C’è stato un omicidio, ma alla polizia non importa. In fondo il morto era solo un vecchio senzatetto.
KIM SLAT ER si è laureata in scrittura creativa all’università di Nottingham all’età di quarant’anni, dopo aver lavorato a lungo nel mondo della
scuola. Con Smart, il suo romanzo d’esordio, nel panorama della letteratura per ragazzi. Vive a Nottingham con il suo compagno
per questo deve pensarci Kieran. forse non
«GLI ho RACCoNTATo TuTTo.
GLI ho dETTo ChE IL SENzATETTo SEMbRAVA uN MuCChIo dI ST RACCI NELL’ACquA. GLI ho dETTo ChE LA poLIzIA CREdEVA ChE foSSE ubRIACo E ChE foSSE CAduTo. GLI ho dETTo ChE Io CREdEVo ChE foSSE STATo ASSASSINATo.»
ma è un genio del disegno e sa quanto contano i dettagli. E ha fatto una promessa: scoprirà cosa è successo veramente. Ma improvvisarsi investigatore non è facile, hai un patrigno violento e il tuo unico amico è un ragazzo ancora più emarginato di te. Indizi e segreti pericolosi sono ovunque, non soltanto nel quartiere e in città,
€ 15,50
ISBN 978-88-6966-017-7
mettere alla prova tutto il suo coraggio.
9 788869 660177 www.CASToRo-oN-LINE.IT
: Kieran dovrà
A Mackie, Francesca Kim e Mama.
Kim Slater Smart Traduzione di Anna Carbone © 2015 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it Pubblicato per la prima volta da Macmillan Children’s Books, una divisione di Macmillan Publisher’s International Limited. Copyright © 2014 Kim Slater Illustrazione di copertina di Helen Crawford-White
ISBN 978-88-6966-017-7
Traduzione di Anna Carbone
«Io sono un uomo semplice.» —L.S. Lowry
CAPITOLO 1 UN MORTO CHE GALLEGGIA
S
embrava
proprio
un
mucchio
di
St racci
che galleggiavano
sull’acqua. Jean era seduta sulla panchina con la targa d’ottone. C’è scritto: In memoria di Norman Reeves, che qui ha trascorso molte ore felici. La targa vuol dire che Norman Reeves è morto, però non lo dice espressamente. Jean si teneva la testa fra le mani e faceva avanti e indietro con tutto il corpo, come quando ridi o quando piangi. Ho pensato che piangesse e avevo ragione. «Lui era mio amico», singhiozzava. Mi sono guardato attorno, ma Jean era sola. La gente di qui dice che è «fuori come un balcone». Vuol dire che è matta. Una volta era un’infermiera di quelle che fanno nascere i bambini. Sa ancora un mucchio di roba che ha imparato sui libri di medicina, ma nessuno le crede. «Chi?», le ho chiesto. 1
Jean ha indicato gli stracci con il dito. Sono andato in fondo al molo per guardare. C’era una borsa a strisce semiaffondata. Fra gli stracci, sotto le increspature dell’acqua, ho visto una faccia con una barba cespugliosa. Un occhio era aperto e l’altro era chiuso. Ho sbarellato. Nella mia testa è partito il rumore del mare e mi sono messo a correre fin dopo il ponte e sono tornato indietro, ma non ho trovato aiuto. Non devo correre così, perché mi fa venire l’asma. «Quando senti nella testa il rumore del mare, è importante che tu resti calmo e respiri», dice la signorina Crane. Ho smesso di correre. Ho cercato di stare calmo e respirare. Ho usato l’inalatore. Quando sono tornato, Jean piangeva ancora. «Era mio amico», ripeteva. Ho preso un bastone lungo e l’ho portato sulla riva del fiume. Gli ho toccato la faccia, però non vicino agli occhi. «Che stai facendo?», mi ha urlato Jean dalla panchina. «Faccio una prova per vedere se è un palloncino», le ho urlato io. Era tutto gonfio e duro allo stesso tempo, perciò ho capito che era la testa dell’amico di Jean. «È un palloncino?» Una donna con un cane veniva verso di me. Quando mi è arrivata vicino, le ho detto: «L’amico di Jean è caduto nel fiume». Lei mi ha guardato strano come per ignorarmi e ha ripreso a camminare. Poi si è avvicinata un altro po’ e ha guardato nel fiume. A quel punto si è messa a gridare. Ho cominciato a passeggiare sul molo per stare calmo e 2
