Centro Sudi PIM | Argomenti & Contributi n.15

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e di Giulia Cacopardo



argomenti & contributi /NUMERO 15

PRESENTAZIONE Matteo Bolocan Goldstein Presidente Centro Studi PIM

La duratura esperienza del PIM attraversa varie congiunture economico-territoriali segnate, talvolta in forma marcata, da un’accesa dialettica politica e amministrativa: dagli esordi nel 1961, come associazione volontaria di comuni impegnati nel primo tentativo di pianificazione intercomunale in tensione con le scelte centralistiche del capoluogo, alla successiva stagione regionale e dei comprensori, a cavallo tra gli anni settanta e i primi anni ottanta, fino alla fase più recente nella quale - divenuto Centro Studi per la “programmazione intercomunale dell’area metropolitana” - ha contribuito attivamente all’interpretazione delle nuove spazialità urbane e ai tentativi di governo del fenomeno metropolitano, in perdurante assenza di un’istituzione dedicata 1. Se un compiuto bilancio dell’intercomunalità milanese è ancora da scrivere, la sensazione è oggi quella di vivere un’inedita accelerazione dei processi, che evidenzia qualcosa più di un’ennesima tappa geostorica dei rapporti territoriali e politici nel contesto della regione metropolitana. Quel che sembra possibile rilevare è uno scarto crescente tra i dinamismi socio-economici e la geografia amministrativa a tutti i livelli, con l’evidenziarsi di vecchi e nuovi problemi che domandano un rinnovato esercizio del governo. Una mancata corrispondenza, questa, tra spazialità istituzionali, dinamiche geo-economiche e processi di urbanizzazione, che assume ancor più risonanza di fronte alla tardiva nascita della nuova Città metropolitana, con tutte le incertezze che ne segnano il primo anno di vita 2. Nell’impossibilità di ristabilire una corrispondenza tra le partizioni amministrative e i processi

socio-spaziali che segnano la contemporaneità sembra quindi opportuno assumere una volta per tutte - tale disaccoppiamento come costitutivo dei processi metropolitani e moltiplicare gli sforzi di comprensione dei fatti e di verifica continua e ‘pubblica’ delle chiavi interpretative impiegate. E’ ciò che il Centro Studi PIM, anche in ragione di una compagine di soci geograficamente aperta alla realtà di Monza e Brianza, ha sempre provato a fornire, in un lavoro svolto spesso sottotraccia e in presa diretta con il farsi concreto delle politiche urbane e dei processi di pianificazione spaziale. E’ anche per questo stile discreto, probabilmente, che il PIM ha vissuto stagioni così diverse nel tempo, in un’Italia Repubblicana nella quale la regione urbana milanese ha continuato a rappresentare un laboratorio spaziale e sociale di estremo interesse.

Indagando le spazialità metropolitane Il quaderno che proponiamo all’attenzione della comunità locale e regionale, riprende – rinnovato nella grafica e in stretta relazione con il nuovo portale in continuo aggiornamento (www.pim.mi.it) – il filo di una riflessione dispiegata nell’ultimo quindicennio per mezzo della collana Argomenti & Contributi 3. Questo arco temporale ha coinciso – dopo decenni segnati da accentuati processi di deconcentrazione dello sviluppo e di urbanizzazione diffusa - con un deciso recupero di centralità materiale e simbolica della città centrale. La metamorfosi sociale ed economica di Milano in corso da tempo è divenuta così lo scenario nel quale i processi di modernizzazione urbana avviati nella se-

conda metà degli anni novanta hanno generato sensibili effetti spaziali alle diverse scale: dal mutamento molecolare di molti quartieri storici allo sviluppo di cospicui interventi urbanistici (quel ‘rinascimento della città’ più volte esibito con enfasi), dalle nuove piattaforme funzionali (fiere, università, ospedali specializzati, centri commerciali…) fino ai successi del semestre dell’Expo e al corrispondere, fuori dal recinto espositivo, di una miriade di iniziative diffuse in una pluralità di spazi pubblici. Un cambiamento dinamico dello spazio urbano, a partire da quello della città centrale, e del ruolo di Milano nella rete mondiale delle città 4 ; un mutamento che ha, in parte, velato e attutito i colpi potenti inferti dalla crisi economica apertasi con la vicenda dei subprime statunitensi a cavallo tra il 2007/2008 e combinatasi con una tendenza, già in essere, di forte polarizzazione sociale aggravata, con la crisi, da un indebolimento senza precedenti dei cosiddetti ‘ceti medi urbani’ 5. Sono dunque anni di dura contrazione economica quelli al centro dell’indagine che proponiamo (una contrazione solo in parte catturata dalle statistiche ufficiali a disposizione), ma anche del manifestarsi di prime, ambigue, forme di contrazione spaziale: da un lato, infatti è difficile sottovalutare segnali di chiusura e di sottoutilizzo di molti capannoni, di svuotamento di intere palazzine direzionali, di rallentamento o di blocco dei cantieri con la necessità di rivedere quantità e destinazioni immobiliari di alcuni grandi progetti, ma pure forme discrete di razionalizzazione negli usi ‘condivisi’ di molti spazi del lavoro e delle professioni nel


argomenti & contributi /NUMERO 15

Le elaborazioni statistiche, grafiche e cartografiche contenute nel volume sono a cura del Centro Studi PIM, a partire dalle seguenti fonti: ISTAT - Censimento popolazione (vari anni), ISTAT - Censimento industria e servizi (vari anni), ISTAT - Bilancio demografico (vari anni), Osservatorio Mercato del Lavoro CittĂ metropolitana di Milano (vari anni), Osservatorio Mercato del Lavoro Provincia Monza e Brianza (vari anni). Basi Cartografiche: SIT Centro Studi PIM. Nel presente volume la Regione Urbana Milanese fa riferimento alla configurazione OCSE (Territorial Review 2016) e comprende le provincie di Milano, Bergamo, Lecco, Como, Varese, Pavia, Lodi, Cremona e la piemontese provincia di Novara.


tessuto semicentrale di Milano; dall’altro lato, si assiste al permanere di una perversa dinamica espansiva degli insediamenti nella regione urbana, per altro sostenuta da una sovra offerta edilizia ancora programmata in molti piani urbanistici locali del milanese, a dispetto di ogni retorica sulla necessità di fermare i consumi di suolo 6. Segnali molteplici e contraddittori, dunque, e di non facile lettura quantitativa, che – anche per questo - è opportuno iniziare a mettere sotto osservazione, interrogandosi sulla nuova configurazione socio-spaziale metropolitana oscillante tra nuovi processi di periferizzazione (come indica il contributo di Gioacchino Garofoli su queste pagine) e l’incidenza di diversi fattori immateriali nel delineare nuove opportunità di lavoro e gli spazi per intraprendere (come sottolinea Gianni Geroldi). E’ ciò che proviamo ad avanzare in questo volume, partendo da un’interpretazione territorializzata dei dati intercensuari 2001-2011, integrati da un’analisi empirica sulla domanda di lavoro milanese tra il 2008 e il 2014. Una mossa classica, quella di indagare le tendenze geografiche della popolazione, degli addetti e delle unità locali, che ci ostiniamo a riproporre per ancorare riflessioni e politiche pubbliche ai dati di realtà, assunti come fatti sociali incorporati nello spazio.

Intermediazione culturale a supporto del mondo delle autonomie Convinti della necessità di comprendere e interpretare le tendenze in atto, siamo tuttavia consapevoli delle difficoltà attuali nell’alimentare un rapporto virtuoso tra produzione di conoscenze finalizzate e il farsi delle politiche e dell’azione pubblica, a partire da quella degli enti locali territoriali. In questo senso, i processi di “crescente ricentralizzazione e diffusa diffidenza verso le istituzioni locali”7 dell’ultimo decennio hanno di fatto mortificato - non soltanto finanziariamente – il mondo delle autonomie locali, incidendo profondamente sullo stato d’animo degli amministratori e sulle stesse condizioni complessive dell’azione pubblica locale 8 . Prendere sul serio questa situazione non offre qui ed ora soluzioni facili. Tuttavia, come centro studi che ‘federa’ enti locali su base associativa, e che su tale dimensione si gioca la propria reputazione di piattaforma di servizio e di accompagnamento delle politiche territoriali e ambientali, sentiamo l’urgenza di sperimentare nuove forme di intermediazione - innanzitutto culturale - a partire dai territori, dalle società insediate. Ciò non risponde tanto e solo a un vecchio adagio ideologico in favore di uno sviluppo pensato e praticato localmente, quanto alla necessità nell’attuale fase incerta e caotica di mondializzazione di ripensare l’Europa e i

nostri contesti nazionali a partire dalle città e dalle regioni 9. In questo senso la nascita della nuova Città metropolitana, cui sono attribuite importanti funzioni di pianificazione strategica dello sviluppo economico e territoriale rappresenta un’importante opportunità. Questa la chiave di lettura che assumiamo. Partigiana, se si vuole, ma non riduttiva e parziale come si potrebbe pensare. Se, infatti, esiste una debolezza evidente nella politica attuale e nell’azione delle classi dirigenti, non solo locali, ci pare proprio questa scarsa attitudine ad una progettualità radicata nello spazio. Il che appare ancor più paradossale in un contesto come quello italiano segnato dalle varietà locali e regionali, e oggi investito da una molteplicità di ‘flussi’ globali che domandano una rinnovata capacità collettiva per essere decodificati e praticati localmente in forma originale.

1

L’originale storia del PIM è stata al centro del numero speciale di Argomenti & Contributi pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario del centro studi: Luoghi urbani e spazio metropolitano. Un racconto attraverso piani, funzioni e forme insediative, 14, febbraio 2011 (http://www.pim.mi.it).

2

Su questi aspetti rimando al recente contributo “Milano metropolitana: un resoconto critico e alcune questioni in prospettiva”, Imprese & Città, 8 - Inverno 2015.

3

I quattordici numeri, editi dal 2001 ad oggi, spaziano dalle tematiche relative all’infrastrutturazione dell’area milanese al paesaggio e la sistema delle acque, dalle forme dell’abitare e dell’urbanizzazione della regione urbana milanese alle dinamiche socio-economiche. L’intera collana dei quaderni è disponibile sul sito istituzionale: http://www.pim.mi.it.

4

Cfr. Magatti M. et al. (2005), Milano nodo di una rete globale. Un itinerario di analisi e proposte, B. Mondadori, Milano; Taylor P. (2012), “Milano nella rete delle città mondiali”, in Perulli P. a cura di, Nord. Una città-regione globale, Il Mulino, Bologna.

5

Il tema della fragilità del tessuto sociale milanese è da anni al centro di analisi e ricerche sociali. Tra i molti lavori: Ranci C. (2012), “Ristratificazioni. Come cambia la struttura sociale di Milano”, in Magatti M., Sapelli G. a cura di, Progetto Milano. Idee e proposte per la città di domani, B. Mondadori, Milano. L’attenzione ai ceti medi è stata a lungo una chiave di lettura importante della sociologia economica delle società a sviluppo maturo: cfr. Bagnasco A. (2016), La questione del ceto medio. Un racconto del cambiamento sociale, Il Mulino, Bologna.

6

Per una lettura socio-economica e culturale sul cambio di fase determinato dal tramonto di un lungo ciclo espansivo: cfr. Magatti M. (2011), La grande contrazione. I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto, Feltrinelli, Milano.

7

Cfr. Bobbio L. (2015), “Il sistema degli enti locali”, in L’Italia e le sue Regioni. L’età repubblicana, volume I: Istituzioni, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma.

8

Abbiamo riflettuto sui temi del regionalismo e della cultura autonomista con la tavola rotonda organizzata a margine della nostra 100a Assemblea del Centro studi PIM, nel marzo del 2015, con un dialogo a più voci con Piero Bassetti (presidente di Globus et Locus), Aldo Bonomi (direttore del consorzio Aaster), Eugenio Comincini (vicesindaco di Città Metropolitana) e Stefano Bruno Galli (presidente gruppo consiliare ‘Maroni Presidente’, Regione Lombardia).

9

A questo proposito, il recente editoriale di Marco Garzonio sulle pagine milanesi del Corriere: Garzonio M. (2016), “Milano diventi leader in Europa. Una rete di città oltre i governi”, Corriere della Sera, 11 marzo.


LETTURA DEI TERRITORI/1

argomenti & contributi /NUMERO 15

01

Lettura dei territori/1

Struttura e trasformazioni socio-economiche (2001-2011)

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argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Lettura dei territori/1

Struttura e trasformazioni socio-economiche (2001-2011)

L’evoluzione della struttura socio-economica metropolitana nel periodo intercensuario I primi anni del nuovo millennio hanno registrato tassi di crescita costantemente positivi nella maggior parte dei paesi industrializzati e anche il sopraggiungere della più grave crisi economica dagli anni Trenta ad oggi – verso la fine del primo decennio degli anni Duemila – non è riuscita ad invertire questa dinamica. A livello nazionale il prodotto interno lordo mostra tassi di crescita positivi ma assai inferiori alla media dei paesi industrializzati, soprattutto per effetto della dinamica sostanzialmente stazionaria della produttività del lavoro: ora, poiché esiste una concreta evidenza empirica che le imprese cosiddette “esportatrici” hanno significativamente aumentato la loro produttività del lavoro (condizione necessaria a competere sui mercati internazionali), appare evidente che tale incremento è stato accompagnato dal decremento della produttività di molti altri comparti produttivi e terziari. Nel decennio 2001-2011 si registra in Italia un aumento dell’occupazione: essendo il prodotto interno lordo sostanzialmente stazionario, si tratta di un’occupazione che si espande a salari reali tendenzialmente decrescenti e tale dinamica sembra gravare principalmente su frange del mercato del lavoro marginali e senza tutele (lavoro flessibile e precario, femminile e in classi di età giovani, ecc.), mentre continua ad esistere una parte del mercato del lavoro (il lavoro 12

standard, i lavoratori nelle fasce elevate di età, ecc.) che gode di maggiori e più solide tutele. Il dualismo produttivo (settori esportatori vs. settori che producono per il mercato interno) e nel mercato del lavoro (lavoratori tutelati vs. lavoratori flessibili) costituisce quindi una caratteristica dell’economia nazionale. Tratto che si ritrova anche nelle dinamiche della Regione Urbana – e in particolare nella Città metropolitana di Milano e nella provincia di Monza e Brianza. Nelle pagine che seguono si cercherà di esaminare i cambiamenti strutturali avvenuti nel periodo intercensuario in queste aree: dopo aver brevemente evidenziato le differenze tra le dinamiche della Regione Urbana e le dinamiche nazionali (cfr. paragrafo 1), si prenderanno in considerazione le dinamiche della popolazione e delle famiglie (cfr. paragrafo 2), le dinamiche del mercato del lavoro e degli inattivi (cfr. paragrafo 3), le dinamiche dell’economia (cfr. paragrafo 4). In conclusione si cercherà di fornire un’interpretazione delle dinamiche evidenziate dall’analisi dei dati.


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Tabella 1 - Italia e Regione Urbana: alcuni indicatori [2011] Territorio

Regione Urbana

Italia

Densità popolazione

553,89

196,75

Densità famiglie

239,16

81,48

Numero medio di componenti la famiglia

2,32

2,41

FDL/PopRes

47,13

43,72

Occ/PopRes

43,80

38,73

Inatt/PopRes

38,78

42,27

Pens/PopRes

22,73

21,33

UL/PopRes

9,80

8,96

Add/PopRes

41,69

34,05

AddInd/PopRes

12,94

9,97

AddComm/PopRes

6,87

5,95

AddTerz/PopRes

21,89

18,13

Dimensione media delle unità locali

4,26

3,80

Grafico 1 - La dinamica dell’economia nazionale e della Regione Urbana nel periodo intercensuario [2001-2011] 30 25 20 15 10 5 0 -5 -10 -15

Regione Urbana

Addetti al terziario

Addetti al commercio

Addetti industriali

Addetti

Unità locali

Pensionati

Inattivi

Occupati

Forze di lavoro

-20

Famiglie

Le principali differenze tra la Regione Urbana e il resto del paese si evidenziano in particolar modo negli indicatori di natura demografica e di accesso al mercato del lavoro. La concentrazione della popolazione e delle famiglie nella Regione Urbana è superiore a quella media nazionale, mentre risulta leggermente inferiore la dimensione media dei nuclei familiari; la quota degli attivi e degli occupati sulla popolazione residente è superiore alla media nazionale di 4-5 punti percentuali, mentre la quota di inattivi è meno elevata di quella che si registra in Italia. È verosimile ritenere che la capacità della Regione Urbana di attrarre - in misura maggiore alla media nazionale - individui e famiglie che partecipano alla produzione di reddito sia strettamente connessa al suo grado di sviluppo delle attività economiche. L’ ipotesi appare confermata dall’analisi degli indicatori economici: sul territorio sono infatti superiori alla media nazionale il numero di unità locali e di addetti (totali e per i macrosettori considerati) per 100 residenti, oltre che la dimensione media delle unità locali. La Regione Urbana mantiene quindi un “primato” che le appartiene da molti decenni, ovvero quello di essere uno dei territori più sviluppati nel quadro dell’economia italiana. Tuttavia si può notare che, tra il 2001 e il 2011, le differenze con il resto d’Italia diminuiscono significativamente. La maggiore capacità di attrarre persone e famiglie entro i propri “confini” non corrisponde infatti ad una dinamica di maggiore crescita delle variabili di accesso al mercato del lavoro ed economiche in senso stretto: in effetti, crescono meno della media nazionale le forze di lavoro e soprattutto gli occupati e crescono più di tale media gli inattivi; inoltre anche la crescita degli addetti è inferiore alla media italiana, in particolare per quanto riguarda l’industria (in cui gli addetti fanno registrare una contrazione superiore alla media nazionale) e il commercio, mentre continua a costituire il motore “economico” dell’area il settore terziario, dove il tasso di crescita degli addetti si attesta su valori significativamente superiori alla media nazionale. È evidente che tassi di crescita inferiori sono influenzati dagli elevati valori assunti dagli indicatori a livello locale rispetto al resto d’Italia ed è altrettanto evidente che

il modello appare ancora sostenibile da un punto di vista economico (in fondo, la popolazione cresce meno dell’occupazione), ma è anche vero che si evidenziano alcune possibili contraddizioni nel modello di sviluppo della Regione Urbana che devono essere ulteriormente analizzate.

Popolazione

1. La Regione Urbana nel contesto nazionale

Italia 13


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LETTURA DEI TERRITORI/1

2. La popolazione residente e le famiglie

Grafico 2 - Italia e Regione Urbana: alcuni indicatori [2011] dimesione media delle unità locali add. terz/pop. residente

densità popolazione densità famiglie n. medio di componenti

add. comm/ pop. residente

FDL/pop. residente

add. ind/pop. residente addetti/pop. residente UL/pop. residente Italia

occ/pop. residente inattivi/pop. residente pensionati/pop. residente

Regione Urbana

Tabella 2 - La dinamica dell’economia nazionale e della Regione Urbana nel periodo intercensuario [2001-2011] Territorio

Regione Urbana

Italia

Dinamica popolazione

6,88

4,29

Dinamica famiglie

13,29

12,84

Dinamica forze di lavoro

9,39

9,45

Dinamica occupati

8,45

9,64

Dinamica inattivi

1,29

-0,11

Dinamica pensionati

20,19

25,65

Dinamica unità locali

10,62

9,72

Dinamica addetti

2,69

2,95

-16,13

-13,53

Dinamica addetti industriali Dinamica addetti al commercio

8,35

11,64

Dinamica addetti al terziario

16,21

11,82

Nelle mappe delle pagine successive, i dati vengono rappresentati sia su confine comunale che su macroambiti di aggregazione. Per l’area della Città Metropolitana di Milano e della Provincia di Monza e della Brianza il territorio è stato suddivisio come segue: ZONE OMOGENEE Città Metropolitana di Milano MI - Milano ZO 1 - Alto Milanese ZO 2 - Magentino e Abbiatense ZO 3 - Sud Ovest ZO 4 - Sud Est ZO 5 - Adda Martesana ZO 6 - Nord Ovest ZO 7 - Nord Milano AMBITI TERRITORIALI Provincia di Monza e della Brianza MB 1 - Monza e Brianza Occidentale MB 2 - Monza e Brianza Centrale MB 3 - Vimercatese

14

La distribuzione della popolazione residente sul territorio della Regione Urbana mostra caratteristiche ben note, con un pattern localizzativo che storicamente interessa il capoluogo e le aree prealpine della Regione Urbana, in particolare lungo la direttrice che unisce idealmente Varese a Bergamo. Più in particolare, per effetto anche delle caratteristiche morfologiche dei territori prealpini e della rete infrastrutturale che interessa tale territorio, è possibile individuare tre principali direttrici che da Milano si irradiano verso il Nord Ovest Milano (Asse Sempione), verso la Brianza Monzese e Comasca e verso Bergamo. Il resto della Regione Urbana presenta invece una concentrazione della popolazione assai inferiore alla media con alcune province che – prevalentemente per effetto della presenza di vaste aree montane (cfr. Pavia e Bergamo, ma anche Cremona che non è una provincia montana) – si attestano su valori di densità della popolazione residente non molto dissimili dalla media nazionale. Un pattern del tutto simile si registra anche per la distribuzione territoriale delle famiglie, da cui si possono ricavare importanti indicazioni circa la domanda locale di abitazioni e, seppure indirettamente, circa il costo degli affitti/immobili. La dinamica della popolazione residente presenta caratteristiche che fanno ipotizzare una possibile inversione di tendenza: la popolazione residente infatti si riduce nel capoluogo e nei comuni di prima cintura, particolarmente quelli più settentrionali, e tende a crescere nei comuni più esterni. La rilocalizzazione interessa particolarmente aree con una densità della popolazione tradizionalmente inferiore alla media della Regione Urbana e che presentano verosimilmente costi di affitto e/o di acquisto delle abitazioni significativamente inferiori rispetto a quelli delle aree “centrali”: in particolare si assiste a una vigorosa crescita nei comuni localizzati lungo la direttrice che collega il Sud Milano con la provincia di Bergamo, crescita che interessa anche i comuni delle province limitrofe (Pavia, Lodi, Cremona e, appunto, Bergamo).


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LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 1 - Densità popolazione residente [2011] media RU 533,89 ab/kmq

VA

LC

Molto inferiore alla media RU

CO

2,47 - 250

BG

NO

Inferiore alla media RU

MI

250,01 - 533,89

LO Superiore alla media RU

PV

533,90 - 1500

CR

Molto superiore alla media RU

1500,01 - 7601,70

%

Tabella 3 - Densità e dinamica della popolazione residente [2001-2011] PopRes 2011

PopRes densità

PopRes ∆% 01-11

Vimercatese

Territorio

175.740

1.245,52

12,76

Monza e Brianza Centrale

239.600

2.424,22

3,14

Monza e Brianza occidentale

424.789

2.567,00

12,24

Sud Ovest

233.993

1.195,03

5,51

Magentino e Abbiatense

203.131

589,50

13,33

Alto Milanese

252.384

1.172,60

8,19

Nord Ovest

308.924

2.274,52

3,70

Nord Milano

304.551

5.261,99

-1,64

Sud Est

167.712

933,20

9,46

Adda Martesana

325.602

1.228,93

12,54

Milano

1.242.123

6.837,15

-1,12

Città Metropolitana di Milano

3.038.420

1.928,36

3,33

Provincia di Monza e Brianza

840.129

2.072,28

9,59

Regione Urbana

8.242.516

553,89

6,88

Italia

59.433.744

196,75

4,29

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argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 2 - Dinamica famiglie [2001-2011]

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

5,16 - 5,53

MB 3 Inferiore alla media RU

5,54 - 12,53

Superiore alla media RU

12,54 -16,90

Molto superiore alla media RU

16,91 - 21,98

Zo 5

Zo 4 LO

CR

PV

%

Tabella 4 - Densità e dinamica delle famiglie, dimensione media dei nuclei familiari [2001-2011] Territorio

Fam 2011

Fam densità

Fam ∆% 01-11

PopRes/Fam

Vimercatese

73.554

521,30

21,98

2,39

Monza e Brianza Centrale

101.635

1.028,32

9,99

2,36

Monza e Brianza occidentale

174.505

1.054,54

21,31

2,43

Sud Ovest

97.988

500,44

14,02

2,39

Magentino e Abbiatense

84.597

245,51

20,84

2,40

Alto Milanese

104.821

487,01

15,12

2,41

Nord Ovest

129.443

953,05

12,50

2,39

Nord Milano

132.524

2.289,73

5,53

2,30

Sud Est

70.403

391,75

16,91

2,38

Adda Martesana

135.536

511,56

20,05

2,40

Milano

618.524

3.404,61

5,16

2,01

1.373.836

871,92

10,00

2,21

Città Metropolitana di Milano Provincia di Monza e Brianza

349.694

862,56

17,92

2,40

Regione Urbana

3.559.010

239,16

13,29

2,30

Italia

24.611.766

81,48

12,84

2,32

16


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 3a - Dinamica popolazione residente [2001-2011] - media RU +6,88%

LC

VA

Dinamica negativa

CO

-25,91 - 0

BG

Inferiore alla media RU

MI

NO

0,01 - 6,88

LO Superiore alla media RU

PV

6,89 - 25

CR

Molto superiore alla media RU

25,01 - 219,1

%

Mappa 3b - Dinamica popolazione residente [2001-2011] - media RU +6,88%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

-1,64 - 0

MB 3 Inferiore alla media RU

Zo 5

0,01 - 6,88

Zo 4 LO

CR

Superiore alla media RU

6,89 -10

PV

Molto superiore alla media RU

10,01 - 13,4

%

17


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 4 - DensitĂ popolazione straniera [2011] media RU +51,53 ab/kmq

VA

LC

Molto inferiore alla media RU

CO

0 - 25

BG

Inferiore alla media RU

MI

NO

25,01 - 51,53

LO Superiore alla media RU

PV

51,54 - 200

CR

Molto superiore alla media RU

200,01 - 970,44

%

Mappa 5 - Dinamica popolazione straniera [2001-2011] - media RU +192,88%

VA

LC

Dinamica negativa

CO

-100 - 0

BG

NO

MI

Inferiore alla media RU

0,01 - 192,88

Superiore alla media RU

192,89 - 500

LO PV

CR

Molto superiore alla media RU

500,01 - 4700

%

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argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Tale trend appare sostanzialmente confermato anche dall’analisi della dinamica delle famiglie residenti. A tale proposito vale forse la pena osservare che, nonostante l’estrema parcellizzazione dei nuclei familiari residenti nel capoluogo, le famiglie residenti a Milano crescono in misura limitata, con un trend ben al di sotto di quelli rilevati a livello nazionale e di Regione Urbana: questo fattore spiega – insieme al costo delle abitazioni – la crescita demografica delle aree periferiche. La distribuzione territoriale della popolazione straniera segue modelli di localizzazione molto simili a quelli della popolazione italiana, con densità più forti nelle aree settentrionali della Regione Urbana e nel capoluogo rispetto a quelle poste a sud dell’area metropolitana milanese. La dinamica della popolazione straniera nel periodo intercensuario è molto accentuata – gli stranieri crescono di quasi il 200% in tutta la regione urbana – soprattutto a causa del fatto che il loro numero era relativamente limitato al momento della precedente rilevazione censuaria. Nel decennio preso in esame si assiste quindi ad una crescita generalizzata in tutta la Regione Urbana con tassi più elevati nei territori a sud del capoluogo, verosimilmente proprio a causa del fatto che in questi territori la popolazione straniera era pressoché assente nel 2001.

3. Il mercato del lavoro e gli inattivi L’esame della Mappa 6 e della Tabella 5 introduce una discontinuità di grande rilevanza interpretativa nell’analisi degli schemi localizzativi della popolazione. Infatti, a dispetto delle tendenze emerse dall’analisi della Mappa 3a, la popolazione che lavora si concentra prevalentemente nelle aree meno densamente popolate della Regione Urbana e dell’area metropolitana in particolare: se la maggior densità della popolazione viene rilevata nelle aree settentrionali della Regione Urbana, quella delle persone che lavorano o che cercano attivamente lavoro risiede invece nei territori sudorientali della città metropolitana e nelle province limitrofe. L’analisi della dinamica delle forze di lavoro evidenzia inoltre che questa tendenza va rinforzandosi evidenziando lo stretto legame con lo svolgimento, o la ricerca, di una attività lavorativa. L’analisi delle Mappe 6 e 7 pone dunque alcuni quesiti di un certo interesse: chi popola le aree in cui vi è maggiore densità della popolazione? E, soprattutto, perché le persone che lavorano risiedono in misura minore nelle aree in cui la densità della popolazione è più elevata? La prima domanda è – in un certo senso – retorica, dato che è evidente che in queste aree la quota relativa di inattivi è maggiore di quella che caratterizza le aree meridionali dell’area metropolitana. Alcune osservazioni possono essere fatte relativamente alla quota più consistente degli inattivi, ovvero

le persone che si sono ritirate dall’attività lavorativa (cfr. Mappe 10c e 10d e Tabella 6). La quota dei pensionati sulla popolazione residente è maggiore nelle aree più periferiche della Regione Urbana ovvero nelle aree di montagna (Oltrepò Pavese, Lecchese e Alta Bergamasca) e nelle aree di agricoltura “povera” (Lomellina, Bassa Padana cremonese): poiché si tratta di aree “marginali”, si può verosimilmente ipotizzare che in queste aree la pensione svolga funzione di ammortizzatore sociale sui generis. La concentrazione territoriale di ritirati dall’attività lavorativa è elevata anche nel capoluogo, lungo l’Asse Sempione e nel Vimercatese, mentre si attesta su valori nettamente inferiori alla media dell’area vasta nelle aree in cui le forze di lavoro risiedono in modo prevalente. Il numero dei ritirati dall’attività lavorativa cresce molto nelle aree in cui la loro presenza è sottodimensionata. Relativamente alla seconda domanda – ovvero sui motivi per cui gli individui che lavorano si localizzano prevalente al Sud (ovvero in aree meno congestionate, con costi di affitto e valori degli immobili inferiori alla media dell’area vasta) e per cui i ritirati dall’attività lavorativa risiedono prevalentemente nelle aree settentrionali (ovvero in aree maggiormente congestionate, nelle quali è verosimile attendersi costi di affitto e valori degli immobili superiori alla media della Regione Urbana), si possono solo fare alcune ipotesi. La più fondata sembra quella per cui il reddito medio delle famiglie composte

Tabella 5 - Indicatori di accesso al mercato del lavoro: forze di lavoro e occupati [2001-2011] Territorio

FdL Index 2011

FdL ∆% 01-11

Occ Index 2011

Occ ∆% 01-11 12,08

Vimercatese

48,03

14,69

45,13

Monza e Brianza Centrale

46,29

2,85

43,25

1,00

Monza e Brianza occidentale

48,37

15,95

44,89

13,58

Sud Ovest

48,47

4,15

44,95

2,25

Magentino e Abbiatense

48,36

15,75

45,04

12,87

Alto Milanese

47,36

9,87

43,69

7,16

Nord Ovest

47,76

2,79

43,17

-1,91

Nord Milano

45,85

-3,37

42,27

-5,53

Sud Est

48,38

10,09

45,04

8,03

Adda Martesana

48,53

13,73

45,42

11,44

Milano

47,64

2,76

44,36

1,23

Città Metropolitana di Milano

47,70

5,09

44,21

2,87

Provincia di Monza e Brianza

47,70

11,75

44,47

9,49

Regione Urbana

47,13

9,39

43,80

6,89

Italia

43,72

9,45

38,73

9,45

19


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Tabella 6 - Indicatori di inattività: inattivi e pensionati [2001-2011] Territorio

Inatt Index 2011

Inatt ∆% 01-11

Pens Index 2011

Pens ∆% 01-11

Vimercatese

37,03

8,04

22,02

27,66

Monza e Brianza Centrale

39,53

1,05

23,79

23,71 34,80

Monza e Brianza occidentale

36,98

5,71

20,60

Sud Ovest

36,71

6,57

20,96

31,98

Magentino e Abbiatense

36,83

6,62

22,10

22,54

Alto Milanese

38,54

3,96

23,83

18,80

Nord Ovest

37,85

3,96

22,53

27,42

Nord Milano

40,79

-1,93

25,04

17,66

Sud Est

36,43

5,34

20,96

28,27

Adda Martesana

36,08

7,24

21,07

31,16

Milano

39,64

-9,73

23,31

6,84

Città Metropolitana di Milano

38,51

-2,20

22,81

16,59

Provincia di Monza e Brianza

37,72

4,73

21,81

29,65

Regione Urbana

38,78

1,29

22,73

20,19

Italia

42,27

-0,11

21,33

25,65

da persone attive sul mercato del lavoro è inferiore a quello delle famiglie in cui si percepiscono pensioni. A tale proposito esiste una non ampia ma importante evidenza empirica1 che dimostra non solo che la ricchezza delle famiglie è maggiormente concentrata nelle famiglie in cui il capofamiglia è prossimo alla pensione o pensionato (il che peraltro potrebbe essere comprensibile dato che la ricchezza può essere considerata un flusso di risparmio, che dipende quindi dall’arco temporale in cui tale risparmio viene effettuato), ma anche che esiste una correlazione tra reddito familiare e condizione professionale, da un lato, e tra reddito

20

familiare ed età del capofamiglia, dall’altro. L’ipotesi è quindi che gli individui scelgano la propria residenza in base al proprio reddito familiare netto e, da questo punto di vista, l’accesso al mercato del lavoro – spesso con modalità di precarietà dell’occupazione e di corresponsione di salari modesti – sembra costituire uno svantaggio relativo rispetto all’inattività e al godimento di forme di rendita che appaiono assai più remunerative2. Non appare quindi sorprendente rilevare che le famiglie con reddito inferiore si localizzino nelle aree in cui i costi delle locazioni ed i valori degli immobili sono inferiori: il dualismo del mercato del lavoro, cui si è

accennato in precedenza, appare quindi un possibile generatore dei modelli localizzativi degli individui che risiedono nella Regione Urbana.

1

Cfr. Banca d’Italia, I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2012, Supplementi al Bollettino Statistico, anno XXIV, n. 5, 27 gennaio 2014.

2 Le pensioni sono tecnicamente una rendita essendo un accumulazione di risparmio (prelevato direttamente dal salario) che dà diritto ad un reddito differito: rispetto ad ogni altra forma di rendita, soggetta ad un rischio derivante dalla variazione dei tassi di interesse pagati sui titoli su cui viene investito il risparmio, il rischio di mercato delle pensioni è nullo per chi riceve la pensione essendo posto interamente a carico della collettività


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 6 - Indice di attivitĂ [2011] media RU +47,13%

VA

LC

Molto inferiore alla media RU

CO

30,10 - 45

BG

Inferiore alla media RU

MI

NO

45,01 - 47,13

LO Superiore alla media RU

PV

47,14 - 50

CR

Molto superiore alla media RU

50,01 - 60,42

%

Mappa 7 - Dinamica delle forze di lavoro [2001-2011] - media RU +9,39%

VA

LC

Dinamica negativa

CO

-33,98 - 0

BG

NO

Inferiore alla media RU

MI

0,01 - 9,39

LO PV

Superiore alla media RU

9,44 - 25

CR

Molto superiore alla media RU

25,01 - 267

%

21


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

4. La struttura economica e la sua dinamica

Grafico 3 - Ricchezza delle famiglie [Italia = 100] 160

55-64 anni

140

45-54 anni

120 100

≥64 anni

80 60

35-44 anni

40 20

2012

2011

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

2010

≤34 anni

0

Grafico 4 - Quota di individui sotto la soglia media di povertà 30 28 25 23 20 18 15 13 10 8 5 3 0

≤18 anni 19-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni

2011 2012

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

≥64 anni

Un primo sguardo alla struttura economica dell’area vasta e ai modelli localizzativi delle unità locali e della domanda di lavoro del sistema delle imprese3 evidenzia che sia le unità locali che i posti di lavoro creati tendono a essere particolarmente concentrati nei luoghi che tradizionalmente hanno ospitato lo sviluppo economico della Regione Urbana ovvero il capoluogo e la fascia pedemontana che collega Varese a Bergamo. Nelle altre aree l’indice di imprenditorialità e l’indice di impiego della forza lavoro si attestano invece su valori significativamente inferiori alla media della Regione Urbana, fatta eccezione per i comuni capoluogo di provincia, verosimilmente per effetto della localizzazione – in questi centri urbani – di attività terziarie legate allo svolgimento della funzione amministrativa a livello provinciale. Il fatto che il lavoro sia localizzato in luoghi in cui i lavoratori risiedono meno rispetto alla media ha ovviamente importanti ripercussioni dal punto di vista delle politiche locali, in primo luogo quelle relative all’infrastrutturazione stradale e ferroviaria, sottoposta a crescenti tensioni derivanti dal probabile aumento dei flussi di pendolarismo per motivi di lavoro. Inoltre lo spostamento delle forze di lavoro verso aree meno congestionate richiede una riorganizzazione delle strutture che forniscono servizi alla

Tabella 7 - Indicatori relativi alla struttura economica: unità locali e addetti [2001-2011] Territorio

UL Index 2011

UL ∆% 01-11

Add Index 2011

Add ∆% 01-11

Vimercatese

8,67

14,19

47,11

4,38

Monza e Brianza Centrale

10,13

13,73

36,97

-0,22

Monza e Brianza occidentale

8,96

12,96

30,88

4,63

Sud Ovest

8,60

7,47

44,59

-0,99

Magentino e Abbiatense

7,77

12,83

29,05

-9,46

Alto Milanese

8,12

9,66

31,72

-1,05

Nord Ovest

8,14

8,70

37,95

-6,53

Nord Milano

7,88

2,16

39,09

5,54

Sud Est

7,69

15,77

46,16

18,47

Adda Martesana

7,87

11,88

40,54

-0,66

Milano

15,68

12,50

71,07

9,17

Città Metropolitana di Milano

11,15

11,02

51,73

5,03

Provincia di Monza e Brianza

9,23

13,44

36,01

3,09

Regione Urbana

9,80

10,62

41,69

2,69

Italia

8,96

9,72

34,05

2,95

22


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Grafico 5 - Reddito delle famiglie per condizione professionale [Italia = 100] 150 140

autonomi

130

dipendenti

120 110

pensionati

100

condizione non professionale

90 2011 2012

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

80

Grafico 6 - Reddito delle famiglie per classe di età del capofamiglia [Italia = 100] 150

55-64 anni

140

persona (cfr. l’ampia gamma di servizi che va dal commercio ai servizi di natura amministrativa) sia nelle aree in cui si registra un afflusso di popolazione sia in quelle di tradizionale sviluppo economico. In effetti, la dinamica del fattore organizzativo-imprenditoriale così come la dinamica degli addetti riflettono – almeno parzialmente, ma comunque nitidamente – l’evoluzione dei sistemi economici locali in risposta all’emergere di nuove domande da soddisfare. Lo spostamento della popolazione lavorativa verso i territori meridionali della Regione Urbana porta con sé sia attività imprenditoriale sia nuovi posti di lavoro: in effetti, nel periodo intercensuario il numero di unità locali ed il numero di addetti impiegati crescono più velocemente proprio nelle aree in cui si ha maggiore afflusso di popolazione ovvero lungo la dorsale che dal Sud Milano si congiunge all’agglomerazione bergamasca.

≥64 anni

130 120

45-54 anni

110

35-44 anni

100 19-34 anni

90

2011 2012

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

1994

1993

1992

1991

2010

≤18 anni

80

3

Da tale punto di vista il rapporto tra unità locali e popolazione residente fornisce un indicatore della distribuzione territoriale del fattore organizzativo-imprenditoriale (per quanto grossolano), mentre il rapporto tra addetti e popolazione residente fornisce un indicatore (assai più preciso) della capacità di un territorio di creare occupazione.

