Cassero Vol. VI no. 2 Estate 2007

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PERIODICO

DEL

CASSERO

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GAY

LESBIAN

CENTER

DI

BOLOGNA

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ANNO

VI

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dall’alto: Antonio Frainer, volantino per il Pride ’84; Eric, banchetto Miss Alternative 1997, foto Bruno Pompa; Barbara, David, Bruno, Toy’s Playroom Party, ’98; Enzo e Miguel, terrazza Cassero; il bar del Cassero, 199?; il groundfloor della Salara, Gender Bender 2006, foto Massimo Sciacca.

in copertina: Barbara Contoli, Antonio Coco, David White, Roberta Resta, Bruno Pompa, Michele Roccia, Vincenzo Corigliano, Enrico Picelli, “Artista Visitatore”, Prato 1998, foto Stefano Casagrande


Editoriale

Venticinque anni fa il Comune di Bologna riconosceva, primo in Italia, il valore e la dignità di essere gay, lesbiche e transessuali affidando in autogestione al Circolo di cultura omosessuale XXVIII Giugno il Cassero di Porta Saragozza. Si trattò di un evento che ARCIGAY IL CASSERO portò frutti importanti e che giunse dopo due anni di confronti SEGRETERIA tel 051.6494416 fax 051.6495015 anche aspri. A mettere ostacoli fu la Curia secondo la quale la nostra www.cassero.it - cassero@cassero.it presenza avrebbe arrecato offesa alla Madonna di San Luca. Ad essa CONSIGLIO DIRETTIVO COMITATO PROVINCIALE ARCIGAY IL si accodarono le destre mentre il Pci (oggi Ds, domani Pd) tentennò CASSERO Francesco Baldini (Presidente), Anita Mereu (Vicepresidente), a lungo per non entrare in contrasto con la Curia. Sandro Mattioli (Portavoce), Maurizio Cecconi, Matteo Cavalieri, Marica Se il 28 giugno del 1982 si poté prender possesso dei locali del Fiorio, Antonio Soccio - direttivo@cassero.it ARCILESBICA BOLOGNA Paola Brandolini (presidente) Cassero lo si dovette ad un insieme di fattori. In primo luogo alla tel 051.6492684 www.arcilesbica.it/bologna - bologna@arcilesbica.it determinazione con la quale mantenemmo le nostre posizioni, DIREZIONE ARTISTICA richiamando le istituzioni alle loro responsabilità nei confronti Bruno Pompa tel 333.2957200 ad@cassero.it di tutti i cittadini e, in secondo luogo, alla capacità di dialogo ART ASSISTANT Mauro Copeta wawashi@cassero.it CULTURA Daniele Del Pozzo tel 051.5280391 cultura@cassero.it che sapemmo sviluppare con l’insieme della società bolognese. LIBERA UNIVERSITÀ OMOSESSUALE Paolo Salerno luo@cassero.it Raccogliemmo diecimila firme a supporto delle nostre richieste e GENDER BENDER WWW.GENDERBENDER.IT info@genderbender.it incontrammo il forte sostegno delle donne, dei laici e, infine, di chi CENTRO DI DOCUMENTAZIONE Sara De Giovanni allora era segretario del Pci di Bologna, Renzo Imbeni. tel 051.557954 doc@cassero.it ACCOGLIENZA, BENESSERE, CONFRONTO È trascorso dunque un quarto di secolo: dal Cassero è nata Arcigay Emanuele Pullega consultorio@cassero.it nazionale, ci si è trasferiti negli spazi molto più ampi e complessi TELEFONO AMICO GAY tel 051.555661 telefonoamicogay@cassero.it della Salara, gli iscritti sono ora sedicimila, c’è una ricca offerta LIBERAMENTE liberamente@cassero.it di servizi e vengono proposte inziative politiche e culturali di PROGETTO SCUOLA Matteo Martelli scuola@cassero.it GRUPPO GIOVANI giovani@cassero.it qualità. Bologna senza il Cassero e senza le altre associazioni gay, PROGETTO SALUTE Sandro Mattioli salute@cassero.it transessuali, lesbiche, sarebbe più povera. Senza il nostro circolo SPORTELLO LEGALE verrebbe a mancare una voce che, proprio perché a volte è scomoda, Cathy Latorre, Silvia Gorini sportellolegale@cassero.it pone delle domande essenziali per il futuro della città: cosa significhi SPORTELLO ANTIDISCRIMINAZIONI antidiscriminazioni@cassero.it oggi il diritto di cittadinanza, quale sia il valore della soggettività CASSERODONNA casserodonna@cassero.it e dell’autonomia delle donne, come maschilismo e patriarcato UFFICIO STAMPA Chiara Mantovan ufficiostampa@cassero.it costituiscano una zavorra della quale sarebbe bene disfarsi, come si leghino differenza e uguaglianza, come si sostanzi la laicità dello ACCOGLIENZA NOTTURNA & LISTE Matty P, Matteino, Tatona ALLESTIMENTI FIRST FLOOR Penfield AMMINISTRAZIONE Samuele Cavadini CDOC Giulia Stato repubblicano e tante altre. Zonta CLEANING LADIES Bob, Gianluca, Christian FEED THE BEARS Nicola Contro di noi ritroviamo gli antichi avversari: Curia, Vaticano Cesari, Sauro, Coco GIARDINO Silvano La Nessa MANUTENZIONE Kai Trevisan e le destre che negano il valore delle nostre relazioni e delle PROGETTO SCUOLA Ambra, Filippo, Laura, Lucille, Marco, Matteo, Michele, nostre stesse esistenze. E forze del centrosinistra spesso troppo Micol, Paolo, Salvatore, Valeria RESIDENT DJS , Little Fluffy Luke, Fiandrix, Wawashi, PoPpen, Trash Couture, Frog_ette, Ruggero, Carey Ferry, Fable, arrendevoli verso le gerarchie cattoliche. Di nuovo, ci troviamo Matthe, U.e.s, Alessandro Bolognese RESIDENT VJS MizzPravda, Strong, Alias, nella necessità di batterci per i nostri diritti attraverso il dialogo Virgilio, MissPlugInn SECURITY Caterina Martinelli (coordinamento) Kai, Gaia, diretto con la società, l’azione non violenta e utilizzando forme di Roberta, Hassan, Elenoire, Lucia SEGRETERIA Marinella Marovelli, Gianluca disobbedienza civile. Colorini, Emanuela Ria SOUBRETTES Onassis, Loah Marrat, Lysandra Coridon, Abbietta McCallan, Wilbi, Minerva Lowenthal, LaTavia Tovarich, Divine La manifestazione del 17 maggio scorso in via Indipendenza, Brown, Brenda Broadway, Celine Dior, Evira Lords SUONI & LUCI Michela di fronte alla cattedrale di San Pietro che ospitava l’immagine Paolucci STAFF Massimiliano Martines (responsabile) Arianna Lombini della Madonna di San Luca, ha provocato aspre polemiche. (vice) Claudina, Lorenza, Loris, Cinzia, Elenoire, Grace, Eva, Mick, Filippo, Si è parlato di offesa ai sentimenti della città e il cardinale l’ Corradino, Mattia, Barbara, Marzia, Vincent, Kate, Anita, Max, Evina, Gionata, Silvia TELEFONO AMICO Andrea M, Andrea S, Carlo, Daniele, David, ha definita “un’ignobile gazzarra”. Per la verità, non v’è stato Francesco, Maurizio, Miles, Natale, Paolo alcun insulto nei confronti dell’Icona oggetto di devozione di molti bolognesi: con la Madonna di San Luca, com’era ARCILESBICA NAZIONALE SEGRETERIA: 051.6492684 - www.arcilesbica.it - arcilesbica@arcilesbica.it ovvio per chi non fosse in malafede, abbiamo convissuto serenamente e rispettosamente per oltre vent’anni a Porta ARCIGAY NAZIONALE Saragozza, e così continuerà ad essere. Ma verso chi TEL 051.6493055 - www.arcigay.it - info@arcigay.it vorrebbe farci chinare la testa e farci tornare nel silenzio CASSERO MAGAZINE e nella vergogna il confronto è aperto. GERENZA Walter Rovere & Matteo Giorgi Siamo persone serie, responsabili, capaci di ironia GRAFICA Danilo Danisi + help by Lunicu / www.fecoonde.org e di autoironia; e siamo stufi di venire insultati STAMPA Tipografie Negri FOTOLITO MGP dalle gerarchie ecclesiastiche e di venir presi in HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Francesco Baldini, Marco Barbieri, giro da istituzioni e partiti che non si assumono Paola Brandolini, Stefano Casi, Antonia Ciavarella, Maurizio Cecconi, Mauro Copeta, Barbara Contoli, Roberto Dartenuc, Daniele Del Pozzo, Titti De Simone, Marcella Di le responsabilità che derivano dall’operare Folco, Sara De Giovanni, Fiandrix, Alessandro Fullin, Nera Gavina, Franco Grillini, Kai in uno stato laico. Siamo scomodi? Bene, & Eva, LaManu, Sergio Lo Giudice, Rinaldo Luchini, Abbietta MacCallan, Porpora saremo scomodi. Se necessario anche per Marcasciano, Marinella Marovelli, Sandro Mattioli, Elisa Manici, Maria Grazia i prossimi 25 anni. Pecoraro, Luciano Pignotti, Bruno Pompa, Beppe Ramina, Diego Scudiero, Valérie, Giulia Zonta. Le Cassero’s Angels sono Divine Brown, Brenda Broadway e Celine Dior magazine@cassero.it ADVERTISING: adv@cassero.it

..Beppe Ramina* ..

* Co-fondatore del Circolo 28 Giugno e dell’Arci Gay, è attualmente vicedirettore de Il Domani di Bologna.

Foto gentilmente concesse dagli archivi fotografici: Centro di Documentazione Cassero, Bruno Pompa, Maurizio Cecconi, Fiandrini, Gender Bender.

CASSERO Gay Lesbian Center Via Don Minzoni 18 – 40121 Bologna – Italy


CASSERO 1982 – 2007 25 NOMI PER 25 ANNI

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KGB&B: Fascistissima, D’Art Room, 1986. da sin: Rinaldo, Stefano, Diego. Foto: Mimma Giovinazzo

interventi raccolti da: Walter Rovere, Matteo Giorgi, Bruno Pompa, Elisa Manici


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a storia del Cassero, osservava Beppe Ramina nel suo libro che ne raccontava la nascita, è, come tutte le storie importanti, scritta sull’acqua: si può fotografare per un momento, ma poi cambia, tradisce le aspettative. Si noteranno infatti, leggendo le righe e tra le righe delle 25 storie che abbiamo raccolto (tra quelle che seguono, e l’editoriale di Ramina), anche incongruenze, ricordi che non collimano, raccordi logici mancanti. Si tratta di 25 persone che, a vario titolo e con varie capacità, hanno contribuito o continuano a contribuire alla vita del circolo – dal fondarlo al cantarci una canzone, da chi è arrivato quando ancora era un’associazione senza sede, a chi ha conosciuto solo la Salara. Ma almeno altrettanti, e in realtà molti di più, sarebbero stati i protagonisti da far parlare; diversi purtroppo sono scomparsi, altri trasferiti e irraggiungibili, altri quelli che semplicemente avevano minor capacità di raccontare – e per tutti naturalmente, neanche lo spazio di un libro sarebbe bastato. Ma questa che abbiamo raccolto non è LA storia del Cassero; come notava lo stesso Ramina nel suo libro, il tentativo di costringere le voci raccolte all’interno di una descrizione, o un’interpretazione, che non può che essere parziale e soggettiva, non può che tradire lo spirito del Cassero: la cui identità non è patrimonio singolo ma perpetuamente fluida, composta dalle centinaia di persone che ne hanno attraversato e fatto la storia, in questi (come nei prossimi) venticinque anni. Walter Rovere

Presenza eclatante della KGB&B ed esilarante autore di demenziali spot radiofonici, Rinaldo si è occupato anche della progettazione degli arredi sia del Cassero che della Salara. Il mio coming out risale al 1980. Avevo letto sul Carlino delle riunioni del Circolo 28 Giugno nella sede dei socialisti, per un paio di settimane non ebbi il coraggio, ma infine entrai, e conobbi così la Lola, che era un po’ il capo, Valerio, che divenne il mio primo fidanzato, Claudio Fuschini detto La Medusa... I nuovi come attività socializzante venivano subito messi a fare delle cose, e mi affidarono i cartelli (da scrivere a pennarello!) per una mostra a Palazzo d’Accursio. Poi ci fu l’assegnazione del Cassero, e ricordo una cosa buffa, che nell’avvicinarsi del corteo verso Porta Saragozza le ali di folla si facevano sempre più minacciose, perchè c’erano i commercianti della zona che sostenevano che non avrebbero venduto più nulla (invece successe il contrario), e i genitori degli alunni del liceo lì vicino perchè avremmo insidiato i ragazzi, mentre invece quando passammo davanti alla caserma in via Frassinago i militari ci facevano ciao dalle finestre... Il Cassero era vuoto, e dato che lavoravo in uno studio di progettazione, aiutai per l’arredamento. Tirammo dentro anche Gino della galleria Neon, che ci diede le dritte estetiche. La novità era il postmoderno, per cui mettemmo a delle sedie delle palle di legno in fondo alle gambe, e facemmo i tavolini di formica del bar a forma serpeggiante, finto Sottsass, all’epoca erano usciti dei mobili dal nome “Le strutture tremano”... L’illuminazione era di neon rosa, gialli e azzurri, che ci aveva portato Gino, con una moquette grigia. Il frigobar lo prendemmo però da Padre Marella, e il bancone da un macellaio che stava chiudendo. Quanto alla moquette, già la sera dell’apertura venne completamente sforacchiata dalle sigarette. Tra noi però non c’era nessuno grado di occuparsi del bar, e Stefano da Roma disse che era disponibile. Allora tra le varie città ci si conosceva un po’ tutti perchè eravamo pochi, quindi se facevamo una manifestazione a Bologna, quelli di Roma venivano a unirsi a noi perchè sembrassimo di più, e noi lo stesso per loro. Anche perchè la visibilità era molto più faticosa, per esempio pochi avevano il coraggio di tenere lo striscione, perchè significava finire sui giornali. Ricordo ad esempio, verso l’83, che i gay di Milano avevano deciso di protestare davanti all’ambasciata Americana, per una qualche legge che era uscita. I giornali si occupavano di omosessualità solo se c’erano delle manifestazioni, per cui si cercava di creare degli eventi, si avvisavano i giornalisti che il giorno dopo ci sarebbe stata una protesta, ci si presentava lì cercando di sembrare il più possibili, ci si faceva fotografare e si tornava a casa. Ma a Milano non trovavano nessuno che fosse disposto a mettersi davanti all’ambasciata vestito da Statua della Libertà, io dissi che ci stavo, per cui arrivai là, c’era il vestito che mi aspettava, mi truccarono, telefonarono ai giornalisti che stavamo arrivando, e il giorno dopo fummo su tutti i giornali. Così in questa logica per cui ci si scambiavano favori operativi, Stefano venne a Bologna, e con lui, Klaus, Luciano, iniziammo il KGB&B, con delle feste a tema. Ce n’era bisogno perchè un sacco di gente che non aveva il coraggio di entrare al Cassero, se ti vedevano eri già bollato, per cui questi spettacoli avevano il significato di creare l’evento che dava la giustificazione di venire.

Così per ogni scadenza, Carnevale, Liberazione, Primo maggio, veniva creata una serata dal titolo strampalato, Plastic Party, Shangay, in una situazione in cui c’era la discoteca, i buoni Antonia & Laroche, e delle apparizioni a tema, per cui stavamo ore chiusi in segreteria a farci canne e a vestirci e truccarci, e sul tardi uscivamo, offrendo qualcosa su vassoi, o facendo piccole performance, era dell’animazione, in realtà. Il pubblico era molto vario, non solo gay; per esempio ci fu un periodo in cui c’erano molti bambini, perchè venivano queste coppie ‘alternative’ con i bimbi. Anche perchè Beppe, sempre nella logica di cercare di apparire più numerosi di quanto si fosse in realtà, dato che molti gay non venivano a iscriversi, ebbe l’idea di farci chiedere anche a amici, compagni di partito, giovani che magari venivano ogni tanto, coi figli appunto, di tesserarsi per solidarietà. E noi piacevamo specialmente agli etero per la nostra estetica delirante, non eravamo drag queen, eravamo grotteschi, molto trash. Così nell’84, un’organizzazione che gestiva le rassegne estive alla Montagnola, ci chiese se potevamo fare uno spettacolo. Era l’anno delle Olimpiadi, e ci inventammo le Sodomiadi, e fu la prima volta che avemmo l’esigenza di creare uno spettacolo concluso, con delle scenografie da portare su un palcoscenico. E da lì facemmo le feste dell’Unità, che erano molto divertenti per come rimanevano sconvolti i militanti della base, andammo al circolo anarchico di Carpi, e al Roncati, dove c’era una rassegna nella logica di mettere in contatto i cosiddetti normali e non, e da questo punto di vista fu molto carino che i gay fossero stati invitati a esibirsi in un manicomio, il diverso sul diverso... Ma la caratteristica del KGB&B fu sempre di produrre spettacoli su richiesta, non scrivevamo mai nulla prima, se qualcuno ci dava un cachet per una data ci inventavamo in quattro e quattr’otto qualcosa, magari mettendo assieme sketch che avevamo già fatto al Cassero, e anche per i costumi si andava nel ripostiglio e si riciclava tutto... Ma fare spettacoli fuori era comunque troppo professionale per noi, e i film che facemmo con Fullin non potevano contenere tutti e furono una specie di canto del cigno... erano una trilogia, i remake de Il mostro della laguna Nera, Metropolis e Zombi, poi Alessandro voleva fare La Figlia di Godzilla, con me con le trecce che uscivo da un nuovo gigante, voleva comprare un apparecchio che veniva usato nei film di Godzilla per mettere il pupazzo sullo sfondo di riprese di città, ma poi scoprì che costava troppo e rinunciò... Passati gli anni ho cominciato a uscire di meno, ma ultimamente ho ritrovato nella serata Orsa la dimensione piccola, il meccanismo del gruppo in cui conosci tutti, quelli di Milano, di Roma, e si nota arrivare quello nuovo, che si vogliono fare tutti... è un po’ com’era il giro gay una volta, quando era impensabile arrivare in una discoteca e vedere 1000 gay; per cui nella serata Bear ritrovo un po’ com’era il Cassero allora.

