Frattura scomposta n.14

Page 1


daniel robbins www.danielrob.com artistdanny@hotmail.com

sommario

SOMMARIO daniel robbins

ARTISTA IN PRIMO PIANO EDITORIALE By Sergio Curtacci

francesca guffanti

RECENSIONI LIBRARIE

ARTISTI alfio catania andrea ferrari andrea latina andrej mussa angela vinci antonella sassanelli auronda benito aguzzoli brian viveros chrischa oswald christian schettino elena bombardelli ester negretti fabio scarano gulio zanet michele rieri mirko lamonaca paolo chirco paolo facchinetti rossella fava

ARTICOLI

REDAZIONE

Studio Aperto - Momò Calascibetta ConiglioRosa - L'attacco pirata alla Biennale Il valore venale dell’arte contemporanea, di Attilio Geva Francoforte negli anni Ottanta: il Portikus, di Eleonora Farina Fabio Vozzo - tata bondhu, ciao amico Premio di pittura - Le segrete di Bocca

QUARTA DI COPERTINA marco besana

EVENTI La 52° Biennale - Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia Revenge - Premio per la Giovane Arte Italiana, Arsenale, Venezia Damien Hirst - New Religion, Palazzo Pesaro Papafava, Venezia Artempo - Where Time Become Art, Palazzo Fortuny, Venezia Light on San Servolo - Venezia Cornice Art Fair - area Tronchetto, Venezia Sequence 1 - Palazzo Grassi, Venezia Art Basel, 38a edizione, Basilea

MOSTRE Aliens - le forme alienenti del contemporaneo, spazionovantanove, Venezia Richard Hamilton, a host of angel, F BLM, Palazzetto Tito,Venezia Yasumasa Morimura - Requiem For TheXX Century, F BLM, Piazza San Marco, Venezia Walls - L’arte al Muro, F BLM, Arsenale, Galleria di Piazza San Marco, Venezia Mutazioni inQuiete, opere di Rinaldo Cutini Arte per la Pace, 4ª edizione, Ex Filanda di Forno, Massa Georg Baselitz, Museo d’Arte Moderna, Lugano

ART DEADLINES LIST


editoriale sergio curtacci

"QUEST'ANNO RESTO FUORI“ istallazione composta da: frigo anni 70, cucina a gas e televisione. (2,70 mt) collocata in Campo S. Margherita a Venezia il 9 giugno notte da un “anonimo” artista.

E' difficile poter far ordine nel bailamme di situazioni artistiche che si sono succedute in questo ultimo periodo e di conseguenza, che si sono riversate sull'attuale numero di Frattura Scomposta. Nel tentativo di fare ordine e facilitare, almeno in parte, la lettura di questo numero, stilerò una sorta di classifa. Vorrei porre sul gradino più alto del podio l'artista in primo piano Francesca Guffanti, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente. Artista eccezionale e persona dotata di grande sensibilità, personalità e, soprattutto, umiltà, caratteristica, quest’ultima, che sta scomparendo, soprattutto fra coloro che si definiscono artisti. In questa ideale classifica d'importanza, porrei al secondo posto la mostra “Aliens”, evento ideato dal sottoscritto e che si sta svolgendo a Venezia nel bellissimo "Spazio Novantanove" nel parco scientifico e tecnologico Vega. Ringrazio tutti i partner, senza il cui contributo, la manifestazione, probabilmente, non avrebbe raccolto tanti consensi, "tutti i retroscena in cronaca". Metterei poi al terzo posto il maestro Momò Calascibetta che ho avuto l’onore di conoscere proprio alla presentazione di “Aliens”. Con lui si è instaurato un buon rapporto di stima e, spero, d’amicizia, che porterà ad una fattiva collaborazione per future manifestazioni artistiche (artisti emergenti fatevi avanti!!). Al quarto posto la 52° edizione della Biennale di Venezia, discutibile come sempre ma, più che nelle scorse edizioni, catalizzatrice di eventi artistici di respiro internazionale, come da me ribadito all'interno del cappello introduttivo all'articolo ad essa dedicato. Al quinto posto l'atto di "pirateria artistica" realizzato da quei geni della "contro-arte-di-sistema" che rispondono al nome di ConiglioViola e che ha preso di mira (ovviamente) la Biennale. Al sesto posto ci colloco la Fondazione Bevilacqua La Masa, che, per numero di critiche e delusioni, si sta prepotentemente avvicinando alla Biennale. La fondazione ha perso di vista il suo vero fine, cioè quello di andare incontro alle esigenze dell'arte emergente, e si è messa a proporre progetti discutibili e troppo modaioli, all'insegna del “racattiamo quei quattro soldi del contributo regionale”. Il settimo posto lo dedico al fotografo Fabio Vozzo, un vero alieno! Non mi sono limitato, nel suo caso, di inserirlo fra gli artisti emergenti proposti in questo numero, ma ho dedicato a lui un più largo spazio, perché il suo lavoro è veramente speciale ed andrebbe preso come esempio. Termino qui questa personalissima classifica (alla Politi), sperando di non aver fatto torto a nessuno.


eventi


Francamente non so se la Biennale veneziana conti ancora qualcosa nel panorama artistico internazionale e non so dirvi se, questa ultima edizione, sia qualitativamente migliore delle precedenti. Sono anche piuttosto stanco di sentir dire che i curatori della Biennale non invitino artisti italiani, ormai ciò mi pare assodato. Basti pensare che è stato ripristinato il Padiglione Italiano ma di italiani proposti ve ne sono ben pochi, sembra quasi una sorta di attribuzione del premio alla carriera ad Ida Giannelli curatrice del padiglione. Poi, massimo dei massimi, è stato rivitalizzato, dopo decenni, il Padiglione Veneziano che di veneziano non ha nulla, tranne il fatto di omaggiare, giustamente a mio parere, il grande artista Emilio Vedova. Volete sapere i nomi degli artisti invitati al padiglione Venezia dalla triade di curatori Luca Massimo Barbero, Chiara Bertola e Angela Vettese? Marina Abramovic, Joseph Beuys, Christian Boltansky, Rebecca Horn, Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Arnulf Rainer e Richard Serra; pensate forse che questi artisti avessero bisogno di un padiglione alla biennale per essere ulteriormente osannati da pubblico e critica? Forse ha ragione Giancarlo Politi, che dalle pagine della sua rivista Flash Art, ritiene che, alla fin fine, alla Biennale ci vadano solo i "compagni di merende" di Robert Storr o, per meglio dire (parole sempre di Politi), coloro i quali sappiano preparargli una buona carbonara. Chi si fosse aggirato dalle parti dei Giardini a Venezia nei giorni fra il 6 e il 9 giugno, avrà potuto notare una folla mai vista o riscontrata in precedenti edizioni della Biennale nello stesso periodo inaugurale. Menomale che, in quei giorni, gli ingressi erano riservati agli addetti ai lavori e non al pubblico (sarà stato vero?). File agli ingressi della Biennale e file inenarrabili davanti a diversi padiglioni nazionali. Come quello tedesco, tutti in coda per decine e decine di minuti, per poter vedere le opere di una delle favorite alla vittoria del Leone d'Oro, Isa Genzken. Le cose non migliorano davanti al padiglione francese, dove, per poter ammirare l'interessante progetto di Sophie Calle, si deve attendere circa una mezzoretta. Il padiglione australiano è preso letteralmente d'assalto dalla folla, se non altro, alla spasmodica ricerca della bella tracolla gialla offerta all'ingresso con tanto di cd-rom. Stessa trafila per i padiglioni che nelle precedenti edizioni venivano sovente snobbati, come quelli di Israele, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda e Spagna. [segue]


Una cosa è certa, che piaccia o no, la Biennale di Venezia, mai come quest'anno è da considerarsi un successo organizzativo ed un enorme catalizzatore di manifestazioni artistiche collaterali, le quali ruotano tutte intorno ad essa, alcune con successo altre meno. Comunque smettiamola una buona volta di lamentarci e diamo a Cesare ciò che è di Cesare, riconsciamo il fatto che la risonanza, di questa edizione della Biennale, risulti essere planetaria proiettando Venezia e l'Italia al centro dell'attenzione artistica mondiale, ponendo, almeno per una volta, Art Basel in secondo piano. Nonostante sia discutibile la troppa spettacolarizzazione dell'arte, gli addetti ai lavori non possono esimersi dal recarsi in laguna. In quei giorni circolano frotte di critici e curatori, si aggirano per le calli decine di galleristi, vera manna dal cielo per tutti quegli artisti che vogliano mostrare o mostrarsi. Nascono mostre spontanee, performance di strada, installazioni più o meno autorizzate; il tutto finalizzato al poter rendere visibile il proprio lavoro. Artisti aprite le porte dei vostri studi, caricatevi in spalla qualche opera e via verso Venezia a trovar fortuna, come i cercatori d'oro nel Clondyke. Non fate gli snob lamentosi, se aspettate che la Vettese di turno cada dal camino in casa vostra, state freschi, di Peggy Gugenhaim ne è esistita una sola, neppure la sua fondazione-museo ora tiene in dovuta considerazione artisti emergenti, pochi vanno alla ricerca di talenti e chi lo fa, agisce quasi sempre controvoglia e/o per averne un tornaconto. Occupate le calli, dipingete le gondole... insomma inventatevi qualcosa pur di essere presenti nel luogo d'arte, attualmente, più mediatico del mondo. Sergio Curtacci


"Pensa con i sensi, senti con la mente" questo l'assunto concettuale da cui muove la cinquantaduesima edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia inaugurata il 10 giugno e visitabile fino al 21 novembre 2007 -, diretta per la prima volta da un critico statunitense, Robert Storr, per dodici anni curatore del MoMa di New York. È anche il titolo, piuttosto ambizioso, della rassegna, che, nelle intenzioni di Storr, è pensata per un pubblico per nulla elitario, ma vasto e motivato. Perché l'arte, secondo lui, non deve essere concepita in funzione dei desideri e delle inclinazioni di coloro che ne fruiscono, e le mostre non devono rivolgersi a nessun "visitatore ideale". "Le biennali - sostiene non sono fatte per coloro che Stendhal ebbe a definire i 'pochi eletti', ovvero, stando a lui, coloro con i quali condivideva non solo lo stesso ambiente sociale e la stessa impostazione culturale, ma anche una particolare sensibilità. E non sono fatte nemmeno per fare sì che il mondo dell'arte - i professionisti e i curiosi - possa incontrarsi come a un congresso. Le biennali sono piuttosto luoghi che vedono l'incontro di mondi artistici disparati alla presenza di un pubblico che è vasto, vario e contrariamente a quanto sostengono i commentatori delle più diverse posizioni politiche - appassionato e imprevedibile". Con questo spirito si è appena inaugurata un'edizione della Biennale già ammantata di primati, da quello dei costi (circa il 30% in più dei 6 milioni previsti) a quello del numero dei Paesi rappresentati (77) e degli artisti selezionati. Il sottotitolo è "L'arte nel presente", e la modernità, è,

dunque, il filo conduttore delle opere degli oltre cento artisti che espongono nella mostra centrale internazionale (allestita presso le Corderie e Artiglierie dell'Arsenale) e nei Padiglioni internazionali (ai Giardini), dallo stile imponente e diversificato. Novità significativa, il nuovo Padiglione Italia che debutta con una mostra dedicata a Francesco Vezzoli e Giuseppe Penone -, un nuovo padiglione dedicato alla Turchia all'interno della mostra centrale e un'esposizione dedicata all'arte africana contemporanea, curata dagli angolani Fernando Alvim e Simon Njami. Molti i giovani, ma non mancano nomi blasonati come Louise Bourgeois, León Ferrari, Gerhard Richter, Bruce Nauman, Robert Ryman, Ilya Kabakov - e maestri scomparsi, quali Felix GonzalesTorres, Jason Rhoades e Sol LeWitt. Senza dubbio interessante la splendida nave di Siwa di Ilya ed Emilia Kabakov, realizzata con gli studenti di Manchester ed i bambini di Siwa, in Egitto. Tra i nuovi progetti realizzati appositamente per la Biennale, si segnalano un'installazione di Bruce Nauman, un nuovo video di Sophie Calle e inedite creazioni di Yang Fudong e Steve McQueen. Numerosi gli "esordi" nazionali: dall'Azerbaijan al Messico, dal Libano alla Moldova, al Tajikistan alla Bulgaria ed alla Siria. Accanto alla pittura e alla scultura tradizionali "regine" della rassegna - ai video e alle installazioni, notevole spazio è attribuito alla fotografia (il Leone d'Oro alla carriera di quest'anno, il primo mai andato ad un africano, è assegnato ad un fotografo del Mali, il settantaduenne Malick Sidibé) e al fumetto, rappresentato dalle belle tavole di "Un éternitè a Tanger" storia di un fallito passaggio dall'Africa all'Europa - degli africani Eyoum Ngangué e Faustin Titi. Ad Emilio Vedova, scomparso nell'ottobre dello scorso anno, è tributato l'omaggio allestito all'interno del rinnovato Padiglione Venezia. Infine, debutta quest'anno Cornice Art Fair, vera e propria fiera d'arte contemporanea per collezionisti.


a noi è piaciuto: ma a noi è piaciuto?

[prima parte] servizio fotografico di vania elettra tam







REVENGE di Nico Vascellari Premio per la Giovane Arte Italiana, 4° edizione (2006 – 2007) La mostra Revenge di Nico Vascellari viene presentata dal Direttore della DARC, Pio Baldi e da Anna Mattirolo, commissario del progetto, nell’ambito della 52° Esposizione Internazionale d’Arte. L’artista, nato a Vittorio Veneto nel 1976, è vincitore della 4. edizione del Premio per la Giovane Arte Italiana, istituito dalla DARC e dal MAXXI-Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo. Revenge, che aprirà la serie degli eventi collaterali della 52° Esposizione Internazionale d’Arte, è un progetto artistico site specific, a cura di Paolo Colombo e Monica Pignatti Morano, aperto al pubblico dal 10 giugno al 21 novembre 2007 presso la sala Marceglia, all’interno dell’Arsenale di Venezia. Dal titolo fortemente allusivo, l’intero lavoro di Nico Vascellari parte da un personale network di relazioni con piccoli spazi e centri di autoproduzione musicale alternativa, che l’artista ha sviluppato nel corso degli anni durante la sua carriera musicale come front man della band punk With Love.

[segue]


REVENGE di Nico Vascellari Premio per la Giovane Arte Italiana, 4° edizione (2006 – 2007) Il progetto prevede una performance all’interno dello spazio espositivo, opportunamente modificato da una grande installazione: un muro di legno d’abete intagliato manualmente, verniciato e in seguito combusto, delle stesse dimensioni della Sala Marceglia (sette metri d’altezza per dieci di larghezza), che sosterrà numerosi amplificatori di diversa dimensione e potenza, chiesti in prestito per tutta la durata della Biennale a musicisti della scena musicale underground europea. Prima dell’evento, il pubblico potrà accedere alla Sala dall’entrata principale: proseguendo lungo il corridoio, vedrà il retro del muro di legno e degli amplificatori, trovando una piccola via d’accesso allo spazio interno. Nico Vascellari sarà accompagnato da numerose persone, che all’avvio delle parole e dei suoni che lui stesso emetterà nel microfono, interagiranno con gli spettatori. Durante l’esecuzione l’artista sarà accompagnato al mixer da John Wiese (Los Angeles), noto musicista della scena internazionale noise, che si autodefinisce un freelance band member. Wiese collabora con musicisti come Sunn O))), Wolf Eyes e Merzbow, durante tour che lo hanno portato a elaborare situazioni musicali in ogni parte del mondo.

[segue]


REVENGE di Nico Vascellari Premio per la Giovane Arte Italiana, 4° edizione (2006 – 2007) Il suono che proviene dagli amplificatori durante la performance viene comunemente definito feedback o retroazione, e nello specifico si parla di effetto Larsen. Il rumore amplificato in uscita da un altoparlante che ritorna al microfono che lo ha generato, provoca un acuto sibilo o una vibrazione grave continua, perché ogni suono che entra nel microfono viene amplificato e mandato agli altoparlanti e così via, all'infinito. Durante ogni azione questo effetto sarà stimolato e controllato dall’artista.

Titolo: Revenge, di Nico Vascellari Commissario del Padiglione: Anna Mattirolo A cura di: Paolo Colombo e Monica Pignatti Morano Presso: Arsenale, Sala Marceglia Date: dal 10 giugno al 21 novembre 2007 Inaugurazione: giovedì 7 giugno, ore 17.00, Arsenale, Sala Marceglia Performance: 7, 8 e 10 giugno 2007 , ore 17.00, Arsenale, Sala Marceglia Catalogo: Electa Mondadori


DAMIEN HIRST

NEW RELIGION

8 giugno - 4 agosto 2007


DAMIEN HIRST

8 giugno - 4 agosto 2007

NEW RELIGION Venezia, Palazzo Pesaro Papafava dall'8 giugno al 4 agosto A cura di Valerio Dehò Orari: 10.00–12.30/16.00–19.00, chiuso il mercoledì mattina e il 26/06/07 Ingresso libero Catalogo: Damiani Editore Per informazioni: 335 54 43 326

I libri di Vecchio e Nuovo Testamento sono pillole dalla diversa posologia, la Santa Trinità è il grafico a torta di un capitale societario con tre pacchetti azionari del 33,3% divisi tra Padre, Figlio e Spirito Santo, il Fato dell'Uomo è un teschio d'argento contenuto in uno scrigno. Questi i simboli della "Nuova Religione" secondo Damien Hirst, quarantaduenne esponente di punta della Young British Art. E proprio "New Religion" si intitola la personale della sua ultima produzione, curata da Valerio Dehò e in programma fino al 4 agosto al Palazzo Pesaro Papafava di Venezia. Ancora una volta impegnato nell'analisi del rapporto vita-morte, in "New Religion" Damien Hirst affronta il tema della religione e della medicina attraverso una serie di simboli ricorrenti quali croci, teschi, calici e colombe che si confondono ambiguamente con farmaci e strumenti chirurgici, questi ultimi vere e proprie "icone" già note in alcune opere precedenti ("Pill Paintings", "Medical Cabinets", "Pharmacy").

[segue]


DAMIEN HIRST

8 giugno - 4 agosto 2007

NEW RELIGION Con una serie di sculture, fotografie e stampe in cui (non senza il classico spirito provocatorio) plasma una nuova religione che mette insieme scienza ed estetica cristologica, l'artista inglese prende come riferimento episodi e personaggi del Nuovo e del Vecchio Testamento per dare vita a una dissacrante iconografica costituita essenzialmente da medicinali. Fra pillole che diventano oggetti di culto e ferite chirurgiche raffigurate come stigmate, la religione da sempre promette un tempo eterno oltre la vita terrena, ma oggi sembra essere la scienza a prolungare "materialmente" la vita, seducendo l'uomo con l'illusoria ricerca di immortalità, la fine del dolore e, in generale, la promessa di salvezza. Ma com'è nata l'idea di questa particolarissima "rivisitazione postmoderna" del Cristianesimo? «Stavo pensando – spiega Hirst che c'erano quattro cose importanti nella vita: la religione, l'amore, l'arte e la scienza. Al massimo, tutti questi sono solo strumenti che possono aiutarti a trovare una via attraverso l'oscurità in cui brancoliamo. Nessuno di essi in realtà funziona fino a questo punto, ma aiutano. Tra tutti, la scienza sembra essere l'unico strumento giusto in questo momento. Come la religione, fornisce quel barlume di speranza che forse andrà tutto bene alla fine. Immagino di voler più che altro far pensare la gente.

[segue]


DAMIEN HIRST

8 giugno - 4 agosto 2007

NEW RELIGION In questo caso, volevo che le persone pensassero alla combinazione di scienza e religione, fondamentalmente. La gente tende a considerarle come due cose nettamente separate, una fredda e clinica, l'altra emozionante, amorevole, calda. Io volevo scavalcare questi confini e dare qualcosa che sembra clinico e freddo ma ha anche tutte le connotazioni religiose e metafisiche. Adesso – conclude l'artista inglese - è il momento perfetto, perché la chiesa sta facendo un'enorme confusione su tutto». Non è la prima volta, d'altra parte, che Hirst pratica "sconfinamenti incrociati" tra gli oggetti delle proprie rappresentazioni. Basti pensare alla serie "Natural History" (i discussi animali morti conservati sotto formalina) che lo ha reso famoso a livello internazionale. Prolifico artista che si muove fra Action painting, Pop art, installazioni, scultura e pittura, ha fatto soprattutto parlare di sé con opere molto chiacchierate che hanno raggiunto quotazioni da record. Legato al circuito delle potenti gallerie londinesi e, in passato, al guru della comunicazione Charles Saatchi, nel 1995 Hirst ha ricevuto l'importante Turner Prize mentre nel 2005 gli è stata dedicata un'ampia retrospettiva al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.


