argomenti e contributi
13 NOVEMBRE 2009
CENTR STUDI
13 NOVEMBRE 2009 Sotto il titolo Argomenti & Contributi vengono divulgati saggi su temi di attualità ed interesse che rientrano nelle materie di particolare competenza del Centro Studi PIM: territorio, ambiente, mobilità, sviluppo locale.
Un particolare ringraziamento all’arch. Ninfa Cannada Bartoli (Regione Lombardia - Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, Sistemi della conoscenza dei beni culturali).
Il gruppo di lavoro è composto da: Franco Sacchi (direttore responsabile FF), Fabio Bianchini (capo progetto), Cinzia Vanzulli; Paolo Marelli (capp. 4, 5, 6, Interviste), Ada Magnani (capp. 2, 3), Giulia Gerosa (5.2) (consulenti esterni).
I saggi, che intendono contribuire alla discussione tecnica e politica sui problemi territoriali dell’area milanese, riprendono lavori svolti dagli esperti del Centro Studi PIM sotto forma di articoli per riviste specializzate e relazioni a convegni o si riferiscono a indagini, studi, progetti prodotti dallo stesso Centro Studi.
Si ringraziano inoltre per la disponibilità e per i contributi di idee e proposte: prof. arch. P.F. Bagatti Valsecchi, dott. Gianpiero Bocca, dott.ssa Lucia Borromeo, prof. arch. Maria Antonietta Crippa, arch. Marina Rosa, ing. Novo Umberto Maerna, dott. Alessandro Meinardi, avv. Marco Parini, dott. Pietro Petraroia, ing. Camillo Paveri Fontana, dott. Marco Turetta.
progetto grafico e impaginazione Paolo Marelli, Ada Magnani (studio AM:PM)
In particolare il presente lavoro, mette a frutto, riprendendola e ampliandola, la ricerca condotta con il contributo di Regione Lombardia - Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, originariamente limitata al solo ambito del territorio del nord Milano.
Il presente documento, “Beni culturali e sviluppo del territorio. Le ville storiche del milanese” (IST_05_08), fa parte del programma di attività istituzionali del Centro Studi PIM per l’anno 2008.
Le immagini prive di citazione della fonte sono tratte dall’Archivio fotografico del Centro Studi PIM. Il Centro Studi PIM è a disposizione degli aventi diritto per quanto concerne le fonti iconografiche e letterarie non individuate.
BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO Le ville storiche del milanese
CENTR STUDI
Regione Lombardia è ormai da tempo impegnata nell’opera di valorizzazione del patrimonio delle nostre ville, non solo come parte integrante del sistema dei beni culturali, ma come categoria specifica, meritevole perciò di un quadro organico di iniziative, in esecuzione del quale sono stati avviati studi ed interventi mirati. La tipologia della villa, infatti,
è ben rappresentata nella nostra regione sia in termini di consistenza numerica che di pregio assoluto di molti tra gli episodi maggiori.
Dove la presenza di questi monumenti si colloca in contesti paesaggistici di valore e attrattivi, le ville rappresentano an-
che un elemento di rilevantissimo interesse turistico, cui non è evidentemente estranea quell’intima corrispondenza che la villa instaura tra edificio e giardino, cioè tra architettura e natura, temi sui quali, per svariate ragioni, la sensibilità
contemporanea si è fatta più viva e partecipe. Ma già il massimo cantore delle ville del milanese, l’incisore della prima metà del Settecento Marc’Antonio Dal Re, nel proemio della sua opera Le Ville di delizia, ben chiarisce i motivi del
fascino e dell’interesse che esse suscitavano, individuandone l’origine nella costruzione di un paesaggio plasmato dalla mano dell’uomo giacché “fra i molti pregi de’ quali arricchì la Natura quella parte della nostra Italia, che ora
Stato di Milano volgarmente s’appella,” si unirono “le belle invenzioni” dell’Arte. Il risultato fu quello spettacolo
che ancora vediamo rivivere nelle sue vedute, che sono quasi “ritratti” di quelle dimore gentilizie, tanto forte e caratterizzata è la presenza degli edifici al centro della scena: uno spettacolo in cui la magnificenza dell’architettura si sposa con l’artificiosa seduzione dei giardini e la distesa dell’ordinata campagna, in modo che l’amenità delle nostre contrade
finiva per alimentarsi da fonti diverse, non ultimo proprio per la bellezza de “le ville che sparse in molti deliziosi luoghi copiosamente l’adornano”.
Oggi il paesaggio del milanese è profondamente mutato, portando tutti i segni (e alcuni sono ferite) che lo sviluppo vi ha impresso. E tuttavia, pur in un contesto che ha perso molte delle sue antiche delizie per accogliere agglomerati
urbani, opifici, infrastrutture, moltissime ville sono sopravvissute e mantengono fortissime ragione d’interesse. La prima azione da intraprendere in favore di tale patrimonio è dunque quella di operare per richiamare l’attenzione su
questi storici e belli edifici, poiché valorizzazione significa innanzitutto “far conoscere e apprezzare”, e molte di queste pregevoli architetture debbono ancora essere “rivelate” a molti milanesi.
Per far ciò è importante che esse siano organizzate all’interno di reti integrate che ne consentano di realizzare una maggiore qualità sul piano della proposta culturale e ne rendano più efficiente la gestione sul piano della sostenibilità eco-
nomica. La costituzione di sistemi integrati di beni culturali sul territorio è anche la condizione per favorire lo sviluppo locale consistente nella capacità di innescare, sulla base dell’attrattività dei beni, le più opportune forme di indotto
economico. Sempre l’ottica della sostenibilità economica delle ville, suggerisce, specie per quelle che non possono ambire all’autosufficienza come museo di sé stesse, la prospettiva della rifunzionalizzazione compatibile, la quale non può mai essere rappresentata da un utilizzo in contrasto con la superiore istanza della salvaguardia, ma deve potersi attuare selezionando tra le attività di eccellenza quelle il cui insediamento può avvenire nel rispetto dei caratteri dell’edificio
gentilizio. Su questi e su molti altri aspetti la pubblicazione del Centro Studi PIM ha il merito di offrire un panorama
completo, non limitandosi ad uno solo degli aspetti legati a conoscenza, conservazione, valorizzazione e gestione, ap-
proccio che ben coglie un aspetto fondamentale, è cioè che l’esito positivo delle politiche di promozione del patrimonio derivi dal concorso di tutti gli ambiti disciplinari e istituzionali coinvolti.
Massimo Zanello
Accolgo con estremo favore l’invito ad intervenire sul nuovo numero della collana Argomenti & Contributi. Nella mia nuova veste di Vice Presidente ed assessore alla Cultura della Provincia di Milano, desidero anzitutto ringraziare
in modo non formale il Centro Studi Pim. Credo che l’opera svolta in decenni di storia di questa istituzione, nata e
sviluppatasi al servizio delle Amministrazioni locali, abbia consentito di pensare la politica territoriale in chiave policentrica e diffusa, evitando quel pericoloso ‘presentismo’ che spesso impedisce ai politici di ragionare sul futuro e le
scelte strategiche da adottare a beneficio delle comunità. L’attività di analisi del Pim, invece, ha fornito sempre scenari
di assoluto interesse e chiavi di lettura in grado di cogliere quei segnali più importanti per il governo metropolitano. La complessità intrinseca dell’area metropolitana milanese, assieme al suo carattere strategico e imprescindibile per l’economia italiana e lombarda, rende necessario dotarci di strumenti conoscitivi adeguati: considero pertanto il ruolo del Pim assolutamente insostituibile e necessario, specie in un momento storico nel quale si stanno delineando scenari ed adottando scelte che avranno ricadute importanti sul nostro futuro.
Vengo ora ad esaminare l’argomento cui è dedicato questo numero, ossia le ville storiche del Milanese. Confesso che il
primo sentimento che mi ispira questa scelta è di gratitudine: vi ringrazio e mi compiaccio dell’idea, perché grazie a questa riflessione si perseguono esattamente gli obiettivi della nuova Amministrazione Provinciale, nonché dell’assessorato
alla Cultura: riscoprire, in maniera dinamica e innovativa, la forza della tradizione e l’importanza dell’origine, dell’appartenenza territoriale. Puntare l’attenzione sulle ville storiche del Milanese mira esattamente a questo: rafforzare quel
legame inscindibile tra passato, presente e futuro attraverso le storie di questi insigni monumenti architettonici. Le ville storiche evidenziano sempre il bisogno di riconoscersi in simboli, tradizioni e continuità che formino un orizzonte di appartenenza a un luogo, di radicamento in una terra, di ricerca di un orizzonte. È l’affermazione del valore dei luoghi
e della memoria contro un processo di omologazione sradicante e cosmopolita che si esprime anche mediante il livellamento delle caratteristiche locali, secondo cui la Terra e i luoghi sono tutti identici: e invece no, ogni comunità esprime il proprio e più profondo animo. Come ha scritto saggiamente Marcello Veneziani, “la comunità è il pensiero di un’origine
e di una genealogia inscritte in luoghi precisi - la patria o la matria -, dai quali traggono linfa e significato”. La difesa delle differenze, delle identità e delle tradizioni che si incarnano in patrie territorialmente definite si accompagna per lo più a una valorizzazione della memoria, dell’eredità culturale in un’idea di comunità allargata. Ciò che chiamiamo
‘paesaggio’ sono i luoghi nei quali abitiamo e viviamo, e dove prima di noi altri hanno vissuto e altri potranno vivere
e abitare. Alla fisionomia di un luogo concorrono elementi del passato, quindi anche ville e monumenti. Elementi che
rafforzano quella cultura e quelle tradizioni che hanno informato di sé i luoghi, divenendo un elemento costitutivo ed identitario del luogo stesso, ma soprattutto delle persone e delle comunità. Vorrei anche riaffermare l’importanza dei
beni architettonici per chi vive il presente e per le giovani generazioni: posto che ogni tradizione è un’innovazione riuscita, soffermarsi sulle ville storiche non significa perdersi in esercizi di retorica passatista o di nostalgia, bensì
ci consente di essere pienamente contemporanei. E anche universali, dal momento che acquisire una piena e matura coscienza degli elementi tradizionali ed identitari della nostra storia ci consente di avere tutti gli strumenti idonei a
metterci in relazione con le altre culture e le altre declinazioni dell’essere comunità. Grazie ancora al Centro Studi Pim, che mi auguro mantenga sempre inalterata una tensione alla diffusione della conoscenza e del sapere a beneficio di tutta la provincia di Milano.
Novo Umberto Maerna
Vice Presidente ed Assessore alla Cultura
e ai Beni Culturali della Provincia di Milano
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Indice
NOVEMBRE 2009
Presentazione di Vittorio Algarotti (Presidente del Centro Studi PIM)
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PARTE PRIMA: Leggere il sistema delle ville 1.
Elementi di inquadramento territoriale 1.1 Il contesto paesistico-ambientale fra giardini storici e aree protette 1.2 Il contesto urbanistico-territoriale 1.3 Il sistema della mobilità: criticità e opportunità fruitivo-culturali 1.4 Il tema delle ville storiche nella programmazione e pianificazione sovralocale
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2.
Storia e caratteristiche della villa milanese 2.1 La formazione del tipo “villa” ed il modello culturale del “vivere in villa” 2.2 Il Quattrocento - Box Bicocca degli Arcimboldi 2.3 Il Cinquecento - Box Villa Simonetta; Villa Visconti Borromeo, Litta 2.4 Il Seicento - Box Palazzo Arese, Arese Borromeo 2.5 Il Settecento - Box Villa Arconati, “Il Castellazzo” 2.6 Ultimi decenni del Settecento e Ottocento - Box Villa Reale 2.7 Eclettismo
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3.
Consistenza e utilizzo attuali del patrimonio delle ville nel milanese 3.1 Il processo di decadenza delle ville e la perdita del paesaggio di delizie 3.2 Consistenza, stato di conservazione, attrattività e titolo di proprietà del patrimonio 3.3 Problematiche di recupero e valorizzazione
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PARTE SECONDA: Linee d’intervento sul patrimonio Conoscere e conservare 4.1 La conoscenza: pluralità dei compiti e dei soggetti 4.2 Problematiche della conservazione e crescita della sensibilità diffusa verso i beni (Interventi: Isal, p. 86; MiBac, p. 90; arch. M. Rosa, p. 92; Italia Nostra, p. 94; FAI, p. 97; Associazione Dimore Storiche, p. 102)
79 79
5.
Valorizzare e gestire 5.1 Il significato della valorizzazione 5.2 La rifunzionalizzazione compatibile: alcuni esempi 5.3 La gestione (Interventi: Regione Lombardia, p. 116; Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, p. 120; Provincia di Milano, p. 124; Provincia di Monza e Brianza, p. 126; Navigli Lombardi, p. 129).
107 107 109 113
6.
Conclusioni (Interlocutori: prof. arch. P.F. Bagatti Valsecchi, p. 138)
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4.
Riferimenti bibliografici
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Presentazione Il tema del rapporto tra beni culturali e territorio è svolto in questo numero attraverso il particolare
caso delle ville gentilizie e dei giardini, presenza ricca e articolata nel paesaggio storico del milanese.
Attraverso l’inquadramento territoriale, la ricostruzione storica dell’insediamento ed evoluzione
tipologica delle ville e il censimento dei beni con la loro destinazioni d’uso attuale
si è inteso fornire un contributo conoscitivo propedeutico alla trattazione delle prospettive
legate ai temi della conoscenza, della conservazione, della valorizzazione e gestione.
Vittorio Algarotti
Presidente Centro Studi PIM
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Questa nostra pubblicazione, la tredicesima della collana Argomenti&Contributi, è dedicata alle ville storiche del milanese ed esce, significativamente, mentre è in discussione il trasferimento della sede del Centro Studi PIM presso Villa Scheibler. Lasciamo, dopo anni di felice soggiorno, Palazzo Dugnani, ora che tale edificio potrebbe opportunamente integrarsi col sistema degli spazi espositivi milanesi, rafforzando così la significativa polarità costituita dalla vicina Galleria d’Arte Moderna (ospitata presso la Villa Reale), e dal Padiglione d’Arte Contemporanea. In tempi che auspichiamo i più brevi possibili, il “nostro” Tiepolo, nella veste di ospitale padrone di casa per chissà quante altre opere oggi neglette in depositi e scantinati, potrebbe tornare a farsi ammirare dal più vasto pubblico. E a quegli stessi visitatori potrebbe essere data allora l’occasione davvero allettante di sciamare entro un sistema museale (si pensi anche al Museo di Storia Naturale e al Planetario) organizzato nel bel verde di parchi e giardini del pieno centro di Milano. Sembra proprio che la circostanza del nostro trasferimento, propiziato dall’ottimo recupero di Villa Scheibler, e la prospettiva di una rifunzionalizzazione di Palazzo Dugnani, diano emblematica e concreta dimostrazione a molti degli assunti che in questo numero si sostengono, e cioè che il decentramento sia possibile non solo a parole (anche se quello
del PIM sarà solo uno spostamento da una parte all’altra della città); e che la rifunzionalizzazione compatibile di edifici storici sia la via maestra per assicurarne la sopravvivenza fisica (manutenzione) e gestionale (sostenibilità). Di più. Tale rifunzionalizzazione deve avvenire con attenzione al territorio, mirando ad esaltare le migliori opportunità localizzative. Per questo è non solo ragionevole che un Centro Studi si sposti “in periferia” – essendo anche lì perfettamente in grado di adempiere ai suoi compiti – ma, in presenza di un programma di riarticolazione destinato a valorizzare Palazzo Dugnani entro il sistema museale cittadino, ciò rappresenta una forma di doverosa razionalizzazione delle risorse. Il presente numero tratta dunque il tema importante della valorizzazione dei beni culturali, intesa anche quale strategia possibile di promozione del territorio, proseguendo con ciò in un impegno che il PIM ha già affrontato in passato e rispetto al quale intende mantenere viva l’attenzione: oggi sono le Ville, la forma di bene monumentale più caratteristico del nostro territorio (soprattutto nella fascia nord e lungo i navigli); domani potrà essere il sistema delle cascine, che costituiscono, specie nella fascia del sud Milano, una realtà cospicua, significativa, in molti casi ancora produttiva e ricca di implicazioni rispetto agli assetti futuri della ruralità metropolitana. I temi della conoscenza, conservazione, valo-
rizzazione e gestione delle ville attraverso cui si snoda la trattazione delle prossime pagine fanno seguito ad alcune attività svolte dal PIM per Regione Lombardia tra il 2006 e il 2008, nell’occasione delle quali il nostro Centro Studi ha condotto il complesso delle necessarie attività di analisi territoriale e di censimento del patrimonio, individuando i criteri relativi alla potenziale attrattività delle stesse Ville. A ciò è seguita un’analisi del contesto con riferimento al sistema insediativo e infrastrutturale, paesistico ambientale ed economico locale, la ricognizione delle strategie di sviluppo dell’area e delle previsioni di insediamento di funzioni sovracomunali con l’individuazione dei principali punti di forza e di debolezza del contesto. In tema di valorizzazione l’attività svolta in favore di Regione Lombardia è consistita nel fondamentale contributo all’elaborazione e diffusione sul sito www.lombardiabeniculturali.it del materiale informativo finalizzato a promuovere la conoscenza delle ville dell’alto milanese. Attualmente i contenuti delle pagine dedicate alle Ville Gentilizie del Nord Milano, infatti, consistono in cinque itinerari territoriali, realizzati dal PIM, che leggono le dimore storiche secondo la successione che, partendo dalle porte di Milano, attraversava l’area lungo la viabilità storica; due itinerari tematici svolti da ISAL, dedicati al tema dei Giardini e degli Affreschi; oltre una dozzina di capitoli di carattere storico-critico, sempre predisposti dal PIM e dai suoi consulenti. Abbiamo ora in questa occasione voluto autonomamente riprendere il tema, non limitandoci all’originario ambito, circoscritto all’alto milanese, ma estendendo lo sguardo a tutta la provincia di Milano e a quella di Monza. Partendo dal significato storico-culturale che le ville rivestono nel nostro territorio, lo studio propone un quadro attuale del patrimonio e indaga alcuni dei fattori con i quali debbono misurarsi le politiche nel settore della valorizzazione. All’interno del tema, allargato al contributo di
interlocutori qualificati secondo una formula inedita per Argomenti&Contributi, confluiscono così problematiche gestionali ma anche prospettive di sviluppo economico-territoriale, e sono messe a confronto le capacità di elaborazione e proposta di Enti, Amministrazioni ed operatori con i caratteri attuali della domanda culturale e delle pratiche fruitive del pubblico. La filosofia generale del numero, coerentemente con gli scopi istituzionali del PIM, consiste nel fornire uno strumento di consultazione rivolto soprattutto a quanti nelle amministrazioni locali, sia in qualità di tecnici che di amministratori, si trovano quotidianamente alle prese con il difficile compito di massimizzare il significato sociale, culturale, identitario e fruitivo delle ville - esplicitandone i molteplici valori latenti - e nello stesso tempo di minimizzare i costi di gestione. Le amministrazioni locali, infatti, sono spesso chiamate ad occuparsi concretamente di restauri e manutenzioni, di destinazioni funzionali convincenti e compatibili con la tutela dei caratteri originari delle ville e dei loro contesti storici e ambientali. A ciò si affianca la necessità di elaborare contenuti adeguati a suscitare l’interesse del pubblico e a individuare modalità per divulgarli efficacemente,. L’esito della ricerca restituisce un’immagine contrastante: insieme ad episodi felici, coesistono tentativi solo abbozzati e parzialmente compiuti, esperimenti più o meno promettenti nell’opera di valorizzazione di un patrimonio che è certamente consistente in termini quantitativi (oltre 700 ville storiche), nonché dal punto di vista storico e culturale ma che, nonostante la presenza nel milanese di alcuni episodi di sicuro pregio artistico ed interesse monumentale, pone alcuni gravi ostacoli alla creazione di un sistema realmente attrattivo. Le complesse ragioni di ciò vanno ricercate nella storia stessa del nostro contesto territoriale che, per sua antica vocazione economico-produttiva, ha tradizionalmente trascurato
le potenzialità legate alla fruizioni turistica, né si può dire sia riuscito sempre a coniugare le forme dello sviluppo con la sensibilità verso la tutela e la valorizzazione del patrimonio e del paesaggio. Il senso della proposta che accompagna le conclusioni della ricerca invita a considerare le ville storiche come potenzialità e risorse del territorio: le linee guida per avviare gli auspicati processi di valorizzazione delle ville come luoghi di eccellenza della fruizione culturale e come “emergenza” all’interno del sistema territoriale metropolitano vanno collocate nella più generale ottica del miglioramento dell’assetto urbano e territoriale e dello sviluppo del sistema sociale dell’area milanese. Mi pare comunque che, tra gli aspetti salienti emersi, tre argomenti meritino particolare attenzione: il primo allude ad una ancora scarsa confidenza degli Amministratori con le implicazioni che il Codice dei beni comporta e che meriterebbero più approfondita analisi, non solo per approntare una condotta appropriata rispetto alla conservazione, ma anche allo scopo di sfruttare a pieno tutte le opportunità che il Codice offre sul piano dell’iniziativa di valorizzazione e gestione. Altro aspetto riguarda la centralità che l’azione della comunicazione sociale deve conquistare per far conoscere, finalmente, come merita questo patrimonio ancora troppo poco apprezzato, riuscendo a proporre non solo le ville quali vestigia di un’era sorpassata ma, in prospettiva, a proporre il ben più ricco tema della “cultura delle ville”. Infine, il tema forte della rifunzionalizzazione, quello rispetto al quale finisce per scontrarsi ogni assunzione di iniziativa rispetto alle nostre ville. Riguardo a ciò, purtroppo, non esistono scorciatoie, né soluzioni preconfezionate replicabili: la rifunzionalizzazione è un progetto, e come tale, richiede un approccio libero e fecondo. nella pagina precedente, Giambattista Tiepolo, Allegoria della magnanimità, affreschi, 1731. Milano, Palazzo Dugnani, volta.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
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1. Elementi di inquadramento territoriale Il cospicuo patrimonio delle ville del milanese insiste su un territorio che, da luogo di delizie, è divenuto l’area metropolitana più forte d’Italia. Lo sconvolgimento operatosi a seguito
dell’impetuoso fenomeno di urbanizzazione ha determinato una sostanziale decontestaulizzazione
delle ville gentilizie. Questa nuova condizione, unitamente alle opportunità offerte dall’integrazione con i sistemi paesistico-ambientale, urbanistico e della mobilità, costituisce la premessa per l’attuale processo di valorizzazione di tali beni. Un dato ormai acquisito dalla cultura contemporanea è il considerare lo stretto legame esistente fra i beni architettonici, con le funzione da essi svolte, e il loro contesto storico-ambientale come un continuo addensarsi di risorse sulle quali agire conservando, ma anche aggiungendo, nuovi riconoscibili valori e promuovendo nuove e rispettose modalità d’uso e di gestione. Questo tipo di impostazione si basa su un preciso obiettivo di portata socio-economica che sottintende un’evidente concezione del bene come fondamentale componente territoriale, in grado di costituire un autentico volano per lo sviluppo sociale ed economico dell’area.
La regione milanese si presenta come un’area di grandi contrasti e potenzialità, talvolta non espresse efficacemente. Se in Brianza o lungo i navigli, le ville rappresentano il segno distintivo di un territorio che nel corso dei secoli è stato scelto quale luogo privilegiato di residenza, nel resto della provincia esse appaiono spesso soffocate in un territorio in cui ormai sopravvivono scarse memorie del paesaggio originario e la presenza di poli di eccellenza conosciuti a livello mondiale, spesso non appare in sintonia con la struttura socio-economica locale e determina un forte salto di scala delle relazioni che avvengono sul territorio.
Dopo un primo periodo in cui lungo la cerchia interna di Milano, soprattutto nella parte più aristocratica, fra San Marco e Porta Romana, si edificarono una serie di dimore signorili con giardini affacciati sull’acqua, in anticipo sulla moda della villeggiatura, le ville iniziarono a distribuirsi prevalentemente nel settore settentrionale della provincia, lungo le principali vie di comunicazione, sia d’acqua, come i navigli Grande e Martesana, che consentono una maggior facilità e sicurezza dei collegamenti, sia terrestri, come la Varesina, la Comasina o la strada del Sempione, in corrispondenza di ambiti extraurbani particolarmente qualificati
dal punto di vista ambientale e climatico, quali zone boschive e valli fluviali, mentre un’altra fascia privilegiata dall’insediamento delle ville è rappresentata dalla Brianza collinare. Nel territorio milanese, la componente geomorfologica, considerata nei suoi aspetti più appariscenti, assume, però, una importanza relativa e solo in questa porzione settentrionale, dove le colline moreniche briantee rappresentano i rilievi più consistenti di tutto l’ambito, in un ambiente profondamente segnato dai numerosi solchi fluviali della rete idrica minore. La qualità dominante è infatti costituita dalla uniformità della pianura, soltanto lievemente
1.1 Il contesto paesistico-ambientale
nella pagina precedente, Il sistema delle ville del milanese (in blu) in rapporto con l’urbanizzato e con la rete infrastrutturale. nella pagina successiva, Il centro storico di Cernusco sul Naviglio (Regione Lombardia, Rappresentazione del paesaggio dei navigli della Martesana e di Paderno, 2000).
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
solcata dalle incisioni del corso dell’Olona e del Seveso, mentre il Lambro e, soprattutto, l’Adda e il Ticino rappresentano sistemi vallivi più ampi e profondi segnati nelle loro porzioni più settentrionali da elevati valori di naturalità. Proprio nei pressi delle zone boschive della valle del Ticino sorsero numerose dimore, permettendo, oltre all’esercizio della caccia, una sorveglianza diretta e una programmazione continua delle attività dei grandi fondi agricoli annessi alle ville stesse e privilegiando, per la maggior facilità e sicurezza dei collegamenti via acqua rispetto a quelli via terra e la più facile irrigazione di parchi e giardini, la fascia territoriale di maggiore valenza paesaggistica e climatica del naviglio grande, compresa tra Turbigo e Abbiategrasso, con il nucleo storico di Cassinetta di Lugagnano che ne costituisce, per concentrazione e visibilità, uno dei punti di forza del sistema, con le ville Trivulzio, Visconti Maineri e Nai Bossi Poroli. Nella fascia media e bassa le ville costituiscono invece casi isolati, fra i quali possiamo citare Gaggiano, con le ville Marino e Venini-Uboldi.
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Lungo il corso dell’Olona, a Rho, le dimore propriamente villerecce si collocano in prossimità del fiume, come villa Burba, il Castellazzo, palazzo Visconti, i cui parchi tendono ad integrarsi a vicenda offrendo un nucleo paesaggistico di rilievo, così come a Nerviano, dove le ville Caccia Dominioni, Crivelli e Lampugnani creano un sistema omogeneo continuo con parchi comunicanti prospicienti il corso d’acqua. Numerose ville si allineano anche lungo la valle del Seveso, fra le quali si segnala il complesso di ville di Lentate, con villa “Il Cenacolo”, il cui giardino, con terrazze e scalinate scenografiche, degrada verso il fiume, e cannocchiali ottici verso il paesaggio circostante, come, poco oltre, sempre in posizione dominante sul fiume, villa Raimondi e, a Limbiate, villa Pusterla Crivelli. In questo ambito, il Villoresi, lungo il cui corso si segnala l’emergenza di villa Litta a Lainate, e che artificialmente separa l’alta pianura asciutta da quella irrigua, con l’apporto dei propri volumi d’acqua ha reso possibile la trasformazione delle attività agricole con-
ferendo al territorio connotati paesaggistici tipici della pianura irrigua, soprattutto nelle aree di maggior addensamento dei fontanili. I sistemi insediativi che si sono storicamente appoggiati alla strada del Sempione, alla Varesina, alla Comasina e alla Valassina presentano oggi notevoli fenomeni di compromissione delle aree di frangia che accolgono, a fianco di ciò che resta dell’attività agricola che un tempo aveva caratterizzato questi territori, le attività più disparate, spesso marginalizzate dalle strutture urbane (sfasciacarrozze, campi nomadi, depositi di varia natura, orti spontanei), accanto a centri commerciali o ad aree attrezzate per il tempo libero del tutto casuali o realizzate in corrispondenza di laghi di aree di escavazione parzialmente dismesse. Gli ambiti esterni a questo sistema presentano, a loro volta, una pervasiva presenza dell’urbanizzato immerso in una matrice agricola con la quale ha stabilito modi di contatto caratterizzati da aree di frangia sovente disordinate e dalla capillare, e spesso imponente, presenza di infrastrutture viarie, anche se non è stato del tutto compromesso né il territorio, né struttura urbana. I caratteri geomorfologici e ambientali hanno storicamente favorito la tendenza a privilegiare questo ambito, e in particolare le valli fluviali, le Groane e le prime propaggini collinari, come luogo di villeggiatura, permettendo al tempo stesso il permanere di un ambiente prevalentemente boschivo, estraneo sia al paesaggio rurale, sia alla prima grande ondata di industrializzazione, rappresentando un forte limite all’urbanizzazione. Le Groane rappresentano uno degli ambiti in cui la nobiltà milanese, ormai compromessa la fascia a diretto contatto con la città e in seguito ai miglioramenti nel campo dei trasporti, si spinge, alla ricerca di spazi più ampi nei quali poter collocare le nuove residenze, che possono in questo modo interagire con l’ambiente circostante, come a Cesano Maderno (palazzo
PARTE I - 1. Elementi di inquadramento territoriale
Arese Borromeo) a Limbiate (villa Pusterla Crivelli) e al Castellazzo di Bollate. Spostandoci più a est, Monza, oltre alla salubrità e amenità dei luoghi, presenta una posizione ideale per le esigenze della villeggiatura, non eccessivamente distante da Milano, e lungo il tragitto ideale verso la capitale austriaca. In tal senso la localizzazione della villa Reale è dovuta ad una precisa volontà di valorizzare centri urbani diversi dalla capitale, contrastando la struttura milanocentrica della Lombardia, pur rimanendo a contatto con altre dimore nobiliari. Proprio sull’ambito brianzolo, a partire dal XIX secolo, si focalizza la ricerca di vaste aeree di pregio paesaggistico ancora intatte e lontane dai centri urbani, in un fenomeno che troverà esaurimento solo nei primi decenni del XX secolo, quando la villa verrà sostituita dalla nuova tipologia abitativa del villino residenziale. Anche il corso del Martesana, presenta una notevole fioritura di ville signorili, volte a godere della comodità del viaggio sull’acqua e a controllare le terre di proprietà. I nuclei di Vaprio d’Adda, di Inzago e di Cernusco sul Naviglio costituiscono i luoghi di eccellenza di questo sistema territoriale, sia per la presenza di elementi di pregio storico e architettonico (villa Alari Visconti a Cernusco, villa Melzi d’Eril a Vaprio), sia per la presenza di giardini e parchi affacciati sul naviglio, fra i quali spicca quello di villa Castelbarco Albani al Monasterolo, irrigato tramite l’acqua del naviglio sollevata grazie a una grande ruota metallica. A Cernusco sul Naviglio, numerose ville si dispongono tra il borgo e il corso del Martesana, come villa Alari e villa Uboldo, che sorgono appena fuori il centro urbano e si aprono verso il canale e il territorio circostante, disponendo il giardino in prossimità del naviglio e creando con il territorio un rapporto diretto, attraverso cannocchiali visivi sulla campagna circostante. La porzione meridionale della provincia, pur arricchita dalla presenza di acque di risorgenza, dai fontanili che sfruttano questo fenome-
no e da un articolato sistema di rogge derivate dai navigli Grande e Martesana, presenta, al contrario, uno scarso interesse da un punto di vista naturalistico e climatico, testimoniato da una scarsa presenza di case di caccia o di villeggiatura, mentre i castelli sorti a segnare il territorio verso Pavia, tutti riferibili al periodo visconteo e sforzesco e dunque antecedenti alla realizzazione del naviglio Pavese, rispondevano principalmente a precise necessità militari e difensive, legate in un primo tempo alle dispute tra Milano e Pavia (Binasco) e poi al rafforzamento delle difese del ducato di Milano. Più a sud, l’ambito collinare di San Colombano che si eleva fino a 147 m sul livello del mare, pur rappresentando il principale elemento di caratterizzazione della bassa pianura, praticamente priva di qualsiasi ondulazione del terreno, non costituisce un ambito di particolare concentrazione per quanto concerne le presenze monumentali.
Il verde nelle aree protette Il sistema dei parchi e delle aree protette rappresenta uno dei fattori di qualificazione dell’organizzazione territoriale della regione urbana milanese, raggiungendo, nella provincia di Milano il 43% del territorio, a ulteriore conferma della urgenza di tutela degli spazi aperti che stava all’origine del “Piano generale delle aree regionali protette” (LR 86/83), a fronte di una percentuale di suolo occupato da strutture urbane, o da previsioni di insediamenti urbani, pari al 42%, a testimonianza di una sostanziale scarsità di spazi liberi, in special modo di quelli non soggetti a tutela. Nell’ambito territoriale oggetto di studio il sistema dei parchi regionali, risponde innanzitutto alla necessità di conservare e garantire a lungo termine gli ambienti di maggiore interesse paesistico, naturalistico e storico dei grandi corsi d’acqua, degli ambiti dei terrazzamenti e dei boschi delle Groane e della pianura irrigua del sud Milano.
Il disegno del sistema delle aree protette, compreso fra le due “spalle” costituite dai parchi regionali fluviali della Valle del Ticino e della Valle dell’Adda, definito verso le propaggini collinari briantee dai parchi delle Groane e del Lambro, e chiuso nell’arco meridionale dal Parco Sud, risponde principalmente alla necessità di conservare e garantire a lungo termine gli ambienti di maggiore interesse paesistico, naturalistico e storico dei grandi corsi d’acqua (Ticino, Lambro, Adda), degli ambiti dei terrazzamenti e dei boschi delle Groane e del grande spazio agricolo del sud Milano. Procedendo verso l’area densa del capoluogo, il Parco Nord, votato ad un uso principalmente fruitivo, interessa una serie di aree periferiche a nord della città di Milano, derivanti da aree industriali dismesse e terreni agricoli residuali, all’interno delle quali è da segnalare la presenza dei complessi di interesse storico-architettonico costituiti da villa Manzoni e dal suo parco a Cormano e da villa Torretta a Sesto San Giovanni. Le numerose ville che vengono edificate nel territorio del Parco delle Groane sfruttano le qualità paesaggistiche del vasto altopiano boschivo, privilegiando, in particolare, il lato orientale, dove sorgono complessi di notevole rilievo come a Cesano Maderno, Senago, Limbiate, Mombello, Lentate sul Seveso. Il quadro delle aree protette si completa con i Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (PLIS), mentre le riserve regionali esterne ai parchi e i monumenti naturali tutelano aree specifiche di limitata superficie o singoli fenomeni isolati di carattere morfologico o naturalistico. In quest’area i primi PLIS traggono origine da tutele paesistiche o di aree agricole, ma in seguito si sono estesi soprattutto alla difesa e riprogettazione paesistica di aree agricole interstiziali rispetto all’espansione dell’edificato, rivolgendosi alla conservazione e alla valorizzazione di spazi aperti, anche attraverso la creazione di aree attrezzate a servizio
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
delle comunità locali, e rappresentano, perciò, ambiti nei quali convogliare prioritariamente capacità progettuali e concreti interventi volti alla qualificazione degli spazi di contesto delle città che compongono la regione urbana. La maggior frammentazione del sistema del verde nella fascia più settentrionale, in ragione di una diffusa e massiccia urbanizzazio-
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ne, nella quale si alternano parchi regionali e PLIS, conferma la necessità di completare la “cintura verde” del territorio densamente urbanizzato del nord Milano, attraverso la messa a sistema degli spazi aperti, siano essi appartenenti ad ambiti agricoli strutturati, ad aree di valenza ambientale-naturalistica o a spazi urbani attrezzati a “verde”.
Il consolidamento di alcune di queste iniziative e la loro messa in rete mediante la formazione di un sistema di percorsi ciclabili, consente, per quanto un po’ lentamente, di ridistribuire la domanda di spazi verdi accessibili e di allentare conseguentemente la pressione esercitata sui pochi parchi esistenti strutturati ed effettivamente protetti, primi fra
PARTE I - 1. Elementi di inquadramento territoriale
tutti il Parco Nord Milano e il Parco di Monza. Nel Parco della Brughiera Briantea, il patrimonio delle dimore extraurbane, edificate anch’esse a partire dal tardo Rinascimento, rappresenta un segno distintivo di un territorio che nel corso dei secoli è stato scelto quale luogo privilegiato di residenza. Fra queste, generalmente esterne al perimetro del Parco, la settecentesca villa Casana a Novedrate, villa Valdettaro e villa Stoppani (il Cenacolo) a Lentate sul Seveso, villa Ravasi a Camnago, villa Antona Traversi a Meda e villa Padulli a Cabiate, che vanta una posizione paesaggistica di grande interesse. Nel Parco dei Colli Briantei, invece, le ville Cazzola e Borromeo d’Adda (Arcore), pur esterne al perimetro del PLIS, costituiscono, con i loro parchi, un importante sistema architettonico, instaurando un dialogo di grande interesse dal punto di vista ambientale e paesaggistico con il suo territorio. Più a est, a Velate, la villa Scaccabarozzi, con il suo parco lungo le sponde del torrente Molgorana, stabilisce uno stretto rapporto con il PLIS, immediatamente al di là del corso d’acqua. Lungo il Molgora il sistema delle dimore extraurbane, edificate a partire dal tardo Rina-
scimento, caratterizza il territorio, come nel caso di villa Banfi a Carnate, villa Sottocasa a Vimercate, villa Mylius Oggioni a Burago e villa Trivulzio a Omate (Agrate Brianza), che instaurano un dialogo dal punto di vista ambientale e paesaggistico con il territorio, mentre i loro parchi fungono da cornice ai cannocchiali prospettici che, dalle sponde del Molgora, puntano in direzione delle Prealpi. Nel Parco del Grugnotorto-Villoresi, il complesso di villa Bagatti Valsecchi a Varedo, peraltro ormai intercluso su tre lati dagli sviluppi urbani, rappresenta, insieme al suo parco, agli annessi agricoli e al viale monumentale prospettico che si estende fino a Paderno Dugnano, un’eccezione, mancando forti riferimenti di connotazione monumentale o storica. Infine, nel Parco della Collina di San Colombano, l’esiguità di testimonianze monumentali è probabilmente dovuta al privilegiato impiego agricolo dei pendii collinari, iniziato già in epoca romana e stabilito definitivamente dai monaci irlandesi e certosini che votarono la collina alla cultura vitivinicola, senza costruirvi altro che piccole ville patrizie e modesti agglomerati rurali.
Sebbene si estenda su di una zona pianeggiante compresa nell’area padana, che solo nella parte più settentrionale vede le prime ondulazioni del terreno, a preludio dell’ambito pedemontano, il territorio milanese e dell’area briantea, si caratterizza per la pluralità di sub-sistemi territoriali, ciascuno dei quali mantiene ancora oggi le proprie specificità, sia di natura prettamente territoriale che socioeconomica, nonostante sia stato oggetto per buona parte di uno sviluppo urbano spesso aggressivo e, soprattutto, poco incline a garantire la tutela dei caratteri fisico-ambientali. Il disegno territoriale si compone a partire
da un nucleo centrale, quello del capoluogo regionale e dei comuni di cintura, contrassegnato negli ultimi decenni da fenomeni di dismissione, che solo più di recente hanno visto il concretizzarsi di progetti di trasformazione urbanistica nei quali la funzione residenziale e commerciale ha avuto in genere il sopravvento rispetto alle preesistenti funzioni produttive. Un territorio questo, nel complesso, con caratteristiche eterogenee dove si intrecciano zone produttive, quartieri residenziali, insediamenti direzionali e commerciali e alcuni grandi servizi e nel quale, in particolare nel caso dei nuclei urbani più maturi, si manifestano pro-
in alto, Gli usi del suolo in provincia di Milano (2008) nella pagina precedente, Il sistema delle aree protette nel territorio milanese e il sistema delle ville (Centro Studi PIM, 2009)
1.2 Il contesto urbanistico-territoriale
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
cessi di riorganizzazione e trasformazione che interessano spesso vaste porzioni di suolo. Spesso, in alcuni centri le ville costituiscono una significativa presenza nell’articolazione dello spazio urbano. La presenza di spazi aperti è in questo territorio residuale e, in ragione di questa condizione, il loro mantenimento risulta indispensabile a garantire una soglia di vivibilità dell’intero sistema urbano. Un secondo ambito è costituito dalla fascia agricola del sud Milano, caratterizzato dal contatto della grande pianura agricola irrigua padana con la conurbazione metropolitana. Quest’area, rimasta fino a pochi decenni fa immutata nei suoi caratteri paesistico-ambientali originari, è stata più di recente, e lo è ancora oggi, interessata da un processo di trasformazione territoriale e di sviluppo di tipo esogeno, alimentato dalla pressione insediativa esercitata dai fenomeni di traboccamento/espulsione dal nucleo centrale. L’ambito nord-est, esteso dall’asta del naviglio Martesana al fiume Adda verso nord, presenta condizioni di una dinamica abbastanza costante che ha consentito un’evoluzione complessiva piuttosto equilibrata del sistema territoriale senza bruschi stravolgimenti degli assetti preesistenti. Lo sviluppo della porzione settentrionale della provincia si è appoggiato alle strade principali, l’antica strada del Sempione e la Varesina da un lato, l’antica Comasina e la più recente Milano-Meda nella fascia centrale e la vecchia e la nuova Valassina dall’altro, dando luogo inizialmente a formazioni lineari e ramificandosi poi ai lati in un tessuto di residenze e piccolemedie industrie che ha poco a poco raggiunto e circondato gli insediamenti agricoli un tempo isolati nelle campagne. Ne è derivato un utilizzo intenso degli spazi, un carattere estemporaneo e difforme delle tipologie edilizie e la loro incongruenza rispetto alla memoria dei luoghi, una nuova forma di paesaggio che rappresenta da un lato la perdita di contenuti formali e
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qualitativi, dall’altro un’evidente dimostrazione del dinamismo e e della vitalità dell’area. In particolare, l’ambito della nuova provincia briantea rappresenta, dopo il nucleo centrale, il fronte più compatto e denso dell’agglomerazione urbana metropolitana, che tende a stemperarsi in un sistema insediativo diffuso in coincidenza con i primi rilievi collinari. In quest’area, al pari delle realtà urbane e produttive più mature, si sono visti fenomeni di decadimento di alcune porzioni di tessuto insediativo causate dalla dismissione produttiva, cui è seguito con fasi alterne un processo di recupero e sostituzione funzionale. L’ambito del nord-ovest si trova spesso in condizioni analoghe a quelle dell’area briantea, almeno per le parti a ridosso dell’asse del Sempione e della direttrice Varesina, ciò per quel che concerne sia l’addensamento urbano, sia per il manifestarsi di fenomeni di dismissione con i conseguenti processi di sostituzione. Minori densità, si rilevano invece nella zona verso l’est Ticino-Magentino, che ha, fino ad ora, subito minori pressioni insediative, anche in ragione di una collocazione defilata rispetto ai principali assi infrastrutturali della mobilità. Con l’inizio della fase industriale ottocentesca, la crescita edilizia degli antichi borghi porta a inglobare, all’interno del territorio urbanizzato, le ville e i giardini. In questo quadro, nonostante la continuità del possesso consentita spesso dalla perdurante consistenza economica del patriziato lombardo, non sempre è stata possibile un’adeguata pratica di conservazione e manutenzione di queste complesse strutture architettoniche. Molti complessi si trovano così in stato di semi-abbandono, subiscono frazionamenti, vengono affittati o subiscono parziali demolizioni, pur sopravvivendo nella loro struttura fondamentale. Soprattutto per i parchi e i giardini, strutture di maggior fragilità rispetto agli organismi edilizi, emerge la criticità di questa situazione, con le prevedibili conseguenze sulla loro struttura.
Nella prima metà del Novecento, numerose ville di notevole pregio, ma prive della necessaria visibilità pubblica, cominciano a rappresentare un onere che la proprietà storica comincia a considerare non più sostenibile, determinando, oltre ad alcuni episodi di abbandono, una serie di donazioni in favori di Enti pubblici, che si ritrovano in una difficile situazione, fra ristrettezze di bilancio e la mancanza di una vera cultura della tutela e della valorizzazione. Negli anni Settanta, questo patrimonio, perfettamente inserito negli antichi centri urbani, costituì per le Amministrazioni comunali una risorsa essenziale per il reperimento di spazi da destinare, da un lato a verde pubblico, dall’altro a sedi istituzionali, di rappresentanza, culturali, ma spesso semplicemente operative, all’interno di centri storici ormai saturi e nei quali raramente si era provveduto a pianificare l’inserimento di tali funzioni. Quello che però è importante sottolineare è il perdurare di una tradizione culturale che lega le comunità locali a questi complessi, attraverso una serie di vicende storiche che ne hanno accompagnato per secoli la vita, spesso guidandone e influenzandone le trasformazioni. Esaminando il quadro della pianificazione locale possiamo subito osservare che pur ricadendo spesso in zona A, i complessi in esame risultano generalmente interessati da destinazioni a standard, verde ma anche altre attrezzature, sovente di livello sovracomunale, con una serie di azzonamenti che, in definitiva, consentono di operare in modo sufficientemente libero nella direzione di trasformazioni compatibili. L’insegnamento fondamentale che emerge è che per poter considerare vive queste ville, non occorre assolutamente che gli strumenti urbanistici comunali congelino questi complessi storici, ma devono anzi fornire tutte le indicazioni necessarie per una loro trasformabilità sostenibile e per un loro riuso compatibile, facendo divenire questi beni dei poli di richiamo per tutte le popolazioni, residenti e no.
L’attenzione andrebbe concentrata in particolar modo sui meccanismi gestionali dei processi edilizi, evidenziando la compatibilità fra gli interventi di trasformazione e le caratteristiche dei complessi edilizi e delle architetture del verde, le condizioni di accessibilità, le necessità della manutenzione programmata e della gestione integrata. Gli strumenti più idonei a questo scopo sono quelli rappresentati dalle schede edilizie, in cui vengono evidenziati in modo circostanziato gli interventi che si rendono necessari, e dalle linee guida progettuali. Si tratta in ogni caso di predisporre dei dispositivi normativi poco vincolanti in materia di scelte insediative private, quanto di grande efficacia in fatto di controllo qualitativo degli interventi di trasformazione. Inoltre, occorre ricordare che il PTCP della Provincia di Milano delega agli strumenti di pianificazione comunale la verifica e l’integrazione a scala di maggior dettaglio dei dati conoscitivi presenti nel PTCP stesso (Elenco 1 e Tavole 3 e 5). Inoltre, i Comuni devono prevedere opportune aree di rispetto intorno ai beni individuati, al fine di consentirne la percezione visiva e di conservarne il ruolo connotante rispetto al paesaggio, determinare gli interventi ammessi e le destinazioni d’uso compatibili e promuovere l’adozione di piani del verde finalizzati alla tutela e gestione del patrimonio vegetale di interesse storico. La geografia del sistema dei servizi di livello sovralocale In fase di adeguamento del PTCP alla LR 12/05, il ruolo dei poli di rilevanza sovracomunale nella riorganizzazione del sistema insediativo verso un modello più compatto ed efficiente deve essere riconsiderato alla luce della disciplina regionale che, tra l’altro, prevede contenuti aggiuntivi del piano dei servizi per i Comuni individuati dal PTCP come “poli attrattori”. Nel quadro dell’analisi compiuta dal Centro Studi PIM sul sistema dei servizi
di livello sovralocale, la geografia dei servizi delinea l’immagine di una provincia a elevata densità in corrispondenza del nucleo denso del capoluogo, soprattutto per quanto concerne gli aspetti quantitativi. Gli ambiti più esterni soffrono, invece, di una relativa carenza, con particolare riferimento alle attività turistico-ricettive e agli spazi espositivi e museali. in tal senso, un incremento dell’offerta deve, necessariamente, accompagnarsi a incisive iniziative di marketing territoriale, incentrate su un turismo non più di livello unicamente locale, in grado, invece, di innescare un meccanismo virtuoso che coinvolga il territorio in tutti i suoi aspetti, agendo sulla trama di beni diffusi e che prenda avvio dalla forte prevalenza di complessi di proprietà privata, che rappresentano oltre il 72% dei casi esaminati. Il ruolo delle amministrazioni pubbliche (Province, Comuni ed Enti parco) deve, allora, es-
sere rivolto innanzitutto all’individuazione e promozione di politiche comuni, coinvolgendo tutti gli operatori in campo, per ritrovare nel sistema delle ville storiche una convenienza economica, definendone potenzialità d’uso e riuso che valorizzino le diverse componenti, ripristinando quella duplice valenza utilitaria ed estetica che un tempo caratterizzava il territorio extraurbano. In secondo luogo, occorrerà operare nel coordinamento dei progetti e nel sostegno mirato di specifiche componenti, attorno alle quali aggregare le azioni dei soggetti privati che intendano inserirsi nei processi di valorizzazione delle risorse paesistico-ambientali.
in alto, Il sistema dei servizi di livello sovracomunale nella provincia di Milano. Tavola di Sintesi (Centro Studi PIM 2007)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
1.3 Il sistema della mobilità: criticità e opportunità fruitivo-culturali
in alto, Il sistema della mobilità dolce nel territorio milanese (Centro Studi PIM, 2008)
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Nel corso dei secoli l’insediamento delle ville attorno al nucleo urbano di Milano si distribuisce, oltre che in zone di particolare pregio paesaggistico e climatico, secondo direttrici privilegiate in corrispondenza di importanti vie di comunicazione, le strade per Varese, Bergamo e Como, ma anche i canali navigabili, sfruttando il progressivo miglioramento
delle condizioni della rete viaria, che rendeva sempre più agevoli anche i lunghi spostamenti. Oggi, i sistemi di collegamento rivestono una sempre maggiore importanza per l’attrattività del territorio, soprattutto tenendo presente che una parte significativa della mobilità turistica nella nostra regione è legata a motivi di lavoro e la dimensione tempo/disa-
PARTE I - 1. Elementi di inquadramento territoriale
gio riveste perciò un ruolo fondamentale nelle scelte di utenti e di operatori. In particolare, il milanese, in relazione alle proprie caratteristiche di territorio densamente insediato, in special modo nel suo quadrante settentrionale, si presenta come un ambito interessato da un’elevata domanda di mobilità, che si confronta con un’offerta infrastrutturale, stradale e ferroviaria, costituita prevalentemente da direttrici radiali rispetto al capoluogo. Al contrario, le relazioni in senso trasversale si presentano decisamente insufficienti: sul versante stradale, a causa della mancanza di un itinerario “forte” che interconnetta le radiali in direzione est-ovest, quale alternativa al sovraccarico sistema tangenziale a nord di Milano (A4 e A52); sul versante ferroviario, a causa delle obsolete caratteristiche prestazionali delle linee Saronno-Seregno-Carnate e Milano-Mortara. Tali elementi contribuiscono ad aggravare la situazione di elevata congestione in cui versa la rete viaria del nord Milano, ormai priva delle caratteristiche prestazionali e di uno schema gerarchico degli itinerari in grado di rispondere in modo adeguato alle esigenze delle differenti tipologie di traffico circolante. Inoltre, a fronte di una dotazione infrastrutturale ferroviaria piuttosto consistente, non sempre i servizi offerti risultano sufficientemente appetibili (in termini di quantità e qualità) per attuare un sostanziale trasferimento modale verso la mobilità pubblica, valorizzando anche i luoghi di sinergia con la rete del trasporto pubblico su ferro ovvero le stazioni, sia della rete ferrovia-
ria che di quella metropolitana, per favorire e promuovere l’utilizzo combinato ferro+bici. In tal senso, non sono da dimenticare anche le opportunità potenzialmente offerte dalla rete del trasporto metropolitano e tranviario interurbano di Milano, sebbene allo stato attuale risulti anch’esso scarsamente efficace, per le cattive condizioni delle linee tranviarie per Limbiate e Desio e per il posizionamento dei capolinea della rete metropolitana ancora troppo all’interno dell’area urbana milanese, con l’esclusione del ramo per Gessate della M2, del capolinea di S. Donato della M3 e del prolungamento della M1 fino all’area fieristica di Rho-Pero. Il territorio milanese è anche caratterizzato da un’estesa rete di percorsi ciclabili, anche se non sempre si tratta di itinerari a lungo raggio di percorrenza, consistendo, più spesso, in tratti di percorribilità intercomunali (fra comuni contermini) o di collegamento fra le frazioni e i capoluoghi, in una logica di sovracomunalità che non ha ancora rappresentato comunque il punto di forza della mobilità ciclistica. I principali itinerari ciclabili sono per lo più legati alla presenza di infrastrutture stradali, grandi canali, parchi regionali e parchi locali. È il caso di: • la pista ciclabile lungo la SS36 Valassina, realizzata in concomitanza con i lavori di riqualificazione della strada nella tratta da Lissone a Giussano; • la pista ciclabile lungo l’alzaia del canale Villoresi, seppur attualmente molto frammentata; • le piste ciclabili lungo le alzaie dei navigli;
• i percorsi ciclabili all’interno dei parchi territoriali, in particolare la dorsale nord-sud del Parco delle Groane, la rete di piste ciclabili del Parco Nord, il sistema dei percorsi del Parco del Molgora. Nella aree extraurbane non vincolate a parco e ancora a destinazione agricola, ma anche nel territorio del Parco Sud, è possibile trovare itinerari ciclabili che sfruttano strade rurali preesistenti, permettendo il flusso ciclabile in promiscuo con il passaggio di mezzi agricoli. In generale, osservando la rete della mobilità ciclistica, si rileva come gran parte delle ville milanesi sia interessata da un collegamento ciclabile, anche se solo in pochissimi casi tali collegamenti fanno parte di un itinerario di lunga percorrenza, di valenza sovracomunale. In nessun caso esiste un collegamento diretto, seppur “tortuoso”, con il capoluogo. Unica eccezione è rappresentata dalle ville del Martesana, la cui accessibilità ciclabile da Milano è assicurata dalla pista lungo il canale. Oggi, il parziale recupero dei navigli come vie d’acqua, a partire dalla recente proposta di Piano Territoriale d’Area Navigli Lombardi, può essere riferito alla navigazione a fini ricreativi, culturali e sportivi, sia a livello locale che nell’ambito di più complessi progetti di valenza sovraregionale, come l’itinerario Locarno-Venezia. La navigazione deve quindi essere interpretata come elemento di rivitalizzazione e riqualificazione alla scala sia locale che territoriale, a scopo essenzialmente di loisir o didattico, anche in relazione a interventi di ripristino delle numerose conche e manufatti idraulici.
Il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria Regionale 2008-2010 della Regione Lombardia Il punto 2.3 “Culture, identità e autonomie” del DPEFR sottolinea come la cultura rappresenti un importante fattore di sviluppo, che deve essere maggiormente praticato nell’azione di governo. L’azione regionale si incentra sulla
valorizzazione del patrimonio culturale attraverso interventi di conoscenza, conservazione e restauro del patrimonio culturale, basati su una logica di sistema e sempre più integrati con azioni finalizzate alla sua fruizione e valorizzazione, che pongano attenzione non solo ai singoli beni, ma anche al contesto storico e territoriale di riferimento, alle componenti
1.4 Il tema delle ville storiche nella programmazione e pianificazione sovralocale nella pagina seguente, L’affaccio del nucleo storico di Cernusco sul Naviglio in una elaborazione con il modello 3D della cartografia digitale (Centro Studi PIM)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
materiali originarie, alle tecniche costruttive impiegate e alla metodologia innovativa della “conservazione programmata”. Mentre i precedenti DPEFR prevedevano come principali azioni lo sviluppo di specifici strumenti di programmazione/pianificazione (Piani d’area, AQST, AdP e altri), la realizzazione di progetti di sviluppo turistico e di marketing territoriale, l’applicazione della conservazione programmata del patrimonio culturale, lo sviluppo delle attività di documentazione, l’attuale Documento si pone l’obiettivo di un affinamento degli strumenti di programmazione integrata volti alla gestione e alla fruizione del patrimonio recuperato, in un’ottica di sostanziale autonomia finanziaria. Il PTPR della Regione Lombardia La pianificazione paesistica promossa dalla Regione, in accordo con le indicazioni della Convenzione europea del paesaggio, persegue tre finalità, tra loro interconnesse anche se perseguibili con strumenti diversi: 1. la conservazione delle preesistenze e dei relativi contesti (leggibilità, identità, ecc.) e la loro tutela nei confronti dei nuovi interventi; 2. la qualità paesaggistica degli interventi di trasformazione del territorio (la costruzione dei “nuovi paesaggi”);
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3. la consapevolezza dei valori e la loro fruizione da parte dei cittadini. La pianificazione paesistica considera tutto il territorio regionale e ne stabilisce i diversi gradi di tutela, definendo gli ambiti spaziali ai quali tali diversi gradi si applicano, utilizzando categorie e metri di giudizio pertinenti alle specificità dei territori interessati. Momento centrale dell’azione di tutela e di promozione della qualità paesistica è rappresentato dall’esame degli interventi di trasformazione. L’esame paesistico valuta l’impatto paesistico, inteso come la combinazione fra progetto e contesto, e ha per oggetto tutti i progetti di intervento sul territorio che incidono sul paesaggio e la sua percezione. Il PTPR, approvato con DelCR n° VII/197 del 06/03/2001, è lo strumento con il quale la regione attua le suddette finalità ed è parte di un più vasto sistema di pianificazione paesistica denominato “Piano del paesaggio lombardo”. Il PTPR ha la duplice natura di quadro di riferimento per la costruzione del Piano del Paesaggio lombardo e di strumento di disciplina paesistica attiva del territorio. In quanto Quadro di Riferimento Paesistico, il PTPR: • è esteso all’intero territorio regionale per il quale promuove l’unitarietà e la coerenza delle politiche • orienta e verifica sotto il profilo paesistico
le politiche di settore (con particolare riguardo a quelle agricole e a quelle relative ai lavori pubblici); • segnala i valori e i fattori di identità e individua i processi di degrado proponendo le opportune azioni di tutela e di recupero. In quanto strumento di salvaguardia e disciplina del territorio il PTPR: • è potenzialmente esteso all’intero territorio, ma opera effettivamente là dove e fino a quando non siano vigenti atti a valenza paesistica di maggiore definizione, • identifica ambiti spaziali o categorie di rilevanza regionale, cui attribuisce differenti regimi di tutela, nel rispetto delle diverse unità tipologiche del paesaggio e delle strutture insediative presenti; • fornisce disposizioni immediatamente efficaci su ambiti territoriali regionali, precisamente individuati nella tavola D e negli abachi, considerati di particolare rilevanza; • individua i criteri e gli indirizzi per la pianificazione successiva spettante agli enti locali e individua in tal senso anche ambiti unitari di particolare attenzione da sottoporre a studi più approfonditi; • definisce una procedura sperimentale di esame paesistico degli interventi sul territorio. Gli aggiornamenti e integrazioni 2008 al PTPR (DelGR n°6447 del 16/01/2008), sviluppano, fra gli altri, il tema della valorizzazione dei percorsi e dei luoghi in grado di dare vita a nuove modalità di fruizione paesaggistica, storico-culturale e naturalistica. Le indicazioni dei Piani delle aree protette Il PTC del Parco del Ticino, che tutela l’importante patrimonio paesaggistico e naturalistico della valle, all’art.17 (Tutela e valorizzazione delle strutture storiche del paesaggio), individua fra i beni da tutelare gli insediamenti di valore storico, senza peraltro una specifica attenzione in merito al ricco patrimonio di ville storiche presenti lungo il corso del naviglio Grande.
PARTE I - 1. Elementi di inquadramento territoriale
Il Parco delle Groane comprende le superstiti aree di brughiera dei terrazzamenti ferrettizzati intercluse tra aree fortemente urbanizzate del territorio a nord di Milano. Il PTC del Parco individua, fra le Zone di interesse storico-ambientale (art.37), i beni di particolare interesse storico-architettonico e ambientale, destinati alla valorizzazione in funzione sociale, con destinazioni ammesse residenziali, agricole e terziarie, mentre sono escluse quelle terziarie e artigianali. Il PTC prevede, inoltre, uno specifico Piano di settore per le zone di interesse storico-ambientale, che individua le destinazioni specifiche consentite, gli interventi ammessi e i criteri progettuali. Particolare tutela è rivolta ai giardini, per quanto riguarda l’uso, il disegno, gli arredi e le essenze. Il Parco Nord Milano, per quanto votato a un uso principalmente fruitivo, comprende due importanti complessi storicoarchitettonici, villa Manzoni (Cormano) e villa Torretta (Sesto San Giovanni). Tali complessi sono inseriti dal PTC nella Zona monumentale (art.8) sono destinati alla valorizzazione, non solo paesaggistico-architettonica, ma anche sociale. Le norme vietano il frazionamento degli immobili e dei complessi, consentendo solo interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, tranne che per le proprietà pubbliche,per le quali sono permessi gli interventi di ristrutturazione, anche con mutamento delle destinazioni d’uso. Particolare tutela è rivolta al parco di villa Manzoni, per quanto concerne il disegno architettonico, gli arredi e le essenze. Nel PTC Parco della Valle del Lambro assume grande rilievo l’Ambito del Parco Reale di Monza (art.17), che comprende anche il complesso di villa Litta Modignani a Vedano al Lambro, i cui obiettivi prevedono: • la riqualificazione ambientale, con riduzione degli impatti negativi; • la ricostituzione dei caratteri paesaggistici e della sua identità storico-ambientale; • il recupero degli immobili in relazione; • il miglioramento delle condizioni di fruibi-
lità pubblica. Inoltre, l’art.18 (Ambiti di parco storico) individua edifici, giardini, parchi e relative pertinenze di interesse storico-ambientale, da sottoporre a tutela e valorizzazione. Il Piano demanda alla pianificazione comunale l’individuazione di puntuali prescrizioni, fatto salvo il divieto di interventi di ristrutturazione urbanistica, nuova costruzione o ristrutturazione edilizia con ricostruzione. Il PTC del Parco dell’Adda Nord individua specificatamente, all’art.26, le ville e i parchi privati di valore ambientale, precisando gli interventi consentiti al fine di garantirne la conservazione, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso. Il PTC del Parco Agricolo Sud Milano, pur trattando ampiamente i beni di interesse storico-architettonico (artt.17-3840), non richiama in modo particolare le ville, non rappresentando un elemento caratteristico del suo territorio. In particolare, l’art.40 individua le Emergenze storico-architettoniche, con l’obiettivo di valorizzarne la funzione sociale, connessa alla conoscenza e alla fruizione da parte del pubblico. Il Piano riserva alla pianificazione comunale l’individuazione degli interventi ammessi e delle destinazioni d’uso compatibili, fatto salvo il divieto di totale demolizione e ricostruzione e il rispetto dei caratteri architettonici e del rapporto con il paesaggio. Il PTC prevede, inoltre, un Piano di settore Salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio storico-monumentale (art.17), con l’obiettivo della tutela e valorizzazione dei beni. Per quanto riguarda i PLIS, il Piano Particolareggiato del Parco del Molgora individua come Edifici monumentali ed emergenze storico-culturali (art.9), i complessi di particolare interesse architettonico e le aree annesse interessate da parchi storici di notevole valore ambientale, da sottoporre a tutela e valorizzazione sia per quanto concerne l’aspetto paesaggistico del Parco, sia in funzione sociale, favorendone l’uso o l’accessibilità pubblica. Infine, il Piano Particolareggiato del Parco del-
la Collina di San Colombano individua, nella Sotto-unità insediativa (art.7.2), oltre agli edifici a destinazione residenziale, gli insediamenti storici di interesse architettonico e paesistico, come il complesso di Madonna dei Monti, con la chiesa e la villa settecentesca, che costituisce, per la sua notorietà, un elemento di chiaro riferimento territoriale e per il quale è prevista la tutela conservativa e il recupero, anche a fini ricettivi e turistico-ricreativi, nel quadro della valorizzazione del paesaggio rurale storico. La Rete dei Giardini Storici del nord Milano (ReGis) La Rete dei Giardini Storici è nata nel novembre 2006, in occasione del convegno “Giardini storici. A 25 anni dalle Carte di Firenze” , con lo scopo di coinvolgere i soggetti proprietari e gestori di architetture vegetali di interesse storico del nord Milano nello sviluppo di attività di fruizione pubblica di siti privati. La Rete pone particolare attenzione ai parchi e giardini annessi a palazzi e ville di delizia che, nella loro specificità di complessi architettonici e sistemi paesaggistici, contribuiscono alla definizione dei caratteri paesaggistici dei luoghi, rappresentando una fondamentale risorsa per l’organizzazione urbanistica e territoriale. Le principali finalità della Rete sono: • la condivisione di informazioni di reciproco interesse per la tutela e la valorizzazione delle architetture vegetali storiche; • l’attivazione del confronto e dello scambio di esperienze in merito alla gestione dei siti; • l’attivazione di specifici progetti di valorizzazione del patrimonio naturalistico dei diversi siti, anche in collaborazione con aree protette, orti botanici, enti di ricerca e altre organizzazioni dedite alla conservazione del patrimonio vegetale; • la promozione dell’attività didattica e delle iniziative culturali; • la promozione delle attività di formazione del personale tecnico e scientifico.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Milano Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Milano attualmente vigente (Delibera del Consiglio Provinciale n°55 del 14 ottobre 2003) determina gli indirizzi generali di assetto del territorio provinciale perseguendo alcuni obiettivi fondamentali, fra i quali la valorizzazione delle risorse paesistiche, ovvero la definizione di strategie trasversali ai diversi settori che assumano il paesaggio come indicatore di qualità dei luoghi di vita, che introducano strumenti di valutazione della compatibilità paesistica delle trasformazioni territoriali, che misurino sul paesaggio la qualità dello sviluppo economico e insediativo. In particolare, il Piano individua, all’art.39 e alla tavola 3, sia gli elementi storico-architettonici vincolati ai sensi del Dlgs 42/04, sia i beni ritenuti di valore storico-architettonico, per i quali si prevede: • la tutela dei beni, volta al mantenimento o al ripristino della loro struttura e consistenza originarie e al mantenimento dell’integrità e dei caratteri del contesto paesistico-ambientale; • la valorizzazione dei beni anche di non particolare emergenza, ma che rappresentino un riferimento territoriale, capaci di attribuire identità storica e culturale ai luoghi e di costituire punti di appoggio per l’individuazione di percorsi turistico-ricreativi; • la valutazione della compatibilità delle nuove funzioni previste, finalizzate alla valorizzazione dei beni, nel rispetto del contesto in cui sono inseriti; • la redazione di un progetto riguardante non solo i caratteri storico architettonici dei singoli manufatti, ma esteso all’intero contesto in cui il bene è inserito, a cui subordinare gli interventi ricostruttivi o di recupero e, per i giardini storici, la redazione di uno studio che consideri tutte le componenti, architettoniche, materiche e vegetali; • la verifica degli effetti indotti con particola-
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PTCP DELLA PROVINCIA DI MILANO Art. 27 - Elementi storici e architettonici 1. Il PTCP individua, in via preliminare alla Tavola 3, gli elementi storico architettonici quali: edifici storici, religiosi, civili, militari, rurali, ville, parchi e giardini storici, edifici di archeologia industriale, luoghi e scenari della memoria storica e loro ambiti paesistici e spaziali di pertinenza, testimonianze significative della storia e della cultura, che costituiscono emergenze puntuali. Gli elementi storico - architettonici comprendono, altresì, le emergenze paesistiche complesse, caratterizzate dalla presenza di più elementi strettamente interconnessi e caratterizzanti il territorio. Detta individuazione assume efficacia di prescrizione diretta solo nei casi di cui al comma 5 dell’art. 4. I criteri e le modalità di intervento ammessi per tali elementi rispondono al principio della valorizzazione. 2. Il PTCP individua i seguenti indirizzi: a) la tutela conservativa dei beni in oggetto, volta al mantenimento e al ripristino della loro originaria struttura e consistenza e al mantenimento dell’integrità e della significatività, anche estetico - visuale del contesto paesistico - ambientale connesso; b) la promozione di riutilizzi e recuperi, volti anche alla conservazione dei significati degli organismi, dei luoghi e dei contesti che li hanno prodotti originariamente; c) la valorizzazione anche dei siti storici di non particolare emergenza architettonica o paesistica, ma che rappresentano un valore diffuso e capillare, capace di attribuire identità storica e culturale ai luoghi nonché di assumere il ruolo di punti di appoggio per il progetto di rete ecologica provinciale o per la strutturazione di percorsi turistico ricreativi. 3. Gli elementi individuati comprendono sia i beni vincolati ai sensi del D.lgs. 490/1999, per i quali sono fatti salvi i poteri dell’autorità statale in materia, sia beni ritenuti di valore storico - architettonico e individuati in via preliminare dal PTCP. Tali beni saranno puntualmente riportati negli elaborati degli strumenti urbanistici comunali. Agli elementi storico - architettonici, ai sensi dell’art. 4, si applicano le seguenti disposizioni: a) gli interventi di manutenzione straordinaria di risanamento conservativo e di restauro devono essere orientati al mantenimento dello stato dei luoghi; b) gli interventi ricostruttivi o di recupero dovranno essere subordinati alla redazione di un progetto riguardante non solo i caratteri storico architettonici dei singoli manufatti, ma esteso all’intero contesto in cui il bene è inserito. Nel caso dei giardini e parchi storici, gli interventi vanno inquadrati all’interno di uno studio complessivo che consideri tutte le sue componenti, architettoniche, materiche e vegetali; c) eventuali modifiche alla destinazione d’uso vanno finalizzate alla loro valorizzazione, attraverso un’attenta valutazione della compatibilità delle nuove funzioni previste, evitando la frammentazione dei beni stessi e rispettando il contesto in cui sono inseriti; d) gli interventi di modifica all’aspetto esteriore dovranno essere supportati da specifici studi di verifica degli effetti indotti con particolare attenzione alle visuali e ai rapporti percettivi esistenti, alla compatibilità delle destinazioni d’uso e a tutti quegli aspetti che possono influire sulla conservazione dei caratteri peculiari del bene considerato. Ai fini della valorizzazione dovrà essere favorita la funzione sociale connessa all’accessibilità, alla conoscenza e, ove possibile, alla fruizione dei luoghi e dei beni. 4. La Provincia promuove la divulgazione e la conoscenza di tali emergenze al fine di una loro valorizzazione culturale e turistico - fruitiva. A tal fine la Provincia mette a disposizione, per l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, quale misure di conoscenza il Repertorio degli elementi storici, paesistici e ambientali. La Provincia inoltre promuove quale azione di valorizzazione turistica la creazione di parchi culturali. Il Comune, in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP: a) verifica alla scala di maggior dettaglio i dati conoscitivi presenti nel Repertorio A ed individuati alla Tavola 5 in funzione dell’importanza storica, delle attuali caratteristiche e dell’attuale funzione svolta dai diversi elementi; b) verifica e individua alla scala di maggior dettaglio i dati conoscitivi individuati in via preliminare alla Tavola 3; c) individua eventuali altre emergenze, singole o complesse, da sottoporre ad azioni di tutela; d) definisce planimetricamente e catastalmente gli oggetti e le relative aree di protezione e determina gli interventi ammessi e le destinazioni d’uso compatibili, secondo le direttive di cui al precedente comma 3; e) promuove l’adozione di Piani del Verde al fine di tutelare e gestire correttamente il patrimonio vegetale di interesse storico, anche attraverso programmi di manutenzione a breve, medio e lungo termine, nonché di incrementare la realizzazione di sistemi di connessione del verde pubblico.
