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argomenti e contributi
12 NOVEMBRE 2008
CENTR STUDI
12 NOVEMBRE 2008
Sotto il titolo Argomenti & Contributi vengono divulgati saggi su temi di attualità ed interesse che rientrano nelle materie di particolare competenza del Centro Studi PIM: territorio, ambiente, mobilità, sviluppo locale.
Il presente documento, “Il mal d’abitare. Opportunità e difficoltà di fronte alla nuova questione abitativa nell’area milanese” (IST_ 07_07), fa parte del programma di attività istituzionali del Centro Studi PIM per l’anno 2007.
I saggi, che intendono contribuire alla discussione tecnica e politica sui problemi territoriali dell’area milanese, riprendono lavori svolti dagli esperti del Centro Studi PIM sotto forma di articoli per riviste specializzate e relazioni a convegni o si riferiscono a indagini, studi, progetti prodotti dallo stesso Centro Studi.
Il gruppo di lavoro è composto da: Franco Sacchi (direttore responsabile FF), Pierluigi Nobile (capo progetto); coordinamento editoriale a cura di G. Bertrando Bonfantini (Politecnico di Milano - DiAP); Sergio D’Agostini, Dario Corvi (consulenti esterni); contributi di: Leonardo Cascitelli (Aler), Mario Felice Farè (repertorio fotografico).
progetto grafico e impaginazione Paolo Marelli, Ada Magnani (studio AM:PM)
Le immagini prive di citazione della fonte sono tratte dall’Archivio fotografico del Centro Studi PIM. Il Centro Studi PIM è a disposizione degli aventi diritto per quanto concerne le fonti iconografiche e letterarie non individuate.
IL MAL D’ABITARE Opportunità e difficoltà di fronte alla nuova questione abitativa nell’area milanese
CENTR STUDI
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Indice
NOVEMBRE 2008
Presentazione di Vittorio Algarotti (Presidente del Centro Studi PIM) 1. La casa, di nuovo
1.1 In questo volume 1.2 Attualità della questione abitativa 1.3 Retrospettiva L’alienazione della città pubblica a Milano
1.4 Politiche per la casa, oggi Le opportunità per l’edilizia sociale L’apporto del Prerp 2007-2009
2. Bisogni emergenti 2.1 Il Milanese, un’area critica 2.2 Una domanda composita 2.3 Caratteri e profili del bisogno abitativo 2.4 Fabbisogno e fabbisogno sociale
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3. Capacità di risposta 3.1 Disponibilità di aree e offerta abitativa 3.2 Il patrimonio Aler nella provincia di Milano Lo stock del Comune di Milano e i soggetti gestori Gli Accordi quadro di sviluppo territoriale Social housing in provincia di Milano: i programmi dell’Aler
3.3 L’offerta in locazione 3.4 Contesti locali e stili amministrativi I due concorsi “Abitare a Milano” L’offerta residenziale nei Priu e nei Pii a Milano
4. Attori delle politiche 4.1 Stato, regione, provincia, comuni I Contratti di quartiere L’Osservatorio regionale sulla condizione abitativa L’Osservatorio metropolitano sui bisogni abitativi
4.2 Enti, consorzi, associazioni 4.3 Terzo settore, cooperative, soggetti privati La Fondazione housing sociale La cooperazione e i Pii Grazioli e Scarsellini
Riferimenti bibliografici
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Presentazione Con questo numero di A&C il PIM torna a testimoniare il suo impegno verso un tema di grande rilevanza
non solo sotto l’aspetto urbanistico e delle politiche del territorio ma anche di profondo significato civile.
Nella situazione attuale, per soddisfare una domanda di abitazione sociale che certo non è calata negli ultimi anni e che, nel contempo, ha rideterminato in parte il suo profilo, occorre mettere a frutto le opportunità che
il recente Piano Casa offre. Con gli strumenti e le risorse che il dispositivo prevede siamo dunque chiamati ad
aggiornare la migliore tradizione milanese che, già in passato – malgrado le consuete ristrettezze e difficoltà – , seppe proporre nei suoi episodi più felici soluzioni avanzate sotto il profilo della sensibile interpretazione dei bisogni, conformando spazi urbani articolati e vivibili ed esprimendo architetture convincenti.
Vittorio Algarotti
Presidente Centro Studi PIM
Anni di interventi carenti sul versante delle politiche per l’housing sociale, tanto più deficitari se rapportati alle concomitanti dinamiche che hanno allargato la base della domanda, hanno reso il fabbisogno abitativo delle fasce socialmente deboli un’emergenza. Tale circostanza determina l’urgente necessità di rilanciare un programma per l’edilizia sociale di portata sufficiente ad incidere significativamente sulle dimensioni del problema, pena l’acuirsi del disagio e il manifestarsi di inevitabili conseguenze in termini di degrado ed insicurezza dell’ambiente sociale in sacche sempre meno marginali della metropoli milanese. Certo il momento di generale incertezza dell’economia – che sembra ispirare più una stagione di tagli che di rilanci – non autorizza aspettative entusiasmanti. Le stesse difficoltà ingenerate dalla gestione del patrimonio esistente, malgrado tutti i correttivi adottati, prospettano scenari non del tutto incoraggianti. Tuttavia, a tecnici ed amministratori si addice la volontà positiva e pragmatica di ricercare comunque soluzioni praticabili.
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Se è pur vero che la stima del fabbisogno pregresso, diligentemente condotta dai diversi osservatori cui anche il Centro Studi PIM partecipa, propone cifre allarmanti, e che, a fronte di tale domanda inevasa, possa apparire scarna la disponibilità di risorse finanziarie destinate al capitolo dell’edilizia popolare dal recente Piano Casa varato dal governo (Decreto-legge 112/08 come convertito dalla legge n.133, 6 agosto 2008), va anche detto che esso rappresenta un’opportunità concreta per cominciare ad aggredire il problema. La storia della Milano contemporanea, come noto, è segnata da alcune drammatiche emergenze abitative, alcune delle quali assai acute e dolorose anche perchè legate agli eventi più traumatici della sua vita: la costruzione della prima Milano operaia in età post-unitaria, la gestione dell’emergenza abitativa negli anni del ventennio fascista, la stagione della ricostruzione dopo i guasti bellici, la risposta alla pressione esercitata dalle successive ondate migratorie dagli anni del boom fino agli anni ’70. Le risposte che in quelle circostanze fu possibile mettere in campo palesarono certamente luci e ombre: alcuni slanci generosi e corrette inizia-
tive ma anche numerose e più o meno sofferte rinunce, inadempienze colpevoli o inadeguate realizzazioni. Ai bisogni impellenti legati a quelle emergenze si raccordarono, come era inevitabile, la diversa sensibilità sociale, frutto dei rapporti di forza e del livello di consapevolezza rispetto al tema da una parte e, dall’altra, i saperi tecnico-disciplinari che interpretavano, nella concretezza delle pratiche urbanistiche ed architettoniche, il bisogno di abitare delle fasce deboli. Dalle oggettive condizioni operative, imposte dai dispositivi normativi di volta in volta varati e dalla consistenza delle risorse allocate, ovviamente, non si potè sfuggire mai. Ma in ogni occasione, ceteris paribus, si operò con esiti più o meno riusciti. Nella Milano postunitaria, per esempio, che contava nel 1861 soli 196.000 abitanti, tra il 1881 e il 1911 si assistette all’aumento di ben 280.000 unità, a seguito dei movimenti migratori interni che investirono le grandi aree urbane del Paese. Si pose allora per la prima volta, e drammaticamente, il problema della residenza operaia nel momento in cui più evidenti e scoperti si facevano i meccanismi di riproduzione capitalistica della “merce città”. La promulgazione della legge Luzzati del 1903 (Legge n.254 dell’8/7/1903)
e la costituzione dell’Istituto per le Case Popolari ed economiche di Milano (istituito con Regio Decreto nel 1908) permisero di metter mano a programmi di intervento più organici di quanto non era stato fino ad allora possibile per iniziativa delle Società di Mutuo Soccorso e delle Cooperative Sociali. Furono gli anni in cui si mise in luce l’opera meritoria della Società Umanitaria e si realizzò l’attività illuminata di tanti progettisti, tra i quali emerse, non solo per prolificità di risultati, quella dell’arch. Giovanni Broglio, figura davvero centrale nella storia dell’architettura milanese che da solo progettò quarantamila vani nella sola città di Milano, stabilendo i parametri tipologici, estetici e normativi di quasi 40 quartieri e numerosi “villaggi”. Anche successivamente, quando la situazione della residenza operaia durante il ventennio fascista continuava ad essere assai critica, benché la logica di intervento tendesse a tradurre il principio ufficiale del “risanamento” dei vecchi quartieri malsani in una sostanziale espulsione dei ceti poveri dal centro città, si realizzarono alcuni quartieri modello affiancati dall’offerta di alcuni servizi sociali (come quelli della O.N.M.I.), che tanta materia offrirono alla propaganda di regime. La legge fascista che normò la materia fu il Testo Unico sull’Edilizia Popolare ed Economica del 1938 (R.D. 28 aprile 1938, n.1165), dal quale sorsero gli Istituti Autonomi Case Popolari. Certo il lascito più duraturo della politica fascista sta nell’aver avviato quelle “politiche del consenso” nei confronti del ceto medio del quale si prese a favorire l’aspirazione alla casa di proprietà. D’ora in poi l’italiano medio, quello che sognava allora le “mille lire al mese” della famosa canzonetta, non si staccherà più dal desiderio della “casettina di periferia”, agognato traguardo e suggello del raggiungimento dello status piccolo borghese, con effetti evidenti e perduranti sulla scarsa propensione del mercato a costruire per la locazione e conseguente esiguità dell’offerta e alto livello dei canoni, specie nelle aree più densamente
abitate. Più tardi, nella Milano del dopoguerra, furono i danni causati dalla guerra ad aggravare la fame di alloggi: i bombardamenti causarono la distruzione del 12 % del patrimonio edilizio, ma ben un 1/3 dell’edilizia pubblica residenziale (di norma vicina alla fabbriche, obiettivo strategico dei bombardamenti) andò perduto. Mentre con i lavori a regime si cercò di dare un lavoro alla massa dei disoccupati creati dalle fabbriche distrutte, il piano INA-CASA (nato con la legge n.43 del 28 febbraio 1949, legge Fanfani) tentò di dare una casa ai tanti italiani senza tetto. Prima di vedere risolto in qualche modo l’ingente fabbisogno abitativo di Milano, le periferie della città ed i comuni di prima cintura videro il sorgere di estesi insediamenti autocostruiti, le “coree”, simili alla baraccopoli in cui è ambientato il film di De Sica Miracolo a Milano (1951), opera che, malgrado il lirismo e la caratterizzazione eccessivamente sentimentale dei personaggi, ci restituisce l’immagine delle durissime condizioni in cui si determinò l’inurbamento del sottoproletariato. Non dissimile si rivelò in seguito la condizione in cui si manifestò l’immigrazione negli anni del boom, fenomeno che determinò un nuovo deficit abitativo. Tra il 1951 e il 1961 la crescita della popolazione della Grande Milano (la città e il suo hinterland) arrivò anche a punte di circa 100.000 unità l’anno. La risposta a tale pressione abitativa fu negli anni successivi attuata grazie al piano GESCAL (1963-1973), istituito con la legge 14 febbraio 1963, n.60, che potè operare in forza della legge 18 aprile 1962, n.167, riguardante le “Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare”. Il resto è storia più recente, scandito da lotte, confronti, dibattiti anche aspri sul piano locale e nazionale, ed iniziative che rappresentano memorie ancora vive. É nel clima di quegli anni, tra l’altro, che si istituiscono il PIM (nato come Piano Intercomunale Milanese nel 1961,
ma seguito di un iter avviato fin dal 1951) ed il CIMEP (Consorzio Intercomunale Milanese per l’Edilizia Popolare, sorto proprio in applicazione della legge 167/1962). Le leggi che scandirono quegli anni furono la legge quadro sulla casa 22 ottobre 1971, n.865, che istituiva gli IACP come unici referenti dello Stato in materia di edilizia residenziale pubblica, la legge 10 del 28 gennaio 1977 sul regime dei suoli, la 513 dell’8 agosto 1977 sulla vendita degli alloggi e la 457 del 5 agosto 1978 (piano decennale per l’edilizia). La legge 865/71 introdusse infine il principio di una programmazione unitaria di tutti gli interventi di edilizia residenziale pubblica e la riorganizzazione degli organi e degli enti preposti a tale scopo (IACP e CER - Comitato per l’Edilizia Residenziale). A conclusione di questo rapidissimo e lacunoso excursus, per tornare alla più stretta attualità, è facile profetizzare che l’atteggiamento culturale di quanti si sforzeranno di interpretare al meglio le opportunità che il Piano Casa ci offre oggi saprà produrre risultati più utili e concreti che non la sterile uggia di quanti saran buoni solo a levare alte lamentazioni circa la sua presunta insufficienza (il Piano, comunque, dovrebbe stanziare 700 milioni di euro statali ed innescare prevedibilmente il contributo di risorse locali, tali da consentire la realizzazione di 100 mila alloggi). Le analisi, i dati e le osservazioni che il presente numero di Argomenti & Contributi propone vogliono dunque contribuire ad attualizzare la fisionomia della questione, al fine di suscitare la capacità di risposta più adeguata da parte di quanti sono a vario titolo investiti del gravoso compito di dare alloggio a chi ne ha più bisogno. Conforta in questa difficile fase apprendere dell’intenzione del Comune di Milano di varare, in accordo con l’attività dell’Aler, un ambizioso programma di potenziamento dell’offerta abitativa, programma che non potrà non vedere all’occorrenza la convinta e fattiva collaborazione del nostro Centro Studi.
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1. La casa, di nuovo “Dopo quasi un decennio di silenzio intorno alle politiche abitative, sembra da qualche tempo di intravedere i primi significativi segnali di attenzione. Ma nulla è più come prima”. Con queste parole cominciava il sommario del numero 5 di Argomenti & Contributi, uscito nel gennaio 2003 con il titolo “Abitare nell’area metropolitana milanese. Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale”.
Più di cinque anni sono passati, ma il tema – è cronaca di tutti i giorni – non ha certamente perso in questo lasso di tempo la sua urgente rilevanza. Da qui le ragioni di questo nuovo aggiornamento che, non è un caso, esordisce come la precedente pubblicazione con un paragrafo sulla, perdurante e aggravata, “Attualità della questione abitativa”. Il primo capitolo, in retrospettiva e prospettiva, si fa carico di una rapida interpretazione di fase, con uno sguardo disincantato che porta a considerare le chance ma anche le criticità di questi primi anni 2000. I tre capitoli successivi costituiscono il “dossier” di cui il saggio iniziale si alimenta: una sintesi su alcuni degli aspetti più rilevanti circa la domanda, l’offerta, gli attori delle politiche abitative. Questi tre capitoli costituiscono anche l’occasione per dare conto in forma agile di alcune principali delle molteplici attività di ricerca che il Centro Studi Pim ha svolto su questi argomenti negli anni più recenti. Vi trovano così rielaborazione contenuti provenienti dai rapporti Pim-Provincia
di Milano, Osservatorio metropolitano sui bisogni abitativi (maggio 2006), Pim-Cimep, Contibuto alle attività del “Patto metropolitano per la casa – Progetto Casa: dal bisogno al diritto” della Provincia di Milano (primo rapporto, settembre 2007; secondo rapporto, febbraio 2008); Pim-Federcasa Lombardia, Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili (febbraio 2008).
1.1 In questo volume
Questo numero di Argomenti & Contributi si occupa, dunque, una volta di più del “mal d’abitare” nel milanese e di una nuova stagione di politiche alla prova: un problema che torna ed il Pim che torna sul problema con il dodicesimo volume della sua testata di attualità e divulgazione.
nella pagina precedente, Edilizia residenziale convenzionata al nuovo Portello a fianco, La copertina di Argomenti & Contributi numero 5
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IL MAL D’ABITARE
1.2. Attualità della questione abitativa
Geografia dei finanziamenti del 1° Prerp nella provincia di Milano per fondi destinati ad alloggi in affitto sociale, moderato o concordato (Centro studi Pim-Cimep 2007)
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Dal “ritorno di attenzione” ad oggi. Dopo il black out degli anni ’90, la legge 21/2001, con il suo programma “20.000 alloggi in affitto”, costituiva la manifestazione più vistosa a livello nazionale della riemersione delle politiche abitative, mentre in Lombardia la Regione avviava poco dopo il primo Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2002-2004 con la decisa opzione di destinare tutte le risorse disponibili per il mattone al solo fine di incrementare l’offerta di alloggi in affitto permanente, a canone calmierato: segno che veniva pienamente recepita la valutazione, ormai diffusa in città e nei suoi esponenti civili e istituzionali, che il bisogno abitativo era enormemente cresciuto, era profonda-
mente cambiato e divenuto più articolato e complesso e poteva essere soddisfatto principalmente con una massiccia iniezione di offerta in affitto. Importanti segnali di cambiamento che, però, a tutt’oggi non sembrano aver modificato molto la situazione. In convegni e incontri pubblici si ribadiscono analisi e buoni propositi ma, a fronte dei molti annunci, pochi sono i fatti concreti. Cosicché le condizioni di disagio abitativo non hanno trovato sollievo, anche perché nel frattempo i prezzi immobiliari hanno continuato a correre e perché la domanda insoddisfatta pregressa è andata a sommarsi a quella nuova. Così, i livelli raggiunti dai prezzi e dai canoni, per quanto in via di sta-
1. La casa, di nuovo
bilizzazione, hanno contribuito ad aggravare una situazione già difficile e ad aumentare la distanza (e la sostanziale esclusione) dall’offerta di una porzione sempre più grande di popolazione, indigena, immigrata, studentesca, fluttuante. Se pure va condiviso il rifiuto di politiche emergenziali, che non impostino un programma di ampio respiro, occorre predisporre risposte in tempi rapidi, oltre che quantitativamente adeguate. L’offerta è in crescita ma non in affitto. Dall’indagine Cresme sul fabbisogno abitativo nella provincia di Milano emerge che gli alloggi ultimati nei primi cinque anni del 2000 ammontano a ben 85.000 unità (17.000 al-
loggi/anno): un dato clamoroso quale non si verificava da decenni. Ma si tratta quasi esclusivamente di alloggi in vendita libera, con una incidenza inferiore al 5% della convenzionata e solo poche centinaia di alloggi in affitto a canone calmierato (neppure l’1% della produzione). E ciò rimanda ancora ai tempi lunghi delle realizzazioni. Perché nel frattempo qualcosa nel settore dell’affitto sostenibile si è messo in cantiere, ma prima che il risultato compaia a rimpinguare la voce degli “alloggi ultimati” occorreranno ancora anni. Il primo Prerp (Programma regionale edilizia residenziale pubblica 2002-2004, prolungato nel 2005), che ha rimesso in gioco col Por (Programma operativo regionale)
Geografia dei finanziamenti del 1° Prerp a Milano e nei comuni di cintura per fondi destinati ad alloggi in affitto sociale, moderato o concordato (Centro studi Pim-Cimep 2007)
Nei primi decenni del dopoguerra la produzione residenziale dell’area metropolitana ha superato ampiamente le 30.000 abitazioni/ anno, coinvolgendo soprattutto il capoluogo negli anni ’50 e i comuni esterni negli anni ’60. La situazione cambia negli anni ’70, con un progressivo decremento della produzione (che pure si attesta ancora su una media di 17.000 abitazioni/anno) e scarso peso del capoluogo, dove si realizzano soprattutto abitazioni pubbliche, mentre la crescita si estende ad una fascia più esterna della corona urbana. Negli anni ’80 il calo continua (14.000 abitazioni/anno, di cui solo 2000 nel capoluogo) e si accentua ancora nell’ultimo decennio del ’900 (11.000 abitazioni/anno).
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IL MAL D’ABITARE
anche le risorse della legge 21/2001, ha destinato a interventi di produzione quasi un miliardo di euro, anche se ha in larga misura mancato l’obiettivo di moltiplicarne l’efficacia con il coinvolgimento di capitale privato (solo il 5% delle risorse investite ha finanziato interventi attuati da soggetti diversi da Aler e Comuni). In provincia di Milano sono stati localizzati finanziamenti per circa 3.100 alloggi in affitto, fra canone sociale, moderato e concordato, ma solo una parte minoritaria risulta ad oggi ultimata e occupata. Inoltre, il Comune di Milano ha avviato l’attuazione, con risorse proprie, di circa un migliaio di alloggi a canone sociale attraverso due concorsi (“Abitare a Milano” 1 e 2) su
Geografia dei finanziamenti del 1° Prerp nella provincia di Milano per numero di alloggi in affitto sociale, moderato o concordato (Centro studi Pim-Cimep 2007)
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aree libere di proprietà. Interventi significativi ma ancora molto lontani dai numeri del bisogno e comunque non ancora in grado di fare massa critica con effetti di calmiere e di stimolo alla mobilità. Le buone intenzioni del Tavolo nazionale di concertazione. Novità significative provengono dal livello nazionale che, a fronte della nuova dimensione e gravità della questione abitativa, ha da due anni a questa parte finalmente operato per definire e avviare una risposta organica. E lo ha fatto a partire da una legge di risposta all’emergenza sfratti (legge 9/2007), ma coinvolgendo una pluralità di soggetti pubblici e privati nel Tavolo di concertazione e riconoscendo la necessi-
1. La casa, di nuovo
tà di impostare un programma di intervento multi-dimensionale e di medio termine, capace di operare una “normalizzazione” del mercato. Non vi sono risorse pubbliche sufficienti né condizioni normative adeguate per riproporre l’esproprio delle aree e la sovvenzione diretta dell’edilizia sociale, a totale o prevalente carico dello Stato, e del resto il vecchio modello ha prodotto effetti secondari negativi che si vogliono evitare. Così, il documento uscito dal Tavolo propone una gamma di interventi molteplice e capace di mobilitare nuove risorse, sia nell’incremento che nella gestione dell’“alloggio sociale”, cui il governo uscente ha dato in extremis l’attesa definizione per rispondere alla richiesta europea e non incorrere in
sanzioni per “aiuto di Stato”. Alla base vi è l’estensione del concetto, già acquisito in Lombardia, che l’alloggio sociale debba essere considerato un servizio (dotazione urbana) di pubblico interesse e possa quindi essere localizzato in aree a ciò destinate dal piano urbanistico: opzione evidentemente decisiva, soprattutto nelle aree urbane, per sterilizzare gli effetti della rendita di posizione sul costo di produzione dell’alloggio. Tuttavia, dell’impostazione ampia del documento finale non resta molto nei provvedimenti concreti. Alcune indicazioni vengono recepite dalla Finanziaria 2008 ma, rinviando molti degli indirizzi del Tavolo, il Governo decide di destinare buona parte delle risorse alla riduzione dell’Ici sulla prima
Geografia dei finanziamenti del 1° Prerp a Milano e nei comuni di cintura per numero di alloggi in affitto sociale, moderato o concordato (Centro studi Pim-Cimep 2007)
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IL MAL D’ABITARE
casa, che sarà resa ancor più ampia pochi mesi dopo dal nuovo esecutivo, mentre distribuisce quelle destinate alla produzione (445 milioni di euro una tantum) secondo un vecchio modello a pioggia. Ulteriori risorse sono attese da una società di scopo, da costituirsi tramite l’Agenzia del Demanio, al fine di promuovere strumenti finanziari immobiliari che consentano il riutilizzo di patrimonio statale dismissibile per incrementare l’offerta di alloggi a “canone sostenibile” (500 euro/mese per un trilocale). Viene anche introdotta la possibilità di prevedere nei nuovi piani urbanistici strumenti incentivanti per la realizzazione di alloggi sociali su aree private; in pratica, si possono prevedere ambiti in cui il proprietario può negoziare la trasformazione edilizia ed eventualmente una volumetria aggiuntiva in cambio della cessione gratuita di aree o immobili da destinare ad Edilizia residenziale sociale. Inoltre, nei comuni ad alta tensione abitativa, alloggi con vincolo di destinazione ad affitto per almeno 25 anni
Alloggi in edilizia convenzionata (vendita e affitto) nell’area ex Burgo, Corsico
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saranno considerati “servizio economico di interesse generale” e potranno usufruire di un Fondo di sostegno per categorie disagiate e di riduzioni Ici da parte dei Comuni. Un ultimissimo atto del governo uscente destina risorse recuperate dai Contratti di quartiere non andati a buon fine, 280 ml di euro, per “programmi di riqualificazione a canone sostenibile”. Il quadro si è parzialmente modificato con la caduta del governo di centro-sinistra, anche se sembra di intravedere negli orientamenti del nuovo una sostanziale continuità sia nel dare immediata rilevanza alle politiche abitative (d.l. 112/2008, art. 11 “Piano Casa”) sia nella linea del massimo coinvolgimento di risorse private. Sembra però comparire, soprattutto nella legge di conversione (n. 133, 6 agosto 08), una minore centralità dell’affitto sia per la eliminazione della quota minima da destinare obbligatoriamente ad esso, sia per l’intento dichiarato di finanziare i nuovi alloggi attraverso la vendita delle abitazioni pubbliche esistenti.
