argomenti e contributi
8 MAGGIO 2007
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Questa pubblicazione costituisce la riedizione del quaderno n. 8 (giugno 2004) della collana Argomenti & Contributi.
Per una collana le cui uscite (anche quando si scelga di abbracciare una prospettiva temporale ampia, come in questo caso) sono
programmaticamente volte ai problemi dell’oggi e all’azione, la riedizione pone questioni difficilmente risolvibili.
Tra la scelta di redigere un volume del tutto nuovo o la ristampa
senza modifiche del precedente, si è praticata una via intermedia:
senza variare il testo della pubblicazione originaria, si è provveduto
a integrare la parte finale del paragrafo 4.4, richiamando le pratiche
pianificatorie più recenti, e si sono aggiunti due “tasselli”: un ulteriore accento sul governo metropolitano (paragrafo 5.6), un affondo su mercato immobiliare e territorio (box all’interno del capitolo 5).
CENTR STUDI
8 MAGGIO 2007
Sotto il titolo Argomenti & Contributi vengono divulgati saggi su temi di attualità ed interesse che rientrano nelle materie di particolare competenza del Centro Studi PIM: territorio, ambiente, mobilità, sviluppo locale.
I saggi, che intendono contribuire alla discussione tecnica e politica sui problemi territoriali dell’area milanese, riprendono lavori svolti dagli esperti del Centro Studi PIM sotto forma di articoli per riviste specializzate e relazioni a convegni o sono riferiti a indagini, studi, progetti prodotti dallo stesso Centro Studi.
Il presente documento Dal Mondo nuovo alla Città infinita. Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese (IST_05_ 07) rappresenta la riedizione del documento pubblicato nel giugno 2004 (IST_04_03), compreso nell’ambito del programma di attività istituzionali del Centro Studi PIM per l’anno 2003.
Il gruppo di lavoro che ha curato la realizzazione del rapporto originario è composto da: Luciano Minotti (direttore responsabile), Franco Sacchi (capo progetto) [staff PIM]; Bertrando Bonfantini (consulente esterno).
La nuova edizione è stata curata da: Franco Sacchi (direttore responsabile), Fabio Bianchini (capo progetto) [staff PIM], Bertrando Bonfantini (consulente esterno, capitoli 1, 2 e paragrafi 3.2, 3.3, 3.4, 4.1, 4.4, 5.6)
progetto grafico e impaginazione Paolo Marelli, Ada Magnani (studio AM:PM)
Le immagini prive di citazione della fonte sono tratte dall’Archivio fotografico del Centro Studi PIM.
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese
CENTR STUDI
8 MARZO
Indice
2007
Presentazione di Vittorio Algarotti (Presidente del Centro Studi PIM) Una rilettura di lungo periodo
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1. La formazione della città industriale moderna 1.1 Milano capitale economica 1.2 La metamorfosi urbana 1.3 Le ferrovie primo motore dello sviluppo 1.4 Piani introversi
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2. Il consolidamento dei processi di crescita
25 25 28 32 34
2.1 La dotazione della città industriale 2.2 Oltre i confini della città centrale 2.3 Dalle tranvie alle autostrade 2.4 Per una forma urbana aperta
3. Lo sviluppo metropolitano 3.1 La grande espansione socio-economica 3.2 La formazione dell’area metropolitana 3.3 Il territorio dell’automobile 3.4 La nuova dimensione della pianificazione
37 37 41 41 49
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
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4.1 “Popolazioni in movimento, città in trasformazione” 4.2 Il territorio plurale della regione milanese 4.3 La scommessa infrastrutturale 4.4 Geografie di governance metropolitana
55 58 62 65
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
73
5.1 All’avanguardia nei processi di modernizzazione 5.2 Milano globale, anzi “glocale” 5.3 Città e regione urbana, ovvero il mondo interno del mondo esterno 5.4 Infrastrutture e sviluppo metropolitano 5.5 Le difficoltà del governo per piani 5.6 Ancora sul governo metropolitano: per un’agenda
73 74 76 79 80 85
Indicazioni bibliografiche
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Presentazione Nell’epoca dell’informazione a rapido consumo e veloce obsolescenza, recuperare uno sguardo di lungo periodo sulle trasformazioni socio-economiche e territoriali che hanno investito l’area milanese rappresenta un esercizio non privo di originalità, soprattutto se orientato alle questioni dell’oggi e alle prospettive di sviluppo. L’interesse suscitato dalla prima pubblicazione nel 2004 porta a questa seconda edizione, nel nuovo formato editoriale della collana Argomenti & Contributi
Vittorio Algarotti
Presidente Centro Studi PIM
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La rapida sintesi delle vicende urbanistiche di Milano proposta nelle pagine che seguono offre molteplici spunti di riflessione. Mi limiterò a sottolinearne soltanto alcuni, rispetto ai quali appare centrale, anche se a diverso livello, la coordinata temporale entro la quale si svolge la dinamica dei processi territoriali, non intesa solamente nell’ovvia successione cronologica in cui ogni storia lineare colloca i suoi diversi episodi, ma anche come elemento di raccordo tra “storie” diverse e ancora più come fattore costitutivo del progetto stesso in quanto esperienza intellettuale. In sede storica le fasi più convincenti dell’evoluzione di Milano presentano un parallelo puntuale tra sviluppo economico e corrispettivo investimento nell’impianto infrastrutturale. Lo studio che segue illustra questa evoluzione a partire dall’età industriale, individuando alcuni episodi particolarmente significativi (per esempio l’apertura del Sempione, intervenuta nel momento in cui la rete ferroviaria diveniva elemento strategico dello
sviluppo), evidenziando come, da sempre, le relazioni infrastrutturali che innervano il rapporto con il contesto di riferimento economico siano fattore decisivo. Ciò avveniva infatti anche in fase pre-industriale, quando tale contesto fu rappresentato primariamente dal contado in cui si concentrava la produzione agricola condotta, almeno a partire dall’introduzione del sistema delle marcite da parte dei Cistercensi, con metodi sempre all’avanguardia. Tale produzione assicurava il surplus necessario a sostenere l’attività artigianale e le prime forme di manifattura. Queste si concentravano per lo più nel centro cittadino, ma venivano scambiate su un mercato già allora internazionale. A questo panorama produttivo e dello scambio corrispondeva una rete di vie commerciali, di valichi alpini, di rapporti con i porti di riferimento (soprattutto Genova e Venezia) grazie ai quali i prodotti e le genti lombardi figuravano nelle principali piazze europee (con lasciti toponomastici significativi e perduranti, come la Lombard Street londinese testimonia). Dietro questa
fase di sviluppo possiamo riconoscere dunque l’eccezionale impresa di regimentazione delle acque che produsse la capillare rete di cavi, canali, rogge e navigli. In seguito, alla natura agricola profonda del contado si sovrappose la prima fase industriale, collocatasi soprattutto nella corona dell’immediata periferia nord di Milano. A questa fase si può far corrispondere lo sviluppo del sistema “del ferro” al cui tracciato, con sensibilità intelligente, si applicò lungamente anche Carlo Cattaneo. Sebbene gli studi di De Finetti abbiano illustrato come la prima realizzazione della cintura ferroviaria abbia avuto anche risvolti perversi per lo sviluppo della città di Milano, possiamo riconoscere che, in ogni caso, tra esperimenti più o meno riusciti e ripensamenti, Milano si sia data nel corso del XIX e XX secolo l’armatura necessaria a diventare centro industriale importante e capitale finanziaria del Paese. È storia recente, e non ancora conclusa, quella legata alla fase post-industriale e alla corrispondente dotazione infrastrutturale
necessaria a mantenere i livelli di efficienza del nuovo sistema territoriale e produttivo. Nelle città lombarde, alla deindustrializzazione avviatasi tra la fine degli anni ’70 e la metà degli ’80, sono seguiti i vistosi episodi di dismissione e si stanno ancora compiendo i conseguenti fenomeni di riconversione di importanti aree urbane. La periferia industriale è divenuta nel contempo città-regione, secondo una logica policentrica di sviluppo risultante da fattori endogeni e da fattori di delocalizzazione che hanno riorganizzato gli insediamenti entro una fitta rete di relazioni spaziali e telematiche. A questa recente fase, che emblematicamente corrisponde al fissarsi dei nuovi capisaldi di Malpensa e Orio al Serio, si accompagna la percezione che la centralità del sistema infrastrutturale richiede oggi un ulteriore salto qualitativo, in mancanza del quale le potenzialità presenti e future sono destinate a venire parzialmente affossate. In questo quadro si colloca la seconda riflessione che desidero qui brevemente sviluppare e che riguarda le condizioni entro
Mario Sironi, Paesaggio (Paesaggio urbano con camion), 1920
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Mario Sironi, Sintesi di paesaggio urbano, 1919
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le quali l’adeguamento dell’armatura territoriale può affermarsi. Si tratta evidentemente di un contesto variegato in cui confluiscono risorse intellettuali, di analisi e di progetto, risorse economiche, capacità di governo e di formazione del consenso. In riferimento a ciò desidero soffermarmi principalmente sulla funzione dell’urbanistica come sapere specialistico e sul modo in cui essa prende parte a quel processo composito cui si deve il mutamento territoriale, poiché tale aspetto mi sembra riguardi da vicino il ruolo e il significato peculiari che il Centro Studi PIM riveste da tempo all’interno della scena milanese. Capire “chi decide che cosa”: è questo un risvolto che potremmo definire “sociologico”, attraverso il quale è possibile raccontare la storia delle politiche del territorio cercando di ricostruire il ruolo che i diversi attori sociali hanno storicamente assunto nei diversi episodi della vicenda urbanistica milanese. In questo quadro rientrano, ognuno con attributi e caratteristiche mutevoli, gli amministratori, i tecnici, i diversi operatori economici portatori di interessi anche contrastanti, gli abitanti (intesi in senso proprio e in quanto “opinione pubblica”), le élites culturali (ambienti professionali, universitari, opinion makers), ecc. Nei centoventi anni circa di storia milanese che la sintesi qui proposta abbraccia è facile immaginare come le prerogative di questi soggetti siano mutate più volte e la loro stessa identità si sia articolata entro un quadro di complessità e di frammentazione crescente. Ma al di là del riconoscimento del “gioco delle parti”, un tale criterio porta ad affrontare un tema scottante per la disciplina urbanistica e per il suo stesso statuto sociale ed epistemologico: si tratta di capire quanto dei processi concreti che intervengono sul territorio passa attraverso gli schemi e le prefigurazioni della pianificazione e
della politica ufficiali, e quanto si afferma indipendentemente da ciò, si impone in deroga, in opposizione alle previsioni e ai tentativi di organizzare e dirigere le dinamiche di volta in volta in atto, quasi che, forti di una incoercibile superiorità, i fenomeni della realtà si rivelassero indocili rispetto al tentativo di governo esercitato da troppo deboli strumenti tecnico-politici. A partire dal volonteroso ingegner Beruto, dunque, gli urbanisti fanno i piani ma la realtà si dispone, in buona sostanza, a parer suo. Certo le strade e le piazze seguono i tracciati previsti, ma le forme dello sviluppo, le dinamiche sociali, le linee di tendenza del contesto produttivo e di mercato, la formazione delle opportunità economiche e delle convenienze, l’evoluzione degli stili di vita e delle domande che gli abitanti o gli utenti di un territorio esprimono, tutto questo forma un panorama complesso e di difficile previsione. E poiché in fondo è a partire da questi elementi che si determina il percorso evolutivo delle città e del territorio, ecco spiegato perché gli esiti della pianificazione dimostrano sovente un impatto piuttosto modesto sul panorama concreto che ci circonda. La forma che il territorio assume è il risultato di una complessa rete di fattori, in cui giocano elementi di lunga durata, tali da legare in qualche modo il futuro al passato. Questi si saldano in una sintesi ampia, che pone le peculiarità locali in relazione con scenari di più largo raggio (oggi, per molti aspetti, di dimensione globale), e che ancora coinvolge aspetti tecnologici, risorse fisiche e umane, nonché le mille forme assunte dalla operante razionalità sociale. La velocità di trasformazione a cui ciascuno di questi fattori è oggi sottoposto determina l’alto livello di instabilità degli equilibri e degli assetti che caratterizza la condizione contemporanea.
Presentazione
Tuttavia, pur riconoscendo tali caratteristiche come quelle ormai connaturate ai tempi, noi non possiamo esimerci dal compito che la nostra natura razionale ci assegna e che la nostra volontà pretende: quello di tentare comunque un percorso che, facendosi quanto più prudente e flessibile si possa, non deroga dall’esigenza di costruire il futuro più rispondente ai nostri bisogni e alle nostre aspirazioni. Per non subire gli accadimenti né limitarsi a registrarne a posteriori l’effetto, la via attiva rimane l’unica percorribile. Ma agire significa, in prima istanza, avere davanti a sé obiettivi chiari e promuovere azioni positive coerenti. È necessario allora che, nonostante la spiccata frammentazione sociale e la natura spesso dispersiva del sistema decisionale, le politiche del territorio soddisfino una condizione irrinunciabile: quella di interpretare correttamente il ruolo di Milano e del suo vasto territorio di riferimento all’interno delle trasformazioni dell’economia globale e, fatto ciò, di saper costruire il consenso necessario attorno a obiettivi condivisi. La natura conflittuale delle società avanzate non lascia dubbi circa la strada attraverso cui tale condivisione di obiettivi possa farsi strada: una dialettica anche serrata tra visioni spesso molto distanti, ma dalla quale una sintesi illuminata e propositiva deve potersi affermare. Quello che certo a Milano non vorremmo più vedere è il ricorso ai veti incrociati che ingessano le situazioni e impediscono ogni mossa. Il trionfo di questi atteggiamenti assicura solo la gretta soddisfazione di non vedere un’idea prevalere sull’altra. Ma senza idee e senza progetti una città langue. “Le critiche a situazioni del presente o si fissano ed esauriscono in dissensi e negazioni o superano questo stadio e giungono a formularsi in propositi metodici, in programmi, in piani”: quest’esortazione di De
Finetti rimane di inalterato valore. Eppure le risorse intellettuali a Milano non sono mai mancate. Son state anzi la prima risorsa, la vera “materia prima”. Nonostante ciò, a partire almeno dal concorso del 1926, la realtà è stata vissuta all’insegna di una banalizzazione delle buone idee che circolavano in città, o di una loro interpretazione debole e compromissoria, o di una realizzazione tardiva o monca, o ancora, più semplicemente, di un nulla di fatto. Sono le così dette “occasioni perdute”, la vittoria dell’inerzia ufficiale in una città che in realtà è mobilissima, in un territorio che si è spontaneamente organizzato per assicurare l’abitare e il produrre, la mobilità e la logistica, il tempo libero e il consumo. Ma lo ha fatto sovente senza pensare in grande, senza uno sguardo unitario, senza produrre luoghi memorabili e solo pochissimi davvero rappresentativi. Un atteggiamento timido, molto poco in linea con lo stereotipo del milanese “faccio tutto io”, per niente propenso a spacconate di sorta e che, al contrario, predilige la logica incrementale degli interventi, attuata per progressivi adeguamenti del capitale fisso disponibile. Paradossalmente, se provassimo a immaginare la città e il territorio di Milano come se fossero stati realizzati molti di quei progetti che oggi chiamiamo occasioni perdute, ci accorgeremmo che ora sarebbero di poco vantaggio per la città. Oggi non possiamo neppure rimpiangere le occasioni perdute. È tardi anche per quello. Sia chiaro, questo non vuole in alcun modo essere un argomento in favore dell’immobilismo. Al contrario, è la dimostrazione che la nostra azione si misura non tanto su un criterio di astratta adeguatezza ma pretende, per rivelarsi efficace, anche di essere tempestiva. Le soluzione di ieri ai problemi di ieri non possono che suonare oggi come un anacronismo. Non esistono soluzioni
Mario Sironi, Periferia, 1920
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Mario Sironi, Periferia (Il tram e la gru), 1921
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giuste fuori tempo massimo perché tutto quello che costruiamo, come già ammoniva l’Alberti, soggiace alla vicissitudo rerum, al moto continuo del tempo che tutto trascina ed erode. Le soluzioni di oggi ai problemi di oggi debbono partire da una concettualizzazione nuova dei termini: Milano non è più (soltanto) radiocentrica, non è più (soltanto) il suo hinterland, la sua provincia. La realtà metropolitana ospita una serie di situazioni locali più o meno definite, con problematiche sia particolari che sistemiche, con carenze, bisogni, necessità diversificate anche se a vario titolo correlate. La sua forza e le sue potenzialità risiedono proprio in questa articolazione che il continuum edilizio in parte occulta, in parte rivela. La nuova situazione di Milano e del vasto territorio urbano che si estende tra il Ticino e l’Adda, e forse anche al di là di questi confini, è determinata oggi da una logica che mette in stretta commistione fattori locali e condizioni di vasto contesto. È il frutto del consolidarsi di tendenze e di forme organizzative locali, di rapporti, di stili d’uso, di linee di flusso di cose e persone, ma anche di elementi derivanti dal nuovo scenario internazionale. Tra questi, l’affermarsi di fenomeni transnazionali capaci di ridisegnare la fisionomia delle aree urbane come accade ad altre realtà europee (sebbene la realtà del milanese conservi i tratti di un unicum). In questo quadro si collocano anche le possibilità legate alla realizzazione ed al consolidamento dei nuovi corridoi intermodali europei, le nuove forme del produrre globalizzate con quello che comportano sul piano delle logiche localizzative e in riferimento all’origine e destinazione delle merci, dei contenuti informativi, della ricchezza. È questo uno scenario in fieri, in rapido e profondo mutamento. Nulla è definitivo: non esistono rendite di posizione così
schiaccianti da potersi permettere il lusso dell’immobilismo. Certo fenomeni di tendenza importanti sono sufficientemente noti e possono essere assunti come riferimento (per esempio è fuori di dubbio il ruolo che economie emergenti come quella cinese o indiana assumeranno nel contesto internazionale). Detto ciò rimane da capire come noi giocheremo le nostre carte. E quanto tempo impiegheremo a trovare una soluzione ai molti problemi che ci riguardano e che ormai conosciamo molto bene (primo fra tutti quello di una dotazione infrastrutturale all’altezza dei compiti strategici che è chiamata ad assolvere). È una grande occasione. Come tale insidiosa e promettente. Ma soprattutto occasione significa “scelta del tempo giusto”. È questa la sfida più difficile per Milano e per il territorio che con essa intrattiene quel complesso rapporto di relazioni che abbiamo visto così profondamente mutare in questi anni. Come è nella sua tradizione, il Centro Studi PIM si candida a essere luogo di riflessione e di elaborazione di strumenti conoscitivi, di attrezzature concettuali idonee a interpretare per tempo le possibilità del nuovo che avanza e a cogliere le specificità positive che possono costruire un valido e credibile ruolo per la Milano di domani. Che cosa è più la città? Dal Ticino all’Adda e oltre, dalla Malpensa a Orio al Serio. Debordata nelle periferie, proliferata nelle campagne, dilagata a brani, a porzioni contigue e discordanti, presente anche quando si riduce a un vuoto, quando si stira e si assottiglia lungo il bordo costruito di una strada, per poi ricompattarsi, ingrossarsi nuovamente in una vasta macchia di asfalto e cemento. Chiamiamo continuum edilizio il suo propagarsi lungo direttrici ininterrotte, città-regione il suo essere rilevante entità demografica e produttiva, città infinita, territorio urbano,
Presentazione
realtà metropolitana, il suo costituire un laboratorio socio-economico la cui realtà si pone ormai ampiamente al di là dei più tradizionali rapporti centro-periferia. Ma più che interrogarci su che cosa sia la città, è la volontà lucida del progetto che deve tornare a porre con forza suggestioni e opzioni di apertura su quello che la città vuole essere: per mettere a sistema le virtualità latenti, per proporre sintesi equilibrate e condivisibili, per promuovere e concretizzare le migliori opportunità per i suoi abitanti, tra continuità e rispetto dei valori consolidati e necessità di aprirsi all’innovazione. Il progetto è per necessità un’affermazione di razionale ottimismo, un ponte gettato dalla volontà verso un futuro soltanto prefigurato, ma preso sul serio, in quanto oggetto razionale, non semplice sogno o mera asserzione. Questo è dunque il compito dei tecnici: offrire al dibattito pubblico immagini coerenti, realistiche abbastanza da non risultare velleitarie, ma sufficientemente cariche di attrattiva da propiziare il cimento. Per quanto riguarda la realtà milanese il Centro Studi PIM mantiene, rinnovandolo e adattandolo alle esigenze del contesto, la sua funzione di osservatorio per l’interpretazione e l’analisi dei fatti territoriali del milanese e di assistenza tecnica per Amministrazioni, Enti ed Istituzioni. Eppure tutto questo ancora non basta. Il compito più arduo appare oggi quello di garantire forme spedite per giungere a decisioni partecipate, pluralistiche, trasparenti, e nello stesso tempo rapide, certe, affidabili. Ciò richiede verosimilmente un processo di crescita della società civile nel suo complesso e la maturazione, a livello politico, di un dibattito cosciente del valore delle opzioni in gioco, e non solo arroccato su particolarismi e chiusure pregiudiziali.
