Per Morgana
Chris Riddell Agata De Gotici e il fantasma del topo Traduzione di Pico Floridi © 2014 Editrice Il Castoro Srl viale Abruzzi 72, 20131 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it Pubblicato per la prima volta con il titolo Goth Girl and the Ghost of a Mouse da Macmillan Children’s Books una divisione di Macmillan Publishers Limited ©2013 Chris Riddell ISBN 978-88-8033-893-2 Finito di stampare nel mese di ottobre 2014 presso NIIAG - Arvato Print Italy (BG)
e il fantasma del topo
CHRI S RIDDELL
QUESTO LIBRO CONTIENE NOTE A PIÈ DI PAGINA SCRITTE DAL PIEDE AMPUTATO DI UN FAMOSO SCRITTORE CHE PERSE IL SUDDETTO PIEDE NELLA BATTAGLIA DI BADEN-BADEN-WÜRTTEMBERG-BADEN
Capitolo Uno gata De Gotici si appoggiò ai cuscini del suo letto a doppio baldacchino e scrutò il buio pesto. Eccolo di nuovo. Un sospiro leggero e triste che si concludeva con un piccolo squittio. Agata scese dal letto e attraversò la stanza tenendo alta la candela. «Chi va là?», sussurrò. Agata era la figlia unica di Lord De Gotici del Palazzo di Gorgonza coi Grilli, il famoso poeta ciclista. Sua madre era stata una bellissima funambola di Salonicco che Lord De Gotici aveva incontrato e sposato durante i suoi viaggi. Sfortunatamente, Partenope era morta quando Agata era ancora un bebè. Era successo una sera, durante un temporale, mentre si esercitava sul tetto del Palazzo di Gorgonza coi Grilli. Lord De Gotici non parlava mai di quella notte spaventosa. 1
Restava solo nella sua immensa magione, chiuso nel suo studio a scrivere poesie molto molto lunghe. Quando non scriveva, Lord De Gotici passava il tempo galoppando sul suo velocipede di legno – la draisina Pegaso – nei giardini del palazzo, sparando a casaccio con il suo archibugio. Così si era fatto la fama di essere pazzo, maligno e pericoloso per gli gnomi. Dopo l’incidente, Lord De Gotici si era persuaso che i fanciulli andassero sentiti – ma non visti. E quindi pretendeva che Agata indossasse degli scarponi chiodati e pesanti per percorrere i corridoi e i cunicoli del Palazzo di Gorgonza coi Grilli. Così poteva udire i suoi passi quando si avvicinava ed evitare di incontrarla nascondendosi nel suo studio, dove
nessuno lo poteva disturbare. Perciò Agata non vedeva spesso suo padre. Questo fatto a volte la rendeva triste, ma lo capiva. Ogni settimana, quando prendeva il tè con lui nella Galleria Lunga, Agata vedeva l’espressione di Lord De Gotici cambiare quando i loro sguardi si incrociavano. Il suo viso triste era sufficiente perché Agata capisse che gli ricordava sua madre, Partenope, la bellissima funambola, e la terribile tragedia che era avvenuta. Con i suoi ricci neri e i suoi occhi azzurri, Agata era identica a lei. Agata lo sapeva perché aveva ereditato un medaglione con all’interno una miniatura di sua madre. «Chi va là?», sussurrò di nuovo Agata, un po’ più forte questa volta. «Sono solo io», disse una vocina che proveniva dalle tenebre. Agata infilò i piedi nelle ballerine di pelle nera che teneva sullo scendiletto. Erano 3
le scarpette da funambola di sua madre, un po’ grandi ma molto comode e, soprattutto, molto silenziose. Agata amava indossarle per sgattaiolare in giro per il Palazzo di Gorgonza coi Grilli. Fare delle esplorazioni era il suo passatempo preferito, specialmente di notte, quando tutti dormivano. Anche se Agata ci aveva vissuto tutta la vita, il palazzo era così grande che vi erano ancora delle stanze in cui non era mai stata, e negli incolti terreni circostanti molti fabbricati nascosti che doveva ancora esplorare. Agata fece qualche passo sul tappeto anatolico scolorito, tenendo alta la candela davanti a sé. Ed ecco che notò, appena visibile su una macchia chiara al centro del tappeto, una figuretta bianca, luminosa e quasi trasparente. Agata spalancò gli occhi. «Sei un topo!», esclamò. Il topo risplendette pallidamente e fece un altro sospiro che si concluse con uno squittio leggero. «Lo ero», disse scuotendo il capo, «ma adesso sono il fantasma di un topo». 5
