e complesse problematiche che nella maggior parte delle zone urbane, peri-urbane, rurali e costiere sono alla radice del malessere delle popolazioni e dell’abbassamento della qualità della vita.

Fig. I.1.2.2 - 9 Delta del Niger

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I.1.2.3. Senso dei luoghi: crisi, attenzione, consapevolezza

Per approfondire la questione culturale dei paesaggi e dei luoghi d’acqua è fondamentale volgere lo sguardo a un contesto più ampio, caratterizzato da problematiche complesse e delicate. Una parte sempre più ampia di popolazione richiede, in maniera continuamente crescente, la qualità del paesaggio ed è alla ricerca di un’identità e senso dei luoghi. Negli ultimi anni, infatti, hanno preso piede nuovi orientamenti culturali e scientifici in materia di paesaggio e di ambiente nei confronti di quella che viene genericamente definita qualità della vita; gli obiettivi di questi nuovi orientamenti sono molteplici, ma tra i principali vi è sicuramente la tutela dell’identità storica dei nostri paesaggi e la volontà di intervenire su questi con un approccio sostenibile. Questo accresciuto interesse nei confronti delle problematiche del paesaggio deriva in gran parte dall’esperienza percettiva ed è la spia di un malessere più profondo generato, in gran parte, dalle numerose forme di disagio provocate dall’esteso degrado di spazi di vita quotidiani e dalle gravi e molteplici alterazioni degli equilibri naturali; tra questi vi sono, ad esempio, l’accrescimento dei tessuti urbani e peri-urbani, la diffusione di industrie, centri commerciali e reti stradali nei paesaggi agrari, il poco rispetto nei confronti di località turistiche, siano esse costiere o montane, l’omogeneizza-

zione e la standardizzazione del costruito, nei materiali, nei rapporti spaziali e nelle tipologie edilizie. Tutto questo ha prodotto una progressiva banalizzazione delle strutture paesaggistiche, provocando a sua volta uno scontento generale e un degrado diffuso negli antichi rapporti uomo-natura e negli equilibri ecologico-ambientali. Inoltre, gli interventi insoliti introdotti nei paesaggi, vengono inevitabilmente confrontati con elementi della tradizione presenti nella memoria e con il bagaglio culturale di ognuno, contribuendo così a generare un rifiuto diffuso. Vi è quindi una profonda crisi dei luoghi e le comunità insediate sono sempre più sensibili a queste trasformazioni: la “ricerca del paesaggio” è divenuta una delle aspirazioni della società contemporanea e “se non viene offerta ad un territorio l’occasione di dar vita ad un paesaggio, non si permette a coloro che lo abitano di avere un’identità come corpo sociale, e questo proprio perché è anche la rappresentazione di un territorio che fornisce l’identità di una comunità di persone.“ 22 Oggi il paesaggio è per molti assai più di una veduta o di un bel panorama e la qualità del paesaggio ha iniziato così ad essere vista come opportunità per riaffermare le proprie identità, per accrescere le occasioni di benessere psico-fisico e, contempora-

neamente, favorire uno sviluppo economico sostenibile. Meno nota e diffusa sembra essere, invece, la consapevolezza che idonee azioni progettuali possono e devono intervenire nel paesaggio per tutelarne le identità e promuoverne le qualità, per ripristinare gli equilibri, per affrontare quei sistemi dinamici e complessi che lo caratterizzano e che richiedono competenze e capacità professionali specifiche, per riuscire a coniugare tra loro, con scienza, arte e tecnica, nella dimensione del progetto, conoscenze diverse. 23 La ricerca e la progettazione del paesaggio diviene un tema ancora più delicato quando siamo di fronte a paesaggi d’acqua; intervenendo per la loro pianificazione e trasformazione è fondamentale possedere capacità di ascolto, competenza creativa e senso di appartenenza alla cultura di una comunità. Spesso, ignorando il valore di tali paesaggi, il luogo d’acqua viene ridotto a semplice “scenografia”, “sfondo”, “retro”, impedendogli di possedere quella forza indispensabile per farne crescere il ruolo nelle politiche territoriali e, più in generale, nella cultura del quotidiano, al fine del raggiungimento di una qualità paesaggistica diffusa.

22. R. Priore, La convenzione Europea del Paesaggio: matrici politico-culturali e itinerari applicativi, in Gian Franco Cartei, “Convenzione Europea del Paesaggio e Governo del territorio”, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 33 23. A. Maniglio Calcagno, Architettura del paesaggio: evoluzione storica, Franco Angeli Editore, 2006, pp. 62

← Fig. I.1.2.2 - 10

Urbanizzazione a Benidorm, Spagna

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I.1.3. Acqua

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I.1.3.1 Il valore dell’acqua: numeri e approcci

Nell’insieme delle stratificazioni, segni, sensazioni, elementi che hanno formato e formano il paesaggio, un ruolo fondamentale è assunto dall’acqua, che con il suo continuo divenire e trasformarsi si dirama nel paesaggio, ne alimenta i cambiamenti e l’evoluzione condizionando anche gli esseri umani che sono a contatto. L’ambiente, con le sue caratteristiche mutevoli, è l’esito del comportamento delle acque naturali congiunte a quelle artificiali che, insieme, anche se con tempi e fasi differenti, hanno sviluppato un articolato sistema di paesaggi naturali e antropici ricchi di memorie, segni e suggestioni. Con modalità diverse a seconda della natura geologica del suolo, le acque hanno infatti originato un complicato sistema idrico superficiale e sotterraneo che, unito ovviamente anche ad altri fenomeni naturali, ha gradualmente modellato l’intera superficie terrestre. Ma che cos’è l’acqua? In che quantità è presente sulla terra? Che rapporto ha instaurato l’uomo con questa risorsa primaria? In questo capitolo si cercherà di fornire le informazioni basilari per poter successivamente affrontare la questione della progettazione dei luoghi d’acqua. “Alla lunga ci si è abituati alla scomparsa dell’acqua quotidiana, quella del torrente, del fosso alberato dietro casa, del fiume… martoriato per far posto a tutto fuorché al buon senso e alla qualità del vivere.” 24

Fino a non molti decenni fa, si pensava che l’acqua fosse una risorsa praticamente inesauribile, oggi invece sappiamo come esse sia limitata e, soprattutto, preziosa. L’acqua presente sul pianeta ammonta a circa 1.390 milioni di chilometri cubi, ovvero 1.390 milioni di miliardi di tonnellate. Di questi circa il 97,5% è acqua salata presente nei mari e negli oceani. Del 2,5% di acqua dolce che rimane, la parte più rilevante (poco più del due percento) si trova nelle calotte polari e nei ghiacciai. La parte restante, circa lo 0,25% interessa laghi, fiumi e acque sotterranee. Nonostante i numeri preoccupanti, nei confronti dell’acqua e dei paesaggi ad essa connessi c’è una persistente offesa. I paesaggi d’acqua sono sempre più caratterizzati da degrado, incuria, decadenza; spesso sono stravolti, addomesticati e deformati senza una logica ben precisa. L’acqua demarca il confine tra il bello e l’osceno, tra la qualità della vita e lo squallore, tra la civiltà e l’inciviltà, eppure è difficile trovare, nel contesto odierno, un atto di amore nei confronti di questa splendida risorsa. Non solo non è valorizzata, ma si tende a eliminare qualsiasi gesto d’acqua, quasi come se essa potesse creare dei problemi da dover arginare in partenza. È quindi evidente come negazione ed emarginazione abbiano dato il loro contributo alla distruzione dei principali segni d’acqua. Pensando all’acqua spesso la si identifi-

ca in termini ingegneristici e utilitaristici: ogni tentativo di rivolgersi ad essa con altri sguardi o sentimenti è destinato ad avere vita breve. Nonostante non sia valorizzata quanto meriterebbe, l’acqua resta comunque un bene in perenne trasformazione nei confini e nelle forme; essa è instabile, misteriosa e, per certi versi, incontrollabile. Sono la sua incertezza, il suo trovarsi sempre in luoghi indefiniti e senza confini ben precisi, che la rendono insostituibile sia per la vita biologica ma anche per l’interiorità dell’uomo: proprio grazie all’acqua spesso siamo in grado di ritrovare l’equilibrio interiore smarrito e l’armonia con la natura. Il luogo dell’acqua non andrebbe quindi pensato e vissuto solo come luogo della pura funzionalità. Al contrario dovrebbe essere percepito come spazio o forma ad alto contenuto di cultura materiale ed alta tensione spirituale. 25

24. R. Franzin, Troppi sprechi il pianeta è assetato, in “Il respiro delle acque”, Ediciclo Editore, Portogruaro 2006, pp.112 25. D. Luciani da “Civiltà dell’acqua: innovazione e conservazione nella geografia pluricentrica e nella storia di lunga durata”. Relazione tenuta in occasione dell’incontro internazionale “La Question de l’Eau, organizzato da Le Monde Diplomatique, Tours, 18 novembre 2001. Documento tratto dal sito web della “Fondazione Benetton Studi Ricerche”

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I.1.3.2 L’acqua all’origine di tutto Come per poter parlare di “paesaggi d’acqua” è stato necessario introdurre il termine “paesaggio”, ora è necessario soffermarsi sull’ “acqua” e capire come potersi confrontare con questo insostituibile e complesso elemento. Una risorsa liquida inodore, incolore e insapore, alla base dell’origine della vita sulla terra, “oro blu” del pianeta, protagonista sempre in moto, mutevole ed imprevedibile; una risorsa con valenze simboliche, rituali e metafisiche uniche, da sempre utilizzata dall’uomo nelle arti. È un riferimento culturale collettivo, esito di comunanza d’intenti, sovrapposizione di assetti sviluppatisi nel tempo, un

un continuo accordarsi tra forze naturali ed esigenze dell’uomo. L’acqua può assumere molteplici forme: dai fiumi, ai torrenti, dai laghi grandi e piccoli racchiusi in un perimetro netto e regolare alle zone lacustri e di palude ove non esiste un vero confine fra acqua e terra. In tutti i casi essa è sempre l’elemento predominante della scena paesaggistica. Allo stesso modo in cui non si può pensare ad un uomo senza acqua, è inimmaginabile un paesaggio senza acqua. Insieme alla terra costituisce l’elemento principale del paesaggio, la coppia terrestre della vita che dà, alla fine di un processo artistico e creativo, origine al

cosmo. Senza acqua non esisterebbe neanche l’arte. All’origine di tutto, dunque, c’è sempre l’acqua, un fiume, un affluente. “L’acqua che andava era tutto. Non muoveva solo mulini e barconi di mercanzia. Prima di essere dimenticata dalla politica, intubata, imprigionata nelle dighe, prosciugata dai consorzi di bonifica, rettificata dai signori del cemento, inquinata dalle industrie […], l’acqua era il luogo dell’amore, della pesca, dei giochi dei bambini, della villeggiatura e della bicicletta”. 26

I.1.3.3. Cultura dell’acqua: introduzione ad una progettazione paesistica Nel 1999 Renzo Franzin 27 sosteneva che nessun altro elemento naturale come l’acqua è stata tanto decisivo nel connotare il luogo destinato alla convivenza nella sua praticabilità o nel suo profilo paesaggistico e nessun altro materiale si presenta con una varietà di forme e di caratteri così densa di conseguenze e di suggestioni per la nostra vita quotidiana. Possedere un’adeguata cultura dell’acqua significa essere in grado di esprimere e sposare tra loro tre entità fondamentali nel definire il concetto

di paesaggio: l’idea con il paesaggio, con le opere e con un’attività costante di manutenzione del contesto. “Il contesto è considerato come insieme di componenti e situazioni materiali e immateriali, naturali e culturali, storiche e attuali che costituiscono lo sfondo ai singoli elementi e sollecita le idee. L’idea è considerata come pensiero, atto creativo, immagine; come idea di una persona singola o come idea dominante in una data situazione culturale o contesto, o assunta come guida.

L’opera è considerata, nei suoi esempi positivi, come oggetto realizzato, come azione, come risultato di una buona formazione e competenza tecnica, di un buon progetto, di una buona esecuzione e gestione; come esplicazione di intuizione e fantasia. Quindi il contesto è la premessa e l’alimento dell’opera; l’idea rende possibile il progetto che si realizza nell’opera; l’opera alimenta e rinnova il contesto.” 28 Il ruolo della Cultura dell’acqua non può che essere recepito come “Cultura del fare e del

26. P. Rumiz, Quelle gloriose vie d’acqua che hanno fatto la storia, La Repubblica, 16 luglio 2005 27. Renzo Franzin (1949-2005) è stato fondatore e direttore del Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua. Ha esplorato il tema “acqua” nella molteplicità delle sue interazioni con l’uomo, indagando le questioni antropologiche, sociali e geopolitiche sottese a questo complesso rapporto, anche da un punto di vista storico. Franzin era anche un ambientalista, giornalista, scrittore e poeta. 28. Vittoria Calzolari, Cultura dell’acqua e identità del paesaggio, Atti del 3° Congresso IAED “identificazione e cambiamenti nel paesaggio contemporaneo, Roma, dicembre 2003

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pensiero progettuale”, elemento integratore tra saperi, azioni, risorse, esigenze. Comprendere il ruolo della Cultura dell’acqua nella costruzione del paesaggio significa, anzitutto, “riscoprire nei corsi d’acqua non solo il significato insostituibile di connessione ed organizzazione ecologica, non solo di strutturazione del paesaggio, ma anche e soprattutto quali essenziali e riconoscibili ‘infrastrutture culturali’. [...]. Cogliere insomma le istanze di una nuova civiltà e cultura delle acque basata sulla consapevolezza delle poste in gioco, sulla condivisione degli obiettivi e degli interessi vitali e sulla partecipazione collettiva alle scelte di gestione e di tutela”. 29 Al fine di capire il ruolo giocato dall’acqua nella progettazione del paesaggio la prima cosa da fare è essere consapevoli che questa modifica i paesaggi e al tempo stesso ne fa parte. Essa deve essere riconosciuta come possibile fattore di sviluppo del territorio, come risorsa attiva in grado di rispondere sia alle esigenze delle popolazioni che alla domanda di sostenibilità. Successivamente deve essere compreso in che modo e perché una società instaura un certo tipo di rapporto con il territorio e col paesaggio, ar-

rivando così a porre una maggiore attenzione sui segni d’acqua. La progettazione dei luoghi d’acqua oggi risulta difficile in quanto non si è ancora ben compreso quali siano le ragioni che legano questa risorsa all’equilibrio ambientale, ad un approccio sostenibile, alle scelte insediative e, soprattutto, alla progettazione di nuovi paesaggi ed opere. Il paesaggio, ed in particolare il paesaggio d’acqua, non è un sistema composto dalla somma di più parti che, nel loro insieme, formano un determinato contesto. Il paesaggio d’acqua è un luogo caratterizzato da un sistema complesso e la progettazione deve quindi seguire una direzione specifica: si deve costruire una piattaforma di riferimenti culturali e di azioni strategiche in modo da poter valorizzare al meglio il luogo d’intervento in funzione della sostenibilità ecologica, funzionale e culturale e mirando ad uno sviluppo equilibrato, attivo, propositivo dell’intero sistema. In tutto ciò il segno d’acqua deve essere visto come il filo conduttore, la presenza sulla quale strutturare l’intervento. Esemplari risultano le parole di Vittoria Calzolari 30 nel 3° Congresso IAED (Identificazione e cambiamenti nel paesaggio contem-

poraneo, Roma, dicembre 2003): “L’acqua è anzitutto oggetto multiforme di natura nelle sue diversissime manifestazioni e nei suoi diversi ‘stati’: solido, aeriforme, liquido: il ghiaccio, la neve, la nebbia e il vapore acqueo, la pioggia, l’acqua corrente o zampillante. […] Ma anche nei suoi diversi modi di interferire con il territorio: come reticolo idrografico diffuso, come corso d’acqua, come sorgente o zona sorgiva, come specchio d’acqua dolce o salato, come palude. A queste diverse manifestazioni e situazioni si correlano diverse forme d’intervento e di uso umano in cui l’acqua diviene ‘soggetto di cultura’: e ciò sia come sollecitazione di attività creative sotto il profilo estetico (grandi opere di ingegneria idraulica e estetica, fontana simbolo della sorgente ecc…) che come supporto ed espressione della cultura di una popolazione o di un luogo.” Un intervento che verrà studiato, analizzato e compreso a seconda di come questa risorsa entra in gioco col paesaggio circostante: nello specifico di questa ricerca verrà analizzato il paesaggio lacustre ed in particolare il Lago di Massaciuccoli.

29. Gambino Roberto, “Difesa del suolo e pianificazione territoriale: il caso del Po”, in Ercolini Michele (a cura di), Fiume, paesaggio, difesa del suolo. Superare le emergenze cogliere le opportunità, Firenze, Firenze University Press, 2007, pp. 217 30. Vittoria Calzolari (1924-2018) è stata una paesaggista, architetta e urbanista romana, progettista di parchi e piani del verde, professoressa di Urbanistica alla Sapienza di Roma dal 1975, assessora al centro storico a Roma, prima nella giunta Argan (1976-1979) poi nella prima giunta Petroselli (1979-1981).

Fig. I.1.3.3 - 11 Olfusá River, Isalnda

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Fig. I.1.3.3 - 12 Lago di Sainte-Croix, Francia

→ Fig. I.1.3.3 - 13

Portovenere, Italia

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I.1.4. Paesaggio lacustre

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I.1.4.1. Caratteristiche e classificazione dei laghi

Nelle scienze geografiche con il termine “lago” si indica generalmente una massa d’acqua che riempie una affossamento terrestre di una certa estensione. Questa definizione distingue il lago dal semplice stagno e dalla palude. Lo stagno, secondo l’Enciclopedia Treccani, è uno specchio d’acqua non permanente, più piccolo di un lago e privo di zone di notevole profondità che può essere invaso per tutta la sua superficie dalla flora litoranea. Ci si riferisce alla palude quando la raccolta d’acqua è ancora inferiore; anch’esse sono ingombrate da vegetazione emergente e gli spazi liberi da vegetazione sono detti chiari o stagni. A volte stagni e paludi rappresentano l’ultimo stadio evolutivo di un lago, il cui fondo si è andato gradualmente riempendo a causa di materiali trasportati dagli immissari. Meno frequentemente la diminuzione della profondità di un lago e la sua progressiva estinzione possono dipendere dall’emissario, che, erodendo il proprio letto, si è abbassato, facendo di conseguenza diminuire il livello delle acque. Da queste note introduttive si comprende come il lago rappresenti un elemento dinamico, dotato di un proprio ciclo di vita evolutivo, caratterizzato da una costante relazione con il resto del territorio e, nello specifico, dalla rete idrografica circostante. La componente temporale è un elemento fondamentale del lago per l'osservazione del comportamento stagionale e delle sue

tappe evolutive. Inoltre, la vita di un lago è una caratteristica essenziale per comprendere il rapporto che intercorre ed è intercorso tra il lago stesso, la storia e la geografia del territorio. Come avviene in molti altri ambiti geografici, un modo per approcciarsi allo studio dei laghi è quello della classificazione, catalogandoli in base alle diverse tipologie che si incontrano sulla superficie terrestre. Nonostante ogni lago sia dotato di una propria specifica individualità, frutto dell’unicità delle condizioni spaziali, climatiche, morfologiche, idrauliche e storiche, è possibile identificare delle categorie che accomunano diverse realtà lacustri secondo specifici criteri di analisi. Un primo modo per distinguere e classificare i laghi è quello di individuare il tipo di evento geologico che ha portato alla formazione e all’origine dell’affossamento terrestre in cui sono contenute le acque. Il numero dei laghi glaciali nel contesto europeo è molto elevato e si presentano in varie forme nelle diverse aree. Le dimensioni dei laghi connessi al glacialismo e la loro persistenza sono molto variabili poiché la loro vita varia tra l’ordine delle settimane e quello delle migliaia di anni. Tale tipologia di laghi può oggi essere osservata sia in ambienti strettamente glaciali, cioè in aree con copertura continua di ghiaccio, sia in ambienti periglaciali, cioè in aree non coperte da ghiaccio, o con copertura discontinua, ma sotto l’influenza del regime di gelo, sia

infine in ambienti a quote inferiori, ormai dominati da processi di tipo gravitativo e/o fluviale, che conservano evidenti le tracce del glacialismo. I processi morfogenetici31 legati alla formazione glaciale dei laghi possono dare luogo ad ulteriori sottoclassificazioni, per cui, ad esempio, si può parlare di “laghi di circo”, quando gli specchi d’acqua occupano le conche alte e tondeggianti scavate da grandi ghiacciai nella loro parte iniziale. I laghi di circo hanno di norma una superficie molto ridotta e sono assai numerosi nel contesto alpino. Nella tipologia dei laghi glaciali rientrano anche quelli “vallivi”, che occupano un tratto di valle scavata da un’antica lingua glaciale. Quest’ultima, nella sua avanzata, erode e incide più o meno profondamente la roccia su cui scorre creando contropendenze o depositi morenici. La presenza di queste cinture di materiale roccioso può impedire il deflusso delle acque formatesi dal ritiro e dalla parziale fusione del ghiacciaio, e dare così origine a specchi d’acqua di dimensioni anche ragguardevoli. 32 Un’altra tipologia è individuata dai laghi “craterici”; in questi tipi di laghi l’acqua occupa il cratere, la caldera o le vaste depressioni di un vulcano spento 33 . Un particolare lago craterico è quello del Siljan in Svezia. All’interno dell’area d’impatto di un meteorite si è infatti formato un originale sistema lacuale, unico in Europa. Poiché i crateri sono di solito circolari e circonda-

31 La morfogenesi (greco morfè = forma; genesi) è il processo che porta allo sviluppo di una determinata forma o struttura. In geologia la morfogenesi è la formazione delle strutture e dei rilievi della crosta terrestre, dovuti a cause diverse. 32 In questo modo si sono formati molti laghi prealpini europei (Maggiore, di Lugano, di Como, d’Iseo, di Garda, di Zurigo, di Ginevra, ecc.). Molti studiosi contemporanei sostengono la tesi che i grandi laghi prealpini siano stati in origine depressioni di origine tettonica, poi rimodellate dalle lingue glaciali. 33 Tra questi tipi di laghi rientrano alcuni laghi laziali, come quello di Albano, di Bolsena, di Bracciano, di Nemi, di Vico o campani

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ti da un bordo relativamente alto, un lago craterico può avere solo immissari di poco conto e spesso non ha emissari. I laghi “carsici”, invece, occupano conche, cavità, doline e depressioni erose dall’azione carsica, che è in grado di sciogliere le rocce calcaree. Di solito sono di piccola dimensione e alcuni di questi sono temporanei e appaiono nei periodo in cui le piogge sono più abbondanti, oppure quando le falde acquifere presentano un livello particolarmente alto, grazie al quale le acque sono in grado di risalire fino alla superficie. Può capitare che scompaiano a causa del crollo delle strutture carsiche sottostanti. Esempi di questo tipo sono il lago di Doberdò nel Goriziano, quello del Matese in Campania o numerosi piccoli laghi dell’Istria e della Dalmazia. I laghi costieri si trovano invece nelle immediate vicinanze di un tratto costiero, e sono separati dal mare aperto da cordoni litoranei di sabbia e dune. Per questa vicinanza alle distese marine, si tratta di solito di laghi dalle acque salmastre. In altri casi sono i cordoni litoranei a sbarrare il percorso delle acque che scendono verso il mare, provocando in questo modo la formazione dei laghi che comunicano con il mare attraverso una o più aperture. Tra i laghi costieri vi sono quelli di Lesina e di Varano in Puglia, quelli di piccole e piccolissime dimensioni sparsi un po’ ovunque lungo le coste centro-meridionali della penisola italiana ed anche, in contesto geografico nord-europeo, in prossimità delle coste del Mar Baltico. Anche il Lago di Massaciuccoli, di cui si parlerà in maniera più approfondita successivamente, è un lago costiero della Toscana. I laghi “di sbarramento” si formano nel momento in cui le acque che si raccolgono in un determinato tratto vallivo non possono

defluire a causa dell’ostruzione esercitata da parte di depositi gravitativi e alluvionali 34 o da colate di lava 35. I laghi di sbarramento sono meno stabili di quelli contenuti da pareti rocciose, perché la causa che determina l’arresto delle acque può venire meno in un breve periodo di tempo a seguito di ulteriori smottamenti o movimenti di terreno che comportano la fuoriuscita delle acque dal bacino di raccolta, fino a provocare la scomparsa del lago stesso. Le masse marine che rimangono isolate a causa di movimenti tettonici o da abbassamenti del livello del mare sono i cosiddetti “laghi rettili”. Il caso più significativo, ai margini dell’area europea, è quello del Mar Caspio (avente una salinità media del 14%), un tempo collegato al Mar Mediterraneo, e il Lago d’Aral. Alla lunga tipologia qui esposta si deve aggiungere quella dei “laghi tettonici”, che occupano conche formatesi dall’abbassamento di porzioni di terraferma per movimenti tettonici. I laghi di origine tettonica sono i più durevoli, vista l’ampiezza degli sprofondamenti della crosta terrestre e l’entità ridotta dell’apporto di detriti. Le loro dimensioni sono spesso notevoli ed il loro fondo può trovarsi al di sotto del livello del mare. Gli esempi più grandiosi sono in Africa, nella Rift Valley. Oltre a queste tipologie si possono poi trovare i “laghi artificiali”, di origine antropica, creati attraverso un’opera di sbarramento dell’idrografia naturale. La costruzione di dighe e di sbarramenti da parte dell’uomo ha lo scopo di creare riserve d’acqua dolce destinata agli usi domestici, naturalistici, all’agricoltura, all’industria o alle centrali idroelettriche, o di regolare la portata di fiumi e torrenti. La classificazione lacuale in base ai pro-

cessi morfogenetici che hanno originato lo specchio d’acqua è ampiamente usata nelle analisi territoriali. Tuttavia vi sono anche altri criteri di “tassonomia lacustre”; un altro aspetto che si può prendere in considerazione per distinguere i laghi è quello della qualità delle acque che li compongono. I laghi possono infatti distinguersi in dolci o salati. Questi ultimi possono essere residui di antichi mari scomparsi o che si sono progressivamente ritirati, come nel caso sopra citato Mar Caspio. Altri laghi diventano salati quando perdono volume d’acqua per semplice evaporazione e vedono aumentare di conseguenza la concentrazione di sali. Il Mar Morto, situato nella regione storico-geografica della Palestina, al confine tra Israele e Giordania, è considerato il lago più salato del mondo proprio per la forte evaporazione alla quale è soggetto, viste le temperature dell’area. Proprio per effetto dell’evaporazione delle sue acque non compensate da quelle degli immissari, si trova nella depressione più profonda della Terra. L’equilibrio idraulico di un lago è legato alla complessa rete di scambi che lo specchio d’acqua ha con la rete idrografica del territorio circostante. I laghi forniti di uno o più immissari e di un emissario 36 possono considerarsi, in senso lato, ampie dilatazioni del corso d’acqua che li attraversa. In altri casi, in presenza di un bacino idrografico particolarmente scosceso, gli immissari possono essere molto numerosi e caratterizzati da un percorso piuttosto breve; oppure, ancora, si può avere un unico grande emissario, di solito in corrispondenza di uno sbocco vallivo relativamente pianeggiante. Quando i laghi sono privi di immissari ed emissari le acque, anziché scendere a valle attraverso un letto fluviale, si smaltisco-

34. prevalentemente frane e debris flow, cioè colate di detriti, come nel caso del lago di Alleghe nel Bellunese 35. ad esempio quelli di Caldonazzo e di Levico in Trentino. 36. In relazione ai rapporti dei laghi con l’idrografia superficiale, si ricorda che si dicono immissari i corsi d’acqua che vi sbocciano (e che contribuiscono alla alimentazione) ed emissari quelli che ne escono.

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no per evaporazione o per vie di deflusso sotterranee; come avviene, ad esempio, nel caso del lago di Nemi in Lazio o di quello di Viverone in Piemonte. Ci sono anche laghi che hanno immissari ma non emissari come, ad esempio, il Mar Caspio; l’acqua che vi arriva si smaltisce per evaporazione o per percolazione nel sottosuolo. Altri laghi infine hanno emissari ma non immissari, come nei casi dei laghi di Bolsena nel Lazio o di Orta in Piemonte. In questi casi i bacini lacustri possono essere alimentati da ghiacciai (alle alte quote), oppure da sorgenti sotterranee, o ancora soltanto dall’apporto assicurato delle acque piovane. Il rapporto fra le acque ricevute e le acque rilasciate da un lago, il cosiddetto bilancio idrico, dipende quindi da molti fattori estremamente diversificati; tra questi vi sono la

presenza o l’assenza di collegamenti fluviali, il drenaggio e la raccolta della acque piovane, le perdite nel sottosuolo e l’evaporazione. In questa ottica i laghi rappresentano dunque un fenomeno transitorio nella lunga vita di un bacino idrografico. La loro scomparsa può avvenire per esaurimento della risorsa acqua dovuta ad un eccesso di evaporazione o ad una insufficienza di alimentazione, oppure per eliminazione della conca che contiene il lago stesso (colmamento del bacino, erosione dello sbarramento o neoformazione di inghiottitoi). In Europa, grazie anche alla varietà delle condizioni climatiche e stagionali, sono presenti tutti i casi fin qui esposti. Un altro modo per descrivere le varie tipologie lacustri è quello di affrontare il tema da un punto di vista quantitativo, analizzando caso per

caso l’estensione e la profondità. La superficie dei laghi nel mondo è estremamente variabile. Anche prendendo in esame solo l’ambito europeo, a parte il caso del Mar Caspio, si può passare dagli imponenti laghi Ladoga ed Onega fino ad arrivare al “piccolo” lago di Garda, che, pur essendo il più grande dei laghi italiani, con una superficie di circa 370 kmq, non può competere, in quanto ad estensione, con i grandi laghi del continente. A sua volta, però, il lago di Garda è un “gigante” rispetto a tanti altri laghi di dimensioni minori. Scendendo via vita in questa progressione dimensionale, si arriva fino ai piccolissimi laghetti di montagna, che spesso non superano le poche centinaia di metri quadrati di superficie. Anche le profondità, come sopra accennato, possono costituire un criterio di classifica-

Fig. I.1.4.1 - 14 Lago di Massaciuccoli al tramonto

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zione. Lo spessore delle riserve acquee di un lago è d’altronde strettamente correlato alle modalità di formazione, per cui spesso i laghi vallivi in aree montuose presentano notevoli profondità, mentre i laghi costieri di norma sono profondi solo pochi metri. Le profondità dei laghi, di conseguenza, possono variare sensibilmente: dai pochi metri del lago citato Ladoga (-4m) a quelli del lago di Como (-410m), il più profondo in Italia. I laghi che presentano le maggiori profondità sono quelli di origine tettonica, le cui acque occupano spaccature che possono raggiungere uno sviluppo di parecchie centinaia di metri. Il lago Baikal in Siberia, di origine tettonica, con i suoi 1620 m, è il lago più profondo del pianeta. Così come un lago è un “organismo vivente” dal punto di vista idraulico, con continue e cospicue relazioni con il resto del territorio circostante e con l’atmosfera, allo stesso modo le sue acque non vanno viste come ferme, ma piuttosto soggette anch’esse a continui spostamenti e rimescolamenti causati dalle temperature, dalle condizioni atmosferiche, dall’irraggiamento solare, ecc. Nei laghi di grandi dimensioni si possono infatti riscontare anche correnti di notevole portata ed intensità. Le acque di un lago sono quindi costantemente coinvolte in spostamenti verticali ed orizzontali, oltre ad essere soggette, in superficie, all’azione del vento, che provoca moti ondosi anche di rilevante intensità. Perfino il livello di profondità può essere influenzato da eventi atmosferici esterni. Nei laghi, infatti, oltre al moto ondoso, si possono osservare le sesse: piccole oscillazioni periodiche della superficie provocate da variazioni di pressione e dal moto dei venti.

Fig. I.1.4.1.- 15 Lago Baikal, Siberia meridionale

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I.1.4.2. Il lago come ecosistema Il lago è un complesso sistema idraulico che funge da serbatoio di biodiversità e che riveste un ruolo di primo piano nell’equilibrio ecologico di una determinata regione. È fondamentale, dunque, non dimenticare che uno degli approcci geografici più profondi ed importanti è quello di considerare il lago come ambiente naturale delicato, fragile, prezioso. Questo elemento della superficie terrestre è il risultato di un equilibrio idraulico temporaneo dovuto alla partecipazione di diversi fattori fisici (od antropici) e frutto, dunque, della coesistenza di differenti condizioni ambientali e climatiche più o meno favorevoli. Un lago non è però “vivo” solamente in virtù del suo perennemente mobile equilibrio idraulico, ma anche e soprattutto perché esso ospita diverse forme di vita, sia vegetali che animali. La catena alimentare prevede diverse categorie vegetali ed animali interdipendenti ed è sostenuta, alla base, dai produttori (alghe e vegetazione acquatica) attraverso cui avviene il trasferimento di energia nell’ecosistema. La vegetazione lacustre, il plancton e la correlata catena alimentare non sempre, però, sono protetti da corrette politiche di tutela ambientale e da un approccio gestionale sostenibile. Molti laghi europei hanno conosciuto o conoscono il deterioramento qualitativo delle loro acque. Si possono schematicamente ricondurre tali fenomeni di degrado a tre cause principali. La prima causa è imputabile al fenomeno dell’eutrofizzazione, provocata da un eccessivo ca-

rico di nutrienti (soprattutto azoto e fosforo). Anche gli apporti atmosferici inquinanti contribuiscono al degrado delle acque ed alla loro acidificazione; è questo, ad esempio, il rischio più grave per i laghi d’alta quota sulla catena alpina. I depositi metabolici, i detersivi domestici ed i prodotti di origine industriale immessi abusivamente, infine, sono un’altra causa significativa del deterioramento della qualità delle acque lacuali.37 I problemi affrontati dalla geografia ambientale trovano dunque nei laghi uno dei campi di battaglia più importanti per la conservazione della ricchezza e varietà dei paesaggi terrestri. L’acqua è stata da sempre, nella storia dell’evoluzione della terra, una vera e propria “culla di vita”, un elemento necessario per la presenza di esseri viventi, un catalizzatore chiave per lo sviluppo della copertura vegetale e della popolazione animale. La presenza di masse d’acqua localizzate all’interno delle terre emerse ha inoltre un importante effetto di stabilizzazione climatica. In molte realtà geografiche, la presenza di laghi crea microclimi di norma caratterizzati da temperature più miti e da minori escursioni termiche. Tutte queste caratteristiche hanno rappresentato une elemento chiave nel far sì che l’ambiente lacustre non sia considerato solo un interessante teatro ecologico, ma anche un privilegiato luogo di condizioni di vita.

37. R. De Bernardi, M. Gatto, R. Mosello, I laghi come risorsa per lo sviluppo, Milano, Politecnico di Milano-Consiglio Regionale della Lombardia.

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I.1.4.3. Il rapporto con le società umane

L’approccio geografico allo studio dei laghi non riguarda solamente l’aspetto morfologico, né solo la dimensione ecologica. Il lago è oggetto di studio anche da parte della cosiddetta “geografia umana”, cioè della scienza che si occupa dei molteplici e sfaccettati rapporti fra l’uomo e l’ambiente naturale.38 Tali rapporti si esplicano in molteplici direzioni: dagli aspetti economici a quelli insediatici, dalla componente agricola al mondo dei trasporti, dalle pratiche ricreative alle immagini culturali. I laghi europei, posizionati in una realtà geografica estremamente densa di insediamenti ed attività antropiche, sono oggetto di numerosi interessi da parte delle società umane. Essi conoscono innanzitutto uno plurimo delle acque, che vengono utilizzate per la pesca, per il trasporto, per l’approvvigionamento di acqua potabile, per la fornitura idrica dell’agricoltura ed all’industria ecc. Per tutti questi fattori insieme i laghi rappresentano, di norma, un elemento attrattivo per gli in-

sediamenti umani, tanto che molte regioni ospitanti i laghi risultano densamente abitate. Le ragioni di questa attrattività sono complesse e diversificate, correlate sia alla geografia fisica sia a quella umana. I laghi sono innanzitutto un importante elemento di depurazione e regolazione della portata dei fiumi che li attraversano. In questo modo, se non intervengono intromissioni di origine antropica, essi contribuiscono in maniera determinante a migliorare la qualità delle acque che fuoriescono dal bacino, ed al contempo attenuano la portata di alluvioni ed inondazioni che possono interessare i territori posti a valle dei laghi stessi. II laghi con una vasta superficie ed i sistemi di laghi, che vedono diversi specchi d’acqua convivere nella medesima area territoriale, esercitano poi un’azione mitigante sul clima (dovuta alla differente capacità termica della terra e delle acque, che consente ai bacini lacustri di accumulare calore e

rilasciarlo poi gradualmente nella stagione più fredda). La conseguenza diretta di questa situazione climatica è la presenza, sulle sponde lacustri, di una vegetazione più ricca di quella presente in altre zone limitrofe e tipica di altri ambienti. Esemplari, in tal senso, sono i laghi prealpini italiani, nelle cui aree il clima semi-continentale della pianura padana lascia spazio a “oasi” climatiche caratterizzate da regimi quasi mediterranei. Non sorprende dunque che sulle sponde del lago Maggiore o su quelle del lago di Garda siano presenti una residua macchia mediterranea spontanea (caratterizzata da specie come i lecci, gli oleandri ed i tassi), coltivazioni tipiche delle regioni meridionali (olivi, viti, agrumi) e piante ornamentali esotiche (palme, agavi, fiori). Ampio spazio di diffusione nei laghi trovano pure piscicoltura, che in alcuni casi rappresenta un’importante fonte di reddito economico per molti pescatori, e la pesca sportiva.

