ANDREA VALENTE
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GUARDA CHE LUNA TOR
Editrice Il Castoro è socia di IBBY Italia
Leggere per crescere liberi
Guarda che luna di Andrea Valente © 2019 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria, 20124 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it Grafica di copertina PEPE nymi Prima edizione © 2009 Editrice Il Castoro Srl © 2009, 2019 Andrea Valente (illustrazioni e testi) Pubblicato in accordo con Caminito S.a.s. Agenzia Letteraria www.andreavalente.xyz ISBN 978-88-6966-446-5
andrea valente
Guarda che luna
L’OTTAVO GIORNO
L’ottavo giorno dalla creazione dell’universo intero, verso sera, Eva si presentò in tutta la sua fluente biondezza ad Adamo e – tanto per farsi desiderare un po’ – mise bene in chiaro le proprie richieste:
«Voglio la Luna!» esclamò, senza troppi giri di parole.
Adamo, evidentemente poco avvezzo alle richieste femminili, sorrise affettuoso e diede – si narra – un bacio sulla fronte della bella, poi si avvicinò al melo, colse con un rapido gesto il frutto più dolce senza badare al sibilo diabolico, e lo porse all’amata. 1
Non colse, evidentemente, l’enorme differenza che passa tra un satellite orbitante e un frutto pur buono. Ottimo, anzi, per lo strudel. Eva, invece, pur sgranocchiandone la polpa con un certo gusto, era ben conscia che la Luna era tutt’altro e non avrebbe tardato a farsi sentire dal paradisiaco consorte. Non fece però in tempo a dire alcunché, perché in un battito di ciglia svolazzanti i due si trovarono sbalzati chissà dove, con tanto di biasimo, ben fuori dal paradiso terrestre.
Nudi come Tarzan e Jane, in un mondo sconosciuto, a notte ormai inoltrata. La situazione si faceva intricata ed Eva – si sa – avrebbe di lì a poco cominciato a lamentarsi di ogni cosa. Adamo, evidentemente innamorato, non ci badò più di tanto e non si lasciò prendere dallo sconforto. Accoccolato alla sua bella la invitò ad ammirare il tramonto, consolandola con tre romantiche parole:
«Guarda che Luna!» Non si hanno notizie certe, ma alcuni sostengono che, quella notte, Eva ebbe una certa difficoltà ad addormentarsi senza sognare mele golden, renette e persino un tal Guglielmo Tell e trascorse varie ore a rigirarsi nel giaciglio tra le foglie di fico, per risvegliarsi al mattino con un forte mal di testa.
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EVA È PROBABILMENTE LA DONNA PIÙ FAMOSA DELLA STORIA DELL’UMANITÀ INTERA. UNA DONNA UNICA, ANCHE PERCHÉ AL SUO TEMPO ERA L’UNICA DAVVERO. QUALCHE GIORNO DOPO LA CREAZIONE, CON ADAMO FU CACCIATA DAL PARADISO TERRESTRE. STA SCRITTO NELLA GENESI.
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UN SALTO LASSÙ
Narra la leggenda che Zeus, sovrano intergalattico dell’Olimpo e di tutte le sue pendici, spesso impegnato in tresche amorose o a trasformar le sembianze di chi gli si rendesse antipatico, trovasse pure il tempo per annoiarsi. Succedeva più o meno una volta ogni quattro anni. Allo scadere del quarantottesimo mese il re degli dei sorseggiava un calice di vino al miele sbadigliando senza vergogna e prendeva in mano la situazione.
«Cessate le guerre – ordinava – e sospendete le battaglie, che ho voglia di divertirmi un po’.»
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«Interrompete le dispute – continuava – e le partite a briscola, che ho voglia di divertirmi un po’.
«Venite a Olimpia» intimava, che aveva voglia di divertirsi un po’. In breve le tribune dello stadio erano gremite in ogni ordine di posto e i posti in disordine erano occupati pure loro. Sulla pista, belli e forzuti, gli atleti sfilavano, con l’arduo compito di far divertire il capo e gli dei tutti insieme.
