Atlante del Consumo di suolo in Provincia di Milano

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Collana Quaderni del Piano Territoriale La Provincia di Milano è impegnata in un processo di pianificazione attiva che necessita di strumenti di comunicazione e di ampio confronto con la società, con i Comuni, con il mondo dell’economia e della cultura, per conseguire il più ampio consenso sulle scelte operate. Ai processi di formazione, modifica e attuazione del Piano si accompagnano momenti di verifica, convegni e seminari su temi e problemi specifici di rilevante interesse, per definire una strategia di intervento condivisa tra Provincia e Comuni, capace di confrontarsi efficacemente con le strategie degli altri attori territoriali. La complessità dell’area metropolitana milanese è fonte continua di riflessioni e di esperienze, da verificare anche in riferimento alle altre realtà nazionali ed europee, per contribuire a costruire una conoscenza comune sui problemi del territorio e a definire attività di governo e di promozione delle grandi trasformazioni. Questa Collana si pone l’obiettivo di restituire la ricchezza e l’articolazione dei prodotti di ricerca e delle proposte in corso di elaborazione, con l’ambizione di mantenere vivo il dibattito sull’intero processo di pianificazione del territorio dell’area milanese e di rendere partecipi tutti i soggetti alle fasi di approfondimento e gestione del piano territoriale.


Quaderni del Piano territoriale La collana raccoglie le analisi, gli studi e gli approfondimenti realizzati dagli uffici della Provincia di Milano con particolare riguardo alla definizione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Ogni quaderno contiene ricerche su specifici temi, riferiti in modo sostanzialmente omogeneo ai settori di analisi ed approfondimento disciplinare, tra i quali le infrastrutture, l’ambiente, il paesaggio, l’assetto insediativo e cosio-economico, utilizzando quale strumento di analisi il Sistema Informativo Territoriale Assessore Provinciale alla Politica del territorio e parchi, Agenda 21, Mobilità ciclabile, Diritti degli animali: Pietro Mezzi Direzione centrale Pianificazione e Assetto del territorio: Direttore, Emilio De Vita Gruppo di lavoro: Provincia di Milano: Isabella Susi Botto, Cinzia Cesarini, Marco Felisa (coordinatore), Elena Ferrari, Giovanni Roberto Parma Sistema Informativo Territoriale (SIT) della Provincia di Milano: Marco Broglia, Franco Comelli Centro Studi PIM: Franco Sacchi (direttore responsabile), Fabio Bianchini (capo progetto), Angelo Armentano, Francesca Cella, Piero Nobile, Alma Grieco, Cinzia Vanzulli [staff PIM]; Laura Boi (cap. 3 e par. 4.3), ImaginAir srl (elaborazioni immagini satellitari) [collaboratori esterni] Progetto grafico e impaginazione: Centro Studi PIM, Milano e Good Print, Peschiera Borromeo

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Quaderni del Piano territoriale n.28

Consumo di suolo Atlante della Provincia di Milano



CONSUMO DI SUOLO E SOSTENIBILITÀ DELLE TRASFORMAZIONI La pianificazione e la gestione del territorio nell’area metropolitana milanese è problema di grande complessità. A fronte di tale fenomeno, è necessario riaffermare l’importanza di un approccio sovracomunale ai problemi territoriali in grado di collocare in una visione di ampio respiro la ricerca delle soluzioni ai problemi strutturali. Lo sviluppo urbano dell’area milanese si è caratterizzato negli ultimi decenni per la dispersione degli insediamenti, la dequalificazione del paesaggio e per le forti pressioni sull’ambiente. In tale contesto, emerge la necessità di un disegno territoriale che sappia indirizzare la crescita ponendo al centro la questione del contenimento del consumo di suolo. Le analisi effettuate in questi anni mostrano che in media nella Provincia di Milano la quota di suolo consumato è pari al 35%, ma tale valore cresce fino al 42% se si tiene conto delle previsioni urbanistiche già contenute negli strumenti vigenti. Il presente approfondimento utilizza anche strumenti di lettura satellitare quale confronto e riscontro dei dati urbanistici; le analisi delle immagini “spot” consentono di approfondire i temi dell’attuazione delle previsioni e del rapporto reale tra pieni, vuoti e pianificazione. La legge regionale 12 del marzo 2005 indica la minimizzazione del consumo di suolo tra gli obiettivi della pianificazione territoriale, obiettivi coi quali si devono confrontare il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp) e i nuovi Piani di Governo del Territorio (Pgt), che i Comuni sono chiamati a redigere. Il lavoro che la Provincia di Milano ha svolto in questi anni ha posto al centro dell’attenzione il significato di sostenibilità, introducendo per la tutela della risorsa suolo un approccio alla pianificazione non vincolistico, ma basato su meccanismi di conciliazione delle concrete esigenze di sviluppo delle realtà locali con il progetto di equilibrio complessivo delle risorse del territorio. Il modello che il Ptcp propone è ispirato ad alcuni principi basilari, quali il rifiuto di una concezione dissipativa di uso del suolo, l’incentivo al riuso dell’esistente, il completamento e la compattazione degli insediamenti, la polarizzazione sui contesti urbani caratterizzati da migliori condizioni di accessibilità, la qualificazione in senso sostenibile delle trasformazioni, la tutela dei grandi spazi aperti naturali e la valorizzazione dei territori dedicati all’agricoltura. Il Ptcp contiene la proposta, ambiziosa, di contenere il grado di urbanizzazione medio nella Provincia di Milano entro il 45% (com’è noto la letteratura scientifica sostiene che, superato il limite del 55%, un territorio è nell’impossibilità di rigenerarsi dal punto di vista ecologico e ambientale). L’affermazione del Ptcp è quindi un’importante esplicitazione di un obiettivo quantitativo che dovrà essere assunto quale riferimento per la stessa Provincia e per le amministrazioni locali impegnate nella definizione dei loro strumenti urbanistici. Per compensare le quote di consumo di suolo, nel Piano sono previsti meccanismi virtuosi, finalizzati alla qualificazione eco-sostenibile degli sviluppi, prioritariamente per quel che riguarda gli aspetti energetici, alla compatibilità


paesistico-ambientale e alla realizzazione di grandi progetti strategici provinciali quali la Dorsale Verde Nord Milano e il sistema dei parchi locali di interesse sovracomunale (Plis). In generale lo strumento di pianificazione territoriale provinciale vuole incentivare i processi perequativi volti a liberare quote di suolo già urbanizzato o urbanizzabile, in una logica di perseguimento di un bilancio nullo in termini di consumo di suolo. Il quadro progettuale, in tale contesto, dovrà essere composto perciò anche da un sistema di spazi non urbanizzati qualificati, basato sul progetto di rete ecologica provinciale e in grado di costituire un argine all’espansione insediativa e alla saldatura dei centri abitati. A fronte di tale complessità, è indispensabile affinare gli strumenti di conoscenza, ricostruendo, rappresentando e divulgando informazioni relative allo stato d’uso e di artificializzazione del suolo. Solo partendo da basi analitiche affidabili e condivise sarà possibile affrontare una sfida tanto impegnativa. Pietro Mezzi Assessore alla Politica del territorio e parchi della Provincia di Milano