1. La casa, di nuovo
Come si è giunti alla situazione attuale. Negli ultimi anni ’60 giungeva a maturazione un pacchetto di leggi, di carattere urbanistico generale o specificamente riferite alla casa, che rappresentano il punto più avanzato del tentativo, sostenuto da una vasta mobilitazione politica e sociale, di fare i conti con la rendita fondiaria al fine di salvaguardare le risorse territoriali, garantire un’adeguata dotazione di servizi ai cittadini e consentire la realizzazione di uno stock di abitazioni sociali conforme all’entità dei bisogni. Prima di allora Piano Fanfani, Ina Casa e Gescal avevano permesso un consistente afflusso di risorse all’Erp, ma l’insieme dei provvedimenti non aveva consentito, come in altri paesi europei, di consolidare un sufficiente stock di abitazioni pubbliche, essendo in buona parte destinato in varie forme alla vendita, più o meno differita, in omaggio alla visione prevalente che considerava la proprietà della casa una “conquista di civiltà”. La legge urbanistica n.10/77 interviene a rafforzare le leggi di settore 167/62 e 865/71, che avevano disciplinato il Piano di zona per l’edilizia economica popolare e le modalità dell’edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata, disponendo che “l’estensione delle zone da includere nei piani è determinata in relazione alle esigenze dell’edilizia economica e popolare per un de-
1.3. Retrospettiva
cennio e non può essere inferiore al 40% e superiore al 70% di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato”. È evidente l’intento del legislatore di fare in modo che almeno la metà dell’edilizia abitativa fosse realizzata in aree espropriate per pubblica utilità e posta a disposizione in base a convenzioni che graduassero prezzi e canoni in relazione all’entità del sostegno pubblico ricevuto. Ma come spesso accade nel nostro paese le cose sono andate molto diversamente da quelle delineate dal disegno normativo. Queste norme non sono mai state veramente abrogate, ma sono state variamente aggirate o attenuate a seguito di ulteriori provvedimenti e poi via via dimenticate. Innanzitutto si trattava di disposizioni di pianificazione, della cui reale attuazione nessuno era tenuto a render conto.
dall’alto, Quartiere Mac Mahon, Milano, 1908-09 (Iacp 1929) Cortile interno nel quartiere Mac Mahon (Iacp 1929) Quartiere Lulli, Milano, 1915 (Iacp 1929)
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Dunque, anche nei non molti casi in cui i Piani di zona sono stati dimensionati rispettando la percentuale minima, le realizzazioni concrete sono risultate poi di gran lunga inferiori, ma, ancor più, i Comuni che ritenevano di non dotarsi del Piano di zona non venivano di fatto obbligati da alcuna procedura a predisporre un’offerta di Edilizia residenziale pubblica. Tuttavia, nell’area milanese, per la maggiore sensibilità di molti comuni alle problematiche abitative e per l’azione svolta dall’allora Comprensorio milanese (ex Piano intercomunale milanese e poi Centro studi Pim) e dal Consorzio Cimep, i primi anni ’80 hanno portato ad attuazioni di Erp nei Piani di zona che hanno raggiunto percentuali fino al 20-30% del totale delle abitazioni realizzate. In alcuni ambiti (Milano e subaree di Corsico e Cinisello), nel decennio ’81-91, il peso dell’edilizia residenziale assistita da finanziamenti pubblici ha ampiamente
dall’alto, Borgo Pirelli, Milano, 1920-23 (Iacp 1929) Cortile interno nel quartiere Breda, 1925-26 (Iacp 1929) Cortile interno nel quartiere XXVIII ottobre, ora Stadera (Iacp 1929)
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superato il 30% (per approfondimenti sul periodo, si veda “Nuovi problemi e nuova geografia dell’abitare nell’Area metropolitana milanese”, Oetamm-Pim, Milano, settembre 1993). E ciò in concomitanza con una fase in cui i finanziamenti dell’Erp, grazie al Piano decennale disposto con la legge 457/78, hanno raggiunto la massima entità e costanza nel tempo. Dalla crisi del PdZ alla faticosa ricerca di nuove strade. Si è trattato certo di un’eccezione molto positiva rispetto al contesto nazionale, ma che non ha impedito la progressiva perdita di ruolo dei Piani di zona, dentro i quali veniva contraendosi la quota di interventi di sovvenzionata (l’unica che produceva alloggi in affitto) a favore dell’edilizia agevolata-convenzionata (con sempre meno interventi della cooperazione a proprietà indivisa) e poi via via sempre più a favore della semplice convenzionata
1. La casa, di nuovo
(cosiddetta “autofinanziata”), man mano che diminuivano i finanziamenti pubblici. Risulta oggi del tutto evidente che il potenziamento della convenzionata in vendita nei Piani di zona e nei Pii a 2.000 e più euro/mq risponde ad un segmento importante di domanda, ma “lascia scoperta” la domanda in affitto a canone sociale espressa dai soggetti meno abbienti. E alla crisi del Piano di zona ex lege 167
è legato anche il fallimento dell’edilizia sociale a Milano, il Piano Casa 1983-85, concepito nei primi anni ’80. L’idea di partenza è innovativa. A fronte delle difficoltà del recupero del costruito (a cui il Prg vigente aveva affidato buona parte della soluzione dei problemi abitativi), per tempi lenti, scarso incremento di alloggi risultante, e da ultimo per la sentenza della Corte costituzionale che sanciva l’impossi-
dall’alto, Quartiere Renzo e Mario Mina, ora Lorenteggio, Milano, 1938-44 (Pugliese 2005b) QT8, quartiere sperimentale dell’VIII Triennale di Milano, 1946-61 (Pugliese 2005b)
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1. La casa, di nuovo
bilità dell’esproprio sull’edificato esistente, e a fronte della mancanza di aree pubbliche e dell’accantonamento del PdZ per i costi di esproprio ormai alti e per la cattiva fama di alcuni interventi, si pensa di operare attraverso piani di comparto che prevedano in parti uguali alloggi in affitto a equo canone, alloggi in affitto a canone sociale, alloggi in libera vendita, con un dimensionamento delle capacità insediative tale da costituire, con siffatto mix, un “equo ristoro” per le proprietà. La variante relativa, che trasforma aree prevalentemente agricole, è approvata a tempo di record. La maggior parte di tali aree, per una capacità totale di 35.000 vani, poi saliti a 45.000, era situata nella fascia sud di Milano e dunque costituiva un sacrificio non indifferente di aree verdi, che ne interrompeva la continuità. Su ciò soprattutto si appuntarono le critiche, poi sopite anche a fronte della promessa di cessione di aree a parco molto consistenti, che avrebbero dovuto risolvere anche problemi di usi impropri e abusivi delle fasce suburbane. Crisi dell’offerta di case in affitto. I tecnici che avevano concepito il piano (A. Balzani, La fantasia negata, Marsilio, 1995)
avevano molto insistito sul controllo da parte dell’Amministrazione della qualità progettuale degli interventi e della mancanza di ciò soprattutto si dolsero (“Il Comune spettatore del processo edilizio” titola un paragrafo del testo citato). In questa sede preme piuttosto sottolineare il risultato negativo dal punto di visto dell’offerta abitativa. Nel corso della vicenda, infatti, la già allora diffusa consapevolezza del bisogno di alloggi in affitto aveva portato a inserire la facoltà per l’operatore di evitare la cessione al Comune di un terzo dell’area residenziale per edilizia sociale, in cambio dell’impegno a mantenere in affitto i 5/6 del totale (quasi tutta la residenza realizzata) per almeno 16 anni a canone calmierato (vigeva ai tempi l’equo canone, certo poco remunerativo). La cosa piacque e gran parte degli operatori optò per tale possibilità. L’assenza di controlli da parte dell’Amministrazione, in ordine al rispetto dell’obbligo di affitto, ha comportato un esito divergente rispetto alle intenzioni: le case sono state tutte realizzate e oggi risultano abitate in proprietà. La crisi dell’affitto dunque galoppa, e a ciò viene a contribuire, con gli anni ’90, anche nella pagina precedente, dall’alto, Veduta del quartiere QT8 in costruzione (Comune di Milano 1956) Quartiere Harar, Milano, 1951-55 (Comune di Milano, 1956) Quartiere Comasina, Milano, 1953-69 (Pugliese 2005b) a fianco, Quartiere S. Ambrogio I, Milano, 1968-71 (Pugliese 2005b)
nelle pagine seguenti, Mappa degli interventi del Primo Piano di zona consortile Mappa degli interventi del Secondo Piano di zona consortile
19
IL MAL D’ABITARE
la vendita del patrimonio pubblico. Eh sì, perché, dopo che nei due decenni precedenti il cospicuo stock dato in locazione (al censimento ’81 l’affitto a Milano pesava ancora per 2/3 delle abitazioni occupate) veniva progressivamente ridotto al lumici-
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no per la parte privata, lo stock pubblico ne restava il principale baluardo. Ma fra i censimenti 1991 e 2001 anche le abitazioni pubbliche subivano una contrazione scendendo, per le occupate, da 80.900 a 65.390 (-20%). Al 1981, però, erano 92.380 e dun-
que la frana era iniziata prima, anche a seguito di una legge regionale per la vendita che anticipava quella nazionale (560/93) e che mirava al ripianamento dei colossali deficit degli Istituti autonomi case popolari: a Milano, negli anni ’90, ha compor-
1. La casa, di nuovo
tato l’alienazione di oltre 10.000 alloggi. Nello stesso periodo una ulteriore quota di privatizzazioni dello stock pubblico era dovuta al giungere a maturazione dei tempi di riscatto delle abitazioni realizzate in questa forma negli anni ’60 e ’70 (Marini 2007).
È comunque la città a mantenere la maggior presenza di edilizia sociale, con circa 70.000 alloggi di proprietà pubblica fra Comune e Aler che, sommati a quelli degli altri Comuni, portano a una disponibilità totale nel territorio provinciale intorno a 100.000
alloggi. Un dato ancora significativo, se si pensasse a consolidarlo quantitativamente e soprattutto a migliorarne l’impiego, ma la cui dimensione complessiva appare invece a rischio a seguito degli ultimi orientamenti nazionali.
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IL MAL D’ABITARE
L’ALIENAZIONE DELLA CITTÀ PUBBLICA A MILANO Con dati di diversa fonte, fra cui una aggiornata anagrafe del patrimonio Aler, un recente lavoro di ricerca condotto da E. Marini (e restituito in sintesi in un saggio contenuto in Multiplicity.lab, Milano. Cronache dell’abitare, 2007) ricostruisce i passaggi chiave delle più recenti vicende della “città pubblica” milanese. In particolare, analizza l’evoluzione dello stock residenziale pubblico, nella sua consistenza e nella composizione dei suoi abitanti, soprattutto con riferimento agli effetti delle politiche di vendita di parte del patrimonio. La grande trasformazione nel titolo di godimento dei quartieri di edilizia popolare di Milano, intervenuta a partire dagli anni ’70, ha più che dimezzato il patrimonio in affitto, ha cambiato profondamente la geografia dello stock pubblico milanese, e anche la sua qualità. Come lo studio evidenzia e sottolinea, l’alienazione ha infatti riguardato il patrimonio di migliore qualità, lasciando alla gestione pubblica le parti più problematiche, per composizione sociale, dimensione degli alloggi, stato di degrado. Salvo rare eccezioni (ad esempio, alcuni quartieri dei primi del ’900 relativamente centrali) si è venduto ciò che era più “vendibile”. Ne conseguono concentrazione del disagio, quote importanti di alloggi vuoti e abusivamente occupati, difficoltà di gestione e di sviluppo di politiche di recupero e di ricambio degli inquilini: in sostanza, una ridotta efficacia ed efficienza dello stock pubblico. In sede conclusiva, lo studio delinea alcuni spunti di riflessione per le politiche. Innanzitutto, si ribadisce la necessità di concentrare l’attenzione sui settori più deboli della domanda, mentre sembra affermarsi la tendenza a destinare una parte importante dei finanziamenti ad un’utenza intermedia. In secondo luogo, si rimarcano i limiti di efficacia di strumenti di intervento quali i Contratti di quartiere, per la scarsa capacità di aumentare l’offerta di alloggi sociali e per la difficoltà di mantenere nel tempo i risultati acquisiti. Una terza notazione, infine, si sofferma sull’inamovibile fissità degli abitanti della città pubblica, anche quando sia venuto meno il bisogno (“quasi seimila abitazioni locate a canoni decisamente inferiori a quelle di mercato a famiglie non delle più bisognose rappresentano un dato stridente e difficilmente accettabile, almeno quanto il fenomeno dell’abusivismo”) e rimarca l’importanza di misure duttili che sappiano aumentare la mobilità all’interno del patrimonio residenziale pubblico e, al tempo stesso, migliorare la mixité sociale nei quartieri, senza escludere la possibilità di vendite mirate, né l’ipotesi di mantenere negli alloggi gli inquilini ormai “fuori reddito”, ma con canoni più elevati e più vicini a quelli di mercato.
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1. La casa, di nuovo
Carenza di politiche e crescita dei prezzi abitativi: una miscela pericolosa. La carenza di interventi per la casa sociale si è sommata negli ultimi dieci anni con una congiuntura economica che ha da un lato prodotto un relativo impoverimento di nuovi strati di popolazione e dall’altro ha spinto enormemente i valori immobiliari. La distribuzione territoriale dei prezzi immobiliari che ne è derivata presenta oggi una struttura piramidale, con vertice Milano, e ben evidenzia uno degli scogli su cui si infrangono le politiche di intervento territoriali. In pratica succede che i prezzi salgono maggiormente proprio laddove tende a concentrarsi la domanda di abitazioni espressa dalle fasce deboli, che quindi sono allontanate sempre più dalla possibilità di accedere alla casa. Questo meccanismo tende ad autoalimentarsi in una spirale che è difficile fermare e che potrebbe essere contrastata soltanto con politiche di intervento quantitativamente significative giocate alle diverse scale. Nel nucleo centrale metropolitano si concentrano infatti le maggiori opportunità di lavoro, anche quelle meno stabili e ufficiali, più o meno precarie e dove quindi tende a concentrarsi la domanda abitativa di fasce non solvibili. Ecco perché il piccolo-medio centro riesce a gestire politiche abitative con maggiori probabilità di successo: la domanda preme meno, i costi di costruzione sono più bassi e, soprattutto, è ancora possibile trovare aree edificabili a prezzi non proibitivi, che l’azione pubblica può riuscire a contenere ulteriormente. Solo un intervento massiccio di ampliamento dell’offerta a canone moderato può quindi arginare questa pressione e interrompere la spirale di allontanamento della domanda dall’offerta. È necessario essere capaci di guardare oltre il risultato immediato (il processo di produzione di un’abitazione richiede alcuni anni,
1.4. Politiche per la casa, oggi
in media da tre a cinque) e avviare una programmazione di medio periodo, a partire da una seria valutazione costi-benefici. Una seria valutazione dei costi per la collettività della precarietà abitativa di tanti suoi cittadini (ad esempio, in termini di sanità, di igiene, di assistenza, ma anche di immagine e qualità urbana, di capacità lavorativa, ecc.) dovrebbe indurre la pubblica amministrazione, a tutti i livelli, a investire senza esitazione le risorse necessarie per aumentare l’offerta abitativa per le fasce escluse. Scarsità di risorse pubbliche e sinergie mancate. La necessità di rilancio massiccio dell’affitto si scontra certamente con la scarsità di risorse pubbliche, il cui intervento è indispensabile per contenere il livello del canone entro la soglia di accessibilità per la domanda economicamente debole e media. Ma se per il canone sociale è necessario un cofinanziamento pubblico almeno pari all’80% del costo dell’alloggio, per realizzare case a canone moderato o concordato,
Priu di via Lorenteggio, Milano nella pagina precedente, Quartiere Gallaratese (Iacp 1967) Quartiere Rozzano (Iacp 1967)
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IL MAL D’ABITARE
l’apporto pubblico può essere contenuto fino al 40 o anche al 30% del costo dell’intervento. Naturalmente sono necessarie entrambe le tipologie di offerta, ma non c’è dubbio che l’area di domanda che può affrontare un canone “moderato” è molto ampia, molto scoperta, in crescita. Pertanto, il coinvolgimento di risorse private appare decisivo ed è certamente uno degli obiettivi mancati dal Prerp della Lombardia. La Regione, infatti, che pure ha fatto la scelta importante e coraggiosa di destinare la grande maggioranza delle risorse all’affitto, ha costruito bandi rigidi e complessi tali da tagliar di fatto fuori dall’accesso a questi finanziamenti i potenziali operatori privati dell’edilizia sociale: requisiti prestazionali degli alloggi da case di lusso, misura insufficiente del cofinanziamento (25% del costo convenzionale, da restituire dopo 30 anni) e, colpo di grazia per le cooperative di abitazione, inserimento del canone moderato nell’Erp, con assegnazione in base a graduatoria comunale, escludendo in tal modo i soci delle cooperative stesse. Benché le risorse residue non siano molte, sarebbe quindi necessario cambiare rotta, puntando a mettere insieme i soggetti
potenziali di un Terzo settore abitativo, da sostenere decisamente nell’allocazione dei prossimi finanziamenti, con ciò rinnovando e adeguando alle mutate condizioni anche un prezioso patrimonio della tradizione milanese, costituito dalla cooperazione a proprietà indivisa. Un apporto in tal senso potrà provenire anche dalle Fondazioni bancarie, come nel caso di Cariplo che, attraverso la Fondazione housing sociale e un fondo immobiliare etico (partecipato da Regione, Comune, cooperative e privati) e con l’affidamento a un gestore sociale degli alloggi realizzati, opera il tentativo di adattare al contesto italiano un modello che in diversi paesi nordeuropei ha dato risultati importanti. L’altra sinergia mancata nell’allocazione delle risorse del Prerp è quella del coordinamento interistituzionale. I comuni non hanno gradito la formula del bando (invito a partecipare) utilizzata dalla Regione per l’assegnazione dei cofinanziamenti, soprattutto perché i tempi stretti non consentivano proprio ai comuni che più ne necessitavano di mettere a punto progetti per loro natura complessi. Si pensi che il bando Por richiedeva nel giro di pochi mesi, oltre alla
Tipologia finanziamenti Prerp 2002-2004 e integrazione 2005 in Regione Lombardia ������
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1. La casa, di nuovo
conformità urbanistica, addirittura la presentazione di “progetti definitivi” ex lege 109/94 (Merloni). Chiaramente, pochi comuni erano in grado di farlo, tanto più se intendevano coinvolgere risorse private e se comunque erano costretti dalle condizioni territoriali a costruire accordi e procedure complesse. Così molti bandi hanno visto una partecipazione molto inferiore alle disponibilità; molte risorse non sono state spese e sono state ridestinate con successivi provvedimenti, che non sempre hanno avuto miglior sorte. Fino alla sperimentazione degli Accordi quadro di sviluppo territoriale: una modalità nuova, che tiene conto dei limiti dell’esperienza passata e a cui sono state attribuite le risorse residue del primo Prerp. La risposta dei comuni a questo approccio, più flessibile e concertato, è stata buona e i 19 Accordi con i comuni capoluogo e con quelli a fabbisogno elevato sono stati conclusi e sono parzialmente in attuazione. Il secondo Prerp. Ora Regione Lombardia ha avviato il secondo Prerp, dotato però di risorse (circa 450 milioni di euro su tre anni) assai ridotte rispetto al precedente. Giusta-
mente tutto ciò che non viene destinato all’aiuto diretto alla persona viene riservato alle due modalità che hanno mostrato di produrre gli esiti migliori: Accordi quadro e Contratti di quartiere. Tuttavia per rendere massima l’efficacia nell’impiego di tali risorse sembrano mancare alcuni requisiti. È ben vero che, in un quadro di risorse pubbliche molto limitate rispetto ai fabbisogni, è assai probabile che vi sia un’elevata coincidenza fra i comuni che si fanno più avanti per ottenere i cofinanziamenti e quelli che presentano i bisogni più gravi e urgenti, ma è comunque vero che l’efficacia del poco che si può fare aumenterebbe se localizzata secondo criteri di priorità e di pianificazione territoriale, nonché a scala vasta in relazione alla possibilità di mobilitare anche risorse private. Ciò appare tanto più evidente in provincia di Milano dove il sistema residenziale funziona come un organismo unico strettamente integrato e dove il sistema infrastrutturale, soprattutto su ferro, deve guidare la redistribuzione territoriale degli abitanti. In un contesto come quello dell’area metropolitana milanese non ci si può quindi
Disponibilità e assegnazione finanziamenti Prerp 2002-2004 al 2005 in Regione Lombardia DISPONIBILITÀ DA BANDO
FINANZIAMENTI ASSEGNATI
UTILIZZO FONDI AL
20.000 Abitazioni in affitto
71.000.000
70.997.735
100%
Emergenza abitativa
100.000.000
96.467.187
96%
Locazione temporanea
30.000.000
4.623.380
15%
Canone moderato
212.285.000
29.154.288
14%
Autocostruzione
11.532.948
2.000.045
17%
Contratti di Quartiere 2
304.775.219
302.059.089
99%
PCERS (1 e 2)
135.617.618
92.357.522
68%
Accordi Quadro di Sviluppo Territoriale 2006-2007
78.348.741
72.576.549
93%
Quartiere Sicuro
1.549.370
1.549.370
100%
945.108.896
671.785.165
71%
PROGRAMMA
Totale
2005
nelle pagine seguenti, Opere di recupero dei sottotetti in attuazione al Por “20.000 abitazioni in affitto”, Cinisello Balsamo Priu Ravizza Pompeo Leoni - ex OM, Milano
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IL MAL D’ABITARE
LE OPPORTUNITÀ PER L’EDILIZIA SOCIALE Edilizia residenziale pubblica. Con Dl 1.10.2007, n. 159 sono state ripartite fra le Regioni le risorse del Programma straordinario di Erp, art. 21 della Finanziaria: 545 milioni di euro, di cui 78 alla Lombardia per 1147 alloggi. A sua volta la Regione Lombardia, con Dgr 8/5650 ha destinato, in base alle richieste dei comuni, i finanziamenti di spettanza, che consentiranno di realizzare, in provincia di Milano, un totale di 889 alloggi Erp a canone sociale, di cui 710 a Milano. L’operatività del Programma è stata però interrotta dalla decisione del governo di far confluire le disponibilità nel Fondo unico del nuovo Piano casa. Alloggi a canone sostenibile. Con Dm del Ministero delle infrastrutture 26.03.2008 è stato approvato il Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile che ricolloca finanziamenti non spesi previsti nel 2005 dal programma Contratti di quartiere II. Esso introduce una nuova forma di canone, il “canone sostenibile”, che dovrà attestarsi al di sotto del 70% del canone concordato ex art. 2 legge 431/78. Si tratta di un provvedimento dedicato alla riqualificazione urbana di contesti degradati, con caratteristiche simili ai Contratti di quartiere. La cifra disponibile per la Lombardia è consistente, pari a circa 53 milioni di euro, di cui 12 apportati dalla Regione, ed è prevista la partecipazione di operatori privati, oltre a quella finanziaria dei Comuni interessati. La Regione Lombardia ha emesso il relativo bando nel settembre 2008, dando 180 giorni di tempo ai Comuni per la presentazione delle proposte. Servizi abitativi a canone convenzionato. La Regione Lombardia ha emanato il 18 marzo 2008 l’Avviso di ricognizione delle proposte per la realizzazione di Servizi abitativi a canone convenzionato (Sacc), di cui alla Lr 14/2007. Vi è la possibilità, anche direttamente da parte di privati (ad esempio, cooperative), di presentare richiesta in Regione per un contributo in conto capitale commisurato a un abbattimento dell’1,5% del costo di un mutuo trentennale a tasso fisso, a copertura dell’80% del costo complessivo dell’alloggio in base a un valore convenzionale a mq di 1.390 euro più costo dell’area. Il contributo è richiedibile per alloggi ad affitto convenzionato di durata almeno trentennale, con canone inferiore al 5% del costo convenzionale, da destinare a soggetti con Isee-Erp fra 14.000 e 30.000 euro. Contratti di quartiere. La Regione Lombardia ha avviato la fase concorsuale del “2° Programma regionale Contratti di quartiere” con Dgr VIII/6960 del 02.04.2008. Nel mese successivo ha poi approvato il relativo “invito a presentare proposte” entro la scadenza del 19 settembre 2008. Per il loro finanziamento sono disponibili per l’intera Regione 67 milioni di euro, di cui 60 milioni della
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1. La casa, di nuovo
D.G. Edilizia residenziale pubblica e gli altri per interventi concernenti Coesione sociale, Sicurezza urbana, Illuminazione pubblica, Artigianato e commercio. Le aree pubbliche del Comune di Milano. Anticipando il quadro nazionale, fino dal 2005 il Comune di Milano – in forza di una legge regionale straordinaria (la 7/2005, cosiddetta Borghini) – aveva scelto di utilizzare aree a standard di proprietà comunale per l’edilizia residenziale sociale e lo aveva annunciato con un ambizioso Piano Verga per 20.000 alloggi da destinarsi alle fasce deboli. In realtà le oltre 40 aree individuate con la delibera n. 26 del maggio 2005 si sono rivelate per lo più di dubbia fattibilità, cosicché il progetto si è trascinato faticosamente fino ad oggi, quando è stata approvata dal Consiglio comunale (26 maggio 2008) una delibera per la “Concessione in diritto di superficie novantennale di n. 8 aree, nell’ambito della programmazione per l’edilizia residenziale, a canone di locazione sociale, moderato e convenzionato e con prezzo di cessione convenzionato”. Il bando che ne è seguito prevede che i progetti siano presentati entro il 15 dicembre 2008. La delibera mette a disposizione degli operatori otto aree di proprietà comunale per una Slp totale di circa 230.000 mq. Le aree sono assegnate in diritto di superficie novantennale con un corrispettivo pari a 1 euro per la quota da mantenere in affitto e di euro 174,43 per mq di superficie complessiva per gli alloggi in cessione convenzionata. Le aree hanno dimensione assai diversificata, dai 1.200 mq di Chiesa Rossa ai 78.000 di Merezzate, con una capacità totale di circa 2.800 alloggi. La procedura concorsuale, che premia la quantità e la durata dell’affitto, dovrebbe garantire una percentuale in affitto superiore a quella minima prevista, ridotta al 25 dal precedente 40% a seguito di un emendamento consiliare. Il risultato minimo per l’affitto sarebbe di 742 alloggi. Fra questi, comunque, 458 (pari a circa il 15% dell’edificabilità totale) dovranno essere assegnati a canone sociale, in base alle graduatorie comunali, mentre 55 saranno assegnati a canone moderato nell’area di via Voltri, alla Barona. In quest’area, derivante dalla Stu Lorenteggio, il cui iter si è arenato, una quota degli alloggi a canone sociale saranno assegnati dai comuni di Corsico e Cesano Boscone che della Stu facevano parte. Il resto dell’affitto verrà realizzato a canone convenzionato, ad un livello annuo che dovrà essere inferiore al 5% del costo convenzionale di vendita, il cui massimo è fissato a 2000 euro/mq. Contemporaneamente è uscito il bando per altre tre aree di proprietà comunale, pre-destinate alla Fondazione housing sociale e riservate a “interventi di edilizia sperimentale in locazione a canone sociale, calmierato e convenzionato”, per circa 700 alloggi complessivi.