Ancora una volta è la considerazione dell’arco temporale entro cui questo processo di crescita deve realizzarsi che ci deve impegnare, in un lavoro di elaborazione serio e approfondito ma anche suggerendo l’urgenza che le fasi congiunturali richiedono e impongono. Il tempo non è necessariamente un nemico da battere, ma neppure un alleato da spazientire. “… il tempo è innanzi tutto la dimensione indispensabile in cui l’opera si fa. È condizione del fare, del costruire. Il tempo che trascorre dall’idea al fatto, non è il ‘negativo’, che offusca e disperde la luce originaria, ma esattamente l’opposto: spazio creativo, intervallo necessario affinché l’opera maturi. È il tempo della pazienza, dell’indugio, dell’instancabile misurare e osservare. L’opera non ha luogo nel tempo, ma appartiene al tempo, è del tempo – così
come noi non siamo nel fiume della vita1 vicissitudo, ma lo incarniamo.” (V. A.)
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Massimo Cacciari, Il simbolo albertiano, postfazione a Al-
berto Giorgio Cassani, La fatica del costruire. Tempo e materia nel pensiero di Leon Battista Alberti, Unicopli (Dip. di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano), Milano, 2004, p.158.
Mario Sironi, Paesaggio urbano, 1930
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Mappa della densitĂ di popolazione in Lombardia al 1836 elaborata da Carlo Cattaneo (Pirovano, 1984)
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Una rilettura di lungo periodo Il titolo del quaderno richiama due mostre – Il mondo nuovo. Milano 1890-1915, 10 novembre 2002-28 febbraio 2003 (Milano, Palazzo Reale) e La città infinita. Ipermodernità-spaesamenti del vivere e del produrre in Lombardia, 13 gennaio-7 marzo 2004 (Triennale di Milano) – che hanno evidenziato l’attualità di una riflessione ampia sull’area milanese. Il volume presenta quattro “quadri” dell’area milanese che tematizzano altrettante grandi fasi del suo sviluppo di lungo periodo. Le tappe, le cui soglie proprio in ragione della loro convenzionalità e del rapporto fluido tra un capitolo e l’altro rimangono implicite nelle titolazioni, sono: 1880-1915 (la formazione della città industriale moderna), 1915-1945 (il consolidamento dei processi di crescita), 1945-1980 (lo sviluppo metropolitano), 1980-2004 (la riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo). Ogni quadro, a sua volta, si compone della sequenza ricorrente di quattro paragrafi dedicati a economia e società, fenomeni territoriali e insediativi, infrastrutture, pianiprogetti-politiche. Anche questa uniforme
partizione del testo corre sottotraccia, non è rigida, si deforma secondo le opportunità di ciascun capitolo e lascia spazio a titoli tematizzanti, che declinano in modo selettivo gli argomenti ed esprimono l’accento di cui ciascun paragrafo si colora. La ricostruzione non ambisce alla sistematicità; si tratta piuttosto di un percorso di sottolineature, che sperimenta l’intersezione di approcci, studi e letterature sulla città e il territorio non sempre “contigui”. La stessa locuzione che compare nel sottotitolo di questo quaderno – “area milanese” – si rivela definizione territoriale volutamente ambigua. L’oggetto è infatti la “grande Milano”, osservata nella sua arealità problematica e variabile, rispetto alla quale i confini amministrativi descrivono contorni parziali di un fenomeno urbano dalle dimensioni molteplici e cangianti. Il capitolo conclusivo getta uno sguardo orientato sull’oggi e sul domani, mettendo in tensione quanto affrontato nelle parti precedenti, evidenziando persistenze, discontinuità, prospettive, e avanzando alcune ipotesi interpretative e operative.
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Il primo stabilimento Pirelli a Milano, 1872 (Pirovano, 1984)
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1. La formazione della città industriale moderna Nel breve lasso di tempo che intercorre tra il 1880 e il 1915 Milano si trasforma da realtà provinciale nel contesto europeo a centro propulsivo del paese. È l’affermarsi del “mondo nuovo”, un mutamento impetuoso in cui la “modernità” investe la città in tutte le sue dimensioni – fisica, economica, sociale. I primi decenni postunitari ne costituiscono le premesse e ne creano le condizioni. Sono questi gli anni in cui si registra il passaggio da un’industria manifatturiera che si alimenta della produzione di un’agricoltura avanzata a un’economia industriale moderna.
Le basi dello sviluppo industriale milanese si costituiscono nel XVIII secolo quando nel territorio lombardo si consolida e accentua un’organizzazione della produzione agricola duale, che vede nella “Bassa” irrigua l’applicazione dei principi della coltura razionale ad alto rendimento e nell’alta pianura e collina l’associarsi di una grande disponibilità di manodopera allo sviluppo soprattutto delle colture arboree, del gelso in particolare. All’inizio del XIX secolo l’alta pianura lombarda si copre di gelsi e nel quinto decennio dell’800 la produzione della seta, cui si accompagna, sganciata dall’agricoltura locale, quella del cotone (fra Monza, Busto Arsizio e Gallarate e, vicino a Milano, lungo l’Olona e il Lambro), è il volano della prima industrializzazione: l’86% della manodopera industriale è assorbita dalle attività tessili. Le lavorazioni tessili legano la loro localizzazione, oltre che alla prossimità con i luoghi della produzione agricola per alcune prime operazioni (dipanatura della seta), soprattutto alla presenza di bacini di mano-
1.1 Milano capitale economica
dopera e alla disponibilità di forza motrice, vincolata alla risorsa idrica: è un modello diffusivo che caratterizza la prima organizzazione industriale sul territorio lombardo e contribuisce a strutturare il territorio nordmilanese con effetti di lungo periodo. L’esposizione nazionale che si tiene a Milano nel 1881 è un successo (7.000 espositori, dei quali il 40% lombardi, 750.000 visitatori) che documenta la floridezza del sistema industriale milanese e regionale e il suo primato, oltre che nel settore tessile (serico e cotoniero) in quelli meccanico, cartario e dell’abbigliamento.
Veduta dello stabilimento elettromeccanico Gadda e C. in via Castiglia a Milano, da una pubblicazione del 1899 (Pirovano, 1984)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Veduta del Linificio e Canapificio Nazionale di Villa d’Almè in un disegno del 1923. Il primo insediamento industriale risale agli anni ’40 dell’800 (Pirovano, 1984)
I NUMERI DELLO SVILUPPO Nell’arco temporale 1881-1921 la popolazione di Milano cresce da 354 mila abitanti, pari al 42% del totale provinciale, a 818 mila, pari al 52% (questa comparazione, così come le seguenti, è effettuata sui confini amministrativi attuali, sulla base della rielaborazione Istat dei dati di censimento). L’occupazione industriale passa da 59 mila addetti nel 1881 a 205 mila nel 1927 (circa il 70% sul totale relativo all’area definita dai 106 comuni del futuro comprensorio milanese).
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L’apertura del tunnel ferroviario transalpino del San Gottardo sancisce il salto di scala del ruolo economico di Milano. Dal 1882, le connessioni con i poli industriali europei, l’approvvigionamento energetico e lo sviluppo del sistema bancario e finanziario costituiscono i fattori determinanti per la grande crescita produttiva. Senza provocare lo smantellamento delle strutture economiche tradizionali, il carbone prima (dagli anni ’80) e la rivoluzione elettrica poi (a partire dalla fine del secolo) sostengono l’industrializzazione nei settori emergenti siderurgico, meccanico e successivamente chimico, secondo un modello di concentrazione urbana. Per queste attività il ruolo della città, come centro di accesso e distribuzione di materie prime ed energia, diviene il fattore localizzativo preponderante. Si compone così un modello industriale misto che, accanto al consolidamento dell’organizzazione territoriale diffusa dei settori tradizionali, vede imporsi il forte accentramento delle nuove attività produttive.
1. La formazione della città industriale moderna
Nell’immediato periodo postunitario Milano non si contraddistingue per una eccezionale dinamicità. Le piante di metà secolo mostrano una città compatta entro la cerchia dei navigli, con ancora ampi spazi rurali tra quest’ultima e le mura spagnole. L’edificato si concentra lungo le strade che conducono alle porte, mentre oltre i bastioni, lungo le radiali, in borghi e insediamenti sparsi si estendono i “Corpi Santi”. È soprattutto a partire dagli anni ’80 che si accelerano i fattori destinati a produrre un radicale rinnovamento. Due le principali linee trasformative: quella riconducibile al crescente ruolo direzionale e quella connessa all’emergere della dimensione produttiva industriale. La prima determina un riassetto dell’impianto urbano interno, e in particolare del sistema dei “luoghi centrali”: è la nascita della città del commercio e degli affari, accompagnata dalla produzione di spazi rappresentativi della nuova borghesia urbana. È la seconda, tuttavia, con lo sviluppo della rete ferroviaria, a incidere in modo decisivo sulla struttura insediativa
1.2 La metamorfosi urbana
e a sancire l’obsolescenza della passata organizzazione. Le tracce della progressiva metamorfosi si possono seguire nell’andamento demografico della città centrale: se nel periodo antecedente e immediatamente successivo all’unità nazionale forte è l’incremento di popolazione entro la cerchia dei navigli, tra gli anni ’80 e la fine del secolo a una diminuzione nel centro fa riscontro la crescita fra i navigli e i bastioni, mentre nel primo decennio del ’900 è tutta l’area urbana interna alle mura spagnole a perdere abitanti
dall’alto, Piazza Cordusio. Da sinistra a destra, la sede del Credito Italiano (1901-1902), casa Biandrà (1900-1902), palazzo Venezia (1897-1899) (Grandi, Pracchi, 1980) Il complesso del vecchio Lazzaretto attraversato dal viadotto della ferrovia (Gambi, Gozzoli, 1997)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Piano particolareggiato per la sistemazione del Cordusio ed adiacenze nel progetto di Cesare Beruto del 1887 (Archivio digitale Rete Archivi dei Piani urbanistici)
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(da 245.000 a 234.000). Sono i segnali di una tendenziale terziarizzazione delle zone centrali cui corrisponde la forte dinamica insediativa residenziale e produttiva nella fascia urbana esterna. La costruzione degli impianti ferroviari oltre i bastioni rende definitivamente obsoleta la cesura tra città murata e Corpi Santi, favorendo la progressiva saturazione della fascia intermedia e incrementando l’attrattività della costellazione dei nuclei rurali e artigiani esterni, in cui si insediano le nuove attività e le popolazioni in rapido inurbamento. La separazione amministrativa tra città interna e borghi è superata con l’unificazione del 1873; il doppio regime daziario (murato e forese) è, invece, abolito solamente nel 1898. Dallo sviluppo del nodo ferroviario trae impulso il ruolo commerciale di Milano, mentre ampliamento e diversificazione
della base produttiva trovano nella ferrovia il supporto che, alla fine del secolo, avvierà il vero sviluppo industriale moderno della città. Intorno allo snodo degli anni ’80 si manifestano anche i primi esemplari episodi che rimarcano il peso crescente del settore immobiliare e delle attività economiche connesse alla speculazione fondiaria. Acquistato all’asta per una cifra modesta e liberato dal vincolo cimiteriale che vi insisteva, il sedime del Lazzaretto viene fittamente lottizzato e rivenduto dal Banco di Credito Italiano: è la prima grande trasformazione urbana di iniziativa privata, condotta in un regime di sudditanza dell’amministrazione pubblica. Negli stessi anni, il progetto “Milano Nuova” proposto dalla Società Fondiaria per la completa edificazione della Piazza d’Armi e i clamorosi sviluppi della relativa vicenda (con l’intervento del Mini-
1. La formazione della città industriale moderna
stero della pubblica istruzione a difesa delle sorti del Castello e le dimissioni della giunta comunale) rendono ormai evidente l’improcrastinabile urgenza di un piano regolatore per la città. Al primato della grande città, con i suoi sconfinamenti verso Sesto San Giovanni, si combina un processo di forte differenziazione della campagna. Il nord coglie le occasioni offerte dalla trasformazione industriale, che rafforza la struttura urbana nell’alta pianura asciutta, con la formazione di vere e proprie località centrali di secondo livello (Monza e il circondario della Brianza, l’asse del Sempione con le realtà urbane multipolari di Legnano, Busto e Gallarate, Saronno in posizione intermedia). Il sud Milano, ancorato a un’economia esclusivamente agricola, peraltro in crisi nel passaggio di secolo, rimane emarginato dai processi di industrializzazione e urbanizzazione. Questo dualismo dello sviluppo, che si evidenzia con particolare forza agli inizi del ’900, rappresenta un carattere strutturale del processo di formazione dell’area metropolitana, destinato a durare ancora per molti decenni.
dall’alto, Carta topografica di Milano nel 1884. Rispettivamente in rosso e in giallo gli edifici e le vie realizzate dopo il 1859 (AA. VV., 2002) Lo sviluppo delle linee ferroviarie intorno al nodo di Milano (Dalmasso, 1972)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
1.3 Le ferrovie primo motore dello sviluppo
da sinistra, La prima configurazione del nodo ferroviario di Milano nella seconda metà dell’800 (De Finetti, 2002) Il nodo ferroviario di Milano dopo la sua complessiva riorganizzazione dei primi decenni del ’900 (De Finetti, 2002)
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A pochi mesi di distanza dall’inaugurazione della Napoli-Portici (ottobre 1839), il 18 agosto 1840 entrano in esercizio i 13 km della tratta Milano Porta Nuova-Monza: è la seconda ferrovia italiana. Alcuni anni più tardi (17 febbraio 1846) è la volta della Milano-Treviglio sulla direttrice per Venezia, lungo la quale, per singoli tronchi, si completerà progressivamente l’intera linea, definendo così (prima, dal 1857, con il passaggio obbligato per Bergamo, poi, dal 1878, con il collegamento diretto tra Milano e Brescia) una trasversale infrastrutturale che ancora oggi continua a connotarsi per la sua valenza strategica nello sviluppo dei “corridoi” europei e che negli ultimi decenni preunitari innesca un acceso dibattito, circa le differenti opportunità economiche, politiche e territoriali dei tracciati alternativi. Ne è tra i principali protagonisti Carlo Cattaneo, che al problema dedica ripetuti saggi a partire dal fondamentale Ricerche sul progetto di una strada di ferro da Milano
a Venezia del 1836. Nel 1879, con la tratta Milano-Saronno, entrano in esercizio anche le linee della società Ferrovie Nord-Milano: dal 1880 al 1900 estenderanno la propria copertura da 64 a 219 chilometri. Contemporaneamente alla rete assume la propria fisionomia il nodo ferroviario urbano, che nel 1864 raggiunge la sua prima configurazione: si incardina su una tratta passante con orientamento nordovest-sudest, sulla quale si colloca l’originaria stazione centrale (in corrispondenza dell’attuale piazza della Repubblica). Presto si rendono necessari parziali adeguamenti e integrazioni, che portano al completamento della cintura ferroviaria a sud, tra San Cristoforo e Rogoredo, e alla realizzazione dello scalo di Porta Romana. Dal 1884 la corona è completa, ma dalla fine del secolo gli impianti esistenti manifestano già una palese insufficienza così da indurre il Ministero dei lavori pubblici a promuovere gli studi per
1. La formazione della città industriale moderna
una riorganizzazione complessiva. Nel primo decennio del ’900 anche il nuovo piano regolatore attende che maturino gli accordi con le appena costituite Ferrovie dello Stato (1905) per ratificare il ridisegno del sistema ferroviario. Il riassetto prevede la dismissione e lo smantellamento del lato occidentale della corona, la conferma della parte meridionale, lo spostamento secondo linee più esterne dei lati nord ed est, ma soprattutto la rilocalizzazione della stazione centrale e la sua trasformazione in stazione di testa (entrerà in funzione nel 1931). Che settant’anni più tardi si sia nuovamente imposta l’opportunità di una riorganizzazione “passante” del nodo milanese (questa volta con un tracciato necessariamente sotterraneo) e che oggi si affacci anche l’ipotesi di richiudere la corona ferroviaria a ovest (il secondo passante) costituiscono aspetti, per certi versi, paradossali e beffardi dello sviluppo della città e delle scelte infrastrutturali e insediative che l’hanno contraddistinto. Nei decenni a cavallo del secolo il ferro rappresenta il fattore infrastrutturale trainante della trasformazione. Se la definitiva impronta morfologica e insediativa sull’impianto urbano si deve alla seconda cintura, il ruolo economico della ferrovia si dispiega appieno dal 1882, quando viene inaugurato il tunnel del San Gottardo. Con la sua apertura Milano diventa il principale nodo ferroviario italiano. L’accesso al carbone tedesco e il ruolo crescente di Milano nella movimentazione delle merci fanno da volano delle attività industriali e commerciali, e delle relative localizzazioni attestate sulla ferrovia. La galleria del Sempione, terminata e aperta nel 1906 e festeggiata dall’esposizione universale che si tiene in città nello stesso anno, rafforza la centralità di Milano nei collegamenti internazionali e la sua egemonia economica.
dall’alto, La prima Stazione centrale “passante”, in esercizio fino al 1931 (AA. VV., 2002) La nuova Stazione centrale “di testa” di Ulisse Stacchini, 1912-1931 (De Finetti, 2002)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
1.4 Piani introversi
da sinistra, Schema del piano Beruto, approvato nel 1889 (De Finetti, 2002) Schema del piano Pavia-Masera (1912) (De Finetti, 2002)
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Sulla soglia dell’ultimo ventennio dell’800, sotto la sollecitazione delle iniziative immobiliari, lo sviluppo urbano tende a varcare il perimetro dei bastioni. Il rischio di una crescita casuale e fuori controllo, non più governata dai consolidati tracciati della città interna, cui appoggiare l’edificazione, si fa sempre più concreto e induce la restia amministrazione comunale a promuovere la redazione di un piano regolatore. Il piano disegnato dall’ingegnere Cesare Beruto descrive una uniforme corona d’espansione tutt’intorno alla città murata: la fascia dell’ampliamento urbano si estende con una profondità variabile di 900/1500 metri, privilegiando il settore settentrionale, in cui il terreno presenta migliori caratteristiche per l’edificabilità. La versione definitiva (1889) accoglie le osservazioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici e riconfigura l’orditura stradale, riducendo le dimensioni degli
isolati previsti nella redazione originaria (da 200-400 metri per lato a circa la metà). La modifica è significativa (agevola l’iniziativa edilizia, facilitando la lottizzazione degli isolati e, soprattutto, liberando gli operatori dell’onere di ulteriori urbanizzazioni stradali di distribuzione interna) e costituisce un segnale sulla rilevanza che stanno assumendo le attività economico-speculative legate alla costruzione della città in espansione. Il giudizio sul piano è controverso e oscilla tra la critica alla sua “mediocrità generale” e il riconoscimento dei suoi pregi sommessi, improntati a cautela e modestia. Il piano Beruto ha il merito di avere definito l’identità spaziale della città – il suo fondamentale carattere – e di avere realizzato un repertorio di “figure” e “tipi” di un paesaggio urbano la cui qualità è oggi generalmente apprezzata. Tuttavia, l’analogia organica alla quale Beruto ricorre per illustrare l’idea di fondo che
1. La formazione della città industriale moderna
alimenta il progetto (Milano come la sezione di un albero in crescita, che vede aggiungere un nuovo anello al cerchio esistente) rivela i limiti di una concezione introversa. La nuova espansione è accuratamente raccordata, ma solo verso l’interno. In un momento di svolta epocale in cui prende corpo il destino industriale della città, nel piano regolatore, tutto racchiuso nel disegno della sua ultima circonvallazione, manca una riflessione rivolta al territorio esterno, sulle direttrici dello sviluppo urbano, così come sottointerpretato appare il ruolo della ferrovia, in un rapporto di sostanziale muta indifferenza. Anche l’asse di nord-ovest costituisce un’eredità di precedenti illustri, su cui si sviluppa il grande “progetto urbano” del parco, del castello e del foro Bonaparte, più che una scelta strategica di organizzazione territoriale. Intorno al 1910, quando è in corso la redazione del nuovo
piano regolatore (il piano Pavia-Masera, approvato nel 1912), l’edificazione non ha ancora saturato le maglie dell’ampliamento disegnato da Beruto: solo 700 dei 1900 ettari previsti sono completamente urbanizzati. Eppure, nel primo decennio del ’900, importanti fattori fanno apparire il piano dell’89 ormai superato e sollecitano la redazione di un nuovo strumento urbanistico. Lo sviluppo urbano, infatti, non è avvenuto omogeneamente bensì con addensamenti e concentrazioni lungo direttrici e già alcune centinaia di edifici residenziali e industriali sono state costruite esternamente alla corona berutiana. Ma è soprattutto la completa riconfigurazione del nodo ferroviario a richiedere un piano aggiornato. La ristrutturazione della rete e la riorganizzazione delle stazioni costituiscono scelte d’assetto fondamentali per la città, che il piano PaviaMasera registra e sancisce.
