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Louise O’Neill è nata a Cork, in Irlanda. Ha studiato Letteratura inglese al Trinity College di Dublino e ha lavorato negli Stati Uniti al mensile di moda «Elle». Mentre si trovava a New York, ha partecipato come assistente stylist a molte importanti campagne. Attualmente lavora come giornalista freelance per una serie di giornali e riviste irlandesi, occupandosi di questioni femministe, ma anche di moda e di cultura pop. www.louiseoneillauthor.com @oneilllo
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Ognuna di voi ha un proprio ruolo da svolgere. Ricordate, potete anche essere progettate alla perfezione, ma c’è sempre margine di miglioramento.
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ono sempre state amiche, freida e isabel. Ora hanno sedici anni, frequentano l’ultimo anno della Scuola e sono in attesa della Cerimonia dove sperano di essere scelte come compagne da uomini ricchi e potenti. L’alternativa è diventare concubine, o non essere scelte affatto e andare incontro a un destino terribile. Come tutte le altre ragazze, freida e isabel sono state prodotte in laboratorio e allevate con l’unico scopo di diventare perfette: la cura del corpo deve essere la sola ragione di vita, il loro carattere deve essere socievole e disponibile. Ora che il momento sta per arrivare la pressione è fortissima. isabel mette a rischio la sua sfolgorante bellezza perché non vuole più sottostare alle regole di questo mondo spietato... Poi finalmente i ragazzi arrivano, per scegliere le loro compagne. freida sa che deve combattere per il suo futuro, anche se per questo deve tradire la sua migliore amica, anche se significa innamorarsi quando è vietato, anche se sa che le conseguenze possono essere irreparabili…
www.hotspotlibri.it
€ 16,50
ISBN 978-88-6966-091-7
Quando in casa editrice abbiamo letto Solo per sempre tua siamo rimasti senza parole. L’abbiamo letto d’un fiato, non riuscivamo a smettere. Volevamo conoscere il destino delle protagoniste, avevamo paura per loro. La storia di freida e isabel (senza maiuscole perché non possono essere delle vere persone) è ambientata in una società futura, dalle regole ferree e sconvolgenti. Eppure, leggendo di questo futuro immaginario, sentivamo che freida e isabel sono più vicine a noi di quanto possa sembrare.
Foto di copertina di Andrea Nastasi.
A Michael e Marie O’Neill, con tutto il mio amore.
Louise O’Neill Solo per sempre tua Traduzione di Anna Carbone Hotspot è un marchio di Editrice Il Castoro www.hotspotlibri.it © 2016 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano Pubblicato per la prima volta con il titolo Only Ever Yours da Quercus Publishing Ltd - Carmelite House, 50 Victoria Embankment - London EC4Y 0DZ. An Hachette UK company. Copyright © 2014 Louise O’Neill. All Rights Reserved. ISBN 978-88-6966-091-7
LOUISE O’NEILL
SOLO PER SEMPRE TUA Traduzione di Anna Carbone
«Sii buona. Sii carina. Sii scelta.»
«In principio l’Uomo creò le nuove donne, le eva.» 1
Regole per un comportamento femminile appropriato [Audioguida], il Padre Originale. 1
Capitolo 1 Settembre Dieci mesi alla Cerimonia Le caste continuano a chiedermi perché non riesco a dormire. Sono al dosaggio massimo consentito di DormiBen, dicono con gli occhi socchiusi in sospettosa preoccupazione. Lo prendi come si deve, freida? Lo prendi tutto tu, freida? Sì. Sì. E allora, potete darmene ancora un po’, per favore? Non me ne possono prescrivere altro. O comunque, non sarebbe sicuro, dicono. Mi avvertono del rischio di spasmi muscolari, emorragie interne, collasso degli organi vitali. Ma io allo specchio questi “organi vitali” non riesco proprio a vederli. L’unica cosa che vedo sono le borse scure sotto gli occhi, e un pallore grigio come una spolverata di cenere sul viso. Segni caratteristici di troppe notti passate a scavare un buco nel materasso, a girarmi e rigirarmi, ansiosa di unirmi alla respirazione perfettamente sincronizzata delle mie sorelle. Le sento, adesso, come risucchiano avidamente il calore artificiale nei polmoni, ignare di me, stesa sulla mia branda, che ronzo come un filo elettrico scoperto. Sono una brava ragazza. Sono graziosa. Sono sempre spensierata. 9