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IL MAL D’ABITARE
accontentare di allocare i finanziamenti nei comuni che più si attivano per richiederli, ma si deve almeno tentare di indirizzarli laddove l’efficacia è maggiore sia nel senso di coprire bisogni più rilevanti, sia nel senso di contribuire al miglioramento dell’organizzazione e della qualità urbana (si pensi alla mobilità pendolare, alla qualità dell’aria, al rapporto con i grandi servizi e le polarità urbane). Le nuove forme di intervento messe a punto dalla Regione Lombardia, Accordi quadro e Contratti di quartiere, bene perseguono l’efficacia locale dell’intervento (mix sociale, integrazione intersettoriale delle politiche e, potenzialmente, anche coinvolgimento di risorse private), ma non dispongono di parametri in grado di misurarne gli esiti a livello territoriale di vasta area. Nessuna relazione può esistere, in tal modo, fra politiche abitative e grandi interventi di trasformazione urbana connessi alla formazione di nuove polarità di servizi di rango elevato, regionale o interregionale, e ciò è aggravato dalla ritrosia di molti comuni ad affrontare le tematiche abitative negli strumenti di coordinamento sovracomunale, come ad esempio i Piani d’area, strumenti di natura volontaristica promossi con accordi sottoscritti dalla Provincia e dai Comuni (appartenenti ai tavoli interistituzionali del
Ptcp) con la finalità di individuare politiche coordinate e condivise per governare le trasformazioni del territorio. Più di un comune, anche in ragione della crescente difficoltà in cui versa la finanza locale, tende infatti a preferire una gestione molto locale del problema residenziale, nel timore di attrarre nuova popolazione debole e di alterare gli equilibri raggiunti fra popolazione e servizi. Un altro aspetto da rafforzare nelle politiche di indirizzo e di controllo nasce dall’esigenza di moltiplicare l’efficacia delle risorse pubbliche disponibili attraverso il coinvolgimento del privato e del privato sociale. Si ha l’impressione che l’obiettivo, sempre citato nei documenti, non sia poi ritenuto nei fatti centrale come dovrebbe essere in una condizione di forte inadeguatezza di risorse rispetto all’entità dei fabbisogni. Le giuste preoccupazioni di non incorrere in sanzioni europee per violazione della concorrenza (aiuti di stato) hanno finito per produrre una serie insuperabile di controlli e ostacoli tali da scoraggiare anche quei settori del privato che si sono mostrati disponibili ad operare nel campo dell’alloggio sociale (in affitto permanente a canone concordato o moderato). Oggi che l’avvenuta definizione di “alloggio sociale” consente di superare i rischi di procedure sanziona-
Finanziamenti Prerp 2007-2009 in Regione Lombardia ������
nella pagina seguente, Edilizia convenzionata su lotto PdZ in via De Gasperi, San Donato Milanese
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1. La casa, di nuovo
L’APPORTO DEL PRERP 2007-2009 La nuova stagione della programmazione dei fondi da destinare all’edilizia residenziale pubblica prevede per il triennio 2007-2009 un investimento complessivo da parte della Regione Lombardia pari a circa 512 milioni di euro, in compartecipazione con fondi statali. Attraverso l’attuazione delle misure previste si intende produrre nel triennio oltre 3600 alloggi da destinare in locazione, equamente suddivisi tra canone sociale e canone moderato. Gli strumenti che dovrebbero garantire questo risultato sono rappresentati principalmente dagli Accordi quadro di sviluppo territoriale e dai Contratti di quartiere, che assorbiranno quasi la metà degli investimenti. Nelle cifre riportate bisogna però necessariamente tenere conto del fatto che molti degli alloggi previsti saranno esito del recupero di edifici esistenti nei quartieri oggetto di riqualificazione, mentre l’effettivo incremento dell’offerta di alloggi dovrebbe attestarsi intorno alle 2500 unità. Sono infatti gli Aqst l’unico strumento rivolto alla realizzazione di nuova edilizia residenziale pubblica, assegnatari di uno stanziamento pari a 163 milioni di euro, integrato da altri 17 milioni erogati da Aler. L’altra metà dei fondi regionali è quasi interamente dedicata all’assegnazione di contributi ed erogazioni dirette, attraverso il Fondo sostegno affitti (Fsa), per le fasce più deboli, e i Contributi acquisto prima casa, rivolti alle fasce di popolazione sensibile. Il finanziamento per Fsa è integrato dallo Stato, per ulteriori 120 milioni di euro circa. Rispetto al Prerp 2002-2004 si evidenzia una sostanziale differenza nelle previsioni di investimento. Se infatti allora le disponibilità iniziali andavano oltre i 900 milioni, integrate successivamente fino a 1.200, il nuovo ciclo supera di poco i 500. L’analisi deve però tenere necessariamente conto di un altro fattore, ossia degli effettivi finanziamenti erogati e dei tempi d’attuazione delle singole misure. Nel precedente ciclo di finanziamenti, infatti, uno degli elementi critici emerso dalle analisi dei dati riguarda la non occasionale mancata assegnazione dei finanziamenti previsti e la dilatazione dei tempi preventivati. In particolare si è constatato un evidente problema nel bando per alloggi a canone moderato, laddove finanziamenti stanziati molto rilevanti (212 milioni) sono stati impiegati solo per il 10% delle risorse disponibili. Capacità di impiego e tempestività d’erogazione, in uno scenario di risorse scarse, costituiscono obiettivi prioritari da perseguire.
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IL MAL D’ABITARE
torie da parte dell’Unione europea, occorre pertanto ridurre al minimo limitazioni e controlli, badando soprattutto a garantire l’obiettivo, e cioè che il canone praticato, anche nel tempo, sia quello convenzionato (e sia effettivamente sostenibile) e che il beneficiario sia effettivamente meritevole (requisiti di reddito e patrimoniali).
nella pagina seguente, Pii di via Savona / via Brunelleschi - ex Loro e Parisini, Milano
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Qualche spunto di riflessione. Il faticoso e tormentato percorso per definire un nuovo modello di intervento per l’edilizia sociale, che ha subito una accelerazione negli ultimi due anni, sta per giungere a una prima verifica: il Piano nazionale di edilizia abitativa, di cui alla legge 133 dell’agosto 2008. Non tutti gli elementi sono ancora noti negli aspetti operativi, ma già si possono indicare quelli che sembrano essere alcuni aspetti ancora problematici. Non c’è copertura per i settori sociali più deboli. Già il patrimonio esistente di edilizia pubblica è insufficiente e male utilizzato mentre alle sue porte premono fabbisogni crescenti, espressi da soggetti sempre più poveri e disagiati, ai quali si risponde solo con alloggi di risulta, liberati per effetto della mobilità. Serve aumentare l’offerta, ma non si vede come: i finanziamenti per l’emergenza, già disposti dal precedente governo, sono stati dirottati nel nuovo contenitore del Fondo unico per il piano nazionale e non è detto che ne sia confermato l’impiego a favore delle fasce più deboli; inoltre, più di un indizio sembra indicare una tendenza ad accantonare di nuovo l’affitto a favore della proprietà, anche attraverso la parziale vendita dello stock abitativo pubblico per finanziare il nuovo Piano casa. Il problema non sembra affrontabile senza un maggiore investimento statale: il Tavolo di concertazione ex lege 9/2008 aveva richiesto un impegno pluriennale di almeno 1,5 miliardi. Si tratta di cifre paragonabili
con ciò che si sta facendo in paesi come Spagna e Francia. Il nodo della gestione. Manca, ed è di là da venire, un Terzo settore abitativo capace di gestire l’edilizia sociale, e non solo per i settori più disagiati. L’idea, giusta, di affidare alla collaborazione con il privato (e con il privato sociale) la copertura della domanda debole e intermedia, rischia di infrangersi contro la pochezza dei soggetti gestori. La crisi degli ex-Iacp è sotto gli occhi di tutti, ma non sono alle viste nuove soluzioni: quale operatore privato può pensare di gestire l’housing sociale in perdita e senza una garanzia contro il rischio morosità, così elevato soprattutto per le fasce più deboli? L’esperienza della cooperazione abitativa a proprietà indivisa è un punto di partenza possibile e ad essa pensa di affidarsi, ad esempio, la Fondazione housing sociale per costruire nuovi soggetti gestori, ma occorre creare attorno quei sostegni che garantiscano condizioni di reale fattibilità. La fase difficile del sistema economico. Prezzi immobiliari troppo elevati, costi di costruzione in continua crescita, tassi sui mutui in altalena creano condizioni ancor più difficili per il coinvolgimento di risorse private e, come dimostra il bando milanese in corso, anche l’area a costo zero può non bastare, nell’attuale situazione, a realizzare case in affitto a canone sostenibile, se non riducendo la quota in affitto e trasferendo su di essa parte dei proventi della vendita. Pertanto, per sostenerne la fattibilità e una quantità non residuale, sono da mettere in conto altre forme di sostegno o agevolazione pubblica (dirette, ad esempio a un fondo di garanzia per la morosità, o indirette, ad esempio tagli dell’Iva sulla produzione di edilizia in affitto). Mentre si sta per chiudere la redazione di questo rapporto, giunge notizia della firma di un Protocollo d’intesa delle organizzazioni nazionali di costruttori
1. La casa, di nuovo
e cooperative, che dichiarano l’interesse a partecipare al nuovo Piano casa proponendosi come operatore globale in grado di assumere la governance dell’intero processo. Una sfida interessante, ma non si può nascondere che appare difficile. I costi dell’edilizia. Se è giusto non distinguere l’edilizia sociale con lo stigma della bassa qualità e puntare ad un mix sociale in cui le case garantiscano standard qualitativi adeguati indipendentemente da quanto vengono pagate, questo non può però giustificare che per l’housing sociale vengano richiesti nei bandi e nelle normative requisiti prestazionali da case di lusso. Anzi, si deve sviluppare la ricerca e la sperimentazione per ottenere il massimo di qualità con il minimo di costo; ma occorre buon senso, altrimenti la fattibilità economica non c’è più e operatori virtuosi, disposti a non fare utili o a realizzare utili minimi, e che già si accollano rischi di elevata morosità, avranno ulteriore motivo per non entrare in gioco. Si pensi al paradosso del decreto sul “canone sostenibile”, che introduce una ennesima inutile tipologia di canone che dovrà essere inferiore al 70% del “canone concordato” ex art. 2 della 431/98 (un canone già basso, soprattutto in Provincia di Milano, dove l’accordo sindacale non è stato mai rinnovato dal 1979), ma che, in compenso, dovrà essere applicato a edifici che offrano un rendimento energetico superiore almeno del 30% rispetto a quello previsto dalla vigente normativa nazionale. Si tratta di un obiettivo sacrosanto, ma forse troppo ambizioso se associato alla realizzazione di alloggi che devono costare poco.
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2. Bisogni emergenti Gettare uno sguardo sulla domanda abitativa nell’area milanese richiede di riconoscerne il nuovo carattere composito, di tratteggiarne i profili attuali in parte inediti, di ritornare a prestare attenzione alle quantità e qualità specifiche del fabbisogno sociale contemporaneo, quale componente del fabbisogno abitativo “insolvente” sul mercato della casa.
L’area metropolitana milanese, per un ambito esteso alla quasi totalità della provincia di Milano e comprendente Monza, costituisce una delle cinque situazioni territoriali (le altre sono l’area varesina e della Malpensa, l’area lecchese, l’area bresciana, l’area bergamasca) che la ricerca condotta dal Pim per Federcasa Lombardia (Capacità di risposta del territorio al fabbisogno in tema di disponibilità di aree e immobili, Rapporto conclusivo, febbraio 2008) ha individuato come le più critiche rispetto al soddisfacimento dei bisogni abitativi locali. Si tratta di aree caratterizzate da tensioni abitative la cui soluzione è ostacolata dalle difficoltà che si incontrano nel predisporre un’offerta adeguata alla domanda. Sono i contesti in cui concentrare l’impiego delle risorse pubbliche al fine di supportare le amministrazioni locali e gli altri soggetti impegnati nello sviluppo delle politiche abitative. Le condizioni di criticità sono determinate dal combinarsi di diversi fattori: le aree a maggiore densità insediativa sono in genere anche quelle in cui è massima la pressione della domanda e in cui la scarsità di aree disponibili è a sua volta motivo degli incrementi maggiori dei valori immobiliari e, di conseguenza, di un ampliamento della distanza fra le disponibilità economiche
della domanda “debole” e i valori di prezzi e canoni delle abitazioni. Per un’azione efficace, il reperimento di risorse territoriali e immobiliari adeguate e, quindi, un aumento quantitativo dell’offerta costituisce solo una risposta parziale cui va associata, almeno per una parte significativa di essa, la capacità di contenerne i costi e di attuare misure che riducano lo iato tra possibilità economiche e prezzi, insieme a tempestività ed efficienza. Quella milanese – nella quale la città capoluogo, addirittura perdendo abitazioni nel decennio (1991-2001), condiziona tutta l’area metropolitana – è l’area regionale in cui il fenomeno di crisi si manifesta con maggiore gravità. Molti gli indicatori che lo evidenziano: alta densità e carenza di aree fabbricabili; mercato immobiliare segnato dai prezzi più elevati della regione e dal maggiore trend di crescita dal 1997; massima competizione sul mercato abitativo, con forte presenza di soggetti deboli e a rischio; pressione insediativa in ulteriore crescita; diminuzione dell’offerta in affitto; numero molto elevato di sfratti con richiesta di esecuzione e, insieme, di domande di accesso all’Edilizia residenziale pubblica (Erp) e al Fondo sostegno affitti (Fsa), nonché rilevante partecipazione ai bandi Prerp.
2.1. Il Milanese, un’area critica
nella pagina precedente, dall’alto, Classificazione dei comuni secondo il fabbisogno Fabbisogno abitativo: ambiti territoriali critici in Lombardia Densità di popolazione al 2001 Concentrazione di domande per l’assegnazione di alloggi di Edilizia residenziale pubblica 2004 (Centro studi Pim-Federcasa Lombardia 2008)
33
IL MAL D’ABITARE
2.2. Una domanda composita
da sinistra, Rapporto tra domande Fsa e famiglie residenti 2006 Rapporto tra domande Erp e famiglie residenti 2007
34
Il mutato scenario sociale ed economico degli ultimi decenni ha profondamente modificato i caratteri della domanda abitativa in un quadro più articolato e composito, segnato da una maggiore varietà di fattori e situazioni. Incertezza, mobilità, flessibilità, precarietà costituiscono oggi tratti tipici dell’abitare metropolitano. Popolazioni “deboli” molteplici vivono condizioni di disagio abitativo e non sono in grado di accedere al bene casa o di trovare risposta ai propri bisogni nelle offerte del libero mercato, dell’alloggio assistito, della cooperazione. Approcci del passato e mere strategie di espansione quantitativa dell’offerta risultano oggi inefficaci (è il caso del recente ciclo edilizio milanese) se sganciate dalla capacità effettiva di interpretare la qualità specifica dei bisogni e delle rinnovate figure sociali che li esprimono, e di calibrare politiche mirate e selettive ad essi rivolte. Come già si evidenziava in Argomenti e Contributi n. 5, nel 2003, se nel periodo più recente si acuisce nuovamente il problema
abitativo per le categorie tradizionalmente interessate, sono anche entrate in scena nuove figure sociali in difficoltà, precedentemente assenti o sottorappresentate nella società italiana e lombarda, ma che già alla fine degli anni ’80 cominciano ad acquisire un peso crescente: gli immigrati stranieri, gli studenti universitari fuori sede, le popolazioni temporanee, i lavoratori precari, gli “atipici”, il crescente “popolo delle partite Iva”, i nuovi migranti dal meridione, le famiglie a struttura indebolita e i single. D’altra parte, recenti indagini sul disagio abitativo a Milano (Uno sguardo sulla domanda abitativa a Milano: categorie prioritarie e bisogni emergenti, Servizio Politiche per la Casa del Comune di Milano, 2007) hanno evidenziato come i principali elementi di vulnerabilità abitativa si determinino all’intersezione tra basso reddito e casa in locazione, nella diffusione della povertà nelle famiglie composte da anziani soli (una su quattro nella popolazione milanese) e in quelle monoparentali con figli minorenni
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2. Bisogni emergenti
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(una su tre), ma più in generale nell’elevata Andamento demografico e numero famiglie nella provincia di Milano 2000-2008 ��������� incidenza della spesa per l’abitazione per ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� chi vive solo (giovane o anziano che sia) e ����������� ��������� �� �� ��� ��� �� �� �� ��������� ��������� �������� ���� ���� ������������ ���� ���� ���� ���� ���� ���� per i nuclei familiari monoreddito. �� �� �� �� �� �� �� �� ��� Ma la complessificazione dei bisogni non è �������� solo esito dell’emergere di nuovi profili di �� popolazioni, di nuovi modelli di famiglie, �������� dell’aumento di mobilità e instabilità sul ter�� ritorio. A questo quadro di fattori va aggiunto �������� il modificarsi degli standard e delle aspettative abitative, lo sviluppo di esigenze di una �� �������� maggiore e più diffusa qualità dell’abitare: �������� la legittima generalizzata aspirazione ad un �� aumento della qualità della casa, della sua �������� “abitabilità”, oltre il concetto di minimo vi�� tale, nel desiderio di un alloggio più grande, ��������� più confortevole, in un quartiere più verde, ��� ��������� meglio attrezzato e servito. ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� �������� ���� ���� ���� ���� Ad un livello macrotendenziale, le nuove edificazioni che hanno investito negli ulti��������� ��������� ��������� ��������� ��������� �������������� ��������� ��������� ��������� ��������� �������� ��������� �� �� �� ��������� ��������� ��������� ��������� ��������� mi decenni la prima e seconda corona me��������� �� �� �� ������� ������� ������� ������� ������� �� tropolitana, anche intercettando e al tempo ���� ���� ���� ���� stesso alimentando queste aspirazioni, han��������� ��������� �� � � � no innescato processi di filtering up e di so������������ �� � � � stituzione nei settori dequalificati del merRapporto tra domande cato immobiliare, in un migliorato quadro �� Erp e famiglie generale dello stock abitativo. È parere difresidenti, per tavoli �� fuso ed in parte verificato nei fatti che oggi interistituzionali della provincia di Milano le famiglie lombarde vivano mediamente in 2007 �� case più grandi rispetto a pochi decenni fa, che la superficie di alloggio pro capite sia �� aumentata, che esistano ampi territori in cui i “dati medi” sono particolarmente confor�� tanti. E tuttavia, in parziale contraddizione con quanto appena affermato, negli ultimi ��� anni si assiste sul mercato della casa ad una ���� ���� ���� ���� contrazione della dimensione dell’alloggio, sia nella sua dimensione complessiva che in quella delle stanze che lo compongono: nell’ambito della nuova costruzione raramente si superano i tre locali e gli 80 mq di superficie (tagli più grandi sono proposti quasi esclusivamente nelle ville singole o a schiera). È sufficiente scorrere gli annunci 35
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IL MAL D’ABITARE
immobiliari per accorgersi dell’incidenza nei capoluoghi degli appartamenti di due locali rispetto all’offerta totale, in particolare sul mercato della locazione. I dati censuari mettono in evidenza che le dimensioni delle abitazioni sono considerate insufficienti dal 13,5% delle famiglie italiane, con punte di disagio nelle aree metropolitane (Aire,
Gruppo Clas, 2005). Ed il restringimento degli spazi abitativi sembra non aver coinvolto solo popolazioni a basso reddito, ma anche una quota rilevante del ceto medio, di chi ha cercato negli ultimi anni il primo alloggio, di popolazioni mobili e temporanee come studenti o lavoratori provenienti da altre regioni.