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Plastic Party. da sin: Antonio Frainer, Rinaldo Luchini, Stefano Casagrande

RINALDO LUCHINI


È il tecnico informatico del Cassero, quello che tutti chiamano quando (periodicamente) vanno in crash i computer degli uffici o si blocca il server della posta. È attualmente il presidente del Direttivo. La mia scelta di Bologna come città in cui vivere non è stata casuale. Quando si trattò di decidere in quale città trasferirsi conoscevo già il Cassero, ero dichiaratamente omosessuale e avevo esaurito i potenziali amanti

Ha fatto parte della Gay Cassero Band (pre KGB&B) ed è stato uno dei presidenti del Cassero, per poi nell’87 co-fondare ondare la LILA (Lega Italiana Ita Lotta Aids), di cui è tutt’ora presidente. Il mio primo contatto col movimento omosessuale bolognese avvenne nne attraverso Valerio, e la prim prima riunione a cui partecipai rtecipai fu alla sezione Treves del P PSI. Notai subito bito la Valérie, la Luciana e la Robertina, sedute una accanto all’altra, una col caschetto rosso, uno

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nell’arco di circa 20 chilometri. Per questioni di censo, più che di gusto. Il trasloco appariva allora più che mai necessario. Avevo contatti a Roma, Milano e Bologna, e ne ero ugualmente attratto, ma probabilmente fu il mio Ciao Piaggio a scegliere per me, abbandonandomi a Modena. Colmo di cappelliere (nessuna) e valigie (una) scelsi quindi la meta più abbordabile e mi ritrovai a due fermate di autobus da Porta Saragozza. Nel Castello intanto, le diverse dinastie nobiliari si guerreggiavano come sempre, senza mai riuscire a porre fine a peripezie che si perpetuavano a causa del moltiplicarsi all’infinito delle amiche (e conseguentemente delle nemiche). Una volta sistemate alcune questioni economiche (avere un lavoro), familiari (avere un marito) e accessorie (avere molti amanti), cominciai a frequentare più o meno regolarmente, a seconda dell’impegno richiesto dalle questioni accessorie, le attività del circolo. La cosa più straordinaria del Cassero è che ci sono casi, situazioni, episodi che fanno percepire in un fotogramma la cifra e lo spirito dell’associazione. Hanno diverse sfumature, capitano di rado, e ognuno ne conserva dei propri, ma capitano,

quello spazio. C’erano ruoli “di competenza”: Rinaldo faceva l’architetto, Beppe più il politico, ci si metteva in gioco in base a quello che ognuno poteva fare, ma sempre uno spirito collettivo, il che non significa che mancassero le liti furibonde. Il fatto di essere nominato presidente era assolutamente ininfluente, non c’era un direttivo ma riunioni a cui venivano le persone maggiormente interessate, insomma proseguì l’aspetto assembleare, che sfociava nel delirio, che monta

a prescindere che ci si trovi lì come semplice frequentatore, attivista, militonta o star. Ricordo alcuni episodi in cui ho percepito chiaramente una situazione di questo genere: uno spettacolo di Alessandro Fullin e Clelia Sedda in una rassegna estiva sulla terrazza, un’asta di beneficenza nella giornata mondiale di lotta all’AIDS e un 28 Giugno. In queste occasioni, sia a Porta Saragozza che alla Salara, si avverte chiaramente un sentimento diffuso, una condivisione, una cornice che riesce a conciliare le persone più diverse, i sentimenti più profondi, i vissuti, in un’atmosfera gioiosa e serena, comunitaria. Un filo rosso che rende possibile, in un’asta di oggetti improbabili (venduti naturalmente a cifre folli), in uno spettacolo in cui l’intero pubblico recita a memoria ogni battuta (TEBANI!) e in una festa che assomiglia a un natale in piena estate, il melting pot di identità, di esperienze e di soggettività che racchiude l’essenza del Cassero. Senza questo filo rosso che attraversa la nostra storia probabilmente non ci saremmo mai incontrati, non avremmo lottato, lavorato, non ci saremmo amati ed odiati, non avremmo vissuto l’occasione di partecipare alla comunità che abita quella che un po’ presuntuosamente ci piace chiamare la casa comune di lesbiche, gay, trans, bisessuali e queer. Purtroppo temo che nemmeno i prossimi 25 anni mi sazieranno.

era finocchio. Ma devo dire non ho ricordi di grandi difficoltà rispetto al quartiere quando ci stabilimmo lì. Agli inizi i problemi furono più legati al fatto che essendo un luogo “alternativo”, capitava che arrivassero anche persone non proprio così aperte verso le finocchie, e ci fosse un po’ di confusione... Il passaggio di sede alla Salara è stato anche un passaggio di significati politici per la città? Forse, h li i h i i diffi il i

Il “Corteo delle caramelle”, Bologna 26/6/1982. da sin: Valerio Cacciari, Rinaldo Luchini, Gabry, Diego Scudiero, Claudio Fuschini. Al megafono: Samuel Pinto

FRANCESCO BALDINI

Francesco Baldini, Bologna 17/5/2007 - Giornata Internazionale Contro l’Omofobia

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Arrivato a Bologna come poeta, Marco al Cassero è stato messo a fare di tutto, da attore del KGB&B, al drammaturgo per Emanuela Grimalda, ad occuparsi del consultorio; negli ultimi anni si è trasferito a Roma per fare, con la scusa della politica, la Dolce Vita. Non ho mai dimenticato la prima volta che ho bussato al Cassero: mi aprì la Toselli, che era una trans quarantenne un po’ fuori di testa, alta due metri, con due tette come cocomeri, e il volto devastato dagli anni e dalle operazioni, che mi prese per la collottola e mi tirò dentro! Io ero un topolino di campagna arrivato dalla Toscana, pieno di ideologia e di sogni sull’omosessualità, e avevo idealizzato il Cassero perchè ne avevo letto, e lo immaginavo come una specie di setta intellettuale! Tragicamente, quella era la serata della lirica, a quel tempo tutti i martedì o giovedì c’era Rinaldo travestito da soprano e tutti gli altri che gli andavano dietro che facevano l’opera, per cui mi ritrovai in questa specie di sottoscala della lirica versione camp, con tutti travestiti da soprano, e una specie di virago baffuta al bar che mi apostrofò “e tu che cazzo vuoi”. Ecco, questo fu il mio ingresso-shock. Poi cominciai a frequentare queste riunioni che erano ancora da Circolo Frocialista, e mi resi conto che questi facevano e sapevano parlare di politica, ma in un modo che non avevo mai sentito, inframezzando trasgressione, scheccate e ragionamenti politici in eguale misura; era una specie di frullato, dalla battuta arguta, all’iniziativa politica, alla riflessione personale, che le prime volte non riuscivo a distinguere, ma le riunioni del Cassero erano così, e chi si azzardava a rompere questo equilibrio veniva massacrato in pubblico. Non c’era una divisione netta di compiti come si è formalizzata a causa dello sviluppo che il Cassero ha avuto dopo: ognuno faceva tutto, dallo spazzare in terra al documento politico. Era un clima di delirio collaborativo più che di collaborazione, perchè era eravamo pochi, ma molto “creativi” e pronti a fare quello che era necessario. Il Cassero era percepito agli inizi come un vero castello da difendere contro le possibili aggressioni. C’era una sorta di euforia collettiva, un momento storico che ti faceva sentire un po’ come sulla punta di un iceberg che andava eroicamente verso l’oceano. Eravamo in una specie di delirio per cui c’era sempre l’armata bianca che stava per arrivare, ma in questa percezione c’era del

vero, nel senso che la città non era pacificata con noi. Non avevamo ancora un gran numero di soci da far pesare, eravamo sempre nell’occhio del ciclone e dovevamo essere vigili perchè la città ci guardava, se non con sospetto, con molta circospezione. Capivamo che avevamo fatto scelte importanti, e un momento di passaggio che trovo di grande significato politico, di grande presa di coscienza del Cassero, anche verso la città se vuoi, fu quando decidemmo di chiudere per problemi di ordine pubblico legati allo spaccio. In quegli anni il consumo d’eroina a Bologna era al massimo, e noi eravamo volutamente aperti a tutti, facevamo prezzi politici, non volevamo fare selezione, perciò l’unica soluzione che trovammo fu di chiudere per tre mesi, aspettando che i flussi dello spaccio trovassero altre sedi. Eravamo come dicevo sotto osservazione, non distribuivamo caramelle al Righi come avevano detto e questo lo avevamo dimostrato, ma essere additati perchè dentro al Cassero si spacciava voleva dire perdere completamente l’immagine e qualsiasi possibilità contrattuale nei confronti della città. E si rivelò una scelta saggia, economicamente ci distrusse, però la riapertura fu gloriosa e andammo avanti. Quando parlo di passaggio significativo, mi riferisco al precedente modo di intendere la politica; quando arrivai loro erano lì da un anno, e si percepiva che c’era stata una diaspora, qualcosa che aveva diviso drammaticamente le persone, con anche molto dolore dei compagni che erano rimasti, però c’era stata una divisione feroce tra chi in un qualche modo voleva fare politica secondo dei dettami civili, di colloquio con la città, e chi invece voleva trasgredire a tutti i livelli. Per capire questo bisogna tenere presente che il Cassero non partiva da zero, in realtà era il punto d’arrivo di tutte le esperienze che lo avevano preceduto, come il Circolo Frocialista. La cosa non riguardava solo Bologna, ma tutta l’esperienza italiana degli anni 70, che pian piano negli anni 80 stava cambiando, però era ancora vincente: la trasgressione era ancora vista come la categoria politica più nobile, mentre il compromesso o comunque il dialogo era visto come la parte più volgare dell’azione politica, più opportunista, e percepito così un po’ da tutti, chi con più sensi di colpa chi meno. Era una via di passaggio reputata utile, ma avevamo ancora sempre nel cuore il grande portato trasgressivo che eravamo stati. Eravamo isolati ma trasgressivi, mentre noi ora volevamo essere integrati, sempre portando i nostri temi, però non così fuori dal dialogo con la città. Ecco, il Cassero ha significato proprio questo, il dialogo con la città, il che non significa Bologna soltanto, significa la società.

Marco Barbieri, Ufficio Cassero, primavera 1992, foto Paolo Righi

MARCO BARBIERI

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LUCIANO PIGNOTTI È stato tra i firmatari dello Statuto del Circolo 28 Giugno (risultando come “Luciana” nell’atto ufficiale), e uno dei suoi presidenti; alla Salara ha tentato di fare il direttore di gestione, dimettendosi poi per disperazione, ma ancora ci viene in soccorso per gli allestimenti più complessi.

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La semplicità era dovuta alla novità, e alla voglia di farsi valere in quanto esseri umani, perchè a quei tempi eravamo considerati niente, una cosa brutta; durante il militare

andavi in galera se ti dichiaravi omosessuale, i genitori ti buttavano fuori di casa, e il 90% di quelli che frequentavano il Cassero non erano dichiarati. Negli anni 80 ci lanciarono anche una molotov dalla finestra durante una serata di discoteca, ti sentivi come arroccato in quel fortino. Ma allora davamo anche un grosso valore alla diversità; oggi nessuno vuole sentirsi diverso dagli altri. Ad esempio, negli anni 80-90, molti di noi non si sarebbero spesi sul diritto di potersi sposare, lo consideravamo un istituto fallimentare – anche se la società è poi fondata su questo. Grillini, che tirò fuori questo argomento negli anni 90, fu un pioniere in questo. Per noi la diversità era un punto di forza, il circolo portava i diversi in piazza, chiedendo che ne fosse riconosciuta l’esistenza, c’era bisogno di questo. Oggi gli omosessuali organizzano manifestazioni di massa assieme agli etero, non rivendicano la diversità sessuale come valore. Però eravamo aperti a tutti, non è vero che il circolo era solo per gay; io ho amici etero che si sono incontrati al Cassero e poi si sono sposati. Un’altra cosa che ricordo degli anni 80 fu quando arrivò l’Aids, e al Cassero per la prima volta in Italia un gruppo di volontari, tra cui io, si sottopose a una serie di analisi che il Ministero della Sanità ci aveva chiesto di fare, rispondendo a dei questionari ecc, perchè non si sapeva ancora quali erano i veicoli di trasmissione della malattia. Al Cassero è passata un sacco di gente ora famosa, Fullin, la Grimalda, la Litizzetto, Sconsolata, Platinette con le Pumitrozzole, Ennio Marchetto... Tutti questi li chiamò la Cesarina, col quale spesso litigavamo, perchè ci proponeva cose che erano molto care per noi. Però allora, anche se una persona veniva definita Responsabile Cultura, non è che poi decideva e faceva le cose da solo; ogni evento veniva rimesso in discussione in direttivo, ti dicevano “chiamiamo due ospiti invece che tre”, ecc. Oggi se sei responsabile di un settore hai il tuo compito e lo svolgi, e questo ha dato la possibilità di creare nuove figure professionali, ma allo stesso tempo ha creato un’autonomia di tipo disgregativo, per cui molte persone non sanno cosa stanno facendo quelli dell’altro ufficio. Ciò non era pensabile allora, anche perchè i ruoli erano continuamente intercambiabili: io lavoravo al bar e facevo il presidente, l’altro faceva le pulizie poi il bar poi la contabilità... Per assurdo ora nell’era della telematica c’è meno comunicazione. Prima eravamo di meno e ci si analizzava di più, anche litigando; oggi se uno fa una cosa, l’ha fatta il suo settore, viene vissuta in maniera più distaccata. Cosa non è cambiato invece credo è il modo di gestire le economie; basti pensare che quando ero presidente chiesi al contabile di computerizzare la contabilità e lui si rifiutò, ed è poi stato fatto solo 1-2 anni fa! Il denaro ha un valore sociale, politico, istituzionale, e credo che ancora oggi al Cassero non gli venga dato il giusto valore. Ora che le economie sono cambiate, penso che il circolo dovrebbe venire organizzato come un’azienda no profit, che fornisce servizi secondo un modello di produttività, per riuscire a creare un qualcosa che rimanga a livello strutturale, come una sede di proprietà. Luciana, Perversailles, 14/7/1989

Del vecchio Cassero ricordo l’atmosfera assolutamente famigliare: quando chiudevamo andavamo tutti a cena assieme, o a casa di qualcuno, o a Radio Città del Capo per le trasmissioni. Beppe Ramina aveva avuto in gestione la fascia serale, e io facevo la finta telefonata della mamma, “pronto, mio figlio è omosessuale...”, e lui rispondeva “Signora, allora ci dica, lei come vive questa cosa...”, e cose così. Oppure quando decidemmo di ristrutturare, tutti a lavorare: e io e la Max, che eravamo due travestite, avevamo messo una tela per coprire l’ingresso del primo piano e non facevamo entrare nessuno, perchè ci vergognavamo a farci vedere senza trucco! E durò due mesi, non due giorni, ma non è casuale che due travestite si fossero messe a fare i muratori gratis, perchè ognuno sentiva il Cassero come suo. Addirittura quando La Cesarina arrivò da Roma, con solo un cagnolino e una 500, non aveva casa e visse per quasi un anno nella torretta. La usavamo come magazzino, e lui ci ricavò un angolo con un letto, e dormiva lì. Ma la cosa non era sconvolgente per nessuno, ci si aiutava perchè era veramente una famiglia. Eravamo in 8, 12, 15 al massimo, e questo faceva sì che fosse più facile raggiungere delle decisioni. Anche se c’erano degli scazzi rimanevano interni, quello che veniva detto veniva rispettato da tutti, e quello che usciva era condiviso da tutti, e all’esterno apparivamo molto coesi e molto forti. Poi tra noi c’erano anche discussioni feroci, per aumentare di 15 lire una bibita ci sbudellavamo perchè non era giusto politicamente, per cui tenevamo i prezzi superbassi e non avevamo mai una lira; ricordo che per il compleanno di Diego Scudiero gli regalammo un cappotto, perchè non l’aveva. E poi che litigai con Maurizio de Martino per giorni, perchè aveva accettato la pubblicità di una multinazionale come la Benetton! Anche organizzare le rassegne era molto più semplice, bastavano un paio d’incontri, perchè c’erano poche cose in giro, e c’era una grossa voglia di sinistra, di movimento; oggi abbiamo un ingegnere culturale, il che è una definizione molto chiarificatrice di questo momento - non è una critica, oggi ci si relaziona a questo livello.


ValerIE rI Uno dei fondatori del Fuori, Alfredo Cohen, ha assieme a Battiato, scritto per lei la canzone Valériee assiem ito l’ha ripresa come Alexan Alexanderplatz. Ha che in seguito tagliato il nastro per l’apertura ufficiale cia del Cassero il 19/12/82, /82, “varandolo” come una nave con una bottiglia di champagne, e i suoi compleanni sono egli appuntamenti irrinunciabili della stati uno degli ie! terrazza estiva: è la Valérie! Ero arrivata in città alla fine del 76, e il movimento gay bolognese nacque durante te la 3 giorni dell’autonomia nel settembre 77, con laa decis decisione di uscire dal Fuori, perchè si era federato col Par Partito Radicale. Tenemmo un’assemblea all’Università, ità, e ave avevamo deciso di non fare entrare fotografi, io li bloccavo occavo alla porta, e ricordo che per questo il Carlino scrisse se che “avrei potuto benissimo fare la ‘creativa’ in qualche rivista vista off o arredare canili pper ricchi”! C’era un fotografo francese ese che voleva entrare, ma io allora ero una ragazzina e credevo nella violenza, e gli tolsi la macchina fotografica e la massacrai sotto gli zoccoli, e lui poverino non capiva perchè... Comunque dalla scissione dal Fuori nacquero i vari collettivi, il COM di Milano, le matte di Parma, e il nostro Circolo Frocialista Bolognese. Noi eravamo tutti dell’area extraparlamentare, però il Fuori e il Partito Radicale rimasero un riferimento, era tramite loro che ti facevi dare l’articolo 28 per non fare il militare, oppure ti indicavano i dottori da cui andare per farti curare a casa loro le malattie sessuali, nessuno andava in un ambulatorio a dire che era frocio, c’era questo circuito alternativo a cui rivolgersi. Nell’80 poi andammo a fare richiesta di una sede da Zangheri, che ci accolse con 54 denti dicendo “ma certo, perchè siete venuti solo ora?” Ma poi andò avanti per due anni, che ogni settimana, dieci giorni al massimo Beppe, Samuel, Antonio, io, Luciana, e la Robertina tornavamo dall’assessore Bragaglia, che ci parlava per metafore, “il gatto sta entrando nel sacco, ha infilato la testa...”. Poi quando ci avevano o r m a i assegnato

va dare le chiavi perchè Woityla la sede, non ci volevano ogn e doveva incontrare la Madonna doveva venire a Bologna, se solo un paio di giorni prima del lì, e alla fine si decisero ion ufficiale però venne fatta dopo, il corteo. L’inaugurazione dicembre 19 dicembre. ann è stato di una bellezza che non si può Il Cassero i primi anni ontare. Era un pposto di, allora non si usava ancora dire raccontare. ay, si diceva omosessuali, omo gay, però frequentato da tutta la città. rm Io sono stata firmataria dello statuto, e la prima segretaria, ra pre quando era presidente Valerio, la Prussy. Fui anche l’unica iscritta all Tia Tiaso, il primo gruppo lesbico, mi diedero la tessera 21, che nella cabala napoletana è la femmina. Al s Casseroo sono rimasta tanti anni, anche perchè non mi osc riconoscevo nel MIT: noi eravamo molto politicizzate e ci sem sembrava che loro, passato l’obiettivo della legge 164 sul cambio di sesso, non facessero molta politica. Ma so soprattutto non mi ci ritrovavo perchè volevano riproporre in qualche modo la cosiddetta “normalità”: mi opero, lo stato mi riconosce come donna, e sono una donna. Ricordo a Roma i deliri a un incontro con il Partito Radicale, con Alma Cappiello e la Boniver sconvolte da queste trans che arrivavano come se niente fosse con visoni e volpi lunghe fino ai piedi, da loro che erano stati il primo partito antivivisezionista e animalista. Io, Luciana e la Robertina eravamo le uniche trans al 28 Giugno, e un evento importante fu che facemmo scoppiare il caso del racket della prostituzione delle trans a Bologna: fu il primo processo del genere in Italia. C’erano due trans anziane - una di queste batte ancora oggi, pensa -, che vendevano le residenze: se non avevi la residenza ti rispedivano a casa col foglio di via, perciò se tu eri di fuori città loro per 15 milioni, che 20 anni fa erano un patrimonio, ti facevano prendere la residenza a casa loro o di altre travestite. C’era di mezzo anche un vigile del Comune, che prendeva le mazzette per certificare le residenze. E ci accorgemmo della cosa perchè in Fiera, due dei loro scagnozzi vennero a dirci che se ci facevamo i fatti nostri ci avrebbero lasciato stare - sapevano che eravamo delle attiviste, e che non potevano chiederci soldi. Noi cominciammo a mettere in giro la voce di quanto

accadeva, e riuscimmo a tirarci dietro altre tre persone, dopo che mi investirono con una moto, e mi ferirono con una scacciacani. Ma le altre trans difendevano i loro magnaccia, anche se poi dopo il processo ci fu chi ci ringraziò, e una sera una venne da noi e ci picchiammo, e poi ci prese il panico che se ci denunciava dovevamo avere più giorni di referto medico di lei, per cui prendemmo un taxi - il tassista dev’essere ancora sotto shock -, e gli dicemmo: “lei faccia il suo lavoro, non ha visto niente”, e tra noi tre cominciammo a picchiarci a vicenda, la Luciana aveva un bracciale di metallo enorme e me lo dava in testa, e ci facemmo portare al pronto soccorso per farci dare il referto! Poi al posto di polizia sentimmo uno di questi scagnozzi, che non si era accorto che noi eravamo lì aspettando il nostro turno, che proponeva di denunciare gli altri in cambio di due residenze. Così mettemmo in giro la voce, e cominciarono ad accusarsi tra loro, e partì il processo. Noi senza protettori rischiavamo grosso, e con Beppe andammo al PCI da Annamaria Carloni, l’attuale compagna di Bassolino, per chiederle un avvocato, e ricordo che lei diceva che la base non era pronta, e che già avevano avuto guai col darci la sede, e io risposi che allora da quella sera avrei fatto marchette sotto al Cassero, perchè in Fiera mi avrebbero ammazzato! Ma anche al Cassero ci furono all’inizio discussioni sul fatto se dovessero darci appoggio politico, per quei discorsi che però le trans erano diverse dai gay, ecc. La Salara devo dire che non l’ho frequentata molto, ricordo che ci venni un sabato sera e mi sentii alcuni brutti sguardi addosso; capisco che qui sei tra mille persone, ma mi scioccò vedere che avete i bodyguard, al Cassero ci giravo anche in perizoma, e qui non mi sentivo più a casa; ma soprattutto mi è dispiaciuto che si sia accettato di andarsene da Porta Saragozza; anche se era diventata troppo piccola, avrei voluto che si fosse riusciti a mantenerla come luogo storico, accanto a una nuova sede.

ora e Valérie al girotondo per la presa del Cassero, 26/6/1982

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MARCELLA DI FOLCO Ha avuto almeno due vite, e forse di più: da cassiera al Piper di Roma nel 68 finì a fare, tra gli altri ruoli per il cinema, il principe per Fellini (era Umberto di Savoia in Amarcord) e Rossellini (Cosimo de’ Medici nell’omonimo sceneggiato). Nell’80 si opera a Casablanca e otto anni dopo diventa presidente del MIT. Nel ‘95 è la prima trans al mondo a venire eletta consigliere comunale. All’attività politica alterna una carriera da modella sotto il nome di Diga Vajont... ha infatti vinto l’edizione 2005 di Miss Alternative rappresentando il matrimonio gay con Lena Popper. Quando nel 1986 arrivai a Bologna il Cassero divenne per me una meta obbligata. Anche se obiettivamente non c’era questo grande amore tra gay e transessuali, lì svolgemmo le assemblee e gli incontri tra trans che portarono nel 1988 alla nascita del MIT di Bologna. Sul sociale il Cassero ha sempre fatto un lavoro egregio. Ricordo quando a metà degli anni ’90 sul terrazzo di porta Saragozza io e Monteventi, come consiglieri comunali, facemmo la prima unione civile a livello italiano sposando due ragazzi. Ma era anche il luogo dove si viveva la maggiore trasgressione - Fiera a parte ovviamente! Non sono d’accordo con quelli che rimpiangono la vecchia

PORPORA MARCASCIANO È sociologa, e dirige il MIT assieme a Marcella di Folco. Ha appena pubblicato il suo secondo libro, Antologaia – sesso genere cultura degli anni 70. Allora abitavo a Roma ma ero nomade, ero sempre in giro, e verso il 79-80 venni a Bologna a conoscere le Frocialiste, Beppe Ramina, la Medusa, la Nessa, e altri che purtroppo ora non ci sono più, e a sostenere la loro richiesta di una sede. E poi naturalmente tornai per il corteo per la presa di Porta Saragozza, e poi mi stabilii in città. L’esperienza gay in Italia cambiò proprio in coincidenza con la presa del Cassero: prima il movimento era quello delle pazze, quelle col tacco a spillo, cioè coloro si mettevano in gioco in prima persona, che deliravano, e il loro delirio era un delirio politico, perchè il personale era politico; il fatto stesso di dichiararsi gay, anzi frocia come si diceva allora, era già di per sé un atto politico. Quella fu la fase creativa del movimento, fuori dalle logiche politiche classiche,

si segna un passaggio tra un prima e un dopo, il movimento sii

storico, ma ormai con le pezze. La Salara è un posto ideale con ampi spazi, e d’estate diventa veramente il luogo di ritrovo fisso cittadino. E il momento più emozionante per me di questi anni è legato a Miss Alternative. La prima volta che ho sfilato, mi sono presentata per la prima volta senza parrucca e solo coperta da un paio di mutande color carne. Volevo fare la donna cannone. Quando uscii dalle quinte mi trovai in un’atmosfera magica col pubblico commosso che mi regalò una standing ovation. È stata una delle più grandi emozioni della mia vita.