Tabella 8 - Peso e dinamica dell’occupazione nell’industria, nel commercio e nei terziario [2001-2011] Territorio

Ind 2011

Ind ∆% 01-11

Com 2011

Com ∆% 01-11

Ter 2011

Ter ∆% 01-11

Vimercatese

23,19

-4,92

6,93

-1,65

17,00

24,02

Monza e Brianza Centrale

11,84

-21,40

6,54

5,32

18,60

17,80

Monza e Brianza occidentale

12,13

-14,91

6,39

17,46

12,37

25,88

Sud Ovest

12,70

-22,03

10,26

-3,06

21,63

19,10

Magentino e Abbiatense

12,23

-24,29

4,90

10,10

11,92

3,82

Alto Milanese

14,00

-17,64

5,38

13,39

12,33

19,68

Nord Ovest

13,50

-30,64

7,19

4,24

17,26

21,23

Nord Milano

10,01

-27,68

7,67

3,88

21,41

35,40

Sud Est

14,51

0,38

7,91

27,16

23,75

29,80

Adda Martesana

12,17

-19,76

9,19

7,10

19,17

12,41

Milano

8,59

-10,22

10,12

5,25

52,36

14,03

Città Metropolitana di Milano

10,95

-18,56

8,63

5,91

32,16

16,25

Provincia di Monza e Brianza

14,36

-13,52

6,54

9,17

15,11

22,50

Regione Urbana

12,94

-16,13

6,87

8,35

21,89

16,21

Italia

9,97

-13,53

5,95

11,64

18,13

11,82

23


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 8 - Indice di imprenditorialitĂ [2011] media RU +9,80%

VA

LC CO

Molto inferiore alla media RU

2,79 - 7,5

Inferiore alla media RU

7,51 - 9,8

Superiore alla media RU

9,81 - 12,5

BG

MI

NO

LO PV

CR

Molto superiore alla media RU

12,51 - 23,61

%

Mappa 9 - Indice di occupazione [2011] media RU +41,69%

VA

LC

Molto inferiore alla media RU

CO

3,91 - 30

BG

NO

Inferiore alla media RU

MI

30,01 - 41,69

LO PV

Superiore alla media RU

41,70 - 50

CR

Molto superiore alla media RU

50,01 - 298

%

24


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 10a - Variazione percentuale occupati [2001-2011] - media RU +6,89%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

-5,53 - 0

MB 3 Inferiore alla media RU

Zo 5

0,01 - 6,89

Zo 4 LO

CR

Superiore alla media RU

6,90 - 10

PV

Molto superiore alla media RU

10,01 - 16,6

%

Mappa 10b - Variazione percentuale attivi [2001-2011] - media RU +9,39%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

-3,36 - 0

MB 3 Inferiore alla media RU

Zo 5

0,01 - 9,39

Zo 4 LO

CR

Superiore alla media RU

9,40 - 12

PV

Molto superiore alla media RU

12,01 - 19,39

%

25


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 10c - Variazione percentuale inattivi [2001-2011] - media RU +1,29%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

-9,72 - 0

MB 3 Zo 5

Inferiore alla media RU

0,01 - 1,29

Superiore alla media RU

1,30 - 4,80

Molto superiore alla media RU

4,81 - 8,05

Zo 4 LO

CR

PV

%

Mappa 10d - Variazione percentuale pensionati [2001-2011] - media RU +20,19%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

6,84 - 9,1

MB 3 Inferiore alla media RU

Zo 5

9,11 - 20,19

Zo 4 LO

CR

Superiore alla media RU

20,20 - 28

PV

Molto superiore alla media RU

28,01 - 34,80

%

26


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 11a - Dinamica delle UL [2001-2011] media RU +10,62%

LC

VA

Dinamica negativa

CO

-70,96 - 0

BG

Inferiore alla media RU

MI

NO

0,01 - 10,62

LO Superiore alla media RU

PV

10,63 - 20

CR

Molto superiore alla media RU

20,01 - 483,34

%

Mappa 11b - Variazione percentuale UL [2001-2011] - media RU +10,62%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

2,15 - 7,47

MB 3 Zo 5

Inferiore alla media RU

7,48 - 10,62

Superiore alla media RU

10,63 - 12,96

Molto superiore alla media RU

12,97 - 15,77

Zo 4 LO

CR

PV

%

27


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa Mappa 12a12a - Dinamica addetti - [2001-2011] media RU +2,7%

LC VA

Dinamica negativa Molto inferiore alla media RU

-74,12 - 0

Inferiorealla allamedia mediaRU RU Inferiore

0,01 2,7 ,01 --2, 0,01 2,7

Superiorealla allamedia mediaRU RU Superiore

2,71 - 25 2,71 - 25

CO

BG

MI

NO

LO

PV CR

Molto superiorealla allamedia mediaRU RU Molto superiore

25,01 --191 25,01 191

%

Mappa 12b - Variazione percentuale addetti [2001-2011] - media RU +2,69%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

-9,45 - 0

MB 3 Zo 5

Inferiore alla media RU

0,01 - 2,69

Superiore alla media RU

2,70 - 4,63

Zo 4 LO

CR

PV

Molto superiore alla media RU

4,64 - 18,47

%

28


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 13a - Variazione percentuale addetti COMMERCIO [2001-2011] - media RU +8,35%

CO

LC

VA MB 1 NO

Dinamica negativa

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

-3,06 - 0

MB 3 Zo 5

Inferiore alla media RU

0,01 - 8,35

Superiore alla media RU

8,36 -11,6

Molto superiore alla media RU

11,61 - 28

Zo 4

Zo 3

LO

CR

PV

%

Mappa 13b - Variazione percentuale addetti INDUSTRIA [2001-2011] - media RU -16,13%

CO

LC

VA

BG MB 1

NO

MI Zo 2

Zo 3

-30,63 - -19,47

Superiore alla media RU

-19,46 - -16,13

Inferiore alla media RU

-16,22 - -13,52

MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

Molto superiore alla media RU

MB 3 Zo 5

Zo 4 LO

CR

PV

Molto inferiore alla media RU

-13,51 - 1

%

29


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Mappa 13c - Variazione percentuale addetti TERZIARIO [2001-2011] - media RU +16,21%

CO

LC

VA MB 1 NO

Molto inferiore alla media RU

BG MB 2

Zo 6 Zo 7

Zo 1

MI Zo 2

Zo 3

3,82 - 12

MB 3 Inferiore alla media RU

Zo 5

12,01 - 16,21

Zo 4 LO

CR

Superiore alla media RU

16,22 - 21

PV

Molto superiore alla media RU

21,01 - 35,40

%

Mappa 14 - Flussi di pendolarismo [2011]

VA

LC

Molto inferiore alla media RU

CO

-50,73 - 8,90

BG

NO

Inferiore alla media RU

MI

-8,89 - 0

LO PV

Superiore alla media RU

0,01 - 8,80

CR

Molto superiore alla media RU

8,81 - 253,55

%

30


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Quali attività produttive seguono lo spostamento delle forze di lavoro verso sud è difficile da comprendere senza un’analisi quantitativa sulle dinamiche settoriali e senza un’analisi qualitativa sui fattori di localizzazione delle imprese in questi territori, che oltrepassa i limiti di questo contributo e che quindi non può essere svolta in questo contesto. Alcune suggestioni possono tuttavia emergere dalla dinamica dei settori di specializzazione assoluta (cfr. i settori che impiegano il maggior numero di addetti) delle aree oggetto di analisi. La capacità dell’industria di creare occupazione è inferiore alla media dell’area vasta per la Città metropolitana di Milano ed appena superiore per la provincia di Monza e Brianza (in cui sono presenti alcune specia-

lizzazioni come l’industria tessile e dell’abbigliamento nell’Alto Milanese e l’industria del mobile in Brianza): il numero di addetti all’industria sulla popolazione residente si attesta mediamente su valori di poco superiori alla media nazionale; tuttavia la contrazione dell’occupazione industriale è molto forte nel decennio considerato, ben superiore alla dinamica che si registra a livello nazionale, già pesantemente negativa. Il ruolo del settore del commercio (cfr. rapporto tra addetti al commercio e popolazione residente) è mediamente sovradimensionato – sia rispetto alla media della Regione Urbana sia rispetto alla media nazionale – nella Città metropolitana di Milano, dove in alcuni casi assume ruolo di “motore” dello sviluppo locale (cfr. Sud Ovest e

Adda Martesana), mentre si attesta sui valori medi nazionali nella provincia di Monza e Brianza. Infine l’indice di impiego nel settore terziario (cfr. rapporto tra addetti al terziario e popolazione residente) è significativamente superiore alla media della Regione Urbana e alla media nazionale nella Città metropolitana, per la quale rappresenta ormai da alcuni decenni il vero e proprio settore di specializzazione svolgendo, come nel caso del capoluogo (cfr. il ruolo del terziario avanzato) o dell’est milanese (cfr. il ruolo delle attività logistiche), un ruolo “trainante”. Il tasso di impiego nelle attività terziarie nella provincia di Monza e Brianza appare invece sottodimensionato sia rispetto alla media della Regione Urbana che in rapporto

Tabella 9 - Principali settori di specializzazione assoluta [2011] Territorio Vimercatese

Monza e Brianza Centrale

Monza e Brianza occidentale

Sud Ovest

Magentino e Abbiatense

Alto Milanese

Nord Ovest

Nord Milano

Sud Est

Adda Martesana

Milano

Primi tre settori di specializzazione assoluta Industria elettronica (16,3%) Commercio (14,7%) Servizi alle imprese (6,3%) Commercio (17,7%) Sanità (10,0%) Attività professionali e tecniche (7,9%) Commercio (20,7%) Costruzioni (10,0%) Industria del mobile (6,8%) Commercio (23,0%) Servizi di informazione e comunicazione (8,1%) Servizi alle imprese (6,8%) Commercio (16,9%) Costruzioni (9,3%) Sanità (6,8%) Commercio (17,0%) Industria tessile e dell’abbigliamento (8,4%) Costruzioni (6,5%) Commercio (19,0%) Costruzioni (7,8%) Trasporti e magazzinaggio (7,7%) Commercio (19,6%) Costruzioni (13,0%) Servizi di alloggio e ristorazione (6,8%) Commercio (17,1%) Trasporti e magazzinaggio (11,7%) Attività professionali e tecniche (8,3%) Commercio (22,7%) Trasporti e magazzinaggio (10,7%) Servizi di alloggio e ristorazione (7,3%) Commercio (14,2%) Attività professionali e tecniche (13,0%) Servizi alle imprese (12,3%)

% su Totale Economia 37,3%

35,6%

37,5%

37,9%

33,0%

31,9%

34,5%

39,4%

37,1%

40,7%

39,5%

31


argomenti & contributi /NUMERO 15

alla media nazionale. Nelle province interessate dall’espansione della Città metropolitana verso il Sud-Est sembrano crescere sensibilmente le attività di servizio alla persona, a testimonianza che la creazione di nuove imprese e nuovi posti di lavoro in questi territori è legata agli spostamenti di residenza della popolazione sul territorio.

5. Economie territoriali: centralità e aggregati periferici L’analisi dei flussi netti di pendolarismo – misurati come differenza tra occupati ed addetti4 – costituisce un indicatore grezzo ma intuitivamente significativo della capacità dei centri urbani della regione urbana di attrarre flussi di lavoro ovvero di cedere lavoro ad altri comuni. La sua lettura evidenzia la “centralità” delle aree urbane localizzate lungo la dorsale prealpina. Se si

LETTURA DEI TERRITORI/1

associa l’informazione derivante dai flussi netti di pendolarismo a quella relativa alla capacità di un comune di creare posti di lavoro, risultano tre possibili “tipizzazioni” del sistema socio economico territoriale. • Comuni con flussi netti di pendolarismo in entrata e indice di impiego della forza lavoro superiore alla media della Regione Urbana: si tratta di centri urbani in grado di creare occupazione in misura superiore alla media dell’area vasta e con flussi di pendolarismo in entrata, verosimilmente guidati dalla domanda di lavoro del sistema delle imprese. È possibile definire questi comuni come centralità economiche. • Comuni con flussi netti di pendolarismo in uscita e indice di impiego della forza lavoro inferiore alla media della Regione Urbana: in questo caso abbiamo comuni che forniscono lavoro ai centri urbani di cui al punto precedente, svolgendo quindi una funzione tipicamente

“residenziale”, che possiamo pertanto definire aggregati periferici. Aggregati intermedi, che possono presentare due differenti tipologie: comuni con flussi netti di pendolarismo in uscita ma indice di impiego della forza lavoro superiore alla media della Regione Urbana; comuni con flussi netti di pendolarismo in entrata ma indice di impiego della forza lavoro inferiore alla media della Regione Urbana. Nel primo caso si tratta di realtà in grado di creare occupazione ma la cui capacità di attrarre lavoratori non è così rilevante, al punto che – al netto dei flussi in entrata ed in uscita – una quota della popolazione trova occupazione in altri centri urbani. Nel secondo caso, al contrario, sono comuni in grado di attrarre lavoratori anche senza che i tassi di impiego della forza lavoro siano particolarmente elevati e – teoricamente – dovrebbero costituire anomalie 5.

Tabella 10 – Indice di attrattività dei territori [2001-2011]

Territorio Vimercatese

2001

2011

5,48

1,98

Monza e Brianza collinare

- 5,94

-6,28

Monza e Brianza occidentale

-11,23

-14,01

Sud Ovest

1,13

-0,36

Magentino e Abbiatense

-8,85

-15,99

Alto Milanese

-9,43

-11,98

Nord Ovest

-3,53

-5,22

Nord Milano

-7,58

-3,18

Sud Est

-2,98

1,12

Adda Martesana

0,1

-4,88

Milano

21,04

26,71

Provincia di Varese

-3,05

-6,65

Provincia di Como

-4,65

-8.79

Provincia di Lecco

-3,00

-6,23

Provincia di Bergamo

-1,61

-3,78

Provincia di Cremona

-7,03

-8.98

Provincia di Lodi

-10,77

-13,83

Provincia di Pavia

-8,19

-12,56

Provincia di Novara

-3,86

-7,89

Regione Urbana

-0,39

-2,10

Differenza tra occupati e addetti sulla popolazione residente

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argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

L’analisi dei centri urbani per “tipi” fa emergere alcune agglomerazioni funzionali abbastanza chiaramente definite e evidenzia la scomparsa di altre, a lungo oggetto di studio della letteratura sulla specializzazione industriale. Lungo la fascia prealpina si localizzano le agglomerazioni relativamente specializzate in attività di tipo storicamente distrettuale: il distretto della rubinetteria nel Piemonte Orientale, le attività meccaniche in provincia di Varese, l’industria serica comasca, l’industria meccanica lecchese e la vasta agglomerazione bergamasca in cui prevalgono le attività meccaniche e – più ad est – la lavorazione delle materie plastiche. E mentre mantengono una forte identità “territoriale” il distretto della rubinetteria piemontese, l’industria meccanica lecchese e l’agglomerazione bergamasca, altre appaiono in forte sofferenza (cfr. la meccanica varesina e l’industria serica comasca) o non presentano caratteristiche di tipo distrettuale (essendo guidate da imprese di grandi dimensioni, come nel caso dell’area Malpensa). Altri tradizionali aree di forte specializzazione produttiva appaiono aver

completamente perso il loro ruolo catalizzatore di attività produttive e lavoratori: il caso dell’industria del mobile della Brianza o dell’industria delle materie plastiche della Valle Olona sono fortemente esemplificativi di questo fenomeno, ma anche l’industria serica comasca – ormai concentrata in un numero limitatissimo di comuni identifica abbastanza chiaramente questo trend. L’area milanese e monzese presentano invece caratteristiche molto differenti. La città di Milano continua a mantenere una forte vocazione terziaria ed una forte specializzazione in attività di servizio ad elevato valore aggiunto. I territori ad est e a sud est dell’area metropolitana milanese sono popolati invece da imprese di grandi dimensioni: le industrie farmaceutiche tradizionalmente localizzate in quest’area, le attività logistiche legate alla storica localizzazione nei pressi dell’aeroporto di Linate e il ruolo dell’Eni a San Donato Milanese. L’agglomerazione monzese, tradizionalmente specializzata nell’industria elettromeccanica, conserva tale vocazione, svilup-

pando al contempo un crescente peso della funzione amministrativa, legata all’istituzione della provincia di Monza e Brianza. Le zone più meridionali della Regione Urbana appaiono sempre più come aree di residenza per i lavoratori dell’area metropolitana anche se, in qualche caso, hanno perso le loro specificità produttive (ad esempio, il distretto calzaturiero di Vigevano). In queste aree (ma parzialmente anche in quelle più settentrionali della Regione Urbana, particolarmente quelle in crisi) i centri urbani che maggiormente attraggono lavoro sembrano legati a dinamiche di tipo amministrativo e all’esercizio di funzioni pubbliche sovralocali.

4

Un centro urbano in cui il numero di occupati (lavoratori residenti in quel comune) è superiore a quello degli addetti (persone che lavorano in quel comune) “cede” lavoro ad altri comuni: al netto di tutti i flussi in entrata ed in uscita, una parte di coloro che vi risiedono lavorano, in altri termini, altrove. 5 In effetti, un solo comune della Regione Urbana è compreso in questa classe: Clusone.

Mappa 15 - Economie territoriali

AGGLOMERAZIONE DI VARESE funzione pubblica e meccanica AGGLOMERAZIONE DI LECCO industria meccanica AGGLOMERAZIONE DI COMO funzione pubblica e distretto serico AGGLOMERAZIONE DI BERGAMO industria meccanica e delle materie plastiche AGGLOMERAZIONE DI MONZA funzione pubblica e industria elettromeccanica EST MILANO industria chimico-farmaceutica e logistica MILANO terziario avanzato AREA MALPENSA industria aeronautica e logistica PIEMONTE NORD ORIENTALE distretto della rubinetteria aggregati periferici

aggregati intermedi

centralità economiche

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argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

6. Un tentativo di interpretazione

fattori quali la qualità del lavoro nell’area metropolitana milanese (particolarmente nelle attività terziarie a basso valore aggiunto), i bassi livelli salariali legati sia alla qualità del lavoro che alla diffusione di tipologie contrattuali che favoriscono la precarietà, la provvisorietà del lavoro che non consente ai lavoratori di prefigurare progetti di lungo periodo.

Dall’analisi condotta sembrano emergere alcune evidenze empiriche – alcune delle quali “non banali” – che è possibile sinteticamente riassumere in fatti stilizzati. •

34

Il primo non è nuovo né particolarmente sorprendente ed è rappresentato dalla funzione svolta dalle aree settentrionali della Regione Urbana, localizzate lungo la fascia prealpina, e dall’area metropolitana milanese. Lì è insediata la maggior parte della popolazione, delle unità locali e dei posti di lavoro creati dal sistema delle imprese. I lavoratori spesso non vivono nei luoghi in cui lavorano: i livelli salariali impongono la ricerca di abitazioni dove i costi delle abitazioni sono generalmente inferiori a quelli delle aree in cui c’è congestione urbana; d’altra parte, la gente che non lavora – in particolare chi gode di una rendita da pensione – non vive dove lavora e in generale vive dove il valore delle abitazioni è più elevato. Ciò può essere dovuto a diversi

La capacità di creare occupazione è sempre più concentrata in poche aree, la maggior parte delle quali ha dimensioni tendenzialmente sempre più limitate mentre si assiste ad un’espansione territoriale dell’area metropolitana milanese. Nel giro di un ventennio sembra che si sia attuata una transizione da modelli di sviluppo diffuso a modelli di precarietà concentrata in poche aree: la specializzazione industriale che tanto ha contribuito ad elevare i livelli di vita della popolazione tende a contrarsi sempre più intorno ai luoghi in cui tale sviluppo ha avuto origine; d’altra parte emerge il crescente ruolo di Milano, che offre opportunità

professionali di varia natura (dal terziario avanzato ai lavori più precari) ma che si deve confrontare con l’emergere di nuovi vincoli, in particolare con i crescenti costi della vita che operano da fattore di espulsione della popolazione verso i comuni della cintura e delle province limitrofe (in particolare Pavia e Lodi). Infine, in termini dinamici e come corollario di quanto detto in precedenza, la popolazione lavorativa, ma anche i non attivi, e le imprese che forniscono servizi alla persona tendono a spostarsi verso sud est, alla ricerca di costi di vita inferiori e che consentano una qualità della vita accettabile. Il rischio connesso a questo pattern localizzativo è il rafforzamento del modello esistente, basato sulla scarsa qualità del lavoro metropolitano e sulla precarietà, e l’aumento dei costi di gestione dei processi legati a tali dinamiche (si pensi ad esempio ai problemi legati alla mobilità delle persone).


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Regione urbana milanese: una “metropolizzazione povera” Testimonianza di Gioacchino Garofoli Università degli Studi dell’Insubria

L’analisi dei dati censuari tratteggia un quadro relativamente ambiguo della dinamica demografica e occupazionale dell’area metropolitana milanese. Emerge un fenomeno di estensione dell’area metropolitana milanese che è in atto da almeno 20-25 anni e che si è accentuato nell’ultimo decennio anche per l’indebolimento dei sistemi produttivi locali ai confini dell’area metropolitana. L’area metropolitana milanese ha, dunque, assunto una forma definibile come metropoli diffusa o metropoli orizzontale in cui le aree semicentrali e semiperiferiche hanno indebolito la loro capacità di autonomia economico-sociale. Si nota un’estensione fisica dell’area metropolitana: un’area crescente del territorio regionale ma anche extra regionale (che comprende parte delle province di Novara e Piacenza) viene inclusa nel sistema economico della metropoli milanese. Ciò non è tuttavia dovuto prevalentemente all’espansione e allo sviluppo di nuovi settori e comparti produttivi che funzionano da “motore” e da moltiplicatore per altre attività congiunte per il sistema economico nazionale e regionale, quanto piuttosto a una ristrutturazione della domanda di lavoro delle imprese dell’area metropolitana e del mercato del lavoro metropolitano e dal modello residenziale lombardo - avviato ormai da almeno due/tre decenni - che hanno determinato un crescente pendolarismo e attrazione di lavoratori dalle aree semiperiferiche. L’analisi dei dati relativi alla dinamica intercensuaria della popolazione residente e degli attivi occupati è, infatti, molto significativa: le aree che crescono di più sono quelle semiperiferiche dell’area metropolitana (Vimercatese, Brianza occidentale, Magentino-Abbiatense e Adda Martesana) che hanno verosimilmente attratto popolazione immigrata e in età da lavoro e capace di adeguarsi alla domanda di lavoro dell’area metropolitana. Il tasso di crescita dell’occupazione extra-agricola è molto alto soltanto nell’area Sud Est di Milano e, in subordine, nella città di Milano. Tra le aree in forte crescita demografica e degli attivi occupati, il tasso di crescita degli addetti extra-agricoli è positivo (ma inferiore alla dinamica dell’area metropolitana ristretta) nel Vimercatese e nella Brianza Occidentale, mentre è negativo nelle altre due aree. Ciò significa che c’è uno spostamento crescente di popolazione relativamente povera che risiede in luoghi con costi per l’abitazione relativamente bassi e che è costretta a pendolare verso le località centrali e semicentrali. La dinamica degli addetti nel settore commerciale mostra tassi di crescita particolarmente elevati nelle aree semicentrali (Sud Est, Sud Ovest e Alto Milanese) e in provincia di Bergamo se consideriamo l’intera Regione Urbana: i tassi di crescita più elevati si riscontrano ove si registravano in genere valori più bassi del rapporto addetti al commercio/popolazione residente. Ciò significa che le attività commerciali hanno riempito i “vuoti” relativi dell‘area metropolitana e della Regione Urbana. Per quanto riguarda l’occupazione terziaria (al netto delle attività commerciali), nonostante la sua maggiore densità di occupazione nella città di Milano ma anche nella Città metropolitana rispetto all’intera Regione Urbana, i tassi di crescita dell’occupazione terziaria sono più forti nelle aree semicentrali e semiperiferiche (Nord Milano, Sud Est, Brianza Occidentale, Vimercatese), oltre che nelle province di Lodi e Bergamo, piuttosto che nel “core” dell’area metropolitana. Ci troviamo dunque di fronte ad un processo di terziarizzazione diffusa che interessa tutta l’area metropolitana e la Regione Urbana e, anche in questo caso, ad una sorta di riempimento di “vuoti”, anche se meno accentuato rispetto alla dinamica dell’occupazione commerciale. L’analisi del flusso di pendolarismo netto (dato dalle differenze delle dinamiche territoriali dei tassi di crescita degli attivi occupati e degli addetti), evidenzia chiaramente la crescita del pendolarismo verso le aree centrali e semicentrali dell’area metropolitana e della Regione Urbana. Ciò significa che il bacino del mercato del lavoro metropolitano si è allargato e ciò ha determinato la crescita della competizione sul mercato del lavoro, generando un freno sui salari e facendo crescere la quota di “working poor” nell’area metropolitana. Sembrerebbe, dunque, di assistere ad una sorta di “periferizzazione” almeno delle frange esterne dell’area metropolitana. Va ovviamente ricordata la progressiva “desertificazione” della presenza industriale manifatturiera, con una caduta dell’occupazione industriale che è più alta nell’area metropolitana e nella Regione Urbana rispetto alla dinamica nazionale. A ciò si è sommata la progressiva disgregazione delle reti tra imprese che avevano nel passato caratterizzato le aree industriali della Regione Urbana e l’indebolimento delle relazioni di complementarietà con il “core” dell’area metropolitana. Se a ciò aggiungiamo la mancanza di nuovi grandi investimenti nell’area metropolitana (se si escludono gli investimenti del progetto 35


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Expo e dei relativi collegamenti ferroviari e della linea metropolitana), il mancato ruolo di una nuova imprenditoria emergente capace di generare massa critica su nuovi settori e comparti produttivi e, di conseguenza, capacità di trascinamento di altri settori ed imprese, l’assenza di rilevanti progetti sul versante sociale e l’assenza di nuove visioni condivise del cambiamento economico-sociale dell’area metropolitana, emerge esclusivamente una estensione fisica dell’area metropolitana nella quale le punte di alta qualità non sono sufficienti a fare sistema.

Le due parole chiave per il rilancio: ricerca e integrazione. Occorre evitare di porre eccessiva enfasi sulla nuova centralità urbana e sui meccanismi automatici che dovrebbero trascinare la crescita, così come è opportuno evitare di riporre aspettative eccessive sull’impatto di alcuni nuovi progetti ed eventi. Vi è, piuttosto, necessità di nuovi investimenti pubblici per innalzare la qualità della vita e per generare attrattività sull’esterno e sulle nuove generazioni acculturate, sperando che l’avvio di investimenti pubblici e di progetti in partenariato pubblicoprivato cambino le aspettative delle imprese così che possano intravvedere un ruolo cruciale per trasformare una visione del futuro in realizzazioni concrete. È necessaria l’ideazione di progetti che coinvolgano diversi partner pubblici e privati per mobilitare saperi e competenze oltre che risorse finanziarie adeguate, senza più attendere passivamente risposte dai livelli di governo sovraordinati. Ciò consentirebbe di costruire connessioni e interdipendenze produttive, sequenze di investimenti coordinati che rafforzino la realizzabilità e la redditività dei vari investimenti. Di fronte alla progressiva disintegrazione che si è realizzata negli ultimi anni nelle reti tra imprese, nelle interdipendenze tra comparti e settori produttivi, nella rete dei rapporti economico-sociali all’interno dei vari territori e tra i territori dell’area metropolitana e della Regione Urbana, la parola chiave per ricomporre il sistema economico-sociale è integrazione: integrazione del ciclo interno all’impresa, integrazione orizzontale tra le imprese del territorio (o di territori diversi), integrazione tra imprese e società locale per ricomporre l’identità territoriale e la consapevolezza dei vari attori sui problemi e le opportunità da cogliere. In questo disegno di integrazione è opportuno ricondurre a sistema anche soggetti ed organizzazioni del settore non profit (Università, Terzo settore e fondazioni, ...) e spingerli alla realizzazione di progetti complessi con il coinvolgimento di imprese private e di istituzioni pubbliche. Occorre dunque costruire una visione delle possibili trasformazioni delle città (a partire da Milano) e del territorio dell’area metropolitana e della Regione Urbana e una capacità di gestirle e realizzarle attraverso una serie di progetti di investimento per il miglioramento della qualità della vita e con l’offerta di servizi avanzati (salute, cultura, assistenza, tempo libero, …). Ricerca e innovazione giocano in questo quadro un ruolo fondamentale. Innanzitutto come disegno culturale e strategico e poi come capacità di indirizzare risorse umane e finanziarie in progetti che producono “beni collettivi/comuni” (come sono le conoscenze e le competenze tecnico-scientifiche) e che spingano le imprese a credere in una visione di un’area metropolitana deputata alla crescita dell’innovazione e della produzione di qualità, con un ruolo propulsivo e progressista anziché incline a sfruttare le rendite di posizione. Vi sono, ovviamente, sotto la superficie, fenomeni e fermenti nuovi ed interessanti che vanno indagati e compresi nei loro meccanismi di funzionamento e nelle connessioni con altri comparti e gruppi professionali: “start up”, i nuovi comparti e attività produttive, le nuove professioni, le nuove reti professionali, le nuove forme di organizzazione interprofessionale, le nuove organizzazioni che lanciano progetti sociali. Occorre, dunque, intraprendere una campagna per un grande progetto di ricerca interdisciplinare che analizzi i cambiamenti qualitativi e organizzativi in atto nell’area metropolitana milanese. Per leggere il cambiamento non è sufficiente l’utilizzo delle informazioni statistiche esistenti, occorre mobilitare ricercatori di varie discipline con un nuovo approccio di ricerca mesoeconomico e territoriale, accompagnato da estese ricerche sul campo. Per questo è necessario mettere in campo contemporaneamente molteplici competenze (economisti, sociologi, tecnologi, urbanisti, geografi, antropologi, filosofi, …) che certamente non mancano nell’area metropolitana e nella Regione Urbana.

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Grandi funzioni: il sistema aeroportuale come driver di sviluppo Dialogo con Pietro Modiano Presidente SEA

Gli aeroporti sono un driver fondamentale dello sviluppo socio-economico e un fattore abilitante della competitività. Il trasporto aereo è infatti una componente fondamentale della strategia di mobility-mix di un Paese, soprattutto in un quadro previsionale di crescita globale del traffico passeggeri e merci nel lungo periodo e di fronte al primato dei nuovi mercati intercontinentali emergenti. Ciò che qualifica l’assetto e la competitività di un sistema aeroportuale complesso è soprattutto l’interazione fra la connettività a breve raggio e la connettività intercontinentale che tale sistema sa esprimere. Dalla robustezza del sistema di connettività diretta a lungo raggio dipende almeno in parte lo status e la capacità attrattiva di un’area metropolitana che aspiri, come quella milanese, ad essere nodo della rete globale di mobilità di persone merci e capitali. Non esiste nel mondo un’area metropolitana competitiva a livello internazionale che sia priva di un grande aeroporto intercontinentale. L’aeroporto di Malpensa è l’unica infrastruttura aeroportuale del Nord Ovest in grado di sviluppare una rete ampia di collegamenti intercontinentali, una delle tre del paese per questo definite strategiche nel piano nazionale degli aeroporti. Gli altri aeroporti, per vincoli tecnici (lunghezza insufficiente delle piste) e dimensionali non competono sul medesimo terreno, si dedicano al breve e medio raggio, e si limitano a servire il traffico intercontinentale con voli a distanze limitate o non diretti, alimentando con i propri passeggeri il traffico a lungo raggio degli aeroporti maggiori d’Europa, con i quali Malpensa compete direttamente. In questo quadro, la questione della razionalità e della competitività dell’assetto del sistema aeroportuale del Nord coincide largamente con la questione dello sviluppo attuale e potenziale di Malpensa, anche nelle sue relazioni con gli aeroporti vicini, a partire da Linate (aeroporto gestito da SEA, come Malpensa) e Orio al Serio. Nei tre aeroporti viaggiano circa 40 milioni di passeggeri all’anno e si movimentano oltre 500mila tonnellate di merci (dato 2014, fonte Assaeroporti). Nonostante i numeri ragguardevoli, generati da un bacino territoriale di rilevanti dimensioni demografiche ed economiche, l’assetto del sistema aeroportuale milanese ha tuttavia stentato per molti anni a dar prova di effettiva forza ed organicità, proprio per la relativa debolezza di Malpensa, e la sua difficile convivenza in particolare con Linate. La situazione non è tuttavia statica, e il sistema aeroportuale milanese sembra stia trovando il suo assestamento strategico e competitivo dopo quasi un ventennio di difficoltà. Nel 1998 la nascita del nuovo aeroporto intercontinentale di Malpensa era stata ostacolata da una serie di ritardi infrastrutturali, di incertezze politiche - riguardanti anche il destino della compagnia di bandiera - e di barriere competitive innalzate dai principali vettori europei, contrari alla nascita di un nuovo grande hub nel sud Europa. Nel 2008, Alitalia aveva abbandonato Malpensa (su cui concentra oggi meno di un milione di passeggeri), sottraendo all’aeroporto il ruolo di hub. Ne è seguita una fase difficile, nella quale l’aeroporto – scomparsi con l’addio di Alitalia 8 milioni di passeggeri in transito - ha dovuto competere con gli hub continentali senza più contare su un una linea aerea in grado di coordinare voli a breve e lungo raggio, e contando quindi solo sulla capacità di attrarre voli punto a punto, mentre doveva far fronte alla drastica riduzione – in parte dovuta alla concorrenza dell’alta velocità – dei passeggeri domestici. Dopo un lungo periodo di riduzione del numero di passeggeri, dal massimo di 24 milioni nel 2007 a meno di 18 milioni nel 2013, Malpensa ha però ricominciato a crescere, recuperando quota nel biennio più recente. La ripresa ha riguardato in primo luogo proprio i voli intercontinentali, con una crescita nell’ultimo biennio di oltre un milione di passeggeri (+13% nel 2014, +12% nel 2015, al netto del contingente contributo negativo dei voli da e verso il Nord Africa), con incrementi superiori, nel 2015, a quelli registrati negli aeroporti europei concorrenti, in virtù di un forte incremento delle destinazioni servite e dei conseguenti indici di connettività (Malpensa è stato fra gli aeroporti con la maggiore crescita di tali indici a livello europeo). Ma oltre alla ripresa dei voli a lungo raggio, decisiva in prospettiva strategica, l’ultimo biennio ha visto lo sviluppo a due cifre del traffico cargo (fino al recente accordo fra SEA e DHL), anche in questo caso ai vertici della competizione europea, la buona performance economico/finanziaria dell’aeroporto consentita anche dalla migliore qualità dei servizi offerti ai passeggeri e, importante anche sotto il profilo simbolico, il riconoscimento di Malpensa come Best European Airport nel 2015. L’insieme di questi risultati segna la fine di una fase di declino che sembrava irreversibile. Si sta quindi finalmente dimostrando che Malpensa può crescere in modo sostenibile ri-affermando, nonostante l’addio di Alitalia, la sua identità e funzione di unico aeroporto intercontinentale del Nord Ovest, e stabilendo un rapporto equilibrato con Linate, che nel periodo ha conti37


argomenti & contributi /NUMERO 15

nuato a sua volta a crescere. Linate continua da parte sua ad alimentare un certo traffico intercontinentale intermediato da altri hub europei, potenzialmente acquisibile da Malpensa, ma il peso del fenomeno non è in crescita e non è di grande rilievo, limitandosi a poco più di un milione di passeggeri/anno, peraltro dispersi in dozzine di destinazioni diverse, e quindi non in grado comunque di alimentare voli diretti profittevoli, quand’anche tutti i relativi passeggeri fossero concentrati a Malpensa. Attorno alla ripresa di ruolo dell’aeroporto principale, si delinea insomma dopo molti anni di incertezza un sistema aeroportuale più armonico, con Malpensa come piattaforma per voli intercontinentali, resa solida dal peso economico e dall’attrattività dell’area, nonché da una quantità di voli a breve medio raggio aumentabile ma già oggi non irrilevante, integrato con il ruolo di Linate, specializzata prevalentemente nel traffico business e a medio raggio, e di Orio, specializzato nel traffico prevalentemente (anche se non solo) turistico di tipo low cost. Ci sono insomma più di ieri le condizioni per una visione realistica della “messa a sistema” dei tre scali attorno a una strategia di ulteriore sviluppo di Malpensa, l’unico dei tre aeroporti (e uno dei pochi a livello europeo) che presenta margini di capacità inutilizzata, che ne valorizzi il ruolo di asset strategico secondo modelli innovativi di nuova concezione di hub senza un vettore di riferimento. Appare quindi tempestiva e ragionevole la riapertura della prospettiva che anche l’aeroporto di Orio al Serio venga incluso in un’unica società con Malpensa e Linate, con le sinergie del caso. In questo contesto non privo di elementi positivi, si segnalano alcuni temi aperti, da affrontare al fine di una chiara definizione delle potenzialità future del sistema aeroportuale milanese. Essi riguardano anzitutto il tema generale dell’attrattività dell’area dal punto turistico e del business. Il potenziale inespresso, sotto questi profili, dal territorio milanese e lombardo corrisponde (nell’ipotesi che l’attuale proporzione fra passeggeri incoming ed outgoing passi dall’attuale 35-65 a un possibile 40-60) ad una crescita dei passeggeri del sistema aeroportuale di circa 4 milioni di unità. Un secondo tema rilevante è quello della dotazione infrastrutturale ai fini della migliore accessibilità dei tre aeroporti, da declinare in funzione dell’ottimizzazione del servizio (oggi compromesso, con riferimento a Malpensa, dallo sdoppiamento delle stazioni di partenza dei treni da Milano - Cadorna e Centrale - con conseguente dimezzamento delle frequenze) e dell’allargamento del bacino di gravitazione. Sotto questo secondo profilo la selezione delle priorità di investimento dovrà tenere conto della potenziale attrazione di passeggeri intercontinentali su Malpensa a scapito degli hub europei concorrenti, che sembra far preferire il potenziamento dei collegamenti con l’alta velocità verso Nord e Est. Un terzo tema riguarda la valorizzazione dell’area di Linate alla luce delle prospettive di migliore accessibilità dell’aeroporto dalla città (M4 dal 2021), e dell’importanza paesaggistica dell’Idroscalo. Un quarto tema è quello dei vincoli ambientali, che sembra avere più rilievo a Bergamo, con riferimento soprattutto ai voli notturni, che a Linate e Malpensa, con riferimento al quale va segnalata la rimozione dal nuovo masterplan al 2030 della controversa terza pista e il forte ridimensionamento delle aree dedicate al cargo.

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LETTURA DEI TERRITORI/1


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LETTURA DEI TERRITORI/1

Nuove attività produttive e nuovi spazi per la produzione Scheda tematica

Le nuove attività produttive e di servizio svolgono una funzione che è strettamente connessa con l’introduzione di tecnologie/beni/servizi precedentemente non presenti sul mercato. Si tratta quindi di attività la cui finalità principale è quella di introdurre nei processi di produzione di beni e servizi l’innovazione di prodotto e/o di processo attraverso modalità organizzative che – come si vedrà – sono anch’esse del tutto peculiari. In effetti, ciò che caratterizza questo tipo di impresa dalle imprese innovative più tradizionali è la loro modalità di organizzazione produttiva, in particolare la modalità attraverso cui reperiscono fondi per svolgere la propria attività e la loro localizzazione (che ha effetti anche sulle modalità attraverso cui queste imprese si relazionano ai fornitori di input, al mercato di sbocco e alle altre imprese che operano nello stesso luogo).

Il finanziamento delle nuove attività produttive e di servizio Il primo aspetto da considerare è quindi il finanziamento di queste attività. In genere, questo finanziamento non è di tipo tradizionale per effetto delle imperfezioni esistenti sul mercato del credito: numerosi studi hanno infatti evidenziato come i moderni sistemi bancari tendano a indirizzare risorse verso imprese non innovative, che producono beni e servizi “maturi” e che sono in grado di fornire garanzie sufficienti a coprire il rischio di default dell’attività intrapresa. Ovviamente si tratta di un sistema che penalizza fortemente le attività innovative che, per svolgere la propria attività, devono reperire fondi attraverso modalità alternative, le principali delle quali sono: 1. finanziamento attraverso erogazione, da parte dell’operatore pubblico, di capitali a fondo perduto o a tasso agevolato: in questa direzione si muove il D.Lgs. 179/2012 poi trasformato nella L. 212/2012; 2. finanziamento privato attraverso operatori istituzionali la cui mission è appunto quella di operare da intermediatori tra risparmiatori e startup innovative (cfr. i cosiddetti venture capitalist) ovvero attraverso operatori non istituzionali, generalmente grandi imprese che decidono di investire in attività innovative come strategia di diversificazione delle proprie attività (cfr. i cosiddetti business angels);

3. finanziamento attraverso raccolta fondi online a cui partecipa una pluralità di soggetti che versano denaro da investire in progetti imprenditoriali specifici (cfr. il cosiddetto crowfunding). La distribuzione dei fondi finanziari per ognuna di queste forme innovative di finanziamento non è nota, mentre è invece noto il numero di iniziative finanziate attraverso queste modalità di anticipazione del capitale circolante; come si può notare, le iniziative per 100.000 abitanti operative grazie a sistemi di finanza per l’innovazione sono assai più diffuse nella Città metropolitana che non nella Regione Urbana (in cui il peso della Città metropolitana è rilevante) o in Italia; nella Città metropolitana sono infatti presenti circa un quarto delle imprese nazionali finanziate attraverso gli strumenti descritti in precedenza.

Le modalità organizzative Anche le modalità di organizzazione della produzione variano considerevolmente, rispondendo a diverse esigenze delle imprese che producono beni e/o servizi innovativi. In particolare, è possibile distinguere quattro modalità organizzative: 1. gli incubatori ed acceleratori d’impresa sono infrastrutture fisiche ed immateriali che consentono lo sviluppo di un’impresa innovativa dalla sua fondazione al raggiungimento di una propria autonomia gestionale: più in particolare l’incubatore d’imprese fornisce all’impresa gli strumenti per poter intraprendere la propria attività (cfr. spazi fisici, formazione, accesso ai finanziamenti, ecc.) mentre l’acceleratore fornisce strumenti di pianificazione strategia a lungo termine (cfr. la gestione del passaggio da startup a impresa innovativa a tutti gli effetti); 2. i parchi scientifici e tecnologici sono strumenti di trasferimento delle conoscenze scientifiche al sistema produttivo, in genere attraverso l’aggregazione di imprese e dipartimenti universitari o di centri di ricerca; 3. i Makers Spaces sono imprese manifatturiere che operano con nuove tecnologie (cfr. le cosiddette FabLab) e le persone, con le loro competenze altamente specifiche, che le dirigono (cfr. i cosiddetti artigiani digitali); l’organizzazione del lavoro delle FabLab è basata sul cosiddetto “tinkering”, (think-make-improve), resa possibile grazie alla forte interazione tra gli artigiani digitali che analizzano in comune i progetti già avviati e condividono 39


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le proprie conoscenze al fine di risolvere i problemi; 4. i Coworking Spaces sono infine i luoghi in cui operano imprese che adottano un metodo organizzativo basato anche in questo caso sulla condivisione delle risorse materiali ed immateriali, ma che sono particolarmente attive nella produzione di servizi spesso ad elevato valore aggiunto in settori quali la comunicazione, l’architettura e il design, l’ITC e gli altri servizi alle imprese. Anche in questo caso l’importanza assunta da queste nuove forme di produzione di beni e servizi nella Città metropolitana appare evidente per quasi tutte le modalità prese in esame: in particolare assumono una rilevanza assai superiore alla media nazionale e della Regione Urbana sia la presenza di incubatori e acceleratori d’impresa, sia quella di Coworking Spaces, mentre appare sottodimensionato o meno importante – coerentemente con la vocazione terziaria dell’area – il ruolo delle strutture che promuovono lo sviluppo delle imprese innovative manifatturiere (cfr. i parchi scientifici e tecnologici e i Makers Spaces)

Per quanto riguarda gli incubatori ed acceleratori di impresa, a Milano e nella Città metropolitana operano diverse realtà, tra le quali alcune sono “certificate” in base a criteri stabiliti dalla legge 212/2012 in materia di innovatività dei processi e di qualità dei beni/servizi prodotti. Accanto a questi incubatori esistono poi alcune esperienze di grande interesse relative a settori non strettamente innovativi ma appartenenti piuttosto all’industria creativa e culturale (CCIs) o attinenti all’innovazione sociale (mobilità, crowfunding finalizzato al sostegno del terzo settore, ecc.): tra le principali iniziative si possono ricordare ad esempio Speed MI Up (l’incubatori di imprese dell’Università Bocconi), BASE (area ex Ansaldo, che ospita imprese creative), Arte e Messaggio (specializzato nella grafica e nel design), Quarenghi Center (specializzato nella moda) e FabriQ (promosso dal Comune di Milano e vocato a sviluppare imprese sociali innovative). Per quanto riguarda invece i Maker spaces e i Coworking spaces nel solo comune di Milano esistono 9 spazi dedicati alla fabbricazione digitale e oltre 50 spazi dedicati al coworking.

Tabella 11 – Il finanziamento delle PMI innovative: la dimensione del fenomeno [iniziative per 100.000 residenti], 2013 Italia

Regione Urbana

Città metropolitana

%

%

%

Startup innovative [Dgl 179/2012] 1

4,47

10,64

20,55

Funded Startup 2

0,32

0,53

1,25

Piattaforme di crowfunding

0,08

0,18

0,38

1. http://startup.registroimprese.it - 2. Osservatorio Startup Hi-Tech [2014]

Tabella 12 – Il finanziamento delle PMI innovative: il peso della Città metropolitana e della Regione Urbana, 2013 Italia

Regione Urbana

Città metropolitana

%

v .a .

%

v . a.

%

v . a.

Startup innovative [Dgl 179/2012] 1

100

2716

33,8

918

24,2

657

Funded Startup 2

100

197

22,8

45

20,3

40

Piattaforme di crowfunding

100

48

31,3

15

25

12

1. http://startup.registroimprese.it - 2. Osservatorio Startup Hi-Tech [2014]

Tabella 13 – Modalità organizzative delle PMI innovative: la dimensione del fenomeno [iniziative per 100.000 residenti], 2013 Italia

Città metropolitana

%

%

%

Incubatori ed acceleratori d'impresa

0,16

0,25

0,50

Parchi scientifici e tecnologici

0,06

0,07

0

FabLab e Marker Spaces

0,08

0,11

0,16

Coworking Spaces

0,10

0,18

0,41

1. http://startup.registroimprese.it - 2. Osservatorio Startup Hi-Tech [2014]

40

Regione Urbana


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/1

Tabella 14 – Il Modalità organizzative delle PMI innovative: il peso della Città metropolitana e della Regione Urbana, 2013 Italia

Regione Urbana

%

v .a .

Incubatori ed acceleratori d'impresa

100

Parchi scientifici e tecnologici

100

FabLab e Marker Spaces Coworking Spaces

Città metropolitana

%

v . a.

%

v . a.