PRESENTAZIONE Il primo necessario passo per affrontare il tema del consumo del suolo è disporre di dati attendibili e aggiornati. Sulla base di questi è possibile rappresentare le dinamiche in atto e tentare la previsione di scenari evolutivi, spingendoci fino ad immaginare strumenti sempre più fini di controllo e verifica per validare strategie, politiche, indirizzi. A tali obiettivi intende contribuire il presente volume. Tuttavia la questione non si esaurisce certo nella statistica e l’individuazione delle strategie che meglio interpretano gli obiettivi socialmente auspicabili deriva dalla scelta tra opzioni ben ponderate. Per ciò, se è certo importante tenere il polso della situazione e registrare lo sfruttamento progressivo della risorsa “suolo”, non di meno è una considerazione più consapevole ed articolata del fenomeno (che necessariamente deve abbracciare una prospettiva culturale più ampia) quella capace di ricondurlo dai suoi effetti immediati alle cause remote. Al di là delle contingenze specifiche, infatti, la trasformazione dei suoli è solo la più vistosa ricaduta territoriale del nostro modello di sviluppo, cioè una declinazione particolare della nostra “società dei consumi”, fin qui basatasi sulla fiducia nella crescita indefinita, idea che presuppone l’illimitata disponibilità delle risorse. Da tempo questa idea mostra la corda. Continuando a prevalere in economia il modello di sviluppo impostato sul “consumo”, e, data la centralità dell’economia nel nostro sistema sociale, la nostra filosofia di vita e le nostre linee di condotta finiscono concretamente per essere condizionate da logiche “consumistiche”. È lecito chiedersi, vigendo tali logiche, perché mai dovrebbe il suolo non essere consumato al pari di ogni altra cosa? è del resto facile confortarsi circa il consumo del suolo leggendolo come indice di sviluppo, il chiaro sintomo che la locomotiva dell’economia tira. Il nostro attuale problema è però definire fino a che punto possano essere messi in equilibrio sviluppo e sostenibilità. Nelle società avanzate contemporanee l’accesso al consumo, favorito dal crescente potere d’acquisto, è divenuto non solo sempre più facile, ma venendo meno certi retaggi pauperistici e remore indotte dall’arcaico modello contadino (per il quale “conservare” è un valore e “consumare” solo una necessità), è divenuto pratica sempre più disinibita, disinvolta, pervasiva, socialmente preponderante. Per avere una rappresentazione degli effetti di ciò in riferimento al consumo del suolo in Italia basta por mente alle meravigliose foto Alinari degli anni Trenta/Quaranta, che raffigurano quello che a buon diritto meritava ancora l’appellativo di Bel Paese. La raggiunta capacità di trasformazione dell’ambiente operata dalla moderna tecnica e industria hanno messo le società occidentali in grado di realizzare un modello di sviluppo che ha assicurato sino ad oggi il godimento di uno standard di vita privilegiato e dissipatore di risorse, possibile perché riservato ad una minoranza della popolazione mondiale. Il concetto di limite delle risorse e di un loro più responsabile utilizzo è un argomento sgradito alle orecchie di chi nega pericoli ecologici imminenti e ritiene, di fronte alla minaccia di recessione provocata dall’attuale crisi


mondiale, di fare ogni sforzo per fare ripartire la crescita, con priorità assoluta rispetto alle politiche ambientalistiche che potrebbero frenarla. Se la crescita indefinita non è possibile e la fuga in una ruralizzazione di ritorno sembra più l’esito di una sconfitta che un sogno da accarezzare, non resta forse che la via verso la “stabilizzazione” o decrescita così come la descrive uno studioso oggi assai in voga come Serge Latouche. Come ha recentemente scritto Sergio Ruffolo: “Il fatto vero è che non c’è compatibilità tra equilibrio ecologico e crescita; mentre, invece, si può rendere compatibile l’equilibrio ecologico con l’equilibrio economico. Una economia prospera con una economia non distruttiva. Ciò richiede però un radicale mutamento di paradigma: culturale e morale prima che economico”. Sembra proprio di sentire il richiamo a quel “principio di responsabilità” di cui ha parlato il filosofo Hans Jonas, che si sostanzia in un inedito atteggiamento di “cura” nei confronti della Natura a cui siamo piuttosto abituati a “strappare” i frutti, e che ci rende consapevoli dei nostri doveri verso le generazioni future. Anche quando si ha che fare con scelte apparentemente modeste, come preferire il riuso alla nuova edificazione. Vittorio Algarotti Presidente del Centro Studi PIM


INDICE Premessa ............................................................................... 11

Parte prima DAI DATI STORICI AI POSSIBILI SCENARI EVOLUTIVI 1

Il quadro di riferimento ...................................................... 15

1.1 Il quadro di riferimento generale ............................................ 15 1.2 Gli obiettivi della ricerca ...................................................... 16 1.3 Il tema del consumo di suolo nell’Unione Europea ........................ 17 1.4 Il consumo di suolo secondo la Regione Lombardia ....................... 24 1.5 Il consumo di suolo nel PTCP della Provincia di Milano ................... 27 1.6 L’evoluzione delle tecniche per il calcolo del consumo di suolo ........ 30 1.7 Il disegno del territorio ........................................................ 34 2

Verso scenari futuri ........................................................... 49

2.1 L’evoluzione storica del fenomeno fra modalità ........................... 49 di sviluppo e mutamenti territoriali 2.2 Il tema del consumo di suolo in Lombardia ................................. 55 2.3 Il consumo di suolo in Provincia di Milano .................................. 60 2.4 Il consumo di suolo negli ambiti territoriali omogenei .................... 64 2.5 La rilevazione satellitare ...................................................... 82 2.6 Gli scenari futuri ................................................................ 88

Parte seconda APPROCCI TEORICI E PROPOSTE OPERATIVE 3

Approcci teorici ed esperienze internazionali .......................... 98

3.1 Gli approcci teorici al tema del consumo di suolo ......................... 98 3.2 Le politiche per lo sviluppo del territorio ................................. 104 e il contenimento del consumo di suolo in Europa 4

Le proposte operative ...................................................... 109

4.1 Le aree di frangia e le nuove politiche ambientali ...................... 110 4.2 Gli spazi aperti fra mercato e territorio: .................................. 113 le nuove politiche ambientali 4.3 Nuovi strumenti per il contenimento del consumo di suolo ............ 116 4.4 Appunti per un contributo propositivo per la tutela dei suoli .......... 122



