Centro Sudi PIM | Argomenti & Contributi n.9

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argomenti e contributi

9 OTTOBRE 2004

I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO Questo numero di argomenti e contributi esce con una veste grafica rinnovata, primo tangibile episodio di una serie di iniziative che intendono adeguare l’immagine del Centro Studi PIM ad un’esigenza di comunicazione più ampia e più efficace. Obiettivo generale è quello di diffondere le elaborazioni del PIM, con i suoi contenuti di analisi e proposta, presso un pubblico sempre più vasto di specialisti, amministratori e cittadini interessati a partecipare in forma documentata e fertile al dibattito sull’urbanistica e sulla pianificazione nell’area metropolitana. Il Consiglio Direttivo

CENTR STUDI


Con il titolo Argomenti & Contributi vengono divulgati saggi su temi di attualità ed interesse che rientrano nelle materie di particolare competenza del Centro Studi PIM: territorio, ambiente, mobilità, sviluppo locale. I saggi, che intendono contribuire alla discussione tecnica e politica sui problemi territoriali dell’area milanese, riprendono lavori svolti dagli esperti del Centro Studi PIM sotto forma di articoli per riviste specializzate e relazioni a convegni o sono riferiti a indagini, studi, progetti prodotti dallo stesso Centro Studi.

Il presente documento I navigli, la città e il territorio (IST_06_03) è compreso nell’ambito del programma di attività istituzionali del Centro Studi PIM per l’anno 2004. Il gruppo di lavoro che ha curato la realizzazione del rapporto è composto da: Luciano Minotti (direttore responsabile), Fabio Bianchini (capo progetto), Misa Mazza, Piero Nobile, Paola Pozzi, Alma Grieco (staff PIM) progetto grafico e impaginazione Paolo Marelli (studio AM:PM)

Le immagini prive di citazione della fonte sono tratte dall’Archivio fotografico del Centro Studi PIM.


Indice

Presentazione di Vittorio Algarotti (Presidente del Centro Studi PIM) 1. Introduzione

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi 2.1. I navigli come vie d’acqua 2.2. L’agricoltura e il paesaggio agrario 2.3. La villeggiatura 2.4. Le attività produttive

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3. Sviluppi urbani e territoriali 3.1. La città centrale 3.2. I territori della provincia

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4. Strumenti di pianificazione e progetti d’intervento 4.1. Strumenti di pianificazione e programmazione 4.2. Progetti in campo

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5. Suggestioni per la valorizzazione del sistema dei navigli

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Presentazione Le vicende dei navigli milanesi abbracciano quasi nove secoli di storia del nostro territorio, rappresentando una sorta di epopea del lavoro e dell’ingegno nel corso della quale furono coinvolti tutti gli aspetti della vita della città e del suo ampio contado. Vittorio Algarotti

Presidente Centro Studi PIM

Quando tracce significative si conservano e giungono fino a noi, un territorio consente di accostare il passato più remoto non solo al presente (di cui quelle perduranti tracce fanno parte a pieno titolo), ma anche con le suggestioni e le promesse di futuro di cui ogni progetto è portatore e promotore. Questa vertigine del tempo, in cui passato presente e futuro coesistono e condividono un’intimità che sembra contraddire il senso comune, è fatto consueto per chi conduce analisi territoriali, ma non per questo esperienza che cessi di suscitare impressione e meraviglia. La durata di segni, a volte decontestualizzati, o di elementi ancora riconoscibili e coerenti con la loro funzione originaria, produce quell’impressione di confidenza con la dimensione temporale dell’esistenza non dissimile da quella che si prova abitando le mura di antiche costruzioni, da secoli accoglienti successive generazioni d’uomini. In tali situazioni, più che il pensiero deprimente della transitorietà umana quello che si impadronisce di noi è la rivendicazione perfino orgogliosa della volontà di renderci degni epigoni di chi ci ha preceduto e degni predecessori di chi ci seguirà. Un tale sentimento felicemente si addice anche ai milanesi che vogliano considerare i navigli, le cui vicende abbracciano quasi

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nove secoli di storia del loro territorio, e che rappresentano una sorta di epopea collettiva del lavoro e dell’ingegno nel corso della quale furono coinvolti tutti gli aspetti della vita della città e del suo ampio contado. E di questo contado il sistema dei navigli pose con emblematica evidenza nuovi confini artificiali, quasi raddoppiando quelli naturali. Traendo linfa dal Verbano e dal Ticino, dal Lario e dall’Adda e giù convogliando fino alla Bassa pianura solcata dal Po le sue acque, il sistema irrigava i campi, rendeva floride le campagne, approvvigionava la città, forniva energia ai mulini e la freschezza ombrosa delle sue ripe per le villeggiature. Milano, a cui la natura aveva negato un grande fiume, coronò la sua ambizione dotandosi di uno artificiale, ancor più provvido di quelli naturali, perché docilmente piegato ai bisogni umani assai più della vita spontanea di un fiume, regolata inflessibilmente dal regime meteorico delle piene. Se il fiume dà e prende secondo il suo capriccio, rivelandosi alternativamente generoso o rovinoso, il canale è presenza più affidabile e mansueta, che restituisce con onestà tutto quello che l’impegno e la fatica vi hanno investito. Il risultato della colossale opera di regimentazione delle acque, attraverso la creazione di un capillare sistema di cavi, rogge, canali e navigli, fu quello di tradurre


ricchezza d’acque in ricchezza tout court, moneta spendibile. Fondamento della prosperità di lunga data che Milano ha goduto e gode fu questo rapporto proficuo con le acque della sua terra, risorsa che fece ricche le campagne di cereali, di foraggi, di armenti.

quella Vettabbia (vectabilis) che consentiva il collegamento tra la città cisalpina e l’Adriatico attraverso le acque del Lambro e del Po, non è lecito dubitare se, ancora nel IV secolo, questo risultava efficiente e capace di portare Agostino a Milano, proveniente da Ravenna.

Polibio, osservatore acuto e contemporaneo della colonizzazione romana delle Gallie cisalpine, riporta con ammirazione le sue impressioni sull’opulenza dell’agricoltura padana (Storie II, 14-15). Queste erano già il risultato dei sistemi irrigui introdotti dagli Etruschi (come riferisce il geografo Strabone, V, 1, 4-12) a loro volta intervenuti su quelle campagne che i più remoti abitatori autoctoni, genti della cultura palafitticolo-terramaricola del 1500-1200 a.C., avevano acquisito all’agricoltura e all’allevamento, strappandole al pantano che naturalmente a sud di Milano fino al Po la presenza dei fontanili ancora determinerebbe se non contrastata.

Una degradazione generale delle condizioni materiali si determinò successivamente, lungo i secoli dell’Alto medioevo, culminando intorno all’VIII secolo, durante il quale il paesaggio tornò ad inselvatichirsi, le campagne ad impaludarsi, le genti delle città a dispersi. Fu dopo il fatidico anno Mille che, grazie probabilmente ad un miglioramento del clima, alla lenta progressione delle tecniche agricole e al consolidarsi di sistemi di controllo politico-militare sul territorio, una nuova espansione demografica spinse verso la riconquista di più estesi terreni coltivabili. Verso il secolo XII questa opera cominciava a produrre un paesaggio i cui caratteri più profondi, certo accanto alle trasformazioni posteriori, possiamo ancora individuare. E tra questi anche il sistema dei navigli, figlio dell’età comunale.

Su questo primigenio substrato la romanizzazione intervenne con quel piglio razionalizzatore che la distinse e qualificò, stendendo sul territorio la vasta trama ordinatrice del sistema viario consolare, imprimendo sulle campagne l’orma durevole della centuriazione ed applicando al tessuto delle città la chiara logica della sua urbanistica ortogonale. Occupando la città che era stata capitale degli Insubri, i Romani dunque attuarono la deviazione di alcuni corsi d’acqua del territorio milanese e realizzarono il primo sistema di canali cittadini. È dibattuta la costruzione addirittura di un porto, all’altezza dell’attuale via Larga, rispetto al quale il modello visibile presso gli scavi archeologici di Aquileia potrebbe costituire un esempio non troppo dissimile. Di un primo canale navigabile, del resto,

Nel corso del XII secolo l’opposizione all’Impero e la rivalità con le città vicine alleate al Barbarossa, consigliò ai milanesi di realizzare fossati difensivi (la Fossa interna, a protezione della città a ridosso delle mura; il Ticinello, a marcare parte del confine verso Pavia; la Muzza, a est, verso il cremonese, etc.). Tra rivolgimenti, distruzioni e rifacimenti che segnarono quella travagliata stagione, la prima funzione difensiva dei navigli presto decadde, o, quanto meno, venne affiancata ad una nuova preponderante preoccupazione, e cioè di sfruttare le nuove opere idrauliche a fini irrigui. Con ciò quei primi fossati difensivi vennero integrati nel capillare sistema di regimen-

in alto, Giovanni Paolo Bisnati, Il Ticino presso Tornavento con il particolare dello Sperone che si incunea nel letto del fiume, particolare di una carta seicentesca (Biblioteca Ambrosiana, Milano)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Leonardo da Vinci, Veduta assonometrica e in sezione del naviglio di san Cristoforo, Codice Atlantico foglio 1097 r., datato 3 maggio 1509 (Biblioteca Ambrosiana, Milano)

tazione delle acque a fine agricolo-produttivo, destinato a divenire il più schietto e prodigioso monumento prodotto dalla forza civilizzatrice del lavoro lombardo. Fu questo imponente sistema a fare della larga disponibilità d’acqua - che non è ancora risorsa fintantoché impaluda i campi e li lascia acquitrinosi e insalubri - un’autentica ricchezza, grazie alla perizia idraulica degli ordini monastici e l’alacrità di generazioni di servi, conversi e liberi coloni impegnati in opere di bonifica, derivazione, scolo, drenaggio. La costruzione dei navigli fu anche storia di primati tecnici, realizzando il primo impianto al mondo capace di condurre imbarcazioni attraverso rilevanti salti di quota. Anche qui Milano, come sempre nelle sue iniziative più lungimiranti, fu capace di guardarsi in giro a caccia delle eccellenze del lavoro e dell’ingegno: mentre delegazioni tedesche discutevano con le maestranze nostrane su come proseguire i lavori del 6

Duomo, due emiliani, Aristotile Fioravante di Bologna e Filippino degli Organi da Modena, introducevano il sistema delle chiuse (1439, conca di Viarenna) grazie al quale i marmi di Condoglia poterono arrivare al grande cantiere. Il genio di Leonardo, 50 anni dopo, dovrà solo migliorarlo. Tutto si specchia e si riverbera nelle acque dei navigli, tutti i tratti salienti della storia di Milano: c’e l’anonima ma incessante laboriosità della sua gente; c’è la precoce attestazione dell’intraprendenza dei privati, che promuovono presso Filippo Maria, l’ultimo dei Visconti, la realizzazione della Martesana; c’è la boria del Governatore Fuentes, che impaziente di autocelebrarsi per l’adeguamento della nuova Darsena di Porta Ticinese, finisce per mascherare con un Trofeo la sostanza fallimentare dell’amministrazione spagnola, incapace di portare a compimento i lavori del naviglio Pavese (1611, conca Fallata); c’è l’efficientismo austriaco, che corona di successo, dopo oltre tre secoli, il sogno leonardesco del naviglio

di Paderno; c’è l’impeto bonapartista, un po’ spaccone, che oltre ad accendere iperboliche fantasie di grandeur (una facciata al Duomo dopo quasi 4 secoli, il progetto di uno smisurato foro) almeno produce la ripresa dei lavori del naviglio Pavese. E ci sono poi il colore e l’umanità della storia minore: la saga popolare del Barchitt de Boffalora, la ballata triste dei suicidi al Tombone di San Marco, l’epico agonismo del Cimento Invernale, l’immagine elegiaca di file di lavandaie chine sul brellin, spettacolo di energica grazia muliebre cui persino il torvo Radetzky cedette, se è vero che finì per sposarne una incontrata lungo le sue passeggiate. Tutto un mondo finito con la nostalgica corsa del barcone 6L-6043 che, alle ore 14 del 31 marzo 1979, dopo il suo ultimo viaggio di otto ore da Castelletto di Cuggiono e dopo aver scaricato 120 tonnellate di sabbia alla Darsena di Porta Genova, senza cerimonie di commiato, conclude in sordina una storia vecchia di secoli.1


Presentazione

Al di là degli episodi memorabili e degli aneddoti gustosi, quello che resta e che stupisce, è il significato territoriale dei navigli, eredità che si è invece fissato permanentemente nel quadro ambientale del milanese. Se la rilevanza immediatamente funzionale del sistema dei navigli è stata nel corso del tempo reinterpretata, articolando variamente la gerarchia delle valenze difensive, irrigue, navigabili, produttive e paesaggistiche — e seppure molte di tali valenze si siano esaurite — è l’effetto di costruzione di un paesaggio, la permanenza di brani significativi di tessuto urbano e di tipologie edilizie, che sono sopravvissuti come segno e come valore formale. La consapevolezza di come il naviglio abbia disegnato il “suo” territorio ed abbia costituito un patrimonio di relazioni di ordine tecnico-idraulico, agricolo-produttivo, architettonico-insediativo di enorme significato umano e di grande coerenza interna, ci impone ancor oggi un’attenzione ed una ca-

pacità di lettura adeguati al suo significato. Attraverso la cifra spesso modesta ma sempre corretta ed opportuna degli interventi che ne hanno realizzato l’insieme, entro il circuito dei navigli noi riusciamo facilmente a passare dal particolare al generale, dalla dimensione raccolta del dettaglio locale fino alla logica di vasta scala del sistema. In questo si rivela un’intelligenza del luogo, una disponibilità ai bisogni di appartenenza e identificazione che, quasi mai adottando il tono monumentale, forniscono assai più di una grande lezione di architettura, quanto l’espressione palpabile di un’autentica civiltà dell’abitare. Per questo la forza ammonitrice di tale vasta opera del lavoro non è ancor oggi venuta meno: essa risiede nell’evidenza del nostro paesaggio, di cui i navigli sono parte integrante, presenza caratteristica ed elemento qualificante. Ogni proposta di riqualificazione, ogni possibile riconversione, dovrà partire da qui, dalla capacità di leggere i segni che questo terri-

torio ha conservato e trasmesso. Dalla qualità delle nostre analisi, dall’ampiezza delle nostre ambizioni e dal respiro dei nostri obiettivi deriveranno idee progettuali più o meno fertili, programmi futuri più o meno credibili. Anche da ciò saremmo indotti a trarre la nostra misura di continuatori di un’opera millenaria di domesticazione e costruzione di un habitat che nei navigli affermò non solo la capacità operativa ma anche, e soprattutto, la generosità di slancio appartenenti alla migliore tradizione milanese.

nota: Traggo questa notizia dallo scritto di Giuseppe Graz-

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zini, Ottocento anni di vita e di storia, in Milano, Naviglio Grande, ed. Giorgio Mondadori, Milano 1995, cui va il merito di avere tributato il giusto risalto a questo piccolo evento di storia meneghina. Il gustoso quadretto che ne ha tratto consegna doverosamente alla memoria anche i nomi dei due ultimi barcaioli: “Giuseppe Re, detto Paronett perché suo padre Luigi, barcaiolo anche lui, gli aveva lasciato un po’ di terra e Costanzo Colombo, detto Scarp-e-ghett perché suo nonno ci teneva all’eleganza e alla domenica si metteva delle ghette immacolate e vistose, proprio come i sciur”. (pp.16-18)

Anonimo, Via Senato con le conche, (Collezione privata)

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1. Introduzione In questi ultimi anni i navigli sono tornati al centro dell’attenzione, non solo quale matrice storica dell’organizzazione e dello sviluppo territoriale milanese, ma anche come risorsa per la riqualificazione territoriale e la valorizzazione paesaggistico-ambientale e storico-culturale.