La voce metallica si riversa giù dalle pareti e striscia sul pavimento in cerca di un orecchio ricettivo. Durante il sonno noi eva siamo al massimo della ricettività. Siamo come spugne, assorbiamo la bellezza, mentre sogniamo diventiamo sempre più incantevoli. Sempre più preziose. Io no. Notte dopo notte, io giaccio sveglia con nient’altro che i Messaggi a distrarmi dal clamore dei miei pensieri. casta-ruth dice che pensare troppo porta via la bellezza. Nessun uomo vorrà mai una compagna che pensa troppo. Io mi sforzo di controllarmi di più, mi sforzo di modellare la mia mente nel nulla, ma quando nel dormitorio cala la notte, i demoni si svegliano, i loro occhi lampeggiano bianchi nel buio in cerca di qualcosa di cui nutrirsi. Sono una brava ragazza. Sono attraente. Sono sempre gradevole. È il caldo, lo so. Lo pompano di notte per disintossicarci i pori, si diffonde a ondate nel dormitorio e si deposita sulla mia pelle. Il DormiBen riesce a mascherare il fuoco nei miei polmoni solo per breve tempo, poi mi sveglio di scatto con la bocca piena di vapore. Sbatto gli occhi nel cubicolo che tremola alla luce soffusa. Un letto singolo con lenzuola candide come neve. Accanto, rannicchiato, un armadietto con la pittura nera che viene via a strisce. È una casetta fatta di specchi, ogni superficie è rivestita di vetro. Eccomi qui. E lì. E là. Sono prigioniera di queste pareti. Guardo lo specchio sul soffitto e intanto distendo il corpo come una stella di mare, piegando le ginocchia per scostarle dalle lenzuola appiccicose. Le mie mani urtano gli specchi umidi sulla parete dietro la testa, la camicia da notte di seta nera mi aderisce alla vita. Mi giro sul fianco destro, la fronte premuta contro un altro specchio, un sospiro pesante che an10
nebbia il vetro. Premo i polpastrelli sugli zigomi alti, mi osservo tracciare cerchi attorno agli occhi dal taglio a mandorla. La mia pelle è sottile come carta velina, sembra che lentamente si sciolga nelle ossa. Prima di noi, per facilitare il sonno si contavano le pecore. Prima di noi esistevano pecore da contare. Cerco a tastoni il mio ePad sotto il cuscino, gli spigoli squadrati solidi e rassicuranti nelle mie mani. Aggiorno il mio stato su MyFace bisbigliando allo schermo: «Non riesco di nuovo a dormire. Qualcun’altra è sveglia là fuori?». Quando il video-stato si carica mi pervade un brivido di soddisfazione, come se in qualche modo questo dimostrasse che sono reale. Che esisto. «freida?» La sto sognando di nuovo? È come un’apparizione, ferma sotto l’arco fra il corridoio e il mio cubicolo, con la vestaglia rosa lunga fino ai piedi che risplende nel buio. Inclina la testa, sposta il peso da un piede all’altro, aspetta che io dica qualcosa. Annuisco e la tensione sul suo viso si scioglie mentre si infila nel mio letto, allineando il corpo al mio, le membra che si incastrano come pezzi di un puzzle. Siamo riflesse in tutti gli specchi, ci spezziamo in immagini parallele che riecheggiano dal soffitto alle pareti e viceversa, replicate all’infinito. Le sue gambe bianche come il latte intrecciate alle mie, i capelli biondo platino che si riversano nelle mie onde castano scure. isabel. «Avevo paura che fossi una casta.» «Scusa.» «Se ci becca a infrangere l’Isolamento finiamo nei guai.» «Andrà tutto bene.» «Però...» 11
«casta-ruth non è di guardia», mi dice leggendomi nel pensiero come sempre. Respiriamo all’unisono. Le appoggio la testa sulla spalla, inspiro lavanda, conto i battiti del cuore. Sfila il braccio che aveva sotto di me e la testa mi cade sulle lenzuola umide. Si ritrae leggermente, si allontana da me, finché non rimane sospesa sul bordo del letto, con un piede a terra per sostenersi. «Ottima idea. Fa troppo caldo, non è vero?», le dico in fretta. È venuta, dopo tutto questo tempo, mi dico. Non glielo hai chiesto tu. È venuta da sola. «Hmm.» Picchietta le punte dei piedi contro lo specchio in basso, lo smalto rosa shocking sulle unghie in tinta con la vestaglia. Sembra che il caldo dia fastidio solo a me. «E allora, dove ti nascondevi?», chiedo bruscamente. «Non sono stata bene.» «Ti ho mandato richieste di chat...» La mia voce si spegne, penso alla sua stanza, alla serranda di acciaio ondulato abbassata fino a terra, sprangata come il portone di un castello. Negli ultimi due mesi le ho mandato un’infinità di messaggi. Tutti senza risposta. «Non riesco a dormire.» «Sei nervosa per domani?» Si stringe nelle spalle con aria apatica. «Hai chiesto dell’altro DormiBen a casta-anne?» «Fa interazione con gli altri farmaci che prendo.» «Perché, che cosa prendi?» Mi appoggio sul gomito per guardarla. «Io sono al dosaggio massimo e non ho avuto problemi.» «A gisele è venuta l’orticaria quando le hanno mischiato i dosaggi. È stata orrenda per una settimana», dice come se io non avessi parlato, come se non esistessi. Ultimamente lo fa spesso. 12