da sinistra, Milano verso il 1910, sulle linee del piano Beruto (De Finetti, 2002) Milano nel 1912, in bruno, e nel 1934, in seppia (Urbanistica, 1956)
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Stabilimento Breda (1912-1918) in un disegno di Mario Stroppa (AA. VV., 2002)
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2. Il consolidamento dei processi di crescita Dagli inizi del secolo le localizzazioni industriali che si appoggiano sulla rete ferroviaria si consolidano. In questo periodo, i principali insediamenti produttivi si addensano intorno agli scali e la riorganizzazione della cintura, che si completa nel 1931, fornisce ulteriori opportunità nelle fasce immediatamente adiacenti e nelle aree intercluse tra gli snodi. È possibile riconoscere alcuni tendenziali fenomeni di polarizzazione e specializzazione: l’industria chimica e vetraria presso Porta Genova, il comparto alimentare in prossimità dello scalo di Porta Romana, la produzione del gas in località Bovisa-Certosa, gli stabilimenti metalmeccanici e siderurgici sull’asse di nord-est presso lo scalo di Greco-Bicocca. Negli anni che seguono – e per tutto l’arco temporale compreso tra le due guerre – il modello insediativo industriale continua a caratterizzarsi per la forte tendenza alla concentrazione, ma su un ambito territoriale più ampio che investe anche la conurbazione (ove i maggiori gruppi estendono le proprie attività in espansione). Si assiste così a un’articolazione gerarchica dei centri urbani, che vede aumentare i poli che raggiungono una soglia demografica e produttiva significativa. Accanto al rafforzamento dei comuni di più antica urbanizzazione del nord milanese e della direttrice per Sesto San Giovanni, entrano in scena altri centri, a precedente vocazione agricola, collocati nella prima corona (Bollate, Novate, Cormano, Cusano, Cinisello, Corsico). Si tratta tuttavia di un fenomeno di traboccamento verso l’esterno, che insegue soprat-
2.1 La dotazione della città industriale
tutto la disponibilità di grandi aree, laddove la città centrale continua a rappresentare per le industrie l’ambito territoriale di massima convenienza ubicativa. Diversamente, il sud Milano, sotto la spinta di misure finalizzate a dare “sollievo all’economia rurale”, accentua la sua specializzazione agricola, reiterando così la sua emarginazione dai processi di trasformazione economica e urbana in atto. Nel terzo e quarto decennio del ’900 Milano ha assunto la sua conformazione definitiva e quell’assetto strutturale destinato a contraddistinguerne l’impianto urbano fino alla grande dismissione industriale dell’ultimo quarto del secolo. La crescita produttiva è accompagnata da quella demografica, con afflussi migratori sempre più ingenti. La media annua degli
Acciaierie Falck, stabilimento Unione a Sesto San Giovanni in un disegno di Mario Stroppa del 1920 (AA. VV., 2002)
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Distribuzione delle industrie a Milano nel 1910 (Bolocan Goldstein, 2003)
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arrivi registra incrementi rilevanti: le 17.754 persone del periodo 1921-’25 diventano 32.170 nell’arco temporale 1926-’30, quindi, con un’ulteriore significativa crescita, 39.344 e 41.705 nei due quinquenni successivi (1931-’35, 1936-’40). Alle esigenze di insediare masse sempre più larghe di lavoratori corrisponde anche l’inizio dell’intervento pubblico nella costruzione di edilizia popolare. Prima del 1918 si
tratta dei quartieri del Comune Mac Mahon, Spaventa, Tibaldi, Ripamonti e dell’Istituto case popolari milanese Lombardia, Cialdini, Lulli, Niguarda; mentre nel dopoguerra, pur in ritardo rispetto all’urgenza del problema, la produzione di alloggi popolari si segnala per quantità che non trovano confronto in Italia. Lo scorcio che anticipa il primo conflitto bellico e il ventennio tra le due guerre rappresentano la fase in cui la dotazione della città industriale si completa con la realizzazione dei grandi impianti, servizi e attrezzature urbane. La costruzione della Città degli studi è avviata nel 1912, così come quella della nuova stazione centrale; nel 1923 la Fiera trova la sua sede stabile sull’area della Piazza d’Armi berutiana; negli anni ’20 si sviluppano le strutture della città dello sport, con il galoppatoio, il trotter e lo stadio di calcio (1926); i mattatoi e il mercato della carne (1929) vanno a comporre una parte importante della zona annonaria; l’aeroporto Forlanini si compie nel 1935, preceduto dal bacino dell’idroscalo nel ’34; le Università Cattolica e Bocconi vedono realizzate le proprie sedi rispettivamente nel ’35 e tra il ’37 e il ’41. Tutti questi fondamentali aspetti della costruzione della città moderna – la localizzazione industriale, la casa di massa, le attrezzature – tranne alcune eccezioni relative a pochi grandi impianti urbani, restano sostanzialmente inevasi dagli strumenti urbanistici del periodo (i piani regolatori del ’12 e del ’34) e sono, piuttosto, governati da dinamiche “spontanee” o da iniziative parziali di settore.
2. Il consolidamento dei processi di crescita
Gli ingrandimenti del comune di Milano dopo l’unità nazionale. Campitura grigia: il comune alla data dell’unificazione (compreso entro le mura spagnole con l’aggiunta della piazza d’armi napoleonica); tratteggio: l’annessione dei Corpi Santi, 1873; crocette: area annessa dal comune di Greco nel 1904; puntini: aree annesse nel 1917 e 1918 (a sud Morsenchio dal comune di Linate e Triulzio dal comune di San Donato; a nord il comune di Turro); in bianco: comuni o frazioni di comuni annessi nel 1923; linea a tratto continuo: il confine attuale del comune di Milano; a punti e linee: il perimetro dell’area del comune di Chiaravalle incorporata nel 1923 e ceduta nel 1932 al comune di San Donato (Gambi, Gozzoli, 1997)
I NUMERI DELLO SVILUPPO La popolazione di Milano supera il milione di abitanti fin dalla metà degli anni ’30, per attestarsi a 1.274.000 circa nel 1951, pari a quasi il 55% della popolazione provinciale. Anche gli addetti all’industria crescono fortemente, raggiungendo nel 1951 quota 366 mila nel capoluogo, circa il 60% del totale provinciale. Nel 1936 la superficie occupata da insediamenti sull’intero territorio comunale è pari a 5.185 ettari, il 51% della superficie
occupata da insediamenti nell’area comprensoriale (costituita dalla città centrale e da altri 105 comuni dell’hinterland milanese), mentre nel 1954 è pari a 7.287 ettari, per una quota percentuale pressoché invariata a scala comprensoriale. Se si pensa che la “superficie fabbricata” nel capoluogo, nel 1911, misurava 1.457 ettari, è possibile valutare, anche se le rilevazioni non sono perfettamente comparabili, l’entità dell’espansione urbana milanese nei primi decenni del secolo.
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2.2 Oltre i confini della città centrale
Due esperienze esemplari, nonostante il loro sostanziale fallimento, permettono di evidenziare efficacemente i primi segnali di una proiezione metropolitana dei fenomeni insediativi, nonché l’elaborazione e sperimentazione di modelli nuovi, diversi da quelli praticati dai piani regolatori coevi. Milanino è la proposta di un insediamento satellite, suggestionato dalle idee del movimento per la città-giardino. L’iniziativa è promossa da Luigi Buffoli, la cui Unione cooperativa acquista 130 ettari liberi nel comune di Cusano Milanese, a una distanza di 6 km dai confini di Milano. Il progetto prevede la realizzazione di un quartiere per 12.000 abitanti secondo un impianto
dall’alto, Una veduta del viale tra Milano e Monza per il progetto del Quartiere Industriale Nord Milano in un disegno di Mario Stroppa del 1909 (AA. VV., 2002) Una veduta di Milanino negli anni ’30 (Sica, 1991a)
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planimetrico definito, con densità contenuta (case a due piani, rapporto di copertura fissato al 28%), collegato al centro di Milano per mezzo di una tranvia sopraelevata. Dopo la fase d’avvio, morto Buffoli nel ’14, la guerra e il successivo mancato rilancio determinano l’esaurimento dell’iniziativa (1923). All’incirca negli stessi anni, a partire dal 1908, la Società anonima del Quartiere Industriale Nord Milano propone un insediamento di residenze per operai e impiegati, industrie e servizi da realizzarsi lungo la direttrice di Sesto S. Giovanni e Monza, in una parte di territorio esterna al piano vigente. La veduta prospettica dell’asse stradale portante, che (venandosi di una carica utopica) costituisce il manifesto di questa proposta, compendia con icastica efficacia la visione della metropoli industriale sottostante al progetto. Il quartiere, che persegue esplicite finalità di decentramento e decongestione urbana, si distribuisce per fasce residenziali e, più all’esterno, produttive intorno alla perentoria linearità del viale centrale con sezione di 60 metri, articolato a sua volta in sedi riservate a tram, auto, biciclette, cavalli, pedoni e intersecato da strade sopraelevate. Il progetto, a differenza del piano Pavia-Masera, dimostra una lucida capacità di interpretare le trasformazioni economico-sociali in atto e di tradurne le implicazioni in un impianto territoriale coerente. Nel frattempo i confini comunali si ampliano ulteriormente. Dopo l’annessione dei Corpi Santi di cinquant’anni prima e quelle, più contenute del 1904 e 1917-’18 (una prima parte del comune di Greco, le località di Morsenchio e Triulzio, il comune di Turro), nel 1923 Milano registra una nuova grande integrazione territoriale, con un’aggregazione ulteriore di comuni contermini (Ronchetto, Lorenteggio, Baggio, Trenno, Musocco, Affori, Niguarda, Greco, Precotto, Crescenzago, Lambrate,
2. Il consolidamento dei processi di crescita
da sinistra, ll sito dell’insediamento di Milanino (De Finetti, 2002) Milanino: le parti realizzate al 1939 sulle linee dell’impianto planimetrico di progetto del 1906 (De Finetti, 2002)
L’impianto planimetrico del Quartiere Industriale Nord-Milano nel progetto di Evaristo Stefini del 1908 (Grandi, Pracchi, 1980)
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2. Il consolidamento dei processi di crescita
Chiaravalle, Vigentino) che estende la superficie comunale da circa 77 a oltre 180 kmq. Nonostante questi fattori, che indurrebbero a prestare attenzione al contesto metropolitano, il nuovo piano redatto da Cesare Albertini manifesta la propria incapacità di attivare un ampio sguardo territoriale e si concentra invece ossessivamente sulle trasformazioni centrali. Già il progetto vincitore del concorso bandito nel 1926 (Portaluppi-Semenza) aveva delineato la prospettiva urbanistica destinata a imporsi: l’idea di un continuo riadeguamento della struttura storica con una grande quantità di interventi di riforma contraddistinti dalle alte densità edilizie e dalla definitiva concentrazione terziaria nel cuore cittadino. Gli sventramenti di questi anni, sanciti da piani particolareggiati che anticipano la
formalizzazione finale e l’approvazione del piano generale, coinvolgono le aree a sud, est e nord-est della piazza del Duomo (tra cui piazza Diaz e le relative adiacenze, la zona tra corso Vittorio Emanuele e piazza Beccaria, piazza S. Babila e la connessione con piazza della Scala), la zona in cui si realizza il Palazzo di Giustizia, il Quartiere degli affari.
in alto, Il “carosello” di tram in piazza Duomo, eliminato nella seconda metà degli anni ’20, in un dipinto di Carlo Carrà del 1910 (AA. VV., 2002) nella pagina precedente, Progetto di metropolitana redatto dall’ingegner Carlo Broggi (1910): linee “di immediata costruzione”, “di prossima costruzione” e “complementari” (AA. VV., 2002)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
2.3 Dalle tranvie alle autostrade
in alto, Il capolinea milanese delle Tranvie dell’Adda, spostato in via Benedetto Marcello dopo la completa elettrificazione (1931) (Cornolò, 1980) in basso, da sinistra, La realizzazione della prima autostrada italiana: l’ingresso della Milano-Laghi (Ogliari, 2001) L’autostrada Milano-Laghi: il bivio di Lainate con, a destra, l’imbocco della tratta per Como (completata nel 1925) (Ogliari, 2001) Casello in prossimità di Novara sull’autostrada Milano-Torino, inaugurata nel 1932 (Ogliari, 2001)
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Nell’organizzazione infrastrutturale del territorio milanese gli anni ’30 possono considerarsi un punto di flesso. Segnano il passaggio da una situazione in cui la motorizzazione costituisce una condizione ancora relativamente elitaria e marginale e le infrastrutture su ferro rappresentano il più efficace supporto alla movimentazione di massa di merci e persone, a un’altra (che si imporrà nel secondo dopoguerra) in cui la strada e gli autoveicoli divengono l’opzione modale prioritaria. Negli anni ’20 Milano possiede una rete tranviaria urbana capillare, che la colloca tra le città europee meglio dotate di servizi pubblici di trasporto. L’inaugurazione della prima linea elettrificata risale alla fine del 1893 e già nel 1895 si decide l’elettrificazione dell’intera rete. Alla scadenza del contratto con la Edison, dal 1917 la gestione del servizio tranviario è completamente municipalizzata. Dall’inizio del secolo cominciano ad avanzare anche i primi progetti per la realizzazione di
linee metropolitane sotterranee. Sono, tuttavia, le tranvie extraurbane a incidere in modo più rilevante sul fenomeno insediativo, supportando lo sviluppo urbano oltre i limiti della città centrale. Lungo le direttici servite dalle tranvie cominciano, infatti, a configurarsi conurbazioni destinate a condizionare la trasformazione territoriale della regione milanese. La rete di questa versione economica di infrastrutturazione ferroviaria si propaga rapidamente a partire dal 1876 (con trazione a cavallo, poi a vapore, quindi elettrica), si amplia ulteriormente all’inizio del secolo e raggiunge la sua massima estensione negli ultimi due decenni precedenti la seconda guerra mondiale. Negli anni ’20 del ’900 il fatto nuovo infrastrutturale sono le autostrade, nella cui costruzione l’Italia si colloca in una posizione di assoluta avanguardia (i primi tracciati tedeschi, francesi e inglesi sono rispettivamente del 1932, degli anni ’40 e della fine degli anni ’50). Delle tratte autostradali che saranno realizzate durante il ventennio fascista Milano costituisce il principale nodo. La prima autostrada italiana, la Milano-Laghi, è l’esito dell’intraprendenza dell’ingegnere Piero Puricelli, che già nel 1921 presenta al direttore del Touring Club Italiano il progetto per una strada di scorrimento veloce tra Milano e Varese, Como e Sesto Calende riservata ai soli veicoli a motore, priva di intersezioni a raso e passaggi a livello, con
2. Il consolidamento dei processi di crescita
pavimentazione cementizia, tracciati il più possibile rettilinei, curve ad ampio raggio e dossi minimi. L’entusiasmo suscitato dall’Autodromo di Monza, realizzato in tempi record (110 giorni) dallo stesso Puricelli tra l’aprile e il luglio 1922, e soprattutto il favore del governo fascista, che nelle autostrade vede uno strumento con cui mostrare la propria efficienza e capacità modernizzatrice, portano alla sollecita costituzione della Società Autostrade (dicembre 1922), all’approvazione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici del progetto definitivo (27 febbraio 1923), all’apertura dei cantieri (26 marzo) e all’inaugurazione del tronco Milano-Varese (21 settembre 1924). Alla
in alto, da sinistra, Il tracciato della tranvia Monza-Meda-Cantù della Società Tranvie Elettriche Briantee, in esercizio sull’intera linea dal novembre 1912 (Cornolò, 1980)
fine del successivo mese di giugno si apre la tratta Lainate-Como, quindi l’impianto si completa con il tronco Gallarate-Vergiate, per i complessivi 85 km dell’Autostrada dei Laghi. Nel giugno 1925 iniziano i lavori sui 50 km dell’autostrada Milano-Bergamo (inaugurata il 24 settembre 1927) e per impulso diretto del presidente della Fiat, senatore Giovanni Agnelli, che nel 1929 ne fonda la relativa società anonima per la costruzione, giunge a compimento anche la Milano-Torino (127 km), aperta il 25 ottobre 1932, la cui realizzazione esplicita il legame diretto instauratosi tra l’industria automobilistica nazionale e lo sviluppo autostradale italiano. Le autostrade costruite nel ventennio fascista (Sica, 1991b)
La rete della Società Trazione Elettrica Lombarda nel 1936 (Cornolò, 1980)
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2.4 Per una forma urbana aperta
Nel 1912 il piano Pavia-Masera disegna un’ulteriore corona intorno all’ampliamento previsto nell’89 dal piano Beruto. Ne costituisce un’estensione banale, incapace di riproporne la qualità diffusa nel progetto degli spazi urbani, configurandosi, piuttosto, come semplice supporto dell’attività edilizia. La superficie urbanizzabile passa da 20 a oltre 40 kmq, ma a fronte di queste dimensioni più che raddoppiate spicca la mancanza di definizione delle relazioni al contorno, proprio nella fase in cui, per effetto della dinamica insediativa generata dalle localizzazioni industriali, il territorio milanese comincia ad assumere una prima conformazione metropolitana. L’importanza del piano Pavia-Masera non va tuttavia sottovalutata. Al di fuori della parte centrale della città, segnata dall’eredità be-
dall’alto, Un “diretto” sulla linea Milano-Monza della Società Trazione Elettrica Lombarda. Con la sola fermata intermedia di Sesto, il percorso tra i due centri era coperto in 18 minuti (Cornolò, 1980) L’intensità di traffico sulla rete interurbana dell’Azienda Tranviaria Municipale di Milano nel 1947 (Cornolò, 1980) nella pagina accanto, Il reticolo stradale del piano regolatore del 1934 (Urbanistica, 1956)
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rutiana, è infatti al piano del 1912 che si deve ascrivere il fondamentale assetto della città attuale, sia nei suoi aspetti infrastrutturali – stradali e ferroviari – sia nell’impianto urbano generale. Le grandi integrazioni territoriali apportate al comune di Milano nel 1923 sollecitano la redazione di un nuovo strumento urbanistico. Negli atti ed eventi che preludono al nuovo piano si affacciano più aggiornati criteri di organizzazione insediativa. In una relazione redatta da una commissione presieduta dall’assessore all’edilizia Cesare Chiodi, la critica al monocentrismo della città e all’eccessiva concentrazione di servizi apre alle suggestioni teoriche della città giardino e nel bando di concorso per il progetto di un nuovo piano regolatore del 1926 si avanzano le timide ragioni d’opportunità di una zonizzazione funzionale del territorio urbano. Sono tutti principi disattesi dal piano redatto (a partire dal 1928) dal dirigente comunale Cesare Albertini, definitivamente approvato nel 1934. L’esclusione programmatica dello zoning suona come la rinuncia non solo a
2. Il consolidamento dei processi di crescita
qualunque visione strategica, ma anche alla semplice gestione dello sviluppo futuro della città. Una resa incondizionata agli interessi immobiliari, peraltro esplicitamente dichiarata dallo stesso Albertini: “la zona urbana di Milano è circondata da un vasto territorio il quale già fin d’ora è entrato nel cerchio della speculazione edilizia … Il gettare in questa rete di affari strettamente intessuta il perturbamento che inevitabilmente genera lo zoning, il quale svaluta un’area limitandone la fabbricazione, e ne valuta un’altra concedendo uno sfruttamento notevole, non è sembrato, allo stato delle cose, con-
veniente”. Il piano di Albertini assume, allora, le forme di un “grafismo” ipertrofico: una grottesca ragnatela stradale che inviluppa la città, attingendo a un repertorio di soluzioni geometriche ripetute e tra loro combinate senza che emerga alcun intento compositivo generale, in un processo di progressiva saturazione di ogni spazio disponibile. Quella disegnata da Albertini è un’espansione senza proporzioni, che aggiunge ulteriori 100 kmq di territorio edificabile, equivalenti a una capacità insediativa superiore a 3,5 milioni di abitanti, per circa 5 milioni complessivi della città così prefigurata. In contrapposizione al piano Albertini, para-
dossalmente incapace di far corrispondere a un’espansione urbana smodata l’articolazione di una qualunque strategia territoriale, le prime tracce verso una forma “aperta” di organizzazione urbana si possono piuttosto individuare nei migliori progetti del concorso del 1926-’27. Tra questi, in particolare, il progetto Chiodi-Merlo-Brazzola propone un’articolazione per quartieri satelliti conseguente a una valutazione delle direttrici di sviluppo secondo una visione territoriale ampia. Sono esperienze che anticipano le forme del progetto urbanistico del secondo dopoguerra e che preludono alla nuova dimensione della pianificazione milanese. 35
L’azzonamento della variante generale al PRG (adottato nel 1976, controdedotto nel 1978), ultimo tentativo di contenimento terziario e salvaguardia produttiva (Urbanistica, 1978)
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3. Lo sviluppo metropolitano A partire dagli anni ’50, l’Italia si avvia a recuperare il vistoso ritardo nel processo di industrializzazione che ha a lungo gravato sul suo sviluppo. Milano, insieme al nord-ovest del Paese, diviene protagonista di tale recupero.