38. Atti del Convegno sul tema: La protezione dei laghi e delle zone umide in Italia, a cura di M. Pinna, Roma, Società Geografica Italiana, 1983

Fig. I.1.4.3- 16 Lago di Como

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I.1.4.4. Geografia culturale dei laghi

L’approccio geografico all’elemento “lago” comprende una dimensione legata alle rappresentazioni culturali. Il rapporto tra le società e il territorio che esse abitano non è fatto solo di azioni che hanno un esito concreto sul territorio, d’interventi materiali, di trasformazioni operate sull’ambiente naturale. L’uomo pensa e agisce nello spazio in base a rappresentazioni mentali che si basano sì sulle concrete esperienze personali, ma anche su un immaginario geografico socialmente condiviso e sull’industria culturale. A tutti questi aspetti pone una rinnovata attenzione la geografia culturale, che, all’interno di un variegato ventaglio di interessi studia anche, in prospettiva storica e comparata, la formazione e l’evoluzione delle immagini territoriali. Il lago, nell’immaginario geografico individuale o collettivo, può assumere diversi volti, presentarsi con differenti connotazio-

ni ed essere considerato da più punti di vista. Ciascuno di noi può pensare al lago in maniera differente: come un luogo di villeggiatura sulle cui sponde godere del fresco, del verde, della tranquillità, come un campo di pratica per gli sport acquatici su cui muoversi con i mezzi più diversi, come uno scenario panoramico da godere con un approccio contemplativo-paesaggistico, ecc. La storia delle rappresentazioni culturali dei laghi è importantissima nella definizione delle loro caratteristiche di appetibilità, di piacevolezza, di richiamo. Per completare, dunque, lo studio geografico dei rapporti fra le società umane e gli ambienti lacustri occorre prendere in considerazione le immagini letterarie, i documenti storici, la produzione iconografica (quadri, fotografie, incisioni, ecc.), il patrimonio cinematografico 39, il repertorio musicale. Tutte queste forme di rappresentazione artistica hanno

contribuito alla definizione e all’evoluzione delle immagini culturali relative ai laghi. Il marketing turistico mostra chiaramente come certi riferimenti iconografici siano stati “adottati” all’interno della comunicazione promozionale, diventando simboli evocatori degli aspetti di attrazione associati all’ambiente lacustre. Alla capacità di osservare e di “saper vedere” il territorio si affianca dunque l’opportunità di indagare negli archivi della memoria geografica delle società, per osservare come certe idee ed immagini si siano consolidate nel tempo. Il dialogo fra immaginario territoriale e comportamento spaziale è un elemento chiave degli approcci della geografia culturale, e rappresenta un ulteriore, importante percorso per la conoscenza di un complesso elemento geografico come il lago.

39. D. Papotti, Amate sponde: l’immagine lacuale in due adattamenti cinematografici di “Malombra” di Antonio Fogazzaro, in Pagina pellicola pratica. Studi sul cinema italiano, a cura di R. West, Ravenna, Longo, 2000, pp. 331-55

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I.2 IL PAESAGGIO D'ACQUA NELLE ARTI VISIVE

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Le riflessioni che seguono, frutto di un’attenta selezione, derivano da una ricerca in ambito artistico, scultoreo, cinematografico e fotografico, effettuata per comprendere il ruolo giocato dall'acqua, e in particolare dal paesaggio lacustre, nelle arti visive. Nel corso della storia il lago è stato spesso al centro di varie rappresentazioni, riuscendo a suscitare nello spettatore sentimenti sempre diversi. Le opere di cui si parlerà in questo capitolo non pretendono di presentare il tema in maniera esaustiva, in quanto esso sarebbe troppo ampio e meriterebbe una ricerca mirata e approfondita, ma vogliono semplicemente suscitare nel lettore la curiosità di guardare il lago da un’angolatura diversa da quella abituale e, perché no, riportare alla mente quadri e film visti in passato che si erano rifugiati in un angolo della memoria o nei quali, semplicemente, avevamo dato poca attenzione al paesaggio lacustre.

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I.2.1. Cinematografia

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Partendo dall’analisi del repertorio cinematografico, la prima cosa a cui pensiamo associando la filmografia ai laghi, è come questo ambiente sia stato utilizzato come luogo di elezione per storie d’orrore. I casi di film di genere che tematizzano l’acqua in generale come origine del male sono numerosi, prendiamo alcuni classici ambientati, ad esempio, nei pressi di una baia, come Uccelli (Alfred Hitchcock, 1963) o The Fog (John Carpenter, 1980): in questi casi però il pericolo arriva da fuori, non dalle acque. Casi in cui il pericolo, l’orrore, arriva invece proprio dalle acque del lago sono molteplici: nei classici del genere slasher40 troviamo un caso celebre di lago inquietante nella saga Venerdì 13 (Sean S. Cunningham, 1980). Il tema è presente anche in molti film del cinema di serie b, basti pensare al filone dei film ispirati alla leggenda del mostro di Loch Ness. Ma anche nella serialità televisiva troviamo esempi significativi dell’uso di un lago in questi termini, come nella serie cult Twin Peaks (ABC, 1991), ideata e prodotta da David Lynch. In questo caso è ancora dalle acque lacustri che emerge il cadavere di Laura Palmer che darà inizio alla storia. È da ques

to ritrovamento che partirà un’inquietante indagine che scaverà sempre più a fondo nell’anima malata di una piccola comunità: quando qualcosa si rompe, quando un trauma si rivela, è nell’acqua che questo accade, e il corpo di Laura Palmer diventa, emergendo, il sintomo inevitabile di qualcosa di corrotto che non può più rimanere nascosto. Facendo riferimento invece alla realtà italiana e rimanendo sul tema del lago come luogo generatore di disgrazie, possiamo citare Puccini e la fanciulla (Paolo Benvenuti, 2008), nel quale il regista ricostruisce il periodo nel quale Giacomo Puccini stava componendo La fanciulla del West. Nel film si racconta la vicenda, già nota grazie al film Puccini di Carmine Gallone del 1953, della cameriera del compositore, Doria Manfredi, morta suicida proprio nel lago di Massaciuccoli davanti al quale sorgeva Villa Puccini. Il suicidio della giovane, da sempre considerato un gesto di disperazione per l’amore non corrisposto per il musicista, viene riscritto attraverso documenti d’epoca che rivelano come il suicidio di Doria fu in realtà provocato da una campagna d’odio promossa dalla famiglia Puccini a causa di alcuni segreti che

la cameriera aveva involontariamente scoperto. In questa storia il lago è raccontato come il centro economico e culturale di una piccola comunità che, nel 1908, girava interamente intorno alla figura di Puccini e di pochi altri signori della zona. Il lago è il vero protagonista con il piccolo centro che gli vive attorno, tra cacciatori, pescatori e contadini; il luogo dove si esercitano le relazioni di potere tra ricchi e poveri, e dove gli aspetti più drammatici e inquietanti di queste relazioni trovano in qualche modo una loro risoluzione finale, in questo caso con la morte della ragazzina. La filmografia fin qui esposta fa riferimento a situazioni in cui il lago è visto come un’entità negativa, come un antagonista dei protagonisti. Nella maggior parte dei casi, però, il lago viene rappresentato nei film come un luogo piacevole, intimo, dove nascono, crescono e si sviluppano sia storie d’amore sia sentimenti che conducono alla quiete dello spirito. Nelle pagine successive verranno analizzati, attraverso schede riassuntive, quelli che, secondo il mio gusto personale e la mia conoscenza cinematografica sono i film in cui il lago gioca un ruolo fondamentale.

40 Il genere denominato slasher (dall’inglese “to slash”, ferire profondamente con un’arma affilata) si riferisce a quel gruppo di film horror in cui il protagonista è un omicida che dà la caccia a un gruppo di persone in uno spazio più o meno delimitato.

Fig. I.2.1- 17 Fotogramma dal film “Puccini e la Fanciulla” di Paolo Benvenuti

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I.2.1.1 Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera Paese di Produzione: Corea del Sud

Genere: drammatico

Musica: Bark Ji-woong

Anno: 2003

Regia: Kim Ki-duc

Fotografia: Baek Dong-hyun

Trama e significato “Se hai sbagliato devi porvi rimedio. Vai a liberarli. E se anche uno solo tra il pesce, la rana e il serpente fosse morto, porterai questa pietra sul cuore per tutta la vita.” “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera” è legato alla ciclicità e allo scorrere del tempo: Il film è diviso in cinque parti, rappresentanti ognuna una fase della vita umana, incarnata visivamente dall’esperienza di un monaco adulto, il maestro, e di un monaco bambino, il suo giovane discepolo.

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Quest’ultimo imparerà a separare l’erba buona dalla cattiva, ma solo da adulto comprenderà quanto sia difficile distinguere il Bene dal Male e non riuscirà a schivare la trappola degli errori, in cui è facile imbattersi se si vive nella mondanità. Mentre le stagioni si avvicendano il discepolo cambia e impara a sua spese che per togliere certi pesi dal cuore occorre dedizione, sacrificio, rassegnazione. Il film apre (letteralmente) le sue porte sul suo piccolo mondo galleggiante e narra circolarmente una storia di innocenza e

crudeltà, disciplina e redenzione spirituale sul tormentato limite che separa l’ascesi dalla mondanità, l’asettica indifferenza nei confronti dell’umano tribolare e il desiderio di sporcarsene le dita e lo fa in cinque capitoli magnifici, ciascuno marchiato da un evento cardine che segna una tappa esistenziale precisa, da elementi più o meno simbolici (cinque diversi animali: un cane, un gallo, un gatto, un serpente e infine una tartaruga trovano ospitalità nel ritiro) e dai diversi colori della natura, magnifica cornice del film.


Ambientazione

“Ho voluto tracciare un ritratto delle gioie, delle rabbie, dei dolori e dei piaceri che segnano le nostre vite, attraverso quattro stagioni e attraverso la vita di un monaco che vive in un tempio nel lago di Jusan, circondato soltanto dalla natura.” Kim Ki-duc

Il monaco e il discepolo vivono in uno scenario naturale, tanto bello quanto inusuale: un piccolo eremo in legno di pochi metri quadri in mezzo a un lago, a sua volta sprofondato in una vallata di montagna. L’eremo è un set costruito artificialmente e fatto galleggiare sul lago di Jusan nella Provincia Nord Kyungsang in Corea. Creato circa 200 anni fa, il lago di Jusan è un lago artificiale nelle cui acque si riflettono le montagne circostanti e alberi secolari che

continuano a crescere nelle sue acque. Il monastero galleggiante è stato costruito appositamente per il film, dopo aver convinto il Ministero dell’Ambiente attraverso mesi di negoziati, il regista ha ottenuto il permesso dalle autorità di mantenerlo lì per un anno intero. Il set è stato rimosso e distrutto in quanto il lago è parte di un parco nazionale per cui nessun edificio è consentito.

perso la retta via, ritroverà la pace interiore. In questo film vi è il chiaro esempio di come una semplice costruzione in legno in mezzo ad un lago possa bastare per essere soddisfatti della vita che stiamo conducendo. Arrivati alla fine del film viene da chiedersi per cosa e per chi ci affanniamo ogni

giorno, che cosa cerchiamo nella frenesia delle nostre giornate, dove pensiamo di arrivare correndo tra un posto all’altro. Viene la voglia di abbandonare tutto e di andare alla ricerca di un posto come quello del film in cui le uniche cose che contano sono la natura e noi stessi.

Sensazioni “In Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera” il lago rappresenta la casa, un luogo sicuro dove poter tornare quando la vita mondana mette il protagonista davanti ai dolori quotidiani. Sarà quindi tra le acque di questo lago, sempre calmo e mai pericoloso, che il discepolo, dopo aver

Fig. I.2.1.1 - 18, 19, 20 Fotogramma dal film “Primavera, estate, autunno e ancora primavera”

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I.2.1.2. Sul Lago dorato Paese di Produzione: USA

Genere: drammatico

Musica: Dave Grusin

Anno:1981

Regia: Mark Rydell

Fotografia: Billy Williams

Trama e significato Norman Thayer, ottantenne professore in pensione che negli ultimi anni soffre di perdita di memoria e che pensa spesso alla morte, trascorre l’estate con sua moglie Ethel nel loro cottage su un bellissimo lago (Golden Pond) del New England. L’unica figlia della coppia, Chelsea, che non vedono da anni e con la quale i rapporti del padre sono sempre stati piuttosto tesi a causa del duro carattere di lui, va a trovarli con il suo nuovo fidanzato ed il figlio tredicenne di quest’ultimo. Mentre Chelsea e Billy partono per un mese per l’Europa, lasciano in

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custodia a Norman ed Ethel il ragazzino. Quest’ultimo, nonostante le schermaglie iniziali, legherà un’affettuosa amicizia con lo scorbutico Norman (che gli insegnerà a pescare ed a tuffarsi all’indietro), apportando infine un miglioramento nei rapporti di tutta la famiglia quando Chelsea, ormai sposata a metà del suo viaggio, ritorna dall’Europa. In questo film il lago gioca un ruolo fondamentale: il legame che nasce tra i protagonisti deriva proprio dalle gite in barca, dai tuffi nel lago, dalla pesca e da

ogni attività legata allo specchio lacustre. Per ogni personaggio del film il lago assume un significato diverso ma sempre positivo: per Ethel e Norman è un rifugio sicuro, un luogo in cui affiorano i ricordi dei tempi passati insieme a Chelsea che, a causa dei cattivi rapporti col padre, trova nel Lago un conforto, un posto in cui poter riflettere e sfogarsi. Il ragazzino, infine, nonostante inizialmente non sia felice di dover restare con la coppia anziana, scoprirà di amare la vita tranquilla sul lago e che essa può regalare emozioni uniche.


Ambientazione Il film è stato girato a Squam Lake, situato nella regione dei laghi del New Hampshire centrale, Stati Uniti, a sud delle White Mountains, a cavallo dei confini delle contee di Grafton, Carroll e Belknap. È circondato da una natura splendida e nelle sue

acque vivono innumerevoli specie di pesci che hanno fatto di questo luogo un punto privilegiato per la pesca. La casa sul Lago in cui vive la coppia del film è uno chalet un po’ malandato ma non per questo privo di fascino: si trova nelle immediate vicinan-

ze delle acque del lago ed è immerso nel verde. A distanza di quasi quaranta anni turisti e appassionati di cinema si recano a Squam Lake per visitare i luoghi dove fu girato il film.

posta sul Lago è vista, da chi non abita in questo luogo, come una “tradizione”; per Charlie il postino, invece, è una cosa del tutto normale, da dover svolgere anche con pessime condizioni meteorologiche: da ciò emergono i diversi significati assunti dallo specchio d’acqua a seconda di chi lo vive. Questo aspetto del film sarà tenuto in considerazione nello sviluppo futuro dello studio, al fine di riuscire a trattare il Lago come un’entità statica ma allo stesso tem-

po mutevole a seconda di chi lo vive e lo percepisce. Altro fattore importante è la varietà delle attività che vengono svolte in prossimità del Lago: anche questo aspetto ha acceso in me la curiosità di capire come poter gestire la riqualificazione di un ambiente lacustre in modo coerente ma allo stesso tempo soddisfacente per ogni tipo di persona.

Sensazioni “Questo è il mio vecchio amico Charlie, il postino!” “Fantastico! Così lei distribuisce la posta con la barca? Che meravigliosa tradizione!” “Charlie è una leggenda su questo Lago, consegna la posta con qualsiasi tempo. Si è sistemato bene, è un uomo fortunato.”

Questo breve dialogo tra Chelsea, il compagno e il postino del Lago riassume, a mio avviso, il significato del film. Consegnare

Fig. I.2.1.2 - 21, 22 Fotogrammi dal film “Sul Lago dorato”

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I.2.1.3. La casa sul Lago del tempo Paese di Produzione: USA

Genere: sentimentale

Musica: Mark Everett

Anno: 2006

Regia: Alejandro Agresti

Fotografia: Alar Kivilo

Trama e significato Kate Forster si è trasferita a Chicago dopo aver trovato lavoro e ha lasciato all’interno della cassetta postale della casa sul Lago dove viveva un biglietto con il suo indirizzo destinato al prossimo inquilino. La storia narra dell’amore tra Kate e Alex Wyler, frustrato architetto di talento, impegnato nella progettazione di residenze. Per Alex l’abitazione sul Lago ha un significato speciale: era stata progettata dal padre Simon che aveva anteposto la carriera alla famiglia. I due, in contatto tramite lettere, arriveranno a scoprire che a separarli è una distanza spazio temporale di due anni: Kate vive nel 2006 mentre Alex data le sue lettere nel 2004. Dalle epistole nascerà l’amore tra i due. Kate dà appuntamento ad Alex nel 2006, ma il ragazzo non si presenta. Lei decide di smettere di scrivergli e va a vivere con il suo ex, Morgan. Trovata una nuova casa da ristrutturare, i due si rivolgono ad un architetto che non è altro che il fratello di Alex, Henry, dal quale Kate scopre che Alex è morto due anni prima e che, senza rendersene conto, lei quel giorno assistette al suo incidente mortale. Improvvisamente la donna capisce perché, nel 2006, Alex non si era presentato all’appuntamento e si reca alla casa sul lago. Da qui spedisce una lettera in cui esprime tutto il suo amore, intimandogli di non attraversare quella strada che l’avrebbe portato alla morte. Tutto il film ruota intorno alla casa sul lago e allo scorrere, in questo caso inusuale, del tempo.

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Ambientazione Alcune scene del film sono ambienate a Chicago, altre in una cittadina alla periferia della città, Riverside, famosa per i diversi edifici di Frank Lloyd Wright. La Casa sul Lago, con un acero al centro, fu costruita a Maple, a Willow Springs, appositamente per il film. L’utilizzo del Lago come set cinemtografico venne concesso ad una condizione: alla fine delle riprese il lago sarebbe dovuto tornare esattamente come prima della costruzione e non sarebbe dovuta rimanere traccia della casa in legno. Infatti, dopo le riprese, la casa sul lago, descritta nel film come un incrocio di stili tra Le Corbusier e Right, fu rimossa e al

suo posto fu sistemato un semplice molo da pesca. Il progetto fu completato in sole 10 settimane: 2 settimane di progettazione e documentazione, 4 giorni di offerte e appena settimane per la costruzione. Vennero utilizzate 35 tonnellate di acciaio e un gruppo di quasi 100 lavoratori riuscì a finire la costruzione prima che iniziassero le riprese. La casa venne costruita sulla terra ferma vicino al lago, in cima a delle travi d’acciaio che si ergevano per 3 metri sopra il livello dell’acqua. Vennero quindi scavati circa 35.000 metri cubi di terreno in modo che le acque del lago circondassero i pilastri.


Sensazioni - Geniale. Tra Le Corbusier e Wright. - Papà giocava a carte con tutti e due sai? Non puoi nuotare, manca una scaletta fino all’acqua, un pontile, una veranda. Tu qua sei in una scatola: scatola di vetro con vista su tutto quello che hai intorno, ma che non puoi toccare; nessuna interazione tra te e quello che vedi. - Non direi: ad esempio c’è un acero che cresce all’interno della casa! Contenimento e controllo! Questa casa simboleggia la proprietà, non il contatto: insomma è bellissima, seducente, ma è incompleta: rispecchia bene papà. Bravo a costruire un tetto ma non una casa!” In questo dialogo tra i due fratelli, figli dell’architetto progettista dell’abitazione, vi è riassunto quello che entrambi pensano della Casa sul Lago. Un pensiero, quello dei due personaggi, facilmente condivisibile da chi, anche se solo attraverso lo schermo, si trova a contatto con la costruzione. Pur essendo bellissima, con una vista mozzafiato sul paesaggio, è percepibile la mancanza di legame con ciò che la circonda.

Fig. I.2.1.3 - 23, 24 Fotogrammi dal film “La Casa sul Lago del tempo”

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I.2.2. Pittura

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Senza la presenza dell’acqua l’arte, nelle sue multiformi espressioni, non sarebbe certo stata quella che oggi possiamo ammirare. Nel corso dei secoli essa ha svolto una missione non solo di carattere esortativo, atta a privilegiare il piacere dell’occhio. Al di là della dimensione estetica l’acqua ha infatti contribuito a far sì che i grandi pittori del passato formulassero messaggi, plasmassero simboli, forgiassero gli obiettivi delle varie correnti artistiche. Di questo scenario è prova l’arte occidentale, tra il nono e il decimo secolo, che identificò l’acqua come l’atto battesimale in cui si specchia l’anelito alla purezza. Significativo, al riguardo, è lo scintillio dell’acqua nel “Battesimo di Cristo” (1440) di Piero della Francesca: uno scintillio che trasmette vivacità alle figure che ruotano attorno a Cristo. Anche sul versante profano l’acqua riveste un ruolo prioritario. Come attestato dal capolavoro divenuto un’icona del Rinascimento italiano, la “Nascita di Venere” (1484) di Botticelli: è l’acqua a dettare i ritmi della tela, perché assume diverse tonalità. In tal modo il quadro sembra muoversi, nello stesso tempo, avanti e indietro, secondo le cadenze delle onde e in rapporto alla distanza dalla quale si contempla il quadro. Senza l’acqua l’espressionismo non avrebbe avuto quell’inconfondibile tratto che ne costituisce la cifra stilistica. Sono infatti i giochi di luce a caratterizzare questo movimento: ma tale virtuosismo si lega intimamente alla presenza dell’acqua sulla tela. Non certo immune dalla consapevolezza del valore strumentale dell’acqua in funzione della composizione pittorica è Van Gogh che nella “Notte stellata sul Rodano” (1888) crea un suggestivo riflesso del cielo stellato contro le acque torbide del fiume. Ad accentuare la dimensione cromatica contribuiscono poi le luci della cittadina di Arles, ritratte in dissolvenza e tremolanti

proprio in virtù del riflesso che scaturisce dall’acqua. Sullo stesso versante dei giochi di luce si attesta Cézanne con “Lago di Annecy” (1896): domina la tela il contrasto – che conferisce evidenza alla presenza dell’acqua e forza prospettica al lago lacustre – fra i toni blu e verde che vengono a mescolarsi con tocchi giallo e violetto. Per restringere il cerchio in merito all’importanza dell’acqua nella pittura è necessario focalizzarsi sui paesaggi lacustri e su quei pittori che, nel corso della storia, hanno avuto la fortuna di cimentarsi nella rappresentazione di questi scenari. Se nella raffigurazione delle onde del mare o dello scorrere di un fiume diventa essenziale riuscire a trasmettere la dinamicità degli elementi, nella rappresentazione di un paesaggio lacustre ciò che più conta è la staticità delle acqua, il suo confondersi con l’ambiente circostante, il confine effimero tra terra e acqua. Ed è proprio in assenza di moto che il rapporto tra l’uomo e ciò che lo circonda “si va sempre più delineando in termini psicologici oltre che percettivi. Non si tratta più solamente di osservare il mondo circostante: è un vero e proprio confronto dialettico che scatta tra la realtà esterna e la sua immagine interiore, trattenuta dai sensi nella memoria, dove l’accento viene progressivamente spostato sulla risposta dell’individuo e in cui sempre maggiore è lo spazio riservato ai sentimenti”40 Nelle pagine che seguono sono state analizzate delle opere usando un solo e semplice criterio di scelta: le sensazioni che mi hanno suscitato Solo a posteriori ho capito che la selezione fatta ricadeva, inconsciamente, su quadri rappresentanti scene che, oltre allo specchio lacustre, hanno al loro interno anche elementi architettonici e figure umane. Natura, architettura e persone: ecco ciò di cui c’è bisogno per creare un equilibrio perfetto.

40. Castellani Francesca, Il sentimento della natura nella pittura di fine Settecento e del primo Ottocento, in De Vecchi Pierluigi, Vergani Graziano Alfredo, La natura e il paesaggio nella pittura italiana, Silvana Editoriale, Milano 2002, pag. 307.

Fig. I.2.2. - 25 Spirits by the Lake, Leonid Afremov

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I.2.2.1. Stagno a Montgeron Autore: Claude Monet

Tecnica: olio su tela

Anno: 1877

Dimensioni: 127 x 193 cm

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Ubicazione: San Pietroburgo, The State Ermitage Museum


Descrizione Nel dipinto, attraverso la raffigurazione di uno stagno, Monet può cimentarsi sul suo tema prediletto: l’acqua. In questo piccolo specchio d’acqua si riflettono degli alberi che chiudono letteralmente il quadro come delle quinte. In questo periodo il pittore è ancora concentrato sulla definizione della complessità che il grande “libro della natura” propone ai suoi occhi. Egli, attraverso un processo di accurata analisi, cerca di decodificare ciò che vede per poi trasmetterlo su tela.

Tuttavia, grazie alla versatilità che possiede per naturale disposizione, Monet si sentirà sollecitato, anni più tardi, a ricercare dentro di sé la chiave interpretativa di ciò che vede. Paul Valery riassume in maniera egregia il processo di “interiorizzazione” che alcuni artisti attuano nell’ambito della pittura di paesaggio, mentre altri continuano per tutta la vita a descrivere senza interpretare. “Ogni artista ha proprie reazioni particolari di fronte al visibile. Gli uni si sforzano di rendere più fedelmente che possono quan-

to percepiscono. [...] Gli altri , [...] benché inizino come i primi, e generalmente conservino, fino alla fine, la preoccupazione di uno studio rigoroso degli oggetti, ai quali ogni tanto ritornano per misurare la propria competenza e la propria capacità di accettazione, desiderano tuttavia farci sentire ciò che sentono di fronte alla natura, e dipingersi dipingendola”. Monet fa senz’altro parte di questa seconda possibilità di essere artista.

un contesto tranquillo, in cui potersi rilassare, riflettere e confondersi con la vegetazione, proprio come le figure sulle sfondo: sono presenti ma totalmente avvolte dai colori di questo splendido paesaggio. Infatti, ad una prima osservazione, può sfuggire la figura femminile collocata in alto a destra, appoggiata ad un tronco ed

intenta ad osservare l’acqua, semi-confusa con la vegetazione circostante. Facendo ancora più attenzione s’intravedono, in lontananza altre figure umane, presumibilmente a passeggio intorno allo stagno.

Sensazioni Grazie ai toni luminosi, il dipinto trasmette un’atmosfera di pace e silenzio, sottolineata dalle tonalità verde-dorato e dai riflessi, quasi perfetti, degli alberi nello stagno: segno di uno scenario statico, immobile. L’acqua e la natura forniscono a Monet gli ingredienti per realizzare un quadro in cui, osservandolo, si avrebbe voglia di vivere:

← ←

Fig. I.2.2.1 - 26 Stagno a Montgeron, Claude Monet Fig. I.2.2.1 - 27, 28, 29 Particolari del quadro

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I.2.2.2. Schloss Kammer sull’Attersee III Autore: Gustave klimt

Tecnica: olio su tela

Anno: 1910

Dimensioni: 110 x 110 cm

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Ubicazione: Vienna, Osterreichische Galerie Belvedere


Descrizione L’Attersee era una località d vacanza prediletta dalla borghesia viennese e Klimt vi passò in compagnia di Emilie Floge ogni estate tra il 1900 e il 1916, ad eccezione di quella del 1913, trascorsa a Malcesine, sul Lago di Garda. Raffigurò il castello di Kammer sotto varie angolazioni, ma utilizzandolo quasi come semplice motivo, con cui variare lo scenario naturalistico. Architettura e paesaggio sono infatti attentamente bilanciati e, nella versione qui presentata, la composizione si basa sulla scansione ritmica di alberi e finestre, che determina l’andamento della visione. Alla valenza decorativa delle scene è sempre accordato un ruolo primario: la scena è spesso priva di orizzonte e le diverse forme paiono incastrarsi come in un puzzle. Anche se compare una costruzione, la figura umana è bandita. Klimt mantenne senza eccezioni una rigida distinzione di generi e come negli sfondi dei ritratti e delle allegorie rientrano al più strisce di prato fiorito, così l’uomo è invariabilmente escluso dai paesaggi. L’inquadratura è ripresa dal lago, probabilmente da una barca, anche se il pittore non utilizzava certo uno studio galleggiante come Monet. Ciononostante, l’importanza accordata all’acqua su cui si riflette l’ambiente circostante deriva indubbiamente dai quadri del maestro francese.

← Fig. I.2.2.2 - 30

Fig. I.2.2.2 - 31 Schloss Kammer sull’Attersee Gustave Klimt

Fig. I.2.2.2 - 32 Schloss Kammer sull’Attersee IV Gustave Klimt

Fig. I.2.2.2 - 33 Sul Lago Attersee, particolare

Schloss Kammer sull’Attersee III, Gustave Klimt

Sensazioni Il confine del lago, solitamente quasi impercettibile, è in questa rappresentazione marcato e deciso. L’osservatore ha un’idea chiara di dove si trovi la sponda del Lago, che sembra coincidere con l’inizio della costruzione. Questo incontro ravvicinato tra natura e architettura, se da un lato può provocare una sensazione quasi claustrofobica, dall’altra invita ad intendere queste

due entità in modo unitario. Viene da chiedersi come possa, una costruzione così imponente, dare l’idea di galleggiare sulle acque del Lago. Inoltre, pur mostrando la sua volumetria, sembra che Klimt abbia voluto sottolineare come spesso è l’architettura che si adatta alla natura e non viceversa: la costruzione è resa visibile solo nei tratti in cui non sono presenti gli alberi e gli

arbusti che, con la loro chioma, probabilmente occludono la vista dalle finestre retrostanti. Ciò nonostante si crea un perfetto equilibrio che induce l’osservatore, me compresa, ad immaginare come potesse essere trascorrere le giornate e, perché no, la vita, in quella abitazione.

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2.2.3. Chiesa rossa Autore: Vasilij Kandinskij Anno: 1900 Tecnica: olio su compensato Dimensioni: 28 Ă— 19,2 cm Ubicazione: Museo di Stato Russo, San Pietroburgo

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Descrizione Quest’opera, conservata a San Pietroburgo, non è firmata né datata. Raffigura la chiesa rossa del parco di Achtyrka, tenuta di proprietà di Madame Abrikosov, sorella della prima moglie di Kandinsky. Kandisnky e la moglie soggiornavano spesso in questa località, che divenne uno dei luoghi prediletti per le sue rappresentazioni. Le vicende biografiche dell’artista e alcuni elementi stilistici, hanno indotto alcuni studiosi a collocare l’opera al secondo periodo russo, in cui in parte della produzione di Kandinsky emerge un ritorno al figurativo. L’olio potrebbe quindi risalire ai primi anni del Novecento o anche al 1917. I colori utilizzati sono quelli prediletti dall’artista: un verde chiaro e molto vivace, ma anche il bianco e il rosso per dipingere la chiesa. L’effetto creato è di grande fascino “impressionista”: la chiesa e tutta la parte alta della composizione si rispecchiano nell’acqua del laghetto raffigurato nella parte bassa, creando un gioco di riflessi molto suggestivo. L’attenzione di Kandisnky si concentra comunque, già a quest’epoca, nella contrapposizione di masse cromatiche che danno una sensazione di forte contrasto tra chiaro e scuro, freddo e caldo.

Fig. 2.2.3. - 35 Lake Starnberg’, Wassily Kandinsky, 1908

Fig. 2.2.3. - 36 Paesaggio di montagna con Lago, Wassily Kandinsky, 1902

Sensazioni Nonostante i colori in forte contrasto tra loro, l’opera trasmette un senso di assoluta tranquillità. Natura e architettura si sposano tra loro in maniera perfetta e la piccola chiesa rossa arricchisce il paesaggio naturale. L’equilibrio che si crea tra il verde degli alberi, il rosso della chiesa e i riflessi sulle acque del lago, fornisce uno spunto di riflessione: si è soliti pensare che natura e architettura debbano viaggiare su due binari distinti in cui quest’ultima non debba

in alcun modo “intaccare” il paesaggio circostante. Qui vi è la prova che spesso non è così: il paesaggio che osserviamo sarebbe stato così interessante anche senza la presenza della chiesa? Probabilmente no. Allo stesso modo la chiesa che si specchia nel lago è così suggestiva che sarebbe difficile immaginarla in un altro luogo, non immersa nella natura, magari affiancata da altri edifici. Quest’opera è solo una delle tante in cui

Kandinskij si è cimentato nella rappresentazione di luoghi in cui sono contemporaneamente presenti natura e architettura, ma in ognuna di esse è riuscito a trasmettere, forse anche involontariamente, un messaggio da non sottovalutare: l’architettura, specie in riva ad un lago o ad un fiume può fornire un valore aggiunto al paesaggio e trasmettere una sensazione di pace e tranquillità assoluta. 85


2.2.4. Ponte sullo stagno Autore: Paul CĂŠzanne

Tecnica: olio su tavola

Anno: 1895 - 1898

Dimensioni: 64 x 79 cm

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Ubicazione: Mosca, Museo Puskin


Descrizione La veduta di uno stagno su cui corre un ponticello; la folta e intricata vegetazione di un angolo di foresta che si specchia nell’acqua offrono a Cézanne l’occasione per approfondire le sue complesse ricerche sul problema della visione. Nel dipinto di Mosca il pittore inquadra un frammento di natura e lo sottopone a un ardito processo di scomposizione e ricomposizione, per restituire ordine mentale e visivo a quanto è naturalmente soggetto a un continuo processo di mutazione. Lo stagno percorso dal ponticello invade tutto lo spazio

della tela imponendosi prepotentemente in primo piano. La vegetazione è invasiva, magmatica e il pittore la restituisce sotto forma di una trama fittissima di pennellate che corrono a fascia, a pettine, a stuoia su tutta la superficie. Pochissime le indicazioni macrostrutturali: riusciamo appena a scorgere il ponticello, mentre tutto il resto è tradotto in un mosaico di tessere di colore, affiancate diligentemente l’una all’altra con l’arduo compito di tradurre il caotico, il transitorio in ordine. Cézanne costruisce “una potente architettura di piani, contraf-

forti, arcate, intersezioni, rifrangenze” (Renato Barilli) con la sola forza del colore che si riempie di luce e moltiplica le sue possibilità espressive offrendosi in un’incredibile varietà di toni. Vasta è infatti la gamma dei verdi, degli ocra, dei gialli, degli azzurri, tutti piegati a mettere in scena questa mirabile sinfonia di legni e vegetazione, che ostenta chiaramente la sua potenza, dimostrando nel contempo la provvisorietà degli esiti della pittura, che riesce a contenerla solo a fatica nei limiti angusti della tela.

Sensazioni Nel dipinto di Gustave Klimt precedentemente analizzato, architettura e natura sembravano essere una cosa sola. Kandinskij impone invece il suo pensiero e le strutture dipinte si stagliano sicure nel bel mezzo della natura. Osservando invece le opere di Paul Cézanne, in particolare “Il ponte sullo stagno” si ha la sensazione che

la natura sia ben altra cosa dalla costruzione e che essa venga quasi sovrastata dalle acque, dal verde, dalle montagne. Nonostante ciò, anche in questo caso, la costruzione sembra non disturbare il paesaggio ma anzi, intimidita, cerca di nascondersi e lasciare che sia la natura a svolgere lo spettacolo principale. Il celarsi delle co-

struzioni invita l’osservatore a volerne saper di più: verrebbe voglia di scoprire dove inizia e finisce il ponte, le sue dimensioni effettive, il modo in cui è stato costruito, le vite che sono passate sopra di esso. Ma tutto ciò è ovviamente impossibile, l’unico modo sarebbe recarsi sul luogo del dipinto ed immergersi nel verde.