«Potresti smetterla di dare calci allo specchio? Mi dà proprio fastidio», sbotto, e il suo piede rallenta sino a fermarsi. Vedo un guizzo sul suo viso, capisco che ci è rimasta male e mi sento in colpa, ma in un certo senso sono anche soddisfatta, assaporo la sensazione di averla colpita. «Ma tu che cosa ne sai di gisele? Hai saltato la Ricreazione Organizzata e il Centro Nutrizionale per tutta l’estate», dico guardando il nostro riflesso sul soffitto. Sono schiacciata contro la parete, isabel è confinata sul bordo del materasso, fra noi lampeggia solo un sottile spicchio bianco. Le donne grasse sono brutte. Le donne vecchie sono brutte. Ma gisele? gisele color miele, dai capelli biondo miele, dagli occhi screziati di miele, dalla pelle color miele? Brutta lei? «E così ecco dov’era lo scorso fine settimana», dico quando non risponde. «Ci ha detto che era stata in quarantena per un sospetto di influenza.» «Era orticaria», ripete isabel. «Bolle grosse come ovi su tutta la faccia.» «Peccato che sia successo durante le vacanze», scherzo scioccamente, e intanto avverto una sensazione di nausea. «La sua posizione in classifica non ne risentirà.» «Fai la brava.» «Facile per te, miss #1.» «Tu sei la #3. E siamo state progettate tutte allo stesso modo», è la sua risposta meccanica. «Sì, però ci sono le eva così fortunate da essere state progettate meglio delle sorelle brutte.» Trattengo il fiato e aspetto che lei mi contraddica come faceva sempre. «Tu non sei brutta, freida», sospira. È stanca di me, stanca del mio continuo bisogno di essere rassicurata. «Nessuna di noi lo è.» «Io sì, al tuo confronto.» Mi sembra quasi di sentire il bi13
sogno impunturato nella mia voce e mi odio per questo. «La mia pelle ha un aspetto così stanco.» Mi accarezzo il contorno del viso nello specchio sul soffitto cercando delle crepe. «E se la mia posizione in classifica ne risentisse?» «Meglio avere l’aria stanca che essere grassa.» Ha la voce piatta, come se le avessero spremuto l’aria dai polmoni. Mi volto a guardarla; i nostri nasi si sfiorano. Inspiro a fondo, come se potessi assorbire la sua bellezza ammaliante e rubargliela. Una volta ho guardato il suo grafico online sperando di trovare una formula facile da copiare. Capelli Argento Metallizzato PO1, ha cantilenato il computer, occhi Verde Olivina #76. Pelle Oro Soffuso, labbra Rosa Lucido, una spruzzata di lentiggini su un nasino grazioso. Vorrei assomigliare a te. Tutto sarebbe più facile, se assomigliassi a te. Lo penso da quando avevo quattro anni. «Di che cosa stai parlando, isabel?» Lei rotola sulla schiena e indica il soffitto, aspettando che io la imiti. La osservo mentre scioglie la cintura di seta sul ventre. La vestaglia si apre scoprendo il corpo. Un rigonfiamento alla vita, un arrotondamento delle cosce. Al buio il rumore che faccio trattenendo il fiato sembra un grido. «Lo so.» Si richiude la vestaglia per nascondere i suoi peccati. «Hai provato a vomitare?» «Ovvio», ribatte con impazienza. «Però non funziona sempre, lo sai.» «E le altre medicine che prendi? Funzionano?» «All’inizio sì. Adesso sembra che non funzionino più», sussurra. «Magari non sarà così grave.» Vorrei sembrare rassicurante, ma non so come fare. Nel nostro rapporto questo è sempre stato il ruolo di isabel. «Forse non sarai l’unica. Durante le vacanze moltissime eva prendono peso.» 14
Sappiamo entrambe che non è vero. Non quest’anno. «Non capisco come sei arrivata a questo punto. Qualcuno deve pur averlo notato nelle tue pesate settimanali, no? Non metti neppure piede al Centro Nutrizionale da...» Si porta un dito alle labbra per impedirmi di continuare e io ingoio i miei pensieri. È solo un altro segreto fra di noi. Chiudo gli occhi, ma l’unica cosa che vedo è la sua carne che si allarga, minacciando di inghiottire le ossa. «L’altro giorno pensavo alla tua ossessione per le scimmie.» La voce di isabel è così sommessa che per un attimo mi chiedo se abbia parlato davvero, se il mio desiderio di ritrovare la nostra intimità sia talmente disperato che ho cominciato a immaginare che lei mi parli. «Ti ricordi?», mi chiede allungando la mano verso la mia. «Le scimmie?» «Erano una specie affascinante.» «Sono sicura di sì. Ma dovevi proprio far finta di essere una scimmia anche tu?» «Ma avevo solo quattro anni!» «Non è una buona scusa.» «È esattamente quello che ha detto casta-ruth quando sono caduta da un albero in giardino e mi sono rotta la gamba. Quella strega!» Si preme una mano sulla bocca per soffocare le risatine. «Scusami tanto, eh. Mi ha fatto un male cane», dico indignata, ma sorrido anch’io. «Credevo che ti avrebbe ammazzata, quando hai dovuto fare la tua solita foto del lunedì con quell’ingessatura enorme», dice a voce un po’ più alta. «Sssh, isabel, sveglierai le caste.» «E chi se ne importa?» «Oh, giusto, la principessa isabel non finisce mai nei guai!», 15