PREMESSA Nel territorio della provincia di Milano fino alla fine dell’Ottocento, i nuclei urbani costituivano ambiti densamente “costruiti”, e la campagna che si estendeva tutt’attorno, appariva intensamente coltivata e legata alla città da stretti rapporti commerciali, inprincipale sbocco di mercato delle produzioni agricole, quanto sede degli investimenti dei maggiori proprietari terrieri, nobili ed enti religiosi. L’attività edilizia era associata a una contestuale attività di costruzione della città e del territorio, fra desiderio di socialità e attività di cura del suolo. Questo sostanziale equilibrio tra centri urbani e spazio rurale si è conservato fino alla prima metà del XX secolo, quando ancora la campagna era oggetto di investimenti e di interesse da parte della città e ne rappresentava un contesto ben conosciuto e descritto. Con il passaggio da un’economia agricolo-industriale a una industriale matura, il tradizionale sistema insediativo diffuso nel territorio si modifica verso la concentrazione urbana e diventa determinante la collocazione geografica della città, al centro di un sistema di comunicazioni già ben strutturato. Fino agli anni ’60, gli investimenti, le cure e le attenzioni programmatorie sono tutte rivolte all’espansione della città e al rafforzamento delle reti infrastrutturali, mentre l’agricoltura perde terreno; l’espansione dei mercati legati all’industria compromette il rapporto tra la città e le sue campagne. Il crescere dell’urbanizzazione, dapprima compreso nei comuni di prima cintura e nei comuni del nord e del nord-ovest milanese, tende in seguito a coinvolgere, il territorio agricolo a sud di Milano, fino ad allora rimasto escluso dallo sviluppo. Oggi siamo in presenza di dilatazione dello “spazio metropolitano” alla scala regionale, con il pieno coinvolgimento di tutto il vasto territorio che storicamente intrattiene forti relazioni funzionali con Milano, la cosiddetta “regione urbana Milanese”. Questo salto di scala dello sviluppo e dell’organizzazione urbana ripropone, anche in assenza della crescita di abitanti e di posti di lavoro, il problema del consumo di suolo e della compromissione delle risorse territoriali. Le basse densità residenziali, la “fabbrica diffusa”, i grandi centri commerciali e della logistica, le multisale cinematografiche e tutto quant’altro corrisponde agli odierni modelli di vita e di consumo, stanno sempre più restringendo e marginalizzando gli spazi aperti, rompendo equilibri di importanza vitale per la qualità dei contesti territoriali in cui vivono milioni di persone. L’eccessiva attenzione al progetto urbano, nei suoi episodi più simbolici, ha fatto perdere di vista un approccio complesso e globale che tenga conto del territorio e dell’ambiente, mentre la fitta rete infrastrutturale viaria, che segna il territorio provinciale, persegue semplicemente la logica di nuovi assi di trasporto, con scarsa attenzione alla possibilità di divenire elementi ordinatori delle gerarchie territoriali e di conseguenza degli spazi attraversati.

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A fronte di dinamiche demografiche sostanzialmente stazionarie, il problema del consumo di suolo è reso più grave dalla continua richiesta di aree da edificare, alimentata dalle rinnovate spinte insediative che muovono dal capoluogo verso le aree più periferiche della provincia, senza un’adeguata pianificazione e con sempre maggiori livelli di congestione sulla rete infrastrutturale. In questo senso, quando saranno sviluppati tutti gli strumenti urbanistici comunali, l’area urbanizzata dall’attuale 35% balzerà al 42%, un valore pericolosamente prossimo alla soglia di sostenibilità del 45% definita dal PTCP e in linea con i valori definiti dalla letteratura scientifica sul tema, oltre la quale i terreni non garantiscono più la rigenerazione ambientale. Il suolo rappresenta, infatti, una risorsa naturale non rinnovabile e ogni suo degrado (erosione, cementificazione, inquinamento, ecc.) comporta una perdita, delle funzioni produttive, agricole e forestali, e paesaggistiche, ecologiche e idrogeologiche. In particolare, le rinnovate spinte all’urbanizzazione del territorio, con le città che crescono a dismisura senza una organica pianificazione ecologica, e l’incremento della mobilità su gomma, comportano alterazioni, danni all’agricoltura, sprechi energetici, riduzione della qualità del paesaggio e dell’ambiente e perdite irreversibili di suoli. Queste brevi riflessioni rendono evidente, per l’Amministrazione provinciale, la necessità, nel quadro del recente dibattito sul tema della tutela del suolo, di avviare la redazione di un “Atlante del consumo di suolo” in provincia di Milano con l’obiettivo di ricostruire l’evoluzione del fenomeno nel più recente periodo e tracciare i possibili scenari evolutivi, evidenziando i differenti approcci al tema e valutando la possibilità di introdurre meccanismi virtuosi che leghino il contenimento del consumo di suolo allo sviluppo qualificato degli insediamenti. L’attività di monitoraggio del consumo di suolo appare utile per orientare le politiche di governo del territorio e, in particolare, proprio per la messa a punto di strumenti atti al contenimento del fenomeno. La scala provinciale appare indubbiamente la più indicata per affrontare il problema del consumo di suolo in quanto per dimensione territoriale e capacità, alla Provincia spetta il compito della definizione di politiche integrate di sviluppo territoriale e quindi anche di strumenti per il monitoraggio e il contenimento del consumo di suolo. A fronte della ridotta capacità di contrattazione da parte dei Comuni nei confronti di fenomeni che hanno natura e impatti sovracomunali, il ruolo dell’Amministrazione provinciale acquista una maggior valenza, a partire dall’avvio di un dibattito sul tema della tutela dei suoli, nell’ottica di trovare soluzioni differenti per sostenere i bilanci degli enti locali, preservando le risorse territoriali, introducendo principi di fiscalità ambientale, nuove forme di compensazione ecologica, in un sistema di regole finalizzato a ridurre lo spreco di suolo libero.

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Parte prima

DATI STORICI E POSSIBILI SCENARI EVOLUTIVI


L’area metropolitana milanese vista dal satellite (Fonte Google Earth 2008)


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IL QUADRO DI RIFERIMENTO

Il crescere dell’urbanizzazione, che ha caratterizzato negli ultimi decenni l’area milanese, è tale che oggi le foto satellitari ci documentano una situazione di compromissione, congestione, saturazione dell’uso del suolo tale da richiedere nuovi sforzi e nuovo impegno verso la tutela del suolo libero, divenuto risorsa scarsa. L’avvento di un nuovo modello di sviluppo della città e del territorio ha aumentato in modo sensibile la quantità di suolo utilizzato, cioè trasformato artificialmente, per usi insediativi, residenziali e non. Si tratta di un processo che tende a saldare aree urbane e metropolitane con i fenomeni di diffusione insediativa già presenti e oggi in ulteriore dilatazione. La provincia di Milano rappresenta oggi uno dei territori a più alta densità in Europa, in un ambito regionale che ha registrato dal 1999 al 2004, secondo una recente ricerca dell’ARPA, un incremento di quasi il 5%. La struttura metropolitana si è storicamente sviluppata al centro di un territorio di pianura, secolarmente colonizzato dall’agricoltura, dove i rapporti tra capoluogo e centri urbani minori erano chiari e definiti. Oggi, non c’è più il nucleo forte e ben identificabile di Milano, con il suo chiaro impianto radiocentrico proiettato verso la costellazione dei centri minori della pianura circostante. La struttura degli insediamenti è profondamente cambiata, così come è radicalmente cambiato il modello di espansione urbana, per una sorta di “traboccamento” di quantità e funzioni dal capoluogo, il quale, in ogni caso, mantiene il proprio ruolo gerarchico. Alle gravose condizioni cui sono sottoposti i fattori primari della naturalità, aria, acqua, suolo, in un territorio metropolitano sovraccarico di attività antropiche, si affianca ora uno spazio urbano continuo dove sono giustapposti, ma certamente non integrati, nuclei storici, ville nobiliari, antiche cascine, quartieri di edilizia popolare, complessi di villette, insediamenti industriali e interventi commerciali. Ogni degrado del suolo, che rappresenta una risorsa naturale non rinnovabile, costituisce una perdita, non solo in relazione alle sue funzioni produttive, ma anche da un punto di vista paesaggistico ed ecologico. 1.1 Il quadro di riferimento generale Negli ultimi mesi del 2007 si è sviluppato in Lombardia un vivace dibattito sul consumo di suolo, iniziato con la presentazione di uno studio curato da Maria Cristina Treu del Politecnico di Milano nell’ambito dell’adeguamento del PTCP della Provincia di Milano1 e proseguito con il convegno “Limitare il consumo di suolo e costruire ambiente” (Politecnico di Milano, 7 novembre 2007) e i successivi “Ambiente e Territorio” (1-2 dicembre 2007) e “Urbanistica sostenibile e tutela dei suoli lombardi” (17 marzo 2008). Veniva portato all’attenzione del pubblico l’attuale dibattito sulla compensazione ecologica