La sostanziale preservazione dell’apparato produttivo dai danni bellici e la perdurante disponibilità di risorse economiche e conoscenze consentono al capoluogo lombardo di giocare un ruolo cruciale di collegamento con le economie avanzate del centro Europa. Tale processo viene scandito attraverso tre principali fasi.
Gli anni della riconversione post-bellica fino agli inizi degli anni ’60 sono caratterizzati da un modello di industrializzazione estensiva, basato prevalentemente su grandi imprese operanti nei settori di base (acciaio e semilavorati, attività energetiche e petrolchimiche, ecc.), nella produzione di beni strumentali (macchine utensili, carpente-
3.1 La grande espansione socio-economica
La distribuzione delle industrie a Milano nella ricostruzione di Etienne Dalmasso (Dalmasso, 1972)
37
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
I NUMERI DELLO SVILUPPO Dal 1951 al 1981 gli abitanti di Milano passano da 1.274.000, pari al 55% del totale provinciale, a 1.605.000 (42%), dopo aver toccato una punta di 1.732.000 nel 1971. Gli abitanti degli altri comuni della provincia aumentano ancor più intensamente, da 1.050.000 a 2.234.000. La popolazione provinciale passa così da 2.325.000 a 3.839.000, anche se la crescita appare quasi interamente concentrata negli anni ’50 e ’60. Nel trentennio 1951-1981 gli addetti alle attività economiche in provincia crescono progressivamente, passando da 850.000 a 1.640.000. Anche in questo caso la crescita dei comuni del resto della provincia appare più intensa di quella del capoluogo. Diversamente, gli addetti all’industria appaiono in calo nel capoluogo a partire dagli anni ’60 (da 366 mila nel 1951 a 484 mila nel 1961 e, poi, in discesa fino ai 287 mila nel 1981), mentre negli altri comuni la crescita risulta ininterrotta durante tutto il periodo (da 256 mila nel 1951 a 515 mila nel 1981). Il totale provinciale cresce fino al 1971 (882 mila a fronte di 622 mila nel ’51), per poi declinare nel 1981 (802 mila). Nel capoluogo il suolo occupato passa da 7.287 ettari nel 1954, pari a oltre il 50% dell’analogo dato comprensoriale, a 12.107 ettari, pari a solo il 28% nel 1981. Il sorpasso avviene con la rilevazione del 1963 e, successivamente, nel solo decennio 1963-1972, il suolo occupato negli altri 105 comuni del Comprensorio raddoppia.
38
ria, mezzi di trasporto ferro-tranviari, auto, moto, meccanica di precisione, ecc.) e dei primi beni di consumo di massa (in primo luogo elettrodomestici). In questa fase il mercato del lavoro è potentemente alimentato da flussi migratori interregionali (nell’arco di un ventennio la provincia di Milano assorbe circa 800 mila immigrati), che svolgono anche un’importante funzione regolativa delle dinamiche salariali. Tale impetuoso sviluppo, oltre a genera-
re incremento dei volumi produttivi e del reddito, per la velocità e le modalità che lo contraddistinguono, accumula evidenti problemi di natura sociale (casa, trasporti, integrazione dei nuovi arrivati, carenza di servizi, ecc.), che si manifesteranno vistosamente nel decennio seguente. La fase successiva, dalla crisi del ’63 fino alla metà degli anni ’70, è invece caratterizzata da un modello di sviluppo intensivo. Si tratta di un modello ancora “fordista”, dove però prevalgono modalità di investimento
3. Lo sviluppo metropolitano
da sinistra, La crescita insediativa nella regione urbana al 1936 e 1970 (Vercelloni, 1987)
capital intensive e riorganizzazione di fabbrica, che inducono forti incrementi di produttività a scapito di una meno accentuata crescita occupazionale. I settori produttivi a più intenso sviluppo sono la meccanica (entro la quale assumono un peso determinante i beni di consumo durevoli e i mezzi di trasporto), la chimica (materie plastiche, sotto l’impulso della scoperta del polietilene da parte del Premio Nobel Natta, e la gomma, sotto la spinta della motorizzazione di massa), l’industria
energetica (in particolare gli idrocarburi), l’industria alimentare (stimolata da una forte domanda interna legata a crescenti livelli di benessere) e le industrie poligrafiche (nel periodo 1957-’65 le spese per libri triplicano). Verso la metà degli anni ’70 il sistema industriale dell’area milanese viene invece investito da più ampi e generali processi di ristrutturazione, che nella crisi petrolifera trovano un ulteriore fattore di innesco e accentuazione. Alla parabola industriale si contrappone la 39
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
in basso, Sviluppo demografico dal 1861 al 1961 nei comuni del PIM (Urbanistica, 1956)
nella pagina seguente, I differenti livelli di organizzazione dello spazio regionale milanese: agglomerato, conurbazione e regione urbana nell’interpretazione di Etienne Dalmasso (Dalmasso, 1972)
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traiettoria dello sviluppo terziario, destinato a divenire, nei decenni successivi, la base economica dell’area urbana centrale, in particolare nei settori finanziario, assicurativo, fieristico-espositivo, del marketing, della comunicazione, della ricerca, che vanno ad affiancarsi a quelli più consolidati dei servizi, del commercio, della pubblica amministrazione. Con questi fenomeni si confronta la variante generale del PRG di Milano, che giunge alla sua prima adozione nel 1976. Il piano, sposando una prospettiva di riequilibrio territoriale, assume un marcato carattere an-
ticiclico e tenta di opporre resistenza alle principali dinamiche trasformative in atto, perseguendo una politica di contenimento terziario e salvaguardia produttiva, che si concretizza nella conferma di tutti i 1700 ettari a destinazione industriale esistenti. Di lì a breve, Milano, prendendo atto, nei fatti, dell’irreversibilità dei processi in corso, sceglierà, con il Documento direttore del Progetto Passante, una strategia di governo delle trasformazioni fortemente improntata alla ri-valorizzazione terziaria delle aree urbane strategiche dotate di elevata accessibilità a scala regionale.
3. Lo sviluppo metropolitano
Tra gli anni ’50 e ’70, sotto l’impulso demografico ed economico che investe il paese, la grande città industriale del “Mondo Nuovo” si trasforma in un’articolata e complessa area metropolitana. Lo sviluppo milanese del dopoguerra si innesta su un territorio che, soprattutto nella sua parte settentrionale, si è via via trasformato da agricolo a urbano-industriale, generando potenti economie esterne in grado di favorire intensi processi di localizzazione. Si configura così un nuovo spazio geografico fortemente integrato dove, accanto alla conurbazione, luogo di maggiore ad-
densamento di relazioni fisiche e funzionali, si distinguono poli regionali e una fitta rete di centri intermedi. Il processo di formazione dell’area metropolitana si presenta però in forme articolate nel tempo e nello spazio. È possibile riconoscere, anche in questo caso, tre principali fasi. La fase dello sviluppo estensivo contraddistingue il periodo compreso tra la ricostruzione post-bellica e la seconda metà degli anni ’50, riproponendo su scala più vasta il precedente modello della concentrazione urbana. Ora la grande crescita industriale e
3.2 La formazione dell’area metropolitana
41
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
La Torre Velasca, completata nel 1958, un’icona della modernità milanese (AA. VV., 2004)
nella pagina seguente, dall’alto e da sinistra Un convoglio sulla linea extraurbana Vaprio-Cassano in prossimità dello snodo di Cascina Gobba, con la nuova stazione sopraelevata in costruzione (Cornolò, 1980) La stazione di Cimiano della linea 2 della metropolitana, punto di interscambio con la superstite tranvia per Vimercate (Cornolò, 1980) Il quartiere Ina-Casa Harar (Urbanistica, 1956) La città in espansione: la zona tra viale Palmanova e via Padova (Urbanistica, 1956)
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demografica coinvolge i comuni dell’hinterland in un accelerato processo di suburbanizzazione e integrazione urbana, ma il primato del capoluogo non ne risulta intaccato. Se le aree interne al comune, prossime alla cintura ferroviaria, e le conurbazioni industriali consolidate (Sesto e Corsico) tendono ancora ad assorbire una quota importante dell’espansione produttiva, è soprattutto la crescita residenziale a coinvolgere il territorio di frangia, attraverso un processo di diffusione per contiguità. Il fenomeno si fa particolarmente intenso nel nord Milano, i cui comuni registrano un forte aumento demografico e una violenta espansione edilizia, spesso con infimi livelli qualitativi (le “coree”). Rimangono, invece, inizialmente esclusi il sud milanese e l’Ab-
biatense, in cui un tessuto aziendale agricolo solido oppone ancora resistenza, e le aree più periferiche (tra cui il Vimercatese) servite da un sistema stradale più rarefatto. Gli anni ’60 segnano l’inizio della fase dello sviluppo intensivo e della piena affermazione del fenomeno metropolitano che porterà, a fine decennio, al sorpasso demografico e industriale dell’hinterland sul capoluogo. Gli alti costi insediativi e le diseconomie da congestione pregiudicano la convenienza delle localizzazioni centrali per la residenza generica e le attività industriali, con un processo di sostituzione a favore delle destinazioni terziarie e residenziali qualificate. Il fenomeno caratteristico di questa fase è soprattutto il decentramento industriale,
3. Lo sviluppo metropolitano
con la piena affermazione di un modello di crescita appoggiato sulla ramificazione della rete viaria (autostrada del Sole, MilanoGenova, raddoppio delle autostrade Milano-Torino e dei Laghi, potenziamento della Milano-Bergamo, sistema tangenziale), che permette di coinvolgere nello sviluppo aree fino a un recente passato periferiche (in particolare le parti occidentale e meridionale dell’area metropolitana). Le dinamiche di integrazione e agglomerazione fanno emergere il ruolo dei centri suburbani di prima e seconda cintura (Sesto, Cinisello, Corsico, Monza, Seregno, Saronno, Rho, Legnano, Magenta, ecc.), i quali a loro volta diventano “località centrali” nell’organizzazione metropolitana, erogatori di rango inferiore di una parte dei servizi e delle funzioni che nella fase di concentrazione erano esclusivo appannaggio del capoluogo. Lo sviluppo metropolitano determina un radicale mutamento nella configurazione fisica e ambientale dell’area milanese, alla luce di un fenomeno di crescita insediati-
va che erode i suoli agricoli, riducendoli a presenza interstiziale a nord, ma aggredendone la compattezza anche a sud. Le forti compromissioni territoriali, generatesi in quella fase, hanno prodotto squilibri ambientali duraturi, che ancora oggi rimangono da sanare. Gli anni ’70 rappresentano un punto di svolta. Il grande ciclo espansivo metropolitano giunge al suo culmine. In questo periodo si innestano processi di profonda trasformazione economico-territoriale destinati a riverberarsi pienamente nei decenni successivi. Nell’area centrale si avvia il grande cambiamento della base economica da industriale a terziaria, che segna l’inizio di una stagione dai caratteri affatto nuovi di declino demografico e di ristrutturazione urbana e territoriale. Nel nord Milano e nelle aree di urbanizzazione storica si ripropongono i fenomeni e i problemi di congestione e innovazione dell’armatura urbana già anticipati dal polo centrale.
43
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
3.3 Il territorio dell’automobile
44
Per contro, all’interno dell’area metropolitana, sono il sud e l’est milanese, in virtù della recente infrastrutturazione portata dal sistema tangenziale e dell’ampia disponibilità di suoli, ad essere sollecitati dalle più intense dinamiche insediative, in un ulteriore processo di suburbanizzazione.
A scala ancor più ampia si inizia ad assistere a forme di sviluppo periferico, destinato a divenire uno dei tratti peculiari della successiva fase di sviluppo, che coinvolge aree più esterne dello spazio regionale, disassate rispetto alle tradizionali direttrici di crescita.
L’immagine enfatica degli “assi attrezzati”, il grande incrocio viabilistico su cui il PRG del ’53 incardina il nuovo assetto della città, ben si presta a rappresentare sinteticamente le mutate priorità in campo infrastrutturale e il grande processo di sostituzione modale – dal ferro alla gomma – che investirà l’area milanese nei decenni immediatamente successivi, segnandone in maniera determinante i caratteri dell’urbanizzazione. Mentre i primi anni del dopoguerra vedono le reti infrastrutturali speditivamente ricostruite nella configurazione precedente alle distruzioni belliche, senza che vengano introdotte modifiche sostanziali al loro impianto originario, nello stesso tempo gli spo-
stamenti di tipo pendolare centro-periferico – sia entro i confini comunali, sia tra città centrale e comuni contermini – conoscono un notevole incremento, che sottopone il sistema infrastrutturale alle sollecitazioni di una domanda di mobilità affatto nuova. Sono gli effetti non solo dell’incipiente motorizzazione di massa, ma anche dell’accelerata trasformazione socio-economica del centro urbano. I radicali interventi di sostituzione dei tessuti edilizi centrali, cominciati già alla fine dell’800 ma programmaticamente perseguiti soprattutto tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’30, trovano nella ricostruzione delle aree distrutte dalla guerra e nel nuovo cen-
3. Lo sviluppo metropolitano
tro direzionale fattori ulteriori che esaltano la terziarizzazione del cuore della città. Le prime immediate risposte di politica infrastrutturale sposano decisamente il sostegno al trasporto privato e l’investimento su strade e autostrade.
La diffusa rete di tranvie extraurbane che caratterizzava l’armatura dell’area milanese fino a tutto il terzo e quarto decennio del secolo subisce un progressivo smantellamento (avviato già nella seconda metà degli anni ’30), dal quale si salveranno solo po-
La dimensione sovracomunale nei progetti presentati al concorso di idee per il nuovo piano regolatore di Milano del 1945 (Urbanistica, 1956) nella pagina precedente, Il territorio dell’autostrada: lo svincolo di Milano-Fiorenza (Vercelloni, 1988)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Schema di Piano Regionale Lombardo per l’inquadramento del PRG di Milano (Urbanistica, 1956) nella pagina accanto, Piano regolatore generale 1953. Schema territoriale (Urbanistica, 1956)
che linee, oggetto di mirati interventi di riqualificazione e ammodernamento (le linee celeri dell’Adda e della Brianza). In modo rapido e disordinato, al di fuori di logiche di sistema e di politiche di coordinamento, si diffondono invece le autolinee pubbliche e private. L’effetto complessivo di queste trasformazioni consiste in un progres46
sivo affrancamento dai vincoli localizzativi che in precedenza legavano gli insediamenti agli assi serviti dalle infrastrutture su ferro. Si afferma quindi una maggiore indifferenza insediativa, secondo modalità diffusive che diverranno carattere ricorrente negli sviluppi più recenti della conurbazione nord-milanese. Così come, d’altra parte, nuovi in-
sediamenti si distribuiscono lungo i tracciati viari principali di vecchio impianto e nuova realizzazione, spesso con il rapido moltiplicarsi di immissioni e accessi diretti su strada, che ne pregiudicano presto l’efficienza. Tra gli interventi infrastrutturali di maggior rilievo degli anni ’60-70 si ricordano la linea 1 della metropolitana milanese (inaugurata
3. Lo sviluppo metropolitano
sulla tratta Lotto-Marelli nel 1964), la linea 2 (in esercizio sulla tratta Gobba-Caiazzo dal 1969), la stazione di Porta Garibaldi (1963), il quadruplicamento della tratta ferroviaria Milano-Monza (1973), le superstrade Valassina (1958) e Comasina (1970), le tangenziali ovest (1968) ed est (1973). Ma per il significato sostanziale e simbolico
di cui si caricherà nelle vicende urbanistiche successive, un posto particolare occupa la prima formalizzazione del progetto di un sistema ferroviario “unitario, integrato e passante”, maturato nelle proposte del PIM all’inizio degli anni ’70. Un sistema unitario, perché risultante dall’unificazione delle reti delle Ferrovie dello
Stato e delle Ferrovie Nord Milano; integrato, perché fondato sull’interrelazione di ferrovie, autolinee, metropolitane extraurbane e trasporti urbani; passante, perché basato sulla costruzione di un nuovo tratto ferroviario sotterraneo di collegamento, orientato da nord-ovest a sud-est sotto la città centrale. 47
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Piano intercomunale milanese. Il modello “a turbina” del 25 luglio 1963
48
3. Lo sviluppo metropolitano
Piano intercomunale milanese (1965). Una proposta di sviluppo lineare: schema territoriale che interpreta le direttrici di sviluppo della valle padana (Urbanistica, 1967)
Fin dall’immediato dopoguerra la pianificazione milanese si confronta con uno scenario più marcatamente segnato da una dimensione sovracomunale. Già nei progetti del concorso del ’45 per il nuovo PRG di Milano gli schemi dei partecipanti si aprono a una territorialità vasta, rispetto alla quale i confini amministrativi sembrano ormai definire un ambito riduttivo e inadeguato. Confini che anche il PRG del ’53 varca significativamente, sia nel suo schema territoriale, nel quale i quartieri dell’espansione residenziale si collocano su direttrici che superano i limiti del comune, sia nelle scelte strutturali qualificanti (gli assi attrezzati e il centro direzionale), che si configurano come opzioni di organizzazione spaziale proiettate su una scala regionale.
Nel 1951 il Comune di Milano avanza la richiesta al Ministero dei lavori pubblici perché, secondo le possibilità previste dall’articolo 12 della legge urbanistica nazionale, sia autorizzato lo studio di un piano intercomunale per l’area milanese. L’intento del capoluogo è quello di estendere il proprio campo d’influenza, in modo da poter fare fronte più efficacemente alla grande accelerazione demografica e insediativa che investe Milano in quegli anni. Se la prima perimetrazione è respinta dal Ministero per la sua eccessiva ampiezza (79 comuni), la seconda (35 comuni; diverranno 92 nel 1967), approvata nel 1959 da un apposito Decreto che autorizza la redazione del piano, si scontra con l’opposizione dei comuni di cintura, i quali vedono nell’iniziativa il
3.4 La nuova dimensione della pianificazione
49
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Piano intercomunale milanese, approvato dalla Assemblea dei Sindaci il 18 febbraio 1967
50
tentativo di subordinare l’area metropolitana all’egemonia della città centrale e alle sue esclusive esigenze. Nel biennio successivo, il senso complessivo del progetto si ricalibra secondo il princi-
pio dell’associazione volontaria di comuni e nel 1961, con la prima convocazione (5 novembre) dell’organo di rappresentanza specificamente costituito, l’Assemblea dei Sindaci, le attività per il piano intercomuna-
3. Lo sviluppo metropolitano
le sono inaugurate. In quella sede si decide anche la creazione dell’organismo tecnico operativo, cui affidare l’elaborazione del progetto, il Centro Studi per il Piano intercomunale milanese.
L’istituto va a occupare un vuoto reale, in un panorama in cui quasi tutti i comuni di cintura, investiti dal grande sviluppo urbano di quegli anni, erano privi di strumenti pianificazione, la Provincia non aveva com-
Piano Territoriale Comprensoriale. Schema di piano (1982)
51
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
I 92 comuni dell’area del Piano intercomunale milanese secondo il decreto del ministro dei Lavori pubblici del 1967
I 106 comuni dell’area del Comprensorio milanese secondo la legge regionale n. 52 del 1975
52
3. Lo sviluppo metropolitano
petenze in materia territoriale e le Regioni non esistevano ancora. Il PIM diviene rapidamente un laboratorio di idee e proposte: un riferimento, quindi, sia per il dibattito sia per l’azione istituzionale. Dagli studi iniziali, che si concentrano soprattutto sull’affinamento di modelli teorico-interpretativi delle dinamiche in atto, prendono forma i primi “schemi di piano”, comunque orientati a ipotesi di riequilibrio dello spazio metropolitano e regionale: lo schema “a turbina” (1963) – una “figura” territoriale destinata a imprimersi nell’immaginario di urbanisti e geografi urbani fino ad oggi – e lo schema di sviluppo lineare (1965). Nel frattempo, però, i fenomeni incalzanti di dispersione insediativa, decentramento industriale, consumo ed erosione dei suoli agricoli sollecitano un approccio più decisamente operativo. Con l’approvazione nel 1967 da parte dell’Assemblea dei Sindaci del “Progetto generale di Piano e linee di attuazione prioritaria”, il dibattito abbandona i modelli teorici spostando l’attenzione sulle scelte di assetto territoriale e sulle politiche insediative e infrastrutturali che ne sono implicate. L’esperienza di pianificazione intercomunale si arricchisce di un ulteriore capitolo con la breve stagione comprensoriale (con la proposta di Piano Territoriale di Coordinamento Comprensoriale elaborato del PIM nel 1980), in cui tuttavia la formalizzazione dell’entità del Comprensorio, secondo le linee della legge regionale n. 51/75, produce uno sforzo innovativo che non si rivelerà fe-
condo, fino allo scioglimento decretato nel 1981. Il contributo del PIM va, però, ben al di là di questi documenti e vicende. Con il PIM si affermano, soprattutto, la cultura e la pratica della collaborazione intercomunale e interistituzionale, attorno a idee e progetti che ancora oggi costituiscono punti di forza nello sviluppo e nell’organizzazione territoriale dell’area milanese: il disegno del sistema dei grandi parchi metropolitani (Parco Nord, Groane, Monza e Valle del Lambro, Parco agricolo Sud); l’idea di un servizio ferroviario regionale “unitario, integrato e passante”, dal quale ha preso avvio la costruzione del passante ferroviario di Milano; le proposte di un nuovo sistema autostradale tangenziale e della Pedemontana-Gronda intermedia come superamento del tradizionale modello radiocentrico; l’istituzione del Cimep, il Consorzio intercomunale che ha garantito nel periodo di massima tensione abitativa l’acquisizione delle aree necessarie per l’edilizia economica e popolare. Costante, inoltre, è stata l’azione svolta dal PIM nel coordinare e orientare la formazione-approvazione degli strumenti urbanistici di tutti i comuni dell’area, con l’obiettivo di renderli il più possibile coerenti, secondo condivisi indirizzi generali di pianificazione territoriale.