scherzo chinando la testa in un finto saluto militare. «Dev’essere bello, essere così speciale.» Aspetto che si metta a ridere, che mi prenda in giro a sua volta, ma non sento niente. Il suo corpo si irrigidisce accanto al mio. Il silenzio è opprimente, mi rimbomba nei timpani, e cerco alla cieca di ritrovare il filo della conversazione. «Ma quella storia delle scimmie era...» «Sono stanca», mi interrompe isabel e le parole mi si spengono in gola. Mi spingo sempre un po’ troppo in là, dice casta-ruth. Ci allontaniamo nel letto, lo spazio fra di noi torna ad allargarsi. Sono carina. Sono una brava ragazza. Faccio sempre quello che mi viene detto. I Messaggi continuano, come se non fosse successo niente. Lentamente l’alba sgorga dalle lampade scacciando i miei sogni. Stendo il corpo e mi stiro, riappropriandomi di tutto il materasso. isabel non c’è più. Scendo dal letto e butto i capelli all’indietro per studiare il mio viso nello specchio sulla parete. Lo faccio tutte le mattine. Una parte di me spera che durante la notte io sia stata magicamente trapiantata in un altro corpo, magari quello di isabel o quello di megan. Che al mio risveglio io sia diventata più pallida, più magra, diversa. Migliore. Nella plastica rosa sulla parete di vetro di fronte al letto è impressa la sagoma di una mano. Ci appoggio su il palmo, sento il calore pizzicarmi finché il rivestimento di vetro si assottiglia sino a diventare trasparente e lo oltrepasso con una smorfia, mentre quelle che mi sembrano migliaia di fibre appiccicose mi si dissolvono sulla pelle. All’interno gli specchi rivestono ancora ogni superficie, perfino il pavimento. Nella 16
parte anteriore della stanza c’è un piccolo spogliatoio di acciaio con tubi di gomma grigia che in alto si incurvano nel soffitto. Mi lascio cadere sulla poltrona fucsia lì accanto, tamburellando con le dita sulla toletta di marmo onice. Un semicerchio di lampadine corallo attorno allo specchio immerge il mio viso in un bagliore rosato. Do un colpetto al vetro che diventa lattiginoso e poi opaco finché si dissolve in uno schermo di computer. Compare una donna stilizzata carica di buste per lo shopping. «Buongiorno, freida», dice il Programma Personal Stylist scandendo le parole. «Come ti senti oggi?» «Nervosa.» «Credo che sia comprensibile, il primo giorno del trimestre», mi dice. «Come conti di migliorarti oggi?» «Una riprogettazione completa non sarebbe male», borbotto mordicchiandomi il labbro finché nello specchio non mi accorgo di quanto sia sgradevole a vedersi. «Come conti di migliorarti oggi?» Nessun Pps capisce il sarcasmo. «Magari qualcosa di bianco? Sintonizzati su Tv-Fashion. Dopo le vacanze mi serve un po’ di ispirazione.» Sullo schermo si visualizza una passerella, una lunga striscia di legno sospesa a mezz’aria su uno sfondo nero, percorsa da un andirivieni continuo di modelle. Sono state progettate principalmente per questo scopo, escono a centinaia dalla catena di montaggio con i corpi scarni e le facce anonime. Il bianco si intona bene con il mio incarnato. Immagino megan con qualcosa di simile, la sua carnagione che assume l’aspetto di latte inacidito, e provo un brivido di eccitazione brutale. «Aspetta. Ecco, quello è perfetto.» Al mio Comando Vocale lo schermo si blocca su una modella che indossa una semplice 17
maglietta bianca dallo scollo arrotondato con applicazioni di fiori di pizzo ricamati sopra una gonna di pizzo bianco con gale che le arriva al ginocchio. «Quello va bene?» «Sì», acconsente il Pps. «Richiedo subito gli articoli in questione al guardaroba. Entra nello spogliatoio.» Lo schermo torna di scatto in modalità specchio. Capelli Ciocco con Glassatura Delicata S41. Occhi Giallo Indo-Cina #66. Sono io. È così che mi vede la gente quando mi guarda. Mi sfilo la camicia da notte e la lascio cadere nello scivolo installato nella parete sotto la toletta. Lo spogliatoio si apre con un sonoro bip finché non entro e il portello di acciaio mi si richiude attorno come una bocca avida. «Sei ingrassata.» La voce riempie lo spogliatoio. «Ora pesi cinquantatré chili e otto. Nel tuo rapporto settimanale raccomanderò che tu assuma BlockCal extra finché il tuo peso non si stabilizzerà fra i cinquantadue e i cinquantatré chili e mezzo.» «Devo prenderne ancora?» Detesto i BlockCal, quando li prendo mi piego sempre in due per i crampi alla pancia. Immagino che dovrei essere grata che siano migliorati dai primi tempi, quando si riferivano casi di colon esplosi. «È imbarazzante.» «Sei l’unica a essere informata delle tue esigenze farmacologiche.» A questa osservazione sbuffo bruscamente. In teoria sì, le nostre ricette sono private, ma nella Scuola niente rimane riservato a lungo. All’ora di colazione le mie sorelle saranno già informate che sono debole, che sono golosa, che non mi so controllare. E io che credevo di essermi comportata bene nell’ultima settimana. I laser prendono vita scoppiettando, sfregano le pareti di 18