Marcella di Folco e Walter Vitali, dibattito “Cassero, 10 anni di libertà”, foto G. Perticoni, 1993

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della parola; si finisce di delirare, di giocare con l’ironia, e si comincia la politica seria, progettuale. Va precisato che quando parlo di pazze col tacco a spillo non parlo di trans, tra queste c’erano anche molte trans, ma di quelle che usavano il travestimento come prassi, come provocazione, alla Mario Mieli, non quindi un travestimento classico. Dall’altra parte c’erano invece le serie, quelle che io chiamo le baffe, che dicevano che queste manifestazioni erano controproducenti. Io credo che tutte e due le fasi abbiano avuto dei pro e dei contro, sarebbe superficiale dire che una fosse giusta e l’altra sbagliata, tutte e due hanno rappresentato una parte importante della nostra storia.Quella che è seguita dopo non direi sia stata una emarginazione, ma una sorta di distanza da quella parte del movimento. Quando si è cominciata a delineare la cosiddetta politica seria, è chiaro che le pazze non servivano più, avevano aperto i varchi e dato visibilità, però da quel momento in poi cominciava anche una politica più identitaria, i gay con i gay, le lesbiche con le lesbiche, le trans con le trans, era il periodo in cui nascono Arcigay, Arcilesbica, il MIT si riprogetta, si ricercano dei percorsi più identitari, e quindi c’è una sorta di presa di distan distanz distanza l’uno dall’altro, e si riprenderà più avanti a percorrere dei tratti ratti atti insieme, comuni. comuni Il Cassero si è collocato a metà di tutta tta ta questa storia, e rappresent rappresenta un pezzo di Bologna. E rispecchia ia i tempi ddi Bologna, ologna, logna, il vecchio Cassero faceva parte di una città che si è trasformata, sform for non dicoo che non ci sia più, ma si è trasfo trasfor trasformata, e se quel vecchio hi Cassero fosse continuato, magari oggi era lì con le ra hio ragnatele. Il nuovo Cassero ha un nuovo percorso. Io sono sempre per le vie di mezzo,

può essere politica, a, e la produzione di cultura è fondamentale per noi. Io credo che quando è attento e partecipa alla città, il Cassero produce, e gli effetti etti ttii si vedono, v mentre è ovvio che se si ferma

Ma è lo stesso nella storia di tut tutte le l associazioni, ci sono ono no sempre defaillances e punte dd’innovazione e rivoluzione – tener tenere ener solo le

oggi il laboratorio GLBT LBT più p importante d’Italia.

foto Maurizio Cecconi

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siamo umane, anzi siamo fr frocie! Per er me il Cassero rappresenta nonn solo una pietra pietrraa m miliare nella


Pari diritti, dignità, laicità. Queste le parole d’ordine del Pride che si terrà quest’anno a Roma e che vede tutto il movimento LGBT italiano impegnato nella realizzazione di una grande e unitaria manifestazione nazionale il 16 giugno (la data del 9 giugno, prevista originariamente è saltata a causa della presenza a Roma del Presidente degli Stati Uniti George Bush che avrebbe portato in secondo piano dal punto di vista politico la nostra manifestazione, e soprattutto a rischio di revoche dell’ultima ora). In queste parole d’ordine si riconoscono una pluralità di soggetti che dopo mesi di confronto, discussione e anche divisioni, hanno superato la dicotomia tra Roma e Bologna, riconoscendo come prioritaria un’azione congiunta contro gli attacchi discriminatori, omofobi e violenti a lesbiche gay e trans ad opera delle gerarchie vaticane da una parte e di esponenti politici dall’altra; riconoscendo come prioritaria l’azione positiva di un movimento che nella sua diversità di organizzazione e pratiche politiche al proprio interno, ha come obiettivo comune la felicità della vita di lesbiche gay e trans, l’estensione dei diritti di cittadinanza, l’affermazione delle

libertà delle scelte di vita, la lotta ad una cultura reazionaria e oscurantista che anima fette della società e che è estranea ad una democrazia all’altezza di ciò che la comunità europea chiede ai propri Stati in termini di rispetto dei diritti dei propri cittadini. Il Comitato Bologna Pride, costituitosi già alla fine del 2006 in seguito alla volontà di tenere il Pride 2007 a Bologna, ha accolto e partecipato alla decisione di realizzare il Pride a Roma, durante l’assemblea LGBT del 14 gennaio scorso, con la consapevolezza e la maturità di chi ha sempre avuto a cuore la realizzazione di un grande evento politico quale il Pride deve essere, e di chi ha condiviso l’opportunità di consolidare l’unità su Roma quest’anno e su un grande Pride nazionale a Bologna l’anno prossimo: prima volta che si consegue un’unità politica di così lungo periodo, all’interno del nostro movimento. E l’unità politica di lungo periodo è importante in un paese in cui da destra e spesso

anche dal governo di centro sinistra, oltre che dalla sempre ingerente Chiesa Cattolica, proliferano dichiarazioni omofobe o iniziative reazionarie e discriminatorie quali il Family Day che si è tenuto il 12 maggio o il Convegno sulla famiglia organizzato dal Ministero “competente” tenutosi alla fine di Maggio. Entrambe le iniziative hanno riaffermato un concetto di famiglia che è il monolite eterosessuale consacrato dal sacramento matrimoniale. Il Pride parla al paese invece, di laicità, di libertà, di diversità di esistenze che sono ricchezza e bellezza. Il Comitato Bologna Pride 2008 che già sta pensando al Pride del prossimo anno vuole portare dall’Emilia Romagna a Roma, il 16 giugno, almeno un migliaio di persone, per contribuire ad una giornata che riteniamo importante per tutto il paese: per quella che sarà una giornata di orgoglio, di diritti inesistenti e pretesi, di libertà e impegno di tutto il movimento LGBT e a cui chiamiamo tutta la società civile italiana.

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Il carro del Cassero al Pride di Torino 2006,

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di Walter Rovere

Nella spaventosa serie di flop dell’audience e dell’intelligenza succedutasi nell’ultima stagione televisiva italiana, ha brillato come un solitario Markette, il programma a dir poco gay-friendly di Chiambretti, nel quale si è imposta come una delle più folgoranti apparizioni Maga Maghella, novella Madame de Catastrophe pronta a predire sciagure a qualunque esponente del mondo dei media e dello spettacolo invitato in trasmissione. Abbiamo incontrato Costantino al Cassero, al quale era venuto per esibirsi – anche come cantante – assieme al suo amico Sergio Wow. Mi dicevi che hai vissuto molto a Londra? “Sì, desideravo andarci già da ragazzino, ma i miei pensavano che avessi problemi comportamentali, che mancassi di rispetto per le figure dell’autorità, così mi mandarono per due anni in un collegio severissimo, dove mi facevano camminare scalzo sulla neve e cose del genere. Poi andai a Londra a finire il liceo, a 17-18 anni. E mi ci laureai in filosofia, passandoci i migliori anni della mia vita: lavoravo per delle riviste, frequentavo gente della musica, dell’arte e soprattutto della moda, che, in Inghilterra, erano i più machi! Ma poi là diventò un po’ troppo pericoloso, e tornai in Italia, dove ho trovato lavoro in Tv e sono rimasto, anche se qui non mi posso esprimere più di tanto; m a

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fortunatamente conosco la comunicazione, nonché la Tv americana e inglese, quindi mi trovo bene in questo ambiente, nel quale grazie a dio Chiambretti è uno dei pochi contemporanei in Italia. Qui ho dunque trovato opportunità di lavoro, anche se non opportunità per seguire i miei sentimenti e le mie voglie; ma ho una vita stabile e serena, il che è anche un sollievo, per come vivevo prima”.

Perchè dici di non poter vivere qui come vorresti? “È una specie di paradosso – all’estero, dove ho vissuto, in Inghilterra e a Melbourne, che è un po’ la città alternativa dell’Australia, mi perdevo... a Londra certamente mi perdevo nelle cazzate... In Italia non riesco a comunicare con tante persone, per tanti motivi: nell’ambiente della tv sono più all’insegna dello humour anglosassone, diverso, dissacrante. Delle idee che ho per la Tv diciamo che una su trenta viene messa in atto; qui vengo considerato alternativo, di nicchia, mentre in Inghilterra le mie idee sarebbero considerate commerciali. Quando vivevo a Roma era più piacevole, Milano è più grigia, esco meno, sto molto più a casa, a guardare tv internazionale”.

Cosa guardavi alla tv inglese, cose tipo French & Saunders? “In Inghilterra hanno cambiato la tv due persone: una era Chris Morris, con i programmi di satira Brass Eye e The Day Today; e il suo rivale, Victor Lewis Smith, il mio preferito, un critico televisivo acidissimo, il cui programma si chiamava TV Awful, del 96-97, che tutt’ora rimane imbattuto. Quei due hanno cambiato tutto, dopo di loro non c’è stato nulla di nuovo”.

E che musica ascoltavi là? “Ero un ragazzino diverso, quindi mi ritrovai nella new wave. Ricordo ancora quando uscì Eardrum Buzz degli Wire, non era né rock né pop, erano dei suoni un po’ sinistri e ne rimasi affascinato; e anche quando vidi sulla trasmissione di Max Headroom un video dei Jesus & Mary Chain, non so se You Trip Me Up o Upside Down, ero ancora alle scuole medie, e quei fattoni su una spiaggia, e tutto quel feedback mi folgorarono. E da lì naturalmente scoprii i Throbbing Gristle, i Whitehouse, i Chrome, uno dei miei gruppi preferiti, e tutta la San Francisco di fine anni 70, i Residents, Snakefinger...”

A proposito di musica, ho invece letto i tarocchi che hai pubblicato sui cantanti di Sanremo, ovviamente tutti disastrosi... “Ero da Enza Sampò e per coincidenza c’era uno dei curatori di Sanremo che diceva, ‘sì, perchè la

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scelta artistica di questo Sanremo è stata molto coraggiosa...’, e io sono intervenuto dicendo ‘Ma che cazzo dici, ma scherziamo?’. C’è un attore comico inglese, Steve Coogan, un genio assoluto, che era anche in Coffe & Cigarette di Jarmusch, che faceva un personaggio che si chiamava Tony Ferrino che prendeva in giro la tv portoghese, con balletti di ragazze eccetera, una cosa platealmente indietro e maschilista e meridionale e sudeuropea, e Sanremo è lo stesso. Che questi stronzi siano convinti che sia una cosa bella e che la rispettino è preoccupante, ma la cosa peggiore sono i critici musicali, i Luzzato Fegiz che vanno a questi eventi e li trattano come se fossero una cosa musicalmente da prendere in considerazione. Se fossi il loro editore li manderei a casa a calci in culo, sono degli opportunisti, leccaculo che non fanno il loro lavoro. Questi hanno 50 anni, io ne ho solo 30, ma quando ne avrò 50 spero di non essere un verme, una lumaca come questi critici musicali italiani, che sono dei servi del sistema. Come fa uno che ascolta Bob Dylan, o Janis Joplin a andare a Sanremo e dire ‘sì, che meraviglia’ a tutto? O ti sei venduto o sei rincoglionito.”

In Italia qual’è la differenza secondo te tra lo spazio che viene dato a Platinette da Mediaset, e quello che fa Chiambretti con Markette? Chiambretti è un po’ meglio perchè dà spazio a cose un po’ più dissacranti, che spingono oltre i limiti. Ahimé in Italia non riescono a capire che la satira, l’umorismo, quello che fa ridere, deve spingere i limiti, deve entrare nel politicamente scorretto. Quindi nei canali in chiaro, Rai e Mediaset ecc, quando cercano di fare qualcosa di dissacrante fanno cagare, perchè non osano più di tanto. Ci sono anche degli autori bravi, ma la maggior parte sono dei cacasotto, e i bravi vengono messi a tacere. Non so perchè, ma sicuramente ha qualcosa a che vedere col fatto che esistono ancora persone come Pippo Baudo nella tv italiana; mentre qualcuno come lui in America sarebbe già stati rimosso a calci in culo 15 anni fa, o anche di più. Ma sfortunatamente siamo una provincia dell’impero dove il mercato non è così ingranato, quindi i vecchi coglioni non vengono presi a calci nel culo abbastanza presto – e tengono indietro il progresso, l’economia, la comunicazione, tutto quanto. Invece molta gente critica la De Filippi, ma in realtà, al contrario di Baudo, lei perlomeno fa della Tv contemporanea, e non della Tv per rincoglioniti”.

Quindi non credi che la De Filippi sia la responsabile di aver portato una marea di giovani, e meno giovani, dementi in tv? “Non è assolutamente vero, fa della Tv - non dico Amici, ma C’è posta per te, e anche Uomini e donne -, che capisco benissimo si possa obiettare, ma che bene o male è contemporanea – nel modo in cui inizia, nei tempi, nel suo lato di Tv del dolore,


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ecc.; è un lato commerciale della Tv moderna che può non piacere, però potrebbe funzionare anche in Germania, in America, in Inghilterra. Mentre sulla Rai ci sono quei programmi di Ballandi, c’è Gianni Morandi, c’è Pippo Baudo, che non possono essere giustificati. Possono funzionare solo in Italia, nemmeno in Grecia. Quelli che criticano la De Filippi non sono ferrati nella comunicazione, non capiscono ciò di cui parlano. E non parliamo del cinema italiano – Scamarcio, ma anche Nanni Moretti, e Muccino... ma stiamo scherzando? Meglio la De Filippi di Muccino, almeno fa il suo mestiere e non ha la pretesa di fare delle cose più d’arte che in realtà sono solo scialbe, onestamente”.

Che mi dici invece di Gay Tv? “Non amo quel genere di cultura gay, gli uomini con le sopracciglia spinzettate, la palestra, il frocio rassicurante. Ora Gay Tv è stata chiusa, no? Ma se un canale televisivo fa cagare, è giusto che chiuda”.

In realtà avevamo pensato di dedicare questa intervista a tuoi consigli di lettura... “Ma sai, quando mi sono laureato in filosofia mi hanno fatto leggere delle cose frustandomi, e dopo di allora non ho voluto leggere più nulla. Non leggo fiction, leggo Richard Dawkins, quello sì”.

In genere i comici sono letterariamente supercolti. “È vero, ma non di fiction, in genere i comici migliori sono colti di cose razionali, di filosofia della scienza, come i comici americani George Carlin, Doug Stanhope, Larry David, che è l’autore di Seinfeld: sono tutti degli atei convinti, che bene o male la pensano anche come dei disgraziati come me. Non esiste un bravo comico che sia religioso, o romantico... in Italia non saprei, perchè i comici italiani non fanno ridere, quindi non li considero!”

Qui da noi hanno perfino messo un cattolico dichiarato come Pierluigi Diaco a presentare la manifestazione sui “Dico”... Evidentemente Diaco è più furbo del movimento gay, lui è uno che vuole fare politica, è un grande paraculo e li ha infinocchiati. Peggio per loro che non se ne sono resi conto. Qui in Italia c’è molto rispetto per la gente religiosa. Mentre io quando li vedo mi fanno pensare a quando studiavo antropologia, alla tribù degli Asande che sgozzava i polli per sapere come sarebbero andati i raccolti. Qui da noi si dice che bisogna rispettare le culture... mi spiace, ma non le rispetto, per me è solo gente che crede a delle grandi stronzate.”

E qual’è il tuo parere sulla battaglia per i “Dico”? Beh, sono poco rilevanti in una realtà gay come la mia, non penso a fidanzarmi o fare la comunione dei beni. Sono ancora gli inizi della mia carriera, perciò l’idea che qualcuno arrivi tra tre anni a chiedermi metà delle poche lire che sono riuscito a guadagnare mi rende furente. Il mio amico Filippo Viero dice che i Dico li vogliono le froce povere per sposare le froce ricche. Però sono andato alle manifestazioni sui Dico per una questione di diritti civili e una questione anticlericale. Perché anche se sono nobile (sia pur decaduto), sono toscano, e da noi in Toscana i preti non li ama nessuno: dai nobili ai contadini. Ecco, questa è una cosa che mi piace della mia terra”.


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intervista di Antonia Ciavarella

Ali Smith è nata a Inverness, in Scozia, nel 1962. Vincitrice del Saltire First Book Award per Free Love and Other Stories, e dell’Encore Prize per Hotel World, è stata finalista anche dei prestigiosi Orange e Booker Prize. I suoi libri trattano di temi importanti – la vita, la morte, la sofferenza, l’amore – con grazia, leggerezza, umorismo, e una verità spiazzante. La sua ambizione più grande, ha dichiarato, è quella di scrivere un libro talmente forte “che non si spacca neanche se lo prendi a martellate”. Ali Smith sarà a Bologna il prossimo 3 novembre, in collaborazione con Minimum Fax, come ospite di un convegno sulla letteratura di lingua inglese curata da ArciLesbica Bologna all’interno della prossima edizione di Gender Bender. È appena uscita in Italia la tua raccolta di racconti Free Love, che rappresenta in realtà il tuo esordio, del ‘95. Scrivere racconti assomiglia in qualche modo all’atto di scattare una fotografia, di cogliere attraverso un dettaglio un momento particolare di una vita, apparentemente disconnesso dagli altri. Qual è la cornice che racchiude i 12 frammenti rappresentati in Free Love? “Free Love è la prima raccolta che ho scritto e come tale ha una struttura molto più aperta di quelle che ho scritto successivamente alle quali, per quanto ricordo, ho cercato di dare una struttura connettiva generale molto più evidente. Ho scritto i racconti durante un periodo di due anni e li ho vissuti come un’esperienza liberatoria; ero uscita dal mondo accademico e questi racconti trasmettevano probabilmente un po’ di quell’eccitazione, di quel senso liberatorio, attraverso una forma espressiva molto aperta. Il racconto breve si deve caratterizzare per un tipo di immediatezza, di spontaneità che arrivi direttamente al lettore, ma questa immediatezza, questa spaziosità apparentemente casuale possono nascere solo attraverso un processo di costruzione minuziosa, estremamente deliberata e strutturata. Amo le strutture e porre questioni di struttura, per cui la raccolta è stata per me la prima espressione di quel nuovo amore ‘libero’.” Nel racconto “Testo del giorno”, contenuto in Free Love, Melissa abbandona la sua casa e scompare. Porta con sé i suoi libri preferiti, e ne strappa le pagine dopo averle lette, gettandole via nella speranza che qualcun altra ci “inciampi”. È un sogno di circolazione utopica delle parole che rappresenta forse una metafora del potere della scrittura? “Testo del Giorno era il titolo di una rubrica di riflessioni sulla vita e sulla Bibbia tenuta da parroci e reverendi della nostra regione, e che veniva pubblicata sui quotidiani della nostra zona – o almeno su quello che leggevamo a casa nostra a Inverness. Mi piace la tua descrizione – mi piacerebbe pensare a questa immediatezza come a una metafora dello scrivere – ma è anche una metafora della lettura, naturalmente, e dell’imparare a mantenere la propria mente di lettore ricettiva e vivace, e al tempo stesso produttiva. I libri sono anche degli oggetti concretamente presenti nel tempo e nelle nostre vite e il concetto che possono scardinare lo stato delle cose, e liberare le proprie parole una volta stracciati o dis-integrati, è in qualche modo anch’esso parte di questa metafora, come una forma di accettazione o di accoglienza dei nostri processi vitali.” I racconti di Altre storie (e altre storie) sono un affresco, amaro ed ironico, di storie quotidiane attraversate da presenze soprannaturali, ignote: il fantasma dell’appesa, il tarocco inumano del terzo millennio; una colonia di insetti sconosciuti che invade un appartamento; uccelli morti abbandonati sull’uscio di casa da uno strano ammiratore; fiori senza mittente. Attribuisci un valore anche nella realtà, e nella tua vita personale, a forze sconosciute che inaspettatamente entrano nella nostra quotidianità per cambiarla? “Mi piace molto il concetto della ragazza impiccata vista come un tarocco inumano. Cercherò di rispondere a questa domanda in modo utile: è molto difficile sapere quali siano le mie ansie come scrittrice, e in effetti preferirei non conoscerle o non pensarci, perché questa consapevolezza potrebbe interferire proprio sull’atto di avere delle preoccupazioni – comunque credo di poter confermare la mia attrazione ai modi in cui gli esseri umani cercano di ricavare delle narrazioni a partire da accadimenti accidentali e casuali, e dai modi in cui queste strutture narrative vengono costruite, e perchè, e dal come noi stessi, le nostre identità, siano fondate su queste strutture narrative, create sia da noi stessi che dagli altri. Non credo che la mia vita personale abbia molto a che fare con questo processo - mentre lavoro preferisco lasciare a casa il mio privato, altrimenti potrebbe interferire con il percorso della storia.” Il tuo primo romanzo pubblicato in Italia, Hotel World, si caratterizza per un linguaggio complesso, che ipnotizza per la sua forza ritmica. Parla di memoria e di perdita attraverso i destini di cinque donne, che si intrecciano sullo sfondo di un lussuoso Global Hotel. Tradizionalmente l’hotel può essere visto come metafora di un mondo – è così anche nel tuo romanzo? “Sì, l’hotel sembrava essere un’eccellente metafora della struttura sociale, un luogo al quale si può accedere solo se si è abbastanza ricchi, o se troppo poveri se ne viene esclusi; ed è inoltre un luogo nel quale delle persone vengono pagate per lavorarci. È una grande metafora di una classe sociale, all’interno di quella che ora viene definita come una società inglese senza classi. D’altra parte è anche una struttura che si presta a parlare di comunalità, di vite e di storie vissute fianco a fianco, ma anche della brevità della vita, e della velocità con cui risediamo sulla terra. Infatti è per questo che la tematica principale è la morte, e il perchè è importante rimanere vivi finché siamo qui. Ricordate che dovete vivere.”