100

21

21

16

16

38

15,8

6

0

0

100

46

19,8

9

10,9

5

100

62

24,2

15

21,0

13

1. http://startup.registroimprese.it - 2. Osservatorio Startup Hi-Tech [2014]

Comune di Milano Incubatori

Maker Spaces

Coworking Spaces

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argomenti & contributi /NUMERO 15

Fallimenti del mercato e politiche pubbliche Il crescente ruolo che tali iniziative stanno assumendo nella Città metropolitana, al di là dei tradizionali meccanismi che si ritiene debbano promuovere il trasferimento tecnologico, rivela in definitiva l’esistenza di fallimenti del mercato in questo ambito di attività. Tali fallimenti, come visto, possono essere affrontati attraverso l’intervento sia dell’operatore pubblico (che agisce con finalità non di mercato quali la promozione della mobilità sociale, l’inclusione sociale, lo sviluppo di nuove attività economiche, ecc.) sia di attori privati (che preferiscono diversificare i propri investimenti su attività rischiose e su orizzonti temporali di lungo periodo). Da questo punto di vista occorre quindi operare per rimuovere gli ostacoli che limitano la crescita di attività innovative che, per semplicità, è possibile raggruppare in alcune tipologie. In primo luogo è possibile considerare la fornitura di strumenti finanziari per le imprese innovative. Da questo punto di vista l’operatore pubblico svolge, come visto, un ruolo importante attraverso la L. 212/2012 ed ha erogato – nel biennio 2013-2015 – circa 150.000.000€ a garanzia di prestiti bancari per finanziare attività di questo tipo. Il contributo di operatori istituzionali privati si è aggirato, nel 2014, intorno ai 140.000.000€ abbastanza equamente distribuiti tra investitori istituzionali (cfr. venture capitalist, circa 63.000.000€ nel 2015 con un contributo in relativa contrazione rispetto ad altre forme di finanziamento) ed operatori privati (cfr. Business Angels, circa 57.000.000€ con un contributo in relativa crescita rispetto ad altre forme di finanziamento). Da questo punto di vista, il contributo delle istituzioni locali e della Città metropolitana in particolare risulta relativamente limitato: nel 2014 il comune di Milano ha investito circa 1.000.000 di € in alcuni incubatori/acceleratori d’impresa (PoliHub, Speed MI up, Smart City Lab e FabriQ) ma si tratta di interventi volti più a predisporre siti per l’insediamento delle imprese innovative che non di finanziamenti diretti alla loro attività; nello stesso anno sono inoltre stati destinati circa 180.000€ alle FabLab milanesi e 100.000€ ai coworkers (più 400.000€ alle imprese tradizionali fornitrici dei coworkers) ed inoltre si sono finanziate alcune idee imprenditoriali ritenute di interesse nei settori dell’agroalimentare e dell’innovazione sociale. In altri casi, il comune di Milano si è fatto promotore di iniziative di crowdfunding civico: si tratta di reperire fondi per finalità per lo più sociali (cfr. rimozione delle barriere tangibili e intangibili, rafforzamento della connettività urbana, iniziative per il miglioramento della qualità di vita e l’aggregazione sociale, conciliazione famiglia-lavoro) ma che talvolta hanno importanti effetti anche economici (cfr. riduzione del digital divide, realizzazione di servizi e iniziative fondate sulla collaborazione, sulla condivisione e sulla reciprocità, ecc.). Anche per effetto dell’esistenza di crescenti vincoli di bilancio posti alle amministrazioni locali, si tratta di interventi che hanno più una funzione “pedagogica” che non un impatto economico rilevante. 42

LETTURA DEI TERRITORI/1

Un secondo tradizionale campo di intervento che sopperisce a fallimenti del mercato è la fornitura di spazi fisici in cui possa essere effettuata l’attività produttiva, la fornitura di infrastrutture adeguate e la regolamentazione e messa a norma degli ambienti di lavoro. In questo caso il contributo delle istituzioni locali appare essere significativo e si intreccia ad altre esigenze delle amministrazioni locali (quali ad esempio, il recupero di siti dismessi, le esigenze di sicurezza sul lavoro, l’inclusione e la mobilità sociale di alcune fasce della popolazione, ecc.). Sotto questo aspetto, le iniziative prese dal Comune di Milano sono state numerose. 1. Negli ultimi anni l’attività dell’amministrazione comunale di Milano si è distinta per la riqualificazione di molte aree destinate poi all’incubazione di startup innovative (PoliHub, Speed MI up, Smart City Lab, ecc.). 2. Nel gennaio del 2014 è stato portata a compimento la ristrutturazione di uno spazio di 650 mq. (in via Val Trompia) destinati a FabriQ, un incubatore di 15 startup operanti prevalentemente nel sociale. 3. Nel 2016 è stata resa disponibile l’area “Base. A place for cultural progress”, 6.000 mq. di spazi fisici in cui potranno operare talenti ed imprese creative. 4. Il progetto Isole Digitali ha portato in diverse zone della città postazioni con wi-fi gratuito, colonnine per la ricarica dei dispositivi elettronici (pc, smartphone, tablet), barre di ricarica per veicoli elettrici, ecc. 5. È stata avviata la creazione di un registro di imprese che operano nel settore della fabbricazione digitale e dell’economia collaborativa: questa iniziativa è volta, da un lato, ad assicurare condizioni di sicurezza ad attività talvolta sorte in condizioni di semi-clandestinità e, dall’altro, a valutare la domanda potenziale di servizi pubblici da parte di queste imprese. In terzo luogo può essere preso in considerazione il contributo di questo tipo di attività alla creazione di un capitale sociale a livello locale che si viene a formare attraverso il trasferimento di conoscenze dai luoghi in cui tali conoscenze si formano alle imprese ed attraverso la creazione di un tessuto di relazioni tra produttori di beni e servizi, fornitori di input e mercati di sbocco: si tratta di fattori importanti in quanto permettono di creare valore aggiunto ed occupazione a livello locale, in attività la cui domanda è potenzialmente in forte espansione. Questo è il campo di intervento in cui l’operatore pubblico gioca un ruolo più limitato, ma probabilmente è anche quello strategicamente più importante per promuovere lo sviluppo economico e l’occupazione a livello locale. Il trasferimento di tecnologie viene lasciato alle competenze degli “startupper”: da questo punto di vista il sistema educativo della Città metropolitana è di aiuto, dato che a Milano e nell’area metropolitana sono localizzate numerose università e centri di ricerca di eccellenza. Molto più carente è invece il contributo delle istituzioni pubbliche per quanto attiene l’inclusione delle startup e delle imprese innovative nei tradizionali circuiti produttivi e di servizio. Tale difficoltà si scontra con due limiti principali: in primo luogo, la difficoltà a individuare le competenze in grado di


LETTURA DEI TERRITORI/1

gestire il processo di “integrazione” tra l’economia creativa/ innovativa, il sistema economico-produttivo tradizionale e mercati di sbocco di dimensioni un po’ più consistenti delle attuali e tali da consentire una programmazione di lungo periodo a questo tipo di imprese; in secondo luogo, la “ritrosia” della quasi totalità degli attori istituzionali locali ad impegnarsi in interventi che riguardino direttamente le strategie gestionali delle imprese a livello territoriale. Da questo punto di vista, l’unica iniziativa avviata è forse il bando “Start up in rete”, che si prefigge lo scopo di promuovere l’aggrega-

argomenti & contributi /NUMERO 15

zione di imprese (cfr. partnership di imprese o di professioni, costituzione di contratti di rete al fine di favorire i processi di riorganizzazione delle filiere): si tratta di interventi che operano in base a logiche di networking e che tuttavia sono sostanzialmente a-territoriali ed hanno verosimilmente un basso impatto sulle dinamiche di sistema, come l’esempio di progetti simili avviati da Regione Lombardia ha ormai abbastanza chiaramente dimostrato.

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APERTURE


APERTURE

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APERTURE

Milano nella metamorfosi del Nord: i nuovi termini di una questione Riflessioni da un seminario della Fondazione Isec – Istituto per la storia dell’età contemporanea

L’occasione per tornare a riflettere sulla cosiddetta ‘questione settentrionale’ e sulle nuove condizioni dettate dalla crisi di questi anni, è stata proposta nell’ambito di un seminario organizzato dalla Fondazione Isec Istituto per la storia dell’età contemporanea di Sesto San Giovanni lo scorso 15 settembre.1 Prendendo le mosse da alcuni recenti volumi e dalla partecipazione attiva dei rispettivi autori - Giuseppe Berta (La via del Nord. Dal miracolo economico alla stagnazione, Il Mulino), Giorgio Brunetti (Fare impresa nel Nordest. Dal decollo alla grande crisi, Bollati Boringhieri), Daniele Marini (Le metamorfosi. Nord Est: un territorio come laboratorio, Marsilio) e Antonio Calabrò (La morale del tornio. Cultura d’impresa per lo sviluppo, Egea) - la discussione si è arricchita della partecipazione di Aldo Bonomi, Paolo Feltrin e Angelo Pichierri. Le note che seguono intendono restituire un primo attraversamento di alcuni temi discussi, assumendo esplicitamente la prospettiva metropolitana milanese. Siamo infatti interessati a comprendere quanto le riflessioni e le analisi maturate negli anni più recenti consentano di mettere meglio a fuoco il ruolo macro-regionale e mondiale di Milano. Anche da questa prospettiva, l’intervento di apertura di Giuseppe Berta apre, senza fare sconti, in più direzioni. Riflettendo a partire da alcune slide che fissano i risultati di una recente analisi della Banca d’Italia sui processi economico-territoriali del Nord Ovest italiano2 , confrontati con altre regioni ‘industriali avanzate’ del contesto europeo, il quadro appare assai critico. I tassi di crescita del Pil delle quattro regioni Nord-occidentali italiane (Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria) risultano nettamente inferiori alla media delle più importanti regioni europee, la percentuale del Pil del Nord-ovest su quello nazionale subisce un significativo ridimensionamento (dal 37% del 1951 al 32% del 2010), la produttività media del lavoro dal 2000 al 2011 è in netta caduta, così come la dimensione media d’impresa. L’uni46

co dato incoraggiante riguarda la presenza all’estero delle imprese italiane, a testimonianza di un processo di internazionalizzazione dell’economia regionale che riguarda le punte avanzate delle produzioni italiane orientate all’esportazione, a fronte però di una contrazione complessiva della base industriale locale. Le valutazioni dello storico dell’economia sottolineano che nella trasformazione industriale contemporanea, segnata da una forte innovazione di prodotto oltre che da una progressiva riqualificazione del capitale umano, la “manifattura intelligente”3 , quella cioè orientata all’alta gamma dei prodotti e caratterizzata da un capitale umano altamente qualificato, ha espresso nel Nordovest una capacità relativamente bassa di traino nei confronti dei territori di appartenenza.

La debolezza urbana del Nord-ovest italiano Quello che è accaduto in altri contesti continentali4, dove la crescita urbana dei lavoratori della conoscenza ha trainato e riconfigurato positivamente il più ampio sviluppo regionale, è avvenuto solo in minima parte nel Nord-ovest italiano. E tale considerazione ha forti implicazioni in termini di geografia economica se, come spiega Berta, all’antica fabbrica dei tempi della rivoluzione industriale e della fase fordista novecentesca si sostituisce ora la “città come forma organizzativa dello sviluppo”. Le debolezze del Nord-Ovest italiano hanno proprio a che fare con la lenta qualificazione economica della dimensione urbana. Un paradosso, quest’ultimo, per una realtà regionale - quella del vecchio triangolo industriale - che proprio nelle città aveva trovato un originale punto di forza e di specializzazione nelle fasi precedenti dello sviluppo tra Otto e Novecento. Anzi, sono proprio le realtà urbane maggiori che, ad eccezione di Milano, “non solo hanno una dotazione inferiore di

capitale umano rispetto a quelle del cluster (europeo), ma non riescono neanche ad avere un ‘vantaggio competitivo’ in termini di capitale umano rispetto al resto del paese” (Banca d’Italia, 2015: 53). A fronte di un processo continuo e corposo di terziarizzazione delle economie urbane non si è manifestata una crescita altrettanto significativa del segmento più qualificato di lavoratori della conoscenza e di servizi a forte specializzazione, un processo quest’ultimo non alternativo ma complementare rispetto alla presenza di una solida base industriale manifatturiera urbana. Inoltre, osservando la forza lavoro impiegata, il rapporto Milano Produttiva 2015 elaborato dalla Camera di Commercio di Milano sottolinea l’emergere del fenomeno fino ad ora poco studiato della sovraqualificazione, “vale a dire della proporzione di persone con alte credenziali educative impiegate in lavori a bassa o media qualificazione”5. Sebbene le quattro regioni del Nord-ovest manifestino valori sotto la media nazionale, la sola Lombardia conta circa 559mila lavoratori sovra-qualificati (il 13,3% sul totale della forza lavoro regionale) particolarmente concentrati nella popolazione straniera (37,5% contro il 10% di quella italiana). In sintesi, secondo Giuseppe Berta, le chiavi interpretative per comprendere le difficoltà del Nord-Ovest italiano riguardano sia il deficit nella creazione di lavoratori della conoscenza, sia l’impiego inadeguato del capitale umano che dovrebbe invece essere un decisivo vettore di qualità per una rinnovata crescita. Se Giorgio Brunetti tende a confermare queste riflessioni pessimistiche anche per quanto riguarda il Nord-Est, sottolineando non solo la sparizione delle scuole di management ma pure quella degli istituti tecnici che hanno storicamente rappresentato un punto di forza delle economie distrettuali, è Antonio Calabrò che si fa carico di avanzare un approccio più fiducioso per il futuro. Lo fa, partendo da una considerazione non


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APERTURE

scontata: la dirompenza delle trasformazioni in corso spiazza anche la possibilità di offrire dati e interpretazioni all’altezza della situazione. Un esempio? Il livello ancora basso sistematicamente rilevato degli investimenti in R&S (1,2%) a fronte della confermata capacità di esportare beni di alta gamma, indicativa, quest’ultima, di processi di innovazione che probabilmente non vengono scritti a bilancio. Su questa linea insiste anche l’intervento di Daniele Marini, sottolineando l’esigenza di nuove categorie interpretative per spiegare una realtà nella quale si manifestano tendenze e comportamenti imprevisti e paradossali rispetto alle conoscenze e ai modelli noti. Si pensi alle imprese italiane più innovative che, spesso, sovvertono ogni regola standard della buona gestione aziendale conseguendo risultati sorprendenti. Dobbiamo, dunque, adeguare le nostre categorie statistiche e analitiche per catturare i fenomeni reali: si pensi alle 4600 medie imprese innovative censite da Unioncamere e Mediobanca, ognuna delle quali ha in media relazioni con 270 fornitori – analogamente a una grande impresa – ma che sfuggono ancora alla nostra capacità di osservazione.

Le sfide all’innovazione: Milano luogo di soglia L’ Italia rimane, per Calabrò, un significativo paese industriale avanzato e lo dimostra un surplus manifatturiero di 128 mld, dei quali ben 82 mld non riguardano i settori ‘leggeri’ classici del Made in Italy bensì l’automazione, la robotica, la chimica e la gomma-plastica. Ma la sfida attuale è quella del digital manufacturing (o Industria 4.0) che modifica in profondità i sistemi di produzione e la cosiddetta supply chain, cioè quelle relazioni interne alla catena di distribuzione che hanno permesso anche alle piccole imprese italiane nei territori di rimanere agganciate alle medie imprese più innovative e orientate all’export: quanto l’Italia sarà in grado di conservare la sua capacità competitiva nell’arco dei prossimi cinque anni? Questa è la domanda radicale posta da Calabrò in conclusione, che considera con preoccupazione sia la mancanza di un’agenda digitale e di una banda larga all’altezza della sfida, sia la persistenza di una drammatica situazione del Mezzogiorno, industrialmente debole e attanagliato dalla criminalità organizzata6. Un Sud essenziale anche al Nord e a quella “Milano capitale di cultura di impresa,

dell’innovazione e della crescita” per poter misurare le sfide e le opportunità di un contesto Euro-Mediterraneo da sviluppare. Il riproporsi, anche nel confronto seminariale all’Isec, di un pendolo tra prospettive critiche e aperture ottimistiche viene considerato da Aldo Bonomi come un approccio adeguato a comprendere la metamorfosi contemporanea del capitalismo. I processi di scomposizione territoriale determinati da nuove relazioni tra flussi e luoghi mostrano un salto di paradigma che necessita la messa a fuoco di un insieme di categorie interpretative, che hanno innanzitutto a che fare con la green economy, intesa nel senso di un “capitalismo che incorpora il limite ambientale nel suo processo di accumulazione” e che potrebbe essere anche declinata in una prospettiva neokeynesiana che ponga al centro invece che un esausto stato-nazione proprio “la capacità dei territori, poli di eccellenza, le nostre piattaforme territoriali, di fungere da fertilizzatori del nuovo ciclo economico”. In secondo luogo, assume centralità la categoria del confine, una dimensione, questa, fondamentale per cogliere una “geografia economica in uscita dal locale che si sta ridislocando in grandi piattaforme produttive nelle quali si assiste all’intreccio fra funzioni metropolitane e ristrutturazioni del tessuto produttivo territorializzato”, processi conflittuali di costruzione di nuove geocomunità. In ultimo, è importante considerare la compresenza in questa fase di luoghi soglia e di luoghi faglia o, meglio, la possibilità di leggere il mutamento del Nord in entrambe le prospettive: per Berta il Nord-Ovest è luogo faglia, di crisi e di difficoltà non congiunturali, mentre per Calabrò e Marini, i processi che attraversano questo contesto esibiscono luoghi soglia significativi, intesi come punti di innovazione reale o potenziale da non sottovalutare, dalle esperienze di sharing economy alle imprese del turbocapitalismo che esportano. In questa prospettiva è opportuno considerare che i processi in atto hanno una forma prepolitica e ciò che manca e deve essere ricostruito è proprio il tessuto delle rappresentanze con la riscoperta di una nuova dimensione intermedia di area vasta7 . In questo ragionamento, la Milano che concentra la più significativa presenza di servizi ad elevata intensità di conoscenza rappresenta l’epicentro della metamorfosi in atto.8 Il contesto nel quale si giocano i rapporti sociali e di produzione in forma più avanzata: per la qualità originale dell’integrazio-

ne in atto tra processi di terziarizzazione e l’emergere di una neo-manifattura urbana; per l’elevata connessione del nodo urbano milanese nelle dinamiche che caratterizzano lo spazio-mondo attuale. A cura di Matteo Bolocan Goldstein

1

Ringraziamo Giorgio Bigatti, direttore dell’Isec, per la disponibilità concessa a restituire in forma selettiva alcuni dei principali temi emersi dalla discussione. 2 Banca d’Italia – Eurosistema (2015), “Deindustrializzazione e terziarizzazione: trasformazioni strutturali nelle regioni del Nord Ovest”, Occasional papers, nr. 282, 3 Giuseppe Berta (2014), Produzione intelligente. Un viaggio nelle nuove fabbriche, Torino, Einaudi. 4 L’analisi di Banca d’Italia considera un cluster di regioni “industriali avanzate” che comprende oltre al Nord-Ovest e al Nord-Est italiani, altre 17 contesti: otto aree tedesche, due francesi, due austriache, due olandesi, due spagnole e una belga. 5 Cerea S., Maestripieri L. (2015), “La sovra-qualificazione della forza lavoro e un bilancio degli strumenti per contrastarla”, Milano Produttiva 2015, Camera di Commercio di Milano, B. Mondadori, Milano. 6 Un fenomeno, quello della presenza pervasiva delle mafie, che Angelo Pichierri ricorda non essere più geograficamente limitabile al Mezzogiorno, come indicano recenti contributi analitici. Si veda ad esempio: R. Sciarrone a cura di (2014), Mafie del Nord. Strategie criminali e contesti locali, Donzelli, Roma. 7 Per un approfondimento di questi temi: A. Bonomi (2013), Il capitalismo in-finito. Indagine sui territori della crisi, Einaudi, Torino. 8 Rinaldo Gianola (2015), “Locomotive. Allarme a Nord Ovest. Milano corre, tutto il resto frena”, Corriere Economia, 28 settembre.

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argomenti & contributi /NUMERO 15

APERTURE

Ritorno al centro? Riflessioni su popolazione e territorio

La popolazione torna a crescere a ritmi sostenuti

Verso una nuova fase di riconcentrazione demografica?

Nel 2014 la Regione Urbana milanese supera gli 8,5 milioni di abitanti e sembra smentire le pessimistiche previsioni degli anni Ottanta quando, con la netta caduta dei movimenti migratori e la progressiva contrazione dei livelli di fecondità, si prospettava un futuro di regresso demografico. Negli ultimi quindici anni la popolazione complessiva della Regione Urbana, interrompendo la fase di stagnazione demografica iniziata negli anni ’70 e sfociata in fenomeni di vero e proprio declino tra gli anni e ’80 e ’90, torna infatti a crescere a buoni tassi, rivelando una progressione decisa nell’ultimo decennio. Si tratta di un fenomeno in larga misura trainato dai flussi migratori di popolazione straniera che, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, iniziano a fornire il loro contributo alla crescita demografica, ma che nella fase più recente, scontando anche l’effetto statistico generato dalle “regolarizzazioni” intervenute nel 2012 (D.Lgs. n. 109/2012) 1, manifesta in pieno la sua rilevanza. Sotto questo profilo è dunque ragionevole ritenere che ciò che noi percepiamo statisticamente attraverso l’analisi dei dati 2011-2014 porti in realtà alla luce un fenomeno iniziato ben prima e che quindi il dato censuario non catturi in pieno una dinamica già in atto da tempo, per quanto sottotraccia. In questo quadro, vale però la pena rilevare che, seppur a tassi molto più modesti, anche la componente italiana della popolazione, come si illustrerà più diffusamente in seguito, torna negli ultimi anni a crescere in quasi tutti i territori, segnalando così un’inversione di tendenza rispetto alla dinamica di lungo periodo.

La geografia di tali fenomeni appare assai differenziata all’interno della Regione Urbana milanese. Nel decennio tra gli anni ’70 e ’80, mentre il comune capoluogo perde quote significative della sua popolazione, i rimanenti comuni dell’allora provincia di Milano e quelli dell’attuale provincia di Monza e Brianza vedono crescere i loro residenti e anche le dinamiche a livello regionale e di Regione Urbana appaiono positive. A questa fase di deconcentrazione relativa, nella quale la crescita delle “periferie” è stata in grado di compensare il decremento demografico dei core urbani, generando saldi positivi, ha fatto seguito quella di deconcentrazione assoluta, nella quale la crescita delle “periferie” non è stata più in grado di compensare il decremento demografico dei core urbani, generando saldi negativi alla scala vasta (anni ’80 e, in misura più attenuata e territorialmente circoscritta all’ambito della vecchia provincia di Milano, anche anni ‘90). Il decremento demografico del capoluogo in questa fase non appare infatti compensato dalla variazione, per quanto intensa e di segno opposto, delle “periferie”. Diversamente, gli anni 2000 - e soprattutto il triennio 2011-2014 – rivelano un’inversione di tendenza, attraverso un significativo “ritorno al centro”. Sembra dunque aprirsi una nuova fase caratterizzata da potenti spinte alla “concentrazione” di popolazione nelle aree più centrali, compresi i territori di più antico sviluppo, e nei centri urbani maggiori. Milano infatti interrompe, nel corso dell’ultimo decennio censuario, il proprio declino demografico e, nella fase più recente, torna a crescere a ritmi sostenuti, mentre il resto del territorio della ex provincia di Milano e la provincia di Monza e Brianza continuano a crescere, seppur a ritmi decrescenti rispetto al passato. Al significativo incremento della popolazione metropolitana nel corso dell’ultimo quin-

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dicennio, si contrappongono gli andamenti delle aree più esterne, assai più modesti (con un dato particolarmente basso nelle provincie di Lecco, Cremona e Novara). Scendendo di scala, appaiono interessanti, soprattutto nella fase più recente, anche altri segnali che provengono dalla regione urbana. Accanto alla conferma di alcune direttrici di recente sviluppo (in primo luogo l’Est Milano, comprendente l’Adda Martesana fino a Bergamo, ma più in generale la semicorona Sud che sconfina verso il Vigevanese, il Nord Pavia e il Lodigiano), si evidenzia un’inversione di tendenza che riguarda alcune aree di antica urbanizzazione. Il Nord Milano, infatti, ferma l’emorragia di popolazione e anzi sembra, nella fase più recente, invertire la tendenza di lungo periodo, mentre porzioni dell’Asse del Sempione (soprattutto l’Alto Milanese) rivelano una rinnovata vitalità. Buoni ritmi di crescita contrassegnano anche alcuni ambiti briantei, in particolare il Vimercatese e la Brianza occidentale, oltre alla provincia di Como. Anche osservando l’andamento della variabile demografica in funzione della dimensione dei centri, lungo gli ultimi 15 anni, si riscontrano segnali nuovi. La riproduzione del fenomeno di tracimazione della popolazione dai centri urbani di dimensioni medie verso i comuni contermini di dimensioni minori sembra perdere il carattere generalizzato che aveva assunto nella fase di deconcentrazione. Anzi, per quanto l’andamento appaia piuttosto differenziato in relazione agli andamenti complessivi di zona e in ragione delle caratteristiche e delle policy di ciascun comune, è indubbia la ripresa demografica delle città medie della regione urbana, con un’accelerazione nel corso degli ultimi anni. 1

Il Decreto Legislativo n. 109 del 16 luglio 2012, in attuazione della Direttiva europea n. 52/2009, ha previsto la possibilità per datori di lavoro con lavoratori stranieri “in nero”, di chiederne la regolarizzazione previo pagamento di un modesto contributo forfettario e la dimostrazione dell’avvenuto pagamento di stipendi e oneri per almeno 6 mesi. La sanatoria ha di conseguenza consentito di regolarizzare anche le relative posizioni anagrafiche, favorendo l’emersione di residenti fino a quel momento non censiti.


argomenti & contributi /NUMERO 15

APERTURE

In questo quadro, è innanzitutto significativo rilevare che tutti i comuni capoluogo provinciali tornano a crescere. Alcuni di loro, come Lodi e Como, mostrano tassi di variazione di una certa consistenza; buone le performance anche per Lecco e Bergamo e, in misura minore Novara, mentre Pavia, Cremona e Varese crescono a un un ritmo più lento, pur invertendo una perdurante tendenza alla stagnazione/declino. Alla scala metropolitana, analogamente, molti comuni medi mostrano tassi di incremento demografico significativi: Seregno, Desio, Lissone, Cesano Maderno, Brugherio e Limbiate in Brianza; Legnano nell’Alto Milanese; Lainate nel Nord Ovest; Cormano nel Nord Milano; Cernusco sul Naviglio e Pioltello nell’Est; Peschiera Borromeo, San Giuliano, Melegnano, Buccinasco, Rozzano, Abbiategrasso e Vigevano nella diverse porzioni del Sud Milano. Altri Comuni, in diversi casi tamponando un’emorragia che durava da tempo, stabilizzano la propria popolazione. E’ il caso di Monza e Vimercate in Brianza; di Rho e Garbagnate Milanese nel Nord Ovest; di Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo e Paderno Dugnano nel Nord Milano; di Segrate e Melzo a Est; di Magenta a Ovest; di Corsico a Sud. Sono invece sporadici i casi in cui il declino demografico si manifesta o, più spesso persiste, seppur a volte con tassi di variazione meno sfavorevoli rispetto al passato (es. Bresso, Cologno Monzese, San Donato Milanese).

Il contributo decisivo dei flussi migratori di popolazione straniera E’ certo, come si è già accennato, che sull’incremento demografico nel periodo 2011-

2014 pesa in misura notevole il Decreto Legislativo n. 109/2012, che ha consentito l’emersione di residenti stranieri che di fatto erano già presenti sul territorio per quanto non censiti all’anagrafe. Nel triennio la popolazione straniera cresce infatti a ritmi importanti, per quanto differenziati, a tutte le scale. In particolare, è la città metropolitana, in tutti i suoi territori, che mette in luce tassi di variazione più rilevanti, con punte a Milano, nel Nord Milano e nel Sud Ovest, mentre le province della Regione Urbana crescono a tassi molto inferiori, anche se comunque alle due cifre (fanno eccezione le province di Monza e Brianza e Pavia che si attestano su una dato più elevato, prossimo alla media della Regione Urbana). Nonostante questi considerevoli incrementi, la quota complessiva ricoperta dalla popolazione straniera nella Regione Urbana risulta ancora al di sotto della soglia raggiunta da molti Paesi europei, collocandosi a circa l’11% del totale, con valori più elevati nell’Adda Martesana (19% circa), nel Nord Ovest (14% circa) e nel capoluogo regionale (14% circa), anche se nella componente appartenente alle coorti più giovani il valore percentuale cresce considerevolmente. Tuttavia, anche escludendo il seppur decisivo contributo dell’immigrazione straniera, anche per la componente rappresentata dalla sola popolazione italiana si ripropone uno scenario generale di crescita, seppur a tassi decisamente più modesti e con una distribuzione geografica che anche in questo caso premia le aree centrali. La città metropolitana di Milano e la provincia di Monza e Brianza vedono infatti aumentare in soli tre anni la popolazione italiana rispettivamente dell’1,6% e dell’1,2%, mentre, scendendo ad una scala più fine, il

capoluogo evidenzia dati ancora più positivi, con una crescita pari al 2,2%. Ampliando lo sguardo alla Regione Urbana, tutte le province - ad eccezione di Cremona che espone un dato negativo - mostrano andamenti positivi, anche se in linea generale i tassi di crescita risultano significativamente inferiori rispetto a quelli dell’area milanese e briantea. Sono comunque i fenomeni migratori l’elemento che, oggi, determina in larga misura le dinamiche della popolazione e che, mutando nel tempo anche le caratteristiche della popolazione, invita ad una lettura non solo quantitativa dei cambiamenti in corso, ponendo quindi l’attenzione anche sui tratti strutturali che caratterizzano questa crescita. Da questo punto di vista, vi sono alcuni indicatori che è importante evidenziare: la crescita naturale2 registra, dal 2011 al 2014, valori negativi a livello lombardo, pur con alcune differenziazioni che, da un lato, indicano una lieve ripresa delle nascite sia della città metropolitana (0,1) che della provincia di Monza e Brianza (0,3), dall’altro, sottolineano, in alcuni territori, l’intensificarsi del fenomeno di “svuotamento”, con valori particolarmente significativi nelle province di Pavia (-4), Cremona (-2,7), Sondrio (-2), e Mantova (-2). Collegati a questo dato sono gli indicatori relativi alla composizione della popolazione per classi d’età. L’età media nella Regione Urbana era di 43,8 anni nel 2011, mentre nel 2014 sale a 44,3 (Milano, Pavia, Cremona le province più “vecchie”). L’indice di dipendenza3 sale nello stesso periodo da 31,3 a 33,2 (ancora Milano, Pavia, Cremona con valori sopra la media). La distribuzione per classi d’età nel triennio denuncia ovunque un calo del peso della popolazione in età attiva, una crescita generalizzata di quella over 65,

Popolazione residente [1971- 2014] 1971

1981

1991

2001

2011

2014

‘71'81

‘81'91

‘91'01

‘01'11

11'14

1.732.000

1.604.773

1.369.231

1.256.211

1.242.123

1.337.155

-7,3

-14,7

-8,3

-1,1

7,7

1.348.513

1.525.727

1.625.818

1.684.368

1.796.297

1.859.670

13,1

6,6

3,6

6,6

3,5

3.080.513

3.130.500

2.995.049

2.940.579

3.038.420

3.196.825

1,6

-4,3

-1,8

3,3

5,2

Città metropolitana

639.551

701.361

736.666

766.631

840.129

864.557

9,7

5,0

4,1

9,6

2,9

Città metropolitana e Provincia MB

3.720.064

3.831.861

3.731.715

3.707.210

3.878.549

4.061.382

3,0

-2,6

-0,7

4,6

4,7

Regione Urbana

7.367.561

7.660.663

7.601.018

7.712.172

8.242.516

8.511.951

4,0

-0,8

1,5

6,9

3,3

Territorio Milano Città metropolitana (esclusa. Milano) Provincia Monza e Brianza

49


argomenti & contributi /NUMERO 15

APERTURE

Popolazione residente totale e straniera [2011-2014] Territorio

2011

2014

∆% 2011-2014

Pop TOT

Pop STR

Pop TOT

Pop STR

Pop TOT

Pop STR

Vimercatese

175.740

12.658

181.466

15.698

3,26

24,02

Monza e Brianza Centrale

239.600

18.694

244.768

23.419

2,16

25,28

Monza e Brianza Occidentale

424.789

27.741

438.323

35.095

3,19

26,51

Provincia di Monza e Brianza

840.129

59.093

864.557

74.212

2,91

25,59

Sud Ovest

233.993

17.276

244.421

23.023

4,46

33,27

Magentino e Abbiatense

203.131

13.916

209.866

17.193

3,32

23,55

Alto Milanese

252.384

18.157

259.427

22.571

2,79

24,31

Nord Ovest

308.924

20.251

316.999

26.292

2,61

29,83

Nord Milano

304.551

32.649

316.993

44.921

4,09

37,59

Sud Est

167.712

15.404

173.841

19.440

3,65

26,20

Adda Martesana

325.602

30.422

338.123

37.564

3,85

23,48

Milano

1.242.123

176.303

1.337.155

248.304

7,65

40,84

Città Metropolitana di Milano

3.038.420

324.378

3.196.825

439.308

5,21

35,43

871.886

66.088

890.234

76.999

2,10

16,51

Provincia di Varese Provincia di Como

586.735

42.383

599.905

49.063

2,24

15,76

Provincia di Lecco

336.310

25.300

340.251

27.910

1,17

10,32

Provincia di Bergamo

1.086.277

112.225

1.108.853

127.809

2,08

13,89

Provincia di Cremona

357.623

36.618

361.610

41.448

1,11

13,19

Provincia di Lodi

223.755

22.558

229.576

26.838

2,60

18,97

Provincia di Pavia

535.822

46.222

548.722

58.524

2,41

26,62

Provincia di Novara Regione Urbana

365.559

31.946

371.418

37.429

1,60

17,16

8.242.516

766.811

8.511.951

959.540

3,27

25,13

mentre per quanto riguarda le coorti 0-14 anni si registra un leggero aumento nei territori compresi tra la città metropolitana e le province di Lodi e Pavia a cui corrisponde un decremento in quelle di Monza e Brianza, Como, Lecco, Bergamo.

Evoluzione dell’occupazione e geografie economiche: cambiamenti e persistenze Le dinamiche occupazionali di medio-lungo periodo assumono, per molti versi, una configurazione analoga a quella demografica, anche se con proporzioni diverse. Seppur a tassi più ridotti rispetto al decennio precedente, il numero degli addetti complessivi nella regione urbana milanese cresce lungo gli anni 2000, per quanto la variazione censuaria non includa la fase più acuta della crisi e, pertanto, oggi sia ragionevole considerare il dato in via di ridimen50

sionamento. Sotto questo profilo, i dati più recenti, relativi agli avviamenti al lavoro, per quanto parziali e limitati nella nostra restituzione ai territori della Città metropolitana e della provincia di Monza e Brianza, ben segnalano la crisi intervenuta a partire dal 2008, con lievi e differenziati, sia dal punto di vista settoriale che geografico, segnali di ripresa a partire dal 2013. Entro questo quadro generale – e scontando le dovute cautele interpretative – anche il dato occupazionale segnala un importante cambiamento nella geografia economica della regione urbana che vede protagonista la conurbazione centrale, con un effetto di traino sull’intero territorio della Città metropolitana. Il comune di Milano mette infatti in mostra l’incremento occupazionale più consistente nell’ultimo decennio censuario, invertendo così la tendenza di lungo periodo (il comune centrale ha perso addetti sia durante gli anni

‘80 che ’90). In ripresa evidente, anche in questo caso in controtendenza rispetto al passato, anche il Nord Milano che, pur tra difficoltà, sembra aver superato lo shock della chiusura delle grandi fabbriche degli anni ’80 e ’90 e avviato con un certo successo la sua transizione economica. Confermando invece le dinamiche dei decenni precedenti, il comparto brianteo e la direttrice nord-est della regione urbana (verso la provincia di Bergamo) fanno registrare buoni tassi di crescita occupazionale. In particolare, la Brianza segnala complessivamente un buon incremento degli addetti, seppur con tassi meno elevati rispetto ai due decenni censuari precedenti. A scala più fine, buone le performance, anche in questo caso con evidenti analogie rispetto al dato demografico, messe in mostra dalla Brianza occidentale (che rivela un andamento migliore rispetto agli ’90) e dal


argomenti & contributi /NUMERO 15

APERTURE

Addetti totali [1981- 2011] Territorio Milano Città metropolitana (esclusa Milano) Provincia Monza e Brianza

1981

1991

2001

2011

‘81-'91

‘91-'01

‘01-'11

818.188

761.170

808.642

888.774

-7,0

6,2

9,9

566.435

630.736

660.927

683.124

11,4

4,8

3,4

1.384.623

1.391.906

1.469.569

1.571.898

0,5

5,6

7,0

Città metropolitana

254.805

273.332

293.473

302.551

7,3

7,4

3,1

Città metropolitana e Provincia MB

1.639.428

1.665.238

1.763.042

1.874.449

1,6

5,9

6,3

Regione Urbana

3.014.312

3.107.746

3.346.514

3.436.549

3,1

7,7

2,7

Vimercatese (che invece rallenta la sua crescita rispetto all’andamento impetuoso dei due decenni precedenti). Stagnante invece la Brianza centrale, insieme al suo “prolungamento” lecchese, e anche l’Adda Martesana, territori che rallentano rispetto all’andamento dei due decenni censuari precedenti. Il Sud-est Milano e la direttrice Lodigiana compiono un balzo rispetto alle dinamiche di lungo periodo, crescendo a ottimi tassi. Sul versante della stagnazione, si conferma la “stanchezza” dei territori di antica industrializzazione del Nord Ovest (lungo l’Asse Sempione), anche in questo caso con sconfinamenti verso le province limitrofe (Novara, Varese, Como), che rivelano un’evidente continuità dei processi economici-territoriali. Si assiste inoltre a un inedito “contagio” che riguarda i territori metropolitani del Sud Ovest (Magentino-Abbiatense) e anche di parti del Sud Milano (sconfinanti anche verso la provincia di Pavia), con una dinamica occupazionale flettente, in qualche caso in discontinuità con gli andamenti degli anni ‘90.

Aperture Gli andamenti demografici e occupazionaliche hanno caratterizzato i territori della Regione Urbana milanese nel corso degli ultimi 15 anni segnalano un cambiamento di verso rispetto ad alcune tendenze consolidate. La stagnazione demografica si è interrotta e ha lasciato il posto a una vivace crescita, trainata principalmente dai flussi migratori di popolazione straniera, anche se è significativo notare che la dinamica positiva riguarda anche la componente italiana.

La crescita nel numero degli addetti, per quanto a tassi meno elevati rispetto al passato, è proseguita anche durante l’ultimo decennio censuario, anche se è ragionevole attendersi nella fase più recente un certo ridimensionamento del dato in ragione degli effetti generati dalla crisi apertasi alla fine degli anni Duemila. Tali cambiamenti hanno investito i territori della Regione Urbana in misura differenziata. Accanto alla conferma della direttrice di sviluppo briantea e pedemontana verso Bergamo e all’affermazione, in parziale discontinuità con il passato recente, della direttrice Sud Est oltre i confini provinciali verso Lodi, i dati segnalano un significativo “ritorno al centro”, che ha visto protagonista soprattutto il nucleo urbano centrale (Milano e la conurbazione a Nord). Ad oggi, le evidenze empiriche disponibili non consentono ancora di ipotizzare inversioni di tendenza durature, in grado di suggerire interpretazioni fondate in ordine a nuovi modelli territoriali. L’analisi indica semmai “aperture di campo”, che segnalano nuovi percorsi per la ricerca socio-economica e territoriale nella regione urbana milanese.

2

Differenza tra tasso di natalità e di mortalità*1000 abitanti. Rapporto tra popolazione over 65 e popolazione 15-64 anni per 100 abitanti.

3

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argomenti & contributi /NUMERO 15

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LETTURA DEI TERRITORI/2


LETTURA DEI TERRITORI/2

argomenti & contributi /NUMERO 15

02 LETTURA DEI TERRITORI/2

eCONOMIA E OCCUPAZIONE negli anni della crisi (2008 - 2014)

53


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

LETTURA DEI TERRITORI/2

eCONOMIA E OCCUPAZIONE negli anni della crisi (2008 - 2014)

Milano di fronte alla crisi Milano ha sempre stentato ad accettare l’idea di crisi, anche nei momenti più acuti come quelli che l’hanno interessata pesantemente all’inizio degli anni Ottanta e nei primi anni del decennio successivo. Periodi che hanno coinciso con le fasi di profondo ridisegno del suo sistema produttivo, con la definitiva chiusura del ciclo fordista e con la piena affermazione dei processi di terziarizzazione che hanno connotato la realtà milanese nell’ultimo ventennio. Del resto è stata proprio questa continua evoluzione terziaria che ha consentito a Milano di riassorbire meglio i contraccolpi occupazionali di quelle fasi di aggiustamento strutturale, grazie anche ad una grande vitalità imprenditoriale, che si è tradotta in un costante incremento del numero delle imprese. Come si è visto nelle pagine precedenti, tale processo è continuato anche nel primo decennio del nuovo secolo: la consistenza della struttura produttiva e dell’occupazione milanese nel corso del decennio intercensuario ha continuato a crescere, pur scontando gli effetti della crisi avviatasi nel 2008 e che di fatto si sta prolungando sino ad oggi, con un rallentamento sia delle dinamiche economiche che di quelle occupazionali, come si può verificare dall’analisi della domanda di lavoro1 e com’è dimostrato dal persistere di un elevato tasso di disoccupazione e da un progressivo peggioramento qualitativo del mercato del lavoro. Sotto questo aspetto, il terziario, pur assolvendo un ruolo sempre più rilevante, non è stato più in grado di assolvere pienamente il ruolo di camera di compensazione svolto 54

in passato ed è stato a sua volta toccato da forti processi di ristrutturazione anche in settori fondamentali dell’economia milanese, come quelli delle attività finanziarie e del commercio. Da quasi otto anni, quindi, l’economia e il mercato del lavoro sembrano restare imprigionati in uno schema che registra un rapido susseguirsi di momenti caratterizzati da pesanti arretramenti e fasi di ripresa e che sino al 2015 non sono stati in grado di imprimere una vera svolta duratura e capace di recuperare il terreno perso in questi anni. Qui di seguito verranno ricostruiti in due fasi distinte questi sette anni, in primo luogo per fornire informazioni che consentano di valutare l’impatto della crisi sulle dinamiche del primo decennio del secolo, e in secondo luogo per cercare di catturare meglio alcuni degli snodi interpretativi che possano consentire l’evoluzione del sistema produttivo e del mercato del lavoro milanesi e prefigurarne possibili scenari evolutivi negli anni a venire.

1

Per quanto riguarda le dinamiche occupazionali desumibili dalle indagini sulle forze di lavoro dell’ISTAT va detto che sino al 2011 le rilevazioni hanno continuato a riguardare la vecchia provincia di Milano (includente i territori di Monza e Brianza). Solo negli anni successivi si è potuto disporre di informazioni distinte per le due realtà amministrative nate con la creazione della nuova provincia briantea. Va però evidenziato come questa messa a punto delle nuove serie statistiche abbiano scontato la messa a punto dei due nuovi campioni che rendono quindi la serie storica non comparabile e almeno per il periodo 2012-2013 anche scarsamente affidabile.


