Centro Sudi PIM | Argomenti & Contributi n.10

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argomenti e contributi

10 LUGLIO

2005

CENTR STUDI


10 LUGLIO

2005

Con il titolo Argomenti & Contributi vengono divulgati saggi su temi di attualità ed interesse che rientrano nelle materie di particolare competenza del Centro Studi PIM: territorio, ambiente, mobilità, sviluppo locale.

I saggi, che intendono contribuire alla discussione tecnica e politica sui problemi territoriali dell’area milanese, riprendono lavori svolti dagli esperti del Centro Studi PIM sotto forma di articoli per riviste specializzate e relazioni a convegni o sono riferiti a indagini, studi, progetti prodotti dallo stesso Centro Studi.

Il presente documento Il paesaggio, la natura, la città (IST_01_04) è compreso nell’ambito del programma di attività istituzionali del Centro Studi PIM per l’anno 2004.

Un ringraziamento particolare va rivolto all’arch. Pierluigi Roccatagliata per la sua preziosa collaborazione.

Il gruppo di lavoro che ha curato la realizzazione del rapporto è composto da: dott. Franco Sacchi (direttore responsabile FF), arch. Misa Mazza (capo progetto), arch. Fabio Bianchini, Alma Grieco (staff PIM), arch. Giampiero Spinelli (capitoli 2, e 3).

progetto grafico e impaginazione Paolo Marelli (studio AM:PM)

Le immagini prive di citazione della fonte sono tratte dall’Archivio fotografico del Centro Studi PIM.


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ Le aree verdi nella configurazione del territorio metropolitano

CENTR STUDI


10 LUGLIO

Indice

2005

Presentazione di Vittorio Algarotti (Presidente del Centro Studi PIM) 1. Introduzione

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2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici 17 2.1. Milano tra Settecento e Ottocento: la “città moderna” e la formazione del sistema del verde pubblico 17 2.2. Il verde pubblico nelle maglie dei piani 24 2.3. Un’occasione mancata: la “cintura verde” proposta dal progetto vincitore del concorso del 1926 3. Il verde nella nuova dimensione territoriale 3.1. Verde agricolo e verde pubblico nel PRG del 1953 3.2. Il sistema del verde nel “Progetto generale di Piano Intercomunale” del 1967

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3.3. Gli anni ’70 e l’avvio della politica dei parchi regionali 3.4. Una cintura verde per l’area metropolitana: gli anni ’80 e ’90 4. Il sistema del verde alla scala metropolitana 4.1. Le aree protette regionali

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4.1.1 I parchi regionali nell’area metropolitana milanese

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4.1.2 I parchi locali di interesse sovracomunale

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4.2. La rete ecologica 58 4.3. Il verde nelle città: i parchi storici, i parchi territoriali 60 5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

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Riferimenti normativi

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Indicazioni bibliografiche

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Presentazione Il secolare confronto tra città e natura attraversa oggi un passaggio significativo e contraddittorio: nelle nostre città sempre più segnate dai guasti ambientali, le dismissioni industriali e le nuove forme di produzione “leggera” consentono la rivalutazione del sistema del verde come elemento di riconversione ecologica e di riqualificazione urbana Vittorio Algarotti

Presidente Centro Studi PIM

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Nella considerazione comune città e natura appaiono quasi come i due termini opposti di un’antinomia. Una tale impressione non è senza fondamento: nell’iconografia tradizionale di più larga fortuna la città turrita, chiusa come un guscio, domina altera la campagna circostante, come nel ritratto del condottiero senese Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini; pure laddove sono rappresentati i fervidi rapporti e gli intensi scambi che segnano la relazione tra nucleo urbano e contado rurale, come negli Effetti del buon governo dei fratelli Lorenzetti, seppur le attività brulichino in ogni dove e la vita gremisca ogni angolo del paesaggio, la città si presenta rinserrata nelle sue mura, centro motore aperto funzionalmente verso il suo intorno, ma organismo fisicamente delimitato, come un cuore conchiuso da pareti di pietra. Nella visione proto-tecnica di Filarete, la città utopica di Sforzinda campeggia, algidamente rappresentata come un cristallo di neve, in un paesaggio ingenuamente naturalistico in cui essa figura astratta come un ideogramma, estranea come un’astronave. Impenetrabile, quel geroglifico vuol riassumere tutta la forza e la determinazione di una ratio totalmente umana, in cui inutilmente si cercherà una breccia,

una concessione al regno della natura, sia pure nella forma compromissoria ed ibridata del giardino. Ed altrettanto metafisica appare la rappresentazione di quella quinta urbana di anonimo (dell’ambiente di Piero della Francesca) nota come Pala di Urbino, in cui la scena è tutta dominata dall’eloquio artificiale di splendidi edifici e monumenti, una sorta di regno minerale, dalla logica senza concessioni e in cui neppure un dettaglio sia posto a ingentilire la composizione, né, tanto meno, a evocare la forma libera, organica, della natura.1 Restando nell’ambito del nostro retaggio culturale, ma passando in sede storica, il rapporto tra natura e città diventa più articolato e complesso. È controverso il giudizio sulla presenza di giardini nella città greca2. Tuttavia “giardini e parchi dovevano costituire una specie di cintura a nord, a est e a sud della città di Atene e alcuni di essi, oltre che terreni “sacri”, furono sede di ginnasi e di scuole filosofiche”3. Sicuramente nella Roma imperiale grandi giardini, estesi come autentici parchi, adornavano le ville gentilizie e offrivano, nella quiete ombrosa, riparo dal frastuono diuturno dell’urbe.


Rus in urbe definisce Marziale4 la condizione che gli offre il suo piccolo podere vicino alla via Nomentana, celebrandone le condizioni di tranquillità e concertazione che gli concede nonostante la sua modesta estensione, e pur riconoscendola ben poca cosa a confronto degli horti che cingevano le sontuose ville urbane. Sempre a Roma doveva esistere anche il concetto di verde di arredo, che possiamo immaginare talvolta a complemento delle maggiori scenografie monumentali. Ma è certamente a partire dal XIX secolo che la città ospita giardini realmente pubblici, intesi cioè come attrezzatura urbana

rivolta senza distinzioni né limitazioni alla fruizione collettiva e programmaticamente indirizzati alla qualificazione estetica del paesaggio urbano5. Il verde e la città assumono in questa ottica il ruolo di due entità che si fronteggiano e che rappresentano, reciprocamente, le istanze di una naturalità da difendere e riproporre in forme sempre riattualizzate secondo il paradigma culturale delle diverse epoche, e le forze civilizzatrici, modernizzatrici, produttive, plasmate dalle dinamiche socio-economiche e dai loro corollari tecnici ed estetici.

dall’alto, Antonio Averlino detto il Filarete, Il sito di Sforzinda nella valle Inda, Trattato di Architettura (1451-64 ca.), Libro I, f. 11 v. Luciano Laurana o fra Carnevale, attr., Città ideale (1470 ca.) Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

Il paesaggio dell’area milanese alle diverse soglie storiche (1888, 1936, 1963, 2005)

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Presentazione

Inquadrato in questi termini il rapporto tra la città e la natura non può che ricondurci al cuore del destino prometeico della cultura occidentale, rappresentato dal poderoso processo di affrancamento dallo stato di sudditanza assoluta nei confronti della natura. È questo certamente tema troppo ricco e vasto per essere affrontato in questa sede, benché sia proprio in questa stratificata tradizione di pensiero che si radicano i più profondi motivi e le ragioni sostanziali che giustificano il volto del nostro habitat contemporaneo. Basterà qui richiamare alcuni grandi temi quali quello della desacralizzazione della natura operato dalla scienza moderna, l’imposizione planetaria dell’ordine tecnico nelle sue infinite ricadute, l’avvento della produzione industriale e l’impetuoso fenomeno di inurbamento della popolazione mondiale che si è avviato in epoca moderna e che tuttora persiste, per dare almeno una cornice all’oggetto della nostra riflessione: è nel contesto di questi imponenti processi storici che la storia del rapporto tra natura e città trova la sua opportuna collocazione, come molte altre storie particolari del nostro mondo. Il presente numero di Argomenti & Contributi tratta al riguardo specificatamente il caso di Milano, raccogliendo notizie sulla genesi storica e l’evoluzione del sistema del verde dell’area metropolitana ed offrendo spunti per la riflessione pianificatoria e progettuale. A tal proposito mi pare necessario rendere omaggio alla cara memoria dell’amico Virgilio Vercelloni, che è stato un precursore della materia e che dedicò al tema del giardino, con l’usuale sua levità ed erudizione, due opere. 9


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

La prima è il catalogo di una mostra ospitata proprio a Palazzo Dugnani nel 1986, (Una storia del giardino europeo e) Il giardino a Milano, per pochi e per tutti, 1288-1945 (Milano 1986). Nella trattazione del tema, che poteva essere più convenzionalmente circoscritta al repertorio documentario ed iconografico relativo al verde a Milano, egli sentì l’esigenza di allargare i confini speculativi e di ricomprendere “la storia del verde pubblico milanese, e del suo apparato radicale nella storia del giardino privato milanese, nel rapporto con la storia dell’idea del giardino dell’Europa moderna, verificata nella storia dei mezzi di comunicazione dell’idea del giardino”: approccio esemplare, emblematico del suo intelligente modus operandi, non riduzionista o rigidamente deduttivo, ma curioso delle “interferenze” e condotto quasi per cerchi concentrici. Il suo secondo contributo completò il quadro di riferimento al tema e volle intitolarlo Atlante storico dell’idea del giardino europeo (Milano 1990). Al di là delle genealogie storiche, il tema del verde urbano rientra nel più vasto ambito del rapporto tra città costruita e ambiente naturale, che è senz’altro argomento di pressante attualità per amministratori e tecnici. A ciò concorrono motivi di ordine ambientale ed ecologico ma anche una crescente sensibilità culturale tendente a precisare meglio i contenuti e ad innalzare il profilo di ciò che, con definizione spesso anodina e generica, chiamiamo “qualità urbana”6. Fondate argomentazioni ecologiche si impongono oggi drammaticamente, acquistando vigore ogni qualvolta – il che non è infrequente – gli indicatori ambientali registrano il superamento delle soglie di attenzione o, peggio, dei livelli di pericolo. In 10

ragione di ciò la questione di un equilibrio tra attività umane e territorio non si pone più (solo) come fatto urbanistico ma assume i caratteri più allarmanti di una politica di salute pubblica, o, per dirla in termini meno giacobini, di igiene e profilassi7. Il secondo motivo d’attualità della questione concerne un tema ancora più rilevante come fatto sociale che risiede, a mio avviso, nella domanda generalizzata e sempre più consapevole di riqualificazione globale dei nostri comuni luoghi di vita, rimarchevole indizio del crescente livello di coscienza civile in atto. Rispetto ad un passato anche recente, l’opinione pubblica è oggi assai meno indifferente e disposta ad accettare come fatto “normale” la sostanziale “bruttura” di un habitat che, se da un lato è il risultato di un indubbio processo di sviluppo economico, dall’altro propone come esito formale e sostanziale un contesto troppo spesso deludente, tale da disattendere le aspettative per le quali lo stesso sviluppo si propone come obiettivo auspicabile. Mortificando queste aspettative, l’attentato generalizzato alla qualità dei luoghi di vita finisce per mettere in dubbio, se non necessariamente quel progetto di sviluppo, quanto meno le sue modalità e i suoi processi di controllo pubblico, dando adito ad un atteggiamento sociale di insoddisfazione che traspare ormai da una diversificata sintomatologia. La città diffusa8, che cresce erodendo i suoi confini e si propaga indiscriminatamente, rischia di intaccare ogni risorsa e potenzialità, compromettendo i futuri sviluppi alternativi (o rendendone la prospettiva quanto mai onerosa). Ma oltre a ciò la sua immagine spesso coincide con situazioni depauperate e banali, tali che le sue dinamiche appaiono sempre più dettate piuttosto che da un processo fisiologico di crescita da uno patologico di escrescenza.


Presentazione

Questo propagarsi ubiquitario e teratologico pone certamente problemi di equilibrio e di indirizzo. Tuttavia, la soluzione positiva di queste problematiche non potrà misurarsi solo in termini di efficienza dei sistemi e di dotazione infrastrutturale, ma dovrà spingersi a comprendere anche le tematiche non aggirabili connesse alla “composizione del paesaggio”. Le comunità insediate, infatti, esprimono ormai bisogni il cui appagamento deriva sì dalla costruzione di un “buon territorio” (sul piano delle prestazioni, dei servizi, delle opportunità, della salubrità, etc.) ma anche di un “bel territorio” ove, al di là di legitti-

me ma spesso confuse aspirazioni estetiche, trovi compiuta soluzione l’intollerabile sotto-definizione del paesaggio metropolitano in cui la monotonia estraniante e la debole intensità/significatività dei luoghi rappresenta più spesso la norma che l’eccezione.

tenzialità di redenzione delle aree metropolitane di frangia. Va pur detto che il processo di diffusione urbana è insensibile ai confini amministrativi, e che ciò crea problemi rispetto all’identificazione delle corrette soglie di intervento.

Quanto la questione dei “vuoti urbani”, delle aree di risulta, degli incolti, degli spazi verdi nelle loro più diverse accezioni, rientri in quest’ambito problematico è evidente, poiché è nella successione formalmente e logicamente irrisolta degli spazi edificati e inedificati, dei vuoti e dei pieni, che si determinano le ricorrenti cadute di qualità e dove, per contro, risiedono le più fertili po-

La questione di come risolvere i problemi della metropoli senza disporre di un livello amministrativo e gestionale adeguato appare ormai tema maturo e tra le questioni calde sul tappeto è augurabile che, almeno questo, possa essere presto risolto positivamente, traendo il massimo profitto da tutte le espressioni di buona volontà emerse dal dibattito in corso. (V.A.)

urbano. Parchi, giardini, paesaggio urbano: lo spazio aperto nella costruzione della città moderna, ed. Franco Angeli, Milano 19923.

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Note: Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano (1330), Siena, Palazzo Pubblico; Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo nella città e nella campagna (1338-1340), Siena, Palazzo Pubblico; Luciano Laurana o fra Carnevale, attr., Città ideale (1470 ca.) Urbino, Galleria Nazionale delle Marche; Filarete, Antonio Averlino detto il, Il sito di Sforzinda nella valle Inda, nel Trattato di Architettura (1451-64 ca.), Libro I, f. 11 v. 1

Venturi Ferriolo, Massimo Nel grembo della vita. Le origini dell’idea di giardino, ed. Guerini, Milano 1989, p. 124-5, n.1. 2

In questi termini si può parlare del verde urbano come elemento di riequilibrio ambientale, come fa Luisa De Biasio Calimani nel volume collettaneo da lei curato, Il sistema del verde urbano. Elemento di riconversione ecologica della città, Quaderni Anione e Zeto n.6, ed. Il Poligrafo, Padova 2001, dedicato all’esperienza progettuale di Padova. 6

Sul processo della diffusione urbana, caratteristico delle aree metropolitane mature, e sul corrispettivo fenomeno del cosiddetto ruralurban continuum, la letteratura scientifica è vasta e articolata. Pionieristico in Italia il lavoro di Ardigò, A. La diffusione urbana, ed. AVE, Roma 1967. Tra i più recenti contributi dedicati in tale prospettiva all’area milanese (e non solo) vorrei ricordare il lavoro del geografo Eugenio Turri, La megalopoli padana, ed. Marsilio, Venezia 2000.

Sul tema trovo utile segnalare alcuni dei lavori compresi in due validi studi ancora attuali: Tacchi, Enrico Maria (a cura di) La città da vivere. Teorie e indicatori di qualità, ed. Vita e Pensiero, Milano 1996 e Stroppa, Claudio (a cura di) Territorio, ambiente e nuovi bisogni sociali, ed. Liguori, Napoli 1993. 7

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Ivi, p.137, n.32.

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M. Valeri Martialis, Epigrammata, 12, 57, 21.

Volume di sintesi interessante e completo sull’argomento è Migliorini, Franco Verde 5

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1. Introduzione Il tema del verde è divenuto oggi elemento capace di caratterizzare sia i grandi spazi aperti, sia la morfologia e la qualità delle strutture urbane, acquisendo un ruolo primario nell’equilibrio ambientale dell’area metropolitana milanese. Il crescere dell’urbanizzazione, che ha caratterizzato negli ultimi decenni l’area milanese, è tale che oggi le foto satellitari ci documentano una situazione di compromissione, congestione, saturazione dell’uso del suolo tali da richiedere nuovi sforzi e nuovo impegno in direzione contraria: la tutela del suolo libero, divenuto risorsa scarsa, è diventato il nuovo imperativo per l’organizzazione delle funzioni umane sul territorio. La struttura metropolitana si è sviluppata al centro di un territorio di pianura, secolarmente colonizzato dall’agricoltura, articolata attorno ad un imponente sistema di regolazione delle acque, dove i rapporti tra città capoluogo e centri urbani minori erano chiari e definiti. Oggi, non c’è più il nucleo forte e ben identificabile di Milano, con il suo chiaro impianto radiocentrico proiettato lungo “direttrici” verso la costellazione dei centri minori della pianura circostante: la struttura degli insediamenti è profondamente cambiata: è radicalmente cambiato il modello generato da una espansione urbana, in un primo tempo aggregata prevalentemente lungo le direttrici rappresentate dalle radiali storiche convergenti sulla città, per una sorta di “traboccamento” di quantità e di funzioni dal capoluogo, il quale, in ogni

caso, mantiene il proprio ruolo gerarchico assicuratogli dalla “centralità”, dall’essere nel mezzo, nel punto di convergenza delle vie di comunicazione. Alle gravose condizioni cui sono sottoposti i fattori primari della naturalità, aria, acqua, suolo, in un territorio metropolitano sovraccarico di attività antropiche, si affianca ora uno spazio urbano continuo dove sono giustapposti, ma certamente non integrati, nuclei storici, ville patrizie, antiche cascine, quartieri di edilizia popolare, quartieri di villette, insediamenti industriali e nuovi interventi commerciali. Ciò genera una generale mancanza di identità dei luoghi dove, ad un paesaggio agrario ormai frammentato si oppone un paesaggio urbano di frangia, confuso ed in continua trasformazione. Ed è ai margini urbani e ad una nuova e rinnovata funzione dell’agricoltura periurbana, che viene oggi rivolto l’interesse della pianificazione di area vasta. Il territorio di contesto della città è infatti paradossalmente chiamato a svolgere un ruolo complementare alle politiche di sviluppo della stessa città. Gli si chiede infatti di produrre qualità ambientale e paesistica, perchè questi aspetti entrano a far parte di dotazioni di cui una città moderna ha bisogno per sostenere la sfida e la competizione 13