acciaio dello spogliatoio mentre l’arco infrarosso scende dal soffitto pizzicandomi e posandosi lentamente sul mio corpo. A quel punto la cabina inspira una sibilante sorsata d’aria risucchiando ogni traccia di sporcizia e pompandola Sottoterra per eliminarla. Quindi i laser si rialzano spruzzandomi il trucco sulla pelle nuda e legandomi i capelli in uno chignon morbido sulla nuca. Siamo autorizzate a usare questa macchina solo due volte al giorno, al mattino e all’ora di andare a dormire. È troppo costosa, dice casta-ruth, perciò durante la giornata la cura di igiene e trucco è affidata a noi. Nel giro di due minuti mi sputa fuori e trovo l’outfit e gli accessori coordinati nella botola aperta alla base della parete. Li prendo e subito il portello si richiude. «Non ha la stessa aria che aveva sulla modella.» Strattono la t-shirt sbiadita e la decorazione floreale mi si accartoccia fra le dita. «È la più simile che siamo riusciti a trovare nel guardaroba della Scuola.» Di ritorno nel mio cubicolo, esamino il mio corpo da ogni angolazione allo specchio sulla parete e mando giù il disgusto. «Andiamo.» Sulla soglia c’è freja, con le clavicole appuntite che spuntano da un top beige lavorato a maglia indossato sopra una gonna giallo canarino. «Sono pronta.» Infilo i piedi nelle décolleté in similpelle di serpente e mi metto subito in fila per raggiungere daria, davanti a me. Nel dormitorio riecheggia il ticchettio di trenta paia di tacchi alti che sfregano le mattonelle a mosaico bianche e nere. Marciamo insieme in silenzio, come ogni mattina. Fuori dall’ingresso principale del dormitorio hanno installato di nuovo la cabina fotografica prefabbricata per l’inizio 19
del nuovo trimestre. daria apre con qualche difficoltà la sgangherata porta scorrevole. I capelli color mou sono scompigliati ad arte, gli occhi indaco le luccicano di gioia. Perché è così felice? Ha fatto la foto perfetta? Una foto migliore di come sarà la mia? «freida.» freja mi pungola in fondo alla schiena con le dita ossute ed entro incespicando nella cabina vuota chiudendomi la porta alle spalle. 1. Girarsi parzialmente verso l’obiettivo con un piede davanti all’altro. 2. Caricare il peso sul piede di dietro. 3. Mano sinistra sul fianco. 4. Sorriso abbagliante. C’è un lampo e all’istante la mia foto viene caricata sul sito della Scuola per il giudizio degli Eredi dell’Euro-Zona che determinerà la mia posizione iniziale nella classifica di quest’anno. Rimango al buio. Dovrei uscire, ma voglio fermarmi qui ancora per un momento. Vorrei nascondermi, celarmi tra le ombre e diventare invisibile in modo che nessuno possa più guardarmi. Spero che la foto sia perfetta.
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Capitolo 2 «La nostra nuova aula», annuncia freja spalancando le braccia. Al Centro Nutrizionale ho aspettato che smettesse di fingere di fare colazione per andare in classe con lei. Non volevo farlo da sola. «Wow! È così diversa», è il mio commento asciutto. Come l’anno scorso, e anche tutti gli anni ancora prima, la maggior parte delle lezioni si terranno in una grossa stanza tutta dipinta di nero, con le antiquate finestre chiuse da pannelli di legno scuro. Il muro in fondo è ricoperto di specchi dal pavimento al soffitto. Davanti c’è la cattedra della casta, un tavolo di quercia segnato dal tempo con pomelli di ottone opaco e due cabine di vetro ai lati. Al centro della stanza i banchi dal ripiano a specchio sono disposti a gradinata, con in mezzo una scalinata stretta rivestita da un logoro tappeto nero. Le vacanze estive sembrano già un sogno lontano. «freida! Sei straordinaria!», strilla cara. Corre ad abbracciarmi e i capelli biondo cenere le si allargano attorno al viso. freja, che attende invano un complimento analogo, esita un istante, poi mi sorride con entusiasmo sproporzionato e dice: «Ha ragione!». «No, non è vero», rispondo automaticamente. Buttiamo le borse sull’ampio davanzale dall’altra parte della stanza prima di salirci sopra a nostra volta, in posizione ottimale per osservare l’ingresso delle altre. 21
«Non metteteci tutto il giorno», scherza cara spazzolandosi la camicia scozzese di cotone e i jeans skinny stone-washed mentre freja e io ci affanniamo sui tacchi. Una volta sedute, freja tira fuori dalla pochette uno specchietto e si esamina il viso, come temendo di non trovarlo più. Lo richiude con un sospiro, si appoggia alle assi di legno e commenta con un verso di disapprovazione l’ingresso di heidi. Il suo prendisole rosso ciliegia allacciato sul collo ha uno spacco che arriva all’ombelico. La testa di heidi si volta di scatto verso di noi. Dopo sedici anni di Scuola abbiamo sviluppato tutte un sesto senso per le critiche. «freida, sei fantastica.» daria ha vagato un po’ in giro e ci ha raggiunte, passandomi in rassegna il corpo con lo sguardo. «Davvero», conviene freja, molto più convincente ora che ha avuto tempo di prepararsi. «Adoro quella gonna.» Abbasso la testa con un sorriso. «Te l’ha scelta