Questo risveglio di interessi mostra, rispetto ad un non lontano passato in cui prevalevano aspetti storico-culturali elitari e specialistici, gli esiti del diffondersi di una nuova coscienza e sensibilità “di massa” nei confronti del recupero dell’ambiente originario e della riappropriazione e del riutilizzo dei segni del proprio passato. Quella dei navigli è una rete che sfrutta con grande attenzione le lievi pendenze della pianura lombarda e a fine ‘400, con il completamento dei navigli Grande, Martesana e di Bereguardo, arrivava a coprire un’estensione di 100 km di canali interamente navigabili, grazie anche alla presenza di conche che consentivano di superare le criticità dovute ai dislivelli. Attualmente il sistema dei navigli, persa l’originaria funzione di vie d’acqua, risulta caratterizzato dalla presenza sia di aree di grande interesse paesistico-ambientale (Ticino e Adda fra le altre), sia da territori agricoli ancora ben conservati, tipici del paesaggio rurale della pianura irrigua, sia da zone compromesse e critiche come le aree periferiche e quelle di espansione urbana, che lo rendono particolarmente interessante, ma nello stesso tempo problematico e complesso per le diverse strategie di intervento e di valorizzazione richieste.

Tenuto conto della complessità delle tematiche interessate e della vastità del contesto geografico, l’analisi sarà effettuata in modo trasversale, indagando i segni lasciati dall’uomo sul territorio, di cui i navigli costituiscono la dorsale, i grandi paesaggi e i grandi sistemi che utilizzano i navigli come armatura e che hanno contribuito a formarne l’identità paesaggistica e antropica. Questo tipo di lettura permetterà di individuare i temi principali, quei complessi significati storici, insediativi, economici e localizzativi che hanno determinato la formazione e l’evoluzione del sistema e che, grazie alla loro continuità nel tempo, assumono oggi un’importanza strategica per la formazione di nuove forme di paesaggio nel quale le tracce e i valori del passato costituiscano guida nella definizione del progetto urbano e territoriale. Si cercherà infine di mettere in evidenza le opportunità di recupero e valorizzazione del sistema dei navigli in relazione sia alla attualizzazione delle originarie funzioni, sia all’introduzione di nuove funzioni compatibili.

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Il sistema dei navigli in una carta del 1826 (G. Bruschetti, Istoria dei progetti e delle opere per la navigazione interna del milanese, Cisalpino Gogliardica, Milano, 1972)

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica Al centro della pianura delimitata dalle valli fluviali dell’Adda e del Ticino la città di Milano ha sempre guardato ai due fiumi come possibile soluzione al problema di uno sbocco al mare, attraverso il Po. Dopo un periodo di utilizzo sporadico della Vettabbia e del Lambro, nel XII secolo si preferì concentrarsi su un sistema di corsi d’acqua artificiali in grado di mettere in rete Ticino, Adda e Po. La realizzazione di questo sistema interessò soprattutto il periodo fra XII e XVIII secolo, giungendo a completamento solo all’inizio dell’Ottocento, con l’apertura del naviglio Pavese. Il sistema dei navigli, che si sviluppava per 150 km, nonostante il suo effettivo, anche

se tardivo, completamento non raggiunse però il suo obiettivo finale, cioè un collegamento efficace, rapido, economico e senza discontinuità con il mare, attraverso il Po, e con un importante porto, in grado di alimentare una rete di traffici commerciali di ampio respiro e non solo a livello locale e regionale. Un solo secolo fu sufficiente a decretarne il declino: l’avvento della trazione a vapore sancì l’inadeguatezza dei navigli per dimen-

sioni e caratteristiche costruttive, mentre la politica infrastrutturale del Regno d’Italia portò a prediligere gli interventi sulla rete stradale e su quella ferroviaria, a scapito dello sviluppo e dell’ammodernamento della navigazione interna padana. Neppure il grande processo di elettrificazione che interessò in quel periodo l’industria italiana e che portò allo sfruttamento dell’enegia idraulica dei fiumi e dei canali artificiali fu sufficiente a garantirne la sopravvivenza. L’importanza della rete dei navigli, priva ormai degli indispensabili interventi di potenziamento e razionalizzazione, ma spesso anche di semplice manutenzione, decrebbe sempre di più, conservando unicamente la funzione irrigua e quella di raccolta delle acque di scarico. Mentre quest’ultimo tipo di utilizzo determinò, fra le altre cose, la copertura della cerchia milanese alla fine degli anni ’20 dello scorso secolo, la funzione irrigua si è conservata fino ad oggi e, in prospettiva, può costituire un punto di forza e di continuità in vista della valorizzazione del sistema dei navigli. Giovanni Paolo Bisnati, Disegno particolare del navilio Grande e del fiume Ticino nel contorno del detto navilio, con li edifitii che sono in esso et con il paese circonvicino, 1627 (Biblioteca Ambrosiana, Milano)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Il sistema delle acque di Milano nel 1884 (Archivio storico Settore fognature e corsi d’acqua del Comune di Milano)

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

La rete dei canali navigabili, costituita dai navigli Grande, Martesana e di Bereguardo, si estendeva, già alla fine del ’400, per oltre cento chilometri. Il sistema risultava decisamente centripeto, con l’80% delle merci trasportate sulla rete che avevano come destinazione finale Milano. La navigabilità, condizionata dal regime turbolento dei corsi d’acqua in determinate stagioni, risentiva anche della lentezza del sistema di trasporto. Il passaggio nelle conche e, soprattutto la necessità di traino animale in risalita, nonostante le barche fossero semivuote, determinavano infatti una velocità commerciale media di soli 2-3 km/h. Il trasporto delle merci raggiunse comunque a fine ’800 una media di 350.000 tonnellate annue, sempre con sistema di propulsione, in ascesa, con alaggio da sponda, animale o addirittura umana, e utilizzando barche lunghe fino a 25 metri, in grado di trasportare circa 100 tonnellate di merci. Dopo l’unità d’Italia le poche realizzazioni di un certo peso riguardanti i canali ebbero solamente scopi irrigui, come nel caso del canale Villoresi, portato a termine nel 1886. La rete navigabile esistente non subì pertanto quegli interventi di aggiornamento tecnologico, di ammodernamento e di adeguamento dimensionale in grado di garantire il raggiungimento degli standard, quelli che andavano ormai affermandosi nel resto d’Europa e che pre-

vedevano il transito di imbarcazioni da 600 tonnellate. All’inizio del Novecento, al riaccendersi dell’attenzione sulle vie d’acqua fece seguito solamente una sterile corsa alla creazione di consorzi per la realizzazione e gestione di nuovi canali navigabili, senza alcun reale seguito pratico. Dopo l’avvento della più rapida e capillare rete ferroviaria il traffico sui navigli ebbe un deciso arresto accompagnato da una serie di trasformazioni. Alle acque interne, con la loro connotazione negativa della lentezza, rimase solo il trasporto delle merci più povere, pesanti e preferibilmente per lunghe distanze, fino a che nel 1929 si ebbe la più forte dimostrazione della decadenza del sistema dei navigli, con la copertura della fossa interna di Milano, che sanciva la già avvenuta trasformazione urbana e il perduto ruolo della città come fulcro dei collegamenti trasversali fra Ticino e Adda. Il turbamento del vecchio sistema di traffico, non sostituito da un efficace sviluppo dello scalo di Crescenzago, rischiò di far decadere l’intero sistema dei navigli. Negli anni ’20 e ’30 del Novecento la forte richiesta di sabbia e ghiaia per alimentare il mercato edilizio, determina invece lo sfruttamento a scopo estrattivo del tratto di Ticino servito dal naviglio Grande e l’ingrandimento della darsena milanese che venne attrezzata per rispondere alle nuove esigenze, fino a toccare le 500.000 tonnellate di traffico annuo. La mancanza di una efficace politica delle idrovie, in un paese che era stato all’avanguardia in questo campo, proseguì comunque anche nel secondo dopoguerra, non consentendo la necessaria integrazione con i nuovi sistemi di trasporto e la creazione di nuovi canali navigabili in grado di ripondere agli standard internazionali che ormai prevedevano imbarcazioni di quasi 1500 tonnellate, e sancendo così la fine del trasporto idroviario.

2.1 I navigli come vie d’acqua

in alto, Benedetto Quarantini, Collegium Helveticum Mediolanense, 1704 (Civica raccolta di stampe A.Bertarelli, Milano)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

dall’alto, Schema della cerchia interna di Milano Carta topografica della città di Milano nei secoli bassi, realizzata da Giorgio Giulini nel 1760 (Civica raccolta di stampe A.Bertarelli, Milano)

nella pagina a fianco, da sinistra La conca di Viarenna in un’immagine di inizio ‘900 (Archivio Chierichetti, Milano) Un barcone lungo la cerchia dei navigli (Archivio Chierichetti, Milano) Una sciostra lungo la cerchia dei navigli (Archivio Chierichetti, Milano)

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

In tarda epoca romana, Milano era dotata di un fossato difensivo attorno alle mura massiminianee, alimentato dal Seveso e dai torrenti delle Groane e che scaricava nella Vettabbia, la quale, secondo alcuni storici, fu il primo canale navigabile (vectabilis) in grado di congiungere Milano al Po, via Lambro. In epoca medioevale la città ebbe un nuovo fossato, concepito per rafforzare il sistema difensivo della cinta romana, più volte distrutto durante le guerre con il Barbarossa e definitivamente sistemato tra il 1155 e il 1171 da Guglielmo Guintellino, nella forma che mantenne fino al 1929, quando la cerchia, che svolgeva fin dalle origini il ruolo di collettore fognario, fu definitivamente coperta, per motivi essenzialmente igienici. La cerchia è composta da tre bracci: il naviglio di via Pontaccio o naviglio morto (dalla fossa del Castello a San Marco), la fossa interna (da San Marco al ponte degli Olocati), il naviglio di San Gerolamo (dal ponte degli Olocati al Castello), per uno sviluppo complessivo di circa 5,5 km. Quando nel 1386 iniziò la costruzione del Duomo di Milano, i marmi utilizzati venivano portati via acqua dal lago Maggiore fino al laghetto di Sant’Eustorgio e da qui via terra fino al Duomo. Nel 1439, la costruzione

della conca di Nostra Signora del Duomo (prima in Italia), permise di superare il dislivello tra darsena e cerchia interna e di giungere fino al laghetto di Santo Stefano. La conca, posta all’inizio di via Arena (poi chiamata conca di Viarenna), portava le barche a quella che allora era conosciuta come “fossa”, con un canale di raccordo, il naviglio degli Olocati. In questo modo la cerchia, mentre perdeva l’originario ruolo difensivo, andava acquistando il ruolo di canale alimentatore degli orti, dei prati irrigui, dei molini e delle ruote idrauliche, sostenendo il rapporto vitale e simbiotico tra città e campagna. Infine nel 1496 anche il naviglio Martesana veniva connesso, presso San Marco, alla cerchia interna che diventa così l’elemento centrale del sistema di navigazione del milanese, trasformata in un lungo ed efficiente porto-canale. Questo anello d’acqua caratterizzerà la forma urbis, di Milano assumendo sempre più un ruolo di primo piano nella conformazione della città, in cui il nuovo assetto infrastrutturale radiale si sovrappone e si impone al preesistente impianto ortogonale romano.

Col passare degli anni la cerchia si caratterizzò secondo un duplice ruolo. Da un lato vi si insediarono palazzi signorili, dotati di piccole darsene, dall’altra si attrezzarono numerose “sciostre”, luoghi di carico e scarico delle merci, di cui possiamo ancora leggere il disegno, come in via Molino delle Armi. La darsena, ampliata con diversi interventi, rimase esterna alle nuove mura, costruite nel 1555, sotto il dominio spagnolo, lungo il secondo fossato, il Redefossi, già scavato sotto la signoria di Galeazzo II Visconti per proteggere i borghi esterni alle mura medievali. La darsena fu allargata una prima volta nel 1819 in seguito all’apertura del naviglio Pavese e successivamente nel 1919, dopo la demolizione dello sperone delle mura spagnole. Nel 1857 il governo austriaco elaborò un progetto di copertura della cerchia che prevedeva la sua sostituzione con un largo boulevard alberato. Il progetto venne ripreso dal governo italiano verso il 1886, e accompagnato dalla proposta di costruire un nuovo canale più esterno lungo il tracciato delle mura spagnole. La cerchia dei navigli, dopo la copertura, fu definitivamente interrata intorno agli anni Sessanta per problemi di stabilità della strada soprastante.