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“Analisi e individuazione degli ambiti agricoli”

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preventiva e la proposta, portata avanti da Legambiente, per uno statuto dei suoli e per una legge che limiti lo spreco di suoli come già avvenuto in altri paesi europei, come Germania, Olanda e Inghilterra, che, a partire dal riconoscimento del suolo come risorsa scarsa, si sono dati obiettivi legati a limitarne l’uso e tempi di raggiungimento di una reale crescita zero. Lo studio del Politecnico ha evidenziato la progressiva diminuzione degli spazi aperti nella provincia milanese e, parallelamente, l’aumento dell’area urbanizzata che, secondo le previsioni dei PRG/PGT, passerà nei prossimi anni dal 35 al 42%. Lo studio individua nella misura del 45% la soglia di sostenibilità ammissibile per il territorio, oltre la quale i terreni non garantiscono più la rigenerazione ambientale. Il PTCP si pone l’obiettivo di non superare tale soglia. In questo quadro si inserisce la richiesta, nello scorso autunno, di alcuni Comuni del Parco Agricolo Sud Milano di modificare i confini delle zone tutelate, in modo da poter disporre di maggiori superfici per lo sviluppo urbanistico, in un ambito nel quale, fortunatamente, il livello di urbanizzazione, ancora fermo al 19%, non tocca le quote preoccupanti del capoluogo e di alcune zone, quali la Brianza centrale e l’asse del Sempione. In Lombardia, una tra le regioni più edificate e infrastrutturate d’Europa, il suolo libero, substrato essenziale per la biodiversità e base produttiva per l’agricoltura, è risorsa scarsa e preziosa, ma nonostante ciò non sono risultate efficaci politiche di tutela attiva del territorio mirate a una diminuzione della crescita dell’artificializzazione dei suoli. 1.2 Gli obiettivi della ricerca L’esigenza di approfondimento di questo tema è principalmente legata al processo di adeguamento del PTCP ed in particolare ad uno dei suoi macro obiettivi riguardante il “contenimento del consumo di suolo e la compattazione della forma urbana”2, ossia la conferma della sua valenza come elemento strategico per il territorio provinciale, che necessita di un adeguamento/revisione delle procedure di valutazione del suo dimensionamento. L’Atlante prende avvio dall’assunto che la conoscenza del consumo di suolo rafforza la capacità di prendere decisioni appropriate sui temi del governo del territorio. La rilevanza del tema richiede una trattazione che affronti aspetti di ordine generale e sappia provare le ragioni della sua validità, ai fini della sua applicazione nel mantenere sotto controllo l’eccessivo utilizzo di suolo per funzioni urbane, con riferimenti non solo teorici, ma, anche con il richiamo a situazioni e casi pratici. Tutto ciò al fine di trovare coerenze alla situazione dell’area provinciale, che andrà descritta con riferimento sia alla consistenza dei valori di uso e consumo di suolo, sia all’efficacia della messa in pratica delle procedure che ne garantiscano il contenimento. La ricerca assumerà, allora, i caratteri di una discussione aperta su questi temi, un confronto che dovrà coinvolgere differenti ambiti di competenza e affrontare diverse problematiche, non ultima quella della sostenibilità 2

Proposta di adeguamento del PTCP alla LR 12/05, Norme di Attuazione, art.2, maggio 2008

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ambientale della fiscalità locale che, nella situazione attuale, deve essere ritenuta uno dei fattori di promozione del consumo di suolo. La limitazione del consumo di suolo, agricolo o naturale, per nuovi usi insediativi è una delle scelte strategiche per una effettiva sostenibilità urbanistica. Ciò, evidentemente, perché il suolo è una risorsa ambientale finita, non riproducibile e non rigenerabile e quindi la sua tutela, o la progressiva riduzione del suo consumo, è insita nel concetto stesso di sostenibilità. Le molte voci che alimentano oggi il dibattito sulla riduzione del consumo di suolo, appaiono spesso legate da un’impostazione che oscilla tra la denuncia generica e quella ideologica. I numeri più ricorrenti del consumo di suolo si basano su metodologie che, pur nella loro validità, non appaiono in grado di delineare un quadro esauriente del fenomeno, con i dati più sensazionali e allarmanti che conteggiano tra il consumo di suolo ogni forma di trasformazione del territorio, comprendendo quindi anche misure di: riqualificazione urbana e di arricchimento delle dotazioni territoriali, compensazione ambientale, quali la realizzazione di nuove infrastrutture e di spazi verdi nei tessuti periurbani; in tal modo negando che un’efficace politica ambientale debba sviluppare anche adeguate misure di trasformazione, di “costruzione” di un nuovo ambiente urbano e territoriale, senza basarsi unicamente su misure di tutela e conservazione. 1.3 Il tema del consumo di suolo nell’Unione Europea Ormai da diversi anni, l’Unione Europea pone grande attenzione ai fenomeni di diffusione delle aree urbane, il cosiddetto urban sprawl, muovendosi nella direzione di un’assunzione di responsabilità sui temi dello sviluppo del territorio, come è possibile evincere dai due rapporti elaborati dal Join Research Centre e dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) nel 2002 e nel 2006. I rapporti evidenziano lo scarto tra la crescita della popolazione e crescite dell’urbanizzazione, quest’ultima definita “incontrollata” quando il consumo di suolo per usi urbani supera il tasso di crescita della popolazione. L’incontrollata espansione urbana, diretta conseguenza dei cambiamenti degli stili di vita e dei moderni modelli di consumo, determina un sempre maggior utilizzo di aree agricole, che a loro volta aggrediscono le aree naturalistiche, in un preoccupante effetto domino, fino a minacciare gli ambiti di maggior tutela rappresentati dalle aree protette, rendendo così sempre più complesso il raggiungimento di un equo bilancio ecopaesistico. Con l’approvazione nel 1999 dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo3 prende avvio un fondamentale mutamento delle politiche comunitarie dello sviluppo, che, tradizionalmente improntate alla quasi esclusiva considerazione di indicatori economico-finanziari, cominciano a promuovere strategie nuove, che tengono conto del ruolo del territorio nelle sue componenti economiche, sociali, culturali e ambientali.