53
L’asse centrale del nuovo polo ďŹ eristico a Rho-Pero: proiezione metropolitana di una grande funzione milanese
54
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo A partire dagli anni’80 la popolazione provinciale, invertendo così una tendenza secolare, entra in una fase di declino demografico, anche se nella fase recente tale dinamica sembra attenuarsi.
Sono principalmente le città, non solo le maggiori (in testa il capoluogo), ma anche quelle medie e persino i centri comprensoriali sub-provinciali, i comuni di prima corona e, più in generale, “a macchie”, alcuni territori del nord e del nord-ovest milanese, a mostrare dinamiche di flessione. Mentre invece sono territori collocati nelle seconde corone e nelle aree di frangia, anche oltre i confini provinciali, nell’arco sud-nord-est del capoluogo, che rivelano gli andamenti demografico-occupazionali più vivaci, anche se tale crescita, a scala provinciale, non è più sufficiente a compensare il declino del capoluogo e delle città a impianto consolidato. Gli andamenti socio-economici, unitamente ai fenomeni in atto di diffusione territoriale dello sviluppo insediativo e delle aree di conurbazione (in particolare verso la fascia pedemontana), evidenziano dunque una dilatazione alla scala regionale dello sviluppo, con il pieno coinvolgimento di tutto quel vasto territorio che intrattiene forti relazioni con Milano e che Dalmasso, fin dagli anni ’70, ha definito come “regione urbana milanese”. La rilevanza di tale passaggio di scala non è solo di natura geografica. La riarticolazione produttiva e residenziale, in uno spazio differenziato e complesso come quello mi-
lanese, ha ritematizzato il rapporto tra le diverse funzioni (abitative, produttive, di servizio, ecc.) e i territori specifici su cui si innestano, infittendo le interconnessioni che strutturano reticolarmente, in termini di interdipendenza e complementarità, le diverse parti della regione urbana. Uno dei più rilevanti aspetti del cambiamento sta, quindi, nei mutati rapporti tra “oggetti e soggetti” protagonisti di questo campo territoriale: ad essi la ricerca sociologica recente ha dedicato indagini volte a riconoscere i caratteri delle nuove popolazioni metropolitane e gli “stili di vita” che le contraddistinguono, con una focalizzazione sui loro movimenti e sulle relazioni variabili che esse intrattengono con gli spazi che vivono e attraversano. Si tratta dell’ormai consolidata tassonomia martinottiana – abitanti, pendolari, city users, businessmen – divenuta patrimonio e riferimento comune, alla quale un recente libro di Giampaolo Nuvolati (di cui questo paragrafo riprende il titolo) ha aggiunto l’eccentrica componente dei “flâneurs” metropolitani. Sono letture che, senza pretendere di rappresentare in toto la complessa articolazione delle popolazioni metropolitane, ne tratteggiano lo scenario fortemente rinnovato e stimolano riflessioni intorno ad alcune
4.1 “Popolazioni in movimento, città in trasformazione”
La mobilità nell’area metropolitana vasta: gli abitanti, vivono, si spostano e consumano nell’ambito di una conurbazione allargata, con traiettorie degli spostamenti non sempre corrispondenti a modelli gerarchici di pendolarismo (Nuvolati, 2002)
55
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
4.500.000 4.000.000
A
3.500.000 3.000.000 2.500.000
B
2.000.000 1.500.000 C
1.000.000 500.000 0 1861
1881
1901
1921
1941
Andamento di lungo periodo della popolazione
A Provincia di Milano B Altri comuni della provincia di Milano Dati espressi in numero di abitanti Fonte: Istat, Censimento della popolazione e delle abitazioni
1961
1981
2001
C Milano
50.000
A
45.000 40.000 35.000
B
30.000 25.000 20.000 15.000 C
10.000 5.000 0 1930
1940
1950
1960
1970
Andamento di lungo periodo del consumo di suolo A Comprensorio B Altri comuni del comprensorio Dati espressi in ettari Fonte: Centro Studi PIM
56
C Milano
1980
1990
2000
questioni d’attualità: le dinamiche e le opzioni sociali di accesso a beni e servizi (che nel dibattito sul piano dei servizi trovano il più recente riflesso tecnico-istituzionale), la competizione urbana (come fenomeno in cui centri erogatori di beni e servizi “pregiati” rafforzano la loro capacità attrattiva, consolidando le basi del proprio successo economico e benessere sociale diffuso), le condizioni di qualità urbana (come fattore collegato specificamente all’abitabilità dei luoghi), i fenomeni del disagio sociale e delle nuove povertà (che richiamano, in primo luogo, il problema abitativo, ma più in generale, soprattutto per gli immigrati di origine extracomunitaria, i temi dell’inclusione civile, culturale ed economica, dell’assunzione di responsabilità verso il luogo in cui si vive, del dialogo tra religioni e culture). Questi temi suggeriscono una problematizzazione del rapporto competitività/abitabilità che, pur non necessariamente contrappositivo, appare tutt’altro che pacificamente risolto e schematicamente componibile. Sono aspetti che hanno sollecitato uno sguardo differente e più ficcante sul mutamento, alimentando indagini e discussioni sulla dimensione dinamica delle pratiche metropolitane, in particolare in ordine a “condizioni miste di mobilità” e di fruizione dello spazio regionale, e a forme di appartenenza ibrida e cangiante ai vari tipi di popolazioni urbane.
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
350
A
300 250 B
200 150
C
100 50 0 1951
1961
1971
1981
Andamento di lungo periodo degli addetti totali
A Altri comuni della provincia di Milano B Provincia di Milano Dati espressi in base 100 rispetto al 1951 Fonte: Istat, Censimento dell’industria e dei servizi
1991
2001
C Milano
250
200 A 150
100 B 50 C 0 1951
1961
1971
1981
Andamento di lungo periodo degli addetti all’industria
A Altri comuni della provincia di Milano B Provincia di Milano Dati espressi in base 100 rispetto al 1951 Fonte: Istat, Censimento dell’industria e dei servizi
1991 C Milano
2001
I NUMERI DELLO SVILUPPO Dal 1981 al 2001 la popolazione di Milano passa da 1.605.000, pari al 42% del totale provinciale, a 1.256.000 (34%). Gli abitanti degli altri comuni della provincia continuano a crescere, da 2.234.000 a 2.451.000. Complessivamente la popolazione provinciale registra un decremento da 3.839.000 a 3.707.000 abitanti. Gli addetti alle attività economiche passano da 818 mila nel 1981 a 761 mila nel 1991 a 809 mila nel 2001, mentre a scala provinciale la crescita è progressiva (da 1.639.000 nel 1981 a 1.790.000 nel 2001). Gli addetti all’industria si dimezzano nel capoluogo (da 287 mila a 126 mila), ma decrescono anche negli altri comuni (da 515 mila a 429 mila), determinando così un pesante saldo negativo a scala provinciale (-247 mila). Nel capoluogo il consumo di suolo rimane stabile: 12.107 nel 1981 (pari al 28% sul dato comprensoriale), 12.167 nel 1998 (26%). Rilevante invece l’incremento registrato negli altri comuni del comprensorio, che passano nello stesso periodo da 30.597 ettari a 35.385 ettari.
57
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Il sistema dei parchi e delle aree regionali protette (2004) nella pagina seguente, Ambienti insediativi della regione milanese: Milano e i comuni della prima cintura e l’urbanizzazione diffusa e densa della pianura asciutta; gli ambienti a urbanizzazione meno densa nella restante parte della pianura asciutta; gli ambienti a bassa densità della collina e della bassa pianura irrigua (Boeri, Lanzani, Marini, 1993)
4.2 Il territorio plurale della regione milanese
58
Il salto di scala dello sviluppo e dell’organizzazione urbana tende a riproporre, pur in una fase di sostanziale stagnazione demografica e di moderata crescita occupazionale, il problema del consumo di suolo e della compromissione delle risorse territoriali. Basse densità residenziali, industrializzazione periferica, grandi centri commerciali, nodi della logistica, ecc. rappresentano vari aspetti dello sviluppo diffusivo che ha caratterizzato negli ultimi vent’anni la regione urbana. L’altra faccia del nuovo modello di sviluppo territoriale sono i processi di ristrutturazione che coinvolgono le aree urbane più dense; non solo le grandi città, ma anche i centri urbani di dimensioni intermedie, siano essi località storiche o centri residenziali e industriali formatisi nella prima fase del
grande sviluppo metropolitano, soprattutto nella cintura del capoluogo. La manifestazione più evidente di tale ristrutturazione è costituita dal fenomeno delle aree industriali dismesse (circa 6 milioni di metri quadri nella sola città di Milano e 9 nel resto dell’area metropolitana agli inizi degli anni ’90), nonché dalle situazioni di crisi e di degrado nei quartieri e nelle aree urbane periferiche. Con il passaggio di scala nell’organizzazione territoriale si rafforza l’immagine molteplice della regione urbana milanese. Per un verso, spazio conurbato relativamente concluso e compatto di dimensioni sub-provinciali (salvo alcuni sconfinamenti sulle direttrici storiche di sviluppo a nord e nord-ovest); per un altro, regione urbana di dimensioni sempre più estese (ormai ten-
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
denzialmente ultra-provinciali e, verso Novara, persino interregionali), discontinua al proprio interno, caratterizzata da una pluralità di ambienti, assetti insediativi e forme di sviluppo economico-sociale. Mettere a fuoco le peculiarità dei rapporti tra forme fisiche e pratiche economicosociali consente una più efficace lettura multiscalare. Permette di riconoscere i diversi contesti territoriali, i quali divengono nominabili e rappresentabili in immagini sintetiche, componendo nuove geografie della regione milanese: ecco, allora, differenziarsi e distinguersi dall’ambiente urbano metropolitano centrale l’urbanizzazione reticolare del Vimercatese, le conurbazioni multicentriche dell’Olona e della Brianza milanese, l’urbanizzazione reticolare del Magentino e del Saronnese, l’urbanizzazione pedemontana e collinare occidentale, gli insediamenti della pianura irrigua del sud Milano, del Pavese e del Lodigiano. Ma consente anche di cogliere più efficacemente le relazioni “verticali”, che connettono i diversi territori della regione urbana – e le relative pratiche socio-economiche – ai circuiti internazionali di produzione e scambio. Se da una parte, quindi, la grande città si integra sempre più con la rete delle città di Lombardia, dall’altra, il nuovo sistema aumenta il suo grado di apertura a livello interregionale e internazionale, fortemente sollecitato in questo dai processi in atto di competizione-integrazione tra le varie città e regioni urbane che appartengono allo spazio comunitario europeo. Le sfide che si pongono, a partire dagli anni ’80, alle politiche pubbliche hanno dunque una dimensione sia locale che globale. Nella sfida globale hanno un ruolo fondamentale le iniziative e i progetti che riguardano l’innovazione delle funzioni urbane strategiche per lo sviluppo (la nuova Fiera, il sistema universitario e della ricerca, i cen59
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
L’area del Parco Nord prima e dopo la realizzazione (Foto Stefano Topuntoli)
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tri dell’innovazione tecnologica, i luoghi di eccellenza della cultura, ecc.) e che concernono il potenziamento del sistema dei collegamenti internazionali (hub di Malpensa, alta velocità ferroviaria e nuovi valichi transalpini, intermodalità merci). A livello locale le sfide si manifestano su molteplici fronti. In primo luogo, si affaccia prepotentemente il tema del risanamento ambientale. Inquinamento atmosferico, depurazione ma anche regimazione delle acque, gestione del ciclo di smaltimento dei rifiuti, bonifica di aree ex industriali sono temi che acquistano una rilevanza inedita nell’agenda delle politiche pubbliche nell’ultima fase. In seconda istanza, il crescente consumo di suolo – a cui si contrappone una sempre più accentuata domanda di qualità ambientale – pone il problema della valorizzazione paesistica del territorio, intesa non solo come conservazione/tutela di spazi liberi (parchi regionali, parchi locali, “pause” tra i margini urbani, aree agricole, ecc.) e di beni architettonico-monumentali (abbazie, castelli, ville, cascine, ecc.), ma anche come progettazione degli spazi fruibili (centralità dei parchi storici, parchi tematici e verde per lo sport, verde di quartiere, ecc.) e dei relativi sistemi di interconnessione (reti ecologiche e ruolo delle linee d’acqua, percorsi ciclo-pedonali, “strade parco”, ecc.). In terzo luogo, divengono urgenti gli interventi di rinnovo e riqualificazione urbana. Riuso delle aree dismesse (già in molti casi avviato, o addirittura completato, come nei casi di Bicocca ed ex OM in Milano, dell’ex raffineria a Rho-Pero, dell’ex Cantoni a Legnano, dell’ex Autobianchi a Desio, dell’ex Burgo a Corsico), riabilitazione sociale ed urbanistica delle periferie (esempi recenti sono costituiti dal Contratto di Quartiere S. Eusebio a Cinisello, dal Villaggio Barona e dal Quartiere Ponte Lambro a Milano), in-
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
terventi “minuti” volti a migliorare la vivibilità delle città (la molteplicità delle microtrasformazioni urbane che, in ragione della loro capillarità, reiterazione e locale pervasività, riflettono propensioni, opzioni, comportamenti e pratiche diffuse delle società insediate) acquisiscono un ruolo centrale nell’attività amministrativa degli enti locali degli ultimi anni. Infine, l’infittimento e la complessificazione del grafo della mobilità a scala metropolitana e regionale richiede, come si discuterà più diffusamente nel paragrafo successivo, un deciso potenziamento del sistema dei trasporti. Servizio ferroviario regionale, riorganizzazione del nodo ferroviario di Milano e secondo passante, collegamenti con Malpensa, nuovo sistema tangenziale di Milano, Pedemontana, rappresentano i temi progettuali più significativi.
dall’alto, Bicocca, nuovo polo universitario “verso” il nord Milano ed emblema della riqualificazione postindustriale (Bonfantini, 2002) La Torre sospesa di Sesto S. Giovanni: nuovo landmark della trasformazione urbana, dopo la grande industria
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
4.3 La scommessa infrastrutturale
La Stazione Centrale, perno strategico della riorganizzazione del nodo ferroviario milanese nella pagina seguente, La barriera di Milano-est, nodo di un sistema autostradale in sofferenza
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Anche il sistema della mobilità riflette in modo evidente i cambiamenti in atto: aumenta la quantità e la distanza degli spostamenti di persone e merci; prevalgono i flussi interperiferici rispetto a quelli radiali sulla grande città; diventano sempre più rilevanti gli spostamenti occasionali rispetto ai movimenti pendolari. La mobilità insegue, quindi, la residenza e la fabbrica diffuse, anche se questo non significa il venir meno della pressione sulla città centrale. Milano, infatti, ha visto diminuire drasticamente la popolazione residente e flettere, sebbene in misura molto modesta, il numero degli occupati, ma ha aumentato la sua capacità attrattiva, anche a scala internazionale, nei confronti di coloro che utilizzano la città per motivi di affari, studio, cultura e tempo libero. Diffusione produttiva e residenziale e crescita della mobilità non sistematica, distribuita su tutto l’arco della giornata, hanno inoltre fortemente contribuito a far prevale-
re il trasporto su gomma. La crescita della mobilità si scontra, poi, con i limiti strutturali di cui soffrono, in misura crescente a partire dalla fine degli anni ’70, le reti stradale/autostradale (inadeguatezza/sottodotazione, debole gerarchizzazione, scarsa sicurezza, insufficienza di nodi di interscambio, ecc.) e ferroviaria (obsolescenza delle infrastrutture, limiti di capacità, mancanza di adeguati interporti per lo scambio delle merci, carenza di collegamenti rapidi ed efficienti con il sistema aeroportuale, ecc.), generando fenomeni di congestione e in alcuni casi di vera e propria di paralisi. Gli scenari futuri evidenziano, da una parte, l’inesorabile tendenza verso l’incremento della domanda di mobilità, con effetti di drastica riduzione della velocità media sulla rete stradale e con saturazione di capacità di molte tratte ferroviarie. Dall’altra, si profila, in assenza di interventi correttivi, un ulterio-
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
re sbilanciamento del traffico passeggeri e merci verso il trasporto su gomma. La strategia accreditata in sede sia nazionale (Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, 2000) sia europea (Libro Bianco sui Trasporti, 2001) punta decisamente, nel quadro di politiche “di sistema” (economico-sociali, urbanistico-territoriali, in tema di trasporti urbani, bilancio e fiscalità, regolazione dei rapporti di lavoro, concorrenza, sviluppo di nuove tecnologie), al riequilibrio intermodale. Da tutto questo deriva, per il contesto milanese-lombardo, la necessità di un forte impegno non solo sul sistema ferroviario, per aumentarne capacità, efficienza e competitività, ma più in generale nella realizzazione di reti multimodali, in cui si integrino strade, ferrovie e “luoghi eccellenti” (porti, aeroporti, interporti, grandi funzioni, ecc.). Accanto alla strategia generale, si pone il problema specifico della riorganizzazione del nodo ferroviario e stradale di Milano, in modo da sgravarlo dal traffico di attraversamento, realizzando un insieme di opere in grado di separare le reti lunghe dalle reti brevi e quindi di aumentarne le capacità funzionali. In questo senso, l’agenda dell’ultimo ventennio, per larga parte ancora attuale, appare segnata da alcune principali questioni. La costruzione di linee ad alta capacità – e il relativo aggancio ai nuovi valichi transalpini e al porto di Genova – insieme all’implementazione della rete ferroviaria regionale e al rafforzamento della rete di trasporto pubblico (sotterraneo e di superficie) si affermano come i pilastri portanti della strategia di riequilibrio intermodale. Allo stesso tempo si rafforza la domanda di una politica organica di sviluppo dell’infrastrutturazione stradale che, da una parte, guardi oltre i confini regionali per integrarsi in un quadro europeo (collegamenti estovest e nord-sud) e, dall’altra, si proponga 63
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Malpensa, la difficile affermazione di un grande aeroporto (Barazzetta, 2001)
di rafforzare la maglia di secondo livello, al fine di gerarchizzare più efficacemente i flussi. In terzo luogo, nasce l’esigenza di realizzare il secondo hub italiano a Malpensa e si pone il problema, ancora irrisolto, della sua compatibilità con Fiumicino e della sua integrazione funzionale con Linate (nelle intenzioni nuovo city airport), oltre che con Orio al Serio. Ancora, assumono rilevanza decisiva le strategie d’integrazione, attraverso la realizzazione di impianti intermodali decentrati rispetto a Milano, l’interconnessione degli aeroporti, al fine di garantirne l’interoperabilità, e la promozione dell’interscambio mezzo privato/mezzo pubblico nel trasporto delle persone. Inoltre, una forte “domanda di territorio” sempre più accompagna le realizzazioni infrastrutturali negli ultimi anni. Ciò ha significato una crescente, anche se anco64
ra insufficiente, attenzione verso i contesti socio-economici e territoriali sui quali le grandi infrastrutture si inseriscono, un più accentuato sforzo per mitigare i rischi ambientali, la pressante richiesta di progetti “di qualità”, un maggiore impegno nel compensare le comunità locali di fronte a localizzazioni intrusive, una focalizzazione nel gestire processi partecipativi per evitare conseguenze disastrose sulle tempistiche di attuazione. Infine, si afferma prepotentemente nel dibattito pubblico il tema della realizzazione degli interventi, sia sotto il profilo del reperimento delle risorse necessarie – e in modo complementare del coinvolgimento dei privati attraverso la finanza di progetto – sia per quanto riguarda lo snellimento/velocizzazione delle procedure attuative (progettazione-approvazione-finanziamento-appalto-cantiere).