isabel?», continua dolcemente, e il mio sorriso si gela. «Lei ha così buon gusto!» «Fra parentesi, dov’è?», chiede cara aggrottando le folte sopracciglia. Me lo hanno chiesto ogni giorno per gli ultimi due mesi. «La sua VideoChat è stata scollegata per tutta l’estate.» «Non si sente bene», ripeto una volta di più. Non voglio ammettere di saperne quanto loro. L’aula si sta riempiendo. gisele entra a passo deciso con una t-shirt blu senza maniche drappeggiata su un paio di attillati jeans bianchi; viene verso di noi con i fianchi ondeggianti e prende daria sottobraccio. La seguono le gemelle, jessie e liz, copie identiche con tute turchesi abbinate; si muovono come se avessero braccia e gambe attaccate a un unico corpo. I capelli biondo dorato incorniciano visi a cuore, gli occhi verde acqua ci fissano con espressione spenta. «Dov’è isabel?», chiede subito gisele facendomi stringere i denti. La sua pelle sembra perfetta. È evidente che si è ripresa in pieno dalla reazione allergica. 22
«Questa mattina la sua serranda era ancora abbassata», dice jessie. «E chiusa a chiave. Ho controllato.» «Ne sei sicura?» liz trattiene rumorosamente il fiato, come se fosse una novità anche per lei. Se jessie ha verificato che la serranda era chiusa a chiave, liz era sicuramente là con lei. «Le nostre serrande non sono mai chiuse a chiave.» «Strano», aggiungono all’unisono, come se noialtre non lo sapessimo, dopo sedici anni nella Scuola. «Non è stata al Centro Nutrizionale», dice freja. Si è lamentata di questa ingiustizia per tutti i pasti degli ultimi due mesi. «Io non l’ho vista neppure in palestra», aggiunge gisele posandosi una mano sul ventre tonico. freja, dopo averla scrutata con attenzione, tira su col naso e spinge le spalle verso il petto per rendere ancora più sporgenti le clavicole affilatissime. «E io in palestra ci sono stata davvero tanto!» «C’è megan», la interrompe daria passandosi le dita sotto i bordi sfrangiati degli shorts in denim sabbiato per abbassarli sulle cosce abbronzate e muscolose. «megan! Siamo qui!» La chiama sbracciandosi. «Oh, lei sì che è davvero fantastica!» La guardo attentamente. Questo vorrebbe dire che io invece non lo sono? «megan, sei bellissima!», dice daria mentre megan alita alle gemelle un bacio con uno schiocco rumoroso, badando a non sfiorare neppure la loro pelle con le labbra rosse. «Bellissima», borbotto io, e vorrei che fosse una bugia. La sottilissima guaina di seta verde mare dell’abito monospalla lungo fino ai piedi le aderisce al corpo perfetto. I suoi capelli Castano-Nero 3.0 sono acconciati in trecce attorcigliate sulla testa, gli occhi Verde Arsenico #214 ardono nella pelle luminosamente pallida. È perfetta. «C’è spazio anche per me?» Punta il dito verso di noi, appollaiate sul davanzale, e sorride di nuovo, gli occhi vigili 23
mentre cara, freja e io ci scambiamo un’occhiata sfidandoci in silenzio. Alla fine freja, la più in basso in classifica delle tre, scende dichiarandosi «comunque stanca di star seduta lì». megan fa un gesto con le mani e cara e io ci scostiamo per farle spazio. Salta su leggiadra come se indossasse una tuta e si siede fra di noi. «freida!» Il suo strillo lacera il brusio delle chiacchiere; le teste dall’altra parte della stanza si girano nella nostra direzione. «Ma guarda come sei scura in confronto a me!» Mi prende un braccio e lo preme contro il suo. «Non è scurissima?» «Sì, ma la tua pelle è così bella, megan», le dicono le gemelle come a un segnale concordato. Ritraggo il braccio di scatto e me lo stringo al petto con un sorriso per dimostrare che mi interessa ben poco. «E poi è così liscia», dice cara tirandosi su la manica della camicia per fare il confronto. «Ci mancherebbe che non lo fosse. Ieri a CosmesiTerapia mi sono fatta dare da casta-hope una cera per il corpo.» Un’ombra le offusca il viso. «Non capisco perché non possiamo usare il trattamento laser come le eva nelle Americhe.» «O ancora meglio, perché non possiamo essere progettate senza peli sul corpo, come nella Cindo-Zona», aggiunge daria giocherellando con un buco nella t-shirt di crespo nero. «Hmm, già», dice megan con lo sguardo che si sposta verso liu, seduta con christy all’altro capo della stanza. «Dalla Cindia deve pur essere uscito qualcosa di buono.» «Ne valeva la pena. Sei fantastica», dice cara, e megan inclina la testa per accettare il complimento come fosse dovuto. «Ma dov’è isabel?», ovviamente la nostra opinione non le basta. Ha bisogno di confrontarsi con la eva #1, di misurare il proprio valore. «Perché ha saltato di nuovo la colazione?» «Te l’ho detto stamattina.» E la mattina prima, e quella 24