PARTE I - 1. Elementi di inquadramento territoriale
re attenzione alle visuali e ai rapporti percettivi esistenti, alla compatibilità delle destinazioni d’uso, nell’ottica del mantenimento dei caratteri peculiari dei beni. Inoltre, il Piano, per il quale è stato recentemente avviato il nuovo iter di adeguamento alla LR 12/05, prevede, fra i programmi di azione paesistica, riferiti alle differenti unità paesistico-territoriali (art.70), la valorizzazione del patrimonio storico-culturale delle ville di delizia nelle loro diverse componenti (quali ville, palazzi, parchi e giardini, ecc.) attraverso la realizzazione di circuiti turistico-culturali. I percorsi di interesse paesistico della provincia di Milano Lo scopo principale della ricerca, elaborata dal Centro Studi PIM nel 2002 e confluita nel PTCP vigente, è stato quello di definire una rete di itinerari in grado di favorire la conoscenza dei diversi ambiti del paesaggio provinciale e dei beni di maggiore interesse. La rete dei percorsi, leggibile secondo le condizioni di percorribilità dei diversi tipi di strada e secondo il sistema paesistico attraversato, è definita secondo una serie di grandi categorie: • i percorsi lungo le principali linee d’acqua (Adda, Ticino, navigli e grandi canali irrigui); • la città di Milano (definita dalla cerchia dei navigli interni); • il parco della valle del Ticino; • la gronda meridionale del parco Agricolo Sud Milano; • la zona ovest del Parco Agricolo Sud Milano, l’area dei fontanili; • la zona est del Parco Agricolo Sud Milano; • la Brianza meridionale e valle del Lambro; • il nord Milano, le Groane, la pianura del Villoresi, la pianura asciutta. Per ognuno dei 37 percorsi individuati è stata formulata una scheda che contiene l’indicazione dei principali paesaggi attraversati, della presenza di parchi regionali e locali, della tipologia e lunghezza del percorso, dei sistemi
di beni di caratterizzazione, dei comuni attraversati e degli eventuali incroci con altri percorsi. Fra i principali itinerari che coinvolgono il tema della villeggiatura occorre segnalare: • P01 - valle dell’Adda e naviglio di Paderno (26 km): la valle fluviale, sistemi difensivi, archeologia industriale, villeggiatura, navigli di Paderno e Martesana; • P02 - naviglio Martesana (31,5 km): il paesaggio urbano e agrario, il naviglio, la villeggiatura e le cascine; • P04 - naviglio Grande (48 km): paesaggio urbano e agrario, il naviglio, la valle del Ticino, villeggiatura, centrali idroelettriche; • P06 - canale Villoresi (80,5 km): l’alta pianura, il paesaggio urbano e agrario dal Ticino all’Adda, la villeggiatura; • P18 - Cisliano-Corbetta-Cassinetta (11 km) zona dei fontanili, sistema difensivo, villeggiatura, cascine; • P25 - Lambro settentrionale (32 km): pae-
saggio della valle del Lambro, villeggiatura, archeologia industriale, parco di Monza • P26 - Vallassina (34 km): il sistema urbano del nord Milano, la villeggiatura, l’archeologia industriale; • P27 - dal parco Nord alle Groane(34,5 km): il paesaggio delle Groane, le fornaci, il Castellazzo di Bollate; • P28 - dal Seveso al Lambro (24,5 km): paesaggio della brughiera e alta pianura asciutta; • P29 - valle Olona (36 km): la valle fluviale, i molini lungo l’antica strada del Sempione; • P31 - zona dei fontanili (27 km): i fontanili, villeggiatura lungo la padana superiore • P33 - dal parco Nord alla Martesana (4 km): il paesaggio urbano in trasformazione; • P37 - alta pianura asciutta (24 km): il sistema rurale, i boschi di Magnago. in alto, Le diverse tipologie di percorsi di interesse paesistico (Centro Studi PIM, 2002)
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2. Storia e caratteristiche della villa milanese Introduzione
Nell’ambito territoriale del milanese, comprendente la provincia di Milano e la provincia di Monza e Brianza, sono state censite 7161 ville gentilizie. Nel loro complesso tali beni culturali costituiscono uno straordinario patrimonio di carattere monumentale, storico ed artistico, non solo per la rilevante consistenza numerica e l’interesse di carattere architettonico ed artistico dei singoli episodi – che in molti casi travalica l’ambito locale – ma anche per il valore storico ed identitario che le ville rivestono all’interno dei singoli contesti locali e del territorio milanese nella sua totalità e per il valore ambientale dei giardini e dei parchi ad esse correlati. Testimonianza di un’azione insediativa che si è protratta per secoli, le ville hanno caratterizzato in maniera profonda il contesto territoriale, fungendo da capisaldi ed elementi generatori della morfologia del territorio. Esse, infatti, hanno rappresentato per lungo tempo un elemento dominante del paesaggio e polarità propulsive della conformazione urbanistica dei borghi preesistenti presso cui si insediarono o che sorsero in concomitanza. Ancora oggi esse mantengono un carattere specifico di emergenza, pur all’interno della densa trama insediativa che connota l’area metropolitana di Milano. La villa è, dal punto di vista tipologico, un organismo architettonico isolato in un contesto paesaggistico, costituito generalmente dall’edificio propriamente villereccio, adibito ad abitazione signorile, dai rustici annessi e dalle eventuali corti di servizio, spazi e volu-
mi organizzati gerarchicamente per funzione e consistenza. Essa è concepita secondo un intimo coinvolgimento con l’ambiente circostante nel quale è collocata e si rapporta con la natura attraverso l’impostazione formale del giardino, che ne costituisce parte integrante. In alcuni casi la villa è inserita all’interno di un borgo ma non in continuità con altri edifici. Destinata a dimora extraurbana signorile, per lo più temporanea e stagionale, concepita in stretto rapporto con la natura del territorio, la villa gentilizia rappresentava una forma di presidio che insisteva sulle proprietà fondiarie della nobiltà, quegli estesi possedimenti agricoli produttivi da cui la nobiltà traeva tradizionalmente buona parte della sua floridezza. Nello stesso tempo la villa era luogo riservato al riposo, all’otium, allo svago, simbolo di potere e segno tangibile di una volontà di affermazione e dominio anche visivo sull’ambiente circostante. Le ville del milanese, irradiandosi sul territorio extra-urbano, diffusero il gusto della nobiltà cittadina e, di pari passo con le fortune materiali dei diversi casati e le migliorate possibilità di spostamento, andarono estendendo il loro insediamento dalle aree più prossime alla città a luoghi di delizia più lontani, dove la presenza di corsi d’acqua, di boschi e le prime alture collinari promettevano soggiorni più gradevoli. Nella storia della villa milanese, durata circa quattro secoli, si riflettono perciò i mutamenti del gusto e del costume di chi le abitò: la cultura delle classi egemoni a Milano, nonché le diffuse aspirazioni dei ceti dominanti di esaltare il loro status e prestigio sociale, trovarono puntuale
manifestazione nella realizzazione e trasformazione delle ville gentilizie, opere a cui la nobiltà ambrosiana attese con larghezza di mezzi non disgiunta da un’attenta valutazione di ciò che si rivelava anche utile e proficuo. La villa milanese, come detto, non è luogo esclusivamente di piacere, ma anche centro di attività complesse, sovente luogo deputato al controllo e alla gestione del fondo agricolo, nonché elemento organizzatore dei vasti possedimenti che facevano capo ai nobili. Esse furono anche luogo di eccellenza intellettuale, teatro di incontro e di fertile scambio tra i “begli spiriti del tempo”: studiosi, letterati ed artisti vi furono ospitati portando nelle ville il dibattito dei circoli culturali e delle accademie cittadine, o partecipando a intrattenimenti e a momenti di vita mondana, che rappresentavano episodi di non poco significato nella vita culturale dell’epoca. Ancora oggi le ville, come monumenti (nonostante le molte manomissioni ed il depauperamento cui sono andate soggette), esprimono e testimoniano il susseguirsi delle principali manifestazioni artistiche, architettoniche, del gusto e della cultura dell’epoca che va dalla fine del XV al XIX secolo, costituendo uno degli elementi più caratterizzanti e di rilievo all’interno del territorio milanese.
1. Vengono escluse le ville edificate nel XX secolo e la maggior parte di quelle risalenti all’ultimo decennio del XIX secolo, in quanto non più appartenenti alla tipologia della villa di carattere gentilizio, modello architettonico che si sviluppa in Italia tra la fine del Quattrocento e la metà dell’Ottocento.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
2.1. La formazione del tipo “villa” ed il modello culturale del “vivere in villa”
nella pagina precedente, Marc’Antonio Dal Re, Veduta di Villa Alari a Cernusco, incisione da “Ville di delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano”, Milano 1743. in basso, Simone Martini, Allegoria Virgiliana, frontespizio di un codice posseduto dal Petrarca. Milano, Biblioteca Ambrosiana.
Le ville gentilizie del milanese rappresentano l’incarnazione locale di un fortunato tipo architettonico che, a partire dalla metà del XV secolo, tornò a proporre, dopo lo splendore dell’epoca classica, il tema della dimora signorile in ambito rurale, secondo le rinnovate condizioni culturali promosse dall’Umanesimo e portato a limpida espressione formale dal Rinascimento italiano. Il recupero della classicità, operato già a partire dal XIV secolo attraverso la riscoperta delle fonti letterarie antiche, veicolò i necessari presupposti ideali per l’affermazione della villa: nuova vita ebbero temi quali l’evocazione dell’età dell’oro, momento ideale della storia dell’uomo collocato in una mitica dimensione agreste; un generale rinnovato interesse per la Natura, non più avvertita, come dalla sensibilità medioevale, come luogo ostile ed ingovernabile ma come potenza generatrice all’interno della quale l’uomo può essere accolto secondo un ordine ed un rapporto armonico; la visione etica dell’otium (“ozio”) inteso nel senso classico di attività contemplativa, nutrita di buone letture, dedita al componimento letterario e alla riflessione filosofica, avvertita come forma superiore di intellettualità perché non destinata ad alcuna finalità pratica (negotium) ma solo al miglioramento di sé, della propria “umanità”. La villa e il giardino furono concepiti allora come luoghi ideali nei quali far rivivere il mondo classico, esempio di grandiosità e modello di civiltà con cui confrontarsi. I soggiorni in campagna, lontani dagli impegni e dagli affari, e il passeggio nel giardino di un gruppo di sodali intellettualmente affiatati, diventavano esperienze utili, occasioni per poter riattualizzare il programma ideale che si riteneva la classicità avesse lasciato come eredità imperitura. La villa diviene una fra le più significative manifestazioni della cultura rinascimentale, di cui rappresenta, per molti versi, una sintesi emblematica, l’incarnazione di una sensibilità e di un
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“programma ideale” che trova corrispondenza in precise istanze culturali ed esemplifica in forma architettonica uno stile idealizzato di vita. La rinascita della villa vera e propria, secondo una ricerca tipologica originale, avviene a Firenze, culla del Rinascimento, il più avanzato centro di sperimentazione artistica ed architettonica d’Italia, dove la committenza medicea, di ascendenza mercantile e finanziaria, per le caratteristiche politiche stesse del suo potere, è indotta ad aspirare a un nuovo tipo di dimora signorile che si differenzi dal castello fortificato, la cui immagine è intrinsecamente legata al ruolo della nobiltà feudale. Secondo i più aggiornati frutti della riflessione architettonica fiorentina, dunque, a Firenze la villa si configura, a partire dalla metà del XV secolo, come un nuovo tipo architettonico, con caratteri propri autonomi e forme monumentali, e come organismo formalmente compiuto concepito secondo una concezione organica del rapporto tra edificio e natura del luogo, in una stretta interdipendenza tra impianto architettonico, del giardino e dell’ambiente naturale, nel quale sono assenti i caratteri militari e difensivi propri dei castelli e dei caseggiati rustici medievali. Dalla Toscana il concetto di villa si diffuse abbastanza rapidamente nelle altre corti italiane: a Roma, a Ferrara, a Mantova, a Milano. Nel corso dei secoli l’evoluzione della villa seppe prestarsi, in linea anche con le differenti sensibilità locali, ad accogliere ed incarnare le espressione del gusto e della sensibilità in divenire, concreta manifestazione delle successive idee sul bello, l’utile, la natura, l’arte e l’architettura, fornendo così eloquente sintesi di alcuni temi e motivi ideali che caratterizzarono lo svolgersi nella storia della cultura occidentale.
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
Nelle terre del Ducato milanese, a differenza di quanto accade in Toscana, la genesi dell’edificio villereccio segue strade differenti. La cultura architettonica milanese, forte delle proprie tradizioni architettoniche lombarde, profondamente radicate, non può accogliere senza riserve il verbo rinascimentale fiorentino, e nonostante i significativi punti di contatto tra le due città, non sente la necessità di localizzare le funzioni complesse legate al nascente fenomeno della villeggiatura in un nuovo modello architettonico appositamente conformato secondo le moderne necessità. Alla radicalità di una tipologia nuova a Milano si preferisce l’adattamento graduale di tipologie note, come quella del castello e della cascina, progressivamente innovate mano a mano che si chiariscono le più attuali esigenze. Dal punto di vista architettonico i precedenti diretti della genesi della tipologia della villa sono individuabili nelle architetture civili che rappresentano le forme di insediamento in ambito rurale: il castello medioevale e le fattorie di vario genere e conformazione (curtes, grange, cascine), con lo specifico apporto delle rispettive peculiarità. Già a partire dalla metà del XIII sec. andò riconfigurandosi il rapporto tra città e contado per ragioni di molteplice natura quali la progressiva scomparsa delle autonomie feudali, le mutate esigenze di carattere difensivo, lo sviluppo di una economia di carattere più spiccatamente commerciale, incentivata anche dal perfezionamento delle pratiche agricole e produttive, a loro volta favorite dagli effetti delle opere di canalizzazione volte a favorire l’irrigazione e che ebbero ricadute anche sui trasporti, etc. Il consolidarsi del dominio visconteo, che rendeva la situazione politico-militare interna relativamente più stabile, indusse in seguito i signori e la nobiltà feudale dei territori più prossimi a Milano a conformare i loro castelli secondo criteri non ispirati unicamente dalle esigenze di carattere difensivo,
2.2. Il Quattrocento
ma aperti anche a recepire, soprattutto nelle parti interne, alcuni elementi aulici, dettati dal desiderio dei piaceri cortesi e dalla volontà di migliorare il carattere residenziale dei manieri. Gli stessi reggitori del Ducato, Visconti prima e Sforza poi, iniziarono a vivere molti dei castelli disseminati nel contado come fossero ville di piacere, per feste, ritrovi e battute di caccia. Castelli come quelli di Pavia, Cusago, Binasco, Abbiategrasso o Vigevano, nonostante le diversità rispettivamente rivestite all’interno del sistema insediativo della signoria milanese, furono tutte sedi in cui realizzare vasti parchi adibiti a riserva di caccia. Tali parchi, costituiti da aree boschive e zone di verde in parte rielaborate, alcuni dei quali perfino recintati per evitare il frodo, arrivarono quasi a specializzarsi per il particolare tipo di selvaggina che ospitavano. Galeazzo II fu il primo signore nel nord Italia a trasformare il proprio maniero in un palazzo signorile facendo del proprio castello di Pavia una elegante dimora, primo esempio, nonostante il perdurante linguaggio turrito, di prototipo di villa del nord Italia, corredata appunto da un vasto giardino e da un parco, adibito a riserva di caccia, quel “Parco Vecchio”, o barco ducale iniziato nel 1360, a cui fu aggiunto verso la fine del secolo il “Parco Nuovo” dal figlio Gian Galeazzo. Se progressivamente l’aspetto fortificato e serrato delle architetture castellane perse ragion d’essere, d’altro canto il tenore di vita austero andò stemperandosi e crebbe anche il desiderio di contatto con la natura. Gli
dall’alto, Bicocca degli Arcimboldi, Milano. Disegno di G. Lombardi, 1911. Scena di caccia, miniatura dal Trattato di falconeria e di caccia per Francesco Sforza. Chantilly, Biblioteca del Musée Condé. nelle pagine successive, Parco Visconteo, carta del 1654. Veduta aerea del castello di Cusago (Fonte: Maps Live).
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lo svago e l’otium, e coltivare, dunque, oltre a quelli materiali, gli interessi intellettuali e lo spirito. L’aristocrazia milanese che si stabilisce negli edifici campestri per periodi sempre più prolungati, prediligendoli rispetto alle dimore urbane anche per tutta la durata del periodo estivo, sente la necessità di rendere tali strutture più consone allo stile di vita gentilizio, decorandone gli interni con cicli di affreschi e graffiti, ingentilendo le finestre con elaborati cornicioni in cotto, e aprendo le architetture verso il paesaggio rurale e i giardini. Proprio il giardino inizia ad essere concepito come parte integrante dell’architettura di villa, nello stabilirsi di un nuovo rapporto fra interno ed esterno che si realizza sia introducendo elementi quali porticati e logge, che costituiscono zone di transizione e passaggio, sia aprendo numerose finestre, di dimensione assai più generose che in passato, allo scopo di favorire una continuità dialogante con lo spazio aperto. edifici castellani si aprono verso l’esterno con nuovi loggiati ed eleganti bifore, assumendo una connotazione sempre più di carattere residenziale e civile, mentre i nuovi edifici di matrice ancora castellana, hanno quasi del tutto perduto gli apparati difensivi, e si configurano come semplici corpi di fabbrica quadrangolari di carattere gentilizio disposti intorno ad una corte chiusa. Ne è un esempio il castello di Cusago, organismo di transizione tra il tipo del castello e quello della villa, realizzato da Bernabò Visconti nel 1370 – e successivamente rielaborato in epoca sforzesca – come dimora campestre destinata allo svago e alla caccia, privo delle consueti elementi difensivi (fossato, torri fortificate), sostituite dal torrione sovrastante l’ingresso, elemento di emergenza e di prestigio. Da tale schema tipologico avrà origine, con l’eliminazione di uno dei lati del quadrilatero, lo schema planimetrico ad U della villa gentilizia tipicamente lombarda, che si svilupperà pienamente nel corso del Seicento.
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A partire dalla seconda metà del Quattrocento si intensifica la diffusione di dimore gentilizie suburbane, funzionali al controllo da parte della nobiltà dell’andamento delle coltivazioni sulle proprietà terriere, soprattutto nelle fasi di raccolto. Il loro carattere ancora prevalentemente rurale predisponeva a soggiorni brevi, a volte limitati ad una sola giornata, al fine di esaurire rapidamente le mansioni relative alla gestione del fondo. Tali edifici, definibili più propriamente come cascine-ville, risultavano di norma strutturati come un semplice blocco parallelepipedo e disposti su due piani, secondo un impianto debitore verso diversi modelli, quello della casa rurale, della casa-torre urbana o del casino di caccia. Progressivamente, per il diffondersi del rinnovato sentimento della natura che idealizzava la vita agreste, prese a svilupparsi il nuovo gusto per la villeggiatura e la dimora rurale venne attrezzata per ospitare soggiorni anche più lunghi, da trascorrere alternando il riposo,
In questa prima fase le cascine-ville tendono a localizzarsi nell’immediato intorno di Milano, poco oltre la cerchia delle mura medioevali ed entro un raggio di circa cinque o sei chilometri, sovente rapportandosi con preesistenti nuclei minori, attualmente integrati nel tessuto della città ma allora isolati nel paesaggio rurale. La distribuirsi predilige alcune direttrici, le vie di comunicazione più importanti – le strade per Varese da una parte e per Bergamo dall’altra e lungo la strada per Como – ma anche in prossimità dei canali navigabili e in zone di particolare pregio paesaggistico e climatico. La prevalente distribuzione nel settore settentrionale dell’area milanese si spiega alla luce del fatto che nella “bassa”, nonostante le terre fossero particolarmente ricche e produttive, non sussistevano paragonabili condizioni climatiche, particolarmente adeguate ed apprezzabili per una villeggiatura di “delizia”. Numerose dimore sorsero così lungo le sponde del naviglio Grande e del naviglio Martesana,
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
oppure in zone dal paesaggio ameno, come la Brianza e il territorio attorno la fascia boscosa delle Groane, con particolare predilezione per le zone limitrofe al corso del Seveso e del Lambro. Tra gli esempi di maggior interesse per quanto riguarda la tipologia della villa-cascina suburbana quattrocentesca, occorre menzionare la Bicocca degli Arcimboldi, splendido edificio gentilizio di epoca tardogotica (vedi box), tra i pochi giunti a noi quasi completamente integri. Molti edifici di rilievo, in particolare del periodo tardoquattrocentesco e cinquecentesco, sono infatti andati perduti, a volte profondamente trasformati, demoliti o inglobati nell’espansione delle aree urbane in epoca recente. Altre cascine-ville suburbane dell’epoca ancora conservatesi, a volte solo in modo parziale e in alcuni casi ancora in stato di abbandono, sono Villa Mirabello, Cascina Boscaiola Prima, Cascina Bolla, Villa Pozzobonelli (ne rimangono solo i resti del porticato e della cappella bramantesca), Cascina Palazzo (resti del porticato presso la chiesa di San Cristoforo), Villa Corio, Durini (Ronchetto sul Naviglio), la cascina quattrocentesca presso Quintosole e Cascina Carliona, edifici che rinnovavano il significato del soggiorno in campagna a poca distanza dalla città che già aveva decantato Petrarca a proposito della trecentesca Cascina Linterno (Baggio), documentata come una delle sue dimore durante i soggiorni milanesi. Fra le meglio conservate, Villa Mirabello è appartenuta dal 1445 a Pigello Portinari, nobile fiorentino incaricato di gestire a Milano il Banco Mediceo e committente della cappella Portinari in S. Eustorgio. Impostata secondo uno schema ad L, la villa ha finestre ogivali con cornici in cotto incorniciate da fasce intonacate e graffite, un cortile interno su cui si apre un triportico con loggiato al piano nobile con colonne lignee ottagonali e tracce di affreschi tardo quattrocenteschi nelle sale interne. Viene invece demolita nel 1907 Villa Pozzobonelli, nota nelle sue forme attraverso
rilievi compiuti a metà Ottocento e descrizioni coeve, a pianta rettangolare, suddivisa in tre ampi saloni poggianti su due cripte ed illuminata da grandi finestre quadrate in cotto, con un porticato a dieci arcate con volte a crociera, di cui quattro ancora esistenti, che conduce alla cappella, ancora visibile, eretta nel 1498 molto probabilmente su disegno del Bramante. Appartengono alla tipologia dei casini di caccia la Palazzina Pusterla, Busca, Pozzi a Zibido San Giacomo, raro esempio di architettura tardo quattrocentesca perfettamente conservata, di particolare eleganza compositiva. Edificata probabilmente tra il 1450 e il 1480 secondo una struttura a monoblocco con pianta rettangolare, la villa ha finestre ogivali e quadrate e camini aggettanti dal paramento murario, e conserva una stanza con affreschi coevi raffiguranti scene di caccia e campestri. Alla stessa tipologia appartiene anche il Casino Borromeo a Oreno (Vimercate), meno elaborato dal punto di vista architettoni-
co ma dotato di uno dei più interessanti cicli tardogotici di ambito lombardo, con raffinate raffigurazioni di carattere cortese come “La caccia con il falcone”, “Il gioco con gli orsi”, “Il cavaliere accolto nel giardino dell’amore”. I cicli pittorici che decorano tali edifici costituiscono una delle testimonianze più interessanti per illustrare la vita in villa dell’epoca e il rapporto con l’ambiente naturale. Essi sono anche una preziosa fonte per illustrare l’idea di giardino quattrocentesca, la cui veste originaria ci è tramandata infatti solo attraverso le fonti, scritte e iconografiche, i trattati di architettura e dei giardini, le descrizioni letterarie. In epoca tardo medioevale essi ci appaiono come aree verdi generalmente di modeste dimensioni con orti e aiuole fiorite all’interno della cinta dei castelli, dei chiostri dei conventi o delle recinzioni di abitazioni urbane. Una precisa descrizione letteraria dei giardini di tale epoca è presente nel Liber ruralium commodorum (I Piaceri della Campagna, 1305) del giurista
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bolognese Pietro de’ Crescenzi (1233-1321), il più importante trattato italiano di agronomia, a cui si guardò ancora fino in epoca rinascimentale. I giardini dell’epoca trovano una felice rappresentazione anche nelle decorazioni delle dimore gentilizie, che offrono un quadro straordinario della vita nei giardini lombardi, come nel caso della già citata Bicocca degli Arcimboldi (Milano), nella quale sono illustrati alcuni svaghi di dame. All’interno di ampi tendoni in tessuto posizionati nel giardino, retti da un palo centrale, per riparare dal sole, dame dai vistosi copricapi giocano con i Tarocchi o agli scacchi o appaiono intente ad eseguire un piccolo concerto campestre, mentre alla base dell’affresco la zoccolatura riproduce una recinzione di legni intrecciati, oltre la quale inizia il prato fiorito ove si svolgono le scene. Altro esempio è costituito dalle già citate decorazioni nel casino di caccia Borromeo a Oreno (Vimercate) e dagli affreschi profani che decorano il palazzo Borromeo a Milano
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(1450 circa), dove vengono illustrati svaghi e passatempi aristocratici sullo sfondo di giardini e paesaggi, quali il gioco della palla, dei Tarocchi e la danza della palmata, con eleganti dame raffigurate fra alberi da frutto, mentre in lontananza viene rappresentato un lago con alcune isole rocciose (le Isole Borromee). In tutti questi cicli è evidente come sia perseguito un effetto illusionistico, quasi che chi si trova ad osservare non dovesse più sentirsi all’interno del palazzo ma al centro di un arioso giardino o in un porticato aperto verso il paesaggio. Sul finire del secolo e nel corso del Cinquecento si affiancheranno alla tipologia a monoblocco a pianta rettangolare edifici a corpo quadrangolare disposti attorno ad una corte interna, secondo uno schema debitore della struttura castellana. Ne è un esempio di notevole rilievo il quattrocentesco Palazzo Visconti a Bernate Ticino, sul Naviglio Grande, dall’imponente struttura quadrata che si sviluppa attorno alla ampia corte porticata, con finestre arcuate e cornici in cotto e con un’elegante loggia al piano nobile aperta verso il canale. L’edificio, il cui aspetto attuale risale alla seconda metà del XV secolo (su preesistenze) e che si colloca agli inizi dello sviluppo della tipologia della villa, è uno degli esempi quattrocenteschi di maggior interesse in ambito lombardo per coerenza formale e sviluppo compositivo. Altro esempio di straordinario rilievo e prototipo della dimora gentilizia come residenza signorile che si integra con gli annessi rurali è la Cascina Sforzesca (Vigevano), edificata nel 1486 per volere di Lodovico il Moro su progetto dell’ingegnere di corte Guglielmo da Camino. Spetta a Leonardo da Vinci la progettazione delle opere di carattere idraulico, canali e mulini, nei terreni limitrofi, eseguite sotto la direzione del veneziano Ermolao Barbaro. Va menzionata infine la tardo quattrocentesca villa-cascina Gardino (Comazzo), che presenta caratteri propri del palazzo urbano signorile, riferibile alla cerchia del Bramante.
Bicocca degli Arcimboldi Milano, Viale Sarca, 214
La Bicocca degli Arcimboldi rappresenta uno dei più significativi esempi di cascina-villa suburbana tardo quattrocentesca, nella quale coesistono funzione residenziale gentilizia e
funzione rurale all’interno del medesimo fabbricato. Edificata tra il 1464 e il 1488, si svilup-
pa secondo una massiccia struttura a monoblocco di forma parallelepipeda, con un portico a cinque campate su colonne con capitelli scudati posto sulla parte destra della parete nord a piano terra, non in posizione centrale, e una grande altana all’ultimo piano aperta verso
l’esterno attraverso un loggiato a bifore che interessa la totalità del perimetro, con copertura a capriate lignee. La facciata è impreziosita da finestroni in cotto con archi a sesto acuto e a
tutto sesto disposti in modo abbastanza regolare e da canne fumarie aggettanti che creano una partitura irregolare.
L’altana all’ultimo piano era plausibilmente adibita a granaio e deposito, mentre il porticato
svolgeva verosimilmente la duplice funzione di atrio signorile e ricovero di attrezzi. Un’unica scala serviva il granaio e le stanze dei nobili proprietari.
La costruzione della dimora è tradizionalmente legata alla famiglia degli Arcimboldi, alla quale sono riferibili le insegne con le armi gentilizie poste su un camino in una sala al primo
piano databile alla fine del XV sec. La Bicocca conserva un importante ciclo di affreschi tardo quattrocenteschi di carattere cortese con scene di vita campestre.
In particolare nella Sala delle dame al primo piano – probabilmente il salotto dell’appartamento della signora – vengono raffigurati episodi di vita quotidiana di nobildonne e del loro
seguito, ambientate all’interno di eleganti padiglioni posti nel giardino, e dedite al canto e alla musica, al cucito e alle proprie acconciature o al gioco degli scacchi.
Durante il Settecento la villa fu adibita a semplice cascinale a seguito dell’abbandono da parte dei proprietari che, come molti altri, preferirono luoghi di villeggiatura posti in contesti
differenti e soprattutto maggiormente lontani dalla città. Successivamente recuperata (attraverso successivi restauri a partire dall’inizio del Novecento), vide riportare alla luce finestre,
porticato e altana, cui fu aggiunto anche un piccolo campanile a vela in stile con orologio ed affreschi lungo le pareti dell’altana. Nel dopoguerra furono inseriti lo scalone e alcuni camini. Nel 1918 divenne proprietà della Società Pirelli, che inizialmente la destinò a Museo
dell’Industria della Gomma e contemporaneamente, ad asilo infantile e scuola professionale, per poi divenire sede di rappresentanza del Gruppo Pirelli, destinazione che attualmente mantiene.
dall’alto, Bicocca degli Arcimboldi (Fonte: Ville di delizia [...] 2003; Foto: P. Orlandi) Il gioco degli scacchi, affreschi, metà XV sec. Milano, Bicocca degli Arcimboldi. (Fonte: Ville di delizia [...] 2003) nella pagina precedente, dall’alto, Affreschi di carattere cortese, metà XV sec. Vimercate, Oreno, Casino Borromeo. Palazzina Pusterla, Pozzi a Zibido San Giacomo. (Foto: P. Orlandi)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
2.3. Il Cinquecento dall’alto, Leonardo da Vinci, Studi per la villa di Carlo d’Amboise, 1505-1506, Codice Atlantico, 231r. Milano, Biblioteca Ambrosiana. Villa “La Gallerana” a Carugate, volta affrescata della sala “A”. (Fonte: Ville di delizia [...] 2003) nella pagina seguente, Bernardino Luini, Il sonno di Psiche, 1520-1525, affreschi strappati (già Villa “Pelucca”). Milano, Pinacoteca di Brera. nella pagina successiva, dall’alto Leonardo da Vinci, Studi per nuova città, Parigi, Bibliotéque de l’Institut de France, B 16r. Marc’Antonio Dal Re, Veduta del Palazzo della Simonetta, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1726.
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Durante la prima metà del Cinquecento alterne e drammatiche vicende politiche e militari investono il Ducato di Milano. Tra i fatti capitali l’entrata a Milano nel 1499 di Luigi XII di Francia e, da allora, la definitiva perdita della egemonia politica sull’Italia Settentrionale; e, più tardi, l’avvento nel 1529 dell’occupazione spagnola cui seguirà, nel 1535, l’annessione definitiva di Milano al regno di Spagna. In tale contesto non poté che modificarsi anche l’interesse per la villeggiatura nelle campagne milanesi frenandosi drasticamente la diffusione del modello di villa di carattere monumentale, ed affievolendosi quella disposizione a vivere la villa come luogo di otium umanistico e centro di attività agraria che si era affermato dalla seconda metà del Quattrocento. Le vessazioni da parte della monarchia spagnola impedirono infatti ai nobili milanesi di dedicarsi ad una economia di carattere imprenditoriale legata ai commerci e alle manifatture, ma contribuirono a favorire invece, attraverso la concessione di privilegi e sgravi fiscali, le attività agrarie legate alle proprietà terriere, senza tuttavia incentivarne gli investimenti ma inducendo al contrario fenomeni di rendita passiva. Da parte dei nobili milanesi ne conseguì anche la necessità di non
ostentare lusso e sfarzo per non incorrere in aumenti delle tassazioni, edificando generalmente dimore di foggia severa e funzionale. A ciò si aggiunse più tardi il modello etico e culturale proposto da San Carlo Borromeo, di estremo rigore moralistico, che orientò i programmi edilizi milanesi verso le opere di pubblico interesse e non tanto alle dimore gentilizie, il cui sfarzo era gelosamente custodito. La fortuna e l’evoluzione della tipologia di villa prosegue intanto per tutto il Cinquecento in Toscana, nel Lazio e nel Veneto in particolare, dove essa si configura come organismo architettonico di forme monumentali e si struttura secondo una sequenza e una suddivisione degli spazi di matrice gerarchica, impostata secondo la visione prospettica rinascimentale come proiezione a partire da un punto centrale – affermazione dell’uomo come centro ordinatore della Natura e dello spazio – verso l’ambiente esterno. Questa impostazione è attuata per lo più attraverso scenografiche vedute sul paesaggio e sul giardino, a sua volta strutturato secondo viali prospettici ortogonali e aiuole geometriche. Costante è il rigore distributivo e organizzativo degli spazi che prevede corte, porticato, andito e salone. Il giardino rinascimentale supera il modello di giardino medioevale inteso come hortus conclus, geometrizzato ma circoscritto e chiuso verso l’esterno, e segna la nascita del giardino moderno, locus amoenus. Esso è concepito come se fosse uno spazio architettonico, e come tale strettamente correlato alla dimora signorile, di cui risulta essere un’estensione, impostato secondo i medesimi principi compositivi che regolano l’edificio residenziale e concepito secondo una visione unitaria, un progetto organico che relaziona l’architettura all’ambiente circostante e stabilisce un preciso rapporto tra giardino, architettura e paesaggio. Il giardino si sviluppa secondo un viale principale in asse con la dimora gentilizia, con aiuole geometriche organizzate in parterre e bordate da siepi di bosso
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
sempreverdi, allori, cedri, ginepri i cui rami vengono intrecciati per creare padiglioni e volte vegetali, con elementi architettonici e scultorei, spesso con riferimenti mitologici, fontane all’incrocio dei viali, vasi di agrumi, pergolati con rampicanti, sedili in marmo e sculture vegetali, ottenute grazie a sapienti potature. In ambito lombardo la tipologia della villa rinascimentale si afferma secondo tempi e caratteri differenti. Prezioso documento per comprendere la concezione del vivere in villa in epoca cinquecentesca in ambito milanese è costituito dall’opera La Villa scritta da Bartolomeo Taegio nel 1559 in forma di dialogo fra due gentiluomini che disquisiscono sul piacere di una vita agreste ed in cui vengono enumerate circa duecentocinquanta ville nel milanese, indicate come luoghi di quiete in diretto contatto con una natura rappresentata come rifugio dalle insidie della città, e con la quale il rapporto è stabilito attraverso i ben curati e magnifici giardini, descritti con grande dovizia di particolari. La dimora rurale milanese, la cui funzione prioritaria consiste, oltre che nell’essere luogo di svago, nella necessità di sovrintendere alle attività agricole, si struttura tendenzialmente come “casa da nobile” secondo un carattere sobrio, in stretta contiguità con gli annessi rurali. Il Cinquecento in ambito milanese costituisce perciò un periodo di transizione durante il quale la tipologia della villa non si definisce secondo una soluzione univoca che assume carattere di modello, come avverrà invece in epoca barocca, ma si sviluppa secondo declinazioni differenti debitrici di diversi influssi e suggestioni, poi rielaborati dagli architetti locali secondo molteplici direzioni e specificità. Ne sono un esempio le dimore che tra la fine Quattrocento e l’inizio Cinquecento sorgono nelle campagne milanesi secondo strutture massicce a monoblocco, evoluzione dell’architettura fortificata, e primi esempi di costruzioni a carattere propriamente villereccio. Un primo rilevante esempio di tale tipologia
a monoblocco, ancora chiusa verso l’esterno, è costituito da Villa Gallerani, Melzi d’Eril di Carugate, documentata a partire dal 1480 e riferibile agli anni fra il 1476 e il 1506, con pregevoli affreschi allegorici databili all’inizio del Cinquecento raffiguranti grottesche, allegorie della caccia e della pesca e con scene mitologiche che decorano soffitti a lunette. Tale tipologia assume via via un carattere più monumentale e si configura come vero e proprio prototipo del tipo architettonico che inizia a dialogare maggiormente con l’ambiente esterno attraverso loggiati e porticati che si aprono sul fronte principale. Altri esempi del genere sono Villa Borromeo D’Adda a Fagnano (Gaggiano), Villa Albani a Rosio (Albairate) ed il “Castello”, poi Brivio a Buccinasco Castello (Buccinasco). Quest’ultimo in particolare presenta la fronte principale quasi interamente aperta, con un portico a cinque arcate al piano terra sormontato al piano nobile da un loggiato a dieci arcate. Nel corso del secolo la struttura a monoblocco tende infatti progressivamente ad aprirsi sempre più verso l’ambiente esterno, prima attraverso ampi ed aerei loggiati, poi rompendo il quadrilatero di matrice castellana per disporsi secondo uno schema ad U con elementi porticati – schema tra l’altro
che permette una maggior integrazione tra corpo principale, corte nobile e corti rustiche – inaugurando quella che sarà una costante tipologica che avrà grande sviluppo a partire dal Seicento e caratterizzerà la tipologia della villa lombarda. Un primo esempio di villa suburbana con schema a U e caratteri ormai autonomi rispetto alla villa-cascina-fortilizio è quello di Villa “Pelucca” (Sesto San Giovanni), risalente ai primi decenni del Cinquecento. Edificato per volere di Girolamo Rabia tra il 1518 e il 1524, l’edificio – parzialmente modificato nel XIX secolo – si struttura con corpo principale centrale e due ali minori porticati, come nella coeva Villa Pozzobonelli a Vermezzo. La Pelucca vantava in origine uno straordinario ciclo decorativo con soggetti mitologici, biblici e scene di vita campestre, opera di Bernardino Luini, strappato all’inizio dell’Ottocento per essere trasportato alla Pinacoteca di Brera (rimangono in situ alcune sinopie). L’affermazione e la diffusione dello schema ad U nella villa milanese è verosimilmente debitore anche della tipica costruzione affacciata sul naviglio, la “sciostra”. Lungo il fossato della cerchia muraria medioevale, reso progressivamente canale navigabile, sorsero a partire dal quattrocento le sciostre, termine milanese
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
che indica le corti aperte sulla via d’acqua, che si presentano per lo più come tettoie o edifici disposte a U, destinate all’immagazzinamento e alla lavorazione dei materiali che giungevano a Milano via acqua (legname, pietre, calce, sabbia, ecc.). Notizie documentate attestano come alla metà del XV secolo Giovanni Solari attendesse alla costruzione di un simile edificio. Anche Filerete conobbe e delineò questa tipologia caratteristica della cerchia urbana della città, disegnandone una precisa soluzione architettonica (Trattato di Architettura, 1462-1464, L.XII, f.86r). Leonardo da Vinci - che eseguirà anche alcuni studi per la villa suburbana di Carlo d’Amboise, governatore francese a Milano, localizzata nei pressi della chiesa di San Babila fra il 1505-6 e il 1508-9 - inserisce la tipologia della sciostra
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negli schizzi della sua “città a due livelli”, conferendole però un aspetto assai più nobile, in cui è decisamente ravvisabile il prototipo della più tipica villa milanese. Nello schizzo leonardesco (Cod. B, 16 r.) l’edificio appare disposto su due livelli: al piano superiore, una casa residenziale a U con piccola corte, è posta in relazione con la città nobile immaginata da Leonardo, adorna di strade porticate; al piano inferiore l’edificio vede aprirsi la sciostra intorno ad una più vasta corte “di lavoro”, in parte a giardino in parte lastricata, aperta sul naviglio. Significativi punti di contatto con lo schema leonardesco sono ravvisabili nella originaria disposizione della Villa “Gualtiera” (poi “Simonetta”) di Milano, la prima villa nel contesto milanese che presenta i caratteri propri della villa patrizia di valenza monumentale. La villa fu edificata intorno alla fine del ‘400 ma successivamente ristrutturata nel 1547 mantenendo l’impianto a U aperto verso il giardino. Elemento caratteristico è la facciata principale con portico a nove arcate sormontato da un doppio loggiato (vedi box). L’impianto ad U, costituito nelle sue forme iniziali dal corpo principale a monoblocco al quale vengono accostate le ali laterali porticate, è qui una rara anticipazione ed è rintracciabile in ambito lombardo anche nella cinquecentesca Villa Cicogna, Mozzoni a Bisuschio (Varese), straordinario episodio rinascimentale perfettamente conservatosi. Fra le dimore gentilizie non più esistenti occorre menzionare Villa Marino (Milano, 1560-1570), esempio di grande rilevanza ed eleganza compositiva di matrice alessiana, con accenno di schema ad U attraverso due avancorpi laterali, loggiato al piano nobile e portale monumentale, distrutta durante i bombardamenti del 1944. Di rilievo anche Villa “La Senavra” (Milano, arch. Domenico Giuntallodi), residenza di campagna di Ferrante Gonzaga, governatore di Milano per conto della corona di Spagna dal 1546, che presentava in facciata ordini di loggiati sovrap-
posti decorati da pitture con figure e intrecci di fronde e fiori, con corte nobile chiusa da logge su tre lati affiancata dalla corte di servizio adibita ad uso agricolo. A partire dal 1695 l’edificio diviene Casa di Esercizi dei P.P. Gesuiti di San Fedele e fu perciò rielaborato. Un episodio piuttosto singolare nel territorio milanese è costituito da Villa Litta, Invernizzi a Trenzanesio (Rodano). Risalente alla metà del Cinquecento, essa rappresenta un modello compiuto di villa rinascimentale, impostata secondo il consueto blocco compatto quadrangolare qui impreziosito da un elemento unico nel panorama delle ville lombarde costituito da un doppio loggiato sovrapposto a serliana sul fronte principale dell’edificio, di chiara ascendenza veneta, concepito per favorire un maggior dialogo con l’ambiente naturale. Il giardino attuale è stato ricostruito in tempi recenti secondo un impianto cinquecentesco, plausibilmente seguendo le tracce del giardino originario. Di impianto cinquecentesco è anche Villa “Cazzola” di Arcore, attribuita a Pellegrino Tibaldi, architetto di fama legato a San Carlo Borromeo, a semplice blocco rettangolare con doppio loggiato a tre fornici su entrambe le facciate principali e scalone elicolidale che dal triportico conduce al piano nobile, poi rielaborata in epoca barocca da Francesco Maria Richini (1630) e nuovamente nel 1812 da Carlo Amati. Alla medesima epoca appartiene anche Villa Taverna a Canonica (Triuggio), impostata su edifici preesistenti, anch’essa riferita a Pellegrino Tibaldi, poi modificata in forme barocche. Molto ammirata dai contemporanei, la villa fu ricordata In particolare dal Taegio che si diffonde nel descrivere il giardino. Le forme attuali del giardino, suddiviso in aiuole geometriche delimitate da vialetti ortogonali fra loro, sembrano ricalcare l’impianto originario. Risale alla prima metà del Cinquecento l’imponente complesso architettonico di Villa D’Adda, Borromeo D’Adda (Settimo Milanese), ter-
Villa Simonetta Milano, via Stilicone, 36
Villa Gualtiera o “Simonetta” (Milano) è un esempio di grande rilevanza nel panorama
architettonico milanese in quanto prima villa patrizia rinascimentale di carattere monumentale eretta nei dintorni della città concepita come sontuosa residenza di rappresentanza collocata in un contesto di carattere agreste. La dimora fu eretta intorno alla fine del Quattrocento su commissione di Gualtiero Bascapè, cancelliere di Ludovico il Moro, e fu successivamente ristrutturata nel 1547 in forme rinascimentali per volere del governatore
imperiale di Milano Ferrante Gonzaga, su disegno dell’architetto pratese Domenico Giunti
o Giuntallodi. L’impianto tardo quattrocentesco prevedeva una struttura ad U con corpo centrale chiuso a monoblocco, affiancato da ali porticate, e di tale veste si è conservato un
porticato a cinque arcate collocato nel lato est con capitelli di carattere bramantesco. Intorno alla metà del Cinquecento la villa riceve nuova impronta di carattere monumentale, le
medesime che possiamo ammirare tuttora: la facciata principale, in forme classicheggianti,
presenta un massiccio portico a nove arcate, con pilastri ingentiliti da semicolonne toscane poggianti su basamenti quadrangolari, sul quale insiste un doppio ordine di logge con
balaustra, il primo scandito da colonne toscane, il secondo da colonne con capitelli corinzi. Questo aereo loggiato su tre livelli risulta concepito come un grande diaframma permeabile fra l’ambiente interno e l’esterno, segno della volontà di dialogo tra architettura e paesaggio.
La volta del porticato è a botte ed originariamente era completamente affrescata. Il fronte
verso il giardino è compositivamente più semplice ed è alleggerito nella testata delle ali
minori da loggiati all’ultimo piano. Internamente ed esternamente la villa era decorata da cicli di affreschi che illustravano le imprese dei Gonzaga, di cui non sono rimaste che poche
tracce. Nelle incisioni settecentesche di Marc’Antonio Dal Re Villa Simonetta è rappresentata con ulteriori loggiati sia in facciata che sul fronte verso il giardino, ma è da rilevare
che l’esistenza di tali strutture non è stata confermata nel corso dei restauri effettuati degli anni sessanta. La villa divenne successivamente proprietà dei Castelbarco, dei Clerici e degli
Osculati. Molte memorie legano la villa alla storia di Milano: fin dal Seicento fu ripetu-
tamente menzionata nei resoconti dei viaggiatori di passaggio a Milano, ricordata per la sua bellezza e per la prodigiosa eco del suo cortile, capace di riprodurre fino a 47 volte il
colpo di una pistola; ma anche il ricordo delle gesta della Compagnia della Teppa, la famosa
banda che riunì, a partire dal 1816, malavitosi e rampolli a scopo di bravate. A partire dal 1836 villa Simonetta fu utilizzata come Ospedale per colerosi, quindi adibita a casa operaia
del cotonificio di Conegliano Ligure e, all’inizio del Novecento, divenne sede di laboratori
artigiani e di un’osteria. Durante i bombardamenti del 1943 subì numerosi danni ed in particolare fu demolita la facciata. Fra il 1960 e il 1970 la villa è stata oggetto di un attento
restauro promosso dal Comune di Milano, che ne era entrato in possesso nel 1959. Oggi la Villa è sede della “Civica scuola di Musica”.
a fianco, dall’alto, Marc’Antonio Dal Re, Veduta del Palazzo della Simonetta, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1726. Villa Simonetta a Milano. (Fonte: Ville di delizia [...] 2003)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
dall’alto, Villa Litta, Invernizzi a Rodano, Trenzanesio. (Foto: P. Orlandi) Villa “Cazzola” ad Arcore. (Foto: P. Orlandi) nella pagina seguente, Villa “Gaia”, Visconti Borromeo, Gandini. Robecco sul Naviglio. (Fonte: Perogalli, Favole, Ville dei navigli, 1967)
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minato nel Seicento, con schema ad L e ala minore più bassa cinquecentesca che riconduce l’impianto ad una U, vasto porticato con volte a crociera lungo la facciata principale e singolare cornicione costituito da un raccordo concavo a guscia con motivi geometrici che corre lungo tutto il perimetro dell’edificio. Le sale del piano terra conservano volte lunettate completamente affrescate con pitture cinquecentesche, mentre al piano superiore i soffitti sono a cassettoni e gli affreschi conservatisi sono di epoca seicentesca (molti dei quali strappati). Uno degli esempi di maggior rilievo ed interesse nel panorama architettonico milanese e lombardo è costituito di Villa Visconti Borromeo, Litta (Lainate), importante complesso monumentale frutto della stratificazione di interventi che si sono avvicendati a partire dal Cinquecento – e si completeranno nel corso del Settecento – sull’originario nucleo rurale, trasformato in villa rinascimentale dopo il 1569 per volere di Pirro I Visconti Borromeo, al quale si deve l’ala cinquecentesca, di aspetto severo, a pianta rettangolare su due piani,
con porticato architravato retto da colonne di granito binate, su progetto di Martino Bassi, decorata con affreschi di Camillo e Carlo Antonio Procaccini. In particolare nella villa di Lainate assume rilevanza straordinaria il giardino ed il Ninfeo, monumentale e complessa “fontana” composta da grotte artificiali animate da ingegnosi giochi d’acqua (vedi box). Tale impianto è un esempio di come nel giardino tardo cinquecentesco assumano sempre maggiore rilevanza quegli aspetti ludici legati alla spettacolarizzazione dei luoghi, ottenuti attraverso l’inserimento di elementi architettonici e bizzarrie naturali (in realtà artificiali), ed anche ricorrendo ad invenzioni ed espedienti di carattere scenografico, come la costruzione di un’attenta successione di scorci prospettici, quasi fossero un lungo piano-sequenza montato per suscitare la meraviglia nello spettatore. Il giardino tende a dilatarsi e a stabilire un sempre più rilevante rapporto con il paesaggio circostante, nella volontà di adattarsi alla conformazione naturale del luogo. Spesso il giardino cinquecentesco contiene al suo interno un labirinto concepito come uno spazio chiuso ed intimo di valenza simbolica, isolato rispetto al resto del giardino e delimitato da alte siepi di sempreverdi attentamente squadrati. Una particolare importanza è data all’elemento acqueo, che assumendo forme diverse – fontane, zampilli, cascate, vasche e canali – costituisce uno degli espedienti che maggiormente concorrono a suggestionare il visitatore, unitamente alle grotte artificiali e ai ninfei. In molti casi l’uso di trasformare e riadattare gli edifici villerecci assecondando il gusto corrente ha portato a complesse stratificazioni storiche e spesso alla perdita dei caratteri originali, tanto che si conservano pochi esempi di ville, in particolar modo quattrocentesche o cinquecentesche, con caratteri stilistici omogenei. Ne è un esempio Villa “Gaia”, Visconti Borromeo, Gandini a Robecco sul Naviglio, probabilmente la più antica villa edificata sulle sponde del
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
naviglio Grande e tra le prime con caratteri villerecci di tutta la Lombardia, già nota intorno alla metà del Quattrocento per le feste che qui venivano allestite, da cui il nome “Gaia”. Edificata verosimilmente sui resti di una struttura castellana, ne mantiene la struttura con impianto quadrangolare chiuso attorno a più cortili. Conserva in forme cinquecentesche la facciata su strada, con portale bugnato, ed il cortile maggiore porticato ed affrescato con grottesche. La villa verrà poi rielaborata nel Settecento, con il rifacimento della facciata sul Naviglio, originariamente a loggiato, la creazione della balaustra e dell’imbarcadero e, in epoca neoclassica, con apparati decorativi (affreschi attribuiti all’Appiani) ed esedra d’ingresso. Altro esempio di rilievo è Villa Frisiani, Mereghetti a Corbetta, che ingloba una costruzione castellana tardo gotica, decorata in epoca quattro-cinquecentesca con affreschi e soffitti cassettonati, alla quale verrà accostata nel Seicento la parte centrale della villa ad opera dell’architetto Francesco Maria Richini. In posizione dominante e straordinariamente panoramica sulla vallata del Lambro, Villa Il Beldosso (Carate Brianza), fu edificata nei primi anni del Cinquecento. La villa fu dapprima rielaborata intorno alla metà del Seicento e nuovamente ristrutturata in forme neo-barocche intorno al 1880, in particolare nelle decorazioni della facciata meridionale e nella scalinata esterna che conduce alla terrazza panoramica. Altro esempio è Villa Cusani Confalonieri, Cito Filomarino (Carate Brianza) che si erge in luogo di un castello medioevale, di cui incorpora l’antica torre baronale, secondo un impianto originariamente quadrilatero attorno a corti porticate, adattati in epoca cinque-seicentesca a villa gentilizia. Nel tardo Ottocento furono demoliti parte dei corpi che delimitavano la corte, creando un impianto ad L e mantenendo il porticato seicentesco. Conserva ancora parti di epoca cinquecentesca come il porticato a cinque campate sulla facciata est, con volte
a crociera retto da colonne doriche in granito e capitelli in serizzo (probabile intervento di Martino Bassi). Su preesistenze tre-quattrocentesche sorse anche Villa Pusterla, Arconati, Crivelli (Limbiate, Mombello), attualmente di foggia settecentesca. Mantiene ancora parte del nucleo originale tardo quattrocentesco e della metà del Cinquecento anche Villa Simonetta, Scheibler, Gallarati Scotti (Rho, Castellazzo), edificata per volere della famiglia milanese dei Simonetta, poi rielaborata in epoca successiva. Viene realizzato a partire dal secondo Cinquecento, su progetto debitore di Martino Bassi, Palazzo Rasini (Cavenago Brianza), a blocco lineare con corte nobile delimitata da ali porticate e da un corpo di ingresso che affaccia verso la piazza del nucleo urbano con portale monumentale e torrette agli angoli. Il complesso fu rielaborato alla fine del Settecento in forme neoclassiche; la facciata principale, in particolare, fu progettata da Simone Cantoni, e gli interni furono decorati con affreschi di scuola tiepolesca (attr. Mattia Bortoloni). Verso la fine del Cinquecento viene edifi-
cata Villa “La Torretta”, Spinola Anguissola (Sesto San Giovanni) su preesistenze più antiche, probabilmente di carattere conventuale, e si sviluppa secondo uno schema ad U, con corte interna porticata, impianti decorativi e raffinati affreschi seicenteschi. Al medesimo periodo appartiene anche la vicina Villa Visconti d’Aragona, De Ponti (Sesto San Giovanni), voluta dai Visconti d’Aragona ed impostata attorno alla corte centrale, successivamente impreziosita con importanti cicli decorativi di epoca seicentesca e settecentesca. Altri esempi di rilievo sono il Palazzo Manriquez, Omodei, Carones (Cusano Milanino), frutto della ristrutturazione intercorsa in epoca barocca di edifico cinquecentesco; Villa Paveri Fontana (Vimercate, S. Maria Molgora), più volte ristrutturata; Villa Melzi d’Eril (Vaprio d’Adda), costruita nel 1482 sui resti di un precedente castello e rimaneggiata in epoca successiva. Va menzionata infine Villa Durini (Monza, San Giacomo) rilevante edificio cinque-seicentesco con importante portico architravato e portale monumentale laterale manieristico.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
Villa Visconti Borromeo, Litta Lainate, Largo Vittorio Veneto, 12
Il giardino di Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate si configura come uno splendido esempio di giardino tardo rinascimentale di carattere monumentale, successivamente ampliato fra il XVIII e il XIX secolo secondo forme barocche. Dopo il 1569 hanno inizio i lavori voluti da Pirro I Visconti Borromeo per
trasformare una cascina preesistente in villa di delizie con giardino su disegno di Martino Bassi. L’ala cinquecentesca del complesso architettonico ha un aspetto severo, a pianta rettangolare su due piani, con
porticato architravato retto da colonne di granito binate e conserva ricchi impianti decorativi coevi riferiti ai pittori Camillo e Carlo Antonio Procaccini. Nel corso del Settecento verrà aggiunto un secondo corpo di fabbrica disposto secondo un asse ortogonale, il “Quarto nuovo”, in mattoni a vista con impianto ad U.
Il giardino tardo rinascimentale si imposta secondo una direzione sud-nord ortogonale al corpo di fabbrica della ala cinquecentesca, che si apre sul giardino attraverso un atrio su cui è impostato l’asse prospet-
tico principale dell’impianto, sulla cui direttrice si susseguono verso nord un primo giardino all’italiana ed il Ninfeo. Il Ninfeo è da considerarsi fra gli interventi architettonici più straordinari e significativi di tutta area lombarda: una spettacolare “fontana”, con scherzi e giochi d’acqua alimentati in modo
meccanico da un pozzo, progetto ingegnoso (1586) attribuito all’ingegnere militare Agustinus de Ramellis de Mesanzana (Agostino Ramelli). Realizzato fra il 1585 e il 1589 circa, esso è costituito da una
successione di sette spazi con grotte artificiali e dodici stanze disposte simmetricamente, completamente
rivestite da mosaici in ciottoli dipinti, concepite come sale espositive, dove erano originariamente custodite le collezioni pittoriche del casato (quadri di Correggio, Bronzino, Raffaello, Luini, etc.), raccolte di
fossili, minerali, monete, reliquie sacre, automi e reperti archeologici. Stalagmiti e stalattiti prelevate da
grotte naturali rendevano ancora più illusoria l’ambientazione. Tra il 1587 e il 1589 Camillo Procaccini realizza le fantasiose decorazioni a mosaico di ciottoli dipinti che ne decorano i soffitti con forme arabescate, rampicanti, girali vegetali e creature mitologiche, impreziositi anche da affreschi tardo manieristi,
mentre lo scultore Francesco Brambilla realizza nei medesimi anni la balaustra delle “romane” a sud del Ninfeo con draghi e arpie, l’apparato decorativo di tufi e conchiglie dell’emiciclo e delle grotte, il
disegno del grottino o “stanza dell’uovo”, le statue delle nicchie ai lati dell’entrata dell’atrio ottagonale.
Pirro fa realizzare anche l’esedra che chiude a nord l’asse prospettico principale, leggermente inclinato rispetto all’impianto della villa per seguire l’andamento dettato dai confini della proprietà, con
il gruppo scultoreo in terracotta raffigurante il Ratto delle Sabine della scuola del Giambologna.
Su questo medesimo asse verrà impostato successivamente un secondo giardino barocco con al centro la grande vasca. Nel corso del Settecento il complesso di Villa Visconti Borromeo Litta assume
un carattere unitario attraverso un complesso impianto scenografico di assi compositivi che rapportano fra loro le strutture architettoniche e l’ambiente circostante dei giardini mediante la definizione di articolati tracciati prospettici e la collocazione nei punti di snodo di fantasiosi gruppi scultorei.
Agli inizi dell’Ottocento viene realizzato il giardino all’inglese su disegno dell’architetto Luigi Canonica, coadiuvato dal botanico Linneo Tagliabue, detto “Novo Boschetto” posto a nord-ovest, originariamente suddiviso da un viale in direzione est-ovest. Al medesimo periodo risalgono anche le serre
realizzate nei pressi della Fontana di Nettuno. L’attuale disposizione del giardino si deve all’intervento dell’architetto Giuseppe Tramajoni, dopo il 1933, che interviene dopo decenni di incuria sulle aree verdi,
semplificando l’impianto pur cercando di mantenerne sostanzialmente l’aspetto originario. E’ in corso il restauro del giardino, per riportarlo all’antico splendore, ed è terminato il recupero del Canevone.
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2. Storia e caratteristiche della villa milanese
Durante i primi decenni del Seicento tende ad aggravarsi nel milanese la forte regressione generatesi a seguito del dominio spagnolo, che arriva a condizionare l’intero sistema economico-culturale della città. Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo carestie e peste si abbattono sul ducato rendendo ancor più complessa e drammatica la situazione. I forti dazi sulle attività manifatturiere imposti dalla monarchia spagnola, lo spostarsi degli interessi commerciali dal Mediterraneo ad altre aree e ad altre rotte, indeboliscono il ceto imprenditoriale, mercantile e finanziario, disincentivando ogni forma di investimento e indirizzandolo, come unica alternativa, alle proprietà terriere e immobiliari e alle attività di carattere agrario, che a differenza delle attività manifatturiere, vengono tassate in misura minore dagli Spagnoli, ingenerando nel tempo fenomeni di rendita passiva. Un miglioramento delle condizioni economiche generali sarà apprezzabile solo a partire dalla seconda metà del Seicento, per proseguire per tutto il Settecento con la ripresa delle attività manifatturiere, ormai trasferite nelle campagne, e l’avanzamento delle tecniche agrarie, in particolar modo nell’alto Milanese. Sul piano sociale, invece, l’uso da parte del governo spagnolo di vendere i diritti feudali al migliore offerente, indipendentemente dalla classe di appartenenza, favorisce il formarsi di una nuova classe egemone nella quale l’antica aristocrazia si integra con figure provenienti dal ceto imprenditoriale ormai adeguatesi allo stile di vita della nobiltà e che condividono con essa l’interesse a sfuggire alle vessazioni dell’erario spagnolo e a garantirsi i privilegi a livello locale che il possesso di un feudo comporta. La villa gentilizia, centro residenziale e direzionale delle proprietà terriere, vede nel corso del Seicento la fase di massima diffusione sul territorio milanese. L’espansione insediativa si dirige verso la Brianza e le Groane, in zone re-
lativamente prossime alla città, dal clima salubre, dove preesistono importanti feudi di grandi famiglie aristocratiche; quindi in prossimità delle vie navigabili, verso il naviglio Martesana, da una parte, il naviglio Grande dall’altra, lungo le sponde dei maggiori corsi d’acqua come l’Adda, l’Olona, il Seveso, il Lambro e lungo la viabilità principale. A partire dalla fine del XVIII secolo e durante tutto il XIX secolo, la ricerca di vaste aree di pregio paesaggistico ancora intatte e sempre più lontane dal centro urbano porterà la tendenza insediativa a focalizzarsi in particolar modo sul territorio della Brianza. Proprio nel corso del Seicento la villa milanese inizia ad assume i caratteri di un nuovo tipo architettonico formalmente compiuto, che si svilupperà poi secondo moduli di maggior monumentalità nel corso del Settecento. All’inizio del secolo solo le famiglie nobili più potenti possono permettersi la costruzione di residenze suburbane e come tali sono concepite, quali celebrazioni del fasto e della potenza del casato, spesso investito di poteri feudali. La corte quadrangolare di matrice castellana si apre ormai decisamente verso l’ambiente esterno con loggiati e porticati, eliminando uno dei lati della struttura; l’organismo a monoblocco si integra strettamente con le ali porticate laterali generando quello che, come abbiamo visto, è l’elemento caratterizzante della villa lombarda: l’impianto ad U. I vari ambienti vengono definiti in modo sempre più chiaro rispetto al loro carattere gerarchico e funzionale, e si dispongono secondo precisi assi prospettici e di simmetria: il corpo centrale si caratterizza come la vera e propria residenza nobiliare, e come tale si differenzia per altezza e volumetria rispetto agli altri corpi di fabbrica, destinati a strutture di servizio (servitù, custodi, scuderie etc.). Nella sua forma compiuta la villa presenta il fronte principale aperto verso la corte nobile con un porticato in posizione centrale che dà accesso diretto agli ambienti interni e allo sca-
2.4. Il Seicento
in alto, K. Remshart, Veduta di Villa Silva a Cinisello, incisione di metà XVIII sec. Milano, Civica Raccolta Bertarelli. nella pagina precedente, Ninfeo di Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate. (Foto: P. Marelli) Pianta del Palazzo e Luoghi di delizie in Lainate [...]”, 1840. Milano, Civica Raccolta Bertarelli. Ninfeo di Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate, braccio est. (Fonte: Villa Borromeo Visconti Litta [...] 2002) nelle pagine seguenti, da sinistra K. Remshart, Veduta dei giardini di Villa Silva a Cinisello, incisione di metà XVIII sec. Milano, Civica Raccolta Bertarelli. Veduta aerea di Palazzo Arese, Borromeo Arese a Cesano Maderno. (Fonte: Lombardia dall’alto) “Galleria delle statue” di Palazzo Arese, Borromeo Arese a Cesano Maderno. (Fonte: Ville di delizia [...] 2003)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
lone principale, di foggia generalmente maestosa e collocato solitamente in uno dei due estremi del porticato. Lo scalone conduce al piano nobile, luogo quest’ultimo nel quale si svolge la vita pubblica. Qui infatti troviamo di norma il salone delle feste, che occupa spesso la posizione centrale, architettonicamente definito anche verso l’esterno, a duplice altezza interrotta sovente dalla loggia dedicata ai musici che serve anche da elemento distributivo per gli ambienti adiacenti del secondo piano. A volte funge da elemento di distribuzione per il piano nobile una lunga galleria, alla quale si accedeva direttamente dallo scalone principale. In alcuni casi la villa assume, a partire dalla seconda metà del secolo, caratteri più marcatamente celebrativi e monumentali, fino a divenire, nei suoi esempi più importanti, fulcro del sistema urbano circostante attraverso impianti sempre più maestosi e scenografici, in grado di imporsi sull’ambiente circostante attraverso il senso delle proprie assialità che si protendono sul paesaggio. L’edificio villereccio accentua così il suo valore rappresentativo e simbolico, espressione del rango elevato del proprietario e delle funzioni di controllo sul territorio e di
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giurisdizione locale del potere neofeudale. L’impianto del giardino tende ad ampliarsi sempre più, e pur mantenendo le partizioni geometriche di epoca rinascimentale, assume caratteri di maggiore monumentalità e ricercatezza scenografica, moltiplicando gli assi compositivi ed estendendoli al territorio circostante. In alcune parti il giardino si fonde con il paesaggio naturale coinvolgendo, attraverso un disegno sinuoso, anche aree boschive. Uno dei complessi seicenteschi di maggiore importanza dell’area lombarda, di valore nodale nell’ambito dello sviluppo della tipologia della villa milanese, è costituito da Palazzo Arese, Borromeo Arese (Cesano Maderno), fondamentale momento di passaggio tra il tipo architettonico impostato secondo un impianto quadrangolare con corte interna, memore dell’architettura di carattere fortificato e chiuso verso l’esterno, e il nuovo tipo architettonico villereccio aperto verso l’ambiente naturale, che si rapporta e interagisce spazialmente con il paesaggio (vedi box). Il complesso architettonico è concepito secondo un impianto di carattere monumentale che riveste dimensione urbanistica e porta a scala territoriale il
segno dei suoi assi prospettici, investendo il paesaggio circostante attraverso una sequenza che relaziona la villa, il giardino, il borgo limitrofo fino alla fascia boscosa delle Groane. Il esempio più maturo di struttura ad U che si rapporta con l’ambiente esterno secondo la nuova sensibilità barocca è costituito da Villa Ghirlanda Silva (Cinisello Balsamo). Qui la differenziazione di carattere gerarchico tra il corpo principale nobile si precisa ulteriormente. Esso appare articolato da con portico centrale a 7 arcate che inquadra l’ingresso centrale, due logge al primo piano che affiancano ed evidenziano il blocco corrispondente al salone centrale, ulteriormente posto in rilievo dall’attico inserito sopra la linea di gronda, mentre le aree minori, adibite a servizi, sono di minore complessità formale e di altezza inferiore. Nota nelle sue forme barocche attraverso le stampe del Dal Re (1726)2 e del Remshart (1730)3, la villa è stata successivamente ristrutturata in alcune sue parti nel corso dell’Ottocento. Originariamente presentava un primo giardino a parterre, della medesima ampiezza del fronte della villa, suddiviso in sei grandi aiuole affrontate e circoscritte dal viale centrale e dai vialetti secondari, delimitato da un muro di cinta. Esternamente al giardino recintato si estendeva il “Giardino dei Semplici”, caratterizzato da un percorso in salita a chiocciola, circoscritto da bordure vegetali, che conduceva alla sommità segnata da alberature. Spetterà al conte Ercole Silva (1756-1840) la trasformazione in forme romantiche del giardino barocco. Occorre menzionare, per l’influenza che ha certamente avuto in area lombarda tra XVII e XVIII secolo, l’Isola Bella del Lago Maggiore (Stresa, Verbania), edificata a partire dal 1632 da Carlo III Borromeo e proseguita da Vitaliano VI Borromeo e dai sui successori. La costruzione di questo straordinario complesso architettonico e paesistico, il più importante in area lombarda (oggi in area piemontese), è proseguita per circa un secolo ma secondo un
Palazzo Arese, Borromeo Arese Cesano Maderno, P.zza Borromeo
Primo e fondamentale esempio di dimora gentilizia che dialoga con l’esterno e che impronta di sé il
territorio secondo un disegno di respiro autenticamente territoriale è Palazzo Arese Borromeo (Cesano Maderno), edificato per volere di Bartolomeo Arese III (1610-1674) fra il 1654 e il 1674, sui resti
di una preesistente struttura castellana e di un primo nucleo residenziale verosimilmente eretto nel corso del Cinquecento. Il complesso presenta una struttura a corte, con fronte principale su strada
chiuso di aspetto massiccio e severo, cadenzato dalle diverse altezze che caratterizzano le parti della struttura: più alta appare la parte centrale, in corrispondenza del salone, ed anche le testate laterali
sulle quali si innestano i corpi di fabbrica retrostanti con le loro corti minori, mentre sull’angolo
sud-ovest si erge una torre ottagonale con orologio, terminante con terrazzo. Attraverso il portone
rivestito da bugne di pietra rustica si accede al vasto cortile quadrangolare porticato sui due lati opposti delle fronti interne. Elemento di novità è l’aerea loggia che si apre al primo piano e stabilisce
un rapporto di immediatezza percettiva con il giardino retrostante e il paesaggio. Essa inquadra lo
scenografico asse portante su cui è impostato il complesso e che da una parte segna il viale d’accesso alla villa e prosegue verso la fascia boscosa delle Groane, dall’altra determina il viale prospettico del giardino e si inoltra nel territorio naturale fino al “serraglio” – non più esistente – per terminare
in un fondale architettonico di carattere scenografico. La scenografica esedra su cui affaccia la villa, delimitata da un paramento murario scandito da lesene e nicchie sormontate da pinnacoli a fiamma, mette in relazione il complesso con il borgo antistante.
Di grande ricchezza e complessità l’impianto decorativo che vede all’opera artisti seicenteschi come
Ercole Procaccini il Giovane, Giovanni Battista Costa, Giovanni Stefano Doneda il Montalto, Giu-
seppe Nuvolone e Giovanni Ghisolfi. La foggia originaria del giardino seicentesco è visibile nell’affresco presente nella Sala del Castello (piano nobile, parete nord) realizzato intorno alla metà del XVII
secolo, in cui una veduta a volo di uccello ritrae la villa stessa non ancora ultimata. Il dipinto mostra
l’area del giardino attraversata da un ampio viale impostato secondo la direttrice principale, e sud-
divisa in dodici aiuole rettangolari delimitate da viali secondari. Le aree direttamente prospicienti la
villa presentano un disegno a parterre, mentre le rimanenti sono a prato con alberi disposti secondo una cadenza regolare. Vasi di agrumi suddividono le due zone. Una raffigurazione dell’impianto nella sua monumentalità è rintracciabile nella carta topografica del tenente Brenna (1837) dove è
rappresentato un lungo giardino all’italiana, della medesima larghezza del corpo della villa, percorso da un viale centrale posto sulla stessa direttrice dell’asse compositivo principale. Tale giardino è
affiancato verso nord da un vasto giardino all’italiana con disegni delle aiuole di sapore francese segnato da due viali paralleli a quello principale. Il complesso disegno delle aiuole terminava con
una struttura ovale, probabilmente una vasca, che separava il giardino da orti e frutteti. Il giardino attuale è disposto ancora prevalentemente secondo l’assetto antico, conserva le statue nella posizione originale, e nella zona boscosa il Rondò con la cascata a gradoni e il Tempietto del fauno. Nel 1987 la
villa viene acquistata dall’Amministrazione Comunale. Fra il 1992 e il 1994 il palazzo è stato oggetto di interventi di restauro conservativo, volti ad arrestare lo stato di degrado e a riportare il complesso allo splendore originario. La villa è sede della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San
Raffaele ed è utilizzata anche come sede per convegni, conferenze, seminari, mostre, manifestazioni culturali, concerti, spettacoli e danza. Le visite guidate sono gestite a cura della Associazione Amici del Palazzo e Parco Borromeo.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
progetto unitario che vede villa e giardini concepiti come un’unica entità di forte impatto scenografico dove l’isola è immaginata nelle forme di un vascello, con scenografici giardini disposti a terrazze digradanti – uno dei più splendidi giardini barocchi italiani – con vasche, fontane e prospettive architettoniche. Fra le ville seicentesche di maggior importanza in ambito milanese va ricordata la già citata Villa Frisiani, Mereghetti a Corbetta, con impianto ad U con ali lievemente divergenti, sorta sui resti del castello di Corbetta, di cui si conserva integralmente una parte di epoca trequattrocentesca trasformata poi in ala minore della villa. Il corpo principale è stato eretto nella seconda metà del Seicento utilizzando materiali di recupero dell’antico castello demolito, su disegno dell’architetto Francesco Maria Richini – uno dei più noti architetti lombardi dell’epoca – con portico centrale a tre archi a tutto sesto su colonne binate di ordine toscano. Di notevole importanza i cicli pittorici di epoca quattrocentesca, cinquecentesca e seicentesca (attr. ai fratelli Montalto e a Federico Zuccari). Risale alla fine del Cinquecento il corpo principale di Villa Birago, Clari, Monzini a Cassiin basso, Marc’Antonio Dal Re, Veduta di Villa Silva a Cinisello, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1726. nella pagina seguente, da sinistra Marc’Antonio Dal Re, Veduta dell’Isola Bella, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1726. Marc’Antonio Dal Re, Villa Gallarati Scotti a Vimercate, Oreno, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1726.