respirare. Alcune oche sono volate giù, planando sull’acqua. A loro non interessava niente degli stracci e della faccia gonfia. Sono andate avanti così e basta. Quando sono tornato, un poliziotto e una poliziotta stavano parlando con la signora del cane. Jean era ancora seduta sulla panchina, ma con lei non parlava nessuno. «È lui», ha detto la signora e mi ha indicato. «Come ti chiami, figliolo?», mi ha chiesto il poliziotto. «Non sono suo figlio», ho risposto. «Mio padre è morto di una malattia che gli faceva bere il sidro anche di mattina.» Il poliziotto e la poliziotta si sono guardati. «Puoi dirci che cosa è successo, tesoro?» La poliziotta aveva una faccia gentile, come la mamma quando non deve correre al lavoro. Ha indicato il fiume con un cenno della testa. «L’hai trovato così?» «Mi sembravano degli stracci», ho spiegato. «Era mio amico», ha urlato Jean dalla panchina. Il poliziotto ha scritto il mio nome e il mio indirizzo. «Era così quando sei arrivato?», mi ha chiesto. «La testa era un po’ più girata verso il ponte, prima che la toccassi con il bastone.» «Con il bastone?» «Dovevo vedere se era un palloncino o una testa vera», ho spiegato. La signora con il cane ha strillato. Ha fatto persino sobbalzare la poliziotta. «Era proprio una testa vera», ho detto. «Hai visto nessuno qui intorno, a parte la barbona?», mi ha chiesto il poliziotto. 3
«Jean era un’infermiera, non è matta.» È arrivato un furgone bianco. Sulla fiancata c’era scritto: Polizia - Unità fluviale e sopra aveva una luce blu che lampeggiava. La luce ha continuato a lampeggiare anche quando si è fermato. «Kieran, hai visto nessuno aggirarsi da queste parti?», mi ha chiesto di nuovo il poliziotto. «No. Quanti sommozzatori andranno in acqua?» Sulla fiancata del furgone si è aperto uno sportello e sono usciti due sommozzatori della polizia. Avevano le pinne e tutto quanto. «Se devono cercare indizi sott’acqua, dovranno usare il respiratore», ho detto. «Non ce n’è bisogno», ha commentato a bassa voce la poliziotta, come per non farsi sentire. «Probabilmente la vecchia spugna ha mandato giù un bicchiere di troppo.» Dal furgone della polizia è sceso anche un uomo che ha fatto delle foto all’amico di Jean nell’acqua. Poi i sommozzatori hanno montato dei paravento mentre tiravano il corpo fuori dal fiume. «Perché lo nascondono?», ho chiesto. «IO l’ho già visto.» «E l’hai toccato», ha detto il poliziotto, mentre se ne andavano. «Un’altra volta vedi di non toccare i morti.» Sull’altra riva si era radunato un gruppo di persone. C’era un uomo con il binocolo. La polizia ha svuotato la borsa a strisce del morto e ha sparso tutte le cose sul cemento. C’erano una coperta, dei calzini e una busta vuota di bastoncini al formaggio. 4
Sono arrivati due ragazzi più grandi della mia scuola e si sono fermati a guardare. «Che hai combinato, Down? Hai fatto secco qualcuno?», mi ha chiesto uno dei due. «Non ho la sindrome di Down», ho risposto. «Non c’è niente che non va nei miei cromosomi.» «Ne sei proprio sicuro, Down?», mi ha chiesto l’altro. E sono scoppiati a ridere.
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CAPITOLO 2 LA LETT ERA
d
dell’Evening Post. È per questo che volevo andare subito a casa, per mettermi a scrivere. Sul taccuino non ci scrivo sempre. Una volta ci scrivevo solo quando succedevano cose brutte, come quando la nonna ha smesso di venire a trovarci. Ora invece scrivo anche tutte le cose interessanti che succedono, così quando avrò finito la scuola il direttore del Post vorrà farmi lavorare per lui. Potrò fargli vedere il mio taccuino per dimostrargli che come reporter sono bravo. La cosa brutta al fiume era senz’altro interessante. So scrivere davvero piccolissimo, a volte non riesco a leggere la mia scrittura neppure io. In questo modo, nessuno può andare a raccontare in giro quello che ho scritto e va benissimo così. Della gente non ti puoi fidare, del taccuino invece sì. Ho strappato tutte le pagine di un vecchio annuario dei fumetti Beano e lo uso per nasconderci il taccuino. L’annuaa grande voglio fare il giornaliSta
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rio lo infilo in mezzo a un mucchio di altri annuari, sotto il letto. Non lo troverà mai nessuno. Ecco, è per questo che mi piace scrivere nel taccuino. Posso parlare di qualunque cosa sia stata inventata e nessuno può sgridarmi. Qui. Comando. Io. Posso scrivere frasi di una sola parola, così. Decido io. Vivo a Nottingham. Non proprio al centro, dove c’è il castello, ma subito ai bordi del centro. «Appena fuori dal centro città», dice la signorina Crane. “Ai bordi del centro” mi piace di più. Mi dà più l’aria di un posto. Robin Hood era di Nottingham. Viveva nella Foresta di Sherwood e aveva formato una banda di allegri compagni, con anche Little John, che era un tipo grande e grosso. Lo Yorkshire ha cercato di rubarci Robin Hood. Dicevano che veniva da là, ma gli storici hanno dimostrato che era di Nottingham. Mi sono fermato per un minuto e mi sono voltato a guardare il molo e le luci blu lampeggianti del furgone della polizia. Qualche volta quando guardo il fiume mi immagino che sia un pezzo di mare lungo e stretto. Se lo segui per quasi un anno, puoi arrivare in Australia. È qui da tanto tempo come Robin Hood. Forse è stato in qualcuno degli stessissimi posti dove sono stato anch’io, a guardare il fiume. L’ho detto una volta, a mio fratello più grande. «Come no», mi ha risposto. «Oh, certo che sei proprio tonto.» 7
