una VA L I G I A
UNA VALIGIA DI TANTE STORIE
CARLOTTA VALERI
una VA L I G I A 1. 0 “ C a r l o t t a ”
Penso che il mio viaggio verso Kouvè
completamente diverse da quelle
“Un petit cadeau pour
sia cominciato circa due anni fa nel
che mi sto immaginando da quando
Carlotta mon amie.” Fovi.
momento in cui ho posato i miei piedi
ho ricevuto il mio biglietto aereo.
Questa è la lettera “O” che sta in
stanchi su quella terra di un
L’unica cosa che so è che tornando
mezzo al mio nome,
rossiccio che sembrava quasi
a casa avrò abbastanza ricordi per le
questo è un fiore degli stessi colori.
artificiale.
giornate che mi aspetterano fino al
Quest’anno al mio ritorno non so
prossimo ritorno.
cosa aspettarmi.
Oggi, il mio ricordo è questo
Non so come sia tornare in un luogo
quaderno arrivato circa un anno fa
giá visto e vissuto,
da Kouvè in una piccola scatola di
forse sarà come quelle tre settimane
cartone assemblata con dello scotch
trascorse o forse le emozioni che mi
di carta che diceva così;
attraverseranno saranno
una VA L I G I A 1.1 I v e t t e
A Kouvè ci sono dei perfetti modelli
macchina fotografica.
Lei si appoggia alla parete,
che non vedono l’ora di mettersi in
Dopodiché, riprendevano il sorriso e
io mi avvicino.
posa davanti all’obiettivo.
continuavano a giocare.
L’incantesimo è avvenuto di nuovo
Penso siano all’opposto di chi crede
Non ho mai capito che cosa li
così ripongo la macchina fotografica
nella teoria per cui la fotografia pos-
trattenesse nel sorridere, forse
a terra, avvicino gli indici della mia
sa rubare l’anima.
abitudine, educazione o credenze.
mano alla bocca, alzo gli zigomi e
Mi guardavano fissa con quello
Ricordo quel giorno quando scattai
mostro i miei grandi denti.
sguardo che ti attraversa da una
questa fotografia;
Ivette mi guarda, avvicina i suoi
parte all’altra, quella pelle perfetta
la luce stava calando, il campo si era
indici alla bocca, alza gli zigomi e
color ebano, quello sfondo dietro
concluso, i pennarelli erano ovunque
mostra i suoi piccoli denti.
di loro che sembrava fatto apposta.
e i piedi sempre più rossi.
Scatto.
Però, non sorridevano, erano fermi
Guardo Ivette, con questa luce
Ivette sorride, 10 luglio 2013.
come se ci fosse un incantesimo che
sembra ancora più bella.
li pietrificasse.
Così prendo la macchina fotografica
Non si scomponevano fino a quando
che avevo posato sul tavolo di legno.
posavo la mia
una VA L I G I A 1. 2 F o g a v
Era forse la seconda o la terza volta
erano altissime, l’acqua decisamente
Rideva, a mille denti.
che da Kouvè raggiungevamo Anehó,
più calda e il mare non era blu ma di
Credo che nel secondo precedente
città a un paio d’ore di distanza dal
un azzurro chiaro tendente al verde.
stesse stringendo la sua mano de-
villaggio.
Questa volta non mi nascondevo
stra a Maddalena ma
Avevo già visto l’Oceano Atlantico
dietro le gambe di mia madre forse
probabilmente l’acqua era andata
parecchi anni prima ma sia io che
perché nel frattempo avevo riposto
oltre le sue caviglie e doveva
lui avevamo un aspetto del tutto
nel cassetto piccole medagliette di
nascondersi, proteggersi proprio
diverso. Ero in Normandia, l’acqua
carta per attraversare quelle onde.
come avevo fatto io, qualche anno
era ghiacciata, il colore era blu e non
Ma davanti a me, c’era Fogav, che
precedente.
percependo l’orizzonte mi
per la prima volta, quel giorno diede
aggrappavo alle gambe di mia madre
un’immagine alla strana forza
Mio ventiduesimo compleanno,
come se lì dietro nessun mare
chiamata “Mare”.
momenti ricolorati da un’amica.
avrebbe potuto sfiorarmi.