ARTEMPO WHERE TIME BECOMES ART PALAZZO FORTUNY 6 giugno – 7 ottobre 2007 A cura di Jean-Hubert Martin, Giandomenico Romanelli, Mattijs Visser e Daniela Ferretti Questa grande mostra, nata dalla collaborazione tra la Città di Venezia- Musei Civici Veneziani e Axel Vervoordt, indaga il rapporto tra arte, tempo e il loro mostrarsi, attraverso secoli, luoghi, tendenze e linguaggi espressivi diversi. Oltre trecento le opere in mostra - da rari e preziosissimi pezzi archeologici a installazioni contemporanee - provenienti dalle vaste ed eclettiche collezioni di Axel Vervoordt, dai Musei Civici Veneziani e da altre importanti raccolte pubbliche e private e più di ottanta gli artisti presenti, tra cui Francis Bacon, Alberto Burri, Lucio Fontana, Alberto Giacometti, James Turell, Pablo Picasso, Andy Warhol. La mostra, ideata da Mattijs Visser e Axel Vervoordt, è organizzata dai Musei Civici Veneziani e da Axel Vervoordt e curata da Jean-Hubert Martin, Giandomenico Romanelli, Mattijs Visser e Daniela Ferretti. Il Museum Kunst Palast di Düsseldorf ha altresì collaborato alla sua realizzazione. [segue]


ARTEMPO WHERE TIME BECOMES ART PALAZZO FORTUNY 6 giugno – 7 ottobre 2007 Alla mostra è abbinato un libro-catalogo (edizioni MER, Anversa, in collaborazione con Walther König Verlag, Düsseldorf), con prefazione di Massimo Cacciari e saggi di Giandomenico Romanelli, JeanHubert Martin, Mattijs Visser, Norbert Jocks, Eddi de Wolf. Artempo propone una singolare indagine da un lato sul tema del tempo e di come esso agisca, formi e trasfiguri l’arte, dall’altro di come il linguaggio dell’arte sia necessariamente universale e senza tempo. Ha luogo nei suggestivi spazi di palazzo Fortuny, il gotico edificio trasformato da Mariano Fortuny in dimora-atelier, di cui conserva ambienti, strutture, tappezzerie, collezioni. Per la prima volta dopo decenni, l’intero palazzo si apre e si integra quasi in un percorso espositivo pensato anche in sua funzione, per ricrearne e sottolinearne il ruolo di laboratorio di idee, così come lo stesso Fortuny l’aveva voluto, mentre la sua stessa atmosfera gioca un ruolo importante nel sottolineare l’interazione, proposta dalla mostra, tra opere d’arte e oggetti d’uso di epoche, culture e provenienze diverse. [segue]


ARTEMPO WHERE TIME BECOMES ART PALAZZO FORTUNY 6 giugno – 7 ottobre 2007 Per Artempo sono state commissionate a vari artisti nuove, specifiche installazioni: El Anatsui (Ghana) creerà un arazzo di lattine vuote per l’intera facciata del palazzo, Loris Cecchini (Italia) su un’altra facciata, proietterà un albero di luce, Anish Kapoor (India) realizzerà una parete specchiata di 12 metri. A queste di aggiungono le nuove opere e istallazioni di Berlinde De Bruyckere (Belgio), Klaus Münch (Italia), Tatsuo Miyajima (Giappone), Jorge Molder (Portogallo), Thomas Schütte (Germania), Dominique Stroobant (Italia), Shiro Tsujimura (Giappone), James Turrell (USA).

Berlinde de Bruyckere, Giorgio De Chirico, Jean Dubuffet, Marcel Duchamp, Marlene Dumas, Jan Fabre, Robert Filliou, Fischli & Weiss, Lucio Fontana, Mariano Fortuny, Alberto Giacometti, On Kawara, William Kentridge, Kimsooja, Yves Klein, Bertrand Lavier, Man Ray, Piero Manzoni, Marisa Merz, Sabrina Mezzaqui, Jorge Molder, Saburo Murakami, Roman Opalka, Orlan, Nam June Paik, Pablo Picasso, Otto Piene, Markus Raetz, Medardo Rosso, Claude Rutault, Richard Serra, Shozo Shimamoto, Fujiko Shiraga, Kazuo Shiraga, Antoni Tápies, Gunther Uecker, Emilio Vedova, Jef Verheyen, Andy Warhol, Adolfo Wildt. In situ installazioni di El Anatsui, Loris Cecchini, Anish Kapoor, Tatsuo Miyajima, Klaus Münch, Thomas Schütte, Dominique Stroobant, Shiro Tsujimura, James Turrell e performance di Yael Davids e Sadamasa Motonaga.

GLI ARTISTI Marina Abramovic, Antonin Artaud, Francis Bacon, Erzsébet Baerveldt, Hans Bellmer, Alighiero Boetti, Christian Boltanski, Jonathan Borofsky, Louise Bourgeois, Peter Buggenhout, Alberto Burri, Cai Guo-Qiang, Tony Cragg,

Campo San Beneto (San Marco) 3958 (30124) VE +39 0412747607 (info) mkt.musei@comune.venezia.it www.museiciviciveneziani.it orario: 10/18 (biglietteria 10/17); chiuso lunedì e martedì biglietti: intero 8,00 euro ridotto 5,00 euro


A partire dal 7 giugno 2007, in concomitanza con la 52° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, sull’isola di San Servolo si accendono i riflettori per gli appuntamenti di Light on San Servolo. Grazie alla collaborazione fra la Provincia di Venezia, San Servolo Servizi e Veneziafiere, il secondo weekend di giugno sarà l’occasione per l’isola di San Servolo di diventare crocevia di culture attraverso mostre, performance e rassegne, con una speciale attenzione alla video arte e alla fotografia d’autore. I principali appuntamenti presentati sotto l’etichetta Light on San: -fiera di video arte V|07 - Venice VideoArt Fair venerdì 8 e sabato 9 giugno -mostra fotografica Shot and go – A vision of today's international photography dal 7 giugno al 31 luglio

Info: Venezia Fiere Tel. 041-714066 San Servolo Servizi Tel. 041-2765401 oppure 041-2765411 Segreteria organizzativa Veneziafiere veimmagine@veneziafiere.it Segreteria organizzativa San Servolo Servizi sanservolo.segreteria@provincia.venezia.it Direzione artistica, Raffaele Gavarro raffaele.gavarro@fastwebnet.it Assitente alla direzione artistica, Chiara Vigliotti - kiaravigliotti@yahoo.it http://www.veneziafiere.it http://www.sanservolo.provincia.venezia.it Ufficio stampa: Studio Pesci via Giuseppe Petroni 18/3 – 40126 Bologna, Italy tel. 0039 051 269267 – fax 0039 051 2960748 http://www.studiopesci.it info@studiopesci.it


7 – 10 giugno 2007

Cornice Art Fair, nuova fiera d’arte moderna e contemporanea di Venezia, si è svolta durante l’inaugurazione della 52º Biennale d’Arte, un appuntamento che non mancherà di sorprendere per la qualità delle opere proposte e per il prestigio delle gallerie internazionali presenti alla manifestazione. Si è aperto con un vernissage dedicato agli ospiti VIP e alla stampa la sera del 6 giugno, ed è rimasta aperta al pubblico dal 7 al 10 giugno 2007, offrendo ad un gruppo selezionato di gallerie la possibilità di essere presenti con opere prestigiose durante un periodo in cui Venezia è punto di richiamo mondiale per critici, artisti, curatori e collezionisti. Cornice Art Fair è un’iniziativa totalmente nuova ma, caratterizzandosi fin da questa prima edizione per l’alto livello qualitativo, gode del patrocinio della Città di Venezia, della Provincia di Venezia, della Regione Veneto e della APT della Provincia di Venezia. Sono state attivate, inoltre, diverse collaborazioni con aziende del settore turistico e culturale che garantiranno la qualità dei servizi offerti. Per la fiera è stato appositamente realizzato un padiglione climatizzato di 8.000 mq nell’area di Tronchetto a Venezia, vicino al padiglione temporaneo usato dal teatro La Fenice dopo il devastante incendio del 1996.


SEQUENCE 1 Dal 5 maggio all’11 novembre 2007 Venezia - PALAZZO GRASSI Campo San Samuele 3231 (30124) +39 0415231680 (info), +39 041 5286218 (fax) www.palazzograssi.it orario: tutti i giorni 10-19 biglietti: 10 euro; ridotto 6 euro vernissage: 5 maggio 2007. ufficio stampa: BONDARDO curatori: Alison M. Gingeras Sequence 1 è la prima esposizione di una sequenza dedicata ai segni distintivi e ai punti di forza della collezione di arte contemporanea di François Pinault. A partire da questa primavera, le mostre Sequence saranno infatti appuntamenti regolari del calendario di Palazzo Grassi e daranno testimonianza della passione e del profondo impegno di François Pinault collezionista nei confronti degli artisti contemporanei. Gli importanti insiemi monografici che caratterizzano la collezione Pinault saranno il cuore delle diverse esposizioni. Sequence 1 presenta le opere di sedici artisti selezionati nell'ambito della collezione François Pinault e propone lavori in cui viene messo in luce il principio di artigianalità nell'arte contemporanea, attraverso tutti i tradizionali generi creativi. Internazionali e appartenenti a diverse generazioni, gli artisti in mostra sono tutti veri e propri creatori di opere d'arte, il cui talento si esprime in larga misura in pittura o in scultura. Sfuggendo all'approccio tematico o narrativo, Sequence 1 ci ricorda che gli artisti contemporanei non hanno mai abbandonato queste discipline apparentemente "tradizionali", scegliendo invece di modificarle con costanti revisioni concettuali e tecniche in continua evoluzione.

[segue]


SEQUENCE 1 Pittura I pittori inclusi in Sequence 1 presentano approcci differenti, che spaziano liberamente dal "tradizionale" olio e/o acrilico su tela a revisioni sperimentali del "pittorico". In rappresentanza dello schieramento "tradizionale", varie gallerie sono dedicate ad opere emblematiche di Martial Raysse, Laura Owens, Marlene Dumas, Takashi Murakami, e Richard Prince. Ciascuno di questi artisti rivisita alcuni dei momenti salienti della storia della pittura illustrando l'enorme ricchezza di possibilità tuttora offerta dalla raffigurazione pittorica. Sul versante sperimentale, artisti come Rudolf Stingel esplorano "l'idea" della pittura attraverso una sintesi di installazione ambientale, process art, e "dipinti" convenzionali. Una generazione più giovane di artisti, qui rappresentati da Kristin Baker e Roberto Cuoghi, adottano tecniche decisamente poco ortodosse e un uso innovativo dei materiali per creare opere in bilico tra astrazione e figurazione. Infine, Urs Fischer e Anselm Reyle, più conosciuti per le loro opere scultoree, utilizzano nei loro "dipinti" una gamma di metodi di collage e assemblaggio tridimensionale esplorando ulteriormente le preoccupazioni formali e concettuali che sono il tema centrale del loro lavoro bi e tridimensionale. Scultura Come per la selezione di dipinti, Sequence 1 mette in luce gli approcci polivalenti alla scultura contemporanea contemplati dalla Collezione François Pinault. Gli assemblaggi di oggetti di scarto di David Hammons trascendono i confini stabiliti dalla storia dell'arte, e coniugano riferimenti sociologici e una visione poetica della vita urbana con il retaggio del dadaismo, dell'Arte Povera e della Pop Art. Analogamente, si potrebbe usare l'etichetta "Pop Povera" per descrivere le opere basate su oggetti di Urs Fischer, che fonde materiali umili, fatti a mano, oggetti trovati, e una sapiente padronanza della dimensione per produrre sensazionali sculture come la monumentale Jet Set Lady, 2000-5, che domina l'atrio di Palazzo Grassi. [segue]


SEQUENCE 1 Artisti come Mike Kelley e Robert Gober usano banali oggetti della vita quotidiana -trovati o fabbricati con cura - per sondare le profondità del nostro inconscio collettivo, oltre che la loro psiche personale. Sebbene meticolosamente fatte a mano, le sculture di Gober sono realizzate in modo da sembrare più "reali" possibile; l'insistenza sulla riproduzione di oggetti collegati al suo passato intensifica la carica emozionale e psichica delle sue sculture e delle sue ossessive installazioni ambientali. Come Gober, Kelley si serve di oggetti per raccontare una storia, anche se spesso estende le sue intense opere scultoree nel regno della performance, come nel suo capolavoro Extracurricular Activity Projective Reconstruction #1 (Domestic Scene), 2000. Nel lavoro di Franz West e Anselm Reyle, si scorge l'eredità scultorea del formalismo europeo e del primo modernismo. West, uno degli artisti più anziani della mostra, si avvicina alla scultura in reazione all'azionismo viennese e all'astrazione europea del dopoguerra. Le sue caratteristiche sculture in papier-mâché, collocate su basi, piedestalli, o tavoli, coniugano forme antropomorfiche tridimensionali e colorata pittura astratta gestuale. Oltre che per queste "autonome" sculture, West è famoso per i suoi pezzi di arredamento, destinati a offrire al pubblico uno spazio in cui sedersi, contemplare, o semplicemente oziare. Debitore di West, nonché di un eclettico ordine di astrazionisti del ventesimo secolo come Blinky Palermo, Ellsworth Kelly, Richard Tuttle e Otto Freundlich, Anselm Reyle cerca di resuscitare un intero repertorio di stili associati al primo modernismo. Che usi campi monocromatici di colore, sgocciolature gestuali, bronzo colorato intensamente laccato, tubi al neon, o pigmenti fluorescenti, le sue sculture e i sui dipinti futuristici, post-punk, raccolgono senza vergogna l'eredità del formalismo. Per integrare le opere della Collezione François Pinault, sono state commissionate nuove opere a svariati artisti, appositamente per la mostra Sequence 1. Gli artisti che hanno realizzato progetti ad hoc sono: Louise Lawler, Rudolf Stingel, Franz West, Takashi Muratami, Kristin Baker, il milanese Roberto Cuoghi, Urs Fischer e Anselm Reyle.


La 38a edizione della Art Basel chiude i battenti domenica 17 giugno. All’appuntamento annuale del mondo dell’arte internazionale sono affluiti artisti, collezionisti, curatori e appassionati d’arte di tutti i continenti. Le gallerie partecipanti, lo Show Management, gli intenditori d’arte e i media l’hanno giudicata all’unanimità come un momento culminante della sua storia ricca di tradizioni. La Art 38 Basel ha confermato in maniera impressionante l’ottimo stato di salute del mercato internazionale dell’arte, la sua posizione indiscussa di Mostra d’arte leader e la sua nomea di evento artistico di levatura mondiale. La Mostra internazionale d’arte è stata frequentata da un numero record di 60.000 visitatori e 2300 operatori mediatici. La 38a edizione della Mostra internazionale d’arte chiude i battenti con eccellenti risultati. Le 300 gallerie espositrici hanno giudicato molto positivamente l’edizione di quest’anno della Art Basel. Samuel Keller, Direttore della Art Basel, commenta la Mostra d’arte come segue: «La 38a edizione della Art Basel è stata un’annata record, una festa per il mondo dell’arte internazionale. Si sono raramente viste così tante opere d’arte importanti e interessanti riunite in un singolo luogo.» [segue]


Holstad

Un numero record di 60.000 collezionisti d’arte, addetti dei musei, artisti e appassionati d’arte di tutto il mondo ha frequentato la Art 38 Basel, e 2300 operatori mediatici (2006: 2000) di tutti i continenti si sono informati sull’offerta attuale del mercato dell’arte internazionale. Gli esperti d’arte presenti hanno valutato come uniche al mondo la qualità e la varietà delle opere d’arte proposte alla Art 38 Basel. Le gallerie invitate si sono impegnate a fondo per mostrare le opere d’arte più interessanti e per presentarle con allestimenti molto curati. In vari stand sono state organizzate esposizioni di gruppo a tema e mostre personali di artisti. Sin dalla sua fondazione, la Art Basel è la più importante Mostra di opere classiche del XX secolo ed è oggi anche la più importante piattaforma mondiale per la produzione artistica contemporanea. Nessun’altra Mostra d’arte accoglie così tante gallerie d’arte contemporanea. L’attività di promozione dell’arte giovane si è manifestata alla Art 38 Basel anche con il fatto che molti stand hanno esposto opere d’arte recentemente realizzate. Varie gallerie hanno presentato opere di video art e installazioni giganti. Vi è anche da segnalare un boom della pittura e dei lavori su carta; la fotografia ha continuato a essere ortemente rappresentata. Si è anche riscontrato un vivo interesse per le performance.


Mc Carthy


Greaud



Penny


Schapel


Mc Cullum

Holstad

servizio fotografico di Eugenia Mola di Larissè


mostre


SAZIO NOVANTANOVE Parco Scientifico Tecnologico di Venezia Via delle industrie 19 - Cignus San Marco, 4571 C 30124 Venezia 9 giugno – 8 luglio 2007 a cura di: Sergio Curtacci in collaborazione con: Libreria Bocca - Milano Fabbrica Borroni - Bovisa Milano Frattura Scomposta - Verona Wannabee Gallery - Milano Davidia Comunicazione – Venezia Provideo Service – Venezia

Info: www.fratturascomposta.it/aliens/index.htm

ARTISTI: gianrico agresta marco bernardi alessandra bocconi danilo buccella gabriele buratti claudio magrassi andrea mariconti jara marzulli elisa rossi vania elettra tam giulio zanet ART VIDEO By: marco foti svetlana kuliskova frattura.scomposta@libero.it


LE FORME ALIENANTI DEL CONTEMPORANEO Come alieni ci muoviamo sulla terra, osservando tutto con distacco, leggiamo libri e giornali in metropolitana senza accorgerci (o per meglio dire non volendo accorgercene) del violento scippo che sta accadendo accanto a noi. Ma la vera tragedia risiede nel fatto che non riusciamo a capire neppure ciò che stiamo leggendo. Invitiamo amici a pranzo o a cena, dispensiamo loro sorrisi ed attenzioni (il più delle volte ipocriti), poi li incrociamo il giorno dopo per la strada e ci volgiamo dall’altra parte per non doverli salutare, o peggio fermarci a scambiare poche parole che spesso e volentieri riteniamo possano tradursi in inutili convenevoli. Dopo l’11 settembre 2001 se vogliamo, tutto ciò si è acuito, all’indifferenza ed al fastidio si è aggiunta la paura, il terrore del diverso, guardiamo gli altri come potenziali nemici, ci muoviamo con circospezione... meglio rimanere a casa e nasconderci dietro al monitor di un computer e navigare in internet per ore, magari con identità diverse dal reale, proponendoci agli altri come eroi moderni senza macchia e senza paura, per tornare il giorno dopo i soliti alieni, visitatori timorosi del pianeta terra. Sergio Curtacci Sul sito www.fratturascomposta.it/aliens/index.htm è possibile vedere, oltre ad un reportage fotografico, anche alcuni video della mostra, dall’allestimento all’inaugurazione.


tema del work shop:

Il giorno 9 giugno, durante l’inaugurazione della mostra, si è tenuto un interessante incontro. Dalla discussione sono emerse tematiche veramente interessanti riguardanti l’arte contemporanea… relatori del work shop (da sinistra) : Sergio Curtacci – moderatore Momò Calascibetta – Artista ed indeatore della mostra 13x17 in collaborazione con Philippe Daverio Cristina Alaimo – curatrice di www.padiglioneitalia.it Patrizia Lovato – Artista e Docente di anatomia artistica all’Accademia di Belle Arti di Brera Maria Grazia Torri – Giornalista per la rivista Flash Art, Kult, il Sole 24 ore, e critica e curatrice indipendente Elisa Gusella – Curatrice Fabbrica Borroni - Milano Silvia Pettinicchio – gallerista, Wannabee - Milano

La mostra proposta all’interno dello Spazio Novantanove, ha come tema l’alienazione umana contemporanea che, in modi diversi, affligge ognuno di noi e che, quasi inconsapevolmente, ci porta ad un progressivo isolamento e ad essere sempre più refrattari nei confronti del mondo che ci circonda. Viviamo spesso la nostra quotidianità, come una realtà che non ci appartiene, la globalizzazione, i nuovi media e la comunicazione, sembrano avvicinarci l’uno all’altro, ma fondamentalmente ci allontanano, senza che noi si sia in grado di invertire la rotta. In tale situazione, come si colloca l’artista emergente che oltre a dover affrontare le varie difficoltà legate al quotidiano vivere, deve anche verificarsi e rapportarsi con una realtà artistica spesso cieca e sorda di fronte alla sua esigenza di risposte? La realtà dell'arte è sempre più volta al mercato rispetto ad un’effettiva ricerca culturale, dove l’artista diventa merce da commercializzare, con la conseguenza, sempre più palese, che tecnica e concettualità, espresse attraverso le opere, passino in secondo piano rispetto alle esigenze mercantili. Le domande che sono state poste durante il workshop sono le seguenti: 1) La scuola è in grado di fornire strumenti validi, affinché il giovane studente, che voglia intraprendere la carriera di artista, sia in condizione di affrontare le difficoltà che questo mestiere comporta soprattutto agli inizi? 2) I critici d’arte e i curatori sono sufficientemente preparati ed obbiettivi nel valutare il lavoro di un artista emergente? 3) Le istituzioni, soprattutto le amministrazioni locali, vengono incontro alle esigenze degli artisti emergenti riservando loro spazi espositivi? 4) Al di là di alcune isolate eccezioni, esistono ancora galleristi che abbiano la voglia e la lungimiranza d’investire sull’arte emergente?






Richard Hamilton

a host of angel 7 giugno - 8 ottobre 2007

Fondazione Bevilacqua La Masa Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826, 30123 Venezia da mercoledì a domenica dalle 10.30 alle 17.30 Ingresso intero 3 €, ridotto 2 € Tel. +39 041 5207797 – Fax +39 041 5208955 www.bevilacqualamasa.it Per la sua personale a Venezia in concomitanza con la 52° Biennale di Arti Visive, Richard Hamilton presenta un progetto che coinvolge tutta la sede di Palazzetto Tito (Dorsoduro 2826, Venezia) Fondazione Bevilacqua La Masa. Insieme alle 13 tele di grandi e medie dimensioni saranno presenti mobili, oggetti e arredi voluti dall’artista stesso, in un gioco di rimandi continui tra le prospettive sulla tela e quelle presenti nello spazio. Ad aprire la mostra saranno i ritratti degli amici, Dieter Roth e Derek Jarman, e un’ elaborazione grafica di uno spazio domestico, Chiara & chair, in cui la costruzione dell’immagine, le linee d’orizzonte e i punti di fuga sono messi a nudo dall’artista stesso, che ci mostra da subito la doppia anima dei suoi ultimi lavori. Da un lato una strutturazione meticolosa e quasi maniacale dello spazio, creata attraverso sovrapposizioni di spazi e oggetti. Dall’altro l’intervento pittorico, nel quale l’artista lavora sui dati, sfumando l’immagine o ricreando a mano ciò che la fotografia, anche quella più di dettaglio, non riesce. Dagli anni ’90 Hamilton è passato dal ritrarre personaggi dell’iconografia popolare a lavori più intimistici. Costruisce l’immagine partendo da fotografie da lui stesso scattate, o cartoline di bassa foggia. Poi le traspone sulla tela attraverso programmi di grafica evoluti, ricreando un ambiente perfettamente consono alle azioni in essere. Così gli Angels, come lui stesso li chiama, sono i personaggi familiari, gli amici di sempre, le situazioni intime, gli interni della sua casa. Donne virginee e angeliche che alludono alle duchampiane Brides e Virgins.