I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO

alla scala internazionale. Lo sviluppo urbano non può quindi più avvenire senza una attenzione alla evoluzione della configurazione del territorio nel suo complesso: questo spiega la rinnovata attenzione al tema del paesaggio da parte di tutti i livelli di governo. Gli ambiti di “naturalità”, nell’area milanese sono decisamente scarsi: alle tutele preposte alla loro conservazione sono attribuiti valori soprattutto legati al carattere di riserve naturali, in sostanza di luoghi d’eccezione, rappresentativi di un ambiente non modificato o ricostruito, di ambiti caratterizzanti il territorio, sotto il profilo morfologico, quali le valli fluviali o le pendici collinari. Un ulteriore apporto è rappresentato dal recupero e dalla riqualificazione in senso naturalistico di particolari ambiti restituiti da altri usi come specchi d’acqua di cave, da sinistra, Il paesaggio agrario lungo il naviglio Martesana e la cascina Gogna a Bussero Il Lambro nel Parco di Monza Il fontanile San Carlo a Corbetta (WWF, Indagine conoscitiva sul sistema dei fontanili del Parco Agricolo Sud Milano, 2000) nella pagina accanto, I paesaggi “naturali” sono rappresentati dallo sfondo lontano delle colline e delle montagne, visibili nelle giornate di bel tempo (foto S. Topuntoli, 1988)

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terreni rilasciati dalle attività agricole, interventi di compensazione ambientale connessi con la realizzazione di impianti ed attrezzature. Quest’ultima categoria di interventi, per il carattere strategico che può assumere nei confronti della strutturazione delle “reti ecologiche” e delle connesse esigenze di continuità, offre un nuovo campo alla progettazione degli spazi verdi e alla conservazione/ricostruzione del paesaggio. Per la gran parte della popolazione metropolitana, infatti, la natura a contatto con la città viene soprattutto percepita e ricercata nei “parchi urbani”, nei quali gli elementi naturali sono parte preminente della composizione di uno spazio appositamente progettato e costruito, mentre il paesaggio agrario attorno alla città viene apprezzato soprattutto attraverso l’utilizzazione di “percorsi” quali i grandi sentieri continui lungo il Ticino o lungo l’Adda, le alzaie dei navigli, ecc. Più che per ogni altra città d’Italia va riconosciuto che la struttura territoriale, economica e sociale che fa capo a Milano, ha esteso i suoi effetti ben oltre i ridotti confini amministrativi della città storica. Se fin dagli anni ’60 tale situazione ha trovato forme di “autogoverno” con l’istituzione del Piano Intercomunale Milanese, portando al tavolo della concertazione Milano e circa 100 comuni dell’hinterland, gli effetti sulla programmazione territoriale sono rimasti

condizionati dalla mancanza di un quadro istituzionale che superasse i limiti della molteplicità e della sostanziale autonomia degli enti decisori. L’istituzione della “città metropolitana” come organismo dotato di poteri sovralocali, atti al governo delle complesse realtà metropolitane, è stata ed è tutt’ora, di fatto, prevista dalla legge 142/1990. Ma la legge, sino ad ora, ha prodotto ampi dibattiti in sede politica e culturale, senza nessun risultato. La recente nuova legge urbanistica regionale (la n° 12 del marzo 2005), riprecisa i compiti delle Province in materia di governo del territorio e sembra trascurare l’ipotesi che possa venire istituita la Città metropolitana alla quale attribuire peculiari compiti di governo e di gestione, dal momento che l’istituto non viene citato e se ne lascia il futuro in mano ad eventi sui quali nessuno oggi è disposto a scommettere. Nella realtà ogni Comune, compreso Milano, ha continuato e continua ad occuparsi del proprio territorio e delle esigenze della popolazione locale, riconoscendo alla città centrale il compito, quasi un diritto/dovere, di organizzare (e spesso contenere) tutte le attrezzature di eccellenza necessarie a garantire il ruolo e la capacità di generare l’economia dell’area metropolitana (università, spettacolo, centri di ricerca, terziario


1. Introduzione

direzionale di alto livello, grandi parchi urbani, ecc). Ogni Comune ha quindi mirato a definire la propria forma urbis, fatta di aree costruite e di servizi, di diverse tipologie insediative e di aree verdi più o meno “attrezzate”, di aree con destinazioni agricole dai caratteri sempre più precari e residuali. Il risultato è che anche lo spazio fisico impegnato dalla città e dai centri che la circondano e la relativa configurazione spaziale sono profondamente cambiati. Dire dove cominci e dove finisca Milano e, soprattutto, dire fino a quando e dove ci si trovi ancora a Milano è diventato difficile. Ciò non solo e non tanto per le caratteristiche di uniformità e di scarsa caratterizzazione che presenta il tessuto urbano più recente, che tanto ci fa pensare alla “città continua” descritta da Italo Calvino nelle

sue Città Invisibili, quanto perché in alcune aree si sono formate saldature fra comuni e centri abitati dell’hinterland che, nel loro insieme, rappresentano vere e proprie conurbazioni autonome, basta pensare alla Brianza lungo la strada Valassina o alla zona di Legnano e Busto Arsizio lungo la valle dell’Olona. Si comincia a distinguere il configurarsi nell’area metropolitana di sistemi urbani complessi costituiti da insediamenti continui nel territorio di più comuni, che saldano e integrano le proprie reti urbane e le strutture funzionali, formando delle vere e proprie “città nella città metroplitana”, con caratteri spesso peculiari e ben identificabili, in ogni caso con una organizzazione spaziale indipendente dallo schema radiocentrico originato dalla città di Milano e per lungo

tempo matrice quasi unica del modello di espansione e di sviluppo. A separare questi sistemi conurbati fra di loro e fra loro e le propaggini periferiche del capoluogo si trovano spazi inedificati, per lo più agricoli, anche se molto aggrediti e frammentati da usi impropri e da strutture isolate. A questi spazi, a questi ambiti, talvolta portatori di segni e di tracce importanti della storia del territorio si affida una possibile ipotesi di ricostruzione di una forma urbis per la città metropolitana. I successivi capitoli ripercorrono la storia del “verde” negli atti di pianificazione, a partire dall’istituzione dei primi giardini pubblici, fino all’istituzione dei grandi parchi regionali, nell’ultima sezione vengono proposti alcuni dei grandi temi ancora aperti sul rapporto tra aree verdi e strutture urbane.

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Milano all’inizio del ‘600 nella carta della “Gran città di Milano” di M.A. Barateri, 1629 (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano)

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2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici contrario, quello ispirato ai giardini di corte “alla francese” ed ai grandi viali alberati che, nel corso del secolo precedente, sul modello delle esperienze parigine, avevano caratterizzato la realizzazioni dei giardini e dei passeggi alberati di molte città europee.

Circa due secoli fa, nel 1801, pubblicando a Milano il suo famoso trattato Dell’arte dei giardini inglesi, il conte Ercole Silva, proprietario di villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo, affronta, tra i primi in Italia, il tema dei giardini pubblici. L’argomento viene esaminato nella parte finale del testo: esso costituisce infatti, per il Silva così come per gli altri trattatisti dell’epoca, un tema “minore” rispetto a quello dei giardini privati della nobiltà, per i quali viene appassionatamente proposta la soluzione del giardino paesaggistico “all’inglese”. Il modello culturale che viene indicato come riferimento per i giardini pubblici (e la novità è in quel pubblici: aperti, cioè, a tutti i cittadini e non solo alla nobiltà) è, al

2.1 Milano tra Settecento e Ottocento: la “città moderna” e la formazione del sistema del verde pubblico

Il tema viene introdotto dal Silva parlando di “abbellimento conveniente ai luoghi pubblici, siano piazze, passeggi, mercati, monumenti, licej, nosocomj, ecc., i quali possono essere abbelliti di piante, di ombre, di acque, di edifizj ...”; oltre “le grandi piazze, che una città considerabile deve rinchiudere”, essa infatti – egli aggiunge – “deve altresì avere entro le sue mura, o in vicinanza delle sue porte alcuni luoghi destinati al pubblico passeggio”. La funzione principale di questi nuovi luoghi pubblici urbani (che “vengono riguardati oggigiorno come un bisogno importante per gli abitanti di una città”) è quindi quella del “pubblico passeggio”, e da questa destinazione, che va intesa in senso ampio (“questi luoghi sono consacrati all’eserci-

in alto, Il giardino delle Tuileries, il Cours de la Reine e gli Champs-Elysèes a Parigi; particolare di una carta della seconda metà del XVII secolo (Panzini, 1993)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

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2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

zio, alla libera respirazione, al ristoro e alla conversazione”), dovrà discendere, afferma il Silva, il corretto modo di progettarli: essi dovranno essere costituiti prevalentemente da viali “larghi, comodi, moltiplicati e preferibilmente in linea retta”. Gli interventi realizzati tra il 1784 e il 1789 da Giuseppe Piermarini, (architetto imperiale dal 1770 e sovrintendente all’edilizia della città dal 1784 al 1796) durante il governo dell’arciduca Ferdinando d’Austria, presso i bastioni di Porta Orientale, si ispiravano a questo modello e intendevano rispondere a questo nuovo rito sociale (che prevede il concorso di un grande numero di persone che si incrociano e si incontrano lungo grandi viali alberati), realizzando un sistema di verde attrezzato ed un nuovo e raffinato paesaggio urbano. All’inizio dell’Ottocento la città di Milano, da poco diventata capitale della Repubblica Cisalpina dopo la conquista di Napoleone nel 1796, è una realtà urbana di modeste dimensioni se paragonata alle grandi capitali europee. I mutamenti della sua struttura urbana, nel corso degli ultimi due secoli, erano stati sostanzialmente insignificanti, e la sua popolazione, che nel 1757 era di

130.000 abitanti si ridurrà a poco più di 120.000 al momento della restaurazione del governo asburgico. La prima carta di Milano apparsa nel nuovo secolo, quella disegnata nel 1801 da Giacomo Pinchetti (che riporta come esistente il rivoluzionario progetto dell’architetto Antolini per il Foro Bonaparte, che doveva sostituire la cinta esagonale dei bastioni del Castello con una “città dei servizi”, un nuovo centro destinato ad ospitare le nuove funzioni rappresentative e amministrative della città), ci restituisce un’immagine della struttura urbana non dissimile da quella consolidatasi nel periodo della dominazione spagnola: la città è delimitata dal tracciato dei bastioni, che la separano nettamente dalla campagna circostante, ma l’edificazione appare concentrata soprattutto all’interno del perimetro dell’antica cerchia dei navigli; nella fascia tra i navigli e i bastioni l’edificazione interessa solo parzialmente i principali tracciati radiali, lasciando al loro interno e lungo i bastioni ampi spazi ad orti e giardini che giungono ad affacciarsi anche sugli stessi tracciati che conducono alle porte della città.

nella pagina accanto, Milano all’inizio dell’800 nella carta della “Città di Milano” del 1801 di Giacomo Pinchetti che riporta come esistente il progetto del Foro Bonaparte di G. Antolini (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano)

A partire dagli ultimi decenni del Settecento, tuttavia, era iniziato, favorito dalle riforme

da sinistra, Il corso delle carrozze a Milano davanti al Castello in un dipinto del XVII secolo (Museo di Milano) Il passeggio nei Boschetti del Piermarini in una incisione di Andrea Appiani del 1803 (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

Ingresso dei pubblici giardini sul bastione di Porta Orientale, Domenico Aspari, 1790 circa

nella pagina accanto, dall’alto a sinistra Il “Piano de’ Giardini Pubblici di Milano” di Giuseppe Piermarini, 1782 (Vercelloni, 1986) Palazzo e Giardino all’inglese, il progetto di L. Pollack per il Palazzo Belgioioso (ora Villa Reale), 1790 (Vercelloni, 1986) Veduta del Corso alla mattina nei Giardini Pubblici

promosse dall’imperatrice Maria Teresa e dal figlio Giuseppe II, e largamente influenzato dalla cultura illuminista delle classi dirigenti che aspiravano ad una “architettura della città” che ne rappresentasse le istanze di rinnovamento civile, un intenso processo di trasformazione del volto della città e dei modi d’uso del suo spazio pubblico. Già prima della conquista francese la Milano asburgica è caratterizzata, infatti, da un clima intellettuale estremamente vivace (di cui il giornale “Il caffè”, pubblicato fra il 1764 e 1766 per iniziativa di Pietro Verri e del fratello Alessandro, costituisce una significativa testimonianza) che trova nelle riforme promosse dal governo imperiale la possibilità di esprimere le nuove istanze di rinnovamento della scena urbana.

in Milano, N. Milini, L.Rados, 1820 circa (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano) Veduta del Corso sui Bastioni di Porta Orientale in Milano, N. Milini, L.Rados, 1820 circa (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano)

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La soppressione degli istituti religiosi e dei conventi, disposta da Giuseppe II offre, in particolare, la concreta occasione per indirizzare in senso moderno la trasformazione fisica della città di cui Giuseppe Piermarini

sa farsi intelligente e sensibile interprete: con la rettifica di molte strade esistenti (come via Manzoni, via Montenapoleone, corso Monforte), la costruzione di nuovi palazzi, spazi ed edifici rappresentativi (Palazzo e piazza Belgioioso, Palazzo Reale, il Teatro alla Scala, la Villa Arciducale – poi Reale –, Palazzo Serbelloni, ecc.) che conferiranno alla città il tipico decoro mitteleuropeo testimoniato dalle incisioni di Domenico Aspari. Se il complesso di queste trasformazioni, tuttavia, appare difficilmente leggibile nella planimetria del Pinchetti, il sistema del verde pubblico realizzato dal Piermarini presso i Bastioni di Porta Orientale (l’attuale Porta Venezia) risulta chiaramente documentato: esso è un originale sistema di verde pubblico costituito dai Boschetti di via Marina (1787-88) e dai Giardini Pubblici (178486), destinati al passeggio a piedi, che sorgono sull’area di due conventi soppressi dal governo asburgico, e dall’ampliamento e rettifica del viale alberato lungo i bastioni, che, come il Corso di Porta Orientale, costi-


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

tuiva un tradizionale luogo di passeggio in carrozza dell’aristocrazia milanese. Una grande scalinata collegava i Giardini Pubblici al passeggio alberato dei bastioni che, ormai privi di valore difensivo, venivano reinterpretati come un ponte sospeso tra la campagna esterna alle mura (con i suoi orizzonti lontani aperti verso i monti) ed i giardini e gli orti interni alle mura. Nella cartografia è inoltre possibile notare l’inizio della piantumazione delle alberature lungo la strada di circonvallazione esterna alle mura, tangente il Lazzaretto, e

quella dello Stradone per Loreto, destinato a collegare la città con la villa arciducale di Monza, terminata dallo stesso Piermarini nel 1780. Il sistema dei Boschetti, dei Giardini Pubblici e del Passeggio dei Bastioni (arricchito nel 1790 dalla presenza del giardino all’inglese della Villa Belgioioso – ora Reale – realizzata dal Pollak, “le cui interne piantagioni s’uniscono e felicemente si combinano – come osserverà pochi anni più tardi Ercole Silva – con quelle de’ Giardini Pubblici, che esteriormente le attorniano”) costituiscono il primo, fondamentale, nucleo del più ampio sistema che verrà realizzato nel periodo na-

poleonico e che caratterizzerà per quasi un secolo questa parte della città. Il dettaglio della Pianta di Milano degli Astronomi di Brera, del 1814, illustra chiaramente questo nuovo sistema del verde e dello spazio pubblico della città: esso è costituito dai Giardini del Castello, formati da aiuole geometriche e da consistenti cortine di alberi ad alto fusto, dal grande quadrilatero della Piazza d’Armi, alle spalle del Castello e dall’Arena (realizzati da Luigi Canonica tra il 1803 e il 1809). Il completamento dei viali alberati per il passeggio pubblico lungo i bastioni salda questi nuovi elementi

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTĂ€

Il sistema del verde della Milano napoleonica, particolare della carta degli Astronomi di Brera del 1814 (Vercelloni, 1987)

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2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

del sistema alle realizzazioni del Piermarini, costruendo un paesaggio urbano di notevole qualità architettonica e un insieme di spazi aperti pubblici tra loro strettamente connessi e intensamente utilizzati dai cittadini milanesi di tutte le classi sociali. All’esterno delle mura è possibile notare il completamento delle alberature lungo la strada di circonvallazione ed i grandi viali alberati dello stradone di Loreto (che conduce alla Villa Reale di Monza, il cui giardino è stato ampliato per volontà di Napoleone, re d’Italia dal 1805, con la realizzazione di un parco di oltre 700 ettari) e della strada del Sempione, in direzione della capitale francese. Nel periodo della Restaurazione, dopo la sconfitta di Napoleone, la ripresa dell’attività edilizia all’interno delle mura (che porterà gli abitanti di Milano dai 120.000 del 1816 ai 184.000 del 1857) non comprometterà la consistenza, la qualità e l’intensa frequentazione di questa grande attrezzatura urbana. E sarà proprio sotto il governo austriaco, nel novembre del 1856, che verrà affidato al-

l’ingegnere Giuseppe Balzaretto l’incarico di ampliare i Giardini del Piermarini, destinando a questo scopo una vasta area ad ortaglie del latifondo Dugnani posta a sud del piccolo giardino formale del palazzo omonimo. I nuovi giardini del Balzaretto, ispirati ai modelli del giardino paesaggistico e del giardino pittoresco “all’inglese”, che si raccordano con raffinata sapienza al disegno dei giardini esistenti, verranno tuttavia completati ed aperti al pubblico nel 1862, dopo l’unificazione dell’Italia.

dall’alto, I Giardini Pubblici. Planimetria riportata in “Milano Tecnica”, 1885 (Vercelloni, 1986) G. Balzaretto, Giardini Pubblici ai Bastioni di Porta Venezia, veduta dalla Cavalchina, 1857/62. Dettaglio (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

2.2 Il verde pubblico nelle maglie dei piani

Nel 1861, subito dopo l’Unità, la città di Milano, il cui territorio amministrativo si limitava ai circa 800 ettari racchiusi dalle mura spagnole, ha una popolazione di 190.000 abitanti. Anche considerando la popolazione che vive nel comune dei Corpi Santi (che comprende i borghi e i nuclei sparsi nel territo-

in alto, “Milano com’è al giorno d’oggi”, Milano in una cartografia del 1868, (Collezione Privata) a fianco, da sinistra I Giardini del Foro davanti al Castello in una fotografia del 1880 (Civico Archivio Fotografico, Milano) La Piazza d’Armi in una fotografia della fine del XIX secolo (Civico Archivio Fotografico, Milano)

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rio esterno alle mura e raggiungerà i 50.000 abitanti solo al momento della sua annessione alla città, nel 1783) si tratta di una modesta realtà urbana: già nel 1850 nell’area londinese vivevano 2.200.000 abitanti e la popolazione dell’area parigina raggiungeva 1.200.000 abitanti. In questo contesto l’eccezionale sistema di verde e spazi pubblici