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

dall’alto, Rilievo dell’incile del naviglio Grande all’inizio dell’Ottocento (Archivio Genio Civile, Milano) Il porto di Bereguardo nel 1784 e nel 1888

nella pagina a fianco, da sinistra La torre di Rubone a valle di Castelletto di Cuggiono La Camera Regia a Tornavento (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001) Una conca lungo il naviglio di Bereguardo

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

La navigabilità del naviglio Grande era in origine legata anche al collegamento tra i castelli e le residenze Viscontee e, successivamente, in particolare tra Seicento e Settecento, al collegamento del sistema di ville signorili sorte nelle aree di maggiore interesse paesaggistico e climatico lungo il canale. La sua origine può essere ricercata nel Ticinello (1177), canale che aveva scopi prevalentemente difensivi o, meglio, di “confine”. Torri e castelli, spesso vennero successivamente inglobati in ville e residenze nobiliari, dal castello di Turbigo, alla torre di Rubone, al castello di Abbiategrasso. Il naviglio, chiamato in un primo tempo di “Gaggiano” (1187) e poi “Grande” ha inizialmente scopi quasi esclusivamente irrigui e già nel 1211 giunge a Milano nei pressi di Sant’Eustorgio, assumendo verso il 1270 il ruolo fondamentale di via d’acqua tra il lago Maggiore e Milano, per il trasporto di materie prime (legno, sabbia e ghiaia, prodotti agricoli e il più famoso marmo per la Fabbrica del Duomo) e più tardi, a partire dalla metà del Seicento, anche di passeggeri. La caratteristica d’eccezione del naviglio Grande era di garantire la navigabilità per tutto il suo percorso senza l’aiuto di conche,

necessarie solo per transitare dalla darsena di Milano al “naviglio interno”. Lungo il percorso troviamo invece una serie di opere e manufatti connessi alla navigabilità, come la “paradella”, che costituisce l’incile del naviglio, gli edifici connessi alla sorveglianza e alla manutenzione del canale (case del guardiano delle acque, come quella di Castelletto), le case “delle guardie” che presiedevano alla sicurezza della navigazione e dei naviganti, le diverse dogane e dazi (Camera regia all’incile). I centri e nuclei storici, fra i quali Gaggiano, Abbiategrasso, Robecco, Boffalora e Turbigo, si sono sviluppati soprattutto in relazione ai luoghi di sosta e di carico e scarico delle merci, attorno ai quali si organizzarono osterie, locande e stalle, alcune delle quali hanno mantenuto il loro ruolo originario, come l’osteria dello Sperone presso l’incile del naviglio, o la più famosa osteria di Cassinetta di Lugagnano. I barconi che solcavano il naviglio Grande erano in grado di trasportare fino a circa 100 tonnellate di merci. Si trattava, in discesa, soprattutto di legname, fieno, bestiame, formaggi e materiali da costruzione, raccolti principalmente ai mercati di Robecco, Ab-

biategrasso e Corsico e, in risalita, di sale, ferro, granaglie e manufatti diversi. Anche il trasporto passeggeri ebbe grande importanza, all’inizio grazie a sporadiche iniziative individuali legate, essenzialmente ai mercati, per acquistare una certa regolarità nel Seicento e una definitiva organizzazione e regolamentazione verso la fine del Settecento, fino a che nel 1868 la ferrovia Milano-Mortara e in seguito la più moderna tranvia elettrica (1914), ne decretarono la fine. La parte alta del percorso è oggi praticamente in secca dall’incile, a Tornavento, fino a Turbigo, dove la centrale elettrica Castelli restituisce al naviglio la sua portata d’acqua. La continuità è attualmente garantita dal canale Industriale, costruito a partire dal 1884, che in quel tratto scorre parallelo al naviglio, spesso a distanza ravvicinata.

L’ideazione del naviglio di Bereguardo, attribuita a Filippo Maria Visconti (1420) o a Francesco Sforza (1457), ebbe lo scopo principale di collegare Milano al Ticino e al Po, attraverso il porto sul Ticino di Pissarello (o Parasacco, sulla sponda opposta), oltre

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

il quale la risalita controcorrente diventava impossibile per i barconi a pieno carico. In realtà era già presente un embrione di collegamento per via d’acqua tra le residenze Ducali comprese nel quadrilatero Milano-Pavia-Bereguardo-Abbiategrasso, e che fu temporaneamente utilizzato in attesa del completamento dei navigli Pavese e di Bereguardo. Non era però certamente pensabile ipotizzare un utilizzo di questi canali per il trasporto di materiali di una certa entità. Da Abbiategrasso il naviglio scorre rettilineo alla sinistra del Ticino al di sopra del terrazzo fluviale, fino a Bereguardo, dove si ferma alla confluenza della roggia Tolentina, in quanto il collegamento al fiume venne considerato troppo difficile e oneroso. La distanza di circa 3,5 km fu sempre su18

perata col trasbordo delle merci o forse col trasferimento su rulli delle barche stesse. A differenza del naviglio Grande, che non utilizzava conche, lungo i circa 18,5 km del naviglio di Bereguardo ne sono presenti ben 12, oltre che per la necessità di superare i 25 metri di dislivello, per la fondamentale differenza fra i principali flussi di traffico a pieno carico sui due canali, che erano per il naviglio Grande in discesa, a favore di corrente, e per il Bereguardo in salita. L’allungamento del tempo di viaggio dovuto alle soste per superare le numerose conche veniva compensato da un risparmio di forza animale, se non addirittura umana, necessaria a garantire il transito controcorrente. I beni di maggior valore e peso, trasportati lungo il naviglio erano costituiti dal sale, proveniente prima da Venezia, via Po, e in

seguito da Genova, via terra, e dal vino delle aree dell’Oltrepò. A partire dall’apertura del naviglio Pavese nel 1819, il corso d’acqua non fu più utilizzato come canale navigabile, tranne che per qualche sporadico carico di legna e torba, fino a che nel 1958 fu declassato a canale irriguo. A Bereguardo è del tutto scomparsa la struttura di approdo e interscambio, una darsena che probabilmente arrivava alla piazza vicino al castello dove esisteva una “sciostra” per la conservazione delle merci.


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

La necessità di un collegamento diretto e più breve tra Milano e il Ticino, senza l’obbligo di trasbordo a Bereguardo, assunse un ruolo di grande importanza nel momento in cui Pavia divenne la seconda città del Ducato di Milano. Il progetto del naviglio Pavese prevedeva due lunghi rettilinei imperniati su Binasco, che affiancavano per tutto il suo percorso l’antica strada maestra (ora SS35 dei Giovi), lungo la quale si erano consolidati parecchi nuclei rurali. I lavori furono certamente iniziati già in epoca viscontea ma presto abbandonati per la difficoltà e i costi legati al superamento del forte dislivello di circa 57 metri lungo i 33 km del suo percorso, che richiedeva 14 conche, di cui cinque, a distanza ravvicinata, a Pavia. In epoca spagnola il progetto fu ripreso sotto la guida di Giuseppe Meda e approvato nel 1598, tanto che nel 1600 il conte

di Fuentes, governatore spagnolo, certo di poter completare l’opera, fece costruire alla darsena di porta Ticinese il “trofeo” che doveva celebrare la realizzazione dell’opera. In realtà i lavori furono interrotti alla prima conca, che da quel momento prese il nome di “conca Fallata” proprio a ricordo dell’abbandono dell’impresa. Nel periodo austriaco la priorità fu data invece al naviglio di Paderno, che poteva garantire un miglior collegamento verso nord-est. I lavori ripresero, per ordine di Napoleone, ad opera del vicerè Eugenio di Beauharnais che li affidò a Carlo Parea. La caduta di Napoleone non interruppe i lavori, portati a termine nel 1819 dal governo austriaco, giungendo così alla piena, anche se ritardata, valorizzazione della darsena milanese. Sebbene il completamento della rete sembrasse indicare l’inizio di una fase di sviluppo della navigazione interna, l’utilizzo del canale come via d’acqua ebbe vita

breve. La navigazione ebbe inizio a partire dal 1809, prima della inaugurazione ufficiale, quando vennero aperti alla navigazione i tronchi del naviglio già realizzati, tanto che nel 1814 erano istituiti servizi regolari fino a Torre del Mangano, a 7 km da Pavia. Il traffico, pur rallentato dall’eccessiva lentezza della corrente, che determinava spesso la necessità di traino anche in discesa, superò inizialmente quello sul naviglio Grande, con oltre 1400 imbarcazioni all’anno, in grado di trasportare fino a 100 tonnellate di carico, soprattutto derrate alimentari e materiali da costruzione verso Milano e carbone, calce, pietre da costruzione e concime verso Pavia. Col passare degli anni, la difficoltà di utilizzare battelli a vapore, per quanto sperimentata con successo già nel 1854 lungo il naviglio Grande e il Pavese, con il piroscafo a ruote “Verona” di 130 tonnellate, e soprattutto la maggior crescita della rete ferroviaria, resero prevalente il trasporto via terra fin quando, nel

in alto, La conca di Torre del Mangano a fianco, Progetto del “confluente”, sbocco del naviglio Pavese nel Ticino (Archivio Genio Civile, Milano)

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dopoguerra, rimase unicamente la funzione irrigua e nel 1958 il naviglio fu declassato a canale irriguo. A Milano, lungo il naviglio si sviluppò il borgo di San Gottardo con le lunghe corti passanti, specializzato nella movimentazione delle merci, mentre a Pavia, alle spalle del castello, fu costruito il borgo Calvenzano, che però non raggiunse mai gli sviluppi auspicati.

in alto, Borgo Calvenzano ed il Castello visconteo di Pavia in un’immagine della metà del Novecento (Archivio di Stato di Pavia ) sotto, L’ingresso del Martesana nella cerchia (Archivio Genio Civile, Milano)

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I buoni risultati ottenuti con l’entrata in funzione del naviglio Grande spinsero un consorzio di cittadini milanesi a chiedere ed ottenere da Filippo Maria Visconti, nel 1443, l’approvazione del progetto di un canale dall’Adda verso Milano, denominato naviglio Martesana, con lo scopo principale di


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

fornire irrigazione e forza motrice ai molini. I lavori prevedevano la derivazione del naviglio dall’alveo dell’Adda a Concesa e già alla fine dello stesso anno il duca di Milano stabiliva la trasformazione in naviglio, in modo da creare un efficace collegamento fra il lago di Como e Milano.

La costruzione del canale fu completata dall’ingegnere Bertola da Novate, sotto il ducato di Francesco Sforza tra il 1457 e il 1460 fino a Gorla, con terminale alla cascina dei Pomi. Nel 1496 la connessione del Martesana alla cerchia interna, attraverso la conca di San Marco, completò il sistema dei navigli milanesi. Il dislivello era di quasi 26 metri, che in origine venivano superati per mezzo di sei conche, di cui quattro nel tratto iniziale fra Concesa e Bellinzago e due interne a Milano (cassina dei Pomm, ormai scomparsa, e l’Incoronata). Il naviglio Martesana corre verso sud parallelo all’Adda fino a Cassano, dove piega verso ovest e, raggiunto Bellinzago, si affianca all’antica strada romana (ora SS 11 Padana superiore) giungendo a Milano dopo

un percorso di 36 km. Lungo questa strada alcuni luoghi di sosta avevano già dato origine a centri di una certa importanza, quali Gorgonzola, Inzago, Cassano e Vaprio, che diventano luoghi di interscambio anche per il naviglio. L’irrigazione fu a lungo l’uso prevalente del canale, rendendo spesso difficile la navigazione, che inizialmente era limitata a due soli giorni alla settimana. Per questo motivo nella seconda metà del Cinquecento furono realizzati una serie di interventi finalizzati ad accrescere la portata d’acqua del canale e che portarono, all’inizio dell’Ottocento, dopo l’apertura del naviglio di Paderno, al più elevato momento di utilizzo per il naviglio Martesana, con un movimento medio annuo di circa 60.000 tonnellate di merci e un traffico discendente di 1900 imbarcazioni all’anno, che aveva come principale centro di smistamento il bacino di San Marco. Verso Milano venivano trasportati materiali da costruzione, armi, manufatti in ferro, prodotti agricoli e caseari, bestiame, legname e carbone, mentre il traffico in risalita era costituito principalmente da sale e manufatti vari. Per tutto l’Ottocento fu attivo anche il servizio passeggeri, che permetteva di collegare Milano e Concesa in sette ore e mezza in discesa e dodici in risalita. Dopo l’entrata in crisi del sistema, il Martesana continuò a funzionare saltuariamente fino al 1955 nel tratto da Vimodrone a Greco per il trasporto di sabbia e ghiaia, fino a che nel 1958 viene cancellato dall’elenco dei canali navigabili. in alto, Gasparo Galliari, Veduta dell’esterno della Cassina de Pomi fuori Porta Nova, nelle vicinanze di Milano, 1808 (Civica raccolta di stampe A.Bertarelli, Milano) a fianco, La conca dell’Incoronata a Milano

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All’epoca del Ducato di Milano, la direttrice di scambio lungo il Martesana, tra il lago di Como e Milano, presentava come punto debole la necessità di trasbordo intermedio via terra causato dalla presenza delle rapide che rendevano difficoltosa la navigazione dell’Adda tra Paderno e Porto d’Adda. La realizzazione del naviglio di Paderno, con le sue sei conche, rispondeva proprio all’esigenza di realizzare la continuità via acqua, tenendo conto che la sponda sinistra dell’Adda, dove sarebbe stato più facile e conveniente realizzare un nuovo naviglio, era in territorio veneziano fin dal 1428. All’inizio del Cinquecento, dopo un probabile tentativo di Leonardo, furono ipotizzate diverse soluzioni che utilizzavano le acque

del lago di Como, secondo due diverse ipotesi. La prima prevedeva un canale che da Brivio proseguiva per Vimercate e per Monza, arrivando direttamente a Milano, mentre la seconda, quella poi adottata, consisteva in una variante sulla sponda milanese dell’Adda, all’altezza di Paderno. Attorno al 1520, a seguito di una petizione presentata dai milanesi, furono finanziati ed iniziati i lavori dello sbarramento sul fiume, sotto la guida dell’ingegnere Benedetto Missaglia, il cui progetto prevedeva la messa in campo di una scala idraulica costituita da una decina di conche. Il progetto fu poi ripreso, con l’arrivo degli Spagnoli, da Giuseppe Meda che propose di superare con una sola conca, chiamata “castello idraulico”, un dislivello di ben 18 metri (sui 27,50 totali). I lavori presero avvio nel 1590, fra innumerevoli difficoltà e modifiche del progetto, ma furono ben presto interrotti. Sotto il governo austriaco, fu approvato un nuovo progetto, meno ardito, che prevedeva le 6 conche attuali e i lavori furono conclusi nel 1777, anche se il canale fu aperto definitivamente alla navigazione solo nel 1779. Il traffico sul canale subì un incremento all’inizio dell’Ottocento grazie alla costruzio-

Il naviglio di Paderno nel progetto di Giuseppe Meda del 1574 (Biblioteca Ambrosiana, Milano)