Richard Hamilton

a host of angel 7 giugno - 8 ottobre 2007

Fondazione Bevilacqua La Masa

La mostra prosegue con un celebre pezzo di cui un’altra versione è presente nella collezione dello Staatliche Museen di Kassel. The passage of the bride II, su cui l’artista lavora da quasi 10 anni, ogni volta aggiungendo o modificando piccoli particolari. Alcune volte lascia la visione dello spazio: un corridoio, una finestra aperta sul verde, la luce bianca che ne proviene, i suoi riflessi nella parete specchiata; altre suggerendo la presenza di una donna, the bride, anch’essa riflessa e in qualche modo volatile. Accanto alla tela, vicino alla finestra, alcuni oggetti presenti nell’opera vengono trasposti nello spazio. Ancora in the Bathroom e in the Bathroom 1 e 2 ritorna una figura femminile. Qui il rosso magenta della superficie è reso vibrante dalla pennellata dell’artista, e una donna, fasciata in simbolici panni bianchi, attraversa lo spazio. Nelle ultime sale il visitatore sarà accompagnato dalla visione degli ultimi pezzi inediti dell’artista: The Passage of the Angel to the Virgin e Descending Nude. Le comparse femminili quasi estranee alla definizione dell’ambiente intorno, la luce bianca che pervade i lavori e lo spazio espositivo, le immagini ricomposte da prospettive diverse, oppure da angolazioni simili ma ricollocate in un altro intorno, ci inducono a riflettere sul continuo rimando tra la vita quotidiana e l’opera d’arte, tra l’uomo e la sua relazione con lo spazio e gli oggetti. Proprio what is it that makes today’s homes so different, so appealing? ci suggerisce che è l’uomo, con l’umanità, la storia e i loro legami al centro della questione che Hamilton ci pone. Uomo dalla cultura interdisciplinare, Hamilton è una figura capitale per la storia dell’arte contemporanea. Dopo la partecipazione all’Indipendent Group (Londra, 1952-1955), sono note le sue collaborazioni con Marcel Duchamp, i suoi studi sulla Green Box (1968) a partire dai quali ha ricostruito numerose versioni de Le Grand Verre. La mostra, prima personale dell’artista in Italia, sarà accompagnata da un catalogo di documentazione sui lavori presenti alla Fondazione Bevilacqua La Masa.


Yasumasa Morimura REQUIEM FOR THE XX CENTURY Twilight of the turbulant Gods

Galleria di Piazza San Marco

8 giugno – 8 ottobre 2007 La Fondazione Bevilacqua La Masa è felice di presentare in occasione della 52ma Biennale di Venezia la prima importante pronale europea dedicata all’artista giapponese Yasumasa Morimura (Osaka, 1951), a cura di Filippo Maggia, responsabile per la fotografia dell’Istituzione. La mostra si presenta come un’occasione per riflettere su quelli che furono negli anni ottanta, proprio attraverso il lavoro di Morimura, i primi passi verso quell’apertura all’arte asiatica che oggi sta esplodendo anche in direzione di Cina, India e Corea. La poetica di Morimura, del resto, è esattamente centrata sulla necessità da parte dell’Est di accogliere e inglobare i modelli della vita occidentale. A Venezia saranno proposte una selezione di opere, tutte inedite e in grande formato, appositamente realizzate in occasione della 52ma Biennale, raccolte sotto l’emblematico titolo Requiem for the XX Century. Twilight of the turbulant Gods. Per la prima volta, saranno visibili anche alcuni video ispirati a controversi personaggi del Ventesimo secolo, come ad esempio il drammaturgo e scrittore giapponese Yukio Mishima morto suicida nel 1970, oltre a una singolare videointervista di circa 10 minuti nella quale l’artista giapponese introduce il pubblico nel suo studio di Osaka. Figura unica nel panorama internazionale contemporaneo, Morimura è capace attraverso la fotografia di offrire inaspettate riletture di alcuni temi centrali dell’arte, in particolare della pratica pittorica, reinterpretando in prima persona opere di famosi pittori europei, da Velazquez a Goya, da Leonardo da Vinci a Rembrandt van Rijn, da Lucas Cranach a Monet. Il “vedere” e “l’essere visto”, la ridefinizione del genere sessuale e l’appartenenza ad esso o a una delle sue tante declinazioni -così ambiguo specialmente nella nostra epoca, tant’è che la maggior parte dei soggetti di Morimura sono in origine donne-, portano in sé altre e ben più profonde riflessioni che vanno dalla religione alla politica, alla consapevolezza di appartenere a un tempo, un’epoca storica ben determinata. Da qui nasce la necessità, per Morimura, di evidenziare la differente percezione che l’io può avvertire di se stesso e la capacità dell’uomo, dell’artista, di sperimentare un ruolo alternativo, dando così al soggetto valenze che sovente trascendono la storia medesima di “quel” quadro o di “quel” particolare artista divenendo un “nuovo” quadro realizzato da un “altro” artista.


Yasumasa Morimura REQUIEM FOR THE XX CENTURY Twilight of the turbulant Gods

Galleria di Piazza San Marco

8 giugno – 8 ottobre 2007 Questo approccio tematico deriva senz’altro dalla scelta che sin da ragazzo ha allontanato Morimura dallo studio dell’ukiyoe di Hokusai così come dai suibokuga di Sesshu per avvicinarlo ai Van Gogh e ai Picasso, in una sorta di fatale attrazione per tutta l’arte occidentale, eterogenea negli stili e distante dal rigore giapponese. Nascono così altri importanti capitoli scritti dall’artista giapponese: la serie dedicata alle attrici e gli omaggi resi a colleghi artisti a lui contemporanei, come il celebre To My Little Sister: For Cindy Sherman del 1998. Nonostante la manifesta predilezione per la “western art”, Morimura cerca comunque dei punti di incontro fra le due culture, orientale e occidentale, per provocare ma soprattutto per capire l’effetto che può suscitare nel pubblico vedere una Brigitte Bardot in sella a una motocicletta per le vie di Osaka, o una svolazzante


Yasumasa Morimura REQUIEM FOR THE XX CENTURY Twilight of the turbulant Gods

Galleria di Piazza San Marco

8 giugno – 8 ottobre 2007 Marilyn su una pedana collocata al centro di una sala dell’Università di Tokyo. L’ampia serie dedicata all’artista messicana Frida Khalo, dal titolo An Inner Dialogue with Frida Kahlo, riassume e dà conto in maniera esaustiva del percorso artistico di Morimura, e di quanto l’interesse per le sfaccettature della psiche determini la scelta di ogni dettaglio delle sue foto. Requiem for the XX Century. Twilight of the turbulant Gods è una galleria di personaggi chiave del XX secolo, dei quali Morimura offre una nuova versione di alcune delle loro più celebri immagini divenute icone per intere generazioni: Mao, Che Guevara, il buffo Hitler di Charlie Chaplin, l’istrione Einstein, accanto a Mishima o a Oswald? invitandoci a riflettere, oggi, sul significato delle loro esperienze, e sul peso della loro eredità politica, culturale e soprattutto sociale.


WALLS L’arte al Muro

Arsenale di Venezia Fondazione Bevilacqua la Masa Galleria di Piazza San Marco 9 giugno – 8 ottobre 2007 La Fondazione Bevilacqua La Masa ospiterà dall’8 giugno, nei fascinosi spazi aperti dell’Arsenale di Venezia, un evento internazionale concepito in collaborazione con il Consorzio Venezia Nuova e Thetis spa. Si tratta di un intervento di Street Art, la cultura visiva che è più vicina alle giovani generazioni Walls - L’arte al Muro prenderà forma attraverso le opere site-specific di tre artisti di livello internazionale: il francese JR, l'italiano 108 e il tedesco Daim, che dall’inizio di giugno lavoreranno direttamente sui ponteggi dei cantieri. Ogni artista lavorerà su di un muro di legno sovrapposto alle strutture di cantiere che coprono le facciate delle Tese della Novissima. Più di trent’anni fa si iniziava a parlare di “scrittura urbana”, di “graffitismo”, di “aerosol art”. Oggi però la Street Art è un fenomeno globale, complesso e diversificato in cui alle tecniche tradizionali si sono aggiunte pratiche con l’utilizzo di stencil (le immagini ottenute con gli stampini), poster, sticker. New York è stata la città che ha visto esplodere questo fenomeno, ma i luoghi più importanti per queste forme d’arte sono oggi Amsterdam, Parigi, Berlino, in Italia le città di Torino, Roma, Milano, senza contare centinaia di centri urbani minori.


WALLS L’arte al Muro

Arsenale di Venezia Fondazione Bevilacqua la Masa Galleria di Piazza San Marco 9 giugno – 8 ottobre 2007 Se in precedenza la Street Art poteva essere considerata una forma di personalizzazione e di recinzione di un territorio, di un quartiere, di uno spazio, oggi i settori dell’arte contemporanea, ma anche quello del design, della grafica, della moda e della musica attingono pienamente da questa cultura, trovando continui spunti per il rinnovamento dei loro linguaggi. Non a caso le opere di artisti che hanno attraversato il mondo della Street Art, dai nomi storici come Jean Michel Basquiat e Keith Haring fino ai più recenti BarryMc Gee, Banksy, sono presenti nei più importanti Musei e manifestazioni di arte contemporanea. La Fondazione Bevilacqua La Masa è nata per promuovere i giovani artisti e quindi non poteva non occuparsi di queste forme espressive; il progetto Walls si inserisce perfettamente in una mission che distingue questa Istituzione da tutte le altre in Italia. Si intende così promuovere un'arte nello spazio urbano che nasce da un progetto e dal rispetto dei luoghi. Già nel 2005, durante la scorsa Biennale di Arti Visive, il famoso architetto Yona Friedman aveva inaugurato con un cantiere ricoperto da un grande disegnoprogetto stampato su pvc l'attività della Fondazione Bevilacqua La Masa in quest'ambito. Sono seguiti poi gli interventi di giovani artisti sugli assiti dei cantieri del centro storico di Venezia e la mostra Walls, nella Galleria di Piazza San Marco, con i lavori di due artisti di fama internazionale come Nic Hess e Federico Herrero; la BLM intende quindi continuare in questa direzione. E quest’anno lo fa grazie anche al Magistrato alle Acque di Venezia che ha messo a disposizione i ponteggi posti in aderenza alle facciate delle Tese.


WALLS L’arte al Muro

Arsenale di Venezia Fondazione Bevilacqua la Masa Galleria di Piazza San Marco 9 giugno – 8 ottobre 2007 L'operazione intende essere un modo per sottolineare una nuova fase di questa zona della città: l’apertura a Venezia dei vasti spazi dell’Arsenale, il più antico d'Europa che torna dopo anni di abbandono ad essere abitabile e vissuto. Gli artisti invitati: 108 È uno dei più originali artisti italiani nell'ambito della Street Art; 108 ha sperimentato il passaggio dal graffitismo tradizionale alla pittura di grande e misteriose figure che invadono gli spazi pubblici. http://www.108art.tk JR È un noto artista francese specializzato nella fotografia e nell’uso di stencil; recentemente la sua fama è esplosa grazie alle sue immagini che interpretano e documentano il paesaggio architettonico e l’ambiente sociale delle periferie di Parigi. http://www.jr-art.net Daim È un artista tedesco tra i più noti al mondo nella tecnica tradizionale del graffitismo storico. La sua specialità è la decostruzione di strutture tridimensionali che esplodono creando spazi dinamici. http://www.daimgallery.com


Faccia Lei

ritratti e facce

nell’incrocio fra aree culturali e linguaggi

dal 6 giugno al 30 settembre 2007 Spazio Thetis – Arsenale, Bacini – Venezia 30122 dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 18 ingresso libero Le facce come mappe. Una riflessione sui tratti e sui ritratti per costruire una storia che è il visitatore a dover leggere. Faccia Lei è uno storyboard, un tentativo e un invito a collegare diversi comportamenti e differenti culture nei linguaggi dell’arte contemporanea. Le facce corrispondono simultaneamente a espressioni e a impressioni, a comunicazione dialogica e a muta apparenza, a segni e a significati. Volti ed espressioni raccolti perché possano esprimere un testo in sé, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e didattiche. Questo è il senso del titolo della mostra che vuole essere un invito a stimolare il proprio punto di vista personale. L’idea di una folla virtuale nel quale il pubblico è sollecitato a scegliere e a creare una propria teoria di relazioni e di comprensioni, per trovare legami simpatetici e infine per poter costruire i propri collegamenti e le proprie amicizie. Babele potrebbe essere la soluzione da praticare per il futuro? Faccia Lei sarà ospitata presso lo Spazio Thetis, nell’Arsenale Novissimo di Venezia. Faccia Lei è un progetto del Museo Arterra di Vienna, a cura di Elena Agudio. Thetis spa, Arsenale (Castello 2737f) Bacini, 30122 Venezia. Arterra: arterra@aon.at Elena Agudio: elenaagudio@yahoo.it

Artists Rob Armory, Jakob Bolotin, Benedetta Bonichi, Suzi Chang, Alinka Echeverria, Tarin Gartner, Domiziana Giordano, Antonio Girbes, G.R.A.M., Urs Jaeggi, Kikos Lanitis, Carolina Larrea, Aroldo Marinai, Jurgen Messensee, Patrizia Guerresi Maimouna, Nina Mushinsky, Suncica Perisin Tomijanivic, Lorenzo Petrantoni, Nicola Pucci, Arash Radpour, Maia Sambonet, Paola Talbert, Fabius Tita, Mariana Vassileva, Victor Vazquez, Kimiko Yoshida, Santiago Ydaňez, Xena Zupanic.


mutazioni inQuiete

Con la videoproiezione “mutazioni inQuiete” lo Studio E.M.P. presenta una selezione di lavori artistici di computer grafica di Rinaldo Cutini (Roma, 1937), uno dei più apprezzati graphic designer italiani, riconosciuto a livello internazionale, Art Director sin dai primi anni settanta, creatore di diversi marchi per note multinazionali e aziende di rilievo.

mutazioni inQuiete

Rinaldo Cutini

opere di Concept / Valerio de Filippis inaugurazione mer. 13 giugno 2007 h. 21

Experimental Meeting Point via del Conservatorio 69 Roma

“L’oscenità stessa non è che una forma di dolore, ma così ‘leggermente’ legata alla rinascita daessere, di tutti i dolori, il più ricco, il più folle, il più invidiabile.” Georges Bataille

Montaggio / Leonardo Cutini Danza del ventre / Naima e Sana Percussioni / Federico Di Caprio Supervisione al montaggio / Valerio de Filippis Ufficio stampa / Hary Daqua

Info: 3803646330 - 3336134229 E.mail: info@valeriodefilippis.it [segue]


mutazioni inQuiete

Rinaldo Cutini

opere di Concept / Valerio de Filippis inaugurazione mer. 13 giugno 2007 h. 21

Experimental Meeting Point via del Conservatorio 69 Roma

Queste opere di Rinaldo Cutini sono “finestre”, che si aprono allo sguardo voyeuristico e feticistico, immobilizzando la visione, mettendola in crisi nel suo senso “comune” e conducendo il reale alla sua rappresentazione ideale. Vagine iperdimensionate, estetizzate, signore del desiderio e della seduzione, forti della loro sovranità ironica e della loro indifferenza trionfale, costituiscono lo scandalo dell’ oggetto del desiderio, rivelandone, del Soggetto, l’ossessione, come l’irragiungibile meta dell’erotomane al quale è resa infelice la coscienza. Lo sguardo - la mente - concupiscente (dell’autore-soggetto) lavora sulla carne, la altera, la sacralizza perché vietata quanto desiderata- ad un punto tale che l’oscenità perde la sua stessa natura di oscenità. Tratte da siti hard, le immagini, ancor prima della decontestualizzazione, della metamorfosi digitale e della resa in macro , tradiscono e denunciano, enfatizzano e celebrano quella che è la libertà della sessualità nella cultura occidentale, così come il velo, la cultura del nascosto e la pratica della mutilazione genitale femminile manifestano la chiusura di un Islam conservatore nei confronti di un occidente decadente. Ecco perché la videoproiezione delle grafiche di Cutini viene reinterpretata e rielaborata dallo Studio E.M.P. (Valerio de Filippis, in collaborazione con Leonardo Cutini al montaggio) associando alle immagini un sottofondo di musica araba e innescando così la tematica del confronto, senza nessuna pretesa di giudizio, ma solo con l’intento di invitare alla riflessione. Lo straniante, dato dal ritmo della musica, dagli “effetti” accordati alle immagini, dalle parole d’amore delle canzoni, come “anty umry” (sei la mia vita) o “qalby” (cuore mio), si interseca nella contaminazione/sovrapposizione, reciproca e interscambiabile, tra le immagini proiettate - che diventano metafisica della simulazione di un’oscena esibizione e interfaccia di un desiderio parossistico - e la sensualità di due ballerine di danza del ventre, accompagnate da un percussionista, che si pone come puro erotismo, poetica del desiderio e della bellezza. Quante culture, quante sfaccettature ci sono fra carnalità ed estasi?


Georg Baselitz è senza dubbio uno dei più importanti e incisivi rappresentanti dell’arte contemporanea tedesca. Artista eversivo, noto per i suoi motivi capovolti – gesto che segna in maniera indelebile il processo di decostruzione dell’immagine e della pittura stessa che contraddistingue la sua ricerca a partire dalla metà degli anni sessanta – Baselitz occupa una posizione di rilievo nella storia dell’arte degli ultimi quarant’anni. Il suo lavoro è da inserire nella vasta corrente che tenta una via d’uscita, mediante soluzioni spaziali e linguistiche, allo stallo in cui nel dopo guerra si è ritrovata la pittura figurativa. Più che da un confronto con la realtà oggettiva, la ricerca di Baselitz, è motivata da una riflessione sulla storia dell’arte e sulle immagini, siano esse dipinti o fotografie, frammenti di memoria, che costituiscono il suo “museo immaginario” . In Italia il suo lavoro è stato presentato nel 2004 a Genova (opere degli anni 1995-1997), nel 2005 a Imperia, dove vive alternativamente a Monaco (opere degli anni 1992-2005), mentre risale a dieci anni or sono l’ultima retrospettiva, tenutasi a Bologna nel 1997. La mostra proposta al Museo d’Arte Moderna di Lugano dal 6 maggio al 23 settembre 2007 presenterà circa 150 opere


tra dipinti, sculture in legno, incisioni monumentali e disegni mediante i quali sarà possibile ripercorre, dagli esordi alle ultime prove del 2006 appartenenti alla serie Remix, l’intero percorso dell’artista. Se da un lato l’esposizione si inserisce nella continuità delle mostre allestite negli ultimi due anni al Museo d’Arte Moderna, proseguendo l’indagine sul lavoro di artisti contemporanei che hanno scelto di esprimere la loro creatività ricorrendo a tecniche “tradizionali” (la pittura, la scultura e la grafica), d’altro canto essa intende avviare una nuova stagione presentando il lavoro di un artista attraverso l’identificazione di nuclei tematici in seno ai quali dialogano opere di periodi diversi con l’intento di scoprire e mettere in evidenza le costanti che ne caratterizzano la ricerca. Saranno presentate, del primo periodo, le serie degli Idole, degli Helden, dei Frakturbilder, affiancati dai relativi Remix degli ultimi due anni, le serie degli Orangenesser, dei Motive, i ritratti della moglie Elke, gli autoritratti, i doppi ritratti e la grande tela Wir Besuchen den Rhein, così come alcuni paesaggi, i Russenbilder, i Cowboy e una scelta di sculture di memoria tribale, intagliate con vigore nel legno, quali la monumentale Frau Paganismus e Dersdener Frauen-


Die Elbe. Il percorso della mostra intende mettere in evidenza i soggetti e i temi cari all’artista, già rielaborati in passato, e ora ripresi all’interno di un processo aperto in cui il motivo continua a estendersi, arricchirsi e riformularsi. La curatela della mostra è affidata a Rainer Michael Mason (già conservatore del Cabinet des estampes des Musées d’art et d’histoire di Ginevra), amico e profondo conoscitore del lavoro di Baselitz a cui ha dedicato numerosi studi, curatore della mostra Baselitz. Une seule passion, la peinture proposta dalla Fondation de l’Hermitage di Losanna nel 2006 a cui l’esposizione di Lugano si ispira per l’impostazione di fondo. Museo d’Arte Moderna Città di Lugano Dicastero Attività Culturali Viale Franscini 9 6900 Lugano, Svizzera Tel. +41(0)588667214 Fax +41(0)588667497 info@mdam.ch www.mdam.ch

Ingresso: Intero: Fr.11 / 8 Euro Studenti: Fr.8 / 6 Euro Ragazzi 15-18 anni: Fr. 5 / 4 Euro Ragazzi 11-14 anni: Fr. 3 / 2 Euro Gruppi: Fr. 8 / 6 Euro