Fig. 2.2.4. - 38 Lago Annecy, Paul Cézanne, 1896

Fig. 2.2.4. - 39 Strada verso il Lago, Paul Cézanne, 1880

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2.2.5. By the water Autore: Pierre-Auguste Renoir

Tecnica: olio su tela

Anno: 1880

Dimensioni: 46,2 x 55,4 cm

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Ubicazione: Art Institute of Chicago, Chicago, IL, US


Descrizione

Sensazioni

Nel quadro sono raffigurati, in primo piano, un uomo e una ragazza, entrambi appoggiati ad una ringhiera al fresco di una pergola da cui pendono viti, rami e foglie. L’uomo sta fumando e sembra che stia raccontando qualcosa alla fanciulla lo guarda ed ascolta con attenzione. Dietro di loro vi è un lago sulle cui acque si possono scorgere delle piccole imbarcazioni. Intorno al lago un sentiero cinge le sponde: su di esso si possono scorgere figure umane che camminano e si presume stiano parlando o ammirando lo splendido paesaggio circostante. Sullo sfondo, oltre il lago, s’intravedono delle colline. Renoir ha utilizzato tonalità varianti, pennellate morbide per catturare il momento in cui due persone si stanno godendo la luce mutevole di una giornata in riva al lago. Per fornire luminosità al quadro e illuminare le persone e l’ambiente, ha adottato una tavolozza molto ampia di colori anche se i colori freddi come il verde e il blu dominano la raffigurazione: ha usato il blu per dipingere il lago, le colline, la camicia dell’uomo e il vestito della ragazza. Ha inoltre applicato colori verdi e altamente saturi per il fogliame e l’erba. Tuttavia Renoir ha utilizzato anche colori caldi per fornire luminosità aggiungendo il giallo sulla pelle delle due figure e sui loro vestiti. Nel quadro il rosso e il verde sono stati utilizzati come colori complementari: le foglie verdi e l’erba contrastano fortemente con il rossiccio della ringhiera e dei rami. Nelle due opere a destra Renoir ha ritratto la Grenouillère; un celebre stabilimento balneare collocato sull’isolotto di Croissy, una piccola emergenza insulare che, collocata nel bel mezzo della Senna, ne divide il corso in due rami. Il complesso della Grenouillère era frequentato dalla crème della borghesia francese che qui trascorreva pomeriggi felici e spensierati.

Osservando il quadro sembra che i due protagonisti, l’uomo e la bambina, non desiderino altro che essere nel luogo in cui si trovano. La loro conversazione è incorniciata da un paesaggio tranquillo, il posto giusto in cui dar vita a parole e pensieri. Sullo sfondo si intravedono altre coppie di persone, conferma del fatto che un luogo del genere non può che alimentare i sentimenti e le sensazioni. Parlare con una persona in un luogo chiuso o poco suggestivo ha sicuramente un altro sapore rispetto ad una conversazione in cui, spostando lo sguardo dalla persona dinnanzi a noi, ci troviamo di fronte ad uno scenario come può essere quello del lago dipinto da Renoir.

Viene quindi da chiedersi dove poter trovare un luogo come quello del quadro, in cui poter sedersi e lasciarsi andare al flusso dei pensieri: luoghi del genere non sono certo innumerevoli, spesso i più suggestivi sono quasi inaccessibili ed è difficile trovare un punto in cui poter sostare. Il nostro paese è pieno di potenzialità e scorci fantastici ma spesso, per i più svariati motivi, non è possibile goderne a pieno. Renoir, attraverso le sue opere, dimostra invece di essere un vero amante di questi luoghi; anche la Grenouillère sembra essere un angolo di paradiso in cui potersi immergere nella natura e nei dialoghi con le persone amate.

Fig. 2.2.5. - 41 La Grenouillère, Pierre Auguste Renoir, 1869

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I.2.3. Scultura

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Accostando scultura e acqua ci accorgiamo come quet’ultima non sia assolutamente un elemento secondario. Essa, con la sua mobile trasparenza, cinge e sfiora la scultura che, a sua volta, accarezza la dinamicità dell’acqua e ne custodisce il suo continuo scorrere, quasi come se non vi potesse essere altra difesa che il saper convivere con questa inafferrabile e fluida entità. L’acqua diventa così parte della scultura stessa, ne riflette le forme, le dimensioni. Ne raddoppia il fascino e l’impatto sull’osservatore. I modi in cui scultura ed acqua sono entrate in contatto tra loro nel corso della storia sono innumerevoli; non sarebbe possibile fornire un elenco preciso né suddividere in categorie i diversi approcci. Spesso questo legame è stato utilizzato per fini sociali e ambientali, come vedremo nell’opera “Support” di Lorenzo Quinn (in cui entra in gioco anche l’architettura) e in “She lies” di Monica Bonvicini. Altre volte, come nelle opere di Carlo Scarpa, l’acqua è un particolare fra i tanti che formano la grandezza e l’unicità delle sue opere. Prendendo in esame nomi invece meno conosciuti è necessario citare ed analizzare le opere di Fesson Ludovic che, con estrema sensibilità, nella sua opera “Back to nature” riesce ad incantare con giochi di intrecci e riflessi. Nelle pagine seguenti sono state prese in esame diverse opere scultoree aventi ognuna un carattere particolare e distintivo.

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I.2.3.1. Back to Nature Progettista: Fesson Ludovic

Anno: dal 2013 ad oggi

Collocazione: Francia

Materiali utilizzati: oggetti presenti in natura

Tipo di struttura: temporanea

Descrizione Utilizzando la superficie dell’acqua non come strumento compositivo ma semplicemente come specchio, Ludovic Fesson crea affascinanti forme geometriche utilizzando oggetti di recupero, come rami e pietre. Le sue sculture mirano a far perdere ogni riferimento grazie al quasi impercettibile confine tra soggetto e riflessione. Le immagini che crea, sempre minimaliste, appaiono come forme geometriche sospese e gli spettatori si trovano ad osservare cose che in realtà sono diverse da come appaiono. Negli elaborati è presente una linea di de-

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marcazione tra realtà e riflesso, per cui le sculture possono variare la propria forma in base al punto di osservazione. Ciò comporta la perdita di ogni punto di riferimento; da qui ognuno le interpreta a proprio modo, come forme geometriche, forme di vita sconosciute o altro ancora. L’acqua è l’ elemento fondamentale che determina questa atmosfera sospesa: essa è in continuo movimento e crea in tal modo infinite prospettive riflesse dell’oggetto. Lo spettatore non deve fare altro che abbandonarsi alla fantasia più profonda, aiutato anche dal luogo in cui si trovano le ope-

re: Fesson infatti sceglie, per le sue opere, collocazioni inusuali in spazi di campagna, restando sempre lontano da luoghi prestigiosi e affollati. Rispetto alle sue realizzazioni egli afferma: “Ognuno di questi materiali è una perfetta connessione con le mie origini”. E’ così che l’artista ci invita a ricercare le nostre origini, specchiandoci nella natura e ritrovandoci in essa. Ludovic Fesson, oltre ad essere un “land artist” è anche un fotografo e compone le sue opere in un'ottica fotografica.


Sensazioni Delicatezza. Fragilità. Precisione. Sono queste le prime parole che mi saltano alla mante trovandomi davanti alle opere di Fesson. Una minima onda, un fruscio leggero, il movimento di un animale potrebbero essere fatali per queste opere. Eppure restano in piedi. Ferme. In un luogo che sembra essere fuori dal tempo e dallo spazio. Viene da chiedersi quale sia

stata le genesi del suo pensiero, perché un giorno abbia deciso di intraprendere questo percorso artistico tra natura, acqua e meticolosità. Queste opere non sembrano avere un intento preciso se non quello di suscitare curiosità, ammirazione, stupore. Dopo i primi pensieri strettamente legati a riflessioni estetiche, capisco che forse c’è di più. Queste opere sono la dimostrazio-

ne che con poco, con quello che la natura ci offre, è possibile incantare e scuotere gli animi delle persone con leggerezza. La stessa leggerezza con cui Fesson è riuscito a costruire queste sculture che, in punta di piedi, si inserisono nel paesaggio per poi non lasciare traccia una volta demolite.

- Fig. I.2.3.1 - 42, 43, 44, Sculture sull’acqua di Ludovic Fesson costruite utilizzando materiali del luogo

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I.2.3.2. Support Progettista: Lorenzo Quinn

Anno: 2017

Collocazione: Venezia

Materiali utilizzati: materiale plastico espanso e metallo

Tipo di struttura: temporanea

Descrizione La scultura monumentale di Lorenzo Quinn, scultore tra i più apprezzati a livello internazionale, è un’installazione che, da maggio a novembre 2017, emergeva dall’acqua in Canal Grande nell’area di Rialto, tra la Ca’ D’Oro e Campo Santa Sofia. L’opera, creata per la Biennale di Venezia, ha voluto porre l’attenzione sulla sempre più attuale problematica del riscaldamento globale. Quinn ha affermato che: “Venezia è una città d’arte galleggiante che da secoli ispira cultura, ma per continuare a farlo necessita del supporto della nostra e delle future generazioni perché è minacciata dai cambiamenti climatici e dal degrado“. Quindi le mani, alte circa 9 m, rappresenterebbero il ruolo che noi esseri umani

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possiamo avere nel sostenere (o meno) un patrimonio unico come la nota città lagunare e in un'accezione più ampia l’intero pianeta. La scelta di Quinn di usare le mani come simbolo di supporto deriva dal fatto che esse sono strumenti che possono tanto distruggere il mondo quanto salvarlo, trasmettono un istintivo sentimento di nobiltà e grandezza in grado anche di generare inquietudine, poiché il gesto generoso di sostenere l’edificio ne evidenzia la fragilità. Ogni mano pesa circa 2.500 kg. La scultura è stata realizzata in materiale plastico espanso, ha una struttura interna metallica e ognuna si regge su quattro pilastri che penetrano il Canale fino a 12 metri circa — due di acqua, otto di fango, due di sabbia.

In questa installazione l’arte è stata messa al servizio della salvaguardia ambientale al fine di sensibilizzare la popolazione con ogni mezzo a disposizione; a tal proposito l’artista ha affermato, in un’intervista: “io credo nel potere dell’arte. Più si parla delle cose, più è facile risvegliare le coscienze e creare un movimento collettivo. Io non sono un esperto di clima, sono un artista, ma non è difficile notare i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni. Noi stessi abbiamo avuto problemi a installare la scultura proprio perché c’era l’acqua alta in un periodo in cui non avrebbe dovuto esserci.”


Sensazioni La prima volta che ho visto questa scultura sono rimasta perplessa: non riuscivo a capire se mi piacesse o meno e, cosa ancora più strana, suscitava in me sensazioni contrastanti. Il mio pensiero oscillava tra: “mi piacciono le mani e mi piace che sorreggano la costruzione” e “queste mani giganti mi trasmettono ansia, accentuano la fragilità della costruzione sull’acqua”. Quando ho capito che era nell’intento dello scultore fornire un duplice messaggio, mi sono finalmente decisa: Support è un’autentica opera d’arte. E non solo. È un’opera d’arte non fine a se stessa, non realizzata per soddisfare i sensi degli spettatori: è un’opera d’arte che scuote le coscienze, che spinge ad informarsi, a capire perché l’artista sia stato mosso dalla volontà di realizzare queste mani enormi che, in un tentativo quasi disperato, emergono con forza dall’acqua e forniscono un appoggio solido ma allo stesso tempo umano e quindi vulnerabile, pronto a crollare in qualsiasi momento. Nell’ottica di questo studio l’opera di Quinn fornisce uno spunto di riflessione fondamentale che dovrà sempre essere tenuto in considerazione: quando si opera in un paesaggio naturale, in special modo se in presenza di acqua, la nostra mano deve essere delicata, quasi impercettibile, ma fornire un solido appoggio per il contesto, in modo che l’intervento antropico sia un aiuto e non una condanna per il contesto paesaggistico. Solo così, con attenzioni, amore, e supporto potremmo dire di aver rispettato la natura.

Fig. I.2.3.2 - 45, 46 Foto della scultura Support

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I.2.3.3. She lies Progettista: Monica Bonvicini

Anno: 2010

Collocazione: Oslo, Norvegia

Materiali utilizzati: acciaio inossidabile e pannelli di vetro

Tipo di struttura: permanente

Descrizione In She Lies, collocata sulle acque del porto di Oslo e progettata da Monica Bonvicini, viene interpretato il clima culturale della Norvegia; l’ opera è la trasposizione temporale e spaziale del celebre dipinto di Caspar David Friedrich Das Eismeer (1824), il mare ghiacciato. La scultura è costruita in acciaio inossidabile e pannelli di vetro che misurano circa 12 x 17 x 16 m. Il pezzo è installato permanentemente e galleggia sull’acqua nel mezzo al fiordo sopra una piattaforma di cemento di circa 12 m. Girando attorno al proprio asse al ritmo delle maree e del vento, la scultura offre una vista mutevole attraverso i riflessi sulle superfici specchiate e semitrasparenti. “Il monumento allo stato di cambiamento perenne”, come lo definisce paradossalmente la progettista, sembra uscito da una delle Città Invisibili di Calvino: un concentrato di trasparenza, leggerezza e virtuale accumulo di rovine e lastroni di ghiaccio. She Lies gira su se stessa, riflette sia la vita urbana che la natura, l’umore della terra e gli stati d’animo dei singoli. È collocata di fronte alla bianchissima Opera House che digrada, come una montagna di marmo e vetro, verso il mare. L’opera rappresenta in modo visivamente suggestivo la forma di un iceberg, come se, a causa delle circostanze dovute al riscaldamento globale, fosse finito nel fiordo di fronte al Teatro dell’Opera.

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Fig. I.2.3.3 - 47 Il mare ghiacciato, Caspar David Friedrich Das Eismeer, 1824


Sensazioni She Lies è un inno alla gioia, è un’ opera che cattura la luce, gli elementi e il cielo. Tutto l’ambiente è contemporaneamente riflesso dal monumento e la sua dinamicità si sposa perfettamente con il contesto in cui è collocata. Nonostante sia composta da numerose lastre aventi inclinazioni, forme e dimensioni diverse, l’opera sembra essere stata costruita per rimanere per sempre lì e, allo stesso tempo, sembra ci sia sempre stata. Non si può fare a meno di osservarla e di cercare di capire perché susciti così tanto interesse: forse perché in lei sembra esserci racchiuso passato e futuro, natura e tecnologia. Trasmette un perfetto mix di sensazioni che lascia senza parole. “She Lies” significa “lei mente” ma in nessuna rivista, articolo, pubblicazione è spiegato perché sia stata chiamata così; basandomi sulle sensazioni che ha suscitato in me potrei ipotizzare che sia proprio perché in lei sono racchiusi innumerevoli significati e sfaccettature: non è possibile capire con precisione cosa voglia comunicarci; è schiva, riservata, mutevole ed estremamente affascinante. Cambia a seconda delle condizioni meteorologiche, dell’angolazione da cui viene osservata; sembra estremamente originale e innovativa ma poi scopriamo che è la quasi perfetta riproduzione del famosissimo quadro di Friedrich. È incredibile come un’opera, percepibile solo con la vista, possa significare così tanto e trasmettere una così vasta gamma di sensazioni.

Fig. I.2.3.3 - 48, 49, 50 Foto della scultura She Lies, Monica Bonvicini

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I.2.3.4. Another Place Progettista: Antony Gormley Collocazione: - prima collocazione: Wattenmeer, Cuxhaven, Germania

- seconda collocazione: Crosby Beach, Regno Unito

Materiali utilizzati: ghisa

Anno: 1997

Tipo di struttura: - prima collocazione: temporanea -seconda collocazione: permanente

nalmente in maniera diversa, per sfruttare una visione statica dell’individuo in grado di far scattare un universo di pensieri. Luoghi, quelli attraversati dalle sculture di Gormley, dove nessuno mai penserebbe di trovare delle opere d’arte, come l’installazione “Another Place” sulla Crosby Beach di Liverpool, dove circa cento statue di ghisa occupano tre chilometri di costa, rivolte verso il mare. Ogni statua è alta 189 cm e pesa circa 650 kg. Con l’alzarsi e l’abbassarsi della marea le statue sorgono o vengono sommerse dal mare. Another Place fu esibito per la prima volta sulla spiaggia di Cuxhaven, in

Germania, nel 1997. Nel 2005, dopo essere state trasferite a Crosby Beach, la sua opera causò una rivolta di pescatori e surfisti e scatenò una vera e propria battaglia politica e culturale. Questo non bastò a far rimuovere l’installazione, di indubbio valore artistico e culturale. Antony Gormley può essere considerato l’nventore di un nuovo linguaggio artistico ed un esploratore che ha posto come principale campo d’indagine le diverse relazioni fra l’involucro corporale, considerato architettura e sede della mente, e lo spazio architettonico o naturale col quale si relaziona, in questo caso l’acqua.

Descrizione Antony Gormley utilizza il proprio corpo come matrice per la realizzazione di calchi grezzi e crea sculture che sanno d’uomo, che ne copiano le proporzioni, che lo imitano o che semplicemente lo evocano. I materiali che utilizza sono tra i più disparati, dall’acciaio alla terracotta, in diverse dimensioni, ma tutte con un unico obiettivo: quello di far riflettere sul rapporto spazio-uomo, uomo-natura, individuo-società, in un crescendo sempre più accurato di relazioni. Una comunicazione nuova che prende ad oggetto l’uomo e il suo corpo, il suo volume e lo spazio che occupa, per comunicare fi-

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Sensazioni Luoghi che devono far pensare alla condizione umana, che devono bloccare la folla così veloce e irruenta nelle attività giornaliere per fare riflettere sul significato dell’uomo stesso, della sua esistenza, del suo rapporto con gli altri, del suo rapporto con il mondo, con il suo stesso corpo e la propria vulnerabilità. Queste opere sembrano voler dire “Fermatevi. Osservate. Scoprite”. La sensazione che si prova è quasi di impotenza, di resa. Siamo consapevoli di essere risucchiati dalla frenesia della vita quotidiana e lasciamo che la bellezza dei luoghi che ci circonadano ci scorra accanto silenziosa. Quest’opera è un invito a consegnarsi all’acqua, alla marea, all’orizzonte. È un invito a farci travolgere dalle onde e della emozioni. Le critiche che ha subito sono state spietate e innumerevoli: forse proprio perché non sappiamo più emozionarci e capire il vero significato delle cose.

Fig. I.2.3.4 - 51, 52, 53 Foto delle sculture realizzate da Antony Gromley

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I.2.4. Fotografia

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Fotografare è un atto di conoscenza: nessuna macchina fotografica potrà mai sostituire lo sguardo di chi si trova dietro l’obiettivo, di chi scatta col pensiero e col cuore. Così come la penna, da sola, disegna semplicemente un tratto, così il compito della macchina fotografica è soltanto quello di scattare: è lo sguardo che ridisegna la realtà. Scattare è, come sostiene Fontana nel suo libro “Fotografia creativa”, un atto di pensiero: bisogna fotografare quello che si pensa, non quello che si vede. Le immagini traducono l'interpretazione del fotografo in un linguaggio universalmente comprensibile. La fotografia non ritrae la realtà: il fotografo la possiede, la “violenta” per piegarla

a quello che è il suo pensiero. Con la sua interpretazione l’artista crea così un mondo a parte, tutto suo. Quando è in grado di conferire identità alle cose - come ha fatto Ansel Adams con i suoi paesaggi, Henri Cartier Bresson con l’attimo che fugge, Luigi Ghirri con le sue atmosfere - la fotografia è cultura al pari della pittura, della scultura, della letteratura e di tutte le altre arti. L’unica differenza è che la fotografia è molto più democratica: siamo portati a pensare che basti conoscere il tempo di esposizione di Mario Giacomelli per scattare come lui, o la complementarietà dei colori per esporre al posto di Ernst Haas. Purtroppo o per fortuna non è

così, ma chiunque, con in mano una macchina fotografica, riuscirebbe a scattare. La democraticità della fotografia sta tutta qui, nella possibilità che dà ad ognuno di scavare dentro sé stesso. Ed è proprio da questa ricerca interiore che in ogni fotografo nasce la necessità di trovare luoghi e soggetti che possano in qualche modo avvicinarlo a capire la propria identità. Ho scelto così di analizzare il profilo e le fotografie di quattro grandi artisti che, nella loro vita, si sono cimentati più volte con l’elemento acqua, interpretandolo e servendosene in maniera sempre diversa.

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I.2.4.1. Ansel Adams

Fig. I.2.4.1 - 54 Ice on Ellery Lake, 1959

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Descrizione “Il mondo intero è per me molto “vivo” – tutte le piccole cose crescono, perfino le rocce. Non riesco a guardare crescere un po’ d’erba e di terra, per esempio, senza percepire la vita essenziale, le cose che si muovono con loro. Lo stesso vale per una montagna, o un tratto di mare, o un magnifico pezzo di legno vecchio”. Tra i più popolari fotografi al mondo, Ansel Adams ha dedicato l’intera vita alla natura, contribuendo in modo determinante a consolidare nell’immaginario collettivo l’idea della wilderness americana. Nato a San Francisco pochi anni prima del catastrofico terremoto del 1906, durante l’infanzia trova nelle vicine dune del Golden Gate una fonte inesauribile di avventure. Il suo legame con la natura si trasforma in vera e propria passione in occasione del primo viaggio allo Yosemite National Park.

Fig. I.2.4.1 - 55 Mono Lake, California, 1947

Appena quattordicenne, Adams scatta le prime fotografie del parco che diviene uno dei suoi soggetti preferiti, sebbene nel corso della carriera fotograferà numerose aree naturali americane. È alla fine degli anni ’20 che Adams conosce, grazie a Paul Strand, i principi della straight photography di cui, abbandonato il pittorialismo, diviene uno dei maggiori esponenti. Proprio tali principi – centrati sulla purezza e sull’autonomia della fotografia quale linguaggio espressivo – sono alla base dell’attività del gruppo f/64, che Adams fonda insieme a Edward Weston, Sonya Noskowiak e Imogen Cunningham nel 1932. Il nome stesso del gruppo ne rappresenta ideologicamente anche il manifesto: nella macchina fotografica, f/64 è la più piccola apertura del diaframma, che permette di ottenere la massima profondità di campo e la migliore nitidezza dell’imma-

gine sia in primo piano sia nella distanza. La visualizzazione dell’immagine che si vuole ottenere, ancor prima dell’esposizione e della stampa, è ciò che Adams ritiene fondamentale nel creare fotografie che, nel suo caso, hanno lo scopo ultimo di riflettere ciò che si prova di fronte allo spettacolo straordinario della natura. La wilderness è per lui uno stato della mente e del cuore, un diritto che va difeso dalle crescenti minacce, costituite da fenomeni come il turismo di massa, l’espansione industriale e la diffusione del consumismo. Attivamente impegnato come ambientalista, Adams condurrà in prima persona numerose campagne mostrando, attraverso le sue fotografie, non tanto la realtà e le cause del crescente degrado quanto l’irrinunciabile meraviglia della natura incontaminata.

Fig. I.2.4.1 - 56 Evening McDonald Lake, Glacier National Park, 1941

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Sensazioni Se mi venisse chiesto di pensare alla fotografia di un paesaggio, immediatamente penserei ad un mare azzurro o un tramonto rosso fuoco, oppure a prati verdissimi e fiori colorati. Solitamente, io come la maggior parte delle persone, associamo ad un paesaggio un tripudio di colori che evidentemente consideriamo il modo più immediato per descrivere la natura. Difficilmente riusciamo a creare un sillogismo legato all’uso del bianco e nero. Eppure Ansel Adams è probabilmente riconosciuto come uno dei più grandi fotografi paesaggisti di tutti i tempi nonostante, nella sua lunga carriera, abbia quasi esclusivamente scattato in bianco e nero. E vi è rimasto sempre fedele, anche quando i mezzi a disposizione gli avrebbero consen-

tito di utilizzare il colore. Specialmente nel fotografare l’acqua, sostanza incolore che si appropria della cromia del paesaggio per rifletterne luci, ombre e masse, l’uso della fotografia a colori può sembrare fondamentale: viene spontaneo pensare che un’immagine in bianco e in nero di un paesaggio acquatico, sia esso mare, fiume, stagno o lago, non renda giustizia a quello che realmente ci troviamo di fronte agli occhi. Tuttavia queste convinzioni vengono presto meno una volta osservate le fotografie di Ansel Adams: con l’utilizzo di solo due colori egli riesce a trasmettere sensazioni uniche, trasportando l’osservatore nel punto esatto in cui è stata scattata la foto. La scala dei grigi sostituisce i colori e non

Fig. I.2.4.1 - 57 Lake and mountains, McDonald Lake, Glacier National Park, Montana

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ne fa sentire la mancanza, i riflessi sull’acqua assumono la stessa importanza delle immagini reali e la luce bianca sembra essere quasi divina. Un’altra particolarità delle fotografie di Ansel Adams è quella di essere totalmente prive di figure umane: le immagini che propone sembrano essere state scattate prima ancora della comparsa dell’uomo sulla terra, trasmettono un senso di pace che, purtroppo, è difficile provare in prima persona. Davanti alle sue foto non resta che rimanere in silenzio, contemplare la bellezza di certi paesaggi e provare ad immaginare come sarebbe trovarsi proprio lì, seduti vicino al Lago ad osservare il cambiamento dei colori col passare delle ore del giorno.


Fonti

Fig. I.2.4.1 - 58 Afternoon Sun, Crater Lake National Park, 1943

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I.2.4.2. Cartier Bresson

Fig. I.2.4.2 - 59 Padre e figlio sul Lago Sevan, Armenia, 1972

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Descrizione Henry Cartier Bresson, soprannominato “occhio del secolo” è, con molta probabilità, il fotografo più influente del ‘900. Egli viene principalmente riconosciuto come fotogiornalista e ritrattista, ma ha sempre considerato la fotografia come una vera e propria forma d’arte, come un’ estensione della pittura, la sua prima passione. Il suo equipaggiamento era costituito da una Leica 35mm e da un obiettivo 50mm: strumenti leggeri che gli permetteranno, nel corso della sua carriera, di essere sempre pronto a scattare la foto perfetta. Si dimostrò fin da subito in grado di catturare immagini della vita quotidiana con una precisione ed un tempismo ineguagliabili, dirigendosi immediatamente al cuore del problema. A Bresson si deve il merito di aver elevato il foto giornalismo, fino a quel momento poco considerato. Il suo approccio prevedeva di allineare “testa, occhio e cuore”, e di scattare più fotografie possibili, finché dalla massa non ne emergeva una in cui tutti gli elementi erano disposti perfettamente e capaci di simbolizzare un evento, una persona o un luogo. Riusciva a catturare un attimo di pura bellezza senza però privarlo di una certa tecnica: “È necessario sentirsi coinvolti in quello che si ritaglia attraverso il mirino. Fotogra-

fare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un fatto e l’organizzazione rigorosa delle forme percepite visualmente che esprimono e significano quel fatto”. Non seguiva un metodo specifico, si limitava ad osservare la realtà, trovare particolarità e fotografare ciò che poi, mostratolo agli altri, sarebbe stato compreso senza bisogno di spiegazioni. Non amava quando critici o allestitori aggiungevano descrizioni alle sue fotografie: “Lasciamo che le foto parlino da sé e non permettiamo che delle persone sedute dietro ad una scrivania aggiungano ciò che non hanno visto. Le immagini non hanno bisogno di parole, di un testo che le spieghi, sono mute, perché devono parlare al cuore e agli occhi”. Questa mia breve analisi non ha quindi la pretesa di descrivere il mondo di Bresson, (per fare ciò occorrerebbe una ricerca molto più accurata e approfondita); mi limiterò a raccogliere le foto in cui i protagonisti delle sue fotografie, fugaci e veloci, si trovano a contatto con la natura e soprattutto con l’acqua, sostanza mai uguale nel tempo, proprio come i soggetti che amava immortalare.

Fig. I.2.4.2 - 60 Lago a Zurigo

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Sensazioni Nella prima foto “Father and Child at Lake Sevan” è evidente la felicità provata dai due soggetti. Il padre, con la mano aperta e un’aria divertita, alza il figlio da terra che, tenuto per i piedi, guarda sorridente l’obiettivo. Una scena simbolica di quello che può essere un rapporto padre-figlio, incorniciata da un luogo suggestivo che enfatizza ancor di più il momento: il Lago Sevan, circondato dalle montagne, conferisce un tocco in più alla fotografia; quest’ultima perderebbe infatti sicuramente di forza se al posto dello specchio lacustre fosse presente una semplice distesa di campi. Le foto 2, 3 e 4 mostrano tutte un momento di svago nei pressi di un lago. Nella prima delle due ciò che salta all’occhio è senz’altro l’equilibrio che si crea tra uomo e natura: la coppia, distesa su dei materassini, sembra comportarsi esattamente come le due anatre poco distanti. Ciò che la fotografia trasmette è un assoluto senso di pace e tranquillità. Nella foto 3 viene invece sottolineato come le rive di un lago o di un fiume possano essere un luogo adatto per passare del tempo in compagnia, lontani dalla frenesia delle città. Tutte queste fotografie, la quarta compresa, sono solo alcune di una svariata serie in cui possiamo scorgere l’importanza dell’acqua, e in particolar modo degli specchi lacustri, nelle foto di Bresson. Da tutte traspare un messaggio forte e chiaro: il contatto con la natura non sarà certo l’unica soluzione per una vita felice, ma senza ombra di dubbio essa può contribuire in grande misura. La foto nella pagina seguente mi ha invece portato alla mente le sculture di Fesson Ludovic precedentemente analizzate. L’uomo che corre sul filo dell’acqua crea sulla superficie un riflesso così netto che, se osservato fugacemente sembra d’essere un tutt’uno con la figura umana: si viene così a creare, tra il riflesso e l’uomo stesso, una figura associabile ad una stella. Tutto ciò è stato possibile grazie alla prontezza di Bresson nello scattare la foto ma anche all’elemento acqua, generatrice di riflessi, e sempre pronta a stupire lo spettatore. 108

Fig. I.2.4.2 - 61 Domenica sulla riva della Senna, 1938

Fig. I.2.4.2 - 62 Foto di Carson McCullers e del compagno in riva al Lago


Fig. I.2.4.2 - 63 Uomo di corsa dietro la stazione Saint - Lazare, Parigi, 1932

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I.2.4.3 Elliott Erwitt

Fig. I.2.4.3 - 64 Diversi stati d’animo in riva al Lago

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Descrizione Elliot Erwitt è un fotografo universalmente annoverato tra i grandi maestri della fotografia di tutti i tempi. Il tratto distintivo delle sue fotografie è l’ironia, egli ha sempre preferito girare l’obiettivo verso le assurdità presenti nella società piuttosto che verso le sue malattie. Erwitt ha sempre preso sul serio il suo mestiere, ma ha sempre sostenuto l’estrema importanza dell’umorismo: “Far ridere le persone è uno degli obiettivi più grandi che si possano raggiungere. È molto difficile, per questo mi piace.”

La grande capacità di Erwitt è quella di catturare combinazioni paradossali nella vita di tutti i giorni che, almeno per qualche momento, mettono a tacere le preoccupazioni e le ansie della società contemporanea. I cani sono uno dei suoi soggetti preferiti perché, con il loro atteggiamento naturale e irriverente, fungono da controparte perfetta alla pomposità e alla compostezza dei padroni. Al centro della poetica dell’artista c’è un’ attenta e costante osservazione della realtà che lo circonda. Egli si diverte a giocare e ad ironizzare, sempre in modo amichevole, con

gli esseri umani: attraverso le sue fotografie osserviamo un mondo forse un po’ troppo ottimista e vagamente fuori dal tempo, dove non c’è mai spazio per violenza, guerre, crudeltà e dove non ci sono quartieri degradati, grandi residenze, ma cani, bambini e famiglie numerose, tutti contraddistinti da una grande senso dell’umorismo. Le foto scelte per queste pagine hanno tutti una caratteristica in comune: la presenza dell’acqua sullo sfondo; l’obiettivo è quello di riuscire a capire la relazione che intercorre tra le persone ritratte da Erwitt e il paesaggio che le circonda.

Fig. I.2.4.3 - 65 California Kiss, Santa Monica, 1955

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Sensazioni Più volte nel corso dei miei studi mi sono imbattuta nelle foto di Elliot Erwitt e non c’è stata una sola volta in cui non mi abbia fatto sorridere: persone, sentimenti, animali, divertimento,e spensieratezza animano i suoi scatti e riescono da subito a suscitare una forte empatia.

Se queste fotografie vengono associate anche all’ elemento “acqua”, ecco che assumono significati e sfaccettature più speciali. Basta volgere lo sguardo alla Fig.1: sei persone in pochi metri quadrati, attraverso le pose dei loro corpi, riescono a trasmettere una tale quantità di informazioni e

Fig. I.2.4.3 - 66, 67, 68 Cane e padrone in riva ad un lago. sequenza di foto.

Fig. I.2.4.3 - 69 Bambina col cane in riva al Lago

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sensazioni difficilmente percepibili in altre fotografie. Due coppie di innamorati rivolte verso il lago si contrappongono al ragazzo sulla sinistra, imbronciato e incurante dello scenario alle sue spalle; ecco cosa significa esprimere il rapporto


uomo-contesto: con un solo scatto Erwitt è riuscito a farci capire gli stati d’animo di ognuno di loro. Le sue foto, se messe a confronto con quelle di Ansel Adams, sembrano appartenere ad un mondo totalmente diverso, un mondo al cui centro vi è sicuramente l’essere umano con tutte le sue sfaccettature; se le foto di Adams sono utili per comprendere la bellezza che ci circonda, quelle di Erwitt sono fondamentali per indagare il comportamento dell’essere umano all’interno della società e dell’ambiente. Non meno interessanti sono le foto dove compaiono gli animali: traspare la loro felicità di fronte all’acqua, segno che un luogo meritevole è apprezzato non solo dalle persone ma anche dalle altre specie viventi.

Fig. I.2.4.3 - 70 Cane entusiasta sull’isola di Skye, 1928

Fig. I.2.4.3 - 71 Donna distesa sulla acque di un Lago, Ungheria, 1964

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I.2.4.4. Steve McCurry

Fig. I.2.4.4 - 72 Lago Inle, Birmania, 2011

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Descrizione Steve McCurry è uno dei fotografi che più ha lasciato il segno negli ultimi 30-40 anni: tramite il suo stile forte e deciso, ha trasmesso un’intensa empatia a milioni e milioni di persone Nato a Philadelphia nel 1950 ha dimostrato fin da subito interesse per l’arte visiva. La carriera da fotografo ebbe inizio presso una testata locale, la King of Prussia, per poi trovare la sua vera dimensione come fotoreporter. Nel 1986 diventò membro della Magnum Photos (società fondata da Henri Cartier Bresson e Robert Capa). Dopo aver lavorato per la testata locale decise di intraprendere un viaggio verso il confine del Pakistan con l’intento di descrivere la difficile situazione in mano ai ribelli. Oltre al Pakistan McCurry ha visitato l’Iran, l’Iraq, il Beirut, la Cambogia, le Filippine e molti altri luoghi: ogni volta è riuscito a imprimere negli scatti le sensazioni e la vita dei luoghi visitati; ha ottenuto così la pubblicazione di quasi tutte le foto sul National Geographic Magazine. Il suo stile si concentra molto verso la rappresentazione del soggetto e attraverso i suoi scatti ha sempre voluto trasmettere il volto umano che si cela in ogni angolo della terra, soprattutto in quelli più sfortunati. Si è sempre preoccupato di dare un volto e un’immagine alle persone e ai luoghi meno esplorati della terra e la curiosità che lo ha sempre contraddistinto fin da adolescente gli ha permesso di attraversare i confini non solo fisici, ma anche culturali. In ogni sua foto, Steve McCurry vuole trasmettere una storia, vuole raccontare tutto il contesto in cui si trova quel soggetto. “La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco di trasmettere ciò che può essere una persona colta in un contesto più ampio che potremmo chiamare la condizione umana. Voglio trasmettere il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho

Fig. I.2.4.4 - 73 Uomo che rema sulla sua “Shikara”. Lago Dal, alla periferia di Srinagar, India

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trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell’essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità.” Un approccio quindi totalmente diverso da quello, per esempio, di Ansel Adams. I paesaggi che McCurry ci offre pullulano di vita e di storie. E non è stato difficile, tra le migliaia di foto scattate dal maestro, trovare quelle in cui è percepibile il rapporto che intercorre tra le vite da lui rappresentate e i paesaggi d’acqua.