Si avvicinò timoroso per poi scappare
Parecchi anni dopo, a giusto qual-
all’improvviso con quelle gambette
che chilometro di distanza ero su
lunghe e fragili che parlavano più di
una delle spiagge di Aneho, le onde
lui.
una VA L I G I A 1. 3 O d e a l l a v i t a
“Lentamente muore chi non
Introducevano un nuovo progetto di
Vive chi non ha paura di cadere
capovolge il tavolo, chi è infelice sul
comunicazione,
perché sa che c’è chi è pronto
lavoro, chi non rischia la certezza
un progetto volto
per accoglierlo.
per l’incertezza per inseguire un
al cambiamento e alla rivoluzione.
Questo è il mio diario di viaggio che
sogno. Lentamente muore chi non
Sono questi i versi che
ogni sera mi costringevo a scrivere
viaggia, chi non legge, chi non ascol-
mi sono rimasti impressi di quella
per non dimenticare niente di quella
ta musica, chi non trova
voce accompagnata
“vita” che respiravo ogni giorno.
grazia in se stesso. Evitiamo la mor-
dalle note di un pianoforte.
te a piccole dosi, ricordando sempre
Quella poesia non l’avevo mai sentita
che essere vivo richiede uno sforzo
così viva dentro di me come martedì,
di gran lunga maggiore del semplice
o forse come oggi.
fatto di respirare.
Muore chi non viaggia, è vero.
” Ode alla vita, Chi muore
Peró io penso che muoia un po’
di Pablo Neruda.
anche chi lo fa non riuscendo a
Erano queste le prime parole che
perdere un po’ di sè stesso in quel
ho ascoltato qualche giorno fa sul
viaggio, chi non si fida di una nuova
palco di un teatro in occasione di un
terra, chi non lascia una traccia e chi
convegno.
non si abbandona.
una VA L I G I A 1. 4 A b l a v i
Comprai questo paio di jeans nella
Si sono allargati e rimpiccioliti in
avvicinandosi alle mie gambe
primavera di qualche anno fa.
continuazione nel corso degli anni
e sfiorando quegli strappi.
Ricordo che andai in quel negozio
a causa dei miei cambiamenti di
Dopodiché la vidi arrivare con
vintage con l’idea che non potessi
umore.
tanti pezzi di scotch da imballo
uscire senza almeno un capo.
Alla mia partenza li misi in valigia
appoggiato sulle sue braccia.
Avevo adottato la stessa filosofia di
non sapendo come mi stessero in
Li prese e mi riunì gli strappi di quei
mio padre secondo cui non si esce
quel momento.
jeans, erano come nuovi.
da una libreria senza un libro.
Era un giorno di campo e una
I jeans strappati sono rotti, e i jeans
Uguale. Mi illuminai, erano su un
bambina di nome Ablavi mi guardava
rotti vanno riparati. Era felice, era
manichino dalle gambe lunghissime
diversamente dal solito, forse con
serena. Riprese a giocare. Io dovevo
e il seno prosperoso.
più tenerezza.
ancora mettere a fuoco. Credo di
Comprandoli avrei comprato anche
Tra me e me mi guardavo e pensavo:
essere rimasta per qualche minuto
il fisico di quell’anomalo indossatore
forse sono troppo strappati? o forse
ferma immobile con la testa chinata
di vestiti. Li comprai al volo, quanto
troppo corti?
e lo sguardo fisso su quei jeans.
costassero, come mi stessero chia-
brava Carlotta, ottima scelta.
Da quel giorno li riposi in valigia.
ramente era ininfluente.
Trascorse tutta la mattinata
Chiaramente con lo scotch attaccato.
una VA L I G I A 1. 5 C o r o n a
Terzo scaffale a partire dal basso
agitare la bandiera preferiscono
Ero lì quando vidi Fovi e Sylvain
della libreria in salotto
la spiritualità concreta, la fede più
arrivare. Le mani erano nascoste
“Simboli e allegorie, dizionari
sincera? Più pratica?
dietro di loro. Mi si avvicinarono e
dell’arte”, Matilde Battistini,
Finisco col pormi domande sulla
mettendosi sulle punte dei piedi
Edizione Electa.
questione e chiudo il libro.
circondarono la mia testa con una
Capitolo “Uomo”, pagina 148.
Invece di posarlo dove l’avevo trovato
corona di piccoli fiori viola.
Aureola o Corona d’oro: cerchio di
mi fermo e inizio a viaggiare.
La bocca sorrideva,
luce che circonda gli esseri dotati di
Torno a Kouvè.
gli occhi lacrimavano.
una spiccata spiritualità.