Arte per la Pace 4ª edizione l'associazione il Filo la Pietra la Fornace

Ex Filanda di Forno, Massa mercoledì 13 giugno domenica 1 luglio 2007 Organizza in occasione del 13 giugno, anniversario dell'eccidio di Sant’Anna di Forno, Massa. L'obbiettivo è quello di difendere la memoria delle stragi di ieri, stimolando riflessioni sulle stragi di oggi e quindi sul tema della Pace ancora tragicamente negata a molta Umanità. L'iniziativa si svolgerà al secondo piano della ex Filanda di Forno, gentilmente concessa dall'Amministrazione Comunale di Massa. Collegandosi al 2007 , Anno Europeo delle Pari Opportunità per tutti/e, l'Associazione ha scelto di intitolare l'intera iniziativa DIFFERENZE per affermare il diritto di essere diversi, avendo tutti uguali opportunità. La presenza delle Differenze esiste da sempre, ma oggi la nostra vita sociale e culturale si anima sempre più di voci e di identità diverse, di donne e uomini , bambine e bambini diversi come noi che chiedono parola, esigono riconoscimento occupano spazi , innovano linguaggi, pensieri, comportamenti e tradizioni. Scambi e contaminazioni avvengono fin dai tempi antichi, in tempo di pace e non di guerra, attraverso le fitte trame della cultura che tutto costruisce e tutto illumina. La manifestazione avrà il suo canovaccio in una mostra di opere a tema, della durata di due settimane , espressamente realizzate da ventotto artisti qualificati (si partecipa su invito) e in eventi collaterali (spettacoli teatrali , musicali , dibattiti, video-proiezioni ecc). E' prevista la realizzazione di un catalogo che raccoglierà la riproduzione fotografica di ciascuna delle opere in mostra, con riflessione e curriculum dell'artista e con la partecipazione di un critico qualificato. Nel catalogo saranno inseriti alcuni interventi dell'Amministrazione Comunale e Provinciale, inoltre l'Accademia Apuana della Pace e il dott. Massimo Michelucci, storico locale , presenteranno una riflessione sul tema proposto per questa edizione. La manifestazione raccoglie il patrocinio dell'Amministrazione Provinciale di Massa Carrara, dell'Amministrazione Comunale di Massa , dell'APT di Massa Carrara, del Parco delle Alpi Apuane, e della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. [segue]


Arte per la Pace 4ÂŞ edizione l'associazione il Filo la Pietra la Fornace

Ex Filanda di Forno, Massa mercoledĂŹ 13 giugno domenica 1 luglio 2007 DIFFERENZE

collettiva di pittura e scultura Curatore: Critico:

Maria Giulia Cherubini Francesca Giovannelli

per informazioni: 0585831243 / 3897970147

Artisti:

Francesca Amadeo Debora Balloni Lia Battaglia Massimo Bruccioni Sandra Carrara Maria Giulia Cherubini Cobas Giuseppe Fazzi Roberta Folini Gio Batta Framarin Maria Gasparotti Stefano Graziano Anna Landi Augusto Marchetti Graziana Masetti Monica Michelotti Meri Mutignani Lino Palagi Achille Pardini Alessandra Pennini Giancarlo Podda Cinzia Rossi Ghion Sergio Scantamburlo Gianni Sergiampietri Valerio Simini Nino Veronica Luisa Zana Teatro dei Disincanti


art deadlines list


art deadlines list Settembre 01, 2007 WRITING/VISUAL ART RESIDENCIES Various length residencies year-round to writers, visual artists and composers from the US and worldwide. Several additional "transitional" residencies per year are reserved for recent masters' degree program graduates. Residents are provided with housing, studio space, internet access and a $100 per week stipend. For an application and complete guidelines: KHN Center for the Arts, 801 3rd Corso, Nebraska City NE 68410 OR 402-874-9600 OR http://http://www.KHNCenterfortheArts.org OR Info@KHNCenterfortheArts.org Settembre 20, 2007 POETRY CHAPBOOK CONTEST Seeking chapbook-length poetry collection for $1,000 prize, publication, and 50 author copies. For more info, please contact: Comstock Review, 4956 St John Dr, Syracuse NY 13215 OR http://www.comstockreview.org OR poetry@comstockreview.org Settembre 30, 2007 POETRY CONTEST Seeking published and unpublished poems in any style, theme, or genre. $3,500 in prizes, including top prize of $1,000. For more info, please contact: Winning Writers, Tom Howard Poetry Contest, 351 Pleasant St PMB 222, Northampton MA 01060 OR http://www.winningwriters.com/tompoetry OR johnreid@mail.qango.com


art deadlines list Ottobre 30, 2007 BEAUTY-RELATED ART EXHIBITION Seeking works that contest the mass ideology of beauty and explore the connections between beauty and violence, the phobia of aging, issues of self-perception and the element of power inherent in an "ideal," for exhibition investigating and challenging society's consumer-driven ideal of beauty and the designer body: ever thinner and ever younger. No fee. Please email art .jpegs to: Chris Longfellow, Chelsea Art Museum, Home of the Miotte Foundation, 556 W 22nd St, New York NY 10011 OR 212-255-0719x108 OR chris@chelseaartmuseum.org Ottobre 31, 2007 CALL FOR POETRY FOR CHILDREN Seeking uplifting, positive, original, rhyming, metrical poetry for older children (ages 8Poems for Big Kidsiends and relatives not eligible. Please send poems with indication of where they were printed before (if applicable), postal address, phone number, real name and any pen name to: Poems for Big Kids OR http://www.durham.net/~neilmac/children.htm OR neilmac@durham.net


recensioni librarie


recensioni librarie Il museo all'opera. Trasformazioni e prospettive del museo d'arte contemporanea | 1ª ed. Brossura | 168 | Bruno Mondadori

| 2007 | EAN: 9788842421252

Contenuto: Straordinario recinto creativo, oggetto urbano di indubbio valore simbolico, discusso tempio del tardo capitalismo, il museo occupa una posizione di assoluto privilegio, non soltanto nella presentazione e nella comunicazione dell'opera d'arte contemporanea, ma anche nella sua produzione e collocazione critica. Potente polo d'attrazione di flussi finanziari e al tempo stesso crocevia di inedite pratiche artistiche, Wunderkammer e prigione, monumento all'autorità costituita e insieme spazio di libertà che si sottrae alle regole comuni, il museo dedicato all'arte del presente si profila come un'entità complessa, a tratti contraddittoria, difficile da circoscrivere. Dall'analogia fra museo e mausoleo teorizzata da Adorno al recente 'effetto Bilbao' del Guggenheim progettato da Gehry, dal 'mal di museo' di blanchotiana memoria alla recente aura di luogo di tendenza: quella che emerge in questo libro è una cartografia estremamente ricca del 'fenomeno museo', un'analisi plurale che attraverso i contributi di alcuni fra i maggiori studiosi e operatori del settore si propone non già di tracciare un quadro definitivo del contesto attuale, ma di avviare una riflessione e un dibattito critico che a partire dalle contraddizioni del presente riesca a individuare delle linee e dei percorsi per il futuro.


recensioni librarie Del contemporaneo. Saggi su arte e tempo

Brossura | 107 | Mondadori Bruno

| 1ÂŞ ed.

| 2007 | EAN: 9788842420224

Contenuto: Rispetto a quale mondo possiamo definirci contemporanei? Il mondo dell'arte si interroga sulla propria natura, sempre in bilico fra tempo della tradizione e contingenza dell'oggi. Alcuni pensatori e scrittori francesi hanno tracciato un percorso interpretativo del contemporaneo.


recensioni librarie Estetica dei nuovi media. Forme espressive e network society

| 1ª ed.

Antonio Tursi Brossura | 180 | Costa & Nolan

| 2007 | EAN: 9788874370627

Contenuto: Che ne è delle forme espressive nell'ambito della società delle reti telematiche? Ha ancora senso parlare di arte e bellezza in presenza dei sempre più pervasivi flussi informativi veicolati dalle nuove tecnologie di comunicazione? Queste sono causa di un'astrazione delle nostre esperienze o permettono un più denso coinvolgimento emotivo sulla base del quale formare nuovi legami sociali? Come è cambiato il nostro senso dello spazio e del tempo nel passaggio da una società industriale a una società informazionale? Questi sono alcuni degli interrogativi che l'autore pone, dipanandosi attraverso il confronto con alcuni dei massimi teorici della comunicazione (tra i quali Marshall McLuhan, Hans Georg Gadamer, Walter Benjamin) e l'indagine di determinati ambiti espressivi peculiari alla nostra epoca: la net art, le performance dei corpi, le nuove forme della narrazione, l'architettura rivoluzionata dal digitale.


recensioni librarie La creatività

| 1ª ed.

Elisa Balconi, Marco Erba Brossura | 126 | Xenia

| 2007 | EAN: 9788872735831

Contenuto: Tutto ciò che di nuovo la mente elabora è "creativo", nel prodotto artistico o nell'invenzione, ma anche nel risolvere un problema o nel decidere della propria vita. Il volume propone un'analisi dettagliata dei vari tipi di creatività; i metodi per accrescerla per raggiungere un maggiore benessere fisico e mentale; definisce i confini fra creatività e follia; fornisce una serie di esempi di grandi figure innovative nei vari campi dell'arte.


recensioni librarie Lo potevo fare anche io. Perché l'arte contemporanea è davvero arte 1ª ed.

|

Francesco Bonami Brossura | 166 | Mondadori

| 2007 | EAN: 9788804567349

Contenuto: Tutti, almeno una volta nella vita, davanti a un'opera d'arte contemporanea abbiamo pensato: "Ma come! Questa non è arte! Lo potevo fare anch'io!". Eppure i critici, dall'alto della loro scienza, ci assicurano che si tratta davvero di capolavori, mentre celebri collezionisti spendono cifre da capogiro per quadri che sembrano più che altro tele imbrattate e sculture che appaiono come banali ammassi di rottami, quando non inutili e sciocche provocazioni. Che siano tutti impazziti? Come è possibile che una tela strappata o lasciata completamente bianca possa chiamarsi "arte"? Chi ha deciso che una statua di papa Giovanni Paolo Il colpita da un meteorite è un'opera del valore di alcuni milioni di euro e non semplicemente una dimostrazione di cattivo gusto? Gli artisti contemporanei sempre più spesso occupano le pagine dei giornali, acclamati come geni o attaccati come falsi profeti, mentre il loro lavoro è circondato da un'aura di mistero che ne fa un prodigio alla cui comprensione sembrano ammessi solo pochi eletti.


recensioni librarie Artisti si diventa

| 1ª ed.

Angela Vettese Economici | 240 | Carocci

| 2001 | EAN: 9788843017843

Contenuto: Artisti si nasce o si diventa? E chi è oggi l'artista visivo: un testimone del suo tempo o uno sciamano, un tecnico specializzato o un poeta universale? E ancora. Cosa si intende per successo in arte? Per ottenerlo, il talento è condizione sufficiente o solo necessaria? Rispondere a simili quesiti implica oggi una buona dose di realismo, ma non necessariamente di cinismo. Se è vero, infatti, che un buon lavoro e un grande impegno sono comunque il punto di partenza per chiunque voglia efficacemente esporre il pubblico alle proprie opere, sarebbe ingenuo sottovalutare i meccanismi promozionali e le regole di un gioco che ogni artista può trovarsi a subire o che può invece usare o sovvertire a proprio favore. Evitando ogni semplificazione dei problemi, ma con linguaggio accessibile, il testo analizza dunque la figura dell'artista nella sua evoluzione storica, dando conto dei mutamenti della sua funzione sociale e ricostruendone la mitologia dalle radici rinascimentali fino a oggi, attraverso criteri d'indagine volutamente multidisciplinari: dalla storiografia alla ricerca psicologica e sociologica, dalla filosofia al marketing.


articoli


studio aperto

momò calascibetta Sono andato a trovare Momò Calascibetta nel suo studio a Milano e sono rimasto senza parole. Mi ha mostrato alcuni suoi lavori e con entusiasmo descriveva per ognuno di essi qualsiasi dettaglio. Ad ogni disegno che mi mostrava, le parole mi venivano sempre meno, dopo una decina di tavole ed alcune sculture ero diventato ormai muto (e vi assicuro che non è cosa semplice). Menomale che con me c'era Vania che, oltre a fotografare forsennatamente ogni cosa, tempestava Momò di domande sulle tecniche di lavoro e quantaltro. Mi ero ripromesso di dedicare a Momò uno spazio speciale su Frattura Scomposta, di scrivere su di lui un articolo, ma ho sempre rimandato, sperando di riuscire, prima o poi, a trovare le parole più adeguate. Come si fa a scrivere di Artista di cui hanno parlato personaggi illustri? Come si fa a scrivere di un artista di cui ha scritto addirittura Sciascia? Mi spiace Momò, ti deluderò, ma io ancora le parole adatte non le ho trovate, forse mi ci vuole ancora del tempo, ma non voglio rischiare di risultare banale, perchè sicuramente un Artista della tua levatura merita il meglio. Quindi mi limito a riportare qui di seguito quello che scrisse per te e di te il grande Leonardo Sciascia:

Sergio Curtacci


studio aperto

momò calascibetta Una sessualità senza gioia Antonio Calascibetta dipinge da quindici anni ma solo da tre o quattro ha cominciato a far vedere le sue cose in mostre collettive e personali: è questo già segno di una serietà oggi non comune, e anzi rara. Sembra, oggi, per tanti che dipingono, che il mestiere sia da venire dopo. Prima il successo, da conseguire con mezzi propagandistici e pubblicitari, e poi il mestiere. E magari mai, una volta conseguito il successo, Calascibetta anche perché autodidatta, ha fatto il contrario. Aveva delle cose da dire, in pittura, ed ha cercato prima il mestiere per dirle. E direi che ha tanto mestiere, e ormai connaturato alle cose da dire, che – per esempio l'impiego dei colori acrilici gli è diventato mezzo d'espressione. I colori acrilici sono una comodità, generalmente. Nel suo caso sono espressivi; tutt'uno, cioè col mondo che rappresenta. Che il mondo, a volerlo chiudere in una formula della corruzione cattolica o, a volerlo particolareggiare della corruzione democristiana. Di uno dei suoi primi quadri, esposto alla mostra del “sacro nell'arte” nell'arcivescovado palermitano, il titolo era Processioni e Processi; e questo si può dire che è il tema, costante fino all'ossessione anche se appare in forme diverse, della sua pittura fino ad ora. Tema cui è implicito, ad aggiungere imbestiamento ad una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità quello di una sessualità senza gioia, in sé arrovellata. Leonardo Sciascia


studio aperto

momò calascibetta


studio aperto

momò calascibetta


studio aperto

momò calascibetta


ConiglioViola


ConiglioViola GIOVEDì 7 GIUGNO - ore 18 VERNICE della 52ma Biennale Internazionale d'Arte di VENEZIA Un enorme Coniglio Corsaro, alto quasi 6 metri, a bordo di una grande zattera, alato come il Leone di San Marco, e con un occhio coperto dalla classica benda dei pirati, ha attraversato tutto il Canale della Giudecca spingendosi fino ai Giardini, sede ufficiale della Biennale, da qui alle 18 circa - ha esploso contro gli edifici della Biennale 52 colpi di cannone. Quindi dalla nave due filibustieri coniglieschi sono scesi sulla terra ferma per issare sui giardini - nel luogo tradizionalmente deputato a ospitare le bandiere delle nazioni - la Bandiera Pirata, con il logo di un grande Coniglio Vitruviano. L'attacco Corsaro alla Biennale di Venezia è un'operazione di forte carattere spettacolare e simbolico, firmata dal duo di artisti italiani ConiglioViola e prodotta da bnd tomasorenoldibracco di Milano. Un vero e proprio attacco al Sistema Arte in quella che è la sua roccaforte più istituzionale!

[segue]


ConiglioViola L'attacco pirata alla Biennale è quindi da leggere come un atto di conquista e di riappropriazione benchè ironico e provocatorio - nei confronti di un Sistema dell'Arte che spesso si rivela con un occhio "bendato". Che a guidare l'attacco pirata sia un Coniglio Alato - animale simbolo della "codardia"- non è affatto un caso visto che il Leone Alato, che dovrebbe rappresentare invece il coraggio - pare aver smesso di ispirare scelte e azioni eroiche! In tutte le culture e le mitologie gli animali svolgono un ruolo particolare di mediazione tra l'umano e il trascendente o, comunque, tra identità e alterità. In "Alice in Wonderland" di Lewis Carroll al Bianconiglio è attribuita nei confronti di Alice la stessa funzione di guida nel passaggio tra due dimensioni spazio-temporali diverse. Questo è il ruolo che il duo ConiglioViola (Fabrice Coniglio & Andrea Raviola) ha fatto proprio all'interno della propria ricerca intorno all'arte contemporanea: l'investigazione sui confini sempre più incerti dei vari ambiti della creatività e, al tempo stesso, la creazione di mondi surreali e completamente autonomi. Le operazioni di ConiglioViola risultano così essere difficilmente catalogabili, in qualche modo eccentriche rispetto al sistema arte.


Francoforte negli anni Ottanta: il Portikus di Eleonora Farina Non è un museo e neanche una galleria. E’ uno spazio espositivo privato, indipendente, non ha finalità economiche ma di promozione dell’arte contemporanea. Vive la sua quotidianità da ormai vent’anni a Francoforte sul Meno -famosa al mondo per la Banca Centrale Europea- facendo ogni volta tanto rumore in una città che rischia di addormentarsi. Il Portikus è un’Ausstellungshalle nata nel 1987. Da allora non ha mai smesso di stupire. Viene ideato dall’allora rettore dell’Accademia d’Arte di Francoforte Kasper König (curatore giunto a fama internazionale grazie anche al suo Skulptur. Projekte in Münster) quale spazio espositivo, quale Ausstellungshalle appunto (Ausstellung – mostra, Halle – spazio), per l’arte contemporanea non solo nell’Accademia, la Städelschule, ma anche in tutta la città. Il progetto è quello di risvegliare le arti e la cultura a Francoforte e di dare una spinta innovativa e propositiva a una Nazione che ancora non si è rialzata dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Francoforte, da sempre e fino alla metà del Novecento ricca città mercantile con un numero elevatissimo di abitanti dediti alle arti e alla cultura, dopo i bombardamenti del 1944 perde il suo charme di una delle più belle ed eleganti città della Germania e, nei decenni, diventa un mero centro economico e finanziario dove quotidianamente passano migliaia di businessman. A differenza dell’Italia, gli anni Ottanta sono per la città e per l’intera Germania un momento di grande fermento artistico anche perché, dopo il crollo del Muro, la nazione vuole rialzarsi e tornare a essere una potenza, anche e soprattutto culturale. In quel momento Berlino non è così artisticamente attraente -come invece lo è ora!-; la capitale dell’arte contemporanea è Colonia. La rinascita di Francoforte, attraverso un enorme progetto di costruzione e ricostruzione, si situa quindi in un momento storico fondamentale per la Germania: è questo il momento in cui viene ideato il Portikus. Tre tesi si formano intorno alla tematica della ricostruzione o meno delle rovine di guerra: ricostruire storicamente il luogo per cancellare il lato oscuro della storia tedesca, come richiede il comune sentimento popolare (ad esempio lo Stadtschloss e il Palast der Republik a Berlino o la Frauenkirche a Dresda); oppure ignorare la rovina e fare tabula rasa; o lasciare il luogo inalterato a ricordo e ammonimento, senza integrarlo in costruzioni [segue]


Francoforte negli anni Ottanta: il Portikus di Eleonora Farina architettoniche successive, come argomentano gli esperti (ad esempio la Gedächtniskirche di Berlino). Tali rovine possono essere inserite in un progetto più ampio che prevede non il loro cambiamento ma bensì un loro processo di identificazione e di adattamento alla realtà contemporanea, senza il bisogno di passare per falsi storicismi. Questo dibattito, che tuttora continua e che in Italia non è facilmente intuibile, è quello che è alla base della nascita del Portikus. Una rovina romantica, ‘abbandonata’ nella sua maestosità in un grande zona verde a est di Francoforte -assolutamente decentrata rispetto alla vita artistica e culturale della città- per più di quarant’anni, era stata il portale d’ingresso dell’antica Biblioteca Comunale della città (eretta in stile neoclassico nel 1825). A differenza di molti altri edifici la biblioteca non venne ricostruita dopo i pesanti bombardamenti della guerra. Kasper König, sbarcato a Francoforte nel 1987, decide di utilizzare il portale per ridargli vita e mostrarlo in tutte le sue contraddittorietà accumulate nei secoli. Costruisce quindi proprio dietro al rudere, appoggiato alla facciata ottocentesca, uno spazio espositivo per l’arte contemporanea, un piccolo container di 140 mq organizzato al suo interno come un semplicissimo white cube. L’utilizzo del container in campo artistico è assolutamente innovativo a livello mondiale; innovativi sono quindi a loro volta il tempo di realizzazione (quattro mesi) e il budget necessario (330.000 DM). Kasper König e i due architetti, Marie-Theres Deutsch e Klaus Dreissigacker, progettano una stanza anonima, semplice, essenziale, informale, non dotata in sé di alcun significato e soprattutto adattabile e funzionale alla presentazione di qualsivoglia operare artistico. Tutto ciò è in netta antitesi al magnifico e magnificente lavoro che sta attuando il Comune di Francoforte (con Hilmar Hoffmann) al fine di costruire una intera riva sul Meno dedicata ai musei, per i quali vengono chiamati veri e propri archi-star a progettarli (primi tra tutti Richard Meier per il Museo d’Arte Applicata e Hans Hollein per il Museo d’Arte Moderna) e importanti nomi a dirigerli (ad esempio Jean-Christophe Ammann per il Museo d’Arte Moderna e Peter Weiermair per il Frankfurter Kunstverein). In un epoca di ‘sperperamento’ post-moderno, il Portikus si pone quindi in una radicale opposizione, sia ideal-politica, sia economica, sia anche geografica. [segue]