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

1. L’avvio della crisi [2008-2011] Le prime avvisaglie delle difficoltà incontrate dall’economia milanese si sono avvertite già prima che la crisi finanziaria statunitense ripercuotesse i suoi effetti sul resto del mondo. Analizzando infatti gli andamenti economici dei diversi settori nel 2007, si può osservare come l’Industria prima e gli altri settori poi avevano già evidenziato quegli andamenti negativi che l’ultima parte dell’anno ha solo amplificato. Da allora l’Industria, dopo la forte caduta della produzione registratasi tra la seconda metà del 2007 e il 2009, ha conosciuto una fase di ripresa, trainata principalmente dai comparti della chimica e della metal-

meccanica, che hanno saputo catturare le opportunità offerte dalla domanda estera, mentre la domanda interna ha continuato a ristagnare per l’intero periodo. I Servizi, al contrario, hanno evidenziato andamenti costantemente negativi, specie per quanto riguarda il settore del Commercio e principalmente quello al dettaglio, che ha scontato gli effetti della pesante caduta dei consumi. Complessivamente negativi, anche se più articolati, gli andamenti degli altri comparti del terziario, che registrano dinamiche quasi costantemente negative sia nei settori tradizionali come l’alberghiero, i servizi alle persone e il commercio all’ingrosso, che in quelli più innovativi come l’informatica e comunicazione, mentre tengono meglio altre attività come i servizi innovativi e la logistica. Negativo, e in costante peggioramento è stato anche l’andamento del settore delle Costruzioni, che ha progressivamente scontato l’esaurirsi del fecondo ciclo immobiliare del decennio pre-crisi e le difficoltà connesse al settore del credito, che hanno penalizzato fortemente la domanda di abitazioni. Anche la domanda di lavoro nel periodo 2008-2011 registra una forte battuta d’arresto, concentrata principalmente nel corso del 2009, anno in cui si è registrata una flessione del 10,8% degli avviamenti e dell’11,3% degli assunti 2 ; dal 2009 il numero dei rapporti a tempo indeterminato posti in essere comincia inoltre ad essere inferiore a quelli cessati, un ulteriore dato che testimonia il calo dell’occupazione milanese . Nel biennio successivo (2010-2011) la domanda di lavoro comincia a dare segnali di ripresa, particolarmente sostenuti nella seconda metà del 2010 e nella prima metà

dell’anno successivo. Nonostante le buone performance il numero complessivo dei nuovi rapporti di lavoro posti in essere nel 2011 resta del 3,1% inferiore a quello antecrisi, mentre il numero degli avviati presenta un saldo negativo del 2,6%. Le ricadute della crisi economica sul mercato del lavoro non sono rimaste circoscritte solamente alla sfera quantitativa, ma hanno segnato un peggioramento anche dal punto di vista qualitativo, a cominciare dal forte aumento dell’incidenza delle assunzioni con forme contrattuali atipiche. Un mercato del lavoro in ingresso tradizionalmente contraddistinto da un diffuso utilizzo di forme contrattuali flessibili per molto tempo è stato segno di modernità dell’occupazione milanese; quanto accade nel quadriennio 2008-2011 sembra invece evidenziare che l’uso dei contratti a termine diventa uno strumento difensivo a cui le imprese ricorrono maggiormente nei momenti di difficoltà o incertezza.

2

L’analisi della domanda di lavoro, condotta avvalendosi delle segnalazioni di movimentazione di forza lavoro (contratti di nuova stipula, cessazioni, trasformazioni di contratti in essere e prolungamento dei contratti a termine), ha conosciuto una serie di innovazioni che non consentono di disporre di una serie storica attendibile per quanto riguarda il terziario. L’osservazione dei dati relativi ai settori dell’industria e delle costruzioni evidenzierebbe già nel 2008 un forte calo sia degli avviamenti (rispettivamente del 10,6% e del 5,6%) che degli assunti (8,4% e 5,0%). Una stima grezza condotta sulle dinamiche del terziario (depurati dal settore dello Spettacolo, classi 59, 60 e 90) sembrerebbe evidenziare che la domandi di lavoro nei servizi milanesi presenta un andamento positivo per i soli avviati e un saldo nullo per gli avviamenti. Ciò consente quindi di affermare che anche i dati amministrativi confermano come la crisi si sia abbattuta su Milano ben prima di quanto si sia sostenuto.

Grafico 7 - Andamento della produzione industriale, dei settori del commercio e dei servizi nella Città metropolitana di Milano [2008-2011] 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 -8 -10 industria 2008

2009

2010

commercio

altri servizi

2011 55


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In questo periodo, infatti, il peso degli avviamenti con contratti a tempo indeterminato diminuisce di 4,5 punti, attestandosi nel 2011 al 19,6% del totale, mentre l’incidenza degli assunti con la stessa modalità contrattuale registra una contrazione anche più rilevante, pari a 6,9 punti e giungendo a rappresentare poco più del 30% di tutti i neoassunti milanesi. Muta anche l’utilizzo delle diverse modalità contrattuali a termine: a fronte di un calo della forma più classica, ovvero il contratto a tempo determinato 3 , aumentano in misura significativa sia gli avviamenti con contratti di lavoro indipendente (ad esempio: le collaborazioni a progetto e quelle occasionali, e il lavoro autonomo dello spettacolo), che quelli con forme contrattuali di tipo subordinato, dal lavoro somministrato 4 alle tipologie già introdotte dalla riforma Biagi ma rimaste sino a quel momento praticamente inutilizzate (è il caso del lavoro inter-

mittente). Questi cambiamenti sembrano confermare che nella prima fase della crisi le preferenze delle imprese si sono indirizzate verso l’uso di quelle forme meno costose e più discontinue, scaricando in tal modo i costi della crisi sui lavoratori, che hanno visto aumentare la precarietà della loro posizione in un mercato del lavoro che rimane contraddistinto da un forte squilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Alla crescita della flessibilità si accompagna poi quella delle assunzioni con modalità contrattuali a tempo parziale, che in soli quattro anni hanno visto aumentare il loro peso di 6,4 punti percentuali, attestandosi nel 2011 al 28% di tutte le segnalazioni e giungendo ad interessare poco meno del 35% dei neoassunti. Un dato che tende tra l’altro a ridimensionare l’effettiva portata della domanda di lavoro evidenziata in precedenza. Per comprendere meglio le traiettorie

Grafico 8 - Avviamenti nella Città metropolitana [2008-2011] V.A. 900000 850000

800000

750000 700000 2008

2009

2010

2011

Grafico 9 - Incidenza degli avviamenti nella Città metropolitana per modalità contrattuale [2008-2011] % 50 40 30 20 10 0 tempo indeterminato 2008

56

2011

tempo determinato

lavoro somministrato

collaboratori e autonomi

altri

seguite dall’economia milanese nel quadriennio 2008-2011 occorre procedere ad un’analisi dei mutamenti della composizione settoriale della domanda di lavoro che, come si vedrà, in larga parte ricalca quelle delle dinamiche economiche illustrate precedentemente. Va ricordato che la domanda di lavoro riflette solo in parte la reale consistenza dell’occupazione, essendo molto condizionata da fattori quali le tipologie di contratto di assunzione nonché la loro durata, con mutamenti che non sempre sono imputabili esclusivamente a fattori economici. Ciò spiega come mai, ad esempio, il peso di settori come l’Industria appaia apparentemente meno rilevante di quanto non sia in effetti, mentre quello dei Servizi pare sovra rappresentato. Questo fattore deve essere tenuto presente specie in una fase di turbolenza come quella che viene qui indagata per comprendere a fondo le implicazioni dei mutamenti registrati Tra il 2008 e il 2011 la domanda di lavoro dei tre principali macrosettori registra andamenti molto difformi: sin dall’inizio la crisi investe maggiormente i settori dell’Industria e delle Costruzioni, mentre il Terziario evidenzia una miglior capacità di tenuta e una capacità di ripresa più rapida. La conferma è data dai mutamenti del peso di ciascun settore sull’insieme della domanda di lavoro, che nel corso del periodo preso in esame vede aumentare l’incidenza dei Servizi, che registrano un incremento di 2,2 punti (passando dall’85,4% all’87,6% del totale) per quanto riguarda le assunzioni e di 3,6 punti per quanto riguarda gli assunti (saliti nello stesso periodo dal 78,2% dall’81,8% del totale). Al contrario si registra una contrazione nell’Industria, che perde un punto percentuale per quanto riguarda le assunzioni (il peso si attesta nel 2011 al 6,8%), e due per quanto riguarda gli avviati, che rappresentano nello stesso anno il 10% dei neoassunti milanesi 5. Il settore delle Costruzioni, infine, registra performance simili a quelle dell’Industria, con un calo più accentuato per quanto riguarda le assunzioni e più contenuto per gli avviati (pari rispettivamente a 1,1 e 1,7 punti percentuali). Le effettive ricadute della crisi sui diversi settori emerge con grande chiarezza se si analizzano le variazioni in termini assoluti della domanda di lavoro. In questo modo si può infatti evidenziare come nel 2011 gli


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vi, come ad esempio il settore finanziario, quello immobiliare e quello dell’Istruzione, colpiti in parte dagli effetti della crisi ma anche da processi quali la contrazione degli organici connessi alla riforma della scuola. Andamento positivo mostrano invece tutti gli altri settori (commercio, logistica, informatica e comunicazione e soprattutto servizi alle imprese), tant’è che si può sostenere che al netto del settore alberghiero le assunzioni nel terziario milanese si sarebbero riportate in linea i livelli ante crisi già nel corso del 2010. La capacità di tenuta occupazionale dei Servizi è del resto confermata dalle dinamiche relative ai lavoratori assunti, che evidenziano come la maggior parte dei comparti chiuda il quadriennio con valori positivi e che talora appaiono in controtendenza rispetto a quelli degli avviamenti. Un esempio di ciò è fornito proprio dal settore dell’alloggio, che con un incremento del 13,8% degli avviati, registra la miglior performance di tutto il macrosettore, un dato interamente imputabile alla crescita della domanda di lavoro nella ristorazione e che trova una corrispondenza anche in quello delle imprese che assumono. Il commercio, che registra andamenti positivi per gli avviamenti, mostra invece un sensibile ridimensionamento dei neoassunti (-5,7%), dovuto principalmente all’andamento della piccola distribuzione, ma anche ad un utilizzo più intensivo della forza lavoro nella GDO 7.

Uniformemente negative sono le performance del settore dell’Istruzione, di quello finanziario e dei comparti del terziario avanzato mentre evidenziano saldi positivi sia per gli avviamenti che per gli avviati i servizi alle imprese e i servizi alla persona, l’industria dello spettacolo, l’informatica e comunicazione, le attività artistiche e sportive e, in misura più contenuta, logistica e sanità. L’andamento del Terziario appare differenziato al suo interno anche per quanto riguarda le imprese che assumono, e sembra essere coerente con le dinamiche degli assunti, fatta eccezione per due settori, quello dei servizi alle imprese e quello dell’informatica e comunicazione, che presentano invece andamenti negativi, ad indicare come la domanda di lavoro abbia avuto in questi casi un carattere più intensivo, concentrato quindi su unità produttive di maggiori dimensioni o che movimentano un’ elevata quantità di forza lavoro con contratti flessibili di breve durata. 3

Se se si prendono in esame i lavoratori assunti, quelli avviati al lavoro con questa modalità contrattuale sopravanzano quelli assunti con il contratto a tempo indeterminato già a partire dal 2009 . 4 In termini di avviati il lavoro somministrato continua a diminuire sino al 2012. 5 Nel 2009 il peso delle assunzioni nell’Industria era sceso al 6,2% mentre quello degli assunti si era fermato al 9,5%. 6 Nel 2008 gli avviamenti nell’industria avevano già subito un calo del 10,8% rispetto all’anno precedente, essendo il settore che ha avver tito per primi i segnali dell’approssimarsi della crisi. 7 La GDO è stato il settore che ha utilizzato in modo più intensivo le assunzioni con contratti di lavoro somministrato, che come si è visto è cresciuto in termini di avviamenti ma è calato in termini di assunti, vista la preferenza delle Agenzie per il Lavoro all’utilizzo di forza lavoro già sperimentata con successo.

Grafico 10 - Avviamenti e avviati nei comparti dei servizi nella Città metropolitana [2008-2011] % 40 20 0 -20

Avviamenti

S-Altri servizi

R-Attività artistiche

Q-Sanità

P-Istruzione

N-Servizi imprese

M-Attività professionali

L-Immobiliari

K-Finanziarie

J-Informatica e comunicazione

I-Alloggio

H-Logistica

-40

G-Commercio

avviamenti nell’Industria abbiano registrato un calo del 15,8% rispetto al 2008,6 nonostante il buon rimbalzo del 2010 e della prima metà del 2011. Nel contempo, però, il numero degli assunti segnala una contrazione pari al 19,1%. L’Industria milanese sembra quindi aver subito già nella prima fase della crisi un contraccolpo che non può non far pensare ad un suo ridimensionamento strutturale, ipotesi confermata dal contestuale calo del 16,1% delle imprese che nello stesso quadriennio hanno effettuato assunzioni. All’interno dell’Industria i comparti più colpiti sia in termini di assunzioni che di assunti sono quelli della metalmeccanica, ma pesante è stata la flessione, specie per quanto riguarda gli avviati, anche di altri settori quali la gomma e materie plastiche, la carta ed editoria e la chimica. Settori tradizionali come l’alimentare e il Made in Italy, invece, sembrano reggere meglio, principalmente grazie alle attività commerciali e all’imprenditoria etnica. Solo parzialmente diverso è il discorso che riguarda le Costruzioni dove, tra il 2008 e il 2011, le assunzioni diminuiscono del 20,1% e in misura pressoché identica i neoassunti (-20,6%); anche le imprese che assumono registrano una contrazione maggiore di quella dell’Industria (-18,9%). L’ andamento di questo settore inoltre non conosce alcun segno di ripresa durante l’intero periodo e sembra quindi proseguire una parabola discendente già avviata, come si è visto, prima dello scoppio della crisi. Completamente diverso è il discorso riguardante il Terziario, che mostra una flessione contenuta degli avviamenti (-1,7%) e addirittura un aumento degli assunti (+1,3%), e delle imprese che assumono (+1,4%). Un quadro che, se considerato in modo aggregato, evidenzia una situazione di sostanziale stazionarietà, incapace quindi di riassorbire le perdite registrate negli altri settori dell’economia. Tali dinamiche, che hanno conosciuto andamenti di accentuata flessione specie nel corso del 2009, si presentano però molto differenziate tra i diversi comparti e rispecchiano il carattere composito di questo macrosettore Il dato negativo degli avviamenti complessivi è imputabile quasi esclusivamente alle dinamiche del settore dell’Alloggio e ristorazione (-20,8%), e in particolare delle attività alberghiere (-29,6%), caratterizzate da una forte presenza di avviamenti brevissimi; altri settori evidenziano andamenti negati-

Avviati

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I mutamenti della composizione settoriale della domanda di lavoro si riflettono anche sull’organizzazione territoriale delle attività produttive. Il diverso andamento del Terziario rispetto all’Industria e alle Costruzioni spiega infatti come nella prima fase della crisi si sia registrato uno spostamento delle opportunità lavorative verso Milano, a scapito delle altre aree della Città metropolitana, fatta eccezione per il Sud Est Milanese, che ormai presenta caratteristiche per molti aspetti analoghe a quelle del capoluogo. Tra il 2008 e il 2011 il peso degli avviamenti registrati a Milano è aumentato di due punti, passando dal 65% al 67% del totale e ancor più elevata è la crescita del peso dei lavoratori assunti, che salgono dal 58,2% al 61,7%. Accentuate sono state le flessioni registrate invece in alcune aree come l’Adda Martesana, il Magentino, il Sud Ovest e soprattutto il Corsichese, penalizzate dai complessi andamenti dei comparti manifatturieri e del commercio. Negative appaiono anche le dinamiche occupazionali nel Nord Milano, mentre migliori sono gli andamenti evidenziati dal Nord Ovest e dall’Alto Milanese, aree che però hanno evidenziato un profondo ridisegno della composizione della domanda di lavoro locale. Il quadro complessivo sembra dunque confermare che anche nella fase di avvio della crisi si è accentuato un processo già in atto da diversi anni e che ha prodotto un riposizionamento sulla metropoli delle attività produttive.

2. Gli anni più acuti della crisi e i cenni di ripresa [2011-2014] Chi credeva che l’economia milanese potesse riprendersi dalla crisi del 2008 così come era avvenuto in analoghe fasi del passato (i Rapporti della Camera di Commercio ne sono una testimonianza8) e leggeva segnali di ripresa nel 2010 e all’inizio 2011, era destinato a rimanere deluso. Già nella seconda metà del 2011 tutti gli indicatori economici hanno cominciato a peggiorare per effetto della stretta registratasi nel complesso dell’economia europea dopo l’inizio della crisi greca e hanno proseguito in questa direzione per tutto il 2012 e buona parte dell’anno successivo. Contrariamente a quanto avvenuto nel 2008, però, l’Industria riesce a contenere meglio i contraccolpi della crisi, grazie soprattutto all’andamento della domanda estera che, seppur condizionata dalla discontinuità della congiuntura europea, ha presentato per tutto il quadriennio andamenti positivi, confermando la buona capacità competitiva del sistema manifatturiero milanese. L’andamento della produzione industriale ha quindi scontato principalmente il negativo andamento della domanda interna, anche se su questo versante l’industria milanese ha evidenziato sensibili miglioramenti pur in un periodo di recessione (com’è stata ancora buona parte del 2014, anno in cui il fatturato interno ha registrato un calo solo dello 0,4%). Il Commercio espone dati negativi per tutto il quadriennio esaminato e in particolare nel

Grafico 11 - Andamento della produzione industriale, dei settori del commercio e dei servizi nella Città metropolitana di Milano [2011-2014] 4 3 2 1 0 -1 -2 -3 -4 -5 -6 industria 2011

58

2012

2013

commercio 2014

altri servizi

biennio 2012-2013, periodo in cui più acuta è stata la stretta dei consumi sia per l’aggravarsi della situazione occupazionale che per gli effetti indotti dalle politiche di stabilizzazione finanziaria avviati in quel periodo. La crisi del settore ha interessato principalmente le imprese piccole e medie, ma il prolungarsi di questa situazione di difficoltà ha avuto significative ripercussioni anche sugli andamenti della GDO. D’altra parte, a fronte di performance negative dei settori tradizionali dei Servizi (servizi alle persone, alberghiero e commercio all’ingrosso), decisamente migliore appare l’andamento dei servizi alle imprese, tornati a presentare valori positivi nel 2014, pur in un contesto di miglioramento generalizzato di tutto il terziario. Questo dualismo lascia spazio all’ipotesi che i settori innovativi del terziario siano sensibili agli andamenti del comparto manifatturiero, che continua a mantenere dunque una certa capacità di traino dell’economia milanese. Non vanno inoltre sottovalutati, in questa lettura, gli effetti derivanti dalla fase di preparazione di Expo 2015, che almeno nel 2014 hanno giocato un ruolo anticiclico, favorendo il buon andamento sia dei settori innovativi che di quelli più tradizionali come la Logistica e le Costruzioni. Questa fase di perdurante difficoltà trova immediato riscontro anche nelle dinamiche del lavoro, contraddistinte da un vertiginoso calo delle assunzioni sia nel 2012 che nel 2103, anno in cui gli avviamenti toccano il punto più basso dall’inizio della crisi 9 . Solo il buon rimbalzo registratosi nel corso dell’ultimo anno (+7,2%) ha consentito di riassorbire in parte tale flessione chiudendo il quadriennio con un saldo negativo pari al 2,5% rispetto al 201110 . Peggiore degli avviamenti è l’andamento che riguarda i lavoratori assunti, che espongono nel quadriennio un saldo negativo del 5,7% (ma addirittura del 6,2% se si esclude il lavoro domestico), pur registrando un aumento del 5,3% nel corso del 2014. Inoltre, per tutto il periodo, il numero dei rapporti a tempo indeterminato cessati ha costantemente sopravanzato quello dei nuovi attivati nell’ordine del 20-25%, segnale di un calo pressoché costante dell’occupazione, solo parzialmente compensato sino al 2013 dall’aumento dei lavoratori flessibili.


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incremento degli avviamenti dell’8,9% e del 6,4% per quanto riguarda gli avviati; nel terziario il recupero arriva al 7,4% per i contratti posti in essere e al 5,6% per i neoassunti e anche nelle Costruzioni si registrano valori positivi che oscillano attorno all’1,5%, un dato che sembra connesso principalmente alle attività connesse all’organizzazione di Expo. L’effetto Expo, seppur tardivo, si riflette anche su altri settori dell’economia milanese, consentendo una ripresa anche di altri settori dell’economia milanese, ad esempio nel terziario, mentre altre dinamiche occupazionali in risalita, come quelle del comparto della metalmenccanica, sembrano riconducibili esclusivamente alla ripresa economica in atto.

Le dinamiche occupazionali complessive dei settori sono a loro volta l’esito di andamenti differenziati dei comparti che li compongono: se la metalmeccanica spiega quasi i 2/3 dell’incremento registrato nell’Industria, per quanto riguarda il Terziario, logistica, altre attività professionali e alloggio (con saldi rispettivamente pari al 15%, 13,5% e 9,9%) hanno agito da elementi di traino che hanno compensato le dinamiche negative di servizi alle imprese (-22,3%) e commercio (-14,4%). Concentrando l’attenzione sull’andamento dell’ultimo anno è possibile osservare come già nel corso del 2014 a Milano sia in atto una ripresa dell’economia con ricadute occupazionali che interessano la quasi tota-

Grafico 12 - Avviamenti nella Città metropolitana [2011-2014] V.A. 840000 820000 800000 780000 760000 740000 720000 700000 2011

2012

2014

2013

Grafico 13 - Avviamenti e avviati nei comparti dei servizi nella Città metropolitana [2011-2014] % 30 20 10 0 -10 -20

Avviamenti

S-Altri servizi

R-Attività artistiche

Q-Sanità

P-Istruzione

N-Servizi imprese

M-Attività professionali

L-Immobiliari

K-Finanziarie

J-Informatica e comunicazione

I-Alloggio

H-Logistica

-40 G-Commercio

L’indicatore sicuramente più negativo è quello che riguarda le imprese che assumono, che nel 2014 presenta un valore che risulta dell’8,1% inferiore a quello del 2011 e con una performance che nell’ultimo anno registra un incremento trascurabile (+0,3%), segnalando così come la seconda fase della crisi abbia probabilmente inciso ancor più della prima sulla struttura produttiva milanese. Nel corso di quest’ultimo quadriennio, contrariamente al periodo 2008-2011, il calo delle aziende del Terziario che assumono risulta più elevato rispetto a quello delle manifatturiere (-5,9% nei Servizi contro -5,2% nell’Industria), e rilevantissimo, anche se in diminuzione, è quello delle Costruzioni (-11,8%); i contraccolpi della crisi hanno quindi interessato pesantemente, in misura trasversale, le attività che nei primi anni avevano dimostrato una migliore capace di tenuta. Ad eccezione dell’alloggio (e segnatamente della ristorazione) e dei servizi alle persone, dove il numero delle imprese che hanno assunto nel 2014 risulta maggiore di quelle del 2011 (nell’ordine rispettivamente del 6,9% e del 2,4%), registrano una flessione prossima o superiore alle due cifre il commercio, le altre attività professionali e i servizi alle imprese, con cali pari rispettivamente all’11,8%, al 10% e al 9,3%. Rilevanti e superiori alla media dei Servizi anche i comparti dell’informatica e comunicazione (-8%), della logistica (-7,7%) e della sanità e assistenza (-7,2%). Come si vedrà, le dinamiche occupazionali non sempre seguono quelle imprenditoriali, ma queste ultime sembrano conoscere maggiori difficoltà proprio nei settori che hanno una rilevanza maggiore dal punto di vista occupazionale e in tutti quelli innovativi. Ritornando ad analizzare la domanda di lavoro per settori è significativo evidenziare come le dinamiche complessivamente negative del periodo 2011-2014 siano il frutto di un biennio (2012-2013) di marcata sofferenza seguito da un ultimo anno di generalizzata ripresa. Il calo più accentuato dell’attivazione di nuovi contratti di lavoro tra il 2011 e il 2014 si ha nelle Costruzioni (-11,2%), seguite dall’Industria (-9,8%), mentre il Terziario registra una flessione abbastanza contenuta (-1,4%). Se si considera il numero dei lavoratori assunti, è però nell’Industria il calo più accentuato (-13,1%), seguito dalle Costruzioni (-10,8%), mentre nel Terziario il saldo è negativo nell’ordine del 4,7%. Facendo il fuoco solo sul 2014, al contrario, l’industria registra un

Avviati 59


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lità dei settori, sovente con progressi a due cifre. E’ il caso, ad esempio, della logistica e delle altre attività professionali, i cui avviamenti crescono rispettivamente del 22,2% e del 18,1% ma anche delle attività finanziarie o del commercio, che registrano incrementi pari rispettivamente al 15,9% e all’11,1%. Nel 2014 si iniziano a leggere quegli effetti positivi di Expo, in modo diretto principalmente nei primi due settori menzionati ma anche nei servizi alle imprese, che divengono poi espliciti nei primi mesi del 2015, quando la ripresa milanese non solo prosegue ma si consolida. La seconda fase della crisi, pur contrassegnata da dinamiche significativamente negative conosce anche un rallentamento11 nell’utilizzo delle forme flessibili di assunzione, o meglio, i contratti stabili (quelli a tempo indeterminato) evidenziano una contrazione molto più contenuta rispetto al quadriennio 2008-2011, passando dal 19,6% del totale, al 17,9% degli avviamenti e attestandosi poco sopra il 30% per quanto riguarda gli assunti. Va segnalato come complessivamente tale calo sconti anche l’effetto-attesa dei nuovi provvedimenti connessi al Jobs Act e agli incentivi fiscali previsti nel 2015. Per contro, l’incidenza dell’apprendistato registra un modesto incremento (da 1,8% a 2,3%), costante per tutto il periodo preso in esame. Per quanto riguarda i contratti a termine, si registra un importante ridisegno che vede diminuire il peso delle assunzioni con contratti di lavoro indipendente: le collaborazioni sono andate praticamente sparendo,

probabilmente sostituite dal lavoro accessorio. Il calo più accentuato si concentra nelle collaborazioni a progetto, progressivamente sempre più costose, specie dopo la riforma del mercato del lavoro del 2012. Invariato è invece il peso delle assunzioni con rapporti di lavoro autonomo dello spettacolo, anche se la loro incidenza sugli assunti diminuisce. Le forme flessibili che registrano una crescita maggiore sono quelle del lavoro a tempo determinato (il cui peso nel 2014 è salito al 43,9% degli avviamenti e al 39% degli assunti), del lavoro intermittente (giunto ormai a rappresentare più del 6% delle segnalazioni) e di quello somministrato, la cui crescita nell’ultimo anno ha interessato non solo le assunzioni ma anche il numero dei neoassunti. Il lavoro a tempo parziale, inoltre, nel 2014 rappresenta poco meno di un terzo delle assunzioni e oltre il 38% degli avviati, un terzo dei quali è rappresentato da assunti con forme contrattuali stabili. Va segnalato che queste tendenza hanno conosciuto una netta inversione nei primi mesi del 2015, con un forte incremento dei contratti a tempo indeterminato (+38,7% rispetto ai primi sei mesi del 2014), anche se nello stesso tempo gli assunti con contratti di apprendistato registrano un calo del 15%. E’ prematuro affermare quanto tali tendenze siano influenzate dal Jobs Act, ma è indubbio che su di esse ha avuto un ruolo determinante il sistema di incentivazioni introdotto con la legge di stabilità del 2015 (le assunzioni a tempo indeterminato sono

Grafico 14 - Incidenza degli avviamenti nella Città metropolitana per modalità contrattuale [2011-2014] % 50 40 30 20 10 0 tempo indeterminato 2011 60

2014

tempo determinato

lavoro somministrato

collaboratori e autonomi

altri

aumentate del 46% nel corso dei due primi due mesi dell’anno, quando la riforma del mercato del lavoro non era ancora entrata in vigore).

3. I lavoratori milanesi nella crisi La prolungata crisi ha prodotto sul mercato del lavoro milanese effetti negativi non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche da quello qualitativo, testimoniati, ad esempio, dai mutamenti intervenuti nella composizione della forza lavoro, come si può vedere osservando la composizione di genere. L’area metropolitana milanese è la realtà lombarda, insieme a Varese, in cui più alto è sempre stato il peso delle donne sull’insieme della forza lavoro occupata, stabilmente sopra il 45%. Tuttavia negli anni più recenti, i dati Istat segnalano una battuta d’arresto di quella crescita della presenza femminile sul mercato del lavoro che aveva caratterizzato il decennio precedente. L’analisi di queste tendenze attraverso i dati amministrativi consente di verificare che le dinamiche occupazionali delle donne sono state peggiori di quelle dell’insieme del mercato del lavoro, con un calo della loro incidenza complessiva dal 48,3% del 2009 al 46,2% del 2014 e un orientamento analogo anche nel corso dei primi mesi del 2015. Nel corso degli ultimi anni, quindi, le donne in ingresso sul mercato del lavoro sembrano aver beneficiato meno degli uomini delle fasi di ripresa e solo nel 2009, anno in cui più accentuato è stato il carattere industriale della crisi, hanno confermato la tendenza di accesso femminile al mercato del lavoro per integrare redditi famigliari in difficoltà. Il peggioramento della posizione delle donne nel mercato del lavoro milanese è confermato anche da altri indicatori, a cominciare dalle forme contrattuali di assunzione; il peso delle assunte con forme contrattuali flessibili tende ad aumentare durante l’intero periodo, mentre le dinamiche complessive del mercato del lavoro registrano una situazione di sostanziale stabilità. Segnali complessivamente deludenti arrivano anche dalle qualifiche professionali, con una calo delle assunte con posizioni professionali impiegatizie nell’ordine di quasi 8 punti (dal 55,6% del 2008 al 47,8% dell’ultimo anno), cui corrisponde un incremento delle addette alle vendite e ai servizi per la famiglia. Un andamento tanto più preoccupante se si considera che nello stesso periodo cresce la quota di donne avviate con


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un titolo di studio medio-alto; la presenza di lavoratrici in possesso di diploma che dà accesso all’università o con diploma universitario/laurea vede infatti un incremento pressoché lineare, passando dal 53,3% del 2008 al 60,1% dell’ultimo anno. Il peggioramento delle modalità professionali di avviamento, uno dei sintomi che contraddistingue significativamente i mutamenti prodotti dalla crisi sul mercato del lavoro milanese, è stato, a livello generale un po’ più contenuto e con un andamento non lineare. Nei primi anni del periodo considerato la domanda di lavoro diventa più selettiva e a calare sono soprattutto gli assunti con qualifiche professionali operaie. Con il protrarsi della crisi e con il suo estendersi anche all’insieme dei settori terziari, la tendenza si inverte, tant’è che nel 2014 il peso degli assunti con qualifiche impiegatizie è di 5,2 punti inferiore a quello del 2008. Tale contrazione interessa principalmente i tecnici e gli impiegati, mentre aumenta di circa 3 punti il personale ad elevata qualifica, grazie anche alle dinamiche del settore dello spettacolo e dall’istruzione, mentre in calo appaiono gli assunti con queste stesse qualifiche nell’Industria e in alcuni comparti del Terziario, come quello delle attività finanziarie. Trainati in particolar modo dalle dinamiche del settore dell’alloggio, ma anche dell’industria alimentare e del Made in Italy, crescono invece gli assunti con qualifiche di addetti alle vendite (+7,2%); in calo di oltre 2 punti sono gli avviati con qualifiche operaie, anche se questa flessione ricade per quasi due terzi sul segmento più qualificato (operai specializzati), mentre resta sostanzialmente stabile l’incidenza del personale non qualificato. Analogamente a quanto osservato per la componente femminile, l’abbassamento delle qualifiche professionali richieste dalle imprese si accompagna ad uno speculare innalzamento dei titoli di studio detenuti, evidenziando come, soprattutto nell’ultimo quadriennio, si sia acuito il mismatch tra livelli di istruzione e sbocchi professionali, fenomeno di sotto occupazione già presente in passato ma che la caduta della domanda di lavoro ha teso ad accentuare. Il problema socialmente più scottante, di dimensioni nazionali e con un peso significativo anche nella realtà milanese è quello relativo alla partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, che nel corso degli ultimi sette anni registra un costante calo sia

delle assunzioni che degli assunti. In un contesto di perdurante incertezza economica e in un mercato del lavoro che solo nell’ultimo anno sembra aver dato timidi cenni di ripresa, la presenza dei giovani in ingresso sul mercato del lavoro ha continuato a diminuire, e si è acutizzata particolarmente nella seconda fase della crisi, tra il 2011 e il 2014. Il peso degli assunti under 29 registra nei sette anni della crisi una flessione complessiva di 4,5 punti percentuali, trasversale a tutti i settori, ma decisamente più accentuata nell’Industria e nelle Costruzioni, che da sole spiegano circa la metà dell’andamento evidenziato. A questo si accompagna anche un peggioramento delle modalità di inserimento, con l’utilizzo dei contratti di lavoro stabili che registra una contrazione di circa 10 punti tra il 2008 e il 2014, anche se tale contrazione è maggiore nei primi due anni. La stabilità dei rapporti di lavoro si accompagna, inoltre, in genere, ad un più basso titolo di studio e alla nazionalità straniera. Sostanzialmente stazionaria è l’incidenza degli assunti appartenenti alle classi centrali di età (30-44 anni), un fenomeno in parte legato alla contrazione della domanda di lavoro ma soprattutto alla diminuzione della mobilità volontaria, che ha tradizionalmente caratterizzato questo segmento della forza lavoro milanese. Cresce per contro il peso degli over 45, che nei sette anni presi in esame passa dal 18,4% al 24,% degli assunti, con un incremento particolarmente significativo dopo le riforme previdenziali del 2011-2012 che

hanno prolungato la permanenza di questi lavoratori, per lo più deboli, sul mercato del lavoro12. Un ultimo fattore relativo alla composizione della forza lavoro assunta nella Città metropolitana è rappresentato dalla crescita pressoché costante dell’incidenza dei lavoratori stranieri, sia per quanto riguarda quelli comunitari, che quelli provenienti da Paesi che non fanno parte dell’Unione europea. Nel corso degli anni della crisi, pur in presenza di fluttuazioni legate al ciclo economico, i lavoratori stranieri assunti sono aumentati in valori assoluti del 7,9% a fronte di un calo della componente autoctona pari al 13,4%. Ciò si è tradotto in un incremento del peso dei lavoratori stranieri di circa 6,6 punti. L’incremento dei lavoratori stranieri è tanto più significativo se si considera la crisi di alcuni settori nei quali la loro presenza è molto rilevante, come quello delle Costruzioni, le cui perdite sono state compensate da altri come alloggio, logistica, servizi alle imprese e lavoro domestico. I lavoratori stranieri hanno risentito solo in misura trascurabile dei processi di flessibilizzazione del mercato del lavoro: per tutto il periodo esaminato oltre la metà dei lavoratori stranieri è stata assunta con contratti di lavoro stabili (contratto a tempo indeterminato e apprendistato), fenomeno ascrivibile in buona misura ai vincoli posti dalla legislazione sull’immigrazione e che dimostra, per converso, quanto la diffusione del lavoro atipico interessi soprattutto i lavoratori italiani. La forza lavoro straniera evidenzia inoltre un grado di femminilizzazione più contenuto rispetto alla media

Grafico 15 - Variazioni percentuali degli assunti per genere nella Città metropolitana [2008-2014] 10 5 0 -5 -10 -15 2008 maschio

2009

2010

2011

2012

2013

2014

femmina 61


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di lavoro milanese, ma spiegano anche una quota inferiore a quella media del mercato del lavoro metropolitano.

della domanda di lavoro complessiva (le donne rappresentano per quasi tutto il periodo circa il 40% dei neoassunti stranieri) e lo stesso può dirsi per quanto riguarda le dinamiche dei giovani che non solo seguono le tendenze dell’insieme della domanda

Grafico 16 - Composizione degli assunti per qualifiche professionali nel mercato del lavoro della Città metropolitana [2008-2014] % 25 dir 20 15 10 5

pers. non qualificato

prof. int

cond. imp.

tecnici

op. spec.

imp. add. vendite

2008

2014

Grafico 17 - Incidenza dei giovani (15-29 anni) sul totale degli avviati nella Città metropolitana [2008-2011-2014] % 41 39 37 35 33 31 29 27 25 2011

2008

2014

Grafico 18 - Incidenza dei lavoratori stranieri sul totale degli assunti nella Città metropolitana [2008-2014] % 33 31 29 27 25 23 21 19 17 15 2008 62

2009

2010

2011

2012

2013

2014

8 Cfr. CCIAA (2012), Milano produttiva 2011, Bruno Mondadori, Milano. 9 I dati che abbiamo qui riportato evidenziano un calo particolarmente accentuato nel corso del 2013 (-6,3%) anche se, come illustrato in un precedente lavoro, i dati relativi al 2012 sono probabilmente sovrastimati e il calo più accentuato della domanda di lavoro si è verificata nel corso del 2012; cfr. Cavicchini, E. (2013), “Lungo il tunnel: la domanda di lavoro delle imprese milanesi nel corso del 2012”, in Provincia di Milano, Lungo il tunnel. Economia e mercato del lavoro in provincia di Milano. Rapporto 2012, Franco Angeli, Milano, pp. 46-79. 10 A partire del 2012 comincia a diffondersi in modo presumibilmente rilevante, una forma di lavoro atipico che non viene catturato dalle COB, ovvero quello del lavoro accessorio , che nel corso degli ultimi anni ha conosciuto una crescita esponenziale (basti dire che a scala nazionale i voucher venduti sono passati da poco più di 15 milioni nel 2011 a 69 milioni nel 2014 con un incremento pari al 350,8%). I dati del lavoro accessorio vengono raccolti dall’INPS e a tutt’oggi non sono disponibili informazioni disaggregate alla scala locale. 11 Ovviamente, queste considerazioni scontano i limiti dei dati amministrativi che non tengono in debito conto le implicazioni connesse al lavoro accessorio, di cui come si è detto, non è nota l’entità. 12 Va rimarcato che dalle Indagini sulle forze dell’Istat il peso di questi lavoratori sia andato aumentando di circa un punto percentuale all’anno anche sull’insieme del mercato del lavoro.


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Il rilancio delle politiche economiche territoriali: nuovi lavori e nuove professioni Testimonianza di Gianni Geroldi già Università degli Studi di Parma e consulente Ministero del Lavoro

Le analisi effettuate negli ultimi decenni del secolo scorso davano dell’Italia l’immagine di un paese con un modello di specializzazione basato sulle industrie tradizionali e che quindi, nell’export internazionale, risultava particolarmente sensibile alla concorrenza di prezzo. La globalizzazione dei mercati e gli effetti dei processi di ristrutturazione hanno notevolmente cambiato la situazione e, secondo gli indicatori utilizzati da autorevoli istituzioni internazionali come l’Unctad e la Wto, attualmente l’Italia si colloca ai vertici della competitività nel commercio mondiale, alle spalle della sola Germania13. E’ da rilevare che questa evoluzione non è stata supportata da una particolare accelerazione degli investimenti industriali che, anzi, sono addirittura calati negli anni della crisi, seppure con alcune significative differenze per dimensione, orientamento all’export e propensione ad innovare delle imprese14 . Tutte le analisi concordano invece nel sostenere che alla forma del cambiamento e ai risultati ottenuti hanno contribuito in misura crescente diversi fattori immateriali, come il know how, le professionalità, la ricerca innovativa, l’originalità e la valorizzazione del brand. Questa evoluzione ha avuto un notevole impatto sui territori della Città metropolitana. Negli ultimi decenni, in particolare, alcune aree come i comuni del Nord Milano o quelli del legnanese, storicamente considerate simbolo dell'industrializzazione, hanno subito cambiamenti sconvolgenti, nella struttura dell’economia e del territorio, negli stili di vita e, più in generale, nel complesso intreccio di rapporti sottostante alla creazione e alla distribuzione della ricchezza. Non sempre queste trasformazioni hanno prodotto risultati apprezzabili; tuttavia, nell’analizzare le conseguenze, sarebbe sbagliato adottare un approccio quasi nostalgico, come se l’unico dato caratterizzante fosse l’eclissi di un modello sociale ricco di elementi valoriali e la sua progressiva sostituzione con una società parcellizzata, in cui perdono di ruolo i corpi intermedi e prevalgono i comportamenti individualistici, con il conseguente aumento delle disuguaglianze. Mettendo a fuoco un lato della questione, si può certo rilevare come diverse zone della Città metropolitana che erano state oggetto di insediamenti produttivi su larga scala - la stessa città di Milano e le sue periferie – da diversi anni sono interessate dai problemi del “declino industriale”, come il riutilizzo delle aree dismesse, i rischi di degrado ambientale e sociale e, più in generale, gli effetti negativi sul reddito e l’occupazione prodotti dalla chiusura delle fabbriche. Nello stesso tempo, però, sono emersi anche i segnali di una dinamica di fondo: sono nate nuove attività, di tipo artigianale, commerciale e professionale, che hanno comunque contribuito ad allargare le opportunità di lavoro e gli spazi per intraprendere. Nonostante la lunga crisi degli ultimi anni, una parte non esigua delle imprese, soprattutto quelle capaci di dare avvio a percorsi innovativi e a interagire nei mercati globalizzati, hanno ottenuto buone performance. Le dinamiche del quadro produttivo e occupazionale sono parte rilevante del mutamento di scenario a cui assistiamo. E’ lecito chiedersi se in questa rapida evoluzione ci sia il rischio di perdere valori o di vedere sacrificati aspetti importanti per la qualità della vita delle persone. Ciò però non può essere solo una ragione di rimpianti ma deve rappresentare una sfida per le politiche, cioè un terreno su cui misurare l’efficacia degli strumenti di intervento con i quali i decisori pubblici pensano non solo di sostenere la crescita economica, ma di indirizzarla verso gli obiettivi e le finalità desiderate. Ci si può anche chiedere se questo rappresenti un cambio di paradigma totale. In parte forse lo è. Ma l’aspetto più problematico per i policy maker non è tanto cercare di definire i contorni di un nuovo possibile paradigma, come se, mutato lo scenario e costituitosi un nuovo quadro di riferimento, il compito fosse solo quello di adattare i tradizionali strumenti di intervento. Il vero aspetto problematico di questi anni, resi ancora più complicati dalla mancata crescita e dalle difficoltà finanziarie in cui versano le amministrazioni pubbliche, è invece quello di capire se le forme e le modalità di gestione delle politiche siano ancora efficaci e in grado di incentivare le realtà economiche capaci di creare nuove opportunità di occupazione15 o se, invece, occorre cambiare non solo gli ambiti territoriali ma gli stessi strumenti di intervento. Diversamente, i tentativi di indirizzare e governare il cambiamento, in un contesto che appare sempre più assumere i caratteri della “società liquida” delineata da Bauman, non possono che essere deludenti. Nuovi lavori e nuove professioni: la struttura milanese e di Città metropolitana hanno una straordinaria complessità che apre ad un versante assolutamente rilevante, che è quello dei nuovi lavori e delle nuove professioni. Questo implica grande eterogeneità di forme di lavoro, nel modo di essere produttivi, nel modo di essere efficienti, nel modo di guadagnare un salario e, di conseguenza, un rinnovato pensiero alle regole sia economiche che legislative che riguardano il mondo del lavoro e dell'occupazione, ma anche welfare, protezione sociale e nuove forme di rappresentanza. 63


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E’ difficile prevedere quale possa essere l’impatto occupazionale complessivo dell’economia della conoscenza, perché la diffusione delle nuove tecnologie ad essa ricollegabili è rapida e mutevole. Il fenomeno sta comunque già creando notevoli opportunità ma anche alcuni problemi che una trasformazione di questo genere si porta dietro. Basta solo fare alcuni esempi. Per migliorare le capacità di adattarsi al cambiamento, si tende giustamente a incentivare percorsi formativi robusti e di qualità: il risultato è di sicuro positivo perché migliora il patrimonio umano e culturale (il cosiddetto capitale umano) ma, sul versante del mercato del lavoro e dell’incontro tra domanda e offerta, sappiamo che purtroppo esistono situazioni critiche di over-education e di mismatch tra contenuti formativi e conoscenze richieste, che hanno riflessi sia sui redditi delle persone che lavorano sia sul loro grado di soddisfazione. Un altro esempio è quello delle professioni. Esse sono un campo verso il quale in questi anni molti giovani laureati hanno guardato con grande attenzione, pensando di trovare più appagamento, e forse anche più reddito, da un’attività autonoma rispetto a un rapporto di lavoro subordinato. Il risultato è che, se si analizzano i valori medi dei redditi degli iscritti agli ordini professionali, si vede che essi sono peggiorati16 e che, stando alle proiezioni, anche le loro future pensioni rischiano in alcuni casi di essere inferiori alle soglie dei trattamenti sociali. Le opportunità di impiego e le condizioni stesse con cui i lavoratori più giovani riescono ad ottenere un reddito sono peggiorate e questo si evidenzia anche nei rapporti tra generazioni. Il sindacato ha meno influenza ed è in difficoltà ad occuparsi di queste persone. D’altro canto, la stessa radice storica del sindacato dice che la sua base attiva aveva un connotato di classe, ossia sostanziali elementi di omogeneità delle condizioni lavorative e senso di appartenenza a una collettività con interessi comuni. Oggi, in un mondo del lavoro caratterizzato da una elevata quota di rapporti precari e di differenziazioni contrattuali, reali o fittizie, si attenuano le ragioni di aggregazione e viene messa in discussione la funzionalità dell’azione sindacale. Il mondo del lavoro mette in luce una maggiore concorrenzialità sul piano individuale, elemento che può anche avere una funzione incentivante, ma rivela motivazioni e aspetti di comportamento la cui definizione è più materia di antropologia sociale che non di approcci economici. I vecchi modelli di mercato del lavoro potevano infatti essere caratterizzati attraverso fatti stilizzati. Oggi, tentare di riprodurre i meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro è molto più difficoltoso, anche con una buona batteria di strumenti analitici, poiché sia le preferenze individuali rispetto al reddito, al lavoro, ai consumi e alla sicurezza per il futuro, sia le relazioni sociali ricollegabili a tali comportamenti, appaiono più difficili da decodificare e da inquadrare. Precarizzazione e frammentazione del mercato del lavoro richiedono, nondimeno, azioni di policy. Ma anche sotto questo profilo, è necessario innovare gli schemi e le modalità di intervento. Superati storicamente i sistemi di protezione sociale che, con la relativa continuità dell’impiego, garantivano sicurezza “dalla culla alla tomba”, le discontinuità di carriera richiedono strumenti ben progettati e più efficaci degli attuali per facilitare il passaggio da lavoro a lavoro, mentre è realistico pensare che un sistema di ammortizzatori sociali allargato, anche su scala europea, e meglio armonizzato nelle regole di funzionamento, sia anche in prospettiva l’unico modo di sostenere il reddito nelle fasi di ricerca attiva dell’occupazione. Per ciò che riguarda le altre funzioni della protezione sociale, da tempo si discute di un “nuovo welfare”, più responsabilizzante e capace di adattarsi alle condizioni e alle scelte individuali. In presenza di una frammentazione e di una crescente eterogeneità delle forme di impiego, i modelli tradizionali di welfare, che avevano radici in categorie di lavoratori e forme contrattuali relativamente omogenee, diventano meno rispondenti, oltre a richiedere oneri di finanziamento crescenti. Le soluzioni, in parte già sperimentate, combinano alcuni schemi comuni di base, in genere a gestione pubblica, con forme integrative, più o meno regolate che, in alcuni casi richiamano un modello “fai da te”. Per questa ragione l’offerta privata è aumentata, diversificandosi per funzioni e per tipologie di rischi coperti. Su questo terreno, il nostro paese segna tuttora un ritardo rispetto ai partner europei e ai paesi più avanzati, per cui esiste sicuramente uno spazio per progettare nuove forme di sicurezza sociale, all’interno del quale, oltre alle rappresentanze sociali e alle imprese, che già hanno una presenza di rilievo, potrebbero avere un ruolo più attivo anche i governi locali, soprattutto se si tiene conto che alcune gestioni private hanno costi di funzionamento piuttosto elevati per la copertura di alcuni rischi, e che altre tipologie di rischio, come la disoccupazione, difficilmente sono assicurabili su un mercato privato e vengono di solito gestiti da soggetti pubblici e dalle parti sociali.