ancora prima. «È malata.» Ma megan non mi ascolta, fissa l’ingresso dell’aula. «Malata?», ripete allegra e io seguo il suo sguardo. Quando capisco che cos’è a procurarle tanta soddisfazione sento un tuffo al cuore. Una t-shirt a righe di taglia sbagliata infilata in un paio di pantaloni a zampa di elefante a vita alta non fa che sottolineare l’aumento di peso di isabel, i suoi capelli arruffati raccolti in una coda di cavallo alta e scostati dal viso struccato. Percorre lentamente i gradini centrali come se i chili in più le pesassero addosso. Tutte le teste si voltano a guardarla, la osservano prendere posto nella fila in fondo sul lato sinistro, il più lontano possibile da tutte noi. «Mi pare chiaro che la malattia non le ha tolto l’appetito, dice megan. «E pensare che noi stavamo qui a preoccuparci dei pasti che saltava.» liz e jessie ridacchiano di nuovo, ma questa volta con un certo nervosismo. Non ho mai sentito megan dire niente di apertamente cattivo su isabel prima d’ora. Non ho mai sentito nessuna dire qualcosa di cattivo su isabel. «Silenzio, eva.» Al suono di quella voce, tutte e tre scendiamo dal davanzale. cara e io inciampiamo, tenendoci fra noi per non perdere l’equilibrio mentre megan atterra con grazia, ghignando della nostra goffaggine. casta-ruth aspetta dietro l’ampia cattedra di quercia, le mani smarrite nelle profondità cavernose della veste nera. Le luci incassate nel soffitto si riflettono sul suo cranio rasato, gli occhi grigio-cenere ci fissano socchiusi, residui di una bellezza in dissoluzione nel suo volto dall’ossatura sottile. Non l’avevamo sentita entrare. Non la sentiamo mai. «Ai vostri posti. Al sedicesimo anno avete il privilegio di poterli scegliere», annuncia, e noi esitiamo temendo una trappola. 25
«Subito», intima, e la sua voce è gelidamente sommessa. Le altre si affrettano. cara mi chiama indicando la seggiola vuota accanto a lei in prima fila. Un tempo avrei rifiutato senza pensarci, perché il mio posto naturale sarebbe stato vicino a isabel, ma ora non so che cosa fare. Aspetto per un secondo di troppo e gisele si prende il posto, stendendo le lunghe gambe davanti a sé mentre cara mi guarda con aria di scusa. Salgo i gradini verso isabel, rintanata nell’angolo. «Ecco la nuova classifica per la prima settimana del vostro ultimo anno.» casta-ruth dà un colpetto alla lavagna alle sue spalle e lo specchio svanisce lasciando il posto a un enorme schermo di computer. Carica la nuova classifica con un comando vocale. «Al primo posto abbiamo...» casta-ruth si schiarisce la voce due volte e prende un sorso d’acqua dal bicchiere di plastica sulla cattedra. «eva #767.» La faccia di megan riempie lo schermo. megan? Fisso la foto, gli occhi verdi trionfanti, come se già avesse saputo che finalmente era arrivato il suo momento. Questa è la prima volta in dodici anni che isabel non è la #1. Non oso alzare lo sguardo. Temo che megan possa vedere il mio dubbio e ricordarselo. Temo che in qualche modo isabel possa leggere dentro di me, vedere il mio rimpianto segreto di non essere io quella che finalmente l’ha battuta, le braci di risentimento di sedici anni vissuti alla sua ombra che mi ardono dentro. «Al secondo posto...» Ti prego, fa’ che sia io. Ti prego, fa’ che sia io. «... eva #701.» La foto di jessie lampeggia sullo schermo e sorrido per celare la mia delusione. «Al #3...» La faccia di liz dove dovrebbe esserci la mia. E io non so più come si respira. 26
cara è la #4. «E in discesa di due posizioni, vedo, abbiamo eva #630 al quinto posto.» Le mie dita si stringono sulle ginocchia affondando nell’osso. Fisso il mio riflesso sul ripiano del banco costringendo la mia faccia a non tradirmi. Il mio eFone vibra, sullo schermo appare una foto di megan. Mi accuccio per ascoltare il messaggio senza farmi vedere. «Hai un’aria così stanca nella tua foto. Se vuoi posso prestarti un po’ del mio correttore nuovo, dicono che faccia miracoli.» Mi raddrizzo. Mi osserva dalla prima fila, picchiettandosi borse immaginarie sotto gli occhi. «... e alla fine, all’ultimo posto, abbiamo eva #700», conclude casta-ruth: come al solito, l’ultima è agyness. I ripiani dei banchi baluginano formando una griglia aggiornata in cui i nostri volti appaiono in ordine di graduatoria. «isabel, prego, vuoi accompagnarmi nel mio ufficio?», dice la casta scoprendo i denti in un facsimile di sorriso. Mi alzo quasi sulla sedia per far passare isabel e intanto le bisbiglio: «Buona fortuna». Non dà alcun segno di avermi sentita e la paura mi attanaglia lo stomaco. È arrabbiata con me? Ha visto il mio momentaneo rimpianto per non averla battuta? La casta aspetta che isabel la raggiunga e la scorta fuori dalla porta, voltandosi per ordinarci in tono secco: «E voi, immediatamente alla prossima lezione!». Tutte sfilano lentamente fuori dall’aula, chiacchierando ad alta voce delle nuove posizioni, un miscuglio di parole con «isabel, isabel, isabel» come un rullo di tamburo sotto il coro finché non rimane il nostro gruppo. Prendo la borsa e scendo verso le altre passando oltre liu, in piedi in fondo alla fila. 27