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
Dai primi anni ’80, non senza aspre critiche agli aspetti di deregulation, Milano ha sperimentato strumenti di pianificazione innovativi. Si tratta di “documenti”, assai eterogenei, caratterizzati da un’accentuata valenza programmatica, che si discostano dalle forme “normali” e normate della pianificazione comunale. Al carattere comprehensive del PRG si sostituisce uno sguardo orientato e selettivo, alla dimensione regolativa un’esplicita tensione strategica. Le tappe sono scandite dal Documento direttore del Progetto Passante (1984), dal Documento direttore sulle aree dismesse e sottoutilizzate (1988), dalla proposta dei Nove parchi per Milano (1995) e dalle Indicazioni per i programmi di riqualificazione urbana (1995), il cosiddetto “atlante” predisposto per istruire l’intervento sugli ambiti di trasformazione dei Pru. Il Documento di Inquadramento delle politiche urbanistiche comunali (approvato nel giugno 2000) raccoglie l’eredità di quelle esperienze. Lo spazio occupato da questo strumento di indirizzo è, infatti, quello di un piano strategico, pur essendone per dichiarata ammissione solo un “primo passo” nella direzione. Fin dal titolo tematizzante, Ricostruire la Grande Milano, nel Documento di Inquadramento emerge l’impossibilità di comprimere una visione urbanistica della città entro i confini comunali. La proiezione metropolitana e regionale si riassume in un’immagine strategica orientativa (la “T rovesciata”) e nel modello spaziale di sviluppo proposto, organizzato sulla dorsale aeroportuale Malpensa-Linate-Orio al Serio. Sul versante della programmazione strategica di area vasta, un primo esperimento significativo è rappresentato dal Piano direttore territoriale, elaborato dal PIM per la Provincia di Milano nel 1991. Esso si configura come un documento di indirizzi, teso
a orientare nel medio-lungo periodo le modificazioni di tipo “strutturale” che incidono sull’organizzazione urbana e metropolitana e sugli assetti ambientali e infrastrutturali e a definire, in funzione degli obiettivi-scenari indicati, politiche e azioni coerenti. Il piano opera a un livello intermedio tra Comuni e Regione ma non si colloca in una logica di strumenti gerarchicamente ordinati. È piuttosto il prodotto di un processo interattivo, multiattoriale e multiscalare, che necessita di una forte azione di coordinamento e di cooperazione tra soggetti pubblici – e tra pubblico e privato – e comporta un deciso ripensamento degli strumenti tradizionali di pianificazione territoriale e urbanistica.
4.4 Geografie di governance metropolitana
L’esperimento del Piano direttore si inserisce entro un quadro legislativo profondamente mutato con l’entrata in vigore della legge di riforma delle autonomie locali (L 142/90). La nuova legge istituisce, tra l’altro, la “città metropolitana” e le attribuisce funzioni rilevanti in tema di pianificazione territoriale, trasporti, ambiente, sviluppo economico e servizi. Si apre così, a partire dagli anni Novanta, una stagione segnata da un’intensa discussione sulla delimitazione territoriale della città metropolitana, sul “destino” dei territori eventualmente esclusi dalla nuova istituzione, sul riparto delle funzioni tra quest’ultima e i comuni, sul riordino delle circoscrizioni territoriali e sull’istituzione di nuovi comuni (in particolare, per le aree di intensa urbanizzazione costituite dal capoluogo e dai comuni di prima cintura), sulla possibilità offerta dalla legge di articolare a sua volta la città metropolitana in circondari. Tale dibattito troverà, a cavallo del nuovo decennio, ulteriore declinazione attraverso l’approvazione delle leggi “Bassanini” (1997-’98), che hanno attuato un forte decentramento e una drastica semplificazione dell’attività amministrativa, del nuovo Testo 65
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Il Documento direttore progetto passante (1984) e i Programmi di riqualificazione urbana (1995) (Bonfantini, 2002)
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4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
I Programmi di riqualificazione urbana e il Documento di inquadramento delle politiche urbanistiche (2000), in una rielaborazione grafica che ne interpreta il modello spaziale in relazione alle aree strategiche individuate dal documento stesso (Bonfantini, 2002)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Proposta di Piano direttore territoriale provinciale. Rapporto preliminare. Linee di forza e progetti strategici per la riorganizzazione policentrica dello spazio urbano e metropolitano (1991)
nella pagina seguente, Piano Territoriale di Coordinamento: sistema insediativo-infrastrutturale (Provincia di Milano, 2003)
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Unico degli Enti Locali (2000), che, tra le altre cose, rende più processuale e partecipata l’istituzione della “città metropolitana”, e della riforma del Titolo V della Costituzione (2001), che ha modificato in senso federalista l’ordinamento dello Stato e ha introdotto la “città metropolitana” come nuovo livello di governo locale. Alla discussione su area metropolitana ed enti locali, si è accompagnata, a partire dalla metà degli anni’90, l’elaborazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, che ne ha costituito anche un’esplorazione sul senso e sul ruolo. La difficile calibratura
del piano provinciale rispetto alla definizione dei compiti dell’“ente intermedio” e al retaggio della strumentazione urbanistica “di regolazione” è tra i fattori che ne hanno interrotto la prima formalizzazione. Il successivo PTCP, definitivamente approvato nel 2003, ha tentato la via di un processo urbanistico più aperto all’interazione, attivando 12 ambiti interistituzionali, costituiti da aggregazioni di comuni omogenei per caratteri socio-economici e insediativi. Sul solco della copianificazione e della concertazione con i Comuni – e con l’obiettivo di disporre di un piano dai caratteri dinami-
4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
ci e flessibili - è stato avviato nel corso del 2005 il procedimento di adeguamento del PTCP, alla luce delle nuove regole stabilite dalla legge regionale per il governo del territorio (LR 12/05) e dai nuovi strumenti di valutazione ambientale da essa previsti. E proprio in queste attività di costruzione condivisa delle scelte, nelle intenzioni orientata a trasformare il “piano della Provincia” nel “piano dei Comuni”, il PTCP si è confrontato con alcuni esperimenti di
pianificazione strategica e d’area, che non rispondono ad una logica azzonativa, ma si esprimono per azioni progettuali, riordinando e gerarchizzando l’agenda dei soggetti coinvolti. Tali esperimenti hanno spesso dato vita – o si sono appoggiati - a forme di associazione e unione volontaria – innanzitutto tra enti territoriali - che costituiscono tra i più recenti e innovativi esperimenti di governance metropolitana. Appare sempre più evidente, infatti, la necessità di affianca-
re alle geografie istituzionali della pianificazione altre più duttili, costruite a ridosso dei problemi, dei temi e dei contesti coinvolti. È lo scenario costituito da una molteplicità di iniziative di cooperazione territoriale, entro le quali si dispiegano le attività di attori misti, come le agenzie di sviluppo locale, o le azioni intraprese secondo le forme della programmazione negoziata, quali gli accordi di programma e i patti territoriali, oppure ancora i processi di pianificazione 69
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
d’area, che si incaricano di gestire problemi e cogliere opportunità di specifici ambiti territoriali a una scala intermedia tra quella provinciale e quella comunale. Nel quadro di queste iniziative si collocano, sullo scorcio dell’ultimo decennio, il Piano strategico del Nord Milano, promosso dai comuni di Bresso, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese e Sesto San Giovanni per la costruzione di una visione condivisa in un contesto territoriale in profonda trasformazione e il Piano d’Area Malpensa, affidato per delega funzionale dalla Regione alla Provincia di Varese, finalizzato a conferire piena operatività a Malpensa 2000, in particolare per quanto riguarda le reti di collegamento viabilistico e ferroviario e la valutazione e il controllo degli effetti indotti dal potenziamento dell’aeroporto. Nella fase più recente, altri esempi in tal senso sono costituiti da Città di città, un progetto strategico promosso dalla Provincia di Milano che si propone di produrre visioni condivise sullo sviluppo economico, la vivibilità e la coesione sociale, promuovere nuove idee/progetti e mettere a sistema azioni e politiche già attivate o in corso di attivazione da parte di una molteplicità di soggetti; dal Piano strategico d’area dell’Alto Milanese, promosso dalla Provincia di Milano con l’obiettivo di stimolare lo sviluppo economico locale, migliorare qualità dell’ambiente urbano e rafforzare la coesione sociale; dai Piani d’area, avviati - o in fase di partenza - sulla base di schemi di accordo tra i Comuni appartenenti ai diversi Tavoli interistituzionali e la Provincia di Milano, che si propongono di sviluppare temi e progetti di scala sovracomunale, orientando quindi i contenuti del PTCP e, allo stesso tempo, fornendo importanti indicazioni per i singoli Piani di Governo del Territorio. Le grandi risorse territoriali nel Piano strategico del Nord Milano (ASNM, 2001)
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4. La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo
Le fasi più significative dello sviluppo dell’area metropolitana milanese Periodo
Trasformazioni territoriali
Quadro legislativo e istituzionale
Piani urbanistici e territoriali
Principali interventi
1880-1915
Dal sistema insediativo diffuso alla concentrazione urbana e industriale
I piani regolatori edilizi e di ampliamento come risposta ai problemi di circolazione stradale e di igiene pubblica (L 2359/1865 RD 45/1901)
I primi piani regolatori di Milano: piano Beruto (1889) e piano Pavia-Masera (1912), ovvero espansione urbana per contiguità attorno al vecchio nucleo
Le nuove sedi prestigiose degli affari e del commercio nel centro storico; i quartieri operai e le nuove fabbriche nei sobborghi e attorno ai nodi ferroviari
Il piano Albertini (1934): l’edificazione estesa fino ai nuovi confini del territorio di Milano Nuove idee per il piano di Milano nel concorso del 1945
Demolizioni e trasformazioni nel centro storico per le nuove funzioni direzionali
La formazione della città industriale moderna: il “mondo nuovo” 1915-1945 Il consolidamento della crescita urbana
Sviluppo della rete ferroviaria regionale e internazionale (trafori del S. Gottardo, 1882, e del Sempione, 1906) Rafforzamento della rete urbana nel territorio a nord di Milano e grande espansione edilizia nel capoluogo a ridosso della nuova cintura ferroviaria Realizzazione nel nord milanese della prima rete autostradale europea (anni ’20)
1945-1980 Lo sviluppo metropolitano
Grande espansione edilizia e urbanistica sotto la spinta dello sviluppo industriale e demografico e della motorizzazione privata L’urbanizzazione coinvolge prima il capoluogo e il territorio a nord di Milano e si diffonde, poi, nel Sud agricolo Forte sviluppo della rete stradale ed autostradale (Tangenziale Ovest nel 1968 ed Est nel 1973) Realizzazione della Stazione di Porta Garibaldi (1963) e delle linee della metropolitana 1 (1964) e 2 (1969)
1980-2004 La riqualificazione della città e la diffusione territoriale dello sviluppo: la “città infinita”
Ristrutturazione industriale e ristrutturazione urbana: il recupero delle aree dismesse Diffusione dello sviluppo insediativo e valorizzazione dei sistemi locali Competizione e integrazione tra città e regioni a livello internazionale
Unificazione della città murata e dei Corpi Santi (1873-1898) Annessione a Milano dei Comuni di cintura (1923) Affermazione anche in Italia di una moderna concezione urbanistica: la L 1150/42
Le grandi fabbriche di Milano Greco e Sesto S. Giovanni I grandi servizi urbani: Città studi, mercati generali, ospedale di Niguarda, fiera, stazione centrale, aeroporto Forlanini, ecc.
La legge urbanistica “ponte” del 1967 e la legge sulla casa del 1971 come freno alla speculazione edilizia Costituzione nel 1961 dell’Assemblea dei Sindaci del PIM (Piano intercomunale milanese)
Approvazione del nuovo PRG di Milano (1953) La pianificazione si estende all’area metropolitana: – Progetto di Piano intercomunale milanese (1967) – Piano territoriale comprensoriale (1982)
Il grattacielo Pirelli e la torre Velasca (anni Cinquanta) edifici simbolo della metropoli Crescita periferica e grandi quartieri di edilizia popolare Decentramento delle grandi industrie (Alfa Romeo, Autobianchi) e in seguito anche dei quartieri d’uffici (Milano Fiori, Segrate, ecc.)
Istituzione nel 1970 delle Regioni: la Regione Lombardia approva la legge urbanistica regionale (LR 51/75) e tenta l’esperienza dei Comprensori-enti intermedi (1976-1982)
Istituzione e pianificazione dei parchi regionali e metropolitani (Ticino, Groane, ecc.)
Riforma degli Enti Locali (L 142/90), decentramento amministrativo (leggi Bassanini, 1997-’98), federalismo e modifiche costituzionali (2001)
Piano direttore territoriale provinciale (1991), Documento direttore del progetto Passante ferroviario (1984), Documento di inquadramento delle politiche urbanistiche comunali (2000): prove di pianificazione strategica per l’area milanese
Grandi progetti urbanistici sulle aree dismesse, realizzati (Bicocca) o in cantiere (Fiera a Rho-Pero)
Il Piano territoriale di coordinamento provinciale (2003): linee guida per la compatibilità ambientale
I grandi centri commerciali come nuove piazze della città diffusa
Poteri alla Provincia (ente intermedio) in materia territoriale e urbanistica
Aumento delle situazioni di crisi ambientale e di congestione del traffico
Pianificazione strategica, programmazione negoziata, urbanistica operativa: nuovi metodi e strumenti di governance
Passante Ferroviario, aeroporto di Malpensa e collegamento ferroviario con Milano, linea metropolitana 3
L’esperienza delle agenzie territoriali-locali per lo sviluppo (ad esempio Agenzia Sviluppo Nord Milano)
Revisione del PRG di Milano: la variante generale (1976-1980)
Più verde per la città (Parco Nord) e più tutela del territorio (Parco Agricolo Sud Milano)
Intese e Accordi di programma per lo sviluppo infrastrutturale e il rinnovo urbano
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L’urbanizzazione dell’area milanese alle soglie temporali del 1888, 1936, 1963, 1998
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5. Persistenze, discontinuità, prospettive Recuperare il tempo lungo nell’analisi dell’evoluzione dell’area milanese, intrecciando quadri tematici diversi, consente di rinvenire nel passato tracce di fenomeni tuttora in azione, seppur in forme rinnovate. Ciò, da una parte, ci cautela maggiormente di fronte alle retoriche del “turbo-cambiamento”, dall’altra, permette di cogliere, per comparazione, le novità intervenute, interrogandoci sulle prospettive di sviluppo della regione urbana. 5.1 All’avanguardia nei processi di modernizzazione
È persino un luogo comune, ma è indubitabile che Milano abbia prevenuto i tempi, giocando un ruolo trainante nei processi di modernizzazione del Paese. Concentrazione industriale e precoce terziarizzazione, urbanesimo, con flussi migratori prima di corto e poi di lungo raggio, poi sub-urbanizzazione e “declino” urbano, sperimentazione di nuovi sistemi di regolazione sociale e istituzionale a scala locale, rapida saturazione di spazi intra muros e sviluppo di relazioni con la “periferia”, “strade di ferro” a lunga percorrenza e ferrovie regionali e reti tranviarie e linee metropolitane, le prime autostrade e la mobilità di massa su gomma, elettrificazione e poi “petrolizzazione”, realizzazione di grandi impianti, servizi e attrezzature urbane… sono altrettanti esempi di tale funzione storica. Anche se non va trascurato il valore di alcune fasi, passate e recenti, della vita locale, meno contrassegnate da pulsioni innovatrici e più orientate a sistematizzare e a “mettere ordine”, per raccogliere appieno i frutti di seminagioni avvenute anche molto tempo prima, è però opinione diffusa che il “de-
stino” di Milano resti sempre legato alla sua capacità di fare da battistrada allo sviluppo nazionale e persino europeo. Per aiutare il compimento di tale “destino”, è dunque necessario rimettere in moto idee e ipotesi progettuali di largo respiro, anche se la loro implementazione, per le ragioni
La Galleria Vittorio Emanuele: luogo centrale della prima “modernità” milanese (Fiera Milano, 2003)
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
più disparate (non da ultimo la disponibilità di risorse economico-finanziarie) non è alle viste. Anzi, proprio perché la strada è lunga e tortuosa bisogna iniziare subito a fare i primi passi.
Il grattacielo Pirelli simbolo della Milano produttiva e istituzionale, durante il recente restauro (Fiera Milano, 2003)
Valichi e corridoi intermodali per migliorare le connessioni transeuropee, riorganizzazione del nodo ferroviario di Milano e Secondo Passante, ridefinizione di una strategia di rete per la grande viabilità capace di guardare oltre Milano e la Lombardia, sostenibilità ambientale dei processi di sviluppo, completamento della cintura verde nel nord milanese, valorizzazione dei navigli per riscoprire la “Milano città d’acqua”, sviluppo urbano policentrico e integrato, stimolo alle attività R&S e, più in generale, ai processi innovativi, aggiornamento in chiave fortemente rinnovata della tradizione del welfare e workfare locale per garantire coesione/integrazione della compagine sociale… rappresentano altrettante “missioni” con cui iniziare a misurarsi, innanzitutto attraverso l’apertura di un grande dibattito pubblico.
5.2 Milano globale, anzi “glocale”
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Milano è stata la città italiana della globalizzazione ante litteram. Almeno a partire dalla fine del secolo scorso, l’apertura del San Gottardo e del Sempione ha migliorato notevolmente le possibilità di accesso ai mercati continentali, dischiudendo inedite possibilità produttive e contribuendo a costruire nessi relazionali duraturi con l’Europa centrale. Forse, almeno in una certa misura, Milano è stata persino una precoce città “glocale”, per la sua capacità acqui-
sire risorse esterne (non solo materie prime, ma anche conoscenze e tecnologie), farle interagire con saperi, organizzazione sociale, cultura, condizioni territoriali locali, specificità dei contesti locali, e, successivamente, rilanciare prodotti su altri mercati nazionali e internazionali. All’interno di tale “paradigma relazionale territorializzato”, le novità della fase più recente sono semmai rappresentate dalla disintegrazione del ciclo produttivo, cui ha
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
fatto seguito una crescente specializzazione di unità produttive di piccole e medie dimensioni, funzionalmente interconnesse e spazialmente concentrate, ma geograficamente disassate rispetto alle tradizionali direttrici di sviluppo regionale e interregionale (in primis la crescita della fascia pedemontana). Si tratta di un multiverso produttivo/relazionale destinato ad articolarsi ulteriormente in futuro. Se il ciclo fino a poco fa conosciuto seguiva una sequenza di massima globale-locale-globale, oggi la sequenza sembra arricchirsi di un ulteriore passaggio intermedio dal locale al globale e ritorno. In altri termini, le risorse esogene internalizzate, prima di tornare sui mercati internazionali sotto forma di prodotti, non vengono più “manipolate” solo in ambito locale, ma vengono parzialmente rilanciate, attraverso fasi manifatturiere intermedie, verso altri contesti globali e poi restituite sotto forma di semilavorati in ambito locale. Le possibilità in futuro di “stare attaccati” a una simile catena di valore sono legate alla capacità del sistema metropolitano/regionale di controllare la filiera produttivo-territoriale nelle componenti strategiche a monte e valle del processo produttivo, ma anche
di garantire un ragionevole presidio della componente manifatturiera, senza la quale la riproduzione sistemica rischia di venire pregiudicata. Entro questo quadro, ampio terreno si apre per politiche pubbliche dedicate rafforzare le capacità del sistema territoriale milanese nella ricerca, nell’innovazione, nella progettazione, nell’organizzazione, nei servizi alle persone e alle imprese, nella commercializzazione dei prodotti delle PMI in mercati lontani e difficili, nel garantire il passaggio generazionale dell’imprenditore familiare, e, più in generale, nel rafforzare le economie esterne all’impresa, ma interne al sistema territoriale di cui l’impresa fa parte.
dall’alto, a sinistra La moda a Milano: una filiera produttiva globalelocale che segna economia e territorio (Bucci, 2002) L’asta commerciale di Corso di Porta Ticinese e Corso San Gottardo (Fiera Milano, 2003) Il Parco Nord: nuova centralità dello spazio pubblico metropolitano.