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da sinistra, Domande Fsa (2006) ed Erp (2007), per tavoli interistituzionali della provincia di Milano Stima della domanda di edilizia sociale 2016 per tavoli interistituzionali della provincia di Milano
36
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2. Bisogni emergenti
Profili familiari deboli. Nel puzzle dei bisogni abitativi emergenti, dalle dinamiche delle popolazioni metropolitane contemporanee emergono un numero maggiore di famiglie, più single, nuovi profili di famiglie monoparentali e di anziani assistiti presso il proprio domicilio. Questa fenomenologia, anche se non nuova in assoluto, evidenzia bisogni specifici, talvolta inediti per entità, forme e distribuzione. Si pensi al diffondersi della domanda di alloggi protetti per anziani e a quanto incidano nella società lombarda. In questo quadro, un fattore ulteriore che si segnala come particolarmente significativo è costituito dall’aumento delle separazioni e dei divorzi, con la contestuale necessità per il componente in uscita dalla famiglia di trovare un nuovo alloggio. Si tratta più spesso di uomini che, oltre al mantenimento degli eventuali figli e ai debiti talora contratti per la prima casa, si trovano a dovere fare fronte al costo di un secondo alloggio. La frequenza di uomini che, proprio per la separazione, vedono la propria condizione abitativa peggiorare, fino alla richiesta di un alloggio d’edilizia pubblica, alla coabitazione o al ritorno presso i genitori, è un indicatore di un bisogno nuovo, mal rappresentato e non ancora sufficientemente indagato. Coabitazione e convivenza forzata. Un interessante elemento di indagine per comprendere le difficoltà d’accesso al bene casa è rappresentato dai fenomeni di coabitazione e convivenza più o meno forzata, che sempre più condizionano le scelte di vita di molti individui. La più emblematica di queste situazioni è il protrarsi della permanenza dei figli adulti presso la casa dei genitori. Indipendenza economica difficile e precarizzazione del lavoro (unitamente all’allungamento degli studi) spingono ad involuzioni nel processo
di emancipazione abitativa. In particolare nelle aree metropolitane come quella milanese la percentuale di trentenni in famiglia è decisamente rilevante. Da una indagine dell’Istituto Demetra su oltre 3000 giovani emerge che, al centro-nord, il 16,7% dei figli maschi fra i 33 e i 37 anni e l’11,9% delle donne vive con i genitori. La famiglia agisce, quindi, sempre più da ammortizzatore abitativo fondamentale: la possibilità di rimanere in casa è una risposta possibile, talvolta la sola, per mantenere un determinato tenore abitativo e di vita. Ed è sempre la famiglia a sostenere anche chi, invece, percorre l’opposta strada d’indipendenza: secondo i dati della ricerca dell’Istituto Demetra i genitori contribuiscono regolarmente alle spese dei figli fuori casa in oltre il 30% dei casi. E in altri casi ancora, l’aiuto familiare si traduce nell’acquisto da parte dei genitori di un alloggio (talora con un contributo o un affitto pagato da parte dei figli) o nell’offerta di garanzie bancarie per l’accensione di un mutuo. Quale sia la percentuale di coabitanti con i genitori che rifletta realmente un bisogno abitativo è difficile da dirsi, ma l’ampiezza del fenomeno è di per se stessa indicativa. E d’altra parte, uscendo dall’ambito familiare, il ritorno delle coabitazioni fra giovani lavoratori, non solo tra quelli scarsamente qualificati, rappresenta un’altra faccia del fenomeno della condivisione dell’alloggio più direttamente correlabile al disagio, che evidenzia il crescente divario fra retribuzione e canoni di affitto, in particolare a Milano e nelle grandi città in genere.
2.3. Caratteri e profili del bisogno abitativo
Popolazione universitaria fuori sede. Gli studenti universitari fuori sede, in particolare nel capoluogo, esprimono una quota di domanda rilevante ed in aumento di alloggi in affitto. La crescita di iscritti nelle università milanesi, la proliferazione dei corsi di lau37
IL MAL D’ABITARE
rea, l’aumento e la specializzazione dell’offerta formativa, unitamente alla limitata diffusione territoriale delle sedi universitarie, hanno alimentato un flusso di studenti dalla regione e dal resto del paese senza pari rispetto ai decenni precedenti. L’affitto è in alcune zone della città quasi esclusivamente orientato verso gli studenti universitari, sia per la consistenza della domanda, sia per l’appetibilità di questo mercato rispetto a quello, ad esempio, degli stranieri. Gli studenti offrono generalmente migliori garanzie, ricercano più spesso alloggi arredati e per periodi limitati (di norma legati all’anno accademico) e sono disposti ad affrontare canoni elevati mediante la condivisione e ad accettare appartamenti di minor qualità, proprio perché percepiti come temporanei. Popolazioni temporanee e lavoratori atipici. Accanto a studenti e immigrati, nei centri capoluogo, si sono diffuse nuove popolazioni temporanee, impiegate spesso con funzioni di alto livello nelle società e nei distretti economici e produttivi dell’ambito metropolitano. Cominciano ad incidere anche sul mercato delle locazioni le società che affittano alloggi per trasferimenti temporanei di dirigenti e quadri o che li mettono a disposizione come benefit. Ma accanto a questi profili, in particolare sta crescendo la richiesta da parte di una nuova figura sociale, ormai predominante
fra i lavoratori giovani: il popolo dei lavoratori atipici e delle partite Iva. Non si tratta in effetti di una domanda precisamente quantificabile né orientata verso alcuni settori di mercato rispetto ad altri, bensì di persone che scontano condizioni di maggiore mobilità e instabilità finanziaria e lavorativa, le quali incontrano difficoltà a trovare risposte in un mercato degli affitti ridotto e orientato soprattutto verso studenti e immigrati. Nuova immigrazione meridionale. L’incidenza della ripresa di migrazioni dal meridione per motivi di lavoro e di studio è ancora scarsamente documentata, ma a buon titolo può essere annoverata fra i fenomeni su cui porre attenzione. I fattori competitivi dell’area metropolitana, la concentrazione di funzioni territoriali rilevanti agiscono da attrattori. In particolare le università di Milano richiamano studenti che tendono frequentemente a stabilizzarsi e a trovare lavoro ed abitazione in Lombardia, pur dovendosi confrontare con salari di ingresso non sufficienti al mantenimento proprio e di una casa, con conseguente orientamento alla fuoriuscita dalla città centrale o alla coabitazione. Immigrazione straniera. Consistenti flussi migratori hanno interessato il territorio lombardo a partire dalla metà degli anni ’80 e hanno determinato all’inizio degli anni ’90
Stima delle famiglie in condizioni di disagio economico in Italia: ���������������������������������������������������������������������������������������������� famiglie con rapporto canone/reddito superiore al 30% ����������������� � ����������������� ���
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Elaborazioni Cresme su dati Banca d’Italia e Istat, per Anci
(elaborazione Cresme su dati Banca d’Italia e Istat, per Anci)
38
2. Bisogni emergenti
una nuova ed urgente domanda abitativa di alloggi economici ed inizialmente di piccole dimensioni. Tale domanda si è accresciuta negli anni ’90, non solo per i nuovi arrivi ma anche per lo stabilizzarsi delle popolazioni immigrate, fenomeno che le regolarizzazioni dell’ultimo decennio hanno consolidato. Il fattore che più sospinge e trasforma la domanda abitativa delle popolazioni immigrate è rappresentato dai ricongiungimenti familiari e dall’aumento del numero di bambini all’interno dei nuclei familiari: un crescente numero di famiglie, in cui almeno uno dei genitori è ormai inserito nel mercato del lavoro, intraprende un percorso di stabilizzazione che contempla anche la casa non più come ricovero provvisorio ma come bisogno stanziale. Questo si traduce in una domanda di alloggi di taglio mediopiccolo, dotati di un livello accettabile di servizi, che rispondano alle necessità della vita familiare e che siano accessibili dal punto di vista economico. A partire dalla fine degli anni ’90 si è affermata anche la propensione delle famiglie
immigrate all’acquisto della casa. I dati riferiti al contesto lombardo mostrano infatti una continua crescita del fenomeno, con un 10,9% di immigrati proprietari di casa al 2003. Alcuni gruppi etnici sembrano maggiormente propensi all’acquisto: a Milano si registra il 15,4% di asiatici proprietari a fronte del 13,3% di sudamericani, del 10,2% di nordafricani, del 9,6% di altre popolazioni africane e di quote molto più contenute di proprietari (5,9%) tra gli immigrati provenienti dall’Europa dell’est (Osservatorio regionale sulle migrazioni, 2003). Questo fenomeno è sospinto in particolare dalla quota di imprenditori e commercianti, di più antico insediamento e con maggiori possibilità economiche e di credito, che decidono di acquistare alloggi soprattutto come investimento e come “bene rifugio” per il futuro. In taluni casi l’investimento su una casa è orientato a trovare una sistemazione a parenti, a dipendenti delle proprie attività o per ospitare gratuitamente o a pagamento per periodi limitati connazionali appena arrivati.
Nuove realizzazioni residenziali nel Quartiere Adriano, Milano
39
IL MAL D’ABITARE
2.4. Fabbisogno e fabbisogno sociale
Il Pim per conto del Cimep e il Cresme su incarico della Provincia di Milano hanno recentemente condotto due diverse indagini sul fabbisogno abitativo nel territorio provinciale. Lo studio del Pim (Fabbisogno abitativo nella provincia di Milano per il decennio 2002-2011) ha quantificato in 104 mila abitazioni (31 mila a Milano; 30%) il fabbisogno complessivo decennale, di cui 44 mila costituiscono la componente pregressa al 2001 (19 mila a Milano; 43%) e 60 mila quella insorgente (12 mila a Milano; 20%). L’indagine del Cresme (Un nuovo sistema informativo per la definizione degli scenari della domanda residenziale nella provincia di Milano 2006-2016) ha calcolato il fabbisogno complessivo (al netto dei fenomeni di erosione/riproduzione edilizia) in 145/124 mila alloggi (con un arretrato al 2006 di circa 50 mila), mentre il range stimato per Milano risulta compreso tra il valore massimo di +19.000 e il valore minimo negativo di -2.000. Malgrado il diverso
nella pagina seguente, Torri residenziali sul lotto del Piano di Zona consortile in via Pace, Sesto San Giovanni
decennio di riferimento e i differenti criteri metodologici assunti (che si riverberano in divergenze rilevanti soprattutto nella valutazione di singole situazioni comunali), le due stime mostrano una relativa convergenza nella quantificazione aggregata. Circa il fabbisogno totale decennale, le differenze principali emergono in ragione delle diverse proiezioni di sviluppo demografico. In particolare, nella stima Cresme, Milano vede previste in diminuzione le famiglie residenti (con una variazione negativa compresa tra -5 e -24 mila unità), mentre Pim-Cimep assumono la previsione/obiettivo di un incremento di 12 mila unità. Di converso, per i comuni esterni, Cresme prevede un incremento di 100 mila famiglie nel decennio, mentre per Pim-Cimep la stima è di +73 mila. Ciò comporta che i fabbisogni totali siano ripartiti quasi totalmente a carico dei comuni esterni (94%) per Cresme, mentre in maniera più equilibrata (70-30) per PimCimep. Entro questo quadro complessivo
Domande Fsa (2006) ed Erp (2007) per tavoli interistituzionali della provincia di Milano FSA
ERP DI CUI
T AVOLO INTERISTITUZIONALE
POPOLAZIONE RESIDENTE 2006
F AMIGLIE 2006
41.596
% FAMIGLIE SUL TOTALE PROVINCIA
2,4%
ALLOGGI ERP 2004
% ALLOGGI SUL TOTALE PROVINCIA
DOMANDE ERP ( CANONE SOCIALE O MODERATO ) 2007
2,70%
1.403
1,2%
% DOMANDE
D OMANDE FSA 2006
% DOMANDE FSA SUL TOTALE PROVINCIA
GRAVE DIFFICOLTÀ
718
2,9%
237
GRAVE DIFFICOLTÀ SUL TOTALE PROVINCIA
DOMANDE CANONE SOCIALE
DOMANDE CANONE MODERATO
% DOMANDE ERP SUL TOTALE
848
826
41
2,4%
PROVINCIA
Abbiatense
102.186
Sud-Est
163.899
68.176
3,9%
978
3,9%
310
3,53%
1.989
1,8%
1.452
1.414
80
4,1%
Brianza
807.743
327.445
18,9%
4.758
18,9%
1.538
17,50%
8.085
7,2%
5.441
5.296
274
15,5%
Nord Milano
314.434
134.761
7,8%
2.277
9,0%
725
8,25%
4.957
4,4%
3.496
3.405
190
10,0%
Rhodense
309.255
125.547
7,2%
1.949
7,7%
603
6,86%
3.243
2,9%
3.076
2.962
201
8,8%
Magentino
119.404
48.488
2,8%
816
3,2%
227
2,58%
1.092
1,0%
783
754
43
2,2%
Martesana-Adda
315.126
130.232
7,5%
1.848
7,3%
435
4,95%
3.368
3,0%
2.769
2.688
172
7,9%
Castanese
67.476
27.320
1,6%
339
1,3%
84
0,96%
311
0,3%
164
160
6
0,5%
Legnanese
178.394
71.603
4,1%
985
3,9%
257
2,92%
2.101
1,9%
1.319
1.284
67
3,8%
Sud Milano
203.127
83.489
4,8%
1.416
5,6%
428
4,87%
10.364
9,2%
2.955
2.832
294
8,4%
Milano
1.303.437
675.764
39,0%
9.088
36,1%
3.947
44,90%
75.750
67,2%
12.813
12.458
853
36,5%
Totale provincia Milano
3.884.481
1.734.421
100,0%
25.172
100,0%
8.791
100,00%
112.663
100,0%
35.116
34.079
2.221
100,0%
N.B. alcune domande sono idonee per il canone sia sociale che moderato, per questo la somma dei parziali può essere superiore al totale
Elaborazioni Centro Studi Pim su dati Regione Lombardia, U.O. Politiche per la casa e Istat
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2. Bisogni emergenti
Stima della domanda attuale complessiva esplicita (Erp e Fsa) ������� ���
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Elaborazioni Centro Studi Pim su dati e stime Regione Lombardia 2006
qual è l’incidenza del fabbisogno “sociale”, cioè del segmento di domanda insolvente sul mercato della casa, ossia segnato da difficoltà/impossibilità di risolvere il problema abitativo con risorse proprie? In Lombardia il totale delle richieste di accesso al Fondo sostegno affitti (Fsa) dal 2001 al 2006 è cresciuto del 91% (da 37 a quasi 71 mila) mentre per la provincia di Milano l’aumento è stato dell’85% (da 13 a 25 mila). Se però si considera che il numero delle famiglie nel medesimo periodo è aumentato nella provincia solo del 5%
contro l’11% regionale, è proprio nell’area milanese che si registrano gli incrementi più rilevanti di domande Fsa, ed in particolare nei comuni esterni al capoluogo. Le situazioni di grave difficoltà socioeconomica, determinata secondo specifici parametri Isee per il fondo sostegno affitti (All. 1 alla d.g.r. n. 7558 del 27 giugno 2008), passano in regione da 9.900 a 19.900 (+95%) mentre la loro incidenza proporzionale sulle richieste rimane invariata (circa 27%). Nella provincia di Milano, invece, le situazioni di difficoltà grave sono cresciute del 112% (da
Stima della domanda sociale per tavoli interistituzionali della provincia di Milano
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Elaborazioni Centro Studi Pim su dati Regione Lombardia, U.O. Politiche per la casa e Istat
41
IL MAL D’ABITARE
4 a quasi 9 mila) e la loro incidenza sul totale è aumentata dal 31 al 35%. Il rapporto tra situazioni di grave difficoltà e domande totali registra i valori più elevati (e crescenti) nel comune di Milano (dal 37-38% degli anni precedenti al 43% del 2006), mentre negli altri comuni della provincia si passa da un’incidenza pari al 25% (2001-2004) ad una del 30% (2006). Milano, nonostante un aumento del numero di famiglie residenti di un solo punto percentuale, registra un incremento del 25% delle domande di Fsa e del 46% delle situazioni di grave difficoltà. Il numero elevato di casi gravi e il livello degli affitti di mercato mediamente più alto fanno sì che le domande Fsa del comune di Milano registrino redditi medi più bassi rispetto al corrispondente valore provinciale e contributi medi più elevati. Per quanto riguarda le domande per l’Edili-
Alloggi di edilizia convenzionata in via Columella, Milano nella pagina seguente, Alloggi Erp in affitto a canone sociale in via Martiri Palestinesi, Cinisello Balsamo
42
zia residenziale pubblica (Erp) ritenute valide nei bandi 2006, a livello provinciale esse ammontano a 2 ogni 100 famiglie, contro una media provinciale di domande Fsa pari a 1,5. Mettendo a confronto la distribuzione territoriale della popolazione e del patrimonio di edilizia residenziale pubblica con quella delle domande Fsa e delle domande Erp (per alloggi a canone sociale e moderato), si osserva che nel comune di Milano, dove risiede il 39% delle famiglie, ma dove insiste il 67% del patrimonio pubblico, si riscontra una quota di circa il 36% delle domande Fsa ed Erp, ma con una eccezionale concentrazione di casi di grave difficoltà (45% del totale). La situazione sopra descritta delinea per la provincia di Milano un quadro preoccupante. La domanda espressa dalle famiglie che hanno i requisiti richiesti per accedere ad alloggi a canone sociale o a
2. Bisogni emergenti
canone moderato assomma a circa 35 mila alloggi, di cui 12.800 nel capoluogo (un valore sottostimato, se si considera la clausola restrittiva d’accesso che prevede l’obbligo di residenza in regione da almeno cinque anni). Il fabbisogno della provincia di Milano, utilizzando come indicatore l’andamento delle domande di contributo Fsa in valori assoluti e in rapporto al trend regionale, è in forte aumento e aggravamento, in proporzione molto superiore all’andamento demografico. In particolare tra il 2004 e il 2006 l’andamento delle domande Fsa e del numero di famiglie sembra confermare che il processo di espulsione da Milano dei ceti più deboli “salta” la prima corona, per indirizzarsi su polarità più esterne. A Milano il numero di domande Fsa (un terzo riguarda persone sole) ed Erp (per più della metà avanzate da famiglie straniere
extracomunitarie) rispetto alle famiglie residenti è inferiore alla media provinciale ma, come sopra evidenziato, a fronte di un trend demografico quasi stazionario, l’incremento di domande Fsa è assai rilevante e ancora di più l’incidenza delle situazioni di grave difficoltà. Infine gli sfratti. A Milano, di 12 mila domande Erp in graduatoria circa 1.300 provengono da famiglie sfrattate. Uno studio del Comune su dati del Ministero degli interni e statistiche del Tribunale di Milano stima il numero delle famiglie sfrattate nel periodo 2006-7 in circa 3.600. Se si considera che durante il 2006 è stato possibile assegnare 1.200 alloggi (dei quali solo il 25% alle famiglie in graduatoria), risulta evidente che con l’attuale offerta di alloggi Erp sia possibile rispondere quasi esclusivamente alle situazioni emergenziali.
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Stime del fabbisogno abitativo Cresme (2006-2016) e Pim (2002-2011) ����� ������ � ������
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(*) al netto dell’erosione/riproduzione residenziale e della componente di offerta potenziale ���������������������������������������������������������������������������������������������
43
44
3. Capacità di risposta Sul versante dell’offerta abitativa un quadro si compone considerando l’entità dei suoli in gioco per la residenza, valutando consistenza, stato e prospettive dei patrimoni immobiliari d’edilizia sociale, focalizzando l’attenzione sullo stock in locazione e sul suo più recente andamento, ma anche riconoscendo la varietà di stili d’azione di fronte al bisogno abitativo nell’area milanese.
La verifica della disponibilità di aree a destinazione residenziale costituisce un indicatore comunque significativo, sia pur grezzo (in ragione della natura troppo aggregata del dato e dell’impossibilità di un suo tempestivo aggiornamento), per valutare la capacità di risposta a condizioni di bisogno. Le aree residue del milanese sono state individuate sulla base del Misurc, il Mosaico informatizzato degli strumenti urbanistici comunali, nella versione elaborata dal Pim, con dati aggiornati al 1998, selezionando le aree residenziali di completamento e di trasformazione e considerando pro quota (secondo le percentuali relative al mix delle specifiche situazioni) anche le aree polifunzionali. Le aree a destinazione residenziale ancora libere sono state verificate con più recenti riprese fotografiche aeree relative al territorio provinciale, aggiornate al 2002. Da questa elaborazione nella provincia di Milano è risultato un potenziale di aree libere residenziali pari a 25.759.741 mq. Scarsa l’incidenza di Milano (2%) e anche considerando l’area milanese allargata (quella costituita dalla città centrale e dalla corona di comuni più prossimi: Arese, Assago, Ba-
reggio, Basiglio, Bollate, Bresso, Buccinasco, Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Cusano Milanino, Locate Triulzi, Novate Milanese, Opera, Pero, Peschiera Borromeo, Pieve Emanuele, Pioltello, Rho, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Segrate, Sesto San Giovanni, Settimo Milanese, Trezzano sul Naviglio, Vimodrone) l’apporto di quest’ultima non raggiunge un quinto delle aree provinciali residue (circa 4,5 milioni di mq disponibili, pari al 17%). Va sottolineata, in questo ambito centrale metropolitano, l’incidenza delle aree in trasformazione (30% circa), così come il peso che assumono le aree polifunzionali (24%; 33% nella sola Milano), ben al di sopra della media provinciale (7%). Quanto alla dimensione media delle aree disponibili risulta che l’ambito milanese presenta valori superiori alla media provinciale: 11.359 mq contro 3.791 mq per aree non soggette a pianificazione attuativa e 26.818 mq contro 9.349 mq per ambiti compresi in piani attuativi. Il peso delle aree vincolate a pianificazione attuativa nel
3.1. Disponibilità di aree e offerta abitativa
nella pagina precedente, Torri residenziali sul lotto del Piano di Zona consortile in via Pace, Sesto San Giovanni
45
IL MAL D’ABITARE
Incidenza dell’Edilizia residenziale pubblica sul numero complessivo delle abitazioni 2001 (Centro studi Pim-Federcasa Lombardia 2008) nella pagina seguente, Entità e distribuzione delle aree a destinazione residenziale nel territorio provinciale
46
territorio milanese (78%) è notevolmente superiore a quello che si riscontra nel resto della provincia (53%), ma nell’area di Milano solo il 2% delle aree ad attuazione indiretta è oggetto di iniziativa pubblica (piani di zona di edilizia convenzionata o economico popolare). La partizione territoriale fornita dai Tavoli interistituzionali del Ptcp vigente (2003) consente di valutare la distribuzione della disponibilità di aree a destinazione residenziale all’interno della provincia. Alla relativa omogeneità di situazioni (tra il 3% del Nord-Milano e l’11% del Legnanese e del Martesana-Adda) fa ecce-
zione la Brianza (28%), anche in ragione di una dimensione territoriale e demografica di gran lunga maggiore. Va osservato come nel territorio brianteo alla disponibilità di aree residenziali si coniughino dimensioni estremamente ridotte di queste ultime, al di sotto della media (1.354 mq per aree non soggette a piani attuativi, 3.313 mq per aree ad attuazione indiretta). Traducendo i dati sulle aree residenziali residue in numero di alloggi (detraendo alla superficie territoriale complessiva un 20% destinato alle urbanizzazioni primarie e secondarie, quindi applicando un indice medio di edificabilità di 1
3. Capacità di risposta
Resto della provincia 83%
Prima Cintura (senza Milano) 15%
Milano 2% Fonte: Centro Studi Pim - Misurc 2002
Aree per nuova residenza per tavoli interistituzionali
ESPANSIONE
T RASFORMAZIONE
DI CUI
DI CUI
DIMENSIONE
T OTALE AREE DISPONIBILI ( MQ )
POLIFUNZIONALE
Abbiatense Binaschino
1.440.612
>1%
Brianza
7.344.745
4%
Castanese
1.767.323
0%
Legnanese
2.723.902
14%
Magentino
2.646.727
3%
Martesana-Adda
2.745.541
7%
Nord e Groane Nord Milano Rhodense Sud Milano Sud-Est Milano Milano Provincia (senza Milano)
1.688.835 800.048 1.296.671 1.338.500 1.329.189 637.646 25.122.095
P IANIFICAZIONE ATTUATIVA
19% 51% 2% 7% 2% 33% 7%
IN
P.Z.
P IANIFICAZIONE ATTUATIVA
93% 52%
6%
12%
68%
2%
58%
5%
0%
7%
44%
4%
69%
5%
12%
56%
77%
10%
26%
5%
9%
46%
5%
35%
2%
59%
91% 53%
5% 13%
65% 78%
16%
87% 64%
3%
84% 63%
63%
97% 75%
6%
27% 67%
10%
94% 60%
7%
90% 75%
3%
93% 41%
4%
98% 25%
6%
96% 47%
P.Z.