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ne di nuove strade, fra le quali quella dello Stelvio, che favorivano il trasporto di merci da nord fino al lago di Como e da qui, attraverso il sistema dei navigli, ai ricchi mercati milanesi. Il naviglio, che copre un percorso di soli 4,5 km, fu utilizzato per tutto l’Ottocento soprattutto per il trasporto di pietre da costruzione, carbone legname e ferro verso Milano e sale in direzione contraria, fino a che la costruzione delle centrali idroelettriche della Edison a Robbiate (1896-1898), modificò la distribuzione delle acque, convogliate, alla seconda conca, nel canale di alimentazione delle centrali, con il risultato di ridurre a pochi giorni alla settimana l’utilizzo del naviglio. Il trasporto via acqua fu comunque ben presto abbandonato e il naviglio cadde in totale disuso attorno al 1930, anche in seguito ai problemi di manutenzione, per l’instabilità della base di conglomerato roccioso su cui poggia e per le continue fessurazioni del fondo, che hanno reso impossibile la presenza di acqua dalla seconda conca in poi.

in alto, Una conca lungo il naviglio di Paderno


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

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2.2 L’agricoltura e il paesaggio agrario

Le profonde trasformazioni dell’agricoltura milanese avvenute nel secondo dopoguerra (meccanizzazione, uso di concimi chimici, ecc.), unite alla crescente espansione urbana, determinarono un’alterazione profonda, e forse irrimediabile, del sistema territoriale imperniato sui navigli e sul loro sistema irriguo che copre oggi circa 60.000 ha, basato sulla stretta connessione tra regime delle acque, terreni agricoli, ordinamenti colturali e strutture fondiarie. L’apertura dei primi navigli rappresentò per l’area della pianura asciutta una svolta fondamentale, in quanto la costante disponibilità di acqua portò all’introduzione di nuove culture e al netto miglioramento delle condizioni produttive. La disponibilità per tutto l’anno di foraggio verde, dovuta all’introduzione delle marcite, diede nuovo impulso all’allevamento bovino e alla creazione di caseifici, mentre la possibilità di installare nuove ruote idrauliche favorì l’insediamento di filatoi e la parallela diffusione del gelso nelle campagne per l’allevamento dei bachi da seta. Si verificò così un esemplare sviluppo integrato dell’area, con l’agricoltura a ricoprire il ruolo di motore fondamentale e a strutturare un territorio in cui i limiti regolari dei campi erano frequentemente segnati dalle piantate di gelsi.

in alto, Il molino del Ponte a Castano Primo a fianco, da sinistra Il paesaggio agrario nei pressi di Vermezzo (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001) La Cascina Bassana a Robecco sul Naviglio

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La derivazione di acque per l’uso irriguo, affidata prima della costruzione del naviglio Grande ai soli fontanili, rese possibile la riorganizzazione agricola della pianura del sud-ovest milanese, con effetti di grande evidenza sull’orditura dei campi e sulla posizione di cascine e molini, ancora oggi perfettamente leggibile. Mentre nella fascia settentrionale del naviglio Grande, strettamente connessa all’ambito della valle fluviale del Ticino, predominano i caratteri naturalistici, con piccole cascine e molini isolati, in quella intermedia, tra Boffalora ed Abbiategrasso, il naviglio si allontana dal fiume e le rogge derivate dal canale cominciano ad esercitare gli effetti ordinatori sul paesaggio agrario, in misura maggiore sul versante orientale, dove si avverte nettamente il passaggio dalla zona dei fontanili alla fascia irrigua del naviglio a sud della


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

roggia Soncina. Sul versante occidentale, gli effetti ordinatori dei derivatori del naviglio non appaiono invece particolarmente significativi e i territori agricoli si dispongono soprattutto in relazione al terrazzo fluviale e alla presenza di numerosi fontanili e risorgive. Nella sezione finale, tra Abbiategrasso e Milano, si entra nella fascia irrigua del naviglio, i cui effetti si manifestano fino al territorio Pavese nella giacitura delle aste irrigue che hanno governato la struttura dei fondi e la posizione di cascine e molini. Qui sono dominanti gli elementi del paesaggio agrario, con la presenza di grandi cascine a corte, anche se il diffondersi di estese risaie e la conseguente modernizzazione delle pratiche colturali, ha attenuato i segni legati alla presenza di alberature di ripa, cancellando quasi del tutto prati e marcite. In ogni caso i beni connessi allo sviluppo dell’agricoltura non sono, se non casualmente, in diretto affaccio sul naviglio, ma si sviluppano lungo i suoi derivatori. La funzione irrigua del naviglio di Bereguardo, anche se indubbiamente meno determinante di quella del naviglio Grande, è ancora oggi attiva, testimoniata dalle numerose grandi cascine a corte che si trovano lungo il suo percorso, alcune delle quali, presso le conche, fungevano anche da case dei guardiani. Qui il paesaggio agrario, definito da ampi appezzamenti organizzati secondo giaciture subparallele al naviglio, presenta ancora una buona qualità, sottolineata dalla sostanziale invarianza della geometria delle partiture. Spesso queste cascine costituiscono veri e propri nuclei (Bugo, Caselle d’Ozzero) legati soprattutto alle proprietà di comunità monastiche e di grandi enti religiosi o assistenziali, come l’abbazia di Morimondo, con le sue cascine e grange (Fallavecchia).

Il paesaggio agrario domina ancora oggi questo territorio, in quanto i nuclei storici si trovano tutti ad una certa distanza dal naviglio.

dall’alto, La cascina San Bartolomeo a Cassano d’Adda La cascina Gogna a Bussero Il complesso di Cascina Salterio a Moirago

La funzione irrigua del naviglio Pavese fu sicuramente di importanza minore, innestandosi su una struttura agraria ormai ben definita, in un territorio già ampiamente servito dai derivatori del naviglio Grande. In ogni caso l’apertura del canale consentì una migliore distribuzione delle acque irrigue, introducendo risaie e prati marcitori in terreni in precedenza scarsamente produttivi. La costruzione del naviglio Pavese non determinò infatti sostanziali mutamenti nella struttura agraria del territorio attraversato e nella posizione, nel numero e nella forma delle cascine presenti lungo il suo percorso, se non per gli adattamenti riferibili alle trasformazioni avvenute nell’Ottocento e nel primo Novecento nelle strutture aziendali preesistenti e diffuse in tutto il sud Milano e nel Pavese. Superato Rozzano, il naviglio entra nella zona agricola del sud Milano, caratterizzata da ampi spazi coltivati a riso e mais, organizzati non in relazione al naviglio Pavese, ma secondo le giaciture di importanti derivatori del naviglio Grande, quali le rogge Corio, Borromeo, Speziana, ecc., che sottopassano il naviglio stesso. La principale eccezione è costituita dal complesso di Salterio (Zibido San Giacomo), preesistente al naviglio e ristrutturato attorno alla metà dell’Ottocento, in funzione dell’affaccio sulla conca di Moirago, quando assunse l’aspetto della cascina-villa. Certamente alcune altre cascine fanno parte del paesaggio del naviglio, come la cascina Annone a Milano, la cascina Badile di Zibido San Giacomo, il nucleo di Torriano in comune di Certosa, per finire con la cascina del Confluente a Pavia. 25


I NAVIGLI, LA CITTĂ€ E IL TERRITORIO

Il paesaggio agrario lungo il naviglio di Bereguardo

Il paesaggio agrario lungo il naviglio Pavese

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

L’irrigazione dei terreni situati al di sopra della fascia dei fontanili (da Trezzo sull’Adda a Cernusco sul Naviglio) fu a lungo l’uso prevalente del naviglio Martesana, che segna il confine netto tra pianura asciutta, a nord, e pianura irrigua, a sud. La funzione irrigua del Martesana non ha comunque avuto effetti ordinatori del territorio paragonabili a quelli del naviglio Grande, anche per la maggiore presenza di fontanili, ed oggi risulta spesso indebolita dall’espandersi dei centri abitati a sud del canale.

Nel tratto dalla “volta” di Cassano fino a Gorgonzola, il naviglio attraversa ampi brani di paesaggio agrario con una maglia di partiture piuttosto stabili, in cui prevale il seminativo irriguo e il prato, con un unico derivatore in sponda destra, la roggia Crosina. Nella fascia a nord predominano i differenti caratteri della pianura asciutta, con fitta ripartizione dei campi, cascine raggruppate in piccoli nuclei, parti residenziali dominanti rispetto ai rustici, mentre a sud prevalgono i caratteri della pianura irrigua con una tessitura più ampia dei campi e ca-

scine distanti tra loro e quasi sempre a corte chiusa. Occorre però precisare che la costruzione del Villoresi ha determinato lo spostamento verso nord del limite irriguo, un tempo rappresentato proprio dal corso del Martesana.

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2.3 La villeggiatura

una esibizione di censo e di prestigio sociale, aperta sul territorio in una relazione allo stesso tempo formale e funzionale. Le prime ville sorsero nei pressi delle zone boschive delle valli fluviali permettendo, oltre all’esercizio della caccia, una sorveglianza diretta e una programmazione continua delle attività dei grandi fondi agricoli annessi alle ville stesse.

Dalla seconda metà del Quattrocento le ville signorili sorgono numerose, rappresentando la realizzazione di un ideale di vita colto e raffinato e, nello stesso tempo, sereno e in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Inizialmente le ville rappresentano un equilibrio tra esigenze produttive ed estetiche, testimoniando l’interesse delle classi dominanti per la campagna e i suoi prodotti. In questo periodo assistiamo infatti alla distrazione degli investimenti dalle attività di tipo manifatturiero a favore della creazione e del miglioramento delle proprietà terriere e di complessi architettonici di grande prestigio localizzati in ambiti extraurbani particolarmente qualificati dal punto di vista ambientale. La villa diviene così nello stesso tempo un investimento produttivo e

in alto, Dimore signorili affacciate sulla cerchia, lungo l’attuale via Visconti di Modrone a Milano (Archivio Chierichetti, Milano) a fianco, da sinistra Le ville lungo il naviglio Grande a Cassinetta di Lugagnano Villa Gaia a Robecco sul Naviglio

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Questa tendenza a privilegiare le sponde dei navigli come luogo di villeggiatura è dovuta innanzitutto alla maggior facilità e alla sicurezza dei collegamenti via acqua rispetto a quelli via terra. I navigli permettevano inoltre una più facile irrigazione di parchi e giardini, una buona regolazione degli eccessi climatici e soprattutto l’inserimento in un ambiente di elevato valore paesaggistico. Il fenomeno della villeggiatura interessa principalmente gli ambiti del naviglio Grande e del Martesana, mentre appare trascurabile lungo il corso degli altri navigli. In anticipo sulla moda della villeggiatura lungo questi due corsi d’acqua, lungo la cerchia interna di Milano, soprattutto nella parte più aristocratica, fra San Marco e Porta Romana, si edificarono una serie di dimore signorili con giardini affacciati sull’acqua. Questo fenomeno, inzialmente espressione della sola classe aristocratica si diffuse progressivamente nel corso dell’Ottocento nel-


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

l’ambiente della ricca borghesia milanese, determinando l’ampliamento del patrimonio di ville e parchi. Lungo il naviglio Grande, a partire dall’originaria funzione di collegamento tra residenze viscontee, castelli e case di caccia, nel periodo fra il Seicento e il Settecento si moltiplicarono le residenze signorili, con parchi e giardini affacciati sull’acqua, concentrate prevalentemente nella fascia territoriale di maggiore valenza paesaggistica e climatica, compresa tra Abbiategrasso e Turbigo.

In questo panorama i nuclei storici di Cassinetta di Lugagnano e di Robecco sul Naviglio costituiscono, per concentrazione e per visibilità, i punti di forza, insieme al piccolo nucleo di Castelletto di Cuggiono e ad altri diffusi sia lungo le rive del naviglio, sia a breve distanza da esso, come a Corbetta, Rosio, Fagnano e in altre località. Nella fascia media e bassa le ville costituiscono invece casi isolati, fra i quali possiamo citare Gaggiano, con le ville Marino e Venini-Uboldi e Buccinasco con villa Durini Triulzo Belgiojoso. 29


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Pavia e il parco Visconteo Stampa tratta dal disegno di Ludovico Corte, edita da Ottavio Ballada nel 1654 (Pavia, Musei Civici)

La presenza di case di caccia o di villeggiatura lungo il naviglio Bereguardo è invece scarsamente diffusa, tranne che per quanto riguarda i casi del castello di Bereguardo con la vicina villa Del Maino, il nucleo della Zelata e le ville del nucleo storico di Motta Visconti. Anche l’ambito del naviglio di Pavese non si caratterizza per la presenza di residenze signorili, principalmente a causa dell’infelicità del clima. La principale eccezione era anticamente costituita dalla presenza del “parco Visconteo”, ampliamento voluto da Gian Galeazzo Visconti del “parco Vecchio”, che si estendeva dal castello di Pavia a San Genesio, come luogo di svago e di caccia riservato ai Visconti. Il parco fu distrutto a partire dalla battaglia di Pavia del 30

1525 che diede inizio al dominio spagnolo sull’antico Ducato di Milano. I castelli, pur presenti in misura superiore rispetto agli altri navigli sono tutti riferibili al periodo visconteo e sforzesco e dunque antecedenti alla realizzazione del naviglio, legati in un primo tempo alle dispute tra Milano e Pavia (castelli di Cassino Scanasio e Binasco) e poi al rafforzamento delle difese del ducato di Milano o alle residenze di caccia, come quelli di Pavia, Giovenzano, Torre del Mangano e Mirabello. Il miglioramento della struttura agraria con l’irrigazione produsse, in epoca barocca, anche lungo il naviglio Martesana, una notevole fioritura di ville signorili, volte a godere della comodità del viaggio sull’acqua


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

Il centro storico di Cernusco sul Naviglio (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000)

e a controllare le terre di proprietà e che si aggiunsero a quelle già presenti lungo il corso dell’Adda a Vaprio e Trezzo. I nuclei di Vaprio d’Adda, di Inzago e di Cernusco sul Naviglio costituiscono i luoghi di eccellenza di questo sistema territoriale, sia per la presenza di elementi di pregio storico

e architettonico (villa Alari Visconti di Cernusco, villa Melzi d’Eril a Vaprio), sia per la presenza di giardini e parchi affacciati sul naviglio, fra i quali spicca quello di villa Castelbarco Albani al Monasterolo, irrigato tramite l’acqua del naviglio sollevata grazie a una grande ruota metallica.

da sinistra Villa Melzi d’Eril a Vaprio d’Adda Villa Aitelli a Inzago

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

2.4 Le attività produttive

L’apertura dei navigli permise alle attività manifatturiere e industriali, di svilupparsi grazie allo sfruttamento dell’energia idraulica fornita dalle acque dei navigli stessi e delle rogge da essi derivate. All’inizio del XIII secolo Milano costituiva un ambiente ideale per l’impianto dei molini grazie alla presenza di un mercato urbano in espansione e di acqua corrente. La maggior parte delle ruote idrauliche erano ubicate nell’ambito della cerchia, sfruttando la forza motrice di rogge da questa derivate, ed erano utilizzate soprattutto per azionare molini da grano. In età comunale e signorile Milano si sviluppa come grande centro manifatturiero in continua espansione e che viene decisamente potenziato con l’arrivo del naviglio Martesana a San Marco.