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SSSE, noto anche come ESDP - European Spatial Developement Perspective o SDEC - Schéma de développement de l’espace communautaire

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Lo SSSE si propone di definire a livello dell’Unione Europea obiettivi politici e principi generali di sviluppo territoriale, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile ed equilibrato che rispetti le specificità del territorio. Le politiche dello SSSE, i cui contenuti a carattere indicativo e non vincolante, devono essere declinati fino ai livelli locali, sono improntate sui tre principi generali: sviluppo urbano equilibrato e policentrico e nuovi rapporti città-campagna; parità nell’accesso alle infrastrutture e alle conoscenze; valorizzazione e corretta gestione del patrimonio naturale e culturale. Altri documenti di grande rilievo sono rappresentati dallo Scoping document sullo stato e le prospettive del territorio (maggio 2005), dalla Strategia tematica sull’ambiente urbano (gennaio 2006) e, soprattutto dalla Leipzig Charter on Sustainable Urban System, sottoscritta dai ministri europei del territorio nel maggio 2007. Tutti questi documenti si basano sul concetto di “coesione territoriale”, che traduce in termini territoriali l’obiettivo di sviluppo sostenibile assegnato all’Unione Europea, per il quale una struttura insediativa compatta, derivata da attenti interventi pianificatori, è in grado di prevenire i fenomeni di sprawl. In particolare, la Leipzig Charter on Sustainable Urban System (Carta di Lipsia) propone di riprendere con decisione il percorso di supporto alle politiche urbane avviato dall’Unione nel decennio passato e successivamente interrotto. L’attenzione della Carta di Lipsia è focalizzata in particolare sulla necessità di una forte integrazione delle politiche urbane, attraverso forme innovative di governance interistituzionale e il coinvolgimento delle forze economiche e sociali locali, e sulla necessità di porre un’attenzione particolare agli ambiti degradati, da un punto di vista ambientale, urbanistico, sociale. Nella prospettiva della sostenibilità e della vivibilità della struttura insediativa, la Carta di Lipsia rilancia una serie di indicazioni precedentemente proposte dal Quadro d’Azione sullo Sviluppo Urbano Sostenibile della Commissione Europea (1998) e dallo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (1999), sottolineando la necessità di ricorrere a strategie di pianificazione integrata alla scala sovracomunale, per rilanciare e riqualificare le regioni urbane europee. CARTA DI LIPSIA SULLE CITTÀ EUROPEE SOSTENIBILI Preambolo La Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili è un documento degli Stati membri redatto con l’ampia e trasparente partecipazione delle parti europee interessate. Conoscendo le sfide e le opportunità, come pure i diversi contesti storici, economici, sociali ed ambientali delle città europee, i ministri degli Stati membri responsabili per lo sviluppo urbano concordano su strategie e principi comuni per la politica di sviluppo urbano. I ministri si impegnano a: avviare un dibattito politico nei rispettivi Stati su come integrare i principi e le strategie della Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili nelle politiche di sviluppo nazionali, regionali e locali,

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usare lo strumento dello sviluppo urbano integrato e il relativo sistema di governance per la sua attuazione, creando a tal fine le condizioni necessarie a livello nazionale e promuovere la costituzione di un’organizzazione territoriale equilibrata, basata su una struttura urbana europea policentrica. I ministri ringraziano la presidenza tedesca per aver preparato la relazione Lo sviluppo urbano integrato come prerequisito per la sostenibilità urbana e gli studi Strategie per migliorare l’ambiente fisico nelle aree urbane degradate, Rafforzare l’economia locale e la politica del mercato del lavoro locale nelle aree urbane svantaggiate, Politiche di istruzione e formazione proattive per i bambini e i giovani nelle aree urbane degradate e Trasporto urbano sostenibile e aree urbane degradate, documenti che illustrano esempi di buone pratiche in Europa e che aiuteranno le città di tutte le dimensioni nell’attuazione pratica dei principi e delle strategie delineati nella Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili. I ministri dichiarano: noi, ministri degli Stati membri dell’Unione europea responsabili per lo sviluppo urbano, consideriamo le città europee di tutte le dimensioni sviluppatesi nel corso dei secoli una risorsa economica, sociale e culturale preziosa e insostituibile. Con il fine di proteggere, rafforzare e sviluppare ulteriormente le nostre città, noi sosteniamo fermamente la strategia dell’UE per lo sviluppo sostenibile, che si basa sul programma d’azione di Lilla, il capitolo Urban acquis delle conclusioni di Rotterdam e l’accordo di Bristol. In tale contesto, è necessario tener conto, allo stesso tempo, di tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile, dando a ciascuna lo stesso peso. Esse comprendono la prosperità economica, l’equilibrio sociale e un ambiente salubre. Si dovrebbe altresì prestare attenzione agli aspetti culturali e sanitari, prendendo in considerazione con la dovuta attenzione la capacità istituzionale degli Stati membri. Le nostre città posseggono qualità culturali e architettoniche uniche, forze di integrazione sociale considerevoli e possibilità di sviluppo economico eccezionali. Sono centri di conoscenza e fonti di crescita e innovazione. Allo stesso tempo, però, esse presentano anche problemi demografici, ineguaglianze sociali, esclusione sociale di gruppi specifici di popolazione, mancanza di alloggi accessibili e adeguati e problemi ambientali. A lungo termine le città potranno svolgere la loro funzione di motore del progresso sociale e della crescita economica conformemente alla strategia di Lisbona solo se riusciremo a mantenere l’equilibrio sociale al loro interno e tra di esse, preservando la loro diversità culturale e garantendo una qualità elevata nel settore della pianificazione urbanistica, nella architettura e in campo ambientale. Noi abbiamo sempre più bisogno di strategie onnicomprensive e di un’azione coordinata che coinvolga le persone e le istituzioni che partecipano al processo di sviluppo urbano, anche al di là dei confini delle singole città. Ogni livello di governo – locale, regionale, nazionale ed europeo – ha una sua parte di responsabilità per il futuro delle nostre città. Per rendere davvero efficace questa governance multilivello, dobbiamo migliorare il coordinamento fra le politiche settoriali e sviluppare un nuovo senso di responsabilità nei confronti della politica di sviluppo urbano integrato. Dobbiamo anche garantire che tutti coloro che lavorano per realizzare gli obiettivi di queste politiche, a tutti i livelli, acquisiscano le conoscenze generali e multidisciplinari necessarie per rendere le città delle comunità sostenibili. Appoggiamo espressamente le dichiarazioni e le raccomandazioni enunciate nell’Agenda territoriale dell’Unione europea e il lavoro svolto dalle istituzioni europee per promuovere una visione integrata delle problematiche urbane. Riconosciamo il prezioso contributo degli impegni di Aalborg per un’azione strategica e coordinata a livello locale e le conclusioni del Forum europeo delle politiche architettoniche, del 27 aprile 2007, sulla cultura della costruzione. Prendiamo atto della Carta europea Network Vital Cities.