C’era il sole quel giorno,
Avevo ricevuto una corona, valeva di
Personalmente mi sto chiedendo
era l’ultimo giorno.
più di una corona d’oro.
come si possano distinguere gli
Non era un giorno gioioso,
Avevo raggiunto
esseri dotati di una spiccata spiritua-
ma lì non esistono giorni tristi.
la massima spiritualità, quindi?
lità.
I bambini che salivano e scendevano
Ripongo il libro, sorrido.
Lo sono coloro che parlano di etica e
dalla terrazza assomigliavano un po’
di religione?
al mio umore.
Oppure sono quelli che invece di
una VA L I G I A 1. 6 A q u i l o n i La mia storia con gli aquiloni inizió
Kouvè. Così, un anno dopo decisi di
sinistro e guardarlo assiduamente
molto tempo fa, ancora prima di
disegnarmene uno sulla pelle.
, nei suoi assi storti.
avvicinarmi all’Africa.
Ero indecisa se andare in
Penso di aver bisogno di ricordare
Ricordo di avere avuto un lungo pe-
cartoleria e comprare tutto il
che si scende per risalire, che le
riodo in cui non disegnavo altro che
“pacchetto aquiloni colorati a soli
scale si possono usare in due modi,
quei rombi un po’ storti e lunghi.
2,50 Euro ” e tatuarmeli da sola
che salire dopo essere stata a terra è
Prima della partenza decisi di
appiccicandomeli al braccio con
difficile ma una volta in cielo si
proporre agli altri di costruire un
l’acqua o aspettare l’estate e farmelo
respira ancora meglio di prima.
aquilone per ogni squadra.
appiccicare sulle spiagge di Cogoleto
Penso che Kouvè sia stato per me un
La mia fissazione continuava.
da qualche anima buona per 5 euro.
risalire dopo una caduta.
Provai a costruirlo, due bacchette di
Nella forte indecisione andai da un
Il mio aquilone, oggi,
legno, uno scotch resistente e della
tatuatore, di quelli veri.
è ancora più forte.
carta che ricoprisse gli assi.
Venti minuti per essere marchiata,
Questa era la prova dell’aquilone
Arrivati a Kouvè ne creammo
a vita. A circa un anno dal misfatto
che faceva finta di volare.
quattro, li attaccammo al muro.
nonostante i canonici sguardi dolci
Erano rivolti verso l’alto e si muove-
di mia mamma appena mi dimentico
vano all’andare del vento.
di coprirlo con dei maglioni di lana,
Non si abbassavano mai.
è utile. A volte infatti, mi capita di
I miei aquiloni avevano visto anche
ruotare la testa, stortare il braccio
una VA L I G I A 1. 7 Ra p h a e l Ero alle elementari quando iniziarono a
di avere le idee un po’ più chiare. Aiutava
non essere colpiti. Graffiarsi e sbucciarsi
farmi domande su quale
le future mamme ad avere un bambino
le ginocchia era diventata un’abitudine.
mestiere facessero i miei genitori.
e se mio padre me lo immaginavo con la
Quel giorno a farsi male fu Raphael.
Rispondevo così: “Mio papà timbra
barchetta in testa mia madre la vedevo in
i giornali, mia mamma fa nascere i
una stanza di ospedale sporca di san-
bambini.”Credo di essermi sempre im-
gue con le infermiere intorno al lettino
maginata mio padre con la
svenute sul pavimento dell’ospedale. Lei,
forbice nella mano destra, la colla nella
invece, continuava ad assistere, Wonder
mano sinistra e il cappellino di carta a
Woman. Una delle infermiere stese a
nare in campo. Quello fu il momento in
barchetta sopra la testa ad attaccare la
terra ero io con lo sguardo perso nel vuo-
cui guardai. Le sue lacrime scendevano
testata dell’Eco di Bergamo con il titolo
to, con una gamba a destra e l’altra a si-
silenziosamente.Presi la farmacia che
di Libero.
nistra in attesa di essere salvata da W.W.
mia madre mi aveva messo in valigia e
Con gli anni ho capito che la testata e
Entrando in un ospedale sono sempre
lo medicai. Erano davvero le mie mani.
il titolo li “attaccava” con un program-
stata della filosofia: “fatemi quello che
ma chiamato InDesign e non aveva il
dovete basta che non mi fate guardare”.
cappello a forma di barchetta sulla testa.