Sensazioni Ho avuto la fortuna di visitare più volte mostre dedicate alle fotografie di Steve McCurry, ed ogni volta mi sono trovata a contatto con etnie lontane, e con condizioni sociali disparate. Impossibile fare una scelta delle fotografie che più mi hanno scosso, ognuna di essa è un tripudio di colori e sensazioni difficilmente spiegabile a parole. Tuttavia, quando ho iniziato questo capitolo, ancor prima di cimentarmi nella sezione “fotografia”, avevo ben in mente gli scatti di McCurry che avrebbero fatto parte di questo approfondimento. Attraverso i suoi scatti McCurry ci fa comprendere l’importanza del viaggio come possibilità di esplorare le diversità del genere umano, le culture “lontane” dall’Occidente, angoli e scenari lontani da ciò che siamo abituati a vedere coi nostri occhi. Inoltre, a differenza delle fotografie precedentemente analizzate, ciò che da queste foto emerge è un forte senso di malinconia, in cui figure solitarie si stagliano su sfondi dai toni accesi e netti. In questi contesti la figura umana sembra essere altro dalla natura, un’entità nettamente inferiore rispetto a ciò che la circonda. Siamo di fronte a luoghi incontaminati, genuini, dove la mano e la presenza dell’uomo sono appena percettibili. La proposta progettuale avrà quindi come riferimento immagini di questo tipo, in cui sono predominanti il rispetto per la natura e la tranquillità dei luoghi incontaminati. 116

Fig. I.2.4.4 - 74 Tramonto sul mare a Rijeka, Croatia

Fig. I.2.4.4 - 75 Gioco di specchi, uccelli sull’acqua, India


Fig. I.2.4.4 - 76 Abitazioni di legno e paglia sull’acqua, Filippine

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I.3 COSTRUIRE SULL’ACQUA

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Per rendere questo studio completo e per comprendere come intervenire nel migliore dei modi è stato necessario cercare, analizzare e studiare i progetti e le esperienze che hanno permesso di ottenere ottimi risultati in contesti aventi caratteristiche simili a quelle del luogo in cui intendo intervenire. L’analisi è iniziata con l’individuazione di alcune categorie progettuali. La prima tipologia analizzata è stata quelle delle strutture temporanee sull’acqua, elementi puntuali che, pur non trovandosi sulla terra ferma, sono diventati un luogo di riferimento, un’attrazione, un posto in cui rifugiarsi. Successivamente sono stati presi in esame i percorsi sull’acqua: passerelle, strade a filo d’acqua, moli, percorsi sopraelevati che congiungono, in maniera non impattante, le sponde di un lago, un lungomare, le rive di un fiume, permettendo all’uomo di spostarsi restando sempre a contatto con l’elemento acqua. Rimanendo sempre in ambito “strade” è stato utile analizzare anche alcuni progetti di “green-ways”, vie di congiunzione immerse nella natura e nel verde che però, in qualche modo, continuano a dialogare con l’acqua. Tra le varie tipologie analizzate particolarmente utile è risultato lo studio dei waterfront e dei belvedere, piccole strutture atte ad ospitare poche persone alla ricerca del contatto con la natura. Per ogni tipologia progettuale fin qui nominata ho scelto di analizzare i progetti a mio avviso più utili e significativi. Le best practices prese in esame non saranno suddivise in categorie in quanto, dopo un’analisi più attenta, ho capito che ogni struttura poteva appartenere a più tipologie progettuali. Ogni progetto è stato quindi valutato in base a dei criteri ben precisi, brevemente esposti all’inizio di questo capitolo.

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I.3.1. Criteri di valutazione

a. Innovazione formale Elemento non determinante al fine della riuscita del progetto ma che, se accompagnata da altri elementi positivi, può senza dubbio fare la differenza nel buon esito del progetto. In base a questo criterio si studia la forma, la geometria, la volumetria, sempre tenendo in considerazione il contesto in cui esso va a collocarsi. Non è detto che una forma innovativa sia da considerarsi positiva, essa deve innanzitutto essere in armonia con l’ambiente circostante. Tuttavia, se il sinonimo risulta ben inserito nel contesto e al contempo riesce ad apportare un innovazione formale sarà sicuramente un valore aggiunto che decreterà la buona riuscita del progetto.

b. Innovazione tecnologica Non si può ideare, produrre qualcosa, un’opera, un’architettura veramente innovativa o evoluta se non si ha profonda conoscenza dei materiali e delle tecniche, di ciò che è disponibile. Per poter affrontare una progetto di qualsiasi tempo, e in special modo un progetto in cui concorrono elementi quali “acqua”, “temporaneità”, “salvaguardia ambientale”, è indispensabile conoscere la gamma delle possibilità che la tecnologia ci offre; senza conoscenza non è possibile giungere ad un ottimo risultato. Per questo motivo sarà utile valutare i progetti analizzati anche in base alla loro innovazione tecnologica, cercando ci capire perché si è optato per una determinata soluzione anziché per un’altra. Vedremo come da delle necessità possa nascere un'innovazione, che si traduce in qualcosa di fisico, di materiale, producendo un avanzamento in ambito architettonico.

c. Accessibilità Un buon progetto, soprattutto se realizzato in un contesto meritevole, deve poter essere accessibile a tutti. Questo può comportare degli accorgimenti in più in fase progettuale, delle piccole accortezze che in primo luogo possono sembrare superficiali ma che poi si rivelano essenziali e saranno l’elemento chiave dell’intervento. Parlando di accessibilità mi riferisco non solo all’abbattimento delle barriere architettoniche per rendere il luogo praticabile anche dai disabili, ma anche ad una accessibilità rivolta alle persone anziane, ai bambini, a chiunque sia mosso dalla voglia di visitare il progetto.

d. Sostenibilità Avendo scelto come luogo d’intervento un contesto particolarmente delicato si dovrà tenere sempre ben presente la sostenibilità e la salvaguardia ambientale. La soluzione progettuale non dovrà in alcun modo disturbare il paesaggio, la natura e gli ecosistemi presenti. I progetti esposti nelle pagine successive sono tutti progetti che hanno messo al primo posto il rispetto per l’ambiente, cercando di minimizzare il più possibile l’impatto dell’uomo e dell’architettura sul contesto paesaggistico. Soprattutto nell’analisi delle strutture temporanee sull’acqua la sostenibilità gioca un ruolo fondamentale e d’importanza primaria. 120


e. Rapporto con l’acqua Il rapporto con l’acqua è un’arma a doppio taglio ed è di primaria importanza riuscire a trovare il giusto equilibrio. Un progetto eccessivamente a contatto con l’acqua rischia di essere poco accessibile, di non riuscire ad essere visitabile da tutti quelli che vorrebbero farlo. Allo stesso tempo, proprio lo stretto rapporto che intercorre tra natura e architettura, può essere il punto di forza del progetto. I progetti analizzati sono riusciti a trovare, in svariati modi e con risultati più o meno buoni, questo equilibrio . L’analisi di tutte le soluzioni fornirà uno spunto per capire in che modo intervenire nel luogo d’intervento scelto per questa ricerca.

f. Valorizzazione del luogo Il luogo d’intervento è di primaria importanza. I progetti analizzati sono collocati in ambienti e contesti molto diversi tra loro ma tutti aventi un denominatore in comune: la natura. Ciò che cambia è la qualità del luogo in cui sono stati realizzati; vi sono progetti collocati in ambienti perfetti, incontaminati, in cui l’intervento antropico è stato rispettoso e attento a non rovinare ciò che lo circonda; ma ci sono anche interventi grazie ai quali è stato recuperato un ambiente naturale che era stato, per diverse motivazioni, abbandonato a se stesso. In tutti i casi in seguito citati l’opera architettonica è riuscita a valorizzare il luogo d’intervento, rendendolo, in alcuni casi, ancora più speciale e, in altri, a decretarne un cambiamento positivo e repentino.

g. Flessibilità Una nuova architettura deve fare della flessibilità e reversibilità il proprio punto di forza: il progetto il deve essere pronto ad accogliere ciò che accadrà nel futuro del contesto sociale, culturale e tecnologico nel quale è inserito. Dobbiamo pensare e progettare organismi architettonici che prevedano operazioni di addizione e sottrazione, senza la necessità di occupare nuove aree di suolo o di impiegare processi ad alta entropia, mantenendo la reversibilità dell’intervento, così da raggiungere la massima flessibilità. Oggi progettare è spesso un gesto fermo al presente, se non addirittura ancorato al passato, senza volgere lo sguardo in avanti, a ciò che potrebbe accadere negli anni successivi all’edificazione, senza domandarsi se il progetto possa rinnovarsi nella forma, nella funzione e nel suo significato urbano. Andrebbero progettati frammenti di tessuto urbano non rigidi, offrendo così le potenzialità per acquisire un indubbio valore architettonico e sociale, grazie a parti modificabili nel tempo o anche removibili, quando necessario. È importante riuscire a realizzare un progetto che soddisfi varie tipologie di persone grazie a diverse modalità di utilizzo. I progetti che seguono non tutti vantano questa caratteristica, ma quelli che sono riusciti a centrare il segno sono sicuramente i più riusciti.

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I.3.2. Best practices

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I.3.2.1. Kastrup Sea Bath

Progettisti White Arkitekter

Materiali principali Legno di Azobé

Cronologia 2004-2005

Committente Municipalità di Tarnby

Dati dimensionali 1.1000 mq

Localizzazione Comune di Tarnby, Danimarca

Kastrup

Danimarca

Contesto Kastrup Sea Bath si trova nel comune di Tarnby, appena a sud di Copenaghen. È stato stimato che ogni anno circa 50.000 danesi fanno il bagno in questa costa e che molti di loro si recano proprio a Kastrup Sea Bath, nonostante si trovi a pochi metri da quello che fino agli anni ottanta era il cuore dell’industria chimica di Copenaghen. Ogni anno vi sono controlli sulla qualità dell’acqua - che risulta pulita - e sul terreno, che invece risulta non a norma: per questo motivo nella zona della piattaforma non sono ammessi edifici, vi sono solo qualche albero di tiglio e nastri per isolare la zona; una zona quindi quasi in abbandono che, grazie all’intervento di White Arkitekter è sta-

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ta rilanciata: il comune di Tarnby voleva un punto di riferimento che avrebbe distolto l’attenzione dal terreno avvelenato e avrebbe evidenziato la sua posizione sull’acqua con vista verso Oresund, il nuovo ponte, e verso la Svezia. Quando nel 2003 è stato iniziato il progetto non c’era nemmeno la spiaggia: solo una strada sterrata che terminava in un campo con edifici in pietra e un mare di alghe e fango. Nel 2005 furono portati sulla spiaggia 45.000 metri cubi di sabbia proveniente dall’Isola di Mon nel Mar Rosso, che coprirono un tratto 500 metri. La piattaforma era stata terminata l’anno precedente: un processo creativo più veloce sarebbe

stato difficile da immaginare. Da quando il Comune ha conferito l’incarico a White Arkitekter al giorno dell’inaugurazione sono passati poco più di due anni: la piattaforma diede alla White l’opportunità di realizzare un progetto di vero merito artistico: non vi erano edifici nelle vicinanze a cui conformarsi, solo il paesaggio piatto costituito da trame industriali deserte e il mare agiato. La mancanza di punti di riferimento ha reso possibile la libertà creativa, grazie alla quale un sito dismesso è stato trasformato in una delle destinazioni più affascinanti della Danimarca.


Fig. I.3.2.1 - 77 Foto della passerella di accesso alla piattaforma

Fig. I.3.2.1 - 78 Foto dell’alto della piattaforma

Sensazioni È possibile individuare la struttura mentre si vola nei pressi dell’aeroporto di Kastrup. Dal cielo sembra qualcosa che avrebbe potuto progettare un costruttivista sovietico con compasso e righello: un cerchio e una linea sopra il verde e l’azzurro del mare. Da terra è più difficile da decodificare: che cos’è? Una lumaca? Un nido? Una conchiglia? I numerosi soprannomi che le sono stati dati sono indicativi della sua popolarità. Dall’edificio di servizio, attraverso il molo di 100 metri, fino alla “vasca” il complesso possiede lo stesso entusiasmo sfrenato

che solitamente è contenuto solo dai primi schizzi, per poi perdersi con l’avanzare del progetto. Come la casa sull’albero di un bambino la piattaforma sembra un luogo per lo svago, per le marachelle e per le storie di pirati: in mezzo al mare, su legni intrecciati e lontani dal mondo degli adulti. All’esterno la costruzione appare oscura, aspra, pungente e quasi inaccessibile; al contrario dell’interno, dove i bagnanti si riuniscono, che risulta invece leggera, morbida e accogliente. Proprio come una conchiglia. La forma curva si solleva dalla superficie e vira nell’aria fino a rompersi

in un pick-a-sticks costruttivista, a cinque metri sopra le onde. Questo è quello che ci si aspetta dai bagnanti più coraggiosi: lungo il molo e attraverso il cancello, oltre le panchine e i gradini incorporati un salto di cinque metri nell’acqua. Niente impedisce questo movimento fugace. A differenza di altri edifici iconici del nostro tempo questa piattaforma non è né imponente ne forte, ma piuttosto onnicomprensiva, un inno alla vita, popolare come un giro nel parco giochi di Tivoli a Copenaghen. 125


Innovazione tecnologica Pensare che il progetto possa essere ispirato ad una casa sull’albero è totalmente sbagliato. Il materiale da costruzione è il legno di Azobé, scelto per la sua durabilità nell’acqua di mare, esente da manutenzione e di alta qualità estetica. Questo legno condivide la stessa durabilità dell’acciaio ed è resistente alla putrefazione e ai tarli. Le assi sono tagliate in tre larghezze e poi faticosamente combinate tra loro. Sul molo il gioco tra le assi è piuttosto semplice, ma all’interno dell’area balneare è stato creato un vero e proprio equilibrio: le tavole del pavimento sono state prima adattate al raggio del cerchio e poi alle assi concave del muro, collocate tra loro ad una distanza tale da

creare una facciata semitrasparente che alterasse la vista dal lungomare. È stata così ottenuta una costruzione delicata e leggera come un velo. Un ruolo fondamentale nella riuscita di Kastrup Sea Bath è stato giocato anche dall’illuminazione, il cui scopo, oltre a rendere il progetto funzionale e sicuro per i visitatori, è quello di offrire un’esperienza drammatica del luogo durante la notte e durante la lunga e oscura stagione. L’illuminazione è progettata per sottolineare il design architettonico e scultoreo. L’elemento più importante è la serie di grandi uplight che illuminano il lato interno della parete semicircolare. La riflessione della

luce illumina indirettamente l’intero spazio della piattaforma e in modo che la sua forma dinamica possa essere vista anche da una grande distanza. Nel punto in cui la parete raggiunge il suo punto massimo, da dietro la scala appare una luce colore blu elettrico che crea drammatico contrasto con le luci calde della piattaforma. L’ultimo elemento di illuminazione molto importante è costituito dalle due linee principali di punti a LED che corrono lungo il molo. In inverno la struttura può sembrare leggermente minacciosa, ma quando cade l’oscurità l’illuminazione brilla sulle pareti interne e filtra tra le assi.

Fig. I.3.2.1 - 79 ,80 Dettagli della pavimentazione

Fig. I.3.2.1 - 81 Ragazzi che si tuffano dal livello più alto

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Accessibilità

Fig. I.3.2.1 - 82 Servizi igienici

Fig. I.3.2.1 - 83 Persone che passeggiano sul molo in inverno Fig. I.3.2.1 - 84 Illuminazione notturna

Kastrup Sea Bath non è né privato ne esclusivo, è gratuito e accessibile al pubblico in ogni momento, indipendentemente dall’età, dalla mobilità fisica e dai bisogni. Tutti gli 870 metri quadrati di piattaforma della piattaforma sono a disposizione dei visitatori. Da questa struttura puoi vedere cioè che ti circonda e allo stesso tempo essere visto, una regola che meriterebbe di essere ricordata nelle affollate piscine comunali. Nell’edificio circolare sulla spiaggia - l’antitesi tozza della piattaforma galleggiante - c’è anche spazio per uno spogliatoio per disabili, completo di sedie a rotelle da utilizzare in acqua salata. In questo modo si è consentito anche alle persone disabili di avere pieno accesso alla struttura e al panorama. La struttura è stata progettata per chi vuole praticare esercizio fisico, per i ragazzi che vogliono giocare o per chi semplicemente vuole fare una tranquilla nuotata. Molte persone riconoscono in Kastrup Sea Bath un luogo per la tranquillità e la contemplazione, dove abbandonarsi ai pensieri cullati dalla brezza marina. Tutte queste motivazioni spiegano perché gli abitanti della città affollano in estate questo luogo, dove design, funzione e contesto sono totalmente in armonia. La piattaforma è usata frequentemente in inverno. In parte da bagnanti invernali, ma soprattutto da quelli che, uscendo per una passeggiata, vogliono sfuggire ai venti pungenti riparandosi all’interno della conchiglia.

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I.3.2.2. CPH-Ø1 platform

Progettisti studio Fokstrot.

Materiali principali legno

Committente

Dati dimensionali 20 mq - da terminare

Cronologia 2018 - da terminare Localizzazione Copenaghen, Danimarca

Copenaghen

Danimarca

Contesto Che sia mare, lago o fiume, le città che si affacciano sull’acqua hanno sempre qualcosa in più. A Copenhagen, il mare si insinua fin dentro la città e questa particolare situazione idro-geografica fa sì che l’acqua possa diventare parte integrante della vita della città. Il rapporto tra uomo e acqua è sempre stato di complicata interpretazione. Il troppo forzato tentativo di “antropizzare” la natura, e in particolare l’acqua, ha portato il più delle volte a conseguenze drammatiche; lo sa bene la popolazione del nord Europa in costante lotta con questo elemento per la conquista o meno di piccoli appezzamenti di terra, un duello a cui lo

studio Fokstrot ha deciso di dare una svolta decisa trasformando questo dualismo in un vero e proprio mutualismo Lo studio, composto da Marshall Blecher e Magnus Maarbjerg ha infatti sviluppato un prototipo di “isola artificiale”, CPH-Ø1, posizionata nel porto di Copenaghen. Questo cambio di concezione del rapporto uomo-natura ha portato quindi alla creazione di uno spazio non più sottratto all’acqua ma in simbiosi con essa. Si tratta di un “luogo” votato alla libera interpretazione degli utenti: anziché determinare preventivamente delle funzioni, i progettisti hanno concepito CPH-Ø1 come uno spazio pubblico libero, sul quale decidere in autonomia a quale attività dedicarsi.

Alla fine del 2017 l’isola è comparsa nella zona di Sluseløbet e in primavera si è trasferita a Refshaleøen, dove servirà come punto di sosta per kayakisti, picnicker e nuotatori. Progetti come questo potrebbero aiutare a democratizzare i porti e riportare la vita in acqua. Oltre alla CPH-Ø1 sono in corso di progettazione anche altre isole che, una volta costruite, verranno spedite in luoghi adatti intorno al porto interno, ma troveranno la loro strada verso angoli più dimenticati e sottoutilizzati del porto, catalizzando vita e attività. La speranza è quella di restituire un po ‘di spazio per sfoggiare e meravigliarsi dei vecchi lati del porto industriale.

Fig. I.3.2.2 - 85 L’isolotto nel mezzo al canale

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Innovazione formale Caratterizzata da una forma pentagonale, CPH-Ø1 è una piattaforma di legno di 20mq con un solo albero al centro; la struttura è completamente circondata dall’acqua e ciò la rende diversa da tutti gli altri spazi pubblici già presenti lungo il waterfront di Copenhagen.

Questa piccola isola è solo una piccola parte, la prima ad essere stata realizzata, di un progetto più ampio, il Copenhagen Islands. Il progetto prevede la costruzione di un “Parkipelago” nella darsena della città, un parco sull’acqua costituito da 9 piccole isole.

Sostenibilità

Fig. I.3.2.2 - 86, 87 Dettagli costruttivi

È stata costruita in un cantiere navale della darsena di Copenaghen, prendendo a prestito modalità utilizzate per costruire le imbarcazioni in legno e utilizzando tecniche di provenienza sostenibile tra cui l’impiego di bottiglie di plastica riciclata. Questo progetto non rappresenta solo una provocazione nei confronti di una società sempre più “spietata” nei confronti dell’ambiente ma anche una solida base per un futuro prossimo che, causa il surriscaldamento globale e il conseguente innalzamento del livello del mare, saremo costretti ad affrontare. Il progetto Copenhagen Islands rappresenta una possibile soluzione per restituire alla città le aree ricreative che spariscono a causa della rapida urbanizzazione sulle sponde delle darsene. 129


Flessibilità La possibilità di replicare il modello di CPH-Ø1 con strutture analoghe rende questo progetto sperimentale particolarmente interessante e dimostra un atteggiamento lungimirante verso il futuro: lo studio ha infatti già ipotizzato di dover ricorrere a eventuali CPH-Ø2, CPH-Ø3 o CPH-Ø4, ciascuna con una dimensione e destinazione d’uso differente: da piscine a isole per l’allevamento di cozze, da saune galleggianti a “sail-in cafè”; il tutto con l’obiettivo di creare una sorta di arcipelago che in determinate occasioni possa essere accorpato per creare un’enorme piattaforma galleggiante nel porto della capitale danese. In questo scenario, isole galleggianti come CPH-Ø1 potrebbero fornire nuovi spazi pubblici multifunzionali, mentre dalla loro semplice aggregazione potrebbero sorgere inediti – e utilissimi – arcipelaghi artificiali. Durante l’inverno o in occasione di festival ed eventi, le isole possono essere unite fra loro per offrire una superficie più ampia ed essere più facilmente raggiungibili.

Fig. I.3.2.2 - 88 Ipotesi di dislocazione

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Fig. I.3.2.2 - 88 Schema delle funzionalità mobili e diversificate

Fig. I.3.2.2 - 89 Schema mesi estivi

Fig. I.3.2.2 - 90 Schema mesi invernali


Accessibilità La condizione in cui si trova l’isola, completamente circondata dall’acqua, implica, per raggiungerla, l’utilizzo di una imbarcazione. In alternativa i più temerari possono recarvisi a nuoto. Quindi, se da una lato la piattaforma fornisce un’occasione per rilassarsi nel mezzo ai canali, dall’altra non è totalmente accessibile a tutti. Il problema è comunque facilmente risolvibile e le alternative potrebbero essere molteplici; le più immediate sarebbero quelle di studiare un percorso sull’acqua o, più semplicemente, mettere a disposizione un mezzo idoneo per poterla raggiungere. Fig. I.3.2.2 - 91 Persone che nuotano in prossimità dell’isola

Fig. I.3.2.2 - 92 L’isola vista dall’alto

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I.3.2.3. The Floating Piers

Progettisti Christo e Jeanne Cload

Materiali principali polietilene ad alta densità

Committente Famiglia Beretta e autorità locali

Dati dimensionali 4,5 km × 16m × 50 cm

Cronologia ideazione: primavera 2014 allestimento: giugno - luglio 2016 Localizzazione Lago d’Iseo, Lombardia

Lago d’Iseo

Italia

Contesto Tra il 18 giugno e il 3 luglio del 2016 l’artista bulgaro Christo, dopo due anni di lavoro, ha reso fruibile al pubblico il progetto The Floating Piers. Il progetto, per quanto provvisorio, rappresenta l’ultimo rilevante episodio in ordine di tempo e di risonanza mediatica dell’attenzione del Lago d’Iseo verso l’arte contemporanea. I visitatori hanno potuto percorrere l’installazione che si sviluppava tra Sulzano, Montisola e l’isola di San Paolo. A questa fruizione diretta si accompagnava la nuova possibilità di lettura del paesaggio dai punti panoramici presenti sulle alture circostanti. Nel 1969, lo storico dell’arte argentino Jorge Romero Brest, in un incontro avuto a New

York, suggerì a Christo e Jeanne-Claude di realizzare un progetto in Argentina. La coppia propose di costruire Wrapped Inflated Piers, un pontile lungo 2 chilometri sul delta del Rio de la Plata a Buenos Aires, costituito da elementi gonfiati con aria e ricoperti da tessuto, un progetto che non fu mai eseguito. Nel 1996 Christo e Jeanne-Claude proposero The Daiba Project, un sistema di pontili galleggianti che avrebbe dovuto collegare l’Odaiba Park a due isole artificiali nella baia di Tokyo. Non avendo ottenuto i permessi necessari, l’opera non fu realizzata. Christo è passato quindi a una dimensione nuova, intimamente riferibile alla fascinazione del paesaggio lacustre, certamente

influenzata dalle condizioni climatiche e morfologiche di questo paesaggio, perfettamente rispondenti alle necessità tecniche del progetto. The Floating Piers, che nasce con queste premesse, è quindi un’installazione site-specific, che presenta, nelle intenzioni del suo creatore e in quelle del direttore del progetto Germano Celant, un rapporto imprescindibile e inedito con l’ambiente che l’ha accolta per due settimane. Il lago svolge un ruolo attivo entrando in contatto con le sensazioni percettive di chi percorre la strada arancione dai bordi inclinati, che sono stati pensati per immergersi dolcemente nell’acqua.

ra. Ciò che però in questa installazione non voleva essere effimero era l’atteggiamento dei visitatori nei confronti della natura: scopo di The Floating Piers fu quello di favorire un dialogo tra chi camminava sul Lago d’Iseo e il paesaggio circostante. Questo dialogo si alimentava di stupore, riflessione, emozioni, presenza. Fu l’artista stesso a dichiararlo: “L’ opera d’arte richiede coinvolgimento con lo spazio. Tutto, dalla gioia

di togliere le scarpe e camminare a piedi nudi fa parte del coinvolgimento”. È l’entusiasmo che non dev’essere effimero, anzi: l’obiettivo era quello di far osservare la natura con occhio rinnovato anche oltre il periodo dell’installazione. Ovvio che poi, tra le migliaia di visitatori, ce ne sono stati molti che si sono recati a Sulzano e dintorni solo perché l’opera fu considerata un grande happening mondiale (e per di più

Sensazioni The Floating Piers è stata sicuramente un’opera effimera: è durata appena due settimane, ma la land art è di per sé effimera, la stragrande maggioranza degli interventi di land art è destinata a non durare nel tempo. Questo perché la natura è mutevole, in natura tutto cambia: essendo dunque la land art una forma d’arte in cui l’uomo interviene sulla natura, non può che conseguirne la brevità temporale dell’ope132


gratuito). Tuttavia si pensa che il messaggio dell’installazione sia arrivato anche a chi non era abituato a cogliere i significati più

profondi di un’opera d’arte. Quindi, Christo, proponendo una soluzione architettonica nuova ha aiutato lo spettatore ad uscire dal

Fig. I.3.2.3 - 93 Percorso per giungere all’Isola di San paolo

ruolo passivo facendolo diventare parte attiva dell’opera.

Fig. I.3.2.3 - 94 Passerella ricoperta con stoffa successivamente riutilizzata

Sostenibilità “Si tratta di arte ambientale o di vandalismo? Si tratta di un intervento artistico che induce apprezzamento dell’ambiente e riflessione sul nostro rapporto con la natura che ci circonda o siamo soltanto di fronte a un pezzo di paesaggio degradato a prodotto sfruttabile economicamente?” chiedeva qualche tempo fa in rete un blogger statunitense, discorrendo dell’arte di Christo. La risposta non è univoca, proseguiva il blogger, ma “Visto che tutto ormai è sfruttabile, non è forse meglio farlo con un’ opera d’arte?”. Sul Lago d’Iseo, il clamoroso richiamo dei “Floating Piers”, ha prodotto ben oltre un milione di accessi, cosicché le lunghe code per accedere all’installazione, la congestione del traffico sia automobilistico che ferroviario che lacustre, la produzione di rifiuti

da parte dei visitatori, hanno imposto interrogativi sull’impatto prodotto sulla regione e sui benefici. L’aspetto cruciale è dato dalla ricostituzione della situazione ambientale antecedente all’installazione. La rimozione dell’opera è stata pianificata nel dettaglio, così come tutte le fasi costruttive. “Per Floating Piers, – spiega il project manager Wolfgang Volz, – abbiamo scelto con cura i materiali da utilizzare, in modo da poterli riciclare a livello industriale. I 220.000 galleggianti prodotti in Italia, verranno rivenduti: non interi, quindi non per ricreare altri pontili o moli. Non vogliamo infatti turbare il mercato, immettendo una tale quantità di manufatti. Siccome sono stati realizzati in polietilene ad alta purezza e densità, potranno essere sminuzzati e ri-

venduti come granulato plastico di elevata qualità.” Anche gli ancoraggi usati per fissare i pontili al fondo del lago, ciascuno del peso di 5 tonnellate fra cemento e acciaio, sono stati recuperati da squadre di sommozzatori specializzati e rivenduti: “Ripristinare le condizioni del fondale precedenti ai Floating Piers – sostenva Volz – è una responsabilità etica che per noi è molto importante. Anche per questo, dietro alle nostre realizzazioni c’è molta ricerca, benché non appaia.” Anche i 90.000 metri quadrati di stoffa “giallo dalia”, prodotta in Germania, e le corde ultraresistenti che hanno dato stabilità alle passerelle, hanno trovato nuovi acquirenti in campo industriale. Un modo sia per rientrare in parte nei costi, sia per smalti133


re l’enorme quantità di materiali impiegata nella realizzazione dell’opera: “Al di là della creazione estetica e artistica, nella loro realizzazione i nostri progetti non sono dissimili dalla costruzione di grandi manufatti come edifici, ponti o strade. C’è dietro un dettagliato lavoro urbanistico, architettonico, in-

gegneristico” spiegava Christo, che rassicurava sull’impegno alla rimozione completa dei “Floating Piers”: “I siti noi li restituiamo nelle condizioni che avevamo trovato. Anzi no: nel caso di “Surrounded Islands”, (le 11 isole al largo di Miami, che nel 1983 Christo e la moglie Jeanne-Claude cinsero di co-

rolle di tessuto rosa) non ripristinammo la situazione iniziale, visto che non rimettemmo sulle isolette le 40 tonnellate di rifiuti che avevamo trovato e asportato per il progetto: frigoriferi, lattine di birra, copertoni, lavandini, materassi, barche…”

in marina. Il materiale inizialmente scelto era proprio questo, ma una simulazione in Germania dimostrò che i blocchi, in tal caso, sarebbero stati troppo piccoli e densi. Per questo motivo, il team di progettazione realizzò dei nuovi cubi, con lato di 50 centimetri, in polietilene ad alta densità, producendoli in una fabbrica italiana sul Lago Maggiore. I blocchi furono collegati tra di loro da grandi perni di forma cilindrica, a loro volta ancorati, attraverso dei cavi di ritenuta, a 200 pesi in cemento da 5,5 tonnellate ciascuno. Il team di costruzione realizzò la passerella direttamente sull’acqua, aggiungendo ogni giorno nuovi blocchi. In quattro mesi, con turni di due settimane per ciascun gruppo di lavoratori, la struttura della Floating Piers fu completata. Il passaggio successivo fu

quello di rivestire la passerella prima con del feltro e poi con 90.000 metri quadri di tessuto tecnico giallo dalia non impermeabile, per evitare che i visitatori potessero scivolare durante la passeggiata. Oltre che per motivi di sicurezza, la scelta del tessuto fu dettata anche da effetti scenici: la stoffa, infatti, aveva un colore cangiante e diventava rossa quando era bagnata, e rimaneva gialla quando era asciutta. Una volta smantellata i blocchi vennero venduti per essere completamente riciclati. La vita utile dei cubi in polietilene, in realtà, sarebbe molto più lunga, ma se fosse rimasta sul lago per un periodo di tempo maggiore, a non resistere sarebbe stato il tessuto, che si sarebbe disintegrato.

Innovazione tecnologica L’operazione di The Floating Piers va ad arricchire la galleria dei water projects che Christo e Jeanne-Claude hanno sviluppato in diversi luoghi del mondo negli ultimi quarant’anni. The Floating Piers venne costruita con 200.000 blocchi di polietilene ad alta densità e accompagnava i visitatori lungo un percorso, foderato con 90.000 metri quadri di tessuto tecnico giallo dalia, che galleggiava sull'acqua e abbracciava la costa del lago italiano. La passerella progettata da Christo era larga 16 metri, di cui 10 calpestabili, e alta circa 50 centimetri, nella parte centrale, prima di scendere dolcemente verso l’acqua lungo i bordi. L’idea della struttura nacque dopo aver osservato i cubi di polistirolo spesso utilizzati

Fig. I.3.2.3 - 95, 96 Personale al lavoro per la realizzazione dei galleggianti e della stoffa

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Valorizzazione del luogo La grande opportunità di The Floating Piers non è stata un fuoco di paglia, ma l’inizio di un percorso condiviso che ha portato i comuni circostanti ad un vero e proprio salto di qualità. Regione Lombardia e i comuni del Sebino, nei mesi seguenti all’installazione, hanno approvato uno schema di protocollo d’intesa per cofinanziare importanti interventi nell’area del lago di Iseo. L’opera ha portato 1,2 milioni di persone sul lago d’Iseo e con questo protocollo d’intesa si è raccolta e consolidata l’eredita’ che l’evento ha lasciato su questo territorio; l’obiettivo principale è ora quello di sviluppare un’offerta turistica più strutturata, in grado di accogliere i numerosi turisti che, anche mesi dopo la rimozione dell’installazione, hanno continuato e continuano a visitare il Lago d’Iseo e le zone circostanti. Quindi, le polemiche suscitate dall’opera di Christo, se pur in parte legittime, non possono non considerare gli effetti positivi derivati da questa rischiosa ma profic esperienza.

Fig. I.3.2.3 - 97 Illuminazione notturna Fig. I.3.2.3 - 98, 99 Foto dall’alto e dal mare della passerella

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I.3.2.4. Quzhou Luming Park

Progettisti Turenscape

Materiali principali Legno

Committente Quzhou City Government

Dati dimensionali 32 ettari

Cronologia Febbraio 2013 - Luglio 2015

Cina

Localizzazione Quzhou, provincia di Zhejiang

Quzhou

Contesto Esteso su un’area totale di 32 ettari, il sito è circondato da fitti insediamenti urbani, confina con il fiume a ovest e con un’arteria stradale a est. Il paesaggio è un patchwork di diversi elementi: morbide colline coperte da un mosaico di roccia arenaria rossa, aree verdi erbose e con cespugli, piccoli sentieri rimasti su vecchi campi agricoli, una pianura riparia che corre lungo il letto del fiume, costeggiato a sua volta da file di alberi. Disseminate nel paesaggio si trovano stradine lastricate con ciottoli di fiume, una struttura coperta in cui fermarsi a riposare, un canale di irrigazione che scorre fino

a una stazione di pompaggio per l’acqua del fiume. Il dislivello tra l’arteria stradale urbana, la pianura e la scogliera è di 20 metri. Ogni qualvolta si debba procedere alla realizzazione di un nuovo quartiere urbano in Cina, l’approccio convenzionale prevede un livellamento dell’area, tale approccio è stato adottato per tutte le aree urbane e per la realizzazione dei parchi circostanti il sito. Tale scelta è dettata semplicemente dal fatto che la varietà degli elementi presenti non è considerata né un valore né esteticamente bella, gli elementi culturali del paesaggio vengono ritenuti insignificanti; la pratica co-

mune quindi di livellamento del terreno non fa che semplificare i processi meccanici e ingegneristici implicati nella realizzazione di strade, reti idriche e sistemi di drenaggio dell’acqua piovana. La richiesta del cliente era semplice: creare un parco che fosse uno spazio verde polifunzionale, che fosse un luogo ricreativo per i cittadini. L’architetto paesaggista ha colto l’occasione di esplorare concetti innovativi nonché il potenziale di un parco urbano che non fosse solo uno spazio verde in cui passare il proprio tempo libero ma anche un’infrastruttura ecologica. Fig. I.3.2.4 - 100 Foto dall’alto del parco

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Valorizzazione del luogo I progettisti erano consapevoli che le colline di arenaria potessero offrire un paesaggio unico e quindi, invece di tentare di coprirle o modificarle, decisero di mostrarle e incorporarle nel progetto. Utilizzando ponti, sistemi di percorsi su vari livelli e numerosi padiglioni panoramici, i progettisti sono stati in grado di preservare le caratteristiche geologiche e la vegetazione native del sito per creare uno spazio aperto accessibile e diversificato. La morfologia del territorio è stata sfruttata anche per rendere visibile il paesaggio e il parco da ogni angolazione,

in maniera sempre diversa e suggestiva. Sapendo che la pianura alluvionale conteneva terreni fertili adatti alla coltivazione, i progettisti hanno deciso di utilizzarlo a loro vantaggio. Hanno sparpagliato macchie di piantagioni sulle colline di arenaria: la colza per la primavera, i girasoli e crisantemi nei mesi estivi. In questo modo, oltre a creare uno spazio produttivo hanno offerto ai visitatori la possibilità di assistere al cambiamento della natura in base alle stagioni. I visitatori non possono fare altro che perdersi nella bellezza che li circonda.