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

realizzatosi tra la fine del Settecento e i primi decenni del nuovo secolo rappresentava una realtà considerevole che caratterizzava il paesaggio della città nel quadrante nordorientale, dal Castello ai Boschetti, ed offriva ai cittadini milanesi una struttura urbana complessa, intensamente utilizzata ed in grado di rispondere in modo efficace alle esigenze di spazi e luoghi pubblici per il passeggio, l’incontro e la ricreazione. E’ stato osservato come il passeggio pedonale dei Boschetti e i Giardini Pubblici costituissero, assieme al contiguo passeggio alberato dei Bastioni (ai quali si poteva accedere in carrozza dal Corso e pedonalmente attraverso la scalinata che li collegava ai Giardini) il luogo privilegiato del passeggio dell’aristocrazia e della borghesia (anche se erano stati utilizzati – soprattutto nel periodo napoleonico – per manifestazioni e feste popolari). La Piazza d’Armi e le aree attorno al Castello erano invece prevalentemente utilizzate per le attività sportive (equitazione, bocce, ecc.) e, assieme all’Arena, costituivano i luoghi dei divertimenti popolari e delle principali manifestazioni pubbliche, rispondendo soprattutto alle esigenze dei giovani e dei ceti popolari. E’ interessante rilevare, a questo proposito, la particolare attenzione che venne costantemente prestata dalla amministrazione cittadina alla salvaguardia del passeggio dei Bastioni Orientali, aperto ai grandi orizzonti della campagna circostante, che costituiva l’ossatura di questo sistema. In previsione della realizzazione, all’esterno delle mura, della Stazione Centrale, erano stati acquisiti i terreni compresi tra la stazione e i bastioni per evitare che la sua edificazione precludesse la vista delle Alpi dal passeggio sui bastioni stessi e, nei primi anni dopo l’Unità, per mantenere la continuità del passeggio, il collegamento

della stazione (terminata nel 1864) con la città viene realizzato in sottopasso, mentre il progetto per l’apertura di Porta Volta, per collegare la città al nuovo Cimitero Monumentale (1866), testimonia una particolare attenzione alla salvaguardia delle alberature in filare esistenti. Ma due decenni più tardi, nel 1882, la Commissione edile municipale, di fronte al progetto di edificazione dell’area del Lazzaretto (la prima consistente operazione speculativa realizzata all’esterno delle mura che prevede la demolizione dell’edificio, già attraversato dal viadotto ferroviario, che verrà successivamente considerata, per la densità dell’edificazione, come una vergogna per la città), si limiterà, peraltro inutilmente, a caldeggiare l’imposizione di alcuni vincoli suppletivi rispetto a quelli del regolamento edilizio a proposito dell’altezza e dell’architettura degli edifici, per “mantenere inviolata, o quasi, l’amenità attuale del pubblico passeggio sul vicino baluardo”. E sarà a partire da questi anni, dopo il grande successo della “Esposizione Italiana” tenutasi all’interno dei Giardini Pubblici nel 1881, che, di fronte alle nuove possibilità di sviluppo economico della città, cominceranno a manifestarsi con forza gli interessi legati alla speculazione: sia sulle aree edificabili del Circondario Esterno (il territorio al di fuori della mura annesso alla città nel 1873) sia sulle preziose aree che circondano il Castello. Se già lo sviluppo dell’edificazione al di là della stazione e la densa lottizzazione del quadrilatero del Lazzaretto, avvenuta a partire dal 1882, avevano compromesso la qualità ambientale del dall’alto, Milano nel 1884 con l’indicazione delle nuove costruzioni realizzate dopo il 1859 (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano) Pianta generale dell’Esposizione Nazionale di Milano 1881 ai Giardini Pubblici (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

da sinistra, Una delle soluzioni proposte dalla Società Fondiaria Milanese per l’edificazione dell’area dei Giardini del Foro e della Piazza d’Armi, 1881 (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano) La soluzione definitiva del Piano Beruto per il Circondario Esterno, 1888 (Comune di Milano, Fondo Piano Regolatore) nella pagina accanto, da sinistra “Progetto per la sistemazione a giardino pubblico dell’attuale piazza d’Armi e Foro Bonaparte”. Il Parco Sempione nel progetto dell’ingegnere Emilio Alemagna, 1888 (Comune di Milano, Fondo Piano Regolatore) “Variante al Piano regolatore per il quartiere fra i corsi di P.ta Vigentina e S.Celso”. Il Parco Ravizza in un progetto del Beruto del 1885 (Comune di Milano, Fondo Piano Regolatore)

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passeggio dei bastioni, saranno soprattutto le proposte di edificazione dell’area del Foro Bonaparte e della Piazza d’Armi, con il progetto di nuovi quartieri presentato dalla Società Fondiaria Milanese nel 1881 (che comportava la distruzione dei Giardini del Foro e la scomparsa del grande quadrilatero della Piazza d’Armi, e che, come è noto, causò la caduta della Giunta Comunale e l’avvio della redazione di un piano che governasse gli sviluppi della città), benchè successivamente profondamente modificate, a costituire la premessa per la progressiva distruzione di quel sistema continuo di verde e spazi pubblici a scala urbana che si sviluppava, attraverso il grande passeggio alberato dei Bastioni, dalla cerchia dei navigli, presso il corso di Porta Orientale, fino ai

Boschetti e all’asse del Sempione. Il piano regolatore e di ampliamento, elaborato dall’ingegnere comunale Cesare Beruto e presentato nella sua prima versione nel 1884, venne più volte modificato negli anni successivi e fu definitivamente approvato nel 1889: nell’aprile 1888 per la parte compresa entro le mura spagnole, il circondario interno, come piano regolatore edilizio e l’anno successivo, nel luglio 1889, per la restante parte, relativa al circondario esterno, come piano regolatore di ampliamento. E’ interessante rilevare come nella pubblicazione Milano dal 1859 al 1884 curata dal “Collegio degli Ingegneri ed Architetti” e pubblicata nel 1885, poco dopo la presentazione delle prime proposte di piano del Beruto, l’architetto Bignami-Sormani affron-


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

tando il tema dei Giardini pubblici, dopo aver fatto un cenno alla presenza di “ventidue piazze, parecchie delle quali piantumate, ma fra queste, pochissime sono veramente degne del nome di piazza a giardini o di squares, che loro si da”, si limiti ad un semplice accenno al sistema dei Bastioni (“ponno mettere fra le eccezioni il Foro Bonaparte, che ha tappeti verdi e boschetti di piante, ed i Bastioni fiancheggiati da annosi alberi e da spazi erbosi ... occupanti insieme una superficie di circa metri quadrati 500.000”) e segnali che “dovendo il nostro compito limitarsi a descrivere i giardini, non possiamo discorrere che del giardino pubblico propriamente detto”. Questo, egli scrive è costituito da “tre distinti Giardini” che “hanno origine e conformazione differen-

te”: il Giardino Vecchio (45.000 metri quadrati), i Boschetti (19.000 metri quadrati) ed il Giardino Nuovo (132.000 metri quadrati) realizzato quasi un secolo dopo, nel 1862, e “costrutto sopra l’area di una preesistente ortaglia annessa al Palazzo Dugnani”. Al momento della elaborazione del piano, quindi, il sistema esistente sembrerebbe avere ormai perso, non solo nell’opinione corrente ma anche nel giudizio dei tecnici che stanno costruendo la nuova città, il significato che aveva avuto per quasi un secolo. Il piano confermerà lo scarso interesse per questa preesistenza, prevedendo la pressochè totale demolizione dei bastioni e limitandosi ad un ridisegno di tipo paesaggistico del tratto tra porta Venezia e porta Nuova, per molti aspetti simile a quello

adottato dall’architetto Alemagna (il progettista del futuro Parco Sempione) per il “rimaneggiamento” dei vecchi Boschetti del Piermarini, dopo l’“Esposizione Italiana” del 1881. Senza volerci addentrare in una valutazione complessiva del piano e del suo faticoso e contraddittorio processo di elaborazione, e trascurando la previsione, imposta dalla Commissione Consiliare presieduta dall’ingegnere Giovanni Battista Pirelli, del nuovo parco da realizzare presso la Piazza d’Armi (il futuro Parco Sempione, che il Beruto non aveva indicato nelle prime versioni del piano e che verrà realizzato tra il 1890 e il 1894), appare evidente come l’orientamento del Beruto fosse a favore della realizzazione di un “verde diffuso”, come elemento 27


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

di strutturazione e qualificazione del paesaggio urbano dei nuovi quartieri, piuttosto che della realizzazione di consistenti, ma, inevitabilmente, “localizzati” e “isolati”, parchi urbani. Analizzando le successive versioni elaborate dal Beruto e dalla Commissione Consiliare è possibile osservare come l’attenzione principale, per quanto riguarda il verde pubblico, venga rivolta esplicitamente alle zone di ampliamento destinate alla realizzazione dei nuovi quartieri del Circondario Esterno: il verde assume in questo contesto il ruolo di elemento ordinatore dell’espansione urbana definendo la gerarchia e la qualità delle strade e delle piazze; le aree verdi di ampie dimensioni si limitano, sin dalla prima stesura del piano, alla sola previsione di un nuovo parco di circa 17 ettari presso porta Lodovica: il futuro parco Ravizza che verrà realizzato solo nei primi decenni del secolo successivo, ridotto nelle dimensioni e privo del significato urbano attribuitogli dal piano. E’ stato giustamente osservato come i principali riferimenti culturali del Beruto per la realizzazione del verde pubblico fossero quelli inglesi degli squares e come la stessa previsione, nella prima versione del piano, di isolati di grandi dimensioni fosse connessa alla ipotesi della realizzazione al loro interno, a cura dei privati, di quegli spazi verdi che già Ercole Silva, nella seconda edizione del suo libro nel 1813, aveva indicato, accanto agli esempi di derivazione francese (rappresentati a Milano dalle realizzazioni del Piermarini) come “nuovo genere di giardini pubblici, centrali nelle grandi città, circondati da edifzj, ossia di piazze con edifici intorno disposte a giardino”, di cui “varie piazze in Londra n’hanno dato l’idea e l’esempio”. 28


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

E’ importante osservare come durante l’elaborazione del piano il problema di una scelta tra un “verde pubblico diffuso” e la realizzazione di grandi parchi fosse emersa con grande evidenza in tutte le sue implicazioni, sia economiche che di disegno urbano. Particolarmente interessante a questo proposito è l’opinione espressa dal Beruto nel 1890, un’anno dopo le sue dimissioni dall’incarico comunale, mentre i lavori per la realizzazione del Parco Sempione erano appena iniziati, in merito alla previsione di un nuovo grande parco nella zona a nord della nuova Piazza d’Armi, tra l’Ippodromo e corso Sempione, o lungo lo “stradone” per Monza, presso il rondò di Loreto, all’esterno della maglia del piano. In una lettera aperta ai consiglieri comunali (“Sul progetto del nuovo Parco, lettera aperta ai

Consiglieri del Comune di Milano”) egli si dichiara “contrario, almeno pel momento, al progetto del Parco, comunque e dovunque lo si voglia effettuare, soprattutto se via abbia a concorrere il Comune”. La principale ragione di questa contrarietà è che “esso verrebbe a battere in breccia l’istituzione di quei giardini, squares, larghi alberati del Piano Regolatore che, tanto opportunamente ed in conveniente numero, vennero disseminati specialmente nella zona di ampliamento della città a scopo di abbellimento e igiene. ... Se già fin d’ora, anche senza la concorrenza del Parco, ma per puro spirito di economia vennero da questo eliminati i giardini del Rondò di Loreto e di Porta Magenta ed immiserito alle dimensioni di un semplice viale l’altro di Monforte, quale sorte, si domanda, preso a prestito il nuovo Parco, potranno attendersi i giardini superstiti, se non quella di un completo abbandono? ... In ogni caso, prima il più utile che il meno; ecco la mia convinzione”. Forse le immagini più convincenti delle idee berutiane, pressochè totalmente scomparse nella stesura definitiva del piano, sono rappresentate dagli impianti alberati delle vie Morgagni e Benedetto Marcello, simmetricamente disposti in prossimità del Rondò di Loreto, dal corso Indipendenza e dal sistema di viali alberati incentrati attorno a piazza Libia, nella parte orientale del Circondario Esterno. Si tratta di spazi che, in generale, costituiscono ancora oggi elementi urbani di notevole interesse, sia per la flessibilità e l’adattabilità al modificarsi dei modi d’uso che hanno dimostrato, che per la qualità del paesaggio urbano che ancora propongono, benchè riesca ormai difficile immaginarli nel modo in cui erano stati originariamente pensati, con i grandi viali alberati privi del traffico e delle automobili parcheggiate che oggi li caratterizzano.

nella pagina accanto, “Il nuovo parco a Milano. Viali d’accesso ai parchi di Milano e Parigi”. Il sistema di verde pubblico proposto dall’architetto Luigi Broggi nel settore di nordovest, 1890 (Civica Raccolta di Stampe A. Bertarelli, Milano) in alto, da sinistra Veduta aerea di piazza Bacone, una delle square previste dal piano Beruto all’estremo nord di via Morgagni (Urbanistica, n° 18-19, 1956) Veduta aerea della zona tra via Vittor Pisani e corso Buenos Ayres, edificata secondo la maglia prevista dal piano Beruto. In alto a destra si nota l’impianto a verde di via Benedetto Marcello (Urbanistica, n° 18-19, 1956) Il Parco Ravizza attorno al 1920 (Ufficio Studi del Comune di Milano, 1926)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

alberato - che si sviluppa per un tratto lungo il corso Sempione per poi piegare verso ovest, tangente alla nuova Piazza d’Armi -, il Parco Sempione (riportato come già esistente), con un nuovo grande parco attrezzato i cui confini, all’esterno della maglia del piano, non vengono individuati, suggerendone una credibile estensione verso i territori agricoli che circondano il nucleo di Lampugnano. Schema generale del piano Pavia-Masera, approvato nel 1912 (De Finetti, Milano, costruzione di una città, 2002)

Un contributo particolarmente interessante, benchè isolato e senza seguito concreto, alla riflessione sul ruolo e sulle potenzialità di un verde pubblico inteso come “sistema continuo di spazi differentemente caratterizzati” è quello offerto, nel 1890 (proprio mentre veniva previsto lo smantellamento del sistema esistente nel quadrante orientale della città), dall’architetto Luigi Broggi: egli propone un progetto che compara, alla stessa scala, il sistema parigino costituito dal giardino delle Tuileries, dagli Champs Elysées e dal Bois de Boulogne (tre momenti della storia del verde di Parigi strettamente connessi in un grande sistema urbano) con un possibile sistema di verde pubblico che connetterebbe, attraverso un grande viale

da sinistra, Veduta panoramica della zona ad est della Stazione Centrale con in primo piano piazza Aspromonte, una delle nuove square previste dal piano Pavia-Masera (Urbanistica, n° 18-19, 1956) Veduta area della Città degli Studi con la sistemazione verde di piazza Leonardo da Vinci sulla quale prospettano, costituendone il fondale, gli edifici del Politecnico (Urbanistica, n° 18-19, 1956)

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Con l’approvazione, nel 1911, del nuovo Piano Regolatore redatto dagli ingegneri comunali Masera e Pavia verrà, come è noto, prevista una estensione, per molti aspetti banale e meccanica, del reticolo berutiano. Limitandoci al tema del verde pubblico possiamo rilevare come non si riconoscano, all’interno del piano, proposte innovative. In alcune parti della città, tuttavia, (pensiamo ad esempio alla zona della Città degli Studi), la significativa previsione di viali e piazze alberate riesce a costruire paesaggi urbani che richiamano il decoro delle parti migliori dell’ampliamento del Beruto, rendendo spesso difficilmente percepibile il passaggio tra i due tessuti.


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

cisione dell’amministrazione cittadina, retta da un Commissario di nomina prefettizia, di indire un concorso nazionale per un nuovo piano regolatore che si misurasse con i problemi posti dall’inarrestabile sviluppo urbano, sembrò la premessa per una inversione di tendenza che, sulla base di un confronto con le esperienze maturate nelle grandi città europee (tra l’inizio del secolo e il 1930 Londra passerà da 6.600.000 a 8.200.000 abitanti e Parigi da 3.300.000 a 5.200.000) e alla luce del dibattito culturale che aveva accompagnato la nascita e il consolidarsi della nuova disciplina dell’urbanistica, affrontasse in modo moderno i temi della crescita urbana.