Francoforte negli anni Ottanta: il Portikus di Eleonora Farina La facciata, segno riconoscibile della città, nella sua ufficialità neoclassica interagisce e viene ‘aggiornata’ entro uno spazio distante, sia temporalmente che concettualmente, dall’originale grazie al rapporto ironico che la neutralità di un container crea. Brian O’Doherty, il primo che teorizzò nel 1976 il concetto innovativo di white cube, così ci insegna: “Il mondo esterno non deve entrare, perciò le finestre sono in genere sigillate. Le pareti sono dipinte di bianco. Il soffitto diventa la fonte di luce... L’arte è libera, come dice il detto, ‘di prendere in mano la propria vita.’” E ancora: “Lo spazio interno non si relaziona con quello esterno e ignora il paesaggio cittadino; esso cambia e deve cambiare, per essere modellato dalle esigenze di artisti diversi. Non ingombra e non si fa notare”; è per questa sua caratteristica che il Portikus dà a tutti gli artisti le stesse opportunità espressive: stesso spazio, stesso budget, stessa durata. In venti anni di attività si sono alternati, per scelta consapevole di Kasper König, quasi 150 nomi tra quelli altisonanti dell’arte contemporanea mondiale (ricordiamo Siah Armajani, Ilya Kabakov, On Kawara, Gerhard Richter, Sol LeWitt, Christian Boltanski, Claes Oldenburg, Matthew Barney, Daniel Buren, Gilbert&George…) e quelli di giovani artisti emergenti (ecco Mike Kelley, Tony Oursler, Wolfgang Tillmans, Sarah Lucas, Steve McQueen, Gregor Schneider, Thomas Hirschhorn, Gabriel Orozco, Rivane Neuenschwander, Šejla Kamerić…). Il piccolo staff del Portikus -composto dal curatore, finora a rotazione ogni tre anni, e dalla segretaria, figura invece stabile- ha creato un ambiente sinergico nel quale è data l’opportunità a ogni artista (giovane o meno che sia) di creare un unicum per questo spazio. Non si tratta però di una mera installazione site specific; si tratta invece di offrire la possibilità agli artisti di sperimentare, di osare, di proporre in un’unica opera d’arte quel di più che in altri luoghi non avrebbero avuto l’opportunità o il coraggio di presentare. E’ proprio per questo che al Portikus si sono succeduti lavori straordinari, quali One Candle di Nam June Paik, Yellow Curve di Ellsworth Kelly, Ok Ok Ok di Bruce Nauman, Manna 42 di Leni Hoffmann, Crate di Richard Artschwager, Laterna Magica di Sigmar Polke, Suggestions from the visitors of the shows # 74 and # 75 di Tobias Rehberger, 1° Mai Film Medien Stadt di [segue]


Francoforte negli anni Ottanta: il Portikus di Eleonora Farina Maria Eichhorn, Powerless Structures, Fig. 111 e Spaced out / Powerless Structures, Fig. 211 di Elmgreen&Dragset, Untitled, 2001 (Demo station n° 1) di Rirkrit Tiravanija, Costner Complex (Perfect Process) di Jason Rhoades, Kakteenhaus di Simon Starling… e un programma non-espositivo invidiabile (ad esempio le rassegne Musik im Portikus e Film im Portikus). Il Portikus ha quindi cercato, e continua tutt’oggi, di proporre un lavoro d’avanguardia, con lo scopo di attirare il mondo degli esperti, i tecnici del settore e gli intenditori, e non mostre blockbuster o mere retrospettive. Nonostante, per questo motivo, venga costantemente ‘emarginato’ dalla scena artistica cittadina, negli anni ha attirato decine di migliaia di persone. Quando negli anni Novanta l’arte mondiale vede un enorme calo non solo di risorse economiche ma anche nel gusto, il Portikus viene salutato da una parte dagli esperti come un proposta vincente per il suo essere un ‘modello di risparmio’, dall’altra invece come un elemento scomodo nel panorama artistico di una città piena di nuovi musei miliardari (che negli anni sono però diventati enormi fantasmi, vuoti contenitori di un’arte che non contengono!). In questo clima di regresso culturale viene intimato al Portikus di abbandonare la propria sede, di distruggere il container per fare spazio alla ricostruzione storicista dell’antica Biblioteca Comunale. Nel 2003, con un’azione performativa di Elmgreen&Dragset che prevede il collasso dell’edificio, il Portikus è obbligato a lasciare il container e con lui la sua identità di spazio semplice, spartano, adattabile a ogni esigenza artistica. Dopo un breve periodo in una sede temporanea progettata dall’artista Tobias Rehberger, il nuovo direttore Daniel Birnbaum (conosciuto soprattutto per aver curato la mostra Ritardi e Rivoluzioni all’interno della Biennale di Venezia del 2003, diretta da Francesco Bonami col titolo Sogni e Conflitti - La dittatura dello spettatore) lo fa rinascere sull’unica isola sul Meno di Francoforte. Affidato l’incarico a Christoph Mäckler, la nuova sede dell’Austellungshalle, inaugurata a maggio 2006, è l’unico spazio espositivo in Europa a trovarsi su un’isola, in un luogo di passaggio tra la terraferma e lo scorrere del fiume… Il Portikus, che quest’anno compie vent’anni, ha ora una nuova vita. La sfida per il futuro? Riuscire a rimanere fedele a sé stesso, senza perdere la sua caratteristica di essere sempre al passo con i tempi se non addirittura ad anticiparli.


Il valore venale dell’arte contemporanea di Attilio Geva “r-Evolutionary Slime” Attilio Geva

Studiando da bidello in attesa della maestria.

Un valore venale dovrebbe essere attribuito più propriamente all’opera e non all’arte in sé. Perché un tale valore sussista deve accadere che l’opera sia scambiabile e scambiata con denaro, si configuri cioè come un prodotto commerciale. L’arte, che è un processo di produzione, genera il prodotto (opera d’arte). Sebbene l’arte in tutte le sue forme sia un processo, non sempre essa sforna prodotti commerciali. Esaminiamo più da vicino il processo del fare arte, si tratta di un insieme ordinato di attività che si svolgono nel tempo e che trasformano la materia. Il processo deve, inoltre, seguire un certo metodo il quale, a sua volta, si basa su specifici criteri. Indichiamo come compositore chi partecipa alla definizione del metodo e dei criteri, e come esecutore chi invece esegue le attività di trasformazione. Entrambi i ruoli hanno competenze specifiche nel ………….processo artistico. Gli effetti tangibili

della trasformazione sono l’opera stessa e l’usura degli strumenti. Il processo ha termine quando sono raggiunte certe condizioni. L’opera ne è l’output tangibile e fruibile, mentre gli strumenti sono accessori riusabili. A proposito della fruizione di un’opera, giova ricordare che si tratta anche in questo caso di un processo, ma di natura completamente diversa e separata da quello artistico. Sono diversi gli input, i criteri, le attività e gli output. Il processo di fruizione svolto dal fruitore può trasformare i memi [*] che sono installati nella sua mente, la sua memoria e la sua sfera emozionale, non necessariamente tutti insieme e non necessariamente in misura significativa. L’opera d’arte è un trigger, cioè l’elemento scatenante ed il termine con il quale si confronta tutto il processo di fruizione. L’opera è quel particolare criterio che istanzia la sua fruizione (ad esempio sto sentendo e fruendo la nona di Beethoven e non “Fin che la barca va” di Orietta Berti). L’opera coesiste con altri criteri altrettanto importanti quali ad esempio nozioni, ideologie, fedi, pregiudizi, ecc. Anche tali criteri, essendo memi, possono subire una trasformazione in quanto solo chi è stupido (o un logico) non si contraddice e non cambia mai idea. L’opera come trigger funzionerebbe quindi come un catalizzatore di significati che vanno prodotti ed attribuiti all’opera da parte del fruitore, significati che avrebbero il potere di cambiare lo stato della sua mente. E’ importante capire che normalmente il processo di fruizione non ha una condizione di terminazione così urgente come di solito sussiste nel caso del fare opera, la fruizione di un oggetto artistico può durare anche tutta la vita di un individuo. Di solito non si gettano via i quadri dopo averli visti una volta, con i libri o i dischi questo può accadere, ma è assai raro. Il processo di fruizione ha un’altra caratteristica interessante, oltre a quella di poter essere [segue]


Il valore venale dell’arte contemporanea di Attilio Geva iterato, quella di poter avere gradi di profondità diversa. Io posso fruire di un’opera superficialmente, ad esempio ascoltando Mahler come sottofondo mentre inebetito lavo i piatti o dormicchiando davanti ad un capolavoro del cinema, ecc. Oppure posso studiare la biografia degli autori, il curriculum degli esecutori, il loro contesto storico, la genesi dell’opera, il suo significato intenzionale, e cioè quel messaggio comunicativo che può o meno essere stato immesso nell’opera intenzionalmente dai suoi autori, una sorta di “messaggio nella bottiglia”. Spostiamoci per un momento sull’arte che non sforna prodotti commerciali. Ci troviamo di fronte, in questo caso, ad una serie di attività artistiche che producono sì un’opera, ma fra i criteri non trovano posto alcuno né l’intento di produrre per vendere né i conseguenti condizionamenti provenienti dal mercato o dalla committenza. Come vedremo presto questo tipo di produzione artistica, che impropriamente si potrebbe definire “non professionale”, è della massima importanza. La denomineremo Produzione Spontanea (PS) poiché si basa su una dinamica interiore che spinge a “fare arte” attingendo spontaneamente alle risorse individuali sotto forma di energia fisica e, nella fattispecie, intellettuale. Le opere generate con questi criteri, non è detto debbano restare invendute, semplicemente non sono state prodotte per esserlo. Sono comunissimi i casi di artisti professionisti che manifestano la necessità di una produzione “collaterale” del genere, sia fra i grandi del passato sia fra i contemporanei. Il lettore appassionato dell’argomento potrà sbizzarrirsi nel trovare opere-PS fra la produzione dei suoi artisti prediletti. Sinora abbiamo ………………………….provveduto a sviluppare alcuni temi

indispensabili e propedeutici che ci consentiranno di chiarire meglio il valore venale dell’arte contemporanea. Nella prossima puntata proseguiremo analizzando più a fondo la Produzione Professionale. Ci occupiamo ora di quella Produzione Professionale che sino dal processo di origine si rivolge al mercato ed ai fruitori con il preciso intento di essere scambiata per denaro. Le caratteristiche di opere siffatte, si tratti di musica, film, libri, sculture o dipinti, “obbediscono” a precise e note leggi di produzione e commercializzazione. A puro titolo esemplificativo in relazione al caso dei dipinti, ecco qualche criterio che necessariamente deve trovare posto nel processo artistico: tendenze del mercato, clientela target (galleristi, collezionisti), critica, genere, cifra stilistica, dimensioni, tecnica, unicità/molteplicità, ecc. E’ semplice vedere e capire come nel processo di produzione “entri” piuttosto vivacemente, per non dire a gamba tesa, quel processo di commercializzazione di cui si accennava sopra e come si integri strettamente per mezzo di criteri condizionanti. Questo tipo di produzione, che abbreviamo con PP, si distingue dalla Produzione Spontanea per il movente economico-commerciale e per i condizionamenti alla produzione che ne derivano. Esamineremo più avanti ulteriori elementi di differenza o somiglianza fra le due modalità di produzione. Dobbiamo ora esaminare l’idea di valore e lo faremo in relazione alla pittura, cercheremo di “grattare la superficie” dei problemi che nascono nello stabilire il valore venale per un dipinto, sia esso antico o contemporaneo. Con quale criterio si stabilisce? Un modo semplice e definitivo è quello di “portare” (qualsiasi cosa significhi) il dipinto sul mercato e aspettare che qualcuno se lo compri. Il valore è, una volta per tutte, la somma di denaro che realizza lo scambio. Nessuna complicazione, più chiaro di così! [segue]


Il valore venale dell’arte contemporanea di Attilio Geva “Vecchio sull’altalena” Goya

…Goya non avrebbe accondisceso a fare opere solo per venderle. Continuava a rifiutare di ripetersi. Ormai stava seguendo solo se stesso, stava creando solo per il piacere di creare… Per esempio l’immagine, di mirabile energia, di un vegliardo dai dai piedi callosi, un ghigno sguaiato sulla bocca… Il vecchio saggio pazzo a piedi nudi che ignora la serietà e ridacchia tra sé e sé come un patriarca zen assorbito in un gioco privato ma cosmico. E’ Goya stesso, alto nell’aria.

Queste e altre stupidaggini si possono leggere su autorevoli riviste propinate da altrettanto autorevoli esperti. Questo valore monetario dipende dalla singola transazione, cioè il valore del dipinto si determina a posteriori dello scambio stesso, lo si conosce a cose fatte, è insito nell’atto conclusivo della transazione commerciale. Paradossalmente un Gaugin nascosto, ignoto, non varrebbe nulla perché mai scambiato. E per capire che questo valore dipende anche dal particolare mercato, basterebbe immaginarselo scambiato fra un indigeno che ne ignori il valore venale nel mercato occidentale e un esperto mercante che ………………………………………………….ne abbia intuito l’autore.

Per proseguire il discorso siamo costretti a restringere come ipotesi l’ambito del nostro ragionare al mercato europeo ed americano, dove si suppone esista una certa omologazione per fasce orizzontali di prezzo e di compratori in relazione alle varie tipologie di produzione. In realtà, eccoci catapultati nel processo di valutazione del compratore, perché c’è già un valore attribuito all’opera prima dello scambio, sia da parte di chi vende sia da parte di chi si accinge a comprare. Del valore della parte venditrice non ci occuperemo, non è lei che realizza lo scambio, è il compratore che mette mano al portafogli. Non possiamo prescindere da quelle che sono le motivazioni all’acquisto di chi compra. Qui è abbastanza semplice vedere approssimativamente come si vada dal “colpo di fulmine” sino alla più abietta speculazione. In ogni caso il compratore (che non è affatto detto coincida con un fruitore), usa personali criteri di attribuzione del valore ed è proprio di questi che ci dovremo occupare e dovremo farlo purtroppo in modo molto sintetico e semplificato. In realtà il percorso decisionale che porta da un generico interesse del potenziale compratore alla contrattazione ed all’esborso di una certa somma in cambio del dipinto, può essere veramente articolato e complesso. Parleremo un po’ di questo con buona pace di quegli artisti che come struzzi volutamente tendono a ignorare queste faccende volgari ed indegne dei loro sublimi intenti artistici, ma non lo faremo certo a maggior gloria dei wharoliani per i quali:- Ciò che conta è la grana!-. Probabilmente nessuno che tratteremo degli aspetti tipicizzati isolatamente basta e giustifica da solo a motivare la chiusura della transazione. Esaminiamo un caso particolare, quello del compratore che tiene in gran conto le raccomandazioni della critica, il “lustro” che ha l’ente di commercializzazione (galleria, casa d’aste, ecc.) e i servizi/garanzie che gli offre (es. riacquisto, assicurazioni, ecc) [segue]


Il valore venale dell’arte contemporanea

[*] meme:

di Attilio Geva

E’ un'unità di informazione che è in grado di replicarsi da una mente o un supporto simbolico di memoria - per esempio un libro - ad un'altra mente o supporto. In termini più specifici, un meme è un'unità auto-propagantesi di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica. La parola è stata coniata da Richard Dawkins nel libro “Il gene egoista” (The Selfish Gene, 1976). Un meme può essere parte di un'idea, una lingua, una melodia, una forma, un'abilità, un valore morale o estetico; può essere in genere qualsiasi cosa si possa comunemente imparare e trasmettere ad altri come un'unità. Lo studio dei modelli evoluzionistici del trasferimento dell'informazione prende il nome di memetica. Come l'evoluzione genetica, anche l'evoluzione memetica non può avvenire senza mutazioni. La mutazione produce varianti di cui solo le più adatte si replicano, ossia, diventano più comuni ed aumentano la loro probabilità di replicarsi ulteriormente. Persino i cosiddetti "tormentoni" generati dai mass-media o estrapolati da film, videogiochi, discorsi pubblici sono memi capaci di diffondersi e mutare - si pensi ad esempio alla recente diffusione dell'espresione «mi consenta...» impostasi nel linguaggio prima politico e poi mass-mediatico. L’uso di un motore di ricerca può essere uno strumento utile, ancorché imperfetto, per misurare la diffusione memetica di una frase nell’ambito di un linguaggio.

Questo personaggio, che chiameremo Compratore Garantista (CG), restringe le sue scelte ad un ambito di mercato che lo fa sentire al sicuro. La sua sicurezza di acquistare qualcosa che ha “davvero” valore, che “terrà” e “aumenterà” nel tempo, si basa sulla presunta competenza altrui, abdicando in larga misura la propria capacità di giudizio, in questo caso la fruizione è del tutto secondaria. Il rischio è che soggettivamente potrebbe piacermi una crosta senza valore e non posso certo essere io che compro a stabilire se il valore ce l’ha e in che misura. Il rischio è tanto più lampante quanto più l’opera si presenta spoglia di quelle qualità che la renderebbero preziosa, una tela coperta di colature di colore che faccia pensare più ad un imbianchino che ad un pittore, mette in allarme assai più di un raffinato dipinto iperrealista che sfoggi perizia da tutti i pori della tela. Suggerisco come provvisorio argomento di riflessione di stabilire come operi il mercato per contrastare appunto questo semplice e cauto punto di vista, al fine di convincere il compratore ed infondere valore contro ogni evidenza. L’approccio CG all’acquisto sussiste ovviamente non solo per i dipinti, ma per una vasta gamma di oggetti quali pietre preziose, francobolli, oggetti di antiquariato, ecc.Sembra chiaro che questo mercato “fiduciario” si presta alla costituzione di paradigmi per l’attribuzione di valore non espressi formalmente e/o truffaldini, dove c’è fede c’è inganno. Questo non significa che da questo mercato siano banditi gli intermediari onesti, ma che è di facile penetrazione ai cialtroni, specie se …………………….ben forniti di capitali ed entrature.

Alcuni esempi:

. .

poemi, opere letterarie, immagini

superstizioni, credenze, religioni, in tutte le loro forme.

.

gli ismi, in particolare le ideologie politiche come il comunismo, il fascismo, etc.

.

i “tormentoni” (canzonette, pubblicità, ecc.), filastrocche, barzellette

. .

proverbi o aforismi il concetto di meme è anch’esso un meme


FABIO VOZZO tata bondhu, ciao amico Fabio Vozzo è nato a Como nel 1969. Vive dal 1999 fra l’India e l’Italia collaborando in aiuti umanitari con le missioni della Carità per i più poveri di Calcutta. Con la mostra fotografica“tata bondhu, ciao amico” ha esposto a Como, Firenze, Milano e Verona. Fotografare è come raccontare e raccontare spesso è difficile di Lorenzo Calamai Una fotografia contiene mille dettagli, mille angolature, contiene la storia di chi la fa, la sua sensibilità, il suo vissuto. Queste foto non sono il frutto di un viaggio alla ricerca di belle immagini, di immagini significative… sono squarci della vita dell’autore a Calcutta. Fabio ha vissuto lunghi periodi in questa città dannata, l’ha amata, l’ha odiata. Le sue fotografie sono tutto questo. Non sono volti anonimi rubati quasi di nascosto, sono persone con cui Fabio ha stretto un legame, di cui conosce il nome, la storia. A noi non arriva solo la disperazione della miseria, la povertà, la sofferenza, arrivano i sorrisi veri fatti a lui, arriva la sua visione di questo mondo tanto lontano dal nostro,una visione che va oltre a quello che si vede… Fabio non torna in Italia con mille scatti, non gira per Calcutta con la macchina fotografica a tracolla, non cerca immagini sensazionali. Fotografa il suo quotidiano, con attenzione e pudore, con assoluto rispetto. Il “racconto”, alla fine, permette anche a noi di vedere, di conoscere, di intuire…


Presentazione di Luigi Corbetta La prima volta che ho visto le foto di Fabio, ho immaginato che come fotografo avesse a disposizione una notevole attrezzatura. Quando ho realizzato che, almeno inizialmente, le sue immagini erano state eseguite con una semplicissima fotocamera bifocale, ho immediatamente collegato le sue composizioni all’impressione che ho sempre avuto di lui, quella cioè di essere davanti ad una persona estremamente sensibile, che dà innanzitutto valore agli ideali, riuscendo attraverso questa sua meravigliosa caratteristica a trasferire quello che vede con un obiettivo fotografico direttamente nel cuore dell’osservatore. Non possono quindi sfuggire le capacità stilistiche, di esprimere visivamente, di andare oltre l’apparenza, di restituire a chi guarda le sue immagini, le profonde sensazioni che un paese come l’India può suscitare, raccontando con magiche ed intense inquadrature questo universo fatto di difficoltà,gioia, occupazioni e sopravvivenza, senza mai esasperare le situazioni per stupire a tutti i costi. In tutti gli sguardi delle persone ritratte, c’è una speranza, una preoccupazione, una fiaba, e guardando, ognuno può costruire una storia senza il pericolo di andare lontano da quella che veramente è la realtà di questa gente e risulta inevitabile porci delle domande sulle nostre e sulle loro difficoltà quotidiane. Conoscere Fabio come autore e come persona è sicuramente una fortuna. Le strade da lui percorse, sia nella vita che nella fotografia, esprimono il bisogno interiore di manifestare i suoi ideali.