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I ministri raccomandano: I. Un maggiore ricorso alle strategie di una politica di sviluppo urbano integrato Per politica di sviluppo urbano integrato intendiamo la considerazione equa e simultanea delle potenzialità e dei bisogni rilevanti per lo sviluppo urbano. La politica di sviluppo urbano integrato è un processo in cui gli aspetti spaziali, settoriali e temporali dei settori più importanti della politica urbana sono coordinati. Il coinvolgimento degli attori economici, delle categorie interessate e dei cittadini in generale è essenziale. La politica di sviluppo urbano integrato è un prerequisito cruciale per attuare la strategia di sviluppo sostenibile dell’UE. La sua attuazione è un compito di scala europea, che deve però tener conto delle condizioni e delle esigenze locali e del principio di sussidiarietà. La conciliazione dei vari interessi, agevolata da una politica di sviluppo urbano integrato, costituisce una possibile base per un consenso tra Stato, regioni, città, cittadini e attori economici. Unendo le conoscenze e le risorse finanziarie, gli scarsi fondi pubblici possono essere utilizzati in modo più efficace e gli investimenti pubblici e privati saranno coordinati meglio. La politica di sviluppo urbano integrato coinvolge attori esterni all’amministrazione e consente ai cittadini di svolgere un ruolo attivo nel delineare il proprio immediato spazio vitale. Allo stesso tempo, queste misure possono fornire maggiore certezza di pianificazione e di investimento. Raccomandiamo che le città europee attuino programmi di sviluppo urbano integrato per la città considerata nel suo complesso. Questi strumenti di pianificazione orientati all’attuazione dovrebbero: individuare i punti di forza e di debolezza delle città e dei quartieri basandosi su un’analisi della situazione attuale, definire obiettivi di sviluppo concreti per l’area urbana e sviluppare una visione per la città, coordinare le politiche e i progetti settoriali e tecnici dei diversi quartieri e assicurare che gli investimenti programmati aiutino a promuovere uno sviluppo equilibrato dell’area urbana, coordinare e concentrare, a livello territoriale, l’uso dei fondi degli attori del settore pubblico e privato, essere coordinati a livello locale e di regione metropolitana, e coinvolgere i cittadini e gli altri partner che possono contribuire sostanzialmente a determinare la futura qualità economica, sociale, culturale ed ambientale di ogni area. Il coordinamento a livello locale e di regione metropolitana andrebbe rafforzato. L’obiettivo è un partenariato equo tra città e zone rurali, nonché tra città piccole, medie e grandi e città all’interno di regioni metropolitane e aree metropolitane. Dobbiamo smettere di considerare le questioni e le decisioni relative alla politica di sviluppo urbano isolatamente per ogni singola città. Le nostre città dovrebbero essere il fulcro dello sviluppo delle regioni metropolitane e dovrebbero assumersi la responsabilità della coesione territoriale. Sarebbe utile quindi che esse istituissero tra loro una rete di collegamento più stretta a livello europeo. Le politiche di sviluppo urbano integrato offrono una serie di strumenti che hanno già dimostrato il loro valore nello sviluppo di meccanismi di governance moderni, efficaci e collaborativi in numerose città europee. Tali meccanismi sono indispensabili per migliorare la competitività delle città europee e facilitano il coordinamento rapido e utile dello sviluppo dell’edilizia abitativa, dell’economia, delle infrastrutture e dei servizi, tenendo conto, fra l’altro, dell’impatto delle attuali tendenze relative all’invecchiamento demografico e ai flussi migratori, nonché delle condizioni relative alla politica energetica. Nel quadro della politica di sviluppo urbano integrato, noi riteniamo che le seguenti strategie d’azione siano prioritarie per rafforzare la competitività delle città europee:

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Creare ed assicurare spazi pubblici di qualità La qualità degli spazi pubblici, dei paesaggi urbani antropizzati, dell’architettura e dello sviluppo urbano è importante per le condizioni di vita delle popolazioni urbane. Come fattore di localizzazione non vincolante, la qualità dello spazio urbano è importante per attrarre le imprese dell’economia della conoscenza e una manodopera qualificata e creativa, come pure per il turismo. È necessario quindi accrescere l’interazione tra architettura, pianificazione infrastrutturale e urbanistica per creare spazi pubblici attraenti e orientati ai fruitori e raggiungere così un standard elevato in termini di ambiente di vita, ossia una “cultura architettonica” (Baukultur). Tale cultura va intesa nel significato più ampio del termine, come la somma di tutti gli aspetti culturali, economici, tecnologici, sociali ed ecologici che influenzano la qualità e il processo di pianificazione e costruzione. Tuttavia, questo approccio non dovrebbe essere limitato agli spazi pubblici. Questo tipo di Baukultur è una necessità per l’intera città e per i suoi dintorni. Sia le città che i governi devono far sentire la propria influenza. Questo è particolarmente importante per la salvaguardia del patrimonio architettonico. Gli edifici storici, gli spazi pubblici e il loro valore urbano e architettonico devono essere preservati. Creare e salvaguardare infrastrutture, servizi e spazi urbani funzionali e ben progettati è un compito che deve essere affrontato congiuntamente dallo Stato e dagli enti regionali e locali, così come dai cittadini e dalle imprese. Modernizzare le reti infrastrutturali e migliorare l’efficienza energetica Un contributo fondamentale per la qualità di vita e per la qualità dei luoghi e dell’ambiente può venire da un sistema di trasporti urbani sostenibile, accessibile ed economico, con collegamenti coordinati con le reti di trasporto della regione metropolitana. Andrebbe prestata un’attenzione particolare alla gestione del traffico e all’interconnessione dei diversi modi di trasporto, incluse le infrastrutture per gli spostamenti in bicicletta e a piedi. I trasporti urbani vanno conciliati con le diverse esigenze relative alle zone di abitazione, a quelle in cui sono ubicate le attività lavorative, all’ambiente e agli spazi pubblici. Le infrastrutture tecniche, in particolar modo la fornitura idrica, il trattamento delle acque reflue e altre reti di approvvigionamento vanno adeguate per tempo e adattate alle nuove esigenze, al fine di soddisfare i futuri requisiti di un’elevata qualità di vita nelle città. I prerequisiti per un servizio pubblico sostenibile sono l’efficienza energetica e uno sfruttamento razionale delle risorse naturali, oltre all’efficienza economica del loro impiego. L’efficienza energetica degli edifici deve essere migliorata. Questo riguarda sia gli edifici esistenti sia quelli nuovi. La ristrutturazione degli edifici esistenti può avere un impatto importante sull’efficienza energetica e sul miglioramento della qualità di vita dei residenti. Va prestata un’attenzione particolare agli edifici prefabbricati, vecchi e di bassa qualità. Reti di infrastrutture ottimizzate ed efficaci ed edifici ad alta efficienza energetica faranno diminuire i costi sia per le imprese che per i residenti. Una premessa importante per un uso efficiente e sostenibile delle risorse è una struttura compatta degli insediamenti. La si può ottenere attraverso una pianificazione urbanistica e dello spazio che impedisca la dispersione urbana attraverso una gestione rigorosa dell’offerta di terreni e un controllo delle tendenze speculative. La strategia di riunire nello stesso quartiere abitazioni, attività professionali, centri d’istruzione e formazione, strutture di approvvigionamento e attività ricreative si è dimostrata particolarmente sostenibile. Le città devono contribuire a garantire e migliorare la qualità di vita dei loro abitanti e la propria attrattiva per le imprese utilizzando sofisticate tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei campi