Dagli ultimi decenni dell’800 la popolazione milanese ha continuato a crescere senza interruzioni: essa è passata dai 320.000 abitanti del 1881 ai 490.000 del 1901 fino a superare le 600.000 unità nel 1911. Nel 1925, dopo l’annessione degli undici comuni confinanti, avvenuta nel 1923, e mentre la crescita delle attività e della ricchezza economica avveniva con ritmi che sembravano inarrestabili, la popolazione si avvicina ormai ai 900.000 abitanti. In questo contesto, mentre si consolidava il potere del Partito Nazionale Fascista, la de-

2.3 Un’occasione mancata: la “cintura verde” proposta dal progetto vincitore del concorso del 1926

Una testimonianza delle speranze e delle aspettative legate a questo clima culturale può essere facilmente riscontrata nella pubblicazione, avvenuta a cura del Comune nel 1926 (nello stesso anno, cioè, in cui venne bandito il concorso), di un volume dal titolo Milano MCMXXVI. Tra gli autori del volume figura l’ingegnere Cesare Chiodi (assessore per l’Edilizia e i Lavori pubblici della città di Milano dal 1922 al 1925, professionista ed autore del primo manuale italiano di urbanistica, pubblicato a Milano nel 1935) che ne cura in particolare il secondo capitolo: “Edilizia e piani

in alto, Il laghetto dei Giardini Pubblici (Ufficio Studi del Comune di Milano, 1926) in basso da sinistra, La fontana dei Giardini Pubblici ((Ufficio Studi del Comune di Milano, 1926) Giardini Pubblici: una uccelliera (Ufficio Studi del Comune di Milano, 1926)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

regolatori”. Di notevole interesse appare, in particolare, la parte relativa a “Lo sviluppo della città e il nuovo Piano regolatore”, nel quale egli definisce le linee e gli obiettivi generali che dovranno informare il nuovo piano (e che verranno largamente riprese nel bando) e la parte relativa ai “Giardini e spazi verdi”. Per quanto riguarda il secondo tema l’autore, dopo aver sottolineato, in apertura, come il “problema del verde nella grande città” sia diventato “uno dei più assillanti per l’Amministrazione”, non può che segnalare la modesta consistenza di aree di verde pubblico (ed è interessante che egli usi ancora, come sinonimo, il termine di pubblico passeggio): Milano, egli scrive, “non ha dovizia di pubblici passeggi. E infatti i pubblici giardini, il parco e gli spazi verdi non hanno che l’estensione di 83 ettari, il che corrisponde a poco più di un metro e un quarto per ogni abitante”. I tre “polmoni verdi di Milano” (costituiti dai Giardini Pubblici di Porta Venezia, dal Parco - “così chiamato per antonomasia” e da un terzo parco, il Parco Alessandrina

a fianco, L’isba russa ai Giardini Pubblici (Ufficio Studi del Comune di Milano, 1926) nella pagina seguente, I Giardini Pubblici (Ufficio Studi del Comune di Milano, 1926)

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Ravizza, presso Porta Lodovica, che “già comincia ad offrire ombroso ritrovo alla numerosa popolazione di quei quartieri popolari”) sono “ben poca cosa”, egli scrive, “in confronto dei 1300 ettari che misurano i giardini, i parchi, i boschi che si trovano nella città di Parigi, o nelle immediate vicinanze. Sono pochi in confronto dei più che 800 ettari dei giardini e dei parchi che si trovano nell’interno della città di Londra. Gli 83 ettari di Milano sono poco più di un sesto di quello splendido gruppo costituito, quasi nel cuore di Londra, dagli Hyde Park, Kensington Garden, Green Park e Jame’s Park”. Si impone quindi la necessità, prosegue Chiodi, “di provvedere la città di nuovi pubblici passeggi, tanto più che i dintorni della città non offrono naturali attrattive, obbligando la popolazione a cercare nelle amene plaghe dei laghi, della Brianza, del Varesotto, un poco di sollievo alle cure cittadine.” Ma è soprattutto nella parte in cui esamina i piani regolatori e le prospettive di sviluppo


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

della città, che è possibile avvertire i principali elementi di novità: in questa parte il Chiodi delinea con estrema chiarezza, ed in modo esplicito ed efficace, un vero programma urbanistico alternativo al modello dell’espansione monocentrica, a “macchia d’olio”, nel quale il tema del verde esce dai confini dei giardini e dei parchi pubblici e si collega strettamente, investendo il problema della salvaguardia delle aree agricole, al tema più generale della forma urbana e della pianificazione del territorio. Gli ampi stralci che di seguito riportiamo possono essere letti, alla luce delle vicende successive e degli esiti concreti del concorso (innaturalmente sfociati nel piano redatto dall’ingegnere Cesare Albertini ed approvato nel 1934) come un’occasione mancata; essi, tuttavia, propongono temi (chiaramente riconoscibili nel testo del bando così come nelle indicazione dei tre progetti premiati) che, se pure in un contesto profondamente trasformato e ad una scala che travalica ampiamente i confini comunali, paiono ancora attuali, attribuendo al verde (non più inteso unicamente come opera pubblica, costruita su suolo pubblico e con risorse pubbliche, ma, come sistema di aree pubbliche e, sempre più, di aree agricole, in qualche misura protette da disposizioni pubbliche) un ruolo preminente nel controllo e nella qualificazione dei processi di trasformazione e crescita urbana. Dopo l’aggregazione di undici comuni di corona, nel 1923, che portano l’estensione del territorio comunale ad oltre 18.000 ettari si rende necessario, afferma il Chiodi, affrontando il tema dello sviluppo della città, “lo studio di un nuovo piano regolatore urbano che si estenda alle zone annesse allacciandosi al piano regolatore vigente, con gli eventuali ritocchi necessari per la saldatura dei due piani”.

“Il primo problema che si pone” – egli osserva – “per lo studio dell’estensione del piano regolatore oltre i limiti del 1912 è quello del modo stesso della estensione. Per il passato, Milano, come tutte le città che per sorgere in pianura senza accidenti naturali non incontravano particolari ostacoli al loro sviluppo, seguì un processo di accrescimento che si potrebbe definire ‘a macchia d’olio’, senza soluzioni di continuità in ogni direzione. Ma i risultati di tale sistema di sviluppo sono poco incoraggianti se si pensa che nelle città che oggi raggiungono parecchi milioni di abitanti, questo modo di accrescimento ha portato a mostruosi aggregati senza caratteristiche e senza varietà, con un peggioramento sempre più notevole nei riguardi dell’igiene e della viabilità del centro cittadino soffocato entro i successivi e serrati anelli di sviluppo della periferia. A questa legge ‘monocentrica’ di sviluppo si tende ovunque a sostituire quella ‘policentrica’ nel senso di limitare volutamente lo sviluppo dell’agglomerato principale cittadino per dar vita a villaggi o città ‘satelliti’ opportunamente distribuiti alla periferia,

cinti da spazi liberi e convenientemente collegati da poche buone arterie, fra loro e col centro principale.” Dopo avere ribadito come, tenuto conto degli stessi caratteri dell’edificazione nei comuni suburbani recentemente annessi (“prevalente, ed ormai a contatto coll’aggregato urbano, nel quadrante settentrionale ... più scarso e lontano a ponente, ... quasi nullo a mezzodì ed in parte di quello di levante”), “sarebbe contrario alla stessa naturale situazione di fatto il tracciare un piano di espansione che a somiglianza dei precedenti si estendesse in modo uniforme in ogni direzione” egli sottolinea come nelle “nuove direttive del piano regolatore si tenta di applicare, nei limiti del possibile, i nuovi concetti”. Tra gli aspetti di maggiore interesse possiamo segnalare la consapevolezza che dopo “questo primo tentativo di decentramento periferico” sarebbe stato necessario giungere alla “attuazione di un ‘piano regionale’ secondo le moderne direttive dell’arte urbanistica” (tenendo “in giusta considerazione gli altri, ormai importanti, centri che si 33


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

in alto, “Distribuzione delle zone nel territorio del comune”. Piano Portaluppi-Semenza (Portaluppi, 1927)

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sviluppano entro la zona di influenza della città, quali Sesto San Giovanni, Monza, Cusano-Milanino, Rho, Corsico, ecc., pei quali, anche indipendentemente dalla materiale aggregazione amministrativa, non è concepibile un ulteriore sviluppo non disciplinato e coordinato con quello della città di Milano), e che la possibilità di contrastare i tradizionali modelli di espansione urbana fosse strettamente legata alla “politica delle zone libere”. Il Chiodi sottolinea, infatti, come “il concetto della espansione ... per villaggi ‘satelliti’ – nel quale si intravede la soluzione definitiva del problema e quasi la cura dell’elefantiasi urbana e la fusione della città con la campagna e cioè dei benefici dell’una con quelli dell’altra – può

essere effettivamente realizzato solo a patto di conseguire la reale separazione degli aggregati abitati con zone libere rurali, permanentemente destinate a questo scopo” e come si debba “provvedere alla giusta e conveniente distribuzione delle zone libere ed a verde, che dovranno incunearsi fra gli aggregati fabbricati.” La ‘politica delle zone libere’, quindi “è oggetto di grandi preoccupazioni per tutte le maggiori città, non solo allo scopo di formare dei veri e propri parchi e giardini suburbani, ma anche e unicamente per quello di intrammezzare gli aggregati fabbricati con grandi estensioni semplicemente vincolate ad usi agricoli o sportivi”, conservando “lembi di campagna penetranti verso l’aggregato urbano”.


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

Il bando, che prefigura una metropoli di 2.000.000 di abitanti, rispecchierà in modo evidente, come abbiamo accennato, le ipotesi del Chiodi e, per quanto riguarda lo sviluppo della “zona esterna della città” - tema che maggiormente ci interessa in questa sede - queste ipotesi verranno sostanzialmente riprese e sviluppate dai tre progetti premiati. Il progetto vincitore, redatto dall’architetto Piero Portaluppi e dall’ingegnere Marco Semenza, pur prevedendo, per le parti centrali, la demolizione di vaste porzioni del tessuto esistente secondo i precetti della teoria mussoliniana del “piccone risanatore”, proponeva, per la “zona esterna” della città soluzioni innovative di grande interesse che dimostrano la maturazione avvenuta nella cultura urbanistica italiana di quegli anni (del quale lo stesso Chiodi - che partecipò al concorso ottenendo il terzo premio - era esponente di rilievo). Tra gli aspetti più significativi del progetto vincitore vengono generalmente segnalati la dimensione regionale in cui viene inserito il progetto (una tavola, in particolare,

individua i limiti della “zona di influenza della città”, che comprende, come segnala la legenda, “tutte le località raggiungibili dal centro di Milano nel periodo massimo di un’ora, supposta in atto la nuova sistemazione dei trasporti interurbani”), l’elaborazione del primo studio moderno per dotare la città di una rete di ferrovie metropolitane e la costante comparazione degli studi sulla situazione milanese con la realtà di altre grandi città e con le più avanzate elaborazioni tecniche. L’ipotesi alla base del progetto era quella, indicata dallo stesso bando, di tendere “a Milano, non meno che in ogni altra metropoli civile, alla creazione di quelle ‘città giardino’ che da tempo sospirano igienisti e moralisti”. Gli estensori del progetto ritenevano infatti che in breve tempo si sarebbe diffuso “a Milano, non meno che a Londra, il costume di lavorare in centro vivendo alla periferia”; e aggiungevano come “se anche a quel tempo non si sarà realizzata la profezia di mister Ford, ed ogni operaio non possederà la sua piccola autovettura, tram, treno e velivolo pubblici faciliteranno

la mobilitazione quotidiana; e si vedrà, la sera, un esercito di lavoratori raggiungere gli ariosi attendamenti dalle affocate trincee del lavoro”. Da queste premesse, in larga misura comuni alla cultura urbanistica dell’epoca, i progettisti fanno tuttavia discendere, per quanto riguarda il tema del verde, una proposta di grande interesse: la realizzazione di una cintura verde continua, all’interno dei confini comunali, che circonda il tessuto urbano più denso (“congelandolo” sostanzialmente entro i limiti del piano del 1912), al di là della quale sono previsti i nuovi “nuclei satelliti”, organizzati attorno ai vecchi Comuni recentemente annessi. La soluzione proposta per il sistema del verde di Milano (che nella relazione al progetto viene comparata, alla stessa scala, con gli schemi di diverse realtà urbane straniere)

da sinistra, Giardini e parchi nelle grandi città: Parigi, Londra, Milano. Le distanze tra i cerchi concentrici sono di 1,5 km (Portaluppi, 1927)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

è costituita da un sistema continuo di giardini e parchi urbani, collegati da un ampio tracciato stradale (la circonvallazione esterna, di perimetro inferiore a quella prevista dal piano del 1912 che risultava ancora in larghissima parte inattuato), sul quale si innestano altri parchi (tra i quali appare di particolare rilievo quello previsto a nord-est lungo il Lambro) che, dall’esterno del territorio comunale, si incuneano nella città e che risultano caratterizzati dalla stretta relazione con le grandi zone sportive e le “città-giardino”.

in alto, “La sistemazione generale del verde nel comune di Milano - La striscia bianca è la strada di circonvallazione, lunga 54 km, ininterrottamente svolta tra giardini” (Portaluppi, 1927)

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Particolarmente interessanti sono le argomentazioni che vengono proposte a sostegno della soluzione prevista, destinata a trasformare Milano “dall’essere come è ora, la città più povera di giardini”, nella città più ricca di aree verdi, portando “l’attuale superficie a giardini da 0,83 kmq a 23,3 kmq ai quali si aggiungeranno 19,3 kmq di città giardino nonché parecchi giardini privati, che senza venir aperti al pubblico, saran-

no chiusi da cancellate verso le vie, così da accrescere col loro verde la bellezza e la salubrità delle strade”. Essi infatti avvertono come non debba “spaventare la cifra veramente elevata” prevista “per la superficie dei giardini nella futura Milano. Essa proviene, oltre che dalla necessità di ingrandire di molto gli attuali giardini affatto insufficienti, anche dal fatto che ... abbiamo progettato di separare dalla attuale zona fabbricata la zona di fabbricazione che si estenderà intorno ai nuclei civici sopra descritti, mediante una completa cintura di giardini di larghezza variabile fra i duecento e i trecento metri che costituirà come una barriera verde fra il centro e l’esterno.” E, richiamando in qualche misura le argomentazioni del Beruto a favore di un ”verde diffuso”, proseguono segnalando come questa scelta, “sebbene apparentemente eccessiva,” abbia però “un grande vantaggio che è quello di fornire ad una estesissima zona di abitazioni tutto all’ingiro della città, la possibilità con brevissimi percorsi, di rag-


2. Il verde pubblico e la città: passeggi, giardini, squares e parchi pubblici

giungere un’ampia area verde dove godere aria pura e frescura. Concentrando i giardini in aree chiuse da ogni lato, suddivisi in pari punti della città, si finisce coll’aumentare la distanza media dalle zone fabbricate ai giardini.” Altrettanto interessante è l’attenzione che viene prestata alle grandi aree verdi extraurbane, il Parco di Monza e le pinete delle Groane, che - essi sostengono - devono essere considerate come “zone verdi a disposizione dei cittadini”: il primo servito da due linee metropolitane previste dal piano, e le seconde collegate alla città dalle Ferrovie Nord e dalla realizzazione di un nuovo tronco autostradale della Milano-Laghi (il tratto Lainate-Como, completato nel 1925). Le vicende successive al concorso, che portarono all’approvazione, nel 1934, del piano redatto dall’ingegnere comunale Cesare Albertini, sono note. Il tecnico comunale, al quale venne affidato il compito di elaborare il nuovo piano, non aveva mai condiviso le idee del Chiodi e, con le libertà previste dalle norme del bando stesso, produsse un piano che estendeva in modo indiscriminato, fino ai limiti del territorio comunale, il reticolo viario a scacchiera della maglia ottocentesca. E’ stato giustamente osservato come questo dall’alto, “Zona suburbana sud-ovest com’è ora. Con i vecchi comuni di Ronchetto, Lorenteggio, Gratosoglio e Vigentino” (Milano com’è ora come sarà, MilanoRoma, 1927) “Zona suburbana sud-ovest come sarà. Con i nuovi centri civici di (Baggio) Ronchetto, S.Cristoforo (Chiaravalle, Vigentino)”. Si nota il parco previsto presso S.Cristoforo, caratterizzato da una piccola collina che sarebbe stata realizzata con la terra proveniente dagli scavi per la formazione della metropolitana (Portaluppi, 1927)

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dall’alto, Il parco Solari realizzato sull’area dell’ex cinta ferroviaria nella parte sud-ovest della città (Vercelloni, 1986)

plessi sportivi costituiti dall’ippodromo di San Siro (inaugurato nel 1920) e dalla nuova pista del Trotter, ad ovest, all’interno dei confini comunali, e dall’Idroscalo (inaugurato nel 1930 e inizialmente destinato all’ammaraggio degli idrovolanti), ad est, nel territorio dei comuni di Segrate e Peschiera Borromeo.

La nuova rete stradale prevista dal piano del 1934 (Urbanistica, n° 18-19, 1956)

piano sembrasse avere come principale nemico il verde, e in particolare il verde pubblico, trasformando tutto il territorio comunale in un’immensa area edificabile nella quale gli spazi verdi si limitavano sostanzialmente alla presenza di viali e piazzali alberati. Va tuttavia segnalato come è nel periodo tra le due guerre che si formano i grandi com-

Poco prima della definitiva approvazione del piano dell’Albertini, benchè non venissero da questo individuati, venne inoltre avviata la realizzazione del parco Solari, nella parte sud-ovest della città e, nella zona posta nord-est, in quel momento scarsamente accessibile, la piantumazione del parco Lambro, destinato ad essere il più grande parco della Milano fascista (l’acquisizione dell’area del parco proseguirà, tuttavia, per lotti, tra il 1944 e il 1963, dopo le prime realizzazioni della metà degli anni Trenta). L’anno successivo alla sua approvazione venne avviata, a seguito delle forti critiche di cui fu fatto oggetto, una revisione del piano, destinata a limitare, almeno parzialmente, sia gli sventramenti nelle zone centrali che l’espansione generalizzata nelle zone esterne. Sarà, tuttavia, solo tra il 1944 e il 1945, dopo la pubblicazione della legge urbanistica nel 1942, che si giungerà ad una sua complessiva rielaborazione: ciò consentì che venissero stipulate, sulla base del piano del ’34, numerosissime convenzioni tra i proprietari delle aree edificabili e il Comune pregiudicando in larga misura le possibilità di attuazione del nuovo piano regolatore, che verrà approvato nel 1953 ma la cui elaborazione cominciò subito dopo la Liberazione, con il concorso di idee bandito dal Comune nel novembre 1945 al quale parteciparono anche i principali esponenti del movimento moderno milanese.

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3. Il verde nella nuova dimensione territoriale

Uscita dal conflitto profondamente segnata dai bombardamenti, Milano si riprende rapidamente e, nel quadro di uno sviluppo economico che, seppure in modo ineguale, interessa l’intera nazione, si avvia a raggiungere, tra il 1955 e il 1963, un livello di prosperità senza precedenti. Gli anni della ricostruzione e del “miracolo economico” (con l’imponente drenaggio di manodopera dall’agricoltura all’industria, con le grandi migrazioni interne e la progressiva crescita di un benessere diffuso che favorisce la motorizzazione di massa) determinano profonde trasformazioni nella struttura sociale, economica e territoriale del paese.