Come fiori di loto di Fabio Vozzo Prem Dan, che significa dono d’amore, è un centro per poveri e malati aperto dalla beata Madre Teresa in Calcutta. Ed è qui , dove arrivo per la prima volta nel settembre 1999, che nasce l’idea del libro Come fiori di loto. Calcutta è una grande città che lascia senza fiato. Piena di contraddizioni, moltissimi dei suoi abitanti sono poveri, vivono sulla strada, nelle stazioni o nelle baraccopoli chiamate slum in estreme condizioni di miseria. Ma è proprio tra la gente e nei volti dei bambini che vivono nei bassifondi della città che ho trovato la luce e la semplice bellezza del fiore di loto. Il loto è il fiore sacro dell’India, nasce sul fondo fangoso dei laghi e degli stagni, cresce lentamente verso la superficie e sboccia una volta emerso alla luce. E così come le acque melmose non sporcano il loto che si apre alla luminosità del sole, anche la povertà non intacca e non impedisce all’animo e alla dignità di questa gente di splendere. I soggetti delle foto non sono volti anonimi, ma persone con cui ho condiviso le mie giornate e le mie emozioni. Che ognuno di noi possa essere sempre in superficie e vedere la luce.




Qualsiasi cosa tu faccia, realizzala come fosse qualcosa di sacro. Potresti salvare qualcosa con un solo movimento. Maria Cenderero Fuentes


Non pensare mai che non c’è più niente da fare, dobbiamo comprendere che tutto è possibile. Maria Cenderero Fuentes


PREMIO DI PITTURA MOVIMENTO NELLE SEGRETE DI BOCCA

Miniaci Art Gallery e Libreria Bocca indicono il 3° Premio Movimento nelle Segrete di Bocca dedicato alla pittura. L’iniziativa è aperta a tutti gli artisti. Per concorrere è necessario far pervenire un dipinto originale che parteciperà alla selezione, accompagnato da una foto a colori dell’opera (su supporto cartaceo o digitale). Inoltre, va allegata la documentazione personale che attesta l’attività artistica (curriculum, depliant, foto di lavori precedenti etc). L’opera a tema libero, dovrà essere di formato quadrato, la cui dimensione massima è cm 100 x 100, (non saranno accettate opere di formati differenti e dimensioni maggiori a quelle indicate). Non ci sono restrinzioni né sulla tecnica, né sul supporto da utilizzare. Il Comitato Promotore, dopo aver selezionato quindici opere, inviterà tutti gli artisti a partecipare alla mostra che si terrà alla Libreria Bocca di Milano, Galleria Vittorio Emanuele II. L’esposizione avrà la durata di diciannove giorni (dall’8 al 26 ottobre 2008). Il vincitoredel Premio verrà selezionato dalla: GIURIA DI QUALITÀ

Valerio Adami (artista) Philippe Daverio (critico d’arte) Sara Fontana (critico d’arte) Antonio Miniaci (gallerista) Giovanni Serafini (collezionista) Tommaso Trini (critico d’arte) Carlo Vanoni (consulente d’arte) Tutte le opere partecipanti dovranno essere alienabili Il vincitore riceverà un premio di 1.500,00 euro Le quindici opere finaliste, saranno pubblicate in un catalogo la cui copertina riprodurrà il quadro del vincitore. Oltre alle opere selezionate dal Comitato Promotore, verrà data facoltà a ciascun membro della Giuria di Qualità di segnalare un’opera tra tutti i partecipanti, che verrà pubblicata nel catalogo ed esposta insieme alle opere finaliste. I partecipanti devono far pervenire l’opera (incorniciata o non, ma tassativamente munita di ganci, senza vetro, porto franco, con imballo adeguato) a: Segrete di Bocca - Via Molino delle Armi 5 - 20123 Milano Entro e non oltre il 30 maggio 2008 Al termine del Concorso, i dipinti selezionati dovranno essere ritirati dall’autore nella predetta sede, entro e non oltre 40 gg. dal termine dell’esposizione. Le opere non selezionate, invece entro 40 gg. dalla notifica di non ammissione. Tutti i quadri partecipanti al Premio verranno visionati dal Comitato Promotore, che oltre a selezionare le opere finaliste, ne selezionerà quaranta che saranno esposte alle SEGRETE DI BOCCA dal 07 luglio al 29 settembre 2008 (agosto chiuso) Via Molino delle Armi 5, 20123 Milano L’invio dell’opera (accompagnata dalla foto) e del materiale richiesto al 3° Premio Movimento nelle Segrete di Bocca, implicano l’accettazione di tutte le norme contenute nel presente bando di concorso. L’adesione richiede un fondo spese obbligatorio di euro 30,00 da includere nella spedizione del materiale. L’omissione di una delle disposizioni comporterà l’esculsione. COMITATO PROMOTORE

Aldo Benedetti (consulente d’arte) Rossana Bossaglia (storico dell’arte) Giorgio Lodetti (libraio) Ilaria Miniaci (gallerista) Cristina Muccioli (critico d’arte) Alessandro Papetti (artista)Alessandro Quasimodo (attore) Cristina Vicamini (gallerista) Giorgio Lodetti tel 0286462321 0258302093 fax 02876572 0258435413 cell 3382966557 giorgio.lodetti@libreriabocca.com


artista in primo piano


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it

La scelta dell'artista in primo piano, avviene ogni volta con criteri diversi. A volte si tratta di artisti che hanno guadagnato uno spazio considerevole nel mondo dell'arte a spallate, e sono riusciti ad emergere grazie alla loro caparbietà. Altre volte la scelta ricade su artisti che, a detta della critica, hanno un talento talmente evidente da meritare le attenzioni dovute, e la nostra rivista, come altre, le evidenzia. Poi ci sono i casi in cui l'artista prescelto è ritenuto, dalla redazione di Frattura Scomposta, d’indubbia bravura ed interessante sotto ogni profilo, nonostante, per qualche misterioso motivo, non sia ancora riuscito ad ottenere una rilevante visibilità nello spietato panorama dell'arte contemporanea. Questo è il caso di Francesca Guffanti, l'artista a cui è stata dedicata la 14° copertina. Francesca dipinge da oltre 20 anni, con costanza e coerenza, raccogliendo consensi da parte della critica, eppure il suo nome è noto a pochi ed i suoi lavori non sono pubblicati sulle riviste d'arte più conosciute. Frattura Scomposta però non vuole ricadere nello stesso errore, anzi, si sente onorata di dedicarle il meritato spazio di ospite d’onore. Parlando con lei ci si rende immediatamente conto di quanto sia un personaggio complesso, possiede un'intelligenza spiazzante e la sua preparazione, sia dal punto di vista tecnico che da quello culturale, è notevole. Appartiene un po' al genere di artista "vecchio stampo", se mi si concede il termine, nonostante abbia solo 43 anni. Quando parla ti guarda dritto negli occhi col suo sguardo scuro e sicuro e si ha la sensazione che riesca a scrutarti fino nell’anima. Allora mi viene un sospetto... Che sia questo il motivo che non le ha permesso di raggiungere il successo meritato? E' molto difficile avere a che fare con una persona che ha la facoltà di percepire i limiti altrui, bisognerebbe essere dotati di grande umiltà, ma questa è una dote di pochi.

Vania Elettra Tam


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it Francesca Guffanti nasce nel 1962 a Monza, dove vive e lavora Si diploma al NABA, la Nuova accademia di Belle Arti di Milano nel 1986 Nel periodo immediatamente successivo partecipa ad alcuni stage e collabora con l’architetto Daniel Libeskind Ha insegnato percezione visiva e psicologia della forma ai corsi per adulti e ragazzi presso la Civica Scuola d’Arte “F. Faruffini” a Sesto San Giovanni Sue opere sono presesnti nella collezione delle opere su carta del museo di Salò, nella collezione del Comune di Monza ed al MAPP di Milano


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it Risale agli anni 2004-2005 il ciclo di opere su tela attorno al tema dei bambini, sviluppato con la pittura dall’artista italiana. Già presente a Contemporanea Giovani 2 a Como (2004) e poi al CACT Centro d’Arte Contemporanea Ticino_Switzerland in un paio di mostre collettive nei due anni successivi, l’artista di Monza opera solo apparentemente con un mezzo erroneamente considerato “tradizionale”. Il tema, universale, della infanzia, e soprattutto della sua ossessiva e soggettiva analisi, conduce F.G. a inserirsi pienamente in quella particolare ricerca, che oggi si fa del mezzo pittorico; più in generale della pittura e delle realtà contemporanee. Considerare l’evoluzione più o meno reversibile della produzione artistica degli ultimi trent’anni, e della Storia in generale, è doveroso per un approccio imparziale e rigoroso ai mezzi di produzione: come anche la fotografia. L’artista, infatti, raccoglie incessantemente documenti fotografici, da cui parte per disegnare le sue impressioni tematiche sulla tela. Tale procedimento, del resto già ad uso a fine Ottocento, gli permette di distanziarsi obbiettivamente dal mezzo pittorico, essendo la fotografia non solo un supporto, un ausilio, bensì parte del medium, del suo procédé artistico. Con la pittura, l’artista cerca di avvicinarsi all’ immediatezza del mezzo tecnologico, di catturarne quelle impercettibili, ma essenziali bipolarità come il tempo e lo spazio, la modernità e la tradizione. Le sue figure infantili, quei piccoli killer, quelle menti pericolose, sono rielaborate con una tecnica volutamente non sempre pulita, raffinata e compita. È altamente psicologico e concettuale il tentativo di F.G. di superare il mezzo pittorico, affinché ogni suo quadro non rimanga la rappresentazione dell’oggetto, bensì evochi un esame soggettivo dell’universo dell’infanzia: dei suoi significati più analitici, delle identità comportamentali inevitabilmente riconducibili all’oggi, all’ osservatore adulto, alle nostre responsabilità. L’uso del mezzo, come dicevo, talvolta scarno, disadorno, scavato…, fa presagire le tremende realtà di un piccolo mondo in divenire, il nostro futuro di speranze, di apprensioni. Come se l’artista, nella sua singolare anticipazione, volesse scavare nelle nostre incombenze di adulti-bambini, vittime inevitabili e fors’anche (in)consapevoli di un sistema, i cui valori hanno preso volontariamente le distanze dall’umanità e da un comune senso di giustezza. In arte niente è casuale, quanto causale, e da sempre la creazione è lo specchio dell’anima di chi guarda, dello spettatore-autore dell’opera.

Mario Casanova


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it ancora dangerous mind ma ancora quali dangerous mind_ quali piccole menti sognanti_pericolosità ma quale e quando pericolosità: ci chiediamo piccoli menti assassine_piccoli killer carnivori assetati di dubbi irrisolti, sistemi di classe, fast-food illuminati, boschi da incendiare, oppure oppure piccole menti che stravolgeranno i sistemi: mortificheranno i consumi: promuoveranno cambiamenti radicalmente nuovi illuminati Criminali per chi?_?menti pericolose_ancora la storia genetica non ha forse ceduto alle contaminazioni di secoli di inselvaticamento custodito Francesca ha forse intuito in spatolate veloci, la medesima velocità del cambiamento, l'imprevedibile necessità quale irreversibile inganno-per adulti assopiti, marginalmente caduti in lucenti pozzi di riconfermate falsità _______ma allora innocenti piccole pesti, meravigliose anime mai marginate, divise forse volutamente dallo sfondo_sistema per renderle innocenti ancor di più quale intendimento_quale rintocco di trasformazione tanto minacciate forse non è così difficile comprendere_ma egualmente difficile accettare in fondo La crudeltà non è così facilmente riconducibile al senso del dolore_o forse lo è_come la vita iniettata negli stolti II coraggio d'amare è forse inconsueto-già dai primi intendimenti, o forse l'evoluzione è ancora utopia piccole menti pericolose in voi confidiamo, noi che ci reggiamo sembra in maniera eretta_uomini e(retti) eppure in voi confidiamo, nelle vostre menti pericolose nei vostri voli pindarici_nelle vostre grida ribelli_nelle vostre capriole indefinite_nei vostri salti irrequieti_nei vostri sguardi penetranti ancora in voi confidiamo Valter Luca Signorile


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


francesca guffanti

francescaguffanti@yahoo.it


artisti


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com Alfio Catania è nato a Torino il 6-10.1965, vive tra Venezia e Torino Ha pubblicato il romanzo Al di là del sogno, 1989 oltre vari racconti brevi per antologie di narrativa. Finalista al premio Mer 1991. Inoltre dipinge con un buon riscontro di critica e pubblico. Un passato di fotografo professionista conclude il suo percorso creativo tra scrittura, pittura e fotografia. Si considera un vagabondo delle sensazioni perfettamente organizzato. Energia e contemplazione…. Questo il binomio su cui ruota l’espressività pittorica di Alfio Catania; due filoni che si rincorrono e a volte si pongono a confronto duellando su palcoscenici di nature infinite e inerti, spettatrici e complementari al tempo stesso. Energia pura, forma e colore, è il bagaglio di un artista autodidatta consapevole che l’esperienza letteraria e poetica, a cui tutt’ora dedica molta della propria espressività, lascia spazi importanti che solo l’arte figurativa può colmare. L’energia delle forme sinuose e potenti (Ossimoro, 2004), figure nascoste che diventano protagoniste della scena, vive e reali, quando l’occhio le scandaglia, figure incalzanti, in movimento, echi di memoria fotografica -Alfio Catania è fotografo prima ancora che scrittore e pittore- suoni e colore, astrattismo dai toni forti e piatti. E poi….. Contemplazione disincantata della vita dell’uomo, figura bidimensionale dai tratti elementari, spesso monocroma, l’uomo ombra di se stesso, talvolta spettatore (Sipari, 2006), talvolta immerso in un silenzio complice che dà voce a mirabili architetture (Prima che sia tardi, 2007), un uomo incagliato nella ricerca del suo essere . Bianchi e neri, severi e tormentati, sferzati da lampi incandescenti di puro colore oppure….colore che si reinventa, rimbalza e si ripropone, ma sempre sferzato da squarci di nero assoluto e assordante. Una pittura dai toni estemporanei, estranea a qualunque archetipo, una pittura istintiva e debordante, una pittura che nelle tecniche miste di cui fa uso trova via via strumenti e linguaggi espressivi per convalidare e sigillare attimi di oniriche rivelazioni. Barbara Accordi


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com


alfio catania www.alfiocatania.com posta@alfiocatania.com


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com nasce a Modena nel 1980 dove vive e lavora Le foto dell’anima modenese di Andrea Ferrari. La passione insita nelle fotografie artistiche, di varia ambientazione, del giovane modenese Andrea Ferrari, il calore, la creatività, la fantasia sono espressioni di ogni angolo della sua anima, pure del più celato. Si sprigionano forze improvvise, emozioni che spaziano tra l’incanto ed una indispensabile nostalgia da rispolverare; quelle che, ad esempio, si avvertono osservando “notturni” del centro di Modena, nei quali il tempo pare sospeso e le persone sono poco o niente affatto presenti anche se immagini che abbiano percorso quelle strade a milioni e milioni nel corso di epoche concluse per sempre. Fotografie di un realismo sentimentale, dove un sapiente gioco di fasci luminosi e di luci di lampioni ed insegne, riaccende sensazioni sopite da una ovvietà totalmente assente in queste immagini, che anzi trasmettono sorpresa, meraviglia, desiderio di scoprire ed analizzare particolari nuovi, eccitanti della sua città. Questi divengono, in un’altra città vicina: Bologna, oggetti d’interesse della sagacia professionale di questo fotografo che coglie, degli strumenti musicali, la molteplicità degli elementi costitutivi, anche i più minuti, comunque necessari per una accorata descrizione, all’interno della quale si avverte la ammirazione per la affascinante straordinarietà artigiana dell’uomo che li ha realizzati. Sempre in questo contesto, l’artista Andrea Ferrari coglie pure le espressioni più vitali di musicisti jazz, durante le loro esibizioni in locali, appunto, bolognesi, tra luci soffuse che, pur se in ambienti prevalentemente bui, accendono cose e uomini, permeandoli di un’energia che oltrepassa ogni materialità verso una sognante dimensione spirituale riconducendo il pensiero, ancora, incontro all’anima di questo Modenese “purosangue”. Un Modenese legato alla Ghirlandina, alla fontana del Graziosi del Secchia e del Panaro, alla Via Emilia, fotografata in pieno centro con l’obbiettivo a pochi centimetri da terra, così da evidenziarne persino il marciapiede ed il suolo e da testimoniare un attaccamento emozionale alla sua terra ed alla sua città, ispiratrice della sua anima di artista originale, appassionato, eccellente. Carlo Previdi


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com


andrea ferrari www.andreaferrariphotographer.com andrea.ferrari@andreaferrariphotographer.com


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it Nato a Zurigo (Svizzera) nel 1971. Da giovanissimo si trasferisce a Palazzolo Acreide, splendida cittadina barocca dell'entroterra siracusano. L'interesse per l'Arte si manifesta in Andrea Latina fin dalla più giovane età, e, attorno ai 18 anni, inizia a produrre una serie di opere realizzate a china su carta da lucido che in seguito saranno esposte alla mostra collettiva organizzate dal Comune di Buscemi (Siracusa), intitolata "BIO MEMORIE" svoltasi nella Sala San Giacomo. Negli anni successivi si appassiona alla grafica digitale, quindi riprende i lavori fatti in precedenza e, con l'ausilio del computer, li rielabora ottenendo risultati molto apprezzati, infatti uno dei lavori intitolato Il Dubbio, che Andrea ha realizzato utilizzando questa tecnica, è stato pubblicato nella rivista Computer Arts. Persegue la sua passione per la grafic-computer lavorando come webdesigner, ma non abbandona mai la passione per l’arte manuale, difatti approda finalmente alla pittura nel 2006.


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it


andrea latina www.andrealatina.it posta@andrealatina.it


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it La Trilogia del Cervello di Andrej Mussa è giunta al suo atto conclusivo, il terzo, dal titolo Le Stanze Gnostiche. Dopo SNC (Sistema Nervoso Centrale) ispirato ad un immaginario fantascientifico più o meno debitore di certa suggestione cinematografica e La Pazzia - Commedia Divina ispirato al capolavoro dantesco, con Le Stanze Gnostiche l'artista sceglie di accompagnare la propria ricerca iconografica con passi prelevati dai Vangeli Gnostici di Tommaso, Filippo, Maria e della Verità, facenti parti di quella letteratura evangelica definita dalla Chiesa come "apocrifa", ovvero "non autentica", "eretica". I rimandi fra i capitoli della "Trilogia" sono molti, i richiami a personaggi, eventi e tematiche creano un filo conduttore comune che conferisce al lavoro lo stesso carattere di un opera letteraria o teatrale completa, in cui l'intero pensiero poetico dell'artista viene illustrato alla perfezione. Come in ogni ciclo l'artista crea dei "collegamenti ipertestuali", oltre che con la letteratura anche con l'arte e il cinema, attraverso cui connettere tutte le informazioni che intende comunicare in un modo allo stesso tempo diretto e simbolico. Se in SNC e ne La Pazzia la sua attenzione è rivolta all'universalità della malattia mentale e del disagio psicologico della nostra epoca, con Le Stanze Gnostiche egli contestualizza tali argomentazioni proponendosi nella stessa parte che ha caratterizzato gli scrittori dei testi apocrifi. Così come la vita di Gesù viene raccontata come fatto di "cronaca spiccia" (a volte al limite del grottesco) allo stesso modo l'artista diviene cronista dei fatti odierni, e per mezzo di immagini e testi descrive la " follia della condizione umana". La vita quotidiana è il centro d'interesse dell'intera poetica dell'artista, la squallida ed anonima, ma al tempo stesso eroica, vita di tutti i giorni, così come la vita quotidiana e l'umanità di Gesù, dall'infanzia sino alla sua morte, è il centro d'interesse dei Vangeli "non canonici". Ma esiste una sostanziale differenza tra l'atteggiamento assunto dai "cronisti eretici" dell'epoca rispetto a quello adottato da Andrej Mussa per raccontare le problematiche attuali, ed è la stretta aderenza ai fatti, lontana anni luce dalle fantasiose ed assurde invenzioni della letteratura apocrifa. È proprio quella "banalità del male" individuata con grande lucidità intellettuale dalla scrittrice Hannah Arendt durante il processo avvenuto a Gerusalemme nel 1961 contro Adolf Eichmann, il criminale nazista responsabile dell'organizzazione logistica dello sterminio ebraico. La Arendt rimase colpita dalla normalità di quello che doveva presentarsi come un "mostro disumano" e che invece non rivelava nulla di demoniaco, né di mostruoso, ma soltanto la mediocrità di un qualsiasi uomo comune. La spiegazione che l'autrice tedesca trovò a tale atteggiamento passivo da parte del gerarca nell'esecuzione precisa degli ordini ricevuti fu la completa "incapacità di pensare", l'impossibilità di capire la reale gravità delle proprie azioni. Una passività devastante che aveva creato un ingranaggio distruttivo quasi perfetto, la metodologia adottata da ogni totalitarismo. Parlare di “male” e “bene” oggi potrebbe sembrare anacronistico proprio per l'abitudine con la quale ci confrontiamo passivamente con tali concetti.