I progettisti hanno anche preso in considerazione gli oltre 1800 anni di storia che appartengono a Quzhou, comprese le reliquie sceniche e storiche che ancora rimangono nella città circostante. Hanno preservato sentieri di ciottoli, padiglioni, stazioni di pompaggio agricole e gallerie per rispetto del patrimonio culturale della città. Hanno anche progettato un sistema di interpretazione ambientale per introdurre i visitatori alla storia naturale e culturale del sito.

Fig. I.3.2.2 - 103 Foto di un osservatorio durante la fioritura dei girasoli

Fig. I.3.2.4 - 101 Foto dell’area d’intervento prima della realizzazione del progetto

Fig. I.3.2.4 - 102 Stessa area della foto precedente dopo l’intervento di riqualificazione

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Sostenibilità Tra gli obiettivi del progetto vi era quello di affrontare tematiche di ampio respiro: il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare ed energetica, la resilienza dell’acqua, una nuova estetica del paesaggio legata al concetto di produttività e ridotta manutenzione. La strategia di trasformazione del paesaggio da utilizzarsi poteva

essere quella del patchwork, in cui si integravano concetti quali “farsi amica l’inondazione”, urbanistica agricola e paesaggio produttivo, minimo intervento, paesaggio performativo ecc. Quando si tratta di infrastrutture verdi, è importante rendersi conto che a volte i progetti più innovativi sono quelli che compor-

tano il minor numero di interventi. È così facile rimanere invischiati nella creazione di nuove tecnologie per ricreare ciò che potrebbe nascere anche naturalmente. Come nel caso del Quzhou Luming Park, a volte è meglio lasciare i processi naturali alla natura. È in questa semplicità che la natura è veramente autorizzata a brillare.

Rapporto con l’acqua Poiché gran parte del parco si trova nella pianura alluvionale, i progettisti erano contrari a costruire strutture che avrebbero potuto interferire con il flusso naturale dell'acqua. Per evitare questo disturbo, hanno optato per passerelle galleggianti lungo i bordi del fiume, ponti e padiglioni, che sono costruiti su palafitte che sem-

brano sorgere fuori dall'acqua. Queste strutture sono state progettate, riportando le parole di Turenscape, per "fare amicizia" con l'acqua ed essere resistenti al tempo. Consentono inoltre, in caso di alluvione, di fungere da irrigazione naturale per le colture.

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Fig. I.3.2.4 - 103b Turisti che percorrono la passerella sull’acqua Fig. I.3.2.4 - 104 Il parco in primavera


Sensazioni Il parco è divenuto un luogo in cui i residenti possono rilassarsi e trascorrere il proprio tempo libero; è diventato un’oasi urbana dinamica in cui si tengono festeggiamenti ed eventi di vario genere, in cui ci si riunisce spontaneamente, in cui i residenti si danno appuntamento per assistere insieme allo sbocciare dei fiori. Tutti i suddetti eventi incoraggiano i residenti a notare i cambiamenti stagionali, spesso messi in ombra dalla frenesia della vita cittadina. Il legame con la natura è in grado di far rivivere i ricordi di una popolazione un tempo rurale. Ci si può facilmente commuovere osservando quello che avviene nel parco: bambini di diverse età che saltano e urlano di gioia all’interno di uno dei padiglioni che fluttuano sulla vegetazione lussureggiante, giovani che si abbracciano e si innamorano in un campo fiorito, coppie di neo-sposi che posano per il servizio fotografico con la campagna produttiva alle spalle, coppie che guidano passeggini sulle passerelle pedonali in legno, una coppia di anziani che cammina tenendosi a braccetto e che si ferma a riposare su una delle piattaforme che si affacciano sulla città. A risalire dal fiume, il paesaggio si presenta ricamato da una vegetazione produttiva e feconda. I quadri verdeggianti del parco, che offrono una tregua dal fitto paesaggio urbano che circonda il sito, sono incorniciati da una rete di passerelle in legno e strutture che gettano uno sguardo ai ricordi e aprono una finestra sulle speranze e i sogni per il futuro.

Fig. I.3.2.4 - 105 Ragazze che fanno sport al tramonto

Fig. I.3.2.4 - 105b Padre e figlio a passeggio nel parco

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I.3.2.5. Marginal de Esposende: riqualificazione

Esposende Progettisti Victor Neves Committente Camara Municipal de Esposende / Instituto Marìtimo-Portuàrio

Materiali principali Legno, granito, acciaio e vetro

Cronologia 2007-08: progetto e realizzazione

Dati dimensionali 25.500 mq ca.

Localizzazione Esposende, Portogallo Portogallo

Contesto Parte di un più vasto progetto d’intervento paesaggistico di sistemazione della riva del territorio di Esposende affacciato sulla foce del Rio Cavado, sorta di inconsueto “fiordo” sulla costa nord del Portogallo, questo ridisegno paesaggistico di un breve tratto urbano si pone come primo tassello di una possibile, più vasta, “conquista del fiume”. L’intento appare quello di ridisegnare il bordo del villaggio estendendo sull’acqua

nuovi spazi pubblici e servizi, integrando nuove piattaforme e percorsi sospesi sull’acqua alla naturale conformazione del paesaggio, senza perciò alterarne l’aspetto originario, compresa la frastagliata costa affiorante assunta come limite su cui operare. Inserito nel contesto del Parco Natural del Litoral Norte, il progetto si propone la riorganizzazione dell’affaccio del tessuto edilizio sull’acqua, dove il piccolo villaggio

di Esposende disegna la strada litoranea di scorrimento a bordo fiume. Gli obiettivi principali del progetto di Victor Neves sono quindi la salvaguardia del paesaggio e la protezione dell’identità del luogo; inoltre è stata evitata la ricerca dell”artificialità degli eccessi formali del design per valorizzare invece un approccio didattico alla ricchezza della flora e della fauna negli ecosistemi locali e, non da ultimo, delle persone che vi abitano. Fig. I.3.2.5 - 106 Passerella ciclabile

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Accessibilità L’oggettiva mancanza di spazi pubblici è in questo senso risolta e colmata dalla soluzione progettuale che partendo dal primo tratto a sud organizza un parcheggio pubblico di accesso direttamente integrato alla nuova piazza sull’acqua. Questa è divisa in due zone tra loro connesse: la prima, dove si trova l’accesso dal parcheggio, è segnata da una pavimentazione di granito da cui emergono alcune aiuole quadrangolari il cui perimetro funge da panca continua con seduta lignea. Qui è previsto lo scivolo con gru di discesa al fiume per le piccole barche e le canoe sportive; una quinta di listelli di legno separa la prima zona pubblica da quella prospiciente che si propone come essenziale giardino pensile. All’interno di una matrice a scacchiera di riferimento, regolari partiture erbose piantumate con alberature ombreggianti si alternano a zone pavimentate di legno, il tutto diviso da fasce in granito; lo stesso materiale è impiegato per le panche rettilinee - parallelepipedi collocati all’interno dei bordi quadrati della scacchiera - che attrezzano lo spazio pubblico dal punto di vista della sosta.

Fig. I.3.2.5 - 107 Illuminazione notturna

Fig. I.3.2.5 - 108 Disposizione dell’arredo urbano

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Verso il fiume il limite dell’intervento, cinto da una minimale ringhiera di acciaio dal sapore grafico, è risolto con un percorso ligneo che dalla piazza si estende sull’acqua come un lungo pontile ciclopedonale. Una sorta di sentiero sospeso, di acciaio e legno, che nel progetto originario, poi non sviluppato per mancanza di risorse, collegava tra loro tre volumi cubici (5x5x5m) di acciaio e vetro sull’acqua, pensati come spazi didattici ed espositivi legati alle attività del Parco e alla divulgazione dei caratteri naturalistici del luogo. L’etereo percorso tra terra e fiume, fissato ad una serie di pilastrini centrali, si stacca dalla sponda del paese disegnandone una complementare che attraversa il tratto dei terreni affioranti facendoli diventare parte del tessuto urbano, abbracciando il fiume e percorrendone un tratto per ricongiungersi più a nord al tratto di costa in aggetto, dove una nuova ulteriore piattaforma si integra al verde pubblico preesistente.

Rapporto con l’acqua

Fig. I.3.2.5 - 109, 110 Disegni di progetto


Valorizzazione del luogo La passerella sopraelevata, fulcro della composizione, offre un nuovo punto di vista sul fiume e amplia la possibilità di visitare il grande parco fluviale soggetto alle fluttuazioni della marea. Sul percorso si aprono alcuni spazi pubblici che ospitano eventi specifici a fini didattici, per far scoprire la varietà naturalistica del Rio Càvado. Al fine di dare priorità al paesaggio naturale si è cercato di negare l’artificialità degli

eccessi formali del “design” e la ricchezza di materiali, spesso esposti in recenti interventi urbani. Un progetto basato sulla “necessità di preservare l’identità visuale e paesaggistica del sito e la sua tradizione primaria di spazio pubblico. Gli interventi sulle aree fluviali, in questo caso anche fortemente influenzate dal mare, sono intrinsecamente carichi di una tensione generata dalla difficoltà di identificare chiaramente i confini

tra i due ambienti che convergono e allo stesso tempo funzionano secondo modalità differenti. La proposta presentata, come suo fondamentale asserto progettuale, incorpora l’idea di questa mancanza di definizione. Il progetto prova a catturarne la potenzialità di generatore di un sistema urbano complementare e dinamico, in un contesto di ritmi individuali all’interno di un sistema vivente.” (Victor Neves)

Fig. I.3.2.5 - 111 Passerella di notte

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I.3.2.6. Bostanli Footbridge & Bostanli Sunset Lounge

Turchia Progettisti Studio Evren Başbuğ Architects Committente Metropolitan Municipality di Izmir

Materiali principali Frassino americano termicamente modificato Dati dimensionali

Cronologia 2016 Localizzazione Izmir, Turchia

Izmir

Contesto Bostanlı Footbridge e Bostanlı Sunset Lounge sono stati progettati dallo Studio Evren Başbuğ Architects come parte del concetto 'Karşıkıyı' creato per il progetto di rigenerazione costiera 'IzmirSea'. Questi due interventi architettonici posizionati in prossimità reciproca, hanno generato, insieme, una nuova attrazione costiera integrata, in un punto molto particolare e unico a causa della forma geometrica della costa e della memoria urbana posseduta. Passerella e Sunset Lounge servono come veri e propri “contro-spazi”, entrambi propongono un nuovo spazio urbano per sperimentare diverse forme di ‘ozio’, impiegando gli sfondi sociali, geografici e storici di questa posizione unica, in cui il Bostanli Creek, scorrendo nella baia, determina la forma geometrica della costa. Il sito è diventato uno dei punti di attrazione pubblici preferiti a Karşiyaka, ed è stato accolto e visitato dai residenti di tutta la città sin dall'inaugurazione, avvenuta nel 2016. Obiettivo principale del progetto era proprio quello di rafforzare il legame tra la costa urbana e gli abitanti della città.

Fig. I.3.2.6 - 112 Foto dall’alto dell’area d’intervento

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Innovazione formale Il Bostanli Footbridge, che nella sua posizione unica offre una vista della baia da un lato e della città dall’altro, è stato progettato con una sezione trasversale asimmetrica. Questa sezione particolare consente agli utenti di godere della vista della baia da seduti o da distesi. In questo modo il ponte rappresenta non solo un elemento infrastrutturale urbano utilizzato come via di passaggio, ma anche uno spazio pubblico per il tempo libero e un elemento d’at-

trazione per l’ambiente circostante. L’altro elemento del progetto, il Bostanli Sunset Lounge, situato su uno dei pochi frammenti costieri che affaccia direttamente a ovest in Karşiyaka, è formato da una superficie urbana che si estende tra la pendenza artificiale ricoperta da alberi e l’argine stesso. La semplicità e la fluidità nella geometria della superficie incoraggiano l’utente a sperimentare un rapporto più diretto con il mare. In tal modo, la lounge aiuta gli utenti

a riscoprire un rituale da tempo dimenticato, ancora presente nella memoria urbana, e invita i residenti della città ad ammirare il tramonto e a trascorrere del tempo insieme durante la sera.

Fig. I.3.2.6 - 113 Bostanli footbridge al tramonto

Fig. I.3.2.6 - 114 Bostanli Sunset Lounge

Fig. I.3.2.6 - 115 Sezione del Bostanli footbridge

Fig. I.3.2.6 - 116 Sezione del Bostanli Sunset Lounge

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Innovazione tecnologica Il ponte è formato da assi di frassino americano termicamente modificato installati su un telaio in acciaio. Proprio come nel caso del ponte, anche la lounge è realizzata con aceri termicamente modificati. A proposito della scelta del materiale, di seguito sono riportate le parole di uno dei progettisti: “Dato che il sito si trova sulla costa, tutti i materiali sono esposti agli effetti corrosivi dell’acqua del mare. Come città mediterranea, Izmir ha una percentuale relativamente elevata di giorni di sole, durante i quali le assi di frassino termicamente modificato rimangono vulnerabili alla luce solare ultravioletta. Queste condizioni ci hanno fatto doppiamente riflettere in fase di progettazione, ma abbiamo deciso di fare comunque un tentativo. Ormai dall’inaugurazione è quasi passato un anno durante il quale abbiamo spesso visitato la struttura per vedere se ci fosse qualche materiale significativamente degradato, ma il legno con-

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tinua ad avere una buona performance. Il legno invecchia piacevolmente.” La Turchia ha una storia di lavorazione del legno lunga e ricca. Tuttavia l’uso del legno è diminuito in modo significativo dal 1940, da quando è stato preferito l’uso di cemento, pietra e acciaio, ma la comunità di architetti e designer non è mai stata troppo soddisfatta dell’aspetto freddo e pallido dei materiali utilizzati nei progetti di arredamento urbano. Sulla base di queste premesse, Novawood ha iniziato ad aprire la strada all’uso del legno termicamente modificato che offre ai designer la possibilità di lavorare con un prodotto durevole e dimensionalmente stabile. “Con la sua comprovata esperienza, le assi di frassino termicamente modificato di Novawood sono state ampiamente utilizzate per molti progetti diversi. Fino a oggi, i nostri prodotti sono stati parte di progetti urbani in tutto il mondo, per un totale di circa 6 milioni di metri quadrati utilizzati. Nel caso di Bostanli Footbridge e di Bostanli

Sunset Lounge, abbiamo lavorato a stretto contatto sia con il Comune di Izmir sia con Evren Başbuğ Architects per fornire una soluzione che rifletta la bellezza della costa di Karşıyaka. Le assi di frassino termicamente modificato sono state la soluzione perfetta, siamo molto orgogliosi di essere stati coinvolti in questo progetto innovativo”. Lo studio Evren Başbuğ non può che ritenersi soddisfatto della riuscita del progetto e delle scelte tecnologiche fatte: “Osservando la reazione del pubblico alle nuove installazioni e come utilizzano gli spazi, come designer, siamo convinti che il legname era l’unica opzione per questo progetto. Il legno gioca un ruolo importante e dà al progetto tutto il carattere urbano di cui ha bisogno. Possiamo sicuramente dire che queste installazioni non avrebbero avuto lo stesso successo ottenuto, se avessimo usato qualsiasi altro materiale.”


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Fig. I.3.2.6 - 116 Foto dall’alto del Bostanli Sunset Lounge. Fig. I.3.2.6 - 117, 118 Foto al tramonto

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I.3.2.7. Teatro del mondo Venezia Progettisti Aldo Rossi

Materiali principali legno e acciaio

Cronologia 1979 - 1981

Committente Biennale di Venezia 198

Dati dimensionali h complessiva: 25 m base parallelepipedo: 9,5 x 9,5 m

Localizzazione Venezia Dubrovnik Dubrovnik

Contesto Nel 1979 la Biennale di Venezia commissiona ad Aldo Rossi il Teatro del Mondo che, nonostante la sua natura temporanea, rimarrà una delle opere più suggestive dell’architetto. Nonostante fosse un edificio per la rappresentazione si è trasformato nel personaggio principale della scena, esibendosi tra i palazzi di Venezia come il protagonista assoluto dello spettacolo. La sua effimera esistenza lo ha reso ancora più personaggio teatrale: labile perché rimosso, ma indelebile nella memoria di chi lo ha visto. Il Teatro di Rossi si spostava sull’acqua, come una meteora, consentiva piccoli spettacoli, apparizioni fugaci, esibizioni dell’edificio ancor più che dello spettacolo ospitato. Il Teatro venne costruito in un bacino di Fusina, un piccolo porto della laguna, su di una chiatta. Fu quindi rimorchiato a Venezia ed ormeggiato alla Punta della Dogana, sul Canal Grande, di fronte a Piazza San Marco. Al termine delle manifestazioni della Biennale il Teatro del Mondo attraversò l’Adriatico per raggiungere Dubrovnik. Nel 1981 l’opera venne definitivamente demolita.

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Rapporto con l’acqua “Il progetto per il Teatro del Mondo si caratterizza da tre fatti, l’avere uno spazio usabile preciso anche se non precisato, il collocarsi come volume secondo la forma dei movimenti Veneziani, essere sull’acqua. Appare evidente come essere sull’acqua sia la sua caratteristica principale, una zattera, una barca: il limite o confine della costruzione di Venezia... [...] Il Teatro, stando sull’acqua, si poteva vedere dalle finestre e fuori il passaggio dei vaporetti e delle navi come se si fosse stati su un’altra nave, e queste altre navi entravano nell’immagine del teatro costituendone la vera scena fissa e mobile.” Aldo Rossi Nel primo capitolo della ricerca, nell’approfondimento riguardante l’acqua, vi è un capitolo intitolato “L’acqua all’origine di tutto”. Credo che il Teatro del Mondo sia la dimostrazione di come questo elemento sia, e sia stato, fondamentale per la vita e lo sviluppo di tutto ciò che ci circonda, anche, e forse soprattutto, dell’architettura. Se nella memoria collettiva è ancora presente, a distanza di circa quarant’anni, il Teatro del Mondo, è merito sicuramente dell’elemento che ne cingeva la struttura: l’acqua.

Fig. I.3.2.6 - 119, 120 Il Teatro del Mondo sulle acque dei canali di Venezi

Flessibilità La flessibilità del Teatro del Mondo non risiede tanto nella possibilità del suo utilizzo quanto in una flessibilità di tipo ideologica. L’essenza di questa struttura è infatti sicuramente duplice: in prima istanza si configura come spazio progettato funzionalmente ad accogliere un numero più o meno vasto di spettatori e parallelamente ad ottimizzare la messa in scena dello spettacolo da parte degli attori.

L’altra essenza è di ricercarsi nella seconda anima del teatro, quella che lo configura come “metaspazio”; infatti, una volta varcata la porta del teatro le luci si affievoliscono, il mondo dell’architettura finisce ed inizia quello dell’immaginazione. Il Teatro possiede inoltre una terza valenza, quella dell’”effimero”: se il luogo dell’opera, nata dalle acque della laguna, era in continuo movimento, altrimenti non poteva esserne

il tempo, limitato, evanescente, indefinito. Temporaneo era il teatrino settecentesco a cui Aldo Rossi si ispirò, impalcato di assi di legno e rivestito di stucchi boriosi e leggeri, temporaneo fu il Teatro, un attimo a Venezia e quello dopo in rotta verso le coste croate. Così come è iniziato, il Teatro è finito: dai ricordi e nei ricordi. Lasciando in ognuno sensazioni e ed emozioni differenti, segno, appunto, di una grande flessibilità ideologica. 149


I.3.2.8. Quilotoa Shalalá Overlook

Progettisti Jorge Javier Andrade Benítez, Javier Mera Luna, Daniel Moreno Flores

Materiali principali Legno

Localizzazione Zumbahua, Ecuador

Cronologia 2013

Zumbahua

Equador

Contesto Questo progetto iniziò con una semplice questione: quali caratteristiche dovrebbe avere un belvedere per essere ritenuto interessante? La domanda sorse spontanea dal momento che il luogo in cui sarebbe sorto il progetto offriva già innumerevoli scorci e panorami mozzafiato. Il luogo in questione si trova nella parte più alta del cratere del vulcano Quiloa, in Ecuador, nelle Ande, a circa 170 km a sud di Quito. Il diametro del cratere è di circa 3 km e si trova a 3974 m sul livello del mare. Già questo basterebbe a rendere il luogo interessante; ma la vera peculiarità è la presenza di un lago dentro il cratere, le cui acque,

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grazie alla presenza di minerali, assumono un caratteristico color turchese. La vegetazione circostante è costituita da erbe basse, arbusti endemici e piccoli alberi. Tutti questi elementi rendono unico il paesaggio. A causa della sue peculiarità geografiche, il cratere Quiloa e il lago sono diventati un sito turistico di crescente popolarità. L'area è sempre stata abitata da popolazioni indigene degli altipiani ecuadoriani che vivono prevalentemente di agricoltura. L'insediamento più vicino è Zumbahua anche se, vicino al lago, vivono alcune piccole comunità. Una di queste è Shalalá, i cui abitan-

ti hanno avviato un'impresa turistica per offrire alloggi, punti di ristorazione e visite guidate ai viaggiatori. Il ministero del Turismo ecuadoriano ha deciso così di supportare l'iniziativa della comunità fornendo un’infrastruttura complementare alle strutture turistiche: un belvedere sul bordo superiore del cratere e un sentiero per collegarlo con l'area principale del complesso turistico. Il Ministero si è quindi impegnato a sostenere l’iniziativa della comunità, aiutando i propri membri ad aumentare le entrate.


Innovazione formale Uno dei punti fermi del progetto era che esso dovesse essere collocato sul bordo del cratere, in uno dei punti più alti del vulcano; obiettivo principale era quello di creare una struttura che permettesse una vista a 360° e che potesse essere raggiunta in sicurezza. Il problema prinicpale era quello spiegato nel paragrafo precedente: il sito scelto richiava di offrire una vista molto simile a quella godibile da qualsiasi altra parte del cratere. Venne così studiata una forma che aveva la capacità di offrire al visitatore una vista sul paesaggio diversa, sia dal punto di vista visivo che emozionale. Una piattaforma si estende dal bordo del cratere sopra la scogliera, cercando di dare al visitatore l’opportunità di “volare” sul paesaggio fornendo una sensazione vertiginosa. Inoltre, è stato studiato uno spazio per la “visione passiva”, in cui l’utente è protetto dagli elementi esterni ed è in grado di avere un momento di contemplazione e introspezione. Il tentativo di fornire queste esperienze opposte ma complementari si traduce nella creazione di una struttura che comprende una piattaforma superiore che si estende oltre il confine del cratere e, direttamente sotto, le gradinate che seguono la pendenza naturale in cui gli utenti hanno l'opportunità di riposare e godersi il paesaggio naturale. Questi gesti architettonici semplici, ma chiari, danno al visitatore l'opportunità di avere un'esperienza diversa da quella che si potrebbe trovare in un qualsiasi altro punto del cratere.

Fig. I.3.2.8 - 121 Il luogo d’intervento

Fig. I.3.2.8 - 122 Bambina nella parte sottostante del belvedere

Fig. I.3.2.7 - 123 Disegni di progetto

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Sostenibilità La magnifica bellezza del paesaggio richiedeva una risposta architettonica austera, nel tentativo di fondersi con il paesaggio circostante. La scelta di una forma semplice e l'uso uniforme dei materiali hanno così conferito all'intervento le stesse qualità estetiche di quelle del sito. L'elemento è composto da un sistema in traliccio in acciaio interno, mentre la “pelle” è in legno e ciò permette all'intervento di collocarsi nella tavolozza cromatica e nella trama del paesaggio. L'unico materiale utilizzato nelle estremità del belvedere è il vetro, grazie al quale è possibile avere una visione chiara dell’ambiente circostante. Inoltre, il sentiero che si collega al belvedere è costruito con bordi in pietra e ghiaia: un modo per segnare un percorso definito e creare allo stesso tempo una superficie calpestabile senza alterare le qualità naturali del paesaggio. Possiamo quindi affermare che ogni gesto nell'intervento, dal più grande al più piccolo, tenta di non alterare l'attuale armonia presente nel sito: per questo motivo l'intera struttura è progettata per essere facilmente smontata e rimossa se in futuro non risultasse più necessaria

Fig. I.3.2.8 - 124, 125 Vista sul lago dal belvedere

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PARTE II

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II.1 IL CASO APPLICATIVO

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In questa fase viene analizzato il contesto nel quale verrà inserito il progetto L'analisi del luogo è iniziata con lo studio del Lago di Massaciuccoli, della sua storia, delle bonifiche avvenute nel corso degli anni e delle caratteristiche strutture che popolano lo specchio lacustre: le bilance da pesca. Successivamente l’attenzione è stata posta su due fattori di indubbio interesse: l’Oasi Lipu Massaciuccoli e la figura di Giacomo Puccini, che ancora oggi riesce ad attrarre turisti da tutto il mondo. Dopodiché si è passati ad un’analisi più critica in cui sono state portate alla luce le evidenti criticità dell’area che, nonostante le grandi potenzialità, presenta non pochi problemi. Sono state analizzate le procedure attualmente in atto per una riqualificazione ambientale dell’area e, per finire, si sono delineate le modalità che secondo lo studio fin qui svolto devono essere il punto di partenza per un miglioramento generale del contesto d'intervento.

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II.1.1. Il Lago di Massaciuccoli

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II.1.1.1. Inquadramento Il Lago di Massaciuccoli si trova all’interno del parco regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli che si estende sulla fascia costiera delle province di Pisa e Lucca comprendendo i comuni di Pisa, Viareggio, San Giuliano Terme, Vecchiano, e Massarosa. Il Parco, dopo alterne vicende ed una lunga elaborazione politica, sociale e culturale, venne istituito con la Legge Regionale Toscana n. 61 del 13 dicembre 1979 ed ha una dimensione di circa 23.000 ettari, estendendosi dalla periferia di Viareggio fino al confine tra Pisa e Livorno. Nel 2005, Il comitato dei Ministri dell’Unione Europea, ha conferito al Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli il Diploma Europeo per le Aree Protette, il più importante riconoscimento rilasciato dal Consiglio d’Europa ai soggetti gestori di aree protette. Tra le caratteristiche principali individuate nel testo della Risoluzione (n. 16 del 15 giugno 2005) vengono citati i valori naturali ed in particolare la compresenza di vegetazione boreale e mediterranea, di foreste umide relitte, di un lago circondato da palude e di dune costiere di grande interesse; i valori paesaggistici, come le grandi tenute storiche, le rive intatte e le ampie foreste; i valori culturali, con numerose testimonianze storiche come le prime tracce che risalgono al neolitico, la basilica di San Piero a Grado dell’XI secolo, le tenute e fattorie istituite tra il XVI e il XVIII secolo. Nel Marzo 2010 il Gruppo di Specialisti del Consiglio d’Europa ha rinnovato per altri 10 anni il Diploma Europeo all’Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli, confermando il giudizio positivo sull’eccezionale valore naturale, culturale e paesaggistico del Parco. Il diploma Europeo per le Aree Protette si affianca ad un altro riconoscimento, ottenuto nel 2004: il Parco venne infatti riconosciuto dall’UNESCO (sezione dell’ONU per l’educazione, la scienza e la cultura) quale Riserva della Biosfera, col nome di “Selva pisana”. Inoltre, 11.000 ettari del territorio del Parco

naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, corrispondenti a quasi la metà della sua estensione, sono stati dichiarati “zona umida di importanza internazionale” ai sensi della Convenzione RAMSAR. L’area, denominata “Lago e Padule di Massaciuccoli - Macchia di Migliarino - Tenuta San Rossore”, si estende quasi interamente nella sua parte settentrionale, comprendendo il Lago di Massaciuccoli. Quest’ultimo, insieme alle aree palustri circostanti, copre una superficie di circa 2000 ettari formando la zona umida di origine retrodunale più estesa della Toscana; la zona palustre è caratterizzata in gran parte da falascheti e canneti attraversati da canali che si aprono all’improvviso in superfici più estese dove possiamo incontrare i chiari, specchi d’acqua bassa fondamentali per la sopravvivenza della fauna del lago. Il Lago di Massaciuccoli è collegato al mare mediante alcuni fossi, confluenti in un emissario naturale, il canale Burlamacca, che sfocia nel porto di Viareggio. A partire dal 1741 i deflussi del Burlamacca sono regolati da un’opera idraulica consistente in cateratte note con il nome di “Porte Vinciane”, ideate da Leonardo da Vinci, il cui scopo è quello di consentire il deflusso naturale delle acque del lago verso il mare e di impedirne il flusso contrario. Tuttavia il loro funzionamento, nel caso di Massaciuccoli, è stato sin da subito problematico, tant’è che oggi sono praticamente inutilizzabili.

Fig. II.1.1 - 126 Parco Naturale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli

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L’altro emissario naturale del Lago di Massaciuccoli è rappresentato dal canale della Bufalina: mediante l’installazione di una pompa idrovora viene controllata e gestita la sicurezza del Lago di Puccini. La pompa infatti allontana le acque in eccesso dal lago, quando, in occasione di eventi meteorologic particolarmente gravosi, il livello del lago si innalza oltre la soglia di sicurezza, identificata con la quota di 0,40 metri s.l.m. Viene inoltre utilizzata in periodi di forte siccità. Il principale immissario è invece il canale Barra, avente la funzione di drenaggio delle acque della bonifica di Vecchiano e di Massaciuccoli. Inoltre, per contrastare la crisi idrica estiva del lago, le cui acque scendono anche di 45 cm a causa delle scarse precipitazioni, è stato realizzato un piccolo impianto di sollevamento allo scopo di derivare acqua dal Serchio nel Fosso della Barra e quindi nel lago.

II.1.1.2. Bonifiche La superficie del Lago di Massaciuccoli era, un tempo, ben più estesa di quella attuale: ampie zone paludose ne cingevano le sponde e l’uomo ha sempre cercato, sin dai tempi più lontani, di farne un terreno coltivabile e adatto alla vita di coloro che avessero voluto abitarlo. Procediamo quindi con ordine e percorriamo le tappe più importanti riguardanti la bonifica del Lago. Le prime fonti risalgono all’VIII secolo a.C. quando le popolazioni etrusche avviarono delle piccole opere di bonifica con interventi di ingegneria idraulica al fine di migliorare le fertilità dei terreni e le condizioni ambientali. Bisognerà però attendere l’epoca romana per assistere a vaste opere di bonifica sul territorio; vennero infatti costruite le cosiddette Fosse Papiriane, delle opere idrauliche costituite da una maglia di fosse la cui funzione era quella di far defluire le acque stagnanti dalla palude al mare. Tuttavia, a seguito della decadenza dell’impe160

Fig. II.1.2 - 127 Cartografia con limiti amministrativi: Comuni e Province


ro romano e con le invasioni barbariche le opere di bonifica vennero arrestate: i terreni tornano così a prendere le sembianze di un insano acquitrino e presto la popolazione decise di abbandonare questi luoghi, divenuti ancora una volta inabitabili, alla ricerca di insediamenti più salubri e sicuri. Con l’inizio del XV secolo la bonifica del Lago divenne nuovamente una delle priorità del territorio; vennero così ideati nuovi progetti che però non raggiunsero mai il risultato sperato. Una delle novità di quegli anni, precisamente del 1488, fu la costituzione della società “La Maona” formata da cittadini incaricati di intervenire sul territorio al fine di facilitare l’opera di bonifica del lago. Nel 1565 l’ingegnere agrimensore Piero della Lena progettò un canale artificiale che, attraverso fosse secondarie, potesse raccogliere le acque provenienti dalle colline per poi indirizzarle verso il mare attraverso il canale Burlamacca. Il progetto ideato da Della Lena fu però di difficile attuazione e il governo lucchese passò l’incarico della bonifica del lago all’ingegnere Guglielmo Reat. I miglioramenti iniziali che sembrava aver apportato il nuovo ingegnere si tradussero ben presto in squilibri territoriali e l’esecuzione del progetto venne arrestata per

Fig. II.1.2 - 128 Ruota nella risaia

evitare un ulteriore peggioramento della situazione, già abbastanza critica. Negli anni seguenti vennero attuati nuovi interventi, di modesta entità, che miravano ad una nuova distribuzione della rete di fossi e canali. I risultati, se pur non eclatanti, furono comunque capaci di alimentare un certo incremento demografico del luogo. Anche il XVIII secolo non mancò di opere di risanamento; questa volta l’incarico venne affidato al matematico Bernardino Zendrini che cerò d’impedire la promiscuità dell’acqua dolce del lago con quella salata del mare; furono così progettate delle cateratte tra il lago e il porto di Viareggio che condussero ad un ulteriore leggero miglioramento delle condizioni ambientali. Tuttavia la situazione in alcune zone interne era ancora abbastanza critica: furono proprio queste zone, brulicanti di paludi e acquitrini, ad essere oggetto di successive opere di bonifica. Tra i vari progetti vi fu anche il “Grande Progetto” di Lorenzo Nottolini, che metteva in relazione il bacino di Bientina con quello di Massaciuccoli. A causa di problemi burocratici e soprattutto degli enormi costi di attuazione, il progetto non fu mai realizzato. Per giungere ad un assetto più stabile del territorio intorno al lago si è dovuto atten-

dere il Novecento; dopo la prima guerra mondiale iniziò la costruzione di una rete di canali di scarico, di chiuse e di cateratte che hanno condotto, col tempo, all’eliminazione delle acque ristagnanti. La tecnologia è venuta in aiuto della bonifica del Lago e grazie a macchine più potenti, alla razionalizzazione degli interventi e all’utilizzo di energia elettrica si è arrivati a quel risultato che per secoli è sembrato irraggiungibile. Il sistema è oggi costituito da una rete di drenaggio, denominata delle “acque basse”: qui l’acqua viene fatta confluire in appositi collettori per poi essere convogliata agli impianti idrovori dove, grazie all’azione congiunta di pompe e canali, viene sollevate e fatta defluire in direzione del mare. La manutenzione e il monitoraggio del teritorio e del suo complesso sistema idrico è oggi affidata al Consorzio di Bonifica Toscana Nord, l’ente che si occupa della sicurezza idraulica dei comprensori dove prima operavano il Consorzi Versilia - Massaciuccoli, Auser Bientina, e le Unioni dei Comuni della Lunigiana e della Garfagnana. Obiettivo del consorzio è quello di riuscire ad intervenire su un ambiente in cui flora e fauna sono attraversate da equilibri naturalistici tanto preziosi quanto delicati.