2. Marc’Antonio Dal Re, Ville di Delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano, Milano, pubblicato in due edizioni successive nel 1726 e nel 1743. 3. K. Remshart e M. Engelbrecht, Sei stampe nella villa di Cinisello, 1730.
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netta di Lugagnano, edificato per volere dei Birago e successivamente ristrutturato in forme barocche verso la metà del Seicento (passa ai Clari nel 1696) e all’inizio del Settecento. La dimora, costituita da un impianto quadrangolare con cortile al centro (forse sul preesistente castello fortificato di Lugagnano), corpo nobile a tre piani con portico a cinque fornici, corpo di ingresso a due piani e corpi di servizio più bassi, acquista un respiro monumentale e pur distante circa 800 metri dal naviglio interagisce con esso attraverso un cannocchiale prospettico scandito da coppie di pilastri che termina nell’imbarcadero posto sul canale. Di notevole importanza è anche Villa Gromo di Ternengo a Robecco, ricostruita nel 1679 secondo le tipiche forme del barocco lombardo, probabilmente su una dimora preesistente documentata nel XVI secolo a sua volta eretta su fortificazioni più antiche. La villa si dispone ad U con ali rivolte verso il giardino e fronte di ingresso con triportico su colonne binate con attico aperto verso il giardino con un loggiato a tre archi. L’edificio appare impostato su un asse di simmetria che attraversa l’ingresso ad esedra, il cortile, la villa e l’ampio giardino prolungandosi
per oltre 800 metri e terminando in un nicchione. L’approdo verso il naviglio è garantito da un padiglione su quattro pilastri che funge da imbarcadero detto “La Sirenella”. Straordinario esempio barocco era in origine la seicentesca Villa Scotti, Gallarati Scotti (Vimercate, Oreno), impostata su scala territoriale e documentata nella sue veste originaria nelle incisioni di Marc’Antonio Dal Re, successivamente profondamente trasformata in forme neoclassiche tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento dall’architetto Simone Cantoni. Originariamente l’edificio barocco, di cui viene mantenuta l’impostazione ad U con le ali laterali di servizio più basse, presentava un corpo centrale impostato su tre piani con triportico mediano e ricco coronamento mistilineo. Il giardino barocco, poi rielaborato nel XIX secolo in forme paesistiche, era disposto secondo una successione di giardini geometrici solcati da un lungo viale scenografico sul cui fondale è posto il Ninfeo di Nettuno, ancora esistente, con terrazza belvedere, grotte, mosaici e giochi d’acqua. All’inizio del Seicento risale Villa Corio, Sioli Legnani (Bussero), originariamente impostata secondo una tipologia a blocco rettangola-
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
re con eleganti partiture architettoniche a cui sono state successivamente aggiunte nel Settecento le ali minori risvoltanti a delimitare la corte nobile. La villa fu poi ristrutturata in forme neobarocche nel 1860 su progetto dell’architetto Giuseppe Balzaretto. Nel medesimo periodo viene edificata Villa Arese Jacini (Cesano Maderno), eretta a partire dal 1618, originariamente disposta probabilmente secondo uno schema ad L, con torrioncini ottagonali a coronamento del fronte principale. Risale alla seconda metà del Seicento Villa Durini al Mirabello (attualmente all’interno del Parco di Villa Reale a Monza), progettata tra il 1656 e il 1675 dall’ing. Gerolamo Quadrio su preesistenze ed impostata secondo uno schema ad U, aperto verso la corte d’onore. Successivamente ristrutturata secondo i canoni neoclassici, la villa presenta una facciata con triportico centrale su colonne doriche, con timpano triangolare al centro e attico, e conserva importanti affreschi barocchi e neoclassici.
Nel 1687 viene edificata Villa Corbella, Litta, Taccioli, Litta Modignani (Milano, Affori), secondo la disposizione ad U, con corpo centrale che si sviluppa su tre piani e porticato mediano a cinque arcate (in origine a sette fornici e con le ali non risvoltanti) sia sul fronte verso la corte sia sul fronte verso il parco, mentre le ali minori sono leggermente più basse. Si rammenta inoltre Rocca Brivio (Melegnano), edificata fra la metà del Seicento e l’inizio del Settecento in luogo di una fortificazione medioevale. La monumentale villa è un elaborato esempio barocco in mattoni a vista con impianto ad L, riccamente decorato, a cui si accede attraverso un imponente portale impreziosito da un cancello di particolare finezza che immette in un ampio porticato aperto sulla corte interna. Fronteggia l’ingresso un loggiato a tre arcate che conduce alla terrazza panoramica aperta sul paesaggio circostante. E’ frutto di interventi seicenteschi anche l’attuale aspetto di Villa Marino (Gaggiano) edi-
ficata su un preesistente edificio quattrocentesco degli Stampa, e tradizionalmente legato nel Cinquecento alla figura di Tommaso Marino. Anche questa villa si struttura secondo un impianto ad U, con fronte principale porticato, cornice marcapiano e finestre ad angolo ottuso e ad arco, aperto verso il naviglio con viale prospettico terminante con una esedra. Sempre di epoca seicentesca sono da ricordare anche: Villa Ajroldi, Caprotti (Albiate); Villa Attendolo Bolognini, Medici di Marignano, Giulini (Briosco), importante esempio barocco con impianto a blocco rettangolare con sopralzo sporgente in guisa di torretta; la cinquecentesca (ma rifatta nel corso del XVII sec.) Villa Taverna a Canonica (Triuggio), disposta ad U con corpo principale a due piani e ali laterali di altezza inferiore che delimitano la corte nobile; Villa Sormani, Annoni, Resta (Vittuone), monumentale e con scenografico viale di accesso; Villa Dugnani (su preesistenze rinascimentali) e la “Bassana” a Robecco ; “La Peralza” di Magenta.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
2.5. Il Settecento
in alto e nella pagina seguente, Marc’Antonio Dal Re, Veduta del Castellazzo, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1743.
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Fra la fine del Seicento e i primi due decenni del Settecento iniziano a manifestarsi i segni di quel profondo rinnovamento di carattere economico che andrà consolidandosi verso la metà del secolo e che, di riflesso, favorirà l’aprirsi di una nuova stagione per l’evoluzione della villa milanese destinata ad assumere, nel corso del XVIII secolo, quei caratteri di grandiosità e magnificenza propri di un linguaggio formale maturo. A partire dal 1707 Milano passa sotto la dominazione austriaca, durante la quale vengono intraprese nuove politiche di sviluppo economico-territoriale. Fra queste, riveste una particolare rilevanza l’istituzione del “Catasto Prediale ed Immobiliare”, voluto da Carlo VI a partire dal 1720-22 e condotto alla sua forma definitiva nel 1760 da Maria Teresa d’Asburgo. Con questo strumento di politica fiscale si stabilisce una nuovo criterio di tassazione dei terreni, basato sul reddito potenziale del podere calcolato secondo precisi coefficienti definiti sulla base di moderne concezioni di agronomia. Al fine di equilibrare il più possibile l’onere contributivo con la resa effettiva del fondo i proprietari terrieri sono indotti ad innalzare il più possibile la redditività delle proprie terre, attraverso coltivazioni innovative e moderne. Tale situazione contribuisce gradatamente a premiare l’intraprendenza di nuovi ceti, più dinamici e produttivi. Il catasto costituisce inoltre un documento molto importante in grado di restituirci in modo sistematico il disegno del territorio nei suoi caratteri economici, produttivi e storici, particolarmente prezioso nel caso delle ville gentilizie delle quali riportando accuratamente i confini, la disposizione dei fabbricati, dei terreni e dei giardini, utilizzando spesso simbologie realistiche e abbastanza attendibili. La villa assume nel Settecento le forme maestose e sfarzose richieste dall’affermazione del ruolo sociale dei committenti, di antica nobiltà o appartenenti al ceto emergente, sovente desiderosi di competere in magnificenza tra
loro e di rivaleggiare anche con il fasto delle dimore gentilizie europee più all’avanguardia. La ricerca di una più spinta monumentalità e magniloquenza si attua attraverso l’opera di importanti figure di architetti che affinano e aggiornano il linguaggio lombardo conferendogli quel carattere di maggior respiro e maggior sintonia con il linguaggio internazionale delle corti francesi e austriache (Versailles e Schönbrunn), come Francesco Croce, Carlo Giuseppe Merlo e Giovanni Ruggeri. Assume inoltre sempre più rilievo la villa come centro di gestione dei fondi agricoli e delle attività produttive ad essi collegate. Negli esempi di maggior rilevanza, quella stessa ricerca di monumentalità e magniloquenza finisce per coinvolgere anche lo spazio circostante, ricorrendo di frequente a scenografici canali ottici aperti verso il paesaggio che esaltano la funzione dei lunghi viali prospettici e delle imponenti cancellate. Nel corso del Settecento l’organismo architettonico della villa riprende tendenzialmente la consueta planimetria ad U, declinando in forma ancora più netta la gerarchizzazione degli spazi in base alle diverse funzioni e alla loro chiara enunciazione. Celebrazione massima di tali architetture e della magnificenza dei loro giardini è data attraverso le incisioni di Marc’Antonio Dal Re che in Ville di Delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano (pubblicato a Milano in due edizioni successive nel 1726 e nel 1743) ne illustra, con vedute a volo d’uccello e dettagliate planimetrie, la magnificenza e il fasto, fornendo una sintesi sull’architettura di villa del periodo. Il testo assume il valore di un vero e proprio trattato sulla tipologia villereccia, testimoniando anche l’importanza che riveste il tema della dimora gentilizia per la nobiltà del Settecento, per la quale la villa diviene non solo una fondamentale occasione per esprimere il proprio rango, ma quasi un obbligo sociale. Al giardino all’italiana si sovrappone il modello di giardino francese, nel quale la comples-
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
sità dell’impianto, le dimensioni e la ricchezza dell’insieme assumono una rilevanza di proporzioni grandiose. Nel giardino settecentesco vengono infatti notevolmente amplificate le dimensioni del giardino geometrico di impianto rinascimentale e assumono un ruolo di notevole importanza i parterre ad aiuole con complesse decorazioni ad arabeschi con vegetali e ciottoli. L’impianto dei viali si sviluppa in estensioni di ampio respiro, con gallerie delimitate da siepi di carpini accuratamente potate (carpinate), scalinate, terrazze, statue e fontane. Perfetto e straordinario esempio di villa monumentale settecentesca, fra le più rilevanti nel panorama lombardo per la fastosità delle architetture, dell’impianto decorativo e dei giardini, Villa Arconati, “Il Castellazzo” (Bollate), nota come “piccola Versailles”, fu fra le ville lombarde più celebrate e ammirate dai contemporanei (vedi box). Frutto di ristrutturazioni successive, fino all’intervento settecentesco riconducibile all’architetto Giovanni Ruggeri che ne stabilisce la forma definitiva, la villa si sviluppa secondo un articolato impianto ad H che si relaziona scenograficamente con l’ambiente circostante attraverso assi compositivi che entrano in rapporto diretto con il territorio. Il giardino del Castellazzo, ancora pressoché conservato nel suo impianto originale, è uno dei pochissimi esempi italiani menzionati nel trattato La théorie et pratique du jardinage (1709) di Antoine Joseph Dezallier d’Argenville, il noto testo che per tutto il Settecento viene riconosciuto come il più accreditato e importante scritto in Europa sui principi del giardino barocco. Al medesimo architetto, Giovanni Ruggeri, spetta il progetto di Villa Alari, Visconti di Saliceto (Cernusco sul Naviglio), episodio di rilievo e perfettamente compiuto di villa settecentesca, eretta tra il 1703 e il 1719 secondo le forme del Barocchetto lombardo. Il complesso si dispone secondo un impianto ad U, con corte d’onore delimitata da uno scenografico muro mistilineo ad esedra, interrotto da due
pilastri bugnati sui quali si inserisce la grande cancellata che dà accesso alla corte sulla quale prospetta la villa. La facciata è movimentata da un portico a cinque arcate di differente ampiezza su colonne toscane a cui si accede attraverso una scalinata con balaustra in pietra, delimitato da due lesene che percorrono la fronte fino alla linea di gronda e danno rilievo alla zona centrale del corpo nobile. Sempre al Ruggeri viene riferito il progetto del giardino, anche in questo caso dettagliatamente illustrato dal Dal Re: un giardino all’italiana, percorso da vialetti ortogonali fra loro che delimitano aiuole geometriche, è posto fra il fronte meridionale della villa e il corso del naviglio, mentre ai lati di questo spazio rettangolare si estendono, circoscritte da passeggiate coperte di carpini, su un lato una pescheria – la maggiore fra quelle lombarde – e un teatro all’aperto “per burlette” e sull’altro aree rettangolari a parterre. Sulla riva opposta del naviglio il viale centrale, che costituisce la direttrice principale e l’asse di simmetria del complesso della villa e dei giardini, prosegue in corrispondenza
dell’imbarcadero creando un cannocchiale ottico che si perde nella campagna, delimitato da due filari di pioppi. Nel 1813 il giardino viene completamente trasformato secondo i canoni romantici dall’ingegnere Villoresi. Affine nell’impianto a Villa Alari a Cernusco è Villa Cavazzi Della Somalia (Orio Litta, Lodi) edificata su progetto concordemente attribuito dalla critica sempre a Giovanni Ruggeri e concepita secondo uno schema planivolumetrico articolato di carattere monumentale, con imponente corpo principale di altezza elevata, con pentaportico centrale e attico con coronamento sormontato da statue ed ali laterali sempre a destinazione padronale. Il monumentale schema planivolumetrico di Villa Alari verrà ripreso anche dall’architetto Francesco Croce in Villa Brentano, Carones (Corbetta), edificata tra il 1732 e il 1737, che ne contiene e irrigidisce l’esuberanza in una sequenza di calibrati rapporti prospettici e volumetrici che inquadrano il corpo centrale con porticato su colonne binate aperto verso il monumentale cortile d’onore. Sempre a Giovanni Ruggeri spetta il progetto
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
Villa Arconati, “Il Castellazzo” Bollate, Castellazzo, Via dei Leoni
Villa Arconati, “Il Castellazzo”, una delle ville gentilizie di maggior interesse e grandiosità del milanese e della Lombardia, è un complesso monumentale articolato e impostato secondo uno schema ad H, relazionato scenograficamente con l’ambiente circostante attraverso assi compositivi che entrano in rapporto diretto con il territorio sia nella costruzione dei complessi giardini monumentali, sia attraverso il lungo viale di ingresso con esedra che conduce alla villa. La corte d’ingresso, verso ovest, è delimitata da corpi di fabbrica della medesima altezza che si sviluppano su due piani, con monumentale fronte settecentesca di foggia tardobarocca, arricchita da lesene, cornici, nicchie con statue e da un coronamento mistilineo. La fronte est, verso il giardino, è di sobrie linee seicentesche, con porticato mediano a sette arcate su colonne binate in pietra, mentre la fronte meridionale, tardo barocca, è impreziosita da un fastoso timpano curvilineo. Sull’ala nord-ovest si innesta la corte della scuderia e verso nord si succedono la tardo cinquecentesca chiesa dei SS. Maria e Guglielmo e diverse corti rustiche, che costituiscono un articolato borgo. Villa Arconati viene edificata per volere di Galeazzo Arconati entro il 1619 (ne entra in possesso in data 22 dicembre 1610) a partire da preesistenze di epoca tardo medioevale, attualmente ravvisabili nella struttura corrispondente alla scuderia e al museo, e da un primo nucleo riconducibile ad una data precedente il 1588 e alla committenza di Guido Cusani. La “casa da nobile” seicentesca ristrutturata da Galeazzo Arconati consisteva in un corpo a L con porticato a cinque arcate su colonne binate, architravate, con scalone al piano terra e galleria al piano superiore. Nell’ala rustica della costruzione originaria, il Castellazzino, Galeazzo collocherà il suo museo, con una delle collezioni considerate all’epoca tra le più importanti di Milano, che vantava tra le tante opere i frammenti del Monumento Funerario a Gastone de Foix e numerosi codici di Leonardo da Vinci, tra i quali il Codice Atlantico. Nel corso del Settecento il Castellazzo acquisisce la sua veste definitiva per volere di Giuseppe Antonio Arconati Visconti, attraverso gli interventi di ristrutturazione e ampliamento attuati fra il 1722 e il 1745 su disegno di Giovanni Ruggeri, che relazionano scenograficamente l’edificio con l’ambiente circostante. L’impianto assume un respiro monumentale e si configura secondo uno schema ad H, con l’aggiunta di un’ala verso sud-ovest e il raddoppio del fronte verso sud. Al fine di rendere più simmetrico il fronte della villa viene aggiunto un secondo androne di ingresso scenografico, e vengono movimentati i prospetti scandendo le partiture attraverso lesene, nicchie e cornici. Al medesimo periodo risale la decorazione degli interni, con episodi di altissimo livello ad opera dei fratelli Bernardino, Fabrizio e Giovanni Antonio Galliari, noti quadraturisti chiamati da Giuseppe Antonio Arconati a partire dal 1750, ai quali si deve la decorazione, in particolare, del salone delle feste dove, in un impianto prospettico di elevata complessità illusionistica, viene raffigurata la caduta di Fetonte. I giardini del Castellazzo costituiscono uno degli impianti barocchi di maggior rilievo di tutta la Lombardia. L’impianto originario del giardino si deve a Galeazzo Arconati e risale al 1620-1630 circa, quando viene definito l’asse prospettico principale, che inquadra il fronte porticato verso la corte nobile e termina in direzione est con il Teatro di Diana, e vengono realizzati il Teatro di Andromeda, il Serraglio, il “Giardino dei fiori”, numerose fontane e giochi d’acqua. Successivamente, per volere di Giuseppe Maria Arconati, vengono realizzati il teatro di Nettuno, il parco dei Cervi, il teatro d’Ercole e la Torre delle acque. Nel Settecento vengono creati, su probabile intervento del milanese Giovanni Gianda, tre grandi viali paralleli che si sviluppano secondo l’asse nord-sud, il disegno del grande parterre, i complessi labirinti a grandi siepi di bosso e nuove alberature verso ovest. Il primo viale da est, attualmente in forma di carpinata a volta – che si estende per una lunghezza di 300 m – suddivide il giardino in due parti di cui una a bosco; il secondo viale attraversa i labirinti; il terzo, con aiuole senza bordure, si inquadra sul fronte meridionale della villa e termina con una esedra che si apre verso il bosco.
dall’alto, Veduta aerea e prospetto di Villa Arconati a Bollate. (Fonte: Maps live; Foto: P. Orlandi) “Sala dei Galliari”, affreschi. Villa Arconati a Bollate. (Fonte: Ville di delizia [...] 2003)
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PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
di Villa Bolagnos, Andreani a Moncucco (Brugherio), altro esempio perfettamente compiuto di barocchetto lombardo, edificata all’inizio del Settecento secondo un impianto ad U con ali laterali leggermente aggettanti e di medesima altezza, con corpo centrale con porticato sopraelevato, a guisa di terrazzo belvedere, a tre archi su colonne binate a cui si accede attraverso uno scenografico scalone coronato da balaustre e parapetti. Il giardino formale settecentesco, noto attraverso le tavole del Dal Re, era impostato secondo un vasto parterre delimitato da due lunghe gallerie a carpini. E’ concordemente riferita al Ruggeri anche Villa Trivulzio (Agrate, Omate), probabilmente non portata a compimento rispetto al disegno progettuale, illustrato nelle sue forme compiute nelle incisioni del Dal Re (1743). La villa prevedeva infatti nel progetto originale un organismo architettonico disposto secondo il consueto impianto ad U, mentre furono realizzate le sole due ali parallele e non il corpo centrale, in luogo del quale fu eretto, sul lato opposto a quello previsto secondo il disegno rappresentato dal Dal Re, un raccordo a porticato terrazzato nel 1905 (arch. A Majnoni) di foggia neoclassica che unitamente ad alcuni particolari decorativi di gusto eclettico hanno modificato sostanzialmente l’impianto originale barocco. Si deve all’architetto Francesco Croce il progetto di Villa Clerici, Melzi (Milano, Niguarda) risalente agli anni intorno al 1730 (tra il 1722 ed il 1736), edificata per volere di Giorgio Clerici, secondo canoni di particolare eleganza compositiva, con schema ad U e corpo centrale alla cappuccina, con triportico e scalinata di accesso. Le incisioni del Dal Re illustrano la conformazione del giardino barocco, impostato sul fronte principale secondo un ampio viale centrale che conduce all’ingresso della villa e delimita quattro aiuole simmetriche, cinto da un muro, mentre sul fronte opposto si estendono altre aiuole a parterre delimitate da vialetti e da passeggiate verdi coperte. Al medesimo
architetto spetta la ristrutturazione in forme settecentesche di Villa Pusterla, Arconati, Crivelli (Limbiate, Mombello), di antiche vestigia, con schema ad U aperta verso il cortile centrale e ali minori collegate fra loro da una loggia porticata. La villa era caratterizzata da un impianto di scala territoriale, come documentano una illustrazione settecentesca e la tavola di G. Brenna del 1836, che riportano il disegno del giardino e del parco che circondavano la villa, attualmente decaduti. Originariamente la dimora prospettava su un giardino all’italiana con scalinate a terrazze terminanti con esedre ad arcature barocche, collegate attraverso scalinate a forbice che fronteggiano la villa, con un lungo viale alberato che termina in una rotonda sulla strada Comasina. Sul versante opposto, a nord-ovest, verso le Groane, si estendeva un grandioso impianto di notevole estensione, tanto da poter essere paragonato al parco di Villa Reale di Monza, solcato da lunghi viali prospettici , con lago artificiale e orto botanico. Di notevole interesse anche Villa Pertusati a Comazzo (Lodi), frutto di un intervento settecentesco di Francesco Croce su preesistenti architetture fortificate, recentemente restaurata ma il cui giardino, ormai perduto, è testimoniato da melanconiche rovine che ricordano il gioco delle vasche e delle fontane zampillanti che caratterizzavano questo luogo, proprietà di quell’importante figura della storia e della cultura milanese che fu Carlo Pertusati (Presidente del Senato, tra i fondatori della Società Palatina, mecenate dell’Accademia dell’Arcadia che si riuniva presso il celebre giardino del suo, ormai demolito, palazzo milanese). Riferibile all’ambito di Giovanni Ruggeri o di Francesco Croce, con interventi successivi del Piermarini, è Villa Biancani Greppi (Cernusco sul Naviglio), che si dispone secondo uno schema a doppia U, aperto verso le corti e disposto secondo un asse est-ovest, parallelo al corso del Naviglio. All’architetto Carlo Giuseppe Merlo si deve Villa Perego (Inverigo,
Cremnago), importante complesso progettato da fra il 1738 e il 1745, con sviluppo a blocco lineare, triportico centrale sormontato da un loggiato. Le serre sono state realizzate su disegno probabilmente del Piermarini, mentre spettano a Simone Cantoni (1793-1798) i fabbricati di servizio, le scuderie e la terrazza. Fra le più imponenti e monumentali ville lombarde si annovera Villa Clerici (Castelletto di Cuggiono), edificata agli inizi del Settecento secondo un grandioso impianto barocco impostato su un asse di simmetria che percorre il lungo viale di ingresso principale, affiancato da abitazioni di servizio, fino alla corte nobile sulla quale affaccia il corpo principale della villa con triportico su colonne binate, fiancheggiato da due ali della medesima altezza. Il fronte verso il naviglio presenta agli angoli due corpi aggettanti ed una scenografica scalinata a sei rampe su tre livelli che conduce all’imbarcadero, fiancheggiata da balaustre in pietra. Originariamente il giardino presentava una serie di terrazze degradanti verso il naviglio, di cui sono ancora visibili le tracce. Altro primario grandioso esempio settecentesco è costituito da Villa Visconti Maineri (Cassinetta di Lugagnano) con un impianto ad H con fianco parallelo al corso del naviglio e corte delimitata da un paramento murario che ne chiude la vista e nega un rapporto diretto con il canale, dando al grandioso edificio l’aspetto severo e riservato di un palazzo urbano. Frutto di successivi interventi a partire da un ipotizzabile casino di caccia o cascina con pianta ad U in loco degli attuali rustici e di una metà del corpo principale della villa, che motivano le irregolarità e la mancanza di simmetria nel complesso, la villa mantiene una straordinaria coerenza architettonica frutto di un intervento progettuale di grande respiro (è ipotizzato l’intervento di Carlo Federico Castiglioni) e presenta i caratteri propri del barocchetto teresiano. Ai primi decenni del Settecento risale Villa Archinto a Robecco sul Naviglio, edificio ambi-
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zioso di vaste proporzioni rimasto incompiuto, progettato da Carlo Federico Pietrasanta. La villa è in realtà la sola appendice di un’ala del grandioso complesso architettonico previsto ma non realizzato. Il progetto originale, illustrato attraverso le incisioni di Marc’Antonio Dal Re (ed. 1726), prevedeva un impianto a croce uncinata a partire da un nucleo centrale costituito da un salone da ballo a tre piani, dal quale si diramano quattro ali che nell’affaccio verso il naviglio presentavano nelle testate due torri con un terrazzo sorretto da un portico a serliana. Altro importante esempio di barocchetto è quello costituito da Villa Borri, Manzoli (Corbetta), eretta con il materiale di recupero del demolito castello di Corbetta secondo un impianto ad U. La villa presenta una facciata principale in mattoni a vista con portico centrale sormontato da loggia al piano nobile di foggia barocchetta su colonne binate con archi profilati in pietra bianca, di particolare eleganza. Si sviluppa secondo un impianto a blocco lineare Villa Nuño de Portugal, Rusconi (Castano Primo) eretta dopo il 1717, con un non frequente doppio ordine di logge nel corpo centrale (riscontrabile ad esempio a Villa Ghirlanda Silva di Cinisello Balsamo), con ali di servizio aggiunte in epoca posteriore.
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Sempre a blocco lineare è impostato il corpo settecentesco del citato complesso di Villa Visconti Borromeo Litta (Lainate), il cosiddetto “Quarto Nuovo” risalente agli anni successivi al 1721, che chiude ad occidente la Corte Nobile innestandosi sulla parte cinquecentesca. L’edificio, con avancorpi leggermente sporgenti a determinare uno schema ad U appena accennato, si relaziona con le preesistenze dando luogo ad un complesso impianto spaziale con scenografici assi compositivi che ne fanno una delle ville di maggior splendore e sontuosità. Frutto di una radicale trasformazione in veste gentilizia avvenuta agli inizi del Settecento su antiche preesistenze conventuali, Villa Simonetta, Castelbarco Albani, Quintavalle (Vaprio d’Adda, Monasterolo) è un articolato complesso monumentale che si sviluppa secondo un impianto quadrilatero attorno ad una corte nobile suddivisa da un duplice porticato mediano. Di foggia maestosa, Villa Castiglioni, Prata Morosini (Pessano con Bornago) è un importante esempio di barocchetto lombardo, edificata nel Settecento sui resti di un castello medioevale, ed utilizzando il materiale di recupero, secondo uno schema ad U con corte d’onore delimitata da ali minori con oratorio sulla testata di una delle ali, e porticato centrale su colonne binate.
Di carattere minore, ma perfetto esempio di barocchetto lombardo, Villa Odazio, Fontana Racchetti (Besana In Brianza, Zoccorino) si struttura secondo uno schema ad U aperto sulla corte d’onore delimitata da un monumentale ingresso. Di foggia barocchetta anche Villa Verri (Biassono), eretta all’inizio del Settecento e successivamente ristrutturata secondo il consueto impianto ad U dopo la metà del secolo. Originariamente la villa conservava importanti cicli pittorici eseguiti dai fratelli Galliari nel 1749. Fra le ville di maggior rilievo occorre menzionare anche Villa Scheibler (Milano, Vialba), edificata nel corso del Settecento su preesistenze quattrocentesche, secondo un impianto ad H, con portico centrale verso il parco, e Villa Settala, Marietti, Greppi, Ricotti, “La Valera” (Arese), articolato complesso architettonico che si sviluppa per successione di tre corti quadrangolari ristrutturato nel corso del Settecento su preesistenze seicentesche, con corpo principale ad U porticato e annesso borgo. Fu edificata dopo il 1770 in forme ancora di gusto barocchetto, ma con elementi già protoneoclassici, Villa Confalonieri (Carate Brianza) successivamente ristrutturata nel 1846, disposta ad U con corpo principale a tre piani e triportico mediano.
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
Intorno agli ultimi decenni del Settecento iniziano a manifestarsi anche in area lombarda le nuove istanze della cultura neoclassica, già affermatisi in molte altre regioni italiane a partire dalla metà del secolo. Il linguaggio architettonico neoclassico impone un diverso rigore compositivo, una severa eleganza che rifugge l’esuberanza fastosa e la complessità scenografica del barocco per preferire una spazialità più contenuta e partiture architettoniche che si sviluppano in senso longitudinale, ritmate da lesene e corpi aggettanti su ordini giganti di colonne, con frontoni, timpani o attici come coronamento. Tende a sparire il porticato centrale quale spazio aperto, sostituito da luoghi chiusi, più apprezzati, dove si svolgeva la vita quotidiana e le feste. Tale tendenza coincide anche con la maggior facilità nel reperire materiali quali il ferro e il vetro, inducendo i committenti a preferire la chiusura degli spazi attraverso ampie vetrate. Le nuove istanze si sovrappongono al linguaggio architettonico barocco che permane anche nel corso della seconda metà del XVIII secolo nei moduli barocchetti che ancora decorano ville di carattere minore, insieme alla tradizionale impostazione planimetrica ad U. Al linguaggio neoclassico si affianca una diversa concezione del giardino, già introdotta in area lombarda nello scritto di Pietro Verri Le delizie del vivere in villa nella rivista “Il Caffè” (1764, foglio XV), dove viene descritta una villa e i suoi tre giardini: uno barocco alla francese, e due di “gusto moderno”, uno descritto come “destinato alla Botanica del palato” con alberi da frutto erbe aromatiche ed ortaggi, l’altro “che sembra ancor da farsi”, ovvero asimmetrico e ricco di rovine, disposte “pittorescamente”, artificiosamente naturale. E’ quest’ultimo il primo accenno al giardino romantico, che troverà nel testo di Ercole Silva Dell’arte dei giardini inglesi, pubblicato a Milano nel 1801, una ampia trattazione. Qui vengono enunciati per la prima volta in Italia i canoni estetici del
giardino all’inglese quale si era sviluppato verso la metà del Settecento in Inghilterra e rapidamente diffuso nel resto d’Europa. L’impianto razionale e geometrico del giardino all’italiana e alla francese cede il posto a soluzioni più libere, forme più sinuose ed articolate, nell’intento di creare scorci paesaggistici suggestivi, di forte impatto emotivo, grazie ai quali la natura appare sapientemente ricreata ma da una mano che vuole rendersi invisibile. L’artificio si nasconde in avvallamenti e colline, ruscelli, laghi e cascate che si tendono a fare apparire spontanei ma che si disseminano poi di luoghi evidentemente costruiti con elementi architettonici, di dichiarato gusto esotico e pittoresco, spesso in forma di ruderi per simulare l’inesorabile trascorrere del tempo. Silva esemplifica tali istanze attraverso la descrizione di alcuni giardini di contemporanea realizzazione ritenuti fra i più interessanti dell’epoca: la propria villa di Cinisello Balsamo (Villa Ghirlanda Silva), Villa Cusani a Desio (Villa Cusani, Tittoni, Traversi), la “I. e R. Villa Bonaparte in Milano”, poi Villa Reale, e la Villa Reale di Monza. I moduli formali del giardino all’inglese influenzano nei primi decenni del XIX secolo il rapporto tra villa e paesaggio con la creazione dei grandi parchi paesistici, fino ad includere anche il paesaggio agrario, come accade nel grandioso impianto del parco di Villa Reale a Monza. Villa Reale di Monza (vedi box) è per monumentalità architettonica e autonomia formale uno degli esempi maggiori in area lombarda – fra i pochi concepiti in Italia come “reggia alla Versailles” – in grado di influenzare profondamente il linguaggio architettonico e paesaggistico dell’epoca. La Villa, costruita fra il 1777 e il 1780 da Giuseppe Piermarini, l’architetto neoclassico di maggior spicco in ambito lombardo, costituisce un episodio nodale nell’evoluzione tipologica della villa e punto di transizione tra la villa di delizia settecentesca e la residenza di carattere rappresentativo che andrà diffondendosi nel corso del XIX secolo. Il
2.6. Ultimi decenni del Settecento e Ottocento
in alto, F. Lose, Disegno dell’Imperial Regia Villa di Monza, 1820 ca. nella pagina precedente, da sinistra Marc’Antonio Dal Re, Veduta di Villa Alari a Cernusco, incisione da “Ville di delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano”, Milano 1743. Marc’Antonio Dal Re, Veduta di Villa Clerici a Castelletto di Cuggiono, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1743. nelle pagine successive, da sinistra L. Canonica, Tipo dimostrante il Parco unito alla Cesarea R.I. Villa presso Monza nello stato attuale, 1810-15 ca. Vienna, Archivio di Stato. Federico e Carolina Lose, Villa Belgioioso a Milano, 1815-20. Milano, Civica Raccolta di Stampe Bertarelli.
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grandioso complesso architettonico impronta di sé il territorio circostante, fungendo da perno per nuovi assi di collegamento come l’asse viario rettilineo che collega Milano e Monza e termina nel viale di ingresso della villa, definibile come il primo intervento di viabilità moderna nello Stato di Milano. I Giardini e il Parco furono concepiti secondo i nuovi canoni del giardino all’inglese, anzi ne furono probabilmente gli antesignani in Italia. La grandiosità dell’opera e l’importanza della committenza ne fecero un punto di riferimento di grande rilevanza e contribuirono alla diffusione dei canoni del giardino paesaggistico, dando il via ad una moda che portò, nella maggior parte dei casi, alla trasformazione dei giardini barocchi esistenti, secondo i nuovi principi del giardino romantico. Il medesimo impianto planimetrico di Villa Reale di Monza caratterizza anche Villa D’Adda, Borromeo D’Adda (Cassano D’Adda), uno fra i più rilevanti esempi di villa neoclassica nel milanese, frutto della ristrutturazione in forme neoclassiche di un preesistente edificio barocco di cui viene incaricato nel 1781 Giuseppe Piermarini. Della
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villa barocca, con impianto ad U aperto verso l’ampia corte d’onore, viene mantenuta la facciata verso il giardino, mentre viene completamente rielaborata la fronte principale secondo canoni di squisita eleganza, con colonnato centrale sormontato da balaustra, piano nobile scandito da una partitura di lesene e sormontato da un attico con statue. In luogo del consueto porticato centrale Piermarini crea un vasto atrio a pianta centrale e isola il corpo centrale della villa affiancandovi due piccoli cortili chiusi da un porticato aereo in continuità con la facciata. Si deve a Leopoldo Pollack, allievo del Piermarini, il disegno di Villa Belgioioso a Milano, poi Villa Reale, edificata tra il 1790 e il 1799, unico edificio costruito all’interno della cerchia dei Bastioni ad avere le caratteristiche della villa suburbana e non del palazzo cittadino. L’impianto mantiene il consueto schema ad U aperta verso la corte d’onore, delimitata verso strada da una muratura bugnata con tre arcate d’ingresso, e presenta il fronte principale scandito, nel corpo centrale, da quattro semicolonne di ordine ionico gigante poggianti su un alto zoccolo bugnato e sormontate da
un attico con balaustra e statue, mentre le ali minori terminano con testate ornate da timpani. Il fronte verso il giardino mantiene le medesime partizioni e presenta corpi aggettanti collocati al centro e alle estremità, questi ultimi sormontati anch’essi da un timpano. Al Pollack spetta anche il disegno del parco, ampiamente descritto dal Silva, dove viene realizzato un delicato equilibrato tra zone a prato e aree boschive, con piccoli declivi ed un laghetto artificiale. Viene eretta su probabile disegno di Leopoldo Pollack Villa Casati a Muggiò, databile fra il 1790 e il 1796, di rilevante interesse in quanto fungerà da modello per numerose ville o villini di carattere residenziale minore. La villa si dispone secondo un impianto a blocco lineare su due piani su cui si innesta un corpo a base ellittica di due piani sormontato da una lanterna colonnata, a guisa di tempietto dorico. Tale elemento stilistico di grande novità nel panorama lombardo, mediato dal linguaggio architettonico europeo, diviene fulcro dell’intera composizione, nonché punto di apertura verso il giardino circostante, con il quale crea un rapporto visivamente nuovo. In molti casi fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si manifesta il desiderio di adeguare le dimore già esistenti al moderno linguaggio architettonico neoclassico, intervenendo sugli edifici barocchi con opere di ristrutturazione che, tendendo perlopiù a mantenere inalterati gli impianti planimetrici, si limitano a modificare i prospetti e gli impianti decorativi degli interni. Si deve all’architetto Simone Cantoni la trasformazione secondo il nuovo gusto neoclassico della già citata Villa Gallarati Scotti a Oreno, splendida dimora di delizia barocca. La ristrutturazione, condotta tra il 1790 e il 1793, prevede una nuova veste per la facciata principale con corpo di ingresso leggermente aggettante al centro, porticato ad archi inquadrati da lesene toscane al piano terra, mezze colonne ioniche al primo piano e protome su lesene rastremate
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
verso il basso al secondo piano, sormontato da un timpano con bassorilievi e orologio. Due tempietti in forme classiche vengono poste alle testate delle ali minori, mentre la facciata su giardino è scandita, nel corpo mediano e ai due estremi, da lesene di ordine gigante ai piani superiori poggianti sullo zoccolo al piano terra bugnato e con triportico ai due estremi. A Simone Cantoni spetta la ristrutturazione in forme neoclassiche anche della seicentesca Villa Casnedi, Confalonieri, Raimondi (Lentate Sul Seveso, Birago) iniziata nel 1799, posta in posizione dominante sulla valle del Seveso e impostata secondo una tipologia ad U, con portico passante mediano a tre fornici e tre campate e ali minori risvoltanti parallelamente al corpo centrale. La villa conserva affreschi di scuola tiepolesca riferibili al veneziano Mattia Bortoloni. Frutto invece della trasformazione in dimora gentilizia neoclassica effettuata nella seconda metà del Settecento dell’antico Monastero di San Martino è Villa Giulini, Casati Stampa di Soncino (Arcore). Il complesso, pur adeguandosi alla nuova sensibilità neoclassica nel disegno delle facciate e nelle decorazioni degli interni, mantiene in parte l’impostazione di carattere conventuale e nello steso tempo risente ancora della concezione spaziale barocca, evidente nell’impostazione ad U con viale di ingresso impostato secondo un asse prospettico che dal borgo attraversa la corte nobile, la villa (porticato e salone), il giardino e il viale scenografico che si prolunga fino al corso del Lambro. Un altro notevole intervento di trasformazione è quello che ha interessato l’importante complesso architettonico di Villa Antona Traversi (Meda) il cui aspetto attuale si deve alla ristrutturazione dell’antico convento di san Vittore operata in forme neoclassiche nei primi anni dell’Ottocento dall’architetto Pollack. Gli interventi interessano in particolare il cortile interno, la facciata verso il centro abitato e il giardino, con modifiche dei sa-
loni, dove interviene il Palagi nella prima metà del secolo. Annessa alla villa sorge la notevole cappella cinquecentesca di San Vittore, con affreschi della scuola del Luini. Di rilevo anche Villa Archinto, Pennati (Monza, Borgo Carrobiolo), riferibile probabilmente a Luigi Canonica (con interventi di Carlo Amati), frutto della trasformazione in veste neoclassica di una villa settecentesca, con impianto ad U, con corte d’onore leggermente trapezoidale, sulla quale affaccia il fronte principale, di estrema sobrietà, e le ali minori con porticato a quattro fornici nella parte di innesto. Verso il giardino la facciata presenta un corpo mediano leggermente aggettante con porticato a tre arcate su pilastri bugnati, sormontato al piano superiore da semicolonne di ordine gigante ionico che reggono trabeazione e timpano, terminante con attico che corre lungo tutto il prospetto. Fra i più importanti complessi architettonici tardoneoclassici di carattere monumentale si colloca Villa Cusani, Tittoni, Traversi (Desio), frutto della ristrutturazione dell’originaria villa barocca ad opera di Giuseppe Piermarini e del successivo intervento di ampliamento
e rifacimento realizzato da Pelagio Palagi all’inizio dell’800. La villa si dispone secondo un impianto ad U attorno alla corte d’onore alla quale si accede attraverso una elaborata cancellata in ghisa intervallata da colonne su cui poggiano statue. Il corpo principale, sormontato da un attico anch’esso coronato da statue, è scandito da arcate cieche che inquadrano le finestre e le porte d’ingresso centrali al piano terra, mentre al primo e secondo piano la facciata è ritmata da una partitura di lesene di ordine gigante con capitello. Due avancorpi laterali con timpano e colonne di ordine gigante chiudono le estremità del fronte principale e su di sui quali si innestano le ali minori, ad un solo piano, a delimitare la corte, mentre il fronte verso il parco presenta il corpo centrale aggettante ed arricchito con un timpano triangolare retto da colonne di ordine gigante tra primo e secondo piano, che insistono su un portico a tre grandi arcate. Il disegno del parco, concepito secondo un impianto di tale maestosità che il conte Ercole Silva dedica alla sua descrizione un intero capitolo del suo testo “Dell’arte dei giardini inglesi”, spetta al
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Villa Reale di Monza Monza, V.le Regina Margherita
Villa Reale di Monza fu costruita fra il 1777 e il 1780 da Giuseppe Piermarini – l’architetto neoclassico di
maggior spicco in ambito lombardo, discepolo del Vanvitelli con il quale aveva collaborato al progetto della
Reggia di Caserta – per volere dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo, governatore della Lombardia e figlio di
Maria Teresa d’Austria. La maestosa costruzione sorge come luogo di villeggiatura ma, nel contempo, assolve programmaticamente al ruolo rappresentativo del potere regio, non diversamente dalle regge di Versailles,
Schönbrunn o Caserta. L’impianto assume un grandioso respiro per la vastità delle proporzioni, l’imponenza delle forme e l’ampiezza della corte d’onore. L’edificio si dispone secondo il tradizionale schema lombardo
ad U, con ali a delimitare la corte alle cui estremità si innestano i due corpi ribassati della cappella e della Cavallerizza. Precede la corte d’onore una vasta anticorte delimitata da due corpi lineari su cui si raccordano
da un lato il teatrino di corte, la Rotonda e il Serrone, dall’altro le antiche scuderie. La facciata principale, impostata secondo un andamento orizzontale sottolineato dalla cornice marcapiano, è concepita secondo un
impianto di grande monumentalità pur scevro da eccessi decorativi, con partiture di particolarmente sobrie e
lineari. Il prospetto è scandito da lesene poggianti su un basamento in bugnato, finestre con cornici, mentre il corpo centrale, di maggior altezza, è segnato da lesene di diverso partito, ionico e corinzio, e termina con un coronamento costituito da un attico con vasi in pietra. L’ingresso, a cui si accede attraverso due rampe di scale
speculari, è formato da un ampio vestibolo ottagonale che conduce allo scalone. La facciata verso il giardino, ad est, è caratterizzata da un più marcato andamento verticale accentuato dalla presenza di corpi aggettanti
in posizione mediana e alle estremità su doppio ordine di colonne, attico e altezza più elevata, con grande scala
al centro con balaustra e terrazza. Sempre al Piermarini spetta il disegno dei Giardini Reali, nei quali viene realizzato il primo giardino all’inglese in Italia, prototipo di questa nuova tendenza. Piermarini disegna un giardino formale di fronte e ai lati dell’edificio, mentre sul retro concepisce un giardino informale nel quale
viene abilmente ricreata l’illusione di un paesaggio naturale, con prati e macchie boscose, ruscelli e cascatelle, laghetti artificiali con rovine di foggia medioevale o classica. A tali giardini si affiancherà il grande parco che
vede la collaborazione all’architetto Luigi Canonica con Luigi Villoresi e più tardi con l’ingegner Giacomo Tazzini. Realizzato tra il 1805 e il 1808 su decreto imperiale di Napoleone, il Parco di Monza costituisce uno
tra i più estesi parchi storici europei ed il maggiore tra quelli cintati da mura. Al suo interno il Canonica ricrea una riserva di caccia e una tenuta modello immersa in un ameno paesaggio che è, nello stesso tempo,
“produttivo: vi si praticano l’agricoltura, attività botaniche e vivaistiche, si allevano animali. L’intervento
del canonica ingloba corsi d’acqua, campi agricoli, strade, cascine, ville e giardini preesistenti come le ville Mirabello e Mirabellino, che vengono trasformate ed arricchite.L’impianto è costituito da ampi viali ortogonali tra loro concepiti come cannocchiali prospettici che si inoltrano nel paesaggio secondo una direttrice
principale nord-sud (Vialone di Mirabello) fino al “Rondò della Stella”, in cui originariamente convergevano viali disposti a raggiera, posto al centro del “Bosco Bello” – l’area piantumata utilizzata come riserva di caccia – mentre viali secondari distribuiscono i percorsi in tutto il parco (Viale di Vedano, Viale dei Moroni o di San
Giorgio), secondo un sistema di viabilità che permette di collegare fra loro i diversi centri rurali, con campi suddivisi secondo forme geometriche e filari di alberi ortogonali fra loro. Nell’area sud-est scorre il corso del
Lambro, fiancheggiato da campi, filari di alberi o aree boschive, da cui derivano diverse rogge, tra le quali la Roggia Pelucca, la Roggia Gallerana, la Roggia Ghiringhella, la Roggia del Principe. Furono introdotte col-
ture specializzate di carattere tradizionale e sperimentali, dalla coltivazione dei bachi da seta alla coltura dei
frutteti, dai vigneti alle piante esotiche, qui inserite da Luigi Villoresi. Furono introdotte colture specializzate di carattere tradizionale e sperimentali, ad iniziare dalla coltivazione dei bachi da seta, alla coltura dei frutteti, dei vigneti e di piante esotiche, qui inserite da Luigi Villoresi.
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giardiniere Antonio Villoresi e prevede ampli prati erbosi, aree boscose, un lago artificiale, viali prospettici, grotte e suggestive rovine. Fra le ville di maggior interesse occorre menzionare anche Villa Trivulzio (Cassinetta di Lugagnano), databile all’ultimo quarto del Settecento (sono ravvisabili affinità stilistiche con architetture di Piermarini, in particolare con la Villa Reale di Monza e Palazzo Belgiojoso a Milano, e di Simone Cantoni) con impianto ad L, corpo nobile a tre piani collegato ad una delle ali di servizio che delimitano al corte. Sorge intorno al 1797 Villa Casanova (Cambiago), importante edificio neoclassico a blocco lineare con prospetti riccamente elaborati, di ascendenza piermarinana o pollachiana, partitura con doppio ordine di paraste sovrapposte scanalate in stile ionico al piano terra e corinzio al piano nobile, con triportico in posizione mediana e balaustra oltre il cornicione sormontata da vasi. Rilevante esempi neoclassici sono anche Villa Mylius, Oggioni (Burago di Molgora), impostata secondo un impianto ad U aperta verso la corte d’onore, e Villa Annoni, Cicogna, Bellora (Cuggiono), monumentale dimora edificata a partire dal 1809 su progetto dell’architetto Giuseppe Zanoia, con impianto ad
U aperto verso il nucleo urbano e ali minori risvoltanti. Il corpo principale presenta un portico centrale trabeato su colonne doriche. Nel 1817 viene terminata Villa Uboldo (Cernusco sul Naviglio), secondo i canoni del Neoclassicismo maturo, con il fronte principale scandito da tre corpi aggettanti, di cui quelli laterali più sporgenti, coronati da un timpano triangolare, più imponente in quello centrale. Il parco costituiva uno degli esempi più significativi dell’area: concepito come una sorta di museo all’aperto, con rovine di foggia neogotica, ponte merlato, serre medioevaleggianti e numerose sculture, stemmi e lapidi, è percorso da un canale derivato dal Martesana che dà vita ad un laghetto artificiale per poi tornare al Naviglio, passando sotto al “tempietto di Diana”, un piccolo padiglione che funge da vestibolo ad una grotta artificiale utilizzata come piscina coperta, che riceveva luce riflessa sotto l’acqua. Grotte artificiali conducono ad un primo antro e da qui ad un labirinto con copertura a volta dalla quale filtrava la luce con pareti percorse da zampilli di acqua. Il percorso prosegue poi fino al “Tempio della Notte”, un antro circolare con volta emisferica. Altro esempio di rilievo è Villa “Il
Gernetto”, Mellerio, Della Somaglia (Lesmo), di foggia tardo neoclassica su preesistenze, disposta su corti multiple con torre belvedere. Infine, tra gli esempi di ville minori va ricordata, soprattutto per la sua importanza di carattere storico, Villa Imbonati, Manzoni, Lanza di Mazzarino (Cormano, Brusuglio), appartenuta ad Alessandro Manzoni, che fa ristrutturare l’originario edificio tardo seicentesco a partire dal 1807, su progetto prima di Vittorio Modesto Paroletti, poi dell’architetto Gottardo Speroni, secondo uno sviluppo ad U con corte centrale parzialmente chiusa su strada, corpo cilindrico sporgente in corrispondenza del salone verso il giardino, ispirata alle architetture del Pollack di Muggiò e Borgovico.
in basso, da sinistra, Il parco di Villa Cusani a Desio, incisione da E. Silva, “Dell’arte dei giardini inglesi”, Milano 1801. Il giardino di Villa Tittoni Traversi nella planimetria del ten. G. Brenna, 1840. nella pagina precedente, dall’alto, Veduta aerea e prospetto verso il giardino di Villa Reale a Monza. (Fonti: Maps Live; La villa Reale di Monza, a cura di de Giacomi, 1984) Il salone d’onore di Villa Reale a Monza.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
2.7. Eclettismo
dall’alto, C. Amati, Progetto per villa ideale a pianta centrale. Milano, Civiche Raccolte di Stampe Bertarelli. nella pagina seguente, Villa Bagatti Valsecchi a Varedo. (Foto: P. Orlandi)
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I profondi cambiamenti intervenuti nel corso dell’Ottocento favoriscono l’affermazione economica della classe borghese e la progressiva decadenza delle più importanti famiglie aristocratiche. Cambiando gli assetti sociali ed il costume, si assiste anche ad una progressiva perdita di centralità della villa intesa come organismo architettonico di carattere monumentale e come elemento che si impone sull’assetto territoriale. Gli stessi caratteri di ambiziosa rappresentatività della villa vengono ridimensionati, in quanto l’antico ruolo celebrativo del blasone appare ormai inattuale così come la volontà di estendere la propria impronta sul territorio circostante, come nei secoli precedenti si era fatto, attraverso la vastità delle corti, gli assi viari, i lunghi viali prospettici e i maestosi giardini. Le dimensioni tendono progressivamente a ridursi e la dimora signorile, ormai sostituita dalla nuova tipologia abitativa del villino residenziale, tende a chiudersi sempre di più verso l’esterno delimitando nettamente i confini del giardino di propria pertinenza, di scala generalmente assai più ridotta. Dal punto di vista tipologico il tradizionale schema ad U tende ad essere sostituito da più moderne soluzioni debitrici delle architetture ad esempio di Leopoldo Pollack di Villa Casati a Muggiò e della “Rotonda” di Borgovico, nelle quali la villa si dispone secondo un struttura a blocco lineare con innesto di un corpo centrale cilindrico o ellittico in corrispondenza del salone. L’edificio villereccio moderno prevede una concezio-
ne dello spazio non più centrifugo, aperto verso l’ambiente esterno, bensì centripeto. Accanto al perdurare dei canoni di epoca neoclassica, ancora evidenti nelle opere tarde realizzate dal Cagnola, dall’Amati e da diversi loro eredi tra i quali Giuseppe Bovara, Giacomo Moraglia e, in parte, Pelagio Palagi, si affianca il nuovo linguaggio architettonico dell’Eclettismo, maturato in ambito nord europeo a partire dalla cultura romantica, che si manifesta in forma di “revival” di numerosi stili del passato, come quello classico, gotico, rinascimentale, barocco, orientale o Tudor. Più frequentemente si tratta di interventi di ristrutturazione che prevedono di adattare le architetture già esistenti al nuovo gusto dell’epoca, con modifiche sostanziali o semplicemente con l’aggiunta di soli elementi decorativi o rifacimenti parziali. Ne è un esempio la torre neogotica costruita nel 1830 da Pelagio Pelagi nel parco della Villa Tittoni di Desio, e l’intervento di ristrutturazione della facciata sul parco della seicentesca Villa Ghirlanda Silva di Cinisello, realizzato in forme eclettiche di ispirazione neorinascimentale, con inserimento di maestose cornici in cotto e modanature di notevole vigore plastico. Per tutto l’Ottocento e per i primi anni del Novecento, imponendosi la nuova concezione di villa intesa come semplice residenza extraurbana, perdura il gusto per il giardino paesaggistico, perlopiù realizzato a scala ridotta. Al complesso fenomeno dell’Eclettismo in architettura, si affianca un’idea di giardino non altrettanto diversificato, bensì orientato fra la scelta del modello all’inglese o di un giardino strutturato con una parte all’italiana o alla francese, sovente in prossimità dell’edificio architettonico, che si integra con la restante parte all’inglese. Si deve all’architetto L. Chierichetti la trasformazione in stile neogotico inglese “Tudor” di Villa Litta Modignani (Vedano al Lambro) su una preesistente dimora di carattere gentilizio,
PARTE I - 2. Storia e caratteristiche della villa milanese
con scuderie di foggia neoclassica, ingresso in forma di cottage inglese, il Recinto delle Memorie con l’annesso oratorio quattrocentesco di Santa Maria delle Selve, a sua volta restaurata in forme neoromaniche nel 1891 da F. Bagatti Valsecchi. Contemporaneamente Chierichetti disegna un ampio giardino paesaggistico di singolare suggestività. Anche l’aspetto attuale di Villa d’Adda, Borromeo d’Adda (Arcore) è frutto della trasformazione intercorsa tra il 1840 e il 1855 in forme neobarocchette di due ville settecentesche, ad opera di Giuseppe Balzaretto, il più noto disegnatore di giardini dell’epoca e della ristrutturazione operata nel 1880 dall’architetto Emilio Alemagna, altro importante progettista di giardini. Ulteriore esempio di edificio eclettico è Villa Facheris (Inzago), frutto dell’opera di rifacimento avviato nel 1879 di una preesistente dimora seicentesca, con impianto ad L. L’edificio viene trasformato in una monumentale villa gentilizia di foggia neobarocca con schema ad U di grande ricchezza decorativa, con portico centrale sormontato da loggiato. Un articolato complesso architettonico a corti multiple di gusto eclettico è costituito da Villa Galbiati, Simonetta (Caponago), derivante dalla trasformazione di preesistenze cinquecentesche, di carattere monastico o villereccio, in forme neobarocchette, neogotiche e classicheggianti. Rielaborazioni neobarocchette interesseranno nel 1894 anche la cinquecentesca Villa “Cazzola” di Arcore, già rielaborata nel 1812 da Carlo Amati che si prefiggeva di riportare alla luce il progetto originario cinquecentesco del Pellegrini eliminandone gli impianti decorativi barocchi ed aggiungendo timpani triangolari. Anche Villa Il Beldosso (Carate Brianza), edificata nei primi anni del Cinquecento, poi rielaborata nel Seicento, subisce interventi intorno al 1880, evidenti in particolare negli elementi decorativi della facciata meridionale e nella scalinata esterna che conduce alla terrazza panoramica.
Di Villa Agnesi Mariani, Radice Fossati (Bovisio Masciago), edificio già esistente nel Settecento, si conserva la torre in mattoni di gusto neoromanico con una loggia belvedere costruita alla fine dell’Ottocento, epoca alla quale risale anche il corpo principale della villa, ampiamente trasformata secondo il gusto dell’epoca. Si ispira a vestigia castellane, reinterpretandole secondo un gusto romantico Villa Mastracchi, Cabassi (Besana in Brianza, Vergo), che verso la fine dell’Ottocento ingloba una torre medioevale autentica e probabilmente alcuni annessi preesistenti per dar luogo ad un complesso architettonico eclettico perfettamente integrato con il parco naturalistico e collegato, tramite porticati e corpi secondari alla settecentesca Villa Decio, Padulli, Cabassi. All’inizio del Novecento viene ristrutturata in forme neobarocche (arch. Citterio) anche Villa Crivelli Mesmer, Besana, Prinetti Castelletti (Besana in Brianza, Montesiro), rilevante ed articolato complesso architettonico organizzato attorno a due corti, dovuto alle trasformazioni succedutesi a partire da un nucleo più antico, databile al Seicento, con corpo nobile costruito intorno al 1760 in forme ba-
rocchette, trasformate poi secondo i canoni formali del tardo neoclassicismo dopo il 1820. Nell’ambito della cultura antiquaria che si sviluppa a Milano verso la fine dell’Ottocento, rivolta alla conoscenza e alla raccolta dei reperti antichi, si inseriscono figure di architetti come quelle dei fratelli Giuseppe e Fausto Bagatti Valsecchi, che intervengono secondo un linguaggio eclettico con integrazioni di elementi originari, come accade a Villa Bagatti Valsecchi (Varedo), importante realizzazione di foggia neobarocca e neorinascimentale ristrutturata intorno al 1890 su preesistenze. La villa è disposta secondo un corpo a blocco lineare con vasta corte d’onore antistante porticata e ingresso di carattere scenografico, dove vengono inserite elementi decorativi come, ad esempio, parti derivanti dallo smembramento del Lazzaretto di Milano. Il vasto giardino è suddiviso in due zone, all’inglese ai lati della villa e all’italiana, nella parte retrostante, con lungo viale prospettico. Ai medesimi architetti spetta anche il completamento della Villa Borromeo a Senago, intervento iniziato a partire dal 1910, sulla base del progetto originale, non realizzato compiutamente, della fine del Seicento.
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VILLA GENTILIZIA CENTRO STORICO
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
VILLA GENTILIZIA CENTRO STORICO
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3. Consistenza e utilizzo attuale del patrimonio delle ville nel milanese Il patrimonio delle ville nel milanese, nonostante alcune irrimediabili perdite, conserva ancora oltre 700 ville gentilizie distribuite tra la provincia
di Milano e quella di Monza e Brianza. Edifici di notevole pregio artistico,
interesse monumentale e storico-culturale, le ville presentano destinazioni d’uso diversificate e problematiche spesso complesse di recupero e valorizzazione.
L’età contemporanea determina nel milanese tumultuose rotture nell’ambito degli assetti economici, sociali e territoriali, soprattutto a causa dalla progressiva affermazione e prevalenza del processo di industrializzazione. I primi esperimenti manifatturieri erano stati avviati tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX, nonostante l’opposizione strisciante dell’Austria che favoriva una Lombardia essenzialmente agricola, sia per l’ottima organizzazione e produttività delle nostre terre, sia per evitare si creassero condizioni di concorrenza interna all’Impero ai danni di quelle regioni in cui, al contrario, la produzione industriale veniva incoraggiata. Con l’età post-unitaria l’intraprendenza dei ceti imprenditoriali nostrani non ha più freno e, anzi, trova nella necessità del nuovo Regno d’Italia di dotarsi di infrastrutture moderne, ferrovie in primis, un mercato d’elezione che assicura cospicue commesse per l’industria pesante nascente. Iniziano così quei processi di profondo mutamento che accompagneranno le diverse tappe dell’industrializzazione milanese e che interessano l’uso del suolo: rispetto alla dimensione urbana ciò consiste innanzi tutto nell’intensificazione dei processi di sfruttamento della rendita
fondiaria e di ri-produzione della merce-città, anche attraverso iniziative francamente speculative che cancellano molte vestigia storiche, si pensi per esempio alla distruzione del Lazzaretto e alla successiva lottizzazione dell’area. Uguale destino sarebbe toccato anche al Castello Sforzesco, già maliziosamente definito “simbolo della dispotica volontà vessatoria ai danni della città” per meglio giustificare la ben altrimenti interessata volontà di sbarazzarsene. Fu la mobilitazione di figure intellettuali di rilievo, tra i quali si distinse per fervore ed incisività l’opera di Luca Beltrami, a sventare l’aberrante ipotesi. Ma non andò sempre così bene. L’altra tendenza che andò profilandosi a seguito dell’affermazione della Milano industriale fu quella verso l’espansione a macchia d’olio della città, fenomeno precoce ma grandemente intensificatosi a partire dal secondo dopoguerra. Lo sconvolgimento prodottosi nel territorio a causa della forte espansione edilizia nelle aree più prossime alla città di Milano, soprattutto nel quadrante settentrionale, doveva coinvolgere anche la maggior parte dei centri urbani del milanese, a cominciare da quelli di prima cintura e via via interessando anche quelli più lontani. Tra gli esiti di tale proces-
3.1. Il processo di decadenza delle ville e la perdita del paesaggio di delizie
nella pagina precedente, Villa Arconati, Castellazzo di Bollate, particolare della fontana di Diana. (Foto: D. Fumagalli)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
so si determinò anche la distruzione di quel “paesaggio di delizie” che aveva storicamente attirato la localizzazione di tante ville e che proprio sulla presenza delle stesse, in armonia con la bella campagna coltivata, era andato plasmandosi per secoli. Molti edifici storici relativamente isolati in un contesto ancora marcatamente rurale si ritrovarono quasi fagocitati
dall’espansione del tessuto urbanizzato e nella condizione di essere privati della loro funzione originaria sia residenziale che produttiva. Si avviarono così generalizzati fenomeni di abbandono e decadimento delle strutture, di compromissione degli annessi rurali, dei giardini e dei parchi. È del resto da notare che proprio la decontestualizzazione ambientale
si pone tuttora come uno dei più seri ostacoli delle iniziative di valorizzazione turistica del pur cospicuo e significativo patrimonio delle ville milanesi. Venute meno le caratteristiche ambientali che furono all’origine della loro localizzazione e come snaturate all’interno del loro nuovo contesto, le ville vennero in gran numero abbandonate dagli antichi proprietari, per i quali, mentre scemava l’interesse residenziale, si acuiva l’aggravio dei costi per il mantenimento di strutture ormai anacronistiche anche sul piano del sotteso modello sociale. Particolarmente evidenti le conseguenze nell’ambito dell’attuale territorio amministrativo del comune di Milano e della prima cintura metropolitana, dove molte ville, con gli annessi parchi, tranne rarissimi casi, sono andate incontro a lunghi periodi di decadenza se non addirittura alla demolizione (quasi la metà del patrimonio di ville entro i confini della città di Milano ancora presenti fino alla metà del XX secolo è andata distrutta). Per molte ville di Milano e del milanese sopravvissute, d’altro canto, nonostante alcuni meritevoli tentativi di recupero, si è comunque persa la maggior parte dei valori architettonici e artistici che caratterizzavano questi monumenti.
3.2. Consistenza, stato di conservazione, attrattività e titolo di proprietà del patrimonio
Alla lunga e triste stagione della decadenza, ormai conclusasi per la gran parte delle ville, fa seguito la fase del recupero e della valorizzazione che caratterizza il momento attuale, per impulso sia delle diverse Autorità Locali (in virtù dell’avvenuto passaggio di proprietà di molti importanti edifici alla mano pubblica), sia per la perdurante tenacia di vecchi e nuovi proprietari privati. La fisionomia della condizione attuale delle ville è sintetizzata in questo capitolo che illustra (sebbene solo parzialmente) il “Censimento delle ville” (2009) compiuto sulla totalità delle ville delle province di Milano e di Monza, realizzato dagli scriventi riscontrando i dati del Censimento
dei Beni con le notizie bibliografiche e con la verifica dello stato di fatto attuale possibile. Nonostante alcune irrimediabili perdite, il patrimonio delle ville gentilizie del milanese resta considerevole. Nell’ambito territoriale considerato sono state infatti censite 716 ville gentilizie (vengono escluse le ville edificate nel XX secolo e la maggior parte di quelle risalenti all’ultimo decennio del XIX secolo, edifici che rientrano per lo più nella tipologia del villino residenziale borghese). Esse sono prevalentemente localizzate nel settore settentrionale dell’area milanese, e si concentrano in particolare lungo le sponde del naviglio Grande e del naviglio Marte-
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PARTE I - 3. Consistenza e utilizzo attuale del patrimonio delle ville nel milanese
sana, lungo il corso dell’Olona e nella zona della Brianza, attorno la fascia boscosa delle Groane, lungo il corso del Seveso, del Lambro e dell’Adda in particolare, distribuendosi storicamente secondo direttrici privilegiate in corrispondenza delle maggiori vie di comunicazione (strada per il Sempione, Varesina, Comasina, Valassina, strada per Monza), lungo i canali navigabili e in zone di particolare pregio paesaggistico anche del sud Milano. La distribuzione sul territorio permette di individuare alcuni ambiti territoriali omogenei nei quali il sistema delle ville costituisce una presenza monumentale caratteristica, come la Brianza (intesa come il territorio coincidente con la Provincia di Monza e Brianza) e i navigli (i comuni rivieraschi del naviglio Grande, del Martesana e, in misura assai minore, del Pavese). Lo stato di conservazione del patrimonio delle ville storiche nel milanese appare piuttosto diseguale. A fronte di dimore ben conservate e significativamente preservatesi nel loro originario splendore, sussistono numerosi casi nei quali le ville hanno subito profonde alterazioni, prolungati abbandoni, demolizioni parziali o totali. Il degrado di questi manufatti è stato generalmente maggiore in quei casi nei quali le ville, perduta la loro funzione di residenza signorile, hanno patito lunghi abbandoni (spesso per problemi legati a lasciti testamentari o per l’impossibilità da parte della proprietà di mantenere o recuperare la struttura per gli alti costi economici). Sovente, durante tali periodi, oltre al normale decadimento le dimore vengono spogliate degli arredi e di tutte le parti decorative asportabili (camini, porte, etc.). In molti casi esse hanno subito profonde mutazioni a causa di utilizzi impropri per periodi più o meno prolungati, ad iniziare dal frazionamento a seguito della trasformazione in residenze popolari o rurali con suddivisione in diverse unità abitative e con conseguente alterazione del sistema distributivo e perdita più o meno sostanziale degli apparati decorativi,
oppure dall’essere utilizzate come deposito e magazzino, laboratori e officine, con stravolgimento della struttura interna e delle pertinenze. In alcuni casi appare perfino difficile mantenere per tali edifici la denominazione di villa. Molti edifici, spesso fatiscenti o semplicemente abbandonati, sono stati rasi al suolo non necessariamente per timore di crolli ma più spesso per recuperare aree sulle quali edificare o far passare una strada. Anche dal punto di vista del pregio artistico e dell’interesse monumentale un così ricco patrimonio di ville presenta, come ovvio, caratteri diseguali. Nell’occasione del censimento sono stati identificati gli episodi di maggior rilievo ed attrattività, nella prospettiva di disporre di una raccolta che gerarchizzi secondo criteri di valore l’insieme del patrimonio, anche al fine di fare di questi esempi i capisaldi di una offerta culturale-fruitiva e di valorizzazione da promuovere nel tempo. In quest’ottica è stato possibile individuare 18 ville di pregio assoluto (di cui 8 di proprietà pubblica), esempi primari della tipologia della villa gentilizia, di grandioso impianto monumentale, con apparati decorativi di particolare pregio e importanti parchi e giardini; 39 ville di pregio (di cui quasi la metà di proprietà pubblica), con caratteri di evidente valore monumentale e storico-culturale, o oggetto di rifunzionalizzazioni interessanti nell’ottica della valorizzazione culturale; oltre 170 ville notevoli (poco meno della metà di proprietà pubblica), che conservano ancora almeno un carattere di particolare valore (monumentalità dell’impianto o rilievo dell’apparato decorativo, oppure ancora particolare valore storico o pregio paesaggistico) e che potrebbero acquisire, grazie a restauri adeguati e opportune valorizzazioni/rifunzionalizzazioni, maggior pregio e ulteriore interesse. Le restanti ville, circa il 68% di quelle censite, presentano caratteri minori, pur mantenendo ancora l’aspetto tipologico della villa, se non per alcuni casi che
in alto, Censimento delle ville del milanese: rappresentazione cartografia, stralcio (2009). nella pagina precedente, Bicocca degli Arcimboldi a Milano.(Fonte: Maps Live)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
dall’alto, Censimento delle ville del milanese: titolo di proprietà. Censimento delle ville del milanese: distribuzione delle ville per ambiti territoriali. nella pagina successiva, Censimento delle ville del milanese: principali destinazioni d’uso delle ville milanese con attività rivolte al pubblico, per titolo di proprietà (numero di volte in cui la destinazione è presente). 1. Il catalogo della mostra, a cura di Lucia Bisi, ed. Mazzotta, Milano 1980, p. 194. Le citazioni in corsivo sono tratte dalla Presentazione della Giunta provinciale di Milano, p. 7.