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it Non esiste una linea di demarcazione netta, inequivocabile, nemmeno ideologie politiche o religiose che sappiano indicare un'unica e giusta strada da percorrere. Le verità sono tante quanti sono i partiti politici esistenti in tutto il mondo e in tutta la Storia, tante quante le religioni o pseudo tali che si arrogano il diritto di indicare "la via, la salvezza, la vita" alle masse "non pensanti". Analizzare con partecipata emotività la condizione umana attuale potrebbe creare degli equivoci insormontabili, trasformare qualsiasi argomentazione in mera retorica senza speranze di aggiungere nulla di nuovo rispetto ai resoconti tele-giornalistici. L'intento di Andrej Mussa è proprio quello di scardinare l'accettazione incondizionata dei concetti di male e di bene, attuando una riflessione approfondita (quindi realmente pensata) sulla preoccupante consuetudine con cui accettiamo i fatti negativi che ogni giorno metabolizziamo con sufficienza e che recepiamo pericolosamente come "fatti normali". Ad angustiare l'artista è precisamente l'appiattimento emotivo provato di fronte alla spettacolarizzazione della tragedia che i vari programmi televisivi d'informazione confezionano in nome dello scoop, ma soprattutto l'indifferenza che caratterizza la reazione comune di fronte ai mali più diffusi (a volte tenuti nascosti perché "vergognosi") e alle problematiche psicologiche della realtà contemporanea. Ci appare quindi chiaramente l'entità dell'obiettivo che Andrej Mussa si è prefissato di raggiungere, muovendo la propria ricerca artistica all'interno della notizia di cronaca, senza rincorrere al sensazionalismo, senza condizionamenti esterni, mantenendo integre le proprie riflessioni su tutto ciò che giornalmente avviene nel silenzio del proprio isolamento, nel dramma vissuto entro le quattro mura della propria abitazione, e che può sconvolgere irrimediabilmente la vita, condizionando così la convivenza sociale. E ritorna vivo il concetto di "banalità del male", interpretandolo quale malessere fisiologico che porta a compiere atti incomprensibili contro sé stessi e gli altri, senza la capacità di pensare e di distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. E il male di cui ci parla Andrej lo riconosciamo tutti i giorni nella violenza psicologica, negli abusi mentali, nelle tendenze al suicidio, nella solitudine, nei disturbi dell'alimentazione, nell'ignoranza dei pregiudizi, nella sconfitta della dignità umana di fronte alla sete di denaro e alle tentazioni del potere. E se andiamo alle radici del significato letterale della parola "gnosi", da cui deriva l'aggettivo dato al ciclo delle Stanze, allora possiamo veramente concordare con Andrej Mussa che si tratti proprio di "conoscenza", ma una conoscenza che non guardi al mistico e all'infinito, ma che volontariamente venga riportata al livello della realtà vissuta, senza la vana illusione di trovare un inconsistente conforto da parte di visionarie entità superiori. La conoscenza di sé, il dialogo con sé stessi è lo stesso concetto che nel pensiero di Hannah Arendt permette all'uomo di porsi dei dubbi, delle perplessità che lo convincano a prendere una posizione precisa di fronte alla scelta tra male e bene, tra iniquità e giustizia, tra immobilità ed azione, tra indifferenza e partecipazione. Alessandro Trabucco


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it


andrej mussa www.andrejmussa.it aj_mussa@yahoo.it


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it nata a Catania, dove vive e lavora . Angela Vinci si affaccia al mondo artistico dimostrando grande umiltà, difatti non si presenta usando la parola “artista” ma preferisce definirsi pittrice, decoratrice e ceramista. Dopo aver conseguito il diploma presso il Liceo Artistico di Catania, ha iniziato la sua attività professionale lavorando come disegnatrice tecnica presso studi di architettura ed aziende di progettazione d’impianti idroelettrici. Tutt’oggi collabora come disegnatrice per l'istituto orto botanico di Catania. Ma non ha mai abbandonato la sua più grande passine, quella per la pittura. Il suo eclettismo artistico, inoltre, la porta ad avvicinarsi ai ripristini murali, all’esecuzione di tromp l'oeil e alla decorazione su ceramica, tanto più che questa passione la spingerà ad aprire un laboratorio. Il suo interesse artistico, sostenuto dall’inclinazione per la rappresentazione della figura umana, è rivolto principalmente ai dipinti ad olio, anche se non disdegna l’uso dei colori acrilici. Nalla sua pittura cerca di rappresentare l'espressività attraverso l'analisi fisiognomica dei volti. Per ottenere ciò si avvale dell'uso plastico della materia pittorica, lavorando così ai ritratti con densi dosaggi di colore, modellandoli come creta.


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it


angela vinci www.vincistudio.net angelavinci_2006@libero.it


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com Cammino per il mondo affascinata dalla verità che mi circonda, che spesso non si ferma alla realtà oggettiva. E' come perdersi in un bosco: fatato quando le sensazioni sono dolci, stregato quando le emozioni rischiano di schiacciarmi. Preziose comunque, per quanto mi fanno sentire "tutta". Antonella Sassanelli nata a Modena, milanese di adozione, vive ora ad Abano Terme in provincia di Padova. La genesi delle sue opere ha origine da “figure” espresse con linguaggio scritto unito, o consegnato in esclusiva, alle immagini. Scanner e macchina fotografica i suoi “altri” occhi. Ricerca e fa esperienza con l’elaborazione grafica computerizzata e utilizza tecnologie digitali, oltre a cimentarsi in tecniche miste. Sperimenta da autodidatta, dando seguito alla sua naturale curiosità. La creatività è ispirata dalla ricerca di ritrarre sensazioni attraverso immagini metaforiche. Il mondo espressivo di Antonella Sassanelli parte da una profonda inquietudine, per risorgere attraverso l’esaltazione dell’ impeto della figura, né rozza né venusta, fino allo svincolo finale. Catturare immagini e fissarle su materiali come tela in poliestere e canvas, finirli con acrilici, olio, o colle e stucco, materiali che risultano tra loro ponderati o spinti, a seconda del contesto. La sensibilità nell’usare il raggio dello scanner come etere o fondere acqua e fuoco con l’elaborazione digitale, insieme ad urli e silenzi che si leggono nelle sue opere, denotano la diffusa analisi dello sbocco che l’artista ricerca. Enigmi che si risolvono senza ambiguità attraverso il rafforzamento di linee espressive.


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com


antonella sassanelli www.equilibriarte.org/sassanelliantonella antonellasax@gmail.com


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it Il suo nome è Aurora Onda Costanza Scalera ma la chiamano AurondA. “Malnasce” indisciplinata nel 1981, iniziando presto a “sviversi”. Risponde al nome di "Fotografa" dal 1990 regalandosi spilli per non darsi troppe arie, d’allora indaga le possibilità artistiche offerte dai nuovi mezzi digitali ibridandosi d’antico: specchi, monitor, argille, pixel, byte, pennelli, aghi e cavi USB. Ricamatrice d’ombre le piace cucirsi addosso (e farsi cucire) parole che sfila e ricama a seconda delle occasioni. Indossa con stile la maschera di se stessa che priva d’occhi le permette di guardare il mondo intercambiandoli come obiettivi. Il suo fuoco non brucia mai centrale perciò si manca spesso, vivendo sparsa dentro sè, mentre fuori dissemina suoi figli: foto, ma essendo madre abietta li ripudia brevemente. Il suo impasto fotografico è vario, s’amalgama di cinema e teatro, di drammaturgie e messinscene di se stessa. Nel 2006 vince il concorso nazionale di fotografia TuttoCittà-luoghi comuni, curato da Daniela Trunfio, direttrice della Biennale Internazionale di Fotografia che scrive di lei: “Come in una pellicola cinematografica questo fotogramma si presenta velato di una luce onirica. E’ una quinta teatrale del miglior Eduardo, o l’istantanea rubata a una vita che sa di teatro?” Nel frattempo si gode il panorama da vette adamantine, osservando lo scibile umano che odia e che ama in egual misura. Sempre in dis-conciliazione con se stessa si accetta per ciò che non è.


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it


auronda http://auronda.exibart.com aurooonda@yahoo.it


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it "L'Enfant Terrible" della pittura italiana nasce a Modena il 25 Novembre 1934. Nel 1956 si diploma Maestro d'Arte presso l'istituto d'Arte A.Venturi di Modena.Dopo avere allestito diverse mostre personali, negli anni compresi tra il 1960 ed il 1970, viaggia in tutta Europa come musicista. Nel 1971 rientra in Italia con un raro bagaglio d'esperienze, dedicandosi definitivamente alla pittura. Attualmente vive e lavora a Modena. Benito Aguzzoli nasce a Modena il giorno 25 Novembre 1934. Fin da bambino si nota in lui una gran sensibilità artistica, se guardiamo i suoi quaderni delle elementari li troviamo pieni di disegni, invece dei soliti componimenti, naturalmente con note di richiamo da parte dell'insegnante. Durante il periodo bellico si trasferisce, sfollato, a Fiorano dove conosce un caro amico del padre, lo scultore Vittorio Magelli, si incuriosisce subito e sotto il suo insegnamento comincia a plasmare la creta. Finita la guerra lo ritroviamo a Modena dove "cerca" di frequentare le scuole medie e anche qui si ripete la storia, sempre disegni e disegni, e richiami del Preside alla famiglia. Il padre, padre di allora, lo manda per punizione a lavorare come meccanico presso un'officina di motociclette, lavoro che invece lui fa con entusiasmo e si appassiona tanto che, insieme ad un gruppo di amici, tra i quali ricordiamo Vezzalini e Degli Antoni, si allena su e giù, Maranello - Serra, ed infine partecipa ad alcune gare di velocità. La madre, disperata, convince il padre a toglierlo dall'ambiente motoristico e lo iscrivono all'Istituto d'Arte Adolfo Venturi dove, sotto l'insegnamento di Salvarani, Vecchiati, Trevisi, Quartieri, Spazzapan, Asirelli nel 1956 si diploma Maestro d'Arte. Aguzzoli ha così trovato la sua strada, subito partecipa a collettive e organizza diverse personali. Ma c'è un'altra Musa in agguato, quella della musica; impara a suonare la chitarra elettrica e dopo un periodo di gavetta in tutte le balere della provincia, forma un suo complesso che lo porta a girare tutta l'Europa dal 1960 al 1970. Nel suo girovagare la mente non dimentica la pittura, visita i più importanti Musei e conosce artisti d'ogni tendenza. Nella sua ultima tournée ad Amsterdam un collezionista gli organizza una mostra dove ottiene un lusinghiero successo.Nel 1971 rientra in Italia con un raro bagaglio di esperienze, dedicandosi definitivamente alla pittura.


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it


benito aguzzoli www.benitoaguzzoli.it info@benitoaguzzoli.it


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com nata nel 1984 a Pfarrkirchen in Germania, laureata all’ università d’arte di Linz in Austria, dove attualmente vive e lavora. Although first and foremost i want the pictures themselves to talk to their spectators there are of course some ideas what the pictures could tell the viewer. I´m no friend of being forced to think something or of unambiguousness and so i want to give rather suggestions than answers. I think it´s great that people´s perception differs from each other and everybody can find other aspects of interest or assumption. And i like making people wonder. In my photography i try to catch the fleeing, to take stock of our life. And also to irritate by intervening and correcting the „reality" we have become used to take as settled. I intend to mix the treasure chest of pictures and ideas of my past, present and dreams with my imagination and rewind or manipulate memories and "maybes" to open up a space of suggestions, to unzip the worn out usualness. Visual poems. Something that you can´t catch or express verbally get´s transformed to a picture. I also write poems and my poems are then again pictures that don´t exist like this and can´t be created in a visual language. So i often create the everyday life a bit different in my work from actually living it. It´s a mixture of staged pics, slightly changed reality and catching the very moment. I want to merge the real and the synthetic and create something that oscillates between dream and a conceivable „truth". I´m interested in the chance of metamorphoses and states of "in between". Those realities next to reality. Extremes and points where anything meets again or even unites. Analogies, paradoxes, absurdities, utopies. Everything. This can happen through an emotional approach as well as with a conceptual basis. Mostly a mixture of both with different emphasis. But above all driven by passion for what i do. Though i do mainly photography i´m also working in the field of video.performance & action/intervention in urban space – just as my ideas require a certain medium.


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com


chrischa oswald www.irritaction.com irritaction@gmail.com


christian schettino skinsoul@libero.it

Affossando nelle carni molli inscenate da Christian Schettino, si assapora il gusto sottile della sconfitta, che significa lasciarsi scivolare via da questo mondo, partecipando di una realtà lontana, nobile e travolgente. Sconfitta, sconfitta del genere umano, di questo nostro indebolito lasso scarno di eroi. Schettino ricerca la prerogativa eccezionale dell'uomo, ne sente il fermento fangoso, il suo germogliare come seme maturo, schiacciato nel guano della vita. Eccolo lì, quasi a difendere l'aberrazione di una congerie votata al nulla: pare questo il nostro fardello peggiore, il vuoto. Lui, che forse perchè neppure trentenne ancora ci spera, sta come una scolta nell'ora di notte, come i soldati che vigilano il castello di Amleto e dalle torri riconoscono il fantasma del Re assassinato. Lui è con loro, nella guardiola dell'arte, e guarda i nostri fantasmi incidendoli sulle lastre, sui fogli, e proprio il gesto dell'incisione, del condurre una punta fin dentro la superficie, implementa la sua contorta compartecipazione della sorte terrena. Contorta, poiché Schettino non frequenta la strada diritta della denuncia, bensì i reconditi simbolisti delle odierne esigenze, che per gli intellettuali sono in primo luogo la sopravvivenza e il disgusto (sopravvivere al mondo e disgustarsene è un gioco), per lui invece risulta necessario trovare un pertugio nel quale infilarsi; e in quel tuffo finalmente essere se stesso. Non ci riesce quotidianamente. E così spera nell'arte; forse per giovinezza, tuttavia spera. Flavio Arensi


christian schettino skinsoul@libero.it


christian schettino skinsoul@libero.it


christian schettino skinsoul@libero.it


christian schettino skinsoul@libero.it


christian schettino skinsoul@libero.it


christian schettino skinsoul@libero.it


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it Nata a Bolzano, è iscritta all’Università di Lettere, nella città di Firenze, dove tuttora frequenta i corsi di Storia e Tutela dei Beni Artistici. Partendo da una formazione classica figurativa basata sul disegno dal vero, giunge allo studio e all’uso del colore; si sposta poi verso l’astrattismo, dipingendo paesaggi interiori rarefatti e sperimentando le diverse potenzialità espressive dei materiali che aggiunge alla tecnica dell’olio su tela (sabbia, corde, segatura, reti metalliche, ecc.) che rendono la superficie pittorica disomogenea e creano quindi effetti cromatici vibranti e variegati. Dal 2004 riprende anche la pittura figurativa in bianco e nero, studiando in particolare la prospettiva data dalla visione di se stessi, del proprio corpo e dei propri oggetti: in questo modo cerca di far entrare lo spettatore in contatto con lo sguardo dell’autore, quasi come se chi guarda si impersonasse in chi dipinge. A volte i polsi e le caviglie sono legati (con corde cucite nella tela) per comunicare il senso di oppressione e di stretto condizionamento dato dalla società contemporanea, ma sempre all’interno della ricerca del bello, dalla quale ormai a suo avviso, non si può più prescindere, dopo anni di supremazia dell’estetica del dis-gusto. E’ alla continua ricerca di stimoli per realizzare un proprio futuro artistico, con la passione nata dalla necessità profonda di comunicare e interiorizzare ciò che vive, come manifestazione di una crescita interiore. Attraente la nuova figurazione di Elena Bombardelli. Paiono allo specchio le sue scarpe, dettagliate dove il rosso, il nero e il bianco contornano ogni protagonista inerte. Conciliando le istanze del realismo al linguaggio pittorico contemporaneo la pittura della Bombardelli si inserisce in un mondo glo-balizzato e globalizzante assumendo, pertanto, un carattere elevatissimo che mai si smarrirà. Alla Bombardelli non piace dipingere scenari colossali, ecco perché i suoi dipinti si basano sulla vita quotidiana. Un silenzio universale mozzato da una luce calda e acuta che tratteggia un realismo analitico, immerso in un'atmosfera rarefatta che evoca una dimensione esistenziale ulteriore affidata anche agli oggetti oltre che agli uomini. Precisione di contorni, regolarità costruttiva, le opere di Elena Bombardelli giocano sulla compresenza di due aspetti, il reale e il nascosto: le figure, gli oggetti, lo spazio sono il reale e sono tratti da una routine anonima, ma celano o accennano figure femminili che inquadrano la situazione artistica in un'alta stilizzazione formale. Ha l’abilità di fissare su tela le cose statiche e mute senza riferimenti ad una vita di gioia e/o dolore, senza interpretazioni di una vita che tende al positivo e/o al negativo. Un’arte animata dall'intento di rendere eterni brevi attimi di vita e dalla volontà di colmare l’enigma del reale mediante l’appello a dimessi oggetti della vita quotidiana la cui fisicità si stempera in una sovrastante cognizione razionale. Anna Soricaro


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it


elena bombardelli www.elenabombardelli.com elena.bombardelli@libero.it


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com Vive e dipinge in un paesino della provincia di Como. Ha conseguito il diploma presso l’itis di Setificio di Como; successivamente ha collaborato con diversi studi di disegno, creando carte da parato, arredamento e abbigliamento. Nel contempo ha frequentato alcuni corsi di decorazione, trompe l’oeil e pittura. Attualmente, con un gruppo di pittori partecipa ad attività culturali ed artistiche e prosegue nella sua ricerca di materiali, colori e strumenti. Ha partecipato a numerosi concorsi e mostre fin da giovanissima. “In un pomeriggio di settembre,passando per via Brera, andavo a trovare l’ amico Cappelletti dell’omonima Galleria, mi imbatto in un concorso di pittura alla Galleria Ponte Rosso in memoria del pittore Carlo Della Zorza. È la sera della premiazione, grande eccitazione, gran folla, molti giovani. Al tavolo della giuria saluto l’amica Boscaglia e percepisco subito il livello dei partecipanti, tutti bravi, sono una trentina di opere degli artisti selezionati sui 480 partecipanti. Mi colpisce subito un bellissimo quadro astratto di Brunella Rossi, ma subito dopo vengo letteralmente catturato da un’opera figurativa Una giornata di pioggia di Ester Negretti. È un viso di giovane donna che sembra riflettersi nel vetro di una finestra mentre fuori diluvia, ma il volto non è speculare, simmetrico ad un’immagine riflessa, potrebbe essere l’alter ego dell’artista, il suo doppio. Opera intrigante, sensuale, d’impatto comunicativo potente, l’occhio rimane sedotto, direi turbato perché non trova un’interpretazione univoca, rassicurante. Si entra nei territori misteriosi dell’enigma, di significati reconditi che rimandano ad altri significati in un labirinto speculare infinito. Mi sono venuti in mente certi sguardi nelle opere di Rembrandt, Velasquez, Michelangelo, del ghigno esilarante di Mozart, dell’intensa seriosità di Beethoven. In altri momenti arrivava una sensualità sfrenata e lussuriosa di una donna che prende coscienza dell’enorme potenzialità seduttiva, ma pochi istanti dopo percepivo l’opposto di una condizione di insopportabile e devastante disorientamento esistenziale di fronte alle difficoltà e le incertezze della vita e del futuro. Mentre sono assorto in questa altalena di sensazioni opposte la Professoressa Bossaglia nomina quest’opera quale vincitrice del secondo premio.


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com Con mia sorpresa scopro che l’autrice è una ragazza giovane di 27 anni. Dopo alcuni giorni visito il suo studio e con mio stupore vedo grandi opere astratte di impatto geometrico ma con inserimenti di segno e di materia personali, orchestrati in una tensione in divenire. Sono coinvolto in una dinamica esistenziale complessa e in apparenza caotica, ma in realtà supportata da un rigore normativo possente nel ristabilire un equilibrio vitale nel mare delle contraddizioni umane. Forme per lo piu’ quadrate e rettangolari si scontrano, deflagrano, si ricompongono in una lotta senza fine, con un segno poderoso e devastante e una materia sfinita nell’affievolirsi della luce. C’è una grande padronanza dei colori, dai bianchi ai neri con gamme raffinatissime di grigi caldi, eleganti, solari, che trasmettono ancora speranza e fiducia. Il tempo viene percepito su piani istantanei, immanenti, e la caoticità apparente, ad una attenta e prolungata osservazione, si tramuta in una classicità senza tempo, immortale come tutte le grandi opere d’arte. Questo mondo convulso costringe l’artista ad imprimere alla forma, alla materia, al gesto, al ritmo una velocità concitata e drammatica nuova ed irradia lo spazio in uno spasmo in espansione e contrazione, fra lotta e pacificazione. Mi colpisce l’entusiasmo, la freschezza, il candore di questa giovane artista, la sua voglia di fare, di cercare, di trovare coi mezzi intramontabili della pittura, della materia, con l’atavico movimento del braccio e della mano che tracciano e lasciano segni pregnanti di magica energia del fare perenne dell’uomo. Mi chiedo dove arriverà questa donna, questo folletto geniale che a questi livelli ha senz’altro una dispensa celeste che la guida e sorregge nel suo fare creativo. Ester Negretti, ne sentiremo parlare, non è un augurio, è una certezza.” Roberto Plevano


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com


ester negretti www.esternegretti.com info@esternegretti.com


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html

"Wicked art," is how writer/filmmaker Clive Barker describes Viveros' work. Born and raised in California, Brian Viveros began drawing at an early age and with no formal training, he began an obsession with drawing to learn from the masters in comics, fine art, films and fantasy art. The turning point in Brian's career came in 1997 with his participation in "Deep Inside The Art Of Porn" exhibition in Lausanne, Switzerland at The Musee d'art Contemporain Pornographique, curated by Les Barany, (H.R. Giger's agent), who introduced Brian's work to a wide international audience. Since then, Brian's work has been in numerous gallery shows and exhibitions. Work has appeared in Secret Magazine, In the Flesh, Skin Two, Drawing Blood, Darks Art Magazine, and Art Alternatives. His comic book works includes Vesil I, II, III, Hardcore, Snuff, Psycho Hunter and the short story, The Magdalena in Fetish Magazine. Currently he employs the unique combination of airbrush, and charcoal in his paintings on paper. Known mostly for his smoking women and surrealist approach to the female form, Viveros' tattoo'd women robots were prominently featured at the 2004 Woodstock Tattoo Festival, along with notables, H.R. Giger, John John Jesse, David Hochbaum, Joe Coleman, Frank Kozik, et al. Mysterious sexy women, with their remarkable sensual eyes, and a cigarette in the corner of their mouths, became his trademark. These characters play their lustful roles, sprouted from the brian of the American artist Brian Viveros. His art is a unique mixture of different visual and artistic concepts, surrealism, comics and classic pinups, to name jast a few. The nice thing about his work is that these influences are not only adapted, but also recreated into new personal style. Thematically he exlpores the boundaries of fetish play, role playing and some quite heavy pain fantasies. Like the ones where the women are hooked, tortured and bound, but somehow, even in these more morbid scenes, he is capable of maintaining a decent dose of humor.