7% 6%
94% 52%
IN
9%
7%
57%
-
DIMENSIONE MEDIA AREE IN P.A. ( MQ )
N° ALLOGGI
5.680
8.071
3.293
1.354
3.313
16.788
4.459
7.254
4.040
3.939
8.957
6.226
3.905
10.674
6.050
4.770
11.998
6.276
3.336
11.768
3.860
3.857
14.181
1.829
3.446
9.917
2.964
3.471
18.774
3.059
10.354
11.895
3.038
11.359
26.818
1.457
3.791
9.349
57.422
MEDIA AREE NON IN P.A. ( MQ )
47
IL MAL D’ABITARE
LO STOCK DEL COMUNE DI MILANO E I SOGGETTI GESTORI Lo stock di edilizia residenziale pubblica di proprietà del Comune di Milano ammonta a circa 23.000 alloggi. Per 50 anni la loro gestione è stata affidata allo Iacp (ora Aler), ma dal 1° ottobre 2003, in applicazione della Lr 91/1983, la loro amministrazione è passata a tre diverse società: Romeo Gestioni gestisce 8.400 alloggi, distribuiti su 310 edifici, e 580 unità ad usi diversi (commerciale, servizi, etc.) per un totale di circa 480.000 mq di Slp; Pirelli Re-Edilnord Gestioni gestisce 8.000 alloggi e 370 unità ad usi diversi per un totale di circa 475.000 mq di Slp; Ge.fi. Fiduciaria Romana gestisce 7.080 alloggi e 390 unità ad usi diversi per un totale di circa 410.000 mq di Slp. Il patrimonio comunale risulta, dunque, oggi suddiviso in tre lotti, attualmente affidati alle imprese aggiudicatarie del concorso-appalto indetto nel 1999, la cui gara si è svolta nel 2000. Si è trattato di una vicenda tormentata. Infatti, a seguito dell’esclusione dall’assegnazione, Aler Milano ha presentato ricorso presso il Tar Lombardia, che lo ha accolto il 31 maggio 2001. Il Consiglio di stato, però, riformando la sentenza del Tar Lombardia, ha dichiarato legittima la gara svolta dal Comune di Milano, riconfermando l’attribuzione alle tre società. La nuova modalità di gestione è stata denominata Global service per l’Edilizia residenziale pubblica. Ad ognuna delle tre società aggiudicatarie è stato assegnato un lotto territoriale per 6 anni, con un investimento complessivo da parte dell’amministrazione comunale di circa 122 milioni di euro. Questa nuova modalità gestionale si pone come obiettivi attesi (con esiti, però, finora deludenti) il miglioramento del servizio agli utenti, l’ottimizzazione delle risorse, la conservazione e valorizzazione del patrimonio comunale. Circa la gestione esterna del patrimonio emergono alcuni dati interessanti: il canone annuo medio applicato risulta pari a 816 euro per unità immobiliare, abbastanza in linea con la media nazionale; risulta invece decisamente elevato il costo relativo agli oneri accessori, mediamente intorno ai 1000 euro per alloggio, più del doppio rispetto alla media nazionale (fonte: dati Nomisma) e proprio sugli aumenti delle spese i sindacati degli inquilini hanno in corso una vertenza con le società di gestione.
a fianco e nella pagina seguente, Edilizia sovvenzionata nel Priu Ravizza Pompeo Leoni - ex OM, Milano
48
3. Capacità di risposta
GLI ACCORDI QUADRO DI SVILUPPO TERRITORIALE Gli Aqst sono uno degli strumenti innovativi più interessanti in materia di programmazione negoziata introdotti da Regione Lombardia, utilizzati anche per il finanziamento dell’Edilizia residenziale pubblica. Rispetto alle modalità di bando adottate nel primo Prerp si distinguono per un rapporto più aperto e interattivo con i comuni per giungere alla sottoscrizione dell’Accordo, per un conseguente maggior controllo dei tempi di attuazione e per il tentativo di orientare la localizzazione dei finanziamenti tenendo conto dei dati di fabbisogno abitativo che emergono dalle analisi dell’Osservatorio regionale sulla casa. La prima generazione di Aqst, attuata per mezzo dei fondi del primo Prerp nel biennio 2006-2007 e riservata ai comuni a fabbisogno acuto e ai capoluoghi, dovrebbe concludersi con il risultato di oltre 4.500 alloggi prodotti, in larga maggioranza destinati all’affitto a canone sociale. C’è da rilevare che in questi numeri sono compresi quelli relativi ai bandi “Abitare a Milano” 1 e 2, finanziati quasi interamente dalla municipalità, grazie ai quali nel capoluogo si stanno realizzando circa 1.000 alloggi, e dagli investimenti della Fondazione housing sociale, che prevede di realizzare 715 alloggi. Con i soli fondi stanziati dalla Regione saranno realizzati 2845 alloggi. I nuovi Aqst 2008, inseriti nel ciclo di programmazione 2007-2009, prevedono di realizzare circa 900 alloggi, attraverso un investimento regionale di 60 milioni di euro per la provincia di Milano. Elemento che connota specificamente questa seconda stagione è la diminuzione dell’incidenza percentuale degli alloggi a canone sociale, intorno al 60%, contro la quasi totalità dei precedenti. Un’altra differenza rispetto ai passati Accordi risiede nella localizzazione degli interventi. Se infatti i primi Aqst insistevano in larghissima misura nel comune di Milano, i finanziamenti 2008 cadranno prevalentemente sugli altri comuni della provincia, determinando una geografia decisamente mutata. Questo esito può spiegarsi per una più diffusa capacità dimostrata dai comuni nel rispondere ai bandi regionali, oltre che per un diverso orientamento da parte della Regione.
49
IL MAL D’ABITARE
Localizzazione territoriale e numero di alloggi Aler
50
mc/mq e infine considerando una cubatura media per alloggio di 350 mc, valore parametrico invalso nei computi praticati dal Cimep) si ottiene per l’intera provincia di
Milano una disponibilità di alloggi potenziali pari a 58.879 unità, di cui 1.457 individuabili nella città di Milano e 57.422 nel resto della provincia.
3. Capacità di risposta
Le attività di ricerca per l’Osservatorio metropolitano dei bisogni abitativi, affidate nell’ambito degli accordi per il “Patto Metropolitano per la casa” dalla Provincia di Milano al Pim (rapporto conclusivo maggio 2006), hanno consentito una ricognizione sulla consistenza del patrimonio edilizio residenziale pubblico di proprietà dell’Aler ed una valutazione sulla sua distribuzione e qualità. Gli alloggi Aler sul territorio provinciale (dati Aler, aggiornamento marzo 2005) assommano a 64.727, di cui il 61% nella città di Milano e il restante 39% negli altri comuni della provincia (il 22% nei comuni della cosiddetta Zona Omogenea milanese, costituita dai comuni della prima cintura intorno al capoluogo, il 17% rimanente in comuni più esterni). Un primo elemento relativo alla qualità di questo patrimonio sta innanzitutto nell’età e nello stato di efficienza che lo caratterizzano. Indagando i periodi di produzione si rileva come un terzo del patrimonio sia stato costruito prima della seconda guerra mondiale, con una quota di realizzazioni marginale negli anni immediatamente successivi. Fino a quel momento lo stock si colloca quasi esclusivamente all’interno del comune di Milano. Un bilanciamento avviene solo a partire dagli anni ’60, che inaugurano una fase segnata da un nuovo forte ciclo produttivo. Negli anni ’70 e ’80 è invece il territorio provinciale ad assumere un ruolo strategico nella produzione di alloggi pubblici, sia per la difficoltà nel reperire aree a Milano e per il costo eccessivo dei terreni, sia per le mutate scelte urbanistiche. Negli ultimi venti anni la produzione di nuovi alloggi (intorno al 2% del totale) si fa pressoché irrilevante in ragione di due principali fattori: da un lato gli sforzi si orientano al recupero e alla manutenzione
Comune d Milano 61%
Altri comuni della provincia 17%
3.2. Il patrimonio Aler nella provincia di Milano
Zona omogenea (senza Milano) 22%
straordinaria del patrimonio edilizio esistente; dall’altra le difficoltà della finanza pubblica impediscono grandi investimenti nel settore. La situazione di vetustà diffusa si traduce nella necessità di adeguamenti tecnologici e funzionali degli immobili, oltre che di normali interventi di manutenzione ordinaria, ed ha comportato anche una politica di dismissione del patrimonio maggiormente degradato. I cambiamenti sociali intervenuti nell’ultimo decennio, inoltre, determinano l’obsolescenza del taglio degli alloggi e l’esigenza di una modifica. Infatti ampia parte degli assegnatari non sono più famiglie numerose, quanto piuttosto coppie, singoli, giovani, persone anziane. Le attuali esigenze abitative, rispetto alle quali assume importanza centrale la zona giorno dell’alloggio, richiedono una vera rivoluzione tipologica rispetto alle abitazioni di più antica costruzione, che vedevano l’alloggio svilupparsi prevalentemente nella zona notte. Un elemento di valutazione ulteriore concerne lo stato delle assegnazioni: il 91% degli alloggi risulta regolarmente assegnato, con il fenomeno dell’abusivismo che si attesta intorno al 5%, spesso rappresentativo di situazioni di disagio estreme, con implicazioni che si riflettono a livello sociale e territoriale.
in alto, Distribuzione territoriale del patrimonio Aler nelle pagine seguenti, Priu di via Rubattino, Milano Edilizia convenzionata su lotto PdZ in via De Gasperi, San Donato Milanese
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IL MAL D’ABITARE
SOCIAL HOUSING IN PROVINCIA DI MILANO: I PROGRAMMI DELL’ALER di Leonardo Cascitelli - direttore Area Tecnica e Marketing Territoriale - Aler Milano Quest’anno Aler si appresta a compiere il giro di boa dei suoi primi cento anni di attività. Un secolo di domanda alle quali si sono succedute puntualmente altrettante risposte alle esigenze che, in base al periodo storico e al contesto sociale, si presentavano ai cittadini di Milano e provincia. L’emergenza abitativa coinvolge categorie sempre nuove che non possono sostenere le rate del mutuo, e che tante volte non hanno nemmeno i presupposti per stipularlo, dagli studenti, ai coniugi separati, ai lavoratori stagionali, ai precari e agli stranieri. Aler risponde con progetti calzanti per contenuti e metodi che rispondono a un bisogno primario, ma non unico come la casa. Dettaglio non da poco poiché la qualità della vita dei cittadini dipende da un sistema di relazioni e di servizi che il contesto deve offrire. Ciò vuol dire offrire un’opportunità attraverso il “dare una casa”, una progettazione edilizia adeguata alle nuove esigenze abitative e a processi urbanistici non speculativi, rispettosi degli standard di qualità, realmente integrati, pensati per ricomporre le fratture, riarmonizzare le discontinuità delle periferie e risolvere i problemi del degrado e dell’abusivismo. La logica è sempre più quella di creare un mix sociale all’interno dei quartieri, per evitare la ghettizzazione e la desertificazione che producono problemi di gestione e sicurezza, per creare dei veri e propri centri vitali, dove alle fasce disagiate si uniscano famiglie del ceto medio e con gli anziani delle case popolari e delle residenze sanitarie assistite create da Aler si mescolino giovani studenti e lavoratori. E se questo è il vero obiettivo finale, verso il quale volgere lo sguardo, l’occhio dell’Azienda non si discosta troppo dalla vicina realtà, dando sempre la priorità al problema della sicurezza e dell’assistenza. I tutor di Aler nei quartieri sono pronti ad intervenire sui casi di occupazione abusiva per evitare che si leda il diritto alla casa a chi spetta veramente e a registrare problemi e disagi degli inquilini. Nei quartieri sono sempre presenti altre figure, incaricate da Aler: i custodi sociali, che seguono gli anziani, i minori e gli adulti in difficoltà, fanno la spesa, pagano le bollette, ritirano la pensione e fanno compagnia a chi ha bisogno di una presenza quotidiana. Aler ogni giorno porta avanti l’impegno di una mission che l’Azienda sintetizza nella realizzazione di quartieri in cui vivere serenamente e dignitosamente.
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3. Capacità di risposta
Come dire si scrive social housing, si legge dare una casa in un pezzo di città e non in un deserto di periferia. Sfida che il nuovo corso dell’Aler gioca a tutto campo, aperto alle sinergie operative con enti pubblici e soggetti privati, al dialogo con i cittadini e alla partecipazione e sapendo di operare per dare forma a una società complessa e in evoluzione. Aler ha già realizzato un cospicuo numero di alloggi destinati alle categorie meno forti economicamente, studenti fuori sede, lavoratori precari, anziani, giovani coppie e nuclei familiari. Progetti, questi, che si ritrovano all’interno dei principali programmi messi in atto da Aler su Milano e Provincia (Rsa, programma regionale per l’emergenza abitativa, costruzioni a canone concordato, recupero dei sottotetti, locazioni temporanee, residenze universitarie) per offrire una risposta mirata alle esigenze della domanda. Risposta che, giusto per dare qualche numero, si traduce in 127 alloggi per locazione a termine con futura vendita, 67 alloggi di autocostruzione in affitto, 251 alloggi a canone moderato, 431 alloggi grazie al recupero dei sottotetti e, ancora, tre residenze sanitarie (via Quarenghi, via Baroni e quartiere Stadera) per complessivi 385 posti letto. Ci sono poi cinque nuove residenze universitarie (Gratosoglio, Campus Martinitt, quartiere Mazzini, quartiere Stadera e quartiere Attendolo Sforza) che rendono disponibili circa 926 posti letto e 426 alloggi. E insieme a tutto questo la possibilità che, attraverso la nuova legge n. 27/2007, Regione Lombardia ha dato alle Aler lombarde: poter vendere parte del proprio patrimonio allo scopo di razionalizzare i costi di gestione e di offrire la grande occasione di utilizzare i ricavi per nuove costruzioni. Motivi di crescita futura per il ventaglio di novità che l’Azienda potrà garantire ai suoi inquilini, ma allo stesso tempo un’ottima proposta per permettere a chi, a prezzo di mercato non ne sarebbe in grado, di acquistare la propria abitazione. Un pacchetto di possibilità che, in vista delle ottime prospettive, Aler non si lascerà sfuggire, stimando la vendita di circa 6 mila alloggi per una somma da reinvestire in nuove costruzioni, di circa 400 milioni di euro, destinati a soddisfare l’emergente bisogno di case, nella logica che costruire nuove abitazioni e servirà a rispondere a vecchie sempre nuove necessità.
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IL MAL D’ABITARE
dall’alto, Numero di alloggi per periodo di costruzione del patrimonio Aler della provincia di Milano Numero di alloggi Aler per periodo di costruzione a Milano e nel resto del territorio provinciale Stato di conservazione degli alloggi Aler per numero di vani a Milano Stato di conservazione degli alloggi Aler per numero di vani nel resto della provincia (Elaborazioni Centro Studi Pim su dati Aler 2005)
nella pagina seguente, Famiglie, patrimonio ERP, domanda sociale, finanziamenti 2002-2007 in Milano e comuni della provincia
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A Milano su un patrimonio Aler pari a 39.923 alloggi, ad una quota di occupazioni abusive che supera il 6%, si aggiunge una quota pari quasi al 5% di alloggi non assegnati, in gran parte in condizioni di grave compromissione e inagibilità (motivo principale della loro mancata assegnazione). Ma il fenomeno si estende anche agli alloggi regolari, dei quali il 39% risulta essere in condizioni di generale degrado. La situazione nel resto della provincia è meno problematica rispetto al capoluogo. Su 24.804 alloggi solo il 3% risulta occupato abusivamente e il 2% non assegnato. La quasi totalità degli alloggi abusivamente occupati è peraltro concentrata nei comuni di prima corona, spesso caratterizzati da comportamenti statistici omogenei con la città centrale, la quale esercita una forte influenza su di essi. I restanti comuni della provincia evidenziano problemi più limitati per ragioni molteplici, a cominciare dal più contenuto numero di alloggi da gestire, che consente quindi maggior controllo, con problematiche sociali più circoscritte e direttamente affrontabili. Lo stesso si riscontra circa lo stato di conservazione degli alloggi, anche in ragione del fatto che la maggior parte dello stock è stato realizzato in tempi più recenti. Si rileva inoltre che il fenomeno dell’abusivismo è principalmente concentrato nei quartieri di maggiori dimensioni e con alto stato di degrado, in particolare nei comuni di Milano, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Legnano. Proprio al recupero dei quartieri degradati si sono indirizzate in tempi recenti le poche risorse disponibili, anche con l’istituzione di strumenti appositi, quali i Contratti di quartiere, finalizzati prioritariamente a fronteggiare il degrado sul doppio versante sociale ed urbanistico-edilizio, con un coinvolgimento attivo della popolazione residente.
3. Capacità di risposta
A Milano, al censimento 2001, la presenza di stock abitativo in affitto è ancora consistente, benché in forte diminuzione (-20%) rispetto al precedente rilevamento: 200 mila famiglie vivono in locazione (il 35% del totale) e di queste circa un terzo abita in alloggi di proprietà pubblica. Nel resto del territorio provinciale i dati scendono in maniera significativa: l’affitto incide per meno del 20% e la quota pubblica (con circa 36.000 alloggi) non rappresenta che il 4% del totale. E tuttavia, in una situazione generale di continuo decremento e di distribuzione disomogenea sul territorio, lo stock in affitto appare sempre più essenziale per garantire mobilità abitativa e copertura del bisogno delle fasce sociali deboli. L’offerta in locazione si struttura attualmente in tre principali componenti: il mercato libero dell’affitto privato, spesso con canoni inaccessibili a molti; l’affitto privato, nello specifico segmento di famiglie che si rivol-
gono alla Regione per ottenere un contributo attraverso lo strumento del Fondo sostegno affitti; l’affitto pubblico a canone sociale o moderato, nell’accesso agli alloggi offerti dall’Edilizia residenziale pubblica. Per poter comprendere quanto sia fondamentale il ruolo pubblico nel settore degli affitti è utile analizzare l’andamento nel settore privato in relazione alla capacità di spesa delle famiglie. Secondo i dati elaborati da Cresme nell’ambito della ricerca svolta per l’Ancab, La questione abitativa e il mercato della casa in Italia (2008), nel periodo 2005-2007 l’incidenza media dell’affitto per le fasce di reddito sotto i 10 mila euro passa dal 47% (dato già significativamente rilevante) al 66% del reddito netto, e dal 29% al 38% per la fascia di reddito dai 10 ai 20 mila euro. Questi numeri fanno comprendere la drammaticità del fenomeno e il suo preoccupante aggravarsi. Le elaborazioni CERTeT
3.3. L’offerta in locazione
La casa in affitto nella provincia di Milano ��������������������������������������������� � �����������������
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Elaborazione PIM su dati Censimento 2001 e Aler; per gli alloggi comunali dati stimati
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Elaborazione Cresme su dati Banca d’Italia e Istat per Anci
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IL MAL D’ABITARE
sulle rilevazioni semestrali della Borsa Immobiliare con riferimento alle diverse zone del comune di Milano mettono in evidenza come dal 1993 ad oggi l’andamento degli affitti abbia avuto comportamenti di forte differenziazione. Il 1993 costituiva il vertice massimo del ciclo immobiliare iniziato a tre quarti degli anni ’80 e conclusosi appunto
con la fine del 1992. Dal 1993 al 1997 i canoni hanno registrato in media una netta diminuzione in valori attualizzati (e, in alcune zone anche in valore monetario). A partire dal ’97 e ancor più dal ’98, a seguito dell’entrata in vigore della legge 431 di riforma dei canoni (e del fallimento del canale concordato da essa introdotto), riprende
Famiglie in affitto e domande Fsa (2001) � �������� ����������
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Elaborazione PIM su dati Regione Lombardia-U.O. Casa, 2003
Fondo sostegno affitto in Lombardia, 2001-2008
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nella pagina seguente, Trasformazione in corso dell’area Rogoredo-Montecity, Milano
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* Contributi erogati al netto dei fondi comunali Fonti: Ministero delle Infrastrutture, Determinazioni della D.G. Casa Regione Lombardia, CGIL Lombardia
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3. Capacità di risposta
una rapida crescita degli affitti privati, che raggiunge il massimo nel 2002 per poi assestarsi su valori attualizzati superiori a quelli registrati nel picco precedente, mostrando in alcuni casi anche qualche leggera diminuzione negli ultimi anni. Più in dettaglio, nel periodo ’97-2005 un forte aumento dei prezzi di locazione a Milano ha investito soprattutto gli alloggi di taglio piccolo ed in particolare nelle aree non centrali, con valori incrementati anche del 50%. Negli altri comuni della provincia la crescita dei canoni è stata più contenuta e, se si considerano i canoni deflazionati, nella maggior parte dei casi essi non avrebbero ancora raggiunto i picchi rilevati al 1993 (condizione cui però va comunque associata la diminuzione del potere d’acquisto che ha investito i redditi medio-bassi e l’ampliarsi delle condizioni di povertà in ampi segmenti della domanda). Sul mercato privato, lo strumento più incisivo per superare l’impossibilità di accesso al bene casa è rappresentato dal Fondo sostegno affitti, ex lege 431/98. Si rivolge principalmente alle fasce intermedie, che non hanno accesso all’edilizia sociale e non si possono permettere un affitto ai canoni di
mercato. Risulta che a Milano il 77% delle famiglie richiedenti il sostegno del Fsa dichiara un reddito inferiore a 15 mila euro, con un canone di locazione al mq da 86 a 90€, mentre in provincia il numero delle famiglie sotto questa soglia scende al 68%, con un canone al mq tra 66,8 e 68,8€. Relativamente ai canoni di affitto applicati per gli alloggi pubblici, i dati relativi al patrimonio Aler al 1997 ci indicano che il canone sociale medio applicato per fascia
era variabile tra 2,36 e 41,56€ al mq a Milano e tra 2,81 e 51,31€ in provincia. Pur nella difficile comparabilità delle fonti relative al settore pubblico e al settore privato, risulta comunque evidente come i soggetti che abitano in locazione in alloggi pubblici godano di condizioni molto favorevoli (con incidenze sui redditi familiari effettivi fra il 5 e il 7,5%) a fronte dell’esposizione, sovente insostenibile, dei segmenti di popolazione costretti a rivolgersi al settore privato.
Il Fondo sostegno affitto (Fsa) per tavoli interistituzionali della provincia di Milano, 2004-2006
T AVOLO
INTERISTITUZIONALE
F AMIGLIE 2004
D OMANDE FSA 2004
DI CUI GRAVE DIFFICOLTÀ
C ONTRIBUTI 2004 �
C ONTRIBUTO MEDIO 2004 �
EROGATI
F AMIGLIE 2006 V.A.
/\ 2006/ 2004
DOMANDE FSA 2006
DI CUI GRAVE DIFFICOLTÀ
V.A.
/\ 2006/ 2004
V.A.
/\ 2006/ 2004
C ONTRIBUTI EROGATI 2006 (�)
C ONTRIBUTO MEDIO 2006 (�)
V.A.
/\ 2006/ 2004
V.A.