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Fortis Marco e Carminati Monica, Competitività e specializzazione dell’Italia: sviluppi recenti, in ITA Italian Trade Agency, L’Italia nell’economia internazionale, Rapporto ICE 20132014, Ministero dello sviluppo economico, Roma 2015. Il paper rappresenta uno dei temi di approfondimento del tradizionale rapporto ICE che ha particolare interesse per l’analisi economica del territorio della CM, in quanto capovolge la visione comune che produzione ed export italiani siano concentrati sui settori tradizionali e, oltre a sottolineare le importanti caratteristiche qualitative che sostengono il made in Italy, rileva come l’Italia sia in forte crescita in settori ad alta tecnologia e science based (meccanica, mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli, farmaci confezionati, cosmetici, prodotti chimici di nicchia). 14 Banca d’Italia, Economie regionali. L’economia della Lombardia, “Eurosistema”, n. 3, Giugno 2015

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Nella sintesi di una ricerca recente (i risultati verranno resi interamente disponibili a febbario 2016) riguardante i paesi europei, viene ad esempio approfondito il collegamento tra job creation e PMI, con interessanti aspetti di modifiche strutturali nei vari paesi durante gli anni della crisi e alcuni significativi cenni sul ruolo delle local policy. Vedi: European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, Job creation in SMEs, Dublino (Novembre 2015) 16 AdEPP, Lavoro Crescita Europa. Il valore sociale delle casse di previdenza private. “Quarto Rapporto AdEPP sulle casse di previdenza privata”, Roma febbraio 2015, Si veda in particolare il Cap. 2, pagg. 10-26. Per valutare le condizioni di svantaggio dei professionisti più giovani (“pay gap”), si veda anche il par. 9.2, pagg. 238-243


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Servizi per il lavoro – Il caso di Afol Metropolitana Dialogo con Mattia Granata Vicepresidente AFOL Metropolitana

Afol Metropolitana, Agenzia Metropolitana per la Formazione, l’Orientamento e il Lavoro, è un’azienda speciale consortile partecipata dalla Città metropolitana di Milano, dal Comune di Milano e da numerosi comuni dell’ex-Provincia di Milano. Propone un’offerta integrata di servizi in tema di formazione professionale e lavoro per i cittadini, ai quali garantisce servizi all’impiego per favorire l’ingresso o il rientro delle persone nel mercato del lavoro, e per le imprese del territorio. A queste ultime fornisce servizi amministrativi, di preselezione e di consulenza. Realizza inoltre interventi formativi attraverso i Centri di Formazione Professionale e offre servizi di orientamento che aiutano l’inserimento e la permanenza attiva delle persone nel mondo del lavoro. Il riordino delle funzioni e competenze attualmente esercitate dalle province e dalle città metropolitane in materia del mercato del lavoro sta vivendo un periodo transitorio di attuazione della normativa nazionale Allo stato attuale il processo che porterà alla ridefinizione del sistema dei Servizi al lavoro nella nuova Città metropolitana di Milano sembra in dirittura d’arrivo. Un processo che, nel contesto più ampio degli orientamenti di riforma dei servizi per le politiche del lavoro, ha preso le mosse dalla volontà di riordinare e riformare il sistema delle agenzie territoriali anche in un’ottica metropolitana, con il coinvolgimento di consigli e giunte di circa centodieci comuni. Il quadro di partenza vede le Province italiane, agli inizi del 2000, coinvolte nel processo di riforma del mercato del lavoro, con l’attribuzione di specifici compiti e funzioni in materia, non solo rispetto alla gestione ma soprattutto alla costituzione di un modello di servizi pubblici per l’impiego. E’ allora che la Provincia di Milano sceglie di definire una strategia di intervento di medio/lungo periodo con l’obiettivo di assicurare, ai cittadini e alle imprese del territorio provinciale, un sistema integrato di servizi per il lavoro e per la valorizzazione del capitale umano. Questa scelta porta alla costituzione di una rete di “Agenzie Territoriali”, enti strumentali della Provincia e dei Comuni dell’area, con la istituzione delle Agenzie per la Formazione, l’Orientamento e il Lavoro (AFOL), che unificano strutture e funzioni disperse in una pluralità di enti preesistenti. Alla fine del 2009 il sistema è articolato in 5 Aziende speciali (di cui 4 di tipo consortile) e 1 Società consortile a responsabilità limitata, fortemente ancorate alla dimensione dei territori. Ad eccezione di AFOL Milano, che assume la veste giuridica di Azienda speciale della Provincia di Milano, il sistema delle AFOL si caratterizza per un forte partenariato tra Provincia e Comuni; la scelta di costituire una rete di Agenzie territoriali, enti strumentali della Provincia di Milano e dei Comuni del territorio provinciale, ha contribuito negli anni passati ad unificare strutture e funzioni dei servizi prima dispersi in una pluralità di enti e a potenziare l’offerta del pubblico. Un modello che ha permesso non solo di superare la frammentazione preesistente, ma di far confluire in capo alle stesse strutture i principali servizi per l’impiego e per la formazione: servizi amministrativi e certificativi, servizi di politica attiva del lavoro, servizi di formazione professionale, servizi per l’incontro domanda/offerta di lavoro. La nascita di Città metropolitana diventa un’opportunità di ripensare a un sistema in sofferenza per complicate eredità del passato, una struttura burocratica ridondante, un’anomalia importante quale quella dell’assenza del comune di Milano. Il progetto di riordino e riforma nasce alla luce non solo di queste considerazioni ma anche dalla consapevolezza che il contesto produttivo ed economico in continua e rapida trasformazione può essere un opportunità se affrontato con una nuova strategia e una visione più innovativa. Inizia così, nel 2014, il non facile processo di costruzione della grande Agenzia Metropolitana di Formazione, Orientamento e Lavoro AfolMet che prevede tre stadi di avanzamento: riassetto, fusioni, ridefinizione delle strategie complessive in un’ottica metropolitana. I soggetti coinvolti sono da un lato le AFOL territoriali e cioè AFOL Milano, AFOL Nord Ovest, AFOL Nord Milano, AFOL Sud, AFOL Est, e AFOL Ovest (Eurolavoro); dall’altro di istituzioni che attualmente non fanno parte del sistema AFOL e cioè il Comune di Milano e la Camera di Commercio di Milano. Particolare attenzione viene data al tema dell’approccio territoriale: se il processo di aggregazione tra le diverse strutture comporta implicitamente un alto rischio di mettere in secondo piano proprio il tema della “territorialità”, il modello organizzativo pone particolare impegno nella sua preservazione e prevede sì una struttura “centrale” caratterizzata da una mission prevalente di funzioni di supporto alle strutture operative ed alla erogazione di servizi funzionali alla governance dell’Agenzia ma anche il mantenimento delle strutture territoriali caratterizzate da un alto grado di autonomia e responsabilità di carattere gestionale nell’erogazione dei servizi. 65


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Ad oggi, a seguito di fusione per unione tra AFOL Milano, AFOL Nord Ovest Milano, AFOL Nord AFOL Metropolitana è un’azienda speciale consortile partecipata dalla Città Metropolitana di Milano e da 22 Comuni, compreso il Capoluogo e a breve accoglierà tramite incorporazione anche AFOL Est e AFOL Sud. A processo aggregativo ultimato17 , primo esempio di integrazione dei servizi sui temi del lavoro e della formazione su area vasta, la compagine sociale sarà complessivamente formata da 69 Enti Locali, garantendo così un unico interlocutore pubblico sui temi del lavoro e della formazione per l’intera area Metropolitana milanese. La città metropolitana è assunta quale livello ottimale per l’individuazione dei fabbisogni e per la programmazione e il coordinamento dell’erogazione dei servizi alla persona e alle imprese, garantendo un supporto anche al target delle persone più svantaggiate, quasi sempre ignorate dall’operatore privato in quanto difficilmente collocabili. A partire dalle parole chiave che hanno guidato il processo di riassetto organizzativo, efficienza e innovazione, anche le modalità e i contenuti dei servizi si muoveranno in queste direzioni. Per quanto riguarda l’orientamento scolastico, il progetto è quello di mettere a sistema un Piano per l’orientamento che, a livello metropolitano, intercetti tutti gli studenti delle scuole secondarie superiori a partire dal quarto anno. L’Agenzia inoltre dovrebbe lavorare per lo sviluppo di una piattaforma in grado di poter realizzare agevolmente attività di orientamento professionale e di marketing territoriale per migliorare l’attività di incontro domanda/offerta di lavoro. Rispetto alla formazione la prospettiva è quella di rileggere la sua programmazione in chiave di maggior adeguamento alla domanda del mercato e di modernizzazione, aprendo a corsi che trovino uno sbocco nel tessuto produttivo locale anche nella sua parte più innovativa (es. artigianato digitale). Infine, le politiche del lavoro di Afol Metropolitana si pongono l’obiettivo di un incontro virtuoso tra il sistema della formazione e quello del lavoro con uno sguardo attento alle possibilità offerte dall’autoimpiego, con la facilitazione alla costituzione di nuove imprese e piccoli incubatori diffusi che riflettano le diverse specificità territoriali. Vanno letti in questa prospettiva il servizio “Creazione d’impresa”, la messa a disposizione di spazi coworking e un Fab Lab, che consentono di accompagnare l’utente del servizio nell’intero percorso dalla nascita, passando per lo sviluppo, fino alla realizzazione dell’idea. 17

Il completamento del percorso delle fusioni è previsto per il 2016 ma preliminarmente dovranno trovare un assestamento funzionale le partite economiche tra AFOL Metropolitana e Città metropolitana e tra questa e Regione Lombardia

Mappa dei 22 comuni soci AFOL Metropolitana a seguito della fusione con AFOL Nord Solaro

Cesate

Garbagnate Milanese

Lainate

Limbiate

Senago

Paderno Dugnano Cinisello Balsamo

Arese Pogliano Milanese

Cormano Bresso

Rho Baranzate

Vanzago

Pregnana Milanese

Pero

Cornaredo

Settimo Milanese

MILANO

66

Sesto San Giovanni

Cologno Monzese


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Lavoro e lavoratori in Expo Scheda tematica

La grande Esposizione Universale di Milano ha da poco chiuso i battenti con una crescente partecipazione di pubblico, che ha consentito di avvicinarsi a quegli ambiziosi obiettivi di presenze che erano stati preventivati al momento della candidatura, in un momento storico completamente diverso da quello in cui la manifestazione si è poi effettivamente svolta. Una successo per nulla scontato, visti i ritardi nell’organizzazione dell’evento che ancora pochi mesi prima dell’inaugurazione era apparso a rischio. Tempo di bilanci, tempo di progetti. Il “dopo Expo” e l’ampio dibattito che sta accompagnando la questione centrale del riuso del sito innesca anche delle interessanti riflessioni rispetto alle ricadute che l’evento ha prodotto sull’economia metropolitana e in particolare sulle dinamiche occupazionali. Gli studi previsionali,18 hanno avuto fino ad oggi un carattere prevalentemente impressionistico, vista la mancanza di strumenti per il monitoraggio delle dinamiche occupazionali. L’Osservatorio Mercato del Lavoro della Provincia di Milano ha cercato di ovviare a questa carenza predisponendo un sistema di rilevazione delle assunzioni (quindi solo dell’occupazione aggiuntiva e non del lavoro impegnato) fondato essenzialmente sulla segnalazione autocertificata dei datori di lavoro di quegli avviamenti riconducibili direttamente a Expo 2015. Tale strumento, validato dalle parti sociali, essendo totalmente dipendente dal carattere volontario delle segnalazioni, ha consentito tuttavia di ottenere risultati solamente parziali, data l’elevata quota di mancate informazioni e i limiti connaturati ai dati amministrativi che riguardano la georeferenziazione delle comunicazioni di assunzione. I due studi sul tema, condotti attraverso l’analisi delle rilevazioni dello strumento di monitoraggio di Expo dell’OML19 , hanno cercato di integrare le autocertificazioni con il recupero delle assunzioni effettuate dalle imprese impegnate nelle principali opere (principalmente la costruzione del sito espositivo e delle principali infrastrutture, ma anche società di servizi individuate attraverso gli appalti effettuati da Expo 2015 SPA). La stessa metodologia è stata adottata anche in questo contributo20 e ha consentito di ricostruire con un buon grado di approssimazione gli avviamenti riconducibili alla gestione dell’esposizione, anche se i risultati restano ugualmente sottostimati21 , in particolare per quanto riguarda le attività culturali connesse ad Expo in città. Le ricadute occupazionali di Expo sul mercato del lavoro milanese nel primo semestre del 2015 appaiono molto rilevanti. Sono infatti 15.339 i nuovi rapporti di lavoro posti in essere da imprese che hanno lavorato per Expo SPA o comunque effettuato assunzioni per far fronte a carichi di lavoro riconducibili all’evento. Queste assunzioni sono state operate da

1.466 imprese e hanno coinvolto quasi 13.000 lavoratori22 Anche prescindendo dalla sottostima dei primi risultati, appare evidente come le ricadute occupazionali di Expo sul mercato del lavoro milanese siano state incomparabilmente più elevate di quelle riscontrate negli studi relativi al triennio precedente, arrivando a spiegare il 3,4% di tutti gli avviamenti effettuati nella Città metropolitana nel primo semestre del 2015. Le dinamiche complessive del mercato del lavoro milanese sono state contraddistinte da una forte crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+9,0% gli avviamenti, +9,8% i neoassunti): le assunzioni sicuramente riconducibili ad Expo 2015 spiegano il 41,9% dei nuovi rapporti di lavoro e il 33,% degli avviati incrementali registratisi nel semestre. L’avvicinarsi dell’evento ha determinato una netta impennata delle assunzioni e l’analisi per mese degli avviamenti ben rappresenta la corsa contro il tempo per completare i lavori della piastra espositiva. Ovviamente tale tendenza ha conosciuto una forte crescita nel mese di aprile quando alle attività di allestimento si sono sommate quelle di avvio della fase gestionale, che da sole spiegano circa il 90% delle assunzioni di maggio. Dai dati a disposizione emerge poi un rallentamento delle assunzioni che è però solo apparente e dovuto principalmente ad un fattore tecnico (il ritardo con cui vengono segnalate le assunzioni con rapporti di lavoro somministrato) . Va inoltre segnalata, sempre nei primi sei mesi dell’anno, l’attivazione di 301 tirocini riconducibili prevalentemente alla gestione di Expo, un numero minore di quello atteso vista la rilevanza che l’utilizzo di questa modalità di avviamento al lavoro aveva avuto nel dibattito che ne ha preceduto l’avvio. Il ricorso ai tirocini sembra inoltre concentrato prevalentemente tra le società impegnate nella gestione dell’evento, a cominciare da Expo 2015 SPA. La stima quantitativa delle assunzioni effettuate non è però l’unico dato per valutare l’impatto di Expo sul mercato del lavoro locale. Informazioni rilevanti si possono ottenere, ad esempio, dall’analisi delle imprese che, in vari modi, sono state interessate dall’evento e che evidenziano il carattere diffuso delle ricadute occupazionali generate.

18 Cfr.: CERTeT Bocconi (2010), Expo Milano 2015. L’impatto sull’economia italiana, Milano; Dell’Acqua A. (a cura di) (2013), L’indotto di Expo 2015. Un’analisi di impatto economico, Camera di Commercio di Milano, Expo 2015 srl, 2013; Adamoli, R., Caiazzo, A. (2014), “Le prospettive economiche ed occupazionali di Expo e le attese del sistema produttivo locale”, in Fondazione Ambrosianeum, Milano 201, Expo, laboratorio metropolitano cantiere per un mondo nuovo. Rapporto sulla città. FrancoAngeli Editore, Milano.

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argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

Grafico 19 - Avviamenti, assunti e imprese che hanno effettuato assunzioni correlate a Expo 2015 nei primi sei mesi del 2015 180000 160000 140000 120000 100000 8000 6000 4000 2000 0 Avviamenti

Avviati

Imprese

Grafico 20 - Incidenza degli avviamenti riconducibili ad Expo 2015 sul totale degli avviamenti effettuati nella Città metropolitana di Milano nei primi sei mesi del 2015 4 3 2 1 0 2012

2013

2014

Tra le imprese che hanno effettuato tali assunzioni sono comprese sia quelle che risultano dirette appaltatrici di Expo ma anche molte che invece non compaiono in tale elenco, che comprendeva circa 3.200 imprese milanesi, meno del 30% di tutte quelle che a vario titolo hanno lavorato per Expo in tutta Italia. Sono ovviamente le imprese appaltatrici (tra cui quelle partner) quelle che hanno effettuato il maggior numero di assunzioni relazionate all’evento (10.384, pari al 67,7% del totale). Delle 1.490 imprese che risultano aver effettuato assunzioni dipendenti dall’organizzazione di Expo, solo 677, pari al 45,6%, sono presenti nell’elenco delle ditte appaltatrici di Expo 2015 SPA; la maggior parte dei soggetti che hanno effettuato segnalazioni, quindi, lo hanno fatto esclusivamente nella previsione di un aumento della loro attività, senza peraltro beneficiare di appalti diretti. Un secondo tipo di approfondimento può essere condotto sull’insieme delle 3.200 aziende milanesi che risultano nell’elenco appaltatrici di Expo 2015. Se solo una parte (1.289 aziende, pari al 40,8% del totale) ha effettuato assunzioni nel corso del primo semestre del 2015 il volume di occupazione generato è stato significativo, visto che si tratta 68

2015

di poco più di 55.000 assunzioni, il 12,8% di tutte quelle comunicate dal totale delle imprese attive sul mercato del lavoro milanese nello stesso periodo. Tra queste imprese sono 265 (il 20,6% del totale) quelle hanno dichiarato assunzioni finalizzate esclusivamente ad Expo, mentre sono 412 quelle per le quali le assunzioni finalizzate alle attività derivanti dalla preparazione o dalla gestione dell’evento rappresentano solo una parte della loro movimentazione di forza lavoro, poco più del 20% dei 39.301 avviamenti effettuati E’ presumibile tuttavia che il numero effettivo di persone che hanno trovato lavoro grazie ad Expo sia ancora superiore a quello indicato, se si considera che una parte degli avviamenti effettuati dalle imprese appaltatrici di Expo 2015 SPA può essere stata incoraggiata anche (ma non solo) dalle attività correlate all’Esposizione Universale, che hanno agito da leva per operare assunzioni che diversamente le aziende avrebbero procrastinato. Questa ipotesi, avanzata già negli anni precedenti osservando i comportamenti delle aziende del settore delle Costruzioni, trova una conferma anche analizzando quanto è avvenuto nel corso del 2015. Tra le aziende di trasporti, ad esempio, è praticamente solo ATM ad evidenziare una considerevole attivazione di forza lavoro


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

finalizzata ad Expo, mentre la gran parte delle aziende del settore non ha effettuato alcuna assunzione direttamente riconducibile all’evento, soprattutto nei casi di contratti stabili. Il fenomeno è riscontrabile in numerosi altri settori, a cominciare dalle attività di servizio delle Costruzioni (imprese di impianti elettrici e idraulici), sino ai comparti dell’Informatica, della Comunicazione e più in generale dei Servizi alle Imprese. L’impatto occupazionale positivo della manifestazione è rilevabile anche dall’analisi della domanda di lavoro nel suo insieme e in particolare dalle dinamiche di alcuni settori che si prevedeva potessero conoscere andamenti positivi generati da Expo. Le attività alberghiere e della ristorazione a fronte di un dato medio del 9%, registrano un incremento della domanda di lavoro rispettivamente del 17,9% e del 29%, evidenziando quindi un netto miglioramento rispetto al resto del mercato del lavoro milanese e una traiettoria di inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti. Il settore dell’Alloggio nel suo insieme ha registrato performance migliori della media della Città metropolitana in particolare nella città di Milano e nell’area del Nord Ovest Milano, dove gli avviamenti nel comparto sono aumentati rispettivamente del 24,9% e del 43,5%, a fronte del 21,8% dell’insieme della Città metropolitana. Ancor più rilevante rispetto al dato medio è il divario che si è generato nei settori del noleggio e allestimento (+132,7%), nel comparto dei Servizi alle imprese (agenzie turistiche, guardianaggio, ecc.), in quello delle Costruzioni (+70,6%) e dei Trasporti (+43,9%); tra i comparti del terziario avanzato sono stati i servizi gestionali quelli che hanno registrato le performance migliori. D’altra parte inferiori alle aspettative sono stati gli andamenti del Commercio, dove gli avviamenti presentano un incremento che supera solo del 2% la media provinciale (+11%), anche se più sostenuto nella città di Milano (+14,7%) e nell’a-

rea del Nord Ovest (+17,8%). Sembrano quindi trovare una conferma le previsioni sui potenziali benefici di Expo e sulle significative ricadute occupazionali, anche se il fenomeno sembra aver toccato in misura differenziata le diverse aree della provincia, premiando principalmente, oltre all’area del sito espositivo, il capoluogo.

Lavoro e lavoratori di Expo I 15.339 avviamenti al lavoro riconducibili direttamente ad Expo si distribuiscono su un numero rilevante di settori: oltre il 30% nei Servizi alle imprese (nei quali sono incluse le assunzioni effettuate direttamente da Expo 2015 SPA), il 15,8% in quello dell’Alloggio ma anche nelle Attività professionali, nelle Costruzioni e nella Logistica. Questi cinque settori spiegano da soli il 73% delle assunzioni complessive, e i primi otto (aggiungendo Informatica e Comunicazione, Attività artistiche e Commercio) ne spiegano addirittura l’87,6% I lavoratori assunti per le diverse attività connesse a Expo mostrano caratteristiche “anomale” rispetto a quelle del mercato del lavoro milanese nel suo complesso. Il primo dato che presenta un significativo scostamento è rappresentato dall’età, che appare in media decisamente più bassa di quella dell’insieme degli avviati nel mercato del lavoro metropolitano. Gli under 30 rappresentano infatti complessivamente il 42% dell’insieme dei neoassunti per Expo, 8,7 punti in più del peso che essi hanno sull’insieme degli avviati dell’area milanese. Al contrario più penalizzati appaiono gli over 40 (6,5 punti in meno della media della Città metropolitana), con un divario particolarmente evidente tra gli assunti nei Servizi alle imprese e nella nella ristorazione. L’incidenza della forza lavoro femminile appare sensibilmente più contenuta dei valori medi di Città Metropolitana (40,0% contro 44,8%), un divario riconducibile principalmente alla di-

Grafico 21 - Numero degli avviamenti correlati a Expo 2015 nella Città metropolitana di Milano nei primi sei mesi del 2015 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0 gennaio

febbraio

marzo

aprile

maggio

giugno 69


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

versa incidenza dei lavoratori nei settori delle Costruzioni e in quelli dei Servizi alle imprese. Accentuato è anche il divario esistente per quanto riguarda i lavoratori stranieri, che risultano fortemente sottodimensionati rispetto all’insieme del mercato del lavoro milanese (25% tra gli avviati connessi specificatamente ad Expo, contro un dato medio provinciale pari al 33%), nonostante il sovradimensionamento del settore delle Costruzioni. Il settore dei Servizi alle imprese evidenzia in particolare, oltre ad una forte presenza di giovani anche una presenza di lavoratori italiani di gran lunga superiore al dato medio, così come quello delle Altre Attività professionali, la cui incidenza è del resto ben maggiore del dato medio provinciale. Considerevoli divari sono riscontrabili anche per quanto riguarda le qualifiche professionali di avviamento, che presentano un inquadramento dei lavoratori di Expo sensibilmente meno soddisfacente di quello (già non brillante negli ultimi anni) dell’insieme del mercato del lavoro milanese. Complessivamente si assiste a un pronunciato sovradimensionamento degli Addetti alle vendite, che rappresentano complessivamente il 32,4% di tutti questi avviati, a fronte del 23,6% della media provinciale. Più elevata del valore medio provinciale è anche la quota degli assunti con qualifiche operaie (circa 1,5 punti in più), tra le quali spiccano gli operai specializzati (rilevante è il ruolo giocato dal settore delle Costruzioni). Sottodimensionate di circa dieci punti risultano invece le qualifiche professionali impiegatizie, soprattutto quelle del personale ad elevata qualifica e dei tecnici mentre valori leggermente più elevati si evidenziano per gli impiegati. La domanda di lavoro di Expo appare dunque più povera di quanto ci si potesse aspettare e si pone tra l’altro in contrapposizione con il titolo di studio in possesso dei neoassunti. Complessivamente i lavoratori assunti per Expo presentano una incidenza maggiore di laureati, diplomati (entrambi evidenziano circa due punti in più del lato medio provinciale) e persone in possesso di un titolo di studio intermedio (istituti tecnico professionali e FP). Quasi la metà degli assunti per Expo è stata avviata con un

contratto a tempo determinato, a fronte del 38% dell’insieme del mercato del lavoro milanese ma il vero grande scostamento è dato dal peso dei lavoratori assunti con rapporti di lavoro somministrato (24,9%, circa il triplo della media complessiva di questi assunti in provincia di Milano). I lavoratori assunti con contratti a tempo indeterminato rappresentano invece poco meno del 12%, circa un terzo di quelli registrati nell’insieme della Città Metropolitana ed è presumibile che questa tendenza si sia confermata, se non accentuata nei mesi successivi, quando il lavoro per Expo, dentro e fuori dal sito espositivo, sembra aver conosciuto una ulteriore impennata. Se da un lato la domanda di lavoro generata da Expo ha dato una forte accelerazione al mercato del lavoro milanese, dall’altro non si può tacere che la qualità di questo lavoro è stata complessivamente modesta. Le speranze che Expo possa produrre ricadute occupazionali di lungo periodo sul mercato del lavoro milanese, capaci di generare lavoro qualificato in linea con il capitale umano della metropoli sembra quindi affidata essenzialmente a come si giocherà la partita del dopo Expo. I progetti in campo sembrano infatti muoversi in un’ottica qualitativamente diversa rispetto a quella in cui si sono mosse le attività che hanno preceduto e accompagnato lo svolgimento dell’Esposizione universale, che, sotto questo aspetto, ha rispettato sinora solo le aspettative che in essa si erano riposte.

Grafico 22 - Imprese appaltatrici di Expo 2015 SPA e motivazioni delle assunzioni effettuate

265

612

no Expo

70

412

solo Expo

miste


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

Grafico 23 - Avviamenti connessi ad Expo 2015 per settore di attività 35 30 25 20 15 10 5 0 Servizi impresa

Alloggio

Attività professionali

Costruzioni

Logistica

Altri

Grafico 24 - Composizione degli assunti per classi di età degli avviati connessi ad Expo e dell’insieme del mercato del lavoro della Città metropolitana di Milano 25 20 15 10 5 0 15-19 anni

20-24 anni

Città metropolitana

25-29 anni

30-34 anni

35-39 anni

40-44 anni

45-54 anni

over 55 anni

Expo

Grafico 25 - Composizione per generi degli avviati connessi a Expo e dell’insieme del mercato del lavoro nella Città metropolitana di Milano 50 40 30 20 10 0 Donne Expo

Uomini

Città metropolitana 71


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

Grafico 26 - Composizione degli assunti per qualifiche professionali degli avviati connessi ad Expo e dell’insieme del mercato del lavoro della Città metropolitana di Milano 35 dir pers. non qualificato

25

prof. int

15 5 cond. imp.

tecnici

op. spec.

imp. add. vendite

Città metropolitana

Expo

19 Cfr. Cavicchini, E., Lo Verso, L. (2014), “Le ricadute di Expo sul mercato del lavoro: primi indicatori di lettura”, in Fondazione Ambrosianeum, Milano 2014. Expo, laboratorio metropolitano cantiere per un mondo nuovo. Rapporto sulla città, cit.; Cavicchini, E. (2015), La rincorsa di Expo 2015. Analisi delle ricadute occupazionali sul mercato del lavoro milanese, Provincia di Milano. 20

Anche per questo contributo si è provveduto a integrare i dati degli avviamenti effettuati in provincia di Milano nel primo semestre del 2015 con l’elenco delle imprese che risultavano appaltanti di lavoro con Expo 2015 SPA, integrate da una apposita ricerca tramite Google sulle aziende che hanno effettuato assunzioni a Rho e a Pero nei giorni immediatamente precedenti e nei due mesi successivi all’inaugurazione di Expo.

21 Come per i precedenti lavori, la sottostima degli avviamenti è anche legata in parte al fatto che molte società non hanno segnalato le assunzioni operate per i lavori di Expo. Questo vale, in primo luogo, per le imprese italiane che non hanno sede a Milano e che possono avere effettuato le comunicazioni nella città in cui hanno la sede legale. Va poi considerato che per quanto riguarda le società di costruzioni e di allestimento del sito è stato pressoché impossibili ricostruire le filiere dei subappalti, che sovente riconducano anch’essi a imprese non milanesi. Diverso è il motivo riguardante le società straniere, che

72

erano state autorizzate da apposito accordo, ad avvalersi di contratti e di applicare le legislazioni dei paesi di origine. Sono pertanto poche le società straniere che risultano negli avviamenti milanese (tra questi, la società che ha gestito il padiglione della Gran Bretagna). 22 Va segnalato che in particolare per il settore alberghiero e della ristorazione sono stati conteggiati solo gli avviamenti stati segnalati direttamente dalle imprese, rimandando una valutazione dell’impatto occupazionale in uno specifico paragrafo sul settore. 23

Di fatto, tra aprile e maggio sono state effettuate più di 4.000 assunzioni di lavoratori interinali, quasi equamente ripartite tra i due mesi, mentre nei dati di giugno ne figurano solo 175, il che lascia presupporre che a dati stabilizzati gli avviamenti di giugno possano essere stati sicuramente più di 3.000 e le assunzioni complessive circa 17.000.


argomenti & contributi /NUMERO 15

LETTURA DEI TERRITORI/2

Grafico 27 - Composizione degli assunti per titolo di studio degli avviati connessi ad Expo e dell’insieme del mercato del lavoro della Città metropolitana 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Altri titoli universitari

Laurea

Città metropolitana

Diploma

Istituti professionali/ Formazione professionale

Istruzione primaria

Nessun titolo

Expo

Grafico 28 - Composizione degli assunti per modalità contrattuali di assunzione degli avviati connessi ad Expo e dell’insieme del mercato del lavoro della Città metropolitana di Milano 60 50 40 30 20 10

Città metropolitana

altri

apprendisti

intermittenti

contratto a progetto

tempo indeterminato

lavoro somministrato

tempo determinato

0

Expo

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argomenti & contributi /NUMERO 15

NOTE CONCLUSIVE

L’analisi della serie storica dei dati relativi a popolazione e addetti, riguardante i territori della Regione Urbana Milanese, mette in luce fenomeni nuovi, intervenuti nel corso degli ultimi 10-15 anni. Queste note provano pertanto a segnalare tracce di lavoro, “segnali di allerta”, che non consentono ancora di mettere a fuoco nuovi modelli spaziali, ma autorizzano alcune ipotesi interpretative da sottoporre a discussione e verifica, anche alla luce degli andamenti nel prossimo futuro.

Economia e società metropolitana in mutamento Come illustrato nei diversi contributi del volume, nel corso degli ultimi quindici anni la popolazione complessiva della Regione Urbana torna a crescere a tassi non trascurabili, rivelando una progressione nella fase più recente, grazie soprattutto alla componente migratoria straniera. Seppur con una dinamica meno sostenuta rispetto al passato – e con alcune cautele valutative determinate dalla crisi sopraggiunta a partire dal 2008 - anche il numero degli addetti complessivi cresce lungo gli anni 2000. La geografia di tali fenomeni, seppur con proporzioni diverse tra il dato demografico e quello occupazionale, appare però assai differenziata all’interno della Regione Urbana Milanese. Accanto a elementi di persistenza rispetto alle dinamiche consolidate di lungo periodo (in particolare lo sviluppo lungo l’asse pedemontano verso est e di alcune porzioni del Sud Milano), la più significativa novità che 74

emerge dall’analisi dei dati socio-economici lungo l’ultimo quindicennio, oltre all’affermazione della direttrice Sud-Est, è rappresentata dalla capacità propulsiva della conurbazione centrale, estesa al Nord Milano. In altri termini, l’evoluzione socio-economica, a partire dagli anni 2000, mette in luce, pur tra le difficoltà generate dalla crisi del 2008, la forza generativa del sistema milanese e, in particolare, la sua capacità di creare occupazione e attrarre abitanti con una vitalità, per la prima volta da molti anni, superiore a quasi tutti i contesti territoriali periferici. Le ragioni del dinamismo milanese sono innanzitutto connesse a una profonda ridefinizione delle forme della produzione, con conseguenze sulla domanda di lavoro sia nelle componenti evolute e ad elevato tasso d’istruzione sia nei segmenti più “poveri”, con effetti polarizzanti sul mercato del lavoro che richiamano processi già al lavoro in molti paesi ad economia matura. Stanno infatti emergendo nuove attività basate su un rinnovato rapporto tra formazione superiore/ricerca, cultura, innovazione sociale e tecnologica, che integrano “servizi” e “manifattura” in forma originale, e che manifestano una forte propensione internazionale. Gli stessi processi di creazione di valore che oggi vedono come protagonisti il tessuto delle medie imprese innovative, le reti di piccole imprese e un artigianato di qualità tornano a valorizzare la città centrale – intesa ovviamente in termini allargati e non ovviamente ristretta alla downtown – e alcuni territori di recente industrializzazione come contesto per produzioni più “verdi” (nuovi materiali), più leggere (nuove mac-

chine e nuovi processi), più tecnologiche (crescente componente digitale), ancor più attente all’estetica e alla funzionalità. La rinnovata capacità milanese di competere sui rami alti dei processi di sviluppo si sostiene, in un rapporto di reciproca funzionalità, anche attraverso forme di “metropolizzazione povera”, costituita da attività prevalentemente di servizio, sia alle imprese sia alle persone, che alimentano i segmenti più deboli e meno stabili del mercato del lavoro, attraendo in particolare manodopera e residenza straniera che va a popolare le periferie urbane e i comuni che offrono opportunità abitative a minor prezzo. La riconfigurazione del profilo produttivo milanese non ha riguardato però solo l’industria e i servizi. Anche l’agricoltura metropolitana, di cui lo stesso Comune centrale è parte significativa insieme ai territori del Sud Milano e del Lodigiano, in questi ultimi anni ha saputo affiancare, alle tradizionali produzioni, attività agricole di trasformazione e commercializzazione (industria agro-alimentare), nonché servizi extra-agricoli: dal rinnovato rapporto tra produzione e consumo locale alla tutela ambientale e paesaggistica, dall’integrazione di filiera all’innovazione di prodotto e di processo, fino al potenziamento dei servizi, primi fra tutti quelli legati alla ricettività e alla fruizione turistica. Anche in questo caso, l’innovazione produttiva e i cambiamenti della domanda di prodotti - connessa anche alla fruizione del territorio - si accompagnano a trasformazioni importanti del mercato del lavoro. Accanto a un’imprenditoria e a una manodopera più istruita e sensibile alla cultura ambientale, rispetto


argomenti & contributi /NUMERO 15

anche solo a un recente passato (non è un caso che tali attività abbiano riscosso una crescente attenzione da parte delle nuove generazioni), si manifesta anche una domanda di lavoro più povera e precaria che vede come principali protagonisti anche in questo caso gli immigrati.

Mercato immobiliare e rinnovata centralità urbana La nuova fase di riconcentrazione non è solo segnata da un cambiamento delle forme di produzione che porta con sé il mutamento delle convenienze localizzative di alcune funzioni produttive e terziarie di nuova generazione, con il loro corollario di “metropolizzazione povera”, ma è stata accompagnata da un ciclo immobiliare espansivo, che ha visto la trasformazione di importanti aree nei core urbani, con particolare riferimento a Milano. La fase alta del ciclo immobiliare, che ha caratterizzato quasi per intero il primo decennio del duemila, ha generato, da una parte, una notevole – e persino sovrabbondante offerta residenziale (almeno nei segmenti di mercato medio-alti, non scalfendo invece il problema della “casa sociale”) e di spazi terziari, dall’altra, ha alimentato l’occupazione nel settore delle costruzioni, contribuendo anche per questa via ad incrementare l’attrattività dei territori più dinamici e, in particolare, della conurbazione centrale. La rivalorizzazione immobiliare di importanti porzioni delle aree centrali delle città, Milano in primo luogo, è stata inoltre supportata da rilevanti politiche e investimenti pubblici che, pur con finalità quasi mai esplicitamente dichiarate e in una certa misura persino per una sorta di eterogenesi dei fini, hanno generato effetti di contrasto al declino della città centrale e di molte città medie (si pensi al ruolo del Passante Ferroviario e, più in generale, alle conseguenze dell’entrata in esercizio del Servizio Ferroviario Regionale). Infine, un certo ruolo è stato anche giocato da un rinnovato sentiment urbano – e in qualche caso dal dispiegamento di vere e proprie ideologie di “ritorno al centro” – che, anche alla luce di un certo disincanto e di alcune evidenti diseconomie determinate dal “risiedere suburbano”, individua, soprattutto per le giovani generazioni, nello “stare nei flussi” ovvero nel vivere e lavorare nel cuore della metropoli un fattore di promozione sociale e di carriera.

Verso nuove configurazioni territoriali? L’analisi dell’evoluzione socio-economica dell’ultimo quindicennio ci restituisce un’immagine territoriale piuttosto differente rispetto a quella del precedente decennio censuario. Nel corso degli anni ’90, i territori più dinamici sono stati quelli compresi nell’arco ovestsud-est del capoluogo regionale, insieme a quelli della Brianza e, più in generale, della fascia pedemontana verso est, in direzione Bergamo (stilizzando potremmo utilizzare l’immagine di una “S” traslata). Nel corso dell’ultimo quindicennio assistiamo al consolidamento di alcune direttrici protagoniste dello sviluppo economico regionale di più lungo periodo (anche in questo caso la Brianza e la direttrice Pedemontana nel segmento più orientale verso Bergamo), mentre, in parziale discontinuità con il passato, si registra un notevole sviluppo della direttrice Sud Est anche oltre i confini provinciali (verso Lodi), ma soprattutto si riscontra una significativa ricentralizzazione demografica e occupazionale su Milano e sulla conurbazione nord milanese (anche in questo caso, stilizzando, potremmo utilizzare l’immagine di due raggi allungati oltre i confini provinciali che si agganciano al “mozzo” rappresentato dalla conurbazione centrale). Fermandosi a un riscontro delle regolarità statistiche che emergono dall’analisi dei processi precedentemente descritti, il riproporzionamento delle “quantità socio-economiche” tra centro, corone e periferie della Regione Urbana Milanese sarebbe interpretabile come un processo di riurbanizzazione - che vede protagonista il nucleo urbano centrale e, seppur in misura minore, le città medie - conseguente al completamento del processo di terziarizzazione dell’economia metropolitana e all’emergere di nuove forme produttive – legate prevalentemente alle tecnologie digitali – che trovano nell’infrastrutturazione sociale e fisica dei core metropolitani fattori significativi di convenienza localizzativa. Nell’ideologia del “secolo urbano” la tenuta - e persino l’ulteriore sviluppo di alcune aree periferiche - rappresenterebbe quindi un fattore di complemento o addirittura la coda di un processo destinato a esaurirsi. In realtà, il ricorso a interpretazioni esclusivamente fenomeniche, se da una parte ci aiuta a cogliere i possibili cambiamenti delle direttrici di sviluppo metropolitano e regionale, dall’altra rischia di essere cieca di

fronte alla complessità del territorio della regione urbana milanese e, in particolare, di fronte alle interconnessioni funzionali dinamiche tra differenti territori. La regione urbana milanese funziona infatti come un sistema territoriale integrato alimentato da una fitta rete di relazioni materiali e immateriali che agiscono alle diverse scale (da quella della città centrale a quella metropolitana/regionale a quella globale), in ragione della sua capacità di integrare servizi di rango superiore (sistemi di conoscenza specializzata, addensamenti di capacità creative, del gusto e “del far tendenza”, finanza, consulenza, progettazione, servizi tecnologici, reti e snodi infrastrutturali, capitale relazionale, collegamenti internazionali, ecc.) alle molteplici reti d’impresa/distretti industriali/cluster/sistemi locali di piccole e medie imprese manifatturiere operanti sia in settori tradizionali sia in quelli più avanzati (scienze della vita, moda, mobili e design, media e comunicazione, chimica e farmaceutica, meccanica di precisione e strumentale, macchine utensili, ecc.) che costituiscono il telaio produttivo metropolitano e regionale. Conseguentemente, solo attraverso uno sguardo in grado di cogliere la “dilatazione” a scala regionale (ovviamente non ascrivibile ai confini amministrativi) dei processi di sviluppo si possono comprendere, da una parte, l’articolazione delle forme produttive territorializzate, con i relativi nessi di complementarietà/interdipendenza funzionale che le collegano, e, dall’altra, le specifiche traiettorie (co-)evolutive dei vari territori, con i loro esiti provvisori, incerti e differenziati, determinati dall’accoppiamento strutturale tra caratteristiche specifiche dei contesti socio-economici e insediativi e strategie/policy di sviluppo concretamente praticate.