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
a fianco e nella pagina seguente, Dal cuore metropolitano alla “città infinita” (Foto Stefano Topuntoli; Regione Lombardia, 2000)
5.3 Città e regione urbana, ovvero il mondo interno del mondo esterno
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L’industrializzazione di Milano nasce… fuori Milano. Non sembri un paradosso. La Milano ottocentesca (almeno fino al 1880) è una città medio-grande, sede delle residenze più prestigiose e dei principali luoghi di culto, piazza commerciale e luogo d’affari, centro di servizi, di attività artigianali e
“proto-industriali”. Il volano della prima industrializzazione milanese e lombarda (serico-cotoniero, meccanico, cartario, ecc.) è collocato invece nel “contado”, in primo luogo nel nord Milano, là dove si realizza, secondo una felice espressione di Carlo Cattaneo, un’ef-
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
ficace alleanza tra agricoltura e attività manifatturiere, grazie anche alla disponibilità della forza motrice idraulica. Anche se la rivoluzione ferroviaria e l’affermazione di fonti energetiche relativamente a-territorializzate (in primis l’energia elettrica) modificheranno in misura decisiva, soprattutto a partire dagli ultimi due decenni dell’Ottocento, le convenienze localizzative, favorendo, attraverso economie di agglomerazione e di urbanizzazione, fenomeni di concentrazione sul capoluogo, l’origine periferica e diffusa dello sviluppo milanese costituirà un segno potente, che contribuirà a strutturare l’economia, la società e il territorio, con effetti durevoli nel tempo. Il passaggio da un sistema insediativo diffuso alla grande espansione concentrica e compatta del capoluogo, il successivo rapido dilagare dell’urbanizzazione nella prima cintura e nel nord Milano, l’originaria emarginazione del Sud Milano – e delle aree più periferiche a est (Vimercatese) e a ovest (Abbiatense) – dai processi di sviluppo metropolitano e il loro coinvolgimento nelle fasi più recenti, la dilatazione dello spazio metropolitano alla scala regionale con l’interessamento di territori extra-provinciali, anche non contigui alla conurbazione, rappresentano altrettante tappe di un processo evolutivo che trova il suo filo rosso nel rapporto di complementarità tra capoluogo e il suo hinterland. Collocandosi in una prospettiva di lungo periodo, si può quindi affermare che la Milano moderna non è mai stata “compresa” entro i suoi angusti, nonché variabili nel corso del tempo, confini comunali, ma è da “sempre” una “città-regione”, policentrica, differenziata e integrata, anche se le scale e i rapporti territoriali tra capoluogo e le diverse sub-aree sono stati variabili nel tempo. 77
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
La stazione Ferrovie Nord Milano di piazzale Cadorna nella pagina seguente, Il Passante, cardine dello sviluppo del Sistema Ferroviario Regionale
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La novità di questi ultimi anni si configura semmai come un… rinvenimento. Per una lunga fase, infatti, si è da più parti creduto, secondo un modello interpretativo centrato sul rapporto innovazione/città, che i processi di modernizzazione, inducendo routinizzazione e omologazione alle best practice, fossero destinati a spazzare via il pluralismo territoriale dell’area milanese, riducendolo a un residuo del passato. Diversamente, ci si è accorti che la possibilità di attingere ai serbatoi di varietà locali, messi a disposizione dalla pluralità dei territori della regione urbana, è via via divenuto un formidabile vantaggio competitivo per aderire più efficacemente alla frammentazione, alla diversificazione e alla volatilità della domanda espressa dai mercati mondiali. Da qui la loro valorizzazione, il loro rilancio, la loro ascesa sulla ribalta economica-sociale, ma anche politico-istituzionale. Da qui anche la riproposizione potente di nuove modalità di regolazione del rapporto con la città centrale. L’imprinting lasciato da una simile geografia storicizzata non ha quindi conseguenze di carattere solo cognitivo (lo sviluppo milanese non è infatti efficacemente comprensibile al di fuori di una dimensione di scala ampia). Esso è soprattutto destinato a orientare potentemente le politiche di sviluppo economico-territoriale insieme ai processi di institutional building. Sotto questo profilo, è quindi fondato affermare che politiche e progetti, anche quanto insistono fisicamente sul territorio del comune di Milano, devono essere pensati in rapporto con il “fuori”, devono cioè essere finalizzati a riprodurre i vantaggi competitivi specifici del territorio plurale che costituisce la regione urbana milanese.
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
I passaggi di fase “epocali” nella traiettoria evolutiva milanese sono stati scanditi da “rivoluzioni” nel sistema delle infrastrutture, in particolare quelle di trasporto. L’apertura del Gottardo e successivamente del Sempione, con il conseguente aggancio ai mercati europei, insieme alla facilitazione dell’approvvigionamento energetico, segnano la transizione verso la città industriale e la relativa concentrazione urbana, a cavallo tra Ottocento e Novecento; la riorganizzazione della cintura ferroviaria, che inizia nel primo decennio del secolo per culminare con l’entrata in funzione della Stazione Centrale nel 1931, non solo consolida fenomeni di polarizzazione delle localizzazioni industriali, ma, più in generale, conforma
l’intero sviluppo urbano; la costruzione e l’estensione capillare, culminata negli anni ’20, di una moderna rete tranviaria ha sostenuto lo sviluppo insediativo ben oltre i confini comunali; l’affermarsi della mobilità su gomma, a partire dagli anni ’50-’60 ha invece ampliato i gradi di libertà di processi localizzativi, riorientandoli verso modelli maggiormente diffusivi e segnando così la fase dell’esplosione metropolitana. Occorre a questo punto domandarsi se, analogamente a quanto avvenuto nel passato, le idee e i progetti infrastrutturali in azione sono in grado di accompagnare efficacemente i cambiamenti presenti e futuri dell’assetto socio-economico e territoriale dell’area milanese. In altri termini, alta
5.4 Infrastrutture e sviluppo metropolitano
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
La stazione Centrale nella pagna seguente, La grande enclave della Bovisa (Foto Stefano Topuntoli)
5.5 Le difficoltà del governo per piani
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velocità/capacità ferroviaria, Corridoio 5, connessioni ai nuovi valichi, Servizio Ferroviario Regionale e Passante, nuovo sistema autostradale tangenziale, Pedemontana, Bre.Be.Mi., reti cablate con i relativi servizi telematici, ecc. sono progetti “coerenti” con il salto di scala subito dall’organizzazione territoriale della regione urbana negli ultimi vent’anni? Agganciano le nuove aree di crescita regionale e sono quindi capaci di accompagnare efficacemente lo sviluppo milanese verso un modello territoriale policentrico e integrato? Oppure, anche perché alcuni di questi progetti sono stati pensati in anni lontani – e quindi, anche per questo, possono generare non trascurabili effetti inintenzionali – richiedono, almeno per quelli in “lista di attesa” o ancora nelle fasi preliminari di progettazione, un parziale riorientamento e una integrazione? Nel caso in cui si intendesse procedere a una verifica selettiva dei programmi, per reinterpretarli entro un quadro di senso in via in cambiamento, si potrebbe trovare ispirazione in alcuni dei seguenti principi. Affiancare logiche di offerta a quelle tradizionali di domanda nella scelta delle
priorità delle politiche infrastrutturali; accentuare la dimensione sistemica delle politiche, ragionando in termini di integrazione plurimodale; cautelarsi di fronte alla retorica delle “grandi opere”, sapendo che le infrastrutture primarie per funzionare efficacemente devono essere, da una parte, integrate da interventi sull’armatura secondaria e, dall’altra, devono essere corredate da politiche “soffici” in tema di trasporto pubblico locale, trasporto urbano di massa, legislazioni moderne, liberalizzazioni, contrattualistica adeguata, ecc.; considerare gli interventi infrastrutturali come “progetti per il territorio”, attenti cioè alle specificità, alle regole e ai percorsi evolutivi dei contesti ambientali, insediativi, economici e sociali, sui si inseriscono; (ri-)valutare la qualità del progetto non solo dal punto di vista tecnico funzionale, ma anche sotto il profilo ambientale ed economico-finanziario; prevedere il coinvolgimento delle comunità locali, mettendo in luce i rischi ma anche le opportunità per il loro sviluppo…, rappresentano alcune delle “stelle fisse” in grado di orientare una possibile correzione di rotta.
A Milano non sono certo i piani ad essere mancati. Dal piano Beruto al Pavia-Masera all’Albertini, dal PRG del ’53 a quello del ’76, dai piani PIM di scala comprensoriale degli anni ’60 e ’70 ai documenti strategici alle varie scale (dai Documenti direttori relativi al Progetto Passante del 1984 e alle aree dismesse del 1988 al Documento di inquadramento per le politiche urbanistiche del 2000; dal Piano direttore territoriale provinciale del 1991 al PTCP del 2003), Milano e la sua area sono stati periodicamente oggetto di un’intensa attività di pianificazione che, con maggiore o minore lungimiran-
za, ne ha segnato il cammino. Eppure, valutando la traiettoria evolutiva di lungo periodo, non si sfugge all’impressione che molte delle trasformazioni rilevanti che hanno interessato Milano e la sua area, siano avvenute fuori, se non addirittura contro, le intenzionalità pianificatorie di volta in volta espresse (introversione dei piani Beruto, Pavia-Masera e Albertini vs. polarizzazioni lungo direttrici esterne, persino oltre i confini comunali; tentativi di dare “governo” all’esplosione metropolitana da parte dei piani del PIM degli anni ’60 e ’70 vs. crescita diffusiva; programmi di riequilibrio
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
dello spazio regionale del Progetto Passante e del Sfr vs. fenomeni di ricentralizzazione, ecc.). La dubbia conformità tra risultato conseguito e obiettivi dichiarati o progetti previsti non sembra semplicisticamente interpretabile come “destino cinico e baro”, soprattutto se ci riferiamo a epoche in cui il grado di cogenza della linea di condotta del decisore pubblico era assai più elevato e la crescita garantiva, attraverso la distribuzione del surplus derivante dai diritti edificatori, una più agevole acquisizione del consenso. Non si tratta nemmeno di “cattiva qualità” dei piani, in relazione alla loro capacità di analizzare, prevedere e definire obiettivi, assetti spaziali, azzonamenti, dimensionamenti, norme e strumenti attuativi. Siamo invece di fronte a un fenomeno, ri-
guardante peraltro molte realtà urbane, che trova però nell’area milanese peculiarità distintive. L’area milanese ha infatti espresso, prima e più di ogni altra metropoli, una società locale a rappresentanza sociale e territoriale degli interessi altamente pluralista. In questo quadro, le trasformazioni si sono determinate attraverso il concorso di una varietà di pratiche di governo messe in campo da una molteplicità di attori sociali e istituzionali, alle diverse scale, che hanno cooperato e “combattuto” nell’identificazione e nel trattamento dei problemi pubblici. I piani – e relative istituzioni “competenti” – sono stati una delle arene, ma non certo quella esclusiva, attraverso cui tali processi sociali si sono esplicati. Ciò è ancor più vero oggi, in ragione della radicalità
dei cambiamenti, dovuta alla rottura delle forme di regolazione politico-istituzionale consolidate e all’indebolimento delle capacità di rappresentanza da parte delle élite tradizionali. Se così stanno le cose, risultano allora poco convincenti approcci tesi a riconferire efficacia e legittimità all’azione di trasformazione e sviluppo urbano-territoriale attraverso il rilancio della logica di governo per piani a cui associare la logica delle “sfere di competenza”, che allude a un’inequivocabile, quanto improbabile, netta divisione del lavoro tra attori pubblici e tra questi ultimi e le agenzie semipubbliche, le autonomie funzionali, il privato-sociale o il privato tout court. L’irriducibilità della complessità delle società urbane contemporanee ad approcci “in-
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Il territorio di Monza, nuovo capoluogo di una provincia dotata di grande forza economico-sociale e spiccata identità (Comune di Monza)
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5. Persistenze, discontinuità, prospettive
gegneristici” ci consegna, come tema irrisolto, la questione del governo metropolitano e, in particolare, ci restituisce il problema di quale quadro istituzionale conferire alla città e ai comuni dell’area metropolitana. L’esperienza accumulata ci soccorre debolmente. Crescita di scala e centralizzazione dei poteri attraverso l’annessione dei Corpi Santi e degli altri comuni limitrofi tra la fine dell’800 e i primi decenni del ’900; l’esperienza di governo sovracomunale del PIM prima in forma associativa (anni ’60 e inizi ’70) poi, con il Comprensorio, in forma istituzionalizzata (seconda metà anni ’70); la vicenda delle agenzie specializzate di natura settoriale; l’istituzione della Città metropolitana prevista a partire dagli anni ’90 (legge 142, ribadita, anche se in termini più processuali e partecipati, dal Testo Unico degli Enti Locali e inserita nella Carta Costituzionale con la riforma del Titolo V); poi, nella fase attuale, il rafforzamento simultaneo dell’ente intermedio, attraverso l’attribuzione di nuovi poteri alla Provincia, e del comune centrale, attraverso il conferimento di alcuni poteri speciali al sindaco di Milano (ad esempio in tema di mobilità); delineano un set di risposte che, per ragioni diverse, appaiono oggi o precluse o scarsamente efficaci. Ridotta decifrabilità dei confini della Città metropolitana e, in subordine, delle Municipalità in cui si potrebbe articolare; vincoli politico-elettorali, ma anche economico-finanziari, a processi di ricomposizione istituzionale; scarsa domanda di identità milanese da parte dei cittadini dell’hinterland, a cui fa riscontro un elevato protagonismo dei più importanti Comuni di cintura; estraneità, rispetto al modello italiano, del “secondo livello” amministrativo; affacciarsi, a seguito dei processi di privatizzazione, del tema della legittimità e del controllo dell’attività delle agenzie settoriali; difficoltà di gestione
dei problemi “a radici d’erba” e, simmetricamente, dei grandi progetti; rappresentano solo alcune delle ragioni che, nelle loro diverse combinazioni, rendono difficilmente praticabile la reiterazione/rilancio delle forme attraverso cui è stato attuato, o si è tentato di attuare, il governo metropolitano nel corso del tempo. La recentissima istituzione della provincia di Monza e Brianza, oltre a scontare alcune di queste difficoltà, si profila più come un’auto-rappresentazione sulla scena politico-istituzionale di un’area dotata di grande forza economico-sociale e di spiccata tradizione identitaria che come risposta ai problemi di governo metropolitano. Alla luce di questo quadro “scomposto”, si sono affacciate sulla scena metropolitana, da parte di un certo numero di attori istituzionali e non, pratiche innovative di governo dei processi di ristrutturazione produttiva e di trasformazione urbana che tendono a ridimensionare le attese verso approcci di tipo “neo-istituzionalista”, pur senza negarne una possibile funzione. Si tratta di una varietà di sperimentazioni, avviate in alcuni contesti locali dell’area metropolitana e della regione (patti territoriali, piani strategici, programmi integrati di sviluppo locale e, più in generale, processi di costruzione concertata di politiche territoriali), fondate sulla costruzione di network a geografia ed estensione mutevole. Anche se non vanno sottovalutati limiti e contraddizioni, tali sperimentazioni si segnalano per la loro intenzione di costruire quadri di senso capaci di orientare/coordinare l’azione di una molteplicità di soggetti, sviluppare processi di “territorializzazione” delle politiche attraverso i quali radicare politiche e progetti alle caratteristiche del contesto locale, ricostruire l’archivio dei progetti e provvedere a una loro selezione attraverso agende strate83
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5. Persistenze, discontinuità, prospettive
giche, attivare forme negoziali-concertative in grado di aumentare il consenso attorno alle strategie e agli interventi, far emergere coalizioni locali (enti locali, autonomie funzionali, agenzie e forze sociali, ecc.) e generare cooperazione verticale (Comuni, Regione, Stato e istituzioni transnazionali) per facilitare processi decisionali e attuativi. Appare evidente, almeno nelle esperienze più avvertite, che le pratiche di governance multiscalare e multilivello non escludono in sé processi di institutional building, ma,
viceversa, si propongono come asset complementari, in grado di rinnovare e integrare le risorse regolamentative delle istituzioni di governo (e tra queste quelle della pianificazione territoriale); anzi, per certi versi, esse stesse costituiscono parte integrante della realizzazione, per quanto attraverso percorsi graduali e aperti, di nuovi costrutti istituzionali più aderenti all’articolazione pluralistica degli interessi e alla nuova geografia economico-sociale della regione urbana milanese.
nella pagina precedente, Reticoli multiattoriali nella costruzione di politiche di sviluppo e cooperazione territoriale (Bolocan Goldstein - Pasqui, 1998)
La rapida ricognizione sulle pratiche di governo del sistema territoriale milanese condotta nel precedente paragrafo, in cui si sono evidenziate la peculiare dimensione plurale della società locale e la varietà di risposte di governo – tra design istituzionale (e sue difficoltà) e forme molteplici di politiche di coordinamento e cooperazione a basso grado di istituzionalizzazione – configura un quadro di sperimentazione “incerta”.
e, infine, la “città globale”, inserita in una rete di connessioni di scala vasta, chiamata a competere su mercati di dimensioni mondiali. La regione urbana è quindi il luogo in cui si intrecciano reti relazionali corte e lunghe, percorse contemporaneamente dalla molteplicità di attori che la attraversano nell’esercizio di pratiche quotidiane di vita, lavoro, consumo, svago, ecc.
5.6. Ancora sul governo metropolitano: per un’agenda
Entro questo quadro in evoluzione si può allora tentare di riassumere alcune prospettive e suggestioni per un’agenda, che si confronti innanzitutto con la complessità della regione urbana milanese e del suo comporsi per sovrapposizione di tre immagini: la molteplicità di ambienti/sistemi locali, ciascuno dotato di proprie caratteristiche territoriali, insediative e socio-economiche, nonché di specifiche traiettorie evolutive; la fitta rete di relazioni materiali e immateriali di scala locale e regionale che consentono di sviluppare “economie esterne alle imprese ma interne al territorio”, che rappresentano un fattore primario di competitività per l’insieme degli agenti economici metropolitani;
Sperimentazioni consapevoli È indubbio che in contesti ad elevata complessità e in rapido mutamento la differenziazione delle pratiche di governo rappresenti un non trascurabile vantaggio nella competizione evolutiva. Se, dunque, un certo grado di incoerenza tra le diverse pratiche messe alla prova in questi ultimi anni non è necessariamente da interpretarsi negativamente, d’altro canto un eccesso di incoerenze rischia di disorientare l’azione degli attori territoriali, compromettendo l’efficienza sistemica. È quindi più che mai necessaria un’azione politico-istituzionale regolativa per costruire un mix temperato tra sperimentazione creativa e produttività delle decisioni. 85
DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
UNO SGUARDO AL MERCATO IMMOBILIARE: UNA LETTURA TERRITORIALE
Il rilevante ruolo del mercato immobiliare in un’economia locale e il crescente peso che esso assume nel disegno e nella programmazione delle aree urbane rendono sempre più necessaria e urgente la completa accessibilità e disponibilità di informazioni sul suo funzionamento, sugli attori che vi operano, sulle grandezze economiche che lo caratterizzano. Le informazioni sulle caratteristiche e sull’evoluzione del mercato immobiliare tendono sempre più a diventare strumento per un migliore governo della città e per la programmazione delle trasformazioni urbane. Il sistema di relazioni dell’area milanese travalica ormai da tempo i confini provinciali e si estende a una più ampia regione urbana di scala interprovinciale. Ciò vale certamente anche per il mercato immobiliare e per l’andamento dei relativi prezzi. Sempre più, ad esempio, la domanda prende in considerazione spostamenti casa-lavoro sui capoluoghi delle province confinanti e sempre più i processi insediativi/rilocalizzativi delle imprese si articolano alla scala dell’intera regione urbana. In una mappatura dei valori immobiliari e dei suoi andamenti, risulta così indispensabile una lettura che comprenda la vasta regione urbana milanese, inclusiva delle province confinanti, almeno fino ai loro capoluoghi. La survey sperimentalmente condotta dal Centro Studi Pim si è impostata su partizioni territoriali ampie della regione urbana, ma dotate di caratteri sufficientemente omogenei. La città di Milano è
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stata suddivisa in 9 sub-aree: il centro storico, 4 partizioni semicentrali e 4 ulteriori periferiche. I comuni di prima cintura attorno a Milano a loro volta sono stati aggregati in 4 gruppi, gli altri comuni della provincia in 5. Per le province esterne, sono stati considerati i gruppi di comuni più vicini alla provincia milanese e, separatamente, i capoluoghi. Nella regione urbana milanese è, innanzitutto, facile riscontrare una correlazione fra valori immobiliari e distanza dal centro metropolitano, che contraddistingue la struttura piramidale sia dei prezzi sia delle variazioni. Una seconda relazione evidente si riscontra fra prezzi e taglia dimensionale del comune, la quale a sua volta è in generale direttamente proporzionale alla densità territoriale dell’edificazione e anche alla presenza/qualità dei servizi. Infatti, quasi sempre si riscon-
trano valori immobiliari più elevati nei comuni maggiori, per la concomitanza di fattori quali la pressione demografica e insediativa (maggiori costi delle aree) e la maggior presenza di servizi, opportunità, “effetto urbano”. Poiché tendenzialmente la taglia demografica diminuisce allontanandosi dal centro, nell’analisi per macroaree anche questo fattore contribuisce all’effetto piramide. Ma esso spiega anche, ad esempio, i valori (e gli andamenti di crescita) più bassi riscontrati nelle fasce periferiche della provincia di Milano a ovest e sud-ovest (Magentino, Abbiatense, Binaschino), dove maggiore è la presenza relativa di comuni piccoli. In questi comuni, di norma, l’incidenza del costo delle aree è molto minore e l’onda di aumento dei valori immobiliari giunge con più lentezza per la minor pressione della domanda e per i più bassi livelli di
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
1998)
accessibilità e servizi. Desta particolare interesse il comportamento dell’area nord-ovest della provincia di Milano e del sud dell’area varesina, per la valutazione di possibili “effetti Malpensa”. Analisi di medio periodo parrebbero suggerire che la formazione dei valori attuali, relativamente elevati, sia dovuta più alle attese determinatesi nella fase antecedente alla realizzazione dell’hub aeroportuale che dopo la sua attivazione (probabilmente anche a seguito dei rallentamenti e delle difficoltà che hanno caratterizzato i primi anni di funzionamento). Ancora circa il rapporto fra prezzi immobiliari residenziali e taglia dimensionale dei comuni, se la proporzionalità diretta fra i fenomeni è del tutto evidente quando si considerino i sub-poli provinciali rispetto ai comuni contermini più piccoli, particolarmente interessante risulta ricercare gli
scostamenti da questa regola generale e indagarne i motivi. Casi nella norma si riscontrano ad esempio a Monza, dove i prezzi medi residenziali sono molto più elevati (anche superiori al doppio) rispetto ai comuni contermini, a Vimercate, che ha valori mediamente superiori del 50%, a Legnano, Magenta, Abbiategrasso, con valori fra +20 e +30% rispetto ai piccoli comuni confinanti. Vi sono invece casi, come quello di Bollate, che sfuggono alla regola: esso fa registrare prezzi residenziali medi inferiori rispetto ai confinanti Arese o Novate, che sono di taglia dimensionale molto inferiore, e ciò va probabilmente ricondotto agli effetti di politiche di intervento comunali che hanno visto, fra le nuove o recenti realizzazioni, il prevalere di forme di edilizia convenzionata, con un effetto di calmiere dei valori medi comunali.