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Perché i personaggi che ruotano attorno al Global Hotel sono tutti femminili? “Semplicemente lo sono. Il punto è: qualcuno si preoccuperebbe di farmi questa domanda se tutti i personaggi fossero uomini? Qui nel Regno Unito certamente nessuno, darebbero per scontato che i libri contengono dei personaggi maschili e che è meno probabile che delle donne siano le protagoniste di un romanzo, a meno che non si tratti di un certo genere di romanzi scritti esclusivamente per le donne. In realtà ho scritto Hotel World senza pensare a tutto ciò, molto semplicemente i personaggi sono donne come si sono formate nella mia mente mentre scrivevo, ma adesso sono felice di questo. Mi piace pensare che costituisca un ritorno alla modalità della piccola epica Joyciana, al romanzo modernista, al concetto di romanzo come forma in sé, e che questa forma di singola giornata che il romanzo ha assunto (con tutti i sui passaggi avanti e indietro tra passato e futuro), sia stata pensata per personaggi di ragazze e donne, alle quali raramente viene assegnato uno spazio letterario contemporaneo come questo in esclusiva. Il tuo romanzo Voci fuori campo si ispira a Teorema di Pier Paolo Pasolini. Che cosa ti ha influenzato di questo film? Il primo film di Pasolini che ho visto è stato Medea; in quel periodo tenevo dei corsi per un lavoro che non mi piaceva per niente, ma ancora non ne avevo tratto le conseguenze, e qualcosa in quel film mi spaventò “a vita” (all’opposto che a morte). Poco tempo dopo (parlo di quasi venti anni fa) vidi per caso Teorema, un pomeriggio in un cinema d’essai, il modo in cui aveva rinnovato, politicamente e narrativamente, una vecchia storia, i modi in cui si era rifiutato di scendere a compromessi, mostrando contemporaneamente la collusione e il rifiuto tra i personaggi evidenziati nel legame tra le varie storie, la lucida ma sofisticata crudezza, tutte queste cose mi entrarono dentro come se avessi dissolto il film in acqua per poi berlo. E’ un’opera geniale. Ad essere onesta, penso che siamo influenzati da tutto ciò in cui ci imbattiamo, ma quando la vera arte ci tocca e ci disorienta, è innegabile, è come se il nostro sguardo subisse un cambiamento. Pasolini era molto bravo nel cambiare gli occhi delle persone, ed è anche un ottimo esempio dei modi in cui l’arte è sempre politica, veramente sempre, sia che l’artista se lo proponga intenzionalmente oppure no, ed è una rivelazione della storia, del tempo e della contemporaneità.” Il tuo linguaggio letterario è riconosciuto come una sperimentazione di altissimo livello. In questo senso il tuo lavoro viene spesso paragonato a quello di Virginia Woolf e di James Joyce. Ti riconosci in questa affermazione? Quali ritieni siano state le tue influenze artistiche principali? “Come ho detto prima, penso che tutto ci influenzi indipendentemente dalla nostra volontà, dal testo sul bordo di una scatola di cereali alle opere dei grandi e dei meno grandi. So però di amare i testi del periodo modernista e apprezzo molto il modo in cui la scrittura modernista coinvolge il lettore chiedendogli di ricostruire e di assumere una parte attiva nell’interpretazione delle strutture del pensiero e del linguaggio, che è appunto una caratteristica tipica di queste opere. Per queste ragioni amo profondamente Joyce e la Woolf.” Jeannette Winterson nel suo saggio La semiotica del sesso afferma: “Sono una scrittrice che, per puro caso, ama le donne. Non sono una lesbica che, per puro caso, si dedica alla scrittura”. La Winterson sostiene che non esiste una letteratura queer e accusa il movimento queer di aver ridotto l’arte a sessualità svuotando di significato l’arte come differenza, come espansione di un io che non può essere racchiuso in un’etichetta. Al di là della complessità delle argomentazioni di Winterson, che valore attribuisci al tuo essere lesbica nella tua opera? “Per andare oltre a ciò che dice Jeanette, penso che la scrittura sia un’arte senza specificità di genere. L’immaginazione non ha genere, MA - detto questo -, sono molto, molto, molto felice di essere nata donna, e di essere una donna che è anche lesbica, e una donna gay che è anche scozzese, e una donna scozzese gay che vive in questo tempo, negli stati intermedi tra indipendenza e rinegoziazione che tutte le cose sopra elencate mi hanno concesso di sperimentare ogni giorno. In questo momento su ogni donna del mondo occidentale c’è una pressione affinché affronti la questione del significato del femminismo nel mondo contemporaneo, e del perchè abbia più importanza oggi di quanto non abbia avuto nelle ultime decadi – vivo in un paese nel quale mi sto abituando a sentir dire, da parte di ragazze e donne (mentre si stanno dirigendo alla cieca verso un futuro in cui saranno, come al solito, nella media delle statistiche, pagate meno per lavorare di più svolgendo lavori più umili, con meno probabilità di ricevere un’istruzione, e più probabilità di venire abusate ora più che mai), “oh non abbiamo bisogno del femminismo, abbiamo tutti i diritti adesso”. Stiamo permettendo che il dono della coscienza ci abbandoni. E vivo in un paese in cui la parola ‘gay’ viene di regola utilizzata sui canali televisivi nazionali della BBC col significato di ‘spazzatura’ o altri termini spregiativi, e dove l’omofobia, che non è mai scomparsa, sembra tornare ad essere sempre più accettabile – pur essendo consapevole che a questo rispetto siamo molto più fortunati qui che in molti altri paesi Europei in questo momento. Ed essere scozzese, come essere essere donna e gay, non cessa mai di ricordarmi che il compito di uno scrittore è quello di parlare dai margini – di mettere in discussione la narrativa dominante, e di dare voce a quelle persone e a quelle entità, come dice Calvino nei suoi saggi, che non hanno voce o la cui voce tende a perdersi. Essendo quindi donna, gay e scozzese, non avrei potuto essere più preparata. A causa di ciò riesco a vedere le cose in maniera diversa. Ecco di nuovo la questione di rinnovare lo sguardo. Sono contenta di avere questi nuovi occhi.”

(TRADUZIONE DI MARIAGRAZIA PECORARO)

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LE CASSERO’S ANGELS PRESENTANO:

Eccoci di nuovo alle prese con le nostre interviste impossibili. E come al solito non siamo d’accordo su chi deve sottoporsi alle nostre domande al vetriolo. Brenda vorrebbe un intervista esclusiva in lingua inglese con Beyoncè, ma ovviamente non è riuscita nemmeno a intrufolarsi dietro le quinte del suo concerto milanese per strapparle un extension. La Celine continua a dire che dovremmo ampliare i nostri orizzonti culturali, per cui da un mese propone di intervistare il primo ministro del Congo per cercare di trovare una soluzione al debito del terzo mondo. “Ragazze, dobbiamo trovare qualcosa di più accattivante per questa intervista se no ci chiudono, e al nostro posto mettono una rubrica di Matty P” insisto......... “Ma Divine, più accattivante del Congo?” mi risponde Celine stupita. “Certo… ci vuole qualcosa di frizzante, stuzzicante, qualcosa che ci aiuti ad affrontare questa torrida estate: una lettura da ombrellone” “Ragazze ho trovato!” urla Brenda, mentre sfoglia il Vanity Fair tedesco a cui è abbonata. “Cicciolina ha scritto la sua biografia “Per forza o per amore”… che ne dite?” E sia. La decisione è stata presa. Ilona Staller in arte Cicciolina dovrà rispondere alle nostre domande. Per noi sarà come tornare a scuola. Riusciremo a mettere in imbarazzo la regina dell’hard? O sarà lei a farci scoprire nuovi orizzonti? Noi siamo pronte a rischiare! Ilona, noi siamo tue grandi ammiratrici e abbiamo bisogno di te perché abbiamo ancora molte cose di imparare. Raccontaci innanzitutto come mai hai scritto un libro per i tuoi numerosi fans? Non pensi che molti di loro a forza di “pensare” a te siano ormai diventati ciechi? “Io spero di no e comunque ritengo che moltissimi italiani non conoscono la mia vera storia. Conoscono la Cicciolina ex pornostar e la Ilona parlamentare ma la mia vita privata non la sa nessuno. Voi credete davvero di sapere tutto di me?” Beh, un po’ le nostre esistenze si sono incrociate… anche tu come le Cassero’s Angels da giovane sei stata ingaggiata come spia. Molto

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eccitante, ma poi ti hanno licenziata perché non riuscivi a tenere la bocca chiusa? “(ride poi riflette) Ma state scherzando o devo rispondere davvero?” …E’ che siccome abbiamo lo stesso problema volevamo dei consigli… “E allora andate a comprare il mio libro.. sai quanti ne trovate all’interno?’ Il nostro motto è: “Le brave ragazze vanno in paradiso, quelle cattive dappertutto”, nella tua carriera hai girato il mondo e fatto di tutto: cinema, televisione, teatro. Sei una cattiva ragazza o semplicemente una ragazza fortunata? “Io sono convinta di essere nata sotto una stella fortunata e penso che tutto quello che ho fatto sia frutto del destino che per me ha avuto un occhio di riguardo. Ho avuto un’infanzia povera ma dopo ho avuto tanto. Mi ritengo sciocchina, ma anche molto intelligente. Forse è questa la mia fortuna. Imparate anche questo.” Ilona in quanto è diversa da Cicciolina e viceversa? “E’ una domanda che mi fanno spesso e dico sempre che per me sono la stessa persona. Io ero già Cicciolina nel ’75 quando facevo la radio ed era ancora lontana la mia scelta nel mondo della pornografia. Quindi Cicciolina non è solo legata all’hard ma a me” Quella biondina di Martina Stella ha appena dichiarato che sarebbe onorata di interpretarti in un film.. “E’ stato uno scambio di complimenti: già avevo dichiarato che se e quando il film si farà il suo nome è il primo a cui ho pensato per interpretarmi. Poi comunque saranno altri a decidere. A me basta che reciti bene.” Nel 1987 sei stata eletta al parlamento italiano e sappiamo che la politica è rimasta una tua passione anche dopo quell’esperienza.. “Non solo politicamente ma anche socialmente mi ritengo molto attiva. Ho appena adottato una bambina orfana del Nord Uganda. Non solo l’aiuto economicamente ma le do anche l’amore genitoriale che tutti dovrebbero avere.” Tu hai anche un altro figlio adolescente: Ludwig di cui hai appena ottenuto l’affidamento esclusivo dopo una battaglia legale durata 14 anni..come sei come madre? E cosa sa lui del tuo passato? “Sono molto presente infatti dobbiamo finire alla svelta perché vuole che gli prepari da mangiare. Lui sa tutto e mi ama incondizionatamente: è molto intelligente.” Nel tuo libro parli anche di Moana e la definisci un amica e dici che ti manca molto: come mai


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tra di voi non c’era rivalità? Dopo tutto eravate 2 “regine” e noi sappiamo bene cosa voglia dire essere primedonne nello stesso ambiente.. “L’amicizia riesce ad andare oltre. Moana l’ho praticamente scoperta io. A quell’epoca c’eravamo noi due e Ramba. Tra noi c’era un legame speciale: eravamo vicine di casa, confidenti e mi ha anche aiutato nella campagna elettorale. La sua morte è stata un duro colpo.” Parliamo di noi. Cosa pensi del mondo gay? A parte che sono gli unici uomini che guardano come sei vestita… il tuo parere riguardo i “Dico”? “Lo dico sempre: conosco molte coppie omosessuali che si amano di più di quelle etero. Mi sembra quindi una follia che chi si ama, chi convive, chi si vuole bene non debba avere riconosciuto alcun diritto.” Beh, le ingerenze della Chiesa sono state tante.. “Ah, no, sentite: io della Chiesa non ne vorrei parlare perché mi hanno gia fatto abbastanza nera” Però a noi che siamo novelle investigatrici, potresti concedere uno scoop: qualcosa che per spazio, voglia o tempo non hai inserito nel libro.. “Il libro è già di 245 pagine, cosa dovevo farlo? Di 500? Sarebbe stata un’enciclopedia. Però sono certo che sia un libro sincero, divertente e anche toccante. Ti fa pensare.” Ilona per chiudere: quante soddisfazioni e quanti rimpianti hai? ”A questa domanda avrei potuto rispondere trent’anni fa, quando ho fatto le scelte che poi hanno condizionato la mia vita fino a oggi. Ora è tardi e quindi che senso ha avere rimpianti?” Grazie Ilona: le Cassero’s angels ti aspettano presto: a cena da te, in tv, in parlamento.. dove vorrai.. “Grazie: la gente chiede perchè non mi si vede mai sui giornali o in televisione, a questo punto mi domando se in Italia c’è davvero libertà di stampa. Mi chiedo perché, se la “patatina tira”, non possano tirare altrettanto le vicende di una persona che, a dispetto del passato, conduce una vita normale, di madre premurosa, di professionista e di benefattrice. Qualcuno ha anche detto che sarei perfetta per girare la pubblicità dei “piselli Findus”, io invece nel mio riserbo mi rivaluto ogni giorno di più”

Via Indipendenza, 37/c 40121 Bologna Tel. 051 261260 www.absolutjoy.it


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GIUGNO 1 VEN 7 GIO FEED THE BEARS Ore 23.00

Raduno orsi e cacciatori COQ’o’NUZ + special guest ingresso 5 euro

2 SAB

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE ore 23.00

in consolle SALVO, LINO PUGLIESE, FROG_ETTE visual by STRONG lights by Monica Liebig Biglietto unico: 5 euro

ArciLesbica ore 21.00

Kriss/cross – incroci magici Dj set by Fiandrix

9 SAB

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE ore 23.00

in consolle, ALESSANDRO BOLOGNESE, NICOLA PINSON, U.E.S. visual by MizzPRAVDA lights by MIKY Biglietto unico: 5 euro

4 LUN

11 LUN

Ore 21.00

Ore 19.00

ArciLesbica

SEMPRE APERTO TEATRO le riunioni di Circolo di ArciLesbica Bologna

5 MAR

SPECIAL NIGHT Ore 23.00

PASSO 4 (NIKE TOUR) ALEX NERI

6 MER Ore 21.00

STASERA C’E’ANDREA

Ore 23.00

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT – summer version in consolle GROOVE BEAT BROS. FIANDRIX Lights by: DAMIANO

ArciLesbica Ore 21.00

SEMPRE APERTO TEATRO le riunioni di Circolo di ArciLesbica Bologna

12 MAR PROGETTO SCUOLA presenta

SCHOOLDAY Ore 18.00

per chi ha partecipato ai nostri laboratori e sostenuto le nostre iniziative nelle scuole

13 MER Ore 21.00

STASERA C’E’ANDREA

Ore 23.00

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT

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14 GIO

21GIO

presenta:

Ore 21.00

CASSERO’S 25 BIRTHDAY

“Elettrobabe”

Ore 22.00

23 SAB

Ore 00.30

ArciLesbica Bologna ore 21.00

Spettacolo teatrale:

“Primo piano” di Elena Rossi Con: Angela Soldani Ingresso 5 euro

16 SAB SPECIAL DAY

ore 09.00 TUTTI AL ROMA PRIDE 07! ore 23:00

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE

in consolle U.E.S, LITTLE FLUFFY LUKE, FROG_ETTE visual by ALIAS lights by MONICA LIEBIG Biglietto unico: 5 euro

Gruppo di Lettura @ CDOC

– summer version in consolle, MATTY P, RUGGERO Lights by: DAMIANO

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18 LUN ArciLesbica Ore 21.00

SEMPRE APERTO TEATRO le riunioni di Circolo di ArciLesbica Bologna

20 MER Ore 17.30

Il punto su omofobia e diritto d’asilo Tavola rotonda con aperitivo Coordina Giorgio Dell’Amico (Responsabile nazionale Immigrazione di Arcigay)

ArciLesbica

Dj set by Virna Col Elettroclash, anni ‘80

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE ore 23:00

in consolle WAWASHI, ROGER, MATTHE visual by STRONG lights by MICKY biglietto unico: 5 euro

25 LUN CASSERO’S 25 BIRTHDAY ore 21.30

Manifattura delle Arti Omaggio a Tondelli un monologo di Vladimir Luxuria regia di Emiliano Raya Ingresso: 5 euro (vedi pag. 20)

26 MAR CASSERO’S 25 BIRTHDAY

28 GIO CASSERO’S 25 BIRTHDAY ore 20.00

Aperitivo Musicale a cura di Arcilesbica Bologna: Aspettando il Pride 2008 Lesbian crew’s heavenly delights, Dj set by Mia dj All’interno della serata, Mikamale Teatro presenta:

Evakuazioni: Lasciati Andare!

