Il Re del rap

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il re del rap â‚Ź 13,50 ISBN 978-88-6966-008-5

www.castoro-on-line.it

9 788869 660085


Il Re del Rap di Gianfranco Liori illustrazioni di Margherita Allegri © 2015 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it Pubblicato in accordo con l’Autore c/o Agenzia Letteraria Kalama Lettering di copertina: Sara Balzanelli ISBN 978-88-6966-008-5


gianfranco liori

illustrazioni di Margherita Allegri



1.

la musica del paradiso

Il giorno in cui è cominciata tutta la storia me lo ricordo benissimo, perché era un giorno speciale. Era il 25 maggio, data di uscita dell’ultimo Cd di PaniKo, mitico cantante hip hop italoamericano del quale io vado letteralmente pazzo, come scoprirete presto. La mattina marinai la scuola: non mi sarei perso l’uscita del Cd per niente al mondo. E comunque avevo già fatto tutte le interrogazioni e raggiunto le sufficienze per essere promosso in terza media. Alle otto in punto ero davanti al negozio (anche se l’apertura era alle nove e trenta) insieme a un manipolo di altri fan, per potermi accaparrare una delle prime copie. Per farla breve, acquistai l’edizione limitata in cofanetto colorato di Rap Soup per la cifra di settantacinque euro, e me ne andai in giro per la città accarezzando il nuovo acquisto nella 5


tasca del giubbotto. Nel pack c’erano, oltre al Cd, anche: n. 1 poster a colori, n. 5 adesivi, n. 1 spillina e n. 1 bandana. Tutti con l’amato logo PaK (con la K maiuscola). Non vedevo l’ora di gustarmelo negli occhi e nelle orecchie. Arrivato a casa, all’ora di pranzo (non potevo rientrare prima!), mi chiusi in camera insieme al mio cane Kaiser e mi sparai il grande capolavoro. Wow… il disco suonava alla stragrande, il buon, vecchio PaK era in formissima e più grintoso che mai. La prima traccia partiva a tutto gas: PaniKo è in onda Un’onda che sfonda le casse e ti inonda. E a chi mi vorrebbe finito o già morto Gli smonto il riporto e con questo lo assordo: Alza, alza, alza il volume L’aria che sposto ti strappa le piume Alza, alza, alza il volume Io sono il nuovo e voi siete vecchiume

Ri-wow! Suonai il Cd fino a consumare lettore, cavi e casse. E mentre ascoltavo quella musica celestiale, ammirai tutte le immagini e le fotografie del libretto interno e seguii i testi delle canzoni senza perdermi una parola. Dopo un paio di volte li sapevo già a memoria. La musica di PaniKo non è solo miele per le orecchie, ma mi dà 6


belle sensazioni anche alla vista e agli altri organi di senso. Prima mi viene la pelle d’oca e poi mi si rizzano i capelli dietro la nuca e poi… beh, mi viene voglia di saltare e dimenarmi come un… non so che cosa. Quel giorno pensai che, se in paradiso doveva esserci una colonna sonora, beh, quella doveva essere cantata e suonata da PaniKo. Inforcai il mio Fender Precision e cercai di imparare le note al basso, ma erano troppo difficili, ci avrei messo troppo tempo prima di riuscire a suonarle. La musica di PaniKo piace moltissimo anche a Kaiser, anche se lui non si lascia andare come me, ma si limita a dimenare il moncherino di coda, tirare fuori la lingua, piegare leggermente il capo e guardarmi con occhi incantati. Il tempo volò in un attimo e mi dimenticai persino del pranzo. Dovette venire la mamma a portarmi un panino prima di tornare al lavoro, con papà che brontolava in corridoio. Per fortuna però non erano arrabbiati sul serio: diciamo che erano abituati alle mie stranezze musicali e, comunque, non potevano rimproverarmi, visto che gli stavo servendo su un piatto d’argento la mia promozione, per quanto risicata. E poi quel giorno avevano altro per la testa… ma questo l’avrei scoperto solo a cena. Verso le sei vennero a casa Bernardo (detto Benny) e Walter e, dato che non c’era nessuno, ci sparammo il 7


Cd a manetta (come raccomandato in copertina: Play it loud) per la felicità degli altri inquilini del palazzo. Attaccammo a pogare quasi fossimo a un vero concerto live e finì che, nella foga, io andai a sbattere con la bocca contro il naso di Benny, e Walter si beccò una gomitata sui denti e una ginocchiata nell’occhio. Quando i miei rincasarono per cena, con i sacchetti della rosticceria stracolmi e un cartone di pizza del takeaway, ci trovarono tutti pesti, spettinati e con qualche indumento strappato, ma eravamo contenti e felici come bambini nel Brucomela. A cena c’era proprio una bella atmosfera. Si sentiva che le vacanze erano nell’aria, papà sembrava molto allegro (quasi troppo!) e io avevo ancora tutta la beatitudine di un’intera giornata passata in compagnia della musica di Pak. Solo mia sorella Margherita ogni tanto schioccava la lingua alla vista del mio labbro gonfio e violaceo. Ma solo perché mi vuole bene. Lei ha quasi sedici anni ed è in quella fase in cui non è più una ragazzina ma non sa ancora bene cosa sta diventando: insomma, pare che sia un periodo particolare, ma il perché rimane un mistero, almeno per quanto mi riguarda. Per me è soltanto la mia sorellona, la migliore che mi potesse capitare. Comunque, mandai giù l’ultimo boccone di pizza e stavo già per fiondarmi di nuovo in camera, quando papà 8