Il forte sviluppo delle attività produttive e il continuo ed intenso incremento demografico che investono l’area milanese a partire dalla fine della guerra, innescano un processo di crescita degli insediamenti caotico, ad alto consumo territoriale, che modifica complessivamente, nel corso di qualche decennio, l’assetto fisico ed ambientale del territorio metropolitano. Il nuovo Piano Regolatore Generale, approvato soltanto nel 1953, prevedeva, per quanto riguarda il verde pubblico di equilibrarne la distribuzione nelle aree centrali mentre, per le aree più esterne, oltre a dotazioni puntuali nei differenti “quartieri autonomi” individuati, si limitava ad integrare le aree verdi di San Siro e del Parco Lambro, consolidatisi come poli attrezzati per il tempo libero nel ventennio fascista, con due nuovi grandi parchi: uno, di maggiore estensione, verso l’Idroscalo (il futuro Parco Forlanini) e l’altro, localizzato a nord, in prossimità del nuovo Ospedale Maggiore (il primo nucleo

3.1 Verde pubblico e verde agricolo nel PRG di Milano del 1953

in alto, Attrezzature per il gioco dei bambini e per la sosta, in viale Regina Margherita (Urbanistica, n° 18-19, 1956)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

Lo schema territoriale del nuovo Piano Regolatore del 1953 (Urbanistica, n° 18-19, 1956)

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del futuro Parco Nord). Uno dei principali elementi di novità del piano era tuttavia costituito dalla previsione di vincolare alla destinazione agricola, in forza della legge urbanistica approvata nel 1942, larga parte del territorio comunale. Questa scelta assumeva valenze di carattere generale rispetto all’obiettivo di controllare i processi di crescita urbana: nella relazione allo schema di piano si segnalava infatti come i “grandi nuclei di verde agricolo che penetrano nella città e che insieme al verde pubblico formano un sistema quasi continuo di zone verdi”, avessero come scopo principale quello di “fermare l’espansione a macchia d’olio della città e di migliorare progressivamente l’ambiente urbano periferico”. Il piano si rivelerà tuttavia uno strumento fragile rispetto alla forte pressione insediati-

va che investe, nel quadrante settentrionale, le aree agricole esistenti, sia all’interno dei confini comunali che nei comuni di prima cintura. Il “dilagare” dell’edificazione industriale e residenziale, nei comuni del nord, al di fuori del territorio comunale, che si accentuò dopo l’approvazione del piano, e la pratica delle licenze edilizie “in precario” (concesse, soprattutto nella lunga fase di elaborazione del nuovo piano, all’interno delle aree destinate a verde agricolo, in forza delle convenzioni stipulate sulla base del piano del ’34) resero presto evidente la necessità, per contrastare il “caos urbanistico”, di inquadrare i processi di crescita in un orizzonte più vasto dei casuali confini comunali. Già nel 1951 il Comune di Milano aveva presentato una richiesta al Ministero dei La-


3. Il verde nella nuova dimensione territoriale

vori Pubblici per la redazione, ai sensi della legge del ’42, di un Piano Intercomunale. Nello stesso anno, dopo l’autorizzazione del Ministero, vennero avviati i primi studi che riguardarono, oltre all’analisi dell’andamento demografico e delle attività produttive nei comuni interessati al piano, anche un esame delle modalità e dei caratteri delle trasformazioni insediative in atto. Nella parte finale del numero monografico della rivista Urbanistica dedicato al PRG di Milano pubblicato nel 1956, Amos Edallo, allora dirigente della Divisione Urbanistica comunale, affrontando il tema del “Piano Intercomunale della zona milanese” e facendo un bilancio di questi studi segnala come, pur risultando confermato “l’enorme incremento ed il conseguente sovvertimento urbanistico nel settore a nord del Comune di Milano che va da nord-ovest a nord-est”, dalle indagini effettuate “è fortunatamente risultato che alcune zone inframmezzate non sono state ancora compromesse, e con opportuni interventi di Piano Intercomunale potranno rendersi utili a creare quei polmoni di verde che possono ancora conferire alla sistemazione urbanistica della zona, se

tempestivamente regolata, possibilità di una sistemazione sul tipo di quella della grande Londra, che intervalla zone edificate a zone a verde.” Il tema della salvaguardia dei “cunei” agricoli del nord milanese, che costituirà nei decenni successivi un elemento centrale del dibattito culturale sul “disegno” dell’area metropolitana, appare, quindi, alla metà degli anni ’50, già chiaramente delineato.

in alto, Il Parco Sempione (Urbanistica, n° 18-19, 1956) da sinistra, Il Parco Lambro (Urbanistica, n° 18-19, 1956) L’Idroscalo (Urbanistica, n° 18-19, 1956)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

3.2 Il sistema del verde nel “Progetto generale di Piano Intercomunale” del 1967

Il modello “a turbina” dello Schema di Piano intercomunale del 1963

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Con l’approvazione da parte del Ministero, nel 1959, della nuova perimetrazione proposta dal Comune di Milano per la redazione del Piano Intercomunale (35 comuni che diverranno 92 nel 1967) e superate, mediante una formula di coinvolgimento paritetico, le resistenze iniziali delle amministrazioni comunali interessate dal piano, che temevano una forte diminuzione della propria sovranità territoriale, nel novembre del 1961 si riunisce per la prima volta l’Assemblea dei Sindaci che decide di affidare l’elaborazione del piano ad un organismo tecnico appositamente costituito: il Centro Studi per il Piano Intercomunale Milanese. Dopo una prima fase nella quale l’atten-

zione sembra rivolgersi prevalentemente all’analisi ed alla interpretazione delle dinamiche insediative (che porterà alla definizione di “schemi di piano” di notevole forza suggestiva: lo schema “a turbina” del 1963 e quello “lineare” del 1965), l’Assemblea dei Sindaci approva nel 1967 il “Progetto generale di Piano e linee di attuazione prioritaria”, affrontando con un taglio più decisamente operativo i problemi di assetto territoriale dell’area. Già in questo documento, che sconterà nella sua applicazione concreta i limiti della formula volontaristica di adesione alle scelte di piano che caratterizzerà tutta l’attività


3. Il verde nella nuova dimensione territoriale

del PIM, comincia a delinearsi come elemento qualificante delle scelte di politica insediativa ed infrastrutturale proposte per contrastare i processi in atto di dispersione delle edificazioni e di consumo e compromissione delle aree agricole, un disegno di ampio respiro per il sistema del verde: esso si articola in un livello “di interesse metropolitano” (i cui elementi “portanti” sono costituiti da una serie di “parchi attrezzati”: il Parco Nord, il Parco delle Groane e il Parco di Monza) e in un livello “di interesse locale” (basato prevalentemente sul rispetto degli “standard”, introdotti dalla legge “ponte” dell’aprile del 1967 e precisati dal Decreto Ministeriale dell’aprile dell’anno

successivo) al quale viene affidata, oltre alla funzione di salvaguardia territoriale, quella di “supporto per la diffusione dei servizi e dei valori urbani”. Meno avvertita appare, in questa fase, la questione delle aree agricole del sud Milano che, benchè interessate da una crescente edificazione lungo i principali tracciati della viabilità, non vedono ancora intaccata la complessiva compattezza dell’insediamento agricolo e, contrariamente alle aree del nord, sembrano offrire, all’interno dello stesso ambito PIM, buone possibilità di collegamento e connessione in un disegno di scala territoriale.

Il sistema del verde nel Progetto generale di Piano Intercomunale approvato nel 1967 dall’Assemblea dei Sindaci

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

3.3 Gli anni ’70 e l’avvio della politica dei parchi regionali

da sinistra, Il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco del Ticino, approvato nel 1980 (Consorzio Parco del Ticino, 1980) La proposta di piano PIM per il Parco delle Groane (1972) nella pagina accanto, Il sistema del verde proposto dalla Commissione Provinciale di Milano per i lavori della Commissione Regionale (Regione Lombardia, 1972)

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A partire dall’inizio degli anni ’70, mentre si consolida il carattere policentrico della crescita metropolitana e lo sviluppo della motorizzazione privata, sostenuto dalla crescente infrastrutturazione, coinvolge nei processi di diffusione insediativa ambiti territoriali fino ad allora scarsamente interessati dalle dinamiche urbane (accompagnandosi, a scala regionale, ad una esplosione del fenomeno delle seconde residenze che comincia ad aggredire le tradizionali mete di villeggiatura), il tema del verde si intreccia in modo virtuoso con l’avvio di una politica regionale per la salvaguardia del territorio e l’istituzione di parchi regionali. Il grande tema degli anni ’70 -’80 sarà, infatti, quello della salvaguardia ecologica ed ambientale del territorio e vedrà la comparsa di nuovi attori, sia istituzionali che sociali, ed un allargamento del quadro territoriale di riferimento che non sarà privo di conseguenze, in positivo, per il destino

della stessa area metropolitana. Nel 1972 il Consiglio Regionale Lombardo, sollecitato dalla crescente attenzione ai temi dell’ambiente che si diffonde tra i cittadini e che trova sbocco in numerose iniziative per la salvaguardia di specifici ambiti o ambienti naturali (tra le quali devono essere ricordate, in particolare, quelle per la tutela dei boschi e delle sponde del Ticino), istituisce una “Commissione speciale di studio e ricerca sui parchi regionali della Lombardia”. La Commissione svolgerà un complesso lavoro di censimento delle iniziative e delle proposte di tutela coinvolgendo direttamente le Province, gli enti e le associazioni interessate ai temi ambientali, e giungerà, individuati i procedimenti e la normativa di riferimento, sulla base delle competenze affidate al nuovo istituto regionale, alla proposta di un “sistema del verde” che intendeva porsi come un “momento significativo”, quasi un’anticipazione, della pianificazione


3. Il verde nella nuova dimensione territoriale

territoriale regionale, finalizzato non solo a salvaguardarne e valorizzarne le risorse ma anche a ricostituire, nelle aree più densamente urbanizzate, un ambiente più equilibrato. L’importanza e il peso delle esperienze maturate in quegli anni all’interno del PIM (sia nella indicazione di strategie territoriali che nella costruzione di un processo di collaborazione intercomunale e interistituzionale) appare evidente nei lavori della Commissione, che si conclusero nel novembre del ’73, e risulta confermata dalle proposte che verranno formulate per il sistema del verde della Provincia di Milano e, in particolare, per l’area metropolitana. Oltre a riconoscere come valida l’impostazione suggerita dai membri della Commis-

sione della Provincia di Milano (che indicava per l’area metropolitana la necessità di un “progetto” del verde che non si limitasse alla tutela dei “valori naturali” ma si proponesse la salvaguardia dei principali “spazi aperti inedificati” ancora esistenti come elemento di riequilibrio dell’assetto territoriale), la Commissione Regionale confermò, infatti, nella proposta finale tutte le aree individuate nel Progetto di Piano del 1967. Alcune di queste aree, peraltro, erano già state fatte oggetto di prime iniziative e proposte promosse dal PIM: basti ricordare la decisione dell’Amministrazione Comunale di Cinisello Balsamo, alla fine degli anni ’60, di destinare a “verde attrezzato intercomunale”, coerentemente col Progetto di Piano approvato dall’Assemblea dei Sinda-

ci, un vasto ambito territoriale che costituirà, assieme alle aree destinate a verde pubblico dal PRG di Milano, larga parte del futuro Parco Nord, o l’elaborazione, nel 1972, da parte dello stesso PIM, di una prima proposta di piano per l’area delle Groane. Nel dicembre del 1973, con la LR 58 (“Istituzione delle riserve naturali e protezione della flora spontanea”), la Regione Lombardia, confermando gli orientamenti emersi dai lavori della Commissione, si impegna all’approvazione, entro un anno, di un “piano generale delle riserve e dei parchi di interesse regionale” (destinato alla “formazione graduale di un sistema organico di riserve e parchi” esteso all’intero territorio regionale) ed alla tempestiva predisposizione di un programma di provvedimenti per identificare e salvaguardare le aree nelle quali appariva più urgente prevedere misure di tutela. Meno di un mese dopo, con la LR 2/74, la Regione definisce le norme generali di salvaguardia e le procedure di pianificazione da adottare per le aree che verranno inserite nel piano (che, tuttavia, verrà approvato solo nel 1983) e, rispondendo alle pressanti iniziative sviluppatesi negli anni precedenti, istituisce il primo parco regionale, il Parco Lombardo della Valle del Ticino. Nello stesso periodo verranno istituiti come parchi regionali il Parco Nord Milano (1975) e il Parco delle Groane (1976) aprendo così la possibilità di dare concretamente avvio alla realizzazione del sistema del verde previsto per l’area metropolitana: un segnale importante per contrastare un processo di crescita che continua, tuttavia, ad essere basato sullo spreco delle risorse territoriali e sulla scarsa attenzione per la qualità dell’ambiente che, oltre alla continua erosione delle residue aree verdi del nord si accompagna ormai a vistosi fenomeni di compromissione della stessa compattezza e continuità delle aree agricole del sud milanese. 45


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

3.4 Una cintura verde per l’area metropolitana milanese: gli anni ’80 e ‘90

in alto, Lo Schema di Piano Territoriale Comprensoriale elaborato dal Centro Studi PIM nel 1982 nella pagina accanto, Il sistema dei parchi regionali individuato dalla LR 86/83 (Regione Lombardia, 1983)

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All’inizio degli anni ’80, mentre prosegue un confronto serrato tra le forze politiche e le associazioni ambientaliste per la definitiva approvazione del piano generale delle aree protette regionali, l’approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco del Ticino, con la LR n° 33 del 22 marzo 1980, e la pubblicazione dello Schema di Piano Territoriale di Coordinamento Comprensoriale elaborato dal PIM ed approvato dal Consiglio Direttivo il 13 marzo 1980, sembrano aprire una nuova stagione nella

pianificazione di “area vasta”, all’interno della quale la “politica del verde” comincia ad assumere una più matura articolazione. Lo Schema di Piano Comprensoriale, in particolare, contiene la prima proposta organica per la realizzazione di una cintura verde di scala metropolitana. Nei documenti di piano viene infatti posta con chiarezza, affrontando il tema del verde comprensoriale, l’esigenza di salvaguardare un corretto equilibrio tra aree urbanizzate


3. Il verde nella nuova dimensione territoriale

ed aree verdi (superando la pura logica degli standard urbanistici e considerando invece il rapporto tra il complesso delle aree verdi – agricole e non – ed il complesso delle aree urbanizzate) e, in particolare, di tutelare quelle aree che, per la loro compattezza e continuità, potevano costituire i collegamenti tra il verde metropolitano ed il sistema del verde regionale, ponendo così le premesse per una inversione di tendenza rispetto al progressivo e preoccupante degrado della qualità ambientale delle aree extraurbane. Si sottolineava inoltre come, rispetto a questi obiettivi, la situazione complessiva fosse ormai prossima al ‘livello di guardia’, ma risultasse comunque ancora possibile operare per il loro conseguimento sulla base di una volontà politica che individuasse come punto fermo la salvaguardia rigorosa delle

aree essenziali al sistema del verde comprensoriale. Coerentemente con queste premesse, il piano indicava la soglia del 50% come limite quantitativo da non valicare nell’urbanizzazione del territorio comprensoriale e definiva planimetricamente le aree da salvaguardare come “cintura verde metropolitana”, individuando al suo interno le aree agricole produttive, le aree a verde agricolo-ecologico e le aree a parco e verde attrezzato comprensoriale; una particolare attenzione era dedicata al settore sud della cintura metropolitana per il quale veniva riconfermata la proposta, ormai da tempo presente nel dibattito culturale, di un “parco diffuso” integrato alle aree agricole, il Parco Sud. All’interno del complesso delle aree di cintura individuate, il piano proponeva di “controllare ogni mutamento significativo dell’uso del suolo e del paesaggio, impedendo

a tempo lungo ogni trasformazione difforme da quella a ‘verde’ con la sola eccezione di opere pubbliche per le quali una particolare istruttoria abbia verificato l’impossibilità di collocazione alternativa, abbia esplicitato – in termini di ‘costi-benefici’ – il danno arrecato al sistema del verde comprensoriale dall’opera in rapporto ai benefici connessi alla sua attuazione ed infine abbia verificato che ogni sforzo sia stato compiuto in termini di qualità del progetto per il migliore inserimento dell’opera sotto il profilo ambientale e paesistico.“ Pubblicato nel 1982, quando era ormai stato decretato lo scioglimento degli organismi comprensoriali, il piano costituirà in ogni caso un riferimento importante per la definizione delle politiche territoriali nell’area milanese. Con la promulgazione della legge-quadro n° 86 (“Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale”), approvata nel novembre 1983, la Regione Lombardia porta a compimento il processo avviato nel decennio precedente: viene individuato un sistema costituito da 23 parchi e vengono istituiti tre nuovi parchi (Adda Nord, Adda Sud e Valle del Lambro), che si aggiungono a quelli istituiti nel corso degli anni ’70 (Ticino, Groane, Nord Milano, Colli di Bergamo e Monte Barro). La legge inoltre, istituendo le “Commissioni Provinciali per l’ambiente naturale”, affida alle Province nuovi compiti connessi alla individuazione dei particolari valori del territorio e delle misure per la loro tutela. In questo contesto, ed in assenza di un organismo istituzionale di livello sovracomunale in grado di definire le scelte generali di pianificazione del territorio e di verificare la coerenza delle politiche condotte alla scala 47


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

locale, la Provincia di Milano, chiamata a completare il quadro territoriale delle aree protette anche adottando misure di controllo ed indirizzo della pianificazione comunale, si fa promotrice di studi, ricerche e momenti di dibattito e confronto che, partendo dal disegno definito nel Piano Comprensoriale, intendono approfondirne le indicazioni e individuare le possibili politiche di intervento. La ricerca promossa nel 1984 su “Il sistema delle aree verdi nel territorio provinciale”, si proponeva, in particolare, (attraverso una valutazione delle risorse, delle opportunità

Il sistema delle aree verdi nella regione metropolitana milanese (Engel - Spinelli, 1986)

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di valorizzazione e degli strumenti di tutela già attivati per le aree non urbane, la verifica della sensibilità delle comunità locali e l’esame della “politica del verde” in alcune grandi aree metropolitane quali Londra, Parigi e Rotterdam) di individuare uno schema di riferimento generale e di fornire indicazioni per l’iniziativa della Provincia, finalizzata a consolidare la tutela delle “aree di cintura” ed a promuovere e coordinare le iniziative comunali per la loro valorizzazione e fruizione pubblica. I temi che emergono e i principali settori sui quali si propone, anche alla luce delle espe-


3. Il verde nella nuova dimensione territoriale

rienze condotte nelle altre aree metropolitane europee, di concentrare l’attenzione e l’iniziativa provinciale sono soprattutto, oltre alla tutela ed alla qualificazione delle attività agricole esistenti, quello dello sviluppo delle attività forestali e, in particolare, quello della costruzione di un sistema di attrezzature che consentano e favoriscano una effettiva fruizione sociale del verde e degli spazi aperti. L’impegno della Provincia e la forte mobilitazione delle associazioni e dei cittadini su questi temi porteranno all’approvazione della LR 41/85, istitutiva dei “parchi di

cintura metropolitana”, e all’inclusione all’interno di questa categoria, su proposta dell’amministrazione provinciale, del Parco Sud Milano. Con la definitiva istituzione del Parco Sud, che avverrà tuttavia solo nel 1990, l’obiettivo della salvaguardia di tutti i grandi ambiti territoriali individuati nel disegno della “cintura verde metropolitana” proposta dal Piano Comprensoriale del 1980 verrà finalmente raggiunto e inizierà una nuova fase, quella della sua “costruzione” in un rapporto di effettiva collaborazione tra i molteplici soggetti interessati.

Lo schema generale del sistema del verde (Engel – Spinelli, 1986)

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Tutti i parchi regionali della Provincia di Milano sono dotati di PTC vigente, ad esclusione del Parco della Brughiera, ai conďŹ ni settentrionali, che risulta per ora come somma ed estensione di due parchi locali di interesse sovracomunale (Centro Studi PIM, 2005)

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4. Il sistema del verde alla scala metropolitana

regionali raggiunge il 22% del territorio regionale, nella provincia di Milano esso si alza al 43% ad ulteriore conferma della urgenza di tutela degli spazi aperti che stava all’origine della LR 86/83.