Nel confronto dei valori immobiliari fra periferia nord di Milano e prima cintura nord, se da un lato si conferma l’“effetto capoluogo” per i prezzi residenziali, con valori medi della periferia milanese superiori a quelli medi della prima cintura nord, lo stesso non accade per negozi e uffici, per i quali la tenuta delle quotazioni nei comuni di prima fascia risulta invece mediamente un po’ superiore. Se si pongono a confronto i prezzi residenziali medi riscontrati nei comuni con i tempi di trasporto su Milano si può rilevare una significativa relazione fra prezzi elevati e tempi brevi, a conferma dell’importanza che nella formazione dei prezzi immobiliari viene ad assumere la “vicinanza” al cuore metropolitano, temporale quando non fisica. Ciò è particolarmente vero se si considerano le isocrone di accessibilità alla città di Milano attraverso il servizio ferroviario regionale: nei centri meglio serviti si rilevano prezzi mediamente più elevati. Più dubbia appare la possibilità di istituire una correlazione fra il miglioramento del servizio (ad esempio, per effetto del sistema “passante” o del cadenzamento degli orari) e la variazione dei prezzi. Ad una verifica condotta sui principali comuni delle linee Fs del Sempione (fino a Varese) e sulla Fnm Saronno-Busto-Malpensa, forse nel solo comune di Saronno (con la fermata del Malpensa-express) è possibile cogliere qualche effetto sulla crescita dei prezzi, in particolare della residenza.
Le isocrone di accessibilità ferroviaria e i prezzi delle abitazioni nella pagina precedente, Le partizioni territoriali della regione urbana utilizzate nella lettura dei valori immobiliari
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
La regione urbana milanese è speciale Le differenze socio-economiche, territorialiambientali e politico-culturali tra i territori regionali sono troppo elevate per consigliare un trattamento omogeneo, ancor più se calato dall’alto per via legislativa. In altri termini, strumenti e pratiche di governo utilizzabili in perfetta efficienza nei “territori lontani” della Lombardia risultano radicalmente inadeguati se impiegati nel cuore della regione urbana. È quindi auspicabile un approccio differenziato, che riconosca il carattere speciale, ancorché al suo interno articolato, della regione urbana milanese. Tale riconoscimento comporta inoltre che la questione di Milano e della regione urbana divenga una questione nazionale, chiamando la Regione e lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità nella definizione del programma delle opere strategiche di interesse nazionale e dei relativi finanziamenti. Trattare i problemi ad una scala appropriata La geografia differenziata e mutevole delle relazioni metropolitane/regionali incontra difficoltà nell’essere catturata entro confini standard e sollecita piuttosto modalità territorialmente aperte, in grado di identificare scale di trattamento appropriate in relazione ai problemi e agli obiettivi che si inten-
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dono perseguire. La costruzione di percorsi d’azione fortemente differenziati implica però un’attenzione speciale verso il comune capoluogo e il suo pieno coinvolgimento, in ragione non solo della sua dimensione, ma anche del formidabile concentrato di funzioni strategiche che ospita e, più in generale, del ruolo che svolge a scala interregionale. Non basta la legge, sono necessari strumenti flessibili e processuali L’esperienza del passato dimostra che non basta una legge per fare nascere buone pratiche di governo della regione urbana milanese. Occorre mettere in moto un processo di trasformazione che preveda, da una parte, l’impiego di strumenti flessibili, in grado di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti di un contesto in rapida evoluzione, contrassegnato da un campo denso di attori, tra loro differenti per livello e natura. Dall’altra, è però necessario operare per fasi e atti successivi, introducendo incentivi al cambiamento e permettendo di sperimentarne i vantaggi. Verso la governance multilivello Il governo dello sviluppo richiede l’attivazione e il mantenimento nel tempo di forme di azione cooperativa, in grado di mobilitare, attorno a strategie auspicabilmente coerenti, una pluralità di soggetti posti in po-
5. Persistenze, discontinuità, prospettive
I tavoli interistituzionali per il PTCP (Provincia di Milano, 2006)
sizioni molto diverse per livelli di governo (Unione Europea, Stato, Regione, Province, Comuni, Consorzi, autonomie funzionali) e natura (pubblica, semipubblica e privata). Tale azione, finalizzata a strutturare e integrare il campo pluralistico degli interessi nei territori, si configura come una forma di
regolazione per via negoziale difficilmente praticabile a partire da modelli di concertazione centralizzata. Questo processo deve invece scaturire dal basso, dai territori, e trovare connessioni alle scale opportune (regionale, nazionale, europea).
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Indicazioni bibliografiche Le indicazioni bibliografiche riportate di seguito possono costituire, pur nella loro parzialità, un orientamento, o anche solo un possibile ingresso, alla letteratura sulla regione urbana milanese. AA.VV. – Il Mondo nuovo. Milano 18901915, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 10 novembre 2002 - 28 febbraio 2003), Electa-Bocconi, Milano 2002 AA.VV. – Milano, la fabbrica del futuro. Il rinnovamento di una metropoli del Novecento, catalogo della mostra (Milano, Spazio Oberdan, 31 marzo - 6 giugno 2004), Skira-Provincia di Milano, Milano 2004 AA.VV. – Urbanistica, n° 18-19, 1956 (numero monografico dedicato al Piano regolatore di Milano) AA.VV. – Urbanistica, «Il piano intercomunale milanese», n° 50-51, 1967 AA.VV. – Urbanistica, «Milano», n° 68-69, 1978 ASNM – Il futuro del Nord Milano. Da hinterland industriale a nuova centralità metropolitana. Piano Strategico, Comuni di Bresso, Balsamo, Cologno Monzese, Sesto San Giovanni, 2001 Barazzetta, Giulio (a cura di) – Milano 2001, allegato monografico, Casabella, n° 690, 2001 Boeri, Stefano - Lanzani, Arturo - Marini, Edoardo – Il territorio che cambia. Ambienti, paesaggi e immagini della regione milanese, Abitare Sagesta, Milano 1993
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Centro Studi PIM – Progetti infrastrutturali e territorio nell’area milanese e lombarda, Argomenti & Contributi, n° 1, Milano 2001 Centro Studi PIM – La mappa dei cambiamenti socio-economici e territoriali nella regione urbana milanese. Primi risultati dei censimenti 2001, Argomenti & Contributi, n° 6, Milano 2003 Centro Studi PIM – L’area metropolitana milanese. Idee e progetti per il futuro, Argomenti & Contributi, n° 7, Milano 2003
De Finetti, Giuseppe – Milano. Costruzione di una città, Hoepli, Milano 2002 (I ed. 1969). Dezzi Bardeschi, Marco - Bucci, Federico - Dulio, Roberto (a cura di) – Milano architettura città paesaggio, Mancosu, Roma 2006
Fiera Milano – Milano da dire e da fare, Quaderni Fondazione Fiera Milano, anno III, n° 4, Scheiwiller, Milano 2003 Gabellini, Patrizia - Morandi, Corinna - Vidulli, Paola – Urbanistica a Milano: 19451980, Edizioni delle Autonomie, Roma 1980 Gambi, Lucio - Gozzoli, Maria Cristina – Milano, Laterza, Roma-Bari 1997 (I ed. 1982) Garofoli, Gioacchino – Industrializzazione diffusa in Lombardia, Franco Angeli, Milano 1983 Grandi, Maurizio – Pracchi, Attilio - Milano. Guida all’architettura moderna, Zanichelli, Bologna 1980 Irace, Fulvio - «Working progress: nuova Fiera Milano», Abitare, n° 439, 2004 Irer-Progetto Milano – Trasformazioni territoriali e organizzazione urbana, a cura del Centro Studi Piano Intercomunale Milanese e dell’Istituto di Geografia Umana dell’Università degli Studi di Milano, Franco Angeli, Milano 1989 Irer – Bonifica, riconversione e valorizzazione ambientale del bacino dei fiumi Lambro, Seveso e Olona. Linee orientative per un progetto integrato, a cura di Alberto Magnaghi, Urbanistica Quaderni, n° 2, INU, Roma 1995
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DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA
Lanzani, Arturo – Il territorio al plurale. Interpretazioni geografiche e temi di progettazione territoriale in alcuni contesti locali, Franco Angeli, Milano 1991
Nuvolati, Giampaolo – Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari, city users, uomini d’affari e flâneurs, Il Mulino, Bologna 2002
Lanzani, Arturo – I paesaggi italiani, Meltemi, Roma 2003
Ogliari, Francesco – Da Milano in autostrada. La prima generazione 1924-1935, Selecta, Pavia 2001
Macchi Cassia, Cesare (a cura di) – Il progetto del territorio urbano, Franco Angeli, Milano, 1998 Martinotti, Guido et al. – Milano ore sette: come vivono i milanesi, Maggioli, Rimini 1988 Martinotti, Guido – Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, Il Mulino, Bologna 1993 Minotti, Luciano – Reti urbane, Progetto Milano, Centro Studi PIM, Milano 1985 Minotti, Luciano – L’evoluzione dell’area metropolitana milanese, Relazione al convegno dell’Associazione Amare Milano e la Lombardia, Governo metropolitano, città regione e governance per l’area milanese. Idee e stato dell’arte, Unione del Commercio, Milano, 1 febbraio 2003 Morandi, Corinna – Milano. La grande trasformazione urbana, Marsilio, Venezia, 2005
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Oliva, Federico – L’urbanistica di Milano. Quel che resta dei piani urbanistici nella crescita e nella trasformazione della città, Hoepli, Milano 2002 Palermo, Piercarlo – Linee di assetto e scenari evolutivi della regione urbana milanese. Atlante delle trasformazioni insediative, Franco Angeli, Milano 1997 Palermo, Piercarlo – Prove di innovazione. Nuove forme ed esperienze di governo del territorio in Italia, Frando Angeli, Milano 2001 Pasqui, Gabriele – Confini milanesi. Processi territoriali e pratiche di governo, Franco Angeli, Milano 2002 Pasqui, Gabriele – «Milano ha bisogno di un piano strategico?», relazione al 1° Convegno del Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Milano dopo la metropoli, Politecnico di Milano, 18-19 marzo 2004
Pirovano, Carlo (a cura di) – Lombardia. Il territorio, l’ambiente, il paesaggio. L’età delle manifatture e della rivoluzione industriale, Electa, Milano 1984 Provincia di Milano – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, Edizioni Cinque, Milano 2003 Regione Lombardia – Linee generali di assetto del territorio lombardo, DelGR n° 6/49509, 7/4/2000
Sica, Paolo – Storia dell’Urbanistica. Il Novecento, Laterza, Roma-Bari 1978 Vercelloni, Virgilio – Atlante storico di Milano, città di Lombardia, Officina d’arte grafica Lucini per la Metropolitana Milanese, Milano 1987 Vercelloni, Virgilio – La storia del paesaggio urbano di Milano, L’Archivolto, Milano 1988
Rozzi, Renato - Boriani, Maurizio - Rossari, Augusto (a cura di) – La Milano del piano Beruto (1884-1889): società, urbanistica e architettura nella seconda metà dell’Ottocento, Guerini, Milano 1992 Rumi, Giorgio et al. (a cura di) – Milano nell’Unità nazionale,1860-1898, Cariplo, Milano 1991 Rumi, Giorgio (a cura di) – Milano nell’Italia liberale, 1898-1922, Cariplo, Milano 1993 Rumi, Giorgio (a cura di) – Milano durante il fascismo, 1922-1945, Cariplo, Milano 1994 Rumi, Giorgio (a cura di) - Milano ricostruisce, 1945-1954, Cariplo, Milano 1990 Sica, Paolo – Storia dell’Urbanistica. L’Ottocento, vol. I, Laterza, Roma-Bari 1977
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CENTRO STUDI
CENTRO STUDI PER LA PROGRAMMAZIONE INTERCOMUNALE DELL’AREA METROPOLITANA
Cos’è il Centro Studi PIM
Le attività
La struttura tecnico-operativa
Il Centro Studi PIM nasce nel 1961 come associazione di Comuni, con lo scopo di realizzare il Piano Intercomunale Milanese, sulla base di quanto disposto con Decreto del Ministro dei LL.PP.
Nella sua ormai quarantennale esperienza il PIM ha realizzato un vastissimo repertorio di studi, ricerche e progetti riguardanti non solo la pianificazione territoriale, ma anche interventi operativi in materia di infrastrutture di mobilità, di sistemazione ambientale, di sviluppo socio-economico locale. Alcuni interventi che oggi si stanno concretizzando, come il “Passante Ferroviario” o i parchi metropolitani, sono anche il risultato dell’attività PIM. Tra le più importanti attività recentemente concluse o in atto occorre segnalare, in particolare, il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Sud Milano, il Piano d’Area Malpensa, il Progetto d’Area Castanese, lo Studio-progetto d’area Sud Milano, i progetti e gli studi di impatto ambientale della Valassina e della Gronda Intermedia (tratta centrale della Pedemontana), il Piano di Settore del Parco di Monza, lo Studio sull’“Integrazione regionale della nuova linea Lugano-Milano del Gottardo”, la compartecipazione al progetto preliminare e al SIA dell’autostrada Pedemontana e al Master Plan dei navigli.
È composta da 18 dipendenti, per la maggior parte figure professionali altamente qualificate: accanto agli specialisti in materie urbanistiche e territoriali operano esperti in economia regionale, in viabilità e trasporti, in tecnologie ambientali, in pianificazione paesistica e in gestione informatica.
Nel 1978, con l’istituzione in Lombardia dei Comprensori, lo scopo principale diventa l’elaborazione del Piano Territoriale del Comprensorio Milanese. Chiusa l’esperienza comprensoriale, il Centro Studi PIM assume la denominazione e la configurazione statutaria attuali: viene accentuata la sua funzione di strumento operativo al servizio degli Enti associati nei settori di attività riguardanti la pianificazione urbanistica e territoriale dell’area metropolitana milanese. Sono organi dell’associazione: l’Assemblea, composta dai rappresentanti degli Enti associati (Provincia di Milano, Comune di Milano e 74 Comuni dell’area milanese), il Presidente e il Consiglio Direttivo, eletti dall’Assemblea.
Come supporto all’attività interna, ma anche come servizio rivolto all’esterno, il PIM è dotato di una biblioteca specializzata, di un archivio cartografico e di un sistema informativo urbanistico-territoriale sull’area milanese.
Bilancio e mezzi finanziari Il bilancio del PIM è attualmente pari a circa 2 milioni di euro ed è coperto in parte dai contributi degli Enti soci, finalizzati ad attività istituzionali e di interesse generale e in parte dai ricavi derivanti da incarichi specifici affidati al Centro Studi dagli stessi soci e da altri Enti, tra cui, principalmente, la Regione Lombardia.
Elenco dei soci Oltre al Comune e alla Provincia di Milano sono attualmente soci del Centro Studi PIM: Abbiategrasso, Agrate Brianza, Aicurzio, Arcore, Assago, Baranzate, Bareggio, Basiglio, Binasco, Bollate, Bovisio Masciago, Brugherio, Buccinasco, Caponago, Carpiano, Carugate, Casarile, Cassina de’ Pecchi, Ceriano Laghetto, Cesano Boscone, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Concorezzo, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Desio, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Gessate, Gorgonzola, Lacchiarella, Lainate, Liscate, Lissone, Locate Triulzi, Macherio, Melegnano, Melzo, Monza, Nova Milanese, Novate Milanese, Noviglio, Opera, Pantigliate, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pogliano Milanese, Pregnana Milanese, Rho, Rosate, Rozzano, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Sedriano, Segrate, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Solaro, Sovico, Trezzano sul Naviglio, Tribiano, Vanzago, Varedo, Vernate, Villasanta, Vizzolo Predabissi, Zibido San Giacomo.
Gli organi del Centro Studi PIM Assemblea È costituita dai rappresentanti degli enti associati: i Sindaci del Comune di Milano e di altri 74 Comuni (o loro delegati), il Presidente della Provincia (o suo delegato). Presidente e Consiglio Direttivo eletti dall’87a Assemblea dei Soci del 23 giugno 2005 Presidente Vittorio Algarotti (designato dalla Provincia di Milano) Vice-Presidente Alberto Garocchio (Consigliere Comunale di Milano, delegato del Sindaco)
Componenti del Consiglio Direttivo • Adriano Alessandrini (Sindaco del Comune di Segrate) • Francesco Chiesa (designato dalla Provincia di Milano) • Flavio Cirillo (Sindaco del Comune di Basiglio) • Michele Faglia (Sindaco Comune di Monza) • Emanuele Fiano (designato dal Comune di Milano) • Giuseppe Gatti (Consigliere Comunale di Gaggiano) • Sergio Graffeo (Sindaco del Comune di Corsico) • Emilio Locatelli (Assessore del Comune di Rozzano) • Pietro Mezzi (Assessore della Provincia di Milano, delegato del Presidente) • Antonio Mario Pilli • Pietro Roseti • Alessandra Tabacco (designata dal Comune di Milano)
Struttura tecnico-operativa Direttore (f.f.) Franco Sacchi Tecnici laureati responsabili delle attività di ricerca e progettazione Mauro Barzizza, Fabio Bianchini, Francesca Boeri, Francesca Cella, Edoardo Marini, Pierluigi Nobile, Paola Pozzi, Maria Evelina Saracchi. Tecnici addetti ai settori e servizi operativi Alma Grieco, Claudio Paraboni, Cinzia Vanzulli Addetti ai servizi generali Paola Baraldo, Barbara Fabozzi, Monica Falcetta, Roberta Guerinoni, Vanda Migliavacca, Massimiliano Zappa
NUMERI DI ARGOMENTI & CONTRIBUTI PUBBLICATI
1. PROGETTI INFRASTRUTTURALI E TERRITORIO NELL’AREA MILANESE E LOMBARDA - giugno 2001 2. INFRASTRUTTURE STRATEGICHE PER MILANO E LA LOMBARDIA E “LEGGE OBIETTIVO” - maggio 2002 3. STUDIO-PROGETTO D’AREA SUD MILANO - luglio 2002 4. EMERGENZA TRAFFICO IN BRIANZA Pedemontana, metropolitane, ferrovie: dai progetti alle concrete realizzazioni - luglio 2002 5. ABITARE NELL’AREA METROPOLITANA MILANESE Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale - gennaio 2003 6. LA MAPPA DEI CAMBIAMENTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIALI NELLA REGIONE URBANA MILANESE Primi risultati dei Censimenti 2001 - gennaio 2003 7. L’AREA METROPOLITANA MILANESE Idee e progetti per il futuro - giugno 2003 8. DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese - giugno 2004 9. I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO - ottobre 2004 10. IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ Le aree verdi nella configurazione del territorio metropolitano - luglio 2005 11. LE TRE CITTÀ DELLA BRIANZA Temi e prospettive della nuova Provincia – dicembre 2006 Gli arretrati sono disponibili ad amministratori e tecnici degli Enti associati al PIM che ne facciano richiesta, nonché agli organismi Istituzionali interessati. Copie digitali sono scaricabili presso il sito internet del Centro Studi: www.pim.milano.it