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Dato che era così grande e così antico, il Palazzo di Gorgonza coi Grilli ospitava parecchi fantasmi. C’era la suora bianca che a volte appariva nella Galleria Lunga nelle notti senza luna, il monaco nero che occasionalmente si mostrava nella Galleria Corta, e il curato beige che scivolava sul corrimano dello scalone d’onore ogni primo martedì del mese. Questi fantasmi di solito borbottavano, si lamentavano oppure – come faceva il curato – cantavano con voce acutissima e con la lisca – ma non pronunciavano mai nessuna parola, diversamente dal topo. «È da molto che sei un fantasma?», chiese Agata, mettendo giù la candela e sedendo a gambe incrociate sul tappeto. «Non direi», disse il fantasma del topo. «L’ultima cosa che ricordo era che stavo guizzando lungo il corridoio di una parte della casa dove non ero mai stato, era tutto polveroso e invaso di ragnatele.» Il topo risplendette pallidamente alla luce della candela. 8
«Ero andato a trovare un toporagno in giardino e tornando mi ero perso. Ho una bellissima tana nel battiscopa dello studio di tuo padre – o almeno l’avevo...» Il topo fece una pausa e si abbandonò a un altro piccolo sospiro prima di cambiare argomento. «Tu devi essere sua figlia», disse, guardando Agata. «La piccola De Gotici. Quella che va in giro con gli scarponi chiodati.» «Esatto, mi chiamo Agata», disse lei educatamente. «E tu?» «Chiamami Ismaele», disse il fantasma del topo. «Comunque, mi tenevo nell’ombra, a testa bassa, quando ho sentito un profumino delizioso che aleggiava lungo il corridoio e mi veniva incontro. Be’, non ho resistito. Le mie narici 9
*Il Gorgonzola coi Grilli è un formaggio molto raro e rinomato. Insieme al Casu Marzu di Sardegna, al Marcetto di Castel del Monte e al Salterello del Friuli, è fra i rari formaggi che sono saporiti e puzzolenti perché albergano i vermi saltarelli che ci vivono dentro. Io lo trovo ottimo e profumato.
frementi mi hanno guidato dritto dritto a quel pezzo di formaggio giallino con dei vermetti bianchicci che puzzava come i calzini di uno stalliere...» Ismaele chiuse gli occhi e si dimenò tutto dal piacere. «Potrebbe essere il Gorgonzola coi Grilli*», disse Agata. Ce n’erano varie forme nella dispensa della cucina l’ultima volta che Agata era andata a vedere. Non che andasse spesso in cucina. Quello era il regno della signora Pocoboni, che era molto grassa e molto strillona e faceva molta più paura di qualsiasi fantasma. Passava il suo tempo a inventare ricette e a scriverle in un gigantesco librone e intanto sgridava le sguattere e le faceva piangere. I suoi piatti erano estremamente complicati e spesso difficili da mangiare in quanto per farlo erano necessari ventitré diversi coltelli, forchette e cucchiai, sia a colazione che a pranzo. A cena poi, servivano ancora più 10
posate. La sua gelatina di zampa di rinoceronte con sformato di lontra marina in riduzione di lacrime di sguattera era il piatto preferito di Lord De Gotici, mentre quello di Agata era l’uovo alla coque con i soldatini di pane. «Gorgonzola coi Grilli?», disse Ismaele. «Aveva un profumino delizioso, qualunque cosa fosse. Mi sono allungato per prenderlo quando... CLACK! Buio totale.» Ebbe un brivido. «E all’improvviso mi sono 11