Fig. II.1.2 - 129 Trasporto della rena estratta dal Lago

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II.1.1.3. Le vie di comunicazione La navigazione fluviale, attraverso anche bacini d’acqua, costituiva in passato una delle principali vie di trasporto e comunicazione. Il valore di queste “autostrade” dell’antichità, che contribuivano anche ad incrementare attività artigianali per la costruzione delle barche, è rimasto quasi immutato nel tempo; la loro importanza non è stata scalfita nemmeno dall’apparire delle prime linee ferroviarie e dalla nascita dei percorsi autostradali che in campo nazionale rivoluzionavano e ridistribuivano l’intero sistema di trasporto di merci e persone. Le imbarcazioni sono rimaste, fin quasi ai giorni nostri, il mezzo di trasporto principale per i pescatori e i cacciatori, bisognosi di spostarsi da una sponda all’altra del lago; le barche, inoltre, si sono sempre rivelate un ottimo strumento per trasportare materiale la cui lavorazione o estrazione avvenisse nei pressi dello specchio lacustre. Le maesranze che più di ogni altre trascorrevano le loro giornate sulle acque del lago e sulle sue sponde erano il barcaiolo e il barrocciaio: i trasporti su acqua, in un territorio

Fig. II.1.1.3 - 130 Trasporto del falasco

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paludoso e composto da acquitrini, sono sempre stati più adatti rispetto a quelli terrestri e le robuste imbarcazioni riuscivano a mettere in comunicazione, oltre al territorio massarosese anche l’intera area della Versilia, attraverso canali e specchi d’acqua, molto più frequenti in epoche passate. Per il trasporto del falasco, tipica pianta palustre, si utilizzavano ampi e robusti barconi mossi da una vela; il barcaiolo spostava e guidava l’imbarcazione grazie a una lunga pertica che toccava il fondo. All’inizio del XX secolo il barcaiolo era ancora una delle figure principali del lago, incaricato di svolgere le funzioni più importanti nella vita delle comunità locali. Le merci venivano trasportate su barche ampie e piatte che niente hanno a che vedere con i barchini, piccoli e slanciati, che siamo abituati a vedere oggi sulle acque del lago. Col tempo e un po’ d’innovazione queste strane imbarcazioni hanno preso il nome di “chiatte”, che potremmo definire come grosse zattere di forma rettangolare realizzate in legname o metallo, prive di motori

e talvolta fornite di vele. Le chiatte si vedevano spesso sfilare sulle acque del lago sommerse dalla merce più varia e spesso incaricate di trasportare sabbia silicea, la cui estrazione cominciò alla fine degli anni quaranta del secolo scorso, per poi interrompersi negli anni novanta, a seguito di pressanti battaglie ambientali. Le chiatte sono rimaste in attività fino a tempi recenti ma oggi la figura del baraciolo può essere ricordata solo attraverso il noto Palio della Madonna del Lago, nato nel 1967 su iniziativa della Federcaccia sezione di Massaciuccoli, che si tiene ogni anno la seconda Domenica di Maggio. Nei primi anni la gara si svolse interamente a Massaciuccoli, ma a partire dal 1970 il percorso diventò quello attuale, con la partenza da Torre del Lago e l’arrivo al Porto di Massaciuccoli. Fino al 1975 la gara veniva svolta con i tradizionali barchini da palude in legno, il cui peso si aggira sui 90-100 Kg; successivamente cominciarono ad essere impiegate barche molto leggere in compensato, costruite appositamente per questa manifestazione.

Fig. II.1.1.3 - 131 Il Palio storico della Madonna dell’acqua


II.1.1.4. Gli antichi mestieri Ogni ambiente naturale abitato dall’uomo deve fare i conti con quelle che sono le necessità umane. Così anche le aree palustri, nel corso dei secoli, sono state sfruttate per cercare di recepire risorse utili alla sopravvivenza delle popolazioni che vivevano in prossimità delle acque. Tuttavia, prima dell’avvento dell’epoca industriale, spesso veniva stabilito un solido equilibrio tra uomo e natura e quest’ultima veniva preservata e rispettata nei suoi delicati assetti, necessari sia per la sopravvivenza dell’ambiente che per gli uomini che lo abitavano. Quest’ultimi si sono così ritrovati a svolgere lavori e occupazioni immersi in habitat naturali e precari ed hanno sviluppato mestieri che sono divenuti un’autentica forma di cultura: dall’incontro tra le caratteristiche ambientali di un territorio e i saperi di una comunità è stata tessuta, negli anni, la storia di innumerevoli luoghi; così è stato anche per il lago di

Fig. II.1.1.4 - 132 Pesca sul Lago

Massaciuccoli. Tra i principali mestieri che venivano svolti nei pressi di questo specchio lacustre i principali erano la lavorazione del falasco, la caccia e la pesca. Il falasco veniva utilizzato principalmente per ricoprire i tetti dei capanni e divenne un elemento essenziale per le semplice strutture architettoniche nate sulle sponde del lago. Agli inizi dell’Ottocento la tipica casa del pescatore e della sua famiglia altro non era che una capanna; il modello costruttivo dell’abitazione, costituito da un solo ambiente nel quale vivere in promiscuità, rimase invariato di generazione in generazione. Il falasco veniva inoltre usato per la costruzione di semplici strutture in cui poter far riparare gli animali, oppure come magazzino per gli arnesi da lavoro. Ecco così che queste costruzioni, semplici e modeste, sono entrate a far parte dell’ambiente naturale senza danneggiarlo: i pali, rigorosamente in legno, venivano alzati su una

base generalmente rettangolare e collegati tra loro; sopra di essi si stendeva poi l’orditura del tetto, successivamente ricoperta da fasci di falasco. Un’altra attività ampiamente diffusa è sempre stata la pesca, un’attività necessaria per l’alimentazione ma intrapresa anche come un’occupazione a tutti gli effetti. I modi in cui veniva praticata erano molteplici e tutti diversi tra loro, ma la modalità più caratteristica è senza dubbio quella “alla bilancia”, praticata fino ai giorni nostri. Oltre a questa, di cui parleremo più approfonditamente nel paragrafo successivo, c’erano diversi altri tipi di pesca, tra i quali quella “a mazzacola”, quella con la fiocina, quella con il tramaglio, un particolare tipo di rete, o quella con il “bertarello”, rete di forma conica disposta a imbuto. Vi era infine quella effettuata dalla barca con la tradizionale “volantina”, la cui particolarità era un attacco per la rete, posta a prua. Probabilmente

Fig. II.1.1.4 - 133 Dettaglio di una cartolina. Barcone carico di falasco

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alcune di queste tecniche sarebbero ancora in uso se, da qualche anno a questa parte, non fosse stata vietata la pesca nel lago e il consumo di pesce perché ritenuto tossico: l’acqua è infatti contaminata dalla microcistina, un’alga alimentata da azoto e scarichi fognari. Sebbene non abbia effetti collaterali immediati, la microcistina si può accumulare nell’organismo e può essere tossica. Oltre ad offrire l’opportunità di pesca il Lago era un luogo adatto ai cacciatori. I motivi che spinsero Giacomo Puccini a scegliere di andare ad abitare sulle sponde del lago sono proprio da ricercarsi nella possibilità di cacciare. La caccia, prima ancora di essere uno svago per i nobili ed i signori che qui avevano le loro riserve, è stata un’attività fondamentale per le necessità alimentari della popolazione ed ha rappresentato una grande fonte di reddito, sia attraverso la vendita diretta della cacciagione sia attraverso mercati e commerci. Nel corso del tempo il lago ha visto sorgere sulle proprie sponde delle residenze lussuo-

Fig. II.1.1.4 - 134 La “tela”

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se che, oltre ad essere un approdo di villeggiatura, erano luoghi funzionali alla pratica della caccia: venivano progettate e pensate proprio per soddisfare le esigenze dei cacciatori, spesso personaggi illustri. Anche non andando troppo lontani nel tempo possiamo elencare un gran numero di modalità in cui veniva praticata la caccia. C’era la caccia con appostamenti fissi in capanni nascosti tra la vegetazione, oppure quella coi barchini, strutture allungate, strette e piatte sul fondo. Da alcuni veniva praticata invece la cosiddetta “caccia alla botte”, un appostamento galleggiante nel quale il cacciatore si rifugiava in attesa di scorgere la preda sugli specchi d’acqua circostanti. Tra gli appuntamenti di caccia il più atteso era senza dubbio “la tela”, una giornata di caccia che vedeva protagoniste le folaghe, attratte dalla mitezza del clima e dall’abbondante pastura che trovavano nelle acque del lago. Si svolgeva nel mese di ottobre e per partecipare era necessario pagare un biglietto ai Ginori-Lisci, fino al 1887 proprietari del lago. La Tela non era solo una gior-

nata di caccia, era una festa e una grande fonte di guadagno per il paese: arrivavano partecipanti dalla città, da Lucca, da Pisa, da Firenze, ed ognuno di loro necessitava di una barca e di un barcarolo per partecipare. Il raduno avveniva di prima mattina in quattro punti del lago: alla Piaggetta, a Massaciuccoli, a Vecchiano e a Torre del Lago; un segnale, lo scoppio di un mortaretto, segnava l’inizio della caccia. L’ultima tela si è svolta nel 1957, quando le folaghe sul lago sono iniziate a diminuire. Oltre alla pesca, alla caccia e alla lavorazione del falasco, altre attività importanti sono state la coltivazione del riso, interrotta negli anni Cinquanta, quella del grano e quella delle arachidi. Quella ad aver inciso maggiormente sulla fisionomia del territorio è stata sicuramente l’estrazione della torba, tant’è che l’esalazione dei fumi e i rumori prodotti da un impianto di rigassificazione della torba, costruito nel periodo post-bellico, indussero Giacomo Puccini a lasciare le sue amate sponde per trasferirsi a Viareggio.

Fig. II.1.1.4 - 135 Le “mondine” a lavoro nella risaia


II.1.1.5. Le bilance Sono tanti gli aspetti affascinanti del lago di Massaciuccoli. Uno di questi è la presenza di costruzioni in legno e lamiera, costruite per la già citata pesca “alla bilancia”: queste strutture nacquero inizialmente come semplici capanni in legno e falasco e solo successivamente divennero strutture più ospitali, agiate baracche a volte munite di semplici ma efficaci cucine; in queste costruzioni si alternavano i pescatori all’argano di sollevamento della rete. Tuttavia la maggior parte di queste costruzioni era molto affascinante una manciata

di decenni fa: adesso solo un piccolo numero di queste mantiene quella potenza attrattiva e carica seduttiva. Le più hanno pesantemente risentito del trascorrere del tempo, dell’abbandono e dell’incuria e si sono trasformate in pericolanti resti capaci di infondere in chi li guarda stati d’animo più vicini alla malinconia o addirittura al risentimento, piuttosto che regalare come in passato sentimenti di ammirazione per il “bello” inteso come applicazione del lavoro umano in strutture funzionali e allo stesso tempo perfettamente inserite nell’ambiente.

La nascita di queste strutture si perde nel tempo e comincia ad essere documentata attraverso immagini e scritti risalenti all’Ottocento che descrivono l’uso di reti da pesca fissate a strutture sulla riva del lago. Con il passare degli anni, con il cambiamento dello stile e delle esigenze di vita delle persone, le bilance, da luoghi di lavoro o di rifugio, si sono trasformate, nella seconda metà del novecento, in luoghi di incontro, di socialità e svago, a volte anche chiassosamente in contrasto con il rispetto per l’ambiente.

Fig. II.1.1.5 - 136 Bilancia sul Lago di Massaciuccoli

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II.1.2. L’Oasi Lipu

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II.1.2.1. L’associazione Non distante dalla zona archeologica di Massaciuccoli, proprio sulle sponde del lago e nell’ambito di un piccolo scalo, precedentemente porticciolo già attivo in epoca medievale e romana, si trova la sede dell’Oasi Lipu Massaciuccoli nata nel 1985 quando la “Riserva naturale del Chiarone”, istituita nel 1979, fu affidata alla Lega Italiana Protezione Uccelli. Le prime attività dell’Oasi si concentrarono sull’educazione ambientale dei visitatori, sulla sensibilizzazione della popolazione locale ed in piccola parte, a causa delle scarse risorse economiche, alla gestione ambientale. Grazie ai risultati ottenuti e dall’impegno dei volontari che allora frequentavano l’Oasi, a partire dal 1998 fu istituita una vera e propria convenzione con l’Ente Parco. Da allora le attività svolte e i progetti realizzati sono stati tanti, ma risultati più soddisfacenti sono stati quelli ottenuti attraverso la gestione ambientale

monitorata attraverso le ricerche scientifiche, come la nidificazione o lo svernamento di alcune specie avifaunistiche rare, la conservazione degli habitat peculiari della riserva e l’aumento della presenza di alcune specie floristiche molto rare. Nonostante il grande impegno gli elementi di criticità sono ancora tanti e interessano non solo la Riserva, ma tutto il Lago di Massaciuccoli; gravi fenomeni di eutrofizzazione che inquinano le acque, aumento di salinità, presenza massiccia di specie alloctone invasive, attività venatoria illegale, sono solo alcuni dei problemi ancora oggi presenti. La Sede dell’Associazione vanta anche un piccolo Museo naturalistico dedicato alla fauna e alla flora del lago: all’interno del museo, costituito da 3 sale, non sono presenti in esposizione animali imbalsamati, ma modelli fedelissimi realizzati in dimensioni reali: il visitatore si muove all’interno

del museo come se si trovasse immerso nell’ambiente naturale con la possibilità di toccare gli animali, udirne i suoni, ammirarne i colori con un approccio plurisensoriale ed emotivo, tutto accompagnato dal massimo rispetto per la natura. L’Oasi LIPU Massaciuccoli, in collaborazione con L’Ente Parco Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, è da sempre impegnata in progetti di ricerca scientifica e monitoraggio ambientale, al fine di programmare, realizzare e valutare le azioni di conservazione messe in atto per la salvaguardia e il miglioramento della biodiversità presente all’interno della Riserva Naturale e di tutto il bacino del Lago di Massaciuccoli. A tale scopo vengono condotti vari studi sulla flora e sulla fauna, anche in collaborazione con altri Enti o Associazioni come, ad esempio, il Centro Nazionale di Ricerca di Pisa o di Firenze e il Centro Ornitologico Toscano.

Fig. II.1.2.1 - 137 Entrata dell’Oasi Lipu

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II.1.2.2. Flora Il lago di Massaciuccoli appartiene alle poche aree umide superstiti, spazi naturali selvaggi, vere e proprie oasi ambientali che spiccano nell’indistinto e spesso monotono paesaggio pianeggiante; pochi altri luoghi possono vantare una così ricca comunità in termini di biodiversità, e il mantenimento dei loro delicati equilibri ecologici è fondamentale, oltre che per la vita animale e vegetale, anche per la popolazione umana. Il Lago di Puccini, insieme ai suoi canali, fossi e paludi circostanti, forma un’area umida ricca di varietà floreali, introvabili in altri luoghi della Toscana:

ampie distese di cannucce (Phragmites australis) e di falasco (Cladium mariscus) vengono smosse dal vento e i loro colori si fondono a quelli delle acque dando vita ad un soffuso pastello, impreziosito dalla presenza di alcune autentiche rarità botaniche. Nella zona dell’Oasi Lipu l’uniformità del falascheto è interrotta in alcune aree dai cosiddetti “chiari”, zone di acque libere e mediamente basse, ospitanti trampolieri e anatre selvatiche. Di particolare interesse è la presenza di aggallati, porzioni di palude galleggiante ricoperte da boschi di frangola (Frangola alnus)

e ontano nero (Alnus nigra) e da torbiere a sfagno (Sphagnum) – un muschio di origine nordica relitto dell’ultima glaciazione. Le torbiere a sfagno ospitano numerose piante particolarmente rare come la carnivora (Drosera rotundifolia), la felce florida (Osmunda regalis) e il centocchio palustre (Anagallis tenella). Tra le specie minacciate vi sono inoltre la soldanella reniforme (Hydrocotyle ranunculoides), la liana Periploca graeca, l’orchidea palustre (Orchis palustris) e l’ibisco rosa (Ibiscus palustris).

II.1.2.3. Fauna

Fig. II.1.2.2 - 138 Phragmites australis

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Le acque del lago sono abitate da una infinita varietà di organismi viventi i quali, grazie a questo ambiente ricco e adatto alla vita, formano la base di una catena alimentare che permette la sopravvivenza delle specie più grandi, a loro volta nutrimento di altre specie. Gran parte della fama di questo specchio lacustre è dovuta però alla grande presenza di fauna ornitologica: Il lago di Massaciuccoli occupa infatti una posizione geografica tale da farne un importante punto di transito e sosta per i migratori e la grande varietà di habitat rende possibile la sosta ad un elevato numero di specie; inoltre questa zona umida, con i suoi estesissimi canneti, riveste una grande importanza anche per gli uccelli nidificanti. Così, nonostante lo svolgersi di molteplici attività umane e la presenza intorno di ampi insediamenti urbani, il mondo animale ancora qui si presenta in un variopinto e affascinante spettacolo e sceglie il Lago di Massaciuccoli come cuore di invisibili e misteriose rotte migratorie. Nel lago il trascorrere delle stagioni e del tempo è infatti segnato dal volo di stormi di uccelli migratori e dai loro richiami: l’improvvisa apparizione a cui segue poi l’altrettanto misterioso e improv-


viso abbandono della scena. Sono circa duecento le varietà segnalate, a cui si aggiungono occasionali avvistamenti di altre specie. Oltre alla fauna ornitica anche la fauna ittica, se pur in maniera più ridotta, è caratterizzata da una certa differenziazione all’interno dello specchio lacustre; questa varietà è dovuta alla convergenza nel lago di acque provenienti dai torrenti e canali circostanti, nonché da sorgenti sotterranee alle quali, in particolari periodi di siccità, si aggiungono acque marine richiamate dal diminuito livello delle acque dolci. Di conseguenza convivono nel lago molte specie diverse: da quelle strettamente dipendenti dall’acqua dolce, ad altre abituate alla sopravvivenza in acque miste, fino ad alcune specie marine presenti nel tratto del canale Burlamacca confinante con il mare aperto.

Fig. II.1.2.3 - 139 Esemplare di cenerino sulle acque del Lago

Fig. II.1.2.4 - 140 Eemplare di basettino panurus

II.1.2.4. Punti di osservazione La sede dell’Oasi è il punto di partenza di un itinerario che si svolge interamente sui camminamenti a palafitta realizzati dall’Ente Parco per l’osservazione della vegetazione e dell’avifauna. L’attuale camminamento, adeguato alla L.13/89 e ricostruito in loco di un vecchio percorso ormai rovinato dal tempo, si snoda tra falaschi e canneti ed è dotato di alcuni appostamenti, predisposti per l’osservazione della fauna lacustre. Il primo tragitto è stato inaugurato nel 2006 e l’anno successivo ne è stato costruito un altro, sul lato opposto, adeguato, per dimensioni e accorgimenti, ai requisiti

di “accessibilità”. Nelle fasi di ideazione progettuale e di esecuzione, la passerella è stata dotata di accorgimenti strutturali e dimensionali, atti a garantire il superamento delle barriere architettoniche. Al fine di salvaguardare il pregio e la valenza paesaggistica dell’ambiente naturale circostante, si è preferito riproporre una struttura completamente in legno, assemblata in sito, nella caratteristica tipologia a palificata. Il camminamento è stato rimodellato eliminando i dislivelli di quota, particolarmente accentuati in prossimità dei ponti 169


originari. Per ragioni di tutela ambientale, legate al possibile disturbo dell’avifauna, il camminamento medesimo non poteva mantenersi ad una quota massima costante, pertanto, dovendo garantire il requisito di navigabilità dei canali sottostanti, si è proceduto a raccordare i diversi livelli con rampe a lieve pendenza. A tal riguardo, la parte più difficoltosa si è presentata proprio all’ingresso, dove erano localizzati due canali contigui di significativa luce, dotati di doppio ponte con scaletta. Lo studio progettuale, ulteriormente dettagliato in corso di esecuzione, ha portato alla creazione di un unico ponte, raccordato con doppia rampa. Il percorso, nella sua interezza, è stato corredato di sicuri corrimano di altezza pari a 1mt, di tavole salvapiede e piazzole di sosta di dimensioni 1,50x1,50, quest’ultime necessarie anche per la manovra della sedia a rotelle a 360°. Anche gli osservatori sono stati costruiti per accogliere un’utenza con difficoltà motorie. In particolare è stata studiata la zona per l’osservazione, predisponendo finestrelle ad idonea altezza, nonché creando uno spazio utile sufficiente per l’alloggiamento della carrozzina. Il 19 settembre 2014 una tromba d’aria ha danneggiato i camminamenti che, a causa di questo evento, sono rimasti chiusi per più di un anno. Grazie ad un contributo concesso all’Ente Parco dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca, a distanza di un anno e mezzo dall’evento, il Parco ha affidato i lavori alla Ditta “Centro Legno Ambiente” di Castelnuovo Garfagnana, la stessa che aveva realizzato i camminamenti dell’Oasi nel 2006. Sono stati demoliti e ripristinati circa 60 metri di camminamento e l’osservatorio. Nell’ambito dell’incarico, alla Ditta è stata anche affidata la realizzazione ex-novo di un pergolato di 4 metri x 3 che oggi funge da ingresso alla passerella dalla piazza, un punto di accoglienza ed informazione per i visitatori. Fig. II.1.2.4 - 141 Passerella in legno nell’Oasi

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II.1.3. Giacomo Puccini

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II.1.3.1. Luoghi e sentimenti Nel 1891, a Torre del Lago, giunse da Lucca Giacomo Puccini, ancora in cerca di quel successo che di lì a pochi anni l’avrebbe accompagnato. Il paese era formato da poche case ed aveva appena un centinaio di abitanti: la popolazione s’impegnava nei lavori e nelle attività favorite dalla presenza del lago e dei terreni circostanti. Puccini prese in affitto una casa da Venanzio, una delle guardie della tenuta arciducale, che aveva una casetta proprio in riva al lago di Massaciuccoli. Dall’altra parte della strada c’era una capanna di legno, che era l’abitazione e bottega del calzolaio Gragnani: qui si ritrovava, quasi ogni giorno, l’allegra brigata composta, oltre che da Puccini, da pittori, poeti, cacciatori e giocatori. A questi si aggiungevano, di volta in volta, tanti amici e conoscenti. A Torre del Lago Puccini trovò grande tranquillità e solitudine, l’ambiente giusto per dare sfogo alla grande passione per la caccia e un gruppo di amici con cui ridere e scherzare e trascorrere tante

giornate in spensierata allegria. A Torre del Lago “si poteva sognare a occhi aperti, dove si aveva la fortuna di vivere quasi quasi per nulla”. Lo descrisse bene Guido Marotti, che aggiunse: “Paesaggio di sogno per gli amanti e gli artisti, dove tutto appare morbido e tenue allo sguardo, dove, quando le luci si combinano in certi modi e le colorazioni assumono alcuni aspetti, sembra di vivere in paese d’Oriente.” Ecco perché il paese divenne un ritrovo di alcuni artisti bohèmien. Ogni volta che Puccini doveva andare lontano per lavoro il suo pensiero fisso era di tornare quanto prima nella quiete della sua casa. Quando il calzolaio Gragnani decise di vendere la sua capanna, Puccini propose agli amici di acquistarla per sistemarci la sede del loro gruppo definito il “club della Bohème”. Intanto, i successi della Manon permisero al Maestro di passare dalla “casa di Venanzio” in quella, più grande, ma sempre in affitto, del conte Grottanelli di

Siena e, infine, nella dimora definitiva sorta su un pezzo di lago interrato concesso dal marchese Ginori Lisci, al quale Puccini aveva dedicato la Bohème. In una lettera inviata da Londra nel 1900 ad Alfredo Caselli di Lucca descriveva così il paese: “Torre del Lago, gaudio supremo, paradiso, eden, empireo “turris eburnea”, “vas spirituale”, reggia... Abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare popolate di daini, cignali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso. Tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona d’estate, splendida di primavera e di autunno. Vento dominante, di estate il maestrale, d’inverno il grecale o il libeccio. Oltre i 120 abitanti sopradetti, i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco, ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti, perché difficili da accostarsi.” E agli occhi di Don Pietro Panichelli il pae-

Fig. II.1.3.1 - 142 Giacomo Puccini in mezzo agli amici, molti dei quali artisti. 1895

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se apparve così, quando fu invitato per la prima volta (nel 1899) a casa Puccini: “Era allora una vera landa deserta. Pochissime e vecchie case di contadini costeggiavano la strada con qualche capanno di falasco, antico residuo della vecchia Torre del Lago che come tutti sanno era composta, in origine, soltanto di capanne.” Il 3 gennaio 1904 Puccini sposò Elvira Bonturi, con cui aveva una relazione dal 1885. Puccini lasciò l’amata dimora nel 1921, alla fine di un lungo idillio con l’intero ambiente, segnato da euforie creative e umane ma anche delusioni e tristezze, com’è proprio di ogni uomo, e da un tragico avvenimento: il suicidio della giovanissima cameriera Doria Manfredi nel gennaio del 1909, la cui ombra s’allunga fino a noi, come testimonia Elegia Provinciale, un libro di Giancarlo Micheli del 2007 e La fanciulla del lago, film di Paolo Benvenuti presentato alla 65esima Mostra di Arte Cinematografica di Venezia. Puccini fu indirizzato, se non costretto, a

questa separazione dall’irrompere, nel paesaggio ambientale e sociale di una fabbrica per la rigassificazione della torba: un impianto di trasformazione gestito dalla Società Torbiere d’Italia, fondata nel dicembre 1918, con lo scopo di usare la torba grezza, alla cui estrazione già avevano partecipato altre torbiere precedentemente sorte sul territorio. La sua apertura produsse naturalmente una forte cambiamento non solo nel paesaggio ambientale, ora dominato da due imponenti torri alte più di ottanta metri, ma nell’intera vita della comunità paesana. Puccini andò così a vivere a Viareggio, nel Quartiere Marco Polo, fino al 1924, anno della sua morte. Il 29 novembre 1926 la salma di Puccini fu trasportata nella cappella fatta costruire all’interno della Villa di torre del Lago, di cui si parlerà più approfonditamente nel paragrafo successivo.

Fig. II.1.3.1 - 144 Il club “La bohème” nel disegno di Ferruccio Pagni

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Fig. II.1.3.1 - 143 Giacomo Puccini a caccia sul Lago

Fig. II.1.3.1 - 145 Foto del club “La bohème”


Fig. II.1.3.1 - 146 Particolare del quadro di Umberto Bonetti "Volo veloce sul lago di Massaciuccoli" . Rappresentazione delle torbiere

Fig. II.1.3.1 - 147 Bagnanti nel Lago con alle spalle la nuova torbiera

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II.1.3.2. Villa Puccini

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La villa a Torre del Lago in cui Puccini si trasferì definitivamente dopo le prime sistemazioni provvisorie, subì una profonda ristrutturazione che comprese anche l’interramento di una parte della riva del lago prospiciente la casa. Il permesso gli venne conferito, come già anticipato, dal marchese Carlo Ginori-Lisci, proprietario di quelle acque, e ciò gli permise di realizzare il giardino nel quale sarebbe corsa la strada fin davanti l’ingresso di casa. La sistemazione della sala a piano terra vide impegnati noti artisti e amici del Maestro come Galileo Chini, Raffaello De Servi, Plinio Nomellini e Ferruccio Pagni. “Son ben contento - scrisse al De Servi il 30 ottobre 1899 - dell’unione delle forze nomelliniche e del serviane a pro della mia sala. Il soffitto lo farò fare come tu mi dici cioè del colore naturale”. A febbraio dell’anno successivo Puccini era alle prese con gli stucchi e si raccomandava allo stesso De Servi: “Eccomi a Torre. Abbiamo ricevuto il catalogo degli intagli soffitto e in carta pesta De Pasquali. Bisognerebbe che tu domandassi il prezzo, dimensione e rilievo, urgendo mettere i rosoni al soffitto. Nomellini lavora, vieni presto.” A primavera i lavori erano conclusi e Puccini scriveva a Ferruccio Pagni: “Il 15 febbraio verrò con la famiglia a Torre per installarmi nella nuova dimora, definitivamente...”. Poi, invitava la sorella Ramelde: “Vieni a vedere la mia maisonette, con sala straordinaria.” La cappella all’interno della Villa, opera dell’ingegnere Vincenzo Pilotti e di Adolfo De Carolis, contiene sculture di Antonio Maraini: “La musica che piange il maestro”, e sulla parete opposta il sedile in marmo “La musica che sopravvive al maestro.” il 28 dicembre 1924 fu posta sul muro a Nord, di fronte alla strada, una lapide: “Il popolo di Torre del Lago pose questa pietra / a termine di devozione / nella casa ove ebbero nascimento / le innumerevoli creature di sogno / che / Giacomo Puccini/ trasse dal suo spirito immortale.”

Fig. II.1.3.2 - 148, 149 Villa Puccini in foto dell’epoca


La Villa Museo appartiene ancora oggi alla famiglia Puccini. L’attuale proprietaria è Simonetta Puccini, unica discendente del Maestro, entrata in possesso della Villa solo nel 1996 dopo molti anni di cause ereditarie durante i quali la casa ha attraversato un pe-

Fig. II.1.3.2 - 150 L’interno della Villa

riodo di decadenza e abbandono. Nel tempo sono stati fatti diversi restauri che hanno ridato alla Villa l’aspetto di una casa ancora abitata. Il 2012 ha visto il compimento di importanti restauri come il rifacimento del tetto e il ripristino della facciata riportata

all’antico colore. Un percorso faticoso e difficile che trova continuamente un positivo riscontro da parte dei numerosi visitatori, entusiasti e partecipi, veri testimoni dell’immortalità delle melodie pucciniane.

Fig. II.1.3.2 - 151 L’entrata dal giardino in una foto dell’epoca

Fig. II.1.3.2 - 152 Giacomo Puccini in riva al Lago

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II.1.3.3. Nascita del Festival Puccini: dal Carro di Tespi Lirico al Gran Teatro all’aperto

Così parlava Giacomo Puccini rivolgendosi a Giovacchino Forzano nel novembre 1924, prima di partire per la clinica di Bruxelles dove poco dopo morì. Il Maestro espresse così il desiderio di far rivivere le sue creature nell’incredibile palcoscenico naturale offerto dal Lago di Massaciuccoli. Quelle parole rimasero così scolpite nel cuore di Forzano, commediografo e librettista di Suor Angelica e di Gianni Schicchi, che dopo la scomparsa del Maestro decise di realizzare tale sogno. Nel 1930, insieme a Pietro Mascagni, compagno di studi e di stanza del giovane Puccini negli anni del Conservatorio, Forzano diede inizio alla realizzazione delle prime rappresentazioni dei capolavori pucciniani in riva al lago, da-

Fig. II.1.3.3 - 153 Gran Teatro Giacomo Puccini

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vanti alla casa del Maestro. Il 24 agosto 1930, in un teatro provvisorio con il palcoscenico costruito su palafitte infisse nel lago di fronte alla Villa, il “Carro di Tespi Lirico”, una compagnia d’opera itinerante, rappresentò La Bohème. Nel 1931 il “Carro di Tespi Lirico” tornò nuovamente a Torre del Lago con La Bohème e Madam Butterfly: fu così segnato l’inizio di uno dei Festival Lirici più noti e amati dal pubblico. Erano le prime di una serie di rappresentazioni che succedutesi negli anni avrebbero condotto alla realizzazione nel 1966 di un teatro all’aperto sopra di un terreno bonificato, a lato del porticciolo, nello sfondo suggestivo del lago e del cielo di Massaciuccoli, impreziosito dal brillare tremulo delle luci notturne dei paesini situati sulla sponda opposta, scenario naturale degli allestimenti che ogni anno si alternavano sul palcoscenico.

Nel 1994 il teatro è stato sottoposto a un intervento di restauro e di adattamento alla normativa vigente in materia di sicurezza e nel 2002 il Comune di Viareggio, la Fondazione Festival Pucciniano e la Regione Toscana hanno inserito il Memorial of Puccini nei loro programmi culturali prioritari, con l’obiettivo principale di costruire un teatro permanente e attrezzare tutta l’area per il libero uso dei cittadini, dei turisti, degli spettatori, realizzando un Parco della Musica. L’Amministrazione incaricò così un team interdisciplinare coordinato dall’architetto Italo Insolera di progettare il nuovo complesso a scala ambientale comprendente un teatro-arena all’aperto per 3100 persone e un teatro-auditorium coperto per 600 persone. Chissà cosa avrebbe pensato Puccini di questa struttura piombata nello scenario naturale di Torre del Lago.

“... Io vado sempre qui davanti e poi con la barca vado a cacciare i beccaccini... Ma una volta vorrei andare qui davanti ad ascoltare una mia opera all’aperto ...”

Fig. II.1.3.3 - 154 Il Carro di Tespi, 1930


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II.1.4. Il Contratto di Lago per il Massaciuccoli

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II.1.4.1. Che cos’è il Contratto di Lago A fine 2015 il Comune di Massarosa nell’ambito del progetto RETRALAGS, ha proposto la costruzione di un “Contratto di Lago per il Massaciuccoli”, con modalità partecipative, coinvolgendo non solo i soggetti istituzionali e le associazioni, ma anche le comunità locali (associazioni locali e residenti). Nel progetto erano previsti strumenti informativi/formativi ed i Tavoli del Contratto di Lago, strumenti partecipativi con i quali i partecipanti sono stati condotti a confrontarsi ed a definire in maniera il più possibile condivisa: - l’entità e le cause delle criticità del Lago rispetto al suo ecosistema (che include il sistema idrico, sociale, naturale, economico), le aree maggiormente compromesse e

quelle da valorizzare; - uno scenario futuro auspicato che permetta un miglioramento delle condizioni del Lago e le strategie funzionali alla costruzione di tale scenario; - gli indicatori che definiscono il livello di attuazione delle azioni in un arco di tempo ben definito; - una struttura di coordinamento che supporti i partecipanti ai Tavoli che intendono attuare alcune delle azioni definite, aderendo al Contratto di Lago. Il Contratto di lago è un accordo volontario di programmazione strategica e negoziata, riconosciuto a livello nazionale e regionale, che persegue la tutela, la corretta gestione

Fig. II.1.4.1 - 157 Canale nei pressi del Lago

Fig. II.1.4.1 - 155, 156 Foto scattate durante le assemblee del Contratto di Lago

delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori lacuali unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale. La necessità di definire ed attuare questo strumento di programmazione deriva dal fatto che il Lago di Massaciuccoli è caratterizzato da problematiche e da sfide che per la loro complessità e multi-dimensionalità non possono essere affrontate efficacemente da singoli soggetti istituzionali attraverso l’utilizzo degli strumenti consueti. È necessaria una collaborazione sovracomunale e multilivello che coinvolga, sulle specifiche problematiche e competenze, tutti i soggetti attivi sul bacino del Lago.

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II.1.4.2. Maggiori criticità ambientali e nuove proposte Il lago di Massaciuccoli, con le sue aree palustri, è un ecosistema fragile e compromesso a causa della sua stessa natura e degli interventi antropici realizzati (urbanizzazione ed uso agricolo intensivo delle aree bonificate con un sistema di idrovore e canali). Le maggiori criticità rilevate nel corso degli ultimi anni sono state: - EUTROFIZZAZIONE: elevata presenza di nutrienti (prevalentemente azoto e fosforo) che danneggiano l’eco-sistema determinando un incremento abnorme di fitoplancton con una conseguente riduzione dell’ossigeno disciolto in acqua, della limpidezza dell’acqua, delle forme di vita vegetale ed animale in grado di sopravvivere. - SALINIZZAZIONE: presenza di acque salate in alcune aree palustri a nord del Lago e nelle ex cave di sabbie silicee (dove i fondali sono molto profondi e l’acqua salata si accumula); in anni recenti si sono registrati elevati livelli di salinizzazione che hanno causato danni all’agricoltura, alla pesca e

all’ecosistema nel suo complesso. - SUBSIDENZA: i sottobacini del Lago a scolo meccanico (Massarosa, Massaciuccoli pisano, Vecchiano, Quiesa) sono soggetti ad un abbassamento costante del livello del terreno con conseguente progressiva riduzione del franco di coltivazione (nel sottobacino di Vecchiano si raggiungono valori di abbassamento pari a 3 cm l’anno). Il fenomeno nel tempo renderà impossibile lo smaltimento dell’acqua con l’attuale bonifica meccanica e l’uso del suolo a fini agricoli. - INTERRIMENTO: immissione di materiale e sedimenti terrosi di diverse dimensioni nelle acque del Lago, che produce un progressivo restringimento dell’invaso. - SOVRASFRUTTAMENTO DELLA FALDA ACQUIFERA: le sorgenti d’acqua che prima si immettevano nel Lago favorendone il ricambio, vengono incanalate negli acquedotti a scopo potabile e captate da pozzi a

Fig. II.1.4.2 - 158 Volontari ed esperti durante un sopralluogo sul Lago

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scopi irrigui. Ciò incide anche sullo scarso ricambio dell’acqua del Lago e sul deficit idrico estivo. - DEFICIT IDRICO: negli ultimi anni il bilancio idrico del lago avrebbe evidenziato un progressivo scompenso tra i quantitativi di acqua in uscita e quelli in entrata concentrati soprattutto nel periodo estivo; nell’estate 2017 sono stati registrati i minimi storici del deficit idrico (- 56 cm sotto il livello del mare). - RISCHIO IDRAULICO: il Lago profondo circa 2 metri è pensile rispetto ai territori limitrofi che sono perciò depressi e sottoposti a rischio idraulico; in caso di un’esondazione importante, si possono realizzare battenti idrici molto elevati anche superiori a tre metri. Gli argini del Lago Massaciuccioli e del Fiume Serchio, insieme al corretto funzionamento del sistema di Bonifica e dell’idrovora della Bufalina, garantiscono la messa in sicurezza dell’area.