Qualcuno avrebbe dovuto rispondermi: “
Era caduto un mito. Credo che la mia
eppure prima o poi dovrai guardare.”
visione sia passata alla storia, almeno,
Ho dovuto guardare, circa due anni fa.
ancora lì, a farsi medicare la ferita che
alla storia della mia famiglia. Per quanto
Il gioco del pomeriggio era Palla corpo.
non c’era più. Dentro di me sorridevo,
riguarda il lavoro di mia madre pensavo
Lanciare la palla, colpire e correre per
tanto.
Cadde sull’asfalto sbucciandosi il ginocchio sinistro. Dopodiché, si rialzò facendo come se non fosse successo niente. Lui doveva continuare la partita. Fece due passi per raggiungere gli altri ma non riuscì a tor-
Le sere seguenti lo medicai guardando come andasse la ferita. Penso fossero passati quattro o cinque giorni quando a vedersi era solo una piccola crosticina. La sesta sera fino alla fine del Grest era
una VA L I G I A 1. 8 M i a s o r e l l a “Dai mamma, ora puoi dircelo, chi è
oppure convinta di avere tra le mani
il Togo. Trauma. “Cosa fai in Togo?,
stata adottata delle due? Papá? Lo
l’origano cospargo la mozzarella
perché? Carlotta, non farlo, poi suc-
sai che una non è figlia tua, vero?”
di bufala con olio e pepe. (Momenti
cede qualcosa, davvero.”
Sebbene un fratello avrebbe potuto
catartici della mia vita da non dimen-
Metabolizzata la questione mi lasció
toglierci i dubbi su chi delle due sia
ticare). Vabbè, ma se fisicamente lei
un biglietto prima di partire con di
stata realmente adottata non sia-
ha una decima di seno e io una se-
fianco questa fotografia. Mille parole
mo mai riuscite ad arrivare a una
conda, se io sono alta 10cm più di lei
che concludevano con “Fai tesoro
conclusione che non ci lasciasse il
nonostante lei sia la maggiore e se
di tutto, apprezza ogni gesto, ogni
dubbio. Eliminata l’opzione adozione
ho il naso che come dico io “misura
giorno. Ah, scrivici sempre come
dovevamo capire che cosa avessimo
tre dita” e il suo una, forse abbia-
stai e cosa fai. P.S stai attenta a topi
in comune perché le sorelle hanno
mo la pelle che profuma allo stesso
e serpenti” Amavo scriverle per
sempre qualcosa in comune, no?
modo o forse abbiamo un neo nella
inventare false storie sui topi che
Bé, io ho appena compiuto i ventitré
stessa posizione , della stessa gran-
gironzolavano per la mia stanza tra
anni, lei farà i venticinque a dicem-
dezza, dello stesso colore. Quando
i miei, e a volte anche suoi vestiti.
bre e nessuna delle due capisce
camminiamo lei ha una borsa nera
Amavo e amo farle credere che stia
tuttora come possiamo essere nate e
lucida che tiene con portamento a
per succedere una catastrofe quando
cresciute nella stessa famiglia. For-
metà braccio, io ho uno zaino sporco
in realtà sta solo scricchiolando il
se sono davvero arrivata poco tempo
di terra con la cerniera aperta sul
parquet. Forse non abbiamo niente
fa dalla Bolivia come mi vuole fare
fianco. Ricordo la partenza, ricordo.
in comune ma forse abbiamo la stes-
credere mio padre quando dimentico
quando le dissi che sarei partita per
sa anima. Quindi siamo sorelle.
il freezer aperto, scolo la pastina
una VA L I G I A 1. 9 B u o n c o m p l e a n n o
Mi sdraio sul letto, storto il cuscino
È quella di Fovi.
su cui sempre
come se il soffitto della mia stanza
È seduto su una panca
scriverai le tue storie.
fosse un cielo stellato, guardo le
fuori dalla chiesa.
Un compleanno in più,
stelle del ventilatore muoversi, mi
Ha degli occhi neri tanto grandi,
una grammatura del foglio in più.
incanto. Le parole di Mcmorrow si
sono lucidi, posso specchiarmi,
mischiano alle voci dei ragazzini nel-
posso vedermi.
la via e ai discorsi profondi tra grilli
I capelli sono cortissimi e neri, la
parlanti. Ma c’è qualcosa che fa più
pelle color cioccolato e le labbra
rumore. Forse è la mia testa.
sporche di rosa, come le mie.