Spuntini di riflessione tra un bicchiere e la Jenny

30 SAB

THE ITALIAN MISS ALTERNATIVE

ore 23:00

sfilata en travestì di beneficenza per la lotta all’AIDS. Ingresso 15 euro seduti, 10 in piedi (comprensivi del party al Cassero).

in consolle LITTLE FLUFFY LUKE, FROG_ETTE visual by VIRGILIO lights by MICKY biglietto unico: 5 euro

ore 00.00

Ore 23.00

con Khan Ingresso 5 euro (vedi pag.20)

– summer version in consolle CAREY FERRY LITTLE FLUFFY LUKE Lights by: DAMIANO

@ CasseroShowtime by KHAN OF FINLAND in consolle D – JOY, POPPEN TRASH COUTURE lights by: DAMIANO (vedi pagina 20)

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE

presso il Cassero Party di

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT

Manifattura delle Arti “Back to Jazz” con Abbietta McCallan in “Back To Jazz” feat. Gemma Jones, Canàda Dry, Roxy Diamond e Sally Sparkle

Manifattura delle arti

ore 22.00

Ore 21.00

STASERA C’E’ANDREA

27MER

Miss Alternative

Per il programma aggiornato consultare www.cassero.it/programma


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LUGLIO 2 LUN 9 LUN ArciLesbica

ArciLesbica

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AGOSTO 3 VEN

Ore 21.00

Ore 21.00

Ore 21.00

Ore 23.00

4 MER

11MER

18 MER

14 MAR

STASERA C’E’ANDREA

STASERA C’E’ANDREA

SEMPRE APERTO TEATRO le riunioni di Circolo di ArciLesbica Bologna

Ore 21.00

SEMPRE APERTO TEATRO le riunioni di Circolo di ArciLesbica Bologna

Ore 21.00

Ore 23.00

Ore 23.00

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT summer version

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT summer version

in consolle: POPPEN, FIANDRIX Lights by: DAMIANO

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ArciLesbica Ore 20.00

Aperitivo Ape Roll set by lesbian crew Finger food, esposizioni Dj set by Nc_

in consolle: TRASH COUTURE POPPEN Lights by: DAMIANO

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ArciLesbica Bologna e Comunicattive presentano:

Ore 21.00

6 VEN

“A family romance” conversazioni con Lillian Faderman e Phyllis Irvin, di Margherita Giacobino, Ernaldo Data (I 2007, 26’) “Sara” un ritratto di Sara Zanghì, di Margherita Giacobino, Ernaldo Data (I 2006, 26’) Introduzione della regista Margherita Giacobino

Ore 23.00

Cortile Manifattura delle arti

FEED THE BEARS raduno orsi e cacciatori COQ’o’NUZ + special guest ingresso 5 euro

7SAB

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE Ore 23:00

in consolle WAWASHI IOMMI (led – BO) visual by STRONG lights by Monica Liebig biglietto unico: 5 euro

(IN ATTESA DI CONFERMA)

14 SAB

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE ore 23:00

in consolle MATTHE UNDER ELECTRIC SHOCK visual by MizzPRAVDA lights by MIKY biglietto unico: 5 euro

Dove non specificato, l’ingresso è gratuito

ArciLesbica

SEMPRE APERTO TEATRO le riunioni di Circolo di ArciLesbica Bologna

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT summer version Ore 23.00

in consolle CAREY FERRY TRASH COUTURE Lights by: DAMIANO

FEED THE BEARS

raduno orsi e cacciatori COQ’o’NUZ + special guest ingresso 5 euro

DESPERATE HOUSE FUN ore 23:00

in consolle AGòNIA & MATTY P + SHOWTIME trionfo di frutta e gelato per tutti Ingresso: 5 euro

21SAB

HIGH QWALITY SUMMER HOUSE ore 23:00

in consolle LITTLE FLUFFY LUKE, FROG_ETTE visual by ALIAS lights by MIKY biglietto unico: 5 euro

25 MER

ABSOLUTELY QUEER DISCO NIGHT summer version Ore 23.00

in consolle D-JOY, WAWASHI Lights by: DAMIANO

28 SAB HIGH QWALITY SUMMER HOUSE ore 23:00

in consolle EXCUSE ME (warm up), WAWASHI FROG_ETTE visual by STRONG lights by MIKY biglietto unico: 5 euro

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CASSERO, 1982 - 2007 25 ANNI DI LOTTA CON CLASSE

Dal 28 giugno 1982 ad oggi di strada nel abbiamo fatta. Vogliamo quindi festeggiare il XXV anniversario di lotta (sempre con classe..) della nostra associazione e per farlo abbiamo realizzato una programmazione densa di eventi, tali da ripercorrere i principali avvenimenti che hanno contraddistinto la storia del Cassero: un perfetto compendio del passato, presente e speriamo anche futuro della nostra associazione. I festeggiamenti si svolgeranno tra il Cassero e il cortile della Manifattura delle Arti in via Azzogardino 65.

PROGRAMMA ore 18.30 presso Arcigay il Cassero Apertura delle celebrazioni del XXV° anniversario dalla nascita del Cassero: Saluto del presidente del Cassero Francesco Baldini Saluto del sindaco Sergio Cofferati Taglio del nastro ed inaugurazione della mostra fotografica “Cassero, 1982-2007 25 anni di Lotta con Classe”. ore 22.00 presso cortile Manifattura delle Arti Spettacolo teatrale ““Omaggio Omaggio a Tondelli” un monologo di Vladimir Luxuria regia di Emiliano Raya Ingresso 5 euro.

MARTEDÌ 26 ore 10-24 presso Arcigay il Cassero Mostra fotografica “Cassero, 1982-2007 25 anni di Lotta con Classe” ore 18.30 presso spazio estivo Arcigay il Cassero Aperitivo musicale del 25° ore 22.00 presso cortile Manifattura delle Arti “The Italian Miss Alternative Alternative”” sfilata en travestì di beneficenza per la lotta all’AIDS. Ingresso 15 euro seduti, 10 in piedi (comprensivi del party al Cassero). I proventi della serata saranno devoluti a LILA (Lega Italiana per la Lotta all’Aids), IDA (Iniziativa Donne Aids), MIT (Movimento Identità Transessuali) e Cassero Salute. Salute. ore 00.00 presso Arcigay il Cassero, ingresso da via Azzo Gardino Miss Alternative Party con guest: KHAN Ingresso 5 euro

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MERCOLEDÌ 27 ore 10-24 presso Arcigay il Cassero Mostra fotografica “Cassero, 1982-2007 25 anni di Lotta con Classe” ore 22.00 presso cortile Manifattura delle Arti Intrattenimento spettacolare con Abbietta McCallan in ““Back Back To Jazz”, Jazz”, featuring Gemma Jones e i suoi Corpi di Ballo, Canàda Dry, Roxy Diamond e Sally Sparkle interventi e saluti dei nostri ospiti: Beppe Ramina fondatore di Arcigay il Cassero Francesco Baldini presidente di Arcigay il Cassero Paola Brandolini presidente di Arcilesbica Bologna Aurelio Mancuso presidente nazionale Arcigay Francesca Polo presidente nazionale Arcilesbica Marcella di Folco presidente nazionale MIT Rossana Praitano presidente “Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli” ore 00.00 presso cortile Manifattura delle Arti taglio della torta e brindisi ingresso libero ore 00.30 presso Arcigay “Il Cassero” Party conclusivo con la performance KHAN OF FINLAND A seguire in consolle: D-Joy D-Joy,, Poppen, Trash Couture Ingresso libero

GIOVEDÌ 28 ore 10-24 presso Arcigay il Cassero Mostra fotografica “Cassero, 1982-2007 25 anni di Lotta con Classe - 25 scatti per 25 anni” ore 16-19 in piazza del Nettuno Banchetto informativo con distribuzione materiali per la giornata mondiale dell’orgoglio omosessuale ore 18 in piazza del Nettuno Lancio palloncini colorati con inizio conto alla rovescia per il Bologna Pride 2008. ore 20,00 presso Arcigay il Cassero Aperitivo Musicale a cura di Arcilesbica Bologna: Aspettando il Pride 2008 Lesbian crew’s heavenly delights, Dj set by Mia dj All’interno della serata: Mikamale Teatro presenta: Evakuazioni: Lasciati Andare! Spuntini di riflessione tra un bicchiere e la Jenny

Lysandra Corydon - Miss ALternative 2006

LUNEDÌ 25


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Lunedì 25 giugno ore 22 Cortile Manifattura delle Arti Via Azzo Gardino 65

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Martedì 26 giugno ore 22 Cortile Manifattura delle Arti Via Azzo Gardino 65

Mercoledì 27 giugno ore 22 Cortile Manifattura delle Arti Via Azzo Gardino 65

Back To Jazz Il Cassero gay lesbian center presenta: The Italian Miss Alternative 2007 Omaggio a Tondelli Innanzitutto i tacchi. Alti, altissimi. E da questo non con Abbietta McCallan featuring Gemma Jones, Canàda un monologo di Vladimir Luxuria regia di Emiliano Raya Una sedia, un leggio, un microfono. Indossando un sobrio completo nero, Vladimir Luxuria entra lentamente in scena. Luxuria inizia con un brano tra i più duri di Tondelli - tratto da quegli Altri libertini sequestrato nel 1980 per un anno con l’accusa di oscenità – per tracciare poi una sorta di biografia attraverso le parole di Pao

Pao, Il diario del soldato Acci e Camere separate. Pao, separate. Parole ora disperate ed ora ironiche, dure e delicate che raccontano le difficoltà di essere gay, le atmosfere goliardiche o violente vissute in caserma, il disagio per l’imbarazzo degli altri, il dolore per la morte di un compagno di vita. Temi difficili e ancora attuali, affrontati con verità e coraggio da Tondelli e ripresi con uguale sentimento e passione da Luxuria. Ad accompagnare la “scrittura rock” di Tondelli, una vera e propria colonna sonora con brani dei Culture Club, di Fabrizio De Andrè e, in conclusione, la struggente Perfect day di Lou Reed. Ingresso 5 euro.

si prescinde. Poi il delirio, la creatività, l’orgoglio di essere gay o lesbiche, la volontà di lottare, con una sana dose di sdrammatizzazione, contro l’Aids. Insomma è tornata The Italian Miss Alternative, l’appuntamento storico della Bologna che pensa e che si vuol divertire, e pure tanto, senza perdere però di vista l’importanza di certi traguardi. A colpi di ventaglio siamo pronti ad indirizzare le istrioniche modelle della Maison du Casserau sulla passerella all’interno del cortile della Manifattura delle Arti (via

Dry, Roxy Diamond e Sally Sparkle. Dopo mesi di assenza Abbietta McCallan torna con la più grande rivista musicale drag che la città abbia mai visto. Coreografie su tacchi vertiginosi che sfidano ogni legge di gravità, canzoni rigorosamente dal vivo in tonalità che invalidano le regole della biologia, tutto avvolto in una valanga di lustrini nello stile Broadway alla quale la McCallan ci ha abituati, e tutto con un grande comune denominatore: il Jazzzzz....! Abbietta McCallan trascende il falsetto operistico-

Azzo Gardino 65). A seguire party di Miss Alternative al Cassero con guest internazionale KHAN. Ingresso alla sfilata e al party: 15 euro seduti, 10 in piedi. Ingresso solo al party: 5 euro.

sopranile per sfidare dive contemporanee dalla vocalitá portentosa come Mariah e Whitney riproducendone lo stile ed i gesti in maniera sottilmente caricaturale, ma senza mai abbassare la tonalitá originale dei pezzi. Abbietta ha cantato nelle migliori serate di locali italiani ed esteri, dallo Starcake di Bologna al Sash Cafè di Monte Carlo. Con l’uso spericolato di quattro ottave, Abbietta ha abbattuto l’ultimo vero muro tra maschile e femminile oggi: quello del suono. Ingresso libero.

Ore 00.30 @ Cassero KHAN live. Poliedrico, sfacciato, imprevedibile, Khan, orecchiette rosa da coniglietta di Play Boy in testa, torna al Cassero per presentare il suo nuovo progetto, Khan Of Finland. E già il nome scelto la dice lunga sul personaggio! Per questo omaggio al celeberrimo disegnatore finlandese che creò l’immaginario omoerotico leather, Khan si è cimentato con il blues, la disco music e il funk. Ma nel suo spettacolo non mancheranno, oltre alla provocazione camp che lo contraddistingue, le hit del più famoso turco loco della scena electro... Ride me, ride me like a pony... horny pony... c’mon ride me like a dog!

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LE PAROLE FROCIATE Un passatempo nel momento del... bisogno

di Eva & Kai Eva & Kai

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1. E’sera, esci Splendida, non ti può resistere nessuno, ma come al solito quella meravigliosa creatura su cui ti sei fissata flirta con tutti meno che con …. 3. omosessuale abbreviato 6. radiazione emanata dal corpo umano 10. iniziali della nota modella della Maison du Casserau, Orudis 11. capolavoro interpretato dalla Patty 14. Matera sulle auto 15. amica che non si limita a rubarti i trucchi ma ti circuisce pure il fidanzato 16. l’autore del brano musicale luna (iniziali) 17. omosessuale che non è mai stato con una persona di sesso diverso dal suo 18. capeggiava la schiera delle bionde a Non è la rai (iniziali) 19. Dario, premio Nobel 20. le vocali della campionessa cugina di Mila 21. abbreviazione di mister 23. non la si svela mai 24. libera università omosessuale 27. molte lesbiche lo sono 30. molti gay e molte lesbiche ne hanno uno 32. abbreviazione del vecchio conio 33. Annie modella della Maison du Casserau 34. … cercasi cuore solitario per bei momenti insieme, automunito, pulito, no perditempo 35... .. .. scandalous 36. strumento a percussione suonato con le mani 38. la pratica sessuale in cui Lady Pantera eccelle 40. nome della nota giornalista e scrittrice Maraini 41. imbrogli, bufale, detto alla romana 44. amica che spaccia una squallida imitazione di una Vuitton come originale 47. quella lurida ninfomane (sigla) 48. perché la vita non è solo bianco o nero è….. j’adore 49. lascia perdere in inglese 50. Woody Allen: provaci ancora …. (nonché tesoriera del Cassero) 52. il dam che evita che si contraggano MST (malattie sessualmente trasmissibili) durante i cunnilingus 54. quella matta che ebbe la malsana idea di diventare l’amante di quella squilibrata del Fuhrer (iniziali) 56. le vocali della zia Puppi 57. Con Federica Fontana ha fatto un ridicolo calendario pseudosaffico (iniziali) 59. quel POOH che poteva dare qualche sculacciata in più a Dj Francesco quando ancora era recuperabile (iniziali) 61. La Sandrelli de l’ultimo bacio (iniziali) 62. la prima Miss Alternative e sempre nostra ispiratrice quando si tratta di buongusto 66. le sue carni ti mantengono in linea 67. baby spice (iniziali) 68. nome dell’attrice cantante Robins 69.la Montalcini premio nobel (iniziali) 70. la sfilata-gran galà organizzata dal Cassero ogni estate, il cui incasso viene devoluto alle associazioni che lottano contro l’HIV 74. amica leggermente in soprappeso 75. vocali di matta!!! 76. la nostra creta alle elementari 77. team senza vocali 78.sono pari in morta (ossia come deve essere un’amica per mantenere un segreto…) 79. non plus ultra al Cassero 82. luogo dove si svolge la Festa dell’Unità 83. lo si dice ad un’amica che si ostina a chiederti in prestito i tuoi trucchi

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VERTICALI 1. lo è una modella sempre innovativa 2. Paris Hilton: “quando vai ad una festa quello che conta di più è come la fai …” 3. accessorio inutile (anche se nessun accessorio lo è MAI) 4. Lulù? Oui c’est…. ! 5. una vera top lo fa sempre 6. nelle sere quando c’era freddo si bruciavano le gomme di…. 7. Yazz cantava negli anni ottanta: the only way is….8. lo è Ennio Ruffolo 9. forza nuova?- - ………!!!! 10. Please don’t .. 12. La Zanicchi senza consonante 13. la nonna di Pollon 17, il trimestrale di Arcigay nonché simbolo dell’associazione 21. movimento Identità Transessuale (sigla). (via polese 14, bologna) 22. specchio specchio delle mie brame. Chi è la più bella del……?25. così inizia e finisce uauissimi (n.d.r. grazie di esistere Dada!!!) 26, Chippendale, modella della Maison 28. porta il mondo sulle sue spalle 29.il Newton, artista ciao dei nostri tempi (iniziali) 31. ce le hanno gli omofobi 37. affinché il sesso sia sicuro i lubrificanti devono essere a base d’…… 39. consonanti della Venier 41. Sondrio sulle auto 42. vengono festeggiati ogni primo venerdì del mese al cassero 43. Marrat, nota soubrette della Maison (senza h) 45. cattive come le Misfit, nemiche di Jem e le Olograms 46. Lady D. per esteso 51. l’annuale sfilata organizzata da arcilesbica bologna 52. il Christian che ha lasciato da gestire il suo impero a quella amica di John Galliano 53. il Cassero riempie quelle bolognesi 55. amica per cui si possono spendere solo belle parole 56. la … club è la tessera dei circoli Arcigay tutti 57. la celeberrima Molotova, modella, attrice, psicologa e portiera della Maison 58. lesbian-gay-bisexual-transexual (sigla) 60. una delle sedi è al “lingotto” (ma non trattasi di metallo baluginante) 61. trasmissione radio a tematica lgbt 63. nota griffe di trattori 64. così hanno la testa molte lesbiche e molti orsi 65.…..così carino e così educato e probabilmente anche amica visto che al cinema guardava il film 71. nel derby la sempiterna rivale del genoa (abbrev.) 72. bisogna sempre perderne almeno qualcuno in vista della prova costume 73. codice identificativo in inglese (sigla) 74. se tu mi sfidi a imitare …. Ed a fare qualche magia… 78. telefilm con protagonisti dei californiani giovani ricchi e fancazzisti (come tutte noi vorremmo essere) 80. ..a pro nobis 81. una provincia delle amiche venete

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Le caselle evidenziate in giallo sveleranno il nome con cui in molti conoscevano Stefano Casagrande, creatore della Maison du Casserau, casa di mode e di modi, da cui è nata The Italian Miss Alternative, che si svolgerà in occasione del 25° Anniversario del Cassero Lo schema completo verrà pubblicato dal 28 Giugno sul sito: www.cassero.it.


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KHAN - Who Never Rests (Tomlab)

Khan, mezzo turco, mezzo finlandese, cresciuto nella New York dei Club Kids (era con Michael Alig il giorno prima che venisse arrestato per omicidio) e da qualche anno di stanza a Berlino, è uno degli artisti più poliedrici e versatili della scena elettronica, uno che “non si riposa mai”, appunto. Con disinvoltura passa dalla techno con Steward Walker, all’house raffinata del progetto Captain Comatose, dall’hip hop d’avanguardia per la Mille Plateaux, al pop evanescente con Julee Cruise. Nel suo nuovo progetto Khan of Finland (un omaggio al disegnatore Tom Of Finland, che forgiò con la sua matita l’immaginario omoerotico di generazioni di gay), Khan, orecchiette rosa da ragazza copertina di playboy in testa, si misura con il blues, il funk, il rock, mischiati a beat box fatti con la voce, a reminescenze disco e a quell’inconfondibile attitudine pop “à la Khan”. Presto a Miss Alternative 2007... WAWASHI

TORI AMOS - American Doll Posse (Sony) Appena ho visto l’artwork del nuovo cd di Tori Amos, ho pensato di essermi rincoglionito definitivamente e di aver preso il cd delle Spice Girls a 50 anni. Tolti gli occhiali e ripulitili per bene, ho constatato che invece non mi sbagliavo per nulla. Nel famigerato artwork, infatti, Tori interpreta diverse figure femminili con in testa le stesse parrucche che userebbe Cher per un suo show, e con indosso gli abiti scartati da qualche attempata attrice americana. Onestamente non seguo Tori Amos dai tempi di Cornflake Girl, ma lei una volta non era una stimata cantautrice, tutta piano, voce e pathos? Ma il marketing gioca brutti scherzi, soprattutto quando il target comprende pure i gay, e allora mi sono fatto coraggio e ho infilato il cd nel lettore. Ecco, American Doll Posse suona davvero troppo americano. Gli arrangiamenti sono scandalosamente simili a quelli delle canzoni pop folk di quelle passeggere icone gay americane che dopo un singolo scompaiono fortunatamente nel nulla... Troppo per arrivare fino alla traccia 23... WAWASHI

BJORK - Volta (One Little Indian) Bjork è un artista di cui nessuno può dire male. Rischieresti infatti di fare la figura dell’antica o di passare per una non “avanti”. Ma diciamoci tutta la verità una volta per tutte. Da quando Lars Von Trier ha deciso di farla impiccare nel film Dancer in The Dark, pare che la nostra islandesina non si sia più ripresa del tutto dallo spavento. Per Volta si vociferava di un tanto auspicato ritorno di Bjork a quelle atmosfere pop e dance (quelle sì davvero alternative) che con Debut hanno fatto urlare tutti al miracolo. Ma sinceramente, a parte un paio di tracce, quello che sento è il solito straziante canto del cigno prima di morire. L’artwork, e anche questa non è una novità, è impeccabile, ma non basta più. WAWASHI

KIDS ON TV - Mixing Business With Pleasure (Chicks On Speed Rec.) Se la musica gay è definibile come musica fatta da gay per parlare di “cose” gay, ecco, i Kids On Tv allora fanno musica gay. Questi quattro eccentrici canadesi, banditi da MySpace a causa dei contenuti esplicitamente queer e politici dei loro pezzi (almeno questa è la loro accusa nei confronti della community più in voga del momento), hanno dato alla luce il loro primo album, uscito per l’etichetta delle Chicks On Speed, le quali, si sa, da sempre preferiscono pubblicare le imprese musicali di donne e gay. La musica porta il marchio inconfondibile delle loro note patrone: pop-punk-dance decisamente eterodosso, divertente, stralunato, “su di giri”. I testi parlano di voglia di cazzo come della dura legge del mercato della carne... e di Coco Chanel che si rivolta nella tomba. Sacrilegio! WAWASHI

PETER HØEG - La bambina silenziosa (Mondadori) Torna in libreria, dopo qualche anno d’assenza, un nuovo romanzo dello scrittore danese, già autore de Il senso di Smilla per la neve e dello spietato atto d’accusa alla modernità dell’emarginazione de I quasi adatti. Ancora una volta sono i bambini la lente focale attraverso cui narrare il mondo. Dopo tre romanzi intensi “quasi” sull’infanzia, c’è da chiedersi qual’è il senso dell’opera letteraria di Høeg. Perché un’analisi critica del mondo può essere fatta solo attraverso i loro occhi? E ancora: che cosa ci fanno vedere i bambini? Proviamo a rispondere alle domande. I bambini sono il ricettacolo delle proiezioni culturali, sociali ed esistenziali sia della società nel suo insieme che dei singoli. Ogni genitore/tutore è un agente di trasmissione. Il mezzo attraverso cui trasmette è l’amore. I bambini sono l’esatto specchio della società che proietta e che su di loro è proiettata. Un gioco infame degli specchi. Studiare i bambini è vedere su quali categorie è costruita, mattone dopo mattone, la rete di sensi e di relazioni che chiamiamo società/stato/nazione. Perdonerete questo approccio razionale e sistematico; qui sta la grandezza di Høeg: in un impianto teorico limpido e solido che non si tramuta in ideologia, capace d’usare lo strumento del romanzo come indagine politica e sociale senza avere nulla dei prevedibili burattini della letteratura realista. I bambini e le bambine di Høeg non sono “deliziosi”, non sono “amabili”, non sono “putti vivaci”. Sono il coagulo dei sogni, delle illusorie speranze degli adulti, delle più violente discriminazioni ed emarginazioni e, solo raramente, dell’amore disinteressato di chi li cresce senza aspettarsi nulla (quasi mai i genitori biologici, secondo Høeg). Sembra, nella visione dello scrittore, d’intravedere in nuce un’idea comunitarista dell’infanzia: lasciate stare i bambini tra i bambini e nella società/stato che li possiede; lasciarli ai genitori biologici si direbbe il primo “atto di proprietà privata” dell’umanità. Dopo questo, sono violenze e coercizioni per rinsaldare recinti e confini (taluni la chiamano famiglia). Guardare i bambini è chiedersi qual’è la nostra idea di libertà. E misurarne pochezze e grandezze. MAURIZIO CECCONI

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Quattro le artiste presentate:

si svolgerà presso la Sala Esposizioni Giulio Cavazza al Baraccano, con il patrocinio del Quartiere Santo Stefano, una interessante collettiva di pittrici che utilizzano tecniche e linguaggi diversi per esprimere quella sensibilità femminile contemporanea verso la quale ArciLesbica ha sempre dato accoglienza e ascolto. Le autrici hanno prestato gratuitamente la propria opera per supportare la Linea Lesbica Informazione e Salute, che da Gennaio ha ripreso la sua attività di counseling telefonico.