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sono stato oggetto di pesanti trasformazioni o per le quali perdura uno stato di forte degrado. Rispetto al titolo di proprietà, la maggior parte del patrimonio delle ville gentilizie è privato (72%) di cui una gran parte mantiene tuttora l’originaria destinazione residenziale, pur con le dovute differenze relativamente alle condizioni di degrado già evidenziate. In molti casi la villa, non avendo subito periodi di abbandono e perdurando la destinazione d’uso a dimora signorile, ha generalmente mantenuto le caratteristiche architettoniche originali stratificatesi nel corso dei secoli, in alcuni casi trasformandosi da edificio per villeggiatura temporanea a residenza permanente. Più spesso concentrate nelle zone paesaggisticamente più amene come la Brianza, la aree presso i corsi d’acqua e i navigli o le Groane, tali ville sono quasi sempre disgiunte dalla funzione rurale che storicamente affiancava quella residenziale. In altre aree, ancora attualmente con destinazione agricola ed in particolare nell’area sud, alcuni complessi hanno invece mantenuto tuttora funzioni di carattere rurale: in rari casi si è mantenuta una netta distinzione tra dimora signorile e annessi rurali, mentre più spesso l’intero complesso è stato trasformato in cascina, sovente con decadimento della parte nobile. A partire dal secondo dopoguerra numerose dimore storiche vedono il passaggio di proprietà da privato a pubblico (22%, per un totale di 161 ville). Tali acquisizioni, intensificatesi in particolare intorno agli anni settanta-ottanta, e tuttora in corso, intervengono quasi sempre su edifici generalmente in stato di particolare degrado, da tempo abbandonati, che necessitano di restauri complessi e costosi, obbligando ad un notevole sforzo economico le amministrazioni ed impegnandole in interventi di recupero che in alcuni casi perdurano per molti anni, con risultati spesso diseguali. Una mostra organizzata dalla Provincia di Milano e tenutasi a Palazzo Isimbardi nel maggio-giugno 1980 sottolineò un momento
significativo di questo processo. Con il titolo Da privato a pubblico. Acquisizione di ville, palazzi, cascine e giardini nei Comuni della Provincia di Milano, la mostra intendeva illustrare “un vasto repertorio della documentazione dei beni già acquisiti dagli enti locali, risanati o in via di restauro” per “sottrarre al degrado e all’abbandono un così ricco patrimonio da restituire ai cittadini” [...] “Abbiamo così indicato nuove prospettive per una soluzione del più vasto problema della conservazione e del recupero dei beni culturali. Nello stesso tempo, presentando le innumerevoli potenzialità di riuso esistenti nel territorio, vogliamo contribuire a dare adeguate risposte alla carenza di strutture edilizie per servizi pubblici, attraverso la rivitalizzazione dell’esistente”1. In realtà molti degli edifici illustrati nel volume, ben lungi dall’essere stati allora tutti risanati o in via di restauro, (in alcuni casi non lo sono neppure oggi, a quasi trent’anni) testimoniano quanto delicata e difficile sia operare una rifunzionalizzazione compatibile sostenibile, pur in presenza di “carenze di strutture per servizi pubblici”, tant’è che quelle che non divennero allora sedi municipali o biblioteche, languirono lunghi anni non del tutto “sottratte al degrado” e certamente non restituite ai cittadini. Basti per tutti il caso della stessa villa Scheibler, già allora presentata come possibile sede per un museo sperimentale (progettisti Ortelli-Sianesi), ma che solo recentemente è stata effettivamente recuperata. Statistica delle attuali destinazioni d’uso prevalenti La maggior parte delle ville gentilizie acquisite dall’ente pubblico viene adibita a sede municipale (30% del totale di cui 22% a municipio e 8% a sede di altri uffici comunali) e, secondariamente, a sede di servizi sociali e culturali, come biblioteche (17%), centri culturali con spazi per esposizioni, concerti e manifestazioni culturali (13%), uffici socio-
PARTE I - 3. Consistenza e utilizzo attuale del patrimonio delle ville nel milanese
sanitari, sedi di associazioni di volontariato, sedi di uffici della polizia locale, sede di istituzione e di enti pubbliche, assumendo su di sé, in virtù del suo prestigio quale emergenza di carattere monumentale e, storicamente, centro del potere locale, la funzione di rappresentanza dell’amministrazione pubblica. Tali destinazioni sommate tra di loro rappresentano la quasi totalità delle funzioni alle quali sono destinate le ville di proprietà pubblica (78%) e tendono a soddisfare perlopiù il fabbisogno strettamente locale. Solo un ulteriore 3,9% di ville pubblico è destinato ad attività legate all’ambito sanitario. Poco diffusa appare invece la tendenza ad accogliere funzioni di rilevanza sovralocale come la destinazione a sede museale o di eventi culturali di particolare rilievo (5%), centro congressi (1,5%), istituti di ricerca e fondazioni (2,9%), sedi istituzionali (2,9%), università ed alta formazione (1,5%), turismo (3,9%). Per quanto riguarda le ville di proprietà privata esse mantengono per la maggior parte l’originaria destinazione residenziale (oltre l’86%). A tale insieme appartengono: ville con destinazione residenziale signorile permanente monofamiliare, generalmente concentrate nelle zone paesaggisticamente più apprezzabili, e spesso tra le dimore di maggior rilievo architettonico; altre risultano essere utilizzate come residenza temporanea; altre suddivise in più unità abitative; alcune adibite ad abitazione ma all’interno di strutture rurali; altre che sono decadute o abbandonate. Nei restanti casi, nei quali le ville private ospitano una funzione rivolta al pubblico, l’uso prevalente è quello di sede per ricevimenti e meeting (28%), oppure centro congressi (10%), strutture ricettive (10%), musei e sede di eventi culturali di livello sovralocale (10%), manifestazioni culturali (8%), servizi per gli anziani (7%), servizi sociali (6%), istruzione (6%), sedi istituzionali (4%), sedi di università e di corsi di alta formazione (3%). Per quanto riguarda le dimore gentilizie di
Ville gentilizie con funzione aperta al pubblico: destinazioni d’uso
UFFICI COMUNALI SICUREZZA BIBLIOTECHE SPAZI PER MANIFESTAZIONI CULTURALI MUSEO E SEDE CULTURALE CENTRO CONGRESSI SANITÀ SERVIZI PER GLI ANZIANI SERVIZI SOCIALI ISTRUZIONE UNIVERSITÀ, ALTA FORMAZIONE ISTITUTI DI RICERCA E FONDAZIONI SERVIZI ALLE IMPRESE
SEDE ISTITUZIONALE SEDE DI AZIENDE PRIVATE STRUTTURE RICETTIVE RISTORANTE RICEVIMENTI
proprietà privata ecclesiastica (5%) esse sono per la maggior parte adibite a sede per istituti scolastici, servizi sociali e servizi per gli anziani, o sede parrocchiale. La destinazione a sede municipale ha comportato purtroppo in numerosi casi, soprattutto in anni meno recenti, interventi drastici, che hanno quasi completamente stravolto l’edificio nella sua totalità o in alcune sue parti, trasformandone gli interni ed alterandone sensibilmente l’impianto distributivo con l’inserimento di strutture e materiali non
pertinenti, purtroppo non reversibili. Va rilevato che in alcuni casi tali ville, come già accennato, versavano in stato di abbandono e degrado, con parziale perdita dei valori monumentali e storici, tanto da risultare più facilmente aggredibili da una progettazione poco sensibile. In altri casi, gli interventi sono stati meno invasivi e hanno reso possibile, almeno in parte, la salvaguardia del bene. Fra gli esempi maggiori di edifici villerecci utilizzati come sede comunale possiamo citare Villa Verri (Biassono), rilevante edificio barocchetto originariamente affrescato dai fratelli Galliari
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
nel 1749; Palazzo Rasini (Cavenago Brianza), edificio seicentesco con ingresso monumentale e torrette laterali con corte nobile porticata e rilevanti affreschi barocchetti di foggia tiepolesca del Bortoloni e neoclassici eseguiti dall’Appiani; Villa Biancani Greppi (Cernusco sul Naviglio), importante villa barocchetta con impianto articolato; Villa d’Adda, Borromeo d’Adda (Settimo Milanese), importante complesso cinquecentesco con elaborazioni barocche ed affreschi cinqueseicenteschi; Villa Borromeo, Visconti Borromeo, Litta (Lainate), grandioso complesso cinquecentesco, con aggiunte sei e settecentesche, restaurato solo in alcune parti e oggetto di prossimi interventi di valorizzazione, che ospita attualmente anche la biblioteca ed è sede di manifestazioni culturali; Villa Calderara (Vanzago), importante villa di origine settecentesca, rielaborata in forme neoclassiche, con pregevoli affreschi; Palazzo Trotti (Vimercate), sede comunale fin dal 1862, edificio con impianto a corte chiusa quadrangolare edificato verso la fine del ‘600, con importanti affreschi settecenteschi. Quasi altrettanto frequente, fra le ville di proprietà pubblica, l’utilizzo come biblioteca comunale, sovente in associazione con spazi adibiti a centro culturale, sale espositive, sale conferenze, uffici comunali del settore cultura, sedi di associazioni locali. Sono esempi di sedi di biblioteche Villa Cusani Confalonieri, Cito Filomarino (Carate Brianza), tra le più interessanti dimore cinque-seicentesche; Villa Sartirana, Cattani (Giussano), settecentesca, affrescata dall’Appiani, e dotata anche di sale di rappresentanza con destinazione espositiva, una sala conferenze, un piccolo punto di ristoro; Villa “Burba”, Cornaggia Medici (Rho), importante esempio barocco seicentesco con impianto ad U, adibita a biblioteca, museo, centro culturale, spazio espositivo; Villa Visconti d’Aragona, De Ponti (Sesto San Giovanni), rilevante villa cinque-seicentesca, con importanti affreschi coevi, utilizzata, oltre che come sede della bi-
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blioteca centrale, per attività culturali e come sede degli uffici per l’Assessorato alla Cultura. Il più importante esempio di villa trasformata in sede museale è costituito da Villa Belgioioso, Reale (Milano), monumentale dimora neoclassica (arch. L. Pollack) acquisita dal Comune di Milano appena dopo l’Unità d’Italia: la villa è dal 1921 sede della Galleria d’Arte Moderna ed accoglie le collezioni di dipinti e sculture fino ad allora raccolte nel Castello Sforzesco appartenenti al periodo dal Neoclassicismo al XX secolo, mentre sull’area delle scuderie (distrutte dai bombardamenti del II conflitto mondiale) è sorto nel 1949 il nuovo edificio del Padiglione di Arte Contemporanea, progettato da Ignazio Gardella (successivo intervento, nel 1993, di Iacopo Gardella a ripristino dei danni subiti dall’edificio a causa di un attentato mafioso). Altro museo di rilevanza sovralocale è il “Museo della Fotografia”, con sede in Villa Ghirlanda Silva (Cinisello Balsamo), fra i maggiori esempi di villa seicentesca. Villa Ghirlanda costituisce inoltre un importante centro culturale di rilevanza sovracomunale, sede di mostre, incontri, dibattiti e convegni di carattere internazionale, sede del coordinamento della rete ReGiS (la rete dei giardini storici), sede del “Centro di Documentazione Storica”, dell’Ente Manifestazioni culturali e sportive, e della Biblioteca centrale di Cinisello. Fra le dimore di proprietà privata ecclesiastica, ospita un importante museo Villa Clerici, Melzi (Milano), splendida villa barocchetta, sede della “Galleria d’Arte sacra dei Contemporanei”. La villa è anche sede dal 1927 della Casa di Redenzione Sociale, fondata dai Paolini, mentre una parte occupata al Centro Cardinal Colombo che fornisce assistenza a pazienti affetti da sindrome di down. In alcuni casi ville di proprietà pubblica ospitano, a fianco di altre funzioni prevalenti, alcune collezioni, di rilevanza generalmente locale, ma non solo. Ne sono esempio Villa Archinto (Robecco sul Naviglio), monumen-
PARTE I - 3. Consistenza e utilizzo attuale del patrimonio delle ville nel milanese
tale struttura villereccia di proprietà privata ma con un piano recentemente acquisito dal Comune e utilizzata come sede permanente del museo fotografico e didascalico sulla storia del naviglio e sede della biblioteca comunale, e Villa Crivelli, Gardenghi, “Villa Comunale” (Trezzo d’Adda), sede della biblioteca e di una interessante quadreria. Anche alcune ville di proprietà privata ospitano collezioni aperte al pubblico, come Villa Borromeo (Senago), sede anche di conferenze e struttura ricettiva; Villa Pisani Dossi (Corbetta) che ospita il Museo Carlo Alberto Pisani Dossi, aperto su richiesta, dove sono esposte le raccolte archeologiche dello studioso; Villa Attendolo Bolognini, Medici di Marignano, Giulini (Briosco), monumentale dimora barocca, adibita a hotel e centro convegni, che ospita una collezione di strumenti antichi. Come già Villa Ghirlanda, altre ville ospitano un centro culturale di interesse sovralocale. Costituisce un importante polo culturale Villa “Burba”, Cornaggia Medici (Rho), con museo, sede di esposizioni e biblioteca comunale, centro culturale, mentre i corpi rustici sono adibiti a sala studio e archivio, spazi espositivi e sala convegni. Si candida a divenire un centro culturale di rilevanza sovralocale anche Villa Sottocasa (Vimercate), importante edificio neoclassico in corso di recupero che ospiterà un centro culturale polifunzionale nel quale avrà sede il MUST, il Museo del territorio vimercatese, uno spazio per mostre temporanee ed un centro congressi. Di rilievo anche Rocca Brivio (San Giuliano Milanese), monumentale dimora seicentesca eretta sui resti di un castello, sede di mostre, convegni, seminari e concerti di musica, proprietà dal 1997 della società Rocca Brivio Sforza SRL costituita dai Comuni di San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Melegnano e dall’Associazione Roccabrivio, grazie ad un accordo di programma, e dal 2005 della società Tutela Ambientale Sud Milanese SpA - TASM.
In molti casi nelle ville di proprietà privata adibite a residenza signorile, o in alcuni casi a struttura ricettiva, una parte degli spazi – più raramente l’intero edificio - viene utilizzata per ricevimenti, con spazi espositivi, aree per manifestazioni culturali, attività promozionali e sale conferenza. Tale utilizzo caratterizza alcune fra le più rilevanti e monumentali ville milanesi, come ad esempio Villa Trivulzio (Agrate, Omate); Villa “La Cazzola”, Durini, Vittadini, Gallarati Scotti (Arcore); Villa Settala, Marietti, Greppi, Ricotti, “La Valera” (Arese); la barocca Villa Attendolo Bolognini, Medici di Marignano, Giulini (Briosco), sede di hotel e centro convegni; Villa Gromo di Ternengo (Robecco sul Naviglio), monumentale esempio barocco sul Naviglio Grande; Villa Borromeo, Castelbarco, Gandini, “Gaia” (Robecco sul Naviglio); Villa Borromeo (Senago), hotel e centro conferenze; Villa Taverna (Triuggio); la monumentale Villa Castelbarco Albani (Vaprio d’Adda); il tardo-quattrocentesco Casino da caccia Borromeo (Vimercate, Oreno). Frequentemente tra le ville private che offrono servizi aperti al pubblico si affianca all’utilizzo di alcuni spazi per ricevimenti e convivi anche quello per congressi, conferenze e meeting. Fra queste va evidenziata, in particolare, Villa d’Adda, Borromeo d’Adda (Cassano d’Adda); la già ricordata Villa Borromeo (Senago), che è anche hotel, ristorante e spazio espositivo; Villa Castelbarco Albani (Vaprio d’Adda) utilizzata come centro congressi, sede di un Ente Fiera di Arte e Cultura, sede di una Mostra Antiquariato oltre che di ricevimenti. Anche numerose ville di proprietà pubblica prevedono spazi da utilizzarsi come sala conferenze, generalmente in concomitanza con altre funzioni, come biblioteca, centro culturale, spazi espositivi o sede municipale. In alcuni casi le ville di proprietà pubblica vengono utilizzate per servizi di carattere sociale, come sede di comunità terapeutiche (ad esem-
nella pagina precedente, da sinistra Villa Biancani Greppi, Cernusco sul Naviglio. (Foto: P. Orlandi) Villa d’Adda, Borromeo d’Adda a Settimo Milanese. (Fonte Proloco di Settimo M.se) Palazzo Trotti a Vimercate. (Fonte: Ville aperte 2009) Villa Cusani Confalonieri a Carate Brianza. (Fonte: Biblioteca comunale di Carate Brianza) in questa pagina, Villa “Burba”, Cornaggia Medici a Rho. Villa Belgioioso, Reale a Milano. Villa Clerici, Melzi a Milano. (Fonte: Maps Live)
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pio Villa Pisa, “Paradiso” a Besana in Brianza, Montesiro) o come sede di Residenza Sanitaria Assistenziale, tra le quali va menzionata, fra le ville di proprietà pubblica, Villa “Pelucca” (Sesto San Giovanni); fra le ville di proprietà privata Villa Mirabello (Milano), villa-cascina suburbana della fine del Quattrocento, sede della Casa di Riposo per i ciechi invalidi della Lombardia; e tra quelle di proprietà privata ecclesiastica Villa Stoppani, Volta, Sannazzaro (Lentate sul Seveso), sede anche di concerti. La trasformazione di una dimora gentilizia in sede per ospedale è probabilmente tra le più antiche forme di rifunzionalizzazione, in uso già a partire dal XIX secolo. Fra le ville storiche trasformate in ospedale occorre menzionare Villa Pusterla (Limbiate, Mombello), monumentale villa barocca su preesistenze rinascimentali, di proprietà pubblica dal 1863, adibita fin dal 1865 a manicomio, in un primo tempo come succursale dell’ospedale della Senavra (anch’essa in origine importante villa cinquecentesca milanese), poi come sede principale. Il manicomio di Mombello viene chiuso nel 1978 e la villa, profondamente alterata dalla destinazione ad ospedale psichiatrico, è attualmente sede del Polo scolastico ITAS Castiglioni. La stessa Villa Simonetta (Milano) è stata un tempo trasformata in Ospedale per i colerosi già a partire dal 1836. Altra dimora storicamente adibita ad ospedale, Villa Alari, Visconti di Saliceto (Cernusco sul Naviglio), straordinario esempio di villa barocchetta in fregio al Naviglio Martesana, appartiene fin dal 1948 all’Ordine dei Fatebenefratelli e da allora è stata sede dell’Ospedale Neuropsichiatrico fino a pochi anni fa, quando, nel 2004, la funzione viene in parte trasferita in una struttura apposita (Centro Sant’Ambrogio), mentre nella villa viene mantenuta la sede amministrativa dell’ospedale, con una parte di sale concesse in uso al Comune. La medesima sorte caratterizza altre ville, di proprietà pubblica, tra le quali Villa Uboldo
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(Cernusco sul Naviglio), villa tardoneoclassica dotata di un rilevante giardino romantico lungo il naviglio Martesana, adibita prima ad ospedale, e attualmente sede di uffici sanitari e dell’amministrazione dell’ospedale stesso. Una funzione di particolare rilevo è quella legata alla formazione. Attualmente l’unica villa pubblica che ospita una sede universitaria è Palazzo Arese, Borromeo Arese (Cesano Maderno), sede della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. La villa è anche centro culturale di rilievo ed ospita convegni, conferenze, seminari, mostre, manifestazioni culturali ed è sede dell’Associazione Amici del Palazzo e Parco Borromeo. È in fase di recupero Villa di Breme, Forno (Cinisello Balsamo), edificio neoclassico, che secondo le previsioni ospiterà a regime le sedi di corsi di “terzo ciclo” dell’Università Bicocca: corsi post-laurea, master, dottorati, scuole di specializzazione, con l’intento di farne un centro di eccellenza per la formazione avanzata o “laboratorio didattico sperimentale”. Sempre indirizzato verso la formazione universitaria e post universitaria è da ricordare l’esperimento compiuto a Villa Litta (Lainate), dove, dopo la redazione di un progetto preliminare riguardante l’ala settecentesca al fine verificarne la compatibilità con attività didattiche e di ricerca, fu promossa per l’anno 2004 la realizzazione di un “Centro didattico-scientifico universitario del Politecnico di Milano” teso a rapportare la formazione post-universitaria con il mondo produttivo e che, in prospettiva, avrebbe potuto correlarsi anche con le iniziative di rivitalizzazione dell’area Alfa Romeo di Arese. Fra le ville di proprietà privata va menzionato l’imponente complesso tardo-neoclassico di Villa “Il Gernetto”, Mellerio, Della Somaglia, Patrizi (Lesmo, Gerno), adibita per un periodo a sede di rappresentanza e scuola formazione quadri del Credito Italiano, mentre recentemente, passata ad altra proprietà, è stata proposta come sede dell’“Università liberale”
PARTE I - 3. Consistenza e utilizzo attuale del patrimonio delle ville nel milanese
(luglio 2008). È invece affittata da una società francese che vi organizza attività di formazione residenziale per dirigenti di società private, la monumentale Villa Scotti, Gallarati Scotti (Vimercate, Oreno), che grazie ad una convenzione con il Comune mantiene alcuni usi pubblici della struttura per manifestazione culturali come “Ville aperte in Brianza”. Sono sede di corsi e scuole anche due importanti ville come la cinquecentesca Villa “Simonetta” (Milano), sede della “Civica scuola di Musica”, e la già citata Villa Pusterla, Arconati, Crivelli (Limbiate), che attualmente ospita l’Istituto tecnico di agraria ITAS Castiglioni, ma in cui è previsto l’insediamento della sede operativa dell’area ovest della Provincia di Monza e Brianza. Fra le ville private, va citata Villa Brentano, Carones (Corbetta), monumentale dimora rococò, sede dell’Istituto dei Padri Somaschi e recentemente anche del Punto Parco Palazzo Brentano del Parco Agricolo Sud Milano. Numerose altre ville di proprietà ecclesiastica sono adibite a istituti scolastici e collegi. In alcuni casi le ville ospitano sedi di istituzioni, enti o fondazioni. Ne sono un esempio, per quanto riguarda quelle di proprietà pubblica, Villa Castiglioni (Magenta), edificio eretto nel Seicento e rielaborato in forme neoclassiche ed eclettiche, sede del Consorzio Parco Ticino dal 1974; Villa Terzaghi (Robecco sul Naviglio), settecentesca, sede di Tutela Ambientale del Magentino; Villa Gina (Trezzo d’Adda), rilevante dimora settecentesca rielaborata in forme eclettiche, sede del Consorzio Parco Adda Nord dal 1993; Villa Dho (Seveso) edificio tardo-neoclassico sede centrale Natur&onlus, associazione d’impresa nata in seno al Circolo Legambiente. Nel settore privato fungono da sede di rappresentanza la tardo quattrocentesca Bicocca degli Arcimboldi (Milano), di proprietà della Società Pirelli; Villa Litta Modignani (Settimo Milanese), villa barocchetta inserito nella zona industriale ex Siemens e sede di rappresen-
tanza dell’ITALTEL; Villa Zanoli, Campari (Sesto San Giovanni), settecentesca, rielaborata in epoca romantica, sede di rappresentanza dell’azienda Campari. Tra le ville di proprietà privata ecclesiastica, occorre menzionare Villa Carini Gervasoni (Cernusco sul Naviglio), sede amministrativa dell’Ordine Fatebenefratelli. È sede dell’ “Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda” la seicentesca Villa Arese, Borromeo Arese, Jacini (Cesano Maderno), mentre Villa Mirabello (Monza), importante complesso barocco con aggiunte di epoca neoclassica sito all’interno del parco di Villa Reale, è sede del Centro Ricerche e Documentazione Ambientale (CREDA), e Villa Mylius, Vonwiller (Sesto San Giovanni) ospita la Fondazione ISEC, centro studi dedicato alla storia dell’età contemporanea. Villa Scheibler (Milano, Vialba), monumentale villa barocchetta recentemente recuperata, nelle previsioni ospiterà, tra le altre funzioni, il Centro Studi PIM. Fra gli esempi di ville pubbliche con funzione di servizi alle imprese (funzione svolta in alcuni casi in concomitanza con la presenza di uffici amministrativi comunali), va citata Villa Maggi, Corvini (Parabiago), rilevante edificio barocco, sede del “Centro Servizi per la Piccola e Media Impresa”, che ospita associazioni locali per l’imprenditoria, sale conferenze, mediateca, spazio esposizioni e organizza corsi di formazione permanente e di cultura d’impresa. Alcune ville vengono utilizzate anche come strutture ricettive: fra queste va menzionata Villa “Torretta” (Sesto San Giovanni), importante edificio cinque-seicentesco su preesistenze medievali di proprietà del Consorzio Parco Nord Milano, adibita ad albergo. Nell’ambito delle ville gentilizie di proprietà privata sono adibite a struttura ricettiva la settecentesca Villa Trivulzio (Agrate, Omate); Palazzo Appiani noto come albergo “Trezzo” (Trezzo d’Adda); la già citata Villa Borromeo (Senago); Villa Attendolo Bolognini, Medici di Marignano, Giulini (Briosco), della quale va menzionata la particolare
nella pagina precedente, da sinistra Villa Trivulzio ad Agrate, Omate. Villa Borromeo a Senago. (Foto: F. Brunetti) Villa d’Adda, Borromeo d’Adda a Cassano d’Adda*. Villa Castelbarco Albani a Vaprio d’Adda*. in questa pagina, Villa Gallarati Scotti a Vimercate*. Villa Brentano, Carones a Corbetta.*(Foto: P. Orlandi) Villa Antona Traversi a Meda. nella pagina successiva, Villa Maggi, Corvini a Parabiago. (Fonte: Centro servizi per la Piccola e Media Impresa)
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offerta di pacchetti turistici relativi a itinerari turistici organizzati dall’hotel, tra i quali alcuni prevedono la visita a ville gentilizie e giardini della Brianza, di Como e di Varese, molte delle quali usualmente chiuse al pubblico. Per quanto riguarda la destinazione residenziale, oltre a quanto già accennato, si riscontra una ripresa della tendenza volta al recupero di ville di proprietà privata per frazionarle in unità abitative autonome di carattere signorile. Tali interventi, meritevoli comunque del recupero del bene ed in particolar modo, nei casi migliori, del restauro delle parti monumentali, degli impianti decorativi, dei giardini e delle corti, (interventi certo non “spassionati” ma utili alla valorizzazione dell’iniziativa immobiliare), implicano purtroppo una notevole modifica dell’assetto tipologico originale, alterando i caratteri distributivi della struttura. Fra le ville trasformate, o in corso di trasformazione, in residenza multipla va menzionata Villa Birago, Clari, Monzini (Cassinetta di Lugagnano), importante esempio barocco; Villa Dragoni Volta (Besana Brianza), di origine cinque-seicentesca su preesistente castello, rielaborato nel Settecento e in epoca neoclassica, per la quale si prevede la realizzazione di 19 appartamenti; Villa Jacini, Visconti Maineri (Marcallo con Casone), settecentesca, suddivisa in 43 appartamenti; Villa Corio, Durini (Milano), complesso di origine cinquecentesca. Nella Villa Bertacca (Bubbiano), trasfor-
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mazione settecentesca di preesistenze, il recupero dell’edificio gentilizio e delle corti rurali ha permesso la realizzazione dei servizi di un golf e la creazione di circa 30 appartamenti. Va sottolineato, infine, come numerose ville sia pubbliche che private siano sede di manifestazioni culturali, concerti e rassegne teatrali. Fra le iniziative culturali più importanti e degne di nota si segnala il “Festival di villa Arconati”, festival musicale di grande rilievo e notorietà che si svolge dal 1989 al “Castellazzo” (Bollate), di proprietà privata, grazie alla collaborazione fra la Provincia di Milano, i Comuni di Bollate, Arese, Garbagnate Milanese e la proprietà di Villa Arconati. Molto ricco il calendario di eventi organizzati a cura del Polo Culturale Insieme Groane che, oltre al già citato “Festival di Villa Arconati”, cura la rassegna “Musica nelle ville di delizia”, rassegna di musica classica e da camera ambientata all’interno delle ville storiche del territorio: La Valera di Arese, Villa Arconati al Castellazzo di Bollate, Villa Borromeo Visconti, Litta di Lainate, Villa Sioli di Senago e Villa Borromeo d’Adda di Solaro. A Villa Borromeo Visconti, Litta (Lainate), in particolare, si svolgono i “Concerti Aperitivo”, che si affiancano alla programmazione degli eventi che si svolgono per tutto l’anno nella villa, tra i quali cicli di conferenze e mostre. Villa Settala, Marietti, Greppi, Ricotti, La Valera (Arese), rilevante complesso sei-settecentesco privato, offre spazi per ricevimenti e meeting, ma anche per manifestazioni culturali, come “Il Caffè in Villa con l’Artista”. Un’altra iniziativa che ha sede in ville storiche della Brianza è “Foto & Photo”- Fotografia in Brianza, una serie di mostre fotografiche allestite a Villa Filippini (Besana Brianza), Palazzo Arese Borromeo (Cesano Maderno), Villa Tittoni Traversi (Desio), Villa Mella (Limbiate). Concerti di musica classica vengono allestiti a cura dell’Associazione Musicale “Humor Allegro”, Musica e Arte lungo la Valle del Seveso
a Villa Stoppani, Volta, Sannazzaro (Lentate sul Seveso), privata, sede di RSA, mentre rappresentazioni teatrali si svolgono nel parco di Villa Bolagnos, Andreani, Sormani (Brugherio), splendida villa barocchetta anch’essa privata, organizzate dal settore cultura del Comune. L’offerta culturale presente nelle ville di proprietà pubblica è piuttosto ampia. Fra queste ricordiamo, oltre alle già citate, Villa Ghirlanda, Noseda, Bertani (Brugherio), sede comunale ma anche di rappresentazioni teatrali che si svolgono nel parco; Villa Giulini (Boffalora Sopra Ticino), monumentale villa settecentesca, attualmente utilizzata come centro culturale; Villa Daccò (Gessate), sede di associazioni culturali e di concerti, con alcune sale utilizzate per ricevimenti. Fra le iniziative di valorizzazione volte alla conoscenza del patrimonio delle ville storiche, pubbliche e private, va menzionata “Ville aperte in Brianza” iniziativa originariamente promossa dalla Provincia di Milano, Direzione di Progetto Monza e Brianza, con il coordinamento del settore cultura del Comune di Vimercate, in collaborazione con i diversi Comuni interessati, che dal 2003 apre numerose dimore al pubblico per una domenica, con visite guidate. Con l’istituzione della Provincia di Monza e Brianza l’iniziativa è organizzata dall’assessorato alla cultura della nuova provincia, al cui interno è stato istituito un nucleo espressamente dedicato al Circuito delle ville. Ogni prima domenica di maggio dal 1994 la Pro Loco di Corbetta organizza una “Passeggiata (guidata) tra le Ville Storiche” di Corbetta, giornata dedicata alla visita della maggior parte delle ville di Corbetta, usualmente chiuse al pubblico. Iniziativa consimile è “Natura e arte. Tra Ville e Giardini”, organizzata dal Comune di Arcore - Assessorato alla Cultura e dall’Associazione Culturale Natura e Arte Arcore, con il Patrocinio di Italia Nostra, che prevede conferenze, visite, percorsi, momenti musicali distribuiti in alcune ville di Arcore.
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3.3. Problematiche di recupero e valorizzazione
a fianco, Villa Ghirlanda Silva a Cinisello Balsamo. (Foto: P. Orlandi)
Il processo di recupero e valorizzazione delle ville storiche è generalmente piuttosto complesso e richiede un notevole impegno da parte delle amministrazioni pubbliche, sia in termini economici, tecnici e di capacità progettuale. L’acquisizione stessa delle ville comporta di norma una spesa rilevante, cui segue l’onere del restauro e la difficile individuazione della corretta ed appropriata destinazione d’uso. Alcune storie emblematiche esemplificano l’arduo percorso che richiede valorizzare una villa per riconsegnarla all’apprezzamento del pubblico. Fra gli esempi più felici giunti ormai a conclusione o ben avviati vanno menzionate Villa Ghirlanda Silva a Cinisello Balsamo e Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno. Villa Ghirlanda Silva, seicentesca, ristrutturata nel XVIII e XIX sec., è tra i più importanti complessi del milanese. Acquistata dall’Amm. Comunale di Cinisello Balsamo nel 1974, la villa viene sottoposta ad un radicale intervento di restauro. Vi vengono collocati uffici comunali del settore cultura, la Biblioteca civica, il Centro Documentazione storica, mentre i saloni centrali e le sale al piano nobile sono adibite a funzione espositiva. Per quanto riguarda l’ala sud si procede con il solo consolidamento strutturale fino a quando, nel 1997 la Provincia di Milano propone la realizzazione, con
Regione Lombardia, del Museo di Fotografia contemporanea, coinvolgendo l’amm. comunale, al fine di dare evidenza al patrimonio costituito dagli archivi fotografici di carattere autoriale raccolti dai due enti (Archivio dello Spazio, fondi e collezioni acquisiti dagli enti, etc.). Tale scelta, che non mancò di suscitare polemiche, è dettata dal preciso disegno di decentrare funzioni rilevanti, riqualificando la cintura metropolitana. Al museo si affianca il centro studi sull’evoluzione e le problematiche della fotografia e il centro servizi per consulenze in materia. Il progetto viene approvato nel 1999 e i lavori terminano nel 2004. Sono stati adottati da parte degli enti coinvolti gli strumenti della programmazione negoziata per coordinare gli interventi di interesse pubblico. L’iter della valorizzazione della villa è passato anche, nel 1998, attraverso la sottoscrizione tra Regione, Provincia e Comune, di un Accordo di Programma per il restauro e la valorizzazione della villa. Nel 1999 il progetto viene inserito all’interno dell’Accordo di Programma Quadro tra Regione e Ministero per i Beni e le Attività culturali, ratificato nel 2002. Il modello giuridico ritenuto più idoneo è stato quello della fondazione di partecipazione. Presso il Centro Documentazione storica di Villa Ghirlanda Silva ha anche sede la Rete dei Giardi-
ni Storici del Nord Milano e Brianza (ReGiS). Palazzo Arese, Borromeo Arese (Cesano Maderno), fra i maggiori complessi seicenteschi lombardi, viene acquisita dall’Amministrazione Comunale nel 1987, dopo decenni di abbandono e incuria durante i quali la villa fu oggetto di vandalismi e furti. A partire dal 1993 il palazzo è stato oggetto di interventi di restauro conservativo, volti ad arrestare lo stato di degrado e a riportare il complesso allo splendore originario, con finanziamenti regionali (FRISL LR 33/91). Sulla base degli studi e dalle analisi effettuate fra il 1996 e il 1997 viene convenuta la fattibilità della trasformazione d’uso del palazzo e nel 1997 viene stipulata una convenzione tra l’Amm. Comunale e l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano che prevede l’insediamento in una parte del palazzo della Facoltà di Filosofia. L’intervento di restauro è stato suddiviso in due lotti: il primo lotto (1993-2000) ha interessato la copertura dell’edificio, gli esterni, la corte e le sale a piano terra del lato est; il secondo lotto (1998-2000) interessa le stanze al piano nobile e ha visto lo stanziamento di un finanziamento (un milione e mezzo di euro) da parte del San Raffaele di Milano in previsione dell’ampliamento dell’Università Vita Salute. Dal 2004 vengono avviati i restauri della cosiddetta “sala del
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castello”, finanziati dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e al Paesaggio di Milano. L’università è insediata a partire dall’anno accademico 2002-03. Il complesso è utilizzato anche come sede per convegni, conferenze, seminari, mostre, manifestazioni culturali, concerti, spettacoli e danza. Le visite guidate sono gestite dalla Associazione Amici del Palazzo e Parco Borromeo. Per molte altre ville il percorso di recupero e valorizzazione non è del tutto terminato e la destinazione delle stesse è attualmente in corso di attuazione o, ancora in corso di definizione. L’esempio di maggior complessità ed importanza è costituito da Villa Reale di Monza per la quale, dopo l’abbandono da parte della famiglia reale in seguito all’uccisione di Umberto I nel luglio 1900, inizia un lungo periodo di decadenza che perdura per tutto il XX secolo. Dopo essere stata adibita ad acquartieramento di truppe durante il primo conflitto mondiale, la villa diviene nel 1919 di proprietà del Demanio dello Stato e l’appartamento reale è dato in custodia alla Soprintendenza dei Monumenti di Milano. Alcune sale sono state utilizzate per l’esposizione Biennale delle Arti Decorative e Industriali (poi divenute le Triennali di Milano) dal 1923 al 1927 e suc-
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cessivamente per l’Istituto Professionale d’Arte applicata all’industria dal 1921 al 1943. Concluso il conflitto ospita la sede di un Istituto d’Arte (nelle scuderie) e 43 edizioni della Mostra Internazionale dell’Arredamento fino al 1990, quando la Soprintendenza, dopo tentativi durati anni, riesce ad impedirne lo svolgimento giudicato improprio e dannoso. Nel parco frattanto vengono dislocati l’autodromo, l’ippodromo, un campo da golf, oltre ad altri impianti (camping, piscina, tennis, polo) con conseguente abbattimento di importanti aree boschive e stravolgimento dello straordinario sistema paesaggistico e ambientale. Gli arredi sono stati quasi completamente rimossi e divisi tra soprintendenze, musei e istituzioni statali ma, in gran parte, sono andati dispersi. Per diversi anni non si dà corso ad alcun piano complessivo di risanamento, anche per i lunghi dissidi tra lo Stato e i Comuni di Monza e di Milano dovuti alla mancata applicazione della L.544/34 secondo la quale il bene doveva essere ceduto a titolo gratuito ai comuni. Tale passaggio di proprietà viene perfezionato solo nel 1996, lasciando comunque al Demanio dello Stato la proprietà dell’avancorpo, dell’ala sud con gli appartamenti reali e della Rotonda. I primi interventi di restauro vengono realizza-
ti a cura della Soprintendenza a partire dagli anni ’80 e interessano le stanze reali, seguiti nel decennio successivo dal restauro delle facciate realizzato grazie al finanziamento di 2 miliardi di lire stanziati ai sensi della legge 449/89, che consente al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali di stanziare contributi per il restauro conservativo e il consolidamento degli immobili di valore storico-artistico da destinare a funzioni culturali e civiche a livello locale. Nel 1996 la Soprintendenza propone di realizzare il Museo della Villa nell’ala sud rimasta di proprietà demaniale. Vengono restaurati i Giardini Reali e vengono stanziati 10 miliardi di lire da Regione Lombardia (LR 40/95 Programma organico triennale di manutenzione e riqualificazione del Parco di Monza) e 13,5 dagli enti territoriali competenti per il recupero del Parco (per un totale di circa 13 milioni di euro). Nel 1997 viene nominata una commissione tecnica composta dagli Enti proprietari che alla fine 1999 propone, in accordo con Soprintendenza, un piano di recupero e valorizzazione che prevede la destinazione a “Museo della Villa” dell’ala sud, a museo di se stessa del primo e secondo piano nobile del corpo centrale della villa, con esposizione permanente di arredi, mentre nell’ala nord e in parte del corpo centrale si prevede l’utilizzo come sede di un polo culturale e di alta rappresentanza per incontri di carattere internazionale e la realizzazione di un centro congressi. Il progetto, confluito in un Master Plan, ottiene alcuni finanziamenti e viene inserito nell’Accordo di Programma Quadro stipulato nel 1999 tra Ministero, Regione Lombardia, Soprintendenza, Comune di Monza, coinvolgendo anche il Comune di Milano. Nel 2000 il Centro Studi PIM elabora la Proposta di Piano di Settore per il Parco di Monza, in attuazione al PTC del Parco della Valle del Lambro. Nel marzo 2000, dopo uno studio preliminare del PIM a un AdP su tutto il Parco, viene
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deliberato un AdP riferito solo a villa, giardini e pertinenze (ambito a cui si riferiscono anche il 2° AdP e il concorso). Il Comune di Milano cede la propria quota di proprietà a Regione (mantiene la proprietà di una parte del Parco) e viene steso un nuovo testo, divenuto Accordo di Programma con DPRG n° 11053 del 12 giugno 2002 (Ministero, Agenzia Demanio, Regione, Parco Regionale Valle del Lambro, Provincia, Comuni di Monza e Milano)1. Nel febbraio 2004 Regione Lombardia pubblica il bando integrale di concorso per la progettazione per Villa Reale e nel dicembre del medesimo anno la commissione individua nel Gruppo Carbonara il vincitore del concorso. Dopo pochi mesi il secondo classificato fa ricorso al TAR (respinto) e successivamente in Consiglio di Stato. Il progetto vincitore prevede una sede di alta rappresentanza per incontri istituzionali anche internazionali, con strutture di accoglienza, spazi congressuali per le diverse esigenze (alta rappresentanza, convegnistica, meeting, corsi di formazione, Master, etc.), attività museali e connesse all’attività di restauro, attività espositive, la sede dell’Agenzia Comunità Europea, ristorazione e intrattenimento, eventi e manifestazioni culturali e la realizzazione, come previsto dal bando, di un auditorium ipogeo da 400 posti a servizio delle attività della Villa. Nel luglio 2008 viene siglato a Roma un accordo strategico per il restauro della Villa Reale e la valorizzazione del Parco di Monza da Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Lombardia, Comuni di Monza e di Milano. Nel dicembre del medesimo anno viene approvato lo statuto dell’ente di natura consortile non imprenditoriale di diritto pubblico al quale è affidato il compito di elaborare il piano strategico di sviluppo culturale e di valorizzazione delle aree. Il 20 luglio 2009 è stato firmato l’atto costitutivo del Consorzio “Villa Reale e Parco di Monza”. Si prevede inoltre il coinvolgimento di Villa Reale come sede di
alta rappresentanza per Expo 2015. I consorziati promotori sono il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Lombardia, il Comune di Milano, il Comune di Monza e la Camera di Commercio di Monza e Brianza e vi potranno partecipare enti pubblici e privati senza scopo di lucro come soci consorziati. Il progetto di recupero Carbonara è giunto alla fase preliminare. È stato eliminato dal progetto iniziale l’auditorium ipogeo e la sede dell’Agenzia Europea. La stima dei finanziamenti necessari è di € 111.000.000 e la tempistica prevista è di 5 anni per la realizzazione delle opere. Per reperire i fondi necessari si pensa di ricorrere al project financing (61 milioni a carico di privati, il resto finanziati da contributi pubblici). A settembre 2009 si è svolto a Villa Reale il forum mondiale della cultura sotto l’egida dell’Unesco. Di particolare interesse per la complessità degli interventi è il caso di Villa Visconti Borromeo, Litta (Lainate) che rappresenta uno dei complessi di maggior rilievo ed interesse nel panorama architettonico milanese e lombardo. La villa viene acquistata, dopo un periodo di decadenza, nel 1970 dall’Amm. Com. per 220 milioni di lire attraverso un mutuo Cariplo di 330 milioni comprensivo di 110 milioni destinati ai primi interventi urgenti. L’anno successivo viene dato il via alle opere di restauro: nel 1971 iniziano i primi interventi alle coperture, nel 1975 viene aperto al pubblico una prima parte del parco e vengono trasferiti alcuni uffici comunali nelle sale a piano terra del Palazzo settecentesco, mentre nella sala del Levati si tengono le sedute del Consiglio Comunale; nel 1980 iniziano i restauri che prevedono il consolidamento statico delle volte, il rifacimento delle coperture e gli interventi nel Cortile delle Piogge e nell’Atrio dei Quattro Venti nel Ninfeo, con finanziamenti per il Ninfeo provenienti per il 50% dal Ministero; nel novembre 1986 l’Amministrazione Comunale e la Sovrintendenza di Milano presentano un piano
di restauro a lotti finanziato da privati (415.000 euro); nel 1985 viene avviato il restauro della Fontana di Galatea, finanziato da Cariplo (280 milioni di lire) e terminato due anni dopo; nel 1990 viene aperta al pubblico una vasta area del giardino e le prime parti restaurate del Ninfeo; nel 1992 l’Amm. Com. di Lainate ottiene un finanziamento (fondo FRISL) da parte della Regione per completare il restauro del Ninfeo, la limonaia est e una parte dei giardini rinascimentali, a cui si aggiungono contributi statali da parte della Soprintendenza di Milano; nel 1995 viene inaugurata la Biblioteca e l’anno successivo gli impianti dei giochi d’acqua; dal 2000 vengono riposizionati gli affreschi del palazzo cinquecentesco, staccati nel 1972; dal 2000 sono aperti al pubblico gli uffici ragioneria del Comune e le sale di rappresentanza; nel 2003 si concludono i restauri della sala da pranzo decorata da Giuseppe Levati (fondi “8 per mille”); nel 2004 viene avviato il recupero dell’ala sud-est (finanziato con mutuo della Cassa Depositi e Prestiti di € 524.487), completato nel 2007; fra il 2006 e il 2007 si dà avvio ai lavori di riqualificazione del parco storico e ripristino della galleria dei carpini; nel 2007 si conclude il restauro del gruppo scultoreo del Ratto di Proserpina e del Grande
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in alto, Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate. (Fonte: Ville di delizia, 2003) nella pagina successiva, Villa Cusani, Tittoni, Traversi a Desio. (Fonte: Ville di delizia, 2003) nelle pagine precedenti Palazzo Borromeo Arese a Cesano. (Fonte: Comune Cesano) Villa Reale a Monza nel Progetto Carbonara.
Mosaico. Versano ancora in mediocre stato di conservazione il piano primo del palazzo del Settecento, in cattivo stato di conservazione la Limonaia ovest, e in gravi condizioni le Serre. Il più recente intervento di recupero riguarda l’ampio spazio ipogeo del Canevone (cantine). Nel 1991 viene steso il Piano Direttore di Villa Litta, approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale, dove vengono indicate le linee generali di intervento previste per la conservazione, la valorizzazione e la rifunzionalizzazione del complesso. Fra il 2001 e il 2004 viene redatto un progetto preliminare riguardante l’ala settecentesca al fine di verificare la compatibilità di attività universitarie, quindi viene richiesto nel 2004 a Regione l’avvio di un Accordo di Programma con l’obiettivo di realizzare un “Centro didattico-scientifico universitario del Politecnico” teso a rafforzare i rapporti tra for-
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mazione post-universitaria e mondo produttivo, come proposto dal “Tavolo permanente di lavoro” che vede coinvolti nel 2003-2004 il Comune di Lainate, il Politecnico di Milano, Associazioni imprenditoriali e singole imprese. Nel medesimo anno il Comune sottoscrive con il Politecnico di Milano un disciplinare di concessione d’uso, per l’anno 2004, del piano terreno dell’ala del Settecento, riservandosi la possibilità di utilizzare per attività proprie alcune delle sale di maggior pregio, iniziativa concretizzata a partire dal mese di marzo, ma che l’anno successivo, in concomitanza con il rinnovo della Giunta comunale, non viene ripetuta. Sono al vaglio, dopo la stesura di uno studio di fattibilità, proposte di rifunzionalizzazione della villa, in parte alternative, in parte sinergiche (tra le altre ipotesi ventilate, quella di un Centro per l’Arte contemporanea; o del Centro per l’Editoria Lombarda). Prevalente l’orientamento di ospitare nella villa L’Officina dell’Acqua, proposta culturale che si inquadra nel più generale programma per Lainate Città dell’acqua e dell’arte sviluppato anche in previsione di Expo 2015. Attualmente il complesso della villa è visitabile e ospita il Municipio e la Biblioteca. Alcuni dei locali di maggior pregio sono utilizzati per ricevimenti,
mostre e diverse iniziative. A cura del Comune di Lainate e dell’associazione “Amici di Villa Litta” vengono organizzate visite al Ninfeo e ai palazzi cinquecentesco e settecentesco, concerti in occasione della rassegna “Ville e Castelli in musica”, iniziative teatrali, mostre e cinema all’aperto durante la stagione estiva. Fa parte del Polo Culturale Insieme Groane. Sono in programma ulteriori restauri. Il parco è aperto al pubblico ed è entrato a far parte del circuito ReGis e Grandi Giardini d’Italia. Altro importante esempio è costituito da Villa Cusani, Tittoni, Traversi (Desio), tra i più rilevanti complessi neoclassici, per la quale è in corso di attuazione un progetto di restauro e rifunzionalizzazione da parte dell’Amm. Comunale. Abbandonata dai proprietari nel 1931, la villa andò incontro ad un periodo di decadenza: durante la Seconda Guerra Mondiale venne occupata da militari tedeschi; fu in seguito donata, nel 1947, ai Padri Saveriani; fu in quel periodo che, nel 1948, venne demolita la tomba Antona Traversi e parte del parco venduto a Paolo Reina, che - dopo averlo ampiamente saccheggiato abbattendo gli alberi secolari per ricavare legname - nel 1952 lo rivendette al Comune di Desio. Nel 1972, nell’area del parco nella quale un tempo era presente un laghetto, viene edificato un edificio scolastico. Nello stesso anno lo studioso Pio Mariani acquista la torre neogotica di Palagi e ne avvia il restauro, destinandola in parte a sede di un museo di mineralogia, aperto al pubblico. Nel 1975 il Comune di Desio acquista la villa e una parte del parco, dando inizio al restauro del complesso (1988; 1989-1990) sulla spinta anche della L. 449/87. Nel 1990 viene restaurata la sala rococò e la sala neogotica grazie alla sponsorizzazione rispettivamente di Cariplo e Alfa-Lancia, nel 1991 vengono completate opere di restauro del vestibolo, della sala neoclassica, della sala moresca, della sala rinascimentale e della cappella finanziate dal Ministero dei Beni Culturali, mentre il rifacimento intonaci e tinteg-
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giatura facciata sud del corpo centrale, e il rifacimento delle coperture dei corpi del cortile est sono finanziati dal Comune di Desio. Nel 1993 si dà avvio alle opere per poter collocare la biblioteca comunale in una delle corti laterali (intervento finanziato con fondo FRISL), ma nel medesimo anno un incendio devasta il salone della villa, provocando il crollo di volte e solai e perdita della decorazione pittorica. Il restauro di questa porzione di villa inizia nel 1998, contemporaneamente all’adattamento a museo etnografico della parte centrale della Villa (piano primo). Nel 2002 sono conclusi i lavori al piano terreno e primo del corpo centrale. Nel 2005 l’Amministrazione comunale di Desio promuove un progetto di restauro e rifunzionalizzazione della villa finalizzato alla creazione del polo culturale della città di Desio e della Brianza, con spazi espositivi per mostre temporanee e permanenti, sale cerimonie, uffici di rappresentanza (Sindaco, assessori, ufficio cultura); salone polifunzionale coperto nella corte di servizio dell’ala est, dove vengono mantenuti gli spazi adibiti a biblioteca, mediateca, spazio informa-giovani, sedi di associazioni; ristorante (in gestione a privati), spazio per cerimonie e banchetti, per convegni e conferenze nell’ala ovest della villa. La realizzazione del Polo culturale a Villa Tittoni Traversi è fin da subito posto in relazione, in un quadro di attività sinergiche, con gli altri centri di eccellenza del Comune: tra questi il Centro integrato comunale per la ricerca e lo sviluppo economico locale, l’iniziativa di riqualificazione dell’area dismessa Autobianchi, sulla quale verrà anche ospitato il corso di Micromedicina dell’Università Bicocca. Un complesso processo di riqualificazione è in itinere anche per Villa Pusterla, Crivelli (Limbiate, Mombello), dimora gentilizia di proporzioni imponenti di foggia settecentesca, frutto della ristrutturazione di una architettura fortificata trecentesca trasformata in villa verso la fine del Cinquecento. La villa è stata pro-
fondamente alterata dalla lunga destinazione a sede di manicomio che ne ha notevolmente modificato gli impianti decorativi interni, quasi completamente perduti, e snaturato lo splendido parco barocco con l’edificazione dei numerosi padiglioni del complesso sanitario. Dopo numerosi passaggi di proprietà la villa e il parco, in data 14 settembre 1863, vengono cedute alla Provincia di Milano che, nel 1865, la adibisce a manicomio, in un primo tempo come succursale dell’ospedale della Senavra, allora manicomio provinciale di Milano, e successivamente, terminati gli interventi di ampliamento e ristrutturazione nel 1878, come sede principale. Vengono edificati numerosi padiglioni nel parco in cui sono ospitati reparti per i malati e servizi come la farmacia, il macello, il forno, la lavanderia. La dismissione del manicomio di Mombello, per effetto della legge n. 180 del 1978, si attuò per fasi compiendosi alla fine del 1999. Prima di quella data, comunque, le strutture psichiatriche avevano frattanto abbandonato la villa per sopravvivere occupando alcuni dei numerosi padiglioni sorti in quello che era stato uno dei più estesi e magnifici parchi del milanese. Nell’edificio gentilizio andò così a insediarsi Istituto Tecnico Agrario Statale “Luigi Castiglioni” nel 1976.
Strutture sanitarie diverse sono ancora attive in alcuni dei padiglioni presenti nel compendio della villa, da anni sotto la dipendenza della Az. Sanitaria Salvini di Garbagnate. Per quanto riguarda le iniziative di recupero, risale al 2005 la redazione delle Linee di indirizzo per la redazione del Piano Direttore per l’area provinciale di Limbiate-Mombello, approvato definitivamente nel giugno 2006 dalla Giunta Provinciale, che prevede la realizzazione di un Polo Interprovinciale condiviso dalle Province di Milano e di Monza e Brianza avente quale perno il recupero e la ristrutturazione di Villa Pusterla con l’insediamento nella stessa di funzioni operative, servizi amministrativi ed una struttura congressuale, la valorizzazione del complesso monumentale attraverso un progetto culturale di particolare rilievo, nonché il recupero dei giardini storici. L’avvio immediato del procedimento porta ad una complessa serie di azioni: la redazione del progetto per una nuova sede dell’istituto di agraria che in prospettiva abbandonerà la villa per occupare un nuovo edificio; l’acquisizione dall’azienda Ospedaliera di aree di giardino storico; il restauro, già concluso, dell’Oratorio di S. Francesco, cappella gentilizia della villa; la prima fase dei restauri della
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dimora gentilizia che, conclusasi nel maggio 2007, ha portato al restauro delle facciate. Fra le ville che a breve avranno una nuova destinazione d’uso va citata Villa di Breme, Forno (Cinisello Balsamo), neoclassica, di origine settecentesca, è stata trasformata a partire dal 1906 in casa d’affitto, con creazione di nuovi alloggi nel sottotetto, scale e conseguenti modifiche delle quote di alcuni solai con alterazione dell’impianto originario. La villa, dopo un accurato restauro, accoglie dallo scorso aprile la sede del nuovo polo territoriale nel Nord Milano dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e ospita Universiscuola, il Centro di Ateneo di alta formazione che collabora con le scuole della Lombardia. Oltre ad ospitare biblioteche, aule e spazi per lo studio e la formazione, saranno a breve attivi numerosi servizi per giovani e studenti fra i quali internet point, area WiFi, bookshop, sportelli di orientamento
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e d’informazione. L’iniziativa di villa Forno si inserisce all’interno di una strategia complessiva di azioni progettuali che interessano Cinisello Balsamo, nell’ambito del programma Urban Italia, promosso e finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, in accordo con il Comune di Cinisello, Provincia di Milano, Università Bicocca e Regione. Tale accordo ha permesso al Comune di beneficiare del finanziamento ministeriale per il complesso di interventi, tra i quali la ristrutturazione di Villa Forno. Analogamente, Villa Scheibler, Litta Modignani (Milano, Vialba), edificata nel corso del Settecento su preesistenze quattrocentesche e divenuta nel 1926 proprietà del Comune di Milano, sarà a breve rifunzionalizzata. Dopo un lungo periodo di completo abbandono furono intrapresi alcuni interventi di restauro fra il 1975 e il 1980 che tuttavia rimasero incompiuti tanto che la villa fu considerata inagibile. Il vasto parco romantico, parzialmente perduto, era stato adibito parte a vivaio comunale, parte aperto al pubblico. Nel 2000 il Comune di Milano partecipa al concorso europeo “Urban II” con una proposta di valorizzazione delle periferie a nord-ovest della città, inserendo la villa in tale programma. Ammesso a finanziamento con altri 9 Comuni italiani, il Comune di Milano dà avvio ai lavori nel 2006 con un cofinanziamento per il 75% dall’Unione europea e dai fondi di rotazione dello Stato e per il 25% dal Comune. Finanziamenti integrativi sono stati ottenuti nell’ambito di un accordo quadro tra Comune, Regione, Provincia, AEM e Aler. Il progetto prevede l’utilizzo della villa come centro di servizi per la valorizzazione socio-economico dell’area (sale multimediali per ospitare workshop e attività formative; aree comuni attrezzate con spazi espositivi; sportelli telematici di accesso ai servizi intelligenti in rete Urban), servizi informativi del centro per l’impiego, ad uffici, spazi aperti al pubblico e di uso condiviso, con bar e ristoro. La villa accoglierà nelle
previsioni la nuova sede del Centro Studi PIM. Per quanto riguarda il rapporto tra privato e pubblico appare interessante analizzare alcuni esempi di rifunzionalizzazione, quali, in particolare Villa Arconati di Bollate, Palazzo Archinto a Robecco sul Naviglio, e Villa “Torretta” a Sesto San Giovanni. Villa Arconati, Sormani, Busca, “Il Castellazzo” (Bollate), è uno dei complessi architettonici barocchi di maggior interesse e monumentalità del panorama milanese e lombardo. La proprietà del complesso, per successione ereditaria, passò nel 1988-1989 a Vitaliano Binelli, il quale, dopo la vendita di tutte le collezioni, cede anche il complesso di Villa Arconati ad una società finanziaria di cui è fa parte anche il Gruppo Palladium il quale, dopo il 2000, lo acquisisce come unico proprietario (Società VillaArconati srl). Nel 2001 viene presentato un progetto che prevedeva il recupero dell’intero complesso e la costruzione di un insediamento immobiliare con il quale recuperare le ingenti risorse necessarie al restauro di Villa Arconati, che veniva destinata a funzioni sociali e culturali. Il progetto non fu accettato dal Comune di Bollate né dal Parco Groane. Nel 2006 viene presentato un nuovo progetto preliminare di rifunzionalizzazione e restauro della villa e del borgo, che viene infine approvato nel 2007. Il progetto, da sviluppare in più fasi, prevede l’inserimento di funzioni compatibili con le caratteristiche tipologiche e morfologiche del complesso: al piano terra e al piano primo del corpo centrale della villa sono previste aree destinate a spazi meeting, convegni e master, nell’ala nord il museo della villa e la caffetteria, mentre nella zona che si affaccia sul cortile delle carrozze vengono previsti un ristorante e, verso il lato della chiesa, uno spazio dedicato ad eventi culturali, mentre al primo piano sono collocate una foresteria ed un ambito polifunzionale collegato all’area sottostante dedicata agli eventi culturali. Nell’area del borgo vengo-
PARTE I - 3. Consistenza e utilizzo attuale del patrimonio delle ville nel milanese
no invece previste destinazioni ad uffici e residenza, una zona dedicata al commercio (botteghe legate all’artigianato). L’intervento mira anche a migliorare l’accessibilità, la viabilità e le zone di sosta a servizio del comparto, prevedendo un collegamento tramite navetta con le stazioni delle Ferrovie Nord di Bollate Nord e Serenella, la creazione di un percorso ciclopedonale di collegamento tra Arese e il canale Villoresi e la realizzazione di quattro posteggi. Attualmente, in attesa di procedere con i restauri, alcune sale della villa e parte del giardino sono utilizzate per eventi, congressi, esposizioni, matrimoni, con servizi di catering gestiti da una società specializzata. Da ormai vent’anni il giardino ospita nella stagione estiva, in accordo con Enti Pubblici, eventi quali il già citato “Festival musicale di Villa Arconati” e dal 2000 la manifestazione “Il giardino delle Maraviglie” con visita guidata dei giardini, momenti musicali, di svago, di intrattenimento, entrambe organizzate dal Polo Culturale della Provincia di Milano “Insieme Groane” che si è distinto nel corso degli anni per l’alto livello delle proposte e l’organizzazione attenta degli eventi. Un ulteriore esempio di rapporto tra proprietà privata ed ente pubblico è dato da Palazzo Archinto (Robecco sul Naviglio), imponente edificio con fronte verso il naviglio, parte di un complesso non realizzato completamente e pertanto di impianto distributivo monco, di ridotte proporzioni, carente nelle finiture (pavimentazioni, rivestimenti, decorazioni) e mai veramente utilizzato come abitazione signorile. Nel corso del tempo questa imponente architettura si ridusse quasi a un rudere e fu adattato ad usi impropri come stalla, fienile, caseificio, abitazione popolare, con l’affiancamento di due edifici di carattere rurale. La villa è stata in anni recenti inserita in un piano di recupero urbanistico che ne ha previsto la destinazione a residenza privata per i piani fuori terra del palazzo e per gli edifici annessi e per una porzione ridotta di nuova
edificazione, per il piano seminterrato ad uso commerciale (ristorante). L’Amm. comunale ha di converso ottenuto la trasformazione in parco pubblico di buona parte dell’area verde in prossimità del naviglio e, grazie ad una convenzione, il piano rialzato, che viene ceduto per ospitare spazi espositivi e culturali. Nel caso di Villa “Torretta”, Spinola Anguissola (Sesto San Giovanni) assistiamo invece alla gestione da parte di un privato di un edificio di proprietà pubblica. La villa, edificata alla fine del Cinquecento su preesistenze più antiche, forse un convento, con oratorio protobarocco affrescato nei primi decenni del Seicento, viene utilizzata nel corso del Novecento come edificio agricolo e per abitazioni civili, quindi come rifugio per gli operai della Breda – azienda che ne deteneva la proprietà - durante il secondo conflitto mondiale. La dimora è stata notevolmente compromessa, tanto che era stata ipotizzata nel 1969 la sua demolizione. Nel 1981 la villa e i terreni limitrofi vengono acquisiti dal Parco Nord Milano che, data la capacità finanziaria ridotta dell’ente, non è in grado di intraprendere la ristrutturazione del complesso ma provvede alla puntellazione e copertura provvisoria del complesso e allo stacco degli affreschi per scongiurarne la perdita. Al fine di giungere alla ristrutturazione e alla valorizzazione del bene nel 1989 viene avviato l’iter per l’affidamento in convenzione a privati degli oneri di ristrutturazione a fronte della cessione dei diritti di superficie del bene. Nel 1990 viene indetta la gara e stipulata la convenzione per la durata di sessant’anni. Il privato si assume il costo del recupero e della realizzazione di un Centro congressi, del Giardino antistante la villa e del collegamento ciclopedonale su viale F. Testi. L’ala ovest dell’edificio è rimasta tuttavia nella disponibilità del Parco. Fra il 1997 e il 2002 si concludono i lavori di ristrutturazione e la villa apre al pubblico trasformata in hotel di prestigio con annesso centro congressi.
1. In vista dell’AdP, il Centro Studi PIM ha predisposto nel 2002 lo studio “Documentazione e valutazioni preliminari sul recupero della Villa Reale di Monza”. dall’alto, Villa “Torretta”, Spinola Anguissola a Sesto San Giovanni. (Fonte: ISAL) Palazzo Archinto a Robecco sul Naviglio. (Foto: M. Bianchi) nella pagina precedente, Villa Pusterla, Crivelli a Limbiate, Mombello.(Fonte: Ville aperte in Brianza 2009) Villa Scheibler a Milano.
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4. Conoscere e conservare La conoscenza del patrimonio assume tanti volti quante sono i soggetti coinvolti
nell’opera di tutela e la valorizzazione. Alcuni studi e documenti, tuttavia, rappresentano i riferimenti obligati per la conoscenza delle ville milanesei. L’esperienza della
conservazione: la cultura del restauro nei progetti di conservazione delle ville milanesi.
Per comodità di esposizione (e perché ciò risulta conforme al trattamento normativo della materia) abbiamo convenuto di suddividere il complesso argomento delle politiche in favore dei beni architettonici in quattro momenti distinti, pur consapevoli che una tale distinzione, inoppugnabile e razionalmente necessaria, può risultare in pratica un po’ artificiosa. Conoscenza, conservazione, valorizzazione e
oculata gestione, attività che sembrano essere poste su un piano di consequenzialità rigorosa e lineare, sono di fatto i diversi aspetti, complementari e indispensabili, dell’unico modo di procedere per garantire al patrimonio di essere un’eredità amata, tramandata, vissuta e sostenibile, laddove il venir meno di anche una sola di queste condizioni evidentemente pregiudica le altre.
È perfino banale (ma non privo di conseguenze) notare che quanti concretamente si occupano di beni architettonici, benché coinvolti da attività solidali e interconnesse, sono e restano figure distinte e raramente coincidenti, nonché di diverso “status” istituzionale. Una classificazione spicciola degli “addetti ai lavori” ci permette di riconoscere: studiosi e ricercatori (di norma personale inquadrato nelle Università, ma anche semplici catalogatori); tecnici professionisti (architetti, restauratori, paesaggisti, etc. che intervengono in corpore vili sul bene, e i diversi operatori culturali che ne sviluppano i progetti di valorizzazione); i tecnici delle Soprintendenze; i competenti Uffici regionali e provinciali, e infine le amministrazioni locali. Nel caso di queste ultime la presa di iniziativa nei confronti dei “monumenti” è condizionata dalla limitatezza delle risorse (la cui destinazione è per di più in perenne competizione con le urgenze contingenti), nonché dall’og-
gettiva difficoltà dei processi di recupero, tali da comportare complessi percorsi sul piano tecnico-amministrativo e tempi lunghi di realizzazione, tanto lunghi che con comprensibile riluttanza Sindaci e Giunte avviano processi dei quali sanno per certo di non vedere i frutti entro i termini di un solo mandato. A tale composito insieme di figure (ciascuna portatrice - insieme con le specifiche competenze e prerogative - anche della particolare sensibilità derivante dal proprio ufficio e financo delle piccole uggie e deformazioni settoriali), va poi aggiunto il pubblico, quel soggetto idealmente posto al termine del processo e talvolta indicato con termine un po’ scialbamente burocratico “fruitore”, di fatto coincidente con le comunità locali insediate sul territorio in cui i beni sono localizzati cui debbono aggiungersi tutti i visitatori virtuali attratti dai beni stessi o dall’eccellenza delle funzioni che in essi si insedia. Va da sé che un pubblico informato e che
4.1 La conoscenza: pluralità dei compiti e dei soggetti
nella pagina precedente, Villa Visconti d’Aragona a Sesto San Giovanni. (Foto: S. Scarioni) nella pagina successiva, Marc’Antonio Dal Re, Veduta di Villa Trivulzio a Omate, Agrate, incisione da “Ville di delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano”, Milano 1743.
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abbia maturato sufficiente sensibilità al tema della salvaguardia dei beni sarà parte significativamente attiva del processo di valorizzazione, capace di imporre con la dovuta urgenza e convinzione il tema nell’agenda degli Amministratori, così come, al contrario, un pubblico disattento, disamorato rispetto alle sue stesse radici, finirà fatalmente per essere, con la propria indifferenza, il miglior alleato del degrado. Conoscere i beni: diverse forme e finalità Quest’ultima considerazione ci porta così al cuore della prima attività elencata, quella del conoscere, la quale va opportunamente declinata rispetto a tutti i soggetti coinvolti: c’è infatti la conoscenza disinteressata dello specialista, il quale affronta sul piano disciplinare ed anche erudito il tema, e che condensa in studi monografici o in opere di sintesi i suoi sforzi; c’è quella conoscenza che si raccoglie nella catalogazione dei beni, che consente un panorama completo del patrimonio e mette gli Enti istituzionali nella condizione di pianificare i diversi interventi e di definire le priorità; c’è la conoscenza intima del bene come oggetto edilizio ad opera dei tecnici, che prelude ogni intervento conservativo o di trasformazione compatibile; c’è poi quella conoscenza allargata dei singoli beni o di gruppi omogenei di essi che è interessata alla valorizzazione, la quale, senza perdere il rigore e la completezza imprescindibili, allarga il campo delle indagini al contesto a cui il “monumento” appartiene, allo scopo di individuare gli spunti (storie, temi, personaggi, etc.) ed i piani di lettura che meglio si prestano a interessare e coinvolgere il pubblico. Quest’opera di contestaulizzazione nel tempo e nello spazio è svolta in funzione del “progetto di valorizzazione” vero e proprio, l’insieme degli strumenti e delle strategie utili a proporre il bene culturale al meglio, senza dare per scontata alcuna informazione da parte del “fruitore” ma senza neppure prestarsi a puerili semplificazioni o espedienti impropri
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nella speranza di adescare una facile “audience”. Di seguito riprenderemo queste diverse forme di conoscenza, anche per fornire alcuni succinti ragguagli. Occorre però anteporre un’ulteriore considerazione: nonostante le numerose e valide pubblicazioni sulle ville del milanese, nonostante l’opera di divulgazione egregiamente svolta da una serie di iniziative culturali (manifestazioni, festival, offerta di percorsi turistici) che, coinvolgendo le ville come sede o come sfondo, ne diffondono la conoscenza, le ville sono troppo poco conosciute dai milanesi. Le diverse comunità locali, ovviamente, conoscono bene le ville del loro territorio (non sempre hanno tuttavia chiaro ciò che ospitano né, al di là di quelle dettate dall’affettuosa consuetudine, conoscono le ragioni del loro specifico valore). Difficilmente però questa conoscenza va molto al di là delle ville dei comuni contermini e arriva ad intuire la consistenza del patrimonio presente sul territorio. Molti abitanti di Milano città, poi, anche quelli che un tempo si sarebbero detti appartenenti alle classi “colte”, hanno una vaga cognizione dell’esistenza delle ville della loro Provincia e di quelle brianzole, ma spesso non le hanno mai visitate né avvertono troppo disagio per questa lacuna. Naturalmente tali generiche osservazioni non vanno assolutizzate: esiste certamente una lodevole e forse nutrita parte di milanesi che le ville conosce, ama e frequenta (per quello che di buono offre il calendario delle manifestazioni messe in campo), ma resta pur vero che, nell’epoca del turismo internazionale low cost e dei voli last minute, moltissimi hanno compiuto viaggi intercontinentali senza darsi troppa pena per conoscere quello che di bello e significativo esiste nel raggio di pochi chilometri fuori porta. Riferimenti obbligati per conoscere le ville milanesi: tre documenti e sette studi esemplari Esistono moltissimi documenti e studi che trattano delle ville milanesi e che rappresentano
il riferimento obbligato per accostare il tema. Ricorderemo solo i più importanti fra essi, quelli che non è permesso ignorare se ci si voglia dedicare coscienziosamente al compito della loro tutela e valorizzazione. Il primo documento è rappresentato dall’opera di Bartolomeo Taegio (ca. 1520-1573) che si inserisce in un filone della letteratura cui appartengono opere di intonazione molto diversa, ma i cui testi inaugurali possono essere rintracciati negli scritti di Leon Battista Alberti (il trattatello La villa e le parti contenute nel V capitolo del De Re Aedificatoria dedicati alla villa di campagna ed al giardino suburbano, i quali, sebbene partano dall’intenzione di definire le caratteristiche dell’edificio della villa, non omettono di interessarsi alle modalità per la retta conduzione delle attività agricole e dello stile di vita del signore in campagna). L’opera del Taegio, La villa, stampata a Milano nel 15591 e composta in forma di dialogo, si connota per essere comparsa nel momento in cui, nella stagnante fase economica della città dominata dagli spagnoli, la più prudente condotta appare alla nobiltà quella di impegnare nella terra i propri capitali. Senza essere un manuale di agronomia, né tanto meno un trattato di architettura, il dialogo indica gli indubbi vantaggi dell’investimento nelle campagne, suffragando la tesi con l’esempio di circa 250 ville del milanese, molte delle quali sono descritte ed elogiate. Nelle sue pagine la villeggiatura viene rappresentata come il più degno stile di vita cui il gentiluomo possa aspirare, ancora concepito secondo l’ideale umanistico di dedizione alle lettere, agli studi, alla caccia, alle conversazioni dotte, al riposo e, nello stesso tempo, alla cura degli onesti interessi, imperniati sull’oculata gestione dei fondi agricoli. Nel nostro rapidissimo excursus trova poi un posto d’onore l’opera di Marcantonio Dal Re, incisore bolognese (1687-1766) attivo a Milano dal 1723, noto anche per aver delineato, nel 1734, la prima pianta “scientifica” della città.