- SPECIE ESOTICHE: negli ultimi 10-15 anni si è aggravata la situazione già critica a causa della comparsa di specie vegetali ed animali esotiche (alloctone) che competono con le specie originali rompendo l’equilibrio dell’habitat e la sua biodiversità.

difficile fruibilità e accesso al Lago, la scarsa imprenditorialità verso nuove opportunità economiche (nuove forme di turismo sostenibile e agricoltura multifunzionale), l’assenza di uno spazio di confronto permanente fra le istituzioni, le associazioni del territorio ed i cittadini residenti.

Per risolvere tutte queste criticità sono stati inizialmente proposti vari progetti, tra i quali:

- Il progetto “Anello del Lago”. È il primo progetto proposto dal Comitato con l’obiettivo di intervenire sulla mobilità dolce con la realizzazione dei tratti mancanti dei percorsi ciclo-pedonali già esistenti in modo da collegare tutto il Lago a livello sovracomunale. L’Anello del Lago, progettato in un primo momento con percorsi terrestri, si connetterà con il circuito delle vie dell’acqua del “Parco delle Acque”. Il percorso è disegnato in modo da toccare luoghi e aree del territorio di interesse storico, paesaggistico e ambientale.

- un impianto di fitodepurazione a San Niccolò (Vecchiano) per combattere subsidenza, eutrofizzazione e interrimento; - la derivazione del Fiume Serchio con la quale si cercherebbe di risolvere il deficit idrico del lago; - candidatura del lago a Patrimonio Mondiale dell’Unesco per incrementare la promozione del valore storico, culturale, paesaggistico e ambientale del lago massaciuccoli a livello nazionale, europeo ed internazionale e di un turismo sostenibile rispettoso dell’ecosistema. La premiazione potrebbe inoltre risolvere la

- La “Porta del Lago” . Il Lago è poco accessibile poiché le infrastrutture che lo circondano non sono collegate, alcune sono addirittura precarie e altre, soprattutto quelle per l’organizzazio-

ne degli spazi pubblici, ne impediscono la visibilità. L’unica frazione che permette di accedere al lago facilmente è il paese di Massaciuccoli, il quale è dotato di piccole passerelle in legno già citate nel capitolo precedente. Il progetto, pertanto, prevede che l’area venga anche dotata di una struttura capace di svolgere il ruolo di “Porta del Lago” per favorire l’accesso al sito protetto e la fruizione di informazioni turistiche, ambientali e tecnico-scientifiche sull’area da parte di turisti, ma anche cittadini, studenti, imprese, Enti e di tutti coloro che ne abbiano bisogno. In tal modo ne potrà beneficiare direttamente la popolazione locale e tutto il tessuto economico locale, con l’impulso a nuove attività, il recupero di strutture di pesca/ricovero natanti e lo sviluppo di servizi con benefici sia per le aziende che per gli utenti. Questi elencati sono solo alcuni dei progetti e degli obiettivi che il Contratto di Lago si è prefissato all’inizio di questo difficile ma importante percorso. Il 24 febbraio 2018 si è ufficialmente concluso il percorso partecipativo che si è sviluppato in una serie di incontri e tavoli

Fig. II.1.4.2 - 159 Obiettivi, azioni, organizzazione del Contratto di Lago

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nomico con l’obiettivo di giungere entro i prossimi 10 anni al rispetto delle direttive europee in merito alla qualità dei corpi idrici (Direttiva Acque) e alla conservazione degli habitat e della biodiversità (Direttive Habitat e Uccelli). La novità rappresentata dal “contratto” rispetto ai precedenti strumenti di pianificazione o accordi di programma sarà proprio nell’essere uno strumento di governance partecipato dove le comunità sono una parte attiva del percorso ed uno dei contraenti firmatari del contratto. A questo scopo associazioni e singoli cittadini che hanno partecipato al dialogo sociale si sono costituiti in un forum permanente per il contratto di lago che chiederà di essere ammesso con propri portavoce ai lavori della cabina di regia. Questa “novità” appare, nel caso del Lago di Massaciuccoli, particolarmente importante e determinante in quanto una soluzione il più possibile definitiva dei problemi che affliggono il lago dovrà passare inevitabilmente da un cambiamento profondo dell’attuale assetto del territorio che avrà ripercussioni importanti su numerosi aspetti sia sociali che economici, per questo motivo sarà fondamentale coinvolgere l’intera

comunità in tutte le sue componenti. Tra le 60 proposte prima accennate alcune riguardano la salvaguardia ambientale del Lago, come ad esempio azioni per contrastare il fenomeno della subsidenza, la salinizzazione, azioni per il bilancio idrico e la biovdiversità. Oltre a queste proposte, di natura strettamente ambientale, vi sono azioni legate al rilancio del Lago da un punto di vista culturale, storico e turistico; quest’ultime, di particolare interesse ai fini di questo studio, comprendono: - il recupero delle bilance e di altre strutture in abbandono; - la promozione del lago e degli aspetti culturali, storici, ambientali; - la fruizione sportiva del lago; - azioni per la mobilità e percorsi pedo-ciclabili. Lo studio progettuale che andrò a svolgere mirerà quindi ad inserirsi nell’ambito delle iniziative sopra elencate, al fine di proporre una soluzione originale e innovativa, ma allo stesso tempo coerente con gli studi fin ora svolti dai vari enti e associazioni.

Fig. II.1.4 - 160 Riunione del Contratto di Lago

di confronto, iniziati nel mese di settembre 2017, che hanno visto la partecipazione complessiva di 250 persone appartenenti a 10 enti pubblici, 5 comitati di rappresentanza locale, 54 associazioni, 9 imprese e numerosi singoli cittadini residenti nei comuni interessati. Una grande partecipazione che dà il segno di un interesse diffuso verso il tema e anche, forse, di una percezione diffusa circa l’urgenza di un qualche intervento. Gli incontri ed i tavoli di confronto svoltisi tra settembre e novembre e divisi in tre aree tematiche – il tavolo Tutela, il tavolo sviluppo, il tavolo promozione e valorizzazione – hanno prodotto 60 proposte di intervento discusse all’interno dei tavoli e raccolte nel cosiddetto “Abaco delle Azioni”. Adesso il progetto andrà avanti con l’insediamento della “cabina di regia” del contratto medesimo che sarà composta dagli Enti contraenti, ossia da tutti quelli a vario titolo interessati alla gestione del Lago. Essa dovrà, partendo dai risultati del dialogo sociale, giungere alla redazione di un nuovo accordo di programma tra le parti che sarà lo strumento di governance del territorio, che avrà il compito di ridisegnare il futuro assetto territoriale e socio-eco-

Fig. II.1.4 - 161 Strutture abbandonate sul Lago


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II.1.5. Studio e riflessioni personali

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II.1.5.1. Considerazioni generali Quanto fin’ora scritto, illustrato, fotografato pone davanti ad una innegabile evidenza: il Lago di Massaciuccoli, con il suo ricco habitat naturale che muta al ritmo delle stagioni, inserito in uno scenario unico tra le Apuane, il mare e la palude, è un vero e proprio patrimonio naturale e culturale. A tanta bellezza sia aggiungono poi delle ricchezze culturali che fanno del Lago di Massaciuccoli un posto unico: l’anima di Giacomo Puccini avvolge l’intero Lago e i luoghi legati al Maestro sono un susseguirsi di stimoli per l’anima, che richiamano visitatori da ogni parte del mondo. In questo luogo si intrecciano storie, epoche passate, racconti, architettura; basti pensare a tutto ciò che possiamo trovare anche solo nel paese di Massaciuccoli, dove i resti della Villa dei Venulei, di epoca romanca, hanno come sfondo l’intero Lago di Massaciuccoli e, dietro di esso, il mare. Oppure, più in prossimità delle sponde del Lago, Villa Ginori, nel paese di Quiesa. Il Lago di Massaciuccoli potrebbe essere definito anche “caratteristico”, “pittoresco”. Ciò è dovuto alle molteplici bilance da pesca che, sparse in ogni dove nel Lago, di dimensioni sempre diverse e con forme a volte “bizzarre”, colorano lo scenario circostante, i cui colori, sempre morbidi, cambiano col passare delle ore e dei mesi. Parlare del Lago di Massaciuccoli apre uno ventaglio di spunti, suggestioni e riferimenti quasi difficili da tenere sotto controllo: si rischia, concentrandosi su alcuni dettagli, di tralasciarne altri, la cui importanza non sarebbe sicuramente minore. Il Lago è un incontro con il paesaggio, la cultura e la storia: un impareggiabile museo vivente dove la vita sembra essersi fermata ai tempi in cui Puccini passeggiava sulle sponde del lago: basta posare gli occhi sul lago e sulle sue sponde per ritrovare architetture, storie ed emozioni alle quali avvicinarsi, magari immaginando di essere accompagnati dalle note della Bohème o di Turandot.

Fig. II.1.5.1. - 162 Strutture abbandonate e degradate sul Lago

Fig. II.1.5.1. - 163 Tramonto sul Lago

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II.1.5.2. Problematiche e punti di forza Verrebbe da pensare che un luogo con così tanto potenziale non abbia bisogno di un’analisi in cui si vadano ad analizzare le criticità che, se confrontate con ciò che questo luogo ha da offrire, sembrerebbero una minima parte. Tuttavia, se da una parte il Lago di Massaciuccoli riesce comunque ad andare avanti grazie a ciò che intrinsecamente possiede, siamo arrivati ad un punto in cui le criticità e l’accumularsi di “piccole” problematiche, potrebbe portare ad un deterioramento da cui sarebbe difficile tornare indietro. Nei capitoli precedenti sono già state analizzate le problematiche ambientali e naturalistiche che stanno mettendo a serio rischio la flora e la fauna del luogo; è necessario un intervento mirato ed efficace che possa salvare la vita del lago; i processi sono già in atto e la strada intrapresa con il Contratto di Lago sembra essere quella giusta. Tuttavia, in questo studio, si cercherà di affrontare le problematiche del Lago da un punto di vista più architettonico che ambientale, in quanto non avrei le competenze per poter gestire problemi di questa natura. Mi limiterò quindi ad un’analisi mirata a quello che sarà l’obiettivo finale: riqualificare il lago di Massaciuccoli architettonicamente, dotandolo di strutture che possano valorizzare gli innumerevoli pregi che già possiede. Tuttavia, nonostante le mie scarse competenze in merito di salvaguardia ambientale, non è stato difficile accorgersi di come la decadenza in cui versa il Lago, ben visibile anche da persone poco esperte in materia, sembra essere celata nel periodo del Festival Puccini: in quei giorni le sponde accolgono centinaia di visitatori e amanti della musica, e l’aria di festa sembra far dimenticare il pericolo in cui si trova lo specchio lacustre. Nei vari sopralluoghi effettuati sulle sponde del Lago, in cui a piedi ho visitato Torre del Lago, Massaciuccoli, Quiesa e Vecchiano, mi sono resa conto come, nei mesi soprattutto invernali, ci sia una forte 188

area di malinconia e un grande senso di abbandono: l’area in cui nel 2008 è sorto il Gran Teatro all’aperto Giacomo Puccini sembra un luogo di mezzo senza identità, nel quale, improvvisamente e senza una ragione ben precisa, è stata collocata questa grande “astronave” blu, che niente sembra avere a che fare con il contesto circostante. È difficile capire se il nuovo teatro debba essere identificato come una criticità o un punto di forza: se da una parte, dal punto di vista formale e architettonico sembra essere decisamente fuori luogo, esso serve ad accogliere, ogni estate, una massa di turisti e appassionati di musica difficilmente gestibili in altra maniera. Quel che è certo è che, con le sue grandi dimensioni e la sua struttura volta ad ospitare spettacoli di grande portata, esso non riesca a soddisfare i criteri di flessibilità e fruibilità. Lo stesso senso di incertezza mi è sorto passeggiando tra Torre del Lago e Massaciuccoli e osservando le bilance e i baracchini sulle sponde del lago e in mezzo ad esso: come sarebbe lo scenario senza queste strutture? Sicuramente perderebbe delle costruzioni affascinanti, quasi poetiche: basta osservarle per pochi secondi per trovarsi a pensare alla vita che è trascorsa sopra di esse; pescatori seduti dall’alba al tramonto, pranzi tra amici nelle quattro mura di legno e lamiera, bambini che insieme al nonno aspettano di poter osservare qualche uccello raro, innamorati che osservano le stelle. Sono queste e molte altre le scene che mi sono immaginata osservando le bilance e sognando tempi passati. Parlo di “tempi passati” perché ora tutto ciò non sarebbe più possibile: queste strutture versano in un tale stato di abbandono che sembrano attendere di essere risucchiate dalle acque del lago per scomparire definitivamente e mettere fine alla loro vita ormai appesa ad un filo. Fig. II.1.5.2. - 164 Phragmites australis


II.1.5.3. Obiettivi Nell’area del Lago di Massaciuccoli si riscontrano quindi diverse criticità che, se osservate da un’ottica di valorizzazione architettonica e paesaggistica, potremmo riassumere in una difficile fruibilità e accesso al Lago e in una mancanza di promozione dei valori ambientali e culturali. Il Lago è poco accessibile: le infrastrutture che lo circondano non sono collegate e alcune sono addirittura precarie. L’unica frazione che permette di accedere al Lago è, oltre al Teatro di Torre del Lago Puccini, il Paese di Massaciuccoli che potrebbe essere vista come una “Porta del Lago”. Gli obiettivi generali sono due e strettamente connessi tra loro: - Creare una connessione coerente e attiva tra Torre del Lago e Massaciuccoli in modo

Fig. II.1.5.3. - 165 Porticciolo di torre del Lago. In secondo piano il Gran Teatro Giacomo Puccini

da valorizzare sia i due centri attrattivi principali (Il Teatro e l’Oasi) sia le sponde del lago che al momento risultano non agibili. La mancanza di un collegamento fa sì che questi poli siano concepiti come due realtà distanti pur trovandosi a pochi km di distanza. Studiare un sistema di collegamento potrebbe aiutare a far sì che il lago venga concepito come un luogo da visitare nella sua interezza, valorizzando così tutto ciò che ha da offrire. -Trovare un filo conduttore coerente e identitario sul quale strutturare la proposta progettuale. Il lago e le zone limitrofe hanno, come già detto nei paragrafi precedenti, moltissimo da offrire; tuttavia, questa grande varietà di proposte rischia di non riuscire a fare

emergere interamente le potenzialità del luogo. Per fare un esempio, basti pensare che nei periodo in cui non è in corso il Festival Puccini (ovvero per gran parte dell’anno) l’intero lago sembra lasciato a se stesso, in attesa del grande evento che come per magia risveglia gli animi e l’interesse delle persone. Sarebbe doveroso riuscire a dare continuità all’entusiasmo che si manifesta nei giorni del Festival, in modo da rendere il lago di Massaciuccoli un luogo interessante e fruibile in tutto l’arco dell’anno. Grazie a questi spunti di riflessione è emerso quali dovessero essere, a mio avviso, i punti fermi dell’intera proposta progettuale: la connessione tra le parti, l’arte e l’immersione nella natura.

Fig. II.1.5.3. - 166 Vista delle Alpi Apuane dall’Oasi

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II.2 VERSO IL PROGETTO

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Torre del Lago e il lago di Massaciuccoli hanno sedotto e fatto innamorare Giacomo Puccini, anima sensibile e devota alla musica; egli amava la quiete del luogo, la natura, i tramonti, la musica sulle sponde del lago. La chiave per risollevare le sorti del lago potrebbe quindi essere nella figura del grande Maestro e nel rapporto che aveva con l’ambiente in cui viveva. Tale considerazione potrebbe sembrare scontata e banale: Torre del Lago ha già il suo teatro, di recente costruzione, che attrae un grandissimo numero di visitatori. Ma siamo sicuri che l’atmosfera che si viene a generare nei giorni dei concerti sarebbe stata condivisa e apprezzata da Giacomo Puccini? Lui che amava il silenzio, l’intimità, le relazioni con pochi ma fedeli amici, le chiacchierate in riva al lago. L’idea non è quella di progettare un nuovo teatro antagonista a quello già esistente: nonostante non apprezzi il progetto né da un punto di vista formale ne tecnologico, riesce comunque a svolgere la funzione per il quale è stato pensato: accogliere migliaia di persone durante il grande evento del Festival. La proposta progettuale che scaturirà da questa ricerca sarà quindi più orientata verso un approccio intimo e sentimentale con l’arte e il Lago stesso. Al filo conduttore individuato andranno ad aggiungersi altre idee, scaturite da necessità pratiche e ovviamente dallo studio fin qui svolto; particolare importanza assumerà lo studio delle best pratices analizzate: grazie ad esse è stato possibile individuare i principali requisiti che un progetto di questo tipo deve possedere. Tali requisiti, tangibili e non tangibili, verranno analizzati in modo approfondito nel prossimo capitolo. Inoltre, a seguito dello studio del luogo d’intervento, ho ritenuto utile effettuare dei sopralluoghi che, a mio avviso, potessero essermi utili per il futuro sviluppo del progetto. Sono andata alla ricerca di luoghi, eventi e situazioni particolari, intime, lontane dal caos e capaci di far emozionare.

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II.2.1. Sopralluoghi

II.2.1.1. Il teatro del Silenzio Data: 26/11/17 Luogo: Lajatico, Toscana Nel momento in cui ho deciso il luogo e l’argomento della mia tesi ho capito che sarebbe stato necessario tornare a fare visita al Teatro del Silenzio, a Lajatico, una struttura immersa in uno scenario unico e suggestivo, nel bel mezzo delle colline toscane, commissionata dal cantante Andrea Bocelli, nativo del posto. Queste le sue parole: “Io la vedo questa terra, la sento premere sotto i miei piedi. È la mia terra. È una terra che ama il silenzio, come lo amo io. E se rompo questo silenzio con la mia voce lo faccio per rendere omaggio a questi luoghi e alla mia gente. La musica penetra la terra, la percorre e vola lontanissima. È un messaggio d’amore.” Il freddo pungente di una fine giornata di novembre non ha reso meno emozionante

la visita: il Teatro del Silenzio è un anfiteatro creato sfruttando la naturale conformazione di una collina e una delle sue caratteristiche principali è il fatto che per la maggior parte del tempo rimanga in silenzio: non ospita spettacoli o concerti durante tutto l’arco dell’anno perché il vero spettacolo è il paesaggio che si palesa davanti a chi vi si reca. Visitandolo si percepisce subito quale sia stata l’intenzione dell’architetto Alberto Bartalini, sicuramente in linea con il volere del committente: costruire il teatro lasciando l’ambiente circostante incontaminato, facendo della natura l’unica e vera architettura. Nei giorni degli spettacoli (a luglio e ad agosto) il palco viene posto nel mezzo di un piccolo laghetto artificiale le cui acque si increspano lievemente e riflettono le installazioni di turno. Le sculture più scenografiche sono state forse quel del 2013: statue mastodontiche facenti parte dell’installazione permanente “Presenze” e realizzate

Fig. II.2.1.1 - 167 Il Teatro del Silenzio durante l’installazione permanente “Presenze”

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da Naturaliter. Due giganti, nudi come eroi omerici, uno seduto sui talloni intento a scrutare l’orizzonte davanti a sé e l’altro in procinto di issarsi. Successivamente il teatro ha ospitato anche opere di Igor Mitoraj, Arnaldo Pomodoro e di Alessandro Mendini. Nel periodo in cui ho visitato il Teatro era invece presente l’opera “The Red Giant”, di Giuseppe Cartache, un peperoncino di 16 metri che risaltava nel verde delle colline. Passeggiando attorno alla struttura viene da chiedersi come in questo luogo possa svolgersi un concerto di fama internazionale: la natura sembra fare da padrona e gli occhi saltano da un punto all’altro per capire come possa avvenire un cambiamento così repentino in pochi giorni; la bellezza dell’architettura temporanea e flessibile risiede proprio in questo suo carattere effimero e fugace, nella sua breve durata che la rende ancora più preziosa di un’architettura permanente


Fig. II.2.1.1 - 168, 169 Il Teatro del Silenzio durante l’installazione “The red giant”

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II.2.1.2. Sofar Sound Data: 26/11/17 Luogo: Palaia, Toscana Spesso i concerti a cui partecipiamo risultano al di sotto delle nostre aspettative. Troppa folla, visuale pessima, lunghe attese, sistema audio che non riesce a rendere giustizia all’artista, telefoni cellulari alzati per cercare di scattare il selfie giusto. Ecco così che, sommando queste piccole situazioni, la magia di una performance dal vivo viene perduta. Il format di “Sofar Sound” è nato proprio per restituire agli spettatori questa magia. Nel 2009, Rafe Offer, futuro fondatore di Sofar Sound, invitò alcuni amici in un appartamento di Londra per un concerto intimo a porte chiuse. Nel suo soggiorno si riunirono otto persone per ascoltare la musica dal vivo eseguita dall’amico e musicista Dave Alexander. Le persone presenti si sedettero sul pavimento e ascoltarono at-

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tentamente la musica. La stanza era così silenziosa che si poteva udire il ticchettio dell’orologio da parete. Rapidamente, quello che era iniziato come un hobby è divenuta una comunità globale per artisti e amanti della musica che, riunendosi in spazi unici e accoglienti, dal salotto di casa ad un piccolo bosco, danno vita a spettacoli intimi ed emozionanti. Oggi Sofar Sounds è una comunità di migliaia di artisti, ospiti, fan, viaggiatori e molto altro che organizza centinaia di eventi segreti e intimi in 418 città in tutto il mondo. Sofar Sound è quindi partito dall’Inghilterra ed ha iniziato a prendere piede in innumerevoli nazioni, tra cui anche l’Italia. Ad aprile 2018 sono venuta a conoscenza di un evento che si sarebbe svolto a Palaia, un paese immerso nel verde della Toscana, ed ho deciso di cogliere al volo l’occasione per provare in prima persona cosa volesse dire partecipare, da pubblico, a questo

“format musicale”. La location dell’evento è stata svelata il giorno stesso del concerto: si trattavi di una chiesa sconsacrata all’interno di un casale toscano. L’evento ha visto l’alternarsi di 4 artisti che hanno suonato davanti ad un pubblico di 20/25 persone. L’esperienza è stata entusiasmante e un ottimo spunto di riflessione: l’atmosfera non era distante da quella che immagino pensando al progetto che intendo sviluppare sul lago di Massaciuccoli; un luogo in cui la musica, o più in generale “l’arte”, possa essere percepita come parte integrante del luogo e condivisa da un numero ristretto di persone che intendano stabilire uno stretto contatto tra loro stessi e l’ambiente circostante. Gli ingredienti per mettere insieme uno “spettacolo” del genere sono pochi ma ben precisi: una qualsiasi forma d’arte, un pubblico ristretto e un luogo suggestivo.


Fig. II.2.1.2 - 170, 171, 172, 173 Foto di alcuni Sofar Sound

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II.2.1.3. Il Parco delle Stelle Data: 10/11/12 agosto 2018 Luogo: Oasi Lipu Massaciuccoli In ogni ambiente naturale esistono delle aree non disturbate dalle luci artificiali in cui le persone possono riscoprire l’integrità del cielo con le sue migliaia di stelle. Il Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli aderisce sin dal 1996 al progetto “Parchi delle Stelle”, in cui si promuove l’osservazione della volta celeste nelle aree naturali per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’inquinamento luminoso e del risparmio energetico. Nell’ambito di questa iniziativa l’Oasi Lipu Massaciuccoli, in collaborazione con il Parco, ha organizzato la XXIII edizione del festival “IL PARCO DELLE STELLE” nel suggestivo scenario naturale del Lago di

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Massaciuccoli. L’evento è durato tre giorni: nei primi due sono state organizzate visite guidate a piedi nella Riserva Naturale e nell’area archeologica “Massaciuccoli Romana”, un concerto di musica jazz e delle gite in battello sul Lago con sosta a Villa Ginori per l’osservazione della volta celeste. L’ultima giorno, il 12 agosto, a conclusione del festival, è stata organizzata una serata dedicata all’arte, alla musica e alla natura. Partecipando all’evento sono stata sorpresa dall’entusiasmo generale e dal numero di partecipanti, sia grandi che piccini. La serata ha visto l’alternarsi di concerti, spettacoli per bambini, attività artistiche e percorsi guidati lungo le passerelle dell’Oasi. I partecipanti hanno così trascorso delle ore immersi nella natura ma allo stesso tempo accompagnati da attività artistiche

che però non hanno in alcun modo intaccato lo scenario naturale. Dopo questa esperienza mi è venuto naturale pensare a quanto sarebbe importante, per la riqualificazione del Lago di Massaciuccoli, investire su attività di questo genere. Attualmente “Il parco delle stelle” è un evento occasionale organizzato nel miglior modo possibile in uno spazio che normalmente non ospita attività di questo genere. Sarebbe essenziale, per operare in questa direzione, creare uno spazio apposito in cui possano essere svolte con regolarità attività di questo tipo, assolutamente non nocive per il territorio ma anzi in assoluta armonia col Lago di Massaciuccoli, conosciuto anche con il nome di “Lago degli artisti”.


Fig. II.2.1.3 - 174, 175, 176, 177 Foto scattate durante l’evento “Il Parco delle stelle” nell’Oasi Lipu Massaciuccoli

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II.2.2. Requisiti progettuali

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Sostenibilità RICERCA DIRETTA E INDIRETTA La natura fornisce alla comunità umana un’infinita serie di funzioni vitali, purché si eseguano interventi sintonizzati sulle vocazioni proprie e sui ritmi dell’ambiente. Una progettazione che non contrasti con gli equilibri naturali fa riferimento ad una visione del contesto per la quale il paesaggio possiede autonome valenze di vocazione e di repulsione per ogni tipo di utilizzo, le quali possono essere comprese a priori mediante un adeguato procedimento di analisi. In natura esiste già una programmazione che deve solo essere interpretata; potrem-

mo sostenere che il paesaggio si progetta da sé e che bisogna solo saperne leggere le indicazioni. Inoltre, questa accettazione dell’ambiente come soggetto e non solo come oggetto di progettazione comporta un risvolto che riguarda anche la valutazione e la verifica dei benefici economici di ogni operazione d’intervento: ogni opera realizzata contro i ritmi propri dell’ambiente genera infatti costi di manutenzione e di esercizio molto alti e rischia di diventare, nel tempo, insostenibile. Progettare un’architettura sostenibile si-

gnifica considerare elementi fondamentali del processo di progettazione e fare una scelta mirata e intelligente dei materiali, i quali dovranno interagire con l’ambiente e con le sue caratteristiche peculiari. Inoltre, uno degli obiettivi principali dell’architettura sostenibile è quello di riciclare per intero o quasi i prodotti della costruzione. Si dovrebbero costruire edifici scomponibili con elementi e materiali che possano essere facilmente recuperati, riutilizzati e smaltiti senza provocare ulteriori inquinamenti.

re il recupero e la valorizzazione di questo bene paesaggistico, andando in aiuto di un contesto ambientale ormai degradato ma che avrebbe sicuramente molto da offrire. La ricerca della sostenibilità verrà quindi svolta seguendo delle linee guida ben precise. La parola “Sostenibilità” è quindi da intendersi sotto vari punti di vista: da un lato si cercherà preservare quello che il Lago già offre; il progetto non dovrà in alcun modo alterare gli equilibri natura-

li e modificare l’habitat in cui vivono centinaia di uccelli e altre specie animali. Al contempo, nello sviluppo del progetto, verranno fatte delle scelte mirate e coerenti, il cui fine principale sarà quello di salvaguardare l’ambiente nel corso del tempo. A tal proposito verranno scelti dei materiali ed una tipologia costruttiva assolutamente adatti a questo scopo. Grande importanza assumerà anche il riciclaggio dei materiali.

LUOGO D’INTERVENTO Il Lago di Massaciuccoli è un vero tripudio di flora e fauna, un luogo dove la natura è sicuramente la protagonista indiscussa. La ricerca s’impegnerà quindi nel delineare un progetto sostenibile e consapevole degli aspetti ambientali del territorio, facendo attenzione a quelle che sono le criticità riscontrate nello specchio lacustre e sulle sue sponde. Lo scopo del progetto che andrò a delineare sarà quello di creare uno spazio di aggregazione che, al contempo, possa permetteFig. II.2.2 - 178 Volatili sulle acque del Lago

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Accessibilità RICERCA DIRETTA E INDIRETTA Il tema dell’accessibilità è affrontato da normative che ne regolamentano in modo molto preciso il campo di applicazione. Questo breve paragrafo non ha la presunzione di voler riassumere un tema così ampio e delicato, ma vuole semplicemente aprire la strada ad un approccio proget-

tuale in cui gli spazi possano essere fruibili dal maggior numero possibile di persone, includendo le generazioni future, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalle capacità e dal background culturale. Di norma si progetta considerando l’uomo standard, ossia un individuo giovane e in ottima sa-

lute, e non si tiene conto, se non come “eccezioni”, di bambini, anziani, donne incinte, individui con culture diverse, con disabilità motorie, cognitive e sensoriali. L’accessibilità sarà quindi uno dei requisiti fondamentali del progetto, senza il quale il progetto stesso non avrebbe senso di esistere.

coli, con le passerelle in legno che si addentrano nella folta vegetazione, si può scorgere un tentativo, per alcuni versi anche ben riuscito, di progettazione accessibile. Lo scopo sarà quello di riuscire a far sì che la diventi un luogo dove chiunque possa sentirsi a casa, senza la paura di non

essere in grado, per qualsiasi motivo, di visitare il Lago e le zone adiacenti. L’idea è quella di studiare un itinerario sia pedonale che ciclabile che possa essere raggiunto sia via terra che via mare.

LUOGO D’INTERVENTO La scelta del luogo d’intervento è stata dettata da numerosi fattori già analizzati nei precedenti capitoli. Tra questi vi è senza dubbio la voglia e la necessità di dare vita ad un luogo al momento poco accessibile per ogni persona. Solo nella zona dell’Oasi Lipu Massaciuc-

Fig. II.2.2 - 179 Passerella dell’Oasi Lipu. Abbattimento delle barriere architettoniche

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Inclusione RICERCA DIRETTA E INDIRETTA Nel momento in cui si pone in essere un progetto, che si realizza uno spazio, sia esso di grandi o piccole dimensioni, per quanto attento alle necessità e ai profili esigenziali, qualcuno ne rimarrà sicuramente escluso nonostante sia stato fatto uno sforzo immane per evitarlo. Questa esclusione non dipenderà solo dalla forma, ma anche dai comportamenti indotti, dalla semplicità o dalla complessità del percorso che l’accessibilità descrive, dall’idea stessa che il significato architettoni-

co imprime allo spazio e al luogo. Essere consapevoli di tutto ciò fa sì che la genesi progettuale possieda già le carte per limitare qualsiasi tipo di “discriminazione”. L’inclusività è quasi un’utopia, ancora più difficilmente raggiungibile dell’accessibilità, la quale, con uno studio attento e meticoloso, può essere raggiunta; L’inclusione, dunque, richiede uno sforozo in più e rappresenta il passaggio da un approccio al progetto “senza barriere”, il cui limite, ricorda Del Zanna (2005), è la schematizzazione

della disabilità in semplificative e riduttive tipologie d’utenza, a un approccio che consideri l’utenza ampliata e l’effettivo benessere di tutti gli utenti all’interno dello spazio pubblico.. Per una progettazione inclusiva potrebbe essere utile fare riferimento alle diverse forme che ci sono appartenute e che, per qualsiasi ragione, ci hanno fatto sentire accolti e inclusi nel luogo in cui ci trovavamo.

Sarebbe bello se le sponde divenissero un luogo che i ragazzi preferiscono al classico locale. Dovrebbe essere un punto di ritrovo per famiglie, un rifugio per chi vuole camminare da solo staccando dalla routine quotidiana. Un luogo dove una persona non vedente sa di poter essere al sicuro, dove un ragazzo su sedia a rotelle non ha bisogno di essere aiutato perché da solo può tranquillamente esplorare il Lago. Sono queste e molte altre le scene a cui penso immaginando un progetto inclusivo per il Lago di Massaciuccoli. Inoltre, considerare la diversità, che sia fisi-

ca, culturale o di età, all’interno del progetto non solo permetterà al maggior numero possibile di utenti di poter partecipare alle attività all’interno dello spazio pubblico, ma potrà migliorare le condizioni di fruizione dello spazio per tutte le persone. L’obiettivo sarà quindi la costruzione di spazi per soddisfare le esigenze delle persone, termine quest’ultimo che si riferisce a tutti i potenziali utenti dell’ambiente costruito e non a una categoria predeterminata.

LUOGO D’INTERVENTO Ci sono centinaia di motivi che possono far sentire una persona non a suo agio in un determinato luogo. Immaginando la riqualificazione del Lago di Massaciuccoli penso ad una riqualificazione anche dal punto di vista sociale, ovvero la realizzazione di un progetto che possa coinvolgere e far sentire a suo agio ogni persona in qualsiasi momento della giornata. Il lago dovrebbe essere un luogo in cui i bambini imparano ad amare le specie animali correndo da una sponda all’altra, un luogo dove una coppia di anziani passeggia di sera per combattere il caldo estivo.

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Temporaneità / Reversibilità RICERCA DIRETTA E INDIRETTA Parlando di “progettazione temporanea” si fa riferimento ad opere in grado di poter variare nel tempo e nello spazio. Intrecciando tra loro la dimensione funzionale, spaziale e temporale vengono alla luce tre tipologie di temporaneità che possono presentarsi separatemene o combinate: - la temporaneità di costruzione (conclu-

sa la fase di utilità dell’opera viene disaggregata nelle sue parti in via definitiva o in attesa di un eventuale ulteriore ciclo di utilizzo e ricostruzione); - la temporaneità d’uso (le attività di fruizione dell’opera mutano nel tempo e possono determinare trasformazioni del suo assetto spaziale e tecnologico);

- la temporaneità di localizzazione (l’opera può essere trasferita in altro luogo in quanto dotata di mobilità autonoma o trasportabile con altri mezzi). (da http:// www.wikitecnica.com/costruzioni-temporanee/).

LUOGO D’INTERVENTO Ai fini di questa ricerca ciò che interessa di più è sicuramente la temporaneità di costruzione. Il carattere temporaneo di una struttura assume infatti una rilevanza fondamentale nel momento in cui ci troviamo ad operare in un contesto ambientale così delicato e prezioso, soggetto, per questi motivi, a normative e vincoli che, giustamente, lo proteggono. La flora, la fauna, lo specchio lacustre, sono tutti elementi che non possono vedere introdurre nel loro contesto una struttura permanente che ne alteri definitivamente gli equilibri già precari: è necessario trovare una soluzione che possa adattarsi alle necessità, alle stagioni, al livello delle acque e, se necessario, che possa essere rimossa per un certo arco di tempo o definitivamente, non lasciando traccia del proprio passaggio. Attualmente il Lago di Massaciuccoli e le sue sponde sono invasi da strutture abbandonate. Queste costruzioni, perlopiù ricoveri per la pesca e la caccia, se recuperate per tempo avrebbero potuto fornire un punto di partenza per la costruzione di altre opere. Ad oggi, considerando lo stato in cui versano, sarebbe possibile recuperarne solo alcune parti da poter utilizzare solo in luoghi circoscritti del nuovo progetto. Fig. II.2.2 - 180 Torre del Lago, persone seudte all’ombra di un albero

Fig. II.2.2 - 181 Struttura degradata sulla sponda del Lago

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Flessibilità RICERCA DIRETTA E INDIRETTA La flessibilità dello spazio, ovvero la capacità di adattamento alle diverse situazioni o esigenze mediante la convertibilità delle caratteristiche già presenti nell’organismo originale, può essere il punto di forza di un progetto architettonico. Oggi nella progettazione è necessario volgere lo sguardo in avanti, a ciò che potrebbe accadere negli anni successivi all’edificazione. È doveroso chiedersi se il progetto possa rinnovarsi nella forma, nella funzione e nel suo significato urbano:

pensare all’architettura come un qualcosa di rigido e fisso nel tempo non è adeguato allo sviluppo tecnologico e socio-culturale. Il progetto deve potersi plasmare in funzione dell’utenza, dell’ambiente, del clima, delle necessità. Per fare un semplice esempio: è impensabile che una struttura all’aperto possa essere sfruttata ogni giorno, ad ogni ora, a scopi musicali. Nei momenti in cui ciò non può avvenire, è eticamente e economicamente

giusto che la struttura non sia accessibile? Assolutamente no. Grazie al requisito di flessibilità si cercherà di rendere il progetto “malleabile” e adattabile ad ogni situazione. Ogni intervento deve poter consentire ogni futura azione di riutilizzo diverso dell’area interessata lasciando aperta per l’avvenire ogni altra alternativa di sviluppo in modo che le generazioni che seguiranno potranno pianificare quelle esigenze che possono e non debbono essere ipotizzate oggi.