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dell’istruzione, dell’occupazione, dei servizi sociali, della sanità e della sicurezza, e impiegandogli strumenti per migliorare la governance urbana. Le nostre città devono anche essere in grado di adattarsi alla minaccia posta dal cambiamento climatico. Uno sviluppo urbano ben progettato e pianificato può consentire una crescita con basse emissioni di carbonio, migliorare la qualità dell’ambiente e ridurre le emissioni. Le città possono ottenere questi risultati attuando misure innovative di prevenzione, riduzione e adattamento che, a loro volta, contribuiscono allo sviluppo di nuove industrie e imprese a bassa emissione di carbonio. Attuare politiche attive nel campo dell’innovazione e dell’istruzione Le città sono luoghi in cui si sviluppa e viene trasmessa gran parte delle conoscenze. Il completo sfruttamento del potenziale di conoscenza di una città dipende dalla qualità del sistema d’istruzione prescolastico e scolastico e dalle opportunità di scambio offerte all’interno del sistema di istruzione e di formazione, nonché dalle reti sociali e culturali. Dipende anche dalle opportunità di apprendimento permanente, dall’eccellenza delle università e degli istituti di ricerca non universitari e dalle reti di scambio tra industria, imprese e comunità scientifica. La politica di sviluppo urbano integrato può contribuire a migliorare questi fattori, per esempio riunendo le parti interessate, sostenendo le reti e ottimizzando le strutture per la localizzazione. Lo sviluppo urbano integrato promuove il dialogo sociale ed interculturale. Le strategie di sviluppo urbano integrato, la gestione cooperativa dello sviluppo urbano e il buon governo possono contribuire ad un utilizzo mirato del potenziale delle città europee, specialmente riguardo alla competitività e alla crescita, come pure alla riduzione delle disparità all’interno dei quartieri e tra di essi, fornendo ai cittadini un’opportunità di partecipazione sociale e democratica. II. Un’attenzione speciale ai quartieri degradati nel contesto cittadino Le città devono far fronte a importanti sfide, legate principalmente al cambiamento delle strutture economiche e sociali e alla globalizzazione. Fra i problemi specifici vi sono in particolare l’alta disoccupazione e l’esclusione sociale. All’interno di una città possono esserci differenze considerevoli in termini di opportunità economiche e sociali nelle singole zone, ma anche in termini di diversa qualità dell’ambiente. Inoltre, in molti casi le differenze sociali e di sviluppo economico continuano ad aumentare e questo contribuisce a destabilizzare le città. Una politica di integrazione sociale che contribuisca a ridurre le ineguaglianze e a prevenire l’esclusione sociale è la migliore garanzia per il mantenimento della sicurezza nelle nostre città. Uno strumento efficace per realizzare gli obiettivi di coesione sociale ed integrazione nelle città e nelle zone urbane può essere una politica degli alloggi sociali ben concepita. Abitazioni salubri, adeguate e a prezzi accessibili possono rendere i quartieri interessati più attraenti sia per i giovani che per gli anziani, contribuendo così alla loro stabilità. È meglio individuare segnali di allarme iniziali e adottare dei correttivi puntuali ed efficaci. Questo consente di risparmiare risorse. Quando il degrado di un’area è già iniziato, il costo e la difficoltà di invertire la tendenza possono essere molto maggiori. Lo Stato deve offrire prospettive e incentivi di miglioramento agli abitanti delle aree in questione. Il coinvolgimento attivo dei residenti e un dialogo migliore tra i rappresentanti politici, i residenti e gli attori economici è essenziale per trovare le soluzioni più adeguate per ogni area degradata. Alla luce di quanto affermato, noi ministri riteniamo che le seguenti strategie di azione, inserite in una politica di sviluppo urbano integrato, siano di cruciale importanza per i quartieri urbani degradati:

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Continuare ad attuare strategie per migliorare l’ambiente fisico L’attività economica e gli investimenti, da un lato, e le strutture urbane di alta qualità, uno spazio naturale costruito correttamente e infrastrutture e strutture moderne ed efficienti, dall’altro, sono strettamente correlati. Per questo motivo è necessario migliorare gli edifici nei quartieri soggetti a degrado, sia per quanto riguarda la loro pianificazione e le condizioni fisiche, sia in termini di efficienza energetica. Il miglioramento degli standard abitativi degli edifici nuovi così come dei grandi edifici prefabbricati già esistenti, di quelli vecchi e di bassa qualità, offre un grandissimo potenziale di miglioramento dell’efficienza energetica in tutta Europa aiutando, di conseguenza, la lotta contro il cambiamento climatico. Per rendere più sostenibili gli investimenti per il miglioramento dell’ambiente fisico, questi devono essere inseriti in una strategia di sviluppo a lungo termine che comprenda anche gli investimenti successivi sia pubblici che privati. Potenziare l’economia locale e il mercato del lavoro locale Le misure intese a garantire la stabilizzazione economica dei quartieri degradati devono anche sfruttare le forze economiche endogene dei quartieri stessi. In questo contesto, gli strumenti idonei saranno un mercato del lavoro e delle politiche economiche che si adattano alle esigenze dei singoli quartieri. L’obiettivo è quello di creare e garantire posti di lavoro e di agevolare la creazione di nuove imprese. In particolare, occorre migliorare le opportunità di accesso ai mercati del lavoro locali offrendo una formazione orientata alla domanda. È necessario altresì sfruttare maggiormente le opportunità di impiego e di formazione nell’economia etnica. L’Unione europea, gli Stati membri e le città sono chiamati a creare condizioni e strumenti migliori per rafforzare l’economia locale, e quindi i mercati del lavoro locali, in particolare promuovendo l’economia sociale e fornendo servizi orientati ai cittadini. Attuare politiche di istruzione e formazione proattive per i bambini e i giovani Un punto di partenza fondamentale per migliorare la situazione nei quartieri degradati è il miglioramento dell’istruzione e della formazione a livello di comunità locale, unito a politiche proattive mirate ai bambini e ai giovani. Nei quartieri svantaggiati occorre offrire maggiori e migliori opportunità di istruzione e formazione adeguate ai bisogni dei bambini e dei giovani che vivono in tali aree e intese a rispondere alla carenza di offerte ad essi destinate. Tramite politiche indirizzate ai bambini e ai giovani che vivono nei quartieri degradati e fatte su misura per l’area sociale in cui vivono, dobbiamo contribuire a migliorare le loro possibilità di partecipazione e di realizzazione delle loro aspirazioni, garantendo pari opportunità nel lungo periodo. Promuovere un trasporto urbano efficiente a prezzi accessibili Molti quartieri degradati hanno un’ulteriore difficoltà: collegamenti di trasporto scarsi e un impatto ambientale negativo riducono ulteriormente la loro attrattiva. Lo sviluppo di un sistema di trasporto pubblico efficiente ed a prezzi accessibili farà sì che i residenti di questi quartieri abbiano le stesse opportunità degli altri cittadini sul piano della mobilità e dell’accessibilità, cosa che hanno diritto di aspettarsi. Per raggiungere questo obiettivo, la pianificazione dei trasporti e la gestione del traffico in queste aree devono sempre più mirare a ridurre l’impatto negativo dei trasporti sull’ambiente e ad organizzare i trasporti in modo che questi quartieri siano integrati meglio nella città e nella regione. A tal fine saranno necessarie anche reti adeguate per i ciclisti e i pedoni. Tanto più saremo capaci di stabilizzare economicamente i quartieri degradati, di integrarli socialmente e di migliorare il loro ambiente fisico e le infrastrutture di trasporto, tanto più saranno elevate le possibilità che le nostre città