Forse sono i miei pensieri che
Mi guarda, lo guardo. È un atti-
parlano, la loro voce è timida, ma
mo. Siamo soli, il mondo intorno è
riescono a farsi ascoltare. Guardo
scomparso. Non ho mai scattato una
la parete della mia stanza, c’è una
fotografia così bella.
fotografia che mi guarda più di ogni
In quel posto chiamato domani ci
altra.
sarà un foglio di carta (a righe)
una VA L I G I A 2. Il cuore
Una bambina che suona il pianoforte
incurvate.
rimediare alla schiena incurvata
non può essere curva,
Quello è certo.
sarei dovuta andare da un buon
una bambina che nuota non può
Sulla parete c’è questo foglio che
psicoterapista per alleggerire questo
essere curva.
non è un foglio bianco, al centro una
cuore e non indossare il bustino
Ebbene si, dopo avermi
frase, dice: “Il cuore pesante che la
ortopedico.
diagnosticato una scogliosi di cui non
schiena le curva”.
ricordo il grado, cifosi e un’anca più
Era una delle pagine, una delle frasi
alta rispetto all’altra fin dagli anni
scritte su un piccolo quaderno giallo
delle scuole intermedie fui costretta
canarino regalatomi prima della
a indossare una specie di
partenza. Quindi, oggi penso, non
corsetto/ bustino posturale.
avevo bisogno del bustino?
Non lo indossavo per sembrare più
Era il cuore che doveva essere
magra e formosa come
sorretto e non la colonna vertebrale?
Maria Antonietta ma per sorreggere
Rimango delusa e con l’amaro in
la parte superiore del mio corpo,
bocca per tutti i soldi che mia madre
dal bacino in su.
spese dall’ortopedico
Negli anni non so dire se la
il quale avrebbe avrebbe dovuto
situazione sia migliorata o meno, le
avvisarmi o almeno,
mie spalle rimangono più comode
avrebbe dovuto dirmi che per
una VA L I G I A 2 .1 S i p a r t e Trenta giorni fa mi ero promessa di
all’abitudine quotidiana dell’odore
Ora, sono pronta e riprendendo
scrivere ogni giorno
di terra bruciata e agli occhi scuri e
vecchie citazioni: Oggi parto e andró
una storia da me vissuta,
profondi che mi parleranno.
a respirare a pieni polmoni in quel
un ricordo che aveva cambiato
Chiudo le valigie con all’interno un
luogo, chiamato posto del cuore.
qualcosa nella mia vita.
pacchetto chiuso, tanti fogli
Volevano essere tanti pezzettini di un
su cui scrivere, la fotografia che devo
quadro che da soli raccontassero ma
portare con me, raccomandazioni e
che tutti insieme
minacce che dicono “fatti viva, fatti
avrebbero emozionato.
sentire, dimmi che un serpente non
La mia costanza nello scrivere ogni
ti ha mangiata”, un pelo o forse più di
giorno si è persa, ma non c’è stato
Margot finiti dentro
giorno in cui non pensassi a quelle
accidentalmente,
storie, a quella vita, a quel quadro
un salame incastrato di fianco alle
che nella mia testa assomiglia molto
mutande e salviettine intime e gli
a quello che è per me “L’abbraccio”
espansivi saluti del mio pesce di
di Gustave Klimt.
nome “Senza titoli”.
Oggi, però, è uno dei giorni in cui non
Attiveró la sospensione, come mi
penso alle mie storie, ai miei rac-
dice chi mi sistema tutti questi pen-
conti, ma penso a quello che vivrò, al
sieri alla rinfusa.
subbuglio di emozioni dentro di me,
una VA L I G I A 2.2 Si torna a casa Iniziai a scrivere il primo giorno, o meglio, il giorno della partenza, parlavo di una storia d’Amore in aereoporto, tra un figlio e una madre. In alto a destra la data: 30.7.15 e in basso a sinistra “ primo scalo: Roma ore 22:30” La mia storia d’amore rimase su quel volo, o meglio nella tasca del sedile anteriore. I miei buoni propositi dopo aver “perso una storia” non sfumarono del tutto così arrivata a Kouvè il giorno seguente invece di dilungarmi scrissi solo una frase su un nuovo foglio bianco: “sono tornata a casa, o forse non sono mai partita”.