Raffaella Vischi: Maestra di una pittura generazionale dalla forte impronta fotografica, realizza ritratti catturati con la profondità e l’intensità di uno sguardo che scava nell’interiorità del soggetto. Nel quale si leggono storie di solitudine, seduzione, abbandoni e speranze... Maria Grazia Setzi: Il mondo pittorico di Maria Grazia Setzi è uno sguardo su mondi immaginari dove l’umano non trova collocazione. Sognanti paesaggi mentali, atmosfere di gioco, uccelli, rettili, pesci, sono elementi costanti del suo immaginario, nel quale la fluttuante oggettività dei colori rimanda a emozioni e sentimenti che creano relazioni complesse con le realtà di chi crea e di chi osserva. Mariagrazia Pecoraro: Affronta temi legati alla rappresentazione del corpo e della sessualità femminile e della presenza/assenza di questo corpo reale e simbolico negli spazi culturali, politici e fisici che lei stessa attraversava e da cui era attraversata, mediante una rivisitazione personale e simbolica di immagini “rubate” dal proprio privato (ritratti e autoritratti, disegni e fotografie), quanto dalle rappresentazioni femminili dell’arte “ufficiale” e dei mass media. Dora Bella: Giovanissima, di origine ungherese, diplomata presso l’Istituto Ars Hungarica di Budapest, il suo lavoro attraversa varie tecniche. (NERA GAVINA)

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE

TELEFONO AMICO GAY

Il Centro di Documentazione del Cassero è una biblioteca ricchissima di 10.000 titoli accumulati in oltre vent’anni di attività, ma anche una fornitissima videoteca (la più completa a tematica GLBTQ) e un’ampia scelta delle riviste gay lesbiche più cool del momento. Il Centro partecipa all’SBN (Sistema Bibliotecario Nazionale) ed è convenzionato con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con la Regione Emilia Romagna. Per ricerche puoi trovare il nostro catalogo on line su www.cassero.it/doc oppure contattarci direttamente via email doc@cassero.it, telefono 051.557954, e via SKYPE all’account: cdocassero.

Il TAG offre un servizio di informazioni sulla vita GLBT (presenza di locali e luoghi d’incontro sul territorio, modalità d’accesso); un servizio di counseling sulla salute e la sessualità (comportamenti e pratiche a rischio, modalità di prevenzione Hiv e altre MTS), e di supporto psicologico (ascolto e comunicazione su situazioni di disagio, identità, accettazione di sé, visibilità, inserimento nella vita gay) 051.555661 – dal martedì al venerdì dalle 20 alle 23

Dal 24 giugno al 30 giugno,

Se sei uno studente universitario di Lettere e Filosofia oppure di Scienze della Formazione, ricorda che al Centro di Documentazione puoi effettuare il tuo tirocinio formativo. Ma anche se non sei studente puoi contribuire alle attività del Centro ed entrare a far parte del nostro gruppo di lavoro. Il Centro di Documentazione cerca costantemente di implementare il proprio patrimonio di documenti, filmati, registrazioni audio, fotografie riguardanti la storia del circolo e del movimento omosessuale dalle sue origini ad oggi; facciamo appello a tutte/i coloro che ne possiedano a lasciare una copia di queste preziose tracce al Centro. Saremo felicissimi di ricevere donazioni di libri, video, riviste e qualsiasi altro materiale a tematica GLBTQ. Le tue donazioni contribuiranno a costruire la nostra storia! IL CDOC è aperto dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 19. Dal martedì al giovedì anche dalle 10 alle 13, e il lunedì anche dalle 21 alle 24.

SPORTELLO LEGALE Lo sportello fornisce tutela contro fatti discriminatori connessi all’orientamento sessuale, e più in generale a chi preferisce rivolgersi ad avvocati della comunità GLBT. Offre risposte su controversie giuridiche nell’ambito del diritto civile (responsabilità contrattuali ed extracontrattuali, infortunistica, diritto di famiglia, locazioni e diritti reali, privacy, diritti del lavoro), del diritto amministrativo (rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione), del diritto penale e del diritto dell’immigrazione. Ogni giovedì dalle 21 alle 23 – per appuntamenti lu-ven 11-19 051.6494416

SPORTELLO NUOVI DIRITTI CGIL BOLOGNA È attivo uno sportello di tutela sindacale sul lavoro per le persone omosessuali e transessuali – Telefonando al numero 335.5742775, il personale risponderà direttamente, oppure lasciando i propri recapiti in segreteria telefonica si sarà richiamati appena possibile. L’operatore potrà: - Fornirti subito le informazioni possibili - Organizzarti un appuntamento con operatori competenti per le necessità individuate tra materie sindacali, previdenziali, assicurative o fiscali - Organizzare il contatto con la categoria di rappresentanza quando serve una azione di tutela contrattuale.


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Se è vero che in questi anni di pandemia alcune informazioni sull’Hiv sono passate, è altrettanto vero che spesso sono arrivate sbagliate perché, mediaticamente, quando si parla di HIV/AIDS lo si fa in modo molte volte superficiale, senza entrare nel dettaglio. Anche grazie alle pessime campagne ministeriali, sono passati dei concetti che hanno consolidato i pregiudizi invece di contrastarli. Il primo esempio che viene in mente a questo riguardo è quello delle categorie a rischio, che non sono mai esistite, e oggi ne abbiamo la conferma anche sul piano epidemiologico, ma il pensiero che questo virus colpisca tutte le persone al di là del proprio orientamento sessuale, è un meccanismo che ancora non ci appartiene. Tra le tante informazioni che ormai fanno parte di un retro-pensiero comune, c’è 1. Penetrazione – sempre con il preservativo. 2. Sperma e sangue mai a contatto con la bocca.

Se il passato interferisce con la tua relazione: check-your-lovelife.ch

1. No intercourse without a condom. 2. No sperm or blood in the mouth.

If the past’s interfering with your relationship: check-your-lovelife.ch

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anche la credenza che il test per l’Hiv svolga un’azione preventiva, e non diagnostica. Di sicuro il test viene fatto poco: in Italia si stimano circa 150.000 persone sieropositive di cui più della metà ignora il proprio stato sierologico; troppe anche le persone che si scoprono sieropositive quando ormai sono in AIDS, non avendo mai fatto un test prima. In effetti la cultura del test non si è radicata nel quotidiano delle persone, un dato rilevato anche nella nostra ricerca Modidi (www.modidi.net). Per risolvere questo problema, da più parti, anche nella nostra Associazione, si pensa all’introduzione del cosiddetto test fai da te già in uso negli Stati Uniti: da farsi a casa, in modo riservato, veloce, in maniera simile al test per la gravidanza. Sembrerebbe ragionevole: piuttosto che aspettare una settimana il risultato del test effettuato in ambulatorio, non è meglio aspettare solo alcuni minuti e togliersi la paura? Tuttavia su questa ipotesi è necessario fare chiarezza. Viviamo in una società che rispetto all’Aids non ha elaborato un pensiero, non si è messa in discussione. Oggi è ancora molto importante avere un’attenzione mirata alle persone che si sottopongono al test, è ancora necessario quindi un counselling appropriato pre-test e post-test con una persona formata sulla tematica, che sappia ascoltare, comprendere, guidare, e anche capire se ha senso fare il test. Dico questo perché ancora oggi molte persone scrivono a salute@cassero.it ponendo questioni ed esprimendo paure e angosce che vanno rispettate, ma non hanno nessun riscontro con la realtà, evidenziando una mancanza di consapevolezza e informazione rispetto all’argomento. Ne consegue che un test che si può acquistare su internet e che in 20 minuti dà un risultato, calato nel nostro contesto sociale non è accettabile, anzi può essere addirittura pericoloso: in 20 minuti so di essere sieropositivo, da solo, in casa, senza il supporto di nessuno, che cosa faccio? Mi butto giù dalla finestra? Oppure ho degli strumenti che possono aiutarmi a prendere nel dovuto modo la notizia? Per di più esiste il periodo finestra rispetto all’Hiv: chi dovesse affrontare un test in solitudine potrebbe non considerare di avere un risultato negativo pur essendo infettato. È vero, certo, che la gente farebbe probabilmente di più il test, ma a quale rischio? Oltre a quanto detto finora, va considerato il fatto che l’AIDS non è solo una malattia virale, ma comporta una serie di complicazioni nella vita quotidiana, problemi non facili da affrontare da soli senza supporto e collaborazione. Serio per esempio è il rischio della discriminazione nel lavoro, oltre che nelle relazioni sociali e affettive, che non vedono nessun sostegno reale da parte delle istituzioni nonostante le molte promesse. Per esempio sappiamo che in alcune agenzie interinali il test viene usato in modo discriminante rispetto alla selezione o all’assegnazione di un lavoro, nonostante sia una pratica vietata per legge. Come si vede il discorso è molto delicato; uno strumento come il test fai da te richiede una consapevolezza ottimale per poter venire usato. Diverso sarebbe avere un test da 20 minuti nella struttura sanitaria così da non dover aspettare 7 giorni e, ragionando con un counselor, riuscire a modificare alcuni comportamenti, avere una percezione del rischio più corretta, o comunque venire in contatto con informazioni non filtrate da interessi o dalla superficialità dei media. Ciò detto non voglio alimentare l’immagine della persona sieropositiva che può solo essere una vittima inerme. Sicuramente sono molte le situazioni di emarginazione, di lesione dei diritti, però c’è anche un’altra realtà che vale la pena di sottolineare: quella dei gruppi di persone sieropositive che direttamente contrattano con le case farmaceutiche i protocolli clinici dei farmaci che dovranno in seguito assumere, cercano quindi di capire come sono, quali effetti collaterali avranno, e discutendo con esse per avere il miglior risultato. Non è comune che i malati si impegnino in prima persona, ma anche in Italia abbiamo esempi di persone sieropositive si stanno dedicando alla lotta all’Aids, diventando protagoniste della loro vita e della loro lotta. Sandro Mattioli, responsabile area salute, Arcigay Il Cassero

Due immagini della nuova campagna promossa dall’Ufficio Federale della Sanità Pubblica Svizzero in collaborazione con Aiuto Aids, mirata ad invitare le coppie in relazione a fare il test. Sul sito relativo un questionario offre una prima consulenza sull’opportunità di effettuarlo, oltre a fornire indicazioni sul sesso sicuro. Da notare, rispetto alla quotidianità delle tipologie gay rappresentate come incontrate nel passato da parte della coppia maschile, il quadro assai meno rassicurante dato nel rappresentare il padre di famiglia “esemplare”. (w.r.)


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FLYER “MAISON DU CASSERAU”, 1996

MARINELLA Frequenta il Cassero da quando il Cassero non esisteva ancora. Ha ricoperto ogni tipo di mansione all’interno del circolo, tranne la barista. Questo è il suo grande cruccio Dal 1998 si occupa della segreteria mattutina. È etero e accompagnata sempre dal fido cane Tonino. Il primo ricordo che ho del Cassero risale proprio al 28 giugno 1982. Io stavo passando da porta Saragozza con il mio “Ciao” e ho visto tutta questa orda di gente sul terrazzo che festeggiava “la presa” della nuova sede. I primi anni ho frequentato il circolo da semplice socia. Poi mi hanno messo alla porta, nel senso che accoglievo gli avventori durante le serate. Ne abbiamo viste di tutti i colori in quegli anni. Vicino avevamo il “Roncati”, l’ospedale psichiatrico, e quindi venivano tutti da noi. Mi ricordo quello che beveva 20 thé a sera. Quello che arrivava vestito da scaricatore di porto poi a metà serata si andava a

cambiare e tornava con abito lungo e tacchi. Anche noi andavamo a fare gli spettacoli nel loro giardino. Ricordo che Rinaldo partiva con un carrello della spesa pieno di tutti i costumi e si faceva tutti i viali così concia. Nel 1998 Stefano Casagrande decise che c’era bisogno di una persona fissa che facesse la segreteria mattutina per accogliere i fornitori e chiunque avesse bisogno. Scelse me, all’epoca sua coinquilina. Io protestai ma non ci fu verso di convincerlo. Una delle prime mattine mi chiamò un fornitore chiedendo se poteva passare a presentarmi dei prodotti e delle offerte. Fissammo l’appuntamento e quando si presentò mi trovai davanti un uomo di mezza età con camicia, maglione e un elegante loden. Quando si tolse il cappotto sotto aveva una gonna plissettata. Ovviamente non feci una piega e parlammo di bibite e quant’altro. Dopo quasi 10 anni sono ancora qui. Discriminata perché etero tra omosessuali? Una volta nessuno ci faceva caso, ora te lo fanno notare di più.

Barbara, Manifestazione “La cittadinanza va scritta”, Verona 2001

BARBARA BAGONGA” BASINGER in CONTOLI Storica modella (è stata la prima donna a vincere Miss Alternative), storica donna di polso (girano ancora leggende sulle sue cazziate quando era responsabile dello staff) e storica lanciatrice di anatemi (ultimo nell’ordine quello contro gli avventori che mettono le felpe con le stelline…) in una sigla: la BBB del Cassero. A prescindere dal fatto che non si perde occasione per darmi della vecchia chiedendomi qualche riga in occasione dei 25 anni del Cassero (ribadisco che ci sono immersa solo da 12…), la mia vicenda in questo rutilante baraccone da circo è presto raccontata. Da brava ragazzetta di provincia a cui piaceva di più baciare furtivamente le amiche dietro gli angoli che trovare un fidanzato, sono capitata al Cassero, ovviamente per merito di una delle mie prime fiamme, con un amico gay, ma quasi ci cacciarono causa il nostro starnazzamento eccitato in occasione dell’evento. Ma già la seconda volta ci ero quasi di casa, e nel ’95 ci entrai per la prima volta da volontaria, per

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il Pride bolognese, e da allora fui trascinata dalla Padrona (La Cesarina), nel favoloso mondo della Maison e dello staff casserino. Mi si spalancarono le porte dell’incredibile, una nuova famiglia, l’occasione di essere orgogliosamente lesbica in un mondo di etero represse e di frocie isteriche, con tacchi 12 per il tè delle cinque e brillocchi grandi come uova di quaglia su improbabili vestiti da sera di plastica e cartavetra. Da allora le cose più assurde sono diventate all’ordine del giorno e la normalità mi provoca attacchi allergici. Il Cassero è una lavatrice sempre in centrifuga, se lo sai prendere e farti prendere per il verso giusto. Ho passato pomeriggi nei frigoriferi a pozzetto per le fotografie dei flyer del sabato, sono stata quasi arrestata per fervore politico, murata nella

vecchia sede da goliardici studentelli e vinto il premio stronza dell’anno ogni anno a mezzanotte e un minuto. Ho trovato personaggi completamente diversi uniti da ideali comuni che anche oggi si fanno in quattro per il circolo, e soggetti che non si meritano neanche un calcio in culo. Ma soprattutto ho conosciuto persone che mi hanno insegnato ad essere sempre fiera di ciò che sono e che, anche nell’indecisione, c’è sempre una certezza: oro, oro, oro.


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LAMANU U

proprie amicizie cizie ppensandoo a con

BRUNO POMPA È l’art director del Cassero, il deus ex machina che ha trasformato la Salara in club dove nomi come Ellen Allien o Chloè sono considerate compagne di banco. Storica modella di Miss Alternative come Agònia, e presentatrice che ha raccolto come tale il testimone da Stefano, gli abbiamo chiesto narrarci come è nata una delle più popolari iniziative del circolo. Correva l’anno 1994. Estate. In un fresco appartamento di via San Felice a Bologna si consumava uno dei soliti deliri collettivi tra amiche che sognano e scimmiottano i modi e la mode che girano intorno al mondo delle Top Model. Il lungo corridoio che collegava il soggiorno con il salone diventò per qualche ora il palcoscenico di una pantomima divertentissima che consisteva in una specie di gara ad interpretare la modella preferita utilizzando i ciaffi contenuti nei vari armadi o nella “stanza schifo”. Era la casa di Stefano Casagrande. Per tutto lo staff Cassero, e per molti altri, quella era “la casa”: il luogo delle cene, delle riunioni, delle festività, dei brainstorming, degli amori, delle ospitalità, dei litigi, delle trame e soprattutto degli affetti, quelli

LaManu, foto Maurizio Cecconi

Il mio arrivo al Cassero è stato dovuto ad una vicinanza di condominio. Abitavo a fianco di Catman (responsabile di ingressi e liste dal 2001 al 2005) e una sera mi chiese di sostituire il suo ragazzo alla postazione di verifica degli ingressi. Quella fu la prima di una lunga serie di sere ai timbri. Il Cassero è straordinario perché dà la possibilità di esprimerti, di metterti in gioco, di confrontarti, tutto in una maniera rilassata anche se ci sono molti scazzi. Poi dove li trovo tutti i fidanzati che ho trovato qui? Il momento più divertente è stato sicuramente al Gay Pride dello scorso anno, dove veramente mi sono sentita lesbica per un giorno. C’era un’atmosfera straordinaria, positiva, i colori, la gente, il pubblico variegatissimo, dagli anziani alle coppie di ogni tipo... La mia vita da “eterosessuale” all’interno dello staff Cassero ha avuto momenti alterni. All’inizio c’era chi mi discriminava, e per una persona che non ha mai basato le

frequenta quenta il Cassero? È innegabile che h ci sono persone che vengono qui solo perché c’è musica bellissima senza sapere nemmeno dove sono e il valore che quella tessera porta con sè. Magari dovremmo essere noi a spiegare meglio alle persone che vengono dove sono. Anche in una maniera visiva. Per scelta del Cassero non c’è un’animazione specifica, ma a me piacciono i locali in cui c’è una forte connotazione gay, in cui si va un po’ sopra le righe. Bisognerebbe “mettere in mostra” di più. Cosa o quanto sta nella coscienza di ognuno deciderlo. Ad esempio trovo molto bello che negli ultimi tempi le bariste abbiamo deciso di mettersi a petto nudo coperte solo da cerotti, e costringendo i “maschi” a fare lo stesso. Cose del genere creano una bella atmosfera.

inossidabili. Ed è stato proprio in quel momento che il pavimento di quel corridoio fu trasformato in una passerella all’aperto, dapprima in un’esibizione sulla terrazza del Cassero di Porta Saragozza con “Le Unioni Civili non ci coglieranno di sorpresa - sfilata di abiti da cerimonia” e subito dopo all’interno del grande contenitore bolognese estivo MadeInBo con la prima edizione di The Italian Miss Alternative. Due spettacoli realizzati in pochissimo tempo e a distanza di pochi giorni. Un’energia e un entusiasmo che poche volte hanno trovato pari nell’organizzazione di eventi prodotti dal Cassero. Fu l’inizio di un’avventura che ha saputo evolversi e coinvolgere un pubblico sempre più numeroso e tantissimi ospiti che hanno intravisto in quell’evento la genuinità di un’impresa messa in piedi per una nobilissima causa: raccogliere fondi per associazioni locali che si occupano di lotta all’AIDS. Un gruppo di omosessuali scatenati che, oltre alla kermesse estiva, ha saputo contaminare con sfilate tematiche diversi luoghi aggregativi bolognesi, mostrando con disinvoltura come è possibile fare politica con tacchi e parrucca, utilizzando l’irriverenza come arma contro bigotti e benpensanti, e il sarcasmo contro le assopite intelligenze di sinistra. Con i nostri slogan, con i nostri costumi e con i nostri temi abbiamo sempre cercato di tener alto il morale ad una città che sempre più spesso ha scelto la rimozione e la delega di fronte a scomode identità. Rimboccarsi le maniche e portare avanti questa manifestazione di successo è stato un obiettivo per tutti noi dopo la scomparsa di Stefano. Cambiano i tempi, le modelle, le mode, i pubblici, ma The Italian Miss Alternative ogni anno a Bologna resta un appuntamento fisso con la solidarietà e il delirio. Uno dei fiori all’occhiello della comunità glbt. Quest’anno lo spettacolo verrà inserito all’interno dei festeggiamenti per i 25 anni del Cassero.