PARTE II - 4. Conoscere e conservare
Ciò che consacra Dal Re nelle memorie milanesi è tuttavia un’ambiziosa opera che egli concepisce in 6 volumi, il cui titolo dichiara il tono e l’intento del progetto, quello cioè di rappresentare Le ville di delizia ovvero i palagi camperecci dello Stato di Milano2. L’iniziativa non dovette sortire il successo sperato, almeno a giudicare dal fatto che nel 1726 uscì in prima edizione un unico volume, in cui erano illustrate otto ville, e nel 1743 una seconda edizione, in due tomi, con l’illustrazione di nove nuove ville più la ripresa di tre esempi già contenuti nell’edizione precedente. Sempre secondo le aspirazioni dell’autore, all’opera sulle ville avrebbe dovuto seguirne un’altra, dedicata alle Sacre delizie, con illustrazioni di chiese, santuari, sacri monti e luoghi pii, proponendo così il corpus delle maggiori architetture dello Stato di Milano, a imitazioni di esempi consimili realizzati all’epoca in altre città (a Roma attraverso l’ininterotta attività di vedutisti, da Gianbattista Falda a Giuseppe Vasi (1710-1782), quest’ultimo autore di Ville e giardini più rimarchevoli (1761) ultimo volume contenuto nella sua ampia opera Delle Magnificenze di Roma Antica e Moderna; a Venezia con l’opera pioneristica di Vincenzo Coronelli (1650-1718), La Brenta quasi borgata della Città di Venezia luogo di delizie dei Veneti Patrizi (1711) contenuta in Singolarità veneziane - forse il vero modello di Dal Re - il precedente anche per una serie di epigoni e continuatori attivi a Venezia come Luca Carlevarjis, Johann Christoph Volkamer (per quanto riguarda i giardini), Gianfrancesco Costa e altri). Il fallimento commerciale dell’opera tentata Dal Re lo indusse a cimentarsi con imprese più modeste, come la serie di 88 piccole vedute dei maggiori monumenti milanesi, composte verosimilmente tra il 1743 e il 1750. Tuttavia lo scarso riscontro commerciale de Le ville di delizia non può essere imputato in nessun caso a scarsa qualità: le tavole di quest’opera rappresentano infatti il maggior monumento
celebrativo della civiltà della villa milanese, pur nel tono a volto enfatico delle sue vedute, deliberatamente teso a celebrare le sontuose dimore di quella nobiltà a cui l’autore ambiva proporsi. Quella continuità tra villa, giardino, campagna circostante e paesaggio, che assicurava alle terre milanesi la ragione delle sue antiche delizie, è oggi irrimediabilmente perduta; una sua immagine esaltante, tuttavia, ci è restituita e rivive nelle profondissime prospettive del Dal Re, popolate di vivaci figurine di nobili e di villani, e in cui la maestosità delle antiche dimore ritrova intatto smalto e splendore. Se l’opera di Dal Re coglie la civiltà gentilizia della villa milanese in uno dei suoi momenti di massimo splendore, il volume Ville e Castelli d’Italia. Lombardia e Laghi, edito a Milano nel 1907 “celebra le ville della “nuova” classe borghese - pur con qualche sporadica ma significativa presenza di residenze della vecchia aristocrazia”3. Il volume rappresenta un eccezionale documento del delicato momento di passaggio in cui, se “non è più il patriziato settecentesco, ma la classe borghese formatasi nell’Ottocento che propone le proprie ville”, queste sono ancora edifici abitati, vissuti, le cui fotografie offrono rari scorci di dimore ancora integre nei loro decori ed arredi. Eppure già un cambiamento è avvenuto:
le ville che mantengono la loro funzione sono quelle “ormai in località tipiche per la villeggiatura, sui colli o sui laghi, con un rifiuto per le piatte zone della pianura, dove importanti organismi storici vengono progressivamente abbandonati, sia nell’uso che nel ricordo.”4 La china dell’abbandono, come abbiamo visto ai precedenti capitoli, proseguirà negli anni ed è ben rappresentata nel già citato volume Da privato a pubblico (1980). Per quanto riguarda gli studi moderni sulle ville, omettendo per ovvie ragioni di spazio le monografie ed tralasciando i più remoti esempi dovuti alla generazione tardo ottocentesca dei Beltrame, dei Sant’Ambrogio, dei Fumagalli5 occorre arrivare al 1965 per trovare una prima, sintetica pubblicazione (ma di impianto sistematico) dedicata alle Ville milanesi, dovuta all’impegno degli autori Carlo Perogalli e Giacomo Bascapé per l’editore Tamburini di Milano. Il volumetto, in una cinquantina di pagine, abbozza una perfetta sintesi dell’argomento, registrando pure la scarsa conoscenza delle ville da parte dei milanesi e “la stupita sorpresa di chi, avendole a portata di mano, non se ne era mai accorto prima” (p.15). Ben altro respiro assumerà l’iniziativa varata dall’editore Sisar (e proseguita in parte da Rusconi), per impulso di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, di pubblicare una
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collana dedicata alle ville italiane, nell’ambito della quale vedranno la luce tre fondamentali contributi di argomento milanese: C. Perogalli, P. Favole Ville dei Navigli lombardi, Milano 1967 (3° ed. agg. 1982); S. Langè, Ville della Provincia di Milano, Milano 1972; P.F. Bagatti Valsecchi, A.M. Cito Filomarino, F. Suss, Ville della Brianza, I, Milano 1978. Tornarono validamente sull’argomento le pubblicazioni di V. Ingegnoli, S. Langé, F. Suss, Le ville storiche del territorio di Monza, Monza 1987 e F. Suss, Le ville del territorio milanese, I: aspetti storici e architettonici, Milano 1988, M.T. Binaghi Olivari, F. Suss, P.F. Bagatti Valsecchi, Le ville del territorio milanese, II: aspetti decorativi, parchi e giardini, riuso, Milano 1989 editi dalla Banca Agricola Milanese. Segnaliamo infine la più recente iniziativa dell’editore Jaca Book, a cura di Roberto Cassanelli, Ville di Delizia nella Provincia di Milano, Milano 2003. Altre fonti per conoscere le ville Può essere qui solo allusa l’opportunità di integrare la conoscenza delle ville attraverso la fitta rete dei riferimenti tratti dalla letteratura in cui la “civiltà della villa” si ritrova evocata e a tratti fatta rivivere. Le citazioni di luoghi precisi o la rappresentazioni di quelle situazioni che avevano la villa come scena rappresentano un ampio repertorio da indagare. A puro titolo esemplificativo si possono ricordare: i diversi brani dalle lettere del Petrarca, scritte durante il suo lungo soggiorno milanese, che egli trascorse presso tre diverse dimore, vieppiù lontane dal centro della città, inseguendo il sogno di una pace campestre che già contiene in sé tutti i sentimenti dell’otium umanistico; così come i versi fantasiosi del poeta Federico Vassallo che, sotto lo pseudonimo di Accademico Sopito, compone l’opera l’Arcadia di Bareggio, con cui celebra, nei primi del 1600, quella Accademia degli Uniti di cui egli stesso faceva parte e che riuniva, all’ombra di una quercia, esponenti delle più illustri famiglie presen-
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ti nella zona, come i Gallina, gli Arconati, i Sormani e i Serbelloni; o ancora i briosi versi di Carlo Maria Maggi (1630-1699), pur venati di sottile malinconia, scritti durante i soggiorni presso la sua villa e i poderi di Lesmo, dove si recava in autunno per riscuotere i fitti dai suoi massari; oppure i versi simpaticamente adulatori del Balestreri, rivolti all’ospite Imbonati che accoglieva i componenti dell’Accademia dei Trasformati presso la sua villa di Cavallasca, offrendo lauti pranzi e gioiosi trattenimenti; o il componimento celebrativo di Francesco Girolamo Corio, per glorificare il volo in aerostato compiuto da Paolo Andreani il 13 marzo 1784 partendo dal giardino della villa di Moncucco; fino ai versi di sapore espressionista che Delio Tessa (1886-1939) compone con riferimento a Mombello, non più residenza colma di glorie napoleoniche, ma ostello gonfio di dolore, emblema di una follia che ormai dilaga nel mondo moderno (De là del mur). Il repertorio dei riferimenti letterari, così come la selezione di aneddoti significativi o la raccolta della documentazione iconografica, ben lungi dallo sconfinare nell’erudizione, ha lo scopo di ricreare intorno alle nude architetture, spesso sopravvissute fino a noi come scarnite spoglia, quel clima di affetti, di sentimenti e di vita che fu la cifra del vivere gentilizio e che, in qualche modo, deve essere restituito all’ignaro visitatore attuale attraverso tutti le possibili risorse della letteratura, delle arti, della storia del costume, delle tecniche e attraverso l’attenzione alle concrete condizioni della vita quotidiana. Sono anche queste le conoscenze sulle ville che vanno sapute organizzare, non per proporre al visitatore solo nozioni da apprendere ma per suscitare nella sua immaginazione un quadro di vive esperienze con cui confrontarsi. La catalogazione L’opera di catalogazione del patrimonio è l’attività sistematica con cui una Nazione prende istituzionalmente coscienza del proprio patri-
monio e ne offre la conoscenza in vista delle conseguenti azioni di tutela e valorizzazione. Che sia attività conoscitiva è fuori dubbio, tuttavia, per sua natura essa rappresenta l’interfaccia necessaria tra tutela, valorizzazione e gestione. Per gli aspetti specifici legati alla catalogazione dei beni della Provincia di Milano si rimanda al terzo Quaderno del Piano per l’Area Metropolitana Milanese dal titolo Beni architettonici e ambientali: dalle indagini alla pianificazione territoriale privinciale, curato da Luca Marescotti, ed. Franco Angeli, Milano 1999, che contiene diversi interventi al riguardo; mentre, per quanto concerne specificatamente i giardini, va citato il n. 22 della stessa collana Quaderni del Piano Territoriale dedicato a Le architetture vegetali nel milanese. Parchi, giardini e alberi di interesse storico e monumentale, ed. Guerini e associati, Milano 2003. Sul tema, per altro era già apparso nel 1985 il volume Beni architettonici ed ambientali della Provincia di Milano, Milano 1985, che conteneva una prima sintesi critica, accompagnata da un atlante e un repertorio, della materia. Per quanto riguarda specificatamente il tema delle ville, val la pena ricordare la brillante esperienza condotta in Veneto, tesa a censire specificatamente tale patrimonio, attività avviata precocemente nel 1952, anno di pubblicazione del catalogo della mostra curata da Giuseppe Mazzotti. Il compito, efficacemente definito operazione di “restauro immateriale”, fu ripresa nel 1986 per impulso della Regione Veneto che affidò l’incarico all’Istituto regionale per le ville venete. Il risultato si è raccolto nell’imponente pubblicazione Ville venete. Catalogo e atlante del Veneto, ed. Marsilio, Venezia 1996, in cui sono schematicamente schedate 3.477 edifici. Per quanto concerne la ville del milanese va segnalata la pubblicazione delle schede SIRBeC, (Sistema Informativo dei Beni Culturali di Regione Lombardia), che cataloga il patrimonio lombardo diffuso sul territorio (www.lombardiabeniculturali.it).
PARTE II - 4. Conoscere e conservare
4.2 Problematiche della conservazione e crescita della sensibilità diffusa verso i beni culturali
Al di là della sua definizione normativa, la conservazione del patrimonio richiede alcune preventive condizioni: un sapere tecnicodisciplinare del restauro che sappia mettere a punto metodologie e strumenti di intervento; le disponibilità per finanziare gli interventi; ma anche l’affermazione, a livello diffuso, di una cultura e di una sensibilità civile capace di mobilitare le coscienze in difesa del patrimonio. L’approfondimento dei primi due temi esula in parte dai compiti di questa pubblicazione, e non ci diffonderemo in merito. Sull’ultimo aspetto, che prende in esame il coinvolgimento del pubblico e la diffusione di corretti atteggiamenti verso i beni culturali, vale la pena di proporre alcune osservazioni. A costo di apparire eccessivamente militanti, non si va certo lontano dal vero affermando che degrado, stato di abbandono, fatiscenza, sono state strategie spesso coscientemente perpetrate per lasciare che il tempo lavorasse e portasse alla rovina antichi fabbricati negletti, da sostituire con più lucrose realizzazioni, in aree che, nel contempo, non erano più amene campagne ma convulsi contesti conurbati, certamente meno attraenti di un tempo ma di indiscutibile valore. Un valore venale, beninteso, dettato da una posizione conveniente determinata dal mercato e precisamente stimabile in termini finanziari. La storia del depauperamento del patrimonio dei beni monumentali del Bel Paese sembrerebbe ridursi a questo scontro impari: quello tra valori ben circostanziabili, tanto tangibili e concreti quanto gli interessi e gli ap-
petiti che scatenano da una parte, e quello di cose eteree e impalpabili, come la sensibilità e l’amore per il bello e la storia, o la difesa del senso della civiltà, argomenti altisonanti, paroloni, che han sempre finito, tuttavia, per intenerire i cuori assai meno della prospettiva di lauti profitti. Ma al quadro testé rappresentato, pur verissimo, manca ancora un elemento fondamentale, la necessaria premessa e questa è rappresentata dal trionfo generalizzato e trasversale di una certa greve ignoranza. E il termine non pare improprio poiché rappresentano i tratti più caratteristici e sicuri dell’ignoranza proprio la misconoscenza dei valori della storia e della bellezza ed il riconoscimento esclusivo dei valori venali, fin al di sopra di ciò che il denaro può comprare, poiché, non avendo cultura, è difficile anche spendere, mentre riesce invece facilissimo sprecare. Di ben due generi è stata l’ignoranza che ha nuociuto al nostro patrimonio. Una antica, atavica, perpetuatasi come atteggiamento di passività, indotto, per abitudine, a guardare ma a non vedere, e naturalmente incline al provincialismo esterofilo per cui ciò che vale sta sempre lontano migliaia di chilometri. Un’altra più interessata e maliziosa, distolta dal miraggio del guadagno facile, più recentemente (dis)educata a scambiare il bello per l’appariscente, travolta dall’(anti)estetica che, soprattutto dall’epoca del boom, ha spesso fraudolentemente sostituito ciò che vale con ciò che è solo trivialmente opulento o moderno. Fu in tale contesto che si colloca il ricordo che Pier Fausto Bagatti
Valsecchi riporta in un suo scritto dedicato a Carlo Perogalli: “alla metà degli anni Cinquanta” coloro che apprezzavano la “straordinaria tradizione artistica italiana nel campo dell’architettura, non sfuggivano al senso di angoscia e ribellione verso quanto stava accadendo nel nostro Paese nei riguardi del patrimonio storico e dell’ambiente naturale. L’abbandono dei monumenti, la rovina dei centri storici, la distruzione del paesaggio, l’irruzione di una speculazione edilizia sempre più arrogante e vittoriosa a dispetto di ogni tentativo di pianificazione urbanistica e di salvaguardia del territorio, stavano assumendo in Italia, uscita ormai dalle fasi tumultuose della ricostruzione postbellica e avviata verso quelle di un boom economico senza precedenti, proporzioni sempre più vaste, e tali da sollevare la reazione indignata e preoccupata di un gran numero di cittadini”6. In tale clima maturò l’iniziativa di costituire l’associazione “Italia Nostra” (ottobre 1955) che celebrò a Roma nei primi giorni del 1956, il I Convegno Nazionale. Costituitasi la Sezione di Milano, questa stessa organizzò, nel 1959, il IV Convegno nazionale dell’associazione proprio sul tema Tutela e valorizzazione delle ville e dei giardini italiani. In maniera trasversale, nella storia contemporanea d’Italia, un po’ tutte le categorie sono state affette da quest’ignoranza ancipite: controllori distratti, tecnici disinvolti, amministratori incauti, professionisti interessati. Per lungo tempo la latitanza abulica o la fragilità culturale di larga parte dell’opinione pubblica ha creato
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nel Paese le condizioni di guasti incalcolabili ai danni del patrimonio diffuso. La testimonianza di questi fatti a scala nazionale è ricca. In Lombardia e nel milanese questa china raramente sfociò in episodi platealmente criminali, come invece nel sud d’Italia la diffusione del fenomeno dell’abusivismo ampiamente attesta. Ma anche la storia di Milano ha le sue pagine nere, misfatti per consumare i quali però si agì quasi sempre in guanti bianchi, riuscendo a vantare alla fine i dovuti timbri e le prescritte carte bollate. Nella Milano di fine Ottocento, che pur vantava personaggi di primo piano nell’ambito della nascente disciplina del restauro (da Camillo Boito a Luca Beltrami, da Gaetano Landriani a Tito Vespasiano Paravicini, fino a Gaetano Moretti e Monneret De Villard per citarne solo alcuni), non si riuscì ad impedire che il chiostro grande dell’abbazia di Chiaravalle, opera del Bramante, fosse abbattuto per far passare la linea ferroviaria Milano-Pavia, né a salvare da distruzione la casa dei Missaglia o il Lazzaretto (del quale alcuni frammenti furono amorevolmente ricomposti dai Bagatti Valsecchi nel giardino della loro villa di Varedo). Ma ancora in anni più vicini a noi, mentre l’alto magistero del più corretto restauro passava dalle mani di Ambrogio Annoni a quelle tenaci e operose di Lilliana Grassi, si prese a pretesto l’opera di ricostruzione post-bellica per assestare un impressionante numero di “colpi” ai danni di palazzi storici frettolosamente dichiarati pericolanti ed irrecuperabili, ricorrendo a diagnosi spesso discutibilissime quando non palesemente false. Un “monumento” alla colpevole disinvoltura nei confronti dei beni architettonici della città è rappresentata dal caso della chiesa di San Giovanni in Conca, esemplare anche per la recidiva con la quale si compì7. Altri esempi consimili si potrebbero ricordare, ma tanto basta a chiarire come se ciò poteva avvenire in pieno centro, davanti agli occhi di tutti, non meraviglia che nelle zone più periferiche e
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nella provincia la sorte di più isolati edifici di villa finisse per trascinarsi nell’ombra fino al momento della calcolata rovina. A dimostrazione del fatto che non sia affatto sufficiente conoscere per conservare, quando una tale conoscenza non assurge a sentimento comune. La conservazione e i vincoli La conservazione delle ville costituisce, con tutta evidenza, solo una fattispecie del più ampio tema della conservazione dei beni culturali, ma ben si presta a rappresentare una peculiarità della situazione italiana: “la forza del “modello Italia” è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sede abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto” (...) “è la diffusione capillare del patrimonio sul territorio nazionale e il suo comporsi in insieme coerente, che fa il “carattere” dell’Italia e ne è il massimo fattore di attrazione per i non italiani; ma anche il massimo fattore di memoria storica e di identità per gli italiani”8. Per quanto riguarda la storia della normativa incaricata della conservazione del patrimonio, va notato che già gli Stati Italiani pre-unitari (con la sola eccezione del Regno di Sardegna) si erano preoccupati di tutelare le “cose di interesse artistico” prevedendo misure per la tutela assai simili tra loro. Con la creazione dello Stato unitario questi precedenti legislativi vennero inizialmente mantenuti. Solo nel 1872 si avviò il tentativo di unificare la materia. Il Ministro dell’Istruzione Cesare Correnti presentò al Senato una iniziativa legislativa per la protezione di cose di antichità e d’arte che, tuttavia, non andò a buon fine. Giunti ormai al 1902 il progetto originariamente ideato dal Ministro Gallo fu ripresentato dal suo successore Nasi, portando al varo della L. 12 giugno 1902, n. 185,
la quale, sebbene avesse il merito di essere il primo atto legislativo organico sulla materia, risultò da subito carente. Aspetto comunque rimarchevole risiede nel fatto che lo spirito della legge fu orientato, come aveva chiesto sin dal principio Cesare Correnti, dal principio del “decoro e interesse nazionale”, dal quale “procede la facoltà dello Stato d’interdire l’estrazione dal Regno e le vendite d’opere artistiche (...) senza il previo suo beneplacito”, dato che il patrimonio artistico “soccorre di necessità all’incremento della civiltà per mezzo della pubblica educazione, alla grandezza, alla vita nazionale”9. Seguirono le leggi n. 386 del 27 giugno 1907 e n. 364 del 20 giugno 1909, l’istituzione delle prime soprintendenze, la definizione di un primo sistema di tutela dei monumenti e la precisazione di una normativa di vincolo. In particolare la legge n. 364 (detta ‘’Rosadi-Rava’’), legge sulle antichità e belle arti, rappresentò un considerevole progresso, arrivando alla prima formulazione di concetti ancora presenti nella normativa attualmente vigente (dichiarazione di interesse pubblico, poteri strumentali dell’amministrazione, ecc.) e prevedendo un’articolazione dei vincoli definiti di tipo “monumentale”, di “bellezze d’insieme” e di “bellezze individue”. Ai fini della nostra ricostruzione occorre citare anche la legge 23 giugno 1912, n. 688, legge su ville, parchi e giardini, beni rimasti in una situazione di vuoto normativo dopo stralci operati dal Senato sulla legge del 1909 riguardanti le “bellezze naturali”, rimandate ad un’apposita legge sul paesaggio che, però, si ebbe solo con la legge 11 giugno 1922, n. 778, a seguito dell’iniziativa di Benedetto Croce, allora ministro della pubblica istruzione. La materia fu ulteriormente trasformata, con modifiche parziali, ma si deve arrivare al 1939 per una nuova e più completa configurazione del suo assetto giuridico. Per impulso del ministro Bottai, a distanza di pochi giorni vennero emesse due leggi, la Legge
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n. 1089 (del 1 giugno 1939) e la Legge n. 1497 (del 14 giugno 1939), che fissarono, rispettivamente, i principi e le procedure di tutela del patrimonio monumentale e paesaggistico. Alla stessa stagione legislativa e temperie culturale appartenne la stessa legge urbanistica n. 1150 del 1942. Queste leggi rimasero il fondamento della tutela per un intero cinquantennio e una tale longevità è ben giustificata dal fatto che esse possono ritenersi “leggi avanzatissime, le migliori del mondo non solo per la loro epoca, perché nascevano dalla tradizione italiana di tutela che [...] era ed è la più antica e la più solida del mondo, anche sotto il profilo giuridico.”10 In particolare la legge n. 1089 ampliava le possibilità di intervento attivo dell’Amministrazione statale per eseguire o imporre opere di manutenzione e restauro, prevedendo anche divieti di demolizione, rimozione e modificazione relativamente anche alle cose mobili di proprietà privata. La legge 29 giugno 1939, n. 1497, relativa alla protezione delle bellezze naturali ed alla conservazione dei beni ritenuti di grande valore estetico, fu abrogata solo all’atto del varo del D. Lgs. 29/10/1999 n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352). Un importante elemento innovativo fu introdotto dal nuovo Codice Civile del 1942, con il quale si sancì che gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico, artistico e le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche fossero ricompresi nel demanio dello Stato e degli enti pubblici territoriali (artt. 822 e 824); al pari furono dichiarati appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato le cose di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo (art. 826). La Costituzione, in continuità ideale con i principi di tali legislazioni, pose alla base dei principi della Repubblica la necessità della “tutela del pae-
saggio e del patrimonio storico artistico e artistico della Nazione” (art. 9). Da allora si susseguirono una serie di provvedimenti volti ad adattare e completare le leggi quadro del ’39. In particolare ci furono notevoli cambiamenti per quanto riguarda la tutela dei beni paesaggistici che giunse, al principio degli anni ’70, al trasferimento alle Regioni dell’esercizio della tutela paesaggistica, lasciando allo stato un potere di controllo. Nel 1974 venne istituito il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali che rappresentò il riconoscimento dell’importanza delle problematiche connesse al patrimonio. Successivamente a ciò si aggiornò l’organizzazione delle soprintendenze. Nel 1998 il dicastero venne riformato prendendo la definizione di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, anche a seguito della scorporazione della materia ambientale che aveva nel frattempo portato, nel 1986, alla costituzione di un Ministero espressamente dedicato. Nel 1999, con l’emanazione di un Testo Unico (D. Lgs. 490 del 29.12.1999), si registra il tentativo di riunire il complesso sistema di normative in un unico documento, peraltro introducendo ben poche novità. Attualmente la materia è normata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. n. 42 del 22 ottobre 2004) al quale è necessario rimandare per gli opportuni approfondimenti. Alcuni osservazioni di merito sono contenute nel capitolo successivo. I vincoli come aspetto particolare della politica di salvaguardia In base alle informazioni raccolte in occasione del nostro censimento delle ville del milanese, risulterebbe che risultano essere vincolate ai sensi della D.lgs 42/04 236 ville , in alcuni casi unitamente ad altri vincoli (Parco Valle del Lambro, Parco del Ticino, Parco delle Groane, Parco Agricolo Sud Milano, etc.), mentre altre 36 ville sono sottoposte alla sola tutela del vincolo del parco. Il 61% di tale patrimonio (pubblico e privato) non è sottoposto ad
alcun vincolo. La richiesta di imposizione del vincolo a beni di proprietà privata di particolare pregio che ne erano privi determinò in passato l’assunzione di iniziativa di alcune zelanti Amministrazioni Comunali, non senza il verificarsi di alcuni “incidenti di percorso”, come nel caso dell’aneddoto citato da C. Perogalli11, relativo alla villa Clerici di Castelletto di Cuggiono. Alla luce della normativa attuale l’attuazione della tutela varia a seconda che si tratti di: a) beni di proprietà pubblica; b) beni di proprietà ecclesiastica; c) beni di proprietà privata. “Nei primi due casi la tutela dell’interesse culturale opera automaticamente, ope legis, per i beni architettonici aventi più di 50 anni di età. Per l’ultima tipologia è necessario un provvedimento amministrativo espresso di dichiarazione dell’interesse. La decisione di vincolare un dato bene appartiene alle valutazioni di discrezionalità tecnico-amministrativa, nel perseguimento di un interesse pubblico di salvaguardia e valorizzazione. Nella valutazione del “se” e del “come” tutelare un bene la Soprintendenza valuta autonomamente, senza bilanciare interessi pubblici contrapposti. L’interesse della tutela culturale è un interesse pubblico e costituzionale inderogabile, tanto che, ad esempio, la posizione autorizzatoria della Soprintendenza può essere superata solo in sede di conferenza di servizi e solo tramite il rinvio al Governo della decisione finale nel caso di contrasto fra Soprintendenza e altre Pubbliche Amministrazioni. La dichiarazione di interesse riconosce una qualità intrinseca del bene ritenuta già esistente, precisandone i tratti distintivi, e perciò presuppone una dettagliata relazione storico-artistica sia descrittiva che motivazionale. I titolari dei beni sottoposti alla tutela della Soprintendenza devono collaborare con la stessa per la loro tutela e valorizzazione, rimanendo soggetti a determinati doveri auitorizzatori; nello stesso tempo però possono usufruire di facilitazioni fiscali e contributi al restauro.”
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
IL RUOLO DI UN CENTRO DI ALTI STUDI RISPETTO
ISTITUTO
PER LA
STORIA
DELL’ARTE
LOMBARDA
Palazzo Arese Jacini P.zza Arese 12, 20031 - Cesano Maderno (MI)
referente: Direttore prof. arch. Maria Antonietta Crippa L’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Onlus (ISAL) è libera associazione di cultura senza scopo di lucro nata nel 1967 per promuovere, incentivare e sostenere la ricerca sulla produzione figurativa ed architettonica lombarda, divulgandone i risultati. Fra le attività principali dell’ISAL vi è la sistematica documentazione dell’arte lombarda tramite la costituzione di un archivio grafico e di uno schedario delle opere d’arte, in collaborazione con le Università, gli Istituti, le Associazioni, i Centri di Studio e Ricerca e i singoli studiosi italiani e stranieri; la pubblicazione delle ricerche e del materiale di studio relativo; la redazione del periodico “Arte Lombarda”, organo istituzionale dell’Associazione; l’aggiornamento, conservazione e catalogazione dell’archivio fotografico; l’organizzazione di iniziative di sensibilizzazione e promozione al pubblico, quali convegni, conferenze, mostre, istituzione di borse di studio, premi e contributi per pubblicazioni; la promozione di restauri in collaborazione con i competenti organi dello Stato, della Regione e degli altri Enti locali territoriali; la formazione, istruzione e aggiornamento del personale della scuola circa le tematiche inerenti la conoscenza e la didattica dei beni culturali, nonché per l’inserimento di soggetti in situazioni di svantaggio.
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ALLA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO LOCALE
La prof.ssa Crippa insegna “Storia e tecnica del restauro” e “Storia dell’architettura del XX sec. Problemi di tutela” presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Oltre a svolgere un’intensa attività di studio ed essere autrice di numerosi studi e pubblicazioni di storia dell’architettura, ha rivestito molti incarichi all’interno di Commissioni e gruppi di lavoro, operativamente coinvolti in iniziative progettuali o di coordinamento e indirizzo delle politiche di valorizzazione. Recentemente è entrata nel consiglio di gestione del Consorzio di Villa Reale di Monza. Con la prof. ssa Crippa avviamo una serie di riflessioni legate alla valorizzazione, azione complessa la cui corretta impostazione può discendere solo da un’approfondita conoscenza del patrimonio e del territorio, dalla consapevolezza dell’alto valore culturale ed identitario che i beni storico-artistici rivestono per le comunità locali e da una realistica assunzione delle prospettive di sviluppo che da essi può essere innescata. La valorizzazione della Villa di Monza, per il prestigio del monumento e per l’importanza dei soggetti coinvolti, rappresenta l’esempio più promettente in materia. “Il consorzio di Villa Reale di Monza è un’esperienza appena avviata che sta ora cominciando ad affrontare la propria organizzazione e le prime questioni operative, come la messa in sicurezza della villa, la ricognizione per stabilire la priorità degli interventi, la definizione delle modalità di gara per l’opera di ristrutturazione complessiva, che dovrà essere affidata ad un concessionario unitario. Attualmente vi sono parti della villa completamente inabitabili e ingestibili e, ad una prima ricognizione, sono emersi anche alcuni problemi statici che andranno verificati. Questa fase iniziale del lavoro del Consorzio ha avuto la fortuna di attivarsi con il forum mondiale della cultura, sotto l’egida dell’Unesco, presso la stessa Villa, un fatto di grande
rilevanza che ha dato notevole visibilità al monumento. Anche per il futuro speriamo in un’importante attività internazionale, perché la villa di Monza, per essere rispettata nelle sue caratteristiche, deve essere utilizzata per funzioni di grande respiro. Perché l’intervento abbia successo, occorre un’unanime volontà politica. Occorre prevedere che il processo sarà necessariamente lungo, poiché il monumento è stato lasciato, fino a tempi recentissimi, in uno stato di abbandono; la sua valorizzazione, trattandosi di una reggia, dovrà avere la scala e qualità adatte ad una reggia. Ciò comporterà notevoli impegni finanziari; e, per l’oggi, rappresenta una vera sfida. Non a tutti è chiaro che i beni culturali non danno immediata resa economica. Si è purtroppo diffusa l’erronea convinzione che essi, se gestiti non solo virtuosamente ma con piglio imprenditoriale, debbano rendere sul piano economico; in realtà, è più corretto e verosimile ritenere che i proventi ottenuti dalle loro visite e dal loro utilizzo per momenti di grande rilievo siano in grado di ripagare, parzialmente, le spese di manutenzione; tale esito sarebbe già un buono e realistico risultato. Questa è però una verità che si stenta a far capire”. Questa, come tutte le pubblicazioni del PIM, si rivolge soprattutto agli Amministratori Locali, che sono spesse volte sedotti da una certa retorica intorno alla “messa in valore” dei beni culturali, una retorica per altro non nuova e che riprende la frusta definizione del “petrolio d’Italia”. “Lo so, ma è un mito da sfatare, perché pericoloso”. In effetti il rischio è che crei false aspettative. In questo, forse, c’è la malizia di alcuni tecnici ed operatori che si propongono come deus ex machina per la soluzione dei non facili problemi di bilancio. “Guardi, il politico di fresca nomina è portato a dire e probabilmente a ritenere che: “prima di me non si è fatto abbastanza, con la mia am-
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ministrazione tutto cambierà”; rischia invece, con la pretesa di ricominciare da capo e con l’illusione di poter fare comunque meglio di quanto si è fatto nel passato, di costruire una prospettiva destinata a trasformarsi in un boomerang. Mi pare che questa illusione, benché sia veramente assurda, sia ancora piuttosto diffusa. Tornando alla villa di Monza, non si può non tener conto che un patrimonio come questo, gigantesco, spogliato completamente, abbandonato per anni, utilizzato in modo improprio, implica uno sforzo umile di comprensione e una attenta valutazione della somma di operazioni indispensabili per restituirgli una condizione dignitosa capace di ridargli, in prospettiva, una qualità che non potrà essere più comunque solo e precisamente quella del passato. Tutti auspichiamo che si possa agire con estrema positività e con scopi di buona resa, ma da qui a ritenere che sarà fonte di reddito, e per di più immediatamente...” Se un tale fraintendimento è stato possibile, ciò è forse dovuto anche al fatto che c’è una certa confusione sui compiti e sulle reali possibilità della valorizzazione. Questo ci porta proprio alla base del ragionamento che volevamo fare con lei come direttore dell’ISAL, e cioè che, fondamentalmente, la conoscenza scarsa e superficiale del patrimonio tende facilmente ad associarsi con una debole consapevolezza circa il significato dei beni culturali, e in generale sul ruolo della cultura. Quel valore civile, al di là delle implicazioni strumentali,
tende forse a perdersi in favore di un’ottica più interessata e del miraggio della redditività. “È vero. Per questa via l’esperienza culturale promossa da una conoscenza diretta delle opere, le componenti - come dire - di godimento cólto che esse provocano e di interesse ad approfondire le conoscenze che dalla loro frequentazione matura, sembra vengano troppo ridotti attualmente all’idea della fruizione di uno spettacolo; di conseguenza la dinamica della valorizzazione viene depotenziata. Forse non dobbiamo dare per scontato che la nozione di bene culturale sia una nozione di cui si è largamente consapevoli, probabilmente è nozione ancora troppo elitaria. Alla gente piace certamente andare nelle ville, nei parchi, vi è un desiderio e un interesse per opere d’arte, monumenti e parchi più diffuso che in passato. Lo dimostra, ad esempio, anche la recente esplosione di attenzione per i musei di Milano. E’ una curiosità crescente, che segnala un’evoluzione di mentalità rispetto a dieci anni fa e che va apprezzata. Forse la classe politica non se ne rende ancora pienamente conto, chi gestisce e amministra non ne trae le debite conseguenze. Per esempio si investe solo su ciò che ha efficacia immediata, dal momento che investimenti a più lunga scadenza rischiano di produrre risultati differiti, che vanno oltre ai limiti del singolo mandato, quindi non possono conseguire effetti, in tempo utile, in termini politici e di consenso. Di peso non secondario risulta inoltre l’assunzione un po’ acritica di
modelli che, per luogo comune, si è portati a ritenere di successo, come l’idea che anche da noi si riesca a replicare formule turistiche di altri paesi, come quella dei castelli della Loira. Si tratta di un’idea davvero improponibile nel contesto milanese, che può nascere solo a partire da una conoscenza insufficiente delle reali caratteristiche del territorio e del suo patrimonio. Fa un po’ impressione constatare la diffusione di un approccio tanto poco realistico”. Le sue osservazioni richiamano un altro tema intorno al quale tendono a crearsi alcuni errori di valutazione: la non scontata integrazione tra attività culturale e offerta turistica. La presenza dei beni rappresenta certamente un’attrattiva turistica nei contesti vocati, ma non è di per sé un elemento sufficiente. Il caso delle ville sul Lago di Como, per esempio, ha caratteristiche e prospettive molto diverse rispetto alle ville del nord Milano, pur senza negare l’appeal di contesti come quello dei Navigli o della Brianza. “Esatto. Devo dire che provo anch’io un po’ di sconcerto quando sento parlare di offerta turistica. Non mi aspettavo tale eccesso di entusiasmo per i beni monumentali dell’area a nord di Milano: bisognerà ridimensionare pregiudizi ed equivoci, che impediscono la percezione reale del fenomeno. Qualche anno fa era di moda ritenere che si poteva replicare in Italia la formula gestionale dei musei americani, generata da un insieme di fattori storici e sociali da noi non attuabili. Neanche la realtà
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francese, per certi versi più vicina alla nostra, può essere osservata in un paragone a-critico.” Per tornare a ISAL, qual è la vostra storia e come assumete il compito di diffondere la conoscenza? “La sede dell’ISAL da un po’ di tempo in qua è proprio in una villa, a Cesano Maderno. È stato un sindaco lungimirante che ha fatto di tutto (Gigi Ponti n.d.r.) con la speranza di contribuire anche a sviluppare la coscienza culturale locale. La nostra localizzazione fuori dal centro di Milano direi che dà luogo agli stessi interrogativi di cui soffre tutta l’attività culturale che si tenta per animare le ville. In primo piano sta l’ostacolo tremendo che di fatto separa Milano dal suo intorno: il traffico. Anche prendere i trenini della Nord, per le pessime condizioni in cui versano – per lo più vecchi e maltenuti – determina percezioni penose per chi dal centro di Milano va in Brianza. Nonostante ciò l’ISAL cerca di rinsaldare i rapporti con il territorio, soprattutto con Cesano, organizzando mostre, incontri, lezioni e così via. Si tratta però di tentativi che non ottengono grande risonanza, anche quando sono di alto livello. Manca del tutto una rete di comunicazione tra realtà briantee e di queste con Milano, in cui anche l’ISAL possa inserirsi, per contrastare la mancanza di consapevolezza relativamente a chi e a che cosa viva e operi sul territorio. Un’altra delle attività di ISAL è rivolta alle scuole. Anche in questo caso constatiamo interesse, pur verificando alcuni problemi di gestione all’interno della scuola e dei rapporti che questa riesce a stabilire. Eppure, proprio sul territorio, rileviamo una forte vitalità di gruppi, la presenza di un volontariato culturale vivace benché troppo auto-referenziale e poco organizzato, lontano soprattutto dalla mentalità della messa in rete di risorse e sforzi. Molte di queste realtà restano ancora troppo invischiate in una prospettiva di campanile. Ovviamente conseguente è l’incapacità di differenziare le proprie prestazioni. Pur con questi limiti, resta
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positiva la constatazione della vitalità latente, che andrebbe orientata e aiutata da un processo di formazione importante, accompagnato magari anche da un ricambio giovanile forte”. Noi immaginiamo che, al di là di essere delle risorse turistiche, le ville possano diventare luoghi da riprogettare in un’ottica di riqualificazione dell’area metropolitana. Gli stessi giardini storici delle ville potrebbero essere inseriti più organicamente all’interno del sistema del verde. “Certo. Che poi questo risultato passi anche attraverso una forte valorizzazione della possibilità di visitare le ville – che possiamo chiamare anche turismo interno per intenderci – è possibile, anche perché è fondamentale che la gente si renda conto di che cosa c’è nel proprio territorio, quindi prenda coscienza che la città vive ormai una situazione diversa da quella in cui era anche solo venti anni fa. Occorre far sapere che esistono possibilità allettanti a pochi chilometri da piazza del Duomo, nelle molte città grandi e piccole a nord di Milano”. Nel merito della valorizzazione uno dei temi cruciali è quello della rifunzionalizzazione compatibile, sia nell’ottica di arricchire di significato le ville, al di là dell’essere museo di se stesse, sia nell’ottica di decentrare o quanto meno distribuire sul territorio attività qualificate. Qual è la sua opinione? “Effettivamente il tema della rifunzionalizzazione emerge continuamente. Spesso tuttavia esso si riduce a questione di poco conto, al dare spazio nelle ville ad attività pre-esistenti in città, a visite guidate pur meritorie, a qualche esposizione estemporanea. Oppure si pretende ideologicamente di calare dall’alto soluzioni che risultano di dubbia fattibilità. La rifunzionalizzazione, al contrario, deve sorgere dalla base e dall’alto nello stesso tempo, in un graduale processo di condivisione, differenziando le proposte tra le ville in una rete di relazioni (mobilità, scambi, avvenimenti culturali, etc.) tra le città. Semplicisticamen-
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te troppe amministrazioni comunali aspirano alla costituzione di centri culturali o di sedi universitarie, senza considerare l’impossibilità di reale vitalità a fronte della loro eccessiva disseminazione. Noi stessi, come ISAL, abbiamo non poche difficoltà ad operare a Cesano coinvolgendo larghi strati di popolazione. A Milano possiamo trovare spazi per conferenze e confidare su un buon afflusso di pubblico. A Cesano è più problematico avere esiti larghi; la frequenza ai nostri incontri – dello stesso livello di qualità di quelli milanesi – è di 20-30 presenze, è difficile superare questa soglia. I milanesi inoltre stentano ad uscire da Milano per venire ad ascoltare una conferenza a Cesano. Ancora combattiamo con la mentalità per cui la mezz’ora necessaria agli spostamenti per uscire da Milano sembra assai più lunga della mezz’ora necessaria agli spostamenti interni al traffico della città. Non abbiamo ancora una mentalità “metropolitana”. A questo riguardo va detto che, nelle proprie scelte, l’amministrazione milanese tende ancora a puntare all’accentramento, pensando sempre alla piccola Milano e non alla grande Milano. Alcuni fenomeni nuovi tuttavia vanno nella direzione giusta: il fatto stesso, ad esempio, che esista con propria evidenza la ‘Bovisa’, che la Triennale abbia aperto lì una propria sede, che il Politecnico tenda a potenziare lì il proprio sviluppo, sono segnali molto positivi. Iniziative di decongestionamento sono necessarie. La logica stessa degli eventi spinge in direzione di profondi cambiamenti negli assetti territoriali; a Sesto San Giovanni, ad esempio, la Stalingrado d’Italia, non ci sono più fabbriche, i nuovi insediamenti prevedono anche qualche centro di cultura. Certo la prospettiva aperta dalle nuove situazioni non può manifestare le proprie potenzialità in pochi anni. Tuttavia avremmo bisogno da subito di metropolitane, non soltanto di ferrovie. È emblematico come la Milano che ha strappato la manifestazione dell’Expo, la realizzi materialmente a Rho, e
che questo sia possibile perchè lì la metropolitana arriva. Per far funzionare l’area metropolitana, con tutto quello che possiamo immaginare per riempirla di qualità, sistemi delle ville compresi, bisogna che il traffico sia alleggerito e le ferrovie coinvolte perché il livello attuale di servizio è inadeguato e sconfortante. Ormai è necessario che i treni siano tutti come quello che porta all’aeroporto di Malpensa: puliti, puntuali, veloci”. Diffondere conoscenza e consapevolezza intorno al valore del patrimonio significa anche operare nel campo della divulgazione. ISAL e Centro studi PIM hanno collaborato, su incarico di Regione Lombardia, alla predisposizione di materiale informativo per il sito web www.lombardiabeniculturali.it, che si proponeva di fornire alcuni itinerari virtuali tra le ville del milanese. Più in generale, qual è il rapporto tra l’attività dell’ISAL dedicata alla ricerca specialistica e quella di divulgazione? “La prof. Gatti Perer fu sempre legata al modello di coinvolgimento con la realtà territoriale messo a punto a Milano e consistente con l’offerta di colte lezioni affidate a specialisti universitari sui temi di storia dell’arte o su fenomeni artistici importanti. Il pubblico, che si è consolidato negli anni affezionandosi a questa formula è composto per lo più da milanesi, un nucleo di fedelissimi che dalla città arrivano a Cesano cui si aggregano alcuni locali, ma pochi. Stiamo ragionando per capire se mantenere questo modello soltanto o tentare anche approcci diversi, più consoni con i tempi. La nostra importante ricerca sulla produzione serica in Lombardia tra XV e XX secolo e il nostro coinvolgimento con Regione Lombardia sulla catalogazione delle ville ci mette oggi in grado di pensare sia a ricerche specialistiche che ad attività divulgative nuove e di grande qualità”. Rispetto alla definizione di altre ipotesi di lavoro utili a trasferire la conoscenza che è degli specialisti ad un pubblico più vasto quali iniziative
potrebbero essere messe in campo? Abbiamo più volte accennato all’opportunità di focalizzare il tema “civiltà della villa milanese” attraverso una mostra che assumesse anche valore di lancio del nascente “Sistema delle ville del nord Milano” e di avvio dell’attività del Consorzio per la valorizzazione della Villa e del Parco di Monza. Un’altra ipotesi che ci sta a cuore è l’eventualità di una riedizione a prezzi accessibili dell’opera del Dal Re. Cosa ne pensa? “Vedrei anch’io con favore l’ipotesi di una
in alto, Balconata dei musici. Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate. (Foto: D. Fumagalli) nella pagina precedente, Villa Arconati, Castellazzo di Bollate, interni. (Foto: D. Fumagalli) nelle pagine precedenti, da sinistra, Palazzo Arese, Jacini a Cesano Maderno, sede dell’ISAL. Villa Visconti Borromeo a Lainate. (Foto: P. Marelli)
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ripubblicazione del Dal Re ma integrata con la storia della Villa di Monza. Ciò potrebbe senz’altro contribuire al lancio iniziale delle iniziative centrate su Monza, fondamentale anche per consentire a tutto il sistema delle ville nelle diverse città a nord di Milano di riprendere vita. Come ISAL saremmo felicissimi di essere coinvolti in un lavoro culturale di questa natura. Se il PIM desse il contributo urbanistico, cioè di lettura territoriale nel senso dell’uso attuale, sarebbe utilissimo: mettere insieme i due ambiti di ricerca, l’attualità con i suoi problemi e la valorizzazione del patrimonio storico; si tratterebbe di un esperimento mai tentato, di uno spazio di dialogo tra pianificatori/urbanisti e storici e restauratori mai concretamente individuato. Col richiamo al principio nobile, ma irrealistico, che bisognerebbe salvare tutto si finisce per soccombere sotto il peso delle contingenze che impongono di salvare solo quel che si può. Non è più possibile andare avanti così, occorre pianificare la priorità degli interventi. Per questo ho visto positivamente la selezione della cinque ville che con Regione Lombardia avete proposto sulla base di una graduatoria legata al loro potenziale e attrattività, per la costituzione del nucleo iniziale del sistema delle Ville. È essenziale individuare fattori trainanti e priorità urgenti. La vostra selezione di cinque ville, per la costituzione di una rete, serve a porre un modello, un riferimento, introduce logiche nuove; mette a fuoco, ad esempio, la necessità di affrontare in maniera stringente il problema dei collegamenti, dell’individuazione fisica di un percorso di connessione tra le stesse. L’altra questione a mio parere essenziale è la messa a fuoco di una nuova e specifica relazione con Milano. Dall’esplicitazione del processo, che ha visto nascere le ville in un rapporto egemone di Milano sulla campagna, e dal venir meno dello stesso negli ultimi due secoli, occorre passare ad un diverso rapporto tra Milano e ville. Non reciderei la
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dimensione culturale di tale rapporto, facendo emergere forme di interscambio proficuo.” Questo sembra in linea con una delle suggestioni che immaginavamo per la mostra sulla civiltà della villa, in cui suggerivamo di individuare i palazzi in Milano delle famiglie nobili, le loro proprietà sul territorio, ricostruendo anche così il rapporto città/contado. L’iniziativa di una mostra avrebbe anche il compito di richiamare l’attenzione dei milanesi di città sul patrimonio diffuso nel territorio. “Tale mostra sarebbe di grande utilità. Tuttavia occorre aver presente che, anche quando un’iniziativa di promozione avesse successo, resta scoperto ancora il problema dell’accessibilità dei beni monumentali. Il problema del traffico da Milano verso la Brianza è assolutamente prioritario. Vi è inoltre nell’area peri-urbana milanese una rete stradale troppo indifferenziata, non gerarchizzata oltre che carente. La realizzazione delle grandi infrastrutture di valore sovra-locale dovrebbe sanare in prospettiva il deficit per quel che concerne i collegamenti Est-Ovest a lungo raggio. Ma il tema della riorganizzazione della rete locale rimane e pretende misure adeguate. Un’altro aspetto, se si vuole strutturalmente secondario ma di grande impatto, è legato all’inquinamento visivo prodotto dalla nostra cartellonistica selvaggia. Sono stata recentemente in Francia e lì sulle strade vi sono molti meno cartelli pubblicitari e inoltre la segnaletica è discreta. Noi, al contrario, siamo frastornati da ambedue. Il territorio non è mai percepibile per quello che è, è intravisto attraverso una segnaletica assolutamente caotica ed invadente. Oltralpe invece l’occhio ha modo di distendersi sul paesaggio. Ad ogni modo la questione della valorizzazione, del territorio e delle sue emergenze e la soluzione delle problematiche diverse che lo interessano, impongono di stabilire una specie di itinerario condiviso, che, da qui al 2015, veda impegnate tutte le strutture presenti sul territorio ad agire di concerto; questo è fondamentale”.
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLA LOMBARDIA
Palazzo Litta - Corso Magenta, 24 - 20123 Milano
referente: Direttore regionale dott. Mario Turetta
COMPITI ED ESPERIENZE DELLE SOPRINTENDENZE TRA TUTELA, CONTROLLO E IMPEGNO PROGETTUALE
Per lo svolgimento della nostra ricerca abbiamo raccolto un elenco di oltre 700 ville gentilizie (secc. XV-XIX), costituito a partire dal Censimento dei Beni della Provincia, integrato e confrontato con i dati bibliografici disponibili. Per le informazioni in nostro possesso, sul totale delle ville il 61%, generalmente di carattere minore, ma non solo, non risulta sottoposto ad un vincolo specifico. In che modo la normativa garantisce la salvaguardia degli edifici storici non pubblici? “E’ necessario inquadrare il fenomeno della conservazione delle cospicue memorie del passato all’interno di un contesto che vede il territorio italiano totalmente antropizzato, frutto della millenaria azione dell’uomo. Se la catalogazione costituisce il necessario strumento di studio per iniziare una qualsivoglia indagine su determinati fenomeni culturali, la dichiarazione di vincolo secondo il dettato normativo (attualmente è in vigore il Decreto Legislativo n° 42 del 2004, meglio noto come ‘Codice dei beni culturali e del paesaggio’) deve rispondere invece a un’ inesorabile “selezione”. Questo non significa assolutamente che quanto ‘scartato’ dalle istruttorie delle varie Soprintendenze e delle Direzioni Regionali non debba comunque essere sottratto alla
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perdita. Anche queste testimonianze debbono ricordare alle future generazioni gli aspetti di una civiltà del passato. Esse verranno tuttavia protette con altri strumenti legislativi; qualie ad esempio con la legge urbanistica. E’ proprio nella logica di complementarietà che si deve interpretare lo spirito della citata legge di tutela, così come peraltro induce a ritenere l’art 5 quando riferisce di cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale”. Come si finanzia un restauro? Quali sono i canali per ottenere stanziamenti ministeriali e in che modo è possibile il coinvolgimento di altri soggetti per l’ottenimento di risorse ulteriori? Con particolare riferimento ai privati è possibile rivitalizzare una stagione di sponsorizzazioni private in favore di restauri? Quali accorgimenti sarebbe opportuno introdurre alla luce delle esperienze passate? “Le proprietà demaniali, innanzitutto, ma anche quelle ecclesiatiche sono periodicamente oggetto di finanziamento diretto dello Stato. Attraverso una programmazione annuale mirata - che ha origine all’interno delle singole Soprintendenze, sentite le Curie competenti, indirizzata quindi all’Amministrazione Centrale del MiBAC per il tramite delle Direzioni Regionali, si individuano nel territorio di competenza gli immobili da cantierare (la lista è
poi consultabile nel sito del Ministero). Contestualmente, la legge permette di alleggerire il peso dai non lievi sacrifici finanziari che i proprietari di beni culturali sono costretti a sostenere, riconoscendo ai possessori la deducibilità, dal proprio reddito fiscale, delle spese sostenute per la manutenzione e la protezione dei beni stessi. Uguale trattamento è previsto per chi sponsorizza lavori di conservazione. Ci si augura che si incrementi una reale sinergia tra enti pubblici”. Quanto è importante individuare una funzione qualificata a cui destinare il bene da recuperare per dar corso all’intervento (sia per l’ottenimento di finanziamenti sia per la creazione di consenso e interesse da parte del pubblico)? “Che una nuova destinazione d’uso per gli edifici vincolati possa essere accolta è lo stesso “Codice” a prescriverlo. E’ vero anche che non è consentito la generalizzazione: ogni immobile ha la sua storia e la sua identità, e non sempre, a parità di tipologia, sono concesse le stesse variazioni di utilizzo. E’ la pratica consolidata del buon restauro, oramai ultracentenaria in Italia (le prime soprintendenze e le prime circolari specifiche datano alla fine ‘800), a indicarlo. Ma è pure il carattere modernizzatore del Codice Urbani, la cui principale novità è costituita appunto dalle disposizioni sulla valorizzazione a trac-
ciare il solco dell’inscindibilità della tutela da conservazione, fruizione pubblica, valorizzazione medesima”. Spesso le amministrazioni comunali sono indotte, spinte anche dalla preoccupazione legata alla sostenibilità economica della gestione dei beni, a proporre l’insediamento di funzioni poco idonee a preservare i caratteri originali degli edifici gentilizi. Quali sono, se è possibile indicarle, le linee guida per una corretta interpretazione della rifunzionalizzazione? Vi sono esempi interessanti? “Le proprietà immobiliari ultracinquantennali di Comuni ed altri enti pubblici sono ‘automaticamente’ sotto tutela (art. 12), e pertanto vale quanto detto poc’anzi: “la valorizzazione viene attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze” (art. 6). Lo stesso dicasi per le proprietà di fondazioni senza fini di lucro ed istituti legalmente riconosciuti. Tra questi ultimi, preme ricordare le opere di rifunzionalizzazioni di dimore storiche operate dal FAI (ad es. Villa Necchi Campiglio a Milano) e il circuito delle case museo, sempre a Milano, nato da un accordo di programma tra Regione, Provincia, Comune”.
in alto, Ninfeo di Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate. (Foto: P. Marelli)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
Arch. Marina Rosa L’arch. Marina Rosa è stata per anni Direttore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici e, in tale veste, ha diretto il restauro della maggior parte delle più significative ville del territorio milanese. A lei abbiamo chiesto una sintesi della sua esperienza a riguardo e una valutazione circa i criteri guida per la corretta impostazione del tema della valorizzazione.
Spesso le amministrazioni comunali sono indotte, spinte anche dalla preoccupazione legata alla sostenibilità economica della gestione dei beni, a proporre l’insediamento di funzioni poco idonee a preservare i caratteri originali degli edifici gentilizi. Quali sono, se è possibile indicarle, le linee guida per una corretta interpretazione della rifunzionalizzazione? “Da qualche decennio a questa parte, le ville di delizia del territorio milanese risultano essere oggetto di trasformazioni spesso profonde e problematiche, legate al quasi fisiologico cambio di destinazione d’uso, per le difficoltà dei privati di far fronte ad una sempre più complessa e onerosa gestione delle proprie dimore. La dismissione e il conseguente passaggio dal privato al pubblico avviene non senza traumi per strutture e giardini e si caratterizza proprio per le difficoltà di trovare destinazioni compatibili con il carattere monumentale di tali complessi e forme di gestione adeguate ad ambiti spesso sovradimensionati. Nell’esercizio della tutela mi sono trovata spesso a confronto con richieste di nuovi utilizzi che, se da una parte avevano come aspetto sicuramente positivo il recupero di un bene a volte abbandonato da decenni e quindi in stato di conservazione quanto meno precario, dall’altro comportavano modifiche interne spesso incongruenti con la storicità del bene e, conseguentemente, con la sua salvaguardia. Questa esperienza mi ha fatto comprendere che occorre sensibilizzare le amministrazio-
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ni proprietarie di ville di delizia a porsi nei confronti delle stesse con l’umiltà e il rispetto che tali beni richiedono, anteponendo a più appetibili ritorni immediati visioni e programmi di ampio respiro, aventi come obbiettivo primario la loro “trasmissibilità al futuro”. Detto ciò, ritengo che comunque i beni culturali non debbano essere un peso economico, né debbano, tuttavia, essere sfruttati in modo improprio. I beni devono essere utilizzati e devono diventare delle risorse culturali, con una specifica valenza economica derivante da quell’indotto che un loro corretto utilizzo genera. Pensare di utilizzare le ville come dei contenitori all’interno dei quali collocare funzioni svincolate dal bene, come ex Direttore della Soprintendenza, lo ritengo improponibile: il bene deve essere gestito in maniera intelligente, in modo da non diventare un peso, ma una risorsa anche per il territorio, un vero e proprio “polo d’economia del patrimonio”, come accade in Francia da più di un ventennio e come, soprattutto, accade a Schönbrunn. L’esempio della reggia estiva degli Asburgo è significativo; non dobbiamo infatti dimenticare che è l’unica delle grandi residenze europee che ha un bilancio in positivo. A fronte della quasi totale assenza di utilizzi impropri, limitati alle parti marginali, esiste un progetto culturale di grande rilievo che fa della residenza di Schönbrunn un museo di sé stessa in grado di attirare milioni di visitatori. Gli Amministratori devono da questo capire che il patrimonio storico/artistico in generale e il sistema delle ville di delizia in particolare va valorizzato per quello che è, per quello che ha rappresentato e per quello che potrà rappresentare, senza subire stravolgimenti dovuti ad utilizzi incompatibili. Sappiamo che un utilizzo incongruo porta infatti all’immediata o futura perdita di materia, e quindi del bene, e che, pertanto, di fronte ad ogni nuova esigenza di rifunzionalizzazione occorre sempre trovare il giusto equilibrio tra soluzione proposta e
salvaguardia. Chi tutela ha questo arduo compito, ma solo una progettazione attenta e ancor più solo e unicamente oculate scelte a monte permettono di addivenire a soluzioni corrette. Le scelte in capo agli amministratori di beni ormai pubblici debbono pertanto essere particolarmente ragionate e devono essere operate non, o comunque non esclusivamente, in funzione delle esigenze del momento, ma in un’ottica più ampia, con un respiro più maggior portata e, soprattutto, con l’obiettivo di una corretta e necessaria conservazione e salvaguardia del bene stesso. Non è il manufatto che si deve adattare all’uso, ma, viceversa, è l’uso che deve essere condizionato dalla struttura, non tanto e non solo relativamente ai vincoli di tipo architettonico, ma anche e soprattutto per gli aspetti storico-culturali che sono loro propri”. Quanto è importante individuare una funzione qualificata a cui destinare il bene da recuperare per dar corso all’intervento? “E’ fondamentale. Ricordo che, per la villa Reale di Monza, con i primi due miliardi di lire ottenuti a suo tempo con la legge 449 del 1989, (che per noi abituati a ricevere 100 o 50 milioni, sembravano una cifra folle), decidemmo di intervenire solo sulle facciate proprio perché non c’era nessuna destinazione decisa. Si poteva, per esempio, affrontare il restauro dell’Appartamento dell’Imperatore senza conoscerne l’utilizzo futuro? Solo se si ipotizzava di conservarlo come museo di se stesso. In caso contrario occorreva avere le idee chiare da subito perchè il primo grande problema da affrontare quando viene insediata una nuova funzione è lo stretto rapporto esistente tra uso e impiantistica. Sempre per portare un esempio, se si ritiene di utilizzare un immobile di alto valore storico/artistico non esclusivamente come museo di se stesso, bensì come un contenitore di pregio ove collocare un’altrettanto pregevole quadreria, magari con dei Raffaello, e ciò quasi a voler dare allo
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stesso una sorta di valore aggiunto, è necessario prevedere un impianto di climatizzazione molto sofisticato e quindi di notevole portata, che purtroppo, in alcuni casi, può risultare eccessivamente invasivo per l’immobile. La destinazione a quadreria è quindi sicuramente una rifunzionalizzazione astrattamente del tutto compatibile con un bene monumentale, anzi, a volte anche valorizzante il bene stesso se internamente privo di apparati decorativi di pregio e quindi di valore, molto più, ovviamente, di quanto non possa essere la sua trasformazione a sede di uffici, o, ancor peggio, in albergo o ristorante, ma quando una quadreria comporta la realizzazione di impianti che possono snaturare il bene e portare alla distruzione di parti anche secondarie dello stesso, anche la quadreria diventa, dal punto di vista conservativo, assolutamente incompatibile. Il concetto fondamentale è pertanto che l’incompatibilità di un utilizzo non è tanto dovuta all’utilizzo stesso, che può essere semplicemente più o meno appropriato, ma piuttosto al tipo di intervento e di impiantistica che comporta e alle interazioni di tali operazioni con strutture e apparati decorativi”. Sebbene l’area del milanese possa vantare numerose e notevoli attrattive monumentali, è innegabile che sconti alcune pesanti criticità, tali da impattare pesantemente sull’offerta turistica del nostro territorio. Alla luce di ciò, quanto è praticabile l’ipotesi di promozione turistica dell’area milanese? “In Lombardia, o quantomeno nell’area industrializzata della Lombardia, esiste di fatto una situazione ormai compromessa, a volte anche gravemente; credo però che se siamo in grado di valorizzare effettivamente le tante, tantissime testimonianze del passato presenti cercando di costruire sistemi, creare sinergie, elaborare progetti, è possibile trovare una dimensione turistica anche in questo territorio. L’economia turistico-culturale, risorsa del turismo mondiale, deve diventare anche per i lombardi tra le
protagoniste della gestione del territorio. Ogni dimora di delizia, perché di questo stiamo parlando, ma la cosa vale ovviamente anche per altri beni, e ancor più la residenza di villeggiatura per eccellenza, costituisce un patrimonio che ha insito in sé una potenza evocativa straordinaria, grandissima risorsa culturale ed economica, che, se unita alla tematizzazione del contesto su cui esercitava la sua influenza, può essere sicura garanzia di successo. Per ottenere validi risultati occorre, a mio parere, passare all’attivazione di questi pregevoli siti lavorando affinché diventino in prima istanza vettori di identità e di immagine, luoghi di conoscenza in grado di suscitare anche meraviglia e stupore; occorre trovare il “genius loci” di ogni sito o di un sistema di siti e lavorare su questo, costruendo un progetto culturale valido. I visitatori vanno a Schönbrunn non tanto o non solo per l’importanza del monumento, ma perché tra quelle mura è vivo il mito di Sissi. Anche per la Villa Reale di Monza noi dovremmo essere in grado di scoprire la Sissi della situazione, di far parlare il “genius loci” della villa, impegnandoci a studiare un progetto di comunicazione; soltanto in questo modo è anche possibile trovare operatori disposti ad investire. Una proposta molto interessante ed accattivante sarebbe quella del filone femminile; hanno vissuto la reggia estiva grandissime sovrane, da Maria Beatrice d’Este, alla stessa Margherita che ha influenzato un’epoca e dato vita ad un nuovo gusto. Puntando su loro, alla fine, potremo vantare ben quattro Sissi, magari non con lo stesso appeal perché non vi è a monte un’analoga saga cinematografica, ma occorre tener presente che si tratta comunque di grandi personaggi le cui personalità faciliterebbero sicuramente la valorizzazione. Con un lavoro di ricerca e con un progetto appropriato si potrebbe fornire ai visitatori un motivo in più per essere interessati alla villa. I visitatori sono molto sensibili a questi aspetti; quando infatti mi trovo ad accompagnare
dei gruppi a visitare la reggia, noto che tutti sono ovviamente tutti interessati a vedere, capire e apprezzare l’architettura del Piermarini, gli apparati decorativi dell’Albertolli, i pavimenti del Maggiolini, ad ammirare i Giardini e il Parco, capirne il disegno, comprendere il grande intervento del Canonica, ma non posso non cogliere il fatto che tutti ancor più cominciano ad illuminarsi quando mi soffermo su episodi di vita vissuta vuoi dai Sovrani, vuoi dagli inservienti. I visitatori hanno sete di questi aspetti che più li avvicinano a quel “mostro sacro” che è per loro la Villa Reale di Monza; vogliono soprattutto vedere e capire come si viveva un tempo, come funzionava una macchina grande e perfetta come quella di una reggia così imponente e maestosa. Nell’originario progetto del Museo della Villa avevo previsto infatti dei percorsi di visita tematici - della servitù, dei fuochisti, del sovrano, etc. – che il pubblico poteva scegliere
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in base ai propri interessi personali. Grazie a questo tipo di approccio sarebbe stato possibile valorizzare la villa facendola diventare anche un luogo organico, denso di memoria, espressione della cultura di un importante periodo storico, un luogo in grado di raccontare storie vicine alla gente, storie attraverso cui ognuno poteva ritrovare le proprie radici. Un luogo in grado di attirare un pubblico sempre più appassionato e curioso, e di creare così indotto e quindi economia; probabilmente più che attraverso un diverso, magari anche più prestigioso, utilizzo stesso del bene. E’ possibile quindi creare turismo anche qui in Lombardia, nonostante l’ambiente compromesso, la grande industrializzazione, la difficoltà dei collegamenti etc., se si è in grado di creare un valido sistema, supportato da un forte progetto di comunicazione, come accade ad esempio per i Castelli della Loira, replicabili in questo territorio solo come modello di progetto culturale, non certo come proposta turistica perché ci troviamo di fronte ad una situazione completamente diversa. Non dobbiamo pensare in questa fase ad un turismo internazionale, ma dobbiamo cominciare a lavorare per gli stessi lombardi, portandoli a muoversi da una villa all’altra, anche con iniziative semplici sull’esempio del Piemonte, dove, su iniziativa di Turismo Torino e Provincia, si sono inventati manifestazioni simpatiche come la “Merenda reale”: un circuito di merende nelle regge sabaude che prevede l’andarsi a gustare la cioccolata spostandosi da una residenza all’altra e che trasforma questa semplice offerta in un occasione per conoscere il territorio e la tradizione gastronomica piemontese”. nella pagina seguente, Villa Arconati, Castellazzo di Bollate, interni. (Foto: D. Fumagalli) nella pagina precedente, Ninfeo di Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate. (Foto: D. Fumagalli)
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SEZIONE MILANO
Via S. Pellico 1, 20121 Milano
referente: Vice presidente nazionale avv. Marco Parini Italia Nostra è una associazione nazionale onlus fondata nel 1955 con lo scopo di “concorrere alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione” (Statuto, art. 1). Fra le principali attività istituzionali, Italia Nostra si prefigge di stimolare l’attenzione in merito alla tutela, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti, dei centri storici e della qualità della vita, promuovendo azioni dirette utili alla salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici, sollecitando l’applicazione delle leggi di tutela e richiamando l’intervento dei poteri pubblici allo scopo di evitare le manomissioni del patrimonio storico, artistico ed ambientale del Paese e di assicurarne il corretto uso e l’adeguata fruizione. A tal fine l’Associazione promuove anche adeguamenti legislativi opportuni e promuove la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale mediante attività di formazione culturale e iniziative editoriali. LA BATTAGLIA CIVILE DI UNA ASSOCIAZIONE CHE
1959 (IV CONVEGNO NAZIONALE) SI È “TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLE VILLE E DEI GIARDINI ITALIANI” FIN DAL
IMPEGNATA PER LA
Come è organizzata Italia Nostra? Con quale approccio l’associazione imposta il tema della valorizzazione dei beni, in questo caso delle ville, e della necessità di individuare funzioni compatibili? “Italia Nostra è organizzata sul territorio con 200 sezioni: queste sezioni hanno ciascuna il proprio territorio di competenza, formulano idee, proposte, interloquiscono con soggetti sia pubblici che privati. Un principio che si persegue nell’azione dell’Associazione è la stretta rispondenza all’articolo 20 del Codice dei Beni Culturali, sostanzialmente l’ “utilizzo compatibile” degli immobili storici. Il princi-
pio ed i contenuti del concetto di compatibilità, al di là dell’ovvio assunto che la funzione non deve pregiudicare la conservazione e l’integrità, per anni è stato elaborato in via giurisprudenziale, in particolare dal Consiglio di Stato, ed è poi stato recepito anche nel dettato normativo della “dignità della funzione”, concetto quest’ultimo altrettanto importante ma che, tuttavia, rischia di sfociare nella soggettività interpretativa del termine “dignità”. Nel caso delle ville naturalmente si assume come funzione dignitosa e compatibile la residenza, dato che è ovvio che la prima funzione compatibile è quella originaria. Negli anni si sono sviluppate altre considerazioni tra le quali la necessità di doversi adattare a normative di natura imperativa cogente, ad esempio in materia di sicurezza, che non può essere disattesa e che spesso cozza contro i principi della più rigorosa tutela. In concreto: qualora si voglia adibire una villa all’ospitalità, occorrerà tener presente che alcune strutture andranno adattate alla normativa sulla sicurezza, all’abbattimento delle barriere architettoniche, alle norme legate all’igiene ed alla ristorazione, etc. Nell’opera di valorizzazione, la conservazione dovrà talvolta coniugarsi con la sicurezza etc. Nell’interlocuzione ideale (ma che raramente si attua in concreto) tra soprintendenza e ASL è facile constatare come tali soggetti spesso non parlino la stessa lingua. Italia Nostra si dichiara censore durissimo di usi impropri o snaturanti, ma certo il tema della sicurezza si propone con le istanze e le necessità dei portatori di handicap, dell’abbattimento delle barriere architettoniche, esigenze che coinvolgono aspetti che vanno al di là della semplice conservazione, investendo la sensibilità sociale di ciascheduno. Ciò detto, noi crediamo fermamente che la conservazione passi per l’utilizzo. La mera cristallizzazione di un edificio o di una serie di edifici chiusi porta inevitabilmente e in tempi rapidissimi alla distruzione per vandalismi, furti, occupazioni abusive. Il mancato uso di-
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strugge tutto, ad iniziare per esempio dall’impiantistica. Quindi se l’uso residenziale per le ville non può essere percorso, si tratterà d’individuare un’altra funzione compatibile. E’ difficile pensare che in un contesto territorialmente ristretto ma caratterizzato dalla presenza di numerose ville storiche non più adibite a residenza si possano creare in ciascheduna di esse funzioni culturali ripetitive, quali ad esempio spazi espositivi; ciò produrrebbe concorrenza tra loro, una moltiplicazione di centri di costo e poco ritorno. La vera scommessa è quella di creare una rete che sia funzionale e che risponda ad un disegno complessivo – traducendosi cioè in un disegno d’area – nella quale ad ogni villa possa corrispondere la tessera di un mosaico di funzioni compatibili ed integrate tra loro. Diversamente, nel caso di strutture private, sarà possibile creare sistemi di residenza, di ospitalità come accade ad esempio in Francia. Nella Loira vi sono tre tipi di ospitalità: gli alberghi, gli alberghi negli edifici storici, e poi il sistema delle ville storiche che offrono una ospitalità di pregio e charme, non sono alberghi ma residenze con il proprietario che, avvalendosi di una rafforzata servitù, destina, in una porzione della sua residenza, 7-10 camere agli ospiti, ai quali viene sempre garantita una prima colazione di qualità e, raramente, il pranzo. Questo sistema funziona perfettamente, le ville sono riunite in associazioni, molto ben organizzate ed adeguatamente pubblicizzate”. La prospettiva della funzione ricettiva nel milanese può trovare realizzazione forse in un ristretto numero di casi, dato il mercato turistico milanese ove i flussi sono ingenti ma legati soprattutto ad attività fieristiche e d’affari. Oltretutto la gestione di una tale attività sembra meglio adatta alla proprietà privata. Quali strategie sarebbero più indicate per la valorizzazione del patrimonio pubblico? “L’esempio francese che riferivo poc’anzi potrebbe essere preso in considerazione anche in
alcuni contesti italiani ma non certo in quello milanese. Sulla Loira esiste una valenza paesistica, determinata da una campagna significativamente conservata, da grandi parchi ben tenuti e popolati da una ricca fauna. Cose che nel milanese mancano, e dove, al contrario, abbiamo una storia di giardini che non ci sono più perché venduti un pezzo alla volta e lottizzati. Del resto la Loira è una campagna mentre il milanese è un’area metropolitana. La ricettività prima descritta presuppone la proprietà privata, mentre qui la prevalenza delle ville da rifunzionalizzare è di proprietà pubblica. Nella proprietà pubblica, quando si voglia affrontare un processo di valorizzazione, ritengo si debba inevitabilmente valutare il contesto e la dimensione dell’edificio. Un complesso come la Villa Reale di Monza è talmente grande ed articolato da risultare compatibile a molteplici funzioni. Ma è un unicum. Quando invece ci si occupa di un sistema di ville di minor dimensione e complessità penso che si debba formulare un progetto unitario, che suggerisca una rete, un sistema di funzioni culturali integrate tre loro, un modello di gestione anche giuridica unitario, un piano di servizi ed un progetto di comunicazione. Nel caso, per esempio, di cinque edifici storici diversi, in cinque comuni distinti che insistano su territori confinanti o prossimi, si potrà costituire un soggetto giuridico, ad esempio un consorzio od una fondazione che crei, gestisca e promuova un progetto culturale dislocato in più poli funzionali con spazio espositivo, museo, biblioteca, spazi per la didattica dell’infanzia, spazi per la produzione artistica quali sale pittura e scultura, sala per la riproduzione multimediale, teatro e sala concerti, auditorium, aree ricerca e progettazione per soggetti terzi oltre a servizi aggiuntivi quali book shop, caffetterie e ristoranti. Da questo mix di funzioni, contemporaneamente frequentate da un pubblico costante e diverso si determinerebbe un progetto economicamente sostenibile. Ri-
tengo che la valorizzazione attuata attraverso funzioni culturali rappresenti un fatto positivo, aggiungo, sulla base dell’esperienza acquisita viaggiando e lavorando anche all’estero, che la funzione culturale meramente contemplativa di mostre o di contenuti portati dall’esterno è insufficiente in quanto è nel contempo importante una rappresentazione efficace dell’edificio che le ospita. Risulterà quindi necessario facilitarne l’accessibilità, raccontarne la storia,
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inserirlo in un contesto stilistico e di gusto. Bisogna tener presente inoltre che un corretto approccio deve ricomprendere tutte le diverse classi di età. C’é un assoluto disinteresse per l’infanzia, considerata una presenza fastidiosa e molesta in ogni contesto culturale importante. Ritengo invece che se è importante investire per educare gli adulti lo è anche di più verso i bambini, perché loro devono crescere, ed acquisire fin da subito quei valori di cui saranno portatori come uomini di domani”. La costituzione di sistemi integrati, che associ più soggetti tra di loro, sembra essere una via vantaggiosa per alleviare l’onerosa gestione delle ville. Quale tipo di offerta culturale deve poter esprimere il sistema per risultare interessante per il pubblico? E come può essere concretamente organizzato un sistema? “Un percorso fruitivo deve prevedere certamente lo spazio espositivo ma anche momenti di comunicazione culturale diversificati: teatro, danza, musica (musica poi significa tante cose – dal quartetto d’archi al rock – e, ovviamente, occorre sempre applicare una logica compatibile). Nel momento in cui si predispone un percorso all’interno di un sistema che aggreghi più ville è necessario trovare altrettante funzioni diverse che vadano a sommarsi alla funzione principe che è la villa museo di se stessa. Occorre in sintesi far apprezzare la villa in sé, quindi realizzare una funzione aggiuntiva, e in ogni caso ciascuna villa deve offrire una decorosa assistenza e ospitalità (ad iniziare ad esempio dalla caffetteria), utile per gli utenti e utile anche dal punto di vista del ritorno economico. L’offerta del sistema deve poter offrire una sufficiente varietà, ricchezza e capacità di rinnovarsi, tali da giustificare più visite o visite ripetute nel tempo, nella certezza di trovare ogni volta qualche contenuto nuovo, ponendo così le basi per realizzare un processo di fidelizzazione dell’utenza. Per creare questo meccanismo di servizi e di funzioni diversificate
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è evidentemente necessario rispondere ad una strategia complessiva, applicando il pensiero di una “regia” unificata. La regia deve prevedere un percorso, e deve prevedere altre due cose fondamentali: un sistema di sinergie concepito in modo tale che non ci sia dispersione di funzione e concorrenza interna, salvo quella implicita nel fatto che ogni villa è museo di se stessa, componendo un palinsesto che eviti le sovrapposizioni (non farò teatro in una e nell’altra lo stesso giorno, e così via). L’altra cosa molto importante è ragionare sull’economia di scala per quanto riguarda i servizi, come avviene nelle reti museali e nei consorzi, perché ciò incide sulla possibilità di abbattere i costi e sulla possibilità di esprimere una capacità contrattuale più efficace nei confronti dei fornitori. Una volta impostato il livello standard delle attività di mantenimento (es. impresa di pulizia, guardiania, giardinaggio, etc.) diventerà conveniente applicare questa impostazione anche a livelli operativi più elevati, ad esempio al servizio delle visite guidate, al sistema della didattica e della formazione e all’attività del ticketing - a cui in genere si dà poca importanza e che invece è importantissima perché rischia se è mal gestita di crearti problemi, ad iniziare dalla Siae. Per il buon funzionamento in concreto del sistema occorre anche spingersi a definire in dettaglio il livello dei servizi, entrando nel merito in sede di redazione dei bandi, che devono essere costruiti in modo molto mirato, per selezionare a priori il tipo di partecipanti che risponda esattamente al servizio atteso. Queste, e con queste avvertenze, rappresentano tutta una serie di funzioni che possono essere convenientemente esternalizzate ma pensate e programmate in un disegno generale”. Come è possibile creare la regia di questo sistema? “Qui le possibilità sono molteplici. In linea di principio, se stiamo parlando di ville di proprietà pubblica, un testo di riferimento, oltre al Codice dei Beni Culturali, sarà il Testo unico
degli Enti Locali, ove si prevede la tipologia di funzioni e la possibilità di trasferimento delle stesse alla società di capitali, al consorzio o alla fondazione costituita per gestirle. Questo non significa trasferimento della proprietà dei beni, ma semplicemente conferirne, ad un soggetto magari costituito da cinque, sei, sette comuni, l’uso: in questo modo si riuscirà a creare un segno di progettazione comune, evitando l’insorgere di antagonismi e forze centrifughe. Nel corso dell’iter realizzativo di un sistema siffatto due possono essere gli ostacoli che si frappongono: il primo è rappresentato dal particolarismo campanilistico delle diverse municipalità, ma potrà essere superato dai grossi vantaggi economici che tale processo comporta. Il vero ostacolo è talvolta rappresentato dall’alta burocrazia degli enti, dai dirigenti dei comuni che in operazioni di questo tipo potrebbero intravedere cause di perdita di potere e limitazioni di budget e funzioni. Una volta creato un soggetto di questo tipo, ad esso sarà opportuno conferire un significativo fondo di gestione, che risulti adeguato all’azione di valorizzazione; sarà a questo soggetto che farà capo la promozione, con tutta l’attività di branding che ne consegue, il “marchio” sarà un elemento di riconoscibilità. Applicato al sistema permetterà di estendere una tale identità ad un’area e ad un percorso, rendendo più efficace anche l’investimento in comunicazione, poiché ogni singolo elemento pubblicizzato giocherà a favore del sistema. Su questa base è anche possibile aggregare al sistema “risorse” del territorio diverse tre loro: parlando del nord Milano potrei non limitarmi necessariamente solo a ville, ma potrei coinvolgere realtà come il Parco delle Groane, il Parco Nord, o anche la Villa Torretta, non tanto come elemento aggiuntivo al sistema ma come servizio strumentale ad esso. Non dovremo inventare necessariamente nuovi servizi quando possiamo avvalerci di realtà già presenti sul territorio disposte a “fare sistema ”con il progetto”.
