L'Atomica - Steve Sheinkin

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Steve Sheinkin

L’ATOMICA LA CORSA PER COSTRUIRE (E RUBARE) L’ARMA PIÙ PERICOLOSA DEL MONDO


Alla mamma, la mia prima e più paziente insegnante di scrittura

L’atomica. La corsa per costruire (e rubare) l’arma più pericolosa del mondo di Steve Sheinkin Traduzione di Nello Giugliano © 2015 Editrice Il Castoro viale Abruzzi 72, 20131 Milano info@castoro-on-line.it www.castoro-on-line.it Copertina di Agostino Iacurci Realizzazione a cura di Il Paragrafo, Udine - www.paragrafo.it Copyright testo © 2012 Steve Sheinkin Design del libro di Jay Colvin Published by arrangement with Roaring Brook Press, a division of Holtzbrinck Publishers Holdings Limited Partnership and Marco Vigevani & Associati Agenzia Letteraria. All rights reserved. Pubblicato per la prima volta nel 2012 con il titolo Bomb.The Race to Build – and Steal – the World’s Most Dangerous Weapon da Flash Point, un marchio di Roaring Brook Press. Roaring Brook Press è una divisione di Holtzbrinck Publishing Holdings Limited Partnership, 175 Fifth Avenue, New York, New York 10010 mackids.com ISBN 978-88-8033-909-0


INDICE

Prologo. 22 maggio 1950

1

Prima parte. Una corsa a tre

5

Seconda parte. Reazioni a catena

49

Terza parte. Come costruire una bomba atomica

101

Quarta parte. Assemblaggio finale

163

Epilogo. Due scorpioni in una bottiglia

259

Verso Trinity

273

Fonti bibliografiche

279

Ringraziamenti 285 Crediti fotografici

286

Indice analitico

287



PROLOGO 22 MAGGIO 1950

GLI RESTAVANO POCHI MINUTI

per far sparire di-

ciassette anni di prove. Ancora in pigiama, Harry Gold correva in giro per la stanza a soqquadro, apriva i cassetti della scrivania, tirava fuori scatole dall’armadio e buttava giù libri dalle mensole. Era terrorizzato. Ovunque si girasse c’erano documenti incriminanti: la ricevuta di un biglietto aereo, un rapporto segreto, la lettera di una spia. Stracciò dei fogli, ne portò due manciate in bagno, le gettò nella tazza e azionò lo sciacquone. Poi tornò di corsa in camera, prese il resto del mucchio e scese ciabattando le scale fino in cantina, dove ficcò tutto in un tracimante bidone della spazzatura. Qualcuno suonò il campanello. Gold andò alla porta. Respirò a fondo nel tentativo di rallentare i battiti del cuore, poi aprì e vide gli uomini che aspettava: gli agenti dell’Fbi Scott Miller e Richard Brennan. Lo stavano interrogando da giorni, gli mostravano le foto di note spie chiedendogli che legami avesse con quelle persone. Lui non aveva ancora confessato nulla, insisteva nel dire di essere ciò che sembrava: un semplice chimico, gran lavoratore, che viveva con il padre e il fratello e non si era mai allontanato dalla sua casa di Philadelphia. Poco


Prologo 2

convinti di questa versione, gli agenti erano venuti a perquisirgli la casa. Gold li condusse in camera. L’agente Miller si sedette alla scrivania e cominciò ad aprire i cassetti, curiosando tra i documenti impilati. Brennan si dedicò alle mensole incurvate dal peso dei tanti volumi di matematica e scienza, stipati uno accanto all’altro, e dalle cataste di romanzi. L’agente sfogliò un tascabile, fermandosi a controllare una scritta all’interno della copertina: il nome di un grande magazzino di Rochester, nello Stato di New York. «Questo cos’è?», chiese a Gold, mostrandogli il libro aperto. «Oh, non ne ho idea», rispose lui. «Devo averlo preso in qualche negozio di libri usati, Dio solo sa dove.» Poi, da un cassetto della scrivania, Miller tirò fuori un orario dei treni per la linea Washington-Philadelphia-New York-Boston. Un altro indizio del fatto che Gold non era il ragazzo tutto casa e bottega che diceva di essere. «E questo, Harry?», gli domandò Miller. «Lo sa il cielo», gli rispose lui, stringendosi nelle spalle. «Probabilmente l’ho preso quando sono andato a New York.» “Qui si mette male”, pensò. “Ma non sono ancora nei guai.” Poi arrivò un duro colpo. Gold guardò Brennan sfilare dalla libreria una grossa copia malconcia dei Princìpi di ingegneria chimica. Si sentì assalire dalla nausea quando vide cadere a terra una cartina stradale color marrone chiaro. Gli sembrò che quel foglio ripiegato stesse urlando il proprio titolo nella stanza silenziosa: New Mexico, una terra incantevole. “Oddio”, pensò. «E così non sei mai stato a ovest del Mississippi», disse Brennan, mentre si chinava a raccogliere la mappa. La aprì e vide una grande X tracciata a penna, nella parte di Santa