Il sistema delle aree protette in Lombardia acquista, come abbiamo visto, forma di programma organico con la LR 86/83. Esso si compone di diverse tipologie di aree di rilevanza: i parchi regionali, i parchi locali di interesse sovracomunale, le riserve regionali e i monumenti naturali in ordine decrescente di importanza territoriale. Ad oggi, risultano istituiti 21 parchi regionali, 71 riserve naturali e 20 monumenti naturali, molti sono i parchi locali riconosciuti (49) e proposti, in particolar modo nelle aree di forte urbanizzazione della regione. Nell’intera Lombardia il sistema dei parchi

4.1 Le aree protette regionali

Si tratta, come si vede, di un importante atto di programmazione del territorio, ancorchè di settore, rivolto necessariamente a tempi molto lunghi, che risponde alla fondamentale esigenza di tutela e governo di vasti territori con connotati di pregio paesistico ed elevata naturalità , rispetto ad usi del territorio che ne mettano a rischio la conservazione.

in alto, Tenendo conto della sola Provincia di Milano, quale area di contesto della cittĂ , i parchi regionali occupano il 43% del territorio, a fronte di una percentuale di suolo occupato da strutture urbane, o da previsioni di insediamenti urbani, pari al 42% (Centro Studi PIM, 2005)

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IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

4.1.1 I parchi regionali nell’area metropolitana milanese

Nel territorio milanese le grandi aree protette possono essere lette come il necessario contesto delle strutture urbane dell’area metropolitana, e, pur rappresentando il limite alla loro diffusione, ne delineano i margini costituendo una sorta di “cintura verde”. Immediatamente a nord dei confini provinciali, nell’area collinare che fa comunque parte del paesaggio della regione urbana milanese, sono presenti altri parchi regionali, in genere orientati alla tutela forestale, a contatto con le conurbazioni Varesina, Comasca e Lecchese. All’interno del sistema, con la classificazione di tutti i parchi in relazione alle specifiche finalità e alle caratteristiche territoriali, la Regione ha riconosciuto a tutti i parchi della Provincia di Milano, la qualità di parchi “di cintura metropolitana”, oltrechè “fluviali”, “forestali”, “agricoli”, sottolineandone così il ruolo primario di salvaguardia di corridoi ambientali interni all’area più densamente popolata e di qualificazione del paesaggio. in alto, Rapporto tra territori dei parchi nella Provincia di Milano (Centro Studi PIM, 2005) da sinistra, Sistema Informativo Territoriale Parchi e Aree protette, Grandi ambiti delle previsioni dei Piani - Legenda Attraverso la distribuzione percentuale dei tre grandi settori nei PTC dei parchi si delineano, assieme ai caratteri territoriali, i rapporti più diretti con le aree urbane di contesto (Centro Studi PIM, 2005)

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La LR 11/00, in adempimento ai dispositivi della “Legge quadro sulle aree protette” (L 394/91), che impone, tra l’altro, il silenzio venatorio nei parchi naturali, ha sancito inoltre la distinzione, all’interno dei perimetri dei parchi già istituiti, delle aree a maggiore contenuto naturalistico, definite “parco naturale”, dalle altre che restano “parco regionale”, rinviando l’approvazione degli atti di pianificazione dei primi al Consiglio regionale mentre la pianificazione della restante parte del parco viene approvata con delibera di Giunta Regionale. Ciò ha determinato quantomeno difficoltà applicative innanzitutto poiché ogni parco ha dovuto predisporre due diversi strumenti di pianificazione, di diversa cogenza normativa, nel medesimo territorio, in secondo luogo, in particolare nei parchi della cintura metropolitana milanese, ove la componente agricola dell’uso del suolo (che peraltro definisce il paesaggio storico e attuale di contorno delle strutture urbane) è prevalente rispetto ai caratteri di naturalità. La nuova legge per il governo del territorio (LR 12/05), sancisce la prevalenza dei PTC provinciali sulla pianificazione di settore dei parchi esclusivamente in tema di infrastrutture, mentre stabilisce che i PTCP “recepiscono gli strumenti di pianificazione approvati o adottati che costituiscono il sistema delle aree regionali protette” e che “la provincia coordina con i rispettivi enti


4. Il sistema del verde alla scala metropolitana

gestori la definizione delle indicazioni territoriali qualora incidenti su aree comprese nel territorio delle aree regionali protette”. Dalla fine degli anni Novanta il Centro Studi PIM, nell’ambito della formazione del proprio Sistema Informativo Territoriale, ha messa a punto la “carta delle articolazioni territoriali delle previsioni dei piani dei parchi” basata su una attenta lettura delle normative dei singoli piani finalizzata ad evidenziare e a mettere a confronto i diversi modi con cui le grandi tematiche della pianificazione di settore, individuate dalla LR 86/83, vengono affrontate e tradotte negli azzonamenti e nelle normative dei piani. Da questa ricerca è emerso come la pianificazione dei parchi regionali, pur nel rispetto e nell’adeguamento alle situazioni geografiche e territoriali locali, si può leggere sostanzialmente attraverso tre grandi settori: la tutela degli aspetti naturalistici, gli indirizzi per la fruizione degli spazi protetti da parte dei cittadini, il consolidamento e la conservazione degli spazi agrari. Naturalmente un quarto settore contiene le “prescrizioni particolari” che sottopongono a tutela elementi specifici e/o qualificanti dei singoli territori, quali le zone rinviate alla pianificazione locale, il patrimonio storico rurale, gli ambiti di cava o di degrado, e altri. I piani dei parchi sono rappresentati secondo una “legenda unificata”, studiata per la rappresentazione degli azzonamenti a due diverse scale. Sono state definite in primo luogo le “grandi categorie” normative riferibili ai diversi gradi di tutela e/o di trasformazione ammessi, ai sensi della legge, all’interno dei perimetri di parco. Le grandi categorie di tutela e di indirizzo sono in grado di rappresentare tutti i parchi regionali. All’interno di ognuna delle grandi categorie sono poi messe in evidenza e rese leggibili ulteriori sotto-categorie di azzonamento capaci di meglio rappresentare i singoli piani

territoriali, utilizzate per la rappresentazione del mosaico alla scala 1:25000. Utilizzando la carta alla scala più generale, l’utilizzo della legenda unificata mette in evidenza i caratteri della pianificazione dei diversi territori. Gli aspetti di tutela della natura sono prevalenti nei parchi fluviali e forestali: il parco della Valle del Ticino (considerata la grande superficie territoriale) include nel territorio di Parco Naturale praticamente tutti gli ambienti interni al terrazzo principale del fiume, il Parco delle Groane, sottopone a tutela naturalistica ampie zone di brughiera, il Parco della Valle del Lambro e il Parco dell’Adda Nord individuano nelle aree di pertinenza dei fiumi gli ambiti di maggiore pregio. Le aree riservate ad attrezzature per la fruizione acquistano peso sempre maggiore quanto più ci si avvicina all’area centrale e densamente abitata della regione urbana milanese, fino ad occupare la massima percentuale nel Parco Nord Milano che, per dimensioni e posizione, assolve alla funzione di grande parco urbano territoriale. Significative presenze di aree attrezzate per la fruizione si trovano infatti nelle Groane, nel Parco Sud e nel Valle Lambro (Parco di Monza). I parchi più esterni, a partire dal Valle Ticino indirizzano il tema della fruizione verso la percorribilità del territorio, garantita da “punti visita”, piuttosto che da vere e proprie aree attrezzate. La domanda di fruizione del verde è in realtà ancor oggi scarsamente valutata: non si conoscono indagini sufficientemente complete su un tema che va dalla necessità di accedere a luoghi dove esercitare pratiche sportive, dove trascorrere il tempo libero in forme più o meno spontanee, al semplice bisogno di “aprire le finestre” sul verde. Si conosce invece la pressione sui parchi attrezzati esistenti (Parco Nord, Parco di Monza e parchi milanesi del Boscoincittà, delle Cave o For-

dall’alto, L’area della Montagnetta nel Parco Nord Milano (Regione Lombardia, 2002) L’Idroscalo, il principale ambito di fruizione dell’est Milano (Provincia di Milano)

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dall’alto, Sistema Informativo Territoriale Parchi e Aree protette, Articolazione territoriale delle previsioni dei Piani - Legenda Sistema Informativo Territoriale Parchi e Aree protette, Articolazione territoriale delle previsioni dei Piani - Stralcio nella pagina accanto, dall’alto Ambiti agricoli nei dintorni di Abbiategrasso Ambiti di naturalità nel Parco del Ticino (Consorzio Parco del Ticino)

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4. Il sistema del verde alla scala metropolitana

lanini) e sulle poche strade ciclabili continue disponibili come l’alzaia del Martesana o quella del naviglio Grande. Nei parchi agricoli, Sud Milano e Adda Sud e parzialmente nel Valle Ticino (a causa dell’inclusione degli interi territori comunali nel perimetro del parco) i temi dominanti sono la conservazione nel lungo periodo dei territori agricoli produttivi della pianura irrigua e la riqualificazione del paesaggio agrario, storico ed attuale. In particolare, nel Parco Sud la tutela del patrimonio storico rurale, costituisce tema di un Piano di Settore specifico indirizzando i Comuni ad una piena conoscenza dei valori del proprio territorio. Nell’esame delle aree riservate a vario titolo alla iniziativa comunale, i rapporti percentuali hanno scarsa rilevanza in quanto dipendono dal “disegno” del perimetro all’atto dell’istituzione del singolo parco: i due estremi sono rappresentati dal Parco della Valle del Ticino, nel quale tutte le aree urbane fanno parte del territorio del parco e dal Parco Agricolo Sud Milano nel quale tutte le aree urbane sono escluse. Una particolare attenzione è riservata, nel Parco Sud, ai rapporti con la città di Milano, attraverso la introduzione dei “piani di cintura urbana”, strumenti destinati ad approfondire e rendere fra loro compatibili i temi dello sviluppo urbano e della tutela del territorio. Va in ogni caso rilevato il fatto che in molti i parchi regionali, in diversa misura a seconda delle caratteristiche degli ambiti tutelati, il rapporto con le strutture urbane, comprese o marginali rispetto al perimetro del parco, si è dimostrato l’elemento di maggiore conflittualità tra Enti Gestori e Comuni nel governo del territorio e nella “attuazione” di progetti condivisi. Ciononostante l’istituzione dei parchi e l’attenzione alla pianificazione territoriale da essi promossa spesso ha rappresentato un elemento unificante per le decisioni riguardo alla tutela dell’ambiente. 55


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4.1.2 I parchi locali di interesse sovracomunale

alla qualificazione degli spazi di contesto delle città che compongono la regione urbana. Studi e progetti di intervento, anche parziali, sono in corso in parecchi PLIS. Osservando la distribuzione di queste aree protette, tutte comprese nell’ambito del nord Milano, si possono abbozzare ipotesi di sub-sistema dei PLIS interposti tra i grandi ambiti tutelati dei parchi regionali:

Il quadro delle aree protette si completa con la nascita dei parchi locali di interesse sovracomunale, mentre le riserve regionali esterne ai parchi e i monumenti naturali tutelano aree specifiche di limitata superficie o singoli fenomeni isolati di carattere morfologico o naturalistico. I parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS) previsti dalla LR 86/83, nascono sulla base di proposte di Comuni, singoli o associati, e vengono riconosciuti dalla Provincia a seguito della delega regionale del 2001; la pianificazione dei PLIS è affidata in ogni caso ai Comuni, riuniti in consorzio o con semplice convenzione. I primi parchi locali traggono origine da tutele paesistiche o naturalistiche di corsi d’acqua minori (Molgora), di aree boscate (Rio Vallone) o di ambiti particolari nella storia agraria del territorio (Roccolo), ma in seguito si sono estesi soprattutto alla difesa e riprogettazione paesistica di aree agricole interstiziali rispetto all’espansione dell’edificato, e sono rivolti alla conservazione e alla valorizzazione di spazi aperti anche attraverso la creazione di aree attrezzate a servizio delle comunità locali. I PLIS rappresentano, per i Comuni proponenti e per la stessa Provincia, ambiti nei quali convogliare prioritariamente capacità progettuali e concreti interventi volti 56

• il sistema dell’Olona o dell’ovest, tra il Parco della Valle del Ticino e il Parco delle Groane, costituito dai PLIS dell’Alto Milanese (in parte fuori Provincia di Milano), delle Roggìe, del Roccolo, del Medio Olona e di Cerro, per una superficie complessiva di 3215 ha. A questo sistema si affianca, in territorio comasco il Parco locale del Lura, mentre manca una specifica tutela della valle dell’Olona, nella parte meridionale; • il sistema del nord Milano, tra i parchi delle Groane, Nord Milano e Valle Lambro, costituito dai PLIS della Brianza Centrale, del Grugnotorto-Villoresi, dal proposto Parco del Seveso, dal Parco di Novate-Cormano e da quello della Media Valle del Lambro, per una superficie complessiva di circa 1680 ha; • il sistema dell’est Milano, tra i parchi Valle Lambro e Adda Nord, costituito dai PLIS delle Colline Briantee, della Cavallera, del Molgora, dei Curzi, del Rio Vallone, delle Cave e delle Cascine, per una superficie complessiva di 3950 ha. I sistemi sopra descritti hanno tutti un andamento radiale o subradiale rispetto all’area centrale e presentano spesso aspetti di grande frammentarietà. La loro funzione di spazio aperto, organizzato in rapporto


4. Il sistema del verde alla scala metropolitana

alle esigenze delle aree urbane e alla ridefinizione del paesaggio di contesto, si confronta con due fondamentali esigenze: • la necessità di evitare che essi diventino “isole” ambientali, che si riflette nella opportunità di predisporre fin dall’inizio gli indispensabili elementi di collegamento tra gli stessi PLIS e i parchi regionali, anche attraverso le strutture urbane (con gli elementi di verde ad esse interni) e/o gli ulteriori spazi interstiziali ancora disponibili; • una ridefinizione del ruolo che l’agricoltura, pur residuale e scarsamente strutturata, può giocare nella riprogettazione degli ambienti aperti e soprattutto nella loro gestione e manutenzione.

dall’alto, I parchi locali rappresentano il 5% del territorio provinciale. La loro dimensione media è di circa 500 ha con un minimo di 150 ha del Parco di NovateCormano ed un massimo di 1.582 ha del Parco del Roccolo (nella foto) (Di Fidio – Ferrari – Lazzeri, 2001) Una zona umida nel Parco del Rio Vallone (Di Fidio – Ferrari – Lazzeri, 2001) nella pagina precente, Un percorso ciclabile nel Parco del Grugnotorto

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4.2 La rete ecologica

La costruzione di una “rete ecologica” che metta in relazione gli ambiti di valore naturalistico, già soggetti a tutela, con altre aree ed ambiti, continui ed interrelati con le strutture insediative e le reti infrastrutturali, al fine di evitare la formazione di sistemi “chiusi” ed isolati, rappresenta la strategia per il rafforzamento della componente am-

in alto, I boschi lungo il tratto nord del naviglio Grande a fianco, Un tratto del fiume Adda a Trezzo (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000)

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bientale e lo strumento per il superamento delle criticità delle aree ad alto tasso di urbanizzazione del sistema metropolitano. Come è noto, ed in estrema sintesi, la rete si fonda su uno schema portante di habitat capaci di fornire livelli sufficienti di biodiversità, da consolidare, su nuovi elementi di naturalità, da creare negli ambiti di maggiore carenza, e su un sistema di fasce di connessione che li mettano in comunicazione. Nell’ambito della regione urbana milanese le maggiori potenzialità sono rappresentate da alcuni elementi che si possono considerare “di base”: • il sistema delle acque, costituito non solo dalle grandi aste fluviali, in direzione nord-sud, ma anche da navigli e canali principali che stabiliscono alcuni collegamenti est-ovest (Villoresi e navigli Grande e Martesana) e dalla rete


4. Il sistema del verde alla scala metropolitana

a fianco, La rete ecologica prevista dall’attuale PTCP (Provincia di Milano, 2003) da sinistra, Il Parco delle Cave, fulcro della cintura ovest di Milano L’alzaia del Martesana a Cernusco sul Naviglio Un tratto del Molgora all’interno dell’omonimo PLIS (Di Fidio – Ferrari – Lazzeri, 2001)

minuta del sistema irriguo derivato; • gli ambiti di naturalità compresi nei parchi e nelle riserve regionali; • i parchi locali di interesse sovracomunale, quali elementi di potenziale ricostruzione di elementi di naturalità; • i sistemi di verde urbano, una volta messi a regime e in contatto con gli spazi aperti;

• il sistema della percorribilità “lenta” del territorio. La predisposizione della rete fa necessariamente capo ad un ente territoriale di larga scala, quale la Provincia, cui spetta il compito della definizione di ambiti spaziali a cui assegnare determinati obiettivi funzionali, come quello della permeabilità

ecologica e della adozione di regole attuative eco-compatibili per le attività umane. La formazione della rete si propone quindi come un processo di pianificazione strettamente coordinato tra Provincia, Enti Parco e Comuni, nel quale l’apporto di ogni soggetto sia congruente con il disegno generale e reciprocamente sostenuto.

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4.3 Il verde nelle città: i parchi storici, i parchi territoriali

La necessità di coordinamento degli atti di pianificazione ai vari livelli, riguardo alle politiche del verde sono tanto più evidenti quanto più ci si avvicina all’area centrale densa del territorio metropolitano, dove i contatti tra le città, quando non sono costituiti da strutture urbane continue, sono caratterizzati da situazioni di frangia indefinite, spesso luoghi del degrado, anche sociale, associato ad attività espulse dalle parti più pregiate delle città (autodemolito-

in alto, Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo a fianco, Il centro storico di Cernusco sul Naviglio (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000)

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ri, depositi, campi nomadi, orti spontanei, ecc). In tutti i comuni, in diversa misura e proporzione, le aree centrali si sono arricchite di spazi verdi, con il recupero di giardini storici (Cinisello, Settimo), con la creazione di vasti parchi urbani (Cernusco, Rozzano, Cornaredo), con una forte dotazione di assi alberati (San Donato) che hanno dato forma e sostanza alla costruzione di vere e proprie “centralità urbane”. Il modello di aggregazione delle espansioni urbane in cui il verde è presente nei termini tradizionali dello “standard” ha dato un contributo ancora debole alla qualificazione e alla caratterizzazione delle diverse identità dei luoghi. Per contro, una recente indagine, svolta dal PIM per il Comune di Milano, sulle condizioni del verde nei comuni di prima cintura, ha messo in evidenza il doppio ruolo di “ponte” tra le diverse realtà urbane e i parchi regionali, e di recupero e qualificazione degli ambiti di periferia, svolto dai grandi parchi territoriali


4. Il sistema del verde alla scala metropolitana

L’ESPERIENZA DEL BOSCOINCITTÀ L’idea nasce alla fine degli anni ’60 del Novecento sulla scia della nascente sensibilità in materia di ambiente, per concretizzarsi nel 1973 quando Italia Nostra chiede al Comune di Milano l’assegnazione di un terreno incolto destinato a “verde agricolo” di 35 ha, alla periferia ovest della città. Con questa azione, Italia Nostra intende portare un bosco all’interno del tessuto urbano, coinvolgendo i cittadini nella realizzazione del primo intervento di forestazione urbana in Italia. In una prima fase, fortemente operativa, il lavoro è concentrato sugli aspetti agroforestali e sulla sistemazione elementare dell’area, secondo il progetto coordinato da Giulio Crespi. Con il passare degli anni e la crescita dell’iniziativa, le risorse non sono più sufficienti e, all’inizio degli anni Ottanta, il Comune inizia ad erogare un contributo economico per la gestione e la progettazione delle aree del Parco, consentendo così una programmazione a medio termine. Il parco si amplia verso est, passando da 35 a 50 ettari, con nuove strade campestri, il laghetto, l’area delle

feste e, successivamente (1988), i primi i orti urbani, con un’iniziativa pilota di gestione degli orti. I sempre più numerosi impegni, non più gestibili con il solo volontariato, rendono necessaria la creazione di un centro operativo, il Centro per la Forestazione Urbana (CFU), con compiti di progettazione e realizzazione del verde pubblico, erogazione di servizi per i fruitori, promozione della partecipazione dei cittadini nella costruzione e difesa del verde, coordina-

mento di risorse, centro di documentazione e ricerca. Negli anni Novanta il Parco si estende verso nord, fino raggiungere una superficie di 80 ettari e nel 1997 il CFU inizia ad occuparsi, anche dei 111 ha del Parco delle Cave, con i suoi laghi di cava, i boschi, le aree agricole. Negli ultimi anni si assiste ad un cambiamento di prospettive e strategie. Realizzato il parco urbano, si punta ora a costruire il “Parco dei sentieri interrotti”, una rete di natura, agricoltura e spazi liberi dentro la città, attraverso la connessione e lo sviluppo delle aree verdi esistenti (attrezzate, agricole, naturali). Il Boscoincittà rappresenta ormai un’esperienza consolidata e ben conosciuta dai milanesi, con una fruizione ampia e una importante partecipazione alle numerose iniziative organizzate per diffondere la cultura del verde urbano e che ha indubbiamente contributo a far si che la forestazione urbana e il coinvolgimento del volontariato divenissero modalità consuete nella realizzazione del verde urbano.