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FAI - FONDO AMBIENTE ITALIANO Corso Venezia, 20 - 20121 Milano
referente: Dott.ssa Lucia Borromeo – responsabile scientifico Il FAI - Fondo Ambiente Italiano - è una fondazione nazionale senza scopo di lucro, nata nel 1975, che “ha come scopo esclusivo l’educazione e l’istruzione della collettività alla difesa dell’ambiente e del patrimonio artistico e monumentale”. La fondazione promuove in concreto una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia, contribuisce alla tutela, alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio artistico e ambientale italiano, promuove attività di studio, di ricerca scientifica e di documentazione sia organizzando o favorendo riunioni, convegni, seminari, sia concedendo sovvenzioni, premi e borse di studio. Al fine di preservare i beni culturali e paesaggistici per le generazioni future il FAI si occupa in prima persona di acquisire, restaurare, gestire e aprire al pubblico beni di interesse artistico, storico, paesaggistico ed ambientale. Grazie al sostegno degli aderenti, di aziende e a donazioni di privati, il FAI ha acquisito castelli, ville, parchi storici e aree naturali, sottraendoli dal progressivo degrado come il Castello di Avio, il Monastero di Torba, l’Abbazia di San Fruttuoso, il Castello della Manta, la Villa del Balbianello a Lenno, etc. Per quanto riguarda le dimore storiche i donatori e i loro eredi godono del diritto di continuare ad abitare parte dell’antica dimora senza più essere gravati da oneri fiscali e da spese di restauro, manutenzione e custodia, oneri che si prende in carico il FAI, gestendo direttamente il monumento e rendendolo visitabile. Il FAI si occupa anche di beni di proprietà pubblica: nel 2002, ad esempio, ha ottenuto da parte dello Stato la concessione del Parco Villa Gregoriana a Tivoli (Roma), abbandonato da anni, impegnandosi ad intraprendere gli onerosi interventi di restauro necessari per la riapertura al pubblico. Tra le altre attività svolte dalla fondazione vi è l’organizzazione di manifestazioni come la “Giornata di Primavera” durante la quale vengono aperte al pubblico centinaia di monumenti in tutta Italia grazie all’impegno dei volontari, corsi d’arte (“I Lunedì dell’arte”, etc.), cicli di conferenze, visite guidate ai beni gestiti dal FAI, visite guidate specifiche per scolaresche, importanti mostre, grandi eventi musicali, viaggi organizzati, partecipazioni a eventi come le “Giornate europee del patrimonio”, la manifestazione “Dietro le quinte della tua città”, la giornata nazionale di raccolta fondi promossa dal FAI, pubblicazioni di studi e monografie dedicati ai beni culturali. FAI promuove inoltre ogni anno un censimento nazionale “I luoghi del cuore”, attraverso il quale i cittadini possono segnalare luoghi meritevoli di attenzione da salvaguardare. I finanziamenti del FAI provengono per il 35% da aziende, per il 22% da privati, per il 28% da enti pubblici e donazioni, per il 15% dalla gestione delle proprietà. La ripartizione delle risorse prevede la destinazione di una piccola percentuale per il coordinamento dei volontari, la raccolta fondi e i servizi generali, mentre il restante 78% interessa le attività istituzionali, vale a dire: conservazione e restauri (56%), educazione e cultura (17%), gestione delle proprietà 27 % (fonte: Bilancio 2008). QUANDO IL PRIVATO SUPPLISCE AL PUBBLICO: L’ACQUISIZIONE DEI BENI COME STRATEGIA RADICALE DI TUTELA
La specificità della vostra associazione risiede nell’approccio completo alle problematiche relative al patrimonio: attenzione all’aspetto ambientale, che va al di là delle cure al singolo bene; l’aspetto di
conoscenza e promozione del patrimonio; l’aspetto del restauro e della conservazione; e, infine, gli aspetti della valorizzazione e gestione in riferimento a beni di proprietà o anche a voi affidati da Enti pubblici. Il complesso di tutte queste attività dipende evidentemente dall’assunto fondamentale che il primo dovere nei confronti dei beni storicomonumentali è quello di provvedere alla loro per-
petuazione e trasmissione alle generazioni future. Si ha al contrario la sensazione che nella condotta di molti proprietari pubblici pesi la considerazione di contingenze legate al consenso e la preoccupazione di un immediato “sfruttamento”. Ciò nuoce alla consapevolezza che la salvaguardia è in ogni caso la priorità. Cosa si può fare per contrastare questo atteggiamento? “Il nostro approccio, ribadito spesse volte dal nostro Presidente, consiste nel cercare sempre di indicare linee di condotta pratiche e alternative alla speculazione ai danni del paesaggio. Questo perché non è giusto limitarsi a bloccare le iniziative ed esigere sacrifici, ma è necessario individuare delle soluzioni compatibili. Per quanto riguarda l’importante opera di preservazione del paesaggio, è essenziale far capire che tale pratica rappresenta un investimento per i Comuni, poiché se il territorio mantiene un valore paesaggistico di pregio sarà più facilmente meta anche di turismo, attività che, com’ è noto, comporta in generale un indotto economico significativo. Il territorio intorno al bene monumentale, il verde in particolare, diviene a suo modo anche un motore economico. Oltre alla villa, anche i campi intorno, capaci di restituire un paesaggio coerente, possono attirare famiglie di visitatori. Il pubblico appare attualmente molto interessato a queste tematiche: la gastronomia, l’agricoltura, l’offerta di prodotti biologici, la vendita dei vini e dei prodotti locali. Dar vita ad una serie di manifestazioni a carattere locale, incentrate su queste tematiche e sponsorizzate può determinare un apprezzabile indotto”. Si può affermare che in Italia la sensibilità diffusa relativamente al patrimonio artistico e ambientale in questi anni sia cresciuta? Quale è la strada da compiere perché possa ulteriormente progredire? Quali sono le esperienze che secondo voi si prestano ad illustrare l’evoluzione di questo atteggiamento? In riferimento a ciò, quali sembrano in generale essere le iniziative più efficaci?
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
“La sensibilità è aumentata e questo gioca a nostro favore. Per quanto ci riguarda, le manifestazioni che hanno avuto un ruolo importante in questa funzione educativa sono: la “Giornata FAI di Primavera”, che è nota in tutta Italia, forse più nota del FAI stesso, e i “Luoghi del cuore”. La “Giornata FAI di Primavera” muove migliaia di persone (nel 2008 vi hanno partecipato 100 delegazioni con 7.000 volontari, i quali consentono l’apertura di 550 beni a ben 450.000 visitatori) e serve proprio ad avvicinare i cittadini ai monumenti anche a loro molto vicini ma in cui facilmente non sono mai nemmeno entrati. E’ paradossale, tra l’altro, che a volte essi facciano la coda durante la nostra manifestazione per visitare dei beni che sono normalmente aperti al pubblico. Altra iniziativa che ha avuto successo enorme è quella dei “Luoghi del cuore”, nel corso della quale le persone segnalano beni ai quali si sentono particolarmente legate e che sono minacciati o in grave stato di degrado (nel 2008 l’iniziativa ha raccolto 115.000 segnalazioni relative a scempi o ferite del territorio italiano). Un esempio positivo dell’attività conseguente a questa manifestazione è il caso del seicentesco Mulino di Baresi in Val Brembana il quale, grazie alla sensibilità di molte persone che si sono mobilitate e che lo hanno segnalato, è stato acquisito dal FAI, mantenuto in vita e reso visitabile. Queste campagne possono servire a risvegliare sia l’interesse dell’ente patrocinatore, sia ad avvicinare il pubblico. Tali iniziative, onerose dal punto di vista organizzativo, sono per il FAI l’occasione anche per aumentare gli aderenti e raccogliere offerte per i restauri. La risposta in termini di presenze da parte del pubblico è ottima, la sensibilizzazione è buona, positivo l’aumento
nella pagina accanto, Camillo e Carlo Antonio Procaccini e aiuti, Allegoria della Fortezza, affreschi. Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate, Sala del Camino. (Fonte: Morandotti, 2005)
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di adesioni al FAI, tuttavia ben poche persone si spingono a lasciare un’offerta per i restauri.” Se una maggiore consapevolezza del valore del nostro patrimonio si è in questi anni affermata, restano rilevanti le difficoltà sul piano del recupero e della gestione dei beni. Per affrontare tali problematiche quali proposte avanzereste? Quali le criticità maggiori e quali i possibili correttivi (incentivi, defiscalizzazione, altro) ? “La defiscalizzazione è una lotta che noi abbiamo fatto per anni e alla quale, vista l’indisponibilità riscontrata, abbiamo dovuto, realisticamente, rinunciare. Come suggerimenti per avvicinare gli sponsor, va detto che è recentemente mutato l’atteggiamento dei mecenati (questa è infatti la definizione che oggi si ritiene più appropriata per le società che si affiancano alle nostre iniziative). Dopo anni durante i quali le Fondazioni in particolare, ma anche Società e Imprese, hanno finanziato i restauri permettendo al FAI di raccogliere, anche se con grande fatica, diversi milioni di euro, attualmente per la richiesta di fondi non basta più prospettare un ventaglio di restauri e concordare quale possa essere quello più in sintonia con la politica della Fondazione o della Società. Occorre invece sempre più spesso sviluppare una proposta in termini di servizi offerti: nel nostro caso il contributo che il mecenate-sponsor dona e che servirà per restaurare, ad esempio, gli affreschi di una sala è corrisposto a fronte di un servizio culturale che il FAI offre, mettendo a disposizione la propria esperienza. Ormai nel momento in cui FAI prende in mano il restauro di un bene si sono già definiti tutti i possibili servizi che possono poi essere messi a disposizione anche dell’eventuale mecenate-sponsor, strategie che un tempo venivano studiate dopo aver ultimato i restauri, ma che ora vengono messe in preventivo subito. Vengono previste aree da affittare per meeting, la realizzazione di sale convegno, sale in cui poter allestire pranzi privati (abitu-
dine, quella di mangiare in un museo, che ultimamente pare il grande desiderio di tutti), vengono tenuti corsi di storia dell’arte presso le società-sponsor, oppure vengono organizzati viaggi speciali ad hoc. Ciò rappresenta un’evoluzione nell’approccio dello sponsor che non si accontenta più di essere citato ma preferisce “qualcosa in cambio” e, d’altra parte, una tale richiesta non imbarazza il FAI che è una realtà strutturata in grado di offrire servizi apprezzati quali contropartita. In ogni caso, l’attuale crisi ha comportato una contrazione gravissima dei contributi per il finanziamento dei restauri. Abbiamo avuto alcune difficoltà enormi, molte promesse non poi mantenute per le difficoltà economiche sopraggiunte (nel 2007 i finanziamenti provenienti dalle aziende rappresentavano il 41% del totale, mentre nel 2008 il 35%)”. I beni del FAI sono in gran parte aperti al pubblico. Relativamente alle dimore storiche (Villa del Balbianello a Lenno; Villa della Porta Bozzolo a Casalzuigno, Varese; Villa Panza a Varese), vi sono dati disponibili circa l’affluenza dei visitatori? In quali periodi dell’anno vi è una maggiore affluenza, quale è la tipologia di utenti? Sembra necessario integrare l’offerta turistica? Quali potrebbero essere le più utili iniziative di promozione da intraprendere eventualmente di concerto con le Amministrazioni Locali? “Il FAI gestisce 42 beni dei quali 21 aperti al pubblico, con una affluenza complessiva di 380.000 visitatori annui. Abbiamo una media di visitatori che oscilla tra le 20-25-30.000 presenze l’anno, con una enorme differenza a seconda della collocazione geografica. Ad esempio Villa Necchi, a parte la bellezza del monumento, essendo localizzata nel centro di Milano ha totalizzato nei primi 6/7 mesi 25.000 visitatori. Tale dato è naturalmente anche conseguenza dell’inaugurazione, ma rappresenta in ogni caso una piacevole novità e ciò che rende tale performance ancor più confortante è che anche nei periodi successivi l’af-
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fluenza si è mantenuta consistente. Villa Panza di Varese, al contrario, che pure ha suscitato un grande interesse al momento dell’inaugurazione e per il primo anno di apertura, una volta esaurito l’effetto di novità è diventata per noi una grossa preoccupazione perché necessita di una manutenzione estremamente costosa ma gode attualmente di un afflusso molto scarso, decisamente sotto le nostre medie. Ciò, evidentemente, per via della collocazione geografica; molto probabilmente se un bene simile fosse in centro a Milano godrebbe di un notevole successo di pubblico, ma l’hinterland di Varese, che pure è molto ricco, non pare altrettanto sensibile ai temi proposti dalla Villa, vale a dire l’arte contemporanea, soprattutto americana. Anche villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno, sempre in provincia di Varese, risente di una collocazione geografica poco favorevole. Inoltre va detto che essendo la Collezione Panza (ospitata all’interno della Villa) una collezione di sola arte contemporanea questo limita il numero dei visitatori. È ben vero che è in forte aumento l’interesse verso l’arte contemporanea, ma tale tendenza riguarda più da vicino settori particolari di pubblico, per esempio quelli che ruotano per professione o per interesse intorno alla Triennale. In generale, nelle nostre proprietà, per quanto riguarda i periodi di maggiore affluenza, i picchi sono da registrare tra aprile-maggio-giugno, cioè in primavera, quando la gente è più propensa a spostarsi dalle città; in agosto, verifichiamo un’ovvia battuta di arresto, mentre sono ottimi i mesi di settembre e ottobre. Diverso è il caso invece di Villa Balbianello, perché il Lago di Como segue una stagione del tutto a sé, che ha visto un forte incremento del turismo e un allungamento dei mesi di alta stagione. Va anche detto che abbiamo risentito molto di un “effetto Clooney”, con un aumento significativo di visitatori. Villa Balbianello è uno dei rari casi – tra le proprietà del FAI - di bene che riesce ad autofinanziarsi attraverso gli
affitti per matrimoni, ricevimenti etc., oltre alle visite naturalmente. Certo il pubblico è molto cambiato: le tradizionali coppie di inglesi di mezza età vengono via via sostituite da ben più informali americani, anche giovanissimi, differenti per età e ceto sociale. Va sottolineato anche il relativamente buon funzionamento dei nostri book shop, fatto questo sicuramente incoraggiante. Anche in questo caso però bisogna fare delle differenze in base alla localizzazione: si vende bene l’oggetto di design in cen-
tro a Milano, vanno molto i libri a Villa Panza, piace invece a Casalzuigno l’oggettino ricordo, specialmente se indirizzato ai bambini. In generale, per rafforzare l’offerta turistica l’Ufficio Gestione del FAI ha ampliato i servizi, inserendo la visita al bene specifico entro un programma personalizzato ed offrendo percorsi organizzati per visitare anche i dintorni del bene prescelto. L’organizzazione dei nostri viaggi ed escursioni si appoggia ad agenzie e prevede suggerimenti per gli alberghi, i ristoranti etc. Questo offerta strutturata funziona benissimo;
il Castello di Masino, per esempio, ha registrato un incremento del 30% di visitatori soltanto nei primi mesi nei quali questo tipo di servizio è stato proposto per il Piemonte. Funziona molto bene anche in Liguria, con San Fruttuoso, un altro bene che si mantiene da solo. I beni monumentali situati in luoghi turistici godono, ovviamente, di un miglior afflusso. A Milano, che non è una città propriamente turistica, il turismo è comunque molto aumentato, soprattutto in funzione dell’offerta di un calendario culturale. Nel delicato campo dei musei, mi risulta per esempio che in questo periodo goda di un buon afflusso il Museo Bagatti Valsecchi. Per quanto riguarda le iniziative di promozione da intraprendere di concerto con le Amministrazioni Locali possiamo dire che il FAI ha da tempo intrapreso con alcuni comuni un’azione condivisa per la promozione turistica, in perfetta sinergia. Dove ciò avviene la collaborazione dà buoni risultati perché il ritorno è reciproco, considerando che la nostra associazione mette in campo 80.000 aderenti. La nostra comunicazione colpisce un target consistente e selezionato, tale da rappresentare per i Comuni un pubblico potenziale interessante cui rivolgersi”. Vi sono programmi o iniziative specifiche da parte vostra mirate alla valorizzazione delle dimore storiche milanesi? “Abbiamo costituito la rete delle Case Museo di Milano (www.casemuseomilano.it), che mette a sistema quattro importanti dimore storiche (Villa Necchi Campiglio, Museo Bagatti Valsecchi, Casa Museo Boschi di Stefano, Museo Poldi Pezzoli). Ciò ha rappresentato un’esperienza nuova, totalmente inedita in città e che ha dato ottimi risultati, con ricadute positive anche sui musei tradizionalmente in difficoltà. Villa Necchi Campiglio per esempio, con la sua forte ondata di entusiasmo iniziale, è riuscita a portare molti visitatori anche nelle altre dimore, anche grazie al semplice uso
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della card per visitare le altre case museo con sconto. A seguito di questo successo e in veste di proprietario di numerose case-museo lombarde, il FAI ha avuto l’incarico da Regione Lombardia di studiare la possibilità di una rete delle case museo regionali della Lombardia.” Il FAI gestisce alcuni beni di proprietà pubblica come la Chiesa della Manta (in concessione dal Comune di Manta, Cuneo), il Giardino della Kolymbetra nella Valle dei Templi di Agrigento (in concessione dalla Regione Siciliana), il Parco Villa Gregoriana a Tivoli, Roma (in concessione dall’Agenzia del Demanio) e le Batterie Talmone a Palau, Sassari (in concessione dalla Regione Autonoma della Sardegna). Come giudicate la collaborazione pubblico/privato? “Totalmente in perdita, non c’é nessun vantaggio per noi, ed è proprio per spirito di servizio che perseveriamo. Il rapporto nasce sempre con lo Stato che propone, non è mai stato il contrario. Il paradosso è che lo Stato non può donare e quindi deve dare il bene in affitto, facendo pagare al FAI un costo per gestire dei beni che comunque non permettono di rientrare delle spese. Sarebbe utile, per migliorare questo rapporto di collaborazione almeno ridurre al minimo questo affitto. Il FAI, che ha tradizionalmente un forte radicamento al Nord, ne ha comunque un ritorno, dato che è interesse della Fondazione intraprendere nuove iniziative al centro e al sud d’Italia e, grazie a questi beni in gestione dallo Stato, siamo arrivati anche a Roma e in Sicilia. Ciò ha per noi il valore di attivare contatti e donazioni anche in quelle parti del Paese. Ciò detto, ci è anche successo di aver rifiutato alcuni beni, perchè il bilancio preventivo dei beni non garantiva il minimo di copertura economica richiesto, che valutiamo intorno al 30% delle spese. Nel caso del parco di Villa Gregoriana (Tivoli, Roma) e del Giardino della Kolymbetra (Valle dei Templi, Agrigento) le cose funzionano molto bene e siamo lieti di
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queste collaborazioni, che si svolgono, oltre tutto in un quadro di rapporti ottimo”. Se un gruppo di Comuni reputasse che è una strategia vincente mettersi in rete, ed un ipotetico sistema delle ville mettesse a bando il pacchetto per la fornitura di servizi cultural nonché la definizione dei contenuti divulgativi (diversificando magari un percorso per gli adulti, una per le scuole, uno per i più piccoli), ciò potrebbe costituire una proposta interessante per il Fai? “In questi casi c’è tutto un esame preliminare da fare, e astrattamente non mi sento in grado di esprimere dei giudizi. Va pur riconosciuto che nel milanese noi siamo già molto presenti, per cui non è un territorio, nella nostra prospettiva, su cui si può insistere. Pensando al tipo di beni è probabile che questo sia il genere di incarico nel quale potrebbe impegnarsi una società particolarmente agguerrita, anche più del FAI, spinta dalla necessità di portare in pareggio in qualche modo il bilancio e quindi disposta a mettere a frutto questi beni anche attraverso una gestione “intensa”, cosa che noi forse non faremmo, ma che però è attuabile in beni di questo tipo, che necessitano cautela ma che non sono delicatissimi”. Sempre in tema di contenuti culturali da rivolgere al pubblico e nell’ottica di programmi di iniziative da decentrare, che prospettiva offre il calendario di appuntamenti ospitati in villa? “Posso assicurare che già portare il pubblico in centro a Milano è una gran fatica, portarla fuori, magari per un ciclo di appuntamenti regolari, è difficilissimo. Per il verde sì, si è disposti a muoversi, ma per altre attività è veramente difficile”. Sulla base della vostra esperienza, quali suggerimenti potreste dare ad un amministratore pubblico proprietario di una dimora gentilizia circa il reperimento di finanziamenti per i restauri, la valorizzazione e la gestione? Quali sono le azio-
PARTE II - 4. Conoscere e conservare
ni più importanti per salvaguardare un bene di questo tipo? “Oltre alle mostre e agli eventi culturali “alti”, un aspetto su cui puntare e che offre anche buone prospettive di rientro economico è rappresentato dalle manifestazioni popolari e da tutte quelle esperienze che favoriscono il coinvolgimento con il bene. Il FAI si distingue rispetto alle altre associazioni culturali perchè noi prevediamo in calendario anche una serie di attività come la “domenica della castagna”, la “corsa con i sacchi” e simili. Tali attività sono importantissime perché svolgendosi presso i beni di nostra proprietà offrono al pubblico l’opportunità di sentire il bene come proprio, ritrovando una familiarità con il monumento e fidelizzandosi. Proporre giochi e intrattenimenti per i soci e per i loro bambini, anche solo lasciare la libertà di correre nei prati, nonostante la manutenzione poi un poco ne risenta, è comunque un’iniziativa che consente un buon ritorno. Il socio ha la sensazione di andare nel “suo” giardino ed è poi indotto da lì a visitare la villa. L’escalation cui miriamo è di accompagnarlo dal giardino alla mostra per poi “catturarlo” come aderente FAI. L’aderente FAI, in effetti, entrando gratuitamente nelle proprietà della fondazione, sviluppa una sensazione gratificante, quasi fosse proprietario, percepisce una sensazione di possesso che noi incoraggiamo. Un secondo suggerimento è relativo al rapporto tra conservazione e gestione. La realtà del FAI, per dimensione e articolazione dell’offerta, è paragonabile a quella di 20 musei messi assieme; ora, sulla base di un’esperienza maturata a questo livello, abbiamo potuto constatare l’importanza del fatto che l’Ufficio Gestione e l’Ufficio Conservazione lavorino regolarmente fianco a fianco. Normalmente nella conduzione di un bene monumentale tali attività sono in contrapposizione, perché dove la gestione mira allo sfruttamento commerciale del monumento la conservazione viene spesso esposta
ad un rischio. Quando si innesca questo meccanismo succede che l’ufficio conservazione tenda a frenare le iniziative di gestione, innescando un braccio di ferro che finisce per paralizzare l’attività o inibire la progettualità. Lavorando invece fianco a fianco il conservatore parte già sapendo che dovrà programmare la conservazione in funzione di un apertura al pubblico. Lavorare assieme è possibile ed è fonte di accrescimento per entrambi gli uffici. Un altro suggerimento è relativo alla conservazione programmata. E’ assolutamente fondamentale partire con una pianificazione attentamente programmata, pur se ridotta, degli interventi di conservazione ed effettuare un monitoraggio costante del bene, perché ogni più piccolo intervento programmato nel tempo diviene un rilevante risparmio rispetto ad un ipotetico restauro a posteriori; oltre al fatto che, normalmente, da quando si ravvisa un danno a quando si interviene, passa del tempo e nel frattempo possono essersi già determinati danni anche irreparabili. Si tende ad aspettare di poter fare il grande restauro, evento che gratifica per l’alta visibilità che porta con sé, ma che è spesso molto costoso, e che, tra l’altro, in mancanza della necessaria manutenzione si rivela presto effimero. Il monitoraggio costante è un risparmio, il migliore investimento che un gestore possa fare. Il nostro Direttore Generale Culturale – Marco Magnifico – raccomanda di fare attenzione ai progetti faraonici: dopo che un bene è stato dimenticato per secoli, la tentazione è che, nel momento in cui finalmente arrivano i finanziamenti per i restauri, esso diventi l’oggetto principale di tutte le forze congiunte e nasce spontanea la volontà di lasciare un “segno” del proprio passaggio in qualità di amministratore o restauratore. In alcuni casi viene addirittura snaturato il luogo, con sprechi finanziari enormi ed investimenti in opere monumentali a livello di strutture e infrastrutture non strettamente necessarie. Il nostro suggerimento allora è quello
di limitare le spese e rinunciare a volte all’effetto spettacolare a favore di una buona manutenzione e di una corretta opera di conservazione. Qualche parola infine sull’onere della gestione. E’ difficile riuscire a sopravvivere. Sono noti molti casi di ville venete la cui proprietà è rimasta per 500 anni della stessa famiglia, e che da diversi anni avevano avviato le più diverse iniziative di valorizzazione, tentando ogni strada possibile per far sì che il bene potesse ripagarsi dei costi di manutenzione. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, una percentuale altissima ha rinunciato a causa della costante carenza di fondi. Fare rete dunque è sempre più essenziale per suddividere i costi. Il FAI ha ottimizzato le risorse gestendo il personale in modo da utilizzarlo a rotazione sulle diverse proprietà, pratica che permette il contenimento delle spese. Le opere di manutenzione inoltre vengono pianificate su vasta scala, mirando ai massimi benefici dell’economia di scala. Con tutto ciò, con buona pace di coloro che credono nel “business” dei beni culturali, va detto che in media una buona gestione può vantare intorno al 20-30% la percentuale di ritorno economico di un’impresa culturale di successo. In alcuni casi il Fai arriva anche al 70% di recupero sulle spese, ma sono singole situazioni”.
nella pagina accanto, Villa Castelbarco, Albani, a Vaprio d’Adda, Monasterolo. Gallerie sotteranee. (Foto: M. de Biasi) in alto, Particolare in cotto della facciata verso il parco di Villa Ghirlanda, Silva a Cinisello Balsamo. (Fonte: ISAL)
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ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE ADSI SEZIONE LOMBARDIA
Via San Paolo 10 20121 MILANO
referente: Presidente ing. Camillo Paveri Fontana “Associazione Dimore Storiche Italiane” è una associazione nazionale senza scopi di lucro fondata nel 1977 che si propone di agevolare la conservazione, la valorizzazione e la gestione delle dimore storiche. ADSI si occupa di consulenza e assistenza giuridica, amministrativa, tributaria e tecnica a favore dei propri soci ai fini della salvaguardia, della conservazione, della valorizzazione e della gestione delle dimore storiche; cura i rapporti con i competenti organi pubblici; collabora con analoghe associazioni nazionali, estere, internazionali (l’ADSI è membro della UEHHA, Union of European Historic Houses Associations); promuove studi, ricerche ed iniziative inerenti la conoscenza e la tutela delle dimore storiche; fornisce proposte per eventuali miglioramenti dell’ordinamento legislativo nazionale ed europeo. Organizza inoltre manifestazioni come “Cortili aperti” per promuovere la conoscenza del valore storico e culturale di dimore storiche usualmente non accessibili al pubblicoculturale e iniziative editoriali.
L’IMPEGNO DEI PRIVATI PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO DELLE VILLE
In generale qual è la condizione delle ville private nel milanese? Qual è il ruolo di ADSI? “Le ville dei nostri soci sono in realtà in gran parte abitazioni private e sono utilizzate dai proprietari e dalle loro famiglie. La situazione è diversa a Milano: i palazzi milanesi, sono ormai quasi tutti dei condomini o perlomeno se hanno mantenuto la proprietà storica sono divisi in appartamenti, uffici, negozi, ed hanno
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quindi perso in parte le caratteristiche di dimora. Le ville in provincia, invece, hanno talvolta mantenuto addirittura la valenza originaria che ne faceva insieme luoghi di residenza e di produzione agricola. In altri casi, seppure ospitano anche attività commerciali, negozi, uffici, le condizioni sono più vicine ai caratteri originari. Per quel che concerne l’attività svolta dall’ADSI ci proponiamo soprattutto in veste di consulenti che offrono supporto alle necessità dei soci, per esempio nel campo legale-fiscale, dei restauri e così via”. Quali sono le problematiche maggiormente riscontrate dai proprietari di dimore storiche e le richieste di consulenza e assistenza rivolte alla vostra associazione più frequentemente? “Prima di tutto, i soci richiedono consulenze di tipo legale, perché le leggi dal punto di vista tributario e di disciplina dei beni culturali continuano a cambiare e richiedono un costante aggiornamento. Bisogna considerare che molti proprietari non hanno una competenza specifica, e anche i professionisti del settore tributario, vedi commercialisti etc., spesso sull’argomento non si dimostrano sufficientemente aggiornati. Far circolare l’informazione al riguardo è quindi una delle nostre preoccupazioni prioritarie. Un altro grave problema lamentato dai nostri soci, e che vorrei mettere in rilievo, è quello dei furti: è veramente, ormai da anni, una piaga per le nostre case. L’attività dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio è encomiabile, ma nonostante questi sforzi di contrasto noi subiamo una situazione in cui il problema furti continua ed appare molto difficile da risolvere. Questo è uno anche dei motivi per cui moltissimi sono restii ad aprire le proprie dimore al pubblico: le visite inevitabilmente comportano una conoscenza diretta dei luoghi di cui anche i malintenzionati possono approfittare a danno delle proprietà. È difficile intravedere soluzioni radicali al riguardo. Come detto, i carabinieri svolgono un’attività preziosa, ma dal punto di
vista pratico questa situazione permane: è del resto purtroppo notorio che nel mercato antiquario circoli molta refurtiva”. In linea generale la possibilità di ottenere contributi pubblici o agevolazioni di vario tipo dipende anche dal grado di sensibilità e di consapevolezza circa l’importanza di tutelare il patrimonio, indipendentemente dal titolo di proprietà. In riferimento a ciò quali sono le iniziative di sensibilizzazione più efficaci intraprese dalla vostra associazione per favorire la diffusione della conoscenza di questi beni monumentali (“Giornata delle dimore storiche”, “Cortili aperti”, aperture straordinarie di dimore storiche per mostre, visite)? Quale è il riscontro da parte pubblico? “Fra le attività svolte dalla nostra Associazione figurano iniziative di carattere culturale, ad esempio i “Cortili aperti” che non si svolge solo a Milano ma in molte altre città. Nell’ultimo week-end di settembre (25-26-27 del mese) si é tenuta una mostra “Arte moderna e contemporanea nelle dimore storiche” che ha coinvolto circa una quarantina tra ville e dimore storiche dislocate in tutta Italia. Altra manifestazione cui aderiamo è “Ville aperte in Brianza”. A Bergamo, infine, si è svolta un’iniziativa estiva di apertura di dimore storiche nel centro della città, organizzata insieme al Comune. In tutte le regioni poi esistono iniziative specifiche soprattutto di carattere storico, di presentazione di documentazione o dedicate a studi particolari su vari argomenti. Rispetto a tali iniziative registriamo un buon riscontro, anche se il numero dei partecipanti in questi anni è sostanzialmente costante. Va considerata la peculiarità della condizione italiana, che vanta un patrimonio ricchissimo rispetto al quale si indirizza e si distribuisce l’interesse dei visitatori. Una nostra singola villa, posta in un contesto meno ricco del nostro, figurerebbe come cosa importantissima, da noi è una delle tante. Come associazione cerchiamo di supportare i soci in quelle iniziative che si pre-
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figgono di contribuire alla conoscenza e alla sensibilità diffuse in favore del patrimonio. Per quanto riguarda i finanziamenti, oggi noi abbiamo la possibilità di avere contributi dallo Stato a fronte delle spese di restauro, contributi anche a fondo perduto. Tuttavia ciò è possibile a condizione che il proprietario si impegni ad aprire la dimora alle visite (non a renderla aperta al pubblico tout court, ma a prevedere visite secondo un calendario concordato). Questo può oggettivamente creare difficoltà, poiché bisogna considerare che le caratteristiche delle case rendono spesso difficili le visite: queste dimore sono normali abitazioni anche se collocate in edifici storici, non sono musei. Altra difficoltà è invece legata ai tempi di erogazione dei contributi e alla esigua disponibilità dei fondi: il Ministero dei Beni Culturali non ha soldi e riconosce i contributi con molto ritardo. Ciò significa sobbarcarsi l’onere dei lavori subito e ottenere il contributo dopo tre o quattro anni. Pur con questi limiti, questo tipo di aiuto è sicuramente in certi casi molto importante”. Per potenziare l’offerta complessiva si può pensare di integrare maggiormente la rete delle ville pubbliche con alcune di quelle private. Quali sono in questo caso le condizioni e i prerequisiti per indurre i proprietari privati a considerare un calendario di eventi e quali le modalità fruitive proposte? “L’esempio di una manifestazione organizzata dal soggetto pubblico ma che coinvolge soprattutto proprietà private è “Ville aperte in Brianza”. Il successo dell’iniziativa è legata al
fatto che ci si è potuti limitare alla visita dei giardini più che delle ville, ovviando al problema della sicurezza e al timore dei furti cui facevo riferimento poc’anzi. Il tema dei giardini attualmente riveste un grande interesse: anche da noi comincia a suscitare un sempre più convinto apprezzamento, anche se ancora non paragonabile alla passione degli inglesi che concepiscono un viaggio per andare a visitare solo un bel giardino. La considerazione crescente dei giardini aiuta a meglio comprendere che essi sono parte integrante delle ville e che la loro cura dovrebbe essere considerata alla stregua della manutenzione delle costruzioni. Questo aspetto, oltre tutto, si impone oggi con grande urgenza dal momento che i giardini hanno dei grossissimi problemi: vi è stata negli ultimi anni una notevolissima moria di alberi, acuitasi a partire dal 2003, un anno di grande siccità. I motivi sono vari, ed anche tra gli esperti non v’è accordo circa le cause. L’ADSI ha organizzato e finanziato uno studio sui giardini affidato all’Università Statale di Milano. Un gruppo di specialisti della Facoltà di Agraria sta compiendo una ricognizione che fino ad ora ha toccato una quarantina di giardini in Lombardia, al fine di verificare la situazione degli alberi, e studiare quali tipi di malattie si vadano diffondendo. In realtà uno dei problemi dei giardini è semplicemente la vecchiaia. Storicamente moltissimi giardini sono stati impiantati all’inizio del ‘900 e quindi le piante, che hanno ormai circa cent’anni, hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita.
A questo motivo fisiologico si affianca sicuramente un cambiamento climatico ormai evidente, che comporta soprattutto negli ultimi anni un regime di precipitazioni più scarso anche d’inverno, circostanza di cui le piante risentono molto. Ciò ha provocato anche l’insorgenza di malattie legate alla diffusione di insetti un tempo assenti alle nostre latitudini. Questo stato di sofferenza dei nostri giardini risulta difficile da debellare anche perchè le malattie che colpiscono le piante ornamentali ricevono poca considerazione, a differenza di quelle che riguardano per esempio i cereali o le piante eduli, che in ragione dell’importanza economica che rivestono suscitano maggiore interesse. In conclusione, per quanto concerne la collaborazione pubblico/privato e le condizioni per la visibilità, va notato che la richiesta di aprire le case ci viene spesso rinnovata ma ciò comporta notevoli difficoltà un po’ perché le nostre dimore sono delle abitazioni e non dei musei, e un po’ perchè l’organizzazione di visite guidate è molto costosa e non è certo coperta dai biglietti”. C’è sproporzione tra i costi necessari a organizzare le visite guidate e i proventi derivati dalla vendita dei biglietti? “Con un numero esiguo di visitatori all’anno l’attività di visita è assolutamente diseconomica. Certo, ad una scala diversa le cose assumono un altro aspetto: per le Isole Borromeo, che ricevono 500.000 visitatori in un anno, la questione si pone diversamente che per una
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della valorizzazione e dell’organizzazione, come per esempio “Ville e Castelli aperti in Lombardia”.
qualunque dimora storica che mediamente ha solo qualche migliaio di visitatori e può dunque contare su entrate per non più di 3040.000 euro all’anno, insufficienti a pagare anche solo un efficiente servizio di guardiania e custodia. Dal punto di vista economico è una lotta impari: in Italia c’è così tanto da visitare, la gente va a vedere i musei importanti. Nonostante queste difficoltà, la nostra Associazione sta svolgendo un’indagine, una sorta di censimento volto a identificare tutte le case che sono disponibili a offrire servizi o alle visite. Non appena avremo una informazione sufficiente, vedremo di organizzarci e consultare anche quelle realtà già operative nel campo
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Quali sono, nella vostra esperienza, le destinazioni compatibili che maggiormente rispettano la vocazione degli edifici e nello stesso tempo ne favoriscono la sostenibilità economica? “Questo è un punto molto importante. In effetti le ville non sono dei musei e hanno bisogno di essere utilizzate. Cosa si può fare? Attualmente le attività più in voga sono rappresentate dall’organizzazione di eventi di vario genere: ricevimenti per matrimoni, mostre, iniziative sia private che organizzate insieme a soggetti pubblici, soprattutto in collaborazioni con i Comuni. Il termine valorizzazione, però, implica un discorso molto difficile. Bisogna considerare che costi di manutenzione così elevati inducono a ricercare forme di utilizzo realmente capaci di coprire i costi, e quindi molto intense e sufficientemente redditizie, come per esempio il frazionamento (totale o parziale) delle ville in appartamenti o uffici, il cui canone di affitto potrebbe assicurare entrate adeguate. La possibilità di realizzare questa prospettiva sta creando una situazione molto diversa fra le nostre dimore di città, per le quali esiste un mercato, e quelle in mezzo alla campagna, che attirano una domanda decisamente inferiore. Noi consideriamo che, in generale, a parte le attività di visita e altre del genere, la possibilità concreta per mantenere le ville risieda nel rendersi interpreti delle richieste attuali, anche modificando le dimore secondo quello che più serve. Questo crea qualche problema con le Soprintendenze, che tendono invece a considerare esclusivamente l’aspetto della conservazione e del restauro. La conservazione e il restauro però, benché certamente importanti, non dovrebbero impedire l’adeguamento alle esigenze legate al mondo che cambia e che impone quindi l’adozione di soluzioni aggiornate alle necessità di oggi. L’obsolescenza di alcune so-
luzioni tecnologiche e nella stessa concezione degli spazi è facilmente comprensibile se solo si pensa che gran parte delle ville in Lombardia erano legate all’agricoltura, attività economica decisamente marginalizzata dalla metà dell’ ‘800 e che comunque, anche quando mantenuta, si avvale di luoghi deputati profondamente mutati. Uno dei problemi più sentiti nel rapporto con le Soprintendenze è proprio l’adeguamento tecnologico, per esempio per riadattare i bagni o inserire ascensori (questi ultimi fonte di lite continua per le caratteristiche intrinsecamente invasive dell’intervento)”. Quali prospettive intravvedete o quali proposte avanzereste per migliorare la condizione attuale e favorire l’opera di conservazione condotta dai privati? “Tra gli elementi favorevoli all’opera di conservazione figurano senz’altro i contributi erogati dallo Stato, le facilitazioni fiscali, gli aiuti da parte di alcuni enti tra i quali in passato soprattutto le Fondazioni bancarie, anche se ora la loro attività interviene in misura minore stanti le difficoltà generalizzate dell’economia. Ma nonostante ciò resta centrale il problema di individuare delle funzioni appropriate e dei metodi aggiornati di utilizzo di queste dimore, perché a queste possa essere assicurata una vita nuova. L’intervento legislativo che anche noi come associazione caldeggiamo e che cercheremo di sostenere in ogni occasione e presso ogni sede, è quello di poter ottenere che tutte le spese di manutenzione – attualmente è fissato il limite del 19% – possano essere dedotte dal reddito. Noi, al contrario, sosteniamo che al nostro caso dovrebbe essere estesa la logica che vige in una azienda che, investendo, può dedurre tutte le spese di sviluppo come ammortamento del capitale. Una misura del genere permetterebbe di diluire i costi di manutenzione su più anni e aiuterebbe queste case a vivere. La capacità del privato di continuare nell’opera di restauro merita in-
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fatti di essere sostenuta – e questo è secondo me uno dei punti più importanti - perché esiste una forte volontà da parte delle proprietà di preservare dal degrado queste dimore. Questa volontà è vissuta come impegno personale di conservazione, ma va incoraggiata”. Vi sono esperienze italiane o estere, pubbliche o private, particolarmente efficienti o che propongono esempi interessanti di valorizzazione? “Noi siamo sempre in contatto con gli altri paesi. In tutti i paesi sono previste delle forme di facilitazione nel campo del finanziamento dei restauri, delle detrazioni fiscali, etc. Rispetto agli altri contesti le misure adottate nel nostro Paese sono abbastanza buone, salvo il limite delle spese di manutenzione che si possono detrarre. Certo in altri stati, il caso tipico è l’Inghilterra, le attività di visita godono di una più radicata e diffusa tradizione, per cui l’interesse per le dimore storiche è un fatto abbastanza generalizzato, e per i giardini in particolare. Ogni anno la nostra Associazione partecipa ad un incontro tra i rappresentanti di associazioni analoghe dei vari paesi. Da questi contatti emergono problematiche comuni ma anche aspetti particolari. In Francia è molto diffusa la rete della ricettività presso le dimore storiche. Tale esempio è stato in parte ripreso in alcune zone italiane, per esempio in Toscana, sviluppando la formula delle residenze d’epoca: una dimora storica viene trasformata in un piccolo albergo, con un limite (mi pare non deve avere più di dieci stanze), riproponendo il modello di comportamento che sta alla base della soluzione dell’agriturismo. Un’offerta di questo tipo, certamente, presuppone un mercato di visitatori che sia interessato a questo tipo di dimore, le quali, a causa dei loro vincoli hanno anche dei limiti dal punto di vista alberghiero insormontabili senza snaturare la fisionomia di queste costruzioni. Per la clientela che è sensibile a questa offerta, comunque, la mancanza di vasche idromassaggio è ben compensata
dallo charme di edifici che hanno secoli di vita. Per ora in Lombardia questo tipo di mercato è molto più ridotto. Quello che eventualmente servirebbe per sviluppare un tale genere di ricettività sarebbe adottare la stessa filosofia che mi risulta sia stata assunta in Toscana, dove certe normative oggettivamente difficili da seguire in materia di disposizioni ASL, sicurezza, tipo di impianti, sono state interpretate cum grano salis, prevedendo cioè le deroghe imposte dalla natura degli antichi edifici. In mancanza di questo atteggiamento, chi volesse applicare alla lettera prescrizioni e regolamenti si troverebbe nell’impossibilità oggettiva di tentare l’impresa. Un’altra esperienza positiva è quella che è stata condotta in Veneto dove, con la costituzione dell’Ente ville venete ormai molti anni or sono, si è riusciti nel corso del tempo a raccogliere molti fondi e a restaurare numerossime ville. Ma anche lì, se si gira per le campagne del Brenta ce ne si accorge, si pone il problema di ville vuote, senza destinazione, il cui restauro facilmente diviene effimero. Questo ci riporta al tema della rifunzionalizzazione compatibile, un argomento che riguarda non solo le ville ma anche le nostre cascine. Anche in quel caso il restauro fine a se stesso non serve, ma occorre un’attenta valutazione preventiva dell’utilizzo. Il problema delle cascine si lega alla riconversione di strutture originariamente agricole che sono ormai sovente dismesse, soprattutto nelle campagne a nord di Milano. In tali casi l’ostinazione a mantenere all’interno degli strumenti di pianificazione comunale la destinazione d’uso agricola non ha senso. Bloccando quelle iniziative alternative che garantirebbero il significato economico per sostenersi di fatto si bloccano anche i restauri, perchè nessuno li affronta in mancanza di prospettive. Questo è uno sbaglio colossale, bisogna dare la possibilità di riutilizzarle. Questa tendenza a dire sempre di no servisse almeno a risparmiarci la visione di tante cose orride costruite ex-novo!”
1. L’edizione moderna dell’opera del Taegio, curata da Cesare Mozzarelli, è apparsa nel 2004 per i tipi dell’editore Bulzoni, compresa nel volume L’antico regime in villa (che comprende anche il Trattato del disprezzo delle delizie, overo Della villa gregoriana di Federico Borromeo (1564-1631) e Le delizie della villa pubblicato in origine su Il Caffè (I, 1764, f. XV, 10 novembre) di Pietro Verri (1728-1798). 2. Una pregevole edizione moderna dell’opera del Dal Re, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, è stata pubblicata dall’editore Il Polifilo di Milano nel 1963. 3. Morandotti, Alessandro, Dai palazzi di città alle ville di campagna: il collezionismo privato e il 1898 in Pavoni, Rosanna - Mozzarelli, Cesare (a cura di) Milano 1848-1898. Ascesa e trasformazione della capitale morale, ed. Marsilio, Venezia 2000, pp. 229-242. 4. Occorre ricordare almeno i tre volumi dell’opera Reminiscenze di storia ed arte nel suburbio e nella città di Milano, pubblicati nel biennio 1891-2 dalla tipografia Pagnoni. 5. Langè, Santino, Ville della Provincia di Milano, collana Ville d’Italia (a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi) Lombardia 4, ed. Sisar, Milano 1974, p.16. 6 P. F. Bagatti Valsecchi, Carlo Perogalli e “Italia Nostra”: la tutela del patrimonio storico e artistico, pp. 109-113 in G. Colmutto Zanella, F. Conti, V. Hybsch La fabbrica la critica la storia. Scritti in onore di Carlo Perogalli, ed. Guerini, Milano 1993. 7. Nel 1879 la costruzione di via Mazzini comportò l’abbattimento delle navate e del campanile e l’arretramento della facciata sino al transetto. Non contenti, su questo superstite moncherino si tornò ad infierire nel 1949, in esecuzione delle previsioni del piano Albertini del 1934 che avevano introdotto la cosiddetta Racchetta, asse di scorrimento veloce da San Babila a P.za Missori. Proprio la costituzione dell’attuale piazza Missori decretò la creazione di quel malinconico rudere che ancora si vede in fondo a via Albricci, che ha conservato la sola parte absidale e l’angusto passaggio alla sottostante cripta affrescata, risalente al V secolo. Tutto ciò avveniva ai danni dell’edificio che Barnabò Visconti aveva elevato a cappella di corte e in cui era conservato il suo spettacolare monumento funebre (ora al Museo del Castello Sforzesco). La facciata della chiesa veniva pietosamente ricomposta nel 1956 in via Francesco Sforza, ad ornamento del tempio valdese (progetto ing. De Molinari e arch. Schiaroli Monetti). 8. Settis 2005, p. 330. 9. C. Correnti, Relazione al Senato del Regno, 13 maggio 1872. 10. Settis 2002, p. 30. 11. in C. Perogalli - P. Favole Ville dei Navigli lombardi, Milano 1967, 3° ed. agg. 1982, nota 7, p. 148.
nella pagina a fianco, Villa Gandini, “Gaia”, Robecco sul Naviglio. (Foto: M. Bianchi) nella pagina precedente, Gaspar van Wittel, Veduta di Vaprio d’Adda, coll. priv.
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5. Valorizzare e gestire La valorizzazione e la gestione sono le attività il cui esito più direttamente incide sul gradimento
del pubblico, perché sono quelle cui è demandato il compito della proposta culturale e delle condizioni di esercizio del bene. Un serrato dibattito ha accompagnato l’individuazione delle nuove forme che
aprono il settore al coinvolgimento dei privati, così come grandi aspettative sono riposte nella politica di costituzione di sistemi di beni culturali, la formazione cioè di reti utili all’ottimizzazione delle risorse e all’innalzamento dello standard qualitativo dell’offerta. L’art. 6 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” precisa, al comma 1, che “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale.” Malgrado il vigente Codice dei beni abbia reso, dal momento della sua definizione finale1, l’accezione del termine “valorizzazione” sufficientemente chiara, permangono a livello di opinione diffusa elementi di confusione su come essa vada intesa e, di conseguenza, di come vada perseguito l’obiettivo della “messa in valore”. Ciò è dovuto in parte al fatto che il dibattito e l’iniziativa politica intorno al patrimonio hanno spesso mischiato le carte, autorizzando alcuni fraintendimenti: per un certo periodo “l’insistenza sul valore venale del patrimonio (a scapito del suo significato istituzionale e civile) ha [...] prodotto effetti perversi, opposti a quelli previsti all’inizio.” “Il valore venale del patrimonio culturale, anziché essere un argomento per attirare sulla sua gestione
e tutela nuovi e maggiori investimenti, è diventato esso stesso qualcosa da investire per altri fini. I beni culturali, da patrimonio su cui investire, sono gradualmente diventati una risorsa da spremere e da sfruttare per altri scopi”2. Un tale strisciante slittamento è stato anche favorito in anni recenti da “la tendenza a “svecchiare il settore” mediante l’adozione di un linguaggio e di una filosofia aziendalistica”3. Si tratta evidentemente di un equivoco: valorizzazione significa capacità di far meglio apprezzare al pubblico il valore culturale del patrimonio, certo senza escludere che ciò possa accompagnarsi con l’opportunità di affiancare alla proposta culturale servizi accessori, anche di tipo commerciale e anche gestibili da privati, ma senza per ciò capovolgere i termini della questione. Paradossalmente, avrebbe piuttosto più senso chiedersi “se il bene culturale sia un bene economico, cioè se in esso l’aspetto economico sia primario oppure sia strumentale al perseguimento di finalità connesse alla natura culturale del bene stesso, quindi se esso non sia un’altra cosa dal bene economico in senso stretto, seppure in grado di esercitare anche taluni effetti economici”4. Del resto, anche volendo focalizzare l’attenzione sull’effettiva redditività delle attività e dei servizi da accompagnare alla valorizzazione
5.1. Il significato della valorizzazione
nella pagina precedente, Villa Reale a Monza, salone d’onore e da ballo. (Fonte: Regione Lombardia)
1. Codice dei beni culturali e del paesaggio, Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ai sensi dell’articolo 10 della legge numero 137 del 6 luglio 2002, così come modificato dal D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 156 e D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 nonché dal D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 62 e D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 63, art. 4 - quinquies L 2 agosto2008, n. 1; D. Lgs 1 luglio 2009, n. 78. 2. Settis 2002, p. 40. 3. Settis 2002, p. 83.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
dei beni culturali, è opportuno ridimensionare alcune proiezione eccessivamente ottimistiche, così come molti degli interlocutori da noi consultati, e che gestiscono in proprio tali attività, non hanno mancato di sottolineare. Tutto ciò senza voler escludere o minimizzare il significato dell’indotto che la valorizzazione dei beni culturali può comportare. Va però ricordato che laddove il patrimonio insista su territori significativamente vocati per l’attività turistica, la valorizzazione entra in un rapporto di sinergia con lo sviluppo locale ben diversamente redditizio. La vocazione turistica, tuttavia, non è elemento che si possa improvvisare, presupponendo la soddisfazione di alcuni pre-requisiti imprescindibili (qualità distintiva che consenta di posizionare l’offerta di un territorio sul mercato, cultura dell’ospitalità e qualità del sistema ricettivo, rapporto prezzo/qualità in rapporto ai sistemi concorrenti, accessibilità, etc.). È dunque opportuno tornare ad una possibile definizione di “bene culturale” per riconsiderare gli effettivi contenuti della valorizzazione e calibrare correttamente le prospettive di sviluppo locale che essa offre. “La villa di delizia rimanda perfettamente all’idea di bene culturale, un termine coniato in un non lontano passato per ricordarci che il patrimonio artistico va compreso nella sua complessità e non unicamente nel suo valore estetico. Umberto Eco, nel definire il bene culturale come “flusso di comunicazioni con un supporto fisico”, offre una perfetta sintesi semantica facendoci presente che un quadro, una statua, un palazzo, per quanto meravigliosi, valgono perché testimoniano una cultura, comunicano un’idea, trasmettono un sentimento. E dunque queste meraviglie, e i parchi a loro intimamente correlati, che noi abbiamo il dovere di conservare e di valorizzare, oltre ad appagarci l’occhio e lo spirito consentono di recuperare una cultura, un modo di vivere ormai persi e che più che sui libri di storia possono essere compresi proprio dalla loro
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presenza sul territorio. Certo queste ville, nate per garantire il riposo e lo svago delle classi più elevate, che proprio dalla terra traevano la loro ricchezza e dunque con essa creavano un rapporto speciale, hanno quasi tutte perso la loro funzione originaria per trasformarsi in edifici pubblici o sedi di enti e istituzioni, ma talmente grande è la loro forza evocativa che continuano comunque a essere preziosi e ancora vivi testimoni della nostra cultura”.4 Dunque il bene culturale “villa” va considerato come parte di un tutto in un duplice senso: un tutto da ricostruire, inteso come il contesto storico-culturale originario di appartenenza, e cioè quella “civiltà della villa”, con la sua estetica, i suoi motivi intellettuali e i suoi concreti rapporti di forza sociali, tutti elementi che il “progetto di valorizzazione culturale” deve individuare ed esplicitare; e un tutto inteso come territorio, cioè il contesto fisico delle relazioni che nel presente il bene allaccia in unità con tutti gli altri elementi ambientali, sociali, infrastrutturali, economici, etc. “Una volta ricondotti nel sistema ambientale, ai cosiddetti beni culturali non può essere assegnata funzione diversa da quella che tocca ad ogni altra componente dell’ambiente: divenire una risorsa impiegabile per una politica di sviluppo tesa a ristabilire un certo equilibrio tra sistema socio-economico e sistema ambientale, come condizione prima per il recupero di una migliore qualità della vita e, come preferiva dire Bertrand de Jouvenel, per il “passaggio da una società quantitativa a una società qualitativa” [...] “Come è ormai imperativo un uso discreto delle materie prime non rinnovabili delle acque, del suolo e di ogni altra componente naturale dell’ambiente, altrettanto lo è sottrarci a quella particolare forma di spreco che fin qui abbiamo fatto del patrimonio storico-culturale, confinandolo nel suo ruolo metafisico di bene o valore ideale, e così in realtà consegnandolo a una pura e semplice vicenda di decadenza materiale per incuria e abbandono”6.
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
Un’ipotesi di valorizzazione così conformata non differisce, nello spirito, alla proposta presentata congiuntamente dalle associazioni Italia Nostra, Fai Fondo per l’Ambiente Italiano e WWF, che su invito del Comune di Milano, hanno dichiarato la loro disponibilità a far parte della Consulta Ambientale all’interno del progetto Expo 2015, facendo “altresì presente che ciò sarebbe dipeso dalla disponibilità ad accogliere alcune indicazioni ritenute vincolanti: il freno al consumo dei suoli, la valorizzazione dell’agricoltura e della rete idrica esistente, il recupero e riqualificazione del patrimonio artistico e architettonico presente nel nord Milano, l’immediato coinvolgimento del Ministero per i Beni Culturali tramite le Soprintendenze locali”. In particolare per quanto riguarda il patrimonio monumentale FAI, Italia Nostra e WWF Italia propongono di cogliere l’occasione dell’Expo 2015 per rilanciare un grande progetto di valorizzazione del ricco patrimonio monumentale presente nel nord Milano, costituito a cascine, borghi e ville, come Villa Arconati Visconti con il borgo e l’intera area agricola e paesaggistica del Castellazzo di Bollate, la
stupenda Villa Litta di Lainate e la Villa Reale di Monza, beni per i quali si dovrà impostare una strategia di recupero e conservazione che consenta di valorizzare questo patrimonio al fine di “rimarcare e rendere unica l’identità di Milano”7. Al fini della valorizzazione appare dunque centrale la capacità di individuare le strategie e gli strumenti idonei a rendere convergenti le diverse iniziative sul territorio. Ma centrale appare anche la progettualità culturale specifica: è un progetto di contenuti, di volta in volta costruito a partire dal confronto con il bene o i beni da valorizzare. La storia di Milano e delle sue ville, con l’intreccio di grandi vicende e avvenimenti locali, di figure eccelse ed elementi della quotidianità, nonchè con il concorso dei riferimenti alle lettere, alle arti e alle tecniche, offre validi spunti per costruire progetti culturali convincenti e attrattivi, specie se capaci di coinvolgere anche i beni presenti nella città di Milano insieme a quelli distribuiti sul territorio delle province di Milano e di Monza. A ciò dovrà seguire un idoneo processo di comunicazione cui è affidato il compito di esaltare i contenuti e portarli alla portata del pubblico, scegliendo gli strumenti più effica-
ci. La politica di valorizzazione affidata alla predisposizione di validi progetti culturali non può infatti essere svolta ricorrendo ai gerghi specialistici consueti alle pubblicazioni accademiche. Nello stesso tempo deve dimostrarsi in grado di non mortificare le aspirazioni a conoscere di un utenza interessata e intelligente. L’ambizione di attirare un pubblico privo di questi requisiti è di fatto inutile (non valorizza il bene) ed impossibile (perché le alternative puramente di evasione saranno sempre più facili e allettanti). Dunque parlare senza spocchia né tecnicismi professorali, riuscendo a risultare accattivanti e suggestivi a partire da contenuti completi e rigorosi. La previsione di registri espressivi conformi ai diversi tipi di utenza dovrebbe contemplare specifici segmenti dedicati al pubblico dei bambini, di norma ignorato, ricorrendo alla giusta combinazione di elementi ludici e didascalici secondo la migliore tradizione del delectando docere. A questa offerta di contenuti debbono poi affiancarsi tutte le opportune strategie di commercializzazione (invenzione e spinta di un marchio, immagine coordinata, lancio degli eventi, formule di bigliettazione).
Naturalmente fa parte integrante della valorizzazione anche l’individuazione delle funzioni compatibili da insediare nelle ville. Tale delicato compito, tuttavia, a maggior ragione richiede l’elaborazione di un progetto ad hoc, da redigersi caso per caso, e che costruisca le sue ipotesi a partire dalla fattibilità edilizia (compatibilità delle opere) e dalla effettiva disponibilità dei soggetti specifici da coinvolgere in qualità di gestori. Senza l’indicazione di questi elementi la rifunzionalizzazione resta un esercizio accademico, utile semmai a individuare le potenzialità del bene da rifunzionalizzare ma incapace di determinare conseguenze. La rifunzionalizzazione è quindi attività concreta,
impossibile da condursi in vitro nè da calare dall’alto. Le esperienze positive compiute in quest’ambito dimostrano che la rifunzionalizzazione è, al di là di un atto tecnico-amministrativo, un accordo tra le parti che non può definirsi a priori ma solo come mediazione e incontro tra aspettative conciliabili. Per queste ragioni ci pare che la maniera migliore di illustrare il tema non sia tanto l’enunciazione di precetti astratti (che, come detto, si riducono alla verifica preventiva dell’effettiva compatibilità edilizia e della sostenibilità economica della rifunzionalizzazione) quanto l’indicazione di alcune esperienze significative italiane ed estere. Ogni villa presenta caratteristiche
5.2. La rifunzionalizzazione compatibile: alcuni esempi
4. Pallavicini 2004, p. 119. 5. Intervento del Soprintendente per i Beni architettonici e per il Paesaggio di Milano, Alberto Artioli in Le ville di delizia [...] 2004. 6. Giovanni Urbani, la citazione è riportata in Settis 2005, p. 336. 7. Dal comunicato stampa congiunto datato 1 febbraio 2008.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
che la rendono potenzialmente in grado di ospitare specifiche funzioni o, ipotesi non da escludere, un insieme di funzioni attentamente calibrato. Le funzioni potenzialmente idonee ad essere ospitate in contenitori quali le ville gentilizie possono essere raggruppate in alcune principali categorie, e cioè: rappresentanza istituzionale e attività convegnistica, attività espositiva e museale, biblioteche e servizi culturali, formazione e ricerca, strutture assistenziali, ricettività e residenza temporanea, ristorazione e spettacoli. Attività espositiva e museale Per le loro prerogative dal punto di vista architettonico ed artistico, le ville gentilizie devono essere innanzitutto considerate come musei di loro stesse. La loro messa a sistema e la comunicazione di appartenenza ad un unico organismo di fruizione porterebbero presumibilmente ad una percezione unitaria dei percorsi culturali creando un itinerario panoramico sull’architettura gentilizia milanese. Il pregio di tali contenitori, considerandone in particolare Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate, Balconata dei musici. (Foto: D. Fumagalli) nella pagina precedente, Emiciclo delle “Grotte vecchie”, ninfeo di Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate. (Fonte: Morandotti, 2005)
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gli episodi di eccellenza, le renderebbe inoltre adatte ad accogliere, attraverso un sistema intergrato, collezioni del patrimonio museale lombardo attualmente non fruibili da parte del pubblico. Particolare attenzione deve in ogni caso essere rivolta alla creazione di itinerari tematici e percorsi didattici per avvicinare le giovani generazioni in prospettiva di uno sviluppo a lungo termine, come già intrapreso nel caso della Venaria Reale dove vengono programmate visite che privilegiano letture multidisciplinari, calibrate appositamente sull’età e sulle esigenze diverse nella convinzione che la conoscenza del patrimonio storico-artistico contribuisca non solo a fornire strumenti utili per l’accrescimento ma assicuri anche, proprio attraverso il coinvolgimento dei giovani, la tutela, la conservazione e la valorizzazione del bene culturale stesso. La conformazione delle ville e la presenza in molti casi di grandi parchi secolari ha suggerito una lettura delle possibilità insediative espositive e museali attraverso la doppia antinomia di permanentetemporaneo ed interno-esterno. Attività espositiva e museale permanente interna: le collezioni permanenti che si sviluppano negli interni delle ville derivano nella maggior parte dei casi dalle raccolte private degli ex proprietari, come nel caso di Villa Menafoglio Litta Panza a Varese oggi appartenente al Fon-
do per l’Ambiente Italiano. Giuseppe Panza, erede della proprietà e grande appassionato di arte contemporanea, acquistò infatti a partire dagli anni ’50 opere ancora sconosciute al grande pubblico, dando vita ad una collezione che, alla fine degli anni ‘90, comprendeva circa 2500 pezzi. Esempio di rilievo è costituito dalla Villa Medicea di Poggio a Cainano, sede dal giugno 2007 del Museo della Natura morta dove vengono esposti 200 dipinti provenienti dalle collezioni medicee. Approccio differente quello di Casa Zegna, in cui la sede istituzionale si integra con spazi dedicati all’arte contemporanea sviluppata in rapporto al museo d’impresa, attraverso un percorso espositivo creato da Cittadellarte-Fondazione Pistoletto che rappresenta le peculiarità ed i valori del Gruppo Zegna. La funzione museale è qui integrata da un polo archivistico multicomprensivo che raccoglie materiali sul territorio, l’azienda ed il settore moda. Attività espositiva e museale temporanea interna: spesso associate ad esposizioni permanenti, le esposizioni temporanee possono in alcuni casi affiancare funzioni diverse, come nel caso di villa Olmo, in cui l’attività convegnistica viene spesso integrata da mostre temporanee come quelle dedicate a Mirò, Picasso o Magritte. La funzione museale temporanea interna ben si integra con attività differenti non
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
essendo particolarmente invasiva nei confronti del contenitore e diventando occasione di richiamo internazionale. Attività espositiva e museale permanente esterna: generalmente l’attività espositiva e museale permanente esterna si concretizza nei giardini delle ville sotto forma di sculture, anche se sempre più spesso si sviluppano anche opere di videoinstallazione. La particolare collocazione dell’esposizione la rende particolarmente adatta ad essere associata a funzioni diverse. Inoltre le attività espositive esterne risultano facilmente integrabili con destinazioni che pregiudicano la fruizione dell’elemento architettonico, diventano occasione di comunicazione tra villa e pubblico. Attività espositiva e museale temporanea esterna: tale attività, come quella temporanea interna, ben si integra con funzioni differenti. Nel caso del Centro di Arte Contemporanea di villa Manin a Passariano, in provincia di Udine, l’esposizione temporanea si sviluppa come un progetto “in progress”. Vengono infatti realizzate opere concepite specificatamente per la conformazione del parco per un suo costante arricchimento, trasformando in permanenti alcune delle opere realizzate in occasione del festival annuale. Biblioteche e servizi culturali Sono frequenti i casi in cui parte delle ville, soprattutto se di proprietà delle Amministrazioni Comunali, vengono destinate a biblioteche. Il più delle volte esse sono da intendersi come attività di servizio, inserendosi in un quadro di funzionalizzazione più ampio legato all’offerta di servizi culturali ai cittadini. Il concetto di biblioteca non viene qui però inteso solo in accezione tradizionale, ma anche in senso innovativo, come nei casi delle mediateche, biblioteche virtuali collegate, oltre alla rete internet, a specifici archivi e banche dati. In ambedue i casi si interviene con soluzioni meno invasive, come sale lettu-
ra e postazioni wireless, nelle sale di più alto valore architettonico, introducendo in spazi meno rilevanti dal punto di vista artistico, come seminterrati e mezzanini, i locali relativi a conservazione ed impianti tecnologici. Inoltre, nel caso in cui ci si inserisca in un contenitore con funzioni diverse, viene offerto un servizio bibliotecario che in qualche modo si integri con le specificità della destinazione principale, come nel caso di villa Imperiale Terralba a Genova, sede di scuola materna e asilo, in cui la biblioteca diventa centro specialistico di letture per l’infanzia. Caso a parte per importanza e maestosità, la biblioteca di Villa Medicea di Castello, sede dell’Accademia della Crusca che, con più di 121.000 volumi, diventa il centro attorno a cui ruota l’intera Accademia. Formazione e ricerca Formazione e ricerca possono insediarsi secondo differenti livelli di integrazione all’interno dei contenitori gentilizi. Le ville accolgono anche sedi di scuole specialistiche o comunque di livello superiore, ma anche distaccamenti di dipartimenti universitari. Dal punto di vista della formazione permanente in alcuni casi si rileva l’offerta di corsi di supporto alle attività imprenditoriali delle Piccole Medie Imprese, fortemente presenti nel territorio circostante, creando una sinergia propositiva. Un differente approccio può portare a prendere in considerazione la predisposizione di strutture non specifiche, dedicate ad ospitare corsi di perfezionamento, master e workshop come nell’esperienza, seppur breve, di villa Litta a Lainate o il caso di Villa Gandolfi Pallavicini a Bologna sede dell’associazione Alma Mater che svolge il ruolo di collegamento tra l’Università di Bologna ed il mondo delle imprese anche attraverso l’organizzazione di corsi di Alta Formazione e master che abbracciano discipline sia umanistiche che scientifiche. La formazione può inoltre essere inerente al
contenitore, come nel caso del Manoir d’Eyrignac, membro dell’associazione “Les Plus Beaux Jardins de France” che propone, in linea con la principale prerogativa del complesso, corsi di alta formazione riguardanti l’arte dei giardini. Altro esempio di eccellenza il Centro per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale” che, attivo dal 2005, è il terzo polo nazionale del restauro insieme a Roma e Firenze. Istituito per iniziativa congiunta di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Piemonte, Università di Torino, Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo e Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, a cui si sono aggiunti successivamente il Politecnico di Torino, la Provincia e il Comune di Torino e il Comune di Venaria Reale, il Centro si occupa della conservazione del patrimonio culturale ospitando un laboratorio per il restauro articolato in più sezioni, dove si svolgono interventi di conservazione a vantaggio sia dei fondatori del Centro che di altri soggetti, pubblici e privati, e in cinque gabinetti scientifici destinati ad attività diagnostiche su manufatti e ambienti, con assistenza tecnicoscientifica alle problematiche di conservazione e restauro. Esempio meno invasivo dal punto di vista architettonico il progetto per l’insediamento del Corso di Laurea in Psicologia dell’Università S. Raffaele a Villa Borromeo Arese a Cesano Maderno in cui l’ipotesi distributiva formulata ha valutato preventivamente i vincoli di tipo strutturale connaturati all’edificio oggetto di intervento, limitando in modo sostanziale la possibilità di operare rilevanti interventi di ristrutturazione; le esigenze di rispetto e di salvaguardia dell’elevata qualità architettonica del manufatto hanno infatti portato alla formulazione di un progetto che ha cercato di conservare e valorizzare il più possibile le caratteristiche spaziali preesistenti attraverso una attenta collocazione dei diversi sistemi funzionali (didattica, ricerca, amministrazione, rappresentanza, ecc.).