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argomenti & contributi /NUMERO 15

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LETTURA DEI TERRITORI/1


CONTESTI

argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI Profili territoriali

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argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

MILANO ABITANTI 1.337.155 SUPERFICIE

18.167 ha

COMUNI

1

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Milano 40 30 20 10 0 pop totale Milano

pop italiana

Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea di Milano e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

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2012/2011 Città di Milano

2013/2012

2014/2013

Tra il 2011 e il 2014 la crescita della popolazione della città di Milano torna, per la prima volta dopo 40 anni, su valori significativamente positivi: cresce la popolazione straniera (+40,8%, grazie all’emersione dovuta alla regolarizzazione di una consistente quota di persone immigrate) ma anche quella italiana (2,2%), con un incremento totale del 7,7%, il più elevato dell’intera Regione Urbana e nettamente superiore al dato lombardo. Si possono leggere qui gli esiti di un intenso processo di terziarizzazione della metropoli milanese, una terziarizzazione dal doppio volto, “alta” e “bassa”, “ricca” e “povera”, e di una pronunciata ri-centralizzazione delle attività produttive verso il core metropolitano con scelte insediative dettate da criteri che hanno prevalso sull’evidenza di un mercato immobiliare caratterizzato da prezzi più elevati rispetto alle zone periferiche. Questi tratti, che disegnano il quadro del capoluogo durante gli anni della crisi1, non appaiono così evidenti se si prendono in esame le dinamiche relative alle assunzioni. Il capoluogo presenta infatti quasi costantemente un andamento peggiore di quello della Città metropolitana (solo nel 2013 la flessione è più contenuta della media provinciale)2. Solo in parte diversa appare la situazione se si considerano i dati relativi ai neoassunti. Anche in questo caso, dopo un triennio in cui le performance di Milano sono state migliori di quelle del resto del milanese nel suo insieme, la tendenza si inverte, anche se il divario appare meno pronunciato di quanto non avvenga con gli avviamenti, fatta eccezione per il 2014. Nell’ultimo anno si è registrato infatti un sensibile incremento della flessibilità del mercato del lavoro, peraltro già leggermente superiore a quella della Città metropolitana nel suo insieme per tutto il periodo. Completamente diverse appaiono invece le dinamiche relative alle imprese che assumono. Dal 2011 al 2014 i soggetti attivi sul mercato del lavoro hanno presentato un andamento migliore di quello del resto della città metropolitana. La forte contrazione del 2013 e la modesta ripresa nel 2014, determinano comunque nell’intero periodo una diminuzione del 5% delle imprese che hanno effettuato assunzioni. L’incidenza della componente femminile appare costantemente più elevata rispetto al dato medio della città metropolitana (1-2 punti percentuali), un fenomeno sicuramente riconducibile al maggior livello di terziarizzazione del sistema produttivo del capoluogo. Tuttavia va segnalato anche che nel quadriennio preso in esame le dinamiche complessive degli uomini sono stati migliori: tra il 2011 e il 2014 presentano un saldo negativo del 3,3% a fronte di


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CONTESTI

un calo delle donne dell’8,7%. Si tratta di un andamento anomalo, poiché in genere nei periodi di crisi, come il biennio 2012-2013, si è assistito a una migliore tenuta della domanda di lavoro femminile. Questo processo si è tradotto in una riduzione complessiva dell’incidenza di questa componente sul totale degli avviati, scesa dal 49,1% del 2011 al 47,7% del 2014. Il peso dei lavoratori stranieri passa dal 28,2% del 2011 al 29% dell’ultimo anno ma complessivamente questa presenza risulta nel capoluogo più contenuta che nell’insieme della città metropolitana, dove nell’ultimo anno l’incidenza dei lavoratori stranieri arriva al 31%. Tale fenomeno è probabilmente imputabile al maggior peso di alcuni settori a bassa presenza di lavoratori stranieri (si pensi ad esempio alla Finanza o allo Spettacolo), che non sono compensati dalla maggior incidenza di altri come il lavoro domestico. Non molto dissimile dalla media è invece la composizione degli avviati per classi di età: gli appartenenti alle coorti centrali evidenziano valori analoghi, mentre i soggetti con meno di 29 anni pesano, pressoché costantemente, un punto in più e i lavoratori maturi presentano valori inferiori. Un apporto determinante al maggior peso dei giovani è presumibilmente dato dalla consistenza delle attività di marketing, ricerche di mercato e più in generale dei servizi alle imprese. Anche i dati sulle modalità contrattuali di assunzione evidenziano la peculiarità di Milano: gli avviati con contratti a tempo indeterminato o di apprendistato presentano costantemente valori inferiori di circa due punti e passano dal 36,1% del 2011 al 34,5% del 2014. Una flessione più contenuta di quella media di città metropolitana grazie soprattutto al forte incremento dell’utilizzo dell’apprendistato (+41% in valori assoluti nei tre anni). Superiore alla media provinciale è anche l’incidenza dei lavoratori assunti con modalità contrattuali flessibili (68,2% nel 2014 e stabilmente un punto in più durante tutto il periodo esaminato). Complessivamente il numero degli assunti con questo tipo di contratti registra tra il primo e l’ultimo anno un calo in termini assoluti del 4,2%, dovuto principalmente alla forte contrazione delle collaborazioni a progetto (-37,8%) e dei lavoratori in somministrazione (-11,2%); crescono d’altra parte gli avviati con contratti a tempo determinato (+12,4%) o intermittente (+49,6%). Le performance occupazionali complessive

sono determinate quasi esclusivamente dall’andamento del terziario al quale afferiscono, in tutto il periodo, poco meno dell’88% di tutti gli avviati, un dato stabilmente superiore a quello di Città metropolitana di circa cinque punti. Il numero degli assunti nel settore dei Servizi registra nel quadriennio una contrazione del 6,3%, nonostante la forte ripresa del 2014, che riassorbe in parte le forti flessioni del biennio precedente. Un’analisi più dettagliata evidenzia la presenza di segnali, contraddittori, ma più incoraggianti di quelli riscontrabili nell’insieme della Città metropolitana. Si assiste, tra il 2011 e il 2014, a un forte incremento degli assunti nel comparto delle altre attività professionali (16,2%), in quelli strettamente connessi dell’Industria della comunicazione visiva (+20%) e in quello dell’Istruzione (+4,3%), dati peraltro sicuramente sottostimati trattandosi di settori in cui molto diffuso è il ricorso al lavoro autonomo. Nel capoluogo, così come in tutti gli altri territori, un ruolo fondamentale nella tenuta della domanda di lavoro nel Terziario è stato svolto inoltre da comparti tradizionali come l’alloggio (11,9%), i servizi alla persona (+8,1%), la logistica e il settore immobiliare. Forse proprio qui risiedono i limiti dell’andamento del terziario: le imprese che assumono tendono ad aumentare solo in questi comparti tradizionali, mentre sono in calo in quelli del terziario avanzato che pure evidenziano dinamiche occupazionali positive. Come nella quasi totalità delle altre aree diminuiscono gli assunti nel commercio e nei servizi alle imprese, settori fortemente influenzati dalla crisi dei consumi e da politiche del personale che in questi anni hanno intensificato l’impiego delle risorse interne. Sensibile è anche la contrazione degli avviati nelle attività artistiche e sportive, che testimonia come l’Industria dello spettacolo non abbia conosciuto un andamento omogeneamente positivo. Le dinamiche dell’Industria seguono le stesse tendenze del Terziario, pur evidenziando una flessione ancor più accentuata in valori assoluti (-11,2% tra il 2011 e il 2014), nonostante una ripresa sostenuta nell’ultimo anno (+7,8%). Osservando i dati delle imprese che assumono, mentre il Terziario mostra un calo del 3,8% (quindi più contenuto di quello degli avviati), l’Industria registra un calo addirittura superiore (-11,4%), a conferma del ruolo sempre più marginale del comparto manifatturiero nell’economia

della città, ma anche dell’erosione della sua base produttiva. Le Costruzioni hanno presentato nello stesso periodo un andamento più erratico che si è chiuso in modo positivo, con un aumento del numero degli assunti pari al 2,5% (ma con una contrazione delle imprese attive sul mercato del lavoro che supera il 13%). E’ possibile che negli ultimi anni l’impatto occupazionale delle grandi opere abbia nascosto le difficoltà del settore nelle attività di manutenzione, che hanno risentito di una minore disponibilità di spesa delle famiglie. Un sistema produttivo così fortemente terziarizzato esprime una significativa domanda caratterizzata da lavoratori qualificati, il cui peso infatti è superiore di circa cinque punti rispetto ai valori riscontrabili a livello provinciale. Tuttavia nel corso degli ultimi quattro anni la loro incidenza è diminuita di oltre sei punti e la composizione qualitativa del personale assunto a Milano sembra essere peggiorata: gli addetti alle vendite passano dal 19,6% al 24,8% del totale e tra i lavoratori assunti con qualifiche operaie aumenta esclusivamente la quota di personale non qualificato.

1 Analizzare le dinamiche economiche e occupazionali della città di Milano con i soli dati amministrativi rischia di produrre letture fuorvianti. Da un lato infatti nel capoluogo della città metropolitana il peso del lavoro indipendente (tra il 2009 e il 2013 questa modalità di avviamento è sempre stata superiore al 25%, con punte che hanno superato il 30%) è assai rilevante, dall’altra quello autonomo (Partite IVA vere o false che siano) non viene catturato dai dati amministrativi, sul lato dei lavoratori così come su quello delle imprese. La natura stessa di questi dati sconta inoltre altri limiti, quali la non corretta georeferenziazione delle assunzioni, effettuate attribuendo le segnalazioni alla sede legale più che alle sedi operative, una modalità che appare in uso soprattutto nel caso delle catene (ad esempio quelle alberghiere) o in settori come le Costruzioni e i Servizi alle imprese. Tuttavia, Come si vedrà, comunque, anche questa fonte statistica, seppur parziale, consente di cogliere alcuni aspetti rilevanti dei processi economici e occupazionali. 2 Va segnalato che, d’altra parte, nei tre anni iniziali della crisi, anche nel caso degli avviamenti si era registrato l’opposto.

MILANO 79


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ALTO MILANESE ABITANTI 258.743 SUPERFICIE

21.523 ha

COMUNI

22

Arconate / Bernate Ticino / Buscate Busto Garolfo / Canegrate Castano Primo / Cerro Maggiore Cuggiono / Dairago / Inveruno / Legnano Magnago / Nerviano / Nosate / Parabiago Rescaldina / Robecchetto con Induno San Giorgio su Legnano San Vittore Olona / Turbigo Vanzaghello / Villa Cortese

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Alto Milanese 40 30 20 10 0 pop totale Alto Milanese

pop italiana Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea dell’Alto Milanese e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

80

2012/2011 Alto Milanese

2013/2012

2014/2013

L’Alto Milanese presenta una dinamica demografica il cui andamento, seppur in crescita, appare leggermente sottodimensionato a quello della Regione Urbana e nettamente inferiore al dato di Città metropolitana, sia per quanto riguarda la popolazione straniera (+24,3%) che quella totale (+2,8%). Insieme al Nord Ovest è questo il territorio che dal 2011 mostra la crescita più contenuta, sulla quale incide probabilmente il fatto che – a causa dell’elevata concentrazione di popolazione nei comuni dell’Asse Sempione – in quest’area è più costoso trovare un’abitazione a prezzi che possano essere sopportati dalle famiglie e, particolarmente, da quelle in cui il capofamiglia lavora o ha comunque accesso al mercato del lavoro. L’Alto Milanese, come il resto dell’Ovest Milanese, rappresenta una delle aree in cui è ancora rilevante la connotazione manifatturiera del sistema produttivo. Tuttavia su questo territorio è in atto ormai da molti anni un processo di terziarizzazione che sta interessando, seppure con modalità e diversi gradi di intensità, tutte le zone che lo compongono, anche se i cambiamenti in atto caratterizzano maggiormente il Legnanese e l’area di Parabiago. Grazie a tale processo negli ultimi anni il territorio ha evidenziato buone performance occupazionali, nonostante abbia subìto, al pari di Città metropolitana, i contraccolpi della crisi, soprattutto nel biennio 2012-2013, che hanno toccato in particolar modo il comparto manifatturiero e quello delle Costruzioni. Le dinamiche delle assunzioni tra il 2011 e il 2014 appaiono positive in tre dei quattro anni considerati, con andamenti migliori di quelli della Città metropolitana. Solo nel 2013 tali performance sono risultate negative, proprio in corrispondenza della battuta d’arresto fatta registrare dal Terziario e in particolar modo dal commercio. Variazioni negative in due dei quattro anni considerati emergono invece se si guardano gli avviati; anche quando i neoassunti riprendono a crescere, nel corso dell’ultimo anno, l’incremento è pari alla metà del dato fatto registrare dalla Città metropolitana nel suo insieme. Nel diverso andamento tra avviamenti e avviati bisogna leggere l’esito di un sensibile incremento della flessibilizzazione del mercato del lavoro locale, il cui indice passa in quattro anni da 1,31 a 1,38, una delle variazioni più elevate di tutto il territorio milanese. Per quanto riguarda le imprese che assu-


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CONTESTI

mono, l’andamento appare complessivamente negativo, com’è testimoniato dal fatto che il numero delle aziende che hanno effettuato assunzioni nel 2014 evidenzia un saldo negativo pari al 10% rispetto al 2011, un dato che risulta peggiore di quello medio della Città metropolitana (-8,1%). Il divario tuttavia non è particolarmente significativo se si considera la composizione della struttura produttiva dell’Alto Milanese che, come il Magentino, presenta una forte presenza della piccola impresa che esprime una domanda di lavoro più episodica. Per questo motivo occorre leggere con attenzione l’incremento del 2% dell’ultimo anno delle imprese che hanno effettuato assunzioni. Il dato, a fronte dello 0,3% dell’ex provincia, testimonia infatti come nell’area la ripresa abbia assunto un carattere più diffuso che in altre parti del milanese. Nel quadriennio preso in esame la componente maschile è quella che, fatta eccezione per il 2011, registra l’andamento migliore. Tra il primo e l’ultimo anno, il numero degli uomini assunti è diminuito del 3% a fronte di un calo delle donne del 5,4%. Nonostante il dato non particolarmente brillante, l’incidenza della componente femminile sull’insieme degli assunti si mantiene quasi costantemente sopra al 48%, un dato migliore di quello della Città metropolitana nel suo insieme. I lavoratori stranieri in questi ultimi anni hanno registrato su questo territorio un sensibile incremento del loro peso (+6% tra il 2011 e il 2014), a fronte di un calo altrettanto pronunciato (-7,5%) di quelli di nazionalità italiana. Nel 2014 rappresentano il 27,3% del totale degli assunti dell’area, circa tre punti più rispetto all’inizio del periodo esaminato. L’Alto Milanese mostra un calo dei giovani più contenuto di quello che si registra a scala metropolitana, anche se il loro peso sul totale degli assunti in quest’area resta inferiore. Costantemente superiore è invece quello dei lavoratori over 45, la cui incidenza aumenta in modo pressoché speculare al calo dei giovani, mentre stazionario è il peso dei lavoratori appartenente alle fasce centrali di età. Su questo territorio si evidenzia una diffusione dell’utilizzo di contratti di lavoro flessibili più alta di circa un punto e mezzo rispetto a quella della Città metropolitana, una tendenza che viene però riassorbita nel corso del quadriennio, per la maggiore tenuta dei contratti a tempo indeterminato.

Nell’Alto Milanese appare inoltre particolarmente elevata l’incidenza degli avviati con contratti di lavoro somministrato (stabilmente cinque punti in più rispetto alla Città metropolitana), mentre il ricorso ai co.pro ha registrato un calo più contenuto che nel resto del milanese. La composizione settoriale della domanda di lavoro evidenzia un settore delle Costruzioni in forte calo, con una diminuzione del numero degli assunti del 39,8% tra il 2011 e il 2014 e una corrispondente flessione delle imprese che assumono (-30,5%). Diverso è il discorso che riguarda l’Industria, che ha sì registrato una forte contrazione nel biennio 2012-2013, ma ha anche evidenziato nell’ultimo anno un incremento degli assunti pari al 10,8%, riassorbendo quasi per intero le perdite del biennio precedente e chiudendo con un saldo negativo del 2,1%, più contenuto di quello delle imprese che assumono, che hanno perso nello stesso periodo il 6,5%. Le discrete dinamiche occupazionali complessive si spiegano pertanto con l’andamento del Terziario, nel quale gli assunti nel 2014 sono pressoché equivalenti a quelli del 2011, pur in presenza di un calo delle imprese che assumono superiore a quello dell’Industria (-6,9%). Analizzando i diversi comparti del Terziario, si può osservare come diversi siano quelli che presentano andamenti positivi, sia rapportando i dati del 2014 a quelli del 2011 ma anche nel confronto con i livelli ante crisi. E’ il caso, ad esempio, di settori importanti come i servizi alle imprese, la logistica, l’informatica e comunicazione e le altre attività professionali. La loro incidenza complessiva sul totale degli assunti è passata infatti dal 17,3% del 2008, al 18,4% del 2011, al 24% dell’ultimo anno. Limitatamente all’ultimo quadriennio appaiono positivi gli andamenti anche di altri settori come quelli dell’istruzione e dei servizi alla persona. Molto negative sono state invece le dinamiche di altre attività e in particolar modo del commercio, che ha visto contrarsi il numero degli assunti nell’ultimo quadriennio di quasi il 30%, un dato che non può essere correlato solo all’andamento economico del settore (evidenziato del resto dal calo del 17,9% delle imprese che assumono), ma anche a mutamenti delle politiche delle risorse umane attuato dalle imprese, a cominciare da quelle della grande distribuzione. Abbastanza sorprendente è invece l’andamento del settore dell’alloggio e ristorazione; benché esso presenti un nu-

mero di imprese che assumono in crescita, i lavoratori assunti nell’ultimo anno preso in esame risultano inferiori del 9,1% a quelli del 2011, un dato anomalo non solo per la sua entità, ma anche perché esso si colloca in controtendenza rispetto a quello di tutte le altre aree della Città metropolitana. Nonostante l’andamento di questi ultimi due settori, cui si potrebbe aggiungere quello della sanità, le dinamiche complessive del Terziario dell’Alto Milanese sembrano indicare che i segnali di cambiamento strutturale che si erano avvertiti sin dall’inizio del nuovo secolo sembrano ormai essersi consolidati e appaiono tanto più significativi poiché non stanno interessando solamente i settori più tradizionali, che anzi sono quelli più in difficoltà, ma anche quelli del terziario avanzato, che non a caso sembrano essere passati quasi indenni anche attraverso la stretta congiunturale dell’ultimo triennio. Nonostante i cambiamenti degli ultimi anni, esiste tuttora nell’area una forte richiesta di lavoratori inquadrati con qualifiche professionali operaie, che ammontano quasi stabilmente al 42-43% di tutti gli avviati dell’area, superando di circa 8-9 punti il valore medio di Città metropolitana. Il ridimensionamento della domanda di questo tipo di profili professionali espresso dai settori dell’Industria e delle Costruzioni è stato compensato infatti da altri comparti come la logistica e i servizi alle imprese, una sostituzione che ha comportato un calo degli operai specializzati e un aumento del personale non qualificato. Superiore alla media è anche il peso degli assunti come addetti alle vendite, che spiegano quasi un quarto degli avviati dell’area e la cui richiesta non soffre delle cattive performance del commercio e dell’alloggio, a causa della forte richiesta di questo tipo di lavoratori espressa da comparti come quello manifatturiero (soprattutto nel tessile-abbigliamento e della pelletteria) e dei servizi alla persona. Sottodimensionato rispetto alla media provinciale è invece il dato relativo agli assunti con qualifiche impiegatizie, la cui incidenza si mantiene stabilmente di poco superiore del 32%, con un divario rispetto alla Città metropolitana nel suo insieme prossimo ai dieci punti percentuali.

ALTO MILANESE 81


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

MAGENTINO-ABBIATENSE ABITANTI 213.745 SUPERFICIE

36.044 ha

COMUNI

29

Abbiategrasso / Albairate / Arluno Bareggio / Besate / Boffalora sopra Ticino Bubbiano / Calvignasco / Casorezzo Cassinetta di Lugagnano / Cisliano Corbetta / Gaggiano / Gudo Visconti Magenta / Marcallo con Casone / Mesero Morimondo / Motta Visconti / Noviglio Ossona / Ozzero / Robecco sul Naviglio Rosate / Santo Stefano Ticino / Sedriano Vermezzo / Vittuone / Zelo Surrigone

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Magentino-Abbiatense 40 30 20 10 0 pop totale

pop italiana

Magentino-Abbiatense

Città metropolitana

pop straniera Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea del Magentino e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

82

2012/2011 Magentino

2013/2012

2014/2013

Nel Magentino-Abbiatense il tasso di crescita della popolazione tra il 2011 e il 2014 appare in linea con quello della Regione Urbana ma inferiore al dato medio di Città metropolitana, e ciò è dovuto a un minore incremento su questo territorio della popolazione straniera. Quella italiana, al contrario, mostra un aumento superiore al dato medio, il più elevato del territorio insieme all’Adda Martesana (eccetto Milano). Siamo di fronte ad un’area caratterizzata da non facili collegamenti tra i centri urbani del territorio (spesso a prevalente vocazione agricola) e i luoghi in cui la domanda di lavoro è elevata e nella quale le assunzioni di forza lavoro femminile e straniera appaiono tradizionalmente sottodimensionate rispetto all’intero territorio metropolitano, e in una fase di transizione, non ancora compiuta, da un’economia prevalentemente agricola e industriale a una di servizi con l’effetto di una sua relativa capacità di creare occupazione. Il Magentino, così come gli altri territori dell’Ovest milanese, è caratterizzato da una consistente e persistente attività industriale e per contro da un sottodimensionamento dei Servizi, solo parzialmente riassorbito dalle trasformazioni intervenute nel decennio intercensuario. Un processo che sembra non essersi arrestato neppure negli anni della crisi, com’è testimoniato sia dai dati della Camera di Commercio sulle dinamiche imprenditoriali, sia da quelli relativi alla domanda di lavoro. L’insediamento di alcune grandi unità produttive, a cominciare da quelle del commercio e del suo indotto, ha riassorbito in parte gli effetti negativi derivanti dal tendenziale ridimensionamento del settore manifatturiero e più in generale dall’andamento negativo del ciclo economico. Nel quadriennio 2011-2014 la domanda di lavoro nell’area ha registrato complessivamente performance migliori di quelle della Città metropolitana nel suo insieme. Mentre nel 2014 gli avviamenti milanesi effettuati risultano del 2,5% inferiori a quelli del 2011, il Magentino evidenzia infatti un saldo positivo del 5% e registra dinamiche più negative di quelle provinciali solo nel 2012. Parzialmente diverso appare invece il quadro se si guarda al numero dei lavoratori assunti; in questo caso, tra il 2011 e il 2014 il Magentino evidenzia un saldo negativo pari al 5,5%, non dissimile dal 5,7% di Città metropolitana. Il risultato scaturisce da un andamento negativo nel biennio 2012-2013

magent


argomenti & contributi /NUMERO 15

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e da un ultimo anno in cui presenta valori positivi ma allineati a quelli del resto della ex provincia. Decisamente negativa appare invece la dinamica delle imprese che assumono, costantemente negativa e che evidenzia nell’ultimo anno una diminuzione del 21,6% rispetto al 2011, mentre nella Città metropolitana tale contrazione si limita all’8,1% ed è condizionata essenzialmente dalle performance del biennio 2012-2013. Probabilmente l’andamento delle aziende attive sul mercato del lavoro dell’area è legato sia a una significativa incidenza delle piccole imprese, che esprimono una domanda di lavoro più occasionale, sia ad altri fattori connessi alle trasformazioni del sistema produttivo locale. Nell’ultimo quadriennio la contrazione dei neoassunti si concentra essenzialmente tra la componente maschile (-8,4% tra il 2011 e il 2014), a fronte di una sostanziale stazionarietà delle donne (-0,3%). Il Magentino, con la componente femminile che registra gli andamenti migliori nei periodi di ripresa, evidenzia qui dinamiche difformi rispetto a quelle della Città metropolitana, dove di queste fasi beneficiano maggiormente gli uomini; un dato presumibilmente connesso ai processi di mutamento della composizione settoriale della domanda di lavoro locale. Su questo territorio le assunzioni di lavoratori stranieri appaiono sottodimensionate rispetto al dato di città metropolitana nel suo insieme. Nel 2014, ad esempio, la loro quota si attesta al 25,7% a fronte del 31% a scala provinciale, con variazioni, nell’arco del periodo considerato, inferiori a quelle registrate nell’insieme della Città metropolitana per tutti gli anni, fatta eccezione per il 2013. Anche l’incidenza dei giovani è inferiore a quella riscontrabile a scala provinciale. Gli avviati con meno di 29 anni pesano infatti, per l’intero quadriennio, circa due punti meno che nel resto del milanese, mentre maggiore è l’incidenza sia dei lavoratori appartenenti alle fasce centrali di età (costantemente un punto in più), sia degli over 45 (1-2 punti in più per tutto il periodo). Sempre per quanto riguarda i giovani, il Magentino condivide la tendenza generale, registrando un calo del loro peso di circa tre punti nel corso del quadriennio esaminato, così come aumenta quasi in egual misura quello dei lavoratori maturi e rimane stazionaria l’incidenza degli appartenenti alle classi di età tra i 30 e i 44 anni.

Gli assunti con forme contrattuali stabili appaiono nell’area con un’incidenza costantemente inferiore alla media di 2-3 punti, un divario che si è accentuato dell’ultimo anno, quando la loro quota si è fermata al 31,4% a fronte del 34,4% registratosi nella Città metropolitana. Questo divario è imputabile esclusivamente ai contratti di lavoro a tempo indeterminato (incluso il lavoro domestico), mentre sostanzialmente equivalente è l’incidenza degli assunti con contratto di apprendistato. Per quanto concerne invece i rapporti di lavoro flessibili, pesano di più gli assunti con contratti a tempo determinato e somministrato (in entrambi i casi, nel 2014 il divario si aggira attorno ai cinque punti), mentre minore è l’incidenza sia dei lavoratori indipendenti (co.pro e altre forme di collaborazione), che del lavoro intermittente. Che il sistema produttivo del Magentino sia interessato anche negli anni della crisi da un processo di trasformazione è confermato dai cambiamenti registrati nella composizione settoriale della domanda di lavoro. Osservando questo processo attraverso l’indicatore del numero dei contratti di lavoro posti in essere nei diversi settori di attività, va evidenziato come il peso del Terziario registri tra il 2011 e il 2014 un incremento lineare (più di sei punti in solo quattro anni) che produce un aumento del 15%. Industria e Costruzioni mostrano per contro sensibili decrementi, rispettivamente dell’11,5% e del 16,3%, nonostante una ripresa del manifatturiero nel corso dell’ultimo anno. Analizzando più nel dettaglio i mutamenti nel settore dei Servizi, si evidenzia come la sua crescita sia legata principalmente alle assunzioni nei settori tradizionali come quello dell’alloggio (nel quadriennio esaminato il numero degli assunti aumenta del 19,7%) e del commercio (+6,5%), ma anche in un settore particolare come quello dell’istruzione (+20,9%). Va però segnalato come nello stesso periodo il numero di soggetti che effettuano assunzioni in questi settori registri andamenti negativi, particolarmente evidenti nel commercio, dove il calo delle imprese attive sul mercato del lavoro è pari al 21,2%, dato presumibilmente connesso ai nuovi insediamenti della GDO e agli effetti da essi prodotti sul commercio al dettaglio. L’andamento delle dinamiche occupazionali appare positivo nel comparto della logistica (+1%), mentre negativo è quello dei servizi alle imprese, dove il numero degli assunti scende del 5,4%. Altalenanti, per contro,

altri settori come l’informatica e comunicazione e le altre attività professionali, a conferma comunque che nell’area il processo di terziarizzazione sta seppur lentamente avanzando, nonostante le difficoltà economiche che hanno caratterizzato il periodo preso in esame. La composizione della domanda di lavoro per qualifiche professionali conferma i cambiamenti in atto nella struttura produttiva del territorio, che rappresenta da molti anni l’area del milanese in cui maggiore è il peso dei lavoratori avviati con qualifiche operaie (stabilmente sopra il 50% durante il primo decennio del nuovo secolo). Nell’ultimo quadriennio il pesante ridimensionamento dell’Industria e delle Costruzioni si è tradotto in una pronunciata contrazione della domanda di queste figure professionali passate dal 52,1% nel 2011 al 47% del 2014. Per contro, nello stesso periodo, le professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi sono salite dal 16,9% al 18,1% e le qualifiche impiegatizie dal 31% al 34,9%, a conferma della crescente terziarizzazione del territorio.

tino-abbiatense 83


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CONTESTI

SUD OVEST ABITANTI 244.421 SUPERFICIE

17.994 ha

COMUNI

16

Assago / Basiglio / Binasco / Buccinasco Casarile / Cesano Boscone / Corsico Cusago / Lacchiarella / Locate Triulzi Opera / Pieve Emanuele / Rozzano Trezzano sul Naviglio / Vernate Zibido San Giacomo

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Sud Ovest 40 30 20 10 0 pop totale Sud Ovest

pop italiana

Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea del Sud Ovest Milano e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

84

2012/2011 Sud Est Milanese

2013/2012

2014/2013

Dopo il Sud Est e il Magentino-Abbiatense, il Sud Ovest, con oltre 244mila abitanti, è, nel 2014, l’area meno popolata dell’intera Città metropolitana. Nel corso degli ultimi quattro anni i suoi residenti sono cresciuti del 4,5%, incremento inferiore al dato medio ma che, al contrario, diventa superiore se si considera la sola componente italiana. Anche quella straniera, pur essendo inferiore alla media, appare significativamente elevata e terza solo al capoluogo e al Nord Ovest (33,3%). Si tratta quindi di uno dei territori di maggiore attrazione a livello metropolitano, anche se questo non trova corrispondenza in un mercato del lavoro altrettanto vivace. L’evoluzione della domanda di lavoro del Sud Ovest mette in luce un sistema produttivo che ha sostanzialmente concluso la transizione da una realtà ancora caratterizzata da una significativa presenza manifatturiera a una ormai prevalentemente connotata in senso terziario, una connotazione che non sembra imputabile alle sole attività in cui l’area presenta vocazione tradizionale (commercio e logistica), ma anche a settori più innovativi e a più elevato valore aggiunto. Anche la persistente presenza manifatturiera appare sempre più connotata dalla presenza di funzioni direzionali o di terziario implicito. Questo processo di diversificazione del tessuto produttivo non sembra però aver migliorato in misura significativa la domanda di lavoro, che solo in parte ha evidenziato una capacità di riassorbire i contraccolpi di una prolungata crisi, come si può osservare anche limitando l’analisi alle dinamiche nel periodo tra il 2011 e il 2014. Circoscrivendo l’attenzione al numero dei nuovi rapporti di lavoro posti in essere, si può infatti osservare come l’area abbia registrato andamenti che, fatta eccezione per il 2012, sono stati non solo costantemente peggiori di quelli dell’insieme della Città metropolitana, ma anche di tutti gli altri territori del milanese. Parzialmente migliori sono state invece le performance relative al numero degli assunti, che presentano una flessione più contenuta rispetto a quella degli avviamenti e risultano anche migliori di quelle di alcune altre aree, compreso il capoluogo. Per quanto riguarda le imprese che assumono, la flessione, pari al 9,5%, risulta più elevata della media metropolitana, anche se va segnalato come solo il capoluogo e il Sud Est presentino dinamiche migliori. Il divario rispetto alla Città metropolitana sembra


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CONTESTI

quindi imputabile agli andamenti del 2012, mentre per gli altri periodi le differenze tra il Sud Ovest e il resto dell’ex provincia appaiono trascurabili. La contrazione della domanda di lavoro tra il 2011 e il 2014 si è concentrata principalmente tra la componente maschile (-7,9%), mentre per quanto riguarda le donne la variazione è stata pressoché nulla (-0,1%), in netta controtendenza rispetto al dato medio della Città metropolitana dove la flessione delle donne assunte è quasi tripla rispetto a quella degli uomini. Differenze analoghe sono riscontrabili anche per quanto riguarda la forza lavoro straniera che presenta nell’area una leggerissima variazione (-0,4%), mentre nello stesso periodo il milanese nel suo insieme mostra un calo dei cittadini stranieri assunti del 6,3%. Per contro si registra qui una forte flessione dei lavoratori italiani (-6,1%), quasi cinque volte il dato della Città metropolitana. Tendenza simile a quella dell’area metropolitana si evidenzia invece per quanto riguarda la composizione dei neoassunti per classi di età, anche se qui l’incidenza della componente giovanile risulta più elevata del dato totale e quella dei lavoratori appartenenti alle classi di età più avanzate è inferiore. Il Sud Ovest presenta una quota di lavoratori assunti con contratti di lavoro stabile più bassa della media (tra i due e i tre punti in meno durante tutto il periodo); nonostante la ripresa dell’utilizzo dell’apprendistato, i neoassunti con rapporti di lavoro a tempo indeterminato presentano una contrazione (-14,6%) più che doppia rispetto al resto della ex provincia, mentre gli assunti con contratti a termine rimangano, fatta eccezione per il 2013, sostanzialmente stabili, a fronte di una sensibile riduzione a scala metropolitana. Per quanto concerne la composizione della domanda di lavoro per qualifiche professionali il Sud Ovest registra dinamiche molto simili a quelle della Città metropolitana nel suo insieme. Calano in modo pronunciato gli assunti con qualifiche impiegatizie, (tre punti) a fronte di un incremento dello 0,8% di quelle operaie e di oltre due punti degli addetti alle vendite. La correlazione tra le figure professionali richieste e la composizione settoriale della domanda di lavoro è qui meno evidente che in altri territori, anche se logistica e servizi alle imprese compensano in buona parte le contrazioni registrate

dall’Industria e dalle Costruzioni per quanto riguarda la domanda di operai, mentre l’incremento delle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi è spiegato principalmente dalla tenuta di questo tipo di domanda nel commercio (nel quale si è registrato un sensibile calo di assunti con figure impiegatizie) e dall’incremento nella sanità e assistenza. Negli ultimi anni, anche prescindendo dalla perdurante situazione di crisi, si sono prodotti in quest’area interessanti processi di cambiamento della domanda di lavoro che in parte si riflettono anche sulla struttura produttiva. In particolare, tra il 2011 e il 2014, alcuni settori presentano una forte crescita, con valori superiori alla media, se non in controtendenza rispetto all’andamento dell’area metropolitana. Tra questi la logistica, settore in cui l’area (e segnatamente il Rozzanese) vanta una vocazione di antica data: qui il numero degli assunti registra tra il 2011 e il 2014 un incremento del 38,6% con una crescita lineare durante tutto il quadriennio. Tendenze analoghe sono evidenziate anche dalle attività professionali e dalle attività finanziarie, che aumentano rispettivamente del 29,7% e del 102,4%, a riprova di come il territorio del Sud Ovest sia interessato dalla crisi ma anche da fecondi elementi di cambiamento. Modesto, ma ugualmente in controtendenza rispetto al resto della Città metropolitana, è anche l’incremento del settore delle attività artistiche (1%), grazie soprattutto ai nuovi insediamenti di Assago e Rozzano. D’altra parte sensibili sono le flessioni dei tre settori che presentano la maggiore rilevanza nella composizione della domanda di lavoro dell’area. E’ il caso del calo registrato nel comparto del commercio, dove gli assunti sono diminuiti tra il 2011 e il 2014 del 14,4%; questa contrazione, che presenta valori quasi tripli rispetto alla flessione dell’insieme della Città metropolitana, è in massima parte riconducibile al rallentamento del settore della GDO, principalmente negli insediamenti della nuova Vigevanese, ma anche a Rozzano e Assago, nonostante il potenziamento delle strutture del Fiordaliso e di Milanofiori. Altrettanto rilevante è il calo nel settore dei servizi alle imprese (-16,9%) anche se continua a configurarsi migliore di quello dell’area metropolitana nel suo insieme. In entrambi i casi, alla contrazione del numero degli assunti si accompagna anche un calo delle impre-

se che assumono, che appare comunque relativamente più contenuto di quello dei lavoratori. Il settore industriale, che presenta andamenti negativi ma migliori di quelli totali se lo si considera nel suo insieme (-8,5% contro -9,3%) evidenzia invece performance opposte se si guarda al solo manifatturiero (-10,4%). Da osservare inoltre che nel caso dell’Industria il numero delle imprese che assumono si contrae in misura più accentuata di quello dei lavoratori (-16,7%). Particolarmente negativo sia per quanto riguarda i neoassunti che le imprese attive sul mercato del lavoro il comparto delle Costruzioni, che nell’ultimo quadriennio registra un calo del 38,3% degli avviati e del 20,5% delle imprese.

SUD OVEST 85


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

SUD EST ABITANTI 173.267 SUPERFICIE

17.972 ha

COMUNI

15

Carpiano / Cerro al Lambro / Colturano Dresano / Mediglia / Melegnano Pantigliate/ Paullo / Peschiera Borromeo San Colombano al Lambro San Donato Milanese San Giuliano Milanese / San Zenone al Lambro / Tribiano / Vizzolo Predabissi

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Sud Est 40 30 20 10 0 pop totale Sud Est

pop italiana

Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea del Sud Est Milanese e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

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2012/2011 Sud Est Milanese

2013/2012

2014/2013

La crescita della popolazione in questo territorio tra il 2011 e il 2014 risulta pari al 3,7%, significativa ma inferiore al dato medio di Città metropolitana sia per quanto riguarda la popolazione italiana che quella straniera, che, con un incremento del 26,2% rappresenta oltre l’11% dei residenti complessivi. Il territorio del Sud Est si caratterizza dunque per una discreta attrattività, verosimilmente per effetto dei costi degli affitti e delle abitazioni ancora inferiori alla media dei prezzi rilevati nelle aree più “centrali” della Città metropolitana, fatta eccezione per il Comune di San Donato Milanese, che vede diminuire del 4% il numero dei suoi residenti. L’intensa fase di trasformazione del sistema produttivo del Sud Est nella prima parte del nuovo secolo ha progressivamente assimilato e integrato questo territorio, specie nei comuni di prima cintura, al core metropolitano. Terminato in buona misura il processo di deindustrializzazione dei comuni situati lungo la via Emilia, in questi anni si è accentuato un rapido quanto complesso processo di terziarizzazione, caratterizzato dalla crescita di importanti insediamenti attivi nel settore dei servizi alle imprese, localizzati principalmente nel comune di San Donato Milanese, e dai due poli commerciali sorti nei comuni da San Giuliano Milanese e lungo la Paullese. Tali nuovi insediamenti produttivi, cui andrebbe aggiunto il potenziamento di quelli attivi nella sanità, hanno accentuato il carattere terziario dell’area, con un conseguente cambiamento della composizione della domanda di lavoro. La dinamicità della struttura produttiva locale del territorio ha consentito al Sud Est di riassorbire meglio i contraccolpi della crisi che ha investito il territorio milanese: l’andamento delle assunzioni effettuate dalle imprese dell’area ha registrato performance migliori di quelle del resto della Città metropolitana in tre dei quattro anni presi in esame. Anche il saldo tra le assunzioni effettuate nel 2011 e l’ultimo anno, seppur negativo (-2,0%), è migliore di quello totale, e recupera quasi per intero le flessioni registrate nel biennio precedente. Decisamente più negative sono invece le dinamiche che riguardano gli assunti, che presentano andamenti peggiori rispetto a quelli del resto dell’ex provincia in tutto il periodo, fatta eccezione che per il 2011 (-10% a fronte del -2,6 della Città metropolitana). Il calo delle persone avviate al lavoro nel corso del quadriennio appare quindi


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CONTESTI

molto più pronunciato di quello degli avviamenti, ed evidenzia un aumento marcato della flessibilità del mercato del lavoro, il cui indice è passato nel quadriennio preso in esame da 1,46 a 1,59. Le dinamiche relative alle imprese che assumono sono analoghe a quelle degli avviamenti: risultano in calo per tutto il triennio 2012-2014, ma con performance migliori di quelle provinciali sia nel 2012 che nel 2013. Complessivamente il numero delle aziende attive sul mercato del lavoro registra una contrazione pari all’8.4%, sostanzialmente in linea con il dato della Città metropolitana. Durante tutto il periodo preso in esame il peso della componente femminile risulta notevolmente inferiore a quello che si registra sul mercato del lavoro nel milanese: nonostante l’incremento di quasi due punti (dal 37,1% del 2011 al 39% dell’ultimo anno) il divario con la media nello stesso periodo si mantiene tra i sette e i nove punti. Questo parziale rafforzamento della presenza femminile nel mercato del lavoro dell’area presenta inoltre caratteristiche di debolezza, essendo imputabile principalmente agli andamenti dell’ultimo anno, in cui il numero delle donne assunte è aumentato del 7%, un valore più che doppio di quello evidenziato dalla componente maschile. Sostanzialmente immutata è la composizione per nazionalità della forza lavoro assunta. Il peso dei lavoratori stranieri rimane stabilmente di poco superiore al 30% del totale dei neoassunti dell’area, pur presentando tra il 2011 e il 2014 una flessione leggermente superiore a quella evidenziata dagli italiani (-11,2% contro -9,9%). Il Sud Est presenta costantemente una minor presenza, rispetto alla Città metropolitana nel suo insieme, sia dei lavoratori giovani che di quelli maturi, mentre più consistente è l’incidenza dei soggetti appartenenti alle classi centrali di età. Queste differenze non alterano però le dinamiche riscontrabili nel quadriennio, con un calo dei giovani e un incremento degli over 45 sostanzialmente in linea con il dato medio provinciale. Significative sono invece le peculiarità di quest’area per quanto riguarda le modalità contrattuali di assunzione. Nel corso del primo biennio preso in esame, infatti, il Sud Est evidenzia un’elevata presenza di avviati con contratti stabili, che oscillano tra il 42% e il 43%, cinque punti in più del dato medio provinciale. Nel biennio successivo, invece, si registra un forte ridimensionamento

dell’utilizzo di questi contratti, tant’è che nel 2014 il dato dell’area e quello della Città metropolitana vengono sostanzialmente a coincidere, interessando solo il 35,6% dei neoassunti. Questa contrazione delle assunzioni stabili è determinata esclusivamente dal minor uso dei contratti a tempo indeterminato, solo in parte compensata da un buon incremento dell’uso dei contratti di apprendistato. La crescita del lavoro flessibile è ascrivibile interamente al forte incremento dell’utilizzo dei contratti a tempo determinato, che ha registrato nel quadriennio, in un mercato del lavoro declinante, un aumento in valori assoluti dell’11,5%, con un’incidenza che è cresciuta di circa dieci punti e che ha interessato nel 2014 il 47,4% di tutti i neoassunti. La diffusione del contratto a tempo determinato ha quindi riassorbito non solo buona parte del calo dei contratti a tempo indeterminato, ma anche una parte rilevante di quelli precedentemente effettuati con altre tipologie a termine, dalle collaborazioni al lavoro intermittente, mentre il lavoro somministrato ha mantenuto le proprie quote, analoghe a quelle registrate a scala provinciale. L’analisi della composizione settoriale della domanda di lavoro evidenzia come la gran parte della contrazione del periodo 2011-2014 sia imputabile all’andamento negativo dell’Industria e delle Costruzioni, che tra il primo e l’ultimo anno vedono diminuire rispettivamente del 16,2% e del 41,4% il numero degli assunti. Le dinamiche occupazionali del Terziario appaiono invece decisamente migliori, pur registrando una flessione del 2,9%, risultato di performance estremamente disomogenee tra i diversi comparti che lo compongono. L’andamento negativo dei primi due settori appare in tutta la sua gravità non solo per l’entità del rallentamento della domanda di lavoro, ma anche perché sia nell’Industria che nelle Costruzioni è proseguita in modo lineare per tutto il periodo preso in esame e si è accompagnata a una contrazione altrettanto pronunciata delle imprese che assumono (-15,5% nel caso dell’Industria, -16,2% in quello delle Costruzioni), processi che lasciano trasparire un indebolimento strutturale del sistema produttivo. Il settore dei Servizi presenta al suo interno accentuate difformità, con alcuni comparti che evidenziano forti aumenti di assunti e altri che seguono andamenti opposti. Tra i primi spicca sicuramente quello della logi-

stica, che nel quadriennio preso in esame ha visto aumentare il numero dei lavoratori avviati del 28,9%, con un trend costantemente positivo. Stessa crescita considerevole si rileva nelle attività dell’alloggio e ristorazione (+16,6%) e della sanità (+8%), che vantano nell’area una presenza storica, anche se il primo è trainato soprattutto dalle attività della ristorazione mentre quelle alberghiere registrano un sensibile calo. Tendenze opposte sono evidenziate invece da due dei principali comparti dell’area per manodopera assunta, i servizi alle imprese e il commercio, che registrano cali rispettivamente del 30,4% e del 15,5%, anche se nel caso del commercio si sono avvertiti cenni di ripresa nel corso dell’ultimo anno. Negativo è anche l’andamento di quasi tutte le altre attività dei Servizi, a riprova che i processi di terziarizzazione del Sud Est Milanese hanno conosciuto un rallentamento anche a causa del perdurare della crisi economica acutizzatasi nel biennio 2012 - 2013. Le difficoltà di una parte considerevole del Terziario, ma anche dell’Industria e nelle Costruzioni (e al loro interno il gruppo ENI) hanno avuto un riflesso anche sulla composizione della domanda di lavoro per qualifiche professionali, che nel quadriennio preso in esame evidenzia un calo significativo degli assunti con qualifiche impiegatizie, scesi dal 45% del 2011 al 42,7% dell’ultimo anno. Crescono per contro gli avviati con qualifiche di addetti alle vendite, per effetto della crescita del settore dell’alloggio che compensano le perdite in quelle del commercio, anche se presentano un peso inferiore al dato medio della Città metropolitana di quasi sei punti. Stazionaria è invece l’incidenza delle qualifiche operaie, che si attestano attorno al 38% del totale dei neoassunti, quattro punti in più della media provinciale.