/\ 2006/ 2004
R EDDITO MEDIO
2006 �
I SEE MEDIO 2006 �
D IMENSIONE MEDIA ALLOGGIO
2006 MQ
Abbiatense
39.407
554
157
598.258
1.080
41.596
5,6%
718
29,6%
237
51,0%
895.354
49,7%
1.247
15,5%
12.361
6.044
64,38
Sud-Est
65.467
863
226
1.007.941
1.168
68.176
4,1%
978
13,3%
310
37,2%
1.293.965
28,4%
1.323
13,3%
12.788
6.504
61,30
Brianza
314.812
3.870
1.059
4.804.646
1.242
327.445
4,0%
4.758
22,9%
1.538
45,2%
6.469.823
34,7%
1.360
9,5%
12.929
6.285
65,06
Nord Milano
132.598
1.964
493
2.392.169
1.218
134.761
1,6%
2.277
15,9%
725
47,1%
3.137.180
31,1%
1.378
13,1%
12.921
6.481
57,72
Rhodense
123.460
1.522
369
1.762.558
1.158
125.547
1,7%
1.949
28,1%
603
63,4%
2.538.903
44,0%
1.303
12,5%
13.100
6.317
62,75
Magentino
46.748
597
142
660.212
1.106
48.488
3,7%
816
36,7%
227
59,9%
995.143
50,7%
1.220
10,3%
13.653
6.302
68,45
Martesana-Adda
124.334
1.596
344
1.846.515
1.157
130.232
4,7%
1.848
15,8%
435
26,5%
2.247.802
21,7%
1.216
5,1%
13.996
7.000
63,21
Castanese
26.404
233
48
222.353
954
27.320
3,5%
339
45,5%
84
75,0%
368.654
65,8%
1.087
14,0%
12.734
6.082
72,73
Legnanese
69.458
792
142
804.927
1.016
71.603
3,1%
985
24,4%
257
81,0%
1.160.604
44,2%
1.178
15,9%
13.072
6.398
67,10
Sud Milano
80.875
1.308
345
1.595.544
1.220
83.489
3,2%
1.416
8,3%
428
24,1%
1.878.291
17,7%
1.326
8,7%
13.472
6.380
66,11
Milano
667.114
7.267
2.710
11.151.344
1.535
675.764
1,3%
9.088
25,1%
3.947
45,6%
15.354.277
37,7%
1.690
10,1%
11.768
6.243
53,55
1.690.677
20.566
6.035
26.846.468
1.305
1.734.421
2,6%
25.172
22,4%
8.791
45,7%
36.339.996
35,4%
1.444
10,6%
12.636
6.352
59,13
Totale provincia
Elaborazioni Centro Studi PIM su dati Regione Lombardia, U.O. Politiche per la casa e ISTAT
57
IL MAL D’ABITARE
3.4. Contesti locali e stili amministrativi
nella pagina seguente, Geografia dell’offerta residenziale per tipologia di strumento nella provincia di Milano
58
Il comportamento delle amministrazioni di fronte al problema abitativo non è uniforme. Risente della specificità dei contesti, della varietà delle culture amministrative locali, dei differenti “stili” d’azione per come si consolidano nel tempo, talora delineando vere e proprie tradizioni operative. Guardando alla esperienze recenti nella regione urbana milanese può, allora, essere utile cercare di riconoscere e tratteggiare diversi profili e richiamare alcune concrete esperienze che li esemplifichino, evidenziando peculiari scelte, attitudini, comportamenti nella risposta ai bisogni abitativi (è il tentativo condotto nel rapporto finale redatto dal Pim per Federcasa Lombardia nel febbraio 2008).
la propria capacità di far fronte al problema abitativo attraverso iniziative autopromosse (campagne informative internet, istituzione dello Sportello Casa, previsioni di piano oculate). Diversamente da altri contesti urbani circostanti, Gorgonzola non è stato interessato da rilevanti fenomeni di immigrazione e le situazioni di disagio hanno trovato trattamento. I livelli di domanda di alloggi risultano stabili nel tempo. Proprietà diffusa, relativo benessere sociale, tenuta del terzo settore e di un volontariato molto attivo sono fattori del contesto locale che disinnescano al momento una più pressante domanda di politiche.
Azione forte e autocentrata, strategia prudente e avveduta. È il profilo che contraddistingue amministrazioni che hanno saputo nel tempo conservare il proprio patrimonio di aree disponibili, salvaguardarne parti rilevanti, ottemperare alle esigenze di una pianificazione saggia, senza rinunciare a politiche di investimento e di sperimentazione. A questo tipo di comportamento può ricondursi, anche simbolicamente, l’esperienza di Gorgonzola, il comune del primo piano di zona ex lege 167/1962, promosso dall’allora sindaco Ripamonti, padre della legge nazionale. Ad un consistente investimento nella produzione di edilizia pubblica gli strumenti di pianificazione e le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno preferito una avveduta politica delle aree, con un’attenzione rivolta alla tutela del territorio e alla conservazione del patrimonio edilizio esistente. Alla dimensioni contenute del patrimonio pubblico si è accompagnata la sua gestione responsabile e il suo utilizzo tempestivo al servizio delle nuove domande abitative. Nonostante Gorgonzola non abbia partecipato a programmi regionali, ha dimostrato
Azione integrata e aperta al contributo dei terzi. Nel ventaglio di comportamenti che si possono ricondurre a questo profilo l’accento si pone sulla capacità di alcune amministrazioni di fare leva, in rapporto di integrazione o di sostanziale delega, sull’azione in campo abitativo di soggetti terzi, primi fra tutti le cooperative e il terzo settore. Cinisello Balsamo, comune della prima fascia milanese investito da un tumultuoso sviluppo residenziale e produttivo dal dopoguerra fino alla prima metà degli anni ’90, si è caratterizzato nel tempo per una particolare attenzione alla qualità e quantità dei servizi offerti ai cittadini. Se nel passato il forte sviluppo residenziale è stato sostenuto e temperato negli esiti da una presenza molto forte della cooperazione a proprietà indivisa e, in seguito, anche a proprietà divisa o mista, negli anni più recenti la risposta ai nuovi fabbisogni si è dovuta confrontare con l’esaurimento delle risorse territoriali e la formazione di sacche di degrado edilizio e sociale nel patrimonio pubblico di più vecchia formazione, ma anche in una parte dello stock privato ad altissima densità degli anni ’60 e ’70.
3. Capacità di risposta
In questo quadro, l’amministrazione comunale ha mostrato un notevole dinamismo nell’utilizzare le opportunità offerte dalle nuove forme di intervento e nella cattura di risorse per la loro implementazione (Con-
tratti di Quartiere I e II, Progetto di riqualificazione integrata Urban Italia). A fronte delle opportunità apertesi con il Programma regionale di edilizia residenziale pubblica (Prerp), Cinisello, pur avendo dovuto rinun-
ciare alla partecipazione ad alcuni bandi, è riuscito ad accedere a importanti finanziamenti, soprattutto attraverso il sistema delle cooperative locali a proprietà indivisa (cofinanziamenti Por per oltre 300 alloggi 59
IL MAL D’ABITARE
mediante recupero di sottotetti in edifici di proprietà). Nell’ambito dell’Accordo quadro di sviluppo territoriale si è definito un intervento per la realizzazione di un nuovo edificio per 24 alloggi a canone sociale, ad opera di Aler Milano, con un’integrazione comunale del cofinanziamento regionale. Recupero di un ruolo pubblico entro contesti fortemente solcati dall’azione del mercato. In Lombardia è frequente il caso di amministrazioni che operano entro conte-
sti profondamente segnati (spesso stravolti) dall’azione privata e che oggi conoscono un ritorno di centralità dell’azione pubblica in campo abitativo soprattutto in risposta alla domanda debole ed inevasa. Si tratta spesso di interventi di tipo “riparativo” o che mirano ad attrarre nuovi ceti sociali, così da articolare e differenziare la composizione sociale locale. L’esempio di Busto Garolfo può assumersi come rappresentativo di questa condizione. Non ancora conurbato con Milano, ma da essa strettamente dipen-
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3. Capacità di risposta
dente, Busto Garolfo è cresciuto molto negli ultimi 20 anni espandendo la sua fitta maglia di isolati ortogonali, ma si è anche trasformato al suo interno, attraverso demolizioni e ricostruzioni nel centro storico e la riconversione del tessuto produttivo storico. In una città di villette e piccole palazzine in cui la casa di proprietà è decisamente preponderante (80-90%), la disponibilità di alloggi in affitto è circoscritta al centro storico, all’interno di vecchie corti generalmente in cattivo stato con alloggi talvolta ai limiti dell’abitabilità per dotazioni e condizioni manutentive. Nel periodo più recente crescono le domande di assegnazione di un alloggio pubblico così come le richieste di sostegno all’affitto, e d’altra parte un’ampia fascia di popolazione giovane trova difficoltà ad inserirsi nel mercato abitativo privato, ma contemporaneamente ha redditi troppo elevati per sperare in un alloggio a canone sociale. Il nuovo piano regolatore ha cercato di offrire una opportunità concreta prevedendo la destinazione residenziale di due aree di proprietà comunale, in precedenza azzonate a standard (di fatto anticipando la possibilità di realizzare residenza sociale su aree a servizi offerta dalla nuova legge urbanistica regionale) con l’intenzione di avviare un’operazione immobiliare orientata a realizzare edilizia convenzionata con una quota consistente in affitto perpetuo a canone moderato. Il processo ha attivato un dialogo con gli operatori del settore edilizio per comprendere quali possano essere modi e forme per la realizzazione da parte di operatori privati o cooperativi di un numero consistente di nuovi alloggi in affitto, con l’ausilio, l’appoggio e la disponibilità d’aree dell’amministrazione. Ricerca di forme di cooperazione tra comuni. Dare risposta alle pressioni della domanda abitativa emergente, sempre più
AQST 2006-2007 e 2008 nella provincia di Milano
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IL MAL D’ABITARE
articolate e talora drammatiche, richiede di assumere una prospettiva sovralocale. La quarta famiglia di comportamenti descrive l’azione di amministrazioni che si consorziano, di comuni che creano reti, di forme di agenzie sovracomunali che si costituiscono al fine di predisporre una risposta sinergica alla complessità delle questioni, anche in relazione al nuovo approccio concertato dell’intervento regionale. Si tratta di processi oggi acerbi, immaturi, e tuttavia destinati in futuro a divenire sempre più necessari e irrinunciabili. Entro questo profilo di esperienze in provincia di Milano l’opportunità fornita dagli Accordi quadro di sviluppo territoriale è stata colta dai comuni di Milano, Corsico e Ce-
Distribuzione dell’offerta edilizia residenziale pubblica e comuni interessati
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sano Boscone che insieme si trovano a disporre del 54% del finanziamento regionale per rilanciare la Società di trasformazione urbana “Lorenteggio”, il cui studio di fattibilità, finanziato dal Ministero Infrastrutture, ha riguradato un territorio che interessa l’ambito sud-ovest del comune di Milano e i comuni di Cesano Boscone, Corsico, Trezzano sul Naviglio. Si tratta di tre comuni che presentano fabbisogni fra i più elevati dell’area metropolitana e che rientrano nell’elenco di quelli che, secondo l’art. 9 della Lr 12/2005, hanno l’obbligo di individuare aree per l’Erp sul proprio territorio. Il Comune di Milano, con la disponibilità (d.g.r. 16.2.2005 n. 7/20913) di 29 ml di euro per alloggi a canone sociale o moderato, ha
3. Capacità di risposta
presentato una proposta di Accordo quadro di sviluppo territoriale che prevede la individuazione di aree interne alla Stu Lorenteggio, in accordo con i comuni di Corsico e Cesano Boscone. All’interno del quadro generale degli obiettivi di trasformazione è stato individuato un pacchetto di interventi prioritari orientato a incrementare l’offerta di alloggi a canone sociale, moderato e convenzionato, ad utilizzare tecniche costruttive bio-compatibili, a garantire un positivo rapporto tra residenza e ambiente, tenendo conto che le aree individuate affacciano su aree verdi. Attenzione al tema abitativo con capacità di cogliere di volta in volta le opportunità che si presentano. Questo profilo descrive l’azione di amministrazioni che, pur non conferendo una priorità assoluta alla politica della casa, manifestano una costante attenzione al tema e si attivano in maniera efficace e tempestiva quando si presentano opportunità da cogliere (per esempio in occasione di bandi legati a finanziamenti pubblici). È il caso del comune di Seregno che negli ultimi anni ha sperimentato una serie di politiche innovative, dimostrandosi agile nel confrontarsi con i nuovi bandi regionali e
strumenti di programmazione complessa e capace di rispondere al fabbisogno abitativo in modi articolati, in larga collaborazione con il privato ed il terzo settore, la società civile e il mondo dell’impresa e dei sindacati. L’attenzione dell’amministrazione per le politiche per la casa è stata declinata intenzionalmente all’interno del piano, prendendo misure d’intervento alternative alla scelta di utilizzare il tradizionale strumento del Piano per l’edilizia economico popolare (Peep). In una strategia generale di contenimento dell’espansione, completamento e recupero dell’esistente, particolare obiettivo è stato quello di tutelare un’offerta specifica legata al disagio abitativo, da garantirsi attraverso meccanismi di convenzionamento tra i privati proprietari delle aree e realizzatori degli interventi e il Comune. Negli anni che vanno dal 2001 al 2005 il Comune di Seregno passa da una politica di gestione e manutenzione ordinaria del patrimonio consolidato ad una politica di incremento dell’edilizia sociale che non si traduce semplicemente nella produzione di nuovi alloggi pubblici ma si manifesta in un’intensa fase di partecipazione a bandi pubblici, nell’ambito del Programma regionale per l’emergenza abitativa, del
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IL MAL D’ABITARE
Programma regionale “alloggi a canone moderato”, del Programma sperimentale di edilizia residenziale “20.000 abitazioni in affitto” e del Contratto di Quartiere II S. Ambrogio-Crocione. Nel maggio 2003 si costituisce inoltre il “Tavolo territoriale permanente sul problema casa”, promosso dalle amministrazioni di Giussano e Seregno, che si propone come soggetto partenariale allargato volto alla costruzione di orientamenti progettuali e di ipotesi di lavoro riferite ad un ambito territoriale sovralocale. Alta dotazione di patrimonio abitativo ereditato, sia pubblico che privato, oggi di fronte a un passaggio di frontiera. Amministrazioni che hanno avuto momenti storici di grande produzione immobiliare, con interventi di grande entità sia pubblici che privati, oggi si confrontano con passaggi cruciali legati a fenomeni di ricambio della popolazione (filtering e gentrification), ma anche di rapida obsolescenza del patrimonio abitativo. Questo profilo rinvia soprattutto ad emergenti questioni di gestione e manutenzione del patrimonio pubblico, e alla sempre più stretta intersezione tra politiche per la casa e politiche sociali. Emblematico il caso di Rozzano, certo unico per l’alta dotazione di patrimonio pubblico, che oggi si trova a dovere affrontare problemi di mutamento sociale e di degrado edilizio ed urbano. Il centro cittadino è costituito da un quartiere di edilizia pubblica realizzato nell’arco di pochi anni con forme architettoniche sostanzialmente omogenee (edifici in linea dai 4 agli 8 piani) ed uno spazio pubblico costituito da spazi verdi aperti privi di recinzioni e liberamente fruibili, percorsi pedonali, edifici a servizi isolati nel verde, negozi concentrati al piede di alcuni edifici e in stecche commerciali. Il patrimonio Erp di Rozzano è pressoché esclusivamente costituito dal quartiere Aler, che contava 64
5.878 alloggi al 2003 su una popolazione complessiva di 37.220 abitanti. La popolazione che abita case di edilizia pubblica rappresenta oggi quasi il 50% degli abitanti complessivi di Rozzano, mentre l’altra metà si divide equamente fra edilizia convenzionata e case di edilizia privata. Un Programma di recupero urbano (Pru) recentemente concluso (2004), uno dei meglio finanziati della Lombardia, ha visto il recupero di buona parte delle facciate degli edifici Aler e operazioni di riqualificazione dello spazio pubblico e dell’arredo urbano. I due programmi regionali per l’emergenza abitativa sono stati utilizzati dall’amministrazione per procedere all’oneroso programma di riqualificazione del patrimonio Erp esistente, nel ripristino di 54 alloggi Aler inservibili. Nel 2004 il Contratto di Quartiere II, attivato sempre su edifici Aler del centro cittadino, ha avuto per oggetto la ristrutturazione di 11 edifici (rimasti esclusi dal precedente Pru). Tamponata l’emergenza manutentiva e di riqualificazione dello spazio pubblico, l’amministrazione ha indirizzato il suo sforzo alla differenziazione dell’offerta abitativa, con obiettivi di riequilibrio. Capacità di risposta alla sollecitazione di progetti emergenti a scala sovralocale. Un ultimo profilo fissa la condizione di quelle amministrazioni che si trovano a fare fronte ai bisogni abitativi in concomitanza con trasformazioni radicali ed eclatanti sul proprio territorio o in ambiti prossimi, in ragione di grandi progetti e realizzazioni che per dimensioni (grandi comparti della dismissione industriale) e funzioni (poli “speciali”: aeroporti, sedi universitarie, insediamenti fieristici...) assumono valenza sovralocale. Caso tipico di trasformazione territoriale radicale è quello di Sesto San Giovanni, impegnato a fronteggiare le non piccole dimensioni del proprio fabbisogno abitativo
3. Capacità di risposta
all’interno delle uniche risorse territoriali residue e quindi all’interno dei programmi di riqualificazione urbana delle grandi aree dismesse, che ne rinnoveranno radicalmente l’impianto urbano. A vecchi e nuovi fabbisogni il comune si propone di rispondere attraverso l’incremento di: offerta di alloggi a canone sociale, da realizzare anche con forme di partenariato con altri soggetti pubblici e privati; offerta di alloggi da locare a canone concordato o moderato, ad integrazione e graduale sostituzione della erogazione di contributi Fsa; offerta di alloggi da destinare alla locazione temporanea. Affrontare tempestivamente il problema abitativo nei processi di trasformazione è stato l’intento dell’amministrazione fin dalla revisione del Prg cui si è accinta già negli anni ’90 e, successivamente, nei diversi atti di pianificazione e programmazione attuativa. I Programmi integrati di intervento hanno costituito lo strumento per promuovere in via anticipata alcuni interventi di riqualificazione previsti dal piano urbanistico in itinere, ma anche per perseguirne le scelte, dopo la sua definitiva approvazione. Dopo aver utilizzato alcuni finanziamen-
ti del Piano Casa 95/98, il Comune sembra aver colto appieno le potenzialità del Prerp per implementare alcuni programmi di intervento e sta affrontando con ampio respiro la prospettiva aperta dagli Accordi quadro di sviluppo territoriale, proponendo al finanziamento un pacchetto di iniziative che vanno molto al di là delle disponibilità regionali, in un quadro programmatorio proiettato al medio periodo, in sollecitazione e stimolo all’erogazione di risorse ulteriori. Considerando l’insieme degli alloggi già finanziati al 2006 con le diverse misure del Prerp (174) e quelli per i quali il comune ha avviato programmi di intervento per i quali richiede o si propone di ricercare nuove risorse, anche attraverso apporti privati (1.029), si raggiunge una cifra totale che si avvicina alla metà dei fabbisogni stimati. Al di là del risultato quantitativo, va comunque sottolineata la positività di un approccio che inserisce la politica della casa all’interno di una strategia complessiva di trasformazione e riqualificazione urbana, avendo cura di distribuire nel territorio i nuovi interventi di edilizia sociale in maniera equilibrata e tendente ad evitare la concentrazione di ceti sociali in difficoltà.
Priu di via Rubattino, Milano nelle pagine seguenti, Quartiere Gratosoglio, Milano Piano di lottizzazione nel quartiere Giambellino, Milano
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IL MAL D’ABITARE
I DUE CONCORSI “ABITARE A MILANO” I due concorsi internazionali di progettazione “Abitare a Milano” rappresentano la prima sperimentazione concreta dell’idea della casa sociale come servizio e quindi dell’impiego di aree comunali, già destinate a standard dal piano regolatore, al fine di realizzare interventi di edilizia residenziale sociale. Il ricorso allo strumento concorsuale si spiega con l’intento di stimolare l’innovazione e la ricerca sulla casa e sull’alloggio sociale, che in diverse fasi ha connotato in Italia la progettazione dell’edilizia residenziale pubblica. Si è così avviato un percorso complesso ed aperto a diversi e molteplici contributi, cogliendo l’occasione dell’emergenza abitativa per aprire una nuova fase di ricerca e riflessione sull’abitare la città pubblica, nella sua dimensione fisica e sociale. Per ogni area interessata si è predisposto un quadro di indirizzi, anche planivolumetrici, per la progettazione, in modo da esplicitare le linee di interesse generale perseguite dal promotore pubblico, Comune di Milano. In particolare sono stati fissati i criteri relativi al rapporto tra residenza e servizi, e i requisiti minimi degli alloggi, con le relative prestazioni ambientali. Per ciascun intervento si definiscono l’area di progetto, il quadro dettagliato dei caratteri morfologico-sociali del quartiere e della sua evoluzione storica, i numeri dell’intervento, gli schemi concettuali che esprimono le linee guida cui attenersi. “Abitare a Milano” intende inoltre riservare particolare attenzione alle politiche di attuazione e di gestione, al fine di monitorare l’effettiva realizzazione dei servizi e la loro attivazione, e i modi di accompagnamento sociale messi in atto per far fronte alle condizioni di disagio. Si tratta quindi di concorsi che non si preoccupano soltanto degli edifici residenziali, ma che assumono una prospettiva integrata, facendosi carico degli aspetti relativi all’inserimento nei diversi contesti urbani. L’iniziativa è stata avviata nel marzo 2004 coerentemente agli indirizzi contenuti nel Prerp 2002-2004, e inserita all’interno dei Programmi comunali per l’Edilizia residenziale sociale. Per le otto aree oggetto dei due concorsi si prevede un investimento di circa 150 milioni di euro, cofinanziati per 22 milioni dalla Regione Lombardia. Con “Abitare a Milano 1” è stato approvato il finanziamento dei progetti su quattro aree - via Civitavecchia, via Ovada, via Gallarate, via Senigallia - con la previsione di realizzare 530 alloggi. La seconda fase, “Abitare a Milano 2”, avviata nel giugno 2005, ha messo in gioco altre quattro aree - via Giambellino, via Appennini, via Cogne, via Del ricordo - per ulteriori 504 alloggi. Le 1.034 abitazioni complessive, la cui attuazione è in corso, saranno messe in locazione a canone sociale e, in misura minore, a canone moderato.
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3. Capacità di risposta
L’OFFERTA RESIDENZIALE NEI PRIU E PII A MILANO Milano nell’ultimo decennio ha visto un deciso riavvio delle dinamiche legate al mercato immobiliare, in particolare grazie agli strumenti della programmazione complessa: i Programmi di riqualificazione urbana (Priu) e i Programmi integrati di intervento (Pii). Per modello di organizzazione funzionale i Priu si sono caratterizzati per una decisa prevalenza residenziale, mentre alla maggiore flessibilità dei Pii fa riscontro una più marcata presenza di funzioni terziarie e commerciali. Concentrando l’attenzione sulla composizione dell’offerta residenziale nelle trasformazioni urbane gestite con questi strumenti, si rileva che la stagione dei Priu ormai in chiusura (esperienza scaturita da un unico bando speciale ministeriale) ha portato a compimento la produzione di più di 5000 alloggi. Della Slp totale prodotta circa il 60% ha destinazione residenziale, di cui la maggior parte in vendita libera e circa il 25% da destinarsi, secondo gli accordi di programma, alla vendita convenzionata. Gli accordi prevedono inoltre la possibilità da parte del Comune di rilevare a prezzo concordato una quota fino al 25% per edilizia residenziale pubblica. In effetti, secondo i dati forniti, risulta che negli anni dal 2007 al 2010 gli alloggi resi disponibili dal Comune per edilizia sociale e a canone concordato saranno 472. Ad oggi, tuttavia, ciò che si è realizzato, oltre agli alloggi in libera vendita, è quasi esclusivamente la quota in vendita convenzionata, con prezzi che si attestano tra 2.300 e 2.400 €/mq, mentre le cessioni al Comune e il vincolo all’affitto risultano marginali rispetto al totale della produzione. Le più recenti trasformazioni hanno visto il sempre più ricorrente impiego dei Programmi integrati di intervento come strumento invalso per l’insediamento di funzioni residenziali in variante al piano urbanistico. Negli anni compresi tra il 2000 e il 2008 si sono realizzati tramite Pii 1,277 milioni di mq di Slp residenziale, con una quota immessa liberamente sul mercato pari al 62% ed una di edilizia convenzionata del 37%: la frazione destinata all’affitto a canone sociale risulta essere pressoché irrilevante (1,4%). Il maggiore problema legato al consistente stock abitativo realizzato con questi strumenti riguarda quindi l’effettiva domanda intercettata. In particolare, la produzione derivante dai Pii esclude le fasce sociali più deboli, che non trovano risposta efficace ad una domanda di abitazioni a prezzo calmierato.
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4. Attori delle politiche Le politiche della casa si dispiegano in un reticolo di attori pubblici, privati, del terzo settore, oggi in evoluzione. Queste pagine ne tratteggiano un profilo sintetico per l’area milanese, richiamando alcune tra le più significative iniziative ed esperienze.