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html


brian viveros http://plastiqa.com/losfokos/BMV/BMV1.html


fabio scarano fiori35@alice.it

Fabio Scarano è nato nel 1975 a Roma dove attualmente vive e lavora. Nel 1998 si trasferisce a Milano dove frequenta la scuola del fumetto; nel novembre del 2000 torna alla città natale dove continua gli studi presso la scuola romana del fumetto (SRF). Verso la fine del 2002 e per tutto il 2003 espone i suoi quadri in alcuni locali del quartiere Testaccio a Roma, nella galleria d'arte "L'angelo azzurro" in piazza dei satiri (campo dei fiori) e la galleria d'arte L'Epireo a via Pandosia (S.Giovanni). Nel 2004 pubblica una raccolta di poesie intitolate "La mezzanotte del millennio" edite dalla casa editrice letteraria ELI di Ragusa. (50 pag. 10 euro). Agli inizi di questo anno entra a far parte del C.I.A.C. (centro internazionale artisti contemporanei) partecipando alle mostre collettive organizzate nelle sale di palazzo Barberini, al Campidoglio e all'evento della biennale di pittura alla galleria “L'Agostiniana” Aderisce all'iniziativa della SRF sulla fondazione dell'atelier artistico nato come progetto verso la metà del 2005, ove si sta occupando di alcuni spazi illustrativi. Mondi fantastici ed ambientazioni surreali, in cui novelle “Beatrice” tendono la mano a sperduti viandanti accompagnandoli in un viaggio sorprendentemente delirante, fanno da sfondo a colori e linee che fluidamente danzano andando a creare corpi sensuali, volti di dolci dormienti, sinuosi paesaggi alberati e giovani donne stregate. L'artista, giovane esordiente, possiede molteplici personalità creative in una sola mano che rapida passa da un foglio di carta su cui parole rimate si imprimono, scivola armoniosa sulle corde di una chitarra fino a giungere ad infondere vita alle tele per mezzo dei pennelli. La spontaneità dei tratti, la morbidezza delle pennellate e l'uso dei contrasti cromatici forti ma ben equilibrati, seducono anche l'osservatore più scettico che, viene travolto dalla poesia del soggetto ritratto. Abilità creativa e “geniale spontaneità” si combinano ad un sapiente uso del disegno del quale Scarano ha un'ottima conoscenza, discendendo dalla vasta e variegata tradizione fumettistica. Dosando le giuste componenti “alchemiche”, è matematicamente certo che l'esito possa essere solo positivo, in quanto il “fuoco sacro” dell'arte è parte inscindibile di questo artista. Alessia Cervelli


fabio scarano fiori35@alice.it


fabio scarano fiori35@alice.it


fabio scarano fiori35@alice.it


fabio scarano fiori35@alice.it


fabio scarano fiori35@alice.it


fabio scarano fiori35@alice.it


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it Nato a Colleretto Castelnuovo (Torino) nel 1984. Vive e lavora a Milano Appena laureato in pittura presso l’Accademia di Brera (Milano), dipinge da quando ha 16 anni. Dice di sè: dipingo perchè amo l’atto del dipingere; si è da soli e si ha una relazione completa, che ti assorbe tutto con la materia della pittura ma prima ancora con se stessi; si ha una percezione reale dello spazio che ti circonda dove solo tu hai potere di movimento. Predilige il figurativo, studia con particolare attenzione il volto ed il corpo umano, che però riproduce come se lo vedesse attraverso una lente, uno specchio deformante. I suoi particolari ritratti sono spesso grotteschi, inquietanti, caricaturali, ma sanno comunicare anche ironia e una sana scanzonata allegria. Il tratto, riconoscibilissimo, è sicuro, maturo e deciso. Preferisce i colori ad olio e la superficie più classica della tela. Vincitore di numerosi premi, ha esposto in diverse collettive in tutta Italia. Dicono del suo lavoro: I suoi lavori si concentrano sul corpo umano e il volto e ricordano pur con un’identità ben precisa, i dipinti del genio indiscusso Lucien Freud. Questo parallelo è più chiaro nel disegno e nel modo di usare il segno, in entrambe le loro opere sono evidenti aspetti ludici o di gioco oltre all’ironia e all’idea dell’educazione estetica come educazione alla libertà. In Giulo Zanet si riscontra al di là dell’aspetto deformante, il ricorso all’attività grafica dell’infanzia. Ma quella della prima infanzia non è affatto una condizione di primitività assoluta e di non esperienza come ritroviamo nella pittura naif; presa nel suo complesso l’opera di Zanet è una specie di diario della propria vita interiore profonda. Il suo scopo non è di rappresentare ma di visualizzare. La tua operazione artistica sembra simile a quella del ricercatore che ricorrendo a certi mezzi tecnici, rende visibili i microrganismi che ci sono ma non sono ovviamente visibili. Zanet opera sui microrganismi che popolano il mondo profondo dell’inconscio. Ma il tuo studio e la tua sperimentazione hanno lo scopo di fornire all’immagine che si elabora, la materia più adatta al suo farsi reale. Cristina Ruffoni


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it


giulio zanet www.giuliozanet.it info@giuliozanet.it


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com Il mio nome all’anagrafe, in realta’, risulta essere Michele PUNTUrieri. Mi sembrava, però, troppo piatto ed anonimo perche’ potessi promuoverlo al rango di nome d’arte. Sono nato a Reggio Calabria nel dicembre del 1976. Sono dunque, per chi crede negli astri, Sagittario ascendente Pesci. E sono dunque, sempre per chi ci crede, consequenzialmente affetto da manifestazioni croniche di: idealismo ipertrofico, smodata fame di Sogni, manie di Esperienza Totale, dipendenza da Viaggio, esterofilia. Poi, a calcare la mano su un ego gia’ compromesso, lo strano persistere di velleita’ artistiche chissa’ quanto giustificate. Mi sono convinto di avere quel minimo di talento per giungere a definirmi: fotografo, poeta. Ad oggi, comunque, sono ancora in attesa di una conferma a tale teoria. Sono un autodidatta. Ho colmato lo scorrere dei miei giorni studiando le immagini di Henry CartierBresson, Elliott Erwitt, Dennis Stock, Nan Goldin, Bruce Davidson e Ferdinando Scianna. Ho compreso la magia contenuta nelle parole, spingendomi dentro quelle di Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Dylan Thomas e Arthur Rimbaud. Non ho ancora dato alle stampe un book fotografico. Ho pubblicato, invece, sotto il titolo “Amrion Motel”, un volume di liriche per la Prospettiva Editrice (2002 - a quell’epoca, mi facevo ancora chiamare Michele Ràyery). Nel frattempo ho messo in carniere una laurea in Economia e Commercio, Universita’ di Messina dicembre 2003. Oggi lavoro per una societa’ finanziaria occupandomi di back office e sviluppo commerciale. Il palliativo per sopravvivere, a contorno dell’interesse artistico. Del mio rapporto con la fotografia? Bè, c’e’ un aggettivo, che meglio di altri, questo rapporto riesce a descriverlo: viscerale. Se fosse una donna sarebbe un’amante. Quella perfetta. Non un capriccio. Non un demone che tortura. Piuttosto un fattore di complemento per l’architettura della coscienza. Della mia coscienza individuale. La traduzione silenziosa ed ermetica delle mie percezioni. Del come “vedo” ed assimilo il reale che mi circonda. Uno stato di necessità che si autoalimenta a ritmo costante. Fotografare è per me un processo catartico, liberatorio. L’appiglio per rimanere agganciato al meccanismo dell’esistenza, estraendone un senso. Considero la fotografia come un parallelo della scultura. Con soltanto una differenza: il totale svincolo dalle applicazioni materiche. Voglio dire, tutte le immagini sono gia’ dentro tempo e realta’, composte secondo ogni potenziale punto di vista. Come il David o la Pieta’ inglobate da sempre nel blocco di marmo. I nostri occhi il cesello per isolarle e renderle eterne, congelandole negli istanti in cui trovano vita. Una buona fotografia e’ un microcosmo da penetrare. Per scorgervi storie che non abbisognano di parole per essere raccontate. O che invece, ne richiederebbero troppe. Uno scatto riuscito val la pena di attendere. Il Momento Fatidico. Il compiersi di un Momento. Che resti indelebile, a segnare l’Immaginario.


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com


michele rieri www.michelerieri.com info@michelerieri.com


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it Nasce in provincia di Milano nel 1976. Vive e lavora a Bergamo. Scopre il bisogno di dipingere dopo la visita ad una mostra di Edvard Munch a Lugano nel 1998. Rapito si da piccolo dai colori e dai silenzi della notte, la sua pittura esplora paesaggi lunari e minimali, popolati da piccole figure quasi non distinguibili, perdute nel nulla, all’ombra protettiva di un albero, alla presenza non si sa se minacciosa o benedicente della luna. La ricerca di tutto ciò che è essenziale per descrivere la posizione che l’uomo, solo, ricopre con sé e con la propria ombra, nella propria porzione di pianeta. Alle serie “Terre desolate”, “Misantropi”, “Aspettando Godot”, negli ultimi anni ha affiancato un percorso di stampo più figurativo e descrittivo, con la presenza di personaggi in primo piano, la quasi intromissione di testi a rafforzare un discorso che, nella sostanza, riporta sempre alla ricerca di un orizzonte, una soluzione a domande ancora non risposte. I racconti di Mirko Lamonaca prendono ispirazione dal libro La Terra Desolata di Thomas Stearns Eliot. La Terra Desolata è arida, abbandonata. È una ferma affermazione di una crisi generale senza apparente soluzione. La Terra Desolata è un mondo senza significato e senza valori, dove gli Uomini smettono di essere creature viventi, catturati con ironia nell’atto dell’esodo o dell’attesa di una venuta. La Terra Desolata è quindi l’attesa nel senso delle parole di Beckett, domina questi racconti ed è il motore di un viaggio verso una rinascita fatta di simboli. In questa Terra Desolata Mirko Lamonaca scrive storie di alienazione malinconica e solitudine, che può essere sentita anche quando nel quadro vi siano più presenze. Le forme di vita, infatti, un velo, un albero, un uomo (il Misantropo), sono persi nel palcoscenico di queste terre vaghe fatte di pochi elementi essenziali, dove gli eventi sono liberi di accadere di essere solo attesi. L’orizzonte è usato come superficie dove i colori sono proiettati, in uno stile pulito e armonioso, che riporta a un’arte orientale. Lo scenario è immobile, il silenzio domina ogni cosa, con il suo senso di attesa e mistero. L’elemento eccellente di questa terra silente, in tutti i lavori, è la Luna. Veglia su ogni cosa ma non è possibile spiegare se per protezione o per minaccia. Vi è sempre un movimento sotterraneo in questi dipinti, dominati dalla lama della luna, una tensione tra quello che le tele decidono di mostrare e ciò che è celato. In questo modo l’osservatore non si può muovere, rapito da un’atmosfera metafisica, con una gamma metallica di colori, e con un vago effetto di luci. La luce, in fatti, è immobile. Illumina ogni scena dall’interno, mantenendo compatti tutti i livelli. Ne I Racconti della Terra Desolata la posizione dell’artista è quella di uno spettatore coinvolto, ma anche separato. Questo dà a chi osserva un pensiero di speranza e di uscita da questa incertezza. Silvia Maria Rossi


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it


mirko lamonaca www.mirkolamonaca.it infomirkolamonaca@yahoo.it


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com Paolo Chirco lavora indefessamente tra New York e Pechino (Cìnisi è ad uguale distanza tra le due città) e vola letteralmente ogni giorno per coprire i 25.000 decimetri che lo separano dal suo studio. Non ha mai esposto a Berlino, Londra, Parigi, New York, Melbourne. Inserito in collezioni e fondazioni artistiche di prestigio, Paul Getty in testa, ha un portfolio di lavori costantemente aggiornato (nel cestino della spazzatura) dei più grossi musei del mondo. Tra i critici che si sono occupati alla sua opera non figurano, nè figureranno mai, Achille Bonito Oliva, Gillo Dorfles, Mario de Micheli, Maurizio Calvesi o Renato Barilli. Non ha in corso nè in preparazione, personali a Milano, Brasilia, Mosca. La sua prima fotografia, un vintage antesignano della tecnica del mosso, di 38 anni fa, non è stata mai battuta all'asta. Alla luce di ciò sta valutando l'opportunità di buttare tutto alle ortiche per rifarsi una verginità a Dunedin. Tutto questo ed altro ancora io vedo: Oggetti, un tempo indispensabili alla vita dell'uomo ed oggi negletti, tornano a nuova vita, non più utensili, non più legati ad una realtà contadina, marinara o domestica, ma eletti ad emanazione del più nobile sentire dell'intelletto, quello di Paolo Chirco, che traduce in arte coinvolgente, oggetti obliati e destinati, altrimenti, ad una anonima fine, senza lasciare alcun segno tangibile del loro lungo-breve passaggio nella vita incerta e perigliosa di una fragile e contraddittoria umanità....(Claudio Alessandri) Paolo Chirco o della metamorfosi della forma: Le superfici delle opere di Paolo Chirco sembrano accogliere simboli piuttosto che oggetti, esponendo allo stesso livello tutte le forme che vi abitano. Un livello piano determinato dall'assenza di prospettiva eppure non piatto, vivificato e reso profondo dalla varietà coloristica degli stessi oggetti che dilatano l'eco del tempo segnalando spazi e umori. Sono oggetti diversi, di estrazione naturale, di uso contadino o industriale, di cui Chirco individua le potenzialità materiche e cromatiche, espresse in una passionale orchestrazione compositiva, la cui descrittività è superata nelle affinità figurali....(Marcello Palminteri)


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com


paolo chirco www.paolochirco.it paolochirco@gmail.com


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com Paolo Facchinetti è nato a Nembro (Bg) nel 1953. Sguardi, bocche, occhi, zigomi: per Paolo Facchinetti l’orizzonte del mondo coincide con i confini del volto umano. Nei suoi margini, limitati e spazialmente contenuti, è l’immensa riflessione sulla vita stessa. Mai un volto qualunque, mai un profilo anonimo, sempre – al contrario – un’immagine carica del fardello delle emozioni e degli affetti: gli amici, i colleghi di lavoro, i familiari, se stesso. Al pari di un antico maestro di quell’Accademia bergamasca da cui proviene professionalmente, Paolo Facchinetti è capace di sviluppare tematiche esistenziali e di produrre saggi di maestria tecnica senza spostarsi troppo dal luogo tradizionalmente preposto alla significazione vitale: il volto umano. Certo, da figlio del suo tempo quale non può non essere, esce spesso in cenni frammentari, in messe a fuoco parziali che rompono drammaticamente l’unità consolidata della sua riconoscibilità iconografica, ma si tratta di una segmentazione “produttiva” e non distruttiva. Giustificata non da un intento dichiaratamente negativo nei confronti della realtà, ma da una esigenza di approfondimento e di analisi ravvicinata della realtà stessa. Infatti allo studio di singoli particolari, magari fermati su carta da un carboncino solitario ma efficace (”Sguardo” 2001, matita su carta, “Studio per ritratto del Dott. E. Daina”, 2000, “Bocca” 2001), segue la rielaborazione matura e completa dell’oggetto-volto, prodotta nella più classica delle tecniche: l’olio su tavola. In queste opere si esprimono a pieno la personalità umana e la competenza professionale dell’autore, che sceglie il territorio più difficile per confrontarsi con la realtà: il ritratto. Paolo Facchinetti mostra di sapere che conoscere la realtà non è rappresentarla, bensì costruirla, che niente esiste fuori dell’uomo e indipendentemente da esso, ma tutta la realtà esterna all’uomo dipende dal suo sguardo creatore. Nel ritratto, l’operazione di ri-creazione artistica è resa più complessa dalla tacita regola della “necessità di somiglianza”, che serve ad arginare gli eccessi di una eventuale “deriva” interpretativa (per usare un termine caro a Umberto Eco), ma conserva comunque tutte le caratteristiche dell’autentico percorso artistico-creativo, teso non ad avvicinarsi alla realtà, ma a crearne una nuova, quella appunto dell’opera d’arte.


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com Così la riflessione esistenziale, in un felice momento di unione all’abilità tecnico espressiva, dà luogo ad un mondo nuovo, in cui l’attribuzione di senso alla realtà più complessa fra quelle esistenti – l’uomo – si esprime ai suoi livelli più maturi. E’ un percorso che rimanda direttamente ai padri riconosciuti della pittura moderna, ed in particolare a quel Van Gogh cui si riconosce una potente tensione morale, poi lentamente accantonata in favore di un dilagante interesse per l’elemento linguistico che ha preso il sopravvento nel tempo successivo. Spendendo le sue energie creative nella figurazione ritrattistica, Paolo Facchinetti finisce per riannodare filoni di ricerca lasciati sospesi da decenni, ma culturalmente mai superati. Ne scaturiscono opere che alludono ad una sorta di sostrato esistenzialista, tipicamente lombardo e bergamasco (si veda “Anima persa”, un’opera che sarebbe piaciuta a Giovanni Testori, o “Studio per testa”, 2000, che sembra avere l’essenziale espressionismo di un Varlin), da cui l’autore si riscatta ideologicamente con prodotti di grande respiro emotivo come nella serie degli “Sguardi” ad olio, autentiche pure emozioni. Il volto, e i suoi dettagli, si mostrano in una imponente tridimensionalità ottenuta con un uso sontuoso della materia pittorica, sempre in dialogo aperto con il contesto atmosferico, che illumina di bianco-luce le zone più aggettanti. Qualche volta, anche in un andamento sostanzialmente monocromo dell’opera (“Ritratto all’amico pittore Maurizio Bonfanti”) è possibile ravvisare la sensazione del contesto in cui l’oggetto è inserito. Restano solo da registrare infine alcuni originalissimi impianti iconografici, come la plurisequenza di “Men. 1999”, una sorta di uomo nella storia, oppure l’”Autoritratto” strutturato e quasi didascalico in cui alla parziale presenza di se stesso si aggiungono le rappresentazioni simboliche del suo contesto esteriore – Bergamo – ed interiore – i pennelli -. L’importante abilità tecnica dell’autore offre in quest’opera (ma il caso non è unico) un godibilissimo brano di pura pittura nel chiarore tattile e armosferico della camicia, quasi un omaggio ad una tradizione della pratica pittorica tanto antica quanto – forse – modernissima. Antonia Finocchiaro


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com


paolo facchinetti info@paolofacchinetti.com www.paolofacchinetti.com


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com Dopo il diploma, conseguito presso il liceo artistico nel 1998, ha lavorato nel mondo dell’informatica occupandosi contemporaneamente di grafica e programmazione web. Dal 2004, anno in cui si è iscritta all’Accademia di Belle Arti, si dedica nuovamente a pittura e fotografia, privilegiando temi forti come la morte, e la violenza. Le sue immagini propongono lacerazioni e ferite che sembrano impossibili da rimarginare e pur utilizzando tecniche molto diverse tra loro crea sempre immagini di forte impatto emotivo. “Le mie immagini digitali raccontano ciò che mi circonda e che più mi preme denunciare: violenza, morte, costrizione. Alcune sono autoritratti, altre composizioni create partendo dalle prime pagine dei giornali. In tutte riporto gli scempi della morte vista in tv, esaltata per audience da ogni trasmissione ma vissuta ormai con distacco da ogni spettatore. Quella morte e quella violenza proclamate portatrici di giustizia, dichiarate costruttrici di paci irreali, confermate da corpi senza nome straziati e dilaniati. Ma le mie immagini raccontano anche di una civiltà robotizzata, deformata, decadente; che clona esseri viventi, che pratica ancora la vivisezione, che genera fobie incontrollate. Una società che non ha più rispetto per la vita, qualunque sia la sua forma.” Le riflessioni visive della giovane artista torinese nascono sempre da una valutazione morale della società indagata nei suoi aspetti più complessi e controversi. Pittura e fotografia sono i media privilegiati di un percorso emotivo volto a catturare le infinite contraddizioni che animano la dimensione sociale e urbana delle nostre realtà. Le lesioni interiori scaturite da profondi tagli e i degradanti paesaggi metropolitani scandiscono uno spazio claustrofobico che fagocita ogni volontà di libera espressione. Rossana Denicolai


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com


rossella fava www.catrouge.com catrouge@gmail.com


www.fratturascomposta.it

capo redattore: vania elettra tam vania_elettratam@fratturascomposta.it

redattori: augusto marchetti augustomarchetti@tiscali.it marco minotti marcominotti@interfree.it attilio geva info@geva-methart.com hary daqua harydaqua@yahoo.it

Si ringraziano per la loro preziosa collaborazione:

Eleonora Farina Eugenia Mola di Larissè

Redazione:

sergio curtacci sergio.curtacci@fratturascomposta.it

redazione@fratturascomposta.it

editore:


marco besana www.marcobesana.it marco.besana@gmail.com


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.