SUD EST 87


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

ADDA MARTESANA ABITANTI 336.284 SUPERFICIE

26.495 ha

COMUNI

28

Basiano / Bellinzago Lombardo / Bussero Cambiago / Carugate / Cassano d’Adda Cassina de Pecchi / Cernusco sul Naviglio Gessate/ Gorgonzola / Grezzago Inzago/ Liscate / Masate / Melzo Pessano con Bornago / Pioltello Pozzo d’Adda / Pozzuolo Martesana Rodano / Segrate / Settala / Trezzano Rosa Trezzo sull’Adda / Truccazzano Vaprio d’Adda / Vignate / Vimodrone

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Adda Martesana 40 30 20 10 0 pop totale Adda Martesana

pop italiana Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea dell’Adda Martesana e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

88

2012/2011 Adda Martesana

2013/2012

2014/2013

La popolazione residente in questo territorio è cresciuta, tra il 2011 e il 2014, di oltre 12mila unità, con un tasso di variazione del 3,9%, superiore a quello della Regione Urbana ma inferiore alla dinamica di Città metropolitana. Tuttavia se si considera il solo dato della popolazione italiana, questa cresce dell’1,8% contro un dato medio di Città metropolitana dell’1,6%. Ciò significa che in quest’area svolgono un ruolo importante – per lo meno più importante che altrove – gli spostamenti di residenza delle famiglie italiane. È probabile che tale dinamica sia legata, da un lato, a una domanda di lavoro proveniente prevalentemente dal terziario avanzato o da un’industria manifatturiera che domanda profili professionali elevati (in entrambi i casi si ipotizza che tali mansioni siano prevalentemente svolte da lavoratori italiani con alti livelli di qualificazione) e, dall’altro, all’ancora relativamente ampia disponibilità di aree in grado soddisfare una domanda residenziale di qualità. Il sistema economico dell’area Adda Martesana è tradizionalmente uno dei più significativi dell’intero territorio della Città metropolitana: caratterizzato da un mix produttivo molto diversificato, è connotato da una forte presenza di attività terziarie nei comuni più vicini al capoluogo e da un consistente radicamento di attività manifatturiere soprattutto nella fascia nord orientale e nel Cassanese. Questa peculiarità della struttura produttiva ha consentito all’area di mantenere una buona dinamicità nel corso dei primi anni del nuovo secolo, che è andata bruscamente scemando a partire dalla crisi del 2008. Da allora la domanda di lavoro ha evidenziato performance generalmente più deludenti di quelle dell’insieme della Città metropolitana. La caduta registratasi nel 2010 e nel 2011 è stata tra le più pronunciate di tutte le aree del milanese, mentre la ripresa del biennio successivo è stata più contenuta e temporalmente circoscritta che nel resto dell’ex provincia, com’è dimostrato dai dati del 2011 che si muovono in controtendenza rispetto alle medie provinciali. Dinamiche occupazionali particolarmente negative si sono registrate anche nel biennio 2012-2103, mentre molto positiva appare la ripresa nel corso dell’ultimo anno e nei primi mesi del 2015. Analoghe a quelle degli avviamenti appaiono le dinamiche relative agli assunti, che presentano uno scostamento significativo solo nel 2014, quando la crescita eviden-

ADD


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CONTESTI

ziata (+13,9% rispetto all’anno precedente) porta a un divario di ben 8,6 punti rispetto alla media provinciale. L’andamento non particolarmente brillante dell’economia e del mercato del lavoro di questo territorio negli ultimi 4 anni è confermato dai dati relativi alle imprese che assumono, che presentano una flessione del 10,3%. Un dato di 2,2 punti superiore alla media, esito di un andamento che vede l’Adda Martesana esporre dati peggiori dell’insieme dei territori della Città metropolitana fino al terzo trimestre del 2013. Da questo momento si evidenzia un sensibile miglioramento, che si riscontra anche nei dati della domanda di lavoro ma che non compensa il cattivo andamento della prima parte del periodo preso in esame. Nello stesso periodo la componente femminile scende dal 42,3% al 41,7%, anche se con un andamento altalenante. La domanda di lavoro maschile sembra invece risentire maggiormente sia dei momenti di rallentamento economico, in cui registra forti flessioni come nel 2012, sia di quelli di ripresa, in cui aumenta in misura accentuata. Un dato che è tanto più rilevante se si considera la perdurante situazione di difficoltà di alcuni comparti a elevata presenza maschile, come le Costruzioni e i servizi alle imprese. In controtendenza rispetto al resto della ex provincia, nell’Adda Martesana si registra una contrazione del peso della forza lavoro straniera che tra il 2011 e il 2014 scende dal 29,5% al 28,9%, un dato che appare correlato agli andamenti di alcuni settori con un’elevata incidenza di questo tipo di forza lavoro. Nello stesso periodo si registra inoltre un sensibile innalzamento dell’età media degli assunti: il peso dei lavoratori con più di 45 anni cresce, infatti, di circa cinque punti, allineandosi così alla media, mentre perdono circa tre punti i lavoratori con meno di 29 anni e altri due vengono persi da quelli appartenenti alle classi centrali di età. Negli ultimi quattro anni, nonostante la ripresa dei contratti di apprendistato, si registra sul territorio una flessione degli assunti a tempo indeterminato, che passano dal 38,9% del 2011 al 35,5% del 2014. Tale flessione, che mostra un andamento lineare per tutto il periodo considerato, porta l’Adda Martesana ad allinearsi ai valori della ex provincia, mentre gli assunti con contratti a termine si attestano su valori inferiori, soprattutto per la minore incidenza dell’utilizzo delle forme di lavoro parasubordinato o

indipendente. La domanda di lavoro per qualifiche professionali evidenzia nell’area cambiamenti meno pronunciati rispetto ad altri territori. Gli assunti con figure professionali impiegatizie registrano tra il 2011 e il 2014 una flessione contenuta (1,5 punti a fronte dei 4,2 della Città metropolitana nel suo insieme) e sostanzialmente stabile è l’incidenza delle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei Servizi, dove l’incremento degli assunti nel settore dell’alloggio e ristorazione compensa le perdite nel commercio. Cresce infine di quasi due punti il peso degli assunti con qualifiche operaie, per lo più non qualificate, correlato alla crescita del settore della logistica. Le difficoltà in precedenza evidenziate hanno interessato, seppure in modo diverso, tutti i principali settori di attività. Tra il 2011 e il 2014, ad esempio, gli assunti nel settore industriale presentano un saldo negativo del 7,7%, nonostante la sensibile ripresa nel corso dell’ultimo anno (+10,8%). Mentre il dato dell’Industria appare complessivamente migliore del dato provinciale, quello delle Costruzioni risulta invece decisamente peggiore, con un calo degli assunti del 27,3%, che deriva da un andamento negativo quasi senza soluzione di continuità per tutto il periodo, nonostante l’area sia stata interessata da importanti interventi infrastrutturali. Sempre tra il 2011 e il 2014 il macrosettore dei Servizi evidenzia un saldo positivo dell’1,8%, dato nettamente migliore di quello complessivo della Città metropolitana. Va però evidenziato come questo sia imputabile a due settori specifici, quello della logistica e quello dell’alloggio e ristorazione. In particolare la logistica ha visto aumentare il suo peso, che è cresciuto in modo pressoché lineare dal 13,5% del 2011 al 20,4% dell’ultimo anno. Buone le performance anche del settore alberghiero e della ristorazione che, nonostante la flessione dell’ultimo anno, vede aumentare nel corso del quadriennio l’incidenza sul totale degli avviati dal 6,5% al 7,2%. In crescita appaiono anche le attività artistiche e i servizi alla persona, anche se il loro peso è complessivamente modesto (congiuntamente gli assunti dei due settori ammontano nel 2014 al 3,5% del totale). Negative sono invece le dinamiche dei servizi alle imprese e del commercio, la cui rilevanza nella domanda di lavoro locale è ben più rilevante, com’è dimostrato dal fat-

to che entrambi contendono all’Industria il primato per numero di avviati nell’area. Particolarmente accentuato è il rallentamento del settore dei servizi alle imprese che tra il 2011 e il 2014 registra un calo del numero degli avviamenti pari al 17,2% e una diminuzione degli avviati che passano dal 15,3% del 2011 al 12,8% dell’ultimo anno, nonostante il buon rimbalzo registrato nel 2014. La caduta della domanda di lavoro del comparto sembra circoscritta esclusivamente alle imprese attive nelle “attività di supporto per le funzioni d’ufficio e altri servizi di supporto alle imprese” e quindi strettamente correlate all’andamento negativo del ciclo economico. Analoghe come tendenza ma più contenute nei valori sono invece le dinamiche del commercio che nel periodo preso in esame registra una contrazione degli assunti pari al 9,3% e un calo della loro incidenza tra il primo e l’ultimo anno dal 15,7% al 14,5% del totale. E’ questo un dato che sconta probabilmente il rallentamento dei consumi, ma anche l’esaurirsi del ciclo di investimenti della GDO dopo l’inizio della crisi del 2008. Accentuata è anche la caduta del numero degli assunti nel comparto dell’informatica e comunicazione (-32,4% tra il 2011 e il 2014) che si è protratto durante l’intero periodo, mentre l’andamento negativo del comparto delle altre attività professionali (-18%) è legato solo all’andamento negativo dell’ultimo anno, a fronte di una crescita nel periodo precedente, lasciando quindi pensare che complessivamente il terziario avanzato sta dimostrando una migliore capacità di tenuta anche in un periodo difficile come quello degli ultimi anni.

DA martesana 89


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

NORD OVEST ABITANTI 315.749 SUPERFICIE

13.582 ha

COMUNI

16

Arese / Baranzate / Bollate / Cesate Cornaredo / Garbagnate Milanese Lainate / Novate Milanese / Pero Pogliano Milanese / Pregnana Milanese Rho / Senago / Settimo Milanese Solaro / Vanzago

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Nord Ovest 40 30 20 10 0 pop totale Nord Ovest

pop italiana

Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea del Nord Ovest Milano e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

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2012/2011 Nord Ovest Milano

2013/2012

2014/2013

Il Nord Ovest, tra il 2011 e il 2014, evidenzia un incremento della popolazione del 2,6%, uno dei più bassi del territorio metropolitano e dell’intera Regione Urbana. Tuttavia, come il Nord Milano, è una delle aree in cui la popolazione straniera cresce più velocemente (+29,8%), mentre la componente italiana mostra una relativa stabilità (+0,7%). E’ possibile leggere in entrambi i casi un processo di “sostituzione” che, insieme a una relativa disponibilità di abitazioni e dinamiche di riconfigurazione del territorio da un’elevata intensità manifatturiera verso una terziarizzazione diffusa, può aver facilitato l’ingresso in questi territori di popolazione straniera con redditi e capacità di spesa relativamente contenuti. Quella del Nord Ovest è, con quella dell’Adda Martesana, l’area limitrofa al capoluogo che ha conservato più a lungo una forte presenza manifatturiera, nonostante il progressivo smantellamento di buona parte della grande industria presente nell’area, attiva in settori come la chimica, la meccanica e l’elettromeccanica. Questa caratteristica si è confermata anche nel primo decennio del secolo, anche se le traiettorie di sviluppo hanno visto accentuarsi il peso dei servizi, legati alla realizzazione di interventi infrastrutturali come quelli del polo fieristico di Rho – Pero, o all’irradiazione degli effetti dell’hub aeroportuale di Malpensa. Negli anni più recenti le dinamiche produttive e occupazionali mostrano il riflettersi, oltre che della crisi del biennio 2012-2013, anche dei processi connessi alla realizzazione del sito espositivo di Expo 2015, che ha ulteriormente accentuato i processi di terziarizzazione in atto. Complessivamente la domanda di lavoro del Nord Ovest6 ha registrato nel quadriennio 2011-2014 andamenti tendenzialmente analoghi a quelli della Città metropolitana anche se diversi per intensità. Infatti, dove aver raggiunto nel 2011 livelli superiori a quelli del 2008, ha registrato una caduta molto accentuata nel biennio successivo e una ripresa nel corso dell’ultimo anno più contenuta della ex provincia. In realtà questo dato appare abbastanza sorprendente, vista l’accelerazione dei lavori di costruzione del sito espositivo di Expo, ed è in buona misura spiegabile con il fatto che molte delle imprese impegnate nei cantieri di Rho hanno effettuato le loro segnalazioni su Milano, dove tali aziende hanno le sedi operative. I dati sui neoassunti seguono andamenti simili a quello dei nuovi rapporti


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CONTESTI

di lavoro attivati, anche se l’accentuarsi del divario tra avviati e avviamenti tra il 2011 e il 2014 evidenzia un aumento della flessibilizzazione del mercato del lavoro dell’area. Per quanto riguarda le imprese che assumono, il Nord Ovest presenta dinamiche decisamente peggiori del resto del territorio metropolitano. Esauritasi, infatti, la fase espansiva della prima parte del 2011, il numero delle imprese che assumono vede una contrazione che si protrae sino alla fine del periodo preso in esame, tant’è che il numero delle aziende attive sul mercato del lavoro dell’area presenta tra il 2011 e il 2014 un calo del 12,3%, sensibilmente superiore al -8,1% registratosi nella Città metropolitana. L’analisi della composizione della domanda di lavoro per genere mostra performance della componente femminile decisamente migliori di quelle degli uomini: il saldo delle neoassunte tra il 2011 e il 2014 presenta un valore negativo pari al 4,5%, a fronte di un calo del 14% degli uomini avviati. Ciò ha consentito di ridurre la forbice esistente tra uomini e donne in ingresso sul mercato del lavoro; tra il 2011 e lo scorso anno il peso complessivo della componente femminile è salito dal 40,9% al 43,5%, un dato che comunque rimane di circa tre punti inferiore alla media provinciale. Nello stesso triennio si registra nell’area una sensibile contrazione del peso dei lavoratori stranieri, che scende dal 31,3% del 2011 al 29% dell’ultimo anno; un trend che è proseguito in modo lineare durante l’intero periodo e sul quale ha gravato in modo significativo l’andamento negativo di alcuni comparti a elevata presenza di questi lavoratori come l’Industria, le Costruzioni e la logistica. Per quanto riguarda la composizione dei neoassunti per classi di età va evidenziato il dato particolarmente negativo della componente giovanile; essa non solo presenta tradizionalmente un’incidenza più contenuta rispetto al resto della Città metropolitana, ma nei quattro anni presi in esame mostra una flessione più accentuata, scendendo dal 34,6% del 2011 al 29,5% dell’ultimo anno. Sostanzialmente invariato durante tutto il periodo è invece il peso dei lavoratori appartenenti alle fasce centrali di età, mentre aumenta di cinque punti l’incidenza degli over 45, che nel 2014 arrivano a rappresentare il 27% dei neoassunti, il dato più elevato di tutto il milanese. Nel Nord Ovest l’incidenza dei contratti flessibili risulta leggermente inferiore a quella

della Città metropolitana, nonostante il pesante ridimensionamento degli assunti sia con contratti a tempo indeterminato che di apprendistato registratosi nell’ultimo biennio, soprattutto nel corso del 2013. Da segnalare inoltre come tra le forme di lavoro flessibile nell’area appaiono più diffusi che a livello provinciale sia l’utilizzo del contratto a tempo determinato che quello di lavoro somministrato, mentre modesto è il peso dei lavoratori indipendenti. Per quanto riguarda la composizione settoriale, la domanda di lavoro evidenzia nel corso dell’ultimo quadriennio un’ulteriore accentuazione del peso del macrosettore dei Servizi. Nel corso del 2014 gli assunti nel Terziario rappresentano infatti il 75,9% degli avviati registrati nell’area, mentre il peso dell’Industria si attesta poco sopra il 15% e quello delle Costruzioni scende sotto il 9%. E se le dinamiche dei Servizi sembrano confermare tendenze di lungo periodo destinate a rafforzarsi ulteriormente con Expo e dopo Expo, quelle dell’Industria evidenziano invece un ridimensionamento strutturale del settore, non solo per il calo degli assunti (-22,3% tra il 2011 e il 2014), ma anche per quanto riguarda le imprese attive sul mercato del lavoro (nello stesso periodo: -14%). Su questa dinamica sembrano avere esercitato un ruolo significativo proprio l’approssimarsi di Expo e le aspettative degli imprenditori sul futuro dell’area. Queste considerazioni trovano del resto una conferma nel raffronto tra le dinamiche dell’Industria nella prima fase della crisi e nell’ultimo periodo. Se nel biennio 2010-2011 era stata infatti riassorbita buona parte dei cali occupazionali del primo anno della crisi, nel 2014 i cenni di ripresa appaiono trascurabili (+1,2%) a fronte di un dato provinciale pari al 6,4%. Neppure l’andamento negativo del settore delle Costruzioni va sottovalutato, specie se si considera che le imprese che assumono registrano in quattro anni una flessione del 20,5%. Analizzando più nel dettaglio il settore dei Servizi, si può osservare, a fianco di settori che tengono o crescono, l’emergere di alcuni fattori di crisi. In linea con le dinamiche provinciali, i comparti che mostrano gli andamenti migliori in termini assoluti e percentuali sono quelli dell’alloggio e dell’istruzione (entrambi +12,7% tra il 2012 e il 2014), mentre ancora migliore in termini percentuali, ma più contenuto in valori assoluti è quello delle altre attività professionali (+31,6%). In flessione, ma con buo-

ni i segnali di ripresa nel corso dell’ultimo anno, i servizi alle imprese e l’informatica e comunicazione. A fronte di un calo nel quadriennio corrispondente rispettivamente al 3,2% e al 4,2%, nel 2014 gli incrementi degli assunti sono pari rispettivamente all’8,8% e al 22,8%, destinati a migliorare nel corso del 2015 grazie a Expo. Per contro, se non sorprende particolarmente l’andamento negativo del commercio, abbastanza inatteso è quello della logistica, che nel triennio 2010-2012 si era attestato su valori molto più elevati di quelli ante crisi. I due comparti registrano tra il primo e l’ultimo anno preso in esame una contrazione di assunti rispettivamente del 22,7% e del 24,2%. Ad attenuare il dato relativo alla logistica va però segnalato come nello stesso periodo sia rimasto sostanzialmente invariato il numero delle imprese che assumono (solo -1%), il che lascia pensare che le dinamiche occupazionali del settore siano legate in parte a una flessione congiunturale, ma anche alla scelta di ritardare assunzioni in attesa dei ventilati provvedimenti governativi di incentivazione. Per quanto riguarda infine le qualifiche professionali con cui i neoassunti sono stati avviati al lavoro si può evidenziare una sostanziale stabilità dell’incidenza delle figure professionali impiegatizie, comunque sottorappresentate rispetto alla media (nel 2014 i lavoratori assunti con queste qualifiche erano pari al 34,4% a fronte del 42,5% della Città metropolitana). Sostanzialmente in linea, e in forte crescita, appaiono invece gli addetti alle vendite, il cui peso è salito dal 18,4% del 2011 al 21,2% dell’ultimo anno. In calo di circa tre punti sono invece gli assunti con qualifiche operaie, soprattutto specializzate, mentre aumenta il personale non qualificato. Si tratta di dinamiche che appaiono sostanzialmente coerenti con l’evoluzione della composizione della domanda di lavoro, ma che evidenziano anche come l’Industria stia conoscendo un’involuzione nella qualità di forza richiesta che sembra confermare l’accentuarsi del suo relativo declino. 6

I dati che verranno di seguito trattati escludono le segnalazioni effettuate da tre imprese che tra il 2011 e il 2014 hanno realizzato il 39% di tutte le comunicazioni obbligatorie del Nord Ovest, perchè gran parte di tali assunzioni sono state effettuate in tutta Italia, com’è dimostrato dal domicilio dei lavoratori assunti. Il grande numero di segnalazioni effettuate dalle tre aziende, il carattere discontinuo o disomogeneo con cui esse sono state effettuate, nonché la scarsa correlazione al mercato del lavoro locale, hanno quindi consigliato di escludere queste per poter condurre una lettura più significativa delle dinamiche economiche e occupazionali del territorio.

NORD OVEST 91


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

NORD MILANO ABITANTI 315.494 SUPERFICIE

5.788 ha

COMUNI

7

Bresso / Cinisello Balsamo Cologno Monzese / Cormano Cusano Milanino / Paderno Dugnano Sesto San Giovanni

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Nord Milano 40 30 20 10 0 pop totale Nord Milano

pop italiana

Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nell’area omogenea del Nord Milano e nella Città metropolitana [2011-2014] val % 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 -16 2011/2010 Città metropolitana

92

2012/2011 Nord Milano

2013/2012

2014/2013

La dinamica demografica del Nord Milano, inferiore per tasso di crescita complessivo a quella di Città metropolitana, assume tratti peculiari nell’incremento della popolazione straniera, che cresce in quattro anni del 37,6%. Pur tenendo conto dell’”effetto regolarizzazione”, intervenuto nel 2012, è comunque evidente che questo territorio conferma la sua capacità attrattiva nei confronti della popolazione immigrata, che nel 2014 rappresenta il 14,2% dei residenti, il dato più alto secondo solo al capoluogo, mentre si evidenzia una sostanziale stabilità per quanto riguarda la componente italiana, che cresce in misura modesta (0,1%), anche se interrompe comunque un declino ormai decennale. Negli ultimi anni il sistema produttivo è stato caratterizzato da un intenso processo di terziarizzazione, sotto il duplice impulso di una crisi che ha penalizzato in modo particolarmente acuto il comparto manifatturiero e accentuato alcuni processi di cambiamento strutturale già avviati negli anni precedenti. Si tratta di un percorso ancora parzialmente incompiuto, come dimostrano alcuni grandi progetti che stentano a entrare nella loro fase attuativa (si pensi al caso della Città della Salute e della Ricerca). In questi ultimi anni sono proseguite le traiettorie tracciate da grandi investitori, come gli operatori della GDO (soprattutto nei comuni di Cinisello e Sesto San Giovanni) o le attività connesse all’industria televisiva e al suo indotto, concentrate principalmente attorno a Cologno. L’analisi delle dinamiche della domanda di lavoro evidenzia segnali di cambiamento, anche se non sempre con forti impatti occupazionali, che sembrano confermare, insieme ai dati camerali sulle dinamiche imprenditoriali, il perdurare del dinamismo dell’area. Gli effetti di questi processi trovano un riscontro, seppur contraddittorio, anche nelle dinamiche della domanda di lavoro3. Analizzando il numero dei nuovi rapporti di lavoro tra il 2011 e il 2014, il Nord Milano presenta complessivamente performance migliori di quelle della Città metropolitana in tre dei quattro anni presi in esame. Positivo e in controtendenza rispetto alla media è anche il dato del 2012, anche se va evidenziato come questo risultato sia spiegato integralmente dall’andamento delle assunzioni nell’industria dello spettacolo, che presenta un saldo positivo del 24,5% mentre il resto del sistema produttivo presenta una variazione negativa pari all’1,7%, segno che complessivamente anche l’economia dell’area ha seguito il trend complessivo dell’economia e del mercato del lavoro metropolitano.


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

Più rispondenti alle reali tendenze economiche sono le evidenze dei dati relativi ai lavoratori assunti, che nel 2012 espongono valori negativi. Il numero relativamente modesto dei lavoratori dello spettacolo (in quell’anno poco più dell’11% a fronte del 29% degli avviamenti), pur in presenza di un aumento del 15,4% rispetto al 2011, non consente infatti di compensare il calo del 3,9% di quello degli altri settori. Un sistema produttivo con elementi di fragilità emerge anche dalle dinamiche delle imprese che assumono, che non solo hanno evidenziato andamenti costantemente negativi, ma anche registrato valori inferiori alla media per l’intero quadriennio. Sotto questo aspetto, l’incidenza delle imprese dell’industria dello spettacolo è trascurabile, poiché rappresentano stabilmente poco più dell’1,5% delle imprese che assumono. Questi dati, correlati a quelli degli avviamenti e degli avviati, sembrano testimoniare che anche la ripresa dell’ultimo anno ha avuto prevalentemente un carattere intensivo, trainato da imprese che effettuano un elevato numero di nuove assunzioni (è il caso principalmente della logistica e dei servizi alle imprese, ma non del commercio)4. La storica tendenza di questo territorio a una minore incidenza delle donne assunte rispetto agli uomini si conferma anche nell’ultimo quadriennio: il peso della componente femminile non supera mai il 43%, con un divario rispetto alla Città metropolitana che oscilla tra i quattro e i sei punti. Le cause di questa difformità sono state spesso individuate nel peso di settori a elevata presenza maschile come l’industria manifatturiera, e ciò resta in parte vero se si pensa all’incidenza di comparti come la logistica e i servizi alle imprese. Tuttavia in realtà è l’industria dello spettacolo che da molti anni alimenta il divario. Qui, infatti, il peso delle donne si aggira attorno al 32% (con una punta del 27,9% nel 2013), a fronte di un dato dell’insieme degli altri settori del 42%. La presenza straniera, al contrario, ha mantenuto sino al 2012 un peso superiore a quello della Città metropolitana, e comunque nell’ultimo quadriennio i lavoratori stranieri non hanno mai inciso per meno del 30,5% del totale. Valori in linea con quelli della Città metropolitana sono espressi dalla forza lavoro over 45, mentre il peso dei giovani risulta costantemente inferiore di 2,5 punti rispetto alla media, elemento che va a vantaggio,

essenzialmente, degli appartenenti alle classi centrali, il cui peso oscilla costantemente sopra al 43%. Qui è significativo l’apporto degli assunti nell’industria dello spettacolo, dove i soggetti di età compresa tra i 30 e i 44 anni sono quasi costantemente sopra al 46%. La rilevanza dell’Industria dello spettacolo sulle caratteristiche del mercato del lavoro locale emerge anche nell’utilizzo delle diverse tipologie contrattuali. Il peso dei contratti di lavoro stabile è inferiore di circa due punti all’insieme della Città metropolitana e questo divario è connesso principalmente al fatto che nell’industria dello spettacolo l’utilizzo di questi contratti riguarda soltanto poco più del 3% dei neoassunti, mentre negli altri settori economici l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato si aggira costantemente attorno al 40%. Anche gli assunti con contratti flessibili sono più bassi del dato provinciale a causa degli avviamenti multipli, frequenti sia tra i lavoratori dello spettacolo che tra quelli della GDO. La composizione settoriale della domanda di lavoro conferma come anche nell’ultimo quadriennio stia proseguendo il processo di terziarizzazione. Il peso dei Servizi è infatti aumentato di quattro punti, e passa dal 76,4% del 2011 all’80,2% del 2014, anche se il numero di questi lavoratori è diminuito nello stesso periodo in misura pressoché equivalente a quello registratosi congiuntamente nell’Industria e nelle Costruzioni. Tra i tre macrosettori citati, è proprio quest’ultimo quello che ha registrato le peggiori performance, con un calo durante l’intero periodo e un saldo negativo degli avviati pari al 27,7% tra il primo e l’ultimo anno. Anche l’Industria, nonostante cenni di ripresa nel corso del 2014, presenta una flessione pari al 19,2%, e, ancor più preoccupante, del 19,9% delle imprese che assumono. Il Terziario nel suo insieme ha registrato una contrazione degli avviati (-4,1%), dato che sembra essere principalmente riconducibile all’industria dello spettacolo, che dopo il 2012 dimezza la sua capacità di generare nuovi posti di lavoro. Per quanto riguarda gli altri comparti dei Servizi, gli incrementi talora accentuati di alcuni hanno compensato i cali evidenziati da altri. Molto forte è l’aumento nel settore della logistica che, con un incremento del 119,5% tra il 2011 e il 2014, è tornato ai livelli ante crisi. Buono è anche l’incremento, presente in tutti e quattro gli anni esami-

nati, del settore dell’alloggio (+26,1%), così come positive risultano le dinamiche occupazionali nel settore dell’istruzione (+6%). In calo, per contro, oltre ai settori dell’informatica e comunicazione e quello delle altre attività artistiche, il commercio (-25,8%), che sconta, come in quasi tutte le altre aree del territorio metropolitano, le difficoltà del settore e gli effetti delle politiche del personale delle imprese della GDO. Un discorso che vale anche per il settore dei servizi alle imprese (-13,9%), che, di fatto, rappresenta l’indotto del settore del commercio. E’ da evidenziare peraltro come, mentre il primo evidenzia una sostanziale tenuta delle imprese che assumono, il secondo registra una forte contrazione anche di queste, concentrata prevalentemente nelle imprese di piccola dimensione. Sostanzialmente stabili sono invece gli assunti nel comparto delle altre attività professionali. Il Nord Milano mostra il permanere di una forte incidenza di avviati con qualifiche operaie (il 36,8% nel 2011, e il 39,6% nell’ultimo anno), che supera rispettivamente di due e cinque punti il dato dell’ex provincia negli stessi anni. Quasi speculare è invece l’andamento delle qualifiche impiegatizie, che passano dal 42,9% al 37,5% del totale, risentendo, specie nell’ultimo biennio, del calo della domanda di lavoro nell’industria dello spettacolo5, ma anche di una più strutturale sottoterziarizzazione implicita delle aziende operanti in settori quali l’Industria e le Costruzioni.

3 L’uso dei dati amministrativi rischia di portare a letture fuorvianti quando in ambiti territoriali circoscritti si registrano composizioni anomale della domanda di lavoro. E’ il caso del Nord Milano, nel quale è rilevantissimo l’impatto sull’insieme della domanda di lavoro dell’industria dello Spettacolo (costantemente più del 25% degli avviamenti, anche se mai più del 9% degli assunti), che oltre ad essere contraddistinto da forte incidenza di rapporti di lavoro brevi e brevissimi, tende a muoversi quasi costantemente in controtendenza rispetto al resto del sistema produttivo locale. Per questo alcune descrizioni di dettaglio possono dare conto di anomalie riscontrabili nella recente evoluzione del mercato del lavoro del Nord Milano. Va segnalato altresì che la domanda di lavoro nell’industria dello Spettacolo influenzi non solo gli aspetti quantitativi ma anche quelli qualitativi del lavoro dell’area, come si vedrà analizzando, ad esempio, la composizione per genere dei lavoratori assunti, nonché le modalità contrattuali e le qualifiche di assunzione. 4 La domanda di lavoro nel Commercio è fortemente contrassegnata dall’utilizzo del lavoro somministrato, una modalità di lavoro che tende a soddisfare le esigenze delle imprese utilizzatrici con il reiterato ricorso a un numero più limitato di lavoratori. 5 In questo comparto gli assunti con qualifiche impiegatizie rappresentano costantemente circa il 90% degli avviati.

NORD MILANO 93


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

BRIANZA OCCIDENTALE ABITANTI 438.323 SUPERFICIE

16.548 ha

COMUNI

21

Albiate / Barlassina / Bovisio Masciago Carate Brianza / Ceriano Laghetto Cesano Maderno / Cogliate / Desio Giussano / Lazzate / Lentate sul Seveso Limbiate / Lissone / Meda / Misinto Muggio` / Nova Milanese / Seregno Seveso / Varedo / Verano Brianza

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Brianza Occidentale 40 30 20 10 0 pop totale Brianza Occidentale

pop italiana Città metropolitana

pop straniera Regione Urbana

Avviamenti nella zona della Brianza Occidentale e nella provincia di Monza e Brianza [2011-2014] val % 10 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 2011/2010 Provincia Monza e Brianza

94

2012/2011 Brianza Occidentale

2013/2012

2014/2013

La Brianza Occidentale è l’area più popolata dell’intera provincia di Monza e Brianza, con oltre 438mila abitanti nel 2014. Dal 2011 i residenti sono cresciuti del 3,2%, un incremento superiore a quello della Provincia di Monza e Brianza anche se si considerano separatamente i dati della popolazione italiana e di quella straniera. Benché la struttura produttiva abbia tradizionalmente una forte connotazione manifatturiera, con un peso rilevante di settori tradizionali (legno-arredamento, tessile-abbigliamento, prodotti di metallo), che hanno risentito in misura accentuata del rallentamento dell’economia nel periodo successivo al 2008, le dinamiche della domanda di lavoro hanno evidenziato in questi anni una capacità di tenuta migliore della media provinciale, grazie soprattutto all’andamento del Terziario che ha parzialmente compensato le perdite del comparto manifatturiero e delle Costruzioni. Nel corso del 2014 la domanda di lavoro si è sostanzialmente riportata ai livelli del 2011, almeno per quanto riguarda il numero dei contratti di lavoro posti in essere. In questo quadriennio gli avviamenti effettuati nell’area presentano costantemente un andamento migliore di quelli della provincia nel suo insieme, fatta eccezione per l’ultimo anno. Osservando i dati relativi alle persone assunte, va invece evidenziato come le dinamiche risultino in questo caso meno positive, presentando tra il 2014 e il 2011 un saldo negativo del 3,4%, che risulta anche peggiore se si esclude il lavoro domestico (-4,5%). Questo dato evidenzia un sensibile aumento della flessibilizzazione del mercato del lavoro locale, che passa da un valore pari a 1,25 nel 2011 a 1,29 nel 2014. Diverso è invece l’andamento se si osservano le imprese attive sul mercato del lavoro. Rispetto al 2008, il numero delle aziende che hanno effettuato assunzioni si è ridotto del 24,3%, e questo dato lascia supporre un significativo ridimensionamento del tessuto produttivo dell’area; anche nell’ultimo quadriennio, quando la domanda di lavoro ha conosciuto performance abbastanza positive, si è registrata una contrazione delle imprese che assumono pari al 13,9%, un valore migliore rispetto alla media provinciale, solo grazie alle dinamiche registrate nel corso del 2014. La composizione della forza lavoro assunta evidenzia una crescita della componente femminile, il cui peso si è allineato alla media provinciale (46,5%) pur muovendosi da valori tradizionalmente inferiori. In valori assoluti, il numero delle donne assunte nel 2014 è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2011

BRIANZ


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

(+0,1%) a fronte di un calo del 3% nell’insieme della provincia. L’incremento del peso delle lavoratrici è riconducibile all’aumento del Terziario e al contestuale calo degli avviati al lavoro nell’Industria e nelle Costruzioni, dove preponderante è la presenza di forza lavoro maschile. L’area occidentale della Brianza non presenta significative differenze rispetto alla media provinciale nella composizione dei neoassunti per nazionalità: tra il 2011 e il 2014 il peso dei lavoratori stranieri registra una flessione di circa un punto percentuale mentre nell’insieme della provincia rimane sostanzialmente invariato. Anche in questo caso determinanti appaiono le performance di Industria e Costruzioni, solo in parte compensate dall’incremento riconducibile al lavoro domestico. Il peso dei lavoratori over 45 aumenta di due punti percentuali, portandosi al 24% del totale, valore più contenuto della media provinciale e da imputarsi principalmente al calo dei soggetti appartenenti alle coorti centrali, la cui incidenza scende di 1,5 punti. Complessivamente modesto (-0,5 punti percentuali) appare invece il calo della componente giovanile, anche se raffrontato con la media della provincia, e imputabile esclusivamente ai giovani con meno di 25 anni, mentre l’incidenza della classe tra i 25 e i 29 anni aumenta nel quadriennio di oltre un punto percentuale. Prosegue la tendenziale contrazione delle modalità contrattuali stabili e l’incremento di quelle a termine. Il peso degli assunti con contratti a tempo indeterminato diminuisce di oltre cinque punti, e questa contrazione si concentra principalmente nel corso del 2014, probabilmente in relazione alle aspettative connesse all’entrata in vigore del Jobs Act e dei provvedimenti di defiscalizzazione previsti per il 2015. Sostanzialmente stabile rimane il peso degli apprendisti, che cresce in misura trascurabile (+0,3%). Cospicuo (circa 4 punti percentuali) è l’incremento dell’incidenza degli avviati a tempo determinato e intermittente, mentre stabile resta quello dei lavoratori in somministrazione e in calo di quasi tre punti quello dei collaboratori a progetto. Nello stesso periodo, ragguardevole è stato anche l’incremento degli assunti con contratti part-time, passati dal 32,2% al 36,8% del totale degli avviati, con un aumento in valori assoluti del 10%, a fronte del 6% a livello provinciale. La domanda di lavoro registra un sensibile mutamento anche per quan-

to riguarda la sua composizione settoriale, con un netto rafforzamento del macrosettore dei Servizi. Dal 2008 al 2014 il peso dei lavoratori assunti nel Terziario aumenta di poco meno di dieci punti, passando dal 63,5% al 73%, un processo più accentuato nel corso dei primi tre anni pur in presenza di un calo degli avviati in valori assoluti. Tra il 2011e il 2014, invece, l’aumento appare più limitato, ma accompagnato da un incremento dei neo-assunti. La domanda di lavoro espressa dal comparto manifatturiero evidenzia andamenti più erratici, con periodi di pesante ridimensionamento cui seguono anni di ripresa (è il caso del biennio 2010-2011 e del 2014) che recuperano solo parzialmente le perdite subite in precedenza. Complessivamente il settore rappresenta nel 2008 una quota di assunti pari al 24,1%, ridimensionatasi di circa un terzo nel corso del 2009, e poi risalita al 20,5% nel 2011. Nell’ultimo quadriennio l’incidenza dell’Industria, in linea con la media provinciale si è ulteriormente ridotta, scendendo nel 2014 al 19%, nonostante la buona ripresa dell’ultimo anno. Il suo controverso andamento ha avuto un carattere trasversale ai diversi comparti, anche se più colpiti sono stati la chimica-farmaceutica, la metalmeccanica e il legno arredamento (pur registrando quest’ultimo, tra il 2011 e il 2014, performance complessivamente migliori rispetto al resto del settore manifatturiero). Le Costruzioni subiscono un calo pressoché lineare dal 2008 al 2014, passando dal 13,8% del primo anno all’8,3% dell’ultimo e superando di quasi due punti la media provinciale, a conferma di come le imprese di dimensioni medio-piccole abbiano scontato l’esaurimento del ciclo immobiliare e il rallentamento delle attività di manutenzione, e beneficiato in misura trascurabile delle grandi opere infrastrutturali realizzate negli ultimi anni. L’ andamento è molto negativo anche per quanto riguarda le imprese che assumono: il numero delle imprese attive sul mercato del lavoro registra una contrazione tra il 2011 e il 2014 del 27,8%, mentre nell’insieme dell’Industria è stato pari all’11,6%, e all’11,2% nel Terziario. Nei Servizi, la tenuta occupazionale nel corso del quadriennio 2011-2014 è imputabile al positivo andamento di alcuni settori e principalmente alle ottime performance del commercio, che registra un saldo positivo pari al 26,9%, spiegando interamente quello della provincia nel suo insieme (+2,9%). Il si-

gnificato economico degli andamenti occupazionali del comparto sembra ridimensionato dal fatto che essi sono stati ottenuti solo grazie ad un numero di circoscritto di imprese attive nella GDO e nel commercio all’ingrosso, mentre il numero delle imprese che assumono registra un calo pari al 26,9%. Un altro settore che ha concorso al buon andamento della domanda di lavoro terziaria è quello delle attività artistiche, che tra il 2011 e il 2014 presenta un saldo positivo del 36,9% e si attesta, al pari del commercio, su valori superiori a quelli del periodo ante crisi. Più contenuto è invece l’incremento degli assunti nel comparto dell’istruzione (9%), e quello delle attività professionali (4,1%). Analogo, in tutti e tre i settori è l’andamento delle imprese che assumono, che nell’ultimo quadriennio presenta un calo di circa il 10%, fatta eccezione per l’istruzione che presenta un saldo negativo pari al 2,5%. Nonostante la flessione registrata nel corso dell’ultimo anno, anche il settore dell’alloggio e ristorazione ha concorso alla tenuta del Terziario. Esso ha infatti conosciuto una crescita costante non solo degli assunti, ma anche delle imprese che assumono e nonostante la flessione registrata nel 2014, presenta rispetto al 2008 un incremento degli avviati pari al 34,4% e delle imprese attive sul mercato del lavoro del 14,9%. Tutti gli altri comparti dei Servizi presentano invece andamenti negativi, abbastanza contenuti nei casi dell’informatica e comunicazione, delle attività finanziarie e degli altri servizi alla persona (mai superiori al 4,5%), più accentuati in quelli della sanità e dei servizi alle imprese, (tra l’11% e il 12,5%). Pronunciata tra il 2011 e il 2014 la diminuzione degli assunti nella logistica (-33,8%). L’evoluzione della composizione settoriale della domanda di lavoro spiega in larga parte i mutamenti intervenuti nella composizione delle qualifiche professionali. L’andamento di commercio e alloggio-ristorazione si traduce in un forte incremento degli assunti come addetti alle vendite, che nel 2014 rappresentano il 26,4% di tutti i neoassunti. Le performance negative dell’Industria, delle Costruzioni, della logistica e dei servizi alle imprese motivano il ridimensionamento degli avviati con qualifiche operaie (dal 45,6% al 40,9%), in particolare di quelle specializzate. In calo di due punti anche il peso degli assunti con qualifiche impiegatizie, soprattutto nella componente degli impiegati e dei tecnici, mentre cresce l’incidenza del personale a elevata qualifica.