Ryan è mio fratello più grande, però non è proprio mio fratello. Ho una mamma e un papà diversi da lui. Il mio papà è morto. Lo conosco solo per le fotografie che la mamma aveva conservato per farmele vedere. Allora ero solo un bambino. La signorina Crane dice che il nostro cervello mette da parte tutto quello che ci è successo, ma che non possiamo ricordare tutto perché certi ricordi sono rinchiusi in una parte del cervello che non usiamo e che si chiama “subconscio”. Nel mio subconscio ci sono immagini e spezzoni del mio papà che gioca con me e mi rincalza le coperte nel letto. Nessuno può portarmele via e bruciarle. Vorrei poterle tirare fuori dalla parte chiusa a chiave del mio cervello per guardarle di nuovo. Quando sono arrivato a casa, prima di salire in camera mia, mi sono fermato sulla porta del soggiorno, ma non si è voltato nessuno. La mamma non era ancora tornata, così non ho potuto raccontarle quello che era successo. Qualche volta esce per andare al lavoro prima che mi svegli e quando torna sono già a letto, anche nei fine settimana. Tony era sdraiato sul divano e fumava con gli occhi socchiusi e Ryan giocava a Call of Duty. Gli spari erano fortissimi. Più forti di come vuole la mamma. La mamma dice che devo chiamare Tony “papà”, ma in segreto, nella mia testa, subito dopo aggiungo sempre “Tony”, così si annulla. Ryan doveva andare al college all’inizio di settembre per studiare Scienze della comunicazione. Dopo due giorni ha detto che non gli piaceva, così Tony gli ha detto che poteva 8
smettere. Dopodiché Ryan si è messo a giocare ai videogiochi di guerra per tutto il giorno e quasi per tutta la notte. Ogni volta che passa di livello dà i numeri, come se fosse un soldato vero che combatte in Afghanistan. «Sì! Chi è il campione?», continua a dirmi picchiandomi un braccio. Quando dici così vuol dire che pensi di essere il più bravo di tutto il mondo a fare una cosa. Ryan pensa di essere il più bravo di tutti a Call of Duty. «Dean Shelton della mia classe è all’ultimo livello», gli ho detto. «Tappati quella bip di bocca se non vuoi che ti molli un ceffone», mi ha urlato. Scrivere “bip” toglie tutto il potere alle parolacce. Tantissimo tempo fa qualcuno ha deciso quale parola usare per tutte le cose che esistono. Per una cosa di legno che ti ci siedi sopra, ha deciso che la parola doveva essere sedia. E se invece decideva di chiamarla b******a? Allora ti siederesti su una b******a e se odiassi qualcuno gli urleresti sedia. «È vero», ha detto la signorina Crane quando gliel’ho chiesto a scuola. «Quello che conta è il significato che attribuiamo a una parola.» Dopo che avrò lavorato all’Evening Post per un po’, voglio andare a lavorare per Sky. Sky è il canale che «è sempre il primo sulla notizia». Tutti i politici vogliono parlare per prima cosa con Sky, anche prima della BBC. Jeremy Thompson mi piace, però non voglio leggere le 9
notizie come fa lui. Io voglio fare il lavoro di Martin Brunt. Lui è il giornalista di Sky News che preferisco. Martin Brunt è il corrispondente per la cronaca nera. Va in onda quando succedono cose brutte, come gli omicidi. Se vivesse da queste parti, a quest’ora sarebbe giù al fiume a riferire agli spettatori dell’amico di Jean, che è morto nell’acqua. Il cameraman di Sky News zoomerebbe sugli stracci, e poi porterebbero in studio degli esperti di delitti per spiegare che tipo di persona può avere ucciso quell’uomo. Quegli esperti si chiamano “criminologi”. Sanno perfino quale macchina guida l’assassino e se vive ancora con i genitori. Nella mia stanza ho scritto nel taccuino tutte le prove che ho visto finora. L’ho fatto scrivendo piccolissimo per farci stare tutto. “Prove” vuol dire tutte le cose che sono successe. Qualche volta in CSI non capiscono subito che una cosa è una prova. Allora dopo vanno a guardare i loro appunti per controllare. Ho scritto tutte le persone che ho visto questa mattina, anche Jean. In questa fase tutti sono sospetti. In realtà sapevo che Jean non ha fatto niente perché tempo fa lei faceva l’infermiera, ma qualche volta su Sky News i testimoni dicono: «Non posso crederci, era solo la normalissima vicina che vive alla porta accanto». Jean non vive da nessuna parte. Alla gente i senzatetto non piacciono, dicono che puzzano e che farebbero bene a trovarsi un lavoro. «Vorrei vedere la metà di loro trovare un lavoro, se moris10