in alto, I Molini Certosa a Certosa di Pavia a fianco, da sinistra Il bacino di San Marco in un’immagine di inizio ’900 (Archivio Chierichetti, Milano) Il complesso Richard Ginori in un’immagine storica (Comune di Milano, Archeologia industriale, 2001)

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I prodotti dell’industria siderurgica milanese, così come quelli dei tintori, dei tessitori, dei conciatori, erano apprezzati sulle principali piazze commerciali italiane ed europee. Questa struttura economico-produttiva si mantenne sostanzialmente inalterata nelle sue linee fondamentali anche nei secoli successivi, fino a quando la scarsa disponibilità di derivazioni d’acqua in grado di alimentare i moderni macchinari e l’introduzione di altre fonti energetiche in sostituzione di quella idraulica, non determinarono la stasi della localizzazione di nuove attività produttive. Infatti, diversamente da Inghilterra e Francia, paesi in cui la rivoluzione industriale si sviluppò in stretta sinergia con lo sviluppo di nuovi canali, il sistema dei navigli milanesi rimase strettamente connesso all’antico sistema di economia integrata, in cui l’agricoltura svolgeva il ruolo di motore fondamentale. L’insediamento dei primi complessi industriali lungo il naviglio Grande interessa, a partire dalla fine dell’Ottocento, inizialmente le aree perifiche di Milano più prossime alla darsena, per estendersi fino a Corsico, favorito, oltre che dalla possibilità di un più facile approvvigionamento di materie prime fondamentali per l’industria locale, quali la sabbia, dal completamento nel 1878 della ferrovia Milano-Abbiategrasso, con un trac-


2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

ciato parallelo al naviglio. Infatti il grande processo di elettrificazione che interessò l’industria italiana alla fine dell’Ottocento portò sì allo sfruttamento dell’energia idraulica di fiumi e canali artificiali, sancendo però, allo stesso tempo, la fine della contiguità tra complesso industriale e fonte energetica. Fra i primi complessi insediati possiamo citare la Ceramica Pozzi Ginori, la Loro Parisini (meccanica), la Osram (materiali elettrici), tutte a Milano, e la Cartiera Burgo a Corsico. A partire dal dopoguerra, il naviglio non costituirà più un fattore di localizzazione per le attività produttive, ma solamente la cornice delle espansioni dei centri urbani localizzati lungo il suo corso.

La fornitura di forza motrice per le attività manifatturiere non costituisce il motivo principale che ha determinato la nascita del naviglio Pavese. Nonostante questo lungo il suo corso è possibile osservare alcuni esempi di archeologia industriale, legati all’utilizzo dei salti d’acqua delle conche come fonte di energia: la cartiera Binda di Milano, la Riseria e la Filatura De Schappe di Rozzano, con le case operaie lungo la strada statale, i Molini Certosa a Certosa di Pavia.

Nel ’400 il naviglio Martesana nasce già con lo scopo di fornire irrigazione e forza motrice ai molini, oggi difficilmente riconoscibili, e la possibilità di installare nuove e più potenti ruote idrauliche rispetto a quelle diffuse lungo la cerchia, favorì l’insediamento di industrie tessili che utilizzavano la manodopera disponibile nelle campagne dove nel frattempo si era sviluppato l’allevamento dei bachi da seta. Infine negli ultimi decenni dell’Ottocento, nella parte di Milano attraversata dal canale si insediarono una serie di attività manifatturiere di notevole rilievo, fra le quali la Pirelli e la Manifattura Tabacchi.

Il progetto del 1839 per il complesso industriale Velvis a Vaprio d’Adda, lungo il Martesana (Archivio Genio Civile, Milano)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

La centrale Taccani di Trezzo d’Adda costruita nel 1906 su progetto di Gaetano Moretti

La centrale idroelettrica Esterle a Cornate d’Adda

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2. Grandi paesaggi e grandi sistemi: una lettura storica

Risulta inoltre decisamente significativa la presenza di complessi di archeologia industriale lungo le rive dell’Adda e sul Martesana, nel tratto tra Trezzo e Cassano d’Adda, dallo stabilimento Velvis di Vaprio che sfruttava le acque del naviglio per azionare i macchinari, alla più famosa centrale Taccani di Trezzo, costruita nel 1906 su progetto di Gaetano Moretti, fino all’insediamento di Crespi d’Adda sulla riva opposta del fiume.

Il naviglio di Paderno si caratterizza invece principalmente per l’insediamento delle centrali idroelettriche Bertini ed Esterle, che, assieme alle altre centrali lungo l’Adda, ricadenti nell’ambito del Martesana, costituiscono un complesso di esempi di archeologia industriale di eccezionale interesse.

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Veduta aerea della Darsena di Milano e dei due rami di naviglio (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001)

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3. Sviluppi urbani e territoriali Nel corso dei secoli i navigli hanno giocato un ruolo importante nella formazione della struttura insediativa, lasciando un segno ancora riconoscibile nonostante le numerose “cancellazioni” avvenute nel corso del Novecento, durante fasi di sviluppo urbano in cui, spesso, si riservava scarsa attenzione a valori ed emergenze del territorio.

A Milano la copertura della cerchia interna e dei suoi rami di connessione nel 1929 ha privato la città di un elemento forte del suo disegno, ma soprattutto ha demotivato il baricentro del sistema, essendo venuta a mancare l’opera che ne giustificava le connessioni, territoriali e funzionali, tra l’area metropolitana e la città. Oggi il sistema dei navigli è di fatto diviso in due sottosistemi, quello costituito dal naviglio Grande, dal naviglio di Bereguardo e da quello Pavese a ovest e quello costituito dal naviglio di Paderno e dal Martesana a est, determinando una sorta di estraneità del centro storico rispetto ai navigli e, addirittura, tra Martesana e città, a causa della copertura dell’ultimo tratto di questo naviglio.

Malgrado ciò, e nonostante alcuni interventi attuati nel dopoguerra, il paesaggio urbano che si affacciava sulla cerchia dei navigli è ancora leggibile. Restano, per esempio, i segni della presenza della via d’acqua, nell’affaccio di alcuni giardini (via Visconti di Modrone e via Senato), nella forma delle aperture di vecchie “sciostre” (via Molino delle Armi), nella vecchia porta medioevale di Porta Ticinese, ecc. E’ interessante inoltre rilevare come la Darsena, con i due rami dei navigli Grande e Pavese che su di essa fanno perno, assieme al comparto edilizio circostante, compreso entro la circonvallazione delle regioni, è divenuta uno dei poli urbani di maggiore dinamicità in termini non solo di insediamento di funzioni per il tempo libero, ma anche di effervescenza del mercato immobiliare, con i conseguenti problemi di conflittualità tra diverse tipologie di utenti (residenti e fruitori). Si evidenzia quindi la necessità di interventi che, nella risoluzione di tale criticità, si occupino incentivare la valorizzazione e la qualificazione di questa parte di città.

3.1 La città centrale

in alto, I lavori di copertura della cerchia in via Francesco Sforza (Archivio fotografico civico, Milano)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

3.2 I territori della provincia

Per le tratte dei navigli Grande e Pavese che si sviluppano nella zona più periferica si nota come siano state scarse le sinergie con il contesto e come siano mancate attenzioni per la salvaguardia delle qualità paesistiche e ambientali che derivavano dalla presenza delle vie d’acqua. Una progettazione urbana capace di considerare in modo integrato

in alto, Veduta aerea di Corsico con il comparto delle aree ex Pozzi in fase di trasformazione (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001) a fianco, Il centro storico di Robecco sul Naviglio

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le risorse presenti potrà ridare vita alle relazioni tra i navigli e il tessuto urbano circostante, anche attraverso l’individuazione di forme nuove di paesaggio. Un esempio di recupero del rapporto tra naviglio e città si ritrova, ad esempio, nel tratto del Martesana che attraversa i nuclei di Crescenzago, Turro e Gorla e che a seguito della parziale copertura del canale sembrava aver perso il rapporto con il contesto urbanizzato. Con i recenti interventi di formazione di un percorso ciclopedonale, integrazione con spazi verdi e riqualificazione edilizia il Martesana sta iniziando a riacquistare, a livello locale, un ruolo quale elemento di qualità urbana. Rilevanti situazioni di degrado si riscontrano invece nella tratta più esterna verso la tangenziale.


3. Sviluppi urbani e territoriali

Per l’area interessata dal corso del naviglio Grande è possibile osservare che nella fascia settentrionale, compresa tra l’incile a Tornavento e Boffalora Ticino, dove il naviglio supera il terrazzo principale della valle fluviale del Ticino, prevalgono gli elementi di naturalità, legati all’ambito fluviale, alle riserve naturali e ai boschi. Nella parte più a nord il paesaggio risulta inoltre caratterizzato da un elevato numero di prese d’acqua dal fiume Ticino che alimentano canali irrigui e industriali (centrali elettriche) sia sulla sponda lombarda che su quella piemontese. In questo tratto gli sviluppi insediativi hanno rispettato l’ambito del naviglio, lungo il cui corso continuano a prevalere gli elementi di naturalità. Nella fascia tra Boffalora ed Abbiategrasso, e poi sino a Gaggiano, il

contesto è caratterizzato dalla presenza di numerose ville, con i loro parchi e giardini, oltre che da sistemi urbani di elevato valore storico. Non si possono però ignorare episodi recenti di utilizzo delle aree circostanti la via d’acqua per l’insediamento di comparti industriali. Infine da Gaggiano a Milano il territorio urbanizzato è dominante e spesso si osserva una non elevata qualità, risultato di processi di sviluppo insediativo che hanno tenuto in scarsa considerazione gli elementi strutturanti il paesaggio, ritenendoli spesso un ostacolo. E’ qui che si deve ritrovare un rapporto tra insediamenti e naviglio, in particolare sfruttando le opportunità offerte dagli interventi di trasformazione urbana conseguenti al manifestarsi di fenomeni di dismissione industriale.

Schema delle derivazioni dal fiume Ticino per irrigazione e forza motrice (Stocchi S., Vie d’acqua in Lombardia, Federico Motta Editore, Milano, 1991)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Il nodo di Castelletto di Abbiategrasso con il naviglio di Bereguardo che si distacca dal naviglio Grande (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001)

L’arrivo del naviglio a Bereguardo

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Esclusivamente agricolo è il paesaggio che caratterizza ancora oggi il territorio attraversato dal naviglio di Bereguardo, che scorre interamente nella pianura soprastante la valle fluviale, ed è totalmente compreso nel Parco Regionale della Valle del Ticino. Il corso del naviglio segue un tracciato rettilineo distante dai nuclei urbani dei comuni attraversati, e nessuna “interferenza” si è venuta a creare con gli sviluppi insediativi più recenti, di natura industriale. Lungo le sue rive si trovano solo alcune cascine. Il rapporto con la struttura urbana avviene solo ai terminali del suo corso; a nord Abbiategrasso, a sud Bereguardo, dove il naviglio termina a ridosso del centro storico, mantenendo però con esso una relazione del tutto marginale, con l’abitato che “volge le spalle” al corso d’acqua.


3. Sviluppi urbani e territoriali

La costruzione del naviglio Pavese non comportò sostanziali mutamenti nella struttura del territorio attraversato né per quanto riguarda i centri urbani, né per le aree agricole. Partendo dalla darsena di Milano il naviglio attraversa la città per un primo lungo tratto, caratterizzato dall’affaccio del borgo di San Gottardo e più avanti dalla periferia urbana con alcuni interessanti insediamenti di edilizia popolare storica, in via di recupero. Più avanti, sul lato occidentale una parte ancora consistente di aree agricole, comprese nel Parco Agricolo Sud Milano si affaccia sul naviglio, questo prima di incontrare il complesso di Milanofiori che sostanzialmente ne “ignora” la presenza.

da ampi spazi organizzati secondo la maglia irrigua derivata dal naviglio Grande.

Sempre in questa tratta la fascia compresa tra il naviglio e la statale dei Giovi risulta caratterizzata da notevole degrado sia nella parti costruite che in quelle libere. Superato Rozzano, il naviglio entra nella zona agricola del sud Milano, caratterizzata

Nell’ambito del sistema dei navigli lombardi il Pavese è quello che evidenzia le maggiori criticità soprattutto per una generale condizione di non elevata qualità del contesto territoriale, sia del costruito, sia, a volte, dello spazio aperto.

Qui l’espansione dei centri urbani, non ha particolarmente intaccato la struttura del paesaggio agrario che, in una visione ampia, si presenta, continuo e compatto fino alle porta della città di Pavia e dove si rileva tuttora la presenza di notevoli esempi di cascine a corte. La fascia di territorio più prossima al corso d’acqua, anche per la vicinanza con il tracciato della statale che corre parallelo, risulta invece caratterizzata da frequenti episodi di edificazione di scarso pregio, pur con alcune emergenze come i Molini Certosa.

Veduta aerea del naviglio Pavese a Certosa con il complesso industriale storico dei Molini (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Il naviglio Martesana interessa l’ambito orientale della Provincia di Milano, unendo l’Adda al capoluogo e attraversando, come d’altronde fa il naviglio Grande, una serie di sezioni territoriali diversamente caratterizzate. La prima sezione, lungo la valle dell’Adda, tra l’incile in Trezzo d’Adda e la curva di Cassano, risulta ancora caratterizzata da tipologie di insediamento storiche, quali i nuclei urbani, le ville signorili, con i loro giardini in affaccio sul naviglio e il grande parco del Castelbarco e i notevoli esempi di archeologia industriale che segnano tutto il corso dell’Adda su entrambe le rive. Nella seconda tratta, dalla “volta” di Cassano sino a Gorgonzola, il naviglio attraversa ampi brani di paesaggio agrario integro, alternato a centri urbani, nei quali le parti storiche e i territori di recente urbanizzazione sono in sostanziale equilibrio. Infine, da Gorgonzola verso il capoluogo, il corso del naviglio appare ormai interamente inglobato in un continuo urbano che lo ha del tutto separato dall’originario spazio agrario e che comprende ambiti di valore storico (Cernusco sul Naviglio, con la bella serie di ville e giardini in fregio al naviglio, ampliati dal Parco urbano del Martesana), zone di prevista urbanizzazione (Vimodrone), fino ad un comparto di basso profilo qualitativo in avvicinamento a Milano (Cologno Monzese).

dall’alto, Veduta aerea del naviglio Martesana tra Bussero e Gorgonzola (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000) Veduta aerea del naviglio Martesana e della M2 a Vimodrone (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000)

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Un esempio dei mutamenti delle “relazioni” tra naviglio e territorio si ritrova nell’intervento, avvenuto nel 1969, di deviazione del Martesana più a nord per consentire la costruzione della linea 2 della metropolitana, cambiando in questo modo l’attraversamento del nucleo di Vimodrone ed i rapporti tra il suo centro storico e il naviglio.