«Puoi andare, liu-liu», dice dolce megan agitando le dita in segno di saluto. «Non hai sentito casta-ruth dire che devi andare alla prossima lezione?» «Avete visto?», esplode daria dopo che liu è sloggiata sbattendosi la porta alle spalle. «C’erano solo ventinove facce, isabel non è in graduatoria!» Esamino la griglia sul tavolo davanti a me. Una crepa nello schermo graffia la foto di cara. Ha ragione, isabel non c’è. «Certo che è strano», dicono in coro liz e jessie aggrottando la fronte. «Ma com’è possibile?», chiede gisele. «Probabilmente è per via dei chili in più», ipotizza daria. «Ma anche christy è aumentata di peso», fa notare gisele. «Io direi come minimo di un chilo, forse anche uno e due.» Mi cingo lo stomaco con le braccia cercando di nascondere il mezzo chilo di carne in più con cui il mio corpo mi ha tradita. «Ma non così tanto come isabel», afferma daria, ignorando freja che comincia ad ansimare alla sola idea di prendere peso. «È escluso che vogliano che qualcuno nella Zona Principale la veda. Bisogna mantenere alti gli standard. Che cosa penseranno gli Eredi quando arriveranno?» «Ma chi lo sa quando cominceranno le visite? Potrebbero non venire per mesi!» Cominciano a discutere fra loro a voce sempre più alta. Solo megan e io taciamo. «Che noia», sbotta lei, la faccia chiaramente infastidita. «Ma perché perdiamo tempo a parlare di lei?» «Hai perfettamente ragione», concordano le gemelle avvertendo il pericolo. «Congratulazioni, megs», dice daria melliflua cingendole le spalle con un braccio. «Ti meriti di essere la #1. Sei sempre stata la più bella del nostro anno.» 28
«Già, la Zona ha sempre avuto un occhio di riguardo per le bionde. È una stupidaggine», dice freja, felice di avere una scusa per giustificare la propria bassa posizione e ignorando il sibilo simultaneo delle gemelle. «Be’, ho la sensazione che non sarà così ancora per molto», conclude megan allungando le braccia in aria a V in segno di vittoria e scrollandosi bruscamente di dosso il braccio di daria, che sorride imbarazzata ma non obietta, non come avrebbe fatto una volta. Ho la sensazione che qualcosa si sposti sotto i miei piedi rischiando di farmi perdere l’equilibrio. «Benvenute al vostro ultimo anno, ragazze.»
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Louise O’Neill è nata a Cork, in Irlanda. Ha studiato Letteratura inglese al Trinity College di Dublino e ha lavorato negli Stati Uniti al mensile di moda «Elle». Mentre si trovava a New York, ha partecipato come assistente stylist a molte importanti campagne. Attualmente lavora come giornalista freelance per una serie di giornali e riviste irlandesi, occupandosi di questioni femministe, ma anche di moda e di cultura pop. www.louiseoneillauthor.com @oneilllo
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Ognuna di voi ha un proprio ruolo da svolgere. Ricordate, potete anche essere progettate alla perfezione, ma c’è sempre margine di miglioramento.
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ono sempre state amiche, freida e isabel. Ora hanno sedici anni, frequentano l’ultimo anno della Scuola e sono in attesa della Cerimonia dove sperano di essere scelte come compagne da uomini ricchi e potenti. L’alternativa è diventare concubine, o non essere scelte affatto e andare incontro a un destino terribile. Come tutte le altre ragazze, freida e isabel sono state prodotte in laboratorio e allevate con l’unico scopo di diventare perfette: la cura del corpo deve essere la sola ragione di vita, il loro carattere deve essere socievole e disponibile. Ora che il momento sta per arrivare la pressione è fortissima. isabel mette a rischio la sua sfolgorante bellezza perché non vuole più sottostare alle regole di questo mondo spietato... Poi finalmente i ragazzi arrivano, per scegliere le loro compagne. freida sa che deve combattere per il suo futuro, anche se per questo deve tradire la sua migliore amica, anche se significa innamorarsi quando è vietato, anche se sa che le conseguenze possono essere irreparabili…
www.hotspotlibri.it
€ 16,50
ISBN 978-88-6966-091-7
Quando in casa editrice abbiamo letto Solo per sempre tua siamo rimasti senza parole. L’abbiamo letto d’un fiato, non riuscivamo a smettere. Volevamo conoscere il destino delle protagoniste, avevamo paura per loro. La storia di freida e isabel (senza maiuscole perché non possono essere delle vere persone) è ambientata in una società futura, dalle regole ferree e sconvolgenti. Eppure, leggendo di questo futuro immaginario, sentivamo che freida e isabel sono più vicine a noi di quanto possa sembrare.
Foto di copertina di Andrea Nastasi.