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in alto, Milano: rapporto fra strutture urbane e spazi aperti di contesto (Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano, 2004) nella pagina precedente da sinistra, Una strada residenziale di Metanopoli a San Donato (Sermisoni, Silvana, Metanopoli. Attualità di un’idea, Snam 1995) Parco urbano a Cornaredo

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che circondano la città. Il Parco Nord, il Boscoincittà con il Parco delle Cave, il Parco Lambro con il Forlanini e l’Idroscalo sono realtà note e riconosciute che hanno cambiato l’assetto delle aree di margine della città creando nuove “centralità ambientali”, del tutto alternative rispetto ai centri commerciali o alle multisale cinematografiche. Se la domanda di ampi spazi a verde è forte, e il gradimento che la popolazione mostra nei confronti dei parchi è tanto elevato da costituire in qualche caso un problema di sovraccarico, altrettanto forte è la varietà

della richiesta di prestazioni ad essi rivolte, spesso in antitesi tra di loro: dalle aree per il tempo libero e lo sport, ad aree di forte naturalità, ad attrezzature per lo spettacolo, ai posti di ristoro, a luoghi di aggregazione sociale. Ne deriva l’esigenza di un forte coordinamento tra le diverse iniziative. Ma ciò che emerge con estrema chiarezza è la necessità di collegamenti facili e privilegiati tra le città della struttura metropolitana e gli spazi aperti, siano essi strade ciclabili, itinerari “verdi” o linee di trasporto pubblico ben calibrate.


5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

Risulta ormai chiaro come il ruolo delle aree verdi, ancor più se qualificate e strutturate attraverso azioni mirate alla formazione di “parchi”, abbia un’importanza fondamentale nella determinazione della configurazione geografica dell’area metropolitana e, in altre parole, nella riconoscibilità della cosiddetta forma urbis alla scala territoriale vasta. Valga il richiamo alle politiche territoriali praticate dalle grandi città europee, appoggiate ad alcuni slogan efficaci come quello della ceinture verte parigina, della green belt londinese, ecc. In sintesi una città di buona qualità ambientale deve presentarsi come un’entità ecosistemica e paesaggistica completa, efficacemente integrata con l’ecosistema naturale, costituita dagli spazi verdi urbani e dagli

spazi a carattere agricolo e naturalistico della propria frangia periurbana. La valorizzazione fruitiva delle aree verdi di cintura, la costruzione di relazioni qualificate tra il sistema del verde interno alle aree edificate e quello di scala territoriale, la ridefinizione del “paesaggio urbano” e la qualità ambientale delle periferie metropolitane, sono alcuni dei temi del panorama odierno, le sfide principali con cui deve misurarsi la “politica del verde”, precisando obiettivi e strumentazione operativa, favorendo la crescita di una sensibilità diffusa tra la popolazione e il coinvolgimento delle amministrazioni locali, consolidando una cultura progettuale e tecniche di intervento in grado di incidere positivamente sull’assetto complessivo del territorio metropolitano.

in alto, Paesaggio di frangia urbana al Gallaratese a fianco, Un viale alberato a Cusano Milanino nella pagina seguente, da sinistra Paesaggio agricolo lungo il naviglio Grande (Regione Lombardia, I paesaggi del naviglio Grande, 2001) Il centro storico di Inzago lungo il Martesana Il Monte Stella a Milano La sequenza dei laghi briantei (Regione Lombardia, Approvazione delle linee generali di assetto del territorio lombardo, 2000)

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LA CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO All’art.1 vengono proposte le definizioni dei termini: a) “paesaggio”, designa una determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni;

d) “salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo di intervento umano;

b) “politica del paesaggio” designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio;

e) “gestione dei paesaggi” indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali;

c) “obiettivo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità competenti, per un detrerminato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita;

f) “pianificazione dei paesaggi” indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.

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Il paesaggio La rinnovata attenzione al paesaggio è tema comune a tutte le grandi città europee, ed è soprattutto legata alla domanda sempre crescente rivolta non solo alla qualità dei luoghi di vita e di lavoro, ma anche alla tutela e valorizzazione della storia e dell’identità culturale del territorio. La Convenzione Europea del paesaggio, firmata dall’Italia nel 2000, pone all’attenzione dei paesi membri la necessità di formulare politiche di valorizzazione dei paesaggi, articolate secondo differenti tipi di azioni in relazione ad obiettivi di qualità condivisi dalle popolazioni locali. Le finalità del nuovo strumento sono il sostegno alla “elaborazione delle culture locali” e il miglioramento della “qualità della vita delle popolazioni”, in un quadro di sviluppo sostenibile “fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica e l’ambiente”. Il campo di applicazione della Convenzione è esteso all’intero territorio dei paesi


5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

membri e le azioni che ne derivano sono volte non solo a conservare quegli ambiti di paesaggio cui si riconosca un valore, ma anche alla ricerca della qualità paesistica e quindi alla produzione di nuovi paesaggi nelle aree di trasformazione o nel recupero di situazioni di degrado. Le modalità di applicazione della Convenzione (artt. 4 e 5), oltre al riconoscimento giuridico del paesaggio “in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni” e alla sua integrazione negli atti di pianificazione territoriale, richiedono esplicitamente la partecipazione delle popolazioni alla definizione e realizzazione delle “politiche del paesaggio”. La valutazione, la tutela e/o la qualificazione del territorio sottintendono infatti non solo il più ampio consenso, ma soprattutto la diffusione della conoscenza e della consapevolezza dei valori storici e ambientali che entrano in gioco nella definizione di un determinato paesaggio. La traduzione nella legislazione italiana

dei principi della Convenzione europea del paesaggio è contenuta nel “Codice Urbani” (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”) che, riprendendo il testo unico, proposto con il D.lgs 490/99, stabilisce che “il paesaggio fa parte del patrimonio culturale del paese” pur mantenendo la storica distinzione tra beni archeologici, storico-architettonici e paesaggistici derivante dalle precedenti leggi del 1939 e dalla L 431/85. La delega alle Regioni in materia di ambiente e paesaggio, la L 1/2000 che rinvia ai Piani Territoriali Provinciali le politiche di tutela ambientale, e in particolare la subdelega ai Comuni in tema di autorizzazione paesistica (con la LR 12/05 la subdelega opera al di fuori dei parchi regionali), possono essere considerate nell’ottica della diffusione della conoscenza e della consapevolezza dei valori diffusi sul territorio, prevista dalla Convenzione europea, a patto che programmi e progetti di intervento siano supportati da metodologie di indagine e da strumenti di

valutazione noti, coerenti e condivisi. In Lombardia, dal 2001, è vigente il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), che disciplina e indirizza la tutela e la valorizzazione paesaggistica dell’intero territorio lombardo, stabilendo diversi gradi di tutela e definendo gli ambiti ai quali tali gradi si applicano, utilizzando categorie e metri di giudizio in relazione alle specificità dei territori interessati. Il PTPR definisce pertanto le azioni e le misure più significative per la tutela e la valorizzazione del paesaggio, perseguendo le seguenti finalità: • conservare i caratteri che definiscono l’dentità e la leggibilità dei paesaggi della Regione; • migliorare la qualità paesaggistica e architettonica degli interventi di trasfor mazione del territorio (costruire “nuovi paesaggi”); • diffondere la consapevolezza dei valori paesaggistici e loro fruizione da parte dei cittadini.

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in alto, La cascina Ronchettone ai margini del Parco Sud nella pagina seguente, Le aree protette e le prospettive di integrazione degli spazi aperti per l’equilibrio del sistema metropolitano

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Completamento della cintura verde a nord di Milano Il disegno del sistema delle aree protette, compreso fra le due “spalle” costituite dai parchi regionali fluviali della Valle del Ticino e della Valle dell’Adda, definito verso le propaggini collinari briantee dai parchi delle Groane e del Lambro, e chiuso nell’arco meridionale dal Parco Sud, costituisce la struttura portante di una rete di luoghi dove alla tutela delle aree di naturalità e al potenziamento del paesaggio agrario, si accompagnano iniziative e interventi per la fruizione da parte dei cittadini. In questo quadro, il progressivo avvio dei parchi locali di interesse sovracomunale, che ormai rappresentano una significativa percentuale della superficie delle aree protette, conferma l’interesse e la necessità di completare la “cintura verde” del territorio densamente urbanizzato del nord Milano. I punti di forza di una messa a sistema degli spazi aperti devono ricercarsi in un ambiente agricolo strutturato ma capace di fornire qualità anche paesistica e nel rafforzamento

delle aree in cui ancora permane evidente la valenza ambientale-naturalistica. Qui la “sostenibilità” dei valori ambientali risiede principalmente nell’individuazione di una “rete ecologica” che metta in comunicazione le aree protette tra di loro e con gli spazi urbani attrezzati a “verde” dalle singole comunità locali. Il compito del progetto di rete ecologica è affidato alla Provincia e alla sua capacità di coordinamento tra le iniziative comunali, gli enti gestori dei parchi regionali e i progetti dei parchi locali. Occorre pertanto mettere in luce le molteplici opportunità, offerte per esempio dalla rete delle acque che caratterizza l’intero territorio provinciale, le situazioni già mature e disponibili per interventi di qualificazione, l’insieme delle conoscenze già sviluppate particolarmente nel settore naturalistico e paesaggistico. Aree di frangia e Piani di cintura La dinamica dell’espansione metropolitana richiede interventi tanto più forti, diretti e mirati quanto più si è in prossimità delle


5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

parti più dense della struttura insediativa: in questi ambiti si rende necessario, attraverso tutti i possibili meccanismi di acquisizione diretta o di convenzionamento delle aree, un ampio spazio di intervento da parte della collettività. Ciò avviene in modo particolare negli ambiti dei Piani di Cintura urbana del Parco Sud, ma anche nei parchi locali di interesse sovracomunale, dove le amministrazioni locali sono chiamate ad una più incisiva presenza ed a maggiori responsabilità di realizzazione. Se le aree di margine della città, a maggior ragione se già comprese in ambiti di parco, vengono intese come il campo di applicazione di quelle “politiche del paesaggio” individuate dalla Convenzione Europea, esse

perdono la connotazione negativa di territori di frangia per acquisire il significato di territorio di contesto delle strutture urbane e di “transizione” rispetto ai territori agricoli o naturali più lontani. Si tratta di individuare un “nuovo” paesaggio dove le diverse attività presenti sono chiamate a riqualificare e valorizzare l’ambiente in modo propositivo, facendo leva sulle radici storiche ma superando le non più attuali posizioni basate su un rigido schema di conservazione/restauro. Le aree di frangia accolgono infatti, a fianco di ciò che resta (e spesso di valore) dell’attività agricola che un tempo aveva caratterizzato i dintorni della città, le attività più disparate, spesso marginalizzate dalle strutture urbane (sfasciacarrozze, campi noma-

di, depositi di varia natura, orti spontanei), accanto a centri commerciali lungo le direttrici di maggiore richiamo o ad aree attrezzate per il tempo libero del tutto casuali o realizzate in corrispondenza di laghi di aree di escavazione parzialmente dismesse. Il “nuovo paesaggio” è chiamato a comporre queste diverse funzioni ricreando una logica localizzativa in grado di accoglierle e di renderne compatibile la presenza. Tutto ciò implica una diversa impostazione progettuale, un diverso coinvolgimento degli enti operanti ai diversi livelli, una diversa capacità di indirizzo e di coordinamento delle iniziative private. Grande attenzione va riservata alla “sostenibilità” delle realizzazioni sotto il profilo della gestione, assicurando un forte legame tra i contenuti del progetto territoriale e le modalità della sua tenuta nel tempo attraverso il governo economico e gestionale dei suoi contenuti. Nella generalità del territorio, l’azione protezionistica, sempre necessaria, può essere indirizzata a garantire il permanere delle funzioni che stanno alla base del modello territoriale e dell’assetto ambientale. Andranno in altre parole create le migliori condizioni perchè le funzioni, considerate ”virtuose” per la qualità dell’ambiente e del paesaggio, si sostengano attraverso proprie economie di gestione. Attori in campo: quale ruolo? Alla tutela e al governo di un bene altamente diffuso come il paesaggio e di un sistema fondamentale come quello del verde, non può che partecipare la totalità della popolazione, ma, allo stesso tempo la conoscenza e di conseguenza la percezione del paesaggio come valore da sostenere stenta ad essere diffusa. In quest’ottica la coscienza collettiva, prima che il sistema legislativo, deve divenire consapevole che il territorio 67


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

deve essere valorizzato nel suo significato originario di risorsa, risultato del lavoro umano su di esso. Il ruolo delle amministrazioni pubbliche (Comuni ed Enti parco) è innanzitutto rivolto all’individuazione e promozione di politiche comuni di governo del territorio e di riqualificazione paesistico-ambientale, incentrate sul riconoscimento di un sistema di obiettivi strategici. Per far questo essi possono adoperarsi, coinvolgendo i tutti gli operatori in campo, per ritrovare nel sistema paesistico una convenienza economica, definendone potenzialità d’uso e di riuso che valorizzino le diverse componenti, ripristinando quella duplice valenza utilitaria ed estetica che un tempo caratterizzava il contesto urbano. In secondo luogo le pubbliche amministrazioni dovranno operare nel coordinamento dei progetti e nel sostegno mirato di specifiche

a fianco, Aree di frangia ai confini del Parco Sud nella pagina seguente, L’Oasi di Lacchiarella

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componenti del territorio, attorno alle quali si possono aggregare le azioni dei soggetti privati che intendano inserirsi nei processi di valorizzazione della risorsa ambientale costituita dal sistema del verde. Allo scopo, si può ipotizzare l’affacciarsi sulla scena istituzionale di strutture appositamente create per la valorizzazione e la gestione delle risorse ambientali presenti nei grandi spazi verdi come le “agenzie del verde” o “agenzie d’area” già ampiamente sperimentate nelle esperienze francesi e tedesche, che prevedano, in modo integrato con le prescrizioni normative, strumenti e modalità di gestione propri del processo socio-economico. Occorre inoltre individuare delle fonti di entrata dal settore privato, anche per la realizzazione di interventi in project financing, senza peraltro svilire il carattere primario di luogo pubblico svolto dagli spazi aperti


5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

via modificato gli assetti e che non possono essere “congelate” in una unica operazione di conservazione. Se un paesaggio è il risultato di attività produttive uscite o che tendono ad uscire dalla contemporaneità e a divenire antieconomiche, la sua conservazione deve necessariamente prevedere l’attribuzione di nuove funzioni e nuovi ruoli socio-economici in grado di esprimere e contestualizzare nuove forme di paesaggio. In tal senso le politiche ambientali diventano progetto e programma strategico in grado di creare, a partire dal riconoscimento dei valori territoriali sedimentati nella storia dei luoghi, nuovi valori paesisitici che esprimono il coinvolgimento delle comunità locali. La pianificazione del verde può passare così da un’ottica di salvaguardia passiva alla riscoperta di antichi usi e alla progettazione di nuovi usi compatibili. di contesto delle strutture urbane, purchè il modello di progettazione e di gestione risulti economicamente sostenibile ed integrato con l’intero processo di valorizzazione del territorio. Superamento di una concezione puramente difensiva delle politiche ambientali Due sono i rischi connessi con l’attuale impostazione delle politiche ambientali: il primo è la concezione “settoriale” dell’ambiente e soprattutto del sistema del “verde”, a sua volta suddiviso nei due filoni dei parchi (ex LR 86/83) e del verde urbano, in antitesi con i sistemi urbani o, al più, come compensazione del consumo di suolo che gli inevitabili sviluppi degli assetti territoriali comportano. Se il nuovo strumento del “piano dei servizi” affidato alle amministrazioni comunali può restituire al verde urbano un ruolo incisivo nella definizione della morfologia

urbana, è necessario che siano ben chiare e comprese da tutti gli operatori in campo le sue connessioni con i grandi spazi di contesto affidati ai parchi e alle province nella predisposizione delle reti ecologiche. Il secondo è l’aspetto puramente “difensivo”, spesso associato con le tutele promosse dagli enti parco, che, se possono rallentare il degrado o il cattivo utilizzo degli spazi aperti, non sono certamente sufficienti a garantirne la sopravvivenza, possibile solo attraverso interventi a carattere propositivo e progettuale, senza i quali i beni paesisticoambientali fanno il loro ingresso nel campo delle economie assistite, divenendo riserve decontestualizzate dal territorio da un punto di vista sociale, economico e fruitivo. Gli stessi rischi si presentano nel complesso delle tutele del paesaggio, inteso come l’insieme degli aspetti assunti dal territorio nella lunga storia delle attività e delle opere dell’uomo (e della natura) che ne hanno via

L’esperienza di Camminando sull’acqua Un valido esempio di nuova progettualità è rappresentato dal progetto “Camminando sull’acqua”, elaborato dal Centro Studi PIM e messo in atto attraverso un iniziale protocollo di intesa dalle amministrazioni di alcuni comuni (Buccinasco, Gaggiano, Lacchiarella, Zibido San Giacomo, Noviglio e Vernate) nell’ambito del Parco Sud. Esso si rivolge contemporaneamente alla riqualificazione del paesaggio agrario, al recupero di ambiti di cava dismessa, al potenziamento di spazi di naturalità, a diversi aspetti della fruizione da parte dei cittadini ed infine alla valorizzazione del patrimonio rurale storico, attraverso una serie di interventi coordinati e progressivi nel tempo, capaci di ottenere provvedimenti di sostegno da parte di livelli istituzionali di scala territoriale superiore, Parco Sud, Provincia e Regione, ma anche di dar spazio e attrarre l’iniziativa privata. 69


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

Camminando sull’acqua: Progetto esecutivo nell’area di Buccinasco

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I diversi interventi si articolano lungo un percorso ciclabile “di dorsale” e lungo circuiti secondari già parzialmente attrezzati, che favoriscono sia i collegamenti locali tra comuni e frazioni, sia la scoperta delle qualità del territorio compreso tra il naviglio Grande, il naviglio Pavese e il Ticinello, accompagnati dalla formazione di aree boscate, fasce e filari lungo i percorsi e i corsi d’acqua, mediante acquisizione di aree marginali e accordi con gli agricoltori. Sono già avviati alcuni interventi di forestazione e di rinaturazione in corrispondenza di spec-

chi d’acqua di cave dismesse o di fontanili, ma anche interventi da parte di privati per la formazione di aree attrezzate per il tempo libero, mentre alcune cascine si stanno attrezzando per offrire spazi ad attività agrituristiche. Ai fini della conoscenza del progetto è stata elaborata una carta turistica, accompagnata da materiale illustrativo, che evidenzia il sistema dei percorsi ciclabili esisitenti e in progetto, le componenti ambientali, il patrimonio storico-architettonico, le attività economiche complementari in campo agricolo


5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

Il progetto di inserimento ambientale del depuratore di Nosedo (Comune di Milano, 2005)

(agriturismo, vendita di prodotti tipici) che contraddistinguono l’ambito sovracomunale di riferimento del progetto. La molteplicità delle occasioni ma soprattutto la proiezione del programma nel lungo periodo, attraverso accordi stabili tra operatori pubblici e privati, rendono possibile anche l’apertura del progetto ad eventuali nuove esigenze, semprechè valutate compatibili con i principi informatori che vedono in primo piano la complessiva qualificazione del territorio.