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Bruno e Caterina all’ingresso del Cassero

È lei, la ragazza dei timbri, bri, nonché Miss Verify. Cacciatrice incallita di amici e avventori (8000 00 solo su www.myspace.com/lamanu) È l’altra eterosessuale le del gruppo (anche se qualche bacio saffico sul curriculum c’è), anche se rimorchia più di tutti i gay messi insieme.


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ALESSANDRO FULLIN

Le prime volte che andavo al Cassero, causa la timidezza della gioventù, non rivolgevo parola a nessuno. Me ne stavo in un angolo ad osservare, e da vedere lì dentro c’era parecchio. Poi, dopo mesi, una sera al bar dissi una battuta. La Cesarina mi squadrò dalla testa ai piedi. Poi si mise a ridere. Fu il mio ingresso in società. Fino ad allora le mie ambizioni artistiche si erano limitate al fatto che, nella mia cameretta da studente, dipingevo degli stanchi acquarelli. Come Sonia Delaunay volevo fare la pittrice: sognavo il sud della Francia, un cappello di paglia e un cavalletto. Ma era troppo tardi per il post-impressionismo. Al Cassero il KGB reclutava tutti, ma veramente tutti. Non potevi sfuggire. Mi trovai catapultata sul palco travestito da Traviata. Il luogo del mio debutto fu il Roncati, il Manicomio Comunale. Non ho altro da aggiungere. Il luogo dice tutto sulla stella che avrebbe illuminato il mio destino di attrice. Il Cassero era gestito da una ventina di pazzi. Gli omosessuali a quell’epoca detestavano i pochi che facevano politica e si guardavano bene da mettere piede al castello. Si faceva una politica molto diversa da come si intende oggi, nei modi e nelle forme: avere un soprannome (il mio era “Limona”) e rivolgersi ai “compagni” al femminile era quasi un obbligo. C’era grande attenzione per quello che succedeva là dentro: la Bologna di sinistra, sotto i baffi, sorrideva compiaciuta delle nostre provocazioni. Eravamo una minoranza di una minoranza ma avevamo tre o quattro teste sopraffine che facevano della “bella politica”, con idee coraggiose ed ironia. Le

altre, anche semplicemente con i “ciaffi” e i vestiti della Montagnola non erano da meno nell’inventarsi una serata assurda o uno spettacolo. La situazione era questa: se passavi di pomeriggio potevi trovare al piano di sopra alcuni che stilavano un comunicato stampa per una manifestazione, sotto le altre che cucivano. Io allora non ho frequentato il Cassero, ci ho vissuto. Con il passare del tempo si tende a mitizzare quei tempi, a renderli perfetti. Invece tra di noi c’era un entusiasmo fantastico ma anche liti furibonde: le checche sanno essere tra loro autentiche amiche o feroci avversarie Nel passaggio alla Salara, ho percepito come una frattura tra la vecchia generazione e la nuova. Per me la morte di Stefano è stata una sventura anche per questo motivo, lui avrebbe potuto fare da testa di ponte tra il prima e il dopo. Di Stefano mi piace ricordare un giorno in cui ero con lui alla Montagnola. Io rovistavo nella melma per niente soddisfatta. Ad un certo punto mi giro e gli dico (lui brizzolato, con i baffi e un giubbotto di pelle): “Dai Cesi prestami il tuo vestito con le fragole…”. Una ragazza che era lì vicino ci guardò e scoppiò a ridere, e noi con lei. Ecco una cosa che rimpiango di quei momenti: l’assoluta libertà.

FIANDRIX

Fabio Fiandrini a.k.a Fiandrix. Eclettico ed enciclopedico dj e videomaker, è stato storico “animatore” delle serate domenicali di Porta Saragozza e ora si diletta tra la consolle di “Absolutely queer disco night” e la compagnia teatrale AlberTStanley co-fondata con Ennio Ruffolo, e spesso di stanza alla Salara.

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Arrivai al Cassero nel lontano ‘93; avevo già conosciuto Enzo, che stava alla porta, a un corso di teatro, perciò entrarci fu più facile. I miei primi compiti furono il realizzare i programmi del martedì sera a Radio Città del Capo assieme a Bruno, poi mettere in scena degli spettacoli nel “microteatrino” - una sfida più rocambolesca che realistica -, poi fare il dj, e anche il jingolettista (si può dire?) per Miss Alternative, infine il videomaker di altrettante, diciamo così, sperimentazioni. Nel ruolo del dj mi scoprì, o meglio costrinse, Bruno, col quale ne abbiamo combinate di ogni sorta, tipo un dj-set con fornelli e crêpes, dove, a turno, uno friggeva e l’altro metteva un disco. Ma erano in pochi poi a volerle assaggiare! Ma di aneddoti ne potrei raccontare a pacchi, dagli spettacoli dove crollava la scenografia in diretta, al fatto che mixavo con le musicassette (manco fossi Stokhausen), dalle richieste specifiche di Stefano Casagrande che voleva solo una selezione di musica anni ‘50 (soprattutto Mambo Italiano almeno 4 o 5 volte) a cornice di sountuosi party di frutta, agli esperimenti audiovisivi con la diretta dallo scantinato... insomma, non saprei da dove cominciare. Notando che il Cassero nacque nell’82 e l’ArciGay nell’85, mi sembra già dir tutto sulla sua importanza: è un po’ la “prima pietra” di evangelica memoria. Sulla questione del vecchio e del nuovo, aggiungerei solo che mi paiono incommensurabili: il primo ragionava su un ambiente fatto di piccoli numeri e di legami molto stretti (forse dovuti anche ai tempi che si stavano vivendo), il secondo ragiona invece su grandi numeri, macchine amministrative e gestionali, moltiplicazione di personale lavorativo... va da sè che i rapporti cambino, così come le proposte, e con essi il vissuto del luogo. Quello che abbiamo ora è, nel bene o nel male, un suo “possibile” sviluppo, consapevoli del fatto che tutto è perfettibile, anzi è proprio un augurio.

Stefano Casgrande e Alessandro Fullin in “Asta imperiale”

È stato il mito teatrale del vecchio Cassero con pièce da lui scritte come Pazza Varsavia. Unico attore del KGB & B che riuscisse a ricordare più di un rigo di battuta, è forse anche per questo l’unico tra i nostri artisti che abbia fatto carriera: le sue esegesi sulla civiltà Tuscolana lo hanno infatti negli ultimi anni allontanato dalla Salara e da Bologna, in favore dei palcoscenici di Zelig e degli studi del Biscione, dai quali ogni tanto ci manda una cartolina.


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BRENDA BROADWAY Stacco di coscia; Chioma dorata; Ugola birichina: in 3 definizioni Brenda Broadway. La starlette che ha fatto dell’ R’n’B uno stile di vita. Arrivai a Bologna 10 anni fa, piena di sogni e con tanta voglia di poter essere finalmente me stessa: nella città in cui ero nata e vissuta le bionde naturali non sono viste di buon occhio e la gente ci mette un attimo a puntare il dito se indossi un sandalo dorato per andare a scuola! Così una notte buia e tempestosa bussai a una porta, Porta Saragozza per l’esattezza, e finalmente venni capita e accolta come mai nella vita! Il Cassero è come una mamma che non ti giudica e ti accetta per quello che sei. Ti lascia crescere nel suo grembo, ti lascia scegliere chi o cosa essere (in modo a volte anche sconsiderato per la verità), dandoti la possibilità di sperimentarti, e insegnandoti anche un mestiere, certe volte. E così al fianco di personaggi mitici come Fiele Molotova, Sweetie Darling, Agònia (già Lavinia Parkinson) e la grande regista allora in erba LaTavia Tovarich, ebbi modo di farmi le ossa sulle sgangherate assi dello splendido castello antico che ospitava il nostro circolo.

ABBIETTA MCALLAN

foto Maurizio Cecconi

Eccentrica capostipite di tutte le poliedriche soubrette casserine, Abbietta divide la sua vita e la sua ugola tra Bologna e Las Vegas, da dove torna ogni volta carica di parrucche sempre più alte e voluminose… E’ sposata, anche artisticamente, con l’altra “dragette” Canada Dry. Ho iniziato a frequentare il Cassero circa 18 anni fa, come uno dei tanti avventori in cerca di una risata e dell’amore eterno. Spaventato dalle leggende metropolitane che a quei tempi lo descrivevano come un covo di travestiti pronti a violentarti con una bottiglia, fui invece sorpreso dalla scarsa appariscenza della maggior parte della clientela. Pochi anni dopo feci la richiesta per svolgerci il Servizio Civile. Il primo giorno di servizio Stefano Casagrande mi ribattezzò “Abbietta Obbiettrice” (con due b, da romano d.o.c.), e il resto e’ storia… A diciotto anni sapevo già che volevo cantare in teatro. Quello che non immaginavo è che avrei avuto una carriera parallela in drag. Tutto iniziò quando Stefano mi propose di cantare My Way di Sinatra in duetto con Fullin, durante un suo spettacolo. Alla fine Fullin decise di non farlo (aveva bisogno del tempo per cambiarsi tra un numero e l’altro), così decisi di duettare con me stesso, cambiando voce da baritono a mezzo soprano. Così nacque Abbietta, e fu un successo istantaneo! Di quegli anni ricordo benissimo la prima sfilata della Maison du Casserau, nella terrazza del vecchio Cassero. Ci si cambiava al Centro di Documentazione, con un secchio per W.C., ma lo spirito e il divertimento furono tali che da quella serata nacque Miss Alternative. Di aneddoti potrei riempire un libro, ma così su due piedi mi viene in mente il famigerato Silicon Party, per il quale noi del personale decidemmo di indossare

Da allora tante altre esperienze, dalla barista stile Coyote Ugly alla dj, mi hanno fatto crescere umanamente e artisticamente, e come me tante altre persone, ieri come oggi, trovano il loro spazio e di volta in volta la forma di espressione o il lavoro che più sì confà alla loro personalità, o almeno a una delle tante! Vuoi passare la notte al bar a somministrare drink e poi salire sul palcoscenico? Qui si può fare! Molteplici sono i legami che si formano all’interno del mondo Cassero: grandi amicizie, amori e amorazzi, rancori. Ma nascono tutti all’ombra di un’unica consapevolezza: appartenere ad una grande Famiglia, con gli stessi obbiettivi e con gli stessi valori. Ne è passato di tempo, ma anche adesso che ci faccio visite più sporadiche (proprio come si fa con la mamma quando si diventa grandi), vedo che poche cose cambiano, a parte i volti e gli equilibri. Resta infatti nelle persone che vivono il Cassero la voglia di crederci e la consapevolezza di far parte di un progetto che molto ha fatto e ancora può fare per la comunità Glbt. Intanto vedo nascere intorno a me le nuove star casserine, attrici e cantanti di ogni sorta, e cerco di rimandare il più possibile, schiarendomi sempre di più i capelli, il giorno in cui mi affibbieranno epiteti come “L’Inossidabile” o “La Sempreverde” e mi chiameranno solo per fare da Madrina agli eventi più importanti - ma questo tra molti, moltissimi anni!

sotto i vestiti due preservativi pieni d’acqua a mo’ di seni enormi. Nessuno era truccato o vestito da donna, ma tutti avevamo queste ridicole tettone. Una delle mie naturalmente scoppiò e tornai a casa fradicio! Tra il Cassero vecchio e quello nuovo la differenza è inizialmente legata alle dimensioni. Con la Salara si è persa quella atmosfera da pub tipica di Porta Saragozza, dove volente o nolente finivi per conoscere gente e per fare due chiacchere con qualcuno, a forza di sbatterci contro. Però ho notato che alla Salara questo aspetto ritorna durante gli aperitivi estivi, dove si recupera l’atmosfera da salotto e si può chiaccherare senza essere annegati dalla musica. Per quanto riguarda il movimento GLBT, al di là della enorme importanza del Consultorio, del Centro di Documentazione e di tutte le iniziative sociali che partono dai suoi uffici, il Cassero è semplicemente una pietra miliare. Ogni anno si scatenano polemiche e lamentele, “troppa tecno”, “troppi etero”, “troppe travestite”, ecc. ecc. E la frase preferita di molti snob è: “sono secoli che non ci metto piede”. Eppure senza il Cassero, per quegli snob come per molti altri, sarebbe la morte sociale.

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NERA GAVINA Bolognese doc, fa parte di Arcigay dal 1994 ed è stata eletta al congresso di fondazione di ArciLesbica del ’96, per cui da allora è stata responsabile delle attività sulla prevenzione e salute, segretaria nazionale e tesoriera, ed è attualmente una delle Garanti. Ha tagliato lei il nastro all’inaugurazione della Salara. Ed è madre e nonna orgogliosa, anche se alcuni dicono che la sua non è una Famiglia. La prima volta che entrai al Cassero volevo farmi un margarita e “cuccare”, invece beccai la Titti de Simone al bar, che mi attaccò un bottone della madonna sulla necessità di costruire un percorso di autonomia delle lesbiche. Così ho iniziato a frequentare le riunioni delle donne, le assemblee, i Les.bo in seguito. La Titti era il mio riferimento, così piccola ma così tosta e con le idee chiare: il Cassero non era solo un luogo gay, ma anche delle lesbiche. Così partimmo per la grande impresa: due associazioni distinte, ma conviventi. Di ruoli ne ho avuti tanti, sono stata anche vicepresidente del Cassero, ma non me li sono mai sentiti addosso come un peso, per me l’obiettivo era ed è: migliorare la qualità della vita delle lesbiche, anche nella comunità gay! Era importante per noi il desiderio di autorappresentarci nella società, di uscire dal silenzio e mostrare la bellezza dell’amore verso le donne. I gay erano in fin dei conti più accettati, noi invece “silenziate”, o ritenute asociali, madri indegne. Arcilesbica si staccò dai gay

come le femministe si staccarono (e poi rientrarono) dai loro maschi. Arcilesbica nasce perchè una minoranza nella minoranza se vuole emanciparsi deve separarsi per poi riunirsi con pari dignità. Porta Saragozza ha significato tutto per il movimento LGBT. Un simbolo politico, una conquista di civiltà, uno spazio per la militanza, un luogo della città laico, il riconoscimento della nostra esistenza, la visibilità dei nostri corpi e delle nostre relazioni, la lotta per non tornare nel buio. Il Cassero siamo noi tutte/i. In tutto il mondo il Cassero è la storia del silenzio che è stato vinto, con la politica che gli omosessuali sanno fare: dialogo, confronto, conflitto, autodeterminazione, rispetto per l’altra/o da te. Oggi il tessuto sociale è in parte cambiato, ieri i bolognesi lottavano di più per i diritti, ora li sento come arresi, forse la precarietà della vita si fa sentire anche sui grandi temi dei diritti. Ma con il passaggio alla Salara per noi è aumentato il carico di lavoro, oggi siamo un soggetto forte che dialoga autorevolmente con la città, con le istituzioni, col movimento e i partiti. Penso che il Cassero oggi sia un luogo dei diritti di tutte/i, anche per chi non è gay o lesbica. La politica vera per me è questo: partire da sé per arrivare agli altri. Ce l’abbiamo fatta.

SERGIO LO GIUDICE

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Fra i luoghi che ho attraversato, il Cassero è quello che più mi è rimasto addosso, come una piccola patria che senti tua perché è aperta al mondo. Sono arrivato al Cassero di Porta Saragozza nell’84 e ne ho vissuto quei primi anni così sperimentalmente camp, così appassionatamente politici, così intensamente comunitari. Poi, nel ’93, mi hanno chiesto di fare il presidente del circolo. I primi anni, quelli più frizzanti e per questo più belli, avevano radicato la presenza della comunità gay e lesbica in città, creato servizi come Il Consultorio e il Centro di documentazione e prodotto esperienze culturali di primo livello come il “teatro in delirio” del Kassero Gay Band & Ballet. Adesso si trattava di consolidare una realtà che, alla vigilia del suo decennale, cresceva e doveva cercare strade nuove per la liberazione di gay, lesbiche e trans, all’interno di un’associazione come Arcigay sempre più presente e attiva nel paese. In quel periodo nacquero i Cassero Angel’s, un gruppo d’azione non violenta che, in maglietta nera con sopra i due puttini del nostro logo e un fiocchetto rosso, facevano blitz per la città, come la distribuzione di preservativi di fronte alle farmacie che si rifiutavano di esporli. È di quel periodo la raccolta di 15.000 firme in città per la petizione nazionale per le unioni civili. Con questo spirito organizzammo il Gay & Lesbian Pride del 1995: diecimila persone a ro ci sfilare per le strade di Bologna, la più grande manifestazione lgbt mai vista sino ad allora in Italia, anche se il futuro avrebbe abituati a numeri ben più grandi. co In quegli anni il Cassero vive una nuova fase di partecipazione e di articolazione interna: nasce il Gasp! - Gay contro ho l’Aids per la salute e la prevenzione, la Maison du Casserau guidata dal mitico Stefano Casagrande, il Cassero Chorus, tà del la Gaya Mater Studiorum, la Libera Università Omosessuale, la trasmissione Gay Pride Night su Radio Città Capo, il Festival del Cinema Omosessuale, la rassegna di video anti-Aids Blowing Bubbles. ne Cresce la presenza lesbica, sempre più attiva ed organizzata fino a diventare il motore dell’autonomizzazione di Arcilesbica da Arcigay: un momento traumatico per un circolo abituato ormai a declinarsi nei due generi, poi superato dal raggiungimento di un buon equilibrio di collaborazione fra le due realtà. In questo clima maturava in città il dibattito per l’istituzione a Bologna di un registro delle Unioni Civili. Nel gennaio del 1999 Bologna fece da apripista a una formula nuova: quella del riconoscimento anagrafico delle “famiglie affettive”. “L’ambiguità sbarca all’anagrafe di Bologna” tuonò monsignor Vecchi. “Si rivela quanto mai incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso” dichiarò il giorno dopo papa Woityla. Era il segno che avevamo lavorato bene.

Sergio Lo Giudice, Cassero Carnival Party 1993

Uomo politico che suona il sax (meglio di Clinton speriamo), Sergio Lo Giudice ha cominciato a insegnare lettere e filosofia a Bologna nell’84 (alla faccia di Fini, nel ’98 è stato anche finalista di un premio come miglior insegnante votato dagli alunni). Consigliere comunale a Bologna, è stato presidente del Cassero dal 93 al 98 e di Arcigay dal ’98 al 2007,e si occupa di progetti scuola locali e internazionali.