Prologo

Fe dove il Castillo Street Bridge attraversa il fiume che dà il nome alla città. «E di questa che mi dici, Harry?», chiese Brennan. Miller girò attorno alla scrivania e si fermò a osservare Gold. Doveva rispondere alla svelta, gli serviva una giustificazione plausibile. Ma rimase paralizzato. «Datemi un minuto», riuscì a dire, prima di lasciarsi cadere pesantemente sulla poltroncina della scrivania. Brennan gli offrì una sigaretta, e lui la accettò. L’agente gliela accese, e Gold fece un lungo tiro. «Un fiume di pensieri mi si riversò nella mente», avrebbe detto in seguito a proposito di quel momento. Sarebbe stato facile giustificare la presenza di quella cartina: bastava dire che adorava i western, cosa tra l’altro vera, e che per curiosità si era fatto spedire quella mappa dal museo di Santa Fe. Di sicuro lì non tenevano traccia di richieste del genere, nessuno avrebbe potuto dimostrare che mentiva. Ma poi pensò a quel che sarebbe successo se avesse continuato a professarsi innocente: “La mia famiglia, i colleghi e gli amici che conoscevo da una vita... tutti si sarebbero schierati dalla mia parte. E per loro la sorpresa e la delusione sarebbero state davvero terribili quando, alla fine, fosse venuta alla luce la verità”. Da diciassette anni Harry Gold viveva una doppia vita. Sopraffatto dalla stanchezza, si girò a guardare gli agenti dell’Fbi, che ancora aspettavano una sua risposta. «Sì, sono io l’uomo che state cercando», disse. Sprofondò ancor più nella poltroncina. «Questa storia è assai più grossa di quanto pensiate. È cominciata tanto tempo fa. Ve la vorrei raccontare tutta.»

3


KNUT HAUKELID, militante della Resistenza norvegese

KLIN FRAN NO A L DE T, EVEL ROOS

te iden pres ati i St l g e d dal i t i Un 945 al 1 1933

HARRY GOLD ,

spia e corriere per i sovietic i


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EUGENE WIGNER, fisico, contribuì ad avviare il Progetto Manhattan

PRIMA PARTE. UNA CORSA A TRE

OTTO HAHN E LISE MEITNER, scopritori della fissione nucleare

RT ALBE , TEIN S N I E co fisi ama di f iale mond



UN SUPEREROE PELLE E OSSA

questa è una grande storia. È la storia della costruzione – e del furto – dell’arma più letale mai inventata. Il teatro d’azione abbraccia tutto il mondo, tra laboratori segreti, incursioni militari e incontri tra spie agli angoli delle strade. Ma come la maggior parte delle grandi storie, anche questa inizia da un piccolo evento. Cominciamo a seguire lo svolgersi della trama sedici anni prima che gli agenti dell’Fbi mettessero alle strette Harry Gold nella sua casa di Philadelphia. Cominciamo cinquemila chilometri più a ovest, a Berkeley, in California, in una fredda notte di febbraio del 1934. Su un’alta collina sopra la città, un uomo e una donna sedevano in un’auto parcheggiata. L’uomo, un magrissimo docente di fisica che rispondeva al nome di Robert Oppenheimer, occupava il posto del guidatore. La donna accanto a lui era la sua fidanzata, una specializzanda che si chiamava Melba Phillips. I due stavano ammirando il panorama della baia di San Francisco. HARRY GOLD AVEVA RAGIONE:

Robert Oppenheimer in posa davanti alla sua classe all’Università di Princeton, 17 dicembre 1947.


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