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
Strutture assistenziali Le strutture assistenziali possono essere diurne, come nel caso di Cascina Costa Bassa a Monza, sede della Cooperativa “La Meridiana”, Centro Diurno Integrato che fornisce un servizio assistenziale continuativo alle persone anziane basandosi sulla riabilitazione attraverso la natura, la cosiddetta Terapia Orticolturale, o dotate di spazi che consentono la degenza degli assistiti. In quest’ultimo caso le dotazioni variano a seconda della tipologia di utenti diventando a volte assimilabili a tutti gli effetti ad una struttura alberghiera, come nel caso di Castle Craig, in Scozia, i cui degenti si sottopongono a cure di riabilitazione dalla dipendenza da alcool. Villa Cenacolo, nel Comune di Lentate sul Seveso è invece un esempio di insediamento di Residenza Sanitaria Assistenziale, prevedendo spazi aggiuntivi come la palestra per la riabilitazione fisioterapica, i servizi medici ed infermieristici ed i laboratori di attività. Rappresentanza e Centro congressi Le funzioni di rappresentanza istituzionale e centro congressi vengono raggruppate in un unico insieme per due fattori principali: innanzitutto le motivazioni sono da ricercarsi nella tipologia edilizia stessa del contenitore, che generalmente raccoglie al suo interno situazioni idonee ad ospitare attività congressuali solo in particolari sale per ragioni sia dimensionali che distributive, permettendo l’inserimento di funzioni compatibili nelle rimanenti aree; in secondo luogo associare la sede rappresentativa di un’istituzione, sia essa pubblica o privata, all’attività congressuale concorrerebbe alla caratterizzazione di quest’ultima, che non diventa occasione di manifestazioni generiche, ma supporto per specifici interessi settoriali. Se da un lato infatti la forte caratterizzazione degli eventi porterebbe ad un calendario legato a tematiche specifiche, limitando in qualche modo le opportunità fruitive, dall’altro tale approccio consentirebbe di elevare il livello qualitativo
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congressuale, stimolando episodi di eccellenza che sappiano mettere in evidenza contenitori di alto livello come quelli oggetto della ricerca. La villa può quindi accogliere istituzioni private, come nel caso di Villa Pastega Manera, a Catena di Villorba in provincia di Treviso, diventando, grazie alla forte caratterizzazione di Fabrica (il centro di ricerca sulla comunicazione legato a Benetton) riferimento internazionale per la divulgazione dell’avanguardia comunicativa. La rappresentanza istituzionale può anche rispecchiare un consorzio di enti di differente natura, come nel caso di Villa Erba a Cernobbio che, acquistata nel 1986 dall’Unione Industriali di Como, unitamente all’Amministrazione Provinciale, alla Camera di Commercio, ai Comuni di Como e di Cernobbio, all’Ente Fiera di Milano, all’Associazione Serica, all’Associazione Piccola Media Industria, all’Associazione Provinciale Artigiani ed alla Confederazione Nazionale Artigianato, diventa centro fieristico, congressuale ed espositivo allo scopo di favorire la visibilità degli industriali comaschi. Altro esempio la villa Medicea al Casello, sede dell’Accademia della Crusca che, oltre ad ospitare i Centri Studi di Filologia Italiana, Lessicografia, Grammatica e del Centro di Consulenza sulla Lingua Italiana Contemporanea, ne diffonde i risultati organizzando convegni di risonanza internazionale. Diverso approccio quello intrapreso per Villa Mondragone, acquistata nel 1981 dall’Università Tor Vergata di Roma, dove la particolare natura della proprietà, che raccoglie al suo interno diverse Facoltà, permette il susseguirsi nella struttura tuscolana di attività congressuali di rilevanza internazionale che abbracciano ambiti molto eterogenei. L’inserimento della doppia funzione permette anche, come dimostrato dai casi sopra elencati, di mantenere la fruizione, ancorché a volte limitata ad alcuni comparti del complesso, da parte del pubblico, fruizione spesso non praticabile in casi di sola destinazione a Rappresentanza
Istituzionale, dove viene a decadere l’aspetto cultural fruitivo nei confronti dei complessi, come nel caso di villa Minelli a Ponzano, nei pressi di Treviso, sede del Gruppo Benetton. L’ipotesi di inserimento di funzioni congressuali, soprattutto se di rilevanza nazionale ed internazionale, comporta alcune valutazioni rispetto al livello di integrazione delle ville con il territorio circostante, come ad esempio la prossimità di aeroporti e nodi di interscambio e la presenza, se non addirittura prevedibile all’interno del comparto, di strutture ricettive nelle immediate vicinanze. Ricettività, Residenza temporanea La ricettività in molti casi viene integrata con la convegnistica e la formazione. Un esempio di perfetto coordinamento è la Certosa di Pontignano a Vagliagli nei pressi di Siena, dove le tre funzioni convivono implementandosi l’una con l’altra. La Certosa presenta infatti un’area dedicata a foresteria universitaria, agevolando la frequenza di corsi di alta formazione, le cui sale sono occasionalmente utilizzate a scopi congressuali, mantenendo la struttura accessibile ad un pubblico esterno. Il pregio architettonico e la conformazione planimetrica degli spazi richiedono necessariamente l’inserimento di strutture ricettive alberghiere di alto livello, non potendo intervenire con ristrutturazioni invasive, se non in porzioni limitate dei complessi o in edifici di minor pregio attigui all’edificio principale. Ristorazione La ristorazione viene generalmente inserita a supporto di altre funzioni come la convegnistica, l’esposizione museale e la ricettività. In tali situazioni normalmente viene previsto l’inserimento della funzione in zone di minor pregio architettonico, trattandosi principalmente di casi di somministrazione veloce del cibo o in edifici attigui alla villa, come eventuali limonaie, scuderie, rimessaggi.
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
5.3. La gestione
a fianco, Parco di Villa Ravizza ad Arcore. (Fonte: Ville di delizia, 2003) nella pagina successiva, Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate, Cortile delle piogge. (Foto: D. Fumagalli)
La cronica scarsezza di mezzi per le politiche in favore del patrimonio nazionale lamentata sovente da più parti è argomento sincero ma che va incontro anche a paradossi: succede infatti che “una gestione lenta e burocratica delle risorse finanziarie,” [...] abbia creato l’accumulo, anno per anno di “enormi residui passivi [...] fino agli 866 milioni di euro di fine 2001”7. Per alleviare i problemi di sostenibilità economica che comporta la gestione dei beni, la legislazione italiana si è progressivamente aperta all’ingresso dei privati. “Infatti, nel crescente interesse per gli studi sulle modalità gestionali dei soggetti di natura privata che svolgono funzioni aventi rilievo pubblico va delineandosi, con contorni invero ancora nebulosi, una tematica specifica ai beni culturali. Argomento che trova particolare attualità anche nella tendenza ad assegnare a strutture di diritto privato funzioni e obiettivi propri dell’ente pubblico”8. Queste alcune tappe significative del fenomeno: nel 1992, Alberto Ronchey, ministro dei Beni culturali nel primo governo Amato, introdusse per primo i privati nei musei italiani, col decreto legislativo 433/1992 (poi trasformato in legge 4/1993), che istituiva presso i musei “servizi aggiuntivi a pagamento”, essenzialmente di libreria e di ristorazione, da affidarsi
in gestione ai privati, prevedendo anche il ricorso al volontariato per prolungare gli orari di apertura. Nel 1994 il ministro Paolucci (governo Dini) varava un nuovo decreto legislativo (41/1995, poi trasformato in legge 85/1995), che, se da una parte riservava integralmente allo Stato gli obblighi di tutela, allargava non solo il numero, ma anche la natura dei servizi che potevano darsi in gestione a fondazioni culturali o bancarie, società o consorzi privati, considerando, per esempio, la guida e l’assistenza didattica, la fornitura di sussidi catalografici, audiovisivi, informatici, nonché l’organizzazione delle mostre. Più tardi, il ministro dei beni culturali Veltroni (governo Prodi) precisava, con formula un po’ più restrittiva, che tali servizi potevano essere affidati all’esterno “qualora non possano essere svolti mediante risorse umane e finanziarie dell’amministrazione” (D.M. 139/1997). Nel 1998 la legge istitutiva del nuovo ministero per i Beni e le attività culturali (D.L. 368/1998) prevedeva che il ministero stesso potesse partecipare a fondazioni, associazioni e società “anche con il conferimento in uso di beni culturali che ha in consegna”. Un ulteriore elemento veniva introdotto dal decreto legislativo 112/1998 che ribadiva l’esclusiva pertinenza allo Stato delle
funzioni di tutela del patrimonio, mentre rendeva di fatto possibile trasferire a regioni e enti locali la gestione e la valorizzazione dei beni culturali; inoltre stabiliva che Stato, regioni ed enti locali “concorrono all’attività di conservazione”. La legge 448/2001, infine, autorizzava “soggetti diversi da quelli statali” alla gestione dei servizi pur nel rispetto di specifiche modalità, criteri e garanzie. Oggi il vigente Codice dei Beni prevede che “La valorizzazione ad iniziativa privata è attività socialmente utile e ne è riconosciuta la finalità di solidarietà sociale” (art. 111, comma 2). Inoltre “Le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all’esercizio delle funzioni ed al perseguimento delle finalità indicate all’articolo 6. A tali attività possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati” (art. 111, comma 1). Come già rilevato assume crescente importanza rispetto al tema della gestione l’opportunità di costituire reti di beni operanti di concerto sul territorio, secondo diversi gradi di integrazione, capaci di collegare il bene da valorizzare ad un insieme più vasto, al fine di
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
potenziare la propria capacità operativa ed efficienza sotto diversi aspetti (comunicazione, coordinamento delle attività, reperimento dei fondi, capacità contrattuale nei confronti dei fornitori di beni e servizi, etc.). Tra i più immediati vantaggi rappresentati dal lavoro delle reti va sottolineata la messa in comunione di parte delle risorse finanziarie per assicurare la disponibilità di una “massa critica” necessaria a certi investimenti; allo stesso modo anche la ricerca dei finanziamenti trova più facilmente esito favorevole se svolta congiuntamente, anche in virtù della possibilità di approfondire i contenuti della richiesta e per la predilezione comunque riconosciuta da Enti e Istituzioni finanziatrici nei confronti di sistemi a rete. Un altro vantaggio della rete, sul versante dell’offerta culturale, consiste nella possibilità di disporre di una “regia comune” per lo sviluppo dei contenuti e del calendario degli eventi. Dal punto di vista organizzativo la rete può assumere forme diverse: da partnership più o meno leggere (ma che se sono troppo leggere finiscono di essere avvertite come poco vincolanti e quindi inefficaci), a forme di tipo consortile, fino alla costituzione di società, cioè soggetti giuridici ad hoc cui viene delegata non già la proprietà dei beni ma le attività di valorizzazione e gestione degli stessi. Questa formula implica, ovviamente, l’esternalizzazione dei costi di gestione dal bilancio dei singoli soggetti proprietari per conferirla al nuovo soggetto costituito. Queste forme di gestione sono indicate al comma 3 dell’art. 115 del Codice dei beni. Oltre alle reti integrate di beni, svolgono un utile attività di supporto e promozione le associazioni. Queste possono agire a livelli territoriali differenti occupandosi di aspetti diversi come la salvaguardia, conservazione e valorizzazione delle dimore storiche. Prima fra tutte la Union of European Historic Houses Associations (UEHHA), che riunisce le dimore storiche private d’Europa, contando un patrimonio di circa 50.000 beni costituito da residenze, pa-
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lazzi, parchi e giardini. L’associazione si pone diverse finalità tra cui assicurare una corretta gestione e conservazione dei beni, del loro contenuto e dei giardini, promuovere la cooperazione tra proprietari e tra organismi a livello europeo, favorire la valorizzazione dei beni ed incoraggiare le istituzioni a fornire un sostegno per il raggiungimento di tali scopi attraverso la creazione di associazioni pubbliche e private. Al fine di conseguire tali obiettivi l’UEHHA raccoglie e divulga informazioni e dati relativi agli aspetti legali e finanziari in materia di conservazione, segue attivamente la politica dell’Unione Europea per quanto riguarda la conservazione e la gestione del patrimonio costruito e paesaggistico, sostiene le associazioni affiliate nelle relazioni con i Governi Nazionali perché questi adottino delle misure concrete per la conservazione dei beni. Fornisce inoltre sostegno alle associazioni membro relativamente allo sviluppo di progetti di ricerca, e coopera con organismi internazionali come la European Landowners Organisation e Europa Nostra sui temi comuni. L’ UEHHA raccoglie attualmente 17 associazioni. In Italia è affiliata all’UEHHA l’Associazione Dimore Storiche Italiane. Le associazioni offrono diverse tipologie di servizi: supporto tecnico per il recupero e la conservazione del bene, assistenza finanziaria, assicurativa, giuridica e tributaria; promozione di studi e ricerche che si concretizzano generalmente attraverso pubblicazioni sia scientifiche che divulgative, l’organizzazione e la comunicazione di eventi ed il coordinamento di alcune attività, come la gestione e la manutenzione dei beni. In Italia esiste un ricco panorama di associazioni che si occupano specificatamente di particolari ambiti territoriali come l’Associazione delle Ville e dei Palazzi Lucchesi, l’Ente Ville Vesuviane, l’Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia, l’Istituto Regionale Ville Tuscolane e Ville di Roma. Caso emblematico è senza dubbio quello del Veneto dove dal
1979 opera, oltre all’Associazione per le Ville Venete, l’Istituto Regionale per le Ville Venete (I.R.V.V.) il quale, dotato di personalità giuridica pubblica, opera in conformità agli obiettivi di programmazione regionale ed agli indirizzi stabiliti dal Consiglio Regionale del Veneto, d’intesa col Consiglio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, per gli interventi da attuare nel territorio di quest’ultima. I fondi disponibili all’Istituto, sempre secondo il disposto della LR 63/1979, devono essere impiegati principalmente a sostegno di azioni mirate alla conservazione, al consolidamento, al restauro, alla promozione nonché alla migliore utilizzazione del patrimonio monumentale caratterizzato dalle Ville Venete, operando in concorso col proprietario oppure sostituendosi ad esso. Fra gli scopi dell’Istituto vi è anche quello di realizzare studi e ricerche, riconoscendo così la conoscenza come uno strumento primario della conservazione. Nel primo ventennio (1958-1978) furono restaurate 425 ville con investimenti di oltre 18 miliardi di lire. Con l’approvazione della L 23 luglio 1991 n.233, il Ministro dei Beni Culturali ha erogato a favore dell’Istituto Regionale per le Ville Venete un contributo straordinario, per un totale di 55 miliardi, da destinarsi ad opere di consolidamento, restauro, manutenzione straordinaria e valorizzazione. Questa nuova disponibilità finanziaria è stata tradotta operativamente dall’I.R.V.V. attraverso l’acquisto ed il restauro, in nome e per conto della Regione, di alcuni beni comportando anche uno straordinario incremento delle attività collegate alla concessione di finanziamenti e delle attività complementari caratterizzate dall’imponente lavoro di catalogazione delle ville venete e dall’organizzazione di attività promozionali quali mostre, convegni, concerti e pubblicazioni. Tra i passaggi fondamentali della storia dell’Istituto vi è la decisione di adottare un bando che sancisce forme agevolate di finanziamenti, in particolare laddove si prevede la concessio-
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
ne di mutui e contributi a fondo perduto. Nei primi sei mesi del 2009 i finanziamenti per mutui e contributi da destinare ad interventi di recupero, restauro e valorizzazione hanno raggiunto i 7 milioni di euro, che si stima possano generare opere “cantierabili” complessive per un valore superiore ai 20 milioni di euro. Altro passaggio di rilievo per la strategia politica dell’Istituto si ha con la siglatura dell’accordo di programma tra Regione Veneto, I.R.V.V., Associazione Ville Venete e Associazione Dimore Storiche Italiane, che impegna i sottoscrittori a incentivare la conoscenza del patrimonio, a promuovere l’attività di recupero diffuso e di restauro, nonché la salvaguardia dell’ambiente che circonda le Ville, a promuovere e valorizzare le attività di fruizione, le iniziative di offerta culturale e turistica e le attività di studio, di ricerca e di documentazione. L’I.R.V.V. fornisce inoltre una dettagliata schedatura dei beni tutelati ed uno sportello virtuale a sostegno dei proprietari delle ville, siano essi privati o pubblici, per sostenere ed implementare la fruizione delle Ville. “Nessun bene è destinato a durare senza una funzione”, si legge infatti nel Report quinquennale 2000-2005 sull’attività dell’Istituto, “Ville, palazzi e dimore storiche non avranno futuro senza che esse siano vissute. Questa la premessa più importante per comprendere i motivi dell’assegnazione di contributi e patrocini da parte dell’Istituto Regionale per le Ville Venete. Essi rappresentano il dovuto riconoscimento a tutti coloro che sono stati in grado di promuovere attività artistiche e culturali in villa e di diffondere la conoscenza della civiltà delle ville venete.” Sotto la co-direzione dell’I.R.V.V. è stato inoltre costituita nel 2002 l’Associazione “Ville d’Italia” (www.villeditalia.net) che riunisce l’Istituto Regionale per le Ville Tuscolane, l’Ente per le Ville Vesuviane e i principali soggetti pubblici e privati impegnati nei vari ambiti regionali in azioni di promozione e valorizzazione del sistema Ville d’Italia.
Nell’ambito del milanese sono esempi di reti di beni culturali Regis (la Rete dei Giardini storici), la “Rete museale dell’’800 Lombardo”, la rete delle “Case Museo di Milano”, l’Associazione per la gestione del Sistema Culturale Integrato Nord Milano. La più significativa esperienza specificatamente dedicata all’integrazione e valorizzazione di ville nel milanese é quella rappresentata dal “Sistema integrato delle ville gentilizie del Nord Milano”, al cui iter formativo promosso dalla Direzione Generale Culture Identità e Autonomie della Regione Lombardia, hanno contribuito anche gli estensori delle presenti note (come gruppo di lavoro diretto da Cestec). Le attività di ricerca sono state dirette da IReR. L’assunto di partenza è stato quello di considerare le ville gentilizie come possibile risorsa per la riqualificazione del territorio. L’attività della ricerca-azione che ne è seguita ha indagato come promuoverne l’organizzazione e la valorizzazione in una logica di sistema e in una prospettiva di sostenibilità economica. A partire dalla descrizione del contesto territoriale di riferimento e delle peculiarità storiche, artistiche e ambientali di questi beni, tenendo conto dei progetti di integrazione realizzati in altri contesti, si è giunti alla definizione di un
master plan di azioni progettuali che possono trovare applicazione nella specificità delle ville e a una valutazione del costo economico degli interventi. Il sistema è nato “ponendosi l’obiettivo di rispondere all’esigenza di realizzare un percorso procedurale e metodologico innovativo per la realizzazione di un processo di integrazione a rete, utile anche al convolgimento successivo di altri soggetti, pubblici e privati, nazionali e internazionali appartenenti alla filiera allargata della cultura e del turismo”. Fanno attualmente parte del sistema Villa Visconti Borromeo, Litta (Lainate), Villa Crivelli, Pusterla (Limbiate, Mombello), Villa Tittoni Traversi (Desio), Palazzo Arese Borromeo (Cesano Maderno) e Villa Arconati (l’unica di proprietà privata) di Bollate. Con il Comune di Cesano Maderno in qualità di capofila, e il coinvolgimento degli altri proprietari (cui si è aggiunta la Provincia di Monza e Brianza), il progetto di sistema è stato presentato ad un Bando di Fondazione Cariplo, ottenendo un finanziamento di € 755.280 a fronte di un preventivo di spesa complessivo di € 1.570.878,39.
7. Settis 2002, p. 79. 8. Pallavicini 2004, p. 119. 9. Degiarde-Hinna 2009.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
DG CULTURE, IDENTITÀ E AUTONOMIE DELLA LOMBARDIA
referente: arch. Ninfa Cannada Bartoli Sistemi della conoscenza dei beni culturali, coordinatrice del programma di valorizzazione delle “Ville Storiche del Nord-Ovest di Milano e dell’area di Como”.
I NUOVI INDIRIZZI DELLA POLITICA DI VALORIZZAZIONE DI REGIONE LOMBARDIA: RETI PER LA COSTITUZIONE DI SISTEMI CULTURALI INTEGRATI. IL CASO DELLE VILLE GENTILIZIE DEL NORD-OVEST DI MILANO I beni culturali, valutati come risorsa potenziale del territorio, con quale approccio e secondo quali opzioni programmatiche rientrano nel programma di valorizzazione intrapreso da Regione Lombardia? “Numerosi esempi di “buona pratica” dimostrano come l’investimento sul patrimonio culturale produca benefici economici e occupazionali per il territorio. A tal fine è tuttavia necessario impiegare competenze interdisciplinari e metodologie adeguate di valutazione ex-ante degli interventi, degli effetti indotti e degli impatti a lungo termine, che tengano conto della specificità del patrimonio culturale e della necessità di conciliare la redditività dell’investimento con le esigenze di tutela del bene. Siamo in un momento in cui ad una evoluta cultura del restauro deve corrispondere una altrettanto evoluta capacità di fare essenzialmente tre cose: 1) individuare destinazioni d’uso, compatibili con il bene, attente alle opportunità (ma anche alle possibili interferenze critiche) provenienti da un territorio più ampio di quello comunale; 2) produrre una valutazione economica in grado di ridurre costi e diseconomie, accrescere il tasso di autofinanziamento, migliorare efficienza ed economicità di gestione; 3) proporre e individuare attività in grado di creare valore e nello stesso tempo garantire nel tempo la sostenibilità dell’intervento, ovvero la trasmissione al futuro del patrimonio culturale”. Ciò sembra andare esattamente nella direzione espressa da molti Amministratori Locali, che manifestano l’esigenza di ridurre l’onere di gestione comportato dalla proprietà delle ville. Quali criteri e linee di intervento si sentirebbe di suggerire? La cooperazione con altri attori, anche a sca-
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la sovracomunale, allo scopo di rafforzare le singole realtà attraverso un’offerta culturale integrata. Ciò è particolarmente importante per la valorizzazione del patrimonio diffuso dove le Amministrazioni locali esprimono l’esigenza di un supporto “consulenziale” sia sul versante dei modelli gestionali, che sul versante dell’intervento di restauro vero e proprio. In questo senso Regione Lombardia ha contribuito a far crescere cultura e strumenti per la cooperazione sia sotto il profilo della ricerca applicata, sia sotto il profilo delle politiche culturali. L’approccio cooperativo e sistemico, già sperimentato per le biblioteche, si è esteso, nella passata legislatura, ai musei, fino a prevedere, in alcune realtà territoriali, veri e propri sistemi integrati di offerta per la promozione del territorio e dello sviluppo locale. Con il passaggio di legislatura, alla luce dei punti di forza e di debolezza emersi dagli interventi di carattere puntuale realizzati tra il 1999 e il 2005 attraverso gli Accordi di programma, si è avviato, in forma sperimentale, un programma di valorizzazione di “area vasta” finalizzato a incentivare forme organizzative sistemiche per il patrimonio culturale diffuso, allo scopo di favorire le condizioni per la “redditività dell’investimento in cultura”. (Il primo e più importante intervento di “area vasta” è stato l’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale-AQST per la realizzazione degli interventi riguardanti “La valorizzazione culturale del Lago di Como e in particolare dell’area dei Magistri Comacini”). In particolare, proprio per quanto riguarda le ville, una importante proposta, accolta dal DPEFR del 2006-2008, è stata quella di focalizzare un programma di valorizzazione sul patrimonio lombardo di questa categoria di beni, troppo poco conosciuta se non nelle aree a più alto afflusso turistico. L’intervento è stato circoscritto a due aree ricche di Ville storiche: il Nord-Ovest di Milano e il Lago di Como, scelte in ragione delle loro dimensioni profondamente diverse sotto il profilo paesag-
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
gistico, economico, della geografia insediativa, dello sviluppo turistico e, non ultimo, delle caratteristiche e delle destinazioni d’uso delle Ville. Nel 2006 è stato dunque avviato un ambizioso programma finalizzato a dare impulso alla realizzazione del “Sistema culturale integrato per la valorizzazione delle Ville Storiche del Nord-Ovest di Milano e dell’area del Lago di Como”. L’intervento è stato successivamente esteso, nel 2008-2009, a tutta l’area della nuova Provincia della Brianza, al di là della sola Brianza-Occidentale precedentemente coinvolta. L’obiettivo è la realizzazione di un sistema, in grado di ampliare la fruizione delle Ville, potenziando gli strumenti di conoscenza e divulgazione e promuovendo le condizioni di valorizzazione culturale nel rispetto delle esigenze di tutela dei beni, di sostenibilità economica degli interventi e di sviluppo socio-economico dei territori interessati”. Quali sono state, in concreto, le azioni svolte nel quadro di questo programma? “Nell’area vasta del Nord-Milano il programma ha previsto: 1) una indagine di carattere conoscitivo sulle Ville Gentilizie nell’area (2006-2007); 2) la diffusione sul sito www. lombardiabeniculturali.it di itinerari tematici e territoriali, finalizzati a promuovere la conoscenza dei beni, a partire dalle informazioni comprese nella banca dati SIRBeC- Sistema Informativo e dai materiali messi a punto nella prima fase (2007-2008); 3) La sperimentazione di un “servizio di consulenza in tema di gestione e valorizzazione dei beni” ai referenti istituzionali dell’area vasta e ai proprietari pubblici e privati (2007-2008). Le prime due fasi, che hanno compreso anche un’analisi del contesto e dei relativi programmi di sviluppo a scala, sono state realizzate, a partire dalla banca dati della Provincia di Milano, con il supporto del Centro Studi PIM e dell’ISAL - Istituto per la Storia dell’Arte Lombardia. La sperimentazione di un “servizio di con-
sulenza in tema di gestione e valorizzazione dei beni” rivolta ai referenti istituzionali e ai proprietari pubblici e privati dell’area presa in esame vasta (2007-2008) è stato svolta da due gruppi di lavoro coordinati da IReR-Istituto Regionale di Ricerca della Regione Lombardia, in collaborazione con Cestec. Gli esiti della ricerca/accompagnamento svolta in questa fase, per i motivi di interesse anche metodologico che rivestono, sono stati raccolti in volume1. Ma quel che più conta è che sulla base di questi studi e secondo la metodologia sperimentata si sia riusciti a passare ad una fase attuativa. Cinque importanti ville: Villa Visconti Borromeo Litta, a Lainate; Villa Arconati, a Bollate; Villa Crivelli Pusterla, a Limbiate; Villa Tittoni Traversi, a Desio; Villa Arese Borromeo, a Cesano Maderno, quattro pubbliche ed una privata, con la collaborazione anche della provincia di Monza Brianza, sono infatti riuscite, nel febbraio 2009, ad aggiudicarsi un contributo di Fondazione Cariplo per circa 670.000 euro, su un totale di circa 1.600.000, e stanno ora operando congiuntamente nel segno delle linee guida tracciate dallo studio diretto da Regione Lombardia”. Come si è arrivati a questo risultato, quali sono stati i punti di forza a cui si appoggiata tale esperienza? IIl censimento condotto nel 2006 nell’area vasta del Nord-Milano, ha permesso di individuare ben 209 Ville di valore storico monumentale variabile, ma comunque di grande significato come testimonianza di un modo di insediamento che ha caratterizzato in maniera profonda il contesto territoriale, sociale e produttivo, in stretta connessione con lo sviluppo di Milano. Il senso di quella presenza è ancor oggi rilevante sotto molteplici aspetti: per il significato storico che le ville assumono all’interno dei rispettivi contesti; per la loro bellezza e per il loro valore artistico, in molti casi ampiamente riconosciuto al di là del ristretto ambito locale;
in alto, Una pagina dedicata alle “Ville Gentilizie del Nord Milano” sul sito web lombardiabeniculturali.it. nella pagina precedente, Villa Reale di Monza, Sala di Compagnia.
per la qualità storica e ambientale dei parchi e delle pertinenze. La fase conoscitiva ha permesso di restituirne la varietà e la ricchezza, i loro profondi legami con la storia e la cultura di Milano, le potenzialità che possono ancora esprimere, se adeguatamente interpretate. Benché sia oggetto di una imponente bibliografia, la storia e la presenza delle ville milanesi non è adeguatamente nota, mentre rappresenta un fondamentale spaccato di quattro secoli di storia della Lombardia. Le nostre Ville presentano qualità esemplari, confrontabili con quelli delle più note Ville Venete, e in grado di attrarre importanti flussi di visitatori: cittadini residenti nell’area metropolitana e turisti. Con questa consapevolezza si è avviata la fase sperimentale dell’intervento, finalizzata a costituire un
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
primo nucleo del Sistema culturale integrato, e a mettere a punto metodologie di analisi e valutazione replicabili anche in altri contesti. Per la sperimentazione avviata nel 2007 è stato identificato un sottoinsieme “denso” dell’area del Nord-Ovest di Milano, comprendente parte del Rhodense, della Brianza Ovest e il territorio del Parco delle Groane, che costituisce il fondamentale raccordo tra le due aree. Da più di dieci anni, inoltre, in quest’area è presente e attivo il Polo culturale Insieme Groane, promosso dalla Provincia di Milano, costituito da nove comuni che svolgono un’azione coordinata di valorizzazione del patrimonio culturale anche con la realizzazione congiunta di eventi culturali, tra i quali il più importante e conosciuto è il Festival di Villa Arconati. La consolidata cultura della cooperazione espressa dal Polo culturale Insieme Groane, insieme alla presenza della Provincia di Monza e Brianza costituiranno i più importanti punti di forza per la realizzazione del Piano per la valorizzazione integrata delle cinque Ville che, oltre a essere siti di grande pregio, sono accomunate dal fatto che i soggetti proprietari hanno espresso da tempo una domanda di valorizzazione, impegnandosi sia in onerose opere di acquisizione e conservazione, sia nella definizione di piani di valorizzazione dei singoli edifici. Va comunque segnalato che, se si eccettua il caso di Villa Arese Borromeo a Cesano Maderno, questi piani si sono limitati ad individuare destinazioni d’uso parziali”. Quale si immagina potrà essere il significato della rete all’interno del contesto territoriale in cui si trovano? “Ciò che assegna a queste Ville una singolare quanto rilevante complessità è la loro localizzazione, che permette più facilmente di prefigurarne la futura valorizzazione in un più ampio contesto di carattere metropolitano. L’area del Nord- Ovest Milan è oggetto, come noto, di profondi cambiamenti conseguenti alla ricon-
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versione delle aree industriali dimesse. Il nuovo Polo fieristico Pero-Rho ne rappresenta l’esempio più emblematico e recente, e prefigura gli sviluppi dell’area in vista dell’EXPO 2015. Proprio in considerazione delle complessive strategie di sviluppo dell’area e, in particolare, degli impatti e dei fabbisogni determinati dal nuovo insediamento fieristico, le cinque Ville, insieme ad altre Ville di pregio localizzate nel-
l’area (penso per esempio alla Valera di Arese o alla Villa Borromeo di Senago), possono diventare una vera “risorsa del territorio” sia per i valori collegati alla loro riscoperta e quindi al potenziamento di un’offerta culturale per i territori di appartenenza, sia per i valori che il sistema-ville può assumere come attrattore di funzioni insediabili di interesse metropolitano”. Quali sono stati i passaggi necessari per ottenere la convinta adesione all’ipotesi di costituire una rete integrata tra più soggetti, tradizionalmente
gelosi della loro autonomia quando non addirittura rivali non campanile? “La sperimentazione del servizio di consulenza ai proprietari delle Ville si è articolata su tre livelli: l° Livello - Interlocuzione con i referenti istituzionali dell’area vasta presa in esame - Provincia di Milano, Progetto Monza e Brianza (attuale Provincia di Monza e Brianza) e Poloculturale Insieme Groane - per la condivisione degli obiettivi e la verifica dei nodi critici e delle esigenze di supporto/consulenza. Sono stati confermati alcuni nodi critici: - le destinazioni d’uso dei beni e i costi di gestione degli stessi - la necessità di potenziare gli interventi per la fruizione pubblica già in corso 2° Livello - Ricostruzione della storia recente e dei problemi aperti per ciascuna Villa sotto il profilo architettonico, gestionale e fruitivo allo scopo di portare un fondamentale contributo alle ipotesi di valorizzazione in una chiave sistemica con: - l’individuazione di potenziali destinazioni d’uso delle Ville - la valutazione del posizionamento strategico delle Ville nel contesto territoriale Con i referenti istituzionali dell’area vasta e con i proprietari pubblici e privati dei beni, sono stati discussi i seguenti criteri per delineare i potenziali di valorizzazione delle Ville: - la valorizzazione delle Ville non può ridursi a un problema locale, ma si deve declinare rispetto al grande tema del riequilibrio territoriale e del decentramento di funzioni di eccellenza nell’area metropolitana milanese - qualsiasi opzione di valorizzazione, stante i costi gestionali dei beni presi in esame, deve interpellare i diversi soggetti e attori del territorio, alla ricerca di destinazioni capaci di affiancare il significato monumentale che le caratterizza a nuovi valori anche sovracomunali - devono essere create condizioni che permettano al pubblico di riscoprire le Ville nel
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
IL SISTEMA CULTURALE INTEGRATO DELLE VILLE DEL LAGO DI COMO Il tema della valorizzazione delle Ville localizzate sul Lago di Como e in gran parte aperte al pubblico e già meta, in alcuni casi, di consistenti flussi turistici, è certamente “più semplice”. Esso è compreso, tra l’altro, in un intervento più ampio, quello del primo Accordo di Programma di Sviluppo territoriale per la valorizzazione culturale del lago di Como, denominato “Magistri Comacini”, in cui per la prima volta il patrimonio culturale costituisce la leva per innestare politiche di riequilibrio territoriale, attraverso una tendenziale redistribuzione dei flussi turistici dal Lago di Como verso le meno note mete dei versanti rivieraschi. L’obiettivo è quello interconnettere in rete, con la costituzione di un’associazione a carattere consortile, le diverse proprietà, allo scopo di incrementare la fruizione che già in molti casi garantisce interessanti livelli di redditività, di razionalizzare e ridurre le spese di gestione, di migliorare l’attività di conservazione e manutenzione degli edifici e dei parchi attraverso, anche in questo caso una gestione condivisa degli interventi. L’intervento ha dunque previsto: l. la mappatura/catalogazione delle più importanti Ville del lago con un duplice obiettivo: a. La loro valorizzazione attraverso itinerari tematici e territoriali e la loro pubblicazione sul sito web: www.lombardiabeniculturali.it b. La verifica della disponibilità dei proprietari dei beni all’apertura delle Ville e l’interesse alla costituzione di una rete per la fruizione integrata delle stesse 2. L’accompagnamento dei proprietari dei beni, propensi alla costituzione di una rete, per la definizione degli obiettivi dell’integrazione e di un modello giuridico e organizzativo sostenibile. La costituzione dell’ Associazione consortile tra i proprietari delle Ville è attualmente in fase di perfezionamento, anche nelle sue relazioni con l’area territoriale più ampia dei “Magistri Comacini”.
loro valore storico e artistico. Per favorirne la visibilità, l’accessibilità e la fruizione stessa, le logiche di azione devono dispiegarsi a livello di rete o sistema. 3° Livello - Proposta di Piano per la valorizzazione integrata delle cinque Ville, che ha coinvolto, nella sua elaborazione e condivisione, i referenti istituzionali del territorio, i proprietari e le associazioni già impegnante nelle attività di promozione e valorizzazione dei beni”. Quali sono i contenuti che sostanziano il sistema delle ville immaginato? Come lavora la rete? “A partire dai materiali conoscitivi prodotti nelle fasi precedenti e dalle valutazioni relative ai potenziali d’uso e di valorizzazione in una prospettiva sistemica, il piano ha definito: - un percorso procedurale e metodologico innovativo per la realizzazione di un processo di integrazione in grado di estendersi in un secondo momento anche ad altri territori e soggetti, pubblici e privati. - progetti di integrazione “modulari” comprensivi del relativo piano economico, in grado di essere avviati progressivamente in relazione
alle volontà e alle risorse dei referenti istituzionali e dei proprietari. - valutazioni sull’impatto e sui vantaggi economici dell’integrazione rispetto alla gestione separata di ciascuna Villa e linee guida per la copertura finanziaria, comprensive di scenari relativi ai ricavi da bigliettazione”. L’esito di questa iniziativa, ora alle sue prime fasi attuative, si profila positivo. Quali sono le prospettive e gli auspici per il suo prosieguo? “Il primo auspicio è che il metodo seguito, qui sinteticamente descritto, possa essere di interesse per una successiva implementazione in altri contesti, anche al di fuori della Lombardia. Il bilancio di questa prima sperimentazione ci sembra, comunque, positivo sia per il metodo di lavoro che ha previsto la “costante circolarità delle informazioni tra ricerca e ricerca azione”, ovvero il costante confronto con i referenti del territorio sullo sviluppo della ricerca e sui suoi risultati; sia per i primi esiti progettuali, conseguiti su basi di valutazione solide, condivise e replicabili in accordo con i proprietari dei beni e i referenti istituzionali.
L’impostazione del lavoro appare oltretutto in sintonia con i nuovi obiettivi di programmazione dei Fondi Strutturali, in cui vengono incentivate, tra le progettualità locali volte alla promozione di un turismo sostenibile, quelle che integrino beni culturali, ambiente e paesaggio in una logica di riequilibrio territoriale La costituzione del primo nucleo del Sistema culturale integrato delle Ville Gentilizie del Nord-Milano, tanto più nella prospettiva dell’EXPO 2015, ci invita dunque a compiere un passo ulteriore: quello di estendere l’iniziativa all’intero territorio della Brianza, coinvolgendo Villa Reale di Monza, riferimento imprescindibile per il futuro Sistema culturale integrato delle Ville Gentilizie del Nord-Milano e della Brianza”.
1. Il sistema integrato di organizzazione e valorizzazione delle ville gentilizie del nord Milano, a cura di Elvina Degiarde e Alessandro Hinna, Guerini Associati, 2009.
nella pagina precedente, Villa Casati Stampa a Cinisello Balsamo.(Fonte: ISAL)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
CONSORZIO VILLA REALE E PARCO DI MONZA
Direttore generale
dott. Pietro Petraroia Quando e con quali finalità nasce il Consorzio? “Il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza è stato costituito il 20 luglio 2009; la seduta di insediamento del Consiglio di Gestione si è tenuta il 20 settembre; pertanto siamo proprio ai primi passi. Fra le prime attività di carattere organizzativo che il Consorzio sta svolgendo vi è la stesura del “piano strategico di sviluppo culturale”, che avrà a breve (vale a dire con la formazione del bilancio 2010-2012) stretta connessione anche con l’attività espressa in cifre. Tra gli atti fondamentali che hanno portato alla decisione di costituire il Consorzio va menzionato l’Accordo Strategico stipulato nell’estate del 2008. Si tratta di un atto molto importante dal punto di vista amministrativo e culturale perché costituisce il presupposto diretto della costituzione stessa del Consorzio e dell’individuazione delle sue finalità. Tra gli obiettivi fondamentali individuati dall’Accordo emerge in primo luogo l’attività di recupero e restauro della villa e del parco; questo obiettivo può e deve essere innovativamente inquadrato nella normativa di indirizzo statale in materia di valorizzazione del patrimonio culturale, in particolare gli art. 112 e 115 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. La forma consortile è appunto quella prevista, o in qualche modo raccomandata, dal “Codice dei beni culturali”. Esso fornisce la cornice giuridica all’interno della quale è possibile tracciare un percorso che va dalla realizzazione di accordi strategici di valorizzazione tra più soggetti pubblici (ed eventualmente privati), da un lato - e qui mi riferisco soprattutto all’art. 112 - alla costituzione anche di soggetti specifici, che è più direttamente regolata nell’art. 115 del Codice. In sostanza ognuno degli enti proprietari (in
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modo distinto o con proprietà indivisa) della Villa Reale e del Parco di Monza conferisce al Consorzio - non in proprietà ma in gestione per la valorizzazione - la quota di cui ha disponibilità. Questo consente al Consorzio di disegnare un percorso strategico unitario, che deve anche essere reso compatibile con diversi stakeholders e con quadri normativi che vanno armonizzati. In particolare occorre tener conto del fatto che il Consorzio è stato costituito come soggetto pubblico. Per esplicitare l’importanza di questo punto basti dire che i soggetti consorziati hanno avuto la possibilità di mettere a disposizione loro personale per il Consorzio, secondo varie modalità, purché compatibili con la natura pubblicistica dell’ente. Lo statuto del Consorzio prevede un nucleo di consorziati promotori, ai quali potranno aggiungersi eventuali ulteriori soggetti, senza la qualifica di promotori. La differenza è significativa e ha la sua ragione nel fatto che i consorziati promotori sono essenzialmente i proprietari e di conseguenza sono coloro che con maggior titolo stabiliscono l’indirizzo strategico e le attività del consorzio. Il Consorzio nasce, come già detto, per garantire il recupero e la valorizzazione della Villa Reale di Monza attraverso il miglioramento della conoscenza, della fruizione pubblica, delle condizioni di conservazione, secondo i tre capisaldi dell’azione di valorizzazione enunciati dall’art. 6 del Codice. Oltre al compito fondamentale del recupero e della valorizzazione della Villa Reale di Monza, dei Giardini Reali, del Parco sono previste anche altre funzioni di rilievo, tra le quali quella di facilitare, stimolare, incoraggiare forme di interazione con il sistema territoriale, con particolare riferimento al sistema delle “ville di delizia” del nord Milano. Si tratta di un’attività individuata tra i principali compiti del consorzio, al pari della promozione della ricerca scientifica applicata alla valorizzazione del patrimonio culturale. Inoltre il Consorzio, anzitutto attraverso la sua propria
sede, può esercitare un’azione di valorizzazione anche di altri beni culturali che siano di proprietà degli enti consorziati ovvero persino di soggetti privati. Il Consorzio può diventare un partner, un interlocutore di natura pubblica in un processo di valorizzazione nel quale il disporre di un compendio territoriale di poco meno di 700 ettari, popolato di edifici di pregio (il principale dei quali, ma non il solo, è la Villa Reale), costituisce una possibile leva di supporto all’attività di promozione del patrimonio culturale che è nella complessiva disponibilità dei soggetti consorziati. Viene quindi a costituirsi una specie di volano che può legare, attraverso forme di relazione e collaborazione, anche patrimoni culturali appartenenti agli enti consorziati, ordinariamente esterni al compendio della Villa Reale e del Parco, e che può collegarsi ad una attività di cooperazione con il patrimonio culturale del territorio. In particolare, all’art. 2 dello statuto del Consorzio, in adempimento anche ad un impulso dato con l’accordo strategico del 2008, è previsto che il Consorzio, con i beni di cui riceve la disponibilità per la valorizzazione, abbia un ruolo nella promozione di Expo 2015. In primo luogo si è pensato allo sviluppo di attività di rilievo internazionale inerente convegni e forum. Ma sul tema mi sento di introdurre una suggestione personale: la storia stessa della Villa Reale di Monza e del suo Parco, opportunamente riletta e interpretata, ci dà una significativa e avvincente pista di lavoro inerente proprio i due temi principali di Expo 2015, “nutrire il pianeta” e “energia per la vita”, a partire dal fatto che lo stesso acquisto per porzioni progressive del parco, disposto a partire dal 14 settembre 1805 da Eugenio di Beauharnais, ha avuto proprio il significato e l’obiettivo di promuovere una azione sperimentale nel campo delle coltivazioni agricole. Sarebbe interessante capire come nei secoli questa traccia sia rimasta presente, ripresentandosi quasi come la riemersione da un filone carsico nel-
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
la storia, visto anche, ad esempio, che tuttora l’Università Statale di Milano - Facoltà di Agraria ha in comodato perpetuo una porzione del Parco. D’altra parte abbiamo anche assistito a un’innovazione significativa del Master Plan Expo 2015 che ha potenziato la componente tematica dell’agricoltura di prossimità in rapporto all’alimentazione, mantenendo l’idea della via d’acqua, e rendendo meno incisiva la componente edilizia di grande cubatura. Questa relazione tra l’acqua, l’agricoltura e l’alimentazione è fortemente presente, di fatto, nell’assetto originario del Parco e tutt’oggi nonostante le profonde alterazioni intervenute soprattutto nel Novecento - queste presenze ci appaiono realtà pregiate non soltanto nello specifico storico-culturale, ma anche per la loro stessa diversificazione, sebbene siano tra di loro così fortemente scoordinate, da rendere ormai indispensabile un’azione di rilettura e integrazione progettuale”. Il Consorzio, dunque, prevede di poter intervenire in favore di azioni di sostegno e interazione con il territorio ed in particolare con il sistema delle ville di delizia del nord Milano. Che idea si è fatto delle problematiche specifiche di questo patrimonio? “Un primo spunto deriva dall’osservazione che per la maggioranza delle dimore storiche di quest’area del nord Milano molti proprietari sono privati e hanno, almeno in alcuni casi, interesse ad aprire la propria dimora al pubblico. Nel formarsi delle decisioni in questo senso vengono valutati elementi come il tempo richiesto dalla gestione delle attività, i costi,
le opportunità di ricavi in rapporto ai rischi per la sicurezza ed alla parziale perdita di privacy, etc. Negli anni passati ho avuto diverse occasioni di colloquio con proprietari pubblici e privati di ville e la mia percezione è che, tra i proprietari privati, sono forse più propositive le società immobiliari rispetto ai soggetti familiari, perché vivono una cultura imprenditoriale e dispongono di proprie strutture operative. Nello stesso tempo gli immobiliaristi potrebbero essere più esposti al rischio di agire con modalità non rispettose di un altro punto dell’art. 6 del “Codice dei beni culturali”, quello che prevede che gli interventi di valorizzazione devono essere compatibili con le esigenze della tutela. Vorrei segnalare che è su questo che, secondo me, si gioca la capacità del governo nazionale e dei governi regionali di introdurre un passaggio innovativo. Il sistema autorizzatorio attualmente in essere non è basato su norme tecniche e linee guida chiare ed univoche ed è, al contrario, talmente poco prevedibile nel definire quali siano le esigenze della tutela soprattutto riguardo al patrimonio architettonico, da generare talvolta diffidenza e sfiducia negli eventuali investitori privati rispetto alla promozione di interventi di valorizzazione su beni vincolati, sebbene l’iniziativa privata sia non soltanto prevista, ma anzi incoraggiata dal “Codice dei beni culturali”. Purtroppo il testo di legge cui mi sto richiamando non è molto conosciuto anche se dovrebbe essere attentamente esaminato e frequentato. L’art. 111 del Codice specifica infatti in quale modo le finalità generali di valorizzazione fissate all’art. 6
debbano poi concretamente esplicitarsi e in entrambi i casi è comunque prevista l’iniziativa di valorizzazione del patrimonio pubblico anche da parte di soggetti privati. L’iniziativa di valorizzazione dei beni culturali anche pubblici da parte di privati è anzi considerata “socialmente utile e ne è riconosciuta la finalità di solidarietà sociale”: questo in qualche modo adombra la possibilità di un regime fiscale forse paragonabile a quello di una onlus, senza però che vengano esplicitate all’interno del Codice modalità precise per ottenere un tale riconoscimento ed i vantaggi conseguenti. Credo che il governo nazionale dovrebbe esplicitare nel modo più semplice le procedure da seguire e ridurle davvero all’essenziale. Iniziative che volessero facilitare a livello di rete territoriale l’accesso a questi strumenti di sgravio fiscale (come sportelli reali o virtuali di consulenza) sarebbero estremamente utili per captare, nonostante le crisi, la disponibilità di sponsor ma anche di investitori o di fondazioni di origine bancaria. Per quanto riguarda poi le iniziative di carattere gestionale trovo utile proporre, anche ai privati proprietari di ville, la possibilità di sfruttare forme di economia di scala derivanti dalla messa in rete di più ville. A tal proposito, nell’ambito di sodalizi come l’“Associazione Dimore Storiche Italiane”, oppure “Ville e Castelli aperti in Lombardia” o altre associazioni consimili, andrebbero identificati nel territorio regionale gruppi di proprietari disponibili ad un intervento imprenditoriale riguardante l’utilizzazione delle proprie dimore storiche mediante la creazione, sia pure sperimentale, di
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un circuito che proponga ad esempio il “vivere in villa”. Se dovessi dare un consiglio a qualche proprietario che abbia un simile interesse, in prima battuta gli suggerirei di valutare la possibilità di consociarsi con altri in consorzio secondo criteri di prossimità territoriale. Una soluzione di questo tipo, senza che alcuno perda la piena disponibilità dei propri beni, consentirebbe di conferire al nuovo soggetto comune la gestione di quei servizi che ha senso condividere (talune forniture, comunicazione, prenotazioni on-line, approvvigionamenti alimentari, programmazione personalizzata di visite turistiche, etc.) sfruttando peraltro il vantaggio dell’accresciuta forza contrattuale nei confronti dei fornitori di beni e servizi, rispetto ad iniziative gestite da singoli e in modo discontinuo. Allo stesso modo, all’interno di una rete, diventa più facile organizzare itinerari e altri servizi per la “vita in villa” che ad oggi forse nessuno dei proprietari può permettersi di gestire in proprio. Questo approccio - più diffuso altrove in Italia e in altri Paesi - sarebbe sicuramente un aiuto alla valorizzazione delle ville della Brianza storica, anche in vista di Expo 2015, e potrebbe fin da ora generare un mercato turistico nuovo ed attrattivo. Naturalmente il tipo di residenzialità tipico di una villa si discosta talvolta anche molto da quello di un hotel di tipo internazionale: ad esempio potrebbero non esserci i servizi in stanza (ed altre comodità di tipo alberghiero), ma persino questo può costituire un’efficace differenziazione dall’esperienza più usuale. Una proposta così, naturalmente, non deve essere confusa con l’ipotesi di trasformare le ville in alberghi, tutt’altro; semmai si tratta di proteggere le ville dal diventare albergo, riproponendo invece in esse uno stile di vita “lento” e culturalmente qualificato non soltanto nell’ambientazione di pregio storico ma anche nel richiamo alla tradizione gastronomica locale, con un’offerta integrata come forse in Italia è possibile assicurare in modo decisamente competitivo.
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Un fatto che vorrei sottolineare per il rilievo strategico assunto è l’azione svolta dalla Fondazione Cariplo per la promozione dei cosiddetti “distretti culturali”, una linea d’azione ideata dalla Fondazione anche grazie al confronto con Regione Lombardia e Politecnico di Milano. Non molto distante da Monza, ad esempio, c’è un distretto recentemente riconosciuto dalla Fondazione che interseca il Parco delle Groane e la Brianza; sarebbe auspicabile che in futuro nascessero accordi tra il “Consorzio Villa Reale e Parco di Monza” e realtà di questo tipo in Lombardia. Potranno essere accordi riguardanti la bigliettazione, la fruizione, la comunicazione, la guardiania, le visite guidate, i mezzi di trasporto locali, magari con veicoli non inquinanti, etc., ma anche progetti culturali complessi a sviluppo multipolare. Le iniziative di aggregazione di questo tipo sono benvenute anche nelle pubbliche amministrazioni. Ci sono inoltre le reti che chiamerei “tematico professionali”, per esempio la Rete dei Giardini Storici (ReGiS), la Rete museale dell’800 lombardo, etc.; questi sono contesti nei quali si possono creare non solo singole azioni condivise - che già per il fatto di essere tali arricchiscono l’offerta - ma si può arrivare alla formazione di community professionali, cioè gruppi di persone professionalmente affini che coltivano un lessico comune, un quadro di riferimento metodologico condiviso, costruito sussidiariamente, che può portare anche alla definizione di proposte e di una regolamentazione tecnica per le attività di valorizzazione: qualcosa che oggi manca totalmente”. L’allusione alla necessità di disporre di un linguaggio comune, o quanto meno l’esigenza di trovare momenti di confronto sulle tematiche della tutela e della valorizzazione, assai ostiche per le Amm. Locali meno strutturate, è un tema affiorato già nell’incontro con altri interlocutori. Avverte anche lei questa difficoltà e se sì, quali rimedi suggerirebbe? “Mi permetto di dire che sotto questo profilo
appare oggi particolarmente critica la regolamentazione della tutela e delle connesse procedure. Nelle diverse aree di competenza le Soprintendenze utilizzano procedure e linguaggi troppo disomogenei, ad es. nel farsi presentare progetti di autorizzazione a restauri o per usi particolari di beni culturali, etc. Se all’interno di un vasto territorio (almeno regionale) fosse invece possibile semplificare drasticamente modalità e linguaggi nella relazione con le pubbliche amministrazioni, questo sicuramente agevolerebbe l’interazione di tre soggetti molto importanti: i proprietari, le imprese e i professionisti (fiscalisti, architetti, economisti, storici dell’arte, promotori turistici, etc.), insomma tutti quelli che intervengono per impostare un progetto su scala territoriale, realizzarlo e monitorarlo rispetto ai risultati attesi. Se vi fosse maggiore chiarezza e semplificazione sui criteri tecnici e sulle procedure amministrative - per esempio riguardo alla documentazione necessaria per autorizzare interventi - probabilmente il lavoro delle Soprintendenze sarebbe più facile ed autorevole e l’impiego dei finanziamenti sarebbe più fluido e produttivo. L’obiettivo di facilitare la definizione e l’uso di un linguaggio condiviso tra operatori, fruitori, imprese, docenti, ricercatori è di cruciale interesse, perché riveste un ruolo fondamentale nei processi di integrazione / trasferimento delle competenze e di aggregazione sociale oltre che professionale”. A proposito delle ville pubbliche, è ricorrente la lamentazione degli Amministratori Locali relativamente all’onere di gestione di questi edifici. Nello stesso tempo si fa diffondendo una retorica legata ad una visione aziendalistica dei beni culturali, che va predicando, equivocando sul termine valorizzazione, che questi possono essere messi a profitto, e diventare fonti di chi sa quali introiti. Cosa ha da dire su queste confuse aspirazioni? “John Maynard Keynes, in un bell’articolo del 26 agosto 1936 intitolato “Art and the State”,
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spiega che è assurdo pensare che ci si possa occupare del patrimonio culturale e della creatività artistica solo in vista di una presunta redditività, perché questo non funziona - e lo dice da economista - anzi è approccio che finisce per uccidere la gallina dalle uova d’oro. Occorrerebbe tornare a ragionare su quel testo e magari provare non tanto a fare su di esso un convegno, quanto a tenerne subito conto nelle politiche di programmazione e bilancio, accorgendosi di quanto il richiamo di Keynes possa essere ancora fecondo nel momento in cui affrontiamo il tema della valorizzazione. Vorrei ricordare che, a questo proposito, la normativa italiana ha ingenerato confusione per il fatto che la parola valorizzazione è usata in due contesti giuridici completamente diversi: è utilizzata nella normativa sulla cartolarizzazione dei beni pubblici, alla quale si riferisce l’art. 12 del “Codice dei beni culturali”, ed è utilizzata all’art. 6 del Codice stesso, ma nel senso, questa volta, di valorizzazione culturale: dopo l’emanazione della prima versione del Codice nel 2004 si è provveduto infatti a precisare negli aggiornamenti successivi che si sta parlando di una specifica forma di valorizzazione che ha il “fine di promuovere lo sviluppo della cultura” e non una “crescita di valore di scambio monetario”. Né è detto, peraltro, che tale incremento del valore di scambio davvero non si realizzi, perché un bene valorizzato dal punto di vista culturale acquisisce sovente un’”aura” che ne estende anche la desiderabilità di fruizione o possesso e dunque ne provoca anche un potenziale maggior valore sul mercato”. In ultimo vorremmo da lei una battuta conclusiva, legata alla complessità dell’intervento sui beni del territorio, un processo che anche dal punto di vista burocratico è suddiviso in attività diverse, conoscere, conservare, valorizzare e gestire, ma che, in sostanza, pretende di ritrovare una sua unitarietà per dirsi effettivamente efficace.
“È vero. Rispetto al tema del conoscere ritengo che rendere consapevoli il pubblico e gli amministratori dell’importanza e consistenza di questo patrimonio diffuso sia molto utile, perché mi pare non si abbia una percezione corretta di questo territorio. L’ambito del nord Milano, in particolare, spesso si nasconde nei suoi valori antichi e attuali: attraversandolo non si riesce ad avere dalle strade la percezione di una forma del territorio, perché si susseguono villette o muri di cinta al di là dei quali a volte c’è un capannone industriale, a volte c’è un giardino storico. Se si riuscisse, anche attraverso soggetti che promuovono servizi di carattere turistico e culturale nel territorio, a penetrare almeno virtualmente questi muri, a far conoscere da dove si viene, dove si va e dove si arriva, anche con delle modalità di comunicazione innovative ed appropriate, questo aiuterebbe molto la percezione dei valori territoriali in quest’area, così profondamente trasformatasi nell’ultimo secolo. Sapere che ci sono tante ville è importante anche dal punto di vista meramente immobiliare perché si tratta di un enorme patrimonio potenzialmente disponibile che può andare verso la distruzione o verso la valorizzazione ovvero la tutela ed il godimento pubblico, se si creano accessibilità e occasioni di fruizione. Dal punto di vista della salvaguardia bisogna tener poi in conto che le Soprintendenze, in base alle norme ed ai reali assetti organizzativi loro propri, hanno una funzione insostituibile di ricerca che si lega all’esercizio amministrativo e tecnico della tutela. Certo non si può sempre chiedere alle Soprintendenze di produrre progetti di valorizzazione neppure riguardo ai beni direttamente gestiti, perché in generale non dispongono di tutte le competenze necessarie; ma il loro apporto altamente specialistico dovrebbe divenire sempre più significativo e risolutivo proprio per meglio raccordare tutela e fruizione pubblica del patrimonio culturale sulla base di regole chiare e note, come quelle che proprio
Veduta aerea del Parco di Villa Reale di Monza. nella pagina precedente, Veduta di Villa Reale di Monza. (Fonte: Maps Live)
il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” sembra propugnare, ma che ad oggi non esistono ancora. Produrle e diffonderle sarebbe uno snodo importante in un percorso di riqualificazione complessivo del sistema italiano di tutela e valorizzazione; il caso delle “ville di delizia” potrebbe essere al riguardo un eccellente contesto di ricerca e sperimentazione ed il Consorzio che dirigo, sulla base del suo statuto, potrebbe offrire un contributo molto concreto”.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
PROVINCIA DI MILANO
Assessorato alla Cultura V.le Vittorio Veneto, 2 20124 Milano referente: Vicepres. e Assessessore alla cultura Ing. Novo Umberto Maerna L’attività della Provincia di Milano nell’ambito della valorizzazione del patrimonio artistico e monumentale investe precipuamente l’attività di due assessorati, quello alla cultura e quello al turismo. Mentre il primo organizza e coordina attività di tipo culturale, eventi e manifestazioni, che possono svolgersi presso ville storiche, il secondo propone i monumenti di maggiore attrattività come destinazione per l’attività turistica ed escursionistica, contribuendo in tal modo alla conoscenza e all’apprezzamento diffuso del patrimonio del milanese. L’attività della Provincia nel settore del turismo ha ricevuto recentemente ulteriore impulso a seguito della costituzione del Sistema Turistico metropolitano al cui interno sono stati individuati ambiti territoriali omogenei entro i quali organizzare efficacemente la filiera produttiva che afferisce al settore. Un altro importante ambito dell’attività della Provincia di Milano per la tutela e valorizzazione del patrimonio è rappresentato dalla compilazione del Censimento dei beni architettonici ed ambientali. L’INTEGRAZIONE DI CULTURA E TURISMO PER LA VALORIZZAZIONE DELLE VILLE MILANESI
Poiché la conoscenza puntuale è la premessa imprescindibile per qualunque seria politica di tutela e valorizzazione, occorre rendere merito alla Provincia di Milano per la redazione del Censimento dei beni architettonici ed ambientali. Come si è operato e quali risultati si sono ottenuti nell’ambito dell’attività di catalogazione? “La Provincia di Milano, attraverso un approfondito lavoro di analisi condotto nel corso di diversi anni, ha elaborato un Censimento dei Beni che rappresenta uno strumento fonda-
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mentale per tutelare e valorizzare il patrimonio architettonico e ambientale del territorio provinciale. L’attività del censimento si è svolta a partire dagli anni ‘80 ed è stata tecnicamente affidata a Politecnico di Milano, Centro per i Beni Culturali e Ambientali della Lombardia, Centro Studi PIM e Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda. I risultati del censimento, corredato da documentazione cartografica e fotografica dei beni su tutto il territorio, sono stati inseriti nel Piano Territoriale Provinciale come integrazione conoscitiva. In occasione della costruzione della valenza paesistica del Piano Territoriale di Coordinamento sono state svolte operazioni di verifica e aggiornamento del Censimento dei Beni che hanno portato ad individuare emergenze di carattere storico, artistico e paesistico: edifici religiosi, civili, militari, rurali, ville, parchi e giardini storici, edifici di archeologia industriale, luoghi e scenari della memoria storica, ambiti paesistici complessi. È stata quindi predisposta una banca dati che raccoglie tali emergenze destinata a diventare una misura di conoscenza del Piano, al fine di diffondere la consapevolezza dei valori paesistici e favorire la valorizzazione del paesaggio. Il dettagliato quadro conoscitivo emerso relativamente al sistema delle ville ha messo in luce la grande consistenza, la diffusione su tutto il territorio e il pregio architettonico di questo patrimonio. Nel Repertorio A allegato al PTCP è riportato il sistema dei beni culturali e paesaggistici tutelato ai sensi del D. Lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, con l’elenco di tutti i beni sottoposti a vincoli storici, paesistici e ambientali associati agli estremi dell’atto di vincolo (ad eccezione dei beni ricadenti nel comune di Milano). I beni di interesse artistico e storico e i beni paesaggistici e ambientali vincolati sono georeferenziati cartograficamente e consultabili on-line. Il PTCP vigente evidenzia inoltre anche la presenza di importanti giardini storici, che rappresentano una significativa presenza
nel complesso sistema del verde, individuando oltre 500 giardini con una superficie totale di 2450 ha. Per tutelare, promuovere e valorizzare questo patrimonio si è costituita la Rete dei Giardini Storici – ReGiS – coordinata dal Centro di Documentazione Storica del comune di Cinisello Balsamo, di cui Provincia di Milano è promotrice, insieme alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, e ai comuni di Cesano Maderno, Desio, Lainate e Monza. La Carta Costitutiva è stata sottoscritta l’11 dicembre 2008”. Nell’ottica del decentramento delle attività culturali nel contesto metropolitano sarebbe pensabile organizzare eventi che avessero come teatro le ville? Un calendario di eventi volto a coinvolgere con occasioni diversificate (piccoli concerti, balletto, teatro, conferenze, giornate di studio, etc.) le più interessanti ville del milanese, pubbliche e private, potrebbe rappresentare una iniziativa praticabile? “L’obiettivo di moltiplicare e diffondere sul territorio occasioni di qualificata vita culturale sta alla base del progetto MetroPòli. Nato da una rete di Comuni che condividono un progetto culturale, MetroPòli è un sistema culturale integrato che ha il merito di organizzare e strutturare la vitalità e la proposta che nasce dallo stesso territorio. L’attività di MetroPòli è parte integrante delle politiche culturali della Provincia e costituisce una prova dell’efficacia della “rete”, intesa non solo come circuito di eventi ma anche occasione progettuale delle manifestazioni. Grazie all’ampio consenso di pubblico di queste ultime, MetroPòli è diventata anche una straordinaria occasione per far conoscere beni architettonici e paesaggistici del ricco territorio milanese, attraendo visitatori provenienti sia da Milano sia dai comuni della provincia. Nel variegato calendario di iniziative, sono molteplici le manifestazioni che coinvolgono le ville gentilizie. Fra queste la più importante è quella del “Festival di Villa Arconati”, appuntamento musicale di im-
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portanza internazionale nato nel 1985, anno in cui per la prima volta Villa Arconati viene aperta al pubblico per ospitare concerti di musica classica. Il Festival costituisce la principale fra le tante attività del polo culturale Insieme Groane, nato nel 1996 e punto di partenza per il progetto MetroPòli. La ricca offerta del Polo Insieme Groane propone altre manifestazioni musicali ambientate in ville gentilizie, come il “Concerto aperitivo in Villa” (Villa Visconti Borromeo di Lainate), “Il caffé in Villa con l’artista” (Villa Ricotti, “La Valera” ad Arese), “Note d’autore in Villa Sioli” (Senago), “Musica nelle ville di delizia” (La Valera di Arese, Villa Arconati al Castellazzo di Bollate, Villa Borromeo Visconti Litta di Lainate, Villa Sioli di Senago e Villa Borromeo d’Adda di Solaro). Tutte queste iniziative fanno parte, insieme ad altre, del programma “Musica in rete”, uno strumento di comunicazione volto a documentare tutte le iniziative musicali e di spettacolo che si svolgono nei Comuni del polo culturale Insieme Groane. Il Polo culturale del Castanese organizza “Tesori Nascosti. Incontri inaspettati tra arte e musica”, rassegna musicale che si svolge in diverse sedi, tra le quali Villa Annoni a Cuggiono e Villa Tanzi a Inveruno. Il Polo della Valle del Seveso ha proposto per diversi anni il Progetto Culturale “Storia, memoria, musica e poesia”, e il “Festival di danza e musica antica” promosso dall’Associazione Musicale “Humor allegro”, che mira a valorizzare repertori inediti riproposti in contesti originali con l’ausilio di strumenti musicali d’epoca. Alcune di queste rappresentazioni si svolgono in ville tra le quali Palazzo Arese, Borromeo Arese a Cesano Maderno, Palazzo Rezzonico a Barlassina. Fra le altre iniziative “Foto & Photo” Fotografia in Brianza, rassegna di mostre fotografiche allestite in diversi luoghi, tra i quali Villa Filippini (Besana Brianza), Palazzo Arese Borromeo (Cesano Maderno), Villa Mella (Limbiate). Altre iniziative ambientate in ville nate in rapporto a MetroPòli sono “Brianza Open Jazz Festival”
(Polo del Jazz di Monza e Brianza), che tocca sedi come il cortile di Villa Reale a Monza o di Villa Verri a Biassono, il “Festival del Teatro Urbano” (Polo culturale dei Navigli) che coinvolge anche Villa Terzaghi a Robecco sul Naviglio”. Fondazione Cariplo ha promosso il progetto “Distretti Culturali” (2007), finalizzato a favorire lo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale. Quale rilievo si ritiene possa avere la valorizzazione della ville gentilizie nell’ambito dei distretti culturali, in particolare in quei contesti, come quello dei navigli, in cui la presenza di questi monumenti si colloca all’interno di un paesaggio caratteristico, che sembrerebbe prestarsi anche a sostenere forme di turismo culturale? “L’attenzione dell’Amministrazione provinciale circa la costituzione di politiche integrate orientate a valorizzare e mettere in rete risorse culturali a livello territoriale si poggia su una già avviata sperimentazione per l’area del distretto culturale del Sempione, denominato Progetto “Milano Nord Ovest” già finanziato da Fondazione Cariplo. Sono state individuate altre tre differenti aree strategiche sul territorio provinciale, idonee alla sperimentazione: l’area del Nord Milano; l’area dei Navigli; l’area di Monza e Brianza che, con la nascita della nuova Provincia, si delinea già come un naturale distretto culturale integrato avente come centro di propulsione il Parco di Monza e la rete dei Plis, i parchi di interesse sovraco-
munale. Il progetto relativo all’area del Nord Milano ha portato alla nascita del Sistema Culturale Integrato Nord Milano, un’associazione temporanea di scopo (ATS) per lo sviluppo e la gestione, comprendente i Comuni di Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, Cormano, Paderno Dugnano, Bresso, Cusano Milanino, Cologno Monzese, uniti per integrare l’offerta culturale, promuovere nuovi musei d’impresa e organizzare, in vista di Expo 2015, strutture e attività di attrazione turistica. Fra i servizi culturali e le istituzioni museali coinvolte, vi è il Museo della Fotografia di Villa Ghirlanda e Villa Breme, Forno a Cinisello. Per quanto riguarda il turismo culturale, questo rientra come fattispecie della più generale attività turistica della quale si occupa il collega Bolognini. L’approvazione della Legge Regionale n. 8 del 14 aprile 2004, oggi confluita nel Testo Unico della Legge Regionale n. 15 del 16 luglio 2007, segna un momento di passaggio nell’attività di sostegno al turismo. La concezione dei sistemi integrati suggerisce in particolare una visione d’insieme delle risorse e delle opportunità disponibili. In questo senso, l’Assessorato alla Cultura potrebbe contribuire, con opportune attività sinergiche, a sviluppare i contenuti specificatamente culturali previsti dal Programma di Sviluppo Turistico laddove, per esempio, nell’ambito dell’innovazione tecnologica, è prevista la creazione di evoluti strumenti di supporto alla visita (itinerari virtuali su web, audioguide in mp3,etc.)”.
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
Piazza Diaz 1, 20052 Monza
referente: Dott. Gianpiero Bocca Con le elezioni amministrative del giugno 2009 è
giunto finalmente a compimento il lungo iter amministrativo che ha portato alla costituzione della
nuova Provincia di Monza e Brianza. Ancor pri-
ma che la nuova provincia esistesse formalmente, la politica della Provincia di Milano, soprattut-
to attraverso l’Assessorato all’Attuazione della Provincia di Monza e Brianza, aveva individuato
e svolto alcuni importanti temi relativi alle speci-
ficità del territorio brianteo. Tra queste, in ambito culturale, il sistema delle ville era emerso come forte elemento identitario e fattore significativo
dell’offerta culturale e fruitiva proposta dal territorio. Al dott. Gianpiero Bocca chiediamo quale
sarà la continuità amministrativa in questo ge-
nere di attività e, più in generale, quali gli inten-
dimenti al fine di tutelare e valorizzare il sistema delle ville brianzole, con particolare riferimento al caso eccezionale della Villa Reale di Monza.
LE VILLE DELLE BRIANZA: UNA PRESENZA DI FORTE CARATTERIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Quali sono le considerazioni che hanno suggerito all’atto di costituzione della nuova Provincia l’individuazione delle ville come elemento identitario e parte rilevante del patrimonio culturale del territorio? “Quando nel 2004 è stata istituita la nuova Provincia di Monza e Brianza, si è proposto sin da subito il difficile tema di dare un’identità a un territorio che sarebbe stato riconosciuto come Ente unitario, ma aveva al suo interno diverse anime e sfaccettature. Per questo si è iniziato a ragionare su quegli elementi comuni
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che potessero essere utilizzati come elemento forte e identitario del territorio, che garantissero un’elevata riconoscibilità all’esterno dei propri confini e un’ampia identificazione da parte dei cittadini stessi della nuova Provincia. L’attenzione si è subito concentrata sul patrimonio storico-culturale: la storia, anche se appartenente a epoche diverse, è ciò che costituisce l’eredità di un territorio, ed è proprio per la ricchezza del suo passato che la Brianza è disseminata di numerose testimonianze architettoniche. Nel corso dei secoli la Brianza è stata scelta dalle grandi casate e dalle nobili famiglie quale luogo privilegiato di residenza, un passaggio che ha lasciato profonde tracce nel territorio. Per questo, e per la necessità di iniziare a valorizzare e far conoscere il patrimonio artistico culturale della Brianza, tra le prime iniziative organizzate ci sono state proprio quelle legate alle Ville e ciò ha contribuito a farne sin da subito un elemento identitario del nostro territorio”. La Provincia di Monza e Brianza ha promosso numerose manifestazioni volte alla valorizzazione delle ville gentilizie (“Ville aperte”, “Weekend in Villa”, “Notturni”). Quale è stata la risposta da parte dell’opinione pubblica per le diverse manifestazioni? Quante sono le adesioni e quale la tipologia di utenti? Quali sono state le eventuali difficoltà riscontrate? Che idea vi siete fatti circa le aspettative del pubblico? Ripeterete l’iniziativa, eventualmente potenziandone l’offerta? “Ville Aperte in Brianza” è giunta quest’anno alla sua 6° edizione ed ha confermato l’ottimo successo di pubblico raccolto nel corso degli anni. Questa manifestazione vuole essere prima di tutto un affascinante viaggio tra Ville, Castelli e Chiese alla riscoperta della storia, delle tradizioni e delle radici della Provincia di Monza e Brianza. E’ ormai diventata un appuntamento fisso e si svolge l’ultima domenica del mese di settembre. Prevede l’apertura straordinaria di luoghi di interesse
storico artistico solitamente chiusi al pubblico, di proprietà pubblica e privata. “Ville Aperte” intende attirare l’attenzione sul patrimonio locale che rappresenta, e può rappresentare, un motore di sviluppo culturale, oltre che turistico dell’intera Brianza. Il ruolo della Provincia all’interno dell’iniziativa non è stato solo quello di coordinamento generale da un punto di vista organizzativo-promozionale, ma è stato anche di supporto tecnico per quanto riguarda la gestione delle prenotazioni. Nell’edizione 2009 è stata introdotta la prenotazione on-line sulla quasi totalità dei luoghi visitabili, fornendo quindi sia ai Comuni partecipanti, sia ai visitatori, uno strumento in più per facilitare la visita ai luoghi aperti nell’occasione. Come già rilevato nel corso degli anni, anche per l’edizione 2009 si è potuto constatare un ottimo riscontro da parte dell’opinione pubblica e da parte dei visitatori. “Ville Aperte” è ormai riconosciuta come una manifestazione di rilievo per il nostro territorio e numerose sono state le uscite stampa sui quotidiani locali e sulle pagine dedicate alla Lombardia dei quotidiani nazionali, garantendo un buon ritorno in termini di immagine e di pubblicità all’evento. Per quanto riguarda il numero e la tipologia dei visitatori, nell’edizione 2009 di “Ville Aperte” sono stati venduti più di 11.200 biglietti di ingresso che, considerando anche gli ingressi omaggio, arrivano a far contare quasi 13.000 visitatori in una sola giornata. Rispetto alla provenienza del pubblico, il 75% degli utenti proveniva dallo stesso territorio della nuova Provincia MB, mentre il 25% è stato richiamato dall’esterno, con una netta predominanza di visitatori lombardi (più del 23 %). Non sono stati riscontrati particolari problemi o difficoltà nella gestione dell’evento, in quanto, essendo un’iniziativa che ormai è ripetuta da anni, risulta collaudata sia da parte delle Amministrazioni Pubbliche che partecipano, sia dai visitatori che ritengono l’appuntamento dell’ultima domeni-
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
ca di settembre come una consuetudine. Una delle carenze che il territorio MB presenta, indipendentemente dall’organizzazione di “Ville Aperte”, è la ridotta capacità ricettiva. Poiché il turismo nella nuova Provincia è prevalentemente di tipo business, si può rilevare una certa difficoltà nello sviluppo di servizi ricettivi per un turismo leisure di tipo culturale che si concentra soprattutto nei week-end. Una delle ipotesi di miglioramento per le prossime edizioni potrebbe concentrarsi proprio sull’integrazione dei percorsi storico culturali delle Ville con la segnalazione di luoghi tipici da un punto di vista eno-gastronomico, per riscoprire anche le tradizioni legate ai sapori del territorio. Nella primavera del 2008 è stata inoltre proposta l’iniziativa “Week-end in Villa” che nasce sull’esperienza positiva di “Ville Aperte”, con l’obiettivo di creare un’ulteriore occasione per mantenere viva l’attenzione sul patrimonio locale. Un altro degli obiettivi per il futuro potrà proprio essere quello di moltiplicare i momenti di apertura delle Ville e dei beni architettonici del patrimonio dando più possibilità di visita e maggiore continuità a importanti iniziative come queste”. In che modo è stato possibile attivare la collaborazione tra privato ed ente pubblico? Quale è generalmente l’orientamento dei privati circa la disponibilità all’apertura delle ville per le visite pubbliche? “I proprietari privati che hanno aderito in questi anni a “Ville Aperte” si sono sempre
dimostrati molto disponibili e collaborativi nell’apertura delle loro Ville al pubblico. La collaborazione tra pubblico e privato nell’ambito di un’iniziativa come “Ville Aperte”, il più delle volte, deriva da dei rapporti che i singoli Comuni già avevano con i proprietari di beni che aprivano al pubblico le loro dimore. Non si esclude però che in futuro la Provincia possa intercettare la disponibilità di altri soggetti che vogliano permettere alla collettività di fruire e visitare i propri beni”.
di promozione fatta da azioni specifiche coordinate con il nucleo delle cinque ville della fascia Groane, già aperte al pubblico e già sedi di eventi di grande rilevanza. La sperimentazione potrebbe portare alla nascita di un vero e proprio “ufficio di promozione” delle ville della fascia pedemontana attraverso l’adesione anche di altre dimore storiche che, affiancandosi alla Villa reale di Monza, potrebbe portare a notevoli risultati anche in vista dell’importante appuntamento dell’Expo 2015”.