LUOGO D’INTERVENTO Recandosi adesso sul Lago d Massaciuccoli le attività da poter svolgere sono poche e mal distribuite. Il Gran Teatro Puccini è un punto di riferimento internazionale per la musica lirica ma attrae visitatori solo in pochi giorni dell’anno; durante gli altri periodi sembra essere soltanto un edificio catapultato in un luogo che, a mio avviso, poco si adatta ad una costruzione così imponente. Da un punto di vista sportivo il Lago è invece abbastanza attivo, anche se un tempo le attività sono state sicuramente più intense. Una riqualificazione da questo punto di vista sarebbe quindi senz’altro apprezzata da tutte quelle persone che vedono negli sport acquatici un modo per occupare il proprio tempo libero. Anche l’Oasi Lipu potrebbe essere un punto attrattivo abbastanza forte che però avrebbe bisogno di essere valorizzato. A tutto ciò manca tuttavia qualcosa che faccia del lago un vero punto d’aggregazione. Per raggiungere questo obbiettivo sarà studiato un progetto che, oltre a prevedere un congiungimento degli attuali punti di forza, possa essere un luogo da poter utilizzare per gran parte dell’anno e nelle maniere più disparate a seconda 204

delle esigenze e del periodo: per concertini dal vivo, per osservare le stelle, per leggere un libro immersi nella natura, per osservare le centinaia di specie di uccelli, per fare un giro in bicicletta, per assistere ad uno spettacolo teatrale o ad una gara sportiva.

Fig. II.2.2 - 182 Spettacolo di musica e teatro a bordo di un’imbarcazione


Identità RICERCA DIRETTA E INDIRETTA “In genere, si può dire che i significati radunati dal luogo costituiscono il suo Genius Loci.” Christian Norberg-Schulz La locuzione “genius loci” individua l’insieme delle caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente, una città. Un termine trasversale, che riguarda le caratteristiche proprie di un ambiente intrecciate con l’uomo e le abitudini con cui vive questo ambiente. Indica il “carat-

tere” di un luogo, legato a doppio filo alle peculiari caratteristiche che in questo si affermano, includendovi opere, (siano esse materiali o immateriali) enti e individui. Nonostante l’importanza del concetto di genius loci, l’architettura ha spesso privilegiato, soprattutto in tempi recenti, modelli di organizzazione spaziale e sistemi tecnologici tendenzialmente uniformi e indifferenti ai luoghi fisici e culturali. Nel corso degli anni si è attuata e implicitamente accettata la generale omologazione dello spazio urbano e dei modelli edilizi, tralascian-

do quella che è la vera identità dei luoghi. Un’identità che può essere trovata solo attraverso uno studio approfondito del luogo d’intervento, delle abitudini delle persone che lo abitano o vi transitano, della storia del sito, della morfologia del territorio e delle emozioni che esso suscita. Solo attraverso questa ricerca è possibile progettare un’opera architettonica che possa includere qualità in grado di stabilire un dialogo significativo con la situazione esistente.

LUOGO D’INTERVENTO Scopo di questa ricerca è quello di elaborare un progetto coerente con l’ambiente in cui andrà ad inserirsi, in modo che esso sembri parte integrante del contesto e non una struttura estranea al paesaggio. Particolare attenzione sarà posta nella scelta dei materiali e della forma: essi dovranno, implicitamente o esplicitamente, richiamare il luogo d’intervento e essere scelti con cognizione di causa. Anche la funzione sarà studiata pensando a quella che è la storia del Lago di Massaciuccoli; essa è infatti legata all’attività del compositore Giacomo Puccini ed ha visto passare per le sponde del lago innumerevoli pittori e scultori, attratti dall’unicità di un paesaggio particolarmente stimolante per la creatività.

Fig. II.2.2 - 183 Strutture in lamiera al tramonto

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Connessione RICERCA DIRETTA E INDIRETTA L’intimo legame tra due o più parti di uno stesso luogo o progetto è fondamentale affinché esso risulti coerente e funzionale. Senza connessione il rischio è quello di giungere ad un risultato squilibrato, in cui ad una buona riuscita di una parte si contrappone un esito non soddisfacente dall’altra. Un progetto, per poter essere apprezzato a pieno deve mettere il visitatore nella condizione di poterne visitare ogni angolo e di coglierne ogni sfaccettatura. Il termine “connessione” sarà inteso anche in riferimento alle persone, sempre più assenti e lontane con la mente dal luogo dove realmente si trovano.

LUOGO D’INTERVENTO Questo è quello che è avvenuto, per certi versi, a Massaciuccoli. Se alcune parti e strutture del lago ricevono un adeguato interesse, altre sono completamente abbandonate; questo avviene perché le parti più attrattive non sono collegate tra loro, ma sono punti dislocati sul territorio, accessibili in modi diversi e attraverso infrastrutture e percorsi differenziati. Se ci fosse un percorso a collegare il tutto ne risentirebbe positivamente l’intero anello del Lago. La connessione sarà quindi uno dei temi principali sui quali si strutturerà la proposta progettuale: il progetto prenderà quindi le mosse da un masterplan in cui verranno individuati possibili connessioni e percorsi per poi scendere nel dettaglio e individuare delle zone che potranno essere dei punti chiave e zone strategiche da poter sfruttare come luoghi di aggregazione e, appunto, connessione tra le persone.

Fig. II.2.2 - 184 Barcaiolo che attraverso il Lago a bordo del barchino

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Capacità di far emozionare RICERCA DIRETTA E INDIRETTA “L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La costruzione è per tener su; l’architettura è per commuovere. C’è emozione architettonica quando l’opera suona dentro al diapason di un universo di cui osserviamo, riconosciamo e ammiriamo le leggi. Quando certi rapporti sono raggiunti, siamo presi dall’opera. Architet-

tura è “rapporto”, e’ “pura creazione dello spirito”.” Questo scriveva, tra il 1920 e il 1921, Le Corbusier, nel suo trattato-manifesto “Verso un’architettura”. L’architettura ha il compito di sorprendere, emozionare, di avvicinare l’uomo ad una conoscenza maggiore, affinarne la sensibilità e renderlo migliore.

Un’architettura “emozionale” ha come obiettivo quello di trasformare gli spazi fisici in spazi di vita, cercando un’intesa tra ciò che l’uomo vuole e sente e ciò che lo spazio naturalmente richiede. Lo spazio sarà quindi inteso non solo come luogo dove si muovono i corpi ma dove si muovono anche i pensieri; una dimensione dove l’anima dell’uomo ha la possibilità di dispiegarsi.

LUOGO D’INTERVENTO Non so se la capacità di far emozionare possa rientrare tra i requisiti progettuali: niente è più soggettivo di un’emozione e riuscire a progettare una struttura capace di smuovere gli animi delle persone sarà sicuramente la sfida più difficile ma allo stesso tempo più coinvolgente. La difficoltà sarà capire, a priori, in che modo arrivare dritti al cuore delle persone. Inoltre, avendo come obiettivo quello di rendere il lago accessibile a chiunque, saremo di fronte ad una vasta gamma

di persone aventi gusti, necessità, culture e, soprattutto, aspettative diverse. Basta passare una giornata al Lago per capire come le varie zone siano frequentate da target di persone estremamente diversi: al porticciolo di Torre del Lago vi è una grande presenza di persone anziane che aspettano il tramonto del sole tra una chiacchiera e l’alta, coppie a spasso con i cani, sportivi che approfittano delle belle giornate per correre di fronte al Lago . L’Oasi di Massaciuccoli, a pochi km di distan-

za ma difficilmente raggiungibile da Torre del Lago, è invece frequentata da ragazzi, famiglie e bambini: per loro è fondamentale poter correre sui pontili dell’Oasi ed emozionarsi di fronte alle varie specie di uccelli. L’ “anello del Lago” mirerà quindi non solo a connettere fisicamente tutte le sponde, ma anche a connettere emozionalmente le persone che vivono il Lago e che amano trascorrerci del tempo. Fig. II.2.2 - 185 Bambini che osservano la flora e la fauna dell’Oasi Lipu

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II.3 LA PROPOSTA PROGETTUALE

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Grazie allo studio fin qui svolto, alle riflessioni fatte e ai vari sopralluoghi effettuati sul posto la proposta progettuale ha iniziato a concretizzarsi. Ho studiato a fondo le necessità, ho riflettuto su quali potessero essere le soluzioni migliori per riuscire ad apportare un miglioramento al Lago di Massaciuccoli e alle zone circostanti. Tutto l'iter di ricerca è stato inevitabilmente congiunto e fatto coesistere con quella che è la mia idea di architettura e di valorizzazione. Il mio obiettivo principale è stato sin dall'inizio quello di rispettare il luogo in cui sarei andata a progettare, senza comprometterne o alternarne i già precari equilibri; i "requisiti progettuali" analizzati nel precedente capitolo mi hanno aiutata e guidata per tutta la realizzazione del progetto, senza mai farmi perdere di vista i cardini della proposta. L'input per l'idea progettuale è derivato proprio dall'ultimo dei requisiti sopra elencati, ovvero la "capacità di far emozionare": ho capito che, in un luogo come il Lago di Massaciuccoli, le emozioni non potevano e non dovevano essere sottovalutate. E niente emoziona più dell'arte e della natura: parte da quest'ultima riflessione la mia ipotesi progettuale per la valorizzazione del Lago di Massaciuccoli. Come su un pentagramma si dispongono le note, ho deciso di disporre sulle acque del Lago dei piccoli interventi capaci di racchiudere in sé la storia e l'identità del luogo.

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II.3.1. Note sul Lago

II.3.1.1. Il Lago degli artisti Il Lago di Massaciuccoli è famoso in tutto il mondo come il "Lago di Puccini" o anche come "Il Lago degli artisti": le sue sponde hanno assistito al passaggio di artisti di ogni genere, di animi sensibili che si sono fatti ispirare dalla quiete del luogo e dalla natura che abita le acque del Lago. Ho cercato di congiungere questo importante dato storico con la necessità di creare una connessione tra le sponde di Torre del Lago e Massaciuccoli, ad ora prive di collegamento pur essendo indiscutibilmente i due poli principali. I musicisti in cerca di quiete e inspirazione, i pittori affascinati dell'acqua e dai tramonti, gli amanti della natura incontaminata o coloro che ambiscono soltanto ad una pausa rigenerante lontani dal caos cittadino potranno così contare su un percorso sull'acqua nel quale saranno collocati piccoli rifugi adattabili in base alle necessità. II concept progettuale è stato scomposto in 16 piccoli padiglioni: 6 di essi sono stati progettati per permettere a tutti coloro che

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lo vorranno di potervi soggiornare per brevi periodi. Questi tipi di rifugi prevedono solamente l'essenziale: uno/due posti letto e i servizi igienici. Si è poi pensato ad un luogo per la socialità e la creatività: due strutture di dimensioni leggermente più grandi delle precedenti saranno in grado di accogliere piccoli eventi artistici, corsi di pittura, fotografia, canto, al fine di stimolare la collaborazione tra artisti e non. In un contesto tanto straordinario non potevano mancare delle zone per l'ispirazione e il raccoglimento: il Lago di Massaciuccoli è il luogo perfetto in cui lasciare i pensieri liberi di scorrere, in cui gli artisti possono entrare in pieno contatto con la propria arte, un luogo dove chiunque può dar libero sfogo ai propri stati d'animo. Infine, dal lato dell'Oasi Lipu Massaciuccoli, sono stati previsti dei piccoli osservatori per l'osservazione della fauna. Tutti questi piccoli rifugi, che potremmo semplicemente chiamare "Bilance" in riferimento alle strutture già presenti, sono con-

nesse da un percorso la cui particolarità è quella di non essere raggiungibile a piedi: inizialmente era stato previsto un itinerario che iniziava e finiva direttamente sulle sponde del Lago. Successivamente, studiando la storia del luogo, si è deciso di dare importanza anche agli antichi mestieri: sul Lago di Massaciuccoli una delle figure più importanti è sempre stata quella del barcaiolo. I barcaioli erano fondamentali per il trasporto del falasco, delle attrezzature da lavoro, per il trasporto delle persone da una sponda all'altra del Lago. Il recupero di questo mestiere potrebbe essere, oltre che a un chiaro riferimento storico e culturale, anche un punto di partenza per una riqualificazione socio-economica del Lago. In questo excursus di piccole strutture sull'acqua c'era bisogno di trovare un forte punto attrattivo che potesse diventare la chiave del progetto e allo stesso punto fungere da polo intermedio tra le due estremità del percorso: è nata da questa intuizione l'idea de "Il Raggio Verde".


Principali obiettivi: - Connessione tra i due poli - Recupero del mestiere del “barcaiolo” - Realizzazione dell’”anello” del Lago - Immersione nella natura - Incremento dell’aspetto artistico - Intervento sostenibile

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Punto di approdo Abitare sull'acqua

SocialitĂ

CreativitĂ

Ispirazione

Raccoglimento Apertura visiva

Scoperta

Contemplazione Incontro

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Osservazione


II.3.1.2. Il Raggio Verde Il Raggio Verde è stato da subito pensato come un luogo seduttivo, dove la gente potesse semplicemente stare, sentirsi libera dal caos, osservare il cielo e la natura del Lago. Solo in un secondo momento si è pensato di progettare questa piattaforma sull'acqua in modo tale che potesse accogliere piccole esibizioni musicali, teatrali, artistiche, senza però snaturare l'idea iniziale di "luogo libero". Dopo aver scelto la collocazione, circa a metà tra i due punti di approdo, si è capito che i lati Nord e Sud del percorso d'accesso e della piattaforma dovessero essere trattati in modo diverso: si è così scelto di mantenere una totale apertura sul lato Sud-Ovest in modo che si potesse avere una completa visuale su Torre del Lago e sul tramonto. Dall'altro lato, a Nord, è invece presente L'Oasi Lipu Massaciuccoli: è quindi stata riscontrata la necessità di una "chiusura" in modo tale da non disturbare la fauna della riserva naturale. Tuttavia è stato scelto di mantenere delle piccole aperture progettando una parete "listellata" che potesse permettere l'osservazione della natura: è nato così un percorso-osservatorio lungo circa duecento metri, alla fine del quale si giunge alla piattaforma. Da queste riflessioni e da altri importanti spunti ha iniziato a prendere forma "Il Raggio Verde". Il nome del progetto deriva sia dalla sua forma, simile ad un raggio che improvvisamente sterza verso il centro del Lago, sia ad un fenomeno ottico visibile quando il Sole, all'alba o al tramonto, crea una sottile striatura luminosa dal colore verde che dura pochi istanti, chiamato appunto "raggio verde". L'orientamento della piattaforma e le aperture visive sono state studiate in modo da favorire l'avvistamento di questo raro fenomeno. A questi spunti progettuali se ne aggiungo altri di grande importanza, brevemente riassunti e schematizzati nelle pagine seguenti. 213


Torre del Lago Puccini

Linea ideale Una linea ideale congiunge il porticciolo di Torre del Lago con la sponda dell’Oasi Lipu e del nuovo porto in Loc. Piaggetta. Quest’asse immaginario è stato utilizzato per dare vita alla forma della piattaforma: un quadrato la cui diagonale è segnata proprio dal passaggio della linea; essa diverrà la linea di demarcazione tra acqua e suolo.

Struttura Le caratteristiche bilance da pesca presenti in gran numero sul Lago di Massaciuccoli presentano prealentemente una struttura su pali in legno. L’idea è quella di mantenere tale caratteristica anche nel progetto della piattaforma.

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Loc. Piaggetta


Recupero Le bilance da pesca e i ricoveri per le barche versano tutte in stato di abbandono. Alcune potrebbero essere recuperate, altre sono così deteriorate che sarà possibile salvarne solo alcune parti: pareti in lamiera, assi di legno ecc. Al fine di realizzare un progetto sostenibile e fortemente identitario in alcune parti della piattaforma viene proposto il riutilizzo di materiali recuperati dalle bilance.

Distacco L’idea del distacco nasce analizzando la storia del luogo e delle persone che lo hanno amato. Tra tutte emerge la figura di Giacomo Puccini, amante delle acque e della tranquillità che solo lo specchio lacustre sapeva donargli. Anche quando fu costretto ad andarsene, a causa dell’installazione di due torbiere, la sua anima rimase sempre legata al Lago di Massaciuccoli.

"Torre del Lago era stata per tanti anni il quieto e tranquillo nido di pace di cui il Maestro aveva tanto bisogno, ed egli fu costretto ad andarsene, ma con la persona soltanto; non col cuore che rimase lì fino alla morte.”

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II.3.2. Riduzione delle tavole

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APPARATI

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Bibliografia

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Fonti delle illustrazioni

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- Fig. I.2.2.3 - 35, Lake Starnberg’, Wassily Kandinsky, 1908, http://www.wassilykandinsky.net - Fig. I.2.2.3 - 36, Paesaggio di montagna con Lago, Wassily Kandinsky, 1902, http://www.wassilykandinsky.net - Fig. I. 2.2.4 - 37, Ponte sullo stagno, Paul Cézanne, 1896, https://www.deartibus.it - Fig. I. 2.2.4 - 38, Lago Annecy, Paul Cézanne, 1896, https://arthistoryproject.com - Fig. I. 2.2.4 - 39, Strada verso il Lago, Paul Cézanne, 1880, https://krollermuller.nl - Fig. I. 2.2.5 - 40, By the water, Pierre Auguste Renoir, 1869, https://commons.wikimedia.org - Fig. I. 2.2.5 - 41, La Grenouillère, Pierre Auguste Renoir, 1869, https://it.wikipedia.org - Fig. I.2.3.1 - 42,44, Sculture sull’acqua di Ludovic Fesson costruite utilizzando materiali del luogo, http://roundshapenellalandart.altervista.org - Fig. I.2.3.2 - 45, 46, Foto della scultura Support, http://www.supportatvenice.com - Fig. I.2.3.3 - 47, il mare ghiacciato, Caspar David Friedrich Das Eismeer, 1824, https://www.alamy.it/ - Fig. I.2.3.3 - 48, 49, 50, Foto della scultura She Lies, Monica Bonvicini, http://monicabonvicini.net/ - Fig. I.2.3.4 - 51, 52, 53, Foto delle sculture realizzate da Anotny Gromley, http://www.antonygormley.com - Fig. I.2.4.1 - 54, Ice on Ellery Lake, 1959, foto di Ansel Adams - Fig. I.2.4.1 - 55, Mono Lake, California, 1947, foto di Ansel Adams - Fig. I.2.4.1 - 56, Evening McDonald Lake, Glacier National Park, 1941, foto di Ansel Adams - Fig. I.2.4.1 - 57, Lake and mountains, McDonald Lake, Glacier National Park, Montana, foto di Ansel Adams - Fig. I.2.4.1 - 58, Afternoon Sun, Crater Lake National Park, 1943, foto di Ansel Adams - Fig. I.2.4.2 - 59, Padre e figlio sul Lago Sevan, Armenia, 1972, foto di Cartier Bresson - Fig. I.2.4.2 - 60, Lago a Zurigo, foto di Cartier Bresson - Fig. I.2.4.2 - 61, Domenica sulla riva della Senna, 1938, foto di Cartier Bresson - Fig. I.2.4.2 - 62, Foto di Carson McCullers e del compagno in riva al Lago, foto di Cartier Bresson - Fig. I.2.4.2 - 63, Uomo di corsa dietro la stazione Saint - Lazare, Parigi, 1932, foto di Cartier Bresson - Fig. I.2.4.3 - 64, Diversi stati d’animo in riva al Lago, foto di Elliott Erwitt - Fig. I.2.4.3 - 65, California Kiss, Santa Monica, 1955, foto di Elliott Erwitt - Fig. I.2.4.3 - 66, 67, 68, Cane e padrone in riva ad un lago. sequenza di foto, foto di Elliott Erwitt - Fig. I.2.4.3 - 69, Bambina col cane in riva al Lago, foto di Elliott Erwitt - Fig. I.2.4.3 - 70, Cane entusiasta sull’isola di Skye, 1928, foto di Elliott Erwitt - Fig. I.2.4.3 - 71, Donna distesa sulla acque di un Lago, Ungheria, 1964, foto di Elliott Erwitt - Fig. I.2.4.4 - 72, Lago Inle, Birmania, 2011, foto di Steve McCurry - Fig. I.2.4.4 - 73, Uomo che rema sulla sua “Shikara”. Lago Dal, alla periferia di Srinagar, India, foto di Steve McCurry - Fig. I.2.4.4 - 74, Tramonto sul mare a Rijeka, Croatia, foto di Steve McCurry - Fig. I.2.4.4 - 75, Gioco di specchi, uccelli sull’acqua, India, foto di Steve McCurry - Fig. I.2.4.4 - 76, Abitazioni di legno e paglia sull’acqua, Filippine, foto di Steve McCurry I.3. Costruire sull'acqua - Fig. I.3.2.1 - 77, Foto della passerella di accesso alla piattaforma, https://whitearkitekter.com - Fig. I.3.2.1 - 78, Foto dell’alto della piattaforma, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.1 - 79, 80, Dettagli della pavimentazione, https://www.archdaily.com

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- Fig. I.3.2.1 - 81, Ragazzi che si tuffano dal livello più alto, https://whitearkitekter.com - Fig. I.3.2.1 - 83, Persone che passeggiano sul molo in inverno, https://whitearkitekter.com - Fig. I.3.2.1 - 84, Illuminazione notturna, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.2 - 85, L’isolotto nel mezzo al canale, https://inhabitat.com - Fig. I.3.2.2 - 86, 87, Dettagli costruttivi, http://www.art-vibes.com - Fig. I.3.2.2 - 88, Schema delle funzionalità mobili e diversificate, https://inhabitat.com - Fig. I.3.2.2 - 88b, Ipotesi di dislocazione, https://inhabitat.com - Fig. I.3.2.2 - 89 Schema mesi estivi, https://inhabitat.com - Fig. I.3.2.2 - 90, Schema mesi invernali, https://inhabitat.com - Fig. I.3.2.2 - 91, Persone che nuotano in prossimità dell’isola, http://www.art-vibes.com - Fig. I.3.2.2 - 92, L’isola vista dall’alto, http://www.art-vibes.com - Fig. I.3.2.3 - 93, Percorso per giungere all’Isola di San paolo, http://www.christojeanneclaude.net - Fig. I.3.2.3 - 94, Passerella ricoperta con stoffa successivamente riutilizzata, http://www.christojeanneclaude.net - Fig. I.3.2.3 - 95, 96, Personale al lavoro per la realizzazione dei galleggianti e della stoffa, http://www.christojeanneclaude.net - Fig. I.3.2.3 - 97, Illuminazione notturna, http://www.christojeanneclaude.net - Fig. I.3.2.3 - 98, Foto dall’alto della passerella, http://www.christojeanneclaude.net - Fig. I.3.2.3 - 99, Foto dal mare della passerella, http://www.christojeanneclaude.net - Fig. I.3.2.4 - 100, Foto dall’alto del parco, http://www.abitare.it/ - Fig. I.3.2.4 - 101, Foto dell’area d’intervento prima della realizzazione del progetto, http://www.abitare.it - Fig. I.3.2.4 - 102, Stessa area della foto precedente dopo l’intervento di riqualificazione, https://www.turenscape.com - Fig. I.3.2.2 - 103, Foto di un osservatorio durante la fioritura dei girasoli,https://www.turenscape.com - Fig. I.3.2.4 - 103b, Turisti che percorrono la passerella sull’acqua, http://www.abitare.it - Fig. I.3.2.4 - 104, Il parco in primavera, www.asla.org - Fig. I.3.2.4 - 105, Ragazze che fanno sport al tramonto, https://www.turenscape.com - Fig. I.3.2.4 - 105b, Padre e figlio a passeggio nel parco, www.asla.org - Fig. I.3.2.5 - 106, Passerella ciclabile, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.5 - 107, Illuminazione notturna, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.5 - 108, Disposizione dell’arredo urbano, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.5 - 109, 110 Disegni di progetto, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.5 - 111, Passerella di notte, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 112, Foto dall’alto dell’area d’intervento, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 113, Bostanli footbridge al tramonto, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 114, Bostanli Sunset Lounge, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 115, Sezione del Bostanli footbridge, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 116, Sezione del Bostanli Sunset Lounge, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 117, 118, Foto al tramonto, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.6 - 119, 120, Il Teatro del Mondo sulle acque dei canali di Venezia, http://www.moltenimotta.it - Fig. I.3.2.8 - 121, Il luogo d’intervento, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.8 - 122, Bambina nella parte sottostante del belvedere, https://www.archdaily.com - Fig. I.3.2.8 - 124, 125 Vista sul lago dal belvedere, https://www.archdaily.com PARTE II II.1. Il caso applicativo - Fig. II.1.1 - 126, Parco Naturale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, foto di Max Lazzi - Fig. II.1.2 - 127, Cartografia con limiti amministrativi: Comuni e Province, http://www.parcosanrossore.org - Fig. II.1.2 - 128, Ruota nella risaia, foto contenuta in Il lago di Massaciuccoli e le terre umide, Amerigo Pelosini, p. 16 - Fig. II.1.2 - 129, Trasporto della rena estratta dal Lago, oto contenuta in Il lago di Massaciuccoli e le terre umide, Amerigo Pelosini, p. 16 - Fig. II.1.1.3 - 130, Trasporto del falasco, foto contenuta in Il lago di Massaciuccoli e le terre umide, Amerigo Pelosini, p. 79 - Fig. II.1.1.3 - 131, Il Palio storico della Madonna dell’acqua, http://www.oasilipumassaciuccoli.org

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- Fig. II.1.1.4 - 132, Pesca sul Lago, https://terradiversilia.wordpress.com - Fig. II.1.1.4 - 133, Dettaglio di una cartolina. Barcone carico di falasco, https://terradiversilia.wordpress.com - Fig. II.1.1.4 - 134, La “tela”, foto contenuta in Il lago di Massaciuccoli e le terre umide, Amerigo Pelosini, p. 84 - Fig. II.1.1.4 - 135, Le “mondine” a lavoro nella risaia, https://ecospiragli.it - Fig. II.1.1.5 - 136, Bilancia sul Lago di Massaciuccoli, http://www.oasilipumassaciuccoli.org - Fig. II.1.2.1 - 137, Entrata dell’Oasi Lipu, Foto dell’autore, dicembre 2017 - Fig. II.1.2.2 - 138, Phragmites australis, Foto dell’autore, dicembre 2017 - Fig. II.1.2.3 - 139, Esemplare di cenerino sulle acque del Lago, http://www.golfalisei.it - Fig. II.1.2.4 - 140, Eemplare di basettino panurus, http://www.vita.it - Fig. II.1.2.4 - 141, Passerella in legno nell’Oasi, Foto dell’autore, gennaioo 2018 - Fig. II.1.3.1 - 142, Giacomo Puccini in mezzo agli amici, molti dei quali artisti. 1895, https://www.puccinifestival.it/ - Fig. II.1.3.1 - 143, Giacomo Puccini a caccia sul Lago, https://www.puccinifestival.it/ - Fig. II.1.3.1 - 144, Il club “La bohème” nel disegno di Ferruccio Pagni, http://www.giacomopuccini.it - Fig. II.1.3.1 - 145, Foto del club “La bohème”, http://www.puccini-pics.com - Fig. II.1.3.1 - 146, Particolare del quadro Umberto Bonetti, Volo veloce sul lago di Massaciuccoli, http://www.gamc.it, - Fig. II.1.3.1 - 147, Bagnanti nel Lago con alle spalle la nuova torbiera foto contenuta in Il lago di Massaciuccoli e le terre umide, Amerigo Pelosini, - Fig. II.1.3.2 - 148, 149 Villa Puccini in foto dell’epoca, http://giacomopucciniatravesdesuscartas.blogspot.com - Fig. II.1.3.2 - 150, L’interno della Villa https://operavision.org - Fig. II.1.3.2 - 151, L’entrata dal giardino in una foto dell’epoca, https://www.picswe.com/pics/puccini-viareggio - Fig. II.1.3.2 - 152, Giacomo Puccini in riva al Lago, http://www.puccini-pics.com Fig. II.1.3.3 - 153 Gran Teatro Giacomo Puccini - Fig. II.1.3.3 - 153, Gran Teatro Giacomo Puccini, https://www.fondazionecarilucca.it/ - Fig. II.1.3.3 - 154, Il Carro di Tespi, 1930, https://www.cartolinedalventennio.it - Fig. II.1.4.1 - 155, 156 Foto scattate durante le assemblee del Contratto di Lago, http://open.toscana.it - Fig. II.1.4.1 - 157, Canale nei pressi del Lago, http://www.oasilipumassaciuccoli.org - Fig. II.1.4.2 - 158, Volontari ed esperti durante un sopralluogo sul Lago, https://terradiversilia.wordpress.com - Fig. II.1.4.2 - 159, Obiettivi, azioni, organizzazione del Contratto di Lago, http://open.toscana.it - Fig. II.1.4 - 160, Riunione del Contratto di Lago, http://open.toscana.it - Fig. II.1.4 - 161, Strutture abbandonate sul Lago, Foto dell’autore - Fig. II.1.5.1. - 162, Strutture abbandonate e degradate sul Lago, http://www.oasilipumassaciuccoli.org - Fig. II.1.5.1. - 163, Tramonto sul Lago, https://ecobnb.it - Fig. II.1.5.2. - 164, Phragmites australis, Foto dell’autore, febbraio 2018 - Fig. II.1.5.3 - 165, Porticciolo di torre del Lago. In secondo piano il Gran Teatro Giacomo Puccini, Foto dell’autore, febbraio 2018 - Fig. II.1.5.3 - 166, Vista delle Alpi Apuane dall’Oasi, Foto dell’autore, febbraio 2018 II.2. Verso il progetto - Fig. II.2.1.1 - 167, Il Teatro del Silenzio durante l’installazione permanente “Presenze”, vemporaqui.com - Fig. II.2.1.1 - 168, 169, Il Teatro del Silenzio durante l’installazione “The red giant”, Foto dell’autore, gennaio 2018 - Fig. II.2.1.2 - 170, 171, 172, 173, Foto di alcuni Sofar Sound, https://www.sofarsounds.com - Fig. II.2.1.3 - 174, 175, 176, 177, Foto scattate durante l’evento “Il Parco delle stelle” nell’Oasi Lipu Massaciuccoli, Foto dell’autore, settembre 2018 - Fig. II.2.2 - 178, Volatili sulle acque del Lago, http://www.oasilipumassaciuccoli.org - Fig. II.2.2 - 179, Passerella dell’Oasi Lipu. Abbattimento delle barriere architettoniche, http://www.oasilipumassaciuccoli.org - Fig. II.2.2 - 180, Torre del Lago, persone seudte all’ombra di un albero, Foto dell’autore, agosto 2018 - Fig. II.2.2 - 181, Struttura degradata sulla sponda del Lago, http://www.oasilipumassaciuccoli.org - Fig. II.2.2 - 182, Spettacolo di musica e teatro a bordo di un’imbarcazione, https://terradiversilia.wordpress.com - Fig. II.2.2 - 183, Strutture in lamiera al tramonto, https://www.serenapuosi.com - Fig. II.2.2 - 184, Barcaiolo che attraverso il Lago a bordo del barchino, http://www.destinazioneterra.com - Fig. II.2.2 - 185, Bambini che osservano la flora e la fauna dell’Oasi Lipu, Foto dell’autore, settembre 2018 II.3. La proposta progettuale - Le immagini contenute in questo capitolo sono tutte elaborati grafici realizzati dall'autore

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Ringraziamenti

Ringrazio infinitamente il mio relatore, il professore Antonio Lauria, per avermi dato la possibilità di percorrere insieme questa strada. Dal primo momento ha ascoltato con pazienza e interesse ogni mio dubbio, ha assecondato le mie passioni, ha stimolato la mia creatività e mi ha spinta a dare sempre il meglio. Lo ringrazio per avermi seguita con la massima attenzione, professionalità e premura: con le sue inesauribili conoscenze mi ha guidata e allo stesso tempo lasciata libera di scegliere. Senza il suo prezioso aiuto oggi non sarei qui. Ringrazio Mamma, Babbo e Mattia per aver seguito passo passo questo mio percorso appoggiandomi in ogni scelta, in ogni sbaglio e in ogni difficoltà. Tornare la sera dall’Università e trovarli a casa ad aspettarmi è stata per anni la mia gioia quotidiana. Grazie mamma per essere il mio punto di riferimento, il mio porto sicuro, il mio opposto, la mia allegria, l’abbraccio in cui rifugiarmi. È difficile trovare le parole per spiegare quello che sei per me e quanto ti sia grata per essermi sempre stata vicina. Questo piccolo traguardo lo devo principalmente a te e al tuo amore incondizionato. Grazie babbo per essere il mio esempio, il mio stimolo nel cercare di fare sempre meglio. La tua continua voglia d'imparare e di conoscere è stata, ed è, l’insegnamento più grande che tu potessi darmi. Grazie Matti perché so che su di te potrò sempre contare. Ringrazio le mie tre compagne di viaggio: conoscerle all’inizio di questi studi è stata una fortuna immensa e una bellissima scoperta. Certi momenti, certi viaggi e certe esperienze mi rimarranno sempre nel cuore, senza di loro avrebbe avuto tutto un altro sapore. Grazie Bianca per ogni risata che mi hai fatto fare, per le ansie condivise in quest’ultima salita, per aver colorato di allegria tutti gli anni passati insieme. Grazie Fede per avermi dato modo di entrare in punta di piedi nel tuo mondo a parte, nel quale ci siamo sentite libere di confidarci e dare libero sfogo a gioie, problemi e sogni. Grazie Ludo per essere stata il mio braccio destro per tutti questi anni, per le notti gomito a gomito, per ogni momento affrontato insieme, per essere un’Amica fedele, sincera ed eccezionale. 240


Ringrazio la mia seconda famiglia, un porto sicuro in cui ripararmi in qualsiasi momento. Grazie “Tato” Marco perché solamente sapere che ci sei mi trasmette un gran senso di sicurezza e protezione. Grazie per essere un po’ un secondo babbo, un fratello maggiore, un amico speciale. Grazie Cinzia per la tua immensa simpatia e per ogni prezioso consiglio. Grazie Pietro per la tua contagiosa energia e voglia di vivere. Grazie Mati per i tuoi splendidi occhi blu e per la tua tenerezza. Grazie alle mie fantastiche nonne, esempi di forza, dolcezza e tenacia. Grazie Nonna Maria per l'interesse che hai sempre dimostrato per questo mio percorso universitario, vederti gioire per ogni mio successo mi ha riempito il cuore di felicità. Grazie Nonna Giuliana perché nonostante la vita ti abbia giocato brutti scherzi non ti sei mai abbattuta: la tua forza è stata per me un grande esempio. Grazie infinite Albe perché con la tua leggerezza, la tua determinazione, la tua voglia di fare e di scoprire hai riempito le mie giornate di amore, fiducia e spensieratezza. Raggiungerti la sera, stressata e piena di pensieri, e sentirti dire più volte: “dai, ti suono una canzone!” mi ha fatto capire che nella vita le persone spesso capitano per caso ma non a caso. Trascorrere con te, la tua musica e le tue fantasie, l’ultimo anno e mezzo di questo lungo percorso mi ha dato la forza per lo sprint finale. Grazie Lore, sei il migliore amico che avessi mai potuto desiderare, il punto fermo che da 25 anni mi dà la carica e il supporto per affrontare ogni cosa. Grazie per la pazienza che hai sempre avuto nell’ascoltare ogni mio sfogo e ogni mio dubbio. Grazie di credere in me, grazie di essere sempre presente nonostante i 9.900 km che ci separano. Con te ho avuto la conferma che certi legami resistono a qualsiasi distanza. Infine ringrazio i miei amici e le mie amiche di sempre: averli al mio fianco ha reso tutto infinitamente più bello.

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