Infrastrutture e impianti tecnologici come elementi del paesaggio Certamente le grandi infrastrutture di mobilità e gli impianti tecnologici per il trattamento delle acque e dei rifiuti delle grandi città comportano, dove si insediano, notevoli effetti di alterazione del paesaggio, andando a collocarsi su territori preziosi dal punto di vista dell’economia ambientale. Tuttavia, anche in conseguenza di questi stessi effetti, una nuova attenzione è andata crescendo intorno a questo tema e si è andata formando una maggiore sensibilità e 71


IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ

in alto, Il sistema del verde nel progetto di Milano Santa Giulia (Risanamento spa, 2005) a fianco, Una panoramica di Bicocca (Pirelli RE, 2003)

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5. Il rapporto tra le aree urbane e i parchi: un contributo propositivo

dal Comune di Milano e da altre amministrazioni (Sesto San Giovanni, ecc.) ha sicuramente confermato un importante risveglio della progettualità, sia da parte degli attori pubblici che privati, a cui, dopo un’iniziale periodo in cui le ex aree industriali si sono trasformate in modo autonomo, è corrisposta una maggior ricerca della qualità progettuale e realizzativa.

capacità progettuale, basata su un ripensato approccio progettuale che ricerca equilibrate soluzioni di appartenenza al paesaggio (urbano ed extraurbano) e non di automimetismo, realizzando in questo modo nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli esistenti. A Milano, un esempio in tale senso è dato dall’ampio respiro assunto dagli interventi di compatibilizzazione e di riqualificazione ambientale connessi con la realizzazione dei depuratori delle acque di Nosedo e di San Rocco (Ronchetto delle Rane), l’uno sul corso della Vettabbia e l’altro fra il Lambro Meridionale e il Ticinello. In entrambi i casi l’inserimento degli impianti ha rappresentato un’occasione per la riqualificazione di ampi “corridoi” ambientali lungo il bacino dei corsi d’acqua interessati calamitando risorse e investimenti di diversa provenienza, come nel caso degli interventi di forestazione lungo la Vettabbia promossi nell’ambito del programma “Dieci foreste di pianura” della Regione Lombardia. Recupero delle aree dismesse: quanto e quale verde? Il bilancio dei numerosi interventi di recupero delle grandi aree dismesse nella cintura periferica, avviati da alcuni anni

Ciò ha comportato indubbi miglioramenti nella dotazione quantitativa del verde (basti pensare che, in generale, gli interventi prevedono almeno il 50% della superficie da destinare a verde attrezzato, laddove il PRG prevedeva destinazioni produttive) e promosso una mentalità più orientata ad assegnare al “verde” un valore di centralità e di rilievo nella gerarchia degli spazi urbani e non più di “verde condominiale”. Finalmente agli spazi verdi è stata dedicata una specifica cura progettuale, chiamando progettisti di livello internazionale a definire i caratteri del “paesaggio urbano” del verde, nel tentativo di colmare il ritardo della cultura italiana del paesaggio. Manca però ancora, nei progetti realizzati, in via di realizzazione o solo proposti, un ulteriore sforzo di integrazione tra gli ambiti di intervento e la complessità del sistema urbano in cui essi si collocano: gli sforzi progettuali sono tutti rivolti all’”interno” secondo la prassi consolidata dei “quartieri autonomi” ed è ancora scarso o poco sviluppato il tema degli effetti positivi dei nuovi grandi interventi sul contesto della città. Altre cure dovranno quindi essere riservate al coordinamento delle iniziative, alla formazione di sistemi continui di spazi entro i quali il verde, con un più convinto impiego della “materia vegetale”, interviene nella qualificazione degli spazi di uso pubblico.

Lo svincolo di piazzale Kennedy a Milano

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Riferimenti normativi

L 1497/39 “Protezione delle bellezze naturali” L 431/85 “Conversione in legge, con modificazioni, del DL 27 giugno 1985, n° 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale” (Legge Galasso) L 394/91 protette”

“Legge

quadro

sulle

aree

D.lgs 490/99 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali” D.lgs 42/04 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (Codice Urbani)

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della Valle del Ticino” LR 86/83 “Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale” LR 41/85 “Integrazioni e modifiche alla LR 30 novembre 1983, n° 86 in materia di aree regionali protette” LR 11/00 “Nuove disposizioni in materia di aree regionali protette” LR 12/05 “Legge per il governo del territorio”

LR 58/73 “Istituzione delle riserve naturali e protezione della flora spontanea”

DGR 6/43150, 21 maggio 1999 “Procedure per la gestione, la pianificazione e il riconoscimento dei PLIS”

LR 2/74 “Norme urbanistiche per la tutela delle aree comprese nel piano generale delle riserve e dei parchi naturali d’interesse regionale. Istituzione del Parco Lombardo

DGP 941/02, 20 dicembre 2002 “Criteri e modalità di pianificazione e gestione dei Parchi Locali di Interesse Sovracomunale in Provincia di Milano”


Indicazioni bibliografiche Le indicazioni bibliografiche riportate di seguito, che privilegiano le opere di carattere generale e storico, possono costituire, pur nella loro parzialità, un orientamento alla letteratura sul ruolo svolto dalle aree verdi nella configurazione della città e del territorio metropolitano. AA.VV. - “Urbanistica”, n° 18-19, 1956 (numero monografico dedicato al Piano regolatore di Milano) AA.VV. - Parchi urbani e tutela del territorio, Comune di Monza, Monza 1985 AA.VV. – Nove parchi per Milano, in “Casabella”, n°626, settembre 1995

Comprensoriale, Milano 1981 Di Fidio, Mario – Ferrari Alessandro – Omar Lazzeri – I Parchi Locali di Interesse Sovracomunale in Lombardia, Fondazione Lombardia per l’ambiente, Milano 2001

Boatti, Antonello - Verde e metropoli. Milano e l’Europa, Cittàstudi, Milano 1991

Dimaggio, Claudia – Ghiringhelli Rossana - Reti ecologiche in aree urbanizzate, “Quaderno del PTC della Provincia di Milano”, n° 13, Franco Angeli, Milano 1999

Boriani, Maurizio – Il verde a Milano. Quattro parchi periferici, in “Abitare”, n°375, luglio-agosto 1998

Engel, Marco - Spinelli, Giampiero, Il sistema delle aree verdi nel territorio provinciale, Provincia di Milano, Milano 1986

Centro Studi PIM – Parco delle Groane. Proposta di piano, Milano 1972

Folli, Maria Grazia – Samsa, Danilo (a cura di) - Milano Parco Sempione: spazio pubblico, progetto, architettura 1796/1980, CLUP, Milano 1980

Centro Studi PIM – Parco delle Groane. Progetto di massima, Milano 1978 Centro Studi PIM - Parco Agricolo Sud Milano - Piani di Settore: Agricolo, Fruizione e percorsi, Tutela e valorizzazione del patrimonio storico-monumentale, Milano 1994-1998 Centro Studi PIM - Parco Agricolo Sud Milano - Preliminari Piani di Cintura d’urbana, Milano 1999-2000 Chiodi Cesare – La città moderna, Hoepli, Milano 1935 Comprensorio Milanese – Piano Territoriale

Gambi, Lucio - Gozzoli, Maria Cristina Milano, Laterza, Roma-Bari 1982 In/ARCH Lombardia, (a cura di De Rosa, Chiara, Engel, Marco, Scazzosi, Lionella, Spinelli, Giampiero), Parchi naturali e parchi urbani, Regione Lombardia, Milano 1981 Malcevschi, Sergio – La rete ecologica della Provincia di Milano, “Quaderno del PTC della Provincia di Milano”, n° 4, Franco Angeli, Milano 1999 Marinoni, Carlo Maria – Giardini a Milano, G. Mondadori, Milano 2001

Panzini, Franco - Per i piaceri del popolo – L’evoluzione del giardino pubblico in Europa dalle origini al XX secolo, Zanichelli, Bologna 1993 Portaluppi, Piero - Milano com’è ora, come sarà. Progetto per il piano regolatore della città di Milano, presentato al concorso nazionale bandito dal Comune di Milano, Bestetti e Tuminelli, Milano-Roma 1927 Regione Lombardia, I parchi della Lombardia – Lavori della Commissione speciale di studio e ricerca (26 ottobre 1972 – 8 novembre 1973), Milano 1974 Rozzi, Renato – Boriani, Maurizio – Rossari, Augusto (a cura di), La Milano del piano Beruto (1884-1889) – Società, urbanistica e architettura nella seconda metà dell’Ottocento, Guerini e Associati, Milano 1992 Selvafolta, Ornella (a cura di) - Costruire in Lombardia 1880-1980. Impianti sportivi parchi e giardini, Electa, Milano 1990 Vercelloni, Virgilio - (Una storia del giardino europeo e) Il giardino a Milano, per pochi e per tutti, 1288-1945, L’Archivolto, Milano 1986 Vercelloni, Virgilio - Atlante storico di Milano, città di Lombardia, Lucini, Milano 1987 Vercelloni, Virgilio - La storia del paesaggio urbano di Milano, Lucini, Milano 1988

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CENTRO STUDI

CENTRO STUDI PER LA PROGRAMMAZIONE INTERCOMUNALE DELL’AREA METROPOLITANA

Cos’è il Centro Studi PIM

Le attività

La struttura tecnico-operativa

Il Centro Studi PIM nasce nel 1961 come associazione di Comuni, con lo scopo di realizzare il Piano Intercomunale Milanese, sulla base di quanto disposto con Decreto del Ministro dei LL.PP.

Nella sua ormai quarantennale esperienza il PIM ha realizzato un vastissimo repertorio di studi, ricerche e progetti riguardanti non solo la pianificazione territoriale, ma anche interventi operativi in materia di infrastrutture di mobilità, di sistemazione ambientale, di sviluppo socio-economico locale. Alcuni interventi che oggi si stanno concretizzando, come il “Passante Ferroviario” o i parchi metropolitani, sono anche il risultato dell’attività PIM.

È composta da 19 dipendenti, per la maggior parte figure professionali altamente qualificate: accanto agli specialisti in materie urbanistiche e territoriali operano esperti in economia regionale, in viabilità e trasporti, in tecnologie ambientali, in pianificazione paesistica e in gestione informatica.

Nel 1978, con l’istituzione in Lombardia dei Comprensori, lo scopo principale diventa l’elaborazione del Piano Territoriale del Comprensorio Milanese. Chiusa l’esperienza comprensoriale, il Centro Studi PIM assume la denominazione e la configurazione statutaria attuali: viene accentuata la sua funzione di strumento operativo al servizio degli Enti associati nei settori di attività riguardanti la pianificazione urbanistica e territoriale dell’area metropolitana milanese. Sono organi dell’associazione: l’Assemblea, composta dai rappresentanti degli Enti associati (Provincia di Milano, Comune di Milano e 80 Comuni dell’area milanese), il Presidente e il Consiglio Direttivo, eletti dall’Assemblea.

Tra le più importanti attività recentemente concluse o in atto occorre segnalare, in particolare, il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Sud Milano, il Piano d’Area Malpensa, il Progetto d’Area Castanese, lo Studio-progetto d’area Sud Milano, i progetti e gli studi di impatto ambientale della Valassina e della Gronda Intermedia (tratta centrale della Pedemontana), il Piano di Settore del Parco di Monza, lo Studio sull’“Integrazione regionale della nuova linea Lugano-Milano del Gottardo”, la compartecipazione al progetto preliminare e al SIA dell’autostrada Pedemontana e al Master Plan dei navigli.

Come supporto all’attività interna, ma anche come servizio rivolto all’esterno, il PIM è dotato di una biblioteca specializzata, di un archivio cartografico e di un sistema informativo urbanistico-territoriale sull’area milanese.

Bilancio e mezzi finanziari Il bilancio del PIM è attualmente pari a circa 2 milioni di euro ed è coperto in parte dai contributi degli Enti soci, finalizzati ad attività istituzionali e di interesse generale e in parte dai ricavi derivanti da incarichi specifici affidati al Centro Studi dagli stessi soci e da altri Enti, tra cui, principalmente, la Regione Lombardia.


Elenco dei soci Oltre al Comune e alla Provincia di Milano sono attualmente soci del Centro Studi PIM Abbiategrasso, Agrate Brianza, Aicurzio, Arcore, Assago, Baranzate, Bareggio, Basiglio, Bellusco, Bernareggio, Binasco, Bollate, Bovisio Masciago, Brugherio, Buccinasco, Burago Molgora, Caponago, Carpiano, Carugate, Casarile, Cassina de’ Pecchi, Ceriano Laghetto, Cesano Boscone, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Concorezzo, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Desio, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Gessate, Gorgonzola, Lacchiarella, Lainate, Liscate, Lissone, Locate Triulzi, Macherio, Melegnano, Melzo, Mezzago, Monza, Nova Milanese, Novate Milanese, Noviglio, Opera, Pantigliate, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pogliano Milanese, Pregnana Milanese, Rho, Rosate, Rozzano, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Sedriano, Segrate, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Solaro, Sovico, Sulbiate, Trezzano sul Naviglio, Tribiano, Vanzago, Varedo, Vernate, Villasanta, Vimercate, Vizzolo Predabissi, Zibido San Giacomo.


Gli organi del Centro Studi PIM Assemblea È costituita dai rappresentanti degli enti associati: i Sindaci del Comune di Milano e di altri 80 Comuni (o loro delegati), il Presidente della Provincia (o suo delegato). Presidente e Consiglio Direttivo eletti dall’87a Assemblea dei Soci del 23 giugno 2005 Presidente Vittorio Algarotti (designato dalla Provincia di Milano) Vice-Presidente Alberto Garocchio (Consigliere Comunale di Milano, delegato del Sindaco)

Componenti del Consiglio Direttivo • Adriano Alessandrini (Sindaco del Comune di Segrate) • Francesco Chiesa (designato dalla Provincia di Milano) • Flavio Cirillo (Sindaco del Comune di Basiglio) • Michele Faglia (Sindaco Comune di Monza) • Emanuele Fiano (Consigliere Comunale di Milano, designato dal Comune di Milano) • Giuseppe Gatti (Vice-Sindaco del Comune di Gaggiano) • Sergio Graffeo (Sindaco del Comune di Corsico) • Emilio Locatelli (Assessore del Comune di Rozzano) • Pietro Mezzi (Assessore della Provincia di Milano, delegato del Presidente) • Antonio Mario Pilli • Pietro Roseti • Alessandra Tabacco (designata dal Comune di Milano)

Struttura tecnico-operativa Direttore (f.f.) Franco Sacchi Tecnici laureati responsabili delle attività di ricerca e progettazione Mauro Barzizza, Fabio Bianchini, Francesca Boeri, Francesca Cella, Claudio Grossoni, Nguyen Huu Nha, Pierluigi Nobile, Paola Pozzi, Maria Evelina Saracchi Tecnici addetti ai settori e servizi operativi Alma Grieco, Claudio Paraboni, Cinzia Vanzulli Addetti ai servizi generali Paola Baraldo, Barbara Fabozzi, Monica Falcetta, Roberta Guerinoni, Vanda Migliavacca, Massimiliano Zappa


NUMERI DI ARGOMENTI & CONTRIBUTI PUBBLICATI

1. PROGETTI INFRASTRUTTURALI E TERRITORIO NELL’AREA MILANESE E LOMBARDA - giugno 2001 2. INFRASTRUTTURE STRATEGICHE PER MILANO E LA LOMBARDIA E “LEGGE OBIETTIVO” - maggio 2002 3. STUDIO-PROGETTO D’AREA SUD MILANO - luglio 2002 4. EMERGENZA TRAFFICO IN BRIANZA Pedemontana, metropolitane, ferrovie: dai progetti alle concrete realizzazioni - luglio 2002 5. ABITARE NELL’AREA METROPOLITANA MILANESE Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale - gennaio 2003 6. LA MAPPA DEI CAMBIAMENTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIALI NELLA REGIONE URBANA MILANESE Primi risultati dei Censimenti 2001 - gennaio 2003 7. L’AREA METROPOLITANA MILANESE Idee e progetti per il futuro - giugno 2003 8. DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese - giugno 2004 9. I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO - ottobre 2004 Gli arretrati sono disponibili ad amministratori e tecnici degli Enti associati al PIM che ne facciano richiesta, nonché agli organismi Istituzionali interessati. Copie digitali sono scaricabili presso il sito internet del Centro Studi: www.pim.milano.it


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