Uno provò a correre da qua a cento metri più in là in dieci secondi netti, ma Apollo, comodo in tribuna d’onore, in questa specialità era di un altro pianeta e se appena avesse avuto voglia, col piede suo veloce, avrebbe lui sì battuto chiunque con un gruzzolo di metri di distacco, altroché! Un altro tentò di sollevare qualche centinaio di chiletti tutti insieme, ma al solo pensiero di Ercole a guardarlo lo fece traballare e crollare a terra a veder le stelle. Chi provò a lanciare il disco o un martello; chi a volteggiare agli anelli oppure alle parallele: ognuno aveva una specialità con cui provare a divertire Zeus, che tuttavia continuava a sbadigliare senza nemmeno mettersi la mano davanti alla bocca. Le giornate olimpiche trascorrevano tra un record e l’altro, ma 5
sempre con quel velo di noia, tanto che Zeus stesso provò a suggerire qualche soluzione:
«Che qualcuno faccia un salto il più lungo possibile!» Detto, fatto. Altro record, ma niente sorriso sulla bocca del capo e nessuna luce particolarmente brillante nei suoi occhi. Stessa storia, manco a dirlo, con il salto triplo. «Che qualcuno – riprovò – salti più in lungo possibile!» Fatto anche questo, ma di nuovo niente. Anzi no. Ecco che nell’angolo della bocca del capo una piccola smorfia
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accennava un mezzo risveglio. Probabilmente era solo un ghigno o forse solo un tic, ma tanto valeva insistere e il solito esagerato se ne uscì da non so dove con un’asta di bambù lunga cinque metri e con quella si lanciò tra le nubi lasciando lo stadio intero a bocca aperta.
«Questo mi piace!» sentenziò Zeus, ringraziando la Luna da poco sorta nel cielo d’estate, per l’ispirazione. «Che qualcuno – insistette lui – salti fin sulla Luna!» Ci fu un attimo di imbarazzato silenzio. Quello sì, per quanto
potesse apparire un piccolo passo per un uomo, sarebbe stato un enorme balzo per l’umanità! Ma dove lo si trovava un bambù abbastanza lungo?
E come si faceva? E chi avrebbe avuto il coraggio di provarci? Niente. Da allora ogni quattro anni qualcuno ci tenta, con la pratica o con la fantasia, a fare un salto fin lassù, ma senza dirlo troppo in giro, che un’idea così balzana farebbe ridere tutti. Pure Zeus, che per lo meno si farebbe finalmente quattro sane risate e saluti a tutti.
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SOVRANO DELL’OLIMPO, ZEUS ERA IL RE DI TUTTI GLI DEI, DIO DEL CIELO E DEL TUONO, NOTO PER LA STRAVAGANTE USANZA DI COLPIRE CON FULMINI E SAETTE CHIUNQUE GLI STESSE UN PO’ ANTIPATICO. LE OLIMPIADI DELL’ANTICHITÀ, MANCO A DIRLO, SI SVOLGEVANO IN ONORE SUO.
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IN VACANZA SULLA LUNA
«Vedrete – ammoniva Anassagora con tono filosofeggiante – presto l’Uomo con la u maiuscola, come piace a noi filosofi, invaderà le nostre belle isole dell’Egeo in un divenire cosmico, che nemmeno io so cosa sia, ma succederà lo stesso. Soprattutto d’estate.» La gente lo ascoltava distratta, un po’ come si ascolta il fruttivendolo scandire i prezzi di banane e pomodori. «Preparatevi – continuava ad ammonire – a orde di invasori coi bermuda e i sandali. E se dentro ai sandali ci stanno i calzini… dio ce ne scampi!»
«E le partenze intelligenti?» lo imbeccava ogni tanto qualcuno.