sero di fame e di freddo», mi ha detto Jean quando gliel’ho raccontato. Una volta Jean aveva una grande casa a Wollaton, con suo marito e suo figlio Tim, che voleva fare il pilota. Quando Tim è morto in un incidente di moto, Jean si è messa a bere per non sentire tutto quel dolore. Suo marito l’ha lasciata e lei ha perso il lavoro. «Ho avuto un esaurimento nervoso», mi ha detto una volta che eravamo seduti vicini sul molo. «E quando sono guarita, non avevo più marito né lavoro né casa.» È così che Jean è diventata una senzatetto. Ma questo non vuol dire che ha ucciso il suo amico. Il giorno dopo ho raccontato tutto dell’omicidio del senzatetto alla signorina Crane. «Magari è soltanto caduto in acqua», mi ha detto la signorina Crane. «Non devi saltare alle conclusioni.» Cadere in acqua mi sembrava una cosa noiosa. Ero sicuro che Martin Brunt poteva trovare l’assassino. In classe gli ho scritto una lettera.
Gentile Martin Brunt, un senzatetto è morto stato assassinato nel nostro fiume. Quell’uomo era un amico di Jean. Può venire con un cameraman e portare gli esperti di criminologia? Dopo che avrò lavorato all’Evening Post per un po’, voglio venire a lavorare con lei a Sky News. 11
Cordiali saluti, Kieran Woods Classe 9 c/o Meadows Comprehensive School, Nottingham La signorina Crane è stata contenta che mi sia ricordato di scrivere “Gentile” prima del nome e “Cordiali saluti” alla fine della lettera. Prima di mettere il foglio nella busta, ho cancellato “morto” e ho scritto “stato assassinato”. La signorina Crane non mi ha visto.
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CAPITOLO 3 LE PROVE
Q
la mamma non era ancora a casa, perciò sono andato dritto in camera mia a rileggere i miei appunti per controllare di non avere dimenticato nessuna prova importante. Poi ho tirato fuori il mio blocco da disegno. Lo tengo nascosto sotto il letto insieme al taccuino. Dentro ci ho disegnato cose che forse qualcuno vuole tenere nascoste. “Informazioni sensibili”, le chiama la signorina Crane. Se sei bravo a disegnare, puoi mostrare benissimo le informazioni sensibili con le figure, le parole non ti servono. Sono il più bravo della mia classe in disegno e sono il più bravo di tutta la scuola. Non me lo sto inventando, mi basta guardare una cosa una volta o due e poi la disegno con la matita come se fosse una foto. È facilissimo. Mi piacciono le mie matite da disegno. Le tengo in una scatola di legno speciale. Sono dodici, ma il temperino l’ho uando Sono tornato da Scuola
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C’è stato un omicidio, ma alla polizia non importa. In fondo il morto era solo un vecchio senzatetto.
KIM SLAT ER si è laureata in scrittura creativa all’università di Nottingham all’età di quarant’anni, dopo aver lavorato a lungo nel mondo della
scuola. Con Smart, il suo romanzo d’esordio, nel panorama della letteratura per ragazzi. Vive a Nottingham con il suo compagno
per questo deve pensarci Kieran. forse non
«GLI ho RACCoNTATo TuTTo.
GLI ho dETTo ChE IL SENzATETTo SEMbRAVA uN MuCChIo dI ST RACCI NELL’ACquA. GLI ho dETTo ChE LA poLIzIA CREdEVA ChE foSSE ubRIACo E ChE foSSE CAduTo. GLI ho dETTo ChE Io CREdEVo ChE foSSE STATo ASSASSINATo.»
ma è un genio del disegno e sa quanto contano i dettagli. E ha fatto una promessa: scoprirà cosa è successo veramente. Ma improvvisarsi investigatore non è facile, hai un patrigno violento e il tuo unico amico è un ragazzo ancora più emarginato di te. Indizi e segreti pericolosi sono ovunque, non soltanto nel quartiere e in città,
€ 15,50
ISBN 978-88-6966-017-7
mettere alla prova tutto il suo coraggio.
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: Kieran dovrà