3. Sviluppi urbani e territoriali

Superato il Lambro, in un contesto intensamente urbanizzato e molto degradato, il naviglio entra a Milano, attraversando quel che resta di piccoli nuclei quali Crescenzago, Turro e Gorla, dove permangono alcuni segni del rapporto con il naviglio, nell’affaccio di giardini e nella presenza di luoghi di sosta, fino alla Cassina dei Pomi dove termina la parte a cielo aperto. Non si può infine ignorare come l’evidente sinergia tra lo sviluppo urbano e le potenzialità offerte dalla presenza del corso d’acqua rappresenti un elemento di caratterizzazione del Martesana rispetto al complesso del sistema dei navigli.

Vedura aerea del naviglio Martesana a Inzago (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000)

Il centro storico di Gorgonzola

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Il naviglio di Paderno si caratterizza essenzialmente per l’elevata qualità ambientale e la grande suggestione scenografica del contesto nel quale si sviluppa il suo breve corso. Il tracciato del naviglio percorre infatti un’area di eccezionale interesse paesaggistico che viene, classificata dal Parco regionale dell’Adda Nord come “monumento naturale, area Leonardesca”, allo scopo di tutelarne le caratteristiche morfologiche, naturali e paesaggistiche, con particolare riferimento al valore storico-culturale assunto nel tempo. In una situazione in cui il rapporto con il sistema urbano è sostanzialmente inesistente, anche manufatti come il ponte di Paderno, le conche e gli impianti idroelettrici concorrono alla valorizzazione e qualificazione del paesaggio.

dall’alto, Le opere di presa del naviglio di Paderno viste dal ponte di Paderno L’alzaia del naviglio di Paderno

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3. Sviluppi urbani e territoriali

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4. Strumenti di pianificazione e progetti d’intervento La ripresa dell’interesse nei confronti del sistema dei navigli trova testimonianza nel rilievo che esso assume nell’ambito degli strumenti di pianificazione e programmazione messi in campo dagli enti territoriali di governo.

4.1 Gli strumenti di pianificazione e programmazione

Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) individua i navigli e i canali storici quali emergenze particolari della memoria storica, per le quali la tutela deve essere esercitata sia sugli elementi propri che su quelli di connessione e integrazione col territorio, garantendo salvaguardia, recupero e tutela dei manufatti originali, della fruizione e del paesaggio in cui sono inseriti.

Negli ultimi tempi la pianificazione locale e territoriale ha positivamente mutato atteggiamento nei confronti degli ambiti attraversati dai navigli, non più considerati come adatti a inopportuni insediamenti produttivi, coi navigli visti unicamente come fastidiosi ostacoli da superare.

in alto, L’Abbazia di Morimondo

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Se i navigli rappresentano elementi di rilievo nei piani dei parchi e delle aree protette e sono oggetto di considerazione nei piani territoriali e locali, è soprattutto negli atti di programmazione e nei progetti, che vanno ricercate risposte concrete al bisogno di interventi finalizzati alla loro conservazione, qualificazione, valorizzazione.

Fra i progetti di riqualificazione ambientale, il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Milano (PTCP) prevede una serie di Programmi di azione paesistica che interessano il sistema dei navigli. Il primo è finalizzato alla promozione del sistema museale territoriale lungo i navigli storici, altri invece alla realizzazione di itinerari ciclopedonali di interesse paesistico-ambientale al fine di valorizzare gli elementi di interesse storico-architettonico presenti sul territorio, in particolare il sistema delle abbazie e gli ambiti di elevato valore naturalistico fra cui i percorsi lungo i navigli Grande, Pavese e di Bereguardo. Inoltre il PTCP propone una serie di percorsi di fruizione paesistica del territorio, individuati sulla base della significatività dal punto di vista storico-


paesaggistico, della continuità e della percorribilità dei tracciati. Fra questi percorsi, quelli dei navigli Grande e Martesana sono stati individuati in relazione al sistema delle ville, dei giardini storici e dell’archeologia industriale, e quelli dei navigli Pavese e di Bereguardo, per il sistema delle abbazie e per quello delle grandi cascine. Infine il PTCP propone l’integrazione delle tutele paesistiche esistenti per quanto riguarda i navigli Grande, Pavese e di Bereguardo. Il sistema dei navigli è compreso e trattato in diversa misura nei Piani Territoriali di Coordinamento dei tre grandi Parchi Regionali. Il Parco della Valle del Ticino non evidenzia il corso del naviglio Grande nel proprio PTC ma lo inserisce in uno specifico Piano di Settore “Viabilità storica e sistema di navigli” che ha, tra gli altri compiti, quello di individuare i tracciati costitutivi della rete dei percorsi storici e della rete delle vie d’acqua, per giungere ad individuare un programma di azioni e interventi finalizzato a garantire un’estesa fruizione paesisitica delle reti individuate, in particolar modo attraverso la realizzazione di percorsi ciclopedonali e la valorizzazione di siti di particolare pregio. Il Parco Agricolo Sud Milano sottopone a tutela ed inserisce nel proprio Piano l’intero sistema delle acque irrigue, costituito dai navigli Grande e Pavese (e Martesana per i pochi tratti compresi nel Parco) e dai loro derivatori, ed evidenzia le strade alzaie come matrici principali dei percorsi di interesse storico paesistico del Parco. Il Parco Adda Nord inserisce l’intero naviglio di Paderno nel “Monumento naturale area leonardesca”, sul quale è da tempo in corso uno studio per la formazione di un eco-museo. Contemporaneamente il tratto di Martesana dall’incile, a Trezzo, fino

a Cassano è sottoposto a tutela assieme ai centri ed ai nuclei storici che si affacciano lungo il suo percorso. Anche il Parco Adda Nord segnala tra i percorsi proposti le strade alzaie di entrambi i navigli. Il Master Plan dei navigli è uno strumento a forte valenza operativa. E’ stato promosso dalla Regione Lombardia, con la collaborazione del Politecnico di Milano che si avvalso di competenze specialistiche tra le quali il Centro Studi PIM. L’obiettivo generale è quello di fare rivivere il sistema dei navigli attraverso azioni per la riqualificazione del contesto urbano (con particolare riguardo alle sponde e alle opere idrauliche) e per la valorizzazione delle potenzialità architettoniche, culturali, di navigabilità turistica e di fruizione delle alzaie. Nel Master Plan hanno trovato particolare attenzione i temi relativi alla costruzione del quadro delle conoscenze, all’insieme dei beni storico architettonici, agli usi delle infrastrutture/vettori delle vie d’acqua e delle reti di mobilità, allo stato del paesaggio/ambiente e dell’assetto urbano e territoriale e dei suoi rapporti con il contesto. La trattazione di questi temi ha permesso di avere a disposizione un quadro del territorio indispensabile per guidare le azioni di riqualificazione e per identificare e selezionare i progetti e gli interventi da promuovere, non

dall’alto, Il “traghetto di Leonardo” (Regione Lombardia, Guida ai parchi e giardini della Lombardia, 2001) Segnaletica della pista ciclabile lungo il naviglio di Bereguardo Master Plan Navigli: il percorso seguito per giungere all’individuazione degli interventi operativi (Regione Lombardia, 2003)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Master Plan Navigli: vocazioni per gli indirizzi progettuali (Regione Lombardia, 2003)

solo in coerenza con i campi di operatività del Master Plan, ma anche nell’ottica della valorizzazione dei caratteri del contesto. Le indicazioni progettuali prioritarie riguardano la formazione di itinerari ciclabili lungo le alzaie dei navigli, in relazione con la rete ciclabile del contesto e in sinergia con i valori storico-monumentali degli ambiti attraversati. Per quanto riguarda le opportunità e i vincoli per la navigabilità i navigli, assieme alle alzaie, possono rappresentare una modalità di collegamento complementare alle reti viaria e ferroviaria, da giocare in una visione lenta della mobilità, che consenta di conoscere meglio il territorio con le sue qualità ed emergenze. Il Master Plan dedica inoltre uno spazio specifico a Milano, quale perno del sistema dei navigli. 48

In tal senso l’esigenza di una valorizzazione dell’area della darsena e dell’ambito urbano circostante, con i rami del naviglio Grande e del naviglio Pavese, trova risposta nell’impegno a definire azioni concordate tra Regione e Comune e a concentrare risorse per una migliore vivibilità di questo importante e centrale spazio cittadino.

coinvolti nelle responsabilità di gestione dei navigli ha spinto la Regione Lombardia alla creazione di una Società consortile a responsabilità limitata (SCARL) denominata “Navigli Lombardi” e operativa dall’inizio del 2004, il cui obiettivo è promuovere e favorire il recupero e la valorizzazione degli storici corsi d’acqua.

Un’ulteriore sottolineatura del segno lasciato dai navigli sulla forma urbis di Milano si concretizza nella proposta di creare un itinerario ciclopedonale, denominato Milano città d’acqua, in grado di riconnettere il naviglio Martesana alla darsena, attraverso il percorso della cerchia dei navigli, valorizzando le numerose emergenze storico-monumentali ancora presenti. La confusione di competenze tra i molti enti a vario titolo

I finanziamenti, ottenuti dalla riscossione dei canoni idrici del sistema dei navigli, saranno in massima parte destinati, oltre che alla gestione, ad investimenti a carattere strutturale, infrastrutturale, idraulico, culturale, promozionale, di marketing territoriale, di servizio per il turismo, raccolti sotto lo slogan/sigla “Vivere i Navigli”.


4. Strumenti di pianificazione e progetti d’intervento

Il parco progetti che interessa il sistema dei navigli, pur non potendo essere considerato povero in assoluto, né da un punto di vista numerico, né qualitativo, risulta sicuramente caratterizzato da uno scarso livello di coordinamento e integrazione. Ciò ha impedito, fino ad oggi, di procedere secondo un’efficace programmazione strategica, in grado di ricondurre ad un disegno unitario la molteplicità degli usi, attuali e potenziali, dei navigli. I progetti in atto, anche quando trascendono la semplice gestione e manutenzione ordinaria, per interessare interventi di una certa rilevanza, sembrano orientarsi più verso un posizionamento di nicchia che verso la promozione sistemica del territorio. Per questi motivi gli interventi non

appaiono in grado di attivare le necessarie sinergie per la fruibilità turistico-culturale, di garantire significativi effetti moltiplicatori e di fornire valore aggiunto al processo di riqualificazione complessiva del sistema, favorendo l’incontro e il dialogo fra i soggetti interessati, le proposte, le azioni e le collaborazioni. Il Master Plan dei navigli, con la sua forte valenza operativa e il suo quadro delle conoscenze, si propone proprio di guidare le azioni di riqualificazione, selezionando inoltre i progetti e gli interventi da promuovere, nell’ottica della valorizzazione non solo dei manufatti stessi, ma anche dei caratteri del contesto urbano e territoriale. Per quanto riguarda invece i finanziamenti, occorre ricordare che la loro provenienza è stata fino ad oggi quanto mai eterogenea (comuni, regione, enti parco, ed altro), senza l’intervento di nessuna legge apposita. Questa situazione è dovuta innanzitutto alla confusione di competenze tra i numerosi enti coinvolti nella gestione dei navigli, siano essi interni alla Regione Lombardia, che esterni (Agenzia del Demanio, comuni, province, Consorzio Villoresi). A molti di questi problemi, come abbiamo visto, sta provando a mettere rimedio la Regione con la creazione della SCARL Navigli

4.2 I progetti in campo

in alto, La darsena di Milano oggetto di un concorso per la sua riqualificazione a fianco, Castelletto di Abbiategrasso con in alto la Casa del Guardiano delle acque e in basso Palazzo Stampa, interessati da interventi di recupero (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001, per la foto aerea, e Comune di Abbiategrasso)

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Progetto Camminando sull’acqua (Centro Studi PIM; 2001-2004)

Lombardi, sfruttando i finanziamenti, ottenuti dalla riscossione dei canoni idrici e selezionando gli interventi da promuovere. In merito alle politiche di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-culturale si inserisce, ad esempio, l’Accordo di programma, siglato da Regione, Provincia, Comune, Università, Agenzia del Demanio e ALER, per il recupero funzionale di complessi monumentali nel comune di Abbiategrasso, quali Palazzo Stampa, la Casa del Guardiano delle Acque e l’ex convento 50

dell’Annunziata allo scopo di localizzare attività universitarie e museali. Nel campo più ampio della progettazione urbanistica e territoriale, in sinergia con il sistema dei navigli, si annoverano ad esempio progetti di sviluppo della fruizione e di qualificazione ambientale e paesistica: dalla progettazione dell’itinerario ciclabile Milano-Pavia lungo il naviglio Pavese con azione coordinata delle Province di Milano e Pavia e della Regione, alle azioni promosse da alcuni comuni compresi nel territorio

delimitato dai navigli Grande e Pavese con il progetto in corso di attuazione Camminando sull’acqua che riguarda il recupero di ambiti naturali e antropizzati. Passando al caso degli ambiti che saranno oggetto di profonde trasformazioni territoriali vanno ricordate alcune situazioni a diverso grado di maturazione per quanto concerne la progettazione/attuazione: • Corsico, con importanti aree dismesse, comprese nella fascia a nord del naviglio


4. Strumenti di pianificazione e progetti d’intervento

Grande, interessate da programmi di trasformazione-rinnovo urbano (ex Burgo ed ex Pozzi) e con significative testimonianze in termini di beni storico-architettonici da recuperare (cascine Guardie); • Vimodrone, con le aree a nord del naviglio Martesana interessate da un rilevante intervento di espansione urbana; • le aree di Assago e Rozzano, adiacenti al complesso direzionale e commerciale di Milanofiori, che, in vista della prevista realizzazione del prolungamento della metropolitana M2, devono sapere meglio dialogare con il naviglio Pavese che le lambisce, più di quanto non sia accaduto nel passato con lo stesso Milanofiori. Queste situazioni costituiscono importanti occasioni per ricercare soluzioni progettuali in grado di garantire un equilibrato connubio tra valorizzazione urbanistica e paesistico-ambientale. In merito al ripristino della navigazione si può collocare il progetto più attuale, che ne prevede l’estensione alla suggestiva tratta di naviglio Grande tra Abbiategrasso e Castelletto di Cuggiono. La realizzazione degli approdi dovrà essere vista non come semplice elemento per l’organizzazione del servizio, ma come parte di un più complessivo progetto che preveda la riqualificazione dei contesti locali e la creazione di sinergie tra le diverse opportunità di fruizione. Venendo a parlare di Milano occorre ricordare che la darsena costituisce un’occasione unica per un intervento di riqualificazione dell’ambito urbano in cui è inserita. In tal senso il Comune di Milano sulla base dell’Accordo di Programma stipulato con la Regione Lombardia nel 2003 ha deciso di procedere alla sistemazione dell’Ambito Darsena (circa 100.000 mq) attraverso un concorso internazionale di progettazione a procedura ristretta, il cui vincitore sarà proclamato alla fine del 2004.