Uomo di tutti i media (leggendari i suoi telefonini formato televisore agli albori della telefonia mobile), Grillini non teme sicuramente nemmeno Platinette in quanto ad apparizioni televisive di un gay (dichiarato). Presidente nazionale di Arcigay dall’87 al ’98, ha fondato la rivista Con/Tatto e l’agenzia telematica Gaynews, e dal 2001 è deputato in parlamento. Mancavano 18 giorni allo storico 28 giugno 1982 e mi ritrovai in una delle riunioni operative per la preparazione delle manifestazioni per la presa del Cassero. C’erano da pianificare gli allestimenti, la cartellonistica, i permessi per i vari spazi, il corteo, eccetera. Io che avevo già una lunga carriera alle spalle, ero segretario organizzativo della federazione del Pdup di Bologna nonchè responsabile nazionale studenti medi del partito, venni ribattezzata “la politica”. Quella sera mancavano un paio degli “storici”, come Beppe, ed essendo l’unico bolognese ricordo che come slogan per lo striscione proposi una frase fatta in dialetto: “L’è mei un fiol leder che un fiol buson” (E’ meglio un figlio ladro che uno busone), e la cosa piacque. Ci fu invece una lotta strenua per il poster: guardammo circa 200 diapositive che il 28 Giugno aveva raccolto, e in una c’erano due uomini che si baciavano seduti sul pozzetto del cortile di palazzo Re Enzo. Io dissi che andava scelta perchè secondo me rappresentava il concetto che la vera rivoluzione stava nei sentimenti e non più nel sesso, perchè il sesso stava esaurendo la sua spinta propulsiva come attività rivoluzionaria, com’era visto fino agli anni 70. Ma c’erano molti contrari, allora da consumato politico portai la discussione fino alle 5 del mattino, mentre man mano i

TITTI DE SIMONE Caterina De Simone, detta Titti, è stata fondatrice e presidentessa di Arcilesbica, dal 1996 al 2002. Nel 2001 è stata eletta deputata alla Camera, e nel 2006 ha ricevuto un nuovo mandato parlamentare, venendo poco dopo nominata Segretario alla Presidenza della Camera. Già dalla fine degli anni ’80, quando ero un’attivista dell’Arcigay di Palermo, ero venuta a Bologna per uno dei tanti congressi, e la mia scelta di trasferirmici nel ’94 fu dettata proprio dal desiderio di impegnarmi in maniera ancora maggiore nel movimento. La prima persona che mi accolse fu Stefano, la Cesarina, che allora dirigeva la parte organizzativa. Mi prese per il bar dove lavorai per un paio d’anni, e contestualmente si sviluppò la mia attività politica, entrando nel direttivo. La presenza delle donne all’epoca era molto residuale, anche come numero, e ritagliarsi uno spazio politico non era facile. C’era Arcigay donna, ma si arenò perchè veniva inevitabilmente vissuta come una specie di costola dell’Arcigay, però bene o male cominciò a raccogliersi un forte gruppo lesbico che getterà le basi teoriche e organizzative per la nascita di Arcilesbica nel 96. Sentivamo che, mentre il mondo gay stava diventando abbastanza visibile, c’era già stato nel ’94 il Pride di Roma, il mondo lesbico era sommerso, e le uniche realtà politiche organizzate si trovavano nell’ambiente separatista, dal quale molte di noi non si sentivano rappresentate. C’era la necessità di creare uno spazio politico autonomo

contrari andavano a dormire, e poi passò per due voti di maggioranza. Per me Porta Saragozza è stato il simbolo di una vittoria, un’icona, un monumento vivente che ha consentito la ricostruzione del movimento in tutta Italia perchè induceva un effetto imitativo, era una conquista che suggeriva che si potesse realizzare per emulazione anche in altre città. In quegli anni non c’era servizio giornalistico su Bologna che non partisse dal Cassero, non solo come simbolo per gli omosessuali di un’idea positiva di omosessualità, ma anche come il simbolo di una città aperta, liberale, di sinistra, dove le cose si potevano realizzare, quindi come simbolo della Bologna democratica. Vent’anni dopo siamo dovuti “emigrare” perché nelle serate in cui si riempiva con la gente stipata come le sardine, c’erano problemi di sicurezza evidenti per le strutture. Se ci avessero dato l’altra metà della Porta forse avremmo tentato di rimanere e ristrutturare, ma siccome non siamo la potente lobby che dicono ci trasferimmo, e alla Salara si riescono a fare serate dove passano anche 1500 persone. Di sicuro nel cambiamento si è persa una parte simbolica, ma in realtà il tentativo di trasferirla alla Salara è stato fatto, la presenza politica di Arcigay e Arcilesbica in città è percepibile, e nel mondo gay il trasferimento del mito ha funzionato. Ancora oggi dopo 25 anni, non c’è omosessuale, penso a livello mondiale, che quando arriva a Bologna non venga, prima di tutto, al Cassero, cioè alla Salara.

che lavorasse sulla visibilità e la cultura del mondo lesbico, e che facesse da soggetto collante per le varie progettualità che esistevano ma che rimanevano poco collegate. Questo ha creato anche un livello di incomprensione nei nostri compagni, che hanno vissuto questa separazione come una cosa traumatica, un po’ come un abbandono, e all’inizio ci furono dei conflitti seri in questo senso. Ma noi desideravamo caratterizzarci anche politicamente in maniera diversa, ad esempio di lì a poco ci saremmo rapportate al movimento femminista mondiale antiglobalizzazione. Il Cassero è un patrimonio dell’umanità. È stato ed è un simbolo della lotta di liberazione per i diritti omosessuali, non credo solo per l’Italia; ho la sensazione netta che la particolarità del contesto italiano, con il Vaticano in casa, abbia dato alla sua esperienza politica una dimensione internazionale, e credo che rimarrà per sempre nella memoria storica, non solo del movimento. È stata un’esperienza unica e irripetibile, e la Salara, che è splendida, è una nuova pagina del movimento gay e lesbico bolognese.

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Simone, elezioni amministrative 1995

FRANCO GRILLINI

Walter Vitali, Franco Grillini, Luciano Pignotti, “Cassero, 10 anni di libertà”, foto G. Perticoni

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ROBERTO DARTENUC È colui che viene chiamato in piena notte (il suo telefonino è acceso 24 ore su 24) quando si presentano problemi di tesseramento; è infatti responsabile del trattamento dati, nonché direttore del circuito Ricreativo Uno Club, ma pochi sanno dei suoi inizi come tecnico-elettricista del KGB&B.

Emanuele, Sam, Roberto, Antonio, Antonio, Maurizio, Verona 2001

Il mio primo impatto con la realtà omosessuale organizzata fu a un convegno del “Fuori” in una sala comunale di via Pietralata. La sala era al secondo piano, e l’ascensore si apriva su un piccolo foyer antistante, che aveva un divano. Quando si aprirono le porte dell’ascensore, vidi mollemente adagiati sul divano Rinaldo e la Luciana, che allora era trans. Io ero rimasto un attimo interdetto guardandole, e queste nel vedermi hanno urlato in coro: “Uh, una nuova!” Io terrorizzato, ho schiacciato il pulsante piano terra e sono scappato via! Ma dopo qualche minuto mi sono fatto coraggio, sono tornato su, e con fare spavaldo, mentre dicevano “È tornata!”, non le ho degnate di uno sguardo e sono entrato in sala. Da lì iniziai a frequentare le varie riunioni, ma sicuramente tutto cambiò in meglio per il movimento gay a Bologna quando ci diedero la sede in Porta Saragozza, perchè i muri costituivano un collante nei momenti di crisi, e credo che questa cosa sia vera ancora adesso. Poi la vita del Cassero da allora ad oggi secondo me è sempre stata simile, nel senso che penso abbia sempre avuto un andamento tipo a onda di mare, va e viene, va e si ritira... Di ricordi d’epoca, il più particolare è legato a una sorta di gemellaggio che avevamo fatto con un’associazione gay dell’università di Lubjana, e parliamo ancora della Jugoslavia di Tito; ci invitarono per tre giorni, e il programma prevedeva anche una festa che si doveva fare all’università. La Cesarina doveva essere l’ospite d’onore che veniva dall’Italia a fare i suoi rinomati cocktail. Quindi partimmo in macchina da Bologna col baule stracarico di alcoolici. Arrivati alla frontiera ci aprirono il baule e ci bloccarono, allora la Cesarina (che indossava un filo di perle oltre ai suoi storici baffi) prese 2 o 3 bottiglie tra gin e whisky, prese le braccia del doganiere mettendogliele conserte come se dovesse cullare un bimbo, e gli mise in braccio queste bottiglie. A questo punto disse, “sali in macchina”. Io provai a protestare “ma questo ci arresta”, lui ribadì “Tu sali e vai via” e misi in moto, il doganiere

MAURIZIO CECCONI “Pasionaria” della politica, è membro dell’attuale direttivo del Cassero, del quale è una delle più battagliere attiviste, ma si esercita anche come sofisticata fotografa e come Vj (tra Bologna e Berlino), sotto il nome di Mizz Pravda. Il Cassero è un’associazione che ha la particolarità di essere molto grande. Ci sono giovani e anziani, donne e uomini, ricchi e poveri, checche e maschie, lesbo-chic e butch. La nostra è anche un’associazione orgogliosamente aperta agli amici e alle amiche del movimento di liberazione omosessuale: gli eterosessuali. Aquali persone l’idea di Cassero fa venire voglia d’impegnarsi nell’associazionismo? Questa domanda ci fornisce un identikit, prima di tutto politico. Credo che l’idea di Cassero richiami alla mente un immaginario di battaglie per la libertà libertà,, per la lotta contro le discriminazioni che colpiscono le persone omosessuali, bisessuali e trans. Di questo immaginario fa parte la capacità del Cassero di contaminare il linguaggio della politica politica,, rompendone lo schema del discorso, facendo deflagrare il bigottismo della sinistra dalla radici cattoliche e comuniste comuniste.. La cifra del disegno culturale/politico - che non si può dire che sia un prodotto coerente

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non profferì parola e ci lasciò andare. Stessa identica scena con un poliziotto un’ora più in là in pieno territorio jugoslavo; mentre eravamo incolonnati dietro a una fila di macchine, questo fermò soltanto noi millantando un eccesso di velocità, e io cominciai a litigare in inglese con lui mentre mi stava controllando la patente, perchè se eravamo noi in eccesso lo erano tutti gli altri ecc. Allora la Cesarina aprì la borsa per tirar fuori le banconote che avevamo cambiato in frontiera. Noi, non sapendo quale fosse il reale valore della moneta in quel paese, ci eravamo detti, “boh, mettiamo una media di 40.000 lire al giorno”, insomma stando abbondanti avevamo deciso di cambiare tra tutti e due 300.000 lire. In cambio ci diedero un mucchio gigantesco di banconote, che ci voleva un bauletto per portarle, per cui la Cesarina si fece dare un elastico. Ora, come sapete per certi aspetti la Cesarina non era logica. Qualunque altra persona avrebbe messo le banconote a parallelepipedo perpendicolare, per tenerle assieme con un elastico. Lei no, mise le banconote su un fianco, e poi le arrotolò a girella gigante, fissandola con l’elastico. Ovviamente una ciambella legata in quella maniera era totalmente instabile, per cui nel tirarla fuori dalla borsa si ruppe, e questa montagna di banconote per effetto dell’elastico esplose per tutta la macchina, finendo in mezzo ai pedali, in grembo, sul cambio, dappertutto, con questo poliziotto, che probabilmente non aveva mai visto tanti soldi assieme in vita sua, che ci guardava incredulo. Senza perdersi d’animo, la Cesarina si mise a cercare una banconota di taglio adatto, ne trovò una da 5000 dinari, che probabilmente per là erano lo stipendio di una giornata, allungò il braccio davanti a me per sporgersi dal finestrino, e gli mise in mano la banconota, dicendo queste parole: “Tenga, buon uomo!”, mentre contemporaneamente gli riprendeva la mia patente. La buttò in macchina, chiuse il finestrino senza dire una parola, e anche lì mi disse, “Vai!” Andò tutto bene, non ci inseguirono, e così potemmo procedere felicemente verso questo scambio “culturale” - che ovviamente fu tutto tranne che culturale!

e ragionato, quanto piuttosto la forza sotterranea che lo forma - del Cassero è stato ben riassunto nel manifesto di una nostra rassegna estiva di qualche anno fa. Recitava: Brindisi a Tirana Tirana.. Un’incongruenza geopolitica, un sorellanza rinnegata, un mito di glitter da smontare come i lego. In modi carsici e nascosti, ma come una potente energia della fantasia, questo è l’immaginario che nel tempo ci ha fatto avvicinare da persone dotate di grande volontà politica e con numerose capacità artistiche. Sopra le diverse capacità e la ricchezza delle idee, nel tempo è stata costruita l’ l’intelligenza intelligenza collettiva del Cassero. Un fenomeno talmente forte che non si può non rimanere colpiti dall’importanza che gli uomini e le donne che abitano il Cassero danno alla necessità di trasmettere un sapere di generazione in generazione,, generazione di non disperdere le pratiche di liberazione raccolte nel tempo.


Fionda Roberts, The Italian Miss Alternative 1998

CASSERO 25°

DANIELE DEL POZZO È dal 1994 l’“ingegnere culturale” del Cassero; è stato curatore di Blowing Bubbles e del Festival di Cinema gaylesbico di Bologna, e dirige a tutt’oggi la programmazione annuale della Libera Università Omosessuale e il festival Gender Bender. Se i numerosi giri di osservazione a vuoto intorno a Porta Saragozza non fanno numero, posso dire che la prima volta che osai entrarvi fu in un’estate del ’90, con la scusa che “dovevo” partecipare ad una riunione per la programmazione di una rassegna video organizzata dal collettivo gay universitario, formatosi durante le occupazioni di quell’anno. Il Cassero aveva già allora un forte immaginario in città, grazie a rassegne come Perversailles, alle Lezioni di Effeminatezza o allo spettacolo Asta Imperiale con Alessandro Fullin e Stefano Casagrande, ma anche alle iniziative politiche che lo vedevano coinvolto insieme ad altre associazioni cittadine. Varcare la porta di quel circolo significava affacciarsi su un luogo abitato da creature singolari, così sfacciate da dichiarare apertamente alla città che quello era il loro regno e che erano ben felici di viverci. Ma significava anche dichiararsi gay, e questo richiedeva la sua dose di coraggio. Nel ’94 Il Cassero cercava qualcuno che si occupasse della programmazione culturale e mi chiesero se fossi disponibile. La prima riunione operativa si svolse alla piscina di Corticella, con Casagrande, Lo Giudice e me che definivamo l’incarico in costume da bagno, adagiati su delle sdraio. In quell’occasione la Cesi glissò argutamente sul fatto che di lì a poco avremmo dovuto occuparci del Pride nazionale a Bologna... Nel 1998 riuscii anche a vincere “The Italian Miss Alternative”, rubando le idee altrui, come fanno i veri intellettuali. Alle modelle svogliate come me, Stefano assemblava comunque delle proposte, e mi presentò un omaggio di linee ortogonali dedicato a Mondriaan, ma che non mi convinceva. Vidi invece sul suo divano due ceste di plastica per il bucato e 20 metri di fodera a righe per materassi, destinate a un’altra ragazza. Me ne appropriai, vi aggiunsi una parrucca Settecento e vinsi nei panni di Maria Antonietta. Con Bruno Pompa, la parte più difficile fu trovare delle autoreggenti bianche per la nostra taglia. Nell’ennesima merceria, all’ennesima richiesta, la maliziosa merciaia ci squadrò ben bene, chiedendoci se erano per uno spettacolo. Noi rispondemmo di sì, aggiungendo: “di beneficenza”. Porta Saragozza, frammentata in piccoli ambienti su piani diversi, era per noi come un piccolo salotto della città. Gli spettacoli o gli appuntamenti culturali erano ospitati su un palco grande come tre scrivanie, per un pubblico di massimo 80 persone. Nonostante questo, e forse soprattutto per questo, essere pubblico significava diventare parte dello spettacolo o della conferenza, e viceversa. Come in una specie di strana lotteria, poteva capitare che lo

spettatore salisse sul palco o venisse chiamato in causa da una Cesi particolarmente mordace; così come il relatore poteva trovarsi sotto il tiro incrociato di osservazioni da parte di un pubblico in sala particolarmente eccitato. Questa particolare intimità permetteva uno scambio molto vitale, unico nel suo genere, che adesso, nella nuova dimensione della Salara, è andato un po’ smarrito. Dico questo senza rimpianto, ma con la coscienza che non c’è un meglio o un peggio, ma solo diverse possibilità. La dimensione architettonica di Porta Saragozza condizionava infatti necessariamente il pensiero di noi che ci vivevamo, e credo che il passaggio dalla vecchia alla nuova sede, abbia portato un gran beneficio alla progettualità culturale del circolo. Gli ultimi anni a Porta Saragozza furono ricchi di idee, ma anche difficili. Dopo vent’anni, l’associazione aveva maturato una sua forza progettuale - non solo in campo culturale - che però si scontrava con economie molto ridotte, costrette a poggiare su un bar formato polisportiva e una discoteca dimensione festino delle scuole medie. Ma cosa ancora più importante fu arrivare per primi nel distretto culturale della Manifattura delle Arti, in cui fummo poi seguiti dalla Cineteca, dall’Università, e infine dal Mambo. Credo che senza il trasloco alla Salara, “Gender Bender” - per fare un esempio - non sarebbe mai stato immaginato, così come l’idea di programmare iniziative di più ampio respiro utilizzando, in maniera naturale, gli spazi dei nostri vicini: cinema Lumière, Auditorium e Teatro dell’Università.

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STEFANO CASI È stato il fondatore e primo direttore del Centro di Documentazione, e negli anni 90 direttore della collana dei Quaderni di Critica Omosessuale pubblicati dal Cassero. È attualmente direttore dei Teatri di Vita, da lui fondati. A lui abbiamo chiesto un ricordo di Stefano Casagrande.

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Il ricordo più personale che ho di Stefano è il diktat a non mangiarmi le unghie: che figura ci avrei fatto se parlando in pubblico mi sarei messo un dito in bocca per abitudine? L’avevo guardato con sufficienza: con la mia timidezza non mi sarei mai trovato un giorno a parlare di fronte a un pubblico. Oggi ci penso spesso, sorridendo (e disubbidendo, anche davanti a un pubblico). Il ricordo più politico, invece, è quello delle riunioni serali del Circolo 28 Giugno, quando lui, barista e ‘straniero’ (venuto da Roma), sosteneva con lucida esuberanza la centralità della battaglia culturale nelle strategie del movimento omosessuale. Avevo trovato al mio arrivo al Cassero (1983/84) qualche scaffale con pochi libro (la biblioteca!) e proposi la sua sistemazione e organizzazione per trasformarla in Centro di Documentazione. L’alleato più autorevole e battagliero nel sostenere la mia idea da “ultimo arrivato” fu proprio lui, “la Cesarina”, icona della superficialità gay, che sapeva imporsi menando a dritta e manca colorite invettive e ordini irresistibili. Il Cassero doveva diventare anche un polo culturale ‘alto’ per una solida affermazione dei nostri diritti. Per lui, il volto di questa operazione avrebbe dovuto essere il mio (ecco il perché del diktat: gay sì, ma non mangiarti le unghie!), che stavo dando vita a quel Centro di Documentazione e a iniziative come i “Quaderni di critica omosessuale” e il premio per la miglior tesi di argomento omosessuale che coinvolse importanti docenti universitari. Cultura non solo come presenza del circolo nella città, ma anche come sfida alle cittadelle del sapere, dove l’omertà sulla nostra storia o le ricerche in ambiti delicatissimi (legge, psicologia…) significavano la continuazione oggettiva di stereotipi e discriminazioni. Difficile che chi ha conosciuto Stefano non ne conservi un ricordo forte, di quelli ben stagliati nella memoria. In genere ricordi legati alla sua travolgente vitalità e causticità e ai soprannomi appioppati a ogni sventurato che si avvicinasse al suo minuscolo bar, plancia di quel piccolo bastimento che sfidava l’omofobia più o meno latente della città, quella che mormorava, che accettava a denti stretti o che reagiva con atti di teppismo. Su quella plancia stava lui. Certo, la guida politica del Cassero era altrove, ma Stefano era il volto complesso di un movimento per il quale anche la scheccata o il parlare al femminile faceva parte di una consapevolezza politica di rivendicazione di cittadinanza. Sfoglio il libro che avevamo pubblicato nella collana dei “Quaderni di critica omosessuale”, dal titolo “Teatro in delirio”, e rivedo le foto di Stefano en travesti per gli spettacoli del gruppo teatrale attivo al Cassero per tutti gli anni 80: il KGB&B, cioè il Kassero Gay Band & Ballet. Ecco, lui era davvero così. Non una drag queen, ma uno che giocava con i suoi innumerevoli personaggi, tutti unificati in una costante: i suoi orgogliosi baffi spioventi, il suo sguardo con gli occhi neri e pungenti, la sua aria perennemente ironica e autoironica, ma pronta in un attimo a diventare aggressiva se solo qualcuno si fosse azzardato a contrariarlo. Gli spettacoli “deliranti” del KGB&B univano gioco, affermazione di identità comunitaria e prospettiva politica. Stefano ne era uno degli animatori più creativi, non tanto nella recitazione (era più efficace fuori dalla scena) quanto nella cura di vestiti, oggetti, scene. E’ questo il ricordo con cui voglio finire un ritratto troppo breve: Stefano artista. E cioè costumista, scenografo, grafico, arredatore, scultore, designer. E organizzatore acutissimo: con lui il Cassero divenne perfino uno dei palcoscenici off della ricerca teatrale a Bologna, e con lui demmo vita al festival “Loro del Reno” dedicato ai teatri indipendenti nell’89 e ’90 (a lui Teatri di Vita, riprendendo nel 2006 quell’idea di festival, ha intitolato il premio per il miglior gruppo teatrale). Forse è stato questo l’unico suo cruccio: rimanere ‘bloccato’ in un’immagine ormai consolidata (“la Cesarina”, il barista del Cassero) nonostante la sua incredibile verve di artista e “creativo” a 360 gradi in quei già parecchio creativi anni 80. Ricordo quando aprì un negozietto in via San Felice dopo aver lasciato il Cassero, puntando a ridefinire la sua immagine. Nonostante lo slancio e nonostante l’inarrestabile buonumore con cui continuava a intrattenerci raccontando di maschi strapazzati e avventure strabilianti, avvertivo sempre come se mancasse qualcosa. Il fatto è che l’arte di Stefano era indissolubilmente legata alla sua multiforme identità, che passava anche per quel bar-plancia nel torrione di porta Saragozza, dove tra il fumo insopportabile delle sigarette in quel buco di neanche dieci metri quadri troneggiava nel cuore delle notti bolognesi il più anomalo dei baristi, il più esuberante degli artisti, il più multiforme dei militanti gay.


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dall’alto: Nostra Signora Inès; Del Pozzo, Battistini, Fullin, Sedda, Pompa; Eva Robin’s al party “La Plus Belle”, foto Bruno Pompa; La sala discoteca e dibattiti, dibattito “Cassero, 10 anni di libertà”, 1993, foto Gianluca Perticoni; Bruno, Enzo, Stefano, camerino “Le Unioni Civili non ci coglieranno di sorpresa”, 26/5/1994.

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