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Lui ci pensava un po’ su poi, pronto, cercava di spiegare che l’intelligenza cosmica era altra cosa anche se di nuovo non sapeva bene cosa, e forse avrebbe davvero fatto meglio a offrire un cestino di fragole o due gambe di sedano. Ogni mattina, dall’alba alle prime ore calde, Anassagora ripeteva la stessa storia, che certo la tenacia non gli faceva difetto. Un giorno un bambino lo guardò dritto negli occhi e se ne uscì con un’idea balzana che poi tanto balzana non era: «Allora noi – propose con la sua voce bianca come le case di Santorini – ce ne andremo sulla Luna, che lì c’è di sicuro spazio per tutti.» Per un po’ Anassagora non mise più piede in città. Pensò di consultarsi nientemeno che con Platone e Aristotele, che però non erano ancora nati e quindi sarebbero stati di poco aiuto.
«La Luna – pensava – quell’ammasso roccioso avrebbe fatto concorrenza alle isole greche? Ma dai…!» Finché un giorno tornò sulla piazza, Anassagora, e dopo aver ammonito come un tempo contro le orde di macchine fotografiche, propose lui stesso la soluzione del marmocchio. «Noi – affermò – male che vada ce ne andremo sulla Luna. «Lassù – continuò – non solo avremo una bella visuale della Grecia quaggiù, ma saremo accolti con ogni confort dai Lunatici del luogo. 10
«Gente seria – concluse – mica dei buzzurri come si potrebbe pensare.» Non ti dico il caos che ne seguì. Non tanto perché andare fin sulla Luna potesse apparire problematico dal punto di vista prettamente tecnico. Il fatto è che nessuno prima di allora aveva mai ipotizzato che sulla Luna qualcuno ci fosse già.
E se c’è, che ci fa? Dopo una settimana di tumulti Anassagora fu messo davanti alle proprie responsabilità. Sulla pubblica piazza, circondato dalla popolazione tutta intera, ebbe inizio un processo in piena regola. «Dimostra – gli ordinò il capo con la barba – che la Luna è abitata, oppure sarai messo a morte.» 11
Lui sorrise, poi tranquillo ribatté: «Dimostri invece anche uno solo di voi che sulla Luna nessuno ci alloggia e sarò lieto di fare da spiedino per la vostra cena.» Inutile dire che gli scienziati del tempo furono i primi a far finta di nulla e svicolare chissà dove e per quella sera lo spiedino lo avrebbe mangiato Anassagora. Ma di capretto, che è meglio! L’indomani, sul giornale locale, un titolo a nove colonne doriche e corinzie esclamava:
FILOSOFI 1 : SCIENZIATI 0
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E
ra un bel po’ prima dell’anno zero e il filosofo Anassagora guardava la Luna e pensava che qualcuno abitasse lassù. Qualche secolo dopo la posizione della Luna nel sistema dei pianeti faceva venire il mal di testa a Tolomeo. E poi tutti a scrivere, a comporre, a girare film. Beethoven e Chopin le hanno dedicato sonate, Leopardi e Calvino poesie e racconti, Méliès uno dei suoi film più bizzarri. E finalmente un bel giorno, precisamente il 21 luglio 1969, qualcuno si è deciso a metterci piede. In questo libro sono raccolti 28 racconti, un po’ scientifici e molto umoristici, su tutti quelli che hanno guardato, studiato, raccontato, ammirato, cantato, toccato la Luna.
28 RACCONTI BREVI E SEMISERI PER SCOPRIRE LA LUNA! ANDREA VALENTE è scrittore e illustratore per ragazzi, oltre a essere un
grande divulgatore con la passione per lo spazio e per il cinema. Noto per aver creato l’irresistibile personaggio della Pecora Nera, ha vinto il Premio Andersen come Miglior Autore nel 2011. Con Il Castoro ha pubblicato anche La famiglia Cinemà.
€ 8,90 ISBN 978-88-6966-446-5
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