Corsico: il nucleo storico, il naviglio Grande e il progetto di intervento sull’area ex Burgo (Elaborazione del Centro Studi PIM con il modello 3D della cartografia digitale)

Abbiategrasso: progetto preliminare per la realizzazione dell’approdo

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5. Suggestioni per la valorizzazione del sistema dei navigli I navigli sono oggi riconosciuti come elementi primari della connotazione paesistica del territorio milanese-lombardo; essi costituiscono un sistema di connessione continuo, composto da episodi di qualità, in grado di delineare una trama forte e riconoscibile di cui va rafforzata la relazione con il contesto. In un progetto di miglioramento dell’assetto urbano e territoriale e di sviluppo del sistema sociale dell’area milanese la questione della salvaguardia, del recupero, della ridefinizione delle funzioni e della valorizzazione del sistema dei navigli si colloca dunque tra le priorità. In questa logica è indispensabile disporre di un quadro di riferimento unitario per definire e sostenere progetti d’intervento integrati che siano in grado di organizzare il territorio secondo forme di interesse collettivo e sappiano rapportarsi alle differenze territoriali che caratterizzano il sistema dei navigli. Negli ambiti attraversati dai navigli si incrociano infatti elementi che riguardano, da un lato il paesaggio, i beni storico-architettonici, il sistema insediativo, la fruzione; dall’altro le relazioni con i caratteri specifici del territorio, dagli ambiti naturali ai contesti urbani consolidati, dalle aree agricole agli ambiti di espansione/trasformazione. Nelle ipotesi progettuali debbono quindi potersi confrontare questi differenti elementi. Una prima suggestione in tal senso ci viene suggerita dalla vicenda di lungo periodo. La 52

storia dei navigli mostra infatti una continua evoluzione del sistema, con mutamento di ruoli e funzioni. Con la progressiva decadenza dell’originario ruolo di via di trasporto, si è consolidata la funzione irrigua, così come l’iniziale interesse come luogo di villeggiatura, è mutato secondo nuove esigenze di fruizione paesaggistica e culturale del territorio che riguardano in particolare il tempo libero. In questo senso il sistema dei navigli rappresenta un’importante potenzialità per una forma di turismo culturale da noi poco sviluppata e che necessita di una modalità di approccio differente rispetto a quelle praticate in ambiti di maggior notorietà, anche se non di uguale fascino e valore storicoculturale. Il ruolo svolto oggi dai navigli, può quindi essere quello di dorsali per la fruizione del paesaggio e dell’ambiente da parte di un turismo “dolce” di origine locale, aperto tuttavia a soddisfare una domanda più larga, proveniente dalla diffusione di forme di turismo e di loisir largamente praticate nel resto d’Europa.


Le cascine Guardia di sopra e Guardia di sotto a Corsico (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001)

Un secondo stimolo riflessivo riguarda le politiche di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-culturale. Queste, da un lato, devono avere necessariamente per oggetto le “emergenze”, cioè quelle eccellenze in grado di esercitare grande richiamo e di dare tono all’intero sistema, dall’altro, devono agire sulla trama di beni diffusi, che identificano particolari modalità d’uso legate ad uno specifico contesto culturale o temporale e che hanno segnato la lunga opera di trasformazione e di strutturazione del territorio operata dai navigli. Un corretto approccio agli interventi sul patrimonio storico-culturale dovrà rico-

noscere come prioritarie quelle “situazioni critiche” per le quali è possibile prevedere la conservazione attraverso soluzioni progettuali di ripristino/ridestinazione. Altro passaggio è la ricerca di funzioni nuove e compatibili con la tutela dei caratteri originari dei beni e dei loro contesti storici e ambientali, per consentire loro di continuare a vivere al passo coi tempi, contribuendo a un complessivo programma di qualificazione territoriale.

di farli rivivere, contribuendo così a bloccare il processo di obsolescenza e creando al tempo stesso una nuova forma di utilizzo che risponda alle crescenti esigenze della città e del territorio. Le strategie d’azione devono infine incaricarsi di indagare, progettare e agire sulle relazioni che uniscono tra loro i beni e che li legano al territorio, generando un valore che può essere percepito ad una scala “sistemica”.

Si tratta quindi non solo di salvaguardare il valore testimoniale dei diversi manufatti, ma anche di ritrovare in essi la possibilità 53


I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

dall’alto, Il naviglio Pavese e il complesso di Milanofiori in Assago e Rozzano (Elaborazione del Centro Studi PIM con il modello 3D della cartografia digitale) L’affaccio del nucleo storico di Cernusco sul naviglio Martesana (Elaborazione del Centro Studi PIM con il modello 3D della cartografia digitale)

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5. Suggestioni per la valorizzazione del sistema dei navigli

Una terza suggestione attiene al tema del paesaggio. Da questo punto di vista diventa cruciale la libera percezione visiva di tutti quegli elementi che sottolineano i valori dei navigli e il loro inserimento attivo nel paesaggio, quali la vegetazione di margine, le ville e i relativi parchi e giardini. Occorre tenere presente che spesso anche in contesti che appaiono depauperati o comunque banalizzati esistono tracce dei segni legati alla precedente strutturazione del paesaggio che possono e devono concorrere a ricostruirne l’identità e a guidarne conseguentemente le trasformazioni. Esistono poi situazioni in cui il paesaggio ha perso le sue connotazioni ecologiche, morfologiche e storico-culturali originarie, ma ciò non significa che le trasformazioni non possano inserirsi in un processo integrato volto al mantenimento o alla ricostruzione della biodiversità, alla creazione di elementi di qualità naturalistica polivalenti, alla progettazione accurata degli spazi aperti e delle relazioni fra questi e il costruito. Per questi motivi è importante nel processo di pianificazione prendere in considerazione anche quegli ambiti che si

presentano maggiormente vulnerabili perché, in relazione al loro stato di abbandono o all’essere oggetto di profonde trasformazioni territoriali, si trovano in una condizione di esistente o potenziale degrado paesistico-ambientale. Ed allora quegli enti locali che, nell’ambito della progettazione urbana, promuovono politiche di intervento finalizzati a cogliere la presenza del naviglio per aggiungere qualità e valore al territorio, sono in grado di raggiungere importanti risultati. Si pensi ad esempio a quei comuni compresi nel contesto a più elevata urbanizzazione dell’area milanese come Cernusco sul Naviglio, Gorgonzola, Gaggiano. Una quarta questione riguarda il rapporto con l’evoluzione della struttura insediativa, che rappresenta un altro dei punti di attacco per qualsiasi politica di valorizzazione. Un esempio di questo stretto rapporto si evidenzia nei casi dove i navigli, nell’attraversare i centri storici, si trovano in presenza di processi di riqualificazione di interi settori urbani, di trasformazione di aree industriali

Il Parco del Naviglio a Cernusco (Comune di Cernusco sul Naviglio, Il nuovo Parco del Naviglio, 2002)

dismesse o di nuovo sviluppo insediativo. Numerosi sono al riguardo i casi che possono rappresentare occasioni importanti nel migliorare la qualità del paesaggio nel rapporto tra costruito, spazi aperti e navigli. In particolare, per gli insediamenti storici gli indirizzi progettuali devono essere finalizzati alla conservazione e valorizzazione dei loro caratteri peculiari e al mantenimento del sistema di rapporti visivi e strutturali fra le diverse parti di un centro e tra quest’ultimo il suo territorio e il corso dei navigli. I navigli quindi visti come elementi di valorizzazione delle polarità urbane presenti lungo il loro corso, assi di riferimento nel più complessivo progetto di qualificazione del territorio e di fruizione del sistema. 55


I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Il nucleo edificato di Gaggiano e il paesaggio agrario lungo il naviglio Grande (Elaborazione del Centro Studi PIM con il modello 3D della cartografia digitale)

Un quinto spunto per l’azione concerne il sistema agricolo. Esso assume un ruolo determinante, in quanto rimane l’unico elemento di continuità nella storia del sistema e, come tale, può permettere il proseguimento della sua evoluzione storica. L’organizzazione del paesaggio agrario assume così la massima rilevanza, attraverso: • la tutela della straordinaria tessitura storica, costituita dalle partiture poderali, dagli schemi arborei e dalla rete irrigua; • il recupero di colture pregiate e sistemi di coltivazione tradizionali, quali le marcite; • il recupero dei complessi agricoli, rispettandone i caratteri originari, le caratteristiche tipologiche e preservando o ricostituendo il rapporto con il contesto, anche in quelle aree dove la meccanizzazione dell’agricoltura ha portato a una sua alterazione. 56

Occorre quindi valorizzare e potenziare la funzione del sistema dei navigli quale connettivo di aree verdi, parchi regionali e valli fluviali, attraverso interventi sia sul sistema della fruizione che sulla “costruzione” del paesaggio. Grande attenzione deve essere prestata al tema delle infrastrutture, in particolar modo a quelle viabilistiche, alle loro interferenze e al loro impatto sulla rete dei navigli. Queste fanno riferimento a due situazioni prevalenti: la presenza di itinerari continui di viabilità locale lungo le alzaie e la presenza di situazioni puntuali di interferenza, tali da determinare la mancata continuità di itinerario dell’alzaia e la conflittualità negli attraversamenti. La conoscenza di queste situazioni risulta fondamentale per individuare, in sinergia con i programmi di recupero e valorizzazio-


5. Suggestioni per la valorizzazione del sistema dei navigli

ne, le situazioni nelle quali è indispensabile l’attivazione di procedure che consentano di favorire la risoluzione delle criticità e di indirizzare le soluzioni progettuali relative a nuovi interventi previsti. Ciò in relazione sia ai condizionamenti per la navigabilità (ponti a raso) sia agli impatti, visivi e non, generati dai manufatti di scavalco e dalle nuove infrastrutture previste lungo i navigli. Il miglioramento delle condizioni di accessibilità, fatta salva la necessaria minimizzazione degli impatti, permette innanzitutto di valorizzare le opportunità per un uso alternativo delle vie d’acqua e delle strutture accessorie (alzaie, viabilità minore, ecc.). I navigli, con le loro alzaie, rappresentano inoltre un sistema di collegamento alternativo alle tradizionali reti di mobilità stradale e ferroviaria, il naturale supporto della rete ciclabile in grado di costituire un’importante risorsa dal punto di vista della fruizione turistica e del tempo libero, nel quadro di una conoscenza “lenta” del territorio che permette di mettere in rete il capoluogo lombardo con il Ticino, l’Adda, i Parchi regionali fluviali e con le altre polarità urbane (Pavia, Lecco, ...). Si tratta innanzitutto di proseguire nell’importante azione portata avanti in questi anni dalla Provincia di Milano e dal Parco del Ticino, dando sostegno progettuale ed economico agli interventi che consentono di chiudere gli itinerari incompleti e di connettere il sistema dei navigli con altri importanti circuiti lombardi, come, per esempio, la rete “Europa 1” che percorre la valle del Ticino. In ogni caso è importante favorire la fruizione integrata delle reti ciclopedonali con quelle su ferro, nella cui ottica assumono grande importanza le stazioni, sia della rete ferroviaria che di quella metropolitana e quindi gli interventi volti a promuovere l’utilizzo combinato ferro+bici.

Per il naviglio Grande, in considerazione anche della presenza di beni storici e servizi, le stazioni di riferimento possono essere rappresentate da Abbiategrasso, sulla linea ferroviaria Milano-Mortara, Magenta sulla linea Milano-Novara, Turbigo sulla linea per Novara delle Ferrovie Nord. Riguardo al naviglio Pavese, al di là di Pavia, può essere oggetto di valorizzazione la stazione di Certosa alla quale fanno riferimento anche l’eccezionale presenza del complesso monastico e dell’oasi di Sant’Alessio. Per il naviglio Martesana l’attenzione deve invece essere rivolta alla linea metropolitana M2, con le stazioni di Vimodrone, Cernusco sul Naviglio, Cassina dé Pecchi, Gorgonzola e Gessate. Gli interventi a favore dell’utilizzo combinato ferro-bici consentono infatti di ampliare gli ambiti di fruizione anche per un’utenza di tipo familiare.

dall’alto, La stazione di Abbiategrasso: un riferimento per l’accessibilità al naviglio Grande e al Ticino Metrò più bici: una diversa modalità di fruizione soprattutto per il Martesana (Archivio fotografico ATM) La Viscontea in navigazione sul naviglio Grande: un battello a pannelli solari e motore elettrico (sito internet Associazione Amici dei Navigli)

Un settimo punto rilevante concerne la navigabilità. Il parziale recupero dei navigli come vie d’acqua, scontata l’impossibilità di un utilizzo per il trasporto delle merci, può essere riferito alla navigazione a fini ricreativi, culturali e sportivi, sia a livello locale che nell’ambito di più complessi progetti di valenza sovraregionale (Interreg IIIA,...). La navigazione deve quindi essere interpretata come elemento di rivitalizzazione e riqualificazione alla scala sia locale che territoriale. Anche per il naviglio Martesana, in particolare a Cernusco sul Naviglio, si individua la possibilità di organizzare la navigazione, per brevi tratte, a scopo essenzialmentemente di loisir o didattico. In questa logica si collocano anche progetti e ipotesi di ripristino di conche e manufatti idraulici (Conchetta e Conca Fallata a Milano, conche del confluente a Pavia).