ritrovato bianco e trasparente; fluttuavo a mezz’aria e mi vedevo in basso, preso in un’orribile trappola.» «Che cosa tremenda!», disse Agata. «Non avevo il coraggio di guardare», disse Ismaele con aria triste, «e così sono fluttuato via e poi, non so perché, ma qualcosa mi ha fatto venire qui nella tua stanza...». «Forse ti posso aiutare», disse Agata, anche se non sapeva bene come. Ismaele si strinse nelle spalle e disse: «Non saprei bene come», aggiungendo subito dopo: «A meno che...». «A meno che?», chiese Agata. «A meno che tu non venga con me a prendere la trappola», disse il fantasma del topo, mentre i baffi gli fremevano. «Prima che altri topolini innocenti ci finiscano dentro.» «Mi sembra una buona idea», disse Agata. Agata seguì Ismaele in punta di piedi, con le sue ballerine da funambola. Uscirono dalla camera da letto, percorsero il corridoio e attraversarono 12
la Galleria Lunga fino allo scalone d’onore. La luce della luna piena inondava lo spazio, illuminando i ritratti alle pareti. Agata notò che non c’era traccia della suora bianca, ma le parve che gli occhi di uno dei ritratti la seguissero mentre gli passava davanti in punta di piedi. Il primo Lord De Gotici aveva i capelli tagliati a scoppola e un gran colletto di merletti, il terzo Lord De Gotici esibiva un neo finto. Il quinto Lord De Gotici aveva una parrucca incipriata sulle ventitré, un gran pancione e sembrava di pessimo umore. «Da questa parte», indicò Ismaele mentre fluttuava giù per lo scalone. Agata si guardò intorno. Non c’era traccia del curato beige, quindi salì sul corrimano e scivolò fin giù producendo un bellissimo fruscio. 13
Ismaele la stava aspettando in fondo alle scale. Il fantasma del topo le fece segno che il corridoio era da qualche parte di là. Agata sentì l’emozione darle un pizzicotto nello stomaco. «L’Ala Diruta?!», sussurrò. Il palazzo di Agata era gigantesco. C’erano l’Ala Est, il salone d’ingresso con una grandissima cupola, l’Ala Ovest, e, dietro l’edificio, la parte più antica del Palazzo di Gorgonza coi Grilli, l’Ala Diruta. Si chiamava l’Ala Diruta perché aveva bisogno di manutenzione. Ma era lontana ed era una tale confusione di stanze dimenticate, di bagni trascurati e di corridoi abbandonati, che tutti i lord avevano preferito ignorare il problema e dedicarsi a costruire parti nuove sui lati più visibili del palazzo. Il 4° Lord De Gotici aveva aggiunto la cupola e oltre quattrocento comignoli ornamentali, mentre il 5° Lord De Gotici aveva fatto erigere il magnifico portico davanti alla magione e le nuove cucine nell’Ala Est. Il papà di Agata era il 6° Lord De Gotici e si era concentrato sull’Ala Ovest 14
aggiungendo saloni e biblioteche e un corpo di scuderie per le sue draisine. Aveva incaricato il miglior architetto del paesaggio del suo tempo, Luigi De Vitelli, di disegnare i giardini del Palazzo di Gorgonza coi Grilli con dovizia di elementi eleganti, come il Giardino Roccioso con mille gnomi alpini, la Fontana Ornamentale Decorativa e la pista per le draisine. Agata e Ismaele attraversarono l’immenso salone d’ingresso sotto la cupola grandiosa e si infilarono in una porticina, mezzo nascosta da un pesante arazzo. 15
I corridoi erano lunghi, bui e invasi dalle ragnatele; dozzine di porte si aprivano lungo le pareti. Quasi tutte le stanze erano vuote, con i parati che si staccavano e i soffitti di gesso che venivano giù, ma alcune erano piene di roba vecchia e dimenticata, il tipo di cose che Agata prediligeva. In una delle camere c’era il ritratto di una signora con un sorriso ammaliante. Un’altra stanza era piena di vasi con immagini di dragoni cinesi e una terza stanza aveva al centro la statua di una bellissima dea senza braccia. Finalmente Ismaele si fermò e indicò una grande porta a due battenti con due batacchi in bronzo. «Là!», disse con frenesia. Agata guardò. Davanti alle porte c’era una trappola per topi 16
con dentro un pezzetto di Gorgonzola coi Grilli. Agata la spostò appena con la punta del piede. Bang! L’orrendo marchingegno si chiuse con un colpo. Agata si piegò per prenderlo. In quel momento, sentì una voce familiare e sgradita proprio dietro alle porte. «Ne ho beccato un altro!», ansimava. Le porte iniziarono ad aprirsi cigolando, ma Agata si era già voltata ed era schizzata via.