Che strumenti tecnici sono disponibili per incentivare gli interventi di recupero o per sostenere la gestione delle ville da parte delle proprietà sia pubbliche che private? Rispetto a tali strumenti o ad altri in futuro eventualmente disponibili la nuova Provincia potrebbe prestarsi con un ruolo di orientamento e guida tecnico-amministrativa? “Rispetto agli strumenti di sostegno tecnico a favore dei proprietari delle Ville, la Provincia di Monza e Brianza potrà in futuro avere un ruolo di affiancamento nel percorso di restauro, valorizzazione e messa in rete dei beni, proponendosi quale capofila e coordinatore di progetti di sistema anche per intercettare finanziamenti a livello regionale, nazionale ed europeo. Una delle linee di intervento che si potrà perseguire da questo punto di vista è il tema della formazione nell’ambito della conservazione programmata. Per quanto poi riguarda il tema della valorizzazione stiamo predisponendo in accordo con i proprietari dei beni una attività
Parlando di ville della Brianza è inevitabile il riferimento a Villa Reale di Monza e a quella in cui la nuova Provincia avrà un ruolo diretto: villa Pusterla di Mombello a Limbiate. “Il pieno recupero e la valorizzazione della Villa Reale di Monza costituirà sicuramente un punto di forza per tutto il territorio provinciale. La Provincia, collabora già da tempo con il Comune di Monza sul tema del turismo e ci saranno sicuramente degli impatti positivi anche per quanto riguarda il tema del sistema delle Ville della Brianza, che deriveranno dalla riapertura e dalla disponibilità di questo bene. E’ intenzione della nuova Provincia MB individuare tutte le azioni idonee per affiancare gli enti coinvolti in questo processo di messa in valore e recupero della Villa Reale, indubbiamente strategica per il territorio. Per quanto riguarda Villa Pusterla, essa ospiterà una sede distaccata della nuova Provincia MB e quindi gli spazi attualmente liberi e a
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
disposizione saranno adibiti ad uffici. Il corpo principale della Villa è attualmente occupato dall’Istituto Tecnico Agrario di Limbiate: è in progetto il suo trasferimento presso una nuova sede e in tal modo saranno a disposizione della Provincia ulteriori spazi. Villa Pusterla è inserita all’interno del sotto descritto progetto “Il Sistema Integrato di Gestione delle Ville Nord Milano” che è stato recentemente finanziato da Fondazione Cariplo”. Un fattore di miglioramento nell’utilizzo delle risorse è l’istituzione di reti che associno le ville di un territorio tra di loro, rafforzandone l’immagine e la capacità di attrazione da una parte ed offrendo dall’altra i vantaggi gestionali derivanti da una economia di scala. Con riferimento a ciò è recente il finanziamento da parte di Fondazione Cariplo del progetto “Sistema integrato di gestione delle ville del Nord Milano” che vede la Provincia di Monza e Brianza coinvolta con un gruppo di Comuni. “L’obiettivo generale del progetto “Sistema integrato di Gestione delle Ville del Nord Milano”, partendo dalla creazione di un sistema culturale “sperimentale” formato dalle Ville Gentilizie di Lainate (Visconti Borromeo Litta), Desio (Tittoni Traversi), Cesano Maderno (Visconti Borromeo), Limbiate (Crivelli Pusterla), Bollate (Arconati), è quello della valorizzazione culturale e dell’incremento della fruizione pubblica di un più ampio sistema formato dalle dimore storiche del Nord Milano. Il progetto, frutto di un approfondito percorso di studio e analisi condotto nel corso degli anni 2007 e 2008, fa dell’integrazione tra queste prime cinque Ville un momento qualificante di un percorso di valorizzazione finalizzato ad incrementare la conoscenza e la fruizione da parte dei residenti e dei turisti. Il progetto del “Sistema integrato di Gestione delle Ville del Nord Milano”, vuole essere un progetto pilota su cui sperimentare un metodo integrato di gestione e valorizzazione del patrimonio che potrà essere successivamente ampliato, trasferito,
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riproposto ad altri siti culturali dei territori circostanti. E’ molto importante per la Provincia MB essere inserita all’interno di un progetto come questo, perché essa assume un ruolo attivo nella definizione delle politiche pubbliche di sostegno al sistema delle Ville, partecipando ad una rete formale di soggetti che potrà essere in futuro ampliata ad altri beni del territorio”. Nell’ambito del progetto “Distretti culturali” promosso dalla Fondazione Cariplo (2007) il progetto presentato dalla Provincia di Monza e Brianza per il “Distretto culturale evoluto della Provincia di Monza e Brianza” ha ottenuto il finanziamento. Quali le prospettive e le azioni intraprese con particolare riferimento alle ville gentilizie? “Il progetto presentato dalla Provincia di Monza e Brianza nell’ambito del bando “Distretti Culturali” promosso da Fondazione Cariplo, è stato ammesso al finanziamento per realizzare lo studio di fattibilità operativa per la nascita di un distretto culturale nel territorio della Provincia MB. Il progetto verrà poi presentato a Fondazione Cariplo che, se lo riterrà coerente rispetto agli obiettivi presentati nel Bando, erogherà un co-finanziamento per lo svolgimento di diverse attività sul territorio. Tra le linee strategiche individuate, una è strettamente legata al tema delle Ville e del patrimonio storico-architettonico presente nella Provincia. Nello specifico verranno individuati interventi di restauro sul territorio che porteranno alla valorizzazione del patrimonio culturale locale e, attraverso un percorso guidato, all’innovazione del processo di conservazione del patrimonio stesso. L’obiettivo è quello di creare un sistema di gestione integrato del patrimonio che parta dalla formazione dei tecnici comunali e degli operatori del settore del restauro, arrivando fino all’intervento sul bene e alla rifunzionalizzazione dello stesso, coerentemente alle esigenze individuate per il Distretto. Alla base di questo percorso c’è l’idea che, da un punto di vista metodologico, un intervento
di restauro deve dare origine, non solo a un risultato apprezzabile esteriormente, ma deve produrre conoscenza ed essere replicabile. Ciò è possibile se esso segue uno specifico percorso che prevede l’incremento delle conoscenze disponibili, la sperimentazione di metodologie innovative, la diffusione dei risultati e l’introduzione di una prassi di cura costante nel tempo e di gestione delle attività manutentive”. Per quanto riguarda il Sistema turistico locale per la Provincia di Monza e Brianza, quali sono le prospettive, gli obbiettivi e le azioni intraprese con particolare riferimento alle ville gentilizie? “La Provincia di Monza e della Brianza insieme al Comune di Monza e alla Camera di Commercio MB, sta lavorando per la costituzione del Sistema Turistico MB. Sin dal 2006 i tre Enti hanno lavorato congiuntamente per raggiungere questo obiettivo e ciò è dimostrato anche dalla firma e dal rinnovo di un Protocollo di intesa e di un Atto di intenti finalizzati proprio alla creazione del Sistema Turistico. Il processo di istituzione del Sistema Turistico, disciplinato dalle leggi regionali di settore – T.U. 15/2007 -, prevede la redazione del Programma di Sviluppo Turistico composto dal Documento Strategico, in cui si individuano gli obiettivi di sviluppo turistico, la governance, la promozione e commercializzazione dell’offerta turistica; e dai Piani d’Azione cioè il quadro dei singoli interventi che, a livello locale e sovralocale, dovranno essere realizzati ai fini del raggiungimento degli obiettivi del Sistema. Una parte dei Piani d’Azione è interamente dedicata al tema delle Ville, raccogliendo al suo interno tutti quei progetti che il territorio già mette in campo per il recupero e la valorizzazione del patrimonio. Il Sistema Turistico di Monza e Brianza dovrà razionalizzare tutti questi interventi e creare un sistema integrato di promozione e valorizzazione delle Ville, che possa estendersi oltre i confini provinciali e coinvolgere un numero sempre più ampio di attori”.
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
NAVIGLI LOMBARDI S.C.A.R.L. Via Copernico, 42 20125 Milano
referente: Direttore generale dott. Alessandro Meinardi Navigli Lombardi è una società consortile costituita da Regione Lombardia, Provincia di Milano e Pavia e relative Camere di Commercio Industria e Artigianato, Consorzio est - Ticino Villoresi e 46 dei 51 Comuni rivieraschi compresi i Comuni capoluogo di Milano e Pavia, attraverso la quale i Soci esercitano tecnicamente, amministrativamente, legalmente ed operativamente tutte le competenze relative ai Navigli Grande, Martesana, Pavese, Bereguardo e Paderno. Navigli Lombardi svolge attività di tutela, salvaguardia, gestione, promozione, valorizzazione e sviluppo dell’ecosistema dei Navigli e opera secondo precise linee di indirizzo delineate attraverso il Master Plan Navigli, documento di analisi e strumento operativo redatto su incarico di Regione Lombardia dal Politecnico di Milano e dalle Università di Pavia e Bocconi e a cui ha partecipato anche il Centro Studi PIM, la cui attuazione è il compito principale di Navigli Lombardi. LE VILLE DEI NAVIGLI: UNA ATTRATTIVA PER IL TURISMO FUORIPORTA E UNA POTENZIALE RISORSA PER IL TERRITORIO
Molteplici elementi concorrono a conferire all’ambito dei navigli la sua specificità: tra questi la presenza di un caratteristico e monumentale sistema di ville, tra i più significativi all’interno del panorama milanese e quello di forse maggior attrattività turistica. Quali azioni sono state intraprese per valorizzare tale sistema? “Le numerose ville sui navigli rappresentano certamente una delle caratteristiche peculiari di questo paesaggio ed un forte elemento attrattore per le attività turistiche ed escursionistiche. Lo stato di conservazione, tuttavia, in
generale non è buono né tra i beni di proprietà pubblica né tra quelli privati, a causa degli alti costi di manutenzione di queste strutture. I privati che sono riusciti a mantenere meglio le ville sono quelli che si sono indirizzati non tanto al turismo, con semplici attività di visita che comportano grossi problemi organizzativi ma basso valore unitario del biglietto, quanto a servizi mirati più qualificati e remunerativi quali convegni, ricevimenti, matrimoni etc. Navigli Lombardi organizza da anni un servizio di navigazione sui canali. Dalle prime stagioni, in cui l’offerta si esauriva nella semplice passeggiata sull’acqua, siamo passati ad una fruizione più completa del territorio, comprensiva di alcuni itinerari di visita. Per arricchire tale proposta abbiamo naturalmente considerato le ville. Accade tuttavia che alcune ville interessanti siano disponibili soltanto nei giorni infrasettimanali, disponibilità comunque utile, ma non ottimale. Questa disponibilità parziale consente l’organizzazione di quei gruppi di turisti anziani che viaggiano tendenzialmente in pullman e non hanno difficoltà a muoversi durante la settimana; lo stesso vale per i gruppi di visitatori stranieri che organizzano il loro soggiorno non certo nell’arco di un fine settimana. I gruppi organizzati, dunque, riescono a godere di un’offerta strutturata che dà più opportunità di vedere le belle ville storiche piuttosto che i singoli visitatori o i turisti “fai da te” che si muovono nei soli fine settimana o nei mesi estivi, periodo in cui molte ville risultano indisponibili alla visita perchè usate per altri fini. Detto questo, stiamo cercando di mettere a sistema i singoli sforzi che le singole comunità locali stanno compiendo. Per esempio a Inzago esistono 14 ville tra pubbliche e private: l’Amm. Com. organizza due giornate all’anno in cui aprono tutte le ville. Questa manifestazione potrebbe rappresentare l’embrione di un’attività più stabile e strutturata, magari integrata in un vero e proprio sistema capace di proporre iniziative durante tutto l’arco dell’an-
Veduta di Robecco sul Naviglio (Foto: M. Bianchi). nelle pagine precedenti, Villa “Cazzola” ad Arcore. (Foto: P. Orlandi)
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BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO. LE VILLE STORICHE DEL MILANESE
no. Altri segnali positivi si possono ravvisare per esempio nell’organizzazione della ville nella Brianza, delle ville del nord Milano (già partita), mentre alcuni spunti di organizzazione riguardano anche le ville sui navigli, anche se in questo caso sono segnali ancora molto acerbi. Questa progettualità in alcuni casi ancora stentata e diffusa impone la necessità di un coordinamento dall’alto, per poter esprimere in pieno le sue potenzialità. Il salto di qualità per poter passare da una attività escursionistica più o meno sporadica a uno sfruttamento turistico (che avrebbe ben diverse ricadute economiche e quindi maggiori chances per garantire la manutenzione e incentivare la visitabilità) appare oggi di non facile realizzazione. Per potersi attuare richiederebbe la possibilità di coinvolgere i tour operator, i quali, tuttavia, richiedono la predisposizione di pacchetti la cui formazione contempla un sistema di ricettività strutturato e diversificato, una buona publicizzazione di che cosa c’è sul territorio e di che cosa ci si può organizzare. I tour operator non considerano l’offerta debole e poco strutturata che il nostro territorio ha finora saputo esprimere. Occorrerebbe spingersi su un livello organizzativo e professionale almeno intermedio per guadagnare la visibilità necessaria”. Quale potrebbe essere la strategia utile per innescare un processo virtuoso di valorizzazione, che consenta di recuperare le ville degradate, farle conoscere meglio e collocarvi funzioni compatibili di richiamo? “La manutenzione secondo me è un fatto successivo, nel senso che oggi non è praticabile la strada del solo restauro non finalizzato, che non presenti cioè qualche prospettiva di ritorno economico. Per moltissime ville è aperto il tema della rifunzionalizzazione. Ma manca, tuttavia, tutta una serie di altri elementi utili a formalizzare l’espressione della potenzialità turistica del territorio. I Comuni sono interessati a immaginare delle sinergie coi privati per
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ottenere il finanziamento dei restauri e consentire la messa a reddito delle ville, senza arrivare al punto, giustamente, di alienarle. Su questo aspetto, che comprende problemi amministrativi e scelte di indirizzo difficili, si arriva ad un punto di stallo che mette il Comune nella condizione di preferire una posizione attendista (con i rischi che comporta) piuttosto che vendere. In questo stato di cose molti attuali proprietari privati che hanno retto fino ad oggi, trovano sempre maggior difficoltà a mantenere le ville. Il fatto è che sono richieste alcune capacità imprenditoriali per tentare di far rendere, almeno in parte, una villa, e non tutti ne hanno. Non basta, infatti, riconoscere che potenzialmente, sul piano del panorama di bellezza che le nostre ville offrono, queste non abbia niente da invidiare agli altri esempi italiani, sia del Piemonte che del Veneto, ma neanche stranieri. La soluzione passa per l’implementazione di una logica di sistema che aiuti a sviluppare quei caratteri di professionalità che stentano ad affermarsi da soli. Lo sforzo di molti soggetti istituzionali come Provincia, ma anche dello stesso PIM e della stessa Navigli Lombardi, credo che vada in quest’ottica”. Riteniamo che uno dei primi aspetti della valorizzazione dovrebbe essere rivolto a far conoscere meglio il patrimonio delle ville, poco noto per molti milanesi, anche attraverso “attività di studio, pubblicazione, di diffusione, comunicazione” come previsto dal vostro Documento Programmatico 2007-2011. Un’altra strada per far conoscere le ville è quella di organizzare manifestazioni di interesse ampio che le utilizzino come location, anche solo come sfondo, ma costituiscano l’occasione per un primo contatto e una scoperta. Quali prospettive offre questo approccio? “Sono assolutamente d’accordo: le ville sono tutto sommato poco note. Esistono numerose pubblicazioni sulle ville ma, come spesso accade, sono pubblicazioni scientifiche o di pregio editoriale che hanno una diffusione li-
mitata. L’idea di immaginare il patrimonio di ville come un patrimonio di locations da utilizzare è sicuramente interessante. Noi quest’anno abbiamo organizzato per il terzo anno di fila una manifestazione di jazz “Suoni naviganti” che ha proprio questo compito, proponendo per due o tre fine settimana concerti jazz affidati a nomi di richiamo e ospitati in ville sui navigli. Quest’anno la manifestazione si è svolta fra Vaprio, Trezzo, Abbiategrasso e Cassinetta. L’affluenza è stata di 4.000 persone che si sono mosse per la musica ma che, nel contempo, hanno avuto la possibilità di apprezzare le ville, di scoprire la bellezza di questi luoghi e di raccogliere informazioni. Un altro canale per diffondere la conoscenza dei beni, ma più in generale del territorio, è quello delle scuole. Scolaresche potrebbero venire da Milano e dalla provincia per compiere un tour delle ville, comprendendo una lezione sull’acqua, durante la navigazione e quindi la visita di ville e parchi. Rispetto alla diffusione della conoscenza i mezzi di comunicazione che abbiamo ritenuto più interessanti per la nostra politica di valorizzazione sono stati le tv regionali e i giornali locali, che dimostrano un appeal molto forte sui residenti delle varie province e sono molto diffusi all’interno del target di visitatori potenziali che riteniamo più promettente. La valutazione che abbiamo compiuto per capire quali possono essere le categorie di visitatori potenziali più interessate a visitare le ville, anche sulla base del riscontro che ha l’offerta della navigazione, ci ha portato ad identificare la fascia di età matura e le famiglie. Una provocazione, infine, potrebbe essere anche quella di proporre alla Provincia di tenere alcune sue manifestazioni, ma anche assemblee e riunioni sul territorio, per avvicinare sia le Istituzioni che per dare significato di rappresentanza a luoghi notevoli come questi”. In tema di rifunzionalizzazione compatibile e individuazione di attività qualificanti, anche sul piano
PARTE II - 5. Valorizzare e gestire
di un possibile ritorno economico, quale tendenze e quali esperienze significative avete osservato? “Il tema della rifunzionalizzazione è centrale. I tentativi compiuti dalle Amm. Comunali di gestire in proprio attività che producessero un livello anche parziale di autofinanziamento delle ville, sin qui, hanno ottenuto scarsi risultati e, di fatto le ville erogano servizi, anche significativi a livello locale (servizi culturali, sociali, di rappresentanza, etc.) ma che essenzialmente si appoggiano sul finanziamento pubblico. Per quanto riguarda l’ingresso di gestori privati, spesso questi in passato miravano ad accedere alle proprietà dell’immobile, e su questo punto, giustamente, le Municipalità non sono disposte a cedere. Resta dunque aperto il tema di capire cosa sviluppare all’interno delle ville in termini di funzioni qualificanti. Tra le esperienze più significative al riguardo Abbiategrasso rappresenta un esempio molto interessante. Da Palazzo Stampa, alla Casa del Guardiano delle acque, tutti progetti cofinanziati da Regione, si è verificato un passaggio ad una diversa logica rispetto all’esperienza di recupero del convento dell’Annunciata. Mentre il convento è stato recuperato senza sapere a quale destinazione funzionale rivolgerlo (circostanza che oggi pone problemi rispetto all’insediamento di qualsiasi attività per la rigidità delle strutture), gli altri due palazzi hanno fin da subito individuato una funzione che mirasse a mantenere la visitabilità coniugandola però con un utilizzo che avesse anche un significato economico utile a permetterne il sostentamento. Certo l’iter realizzativo è stato assai lungo: da molto tempo si parla di un distaccamento universitario (come in parte anche per l’Annunciata), che dovrebbe consistere in un centro di studi sulle acque e per la valorizzazione degli archivi storici di tutti i comuni legati alla storia delle acque del Naviglio e del Ticino, etc. Quel che è particolarmente interessante è la disponibilità di alcuni spazi per società specializzate nell’ambito della ri-
cerca scientifica sull’acqua. Al tempo stesso si sta curando l’ipotesi di un percorso di fruizione dei palazzi, che rimarranno comunque a disposizione del cittadino e del visitatore. Esistono poi esempi di ville private che si sono rivolte ad attività aperte al pubblico, con una predilezione per la convegnistica e la ristorazione. Sul Naviglio Grande questi esempi si concentrano soprattutto tra Robecco e Cassinetta, ma ne esistono molti altri. Villa Gaia a Robecco, per esempio, che mi risulta abbia un calendario fitto di attività legate a convegni, ricevimenti e convivi, chiede di coordinare con noi servizi di navigazione, potendo utilizzare il suo bell’approdo per ricevere la clientela di visitatori. Trovare un accordo su questo punto sarebbe interessante ma per noi significherebbe ottenere margini maggiori per la visitabilità, attività che, comprensibilmente, suscita scarso interesse per la proprietà. Ci sono poi altri esempi di ville pubbliche che ospitano funzioni interessanti: a Cuggiono Villa Annoni, che è anche sede comunale, ha un bellissimo parco e ospita un piccolo ma molto interessante museo di cultura materiale. È un peccato che pochi la conoscano. Proprio partendo dall’apprezzamento del Parco della villa di Cuggiono, che ha un’estensione di 23 ettari ed è, come parco recintato secondo solo a quello di Monza, viene da pensare quanto sarebbe interessante, associandoli magari a un marchio, promuovere i giardini delle ville, che rispetto ad una parte dell’opinione pubblica sembrano riscuotere un gradimento anche maggiore delle ville stesse. Oltretutto garantire la visitabilità dei giardini è assai più agevole che non quella delle ville. Per quanto riguarda le politiche di promozione, occorre abituare le singole proprietà, sia pubbliche che private, a collaborare in un ottica di sistema, tanto più in un ambito come il nostro in cui il numero dei beni è molto alto e in cui lo sforzo dei singoli tende a disperdersi. Da soli si fatica ad emergere e nessu-
no autonomamente può riuscire a compiere il salto di qualità richiesto dal mercato, il quale tende a orientarsi e a premiare situazioni organizzate in cui i servizi si integrano e sostengono a vicenda: per es., non si tratta di promuovere l’offerta del singolo albergo, quanto semmai di un sistema ricettivo che vada dalla residenza storica all’agriturismo in cascina, a cui siano affiancati servizi diversi come la navigazione, piuttosto che l’affitto di carrozze, il maneggio che offra passeggiate a cavallo, e una serie di attrattive di carattere culturale, di carattere permanente e estemporanee. Altra considerazione meriterebbe la possibilità di coinvolgere maggiormente Milano e la risorsa delle proposte che il capoluogo produce sia rispetto agli eventi musicali, ma anche rispetto a una serie di mostre e appuntamenti culturali che con poco costo potrebbero essere replicati sul territorio della provincia alimentando il circuito culturale decentrato. Da questo punto di vista il rapporto con Milano città ha sempre stentato a decollare ma potrebbe invece essere un aspetto molto interessante anche per la valorizzazione delle ville”. in alto, Villa “Gaia” a Robecco. (Foto: A. Micheli)
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6. Conclusioni La presenza delle ville nel milanese rappresenta un’opportunità ai fini della riqualificazione dell’area metropolitana: per il pregio assoluto dei monumenti; per la presenza in molti casi degli antichi giardini da riconnettere con il sistema del verde; per il significato identitario che queste architetture rivestono e che può essere esaltato da ipotesi di rifunzionalizzazione compatibile. Alcune criticità, prima fra tutte la difficoltà degli spostamenti, vanno tuttavia superate, pena l’impossibilità di realizzare le condizioni per una valorizzazione efficace. Sul piano della gestione appare ormai fondamentale pensare in termini di reti, col duplice fine di disporre di una regia comune per l’organizzazione delle attività e di attivare economia di scala. Il significato dei beni culturali sul territorio rappresenta un tema vasto e ricco di articolazioni. Un primo aspetto riguarda problematiche eminentemente territoriali e si riferisce alle condizioni paesistiche, dell’accessibilità, al rapporto con il sistema del verde e con quello dei servizi nonché, più in generale, investe gli indirizzi della gestione del territorio affinché la presenza dei monumenti possa emergere all’interno di un tessuto urbanizzato che tende a omologarsi e a non aiutare il processo di riconoscibilità dei luoghi e quello identitario delle comunità insediate. Da questo punto di vista la valorizzazione delle ville appare come un’opportunità da cogliere nel processo di riqualificazione della città metropolitana, sia come oggetti di pregio ai quali relazionare la riprogettazione di quest’ambito, sia come possibili contenitori di funzioni compatibili qualificanti al fine di rinforzare la rete locale dei servizi e delle funzioni di eccellenza che dal centro debbono almeno in parte potersi decentrare, vivacizzando la metropoli in tutte le sue parti. Sul versante più propriamente legato alle tematiche della valorizzazione, inoltre, il tema richiede un maggiore e più diffuso grado di consapevolezza della consistenza e del valore di questo patrimonio, troppo spesso misconosciuto. Oltre a ciò appare urgente l’approfondimento della conoscenza degli strumenti disponibili per at-
tuare i processi virtuosi di recupero e rifunzionalizzazione compatibile, superando con strategie fattibili il disagio spesso lamentato dagli Amministratori e dai proprietari privati circa l’onerosa gestione di queste delicate architetture e dei loro compendi. Le politiche e le azioni necessarie ad avviare questi processi positivi, tuttavia, scontano la necessità di affrontare il tema della valorizzazione attraverso una fase istruttoria aperta al contributo dei molti soggetti istituzionalmente e tecnicamente coinvolti, nel rispetto e nel mutuo riconoscimento non solo delle competenze e prerogative loro proprie ma anche delle possibili sinergie e di un proficuo coordinamento. Prerequisito necessario all’individuazione delle azioni positive da compiere in materia di valorizzazione è la conoscenza delle opportunità previste e contemplate dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, elemento che non può essere dato per scontato, specialmente nel caso di piccole realtà amministrative e di molti dei privati. Ville e territorio: criticità da risolvere e opportunità da cogliere (accessibilità, sistema del verde, riqualificazione area metropolitana) Volendo qui riprendere le fila dei ragionamenti condotti con i nostri interlocutori, emerge che, ai fini della valorizzazione delle ville, il primo ordine di problemi da affrontare è di
carattere a-specifico, non riguarda cioè problematiche interne al tema, quanto piuttosto altre, di natura eminentemente territoriale. Si tratta innanzi tutto di ovviare ai problemi di accessibilità che connotano l’area metropolitana, segnata da una rete stradale locale poco efficiente e gerarchizzata. Anche la qualità del servizio pubblico su ferro è giudicata incompatibile con gli obiettivi della valorizzazione. Per quanto riguarda i collegamenti ciclopedonali, appare interessante la possibilità di sfruttare i tratti già esistenti, integrandoli laddove necessario, per costituire una o più vie riconoscibili come strade delle ville. In particolare la pista che costeggia il canale Villoresi, uno dei pochi elementi che attraversano il territorio metropolitano a nord di Milano con chiaro andamento trasversale, rappresenta lo spunto più promettente. Per riconnettere le ville limitrofe principali a questo percorso, da Lainate (Villa Litta) a Monza (Villa Reale), è necessario non solo approfondire le soluzioni necessarie ad affrontare i punti critici di incrocio con la rete stradale, ma anche raccordarsi ai percorsi interni al Parco delle Groane (per Mombello - Villa Pusterla; per Senago - Villa Borromeo) e raccogliere e sviluppare tutte le iniziative già allo studio, come quella del collegamento tra Palazzo Arese Borromeo con l’Oasi naturalistica LIPU di Cesano, o quelle contenute
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nel progetto dell’Associazione per la gestione del Sistema Culturale Integrato Nord Milano, che ha previsto specifici intervento sulla rete ciclabile. Altri collegamenti (per es. verso Villa La Valera di Arese o Villa Bagatti Valsecchi di Varedo) non richiedono particolari interventi. Sempre rispetto agli aspetti territoriali, positiva appare la possibilità di sviluppare una progettualità tesa ad enfatizzare la presenza dei giardini storici delle ville raccordandoli alle aree di verde urbano attrezzato, al sistema dei Plis e a quello dei Parchi Regionali. La costituzione della rete ReGis rappresenta un punto di partenza per conferire ad un’eventuale fase progettuale utile materiale di documentazione. Il disegno del verde è solo uno (ma significativo) degli elementi sui quali intervenire affinché la presenza delle ville possa emergere come “punto notevole”, qualificante, all’interno di un tessuto urbanizzato che tende, al contrario, a omologarsi e a non aiutare il processo di riconoscibilità dei luoghi e quello identitario delle comunità insediate. Da questo punto di vista la valorizzazione delle ville appare come un’opportunità da cogliere nel processo di riqualificazione della città metropolitana, sia in quanto oggetti di pregio ai quali ancorare la riprogettazione di questa città troppo spesso informe, sia come possibili contenitori di funzioni compatibili significative al fine di rinforzare la rete locale dei servizi e delle funzioni di eccellenza che dal centro debbono, almeno in parte, potersi decentrare, vivacizzando così la metropoli in tutte le sue parti. Rispetto a questo ultimo aspetto, tuttavia, pesano le riserve legate all’inefficienza dei collegamenti. Temi della valorizzazione: la costituzioni di reti e la prospettive di valorizzazione turistica La messa a sistema dei beni culturali attraverso la costituzione di reti integrate come conveniente strategia gestionale è aspetto la cui importanza è stata unanimemente sottolineata.
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Tra i maggiori vantaggi della rete sono stati ricordati l’opportunità di far confluire la progettualità delle iniziative culturali all’interno di una “regia” comune, ma anche la convenienza di innescare significative economie di scala e di aumentare la capacità contrattuale nei confronti dei fornitori di beni e servizi. Rispetto agli aspetti della valorizzazione legati alle opportunità di generare occasioni di sviluppo locale, va sottolineato che la possibilità di innescare processi di sfruttamento turistico e relative attività indotte a partire dall’attrattività delle ville del milanese va prudentemente ridimensionata rispetto ad alcuni ingenui entusiasmi. A differenza di contesti quali il lago di Como (e in parte la Brianza) in cui l’attività turistica si profila con più credibili prospettive, nel milanese è difficile immaginare le ville storiche come mete turistiche particolarmente attrattive. Il forte afflusso di visitatori previsto in occasione di Expo 2015, tuttavia, può costituire l’opportunità per investimenti che ben difficilmente si potrebbero ipotizzare senza le positive ricadute che ci si auspica l’evento possa determinare (nel periodo della manifestazione, 1 maggio – 31 ottobre 2015, sono stimate 21 milioni di presenze). È evidente che gli interventi di carattere straordinario che potranno essere realizzati in previsione di Expo manterranno significato e utilità anche in futuro in favore del più modesto flusso che ordinariamente è generato dalle attività escursionistiche o di turismo interno. Il programma della manifestazione, oltre tutto, ha espressamente contemplato azioni miranti alla valorizzazione del turismo e dell’offerta culturale: “Il paesaggio e le risorse naturali, i capolavori dell’arte e della cultura, le tradizioni locali sono fattori che potranno generare positive ricadute sul territorio lombardo e nell’intero panorama nazionale. Diviene perciò prioritaria una intensa promozione della vocazione turistica e culturale dei nostri territori e la messa in rete dei circuiti storico-artistici (anche al di là dei confini
regionali), il miglioramento delle strutture di accoglienza e di ricettività, la promozione di tutto il sistema culturale (musei, monumenti, siti archeologici) ed il supporto alle iniziative nell’ambito dello spettacolo (teatrali, musicali, cinematografiche).” Il quadro di riferimento delle politiche locali di settore è quello definito con l’approvazione della Legge Regionale n. 8 del 14 aprile 2004, oggi confluita nel Testo Unico della Legge Regionale n. 15 del 16 luglio 2007, che segna un momento di passaggio nell’attività di sostegno al turismo. Anche in quest’ambito la concezione dei sistemi integrati suggerisce l’adozione di una visione d’insieme delle risorse e delle opportunità disponibili. Coerentemente a tale approccio la Provincia di Milano ha istituito il Sistema Turistico metropolitano e presentato il Documento del Sistema Turistico, “con il quale si propone di progettare in modo integrato la promozione e lo sviluppo sostenibile del turismo in tutta l’area provinciale, svolgendo nel contempo un ruolo di orientamento e guida in favore degli operatori del settore e partecipando all’azione di valorizzazione delle attrattive presenti sul territorio”. Rispetto a quest’ultimo punto è certo che il sistema delle ville possa rappresentare uno degli elementi di interesse maggiore all’interno del patrimonio del milanese, data la sua consistenza, la diffusione capillare e l’intimo legame con la storia locale. Il Sistema Turistico provinciale si pone l’obiettivo di promuovere e valorizzare il territorio coordinando e razionalizzando le azioni dei soggetti coinvolti, supportando la progettualità di rete già esistenti nel territorio; di integrare operatori e offerta turistica, rapportandosi con il sistema turistico regionale e le sue declinazioni locali, con un’attenzione particolare ai sistemi turistici della città di Milano e di Monza e Brianza. Tra gli obiettivi vi è quello di trasformare le risorse presenti nel territorio in prodotti veicolabili nel mercato e fruibili da parte della domanda; di avviare interventi strutturali
PARTE II - 6. Conclusioni
e di riqualificazione; di promuovere una attività di sensibilizzazione, di migliorare la cultura dell’accoglienza e la qualità delle proposte, di sviluppare una imprenditorialità adeguata e di diffondere la professionalità e le competenze necessarie; di integrare le offerte e la promozione turistica; di valorizzare la pluralità delle risorse presenti nel territorio e di stimolare la progettualità e favorire la nascita di una nuova imprenditorialità. Rispetto al riconoscimento degli ambiti territoriali più promettenti vanno riconosciuti il sistema delle ville dei Navigli e quelle della Brianza, che presentano indubbiamente le migliori potenzialità, le quali, tuttavia, per essere pienamente espresse, richiedono un potenziamento deciso dell’offerta culturale (in termini di manifestazioni e di contenuti che diano “sostanza” alla visita). Da questo punto di vista sarebbe opportuno verificare la praticabilità di sviluppare l’ipotesi di un sistema integrato dedicato alle Ville del Naviglio, in analogia con quello già avviato relativamente alle ville del Nord Milano. Nella fattispecie dei Navigli si dovranno attentamente verificare le conseguenze legate alla proprietà prevalentemente privata delle ville maggiori, e quindi con propensione alla visitabilità da accertare, considerando, nel contempo, su quali basi e con quali obiettivi istituire l’eventuale partnership pubblico-privato. Elemento decisamente a favore dell’ipotesi è, ovviamente, la suggesti-
va situazione paesaggistica offerta dai navigli, cui corrispondono anche preminenti ragioni di interesse storico-culturale. La stessa possibilità della navigazione, gestita da Navigli Lombardi S.c.a.r.l., rappresenta un elemento aggiuntivo di interesse che sembra promettere margini di sviluppo futuri, magari da integrarsi con offerte di servizi per la ciclabilità (servizi di noleggio in coincidenza dei punti di attracco in analogia con iniziative consimili già avviate ad esempio nel Parco delle Groane). È prevedibile che l’attrattività dei Navigli potrà in futuro giovarsi della riqualificazione dell’area della Darsena di Porta Ticinese, che è al presente, per i noti fatti legati alla realizzazione del parcheggio sotterraneo, elemento di forte detrimento. La valorizzazione attraverso l’insediamento di funzioni compatibili Al di là del loro apprezzabile valore storicoartistico, la maggior parte delle ville (a parte cioè le poche di rilevantissimo pregio e di più forte attrattività potenziale) appare come un patrimonio di contenitori che, seppur di grande bellezza e significato, è spesso nella condizione di dover ancora individuare un contenuto capace di mettere in equilibrio la superiore istanza della tutela e salvaguardia, la fruizione culturale e la sostenibilità economica. Neppure l’offerta integrata sul territorio di tali beni, ancorché potenziata e ottimizzata
in alto a sinistra, l’imbarcadero della Villa Gromo di Ternengo a Robecco sul Naviglio. (Foto: M. Bianchi ) sopra, Villa Crivelli a Cuggiono, Castelletto . (Foto: M. Bianchi ) nella pagina precedente, F.lli Galliari, Il Carro di Apollo, affresco. Villa Arconati al Castellazzo di Bollate. (Fonte: Ville di delizia [...] 2003) nella pagina successiva, Villa Gromo di Ternengo, Robecco sul Naviglio. (Foto: M. Bianchi )
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sul piano gestionale, garantisce circa la possibilità di conseguire una dimensione economica adeguata alla loro conservazione, qualora una tale offerta non sia convenientemente potenziata sul piano dei contenuti o non sia accompagnata da funzioni ulteriori, che arricchiscano la proposta e aumentino l’attrattività del bene. Va notato, infatti, che neppure nei casi più noti e meglio sfruttati turisticamente, come le ville medicee e quelle del Brenta, si riesce a far sopravvivere le ville come museo di sé stesse. A differenza della situazione che si è sovente mantenuta in altri paesi (per es. nel Regno Unito) mancano nel nostro contesto esempi di ville integri, che abbiano cioè conservato la completezza degli apparati decorativi, degli arredi, dei giardini storici, etc. e che possano quindi giustificare una l’ipotesi della villa museo di sé stessa. Quasi tutte le ville pubbliche, del resto, hanno tentato di individuare funzioni compatibili da insediare, non realizzando sempre scelte premianti anche per la difficoltà di individuare soggetti qualificati e interessati a gestire l’iniziativa. La rifunzionalizzazione, fatte salve le ovvie cautele degli interventi (riguardanti prioritariamente l’adeguamento ai fini della sicurezza, l’accessibilità, gli impianti e la reversibilità degli interventi) è operazione che deve attuarsi attraverso l’individuazione di funzioni insediabili di alto profilo da riscontrarsi contestualmente con l’effettiva individuazione dei possibili gestori. Per fare ciò occorre non solo attivare una forte carica immaginativa e progettuale che elevi il livello della proposta, ma occorre anche, in parallelo, costruire un dialogo attraverso cui le ipotesi più promettenti possano essere direttamente ed immediatamente sottoposte all’attenzione degli interlocutori naturali del processo di rifunzionalizzazione, quegli operatori pubblici e privati che sono chiamati a farsene in concreto interpreti, senza la convinta partecipazione dei quali semplicemente “non succede nulla” e a poco valgono le più
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suggestive ipotesi e le più assennate considerazioni economico/gestionali. Riguardo a tali tematiche sarebbe lecito aspettarsi particolare attenzione da parte di quelle realtà imprenditoriali che più intensamente dialogano con il territorio, come per esempio l’Ente Fiera, con la collaborazione del quale sarebbe possibile immaginare un calendario di attività “fuori salone” da svolgersi presso le ville del territorio. Ancora una volta, tuttavia, va sottolineato che è l’efficienza degli spostamenti il prerequisito affinché tali ipotesi possano aver corso con successo. Per quanto riguarda infine le ville private, oltre alle funzioni già insediate nelle ville che hanno perduto il loro carattere di dimora per aprirsi ad attività di interesse pubblico, per quelle in cui perdura invece il carattere residenziale, esiste la possibilità di realizzare forme di ricettività “leggera” (ricettività di charme) ancora poco diffuse in Italia (ad eccezione della Toscana). Questa funzione, di remuneratività apprezzabile, non necessita l’adozione dei consueti standard alberghieri, consentendo così un rispetto sostanziale delle strutture originali, e si configura di fatto come una sorta di “residenzialità allargata” a beneficio di una clientela che può ben definirsi di “ospiti”. A questo proposito va menzionata la recentissima iniziativa della Regione Veneto d’intesa con l’Associazione Ville Venete (che unisce proprietari privati, pubblici e Enti interessati alla promozione) di presentare un programma di ospitalità turistica nelle celebri ville palladiane, che si inserisce nel quadro della cooperazione in sede europea denominato “Ospitalità turistica nelle grandi case storiche dell’Unione”. Progetti culturali ad hoc e organizzazione di eventi per rafforzare l’identità del sistema delle ville Se la rifunzionalizzazione per riuscire necessita di un interlocutore valido ed interessato, allo stesso modo l’impostazione di un programma di offerte culturali attraverso le quali
valorizzare le ville richiede la stesura di un valido progetto culturale, che individui gli elementi distintivi e le caratteristiche più idonee a rendere l’esperienza della visita appetibile. In riferimento a ciò si può dire che, per quanto riguarda la produzione di contenuti culturali, manifestazioni, rassegne ed eventi estemporanei, si rivela valida e preziosa l’attività dei Poli culturali della Provincia di Milano. Manca invece, per lo più, l’autonoma definizione di un profilo individuale delle singole ville che, almeno nel caso degli esempi maggiori, dovrebbe potersi sviluppare a partire dagli elementi offerti dalla storia di ciascun edificio, solitamente ricco di spunti ed episodi validi. L’attenzione all’opportunità di sviluppare progetti culturali è di norma sottovalutata. Le poche esperienze tentate al riguardo non hanno del resto aiutato a maturare una diversa consapevolezza: sviluppate mettendo a frutto meritevoli ma inadeguate risorse volontaristiche, o risolte in termini eccessivamente paludati e specialistici, in ogni caso mancando della necessaria spinta offerta da un’efficace strategia comunicativa, difficilmente tali esperienze hanno prodotto apprezzabili risultati sul piano del successo di pubblico. Il progetto culturale non si deve limitare ad una forma più o meno convincente di “divulgazione”, ma deve tradursi in una proposta non dissimile, rispetto alle sue finalità, a quella del marketing territoriale, cioè un’operazione capace di mettere a sistema le diverse risorse ed opportunità presenti in un territorio (in questo caso culturali) per enfatizzarne l’attrattività. La storia che le ville raccontano, infatti, è di per sé stessa una risorsa del territorio, a patto di non confinarla in una dimensione asfitticamente minore, particolaristica o di campanile né di interpretarla come una lezione ex cathedra. L’operazione di “mediazione culturale” da svolgere è un’attività sicuramente multidisciplinare, in grado di raccogliere spunti e suggestioni diversi, sintetizzandoli e proponendoli in formule accessi-
PARTE II - 6. Conclusioni
bili ed efficaci, riuscendo a esprimere il “genius loci” (come efficacemente lo ha definito l’arch. Marina Rosa), capace di far parlare i luoghi, far rivivere le figure più interessanti, rianimare le memorie sopravvissute e ancora operanti all’interno dell’orizzonte quotidiano locale, tracce delle quali si è spesso smarrito il legame con il più vasto contesto storico e culturale. Sempre sul versante della valorizzazione, si è osservato, una volta di più, come non possa dirsi del tutto soddisfacente il livello di consapevolezza diffuso circa la consistenza e il valore del patrimonio delle ville, nonostante le numerose manifestazioni locali. Prendendo spunto dalla recente costituzione del Sistema integrato delle Ville gentilizie del nord Milano e dalla costituzione del Consorzio per la valorizzazione della Villa e del Parco di Monza, sembra opportuno valutare l’ipotesi di preparare una grande mostra che si configuri anche come lancio per queste due importanti iniziative e che, annunciandosi come un grande evento, assuma il compito di illustrare i caratteri della “civiltà delle ville milanesi”. Il tema va inteso come l’esito monumentale di un più vasto fenomeno, non solo artistico ed architettonico, ma profondamente radicato nel sistema socio-economico (con le sue dinamiche evolutive), legato com’è agli interessi fondiari dell’aristocrazia milanese dal XVI al XIX secolo. La “civiltà della villa”, presuppone un ampio orizzonte intellettuale, che trova i suoi motivi ispiratori nel vivace dibattito e nelle manifestazioni della sensibilità esercitatisi nella dialettica tra Natura ed Artificio, tra concezione del Bello e ricerca dell’Utile, tra vita attiva e vita dello spirito. I temi da indagare potrebbero essere: quelli spiccatamente architettonici del rapporto scenografico della villa gentilizia con il territorio e con il paesaggio ma anche quelli di matrice urbanistica legati al rapporto con i borghi rurali; la ricognizione intorno ai maggiori casati milanesi allo scopo di individuare
i personaggi più significativi e di ricostruire la proprietà dei palazzi di città e delle ville; la qualità dei trattenimenti in villa tra scienze, arti, letteratura e aspetti mondani; gli aspetti salienti dell’arte a Milano tra XVI e XIX sec. da ricostruirsi a partire dai cicli e dalle collezioni delle ville milanesi; infine l’aspetto legato all’arte dei giardini, seguendo l’evoluzione della sensibilità e del gusto dal giardino classico all’italiana al giardino romantico all’inglese. La conoscenza degli strumenti disponibili e il dialogo tra i soggetti del processo di valorizzazione Prerequisito necessario all’individuazione delle azioni positive da compiere in materia di valorizzazione, infine, è la conoscenza delle opportunità previste e contemplate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, elemento che non può ancora essere dato per scontato, a pochi anni dalla promulgazione del testo di legge. Il buon esito delle iniziative tendenti alla salvaguardia e alla valorizzazione dei beni culturali richiede il coinvolgimento di una serie diversa di elementi, la mobilitazione di risorse intellettuali differenti ma sinergiche. È forse per questo che, quasi tutti, gli interlocutori consultati si sono resi disponibili
al confronto sul tema. Tra quanti hanno aderito la manifestazione dell’apprezzamento per l’iniziativa promossa dal PIM di rappresentare in questa pubblicazione anche le loro attività, difficoltà e prospettive, è stata unanime; molti ci hanno rivolto l’invito a condurre una qualche attività di “raccordo”, o, addirittura, hanno dichiarato la disponibilità a progetti comuni. È infatti emersa la necessità di individuare occasioni di confronto che, in luogo della consueta veste del convegno possano, svolgere un’azione più operativa, di guida e di indirizzo, come ad esempio work-shop rivolti agli Amministratori. Ma è emersa anche, soprattutto in considerazione dell’opportunità ormai acclarata di costituire reti che mettano a sistema più beni tra loro, la necessità di applicare all’inquadramento del tema un’ottica allargata ai diversi aspetti territoriali coinvolti (problemi dell’accessibilità, supporto di letture socio-economiche, aspetti paesistici, etc.). Tutto ciò configura, in fondo, un ruolo ed un compito non dissimili da quelli istituzionalmente rivestiti dal nostro Centro Studi, ossia quelli di agevolare il confronto sui temi complessi che hanno ricaduta territoriale, sia nella veste di competente attore tecnico sia come sede di confronto operativo e composizione di interessi convergenti.
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Prof. Arch. Pier Fausto Bagatti Valsecchi È impossibile concepire una trattazione, per quanto di modeste ambizioni, che abbia a tema le ville e i giardini del milanese prescindendo dagli svariati contributi proposti dell’arch. Pier Fausto Bagatti Valsecchi nel corso della sua lunga carriera, sia in veste di professionista, che di studioso, che di animatore culturale. Tra i suoi contributi critici si ricordano, tra gli altri: la chiara definizione del “tipo villa” contenuta nel testo dal titolo Tipologia ed evoluzione storica della villa italiana, in appendice al volume Ville d’Italia del Touring Club, Milano 1972, predisposto in collaborazione con l’arch. Santino Langé; il contributo fondamentale alla comprensione della genesi, dello sviluppo e dell’espansione delle ville offerto dal saggio La Villa, in Storia dell’Arte Italiana. Forme e modelli, vol. 11, Einaudi, Torino 1982; in particolare sul patrimonio milanese il saggio introduttivo L’architettura delle ville lombarde nell’opera di Marc’Antonio Dal Re e Note alla ville, in Ville di Delizia, riedizione critica dell’opera di Marc’Antonio Dal Re – Ville di delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano, Il Polifilo, Milano 1963; l’ideazione e la direzione della collana “Ville Italiane” e in particolare la stesura, del primo volume Ville della Brianza, ed. Sisar, Milano 1978 con A.M. Cito Filomarino e F. Süss. Non meno densa l’esperienza professionale: dal recupero della Villa Visconti Borromeo, Litta a Lainate, ai più recenti progetti per il restauro del giardino della Villa Reale di Monza e la consulenza per la sistemazione e gestione dei giardini di proprietà del FAI, fra cui quelli della Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno, della Villa Panza di Biumo a Varese e della Villa Gregoriana di Tivoli. Sul versante, infine, del contributo civile alla sensibilizzazione intorno al tema della salvaguardia dei beni sono da segnalare la partecipazione attiva alle iniziative di Italia Nostra, del FAI e di ADSI. Costituisce perciò motivo di particolare orgoglio e soddisfazione poter ospitare su queste pagine un breve intervento di questo illustre protagonista delle vicende legate alla tutela e valorizzazione del patrimonio delle ville milanesi.
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Architetto, per chiunque voglia iniziare a conoscere le ville del milanese e, in generale, le “Ville d’Italia”, la collana da Lei curata, da principio per l’editore Sisar (e in seguito dall’editore Rusconi), è un riferimento obbligato, un’opera che, a distanza di anni, nonostante il rinnovarsi di studi in materia, mantiene rigore e completezza insuperati. Come nacque l’iniziativa e come mai si interruppe? (In particolare ci sentiamo orfani dei tomi che avrebbero dovuto completare la trattazione della Brianza). “Il mio interesse per le ville è di antica origine. Era noto anche ad un mio caro amico, la cui famiglia era proprietaria di una tipografia molto attrezzata per realizzare la stampa del materiale pubblicitario da affiggere sui mezzi pubblici di trasporto, avendo si può dire inventato e creato dal nulla per l’Italia questo particolare settore. Disponendo degli strumenti tecnici, si proposero di ampliare la loro attività anche nel campo editoriale librario. Per concretizzare tale progetto chiesero la mia disponibilità a scrivere in un mese un libro sulle ville della Brianza. Sembrandomi la richiesta inaccettabile per la scarsità della durata temporale proposta, decisi di controproporre un’intera collana dedicata alle ville in Italia. Da questa opportunità, del tutto casuale, nacque la collana “Ville Italiane”. In seguito al passaggio di proprietà della casa editrice, Rusconi rilevò anche molto materiale già pronto per le stampe e proseguì quindi con l’uscita di alcuni volumi. Alcuni altri titoli avevano già raggiunto un avanzato livello di approfondimento, ma l’iniziativa poi si interruppe a causa della completa chiusura della Rusconi editore. Per quanto concerne in particolare i volumi sulla Brianza, che io stesso stavo redigendo in collaborazione con altri autori, il venir meno dell’impegno imprenditoriale da parte dell’editore mi impedì di completare la trasposizione definitiva del materiale già raccolto. Ho ancora quella documentazione”. Sarebbe bellissimo poter riprendere quell’antico progetto e portarlo a compimento. Un’altra pub-
blicazione da lei curata nel 1963, e alla quale siamo tutti molto affezionati, è la ristampa dell’opera del Dal Re Ville di delizia. Le tavole di quest’opera, al di là dell’ovvio interesse storico, costituiscono la più efficace operazione di promozione delle nostre ville. Siamo convinti propugnatori dell’idea che una nuova edizione (a prezzi più accessibili di quella prestigiosa edita da Polifilo) sarebbe un’iniziativa molto opportuna nell’ambito delle iniziative di valorizzazione di questo patrimonio. Ricordo che la città di Torino nel 2000, in occasione delle Olimpiadi invernali, prese l’iniziativa di pubblicare una pregevole ristampa del Theatrum Sabaudiae, impresa editoriale molto più impegnativa (due grossi tomi, l’uno di testo e l’altro con oltre 140 tavole in grande formato ripiegate e CD-ROM). L’occasione di Expo potrebbe suggerire un’analoga iniziativa in favore del bel libro del Dal Re. “Trovo anch’io l’opera del Dal Re interessantissima e pregevole. Mi fa piacere che qualcuno se ne ricordi ancora e voglia inserirla nel quadro delle iniziative utili a promuovere le ville. È un’idea certamente interessante e sarei felice se potesse incontrare esito favorevole. Oltre tutto l’edizione da me curata per Polifilo non è completa, non riporta cioè l’intero corpus delle tavole delineate dal Dal Re per le due edizioni della sua opera, quella del 1726 e la successiva del 1743”. Al di là del suo contributo di studioso Lei ha svolto anche una proficua attività di sensibilizzazione nei confronti della salvaguardia e valorizzazione del patrimonio dei beni culturali. Lei stesso ha ricordato la precoce militanza, con l’arch. Carlo Perogalli, nelle file di Italia nostra, e proprio alla allora neonata sezione milanese di questa associazione si deve l’organizzazione del IV Convegno Nazionale avente a tema Tutela e Valorizzazione delle ville e dei giardini italiani, tenutosi nel maggiogiugno 1959, i cui atti furono pubblicati nel 1960. “Sì, reputavo allora come oggi, che è importante riuscire a coinvolgere l’opinione pubblica sul valore e sul significato del patrimonio
PARTE II - 6. Conclusioni
culturale. Trasmettere alle generazioni future ciò che di importante abbiamo ricevuto dal passato è parte integrante di quel compito collettivo che possiamo pure definire “civiltà”. Fui anche tra i fondatori dell’ADSI, l’associazione dei proprietari di dimore storiche, cercando in quella sede di far sì che la provvidenza governativa in materia di deduzioni fiscali (Legge 512/82) potesse avere il maggiore successo possibile. Ricordo anche che, sempre con l’amico Perogalli e Ulderico Berto, proponemmo un progetto di legge di iniziativa della Regione Lombardia per l’istituzione di un “Ente per le ville lombarde”. Si era nei primi anni di attività delle Regioni e ritenevamo che seguire l’esempio del Veneto, che fin dalla metà degli anni ’50 aveva costituito l’ “Ente per le ville venete”, potesse essere iniziativa valida a frenare il degrado del patrimonio lombardo. In Veneto hanno operato bene, riuscendo soprattutto a finanziare molti restauri, senza dei quali tanta parte di quello straordinario patrimonio (si pensi solo a Palladio) sarebbe andato perduto. La proposta fu presentata in occasione di una manifestazione pubblica tenutasi alla Villa Reale di Milano il 26 gennaio 1974. Avevamo accluso al testo della legge alcune schede esemplificative di importanti ville redatte da ISAL. L’iniziativa non ebbe tuttavia seguito, e ritengo che i più abbiano perfino dimenticato quella proposta1”. Noi abbiamo intervistato molti soggetti che si interessano attivamente di beni culturali, Istituzioni e Associazioni culturali che hanno naturalmente a cuore la salvaguardia e la valorizzazione delle nostre ville e in ragione di ciò operano, attraverso iniziative e politiche di settore. C’è, tuttavia, al di là delle iniziative puntuali e delle politiche che le Istituzioni svolgono “d’ufficio”, un sentimento condiviso che dovremmo sottolineare e coltivare e che ci impone la conservazione dei nostri monumenti, al di là degli interessi strumentali o delle ipotesi di redditività che qual-
cuno si ostina ad associare alle politiche relative ai beni culturali. Piacerebbe sentire da lei, da uomo di cultura, un’ultima parola al riguardo: perché è importante prendersi cura dei monumenti e quale significato dobbiamo riconoscere loro? “Nella sua domanda c’è “in nuce” il senso della risposta che sto per darle. Il concetto di “prendersi cura” è fondamentale: il monumento, quello di pietra, fatto da uomini di antiche generazioni per sopravvivere all’usura del tempo, e quel particolarissimo monumento che è il giardino storico, un monumento che vive, necessitano entrambi delle nostre attenzioni per sopravvivere. L’architettura sogna sempre di realizzare per l’eternità, ma ciò è utopico. Senza il rinnovarsi delle azioni soccorrevoli di manutenzione qualsiasi edificio tende a sparire. Questa sparizione offende il desiderio innato che l’uomo ha affinché “qualcosa” possa sfuggire all’opera demolitrice del tempo. Nel prenderci cura dei monumenti, che diventano nel corso del tempo opere collettive, noi contribuiamo a dare sostanza a quell’umanissimo desiderio. Oltretutto quest’azione rivela in qualche modo la nostra “pietas” nei confronti delle generazioni passate e la nostra sollecitudine nei confronti delle generazioni future, un modo di rinsaldare legami di umanità che travalicano l’impietosità del tempo. Il monumento è una sorta di dialogo che continua, ci ha preceduti e continuerà dopo di noi. Non vorrei parerle eccessivamente lirico. Per questo mi affretto ad aggiungere che c’è oltre tutto un motivo anche più immediato e concreto: nel contesto metropolitano milanese un salvataggio con valorizzazione delle nostre ville rappresenta uno dei pochi strumenti per riformare la concezione urbanistica del territorio. L’urbanistica ha fallito nella sua ambizione di conformare lo spazio da abitare. I piani regolatori, spesso disattesi o aggirati nelle loro previsioni originarie, hanno nel migliore dei casi strutturato il territorio in termini di standard e di ”mix funzionali”, come si usa dire, ma si
sono rivelati strumenti poveri ed insufficienti ad assicurare la “qualità” dello spazio costruito e il preservarsi dei valori identitari dei luoghi. Questi elementi, al contrario, sono ben testimoniati dalle nostre ville, che perciò sono importanti e costituiscono una grande risorsa.” 1. Progetto di Legge Statale di iniziativa della Regione Lombardia per l’istituzione dell’Ente per le Ville Lombarde, presentato a Villa Reale di Milano il 26 gennaio 1974, ed. Sisar, Milano 1974.
Marc’Antonio Dal Re, Veduta del Castellazzo, incisione da “Ville di delizia [...]”, Milano 1743, part.
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CENTRO STUDI
CENTRO STUDI PER LA PROGRAMMAZIONE INTERCOMUNALE DELL’AREA METROPOLITANA
Cos’è il Centro Studi PIM Il Centro Studi per la Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana, già Centro Studi Piano Intercomunale Milanese, è un’Associazione volontaria di Enti locali dell’area milanese, senza scopi di lucro, iscritta nel Registro Regionale delle Persone Giuridiche. Il PIM svolge attività di supporto operativo e tecnico-scientifico nei confronti dei Comuni associati, della Provincia di Milano e di altri soggetti pubblici, realizzando studi, piani e progetti in materia di pianificazione-programmazione territoriale, infrastrutturale, ambientale e in tema di sviluppo socio-economico locale.
Le attività L’attività del PIM è rivolta innanzitutto agli Enti associati ed è organizzata sulla base di programmi annuali approvati dall’Assemblea dei Soci. Tali programmi comprendono: - la realizzazione di studi, indagini e ricerche riguardanti l’assetto e le trasformazioni sia dell’insieme della regione urbana milanese sia dei diversi sistemi locali; - l’elaborazione di dati e informazioni di natura territoriale e socio-economica organizzati in un Sistema Informativo Territoriale (SIT); - attività di consulenza ed assistenza riguar-
danti le iniziative di pianificazione-programmazione e progettazione, anche con riferimento agli aspetti procedurali e di relazione tra i diversi attori istituzionali coinvolti. Al fine di valorizzare le proprie risorse, umane, materiali e conoscitive, il PIM svolge, accanto alle attività istituzionali a favore dei Soci, ulteriori attività accessorie di natura commerciale, su richiesta degli stessi Soci, di altri Enti pubblici o di soggetti privati.
Studi, piani e progetti Negli ultimi dieci-quindici anni il PIM ha elaborato documenti di pianificazione territoriale, strategica e di area (supporto al processo di adeguamento del PTCP della Provincia di Milano; Master Plan Navigli; Piani d’Area Malpensa, Abbiatense, Sud Milano, Sud-Est Milano, Castanese) e di pianificazione ambientale (Piani Territoriali e Piani di Settore del Parco Sud Milano, del Parco di Monza e del Parco Adda Sud). Inoltre, hanno acquisito sempre più rilievo i temi della pianificazione della viabilità (collaborazione alla classificazione della rete viaria provinciale; analisi del traffico relative a SS36 del Lago di Como e dello Spluga, SP46 Rho-Monza, ex SS35 Milano-Meda; Piani Urbani del Traffico/Piani della Mobilità di Cesano Boscone, Cinisello Balsamo, Corsico, Gaggiano, Gessate,
Lainate, Lodi, Novate Milanese, Peschiera Borromeo, Segrate; collaborazione al Programma Urbano dei Parcheggi del Comune di Milano) e soprattutto i temi della pianificazione-progettazione integrata delle grandi infrastrutture (Pedemontana, Tangenziale Est Esterna, linea ferroviaria Varese-Mendrisio, ristrutturazione SS36 Valassina, Gronda Ferroviaria Ovest, Secondo Passante Ferroviario), nonché della pianificazione-progettazione integrata della viabilità provinciale (riqualifica SS415 Paullese a San Donato, connessione SP3-SP342dir, connessione SP119-exSS527, variante nord ex SS527 a Solaro). Oltre a ciò, il PIM ha elaborato studi di riqualificazione e potenziamento delle reti e dei servizi di mobilità (Nuova Vigevanese, variante ex SS233 Varesina, SP40, ferrovia Milano-Mortara, Gronda Ferroviaria Est), di valutazione di impatto ambientale di grandi infrastrutture (SIA della Pedemontana, delle linee ferroviarie Novara-Vanzaghello e Saronno-Seregno e dei prolungamenti M3 a Paullo e M2 a Vimercate, della SP46 Rho-Monza), di tutela e valorizzazione ambientale (progetto “Camminando sull’acqua”, PLIS della Cavallera, atlante dei PLIS, progetto “Sistema delle ville del nord Milano”, MiBici Sud e Sud-Est Milano), di valutazione del sistema dei servizi di livello sovracomunale della provincia di Milano e di definizione di linee guida per
le politiche abitative, insieme a strumenti di programmazione per l’edilizia residenziale pubblica (Piano CIMEP, indagine Regione-Federcasa su fabbisogno e offerta abitativa, Osservatorio Metropolitano Casa). Sul versante della pianificazione urbanistica locale, il PIM ha elaborato strumenti di riorganizzazione dell’assetto urbano (Abbiategrasso, Brugherio, Corsico, Lodi, ecc) e del sistema dei servizi (Carpiano, Cinisello Balsamo, ecc.). Con l’entrata in vigore della LR 12/05 il PIM si è impegnato nell’attività di collaborazione con il Comune di Milano per la predisposizione del PGT e sta curando la redazione dei PGT dei Comuni di Carpiano, Gaggiano, Garbagnate, Melegnano, Trezzano sul Naviglio e delle VAS dei PGT di Cesano Maderno, Gaggiano e Solaro. Infine, il PIM ha compiuto rilevanti studi su struttura e trasformazioni socio-economiche e territoriali della regione urbana milanese (in primo luogo per il PGT di Milano, ma anche per il PTCP della Provincia di Milano in corso di adeguamento, per diversi piani d’area e per alcuni ambiti specifici come l’Alto Milanese).
Strumenti e risorse Il PIM può contare su un collettivo di professionisti capace di coniugare elevata competenza disciplinare - nei settori dell’urbanistica e del territorio, dell’economia regionale, della viabilità e trasporti, della tecnologie ambientali e della pianificazione paesistica, della progettazione e gestione di sistemi informativi territoriali - a una consolidata esperienza sedi-
mentata nella realtà milanese e lombarda. Il PIM, nel corso della sua storia, ha accumulato un ampio patrimonio di conoscenze sul territorio metropolitano (trasformazioni fisiche, dinamiche socio-economiche, politiche, piani e progetti) che organizza attraverso un Sistema Informativo Territoriale. Il PIM dispone inoltre di un’organizzazione flessibile in grado di integrare le risorse interne con risorse esterne, attraverso collaborazioni specialistiche e sinergie con Università, altri centri di ricerca o tecnostrutture pubbliche. Grazie ad una consolidata rete di relazioni istituzionali e a una vasta conoscenza della struttura, delle funzioni e delle modalità operative degli Enti Locali, il PIM è in grado di accompagnare efficacemente i processi di concertazione delle politiche territoriali. Il sistema di gestione per la qualità del PIM è certificato in conformità alla normativa UNI EN ISO 9001:2000.
Bilancio e mezzi finanziari Il bilancio del PIM è improntato a un sostanziale equilibrio fra costi di gestione e risorse disponibili. Negli ultimi esercizi tale equilibrio si è collocato sulla soglia dei 2 milioni di € circa. Le entrate sono prevalentemente costituite dai contributi degli Enti associati, finalizzati allo svolgimento di attività istituzionali e di interesse per i soci. Una fonte di entrata secondaria, per quanto di entità significativa, è rappresentata dai proventi derivanti da attività di natura commerciale, affidate al PIM dagli stessi Soci e da altri Enti pubblici.
Le spese sono in larga parte determinate dai costi del personale, nonché dai costi di acquisizione di servizi e di competenze specialistiche esterne, finalizzate allo svolgimento sia dei compiti istituzionali (attività e servizi per i soci) sia di attività accessorie di natura commerciale (incarichi su specifica commessa). Da segnalare i crescenti investimenti dedicati all’ammodernamento della dotazione strumentale e informatica finalizzati alla gestione del SIT.
Elenco dei soci Oltre al Comune e alla Provincia di Milano sono attualmente soci del Centro Studi PIM Abbiategrasso, Aicurzio, Arcore, Arese, Assago, Baranzate, Bareggio, Basiglio, Binasco, Bovisio Masciago, Brugherio, Buccinasco, Caponago, Carpiano, Carugate, Casarile, Cassina de’ Pecchi, Ceriano Laghetto, Cesano Boscone, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Concorezzo, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cusago, Desio, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Gessate, Gorgonzola, Lacchiarella, Lainate, Liscate, Lissone, Locate Triulzi, Macherio, Melegnano, Melzo, Monza, Nova Milanese, Novate Milanese, Noviglio, Opera, Pantigliate, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pogliano Milanese, Pregnana Milanese, Rho, Rosate, Rozzano, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Sedriano, Segrate, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Solaro, Sovico, Trezzano sul Naviglio, Tribiano, Vanzago, Vernate, Vizzolo Predabissi, Zibido San Giacomo.
Gli organi del Centro Studi PIM Assemblea L’Assemblea dei Soci è costituita dai rappresentanti degli Enti associati, in persona del Sindaco di ciascun Comune e del Presidente della Provincia, o Assessore o Consigliere da loro delegato. Presidente e Consiglio Direttivo Il Consiglio Direttivo è composto da 14 membri effettivi tra cui il Presidente, 3 dei quali di diritto indicati dal Comune di Milano e 3 dalla Provincia di Milano e i restanti eletti dall’Assemblea. L’attuale Consiglio Direttivo è stato eletto nell’85a Assemblea dei soci dell’11 aprile 2003 e integrato nell’87a Assemblea del 23 giugno 2005. Presidente Vittorio Algarotti (designato dal Comune di Milano) Vice-Presidente Alberto Garocchio (Consigliere Comunale di Milano, designato dal Comune di Milano) Altri componenti del Consiglio Direttivo • Adriano Alessandrini (Sindaco del Comune di Segrate) • Vincenzo Blandi (designato dalla Provincia di Milano) • Marco Flavio Cirillo (Sindaco del Comune di Basiglio) • Emilio Locatelli (Assessore del Comune di Rozzano) • Marco Maria Mariani (Sindaco del Comune di Monza)
• Pietro Mezzi (Assessore della Provincia di Milano, designato dalla Provincia di Milano) • Renzo Moretti (Sindaco del Comune di Solaro) • Filomena Aurora Palermo (Assessore del Comune di Melzo) • Adelio Panzeri (Assessore del Comune di Nova Milanese) • Maurizio Pezzotti (Assessore del Comune di Gaggiano) • Cesare Recchi (designato dal Comune di Milano) • Achille Taverniti (designato dalla Provincia di Milano)
Struttura tecnico-operativa Il PIM conta 19 dipendenti. Accanto agli specialisti in materia urbanistica e territoriale operano esperti in economia regionale, in viabilità e trasporti, in tecnologie ambientali e pianificazione paesistico-ambientale, in progettazione e gestione di sistemi informativi territoriali. Direttore (f.f.) Franco Sacchi Tecnici laureati responsabili delle attività di ricerca e progettazione Cristina Alinovi, Angelo Armentano, Mauro Barzizza, Fabio Bianchini, Francesca Boeri, Francesca Cella, Pietro Lembi, Pierluigi Nobile, Paola Pozzi, Maria Evelina Saracchi Tecnici addetti ai settori e servizi operativi Alma Grieco, Claudio Paraboni, Cinzia Vanzulli Addetti ai servizi generali Paola Baraldo, Monica Falcetta, Roberta Guerinoni, Vanda Migliavacca, Massimiliano Zappa
NUMERI DI ARGOMENTI & CONTRIBUTI PUBBLICATI 1. PROGETTI INFRASTRUTTURALI E TERRITORIO NELL’AREA MILANESE E LOMBARDA - giugno 2001 2. INFRASTRUTTURE STRATEGICHE PER MILANO E LA LOMBARDIA E “LEGGE OBIETTIVO” - maggio 2002 3. STUDIO-PROGETTO D’AREA SUD MILANO - luglio 2002 4. EMERGENZA TRAFFICO IN BRIANZA Pedemontana, metropolitane, ferrovie: dai progetti alle concrete realizzazioni - luglio 2002 5. ABITARE NELL’AREA METROPOLITANA MILANESE Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale - gennaio 2003 6. LA MAPPA DEI CAMBIAMENTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIALI NELLA REGIONE URBANA MILANESE Primi risultati dei Censimenti 2001 - gennaio 2003 7. L’AREA METROPOLITANA MILANESE Idee e progetti per il futuro - giugno 2003 8. DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese - giugno 2004 (ried. maggio 2007) 9. I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO - ottobre 2004 10. IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ Le aree verdi nella configurazione del territorio metropolitano - luglio 2005 11. LE TRE CITTÀ DELLA BRIANZA Temi e prospettive della nuova Provincia – dicembre 2006 12. IL MAL D’ABITARE Opportunità e difficoltà di fronte alla nuova questione abitativa nell’area milanese – novembre 2008 13. BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO Le ville storiche del milanese – novembre 2009 Gli arretrati sono disponibili per amministratori e tecnici degli Enti associati al PIM che ne facciano richiesta, nonché per gli organismi Istituzionali interessati. Copie digitali sono scaricabili presso il sito internet del Centro Studi: www.pim.milano.it