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mi fece cenno di restare. Tossicchiò, sorrise da un orecchio all’altro e diede il suo grande annuncio. «Ragazzi, ho una magnifica notizia da darvi. Tenetevi forte: questa estate passeremo le vacanze… al King’s Resort, in Sardegna!» «Al King’s?», urlò Margherita saltando dalla sedia. Non riuscivo a crederci. Per chi non lo sapesse, è uno dei villaggi più esclusivi, più eleganti, più alla moda del mondo. Un posto da vip. Un posto nel quale, pur di andarci, tutti i miei compagni di scuola sarebbero disposti a farsi tagliare il mignolo della mano destra; dove per essere ammessi non basta avere il portafoglio bello gonfio, ma devi anche essere raccomandato da gente molto, molto influente. Mi chiesi quanto sarebbe costata la vacanza e, soprattutto, da dove mio padre avrebbe cavato i soldi. «Che ne dite, ragazzi?», continuò papà tutto trionfante. «Wow!», esclamò Margherita. «Aw», abbaiò Kaiser, mettendo fuori il muso da sotto il tavolo. E la mamma? Che fece la mamma? In tutto quel trambusto lei si limitò a guardarci con un sorrisetto che non sapevo definire. Stranamente stava zitta. Dato che era lei la più saggia ed equilibrata della coppia, mi sarei aspettato che sciorinasse due o tre motivi per non fare una pazzia simile. Primo, perché noi non facevamo parte del 10


jet set e, secondo, perché non avevamo tutti quei soldi da sperperare. E invece alzò soltanto gli occhi al cielo e continuò a sorridere. Forse, pensai, papà l’ha già convinta. Oppure è contenta anche lei di andarci. «Beh, che ne pensi, Mario?», mi chiese papà. «Non dici niente?» «Ehm…» Mi schiarii la voce. Sinceramente, a uno come me non importava proprio nulla di un posto del genere. Ma prima di pronunciarmi osservai di nuovo tutti i membri della famiglia. Mio padre aveva la faccia felice come un piccione, la mia sorellona non poteva desiderare niente di più fico e Kaiser aveva un’espressione giuliva: ci guardava tutti agitando la coda, trattenendosi a stento dal saltarmi al collo. Di mamma ho già parlato e, se stava zitta, probabilmente non aveva niente in contrario. Perciò a loro andava bene… E se erano contenti loro… anch’io ero a posto! Non avevo nessuna intenzione di rovinare quel momento felice. «È… fantastico, papà. Sono proprio contento», risposi infine. «Certo che sei contento! Sarà meraviglioso!», ribadì lui. «E poi, andare in un posto così è di fondamentale importanza per i miei nuovi affari.» Non stava più nella pelle e fece anche un selfie col telefonino. Chi fosse entrato in quel momento a casa nostra 11


avrebbe visto un quadretto familiare davvero simpatico. Una specie di famiglia modello. Un po’ strana, direte voi, con papà e Kaiser che sorridevano con la lingua di fuori (papà per lo sforzo di capire come funzionava la fotocamera), ma comunque unita da un legame molto solido.

Pensavo fossimo veramente felici, quel giorno, e che niente e nessuno avrebbe mai cambiato le cose. Se fossi stato un po’ più attento a cogliere certi segnali avrei capito che – chissà – magari mi sbagliavo.

12


2.

come un rospo di palude

La mattina alle sette portai Kaiser a fare la sua passeggiatina. «Senta lei, signor Vespucci!» Mentre scendevamo le scale, ci imbattemmo nel signor Cangemi, il capo condomino. Aveva tutta l’aria di volermi fare una ramanzina. Era stato un ufficiale della Marina Militare, prima di andare in pensione e diventare amministratore del palazzo. Aveva sempre voglia di dare ordini a qualcuno e desiderava che il nostro stabile fosse sempre tirato a lucido e in ordine come una portaerei. Dava del lei a tutti, anche ai ragazzini come me. «L’avverto che farò rapporto a suo padre», minacciò. «E se non fosse stato per il cognome che porta, un cognome illustre, al quale io non posso fare a meno di inchinarmi in un impeto di amore patriottico… insomma, io avrei chiesto alle sedi competenti di prendere provvedimenti nei suoi confronti.» Io non sapevo che cosa dire. E che cos’erano le sedi competenti? 13


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