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I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

Il naviglio Grande a Milano visto dal ponte di via Valenza

Infine, vale pena dedicare specifica attenzione alla questione, di grande attualità nel dibattito politico-amministrativo e culturale, del rapporto tra Milano e i suoi navigli. Come abbiamo potuto constatare in precedenza, per il capoluogo è importante valorizzare non solo i navigli rimasti scoperti, ma anche il tracciato della cerchia interna. Il recupero di questi luoghi deve essere finalizzato a rinsaldare i rapporti fra i cittadini, favorire le occasioni di incontro, permettere un movimento sicuro tra casa, scuola, lavoro e luoghi per il tempo libero, migliorando il senso di appartenenza della popolazione al territorio in cui vive. Occorre però sottolineare che gli stessi fattori d’attrazione dell’area dei navigli sono all’origine di molti dei problemi che ne determinano la crisi. La rilevanza storicoculturale di questa parte caratteristica della città e gli innumerevoli richiami presenti, se da un lato vivacizzano il quartiere, dall’altro rischiano di farlo collassare, con strade e marciapiedi ingombri e persone sempre all’affannosa ricerca di un parcheggio. La darsena viene indubbiamente a trovarsi al centro di qualunque intervento di recupero e valorizzazione, sia per le sue evidenti condizioni di degrado, sia perché anco58

ra oggi costituisce il fulcro del sistema o, perlomeno, della sua parte occidentale, la più sviluppata dal punto di vista ricreativo e commerciale, sede di forme di socializzazione che hanno reso il Ticinese un quartiere dai tratti molto particolari e dal forte richiamo. La darsena dovrà diventare così un punto di ritrovo della vita cittadina, dove passeggiare e sostare, realizzato tenendo conto delle esigenze viabilistiche, del trasporto pubblico e dei quartieri circostanti. Il recupero di questo ambito rappresenta inoltre un tassello importante di un futuro piano di recupero che deve interessare tutta le aree della città attraversate dai navigli, incentivando la pedonalizzazione e creando corridoi verdi tra il centro della città, le aree urbane limitrofe e le grandi aree del Parco Sud. Nel quadro del recupero dei navigli come vie d’acqua, la darsena milanese potrà poi assumere il ruolo di principale punto di imbarco urbano, sia per itinerari cittadini che a più lunga distanza, rispettando così la memoria storica e il valore simbolico del luogo. A proposito della cerchia interna è possibile invece ipotizzare la valorizzazione del suo tracciato attraverso la creazione di un sistema continuo e riconoscibile di percorrenza ciclopedonale in grado di riconnettere il naviglio Martesana alla darsena, attraverso un “percorso dolce”, capace di riscoprire il vecchio tracciato della cerchia interna, mettendo in evidenza sia le emergenze storiche, monumentali e culturali presenti, sia gli elementi evocativi della memoria che dovranno rappresentare il filo conduttore nella promozione e valorizzazione dell’itinerario, riservandolo ad un uso prevalentemente ciclopedonale e al trasporto collettivo, ad una utenza quindi più lenta, che possa comprendere e apprezzare questa parte della storia della città.


Indicazioni bibliografiche Le indicazioni bibliografiche riportate di seguito, che privilegiano le opere di carattere generale e storico, possono costituire, pur nella loro parzialità, un orientamento alla letteratura sul sistema dei navigli milanesi e del patrimonio storico-architettonico ad esso legato. Per una bibliografia più completa si rimanda al Master Plan Navigli, Fase A – Sistematizzazione delle ricerche e dei progetti già prodotti, a cura del Centro Studi PIM (Regione Lombardia, 2002). AA.VV. (a cura di Roberta Cordani) – I Navigli da Milano lungo i canali: la bellezza nell’arte e nel paesaggio, Celip, Milano 2002

Codara, Giuseppe – I Navigli della vecchia Milano, Virgilio, Milano 1977 (I°ed. Famiglia meneghina, Milano 1927)

AA.VV. – In viaggio sui Navigli. Il Naviglio Pavese da Milano al Ticino, (Catalogo della mostra “Locarno-Milano-Pavia-Venezia. 300 miglia di vie d’acqua”, Pavia, aprile giugno 2001)

Comincini, Mario – Il Naviglio Grande, Banca Popolare di Abbiategrasso, Abbiategrasso 1991

AA.VV. – L’arte nella memoria storica del Naviglio Martesana. Idee, proposte e progetti artistici elaborati per celebrare i cinquecento anni del Naviglio Martesana. 1497-1997, APT di Milano, Milano 1997 AA.VV. – Le vie d’acqua: rogge, navigli e canali, Electa, Milano 2000 AA.VV. – Milano sull’acqua. I navigli perduti, Franco Maria Ricci Editore, Milano 1987

Di Marzo, Pantaleo - Mangano Anna – Milano, i navigli, Comune di Milano, Milano 1977 Langè, Santino – Ville della provincia di Milano, Edizioni SISAR, Milano 1972 Malara, Empio – Milano città porto, Mediaset, Milano 1996 Montecorboli, Umberto – Il Naviglio della Martesana, Chiaro e Nero Editore, Milano 1988

Bascapè, Giacomo – Itinerari della nostalgia: il naviglio di Milano e gli antichi canali lombardi, Cisalpino Goliardica, Milano 1977

Pagnani, Carlo – Decretum super flumine Abduae reddendo navigabili. La storia del primo naviglio di Paderno d’Adda (15161520), (a cura di Beltrame, Gianni - Margaroli, Paolo), Pecorini, Milano 2003

Bigatti, Giorgio – La provincia delle acque. Ambiente, istituzioni e tecnici in Lombardia tra Sette e Ottocento, F. Angeli, Milano 1995

Perogalli, Carlo - Cascine del territorio di Milano, Ente Provinciale per il Turismo, Milano 1975

Brevini, Franco – Un canale detto il Naviglio. Le testimonianze degli scrittori dal XIII secolo a oggi, Associazione Amici dei Navigli, Milano 1994 Celona, Toti - Beltrame, Gianni – I navigli milanesi. Storia e prospettive, Provincia di Milano, Milano 1982

Regione Lombardia – Il recupero paesistico dell’Adda di Leonardo. Progetto per la valorizzazione del paesaggio dei navigli. Linee e proposte d’intervento nell’ambito del programma comunitario ‘’TERRA’’ (Delibera G.R. n. 26177/97), Milano 1998 Regione Lombardia – Canali storici: dagli strumenti di conoscenza all’elaborazione di strategie di tutela e valorizzazione, Atti del seminario del Progetto VEV, Milano, 28 ottobre 1999 Regione Lombardia – Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, Milano 2000 Regione Lombardia – I paesaggi del naviglio Grande, Milano 2001 (CD-Rom) Regione Lombardia – Master Plan Navigli, Milano 2002-2003 Salvi, Anna - Fava, Franco – I navigli del Milanese, Libreria Meravigli, Milano 1982 Stocchi, Sergio - Vie d’acqua in Lombardia, Federico Motta Editore, Milano 1991

Perogalli, Carlo - Favole, Paolo – Ville dei navigli lombardi, Edizioni SISAR, Milano 1982 (1° ed. 1962) Preparo, Elena – Sui canali della memoria., Comune di Milano, Milano 1997 Regione Lombardia (a cura di) – Progetto Navigli, Milano 1985 59



CENTRO STUDI

CENTRO STUDI PER LA PROGRAMMAZIONE INTERCOMUNALE DELL’AREA METROPOLITANA

Cos’è il Centro Studi PIM

Le attività

La struttura tecnico-operativa

Il Centro Studi PIM nasce nel 1961 come associazione di Comuni, con lo scopo di realizzare il Piano Intercomunale Milanese, sulla base di quanto disposto con Decreto del Ministro dei LL.PP.

Nella sua ormai quarantennale esperienza il PIM ha realizzato un vastissimo repertorio di studi, ricerche e progetti riguardanti non solo la pianificazione territoriale, ma anche interventi operativi in materia di infrastrutture di mobilità, di sistemazione ambientale, di sviluppo socio-economico locale. Alcuni interventi che oggi si stanno concretizzando, come il “Passante Ferroviario” o i parchi metropolitani, sono anche il risultato dell’attività PIM.

È composta da 21 dipendenti, per la maggior parte figure professionali altamente qualificate: accanto agli specialisti in materie urbanistiche e territoriali operano esperti in economia regionale, in viabilità e trasporti, in tecnologie ambientali, in pianificazione paesistica e in gestione informatica.

Nel 1978, con l’istituzione in Lombardia dei Comprensori, lo scopo principale diventa l’elaborazione del Piano Territoriale del Comprensorio Milanese. Chiusa l’esperienza comprensoriale, il Centro Studi PIM assume la denominazione e la configurazione statutaria attuali: viene accentuata la sua funzione di strumento operativo al servizio degli Enti associati nei settori di attività riguardanti la pianificazione urbanistica e territoriale dell’area metropolitana milanese. Sono organi dell’associazione: l’Assemblea, composta dai rappresentanti degli Enti associati (Provincia di Milano, Comune di Milano e 80 Comuni dell’area milanese), il Presidente e il Consiglio Direttivo, eletti dall’Assemblea.

Tra le più importanti attività recentemente concluse o in atto occorre segnalare, in particolare, il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Sud Milano, il Piano d’Area Malpensa, il Progetto d’Area Castanese, lo Studio-progetto d’area Sud Milano, i progetti e gli studi di impatto ambientale della Valassina e della Gronda Intermedia (tratta centrale della Pedemontana), il Piano di Settore del Parco di Monza, lo Studio sull’“Integrazione regionale della nuova linea Lugano-Milano del Gottardo”, la compartecipazione al progetto preliminare e al SIA dell’autostrada Pedemontana e al Master Plan dei navigli.

Come supporto all’attività interna, ma anche come servizio rivolto all’esterno, il PIM è dotato di una biblioteca specializzata, di un archivio cartografico e di un sistema informativo urbanistico-territoriale sull’area milanese.

Bilancio e mezzi finanziari Il bilancio del PIM è attualmente pari a circa 2 milioni di euro ed è coperto in parte dai contributi degli Enti soci, finalizzati ad attività istituzionali e di interesse generale e in parte dai ricavi derivanti da incarichi specifici affidati al Centro Studi dagli stessi soci e da altri Enti, tra cui, principalmente, la Regione Lombardia.


Elenco dei soci Oltre al Comune e alla Provincia di Milano sono attualmente soci del Centro Studi PIM Abbiategrasso, Agrate Brianza, Aicurzio, Arcore, Assago, Bareggio, Basiglio, Bellusco, Bernareggio, Binasco, Bollate, Bovisio Masciago, Brugherio, Buccinasco, Burago Molgora, Caponago, Carpiano, Carugate, Casarile, Cassina de’ Pecchi, Cavenago Brianza, Ceriano Laghetto, Cesano Boscone, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Concorezzo, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Desio, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Gessate, Gorgonzola, Lacchiarella, Lainate, Liscate, Lissone, Locate Triulzi, Macherio, Melegnano, Melzo, Mezzago, Monza, Nova Milanese, Novate Milanese, Noviglio, Opera, Pantigliate, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pogliano Milanese, Pregnana Milanese, Rho, Rosate, Rozzano, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Sedriano, Segrate, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Solaro, Sovico, Sulbiate, Trezzano sul Naviglio, Tribiano, Vanzago, Varedo, Vernate, Villasanta, Vimercate, Vizzolo Predabissi, Zibido San Giacomo.


Gli organi del Centro Studi PIM Assemblea È costituita dai rappresentanti degli enti associati: i Sindaci del Comune di Milano e di altri 80 Comuni (o loro delegati), il Presidente della Provincia (o suo delegato), oltre a quattro rappresentanti rispettivamente del Consiglio Provinciale e del Consiglio Comunale di Milano. Presidente e Consiglio Direttivo eletti dall’85a Assemblea dei Soci dell’11 aprile 2003 Presidente Vittorio Algarotti (designato dalla Provincia di Milano) Vice-Presidente Alberto Garocchio (Consigliere Comunale di Milano, delegato del Sindaco)

Componenti del Consiglio Direttivo • Saverio Candito (Consigliere comunale di Segrate, delegato del Sindaco) • Salvatore Capodici (Consigliere comunale di Cologno Monzese, delegato del Sindaco) • Daniela Gasparini (Assessore della Provincia di Milano, delegata del Presidente) • Michele Faglia (Sindaco del Comune di Monza) • Emanuele Fiano (Consigliere comunale di Milano) • Giuseppe Gatti (Vice Sindaco del Comune di Gaggiano, delegato del Sindaco) • Sergio Graffeo (Sindaco del Comune di Corsico) • Emilio Locatelli (Assessore del Comune di Rozzano, delegato del Sindaco) • Giovanni Mele (designato dalla Provincia di Milano) • Pietro Luigi Ponti (Assessore della Provincia di Milano e Consigliere comunale di Cesano Maderno, delegato del Sindaco) • Alessandra Tabacco (designata dal Comune di Milano)

Direttore arch. Luciano Minotti Tecnici laureati responsabili delle attività di ricerca e progettazione ing. Mauro Barzizza, arch. Fabio Bianchini, ing. Francesca Boeri, dott. Francesca Cella, arch. Claudio Grossoni, arch. Misa Mazza, dott. Nguyen Huu Nha, arch. Pierluigi Nobile, ing. Paola Pozzi, dott. Franco Sacchi, ing. Maria Evelina Saracchi Tecnici addetti ai settori e servizi operativi Alma Grieco, Claudio Paraboni, Cinzia Vanzulli Addetti ai servizi generali Paola Baraldo, Barbara Fabozzi, Monica Falcetta, Roberta Guerinoni, Wanda Migliavacca, Massimiliano Zappa


NUMERI DI ARGOMENTI & CONTRIBUTI PUBBLICATI

1. PROGETTI INFRASTRUTTURALI E TERRITORIO NELL’AREA MILANESE E LOMBARDA - giugno 2001 2. INFRASTRUTTURE STRATEGICHE PER MILANO E LA LOMBARDIA E “LEGGE OBIETTIVO” - maggio 2002 3. STUDIO-PROGETTO D’AREA SUD MILANO - luglio 2002 4. EMERGENZA TRAFFICO IN BRIANZA Pedemontana, metropolitane, ferrovie: dai progetti alle concrete realizzazioni - luglio 2002 5. ABITARE NELL’AREA METROPOLITANA MILANESE Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale - gennaio 2003 6. LA MAPPA DEI CAMBIAMENTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIALI NELLA REGIONE URBANA MILANESE Primi risultati dei Censimenti 2001 - gennaio 2003 7. L’AREA METROPOLITANA MILANESE Idee e progetti per il futuro - giugno 2003 8. DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese - giugno 2004

Gli arretrati sono disponibili ad amministratori e tecnici degli Enti associati al PIM che ne facciano richiesta, nonché agli organismi Istituzionali interessati. Copie digitali sono scaricabili presso il sito internet del Centro Studi: www.pim.milano.it


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