ZA OCCIDENTALE 95


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

BRIANZA CENTRALE ABITANTI 244.768 SUPERFICIE

9.884 ha

COMUNI

12

Besana in Brianza / Biassono / Briosco Brugherio / Macherio / Monza / Renate Sovico / Triuggio / Vedano al Lambro Veduggio con Colzano / Villasanta

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Brianza Centrale 40 30 20 10 0 pop totale Brianza Centrale

pop italiana Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nella zona della Brianza Centrale e nella provincia di Monza e Brianza [2011-2014] val % 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 2011/2010 Provincia Monza e Brianza

96

2012/2011 Brianza Centrale

2013/2012

2014/2013

Nel territorio della Brianza Centrale, il tasso di crescita dei residenti stranieri (+25,3%), molto elevato e in linea con la media della Regione Urbana, incide in misura limitata sulla dinamica della popolazione totale (+2,2%), frenata da una componente italiana che, tra il 2011 e il 2014 resta sostanzialmente stabile (+0,2%). Questi andamenti sembrerebbero conformare una limitata capacità attrattiva, verosimilmente per l’elevata concentrazione della popolazione in queste aree che rende la rendita urbana e conseguentemente i costi della vita relativamente elevati. La Brianza Centrale è caratterizzata da un sistema produttivo molto differenziato, nel quale coesistono una realtà fortemente terziarizzata (il capoluogo), con caratteristiche non molto dissimili dal core metropolitano, e un contesto in cui ancora rilevantissimo è il ruolo del settore manifatturiero, caratterizzato da un tessuto di imprese afferenti ai settori metalmeccanico ed elettromeccanico, ma anche ad altri comparti come la chimica-farmaceutica, la gomma e materie plastiche, il tradizionale settore del mobile arredamento. Con una struttura produttiva così diversificata, è un’area che evidenzia notevoli fluttuazioni congiunturali, particolarmente sensibile alle fasi di rallentamento del ciclo economico che interessano in modo disomogeneo i settori di attività. Ciò ha prodotto le peggiori performance occupazionali della provincia di Monza e Brianza nel corso del periodo 2008-2011 e le migliori nel 2011-2014. I nuovi contratti di lavoro posti in essere presentano nel 2014 un aumento del 2,3% rispetto al 2011, a fronte di un dato provinciale che evidenzia nello stesso periodo un calo equivalente. Queste performance, migliori di quelle provinciali per tutto il periodo fatta eccezione per il 2013, sono determinate non solo dalla buona tenuta del terziario - che nel quadriennio registra un incremento degli avviamenti pari al 7,6% -, ma anche da repentine fasi di ripresa della domanda di lavoro nel comparto manifatturiero, com’è avvenuto ad esempio nel corso del 2014, quando la domanda di lavoro è cresciuta del 17,4% compensando quasi interamente le flessioni registrate nel biennio precedente. Meno brillanti le dinamiche relative agli assunti (-3,1% tra il 2011 e il 2014), nonostante l’andamento positivo di quello degli avviamenti. Ciò testimonia che negli ultimi anni il mercato del lavoro ha conosciuto qui un incremento dell’indice di flessibilità, che è infatti passato da 1,21 a 1,27.

BRIA


argomenti & contributi /NUMERO 15

CONTESTI

L’indicatore che ha presentato l’andamento peggiore è quello relativo alle imprese che assumono. Benché l’area presenti dinamiche migliori del resto della provincia, il numero delle aziende attive sul mercato del lavoro tra il 2011 e il 2014 ha registrato un calo del 12,6%. Solo nel 2013 questo territorio ha presentato un saldo negativo maggiore, legato al pesante ridimensionamento del numero delle imprese del comparto dei servizi che hanno effettuato assunzioni. La flessione delle donne avviate risulta superiore a quella degli uomini (-3,4% contro -2,7%) e ciò determina un calo anche del loro peso, sceso nell’ultimo anno al 47,7% del totale. La contrazione della domanda di lavoro femminile sembra imputabile principalmente all’andamento di alcuni settori in cui questa è più elevata, a cominciare dal commercio, mentre le performance di quella maschile sembrano riconducibili all’andamento di alcuni comparti terziari (logistica, servizi alle imprese) che hanno compensato il calo determinato dall’Industria e dalle Costruzioni. Alla crescita di questi comparti sembra collegato anche l’aumento del peso dei lavoratori stranieri, (6,1% in valori assoluti, a fronte di un calo del 6,8% dei neoassunti italiani). Nello stesso periodo l’incidenza della componente straniera sull’insieme della domanda di lavoro della Brianza Centrale cresce di quasi tre punti, passando dal 28,7% al 31,4%. La nuova forza lavoro vede un accentuato innalzamento dell’età media e una corrispondente contrazione del peso degli appartenenti alle classi di età più giovani (dal 35,7% del 2011 al 32,2% del 2014). Stabile invece è l’incidenza delle classi centrali di età, che oscillano stabilmente attorno al 42%. Tra il 2011 e il 2014 si assiste a un aumento del peso delle assunzioni con contratti stabili: cresce di circa un punto l’incidenza dei neoassunti con contratti a tempo indeterminato, in controtendenza rispetto al mercato del lavoro del resto della provincia. Aumentano (31,6% in valori assoluti) gli avviati con contratti di apprendistato che nell’ultimo anno arrivano a rappresentare il 3,8% del totale. Tra i contratti a termine, invece, a fronte di un cospicuo incremento degli assunti con contratti a tempo determinato, la cui incidenza passa dal 36,5% del 2011 al 41% del 2014, si contrappone il calo accentuato degli assunti con contratti di collaborazione a progetto (-43,8%), e di quelli di lavoro som-

ministrato e di lavoro intermittente, solo in parte compensati dall’incremento dei collaboratori occasionali e dei lavoratori autonomi dello spettacolo. Se la consistenza del lavoro atipico segna il passo per quanto riguarda i contratti a termine, essa aumenta però grazie alle assunzioni part-time. Il numero dei lavoratori assunti con questa modalità contrattuale registra un incremento del 20,7%, che ne fa lievitare l’incidenza complessiva del 7,3 %. La Brianza Centrale ha conosciuto nel corso di questi anni un significativo mutamento della composizione settoriale della propria domanda di lavoro, seguendo traiettorie parzialmente diverse da quelle della provincia nel suo insieme. Partendo dall’analisi dei cambiamenti intervenuti nei tre macrosettori, si può osservare che anche in quest’area si accentua il peso del Terziario, che nell’ultimo quadriennio registra un incremento degli assunti in valori assoluti (+1,6%); l’Industria ha evidenziato una capacità di tenuta migliore di quella del resto della provincia: gli avviati nei settori industriali mostrano tra il 2011 e il 2014 un calo del 7,5% in valori assoluti e una flessione del loro peso inferiore a un punto percentuale, a fronte di valori provinciali che segnano contrazioni del 15,5% in valori assoluti e di due punti per quanto riguarda l’incidenza sul totale degli avviati. Solo il comparto delle Costruzioni registra un andamento peggiore di quello dell’insieme della provincia (-36% nell’area e -30,6% a livello provinciale), un dato che ha però una scarsa rilevanza, visto il peso modesto di questo settore sull’insieme della domanda di lavoro nel territorio. Il diverso andamento del mercato del lavoro della Brianza Centrale è confermato anche dai dati relativi alle imprese che assumono. Pur condividendo le tendenze negative del resto della provincia, la flessione appare nell’area più contenuta (-12,6% contro -14,8% a livello provinciale), risultando più elevato della media solo nelle Costruzioni (-26,8%); il peso delle imprese manifatturiere che assumono registra invece nel 2014 un leggero incremento rispetto al 2011, dato unico rispetto all’intera provincia di Monza e Brianza. Nel comparto dei Servizi si può invece osservare come siano diversi i settori che, per quanto riguarda il numero degli assunti, presentano un saldo attivo tra il 2011 e il 2014, anche se la maggior parte di questi si attesta ancora su valori sensibilmente inferiori a quelli pre-crisi. Fanno eccezione solo le attività artistiche e l’alloggio-risto-

razione, con un incremento pressoché lineare durante l’intero periodo 2008-2014, e saldi positivi pari rispettivamente al 43,8% e al 24,1%. Anche la sanità, che nell’ultimo quadriennio presenta un incremento degli assunti pari al 18,5%, si riporta su valori leggermente superiori a quelli ante crisi (+1,1%). I comparti dei servizi alle imprese, della logistica e delle attività professionali nel 2014 registrano, rispetto al 2011, aumenti del numero degli assunti pari rispettivamente al 20,9%, al 17,9% e al 7,2%, ma recuperano solo in parte le perdite accusate nei primi anni della crisi. E’ interessante però osservare che, se si esclude il caso della sanità, tutti i settori sin qui menzionati hanno presentato anche un aumento delle imprese che assumono, dato che conferma il buon andamento di parte del Terziario della Brianza Centrale. Le performance occupazionali dei Servizi in quest’area sono ridimensionate dall’andamento negativo di alcuni altri settori e in particolare del commercio, con un calo degli avviati nell’ultimo quadriennio pari al 25,1%, dell’informatica e comunicazione, delle attività finanziarie e dell’istruzione. Cali che si accompagnano anche a sensibili contrazioni delle imprese che assumono, specie nel commercio e nell’informatica. Infine, se si esamina la composizione della domanda di lavoro per qualifiche professionali, va evidenziato come la forza lavoro assunta presenti, durante l’intero quadriennio, una leggera prevalenza della componente operaia rispetto a quella impiegatizia, anche se la tipologia più consistente è rappresentata dagli addetti alle vendite. Tra gli operai, stabile è l’incidenza del personale specializzato (attorno al 12%), mentre cresce di circa due punti quello non qualificato, che compensa la flessione dei conduttori di impianti. Accentuato è anche il calo dei tecnici, mentre cresce la domanda di professionalità più elevate, anche se in misura non sufficiente a compensare la perdita dei primi.

ANZA CENTRALE 97


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CONTESTI

VIMERCATESE ABITANTI 181.466 SUPERFICIE

14.110 ha

COMUNI

22

Agrate Brianza / Aicurzio / Arcore Bellusco / Bernareggio Burago di Molgora / Busnago Camparada / Caponago / Carnate Cavenago di Brianza / Concorezzo Cornate D’Adda / Correzzana / Lesmo Mezzago / Ornago / Roncello Ronco Briantino / Sulbiate Usmate Velate / Vimercate

Dinamica della popolazione residente [2011-2014] Vimercatese 40 30 20 10 0 pop totale Vimercatese

pop italiana Città metropolitana

pop straniera

Regione Urbana

Avviamenti nella zona di Vimercate e nella provincia di Monza e Brianza [2011-2014] val % 6 4 2 0 -2 -4 -6 -8 -10 2011/2010 Provincia Monza e Brianza

98

2012/2011 Vimercate

2013/2012

2014/2013

Il Vimercatese è l’area della Provincia di Monza e Brianza che registra, tra il 2011 e il 2014, il maggior incremento demografico (+3,3%), ascrivibile in buona parte alla crescita della popolazione italiana; la componente straniera, pur evidenziando un aumento consistente, mostra infatti una variazione inferiore sia al dato medio provinciale che all’intera regione urbana e un andamento analogo a quello del limitrofo territorio dell’Adda Martesana. Il sistema economico del Vimercatese ha rappresentato per molti anni una delle realtà più dinamiche dell’intera Regione Urbana milanese, sia rispetto agli andamenti occupazionali che alle dinamiche imprenditoriali, in particolar modo per quanto riguarda il comparto manifatturiero nelle sue componenti dei settori informatica, high tech e servizi connessi. Dopo il 2008 il mercato del lavoro locale conosce invece un calo più rilevante del dato medio della provincia di Monza e Brianza, particolarmente accentuato negli anni più recenti. Infatti, se nel corso dei primi anni della crisi la contrazione della domanda di lavoro sembra essere relativamente contenuta (nel quadriennio 2008-2011 è stata equivalente alla metà del dato provinciale), tra il 2011 e il 2014 risulta quasi quadrupla rispetto al dato dell’insieme di Monza e Brianza (-9,9% contro il -2,3% della provincia). Colpisce in particolare il fatto che non solo la seconda fase della crisi si sia manifestata qui prima che nel resto della provincia, ma anche che la zona non abbia poi beneficiato, se non in misura insignificante, dei segnali di ripresa nel corso dell’ultimo anno. Stesse dinamiche si evidenziano per quanto riguarda gli assunti: nel periodo 2011-2014 la diminuzione degli avviati è stata nel Vimercatese pari al 14,1% a fronte di un dato medio provinciale pari al 5,9%. L’andamento del mercato del lavoro locale è solo parzialmente spiegabile con quello delle dinamiche imprenditoriali, che appaiono piuttosto contradditorie: il numero delle imprese attive sul mercato presenta nell’ultimo quadriennio una contrazione più accentuata di quella provinciale (-17,2% a Vimercate a fronte del -14,8% nell’insieme della provincia), ma con performance decisamente migliori non solo nel 2013, ma anche nel 2011, anno in cui, come si è visto, gli andamenti della domanda di lavoro sono stati negativi. Da un esame più dettagliato delle due serie statistiche sembra emergere che sulle dinamiche degli avviamenti (e conseguentemente degli avviati), abbia inciso principalmente l’andamento negativo di alcune imprese, sia del comparto metalmeccanico che dei servizi alle imprese, che generavano solitamente un elevato numero di assunzioni.


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CONTESTI

Per quanto concerne la composizione della forza lavoro assunta, va evidenziato un peso delle donne costantemente più contenuto della media provinciale e che nel corso dell’ultimo quadriennio ha segnalato una contrazione maggiore di quella dell’insieme della provincia. L’incidenza della componente femminile sul totale degli assunti oscilla tra il 43,2% del 2011 e il 45,8% dell’ultimo anno, a fronte di un dato provinciale inferiore al 46% solo nel 2011. Nello stesso periodo il numero delle donne avviate al lavoro è diminuito dell’8,9%, mentre nella provincia tale contrazione è stata del 3%, un calo ascrivibile in primo luogo alle difficoltà delle attività dei call center. Una significativa flessione degli assunti (-18% a fronte di un dato medio provinciale pari al -8,2%) si evidenzia anche per quanto riguarda la componente maschile: il territorio sconta il forte ridimensionamento della domanda di lavoro nell’Industria e nelle Costruzioni, nonché nei servizi alle imprese (e segnatamente nelle cooperative di lavoro). Ugualmente negative anche se in misura meno accentuata, sono le dinamiche relative alla domanda di lavoratori stranieri. La loro incidenza, rimasta su valori sostanzialmente analoghi a quelli provinciali sino al 2012, segnala dall’anno successivo una sensibile contrazione che arriverà al 25,6% nel corso dell’ultimo anno, il valore più basso di tutta la serie storica su cui è stata condotta questa indagine e con un calo in valori assoluti pari al 16,8% rispetto al 2011, che spiega per intero la flessione del 5,6% registratasi a livello provinciale. Anche in questo caso il calo dei lavoratori stranieri è strettamente correlato agli andamenti di settori quali le Costruzioni e i servizi alle imprese, ma anche a performance meno vivaci relative al lavoro domestico, che ha colpito in questo caso la componente femminile. Per quanto riguarda la composizione dei neoassunti per classi di età, il Vimercatese non presenta andamenti molto dissimili da quelli del resto della provincia, anche se il peso dei giovani (diminuito di circa 1,5 punti tra il 2011 e il 2014) rimane complessivamente più elevato di un punto percentuale, mentre inferiore risulta quello della componente più anziana. Il territorio condivide le principali tendenze palesate dall’insieme della Città metropolitana e della provincia di Monza e Brianza per quanto riguarda le modalità di assunzione, con un forte ridimensionamento dei contratti stabili e uno speculare incremento

del peso del lavoro flessibile. Anche considerando solo gli ultimi quattro anni, il mercato del lavoro locale ha visto contrarsi l’incidenza degli assunti con contratti a tempo indeterminato di 3,5 punti, che si attesta così, nel 2014, al 33,5%, un punto in meno della media provinciale. Questo calo ha interessato sia i contratti a tempo indeterminato, specie quelli full time, che l’apprendistato. Per quanto riguarda i contratti a termine rilevante è stato l’incremento degli assunti con contratti a tempo determinato, il cui numero ha sopravanzato quello degli avviati con contratti a tempo indeterminato già nel 2010, e il cui peso nell’ultimo quadriennio è aumentato di tre punti, arrivando a rappresentare nel 2014 il 40,6% dei neoassunti del territorio. La modalità contrattuale che ha però registrato l’incremento maggiore è stata quella del lavoro intermittente, il cui peso è passato del 2,7% degli avviati nel 2011 al 9,2% dell’ultimo anno. In calo invece, tutte le altre forme di assunzione a termine, e particolarmente le collaborazioni a progetto, scese in quattro anni dal 13,3% al 7,8% del totale. Tra il 2011 e il 2014 il numero degli assunti nell’Industria del Vimercatese è diminuito senza soluzione di continuità, registrando una contrazione pari al 31,1% con un ridimensionamento del proprio peso di ben 4,5 punti (dal 22,6% del primo anno al 18,1% del 2014). Complessivamente gli assunti almeno una volta da un’impresa manifatturiera dall’inizio della crisi nel 2008 sono diminuiti del 44,1%, mentre le imprese manifatturiere che hanno attuato assunzioni sono diminuite del 19,1%, un dato che, seppure inferiore alla media provinciale, appare preoccupante e lascia supporre un pesante ridimensionamento della base produttiva dell’area. Tra i settori che hanno registrato le perdite più pesanti risultano alcuni dei comparti nei quali il sistema produttivo locale vanta un’elevata specializzazione: elettromeccanica e gomma e materie plastiche. Anche peggiori dell’Industria sono però le performance occupazionali delle Costruzioni, che sin dal 2008 hanno registrato un calo continuo degli assunti: -34,8% negli ultimi quattro anni e addirittura -57,8% se si considera l’intero periodo della crisi. Alla contrazione dei lavoratori assunti corrispondono cali altrettanto significativi delle imprese attive sul mercato del lavoro, più che dimezzatesi rispetto al 2008, un dato pari a quasi due volte la media provinciale. I Servizi presentano invece andamenti occu-

pazionali migliori, evidenziando tra il 2011 e il 2014 un calo degli assunti che si limita al 7,4%, comunque nettamente più elevato di quello provinciale (-0,8%). Nello stesso periodo il peso del comparto è aumentato di quasi sei punti, attestandosi nell’ultimo anno al 77%, quasi due punti più elevato del dato della provincia nel suo insieme. Queste dinamiche sono il risultato di andamenti molto diversificati tra i vari settori. A parte l’anomalia delle altre attività professionali (nel quadriennio preso in esame si registra infatti un incremento del 172,5%, quasi interamente imputabile a una società di marketing), presentano valori positivi la logistica e le attività finanziarie (rispettivamente +10,2% e +5,3%), mentre modeste appaiono le flessioni, o comunque inferiori alla media dell’area, di informatica e comunicazione, dell’istruzione e dell’alloggio (-2,0%, -3,9% e -6,5%). Nettamente più negativo è invece l’andamento dei restanti settori terziari che presentano cali tutti superiori al 10%. Tra questi spicca, anche per la rilevanza del comparto, quello dei servizi alle imprese, che registra un ridimensionamento pari al 33,6% e che da solo spiega la metà della diminuzione dei lavoratori assunti nei Servizi del Vimercatese. Se si osservano i dati relativi alle imprese che assumono emerge un quadro ancor più preoccupante (-16,6%), derivante dal fatto che tutti i settori presentano un andamento negativo, anche quelli che hanno evidenziato performance positive per quanto riguarda gli assunti. Infine, la domanda di lavoro per qualifiche professionali evidenzia un ridimensionamento sia degli assunti con qualifiche professionali impiegatizie che operaie, in entrambi i casi nell’ordine di circa il 3%, mentre aumentano di quasi sei punti gli addetti alle vendite. Il calo degli avviati con qualifiche impiegatizie interessa principalmente i tecnici (poco più di tre punti percentuali) e in misura più contenuta gli impiegati e i dirigenti, mentre aumenta di due punti il peso degli assunti con qualifiche di professioni intellettuali. Tra gli avviati con qualifiche operaie il quadro appare più negativo, poiché la contrazione più accentuata riguarda proprio gli operai specializzati e in misura minore i conduttori di impianti, mentre in crescita risulta solo il personale non qualificato, tendenze prevedibili viste le dinamiche settoriali, con il forte calo dell’Industria e l’aumento della logistica.

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Rassegna di pubblicazioni

Milano Produttiva 2015

Rapporto Brianza economia 2015

Il Rapporto annuale della Camera di Commercio restituisce l’immagine di un’area metropolitana che, nonostante la pesante eredità del periodo più intenso della crisi sulle dinamiche della produzione, dell’occupazione e del reddito, si affaccia al 2015 con tutte le caratteristiche per poter esprimere al meglio il suo essere città dinamica, tenace e internazionale. La Milano fotografata nelle pagine di questo volume presenta le ombre di un peggioramento della disoccupazione, soprattutto giovanile, di una demografia di impresa che evidenzia un numero di cancellazioni ancora alto, di una flessione significativa delle costruzioni e di un arretramento dell’industria. Ma anche le luci di quasi 24mila nuove iscrizioni al Registro delle imprese della Camera di Commercio, della presenza dei più importanti gruppi multinazionali, di una massiccia terziarizzazione fortemente specializzata nei servizi più professionalizzati; di un manifatturiero che vanta produzioni di eccellenza in alcuni settori di punta (moda, design, cultura e creatività ma anche meccanica, ICT e food). E ancora di un forte grado di apertura verso l’estero e dello sviluppo dirompente di alcune forme di imprenditoria (start-up innovative). Una città dunque con un volto in cambiamento, anche a livello architettonico, protagonista del panorama mondiale grazie all’imminente apertura dell’Esposizione Universale, con prospettive rosee non solo per sé ma anche per il ruolo che può avere come traino e ossatura dell’intera nazione.

Il Rapporto, redatto dall’ufficio studi della Camera di Commercio Monza e Brianza, parte dalla presa di consapevolezza di un territorio che, pur rimanendo fedele alla propria tradizione manifatturiera e al proprio percorso, deve aprirsi al nuovo, al cambiamento insito nelle nuove generazioni, nei giovani che hanno tra le mani un know how consolidato e le sfide di un futuro in rapido cambiamento, nei makers, negli startuppers, nelle donne che oggi diventano le protagoniste dell’impresa. Il sistema imprenditoriale di Monza e Brianza, fatto perlopiù di micro e piccole realtà, a fine 2014 mostra un bilancio incoraggiante: con quasi 90mila sedi e unità locali d’impresa si colloca in quarta posizione a livello regionale, e evidenziando uno spiccato dinamismo del territorio. In Brianza negli anni della crisi la componente manifatturiera ha sofferto sia in termini di perdita di livelli produttivi e di fatturati, sia di riduzione del numero di imprese attive, ma ha resistito comparativamente meglio agli anni più difficili rispetto al resto d’Italia. All’interno dello studio sono inoltre presenti approfondimenti relativi alla presenza dei giovani, delle donne e degli stranieri nell’economia della Brianza, nonché una lettura dei principali indicatori del mercato del lavoro locale: a fine 2014, con un tasso di disoccupazione del 7,4% la Brianza si colloca al di sotto del dato nazionale (12,7%), ma anche di quello regionale (8,2%). Per quanto riguarda la performance sui mercati esteri, i dati disponibili permettono di ricostruire la serie storica del commercio estero provinciale a partire dall’anno 2010. ed emerge il profilo di un territorio con forti legami con i mercati esteri, in particolare una accentuata propensione all’export.

Camera di Commercio Milano, Milano Produttiva 2015, Bruno Mondadori, Milano, giugno 2015.

Camera di Commercio Industria, Artigianato, Agricoltura Monza Brianza, Rapporto Brianza Economia 2015.

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MILANO 2015 La Citta’ metropolitana sfide, contraddizioni, attese Il volume, edito dalla Fondazione Ambrosianeum, attraverso i contributi di autorevoli studiosi e interpreti della realtà milanese, riflette sul passaggio della provincia di Milano a Città metropolitana con l’obiettivo di approfondire il significato attuale e potenziale con un approccio multi e inter-disciplinare. Le diverse prospettive analitiche spaziano dalla giurisprudenza, all’urbanistica, dalla demografia all’economia, alla sociologia, alla politologia, all’antropologia e comprendono anche contributi più tecnici e specialistici, accendendo ciascuna aspetti di senso, criticità e opportunità che il nuovo assetto di governo comporta per la città e i suoi cittadini. La prima e più alta sfida per Milano metropolitana non è unicamente quella politico-amministrativa ma la necessità di definire una strategia territoriale che passi attraverso la ridefinizione e la condivisione di una nuova agenda urbana; i contributi qui raccolti hanno proprio il compito di tratteggiare temi e, prima ancora, metodi di lavoro che, attraverso la negoziazione e la sperimentazione su programmi di azione circoscritti e realistici, possono contribuire a costruirne il senso e a far emergere una visione condivisa delle città e del suo futuro

IDENTITÀ MILANO Milano è una città complessa, articolata, difficile. La sua identità non è esibita, ma caratterizzata da un sobrio riserbo, una storica abitudine all’understatement. Questo volume raccoglie frammenti essenziali del percorso che nel 2014 è stato promosso – grazie alla convenzione tra il Comune di Milano e la Triennale – attorno al tema dell’identità di Milano. Un’indagine costruita come esperienza collettiva, innescando una riflessione che ha coinvolto creativi, operatori culturali, artisti, istituzioni e cittadini di Milano, nel tentativo di riordinare le idee sui riferimenti obbligati dell’identità milanese, ma anche di aprire un dibattito sui segni che oggi sono sotto traccia, in fase di generazione. Un contributo che cerca di dare basi alla voglia di futuro dei milanesi e, allo stesso tempo, dare a questo futuro una storia condivisa. IDENTITÀ MILANO, AA.VV Corraini Edizioni, 2015.

Ambrosianeum Fondazione Culturale, Milano 2015. La città metropolitana. Sfide, contraddizioni, attese, a cura di Rosangela Lodigiani, Franco Angeli, 2015.

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Booklet Economia La Lombardia nel confronto nazionale ed internazionale Lo studio di Assolombarda rappresenta un aggiornamento flash sulla congiuntura economica lombarda rispetto agli altri motori d’Europa: Baden Württemberg, Bayern, Cataluña, Rhône Alpes e alle altre grandi regioni del Nord Italia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna. Nei primi nove mesi del 2015 il quadro economico lombardo continua a mostrare una intonazione positiva, anche se permangono alcune ombre. Recupera per il quinto trimestre consecutivo la produzione manifatturiera, ma rimane ampio il divario tra grandi imprese, in stabile ripresa, e piccole imprese, in affanno. La crescita dell’attività manifatturiera in Lombardia è in linea con Cataluña e Piemonte, ma più debole del BadenWürttemberg. Accelera l’export, con i contributi di Ue e extra Ue che tornano uniformi e entrambi positivi, ma la Lombardia corre meno dei benchmark sui mercati esteri. Si rafforzano i riflessi positivi sul mercato del lavoro: scende la disoccupazione e al contempo sale l’occupazione, continua a ridursi la CIG e il lavoro interinale cresce a tassi elevati, con più richieste di personale più qualificato rispetto al recente passato. Infine, le prospettive per gli ultimi mesi del 2015 sono positive grazie a una maggiore fiducia del terziario innovativo e soprattutto dei consumatori, anche se le imprese manifatturiere mostrano una maggior cautela rispetto a qualche mese fa. Centro Studi Assolombarda, Booklet Economia La Lombardia nel confronto nazionale ed internazionale n.01/novembre 2015.

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Investire sul territorio Il Rapporto, realizzato da Assolombarda, Camera di Commercio Milano e TeMA, presenta informazioni raccolte e organizzate per rispondere alle esigenze delle imprese che stanno valutando la possibilità di investire sul territorio di Città metropolitana. Le questioni principali trattate, con un dettaglio a scala comunale, riguardano il mercato degli immobili business, le dinamiche del sistema produttivo locale, gli interventi infrastrutturali in cantiere a supporto dell’attività delle imprese. Il criterio adottato nella scelta dei dati presentati è stato proprio quello di privilegiare la loro significatività in rapporto alla valutazione dell’area come territorio di localizzazione di un investimento produttivo. Da questo rapporto è escluso il territorio del comune capoluogo, oggetto di uno specifico Dossier, una esclusione motivata in particolare dalla volontà di far emergere le potenzialità dei diversi ambiti di Città metropolitana. Il quadro di riferimento è quello di un’area tra le più importanti del Paese e con una buona dinamicità e vivacità del tessuto imprenditoriale, un significativo insediamento di startup innovative ma con un andamento stagnante del mercato degli immobili di impresa, uffici e capannoni Assolombarda, Camera di Commercio Milano, TeMA territori mercati ambiente, “1° Osservatorio Città Metropolitana – Investire sul Territorio”, Milano 2015.


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Artigiani del proprio destino. Rapporto 2015 Artigianato e piccole imprese Il titolo del quinto rapporto annuale dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia mette l’attenzione sul fatto che credere nel proprio lavoro, impiegare ogni forza e risorsa per riuscire al meglio, essere capaci di leggere i segnali del mercato e rispondere con creatività e tempestività rende gli artigiani una preziosa risorsa dell’economia lombarda per affrontare le trasformazioni in atto e trovare le soluzioni a condizioni sfidanti. Il Rapporto, pur dando conto degli anni difficili e della persistenza delle difficoltà legate al credito, alla burocrazia, ad una tassazione tra le più alte d’Europa, agli alti costi dell’energia, mette in luce come la Lombardia nel 2014 sia la prima Regione Europea per numero di imprese artigiane, per valore aggiunto da esse prodotto e per il numero di addetti impegnati. Nel volume, la ricca e dettagliata analisi degli indicatori utili per ricostruire il quadro dell’artigianato lombardo dal punto di vista delle imprese, dell’occupazione, delle specializzazioni settoriali, del ruolo dell’innovazione e dell’internazionalizzazione, è accompagnata dai racconti di cinque imprenditori artigiani, “artefici del proprio destino”, che in un focus group hanno raccontato e si sono raccontati. Quello che emerge sono temi e valori trasversali ma anche soluzioni non scontate e un diffuso ottimismo verso un futuro che non viene mai subìto ma piuttosto anticipato, con risposte adeguate e con la capacità di adattamento a nuovi contesti che è un grande punto di forza delle imprese artigiane. Confartigianato imprese Lombardia, settembre 2015.

Deindustrializzazione e terziarizzazione: trasformazioni strutturali nelle regioni del Nord Ovest Il lavoro esamina l’evoluzione recente delle economie del Nord Ovest italiano e fornisce un quadro di alcune caratteristiche strutturali del sistema produttivo di quest’area del paese, concentrandosi in particolare su quei fenomeni di deindustrializzazione e terziarizzazione che hanno posto importanti sfide alla sua competitività. Dal confronto con un gruppo di regioni europee definibili come “industriali avanzate” emerge tra il 2000 e il 2007 una dinamica economica del Nord Ovest nettamente più lenta, con un divario che si è accentuato sul finire del decennio scorso in connessione con la crisi economica. La prima parte del volume mette in evidenza come il fenomeno della deindustrializzazione abbia assunto nel Nord Ovest caratteristiche peculiari rispetto alle regioni del cluster di riferimento, con uno spostamento meno netto verso produzioni industriali ad alto contenuto tecnologico. La seconda parte del volume si concentra su alcuni aspetti specifici del sistema economico (imprese, capitale umano, innovazione, sistema finanziario) che si sono evoluti in connessione con la deindustrializzazione e la terziarizzazione dell’area e che hanno avuto un impatto rilevante sulla dinamica della produttività. Il sistema produttivo del Nord Ovest, pur mostrando in media evidenti ritardi rispetto alle regioni più industrializzate d’Europa, è popolato tuttavia da alcune realtà imprenditoriali altamente competitive, leader a livello internazionale. La crescita di lungo periodo dell’area dipende dalla valorizzazione di queste eccellenze e dalla capacità di favorire l’investimento in innovazione, anche attraverso intermediari e strumenti - di cui l’area è maggiormente dotata rispetto al resto del paese - più appropriati per il finanziamento delle attività innovative. Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional papers) - Deindustrializzazione e terziarizzazione: trasformazioni strutturali nelle regioni del Nord Ovest, luglio 2015.

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Centro Studi PIM Centro Studi per la Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana

Cos’è il Centro Studi PIM Il Centro Studi PIM (Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana, già Piano Intercomunale Milanese) è un’associazione volontaria di Enti Locali senza scopo di lucro che svolge attività di supporto tecnico-scientifico e operativo nei confronti della Città metropolitana di Milano, della Provincia di Monza e Brianza, dei Comuni di Milano e di Monza e degli altri 64 Comuni associati, nonché di altri soggetti pubblici, in materia di governo del territorio, ambiente e infrastrutture (www. pim.mi.it).

LO SCOPO Le attività istituzionali del Centro Studi PIM hanno come oggetto specifico: 1. lo svolgimento, anche in collaborazione con altri istituti ed enti, di studi, indagini e ricerche riguardanti le dinamiche e le problematiche di assetto e di sviluppo territoriale; 2. lo svolgimento di attività di supporto alla gestione di banche dati e di sistemi informativi su aspetti e temi particolarmente significativi per le politiche territoriali; 3. lo svolgimento di specifiche attività a favore dei Soci, da qualificare in programmi annuali di attività, in particolare per quanto attiene alla predisposizione di studi su problematiche territoriali e all’attività di collaborazione e assistenza nella redazione dei rispettivi atti di programmazione, pianificazione e progettazione. Nel perseguimento dei propri fini istituzionali, il PIM può svolgere ulteriori attività accessorie anche di natura commerciale a carattere non prevalente, dirette al miglior utilizzo delle risorse umane, materiali e conoscitive, su richiesta degli stessi Soci, di altri Enti pubblici o di soggetti privati. LE ATTIVITÀ Nella sua cinquantennale esperienza il PIM ha realizzato un vastissimo repertorio di studi, ricerche e progetti riguardanti non solo la pianificazione territoriale, ma anche interventi operativi in materia di infrastrutture di mobilità, di sistemazione ambientale, di sviluppo socio-economico locale. Coerentemente con la sua missione istituzionale, il Centro Studi PIM ha infatti prodotto o collaborato alla redazione dei principali documenti di pianificazione generale e settoriale dell’area metropolitana milanese (PTCP di Milano e PTCP di Monza e Brianza) e ha promosso e sviluppato idee-progetto

che oggi sono diventate concrete realizzazioni, come il “passante ferroviario” o i parchi metropolitani. Negli ultimi vent’anni, accanto agli studi di pianificazione territoriale più tradizionali, il PIM ha elaborato documenti di pianificazione strategica/d’area e di pianificazione paesistico-ambientale. Più recentemente, il PIM ha collaborato alle attività volte alla costituzione della Città Metropolitana di Milano e, in particolare, alla predisposizione del suo Piano strategico. Inoltre, hanno acquisito sempre più rilievo i temi della pianificazione del traffico e della viabilità, della pianificazione-progettazione integrata delle grandi infrastrutture e della viabilità metropolitana, nonché della riqualificazione e potenziamento delle reti e dei servizi di mobilità. Oltre a ciò, il Centro Studi PIM ha condotto significative esperienze nel campo del coordinamento delle politiche e degli strumenti per la riqualificazione e lo sviluppo del territorio e dell’ambiente. Successivamente all’entrata in vigore della LR 12/2005, il Centro Studi ha predisposto e/o collaborato a numerosi processi di pianificazione urbanistica locale e di Valutazione Ambientale Strategica, a partire dal PGT di Milano. SERVIZI AI SOCI Accanto alle attività di supporto tecnicoscientifico e operativo di carattere generale, il PIM mette a disposizione dei Soci una vasta gamma di servizi. In particolare, il PIM: • compie elaborazioni cartografiche, a partire dal proprio Sistema Informativo Territoriale (SIT); • pubblica, nella collana Argomenti & Contributi, monografie su temi riguardanti territorio, paesaggio-ambiente, mobilità e sviluppo socio-economico; • realizza una Newsletter che, oltre a fornire informazioni sull’attività del


Centro Studi, si incarica di “fare il punto” su temi d’interesse sia per i Soci sia per una platea più vasta di specialisti in materie territoriali; • appronta un canale Youtube PIM che riproduce interviste e servizi video su temi di interesse metropolitano; • predispone un servizio di selezione della normativa di interesse per gli Enti locali, accompagnato da segnalazioni e commenti sulle novità in tema di giurisprudenza e normativa stessa; • svolge un servizio di “pronta consulenza” in ordine alle materie di propria competenza; • organizza cicli formativi dedicati ad amministratori e tecnici degli Enti pubblici e a liberi professionisti a supporto del miglior governo del territorio e incontri/seminari di discussione su questioni territoriali. Informazioni più dettagliate sono contenute nei volumi “Attività del Centro Studi PIM. Rendiconto e Programma”, pubblicati per ogni annualità, e sono comunque disponibili sul portale web del PIM. STRUMENTI In relazione ai propri compiti istituzionali e al tipo di attività svolte, il PIM dispone di un archivio cartografico storico e gestisce un Sistema Informativo Territoriale (SIT), in grado di offrire un quadro conoscitivo ampio e aggiornato sul territorio della regione urbana milanese. Tale strumento è articolato in sei sezioni tematiche integrate, progettate secondo una logica GIS (Geographic Information System): SIT-PGT, SIT Progetti urbani, Mosaico informatizzato dei Piani delle aree regionali protette-MOSPAR, SITMobilità, Banca dati socio-economica, Archivio cartografico storico. ESPERIENZA E COMPETENZA Sono diversi i fattori che concorrono a ga-

rantire la qualità della “produzione” PIM: figure professionali di elevata competenza ed esperienza, metodo di lavoro interdisciplinare, capacità di costruire reti di relazioni tecniche ed istituzionali, ricchezza dei dati e delle informazioni disponibili, strumentazione informatica avanzata, sistema di gestione per la qualità certificato ISO 9001:2008. ELENCO DEI SOCI Oltre alla Città metropolitana di Milano e alla Provincia di Monza e Brianza, sono attualmente soci del Centro Studi PIM i Comuni di Milano, di Monza e altri 64 Comuni dell’area milanese e briantea: Abbiategrasso, Arcore, Arese, Assago, Baranzate, Bareggio, Barlassina, Basiglio, Bellusco, Besana in Brianza, Binasco, Buccinasco, Caponago, Carpiano, Cassano d’Adda, Cassina De’ Pecchi, Castano Primo, Cesano Boscone, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo, Cormano, Corsico, Cusago, Dairago, Desio, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Giussano, Gorgonzola, Lacchiarella, Lainate, Liscate, Lissone, Locate Triulzi, Meda, Melegnano, Melzo, Nova Milanese, Novate Milanese, Opera, Pantigliate, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pregnana Milanese, Rho, Rozzano, San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Segrate, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Seveso, Solaro, Trezzano sul Naviglio, Truccazzano, Vanzago, Vernate, Vizzolo Predabissi, Zelo Buon Persico, Zibido San Giacomo. ADESIONE E RAPPRESENTANZA Possono diventare soci del Centro Studi PIM tutti i Comuni della Regione che ne deliberino l’adesione. Ogni Ente Comunale Socio del Centro Studi PIM è titolare di una quota associativa ogni mille abitanti o frazione di mille abitanti residenti sul proprio territorio.

La Città metropolitana di Milano e la Provincia di Monza e Brianza sono titolari di un numero di quote associative calcolate secondo il criterio di una quota ogni tre mila abitanti o frazione di tre mila abitanti residenti nelle rispettive aree di riferimento. GLI ORGANI DEL CENTRO STUDI PIM L’Assemblea dei Soci è costituita dai rappresentanti degli Enti associati, in persona del Sindaco di ciascun Comune, del Sindaco di Città metropolitana di Milano e del Presidente della Provincia di Monza e Brianza o Assessore o Consigliere da loro delegato. Il Consiglio Direttivo, eletto nel corso della 99ª Assemblea dei Soci (dicembre 2014), è composto da 5 membri effettivi tra cui il Presidente, 1 dei quali di diritto indicato dal Comune di Milano, 1 dalla Città Metropolitana di Milano, i restanti eletti dall’Assemblea. STRUTTURA TECNICO-OPERATIVA È composta da 17 dipendenti, in maggioranza figure professionali altamente qualificate: accanto agli specialisti in materie urbanistiche e territoriali operano esperti in economia regionale, in viabilità e trasporti, in tecnologie ambientali, in pianificazione paesistica e in gestione di SIT. BILANCIO Il bilancio, improntato a equilibrio fra costi di gestione e risorse disponibili, è pari a 1,5 milioni di € circa. Le entrate sono prevalentemente costituite dai contributi degli Enti associati, stabiliti in misura corrispondente alle rispettive quote associative. Un’ulteriore fonte di entrata è rappresentata dai proventi derivanti da attività di natura commerciale, affidate al PIM dagli stessi Soci e da altri Enti pubblici.


NUMERI DI ARGOMENTI & CONTRIBUTI PUBBLICATI 1. PROGETTI INFRASTRUTTURALI E TERRITORIO NELL’AREA MILANESE E LOMBARDA - giugno 2001 2. INFRASTRUTTURE STRATEGICHE PER MILANO E LA LOMBARDIA E “LEGGE OBIETTIVO” - maggio 2002 3. STUDIO-PROGETTO D’AREA SUD MILANO - luglio 2002 4. EMERGENZA TRAFFICO IN BRIANZA Pedemontana, metropolitane, ferrovie: dai progetti alle concrete realizzazioni - luglio 2002 5. ABITARE NELL’AREA METROPOLITANA MILANESE Le politiche di intervento di fronte alla nuova domanda e alla crisi del modello tradizionale - gennaio 2003 6. LA MAPPA DEI CAMBIAMENTI SOCIO-ECONOMICI E TERRITORIALI NELLA REGIONE URBANA MILANESE Primi risultati dei Censimenti 2001 - gennaio 2003 7. L’AREA METROPOLITANA MILANESE Idee e progetti per il futuro - giugno 2003 8. DAL MONDO NUOVO ALLA CITTÀ INFINITA Cento anni di trasformazioni e progetti nell’area milanese - giugno 2004 (ried. maggio 2007) 9. I NAVIGLI, LA CITTÀ E IL TERRITORIO - ottobre 2004 10. IL PAESAGGIO, LA NATURA, LA CITTÀ Le aree verdi nella configurazione del territorio metropolitano - luglio 2005 11. LE TRE CITTÀ DELLA BRIANZA Temi e prospettive della nuova Provincia – dicembre 2006 12. IL MAL D’ABITARE Opportunità e difficoltà di fronte alla nuova questione abitativa nell’area milanese – novembre 2008 13. BENI CULTURALI E SVILUPPO DEL TERRITORIO Le ville storiche del milanese – novembre 2009 14. LUOGHI URBANI E SPAZIO METROPOLITANO Un racconto attraverso piani, funzioni e forme insediative – febbraio 2011 15. SPAZIALITA’ METROPOLITANE Economia, società, territorio – giugno 2016 Gli arretrati sono disponibili per amministratori e tecnici degli Enti associati al PIM che ne facciano richiesta, nonché per gli organismi Istituzionali interessati. Copie digitali sono scaricabili sul portale del Centro Studi www.pim.mi.it




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