Lo Stato. Durante la seconda metà degli anni ’90 le responsabilità in materia di Edilizia residenziale pubblica sono state trasferite dallo Stato alle Regioni, ai sensi del Decreto legislativo 112/98. In particolare l’elemento che ha definito una netta cesura con il passato è rappresentato dalla concomitante abolizione della Gescal, che aveva garantito per anni il finanziamento degli Iacp e i cui ultimi fondi residui sono stati assegnati alle Regioni. Attualmente lo Stato conserva alcune competenze esclusive e altre di tipo concor-
rente, detenendo la possibilità di stanziare risorse per l’edilizia residenziale pubblica attraverso provvedimenti diretti in materia. La legge 9/2007, legata all’ennesima proroga degli sfratti per le fasce deboli, e la Finanziaria 2008 hanno segnato in modo organico un ritorno di attenzione sulla casa da parte del governo nazionale. Il Tavolo di concertazione istituito dalla legge presso il Ministero delle infrastrutture ha prodotto un importante documento di Linee guida per le politiche abitative con contenuti fortemen-
La recente sentenza della Corte costituzionale n. 94 del 7 marzo 2007 ha stabilito che, nel nuovo assetto costituzionale, l’edilizia residenziale pubblica si estenda su tre livelli normativi. Il primo concerne la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. Questa competenza, nella definizione dei principi relativi ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, pertiene esclusivamente allo Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m). Il secondo livello normativo (programmazione di interventi Erp) ricade nella materia a legislazione concorrente “governo del territorio” (cfr. sentenza Corte costituzionale 451/2006), mentre il terzo livello normativo (gestione del patrimonio Erp) compete alla potestà legislativa delle Regioni ai sensi del quarto comma dell’articolo 117 (si veda il documento del 16 maggio 2007 del Tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative).
4.1. Stato, regione, provincia, comuni
nella pagina precedente, La localizzazione dei Contratti di quartiere (secondo programma nazionale e primo programma regionale) nel territorio provinciale. Ai 15 Contratti di quartiere (si vedano il box e la tabella nelle due pagine seguenti) si aggiungono ulteriori tre interventi con caratteristiche analoghe. Il repertorio di foto aeree da p. 72 a p. 89 ne costruisce una rapida ricognizione visiva, che evidenzia i diversi contesti e pattern insediativi.
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IL MAL D’ABITARE
I CONTRATTI DI QUARTIERE Il Contratto di quartiere è un programma sperimentale promosso per la prima volta dal Ministero lavori pubblici nel 1997 finalizzato a sostenere interventi di riqualificazione edilizia urbana e sociale nei quartieri di edilizia pubblica. La prima esperienza non avrà molta risposta nell’area milanese, se non nel Quartiere Sant’Eusebio di Cinisello Balsamo, che sviluppa, a partire dal finanziamento ottenuto nel 1999 e con risultati notevoli, un’esperienza pilota in una delle situazioni di maggior degrado dell’area milanese. La seconda esperienza dei Contratti di quartiere nella provincia di Milano prende avvio nel 2003 a seguito di una nuova iniziativa del Ministero che finanzia “programmi innovativi in ambito urbano, finalizzati alla riqualificazione di quartieri urbani a prevalente presenza di edilizia residenziale pubblica, caratterizzati da degrado ambientale, scarsa coesione sociale, diffuso disagio abitativo ed occupazionale e carenza di servizi”. Grazie anche a un robusto finanziamento integrativo di Regione Lombardia sono stati promossi in provincia di Milano quindici programmi, denominati CdQ II con riferimento alle risorse nazionali e I° Programma regionale CdQ con riferimento a quelle lombarde. Cinque di essi sono a Milano (Calvairate/Molise, Gratosoglio, Mazzini, Ponte Lambro, San Siro) e dieci negli altri comuni (Bollate, Cernusco sul Naviglio, Cinisello Balsamo, Legnano, Limbiate, Pioltello, Rho, Rozzano, Seregno, Sesto San Giovanni). A questi si possono aggiungere, per caratteristiche analoghe, i due Accordi di programma per i quartieri Stadera e Spaventa, finanziati da Regione e Comune di Milano, e l’intervento previsto a Lissone. Comprendendo questi ultimi, sono coinvolti circa 10.000 alloggi, per oltre il 90% derivanti da recupero edilizio di edifici in stato di degrado, per il resto da nuova realizzazione o da frazionamento di alloggi esistenti. In complesso l’offerta aggiuntiva di alloggi dovrebbe raggiungere circa 900 unità. In Lombardia il finanziamento complessivo stanziato per i CdQ II è stato di 300 milioni di euro, di cui 120 provenienti da finanziamenti nazionali e i restanti direttamente investiti dalla Regione. L’iniziativa si dimostra particolarmente interessante in quanto non si limita alla riqualificazione del patrimonio Erp, ma è orientata allo sviluppo sociale complessivo dei quartieri, con investimenti rivolti anche al potenziamento della dotazione di infrastrutture e servizi. Nel 2007 la Regione Lombardia, visti i buoni esiti dell’operazione, ha promosso il II° Programma regionale Contratti di quartiere, ora in fase concorsuale. Rispetto al primo ciclo i fondi a disposizione, in assenza del contributo statale, sono certamente più esigui, con un finanziamento previsto di 65 milioni di euro in tre anni, con fondi interamente regionali. Buona parte degli investimenti nel campo dell’edilizia residenziale pubblica è oggi orientata alla riqualificazione del patrimonio pubblico esistente più che alla realizzazione di nuovo stock edilizio e sembra trovare nei Contratti di quartiere lo strumento più efficace per perseguire questo obiettivo. Caratteristiche analoghe ha anche il nuovo Programma per alloggi a canone sostenibile, derivante dall’ultimo finanziamento nazionale e oggi in fase concorsuale in regione Lombardia.
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4. Attori delle politiche
te innovativi, che hanno trovato un parziale riscontro nella Finanziaria 2008 e in due decreti del governo, uno sulla definizione di “alloggio sociale” e uno sul “programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile”. La legge 244/2007 (collegata alla Finanziaria 2008) prevede (art. 1, comma 258) la “possibilità di definire nei piani urbanistici comunali, in aggiunta agli standard mini-
mi, ambiti” il cui utilizzo è subordinato alla “cessione gratuita di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale” e in cui è possibile prevedere la “fornitura di alloggi in affitto a canone sociale, concordato o moderato”, eventualmente (comma 259) ottenendo in contropartita un “bonus volumetrico”. Nei comuni ad alta tensione abitativa, inoltre, si prevede (comma 285) che i fabbricati composti da case di abitazione
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IL MAL D’ABITARE
Milano, Quartiere Stadera, 1927-1929 nella pagina seguente, Milano, Quartiere Spaventa, 1911
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non di lusso sulle quali grava un “vincolo di locazione a uso abitativo per un periodo non inferiore a 25 anni” siano considerati “residenze d’interesse generale destinate alla locazione”. Esse costituiscono (comma 286) “servizio economico di interesse generale”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea. Per agevolare l’attuazione di tali provvedimenti viene istituito (commi 287 e 288) un Fondo di sostegno per le categorie disagiate, dotato di 10 milioni di euro per gli anni 2008-2010. Con successivo decreto interministeriale (G.U. n. 146, 24 giugno 2008) il governo ha anche ottemperato alla richiesta europea di
“definire l’alloggio sociale” ai fini dell’esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di stato. Si è scelta una definizione ampia di “alloggio sociale” nella quale rientrano non soltanto quelli “in affitto permanente” ma anche “gli alloggi destinati … alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà”. Viene tuttavia specificato che “il servizio di edilizia residenziale sociale viene erogato da operatori pubblici e privati prioritariamente tramite l’offerta di alloggi in locazione alla quale va destinata la prevalenza delle risorse disponibili”. Si ribadisce poi che “l’alloggio sociale, in quanto servizio di interesse economico generale, costituisce standard urbanistico aggiuntivo da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi, sulla base e con le modalità stabilite dalle normative regionali”. Con la legge 6 agosto 2008, n. 133 il nuovo governo insediato da pochi mesi è intervenuto sulla materia, all’art. 11 “Piano Casa” e all’art. 13 “Misure per valorizzare il patrimonio residenziale pubblico”. Il dettaglio dei provvedimenti viene rinviato alla Conferenza unificata Stato-Regioni e StatoCittà e Autonomie locali (alla quale il Ministero delle Infrastrutture deve presentare entro 60 giorni una proposta di piano), ma nel complesso la nuova legge non sembra sconvolgere l’impianto delineato dai provvedimenti della precedente Finanziaria, puntando fortemente sull’apporto di risorse private (promozione di fondi immobiliari, nuovi strumenti finanziari, agevolazioni a cooperative edilizie) rivolte “all’incremento ... dell’offerta di alloggi di edilizia residenziale ... destinati prioritariamente a ... prima casa per le categorie sociali svantaggiate nell’accesso al libero mercato degli alloggi in locazione”. Va infine valutata con particolare attenzione la scelta di affidare alla “alienazione di alloggi di edilizia pubblica” il reperimento delle risorse pubbliche per
4. Attori delle politiche
“l’incremento del patrimonio abitativo di edilizia sociale”, essendo evidente che in tal modo il bilancio finale non potrà essere un incremento ma si tradurrà in una perdita quantitativa di patrimonio, ancorché qualitativamente migliorato e, forse, distribuito con maggiore equità sociale. L’attuazione del Piano Casa potrà essere agevolata dalle procedure speciali della “legge obiettivo” (Dl 163/2006) per l’accelerazione dei progetti e dei tempi di realizzazione. Inoltre, insieme all’introduzione di “programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana” (comma 4) va rilevata la possibilità per Comuni e Province (sancita al comma 11) “di associarsi” “per la migliore realizzazione” di tali programmi. Ai promotori di tali interventi vengono riconosciute forme agevolative che riprendono quelle entrate in vigore con la Finanziaria 2008 (trasferimenti e incrementi premiali di diritti edificatori, riduzioni del prelievo fiscale e degli oneri di costruzione, intervento di fondi immobiliari, altre agevolazioni da parte dei comuni derivanti dal riconoscimento dell’alloggio sociale come servizio). La Regione Lombardia. Si occupa attivamente dell’Edilizia residenziale pubblica attraverso il settore Casa e opere pubbliche, che con programmazione triennale stanzia le risorse per tutte le iniziative tramite il Prerp (Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica). A livello attuativo l’azione regionale si articola secondo due canali principali: sostegno diretto alla popolazione per affittare o acquistare la casa e strumenti negoziali rivolti ai comuni per incrementare l’offerta di alloggi sociali. Il primo canale prevede lo stanziamento di erogazioni dirette attraverso il Fondo sostegno affitti (Fsa), per le fasce più deboli, e i Contributi acquisto prima
casa, per i segmenti di popolazione sensibile. Gli strumenti negoziali e concertativi sono oggi costituiti in particolare dai Contratti di quartiere, finalizzati al recupero urbano di quartieri in stato di degrado, e dagli Accordi quadro di sviluppo territoriale, modalità nata più recentemente in sostituzione dei bandi (“inviti a presentare proposte”) del primo Prerp allo scopo di programmare con i comuni l’attuazione, in tempi definiti, di interventi di Edilizia residenziale pubblica. La Regione ha inoltre il compito di stabilire le regole per l’assegnazione degli alloggi oltre che di determinare i canoni che gli enti gestori dovranno applicare (Regolamento regionale n. 1/2004, più volte integrato, e 73
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Milano, Quartiere Calvairate-Molise, 1929-1931/1933-1938 Milano, Quartiere Gratosoglio, 1963-1971
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legge n. 27/2007 di riforma dei canoni Erp). Nell’ultimo periodo la Regione è intervenuta in materia, spesso anticipando e a volte attuando i provvedimenti nazionali. Le principali misure adottate sono volte a dare certezza normativa alla definizione di edilizia sociale come servizio, alla possibilità di prevederne quindi l’attuazione attraverso i Piani dei servizi, alle agevolazioni e procedure di selezione dei soggetti attuatori. Ciò è avvenuto principalmente attraverso modifiche alla legge urbanistica 12/2005 e con la legge 14/2007, istitutiva dei servizi abitativi a canone convenzionato. Altri interventi sono contenuti nelle misure attuative del secondo Prerp e del Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica di cui al Dl 159/2007. La legge regionale 4/2008, che modifica in più parti la 12/2005, interviene in particolare sull’art. 9, comma 1, disponendo che il Piano dei servizi possa individuare anche “aree per l’edilizia residenziale pubblica”.
“L’individuazione delle aree per l’edilizia residenziale pubblica, quale servizio di interesse pubblico o generale, è obbligatoria per i comuni indicati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione, sulla base dei fabbisogni rilevati dal Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica. Tali comuni [tutti i capoluoghi, Bresso, Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Corsico, Cusano Milanino, Sesto San Giovanni], in tutti gli strumenti di programmazione negoziata con previsione di destinazioni residenziali, assicurano la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica, compresa l’edilizia convenzionata, anche esternamente all’ambito interessato”. Più avanti (art. 9, comma 6) si prevede che il Piano dei servizi possa essere “redatto insieme da più comuni confinanti e condiviso a livello operativo e gestionale”. La legge 14/2007, “Innovazioni del sistema regionale di edilizia residenziale pubblica. Disciplina dei servizi abitativi a canone
4. Attori delle politiche
OSSERVATORIO REGIONALE SULLA CONDIZIONE ABITATIVA L’Osservatorio sulla condizione abitativa, istituito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in ottemperanza all’articolo 12 della legge 431/1998, è articolato su tre livelli: nazionale, regionale e comunale. Nasce come strumento del Ministero per esercitare le proprie prerogative di indirizzo, vigilanza e controllo in materia di edilizia residenziale pubblica, al fine di garantire condizioni abitative adeguate sull’intero territorio nazionale. L’Osservatorio regionale viene istituito in Lombardia con Dgr 8701/2002 come strumento di supporto alle decisioni in tema di edilizia abitativa e politica per la casa. Il fine istituzionale è quello di rendere disponibili dati e informazioni, di effettuare il monitoraggio permanente della condizione abitativa, di assicurare il collegamento tra regioni, autonomie locali, parti sociali. L’Osservatorio svolge un duplice ruolo: integrazione e uniformazione dei dati provenienti da fonti diverse, già individuate; gestione dei dati e delle informazioni da acquisire attraverso specifiche indagini. A tale scopo si è realizzata una base dati informatizzata che possa raccogliere, completare, razionalizzare e integrare le informazioni e i dati esistenti e da acquisire. I principali output dell’Osservatorio risultano quindi essere: banche dati tematiche; rapporti statistici periodici; documenti risultanti dalle ricerche; un sito web (www.osservatoriocasa.regione.lombardia.it), con sistema geografico di interrogazione e consultazione dei dati; iniziative di supporto alle decisioni.
convenzionato”, prevede che interventi promossi da soggetti pubblici o privati finalizzati ad aumentare l’offerta di alloggi in affitto destinati a persone considerate meritevoli di sostegno pubblico “costituiscono servizio abitativo nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 della legge n. 12/2005 e successive modificazioni”. La Provincia di Milano. Attualmente la legislazione attribuisce compiti nel settore dell’Edilizia residenziale pubblica alle Regioni ed ai Comuni. La Provincia di Milano, in ragione della specificità dell’area metropolitana milanese, che presenta i maggiori bisogni abitativi della regione, ha deciso di giocare un ruolo sulle tematiche abitative, attivando una programmazione di area vasta coordinata e unitaria. La scelta è stata dettata dalla necessità riscontrata di avere un attore intermedio di livello sovracomunale in grado di gestire in maniera sinergica
i rapporti fra i diversi attori coinvolti (Regione, Comuni, operatori), in relazione all’allocazione/spesa delle risorse pubbliche. Lo scopo è di potere utilizzare rapidamente e senza sprechi le risorse finanziarie messe a disposizione da soggetti pubblici, privati e del terzo settore per interventi nel campo della casa sociale, affinché sia possibile dare attuazione, in tempi medio-brevi, ad una quota significativa del fabbisogno di alloggi da riservare all’affitto a canone sociale e moderato. La Provincia può svolgere per il proprio territorio questo ruolo di coordinamento, per il quale è stata indicata dal prefetto di Milano nel dicembre 2004, avendo nel frattempo istituito una specifica delega (oggi assessorato al Piano casa metropolitano) ed essendo titolata della pianificazione e programmazione strategica. Il ruolo che la Provincia si propone di svolgere è dunque fortemente teso all’operatività, di aiuto e messa in rete dei sogget75
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ti preposti, con l’obiettivo di facilitare i processi attuativi e migliorare l’efficacia degli interventi e la produttività della spesa. E ciò anche in raccordo con la pianificazione territoriale di area vasta e il Ptcp. In questo quadro, e a seguito del lavoro congiunto fra gli Assessorati al territorio e alla casa, l’edilizia residenziale sociale ha assunto un rilievo importante nella normativa della proposta di variante al Piano territoriale di coordinamento. Innanzitutto risulta inserita in uno dei macro-obiettivi del piano (n. 5, qualità dell’ambiente e dell’abitare), nel quale l’edilizia residenziale sociale, integrata con il tessuto urbano esistente, viene indicata come elemento essenziale della diversificazione dell’offerta insediativa. Strumenti incentivanti per l’attuazione di Ers vengono individuati: - nella perequazione territoriale e in forme di compensazione; - nella possibilità di considerare i relativi interventi come non comportanti consumo di suolo nella valutazione di compatibilità rispetto agli obiettivi del Ptcp; e ciò anche in quanto nel Pgt comunale si possono indicare fra gli insediamenti di rilevanza sovracomunale l’edilizia residenziale pubblica (Erp), l’edilizia residenziale sociale (Ers) e i servizi abitativi a canone convenzionato; - nella possibilità di provvedere a definire atti integrativi e/o complementari rispetto al Ptcp riguardanti l’edilizia residenziale sociale (Piano di settore Casa).
gli altri soggetti coinvolti, dimostrando la capacità di saper sviluppare politiche e progetti aderenti alla programmazione regionale. Hanno quindi la responsabilità di individuare le possibili aree da destinare alla realizzazione di Edilizia residenziale pubblica, conformare gli strumenti urbanistici e partecipare ai bandi indetti dalla Regione per l’erogazione dei fondi. Oltre agli interventi previsti dai programmi regionali, le amministrazioni comunali possono cercare di realizzare o reperire, con il concorso di risorse pubbliche e private, alloggi da immettere sul mercato a canone moderato e sociale. Ciò è possibile con interventi Erp su aree
Milano, Quartiere Ponte Lambro, 1970 nella pagina precedente, Milano, Quartiere Mazzini,1926-1929
I Comuni. Il ruolo dei Comuni nel quadro dell’edilizia residenziale pubblica è fondamentale. Sono infatti le amministrazioni locali a doversi accollare l’onere di attuare le politiche per la casa promosse e finanziate dagli enti sovralocali, impegnandosi al meglio nel reperire e investire i fondi stanziati dalla Regione. Questo significa avere un continuo e stabile livello di interazione con 77
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pubbliche destinate a standard, in modo diretto o attraverso programma integrato di intervento, con l’integrazione di fondi provenienti da attori privati operanti nel settore. Questa seconda via di finanziamento è quanto mai importante, vista la condizione delle casse pubbliche che non permettono di attuare una politica adeguata in risposta alle attuali necessità. Il secondo ambito di intervento afferente alla sfera comunale riguarda la gestione del patrimonio pubblico esistente. Le municipalità hanno l’onere di occuparsi del proprio patrimonio, cercando di garantirne il miglior utilizzo senza lasciare inattivi alloggi potenzialmente servibili nel mercato degli affitti a prezzi calmierati. Generalmente la gestione del patrimonio viene affidata ad
altri enti, solitamente l’Aler, che in compartecipazione con la Regione riceve mandato dal Comune di occuparsene. Con la recente nascita degli osservatori sulla casa, sia regionale che provinciale, le amministrazioni locali hanno il dovere di tenere registro della situazione del proprio patrimonio e della domanda di alloggi pubblici nel proprio comune, per poter così trasmettere i dati agli enti sovracomunali, che in tal modo disporranno dei mezzi per programmare al meglio le politiche sociali e la relativa distribuzione dei fondi secondo le reali necessità espresse dal territorio. Sulla base di questi dati l’osservatorio regionale ha potuto realizzare nel novembre 2007 un report con il censimento del patrimonio pubblico immobiliare, aggiornato al 2005.
OSSERVATORIO METROPOLITANO SUI BISOGNI ABITATIVI L’Osservatorio metropolitano sui bisogni abitativi (Omba) ha rappresentato il primo momento dell’iniziativa della Provincia di Milano nel settore abitativo, a seguito della nuova delega per la casa istituita nella legislatura in corso, proponendosi quale strumento di coordinamento e sostegno dell’azione dei comuni per affrontare l’emergenza abitativa nell’area metropolitana milanese. Esso ha prodotto un primo rapporto nel maggio 2006 che ha costituito la base conoscitiva per l’avvio delle azioni del Patto Metropolitano Casa della Provincia di Milano, con il coinvolgimento dei tre assessorati interessati e il supporto tecnico di Pim e Cimep. Nel giugno di quest’anno la Provincia firma un protocollo d’intesa col comune di Milano per lo sviluppo di azioni comuni in tema di politiche abitative, fra cui l’Osservatorio metropolitano casa, che riprende e rilancia l’attività dell’Omba nel quadro della collaborazione col capoluogo nella riaffermata convinzione che nell’area metropolitana milanese le politiche abitative debbano essere gestite unitariamente e coordinate con la pianificazione di area vasta. L’Osservatorio elabora, tiene aggiornati e diffonde i dati relativi alla domanda e all’offerta di edilizia residenziale, con un fuoco specifico su quella sociale, e inoltre i dati di natura socio-economica utili ad una migliore comprensione delle dinamiche abitative. Compiti e obiettivi sono: supportare la programmazione di settore (Prerp, Piano di settore Casa, Piano dei servizi intercomunali, strumenti di programmazione negoziata); valutare e diffondere buone pratiche; essere strumento di accompagnamento dei Comuni; predisporre note informative periodiche destinate ai Comuni allo scopo di comunicare l’apertura di bandi nazionali e/o regionali ed eventuali novità nella normativa di settore; svolgere attività di ricerca su temi specifici.
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L’Azienda lombarda per l’edilizia residenziale pubblica. L’Aler nasce nel 1996 (Lr 13/1996) dalla trasformazione in azienda autonoma economica dell’Istituto autonomo case popolari (Iacp), costituito nel 1908. In un secolo di attività l’istituto ha realizzato un patrimonio abitativo pubblico in Lombardia intorno ai 150.000 alloggi, di cui all’incirca 110.000 ancora di proprietà mentre i restanti sono stati alienati. Nello sviluppo della città di Milano, lo Iacp ha fornito uno straordinario contributo, dando vita fra l’altro ad una serie di sperimentazioni in campo urbanistico e architettonico di notevole rilievo. I periodi di maggiore attività edificatoria si riscontrano in particolare negli anni ’30, con la realizzazione dei primi quartieri operai in risposta alla crisi economica, e negli anni ’50-60, in seguito alla guerra, nei quali vengono realizzati i più grandi quartieri popolari a tutt’oggi di Milano. Esaurita la grande fase costruttiva, dagli anni ’70 lo Iacp e, quindi, l’Aler hanno
orientato la maggior parte della propria attività al recupero del patrimonio esistente, in particolare nell’ultimo decennio attraverso lo strumento dei Contratti di quartiere. Oggi l’Aler, oltre ad essere impegnata nel non semplice compito di gestire il proprio patrimonio abitativo, è identificabile come il principale soggetto mandatario delle politiche per la casa della Regione Lombardia, principalmente nella direzione della riqualificazione del patrimonio abitativo ma anche, in minor misura, per il suo incremento. Federcasa. Federcasa nasce anch’essa nel 1996, nel processo di riforma degli enti di Edilizia residenziale pubblica, dalla trasformazione dell’Associazione nazionale istituti autonomi per le case popolari (Aniacap), costituita nel 1950. La Federazione associa Istituti autonomi per le case popolari, enti in via di trasformazione e aziende di gestione del patrimonio, che costruiscono e gestiscono abitazioni sociali realizzate sia con fondi pubblici che con fondi propri e prestiti age-
4.2. Enti, consorzi, associazioni
Milano, Quartiere San Siro, 1931-1951 Bollate, Cascina del Sole, anni ’50
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volati. Federcasa è un attore rilevante nel campo delle politiche per la casa e partecipa attivamente alla definizione degli obiettivi e degli strumenti della politica abitativa. Promuove ricerca e sperimentazione nel campo dell’edilizia residenziale pubblica, nell’intento di migliorare la qualità dell’abitare e della vita sociale e di aumentare l’efficacia della gestione del patrimonio immobiliare pubblico. Attualmente il suo apparato collabora con molteplici istituzioni e centri di ricerca nel settore dell’edilizia sociale e dell’urbanistica, tra cui: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Cnel, Cnr, Enea e varie amministrazioni comunali; è associata ad Ancsa, Cresme, Inu, In/arch, Rur e ad altri organismi nazionali; è inoltre tra i soci fondatori del Cecodhas (Comité européen de coordination de l’habitat social),
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che rappresenta gli interessi degli associati di ventidue paesi presso le istituzioni e gli organi dell’Unione europea, e di Europan, concorsi europei per nuove architetture. Federcasa gestisce sull’intero territorio nazionale un patrimonio di 800 mila alloggi in locazione e, attraverso Federcasa Servizi, offre supporto tecnico-scentifico ad Aler e amministrazioni pubbliche e private operanti nel settore casa. Il Consorzio intercomunale milanese per l’edilizia popolare. Il Cimep è un consorzio volontario di Comuni, costituito ai sensi delle legge 18 aprile 1962, n. 167. Nasce con l’obiettivo di occuparsi di Edilizia residenziale pubblica nell’area milanese, per dare una risposta forte al problema casa, in quegli anni divampante. Attualmente vi
4. Attori delle politiche
aderiscono la Provincia di Milano, il Comune di Milano e 78 dei 189 Comuni che costituiscono la Provincia. L’attività principale svolta dal Cimep è diretta alla formazione e gestione del piano di zona consortile, dall’acquisizione delle aree alla successiva attuazione delle previsioni dei singoli lotti, tramite il convenzionamento con il Comune interessato e l’operatore per la realizzazione di alloggi di edilizia popolare, cui fa seguito la gestione della fase attuativa. Il compito principale e più complesso è quello di fornire indirizzi operativi per la gestione del territorio, cercando di coordinare e coinvolgere le amministrazioni comunali nella definizione degli interventi programmatici volti alle scelte di politica della casa. Il primo piano di zona consortile, appro-
vato con Decreto del Ministero dei lavori pubblici, risale al 1971, cui segue vent’anni dopo, nel 1991, il secondo, approvato dalla Regione Lombardia. In questa nuova edizione, visti i mutamenti della situazione congiunturale, il Consorzio ha operato un notevole sforzo per il miglioramento della qualità dell’offerta abitativa, superando l’aspetto prettamente quantitativo prima predominante e orientandosi maggiormente alla scala locale. Nel quadro della collaborazione tecnica con l’Assessorato al Piano Casa Metropolitano della Provincia, il Consorzio rivolge oggi una particolare attenzione all’offerta in affitto, indirizzando i suoi sforzi all’implementazione di risposte adeguate alla domanda sociale in difficoltà, attraverso il coinvolgimento di Comuni, fondazioni e operatori privati del settore.
Cinisello Balsamo, Quartiere Sant’Eusebio, anni ’70 nella pagina precedente, Cernusco sul Naviglio, Quartiere Aler via Don Sturzo e Villaggio Arcobaleno, anni ’70
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4.3. Terzo settore, cooperative, soggetti privati
Legnano, Rione Mazzafame, anni ’70 nella pagina seguente, Rozzano, viale Lombardia, anni ’60
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La situazione non certo florida delle casse pubbliche, che garantiscono sempre meno fondi per l’edilizia residenziale pubblica a fronte di un continuo aumento della domanda, assegna al terzo settore e ai soggetti privati, almeno in prospettiva e nelle aspettative, un ruolo chiave e sempre più rilevante. Nel terzo settore operano prevalentemente le Fondazioni e alcune cooperative, che hanno principalmente lo scopo di reperire alloggi e agevolare l’accesso alla casa da parte di soggetti deboli, in supplenza e alternativa a Regione ed enti locali. Questi soggetti (ad esempio, nell’area milanese, Dar casa, Fondazione San Carlo, ecc.) sperimentano modalità operative altre,
svolgendo principalmente un ruolo di intermediazione tra le parti interessate, cercando di coinvolgere nuovi soggetti nel reperire fondi ulteriori o attivare canali che offrano possibilità maggiormente articolate. Negli ultimi anni, conseguentemente alla Legge 218/1990, hanno visto la luce diverse fondazioni legate agli istituti bancari che, nel ruolo di attori autonomi senza scopo di lucro, perseguono fini di utilità sociale. Esse agiscono essenzialmente attraverso l’erogazione diretta a fondo perduto a soggetti che operano in campo sociale per la messa a disposizione di alloggi da destinare a persone in grave difficoltà. Tra gli attori privati del settore hanno un
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Cantieri aperti al dicembre 2005 dalle cooperative di abitazione ��������������
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ruolo di non marginale importanza le cooperative. Esse svolgono la loro attività nel libero mercato, realizzando abitazioni da assegnare in proprietà ai soci a prezzi fino al 20% inferiori alle quotazioni di mercato, assicurando inoltre servizi tecnici, fiscali, legali, economico-finanziari, promozionali e di comunicazione aziendale. Svolgono
inoltre attività nel welfare, per assicurare una casa in locazione ai soci e alle categorie speciali, quali immigrati, anziani, studenti, giovani coppie e lavoratori in mobilità. L’attività è volta al soddisfacimento dei bisogni di fasce sociali deboli e intermedie così da garantire una completa assistenza nella fase di assegnazione degli al-
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LA FONDAZIONE HOUSING SOCIALE Costituita nel 2004 dalla Fondazione Cariplo, in collaborazione con Regione Lombardia e Anci, la Fondazione Housing Sociale opera attraverso un fondo immobiliare etico (Abitare Sociale 1) con l’obiettivo di realizzare interventi sperimentali nel campo dell’edilizia sociale. La Fondazione ha anche il fine di sostenere e diffondere le migliori pratiche di housing sociale sviluppate dagli operatori non-profit. Attualmente, su aree messe a disposizione dal comune di Milano, sta per avviarsi la fase realizzativa di tre interventi per complessivi 715 alloggi, con l’obiettivo di arrivare a 1.000 alloggi sul territorio regionale nei prossimi anni. Solitamente le aree su cui vengono effettuati gli interventi sono cedute in diritto di superficie dal Comune, che compartecipa alla realizzazione del progetto secondo uno schema di project financing. Considerata la durata del fondo, vent’anni, entro quel termine gli alloggi dovranno essere ceduti, attraverso il riscatto da parte dei residenti o di associazioni e cooperative, o trasferiti ad altre società come le Società di investimento immobiliare quotate (Siiq).
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loggi e nel periodo successivo alla vendita. Ad oggi risultano ancora molto limitati gli strumenti che consentono agli operatori privati di farsi promotori di nuove iniziative nel campo dell’Edilizia residenziale pubblica. Fra questi il “Fondo acquisto aree” della Regione, peraltro di limitata portata, che consente di ridurre i costi relativi all’acquisto dei terreni. Un contributo viene dalla legge 9/2007, con la quale è data la possibilità agli operatori privati di partecipare attivamente alla realizzazione di quote di edilizia convenzionata e sociale, attivando meccanismi di
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natura premiale. Si stabilisce una forma di collaborazione tra Comuni e privati, attraverso la cessione gratuita di aree pubbliche, l’incremento degli indici di edificabilità e altri strumenti agevolativi in cambio della cessione gratuita di aree o alloggi destinati all’edilizia sociale. In Lombardia questa possibilità si concretizza nel quadro della programmazione complessa, per mezzo dei Programmi integrati di intervento. In sede di redazione dell’accordo di programma è possibile concertare tra comune e operatori privati la previsione di realizzare quote di edilizia sociale in
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cambio delle agevolazioni cui si è accennato. Inoltre la legge 14/07 sui Servizi abitativi convenzionati, cerca di determinare un sistema di convenienze fra operatori privati, Comune e Regione che consenta la realizzazione di alloggi in affitto convenzionato. Nelle forme di rapporto tra pubblico, privato e terzo settore nella realizzazione e gestione di edilizia sociale risiede una delle chiavi su cui si dovrà necessariamente lavorare, sviluppando nuove politiche e strumenti, con particolare riguardo all’affitto. Tra gli strumenti innovativi sono da segnalare le Società di investimento immobiliare
quotate (Siiq) e non quotate (Siinq), sorte di fondi aperti di investimento immobiliare specializzate nel mercato delle locazioni che, godendo di un regime di tassazione agevolata, potranno offrire risultati in termini di risparmio sui canoni. Va infine ricordato che, in risposta all’annunciato Piano casa del governo, le principali associazioni dei costruttori e delle cooperative del settore hanno sottoscritto un protocollo d’accordo, candidandosi a raccogliere unitariamente la sfida di contribuire a realizzare gli alloggi previsti a prezzi e canoni convenzionati.
Rho, Quartiere Lucernate, anni ’80 nella pagina precedente, Pioltello, Quartiere Roma/La Malfa /Nenni, anni ’70
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4. Attori delle politiche
LA COOPERAZIONE E I PII GRAZIOLI E SCARSELLINI Due recenti interventi residenziali in zona Affori, il villaggio Grazioli, ultimato, e il villaggio Scarsellini, in costruzione, entrambi promossi dal movimento cooperativo, rappresentano una strada innovativa per il welfare abitativo e il mix sociale, lontana da errori del passato. L’obiettivo è realizzare quartieri integrati in città, nei quali più componenti sociali convivano e la cooperazione possa garantire una corretta gestione e manutenzione degli immobili nel tempo, un uso partecipato degli spazi comuni, un’azione di accompagnamento e sostegno dei soggetti più deboli. La nascita del Consorzio Ca’ Granda, che riunisce alcune delle più grandi cooperative, prevalentemente a proprietà indivisa, del nord Milano (10 cooperative, 16.000 soci, 3.700 alloggi, 82 milioni di prestito sociale), sembra rappresentare una risposta efficace alla difficoltà, particolarmente acuta nell’attuale congiuntura, di tenere insieme mercato e welfare. Nell’attuale situazione, di forte bisogno di abitazioni in affitto e scarsa disponibilità di risorse pubbliche, la sussidiarietà del settore privato costituisce una strada obbligata per far fronte alla domanda sociale. È la via che il Consorzio Ca’ Granda ha praticato nel Villaggio cooperativo Grazioli, in cui circa la metà degli alloggi è offerta in affitto ad un canone sostenibile, in un complesso abitativo ad elevato mix sociale. Oltre a 94 alloggi in vendita libera e 34 in vendita convenzionata, vi sono infatti 120 alloggi in affitto, di cui 85 (fruenti di cofinanziamento regionale Por) a canone concordato ex lege 431 (meno di 60 euro/mq anno, corrispondente ad affitti mensili fra i 400 e i 500 euro). Il 20% di questi ultimi, inoltre, in base alla convenzione, è stato assegnato a famiglie con sfratto esecutivo indicate dal Comune. Nel caso del villaggio Scarsellini un costo più elevato dell’area e alcune rigidità del Comune in fase di concertazione non hanno consentito invece di prevedere una quota significativa di alloggi in affitto. Vi è comunque un 50% in vendita convenzionata (Coop. Solidarnosc di Affori) e, nel blocco in vendita libera, vi è l’impegno del Consorzio Ca’Granda di mantenerne un piano (9 alloggi) in affitto. Si tratta di un modello di intervento per le politiche abitative cittadine che può essere assunto come riferimento anche per le aree destinate dal comune di Milano a diverse forme di edilizia sociale, quale è ad esempio il caso delle otto aree pubbliche attualmente a bando: solo potendo disporre di aree a costo zero è possibile oggi a Milano realizzare alloggi in affitto a canone sostenibile. Nel Villaggio Grazioli si è potuto fare grazie alla solidarietà intercooperativa, che ha consentito di assorbire nella quota in vendita parte dei costi dell’affitto, e grazie al cofinanziamento Por (oltre alla condizione, che oggi sarebbe irripetibile acquistando da privati, di un’incidenza relativamente contenuta del costo del terreno).
Pii di via Grazioli, Milano nella pagina precedente, dall’alto Sesto San Giovanni, Parco delle Torri, anni ’70 Seregno, Quartiere Crocione, anni ’70
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CENTRO STUDI
CENTRO STUDI PER LA PROGRAMMAZIONE INTERCOMUNALE DELL’AREA METROPOLITANA
Cos’è il Centro Studi PIM Il Centro Studi per la Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana, già Centro Studi Piano Intercomunale Milanese, è un’Associazione volontaria di Enti locali dell’area milanese, senza scopi di lucro, iscritta nel Registro Regionale delle Persone Giuridiche. Il PIM svolge attività di supporto operativo e tecnico-scientifico nei confronti dei Comuni associati, della Provincia di Milano e di altri soggetti pubblici, realizzando studi, piani e progetti in materia di pianificazione-programmazione territoriale, infrastrutturale, ambientale e in tema di sviluppo socio-economico locale.
Le attività L’attività del PIM è rivolta innanzitutto agli Enti associati ed è organizzata sulla base di programmi annuali approvati dall’Assemblea dei Soci. Tali programmi comprendono: - la realizzazione di studi, indagini e ricerche riguardanti l’assetto e le trasformazioni sia dell’insieme della regione urbana milanese sia dei diversi sistemi locali; - l’elaborazione di dati e informazioni di natura territoriale e socio-economica organizzati in un Sistema Informativo Territoriale (SIT); - attività di consulenza ed assistenza riguardanti le iniziative di pianificazione-program-
mazione e progettazione, anche con riferimento agli aspetti procedurali e di relazione tra i diversi attori istituzionali coinvolti. Al fine di valorizzare le proprie risorse, umane, materiali e conoscitive, il PIM svolge, accanto alle attività istituzionali a favore dei Soci, ulteriori attività accessorie di natura commerciale, su richiesta degli stessi Soci, di altri Enti pubblici o di soggetti privati.
Studi, piani e progetti Negli ultimi dieci-quindici anni il PIM ha elaborato documenti di pianificazione territoriale, strategica e di area (supporto al processo di adeguamento del PTCP della Provincia di Milano; Master Plan Navigli; Piani d’Area Malpensa, Abbiatense, Sud Milano, Sud-Est Milano, Castanese) e di pianificazione ambientale (Piani Territoriali e Piani di Settore del Parco Agricolo Sud Milano, del Parco di Monza e del Parco Adda Sud). Inoltre hanno acquisito sempre più rilievo i temi della pianificazione del traffico e della viabilità (collaborazione alla classificazione della rete viaria provinciale; analisi del traffico relative a SS36 Del Lago di Como e dello Spluga, SP46 Rho-Monza, ex-SS35 Milano-Meda; Piani Urbani del Traffico/Piani della Mobilità di Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Corsico, Gessate, Lainate, Lodi, Novate Milanese, Peschiera Borro-
meo, Segrate; collaborazione al Programma Urbano dei Parcheggi del Comune di Milano) e soprattutto i temi della pianificazione-progettazione integrata delle grandi infrastrutture (Pedemontana; Tangenziale Est Esterna; linea ferroviaria Varese-Mendrisio; ristrutturazione della direttrice ValassinaSS36; Gronda Ferroviaria Ovest; Secondo Passante Ferroviario), nonché della pianificazione-progettazione integrata della viabilità provinciale (riqualifica SS415 Paullese a San Donato Milanese, connessione viaria SP3-SP342dir nella tratta Ronco-BriantinoOsnago, connessione viaria SP119-exSS527 con variante alla SP175, variante nord ex SS527 a Solaro). Oltre a ciò, il PIM ha elaborato studi di riqualificazione e potenziamento delle reti e dei servizi di mobilità (Nuova Vigevanese; variante ex SS233 Varesina; SP40; Ferrovia Milano-Mortara; Gronda Ferroviaria Est), di valutazione di impatto ambientale di grandi infrastrutture (SIA della Pedemontana; delle linee ferroviarie Novara-Vanzaghello e Saronno-Seregno; dei prolungamenti delle linee metropolitane M3 a Paullo e M2 a Vimercate; della SP46 Rho-Monza), di tutela e valorizzazione ambientale (progetto “Camminando sull’acqua”; catalogo dei PLIS della Provincia di Milano; progetto “Sistema delle ville del nord Milano”; MiBici Sud e Sud-Est Milano), di valutazione del sistema
dei servizi di livello sovracomunale della Provincia di Milano e di definizione di linee guida per le politiche abitative, insieme a strumenti di programmazione per l’edilizia residenziale pubblica (Piano CIMEP; indagine Regione-Federcasa su fabbisogno e offerta abitativa; Osservatorio Metropolitano Casa). Sul versante della pianificazione urbanistica locale, il PIM ha elaborato strumenti di riorganizzazione dell’assetto urbano e del sistema dei servizi (Abbiategrasso, Brugherio, Cinisello Balsamo, Corsico ecc.), sta collaborando con il Comune di Milano per la predisposizione del PGT e sta curando la redazione dei PGT dei Comuni di Gaggiano e Trezzano sul Naviglio e delle VAS dei PGT di Cesano Maderno e Gaggiano. Infine, il PIM ha compiuto rilevanti studi su struttura e trasformazioni socio-economiche e territoriali della regione urbana milanese (in primo luogo per il PGT di Milano, ma anche per il PTCP della Provincia di Milano in corso di adeguamento, per diversi piani d’area e per alcuni ambiti specifici come l’Alto Milanese).
Strumenti e risorse Il PIM può contare su un collettivo di professionisti capace di coniugare elevata competenza disciplinare - nei settori dell’urbanistica e del territorio, dell’economia regionale, della viabilità e trasporti, della tecnologie ambientali e della pianificazione paesistica, della progettazione e gestione di sistemi informativi territoriali - a una consolidata esperienza sedimentata nella realtà milanese e lombarda.
Il PIM, nel corso della sua storia, ha accumulato un ampio patrimonio di conoscenze sul territorio metropolitano (trasformazioni fisiche, dinamiche socio-economiche, politiche, piani e progetti) che organizza attraverso un Sistema Informativo Territoriale. Il PIM dispone inoltre di un’organizzazione flessibile in grado di integrare le risorse interne con risorse esterne, attraverso collaborazioni specialistiche e sinergie con Università, altri centri di ricerca o tecnostrutture pubbliche. Grazie ad una consolidata rete di relazioni istituzionali e a una vasta conoscenza della struttura, delle funzioni e delle modalità operative degli Enti Locali, il PIM è in grado di accompagnare efficacemente i processi di concertazione delle politiche territoriali. Il sistema di gestione per la qualità del PIM è certificato in conformità alla normativa UNI EN ISO 9001:2000.
Bilancio e mezzi finanziari Il bilancio del PIM è improntato a un sostanziale equilibrio fra costi di gestione e risorse disponibili. Negli ultimi esercizi tale equilibrio si è collocato sulla soglia dei 2 milioni di € circa. Le entrate sono prevalentemente costituite dai contributi degli Enti associati, finalizzati allo svolgimento di attività istituzionali e di interesse per i soci. Una fonte di entrata secondaria, per quanto di entità significativa, è rappresentata dai proventi derivanti da attività di natura commerciale, affidate al PIM dagli stessi Soci e da altri Enti pubblici. Le spese sono in larga parte determinate
dai costi del personale, nonché dai costi di acquisizione di servizi e di competenze specialistiche esterne, finalizzate allo svolgimento sia dei compiti istituzionali (attività e servizi per i soci) sia di attività accessorie di natura commerciale (incarichi su specifica commessa). Da segnalare i crescenti investimenti dedicati all’ammodernamento della dotazione strumentale e informatica finalizzati alla gestione del SIT.
Elenco dei soci Oltre al Comune di Milano e alla Provincia di Milano sono attualmente soci del Centro Studi PIM 72 Comuni dell’area milanese: Abbiategrasso, Agrate Brianza, Aicurzio, Arcore, Assago, Baranzate, Bareggio, Basiglio, Binasco, Bovisio Masciago, Brugherio, Buccinasco, Caponago, Carpiano, Carugate, Casarile, Cassina de’ Pecchi, Ceriano Laghetto, Cesano Boscone, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Concorezzo, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Desio, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Gessate, Gorgonzola, Lacchiarella, Lainate, Liscate, Lissone, Locate Triulzi, Macherio, Melegnano, Melzo, Monza, Nova Milanese, Novate Milanese, Noviglio, Opera, Pantigliate, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pogliano Milanese, Pregnana Milanese, Rho, Rosate, Rozzano, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Sedriano, Segrate, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Solaro, Sovico, Trezzano sul Naviglio, Tribiano, Vanzago, Vernate, Villasanta, Vizzolo Predabissi, Zibido San Giacomo.
Gli organi del Centro Studi PIM Assemblea L’Assemblea dei Soci è costituita dai rappresentanti degli Enti associati, in persona del Sindaco di ciascun Comune e del Presidente della Provincia, o Assessore o Consigliere da loro delegato. Presidente e Consiglio Direttivo Il Consiglio Direttivo è composto da 14 membri effettivi tra cui il Presidente, 3 dei quali di diritto indicati dal Comune di Milano e 3 dalla Provincia di Milano e i restanti eletti dall’Assemblea. L’attuale Consiglio Direttivo è stato eletto nell’85a Assemblea dei soci dell’11 aprile 2003 e integrato nell’87a Assemblea del 23 giugno 2005. Presidente Vittorio Algarotti (designato dalla Provincia di Milano) Vice-Presidente Alberto Garocchio (Consigliere Comunale di Milano, delegato del Sindaco) Altri componenti del Consiglio Direttivo • Adriano Alessandrini [Sindaco del Comune di Segrate] • Francesco Chiesa [designato dalla Provincia di Milano] • Flavio Cirillo [Sindaco del Comune di Basiglio] • Michele Faglia [Consigliere Comunale del Comune di Monza] • Emanuele Fiano [Deputato, designato dal
Comune di Milano] • Giuseppe Gatti [Consigliere Comunale del Comune di Gaggiano] • Sergio Graffeo [Sindaco del Comune di Corsico] • Emilio Locatelli [Assessore del Comune di Rozzano] • Pietro Mezzi [Assessore della Provincia di Milano, delegato del Presidente] • Antonio Mario Pilli • Pietro Roseti • Alessandra Tabacco [designata dal Comune di Milano]
Struttura tecnico-operativa Il PIM conta 18 dipendenti. Accanto agli specialisti in materia urbanistica e territoriale operano esperti in economia regionale, in viabilità e trasporti, in tecnologie ambientali e pianificazione paesistico-ambientale, in progettazione e gestione di sistemi informativi territoriali. Direttore (f.f.) Franco Sacchi Tecnici laureati responsabili delle attività di ricerca e progettazione Cristina Alinovi, Angelo Armentano, Mauro Barzizza, Fabio Bianchini, Francesca Boeri, Francesca Cella, Pierluigi Nobile, Paola Pozzi, Maria Evelina Saracchi Tecnici addetti ai settori e servizi operativi Alma Grieco, Claudio Paraboni, Cinzia Vanzulli Addetti ai servizi generali Paola Baraldo, Monica Falcetta, Roberta Guerinoni, Vanda Migliavacca, Massimiliano Zappa
NUMERI DI ARGOMENTI & CONTRIBUTI PUBBLICATI
1. PROGETTI INFRASTRUTTURALI E TERRITORIO NELL’AREA MILANESE E LOMBARDA - giugno 2001 2. INFRASTRUTTURE STRATEGICHE PER MILANO E LA LOMBARDIA E “LEGGE OBIETTIVO” - maggio 2002 3. STUDIO-PROGETTO D’AREA SUD MILANO - luglio 2002 4. EMERGENZA TRAFFICO IN BRIANZA Pedemontana, metropolitane, ferrovie: dai progetti alle concrete realizzazioni - luglio 2002 5. ABITARE NELL’AREA METROPOLITANA MILANESE Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale - gennaio 2003 6. LA MAPPA DEI CAMBIAMENTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIALI NELLA REGIONE URBANA MILANESE Primi risultati dei Censimenti 2001 - gennaio 2003 7. L’AREA METROPOLITANA MILANESE Idee e progetti per il futuro - giugno 2003 8. DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese - giugno 2004 (ried. maggio 2007) 9. I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO - ottobre 2004 10. IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ Le aree verdi nella configurazione del territorio metropolitano - luglio 2005 11. LE TRE CITTÀ DELLA BRIANZA Temi e prospettive della nuova Provincia – dicembre 2006 Gli arretrati sono disponibili per amministratori e tecnici degli Enti associati al PIM che ne facciano richiesta, nonché per gli organismi Istituzionali interessati. Copie digitali sono scaricabili presso il sito internet del Centro Studi: www.pim.milano.it