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continueranno ad essere, a lungo termine, dei luoghi di progresso sociale, crescita e innovazione. I ministri evidenziano quanto segue: la politica di sviluppo urbano andrebbe impostata a livello nazionale e da questo livello, ma anche da altri, dovrebbero provenire anche gli stimoli per le soluzioni innovative. Le nostre città hanno bisogno, da un lato, di un margine di azione sufficiente per poter svolgere i compiti locali in maniera responsabile e, dall’altro, di una solida base finanziaria in grado di fornire stabilità a lungo termine. Perciò è importante anche che gli Stati membri abbiano l’opportunità di usare i fondi strutturali europei per programmi sostanziali di sviluppo urbano integrato. L’utilizzo di questi fondi dovrebbe concentrarsi rigorosamente sulle difficoltà e sulle potenzialità specifiche, e prendere in considerazione le opportunità, le difficoltà e le specificità esistenti negli Stati membri. Se non è già stato fatto, gli enti locali dovrebbero sviluppare le capacità e l’efficienza necessarie per attuare le politiche di sviluppo urbano integrato, anche al fine di garantire la qualità e la sostenibilità generale dell’ambiente urbano. Le nuove iniziative dell’UE Jessica e Jeremie, sostenendo la creazione di fondi per lo sviluppo urbano e per le PMI e utilizzando strumenti di ingegneria finanziaria per incentivare gli investimenti privati per l’attuazione delle strategie di sviluppo urbano integrato, offrono opportunità promettenti di migliorare l’efficacia delle risorse finanziarie nazionali ed europee tradizionali. A livello nazionale, i ministeri devono riconoscere più chiaramente l’importanza delle città nel realizzare le ambizioni nazionali, regionali e locali e l’impatto che loro politiche hanno sulle città. Gli sforzi dei diversi ministeri che lavorano o hanno un impatto sui problemi urbani devono essere coordinati e integrati meglio, in modo che siano complementari e non in conflitto tra loro. Noi sottolineiamo l’importanza di uno scambio sistematico e strutturato di esperienze e di conoscenze nel campo dello sviluppo urbano sostenibile. Chiediamo alla Commissione europea di presentare il risultato dello scambio di buone pratiche, sulla base delle linee guida della Carta di Lipsia, alla prossima conferenza organizzata nel quadro dell’iniziativa Regioni per il cambiamento economico. Contemporaneamente, abbiamo bisogno di una piattaforma europea per raccogliere, mettere insieme e sviluppare buone pratiche, statistiche, studi di benchmarking, valutazioni, valutazioni inter pares e altre ricerche urbane per sostenere gli attori coinvolti nello sviluppo urbano a tutti i livelli e in tutti i settori. In futuro, continueremo a promuovere e intensificare lo scambio di conoscenze ed esperienze tra responsabili politici, professionisti e ricercatori a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, al fine di ribadire la dimensione urbana della strategia dell’UE per lo sviluppo sostenibile, della strategia di Lisbona e della strategia europea per l’occupazione. L’Europa ha bisogno di città e regioni forti e vivibili.

1.4 Il consumo di suolo secondo la Regione Lombardia Il Piano Territoriale Regionale individua fra le debolezze del sistema insediativo la presenza in molti ambiti di un’urbanizzazione diffusa, cui si aggiunge la preferenza per soluzioni abitative mono-bifamilari, mentre i processi di trasformazione in atto nel settore produttivo stimolano la crescita della domanda di suolo per attività in prevalenza medio-piccole, fenomeni che comportano un diffuso consumo di suolo agricolo, spesso di pregio, provocando forti criticità in

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merito alla fornitura di servizi e alla mobilità, ma, soprattutto, mettendo a rischio il già precario equilibrio fra sistemi insediativi e spazi aperti 4. Pertanto, il PTR individua fra i suoi obiettivi tematici il “TM 2.11 Perseguire il riassetto del sistema urbano lombardo” , che prevede la limitazione dei fenomeni di dispersione insediativa e la tutela del territorio prossimo alle infrastrutture di mobilità, mentre il “TM 2.13 Contenere il consumo di suolo” annuncia: il recupero dei territori degradati e delle aree dismesse; la razionalizzazione, il riutilizzo e il recupero delle volumetrie disponibili; il controllo dell’urbanizzazione nei pressi dei grandi assi infrastrutturali; la mitigazione dell’espansione urbana grazie alla creazione di sistemi verdi e di protezione delle aree periurbane. La legge urbanistica regionale (LR 12/05) pur lasciando intravedere spazi per procedure di pianificazione locale non solo più partecipata, ma anche più attenta alle problematiche ambientali, deve essere ancora verificata per quanto riguarda la capacità dei PGT di produrre un argine efficace alla crescita dei tessuti urbanizzati a scapito degli spazi aperti. La legge affronta la questione del consumo di suolo enunciando, fra gli obiettivi del documento di piano, il principio della “minimizzazione del consumo di suolo” (art. 8, comma 2, punto b e art. 15, comma 2, lett. c), senza però far seguire, questo principio corretto, ma alquanto debole e impreciso, da proposte concrete, che vadano aldilà della sfera delle intenzioni. Inoltre, la responsabilità dell’applicazione di tale principio è affidata in modo quasi esclusivo alle amministrazioni comunali, facilitando i conflitti con gli operatori privati, che nascono da una contrattazione difficile e, sovente, operata in posizione isolata, rispetto alle sempre più pressanti richieste del settore immobiliare. Fra le numerose modifiche che negli ultimi anni hanno interessato la LR 12/05 appare di evidente interesse, nell’ottica della ricerca, la modica dell’art. 43 in direzione di una maggior salvaguardia delle aree agricole. Gli insediamenti che sottraggono territorio agricolo sono assoggettati ad una maggiorazione percentuale del contributo di costruzione, che va da un minimo di 1,5%, fino ad un massimo del 5%, da destinare a interventi forestali a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità. Nella legislazione regionale è possibile trovare un elemento di grande potenzialità dato dall’introduzione della Valutazione Ambientale Strategica, che dovrebbe fornire il suo contributo per una preventiva valutazione degli impatti di piani e programmi sul territorio, consentendo di accompagnare l’introduzione dei meccanismi utili al contenimento dei consumi di suolo. CONSUMO DI SUOLO E LEGGI URBANISTICHE REGIONALI In Emilia-Romagna, la LR 20/00 ha fra i propri obiettivi strategici “prevedere il consumo di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti ovvero alla loro riorganizzazione e riqualificazione”.

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Piano Territoriale Regionale. Documento di Piano, 2008, p.64

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Inoltre, gli allegati alla legge introducono il concetto di standard di qualità ecologicoambientale, che attiene: “alla disciplina degli usi e delle trasformazioni, orientata a limitare il consumo delle risorse non rinnovabili (…); alla realizzazione di interventi di riequilibrio e di mitigazione degli impatti negativi dell’attività umana”, il tutto in un’ottica di cooperazione tra pubbliche amministrazioni. La legislazione dell’Emilia-Romagna è l’unica che pone in modo esplicito la questione della compensazione ecologico-ambientale anche al di fuori del tema del consumo di suolo, introducendo gli “spazi per la compensazione ambientale”, da localizzarsi e quantificarsi nel PTCP. Secondo la legge per il governo del territorio della Regione Toscana (LR 1/05), “nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti”. Anche la Toscana, per determinare un bilancio globale delle risorse in gioco, si affida alla procedura della VAS, pur non arrivando a bilanciare le trasformazioni con la creazione di nuova natura. In Veneto, la LR 11/04 per il governo del territorio stabilisce l’”utilizzo di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente”, anche se in realtà le nuove urbanizzazioni possono essere realizzate senza ripristinare le risorse territoriali utilizzate. In Campania, la LR 16/04 inserisce il tema del consumo di suolo fra i principi ai quali devono ispirarsi gli strumenti di pianificazione, prevedendo la “promozione dell’uso razionale e dello sviluppo ordinato del territorio urbano ed extraurbano mediante il minimo consumo di suolo”, lasciando, purtroppo, alle diverse interpretazioni di questo l’esito pratico di un bilancio ambientale a cui mai si fa esplicitamente riferimento.

Nel maggio 2008, la Regione Lombardia ha approvato la Legge “Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale”, (LR 15/08) che mira a definire procedure scandite da tempistiche veloci e da meccanismi di reazione all’inerzia degli organi istituzionali, che consentano di rendere certi i tempi per la realizzazione di infrastrutture strategiche (in particolare Pedemontana, Brebemi, Tangenziale Est Esterna), oltre che alla massima valorizzazione delle aree attigue ai tracciati, al fine di ammortizzare più facilmente gli investimenti, in un meccanismo che contempla quindi il vantaggio del costruttore nella localizzazione di insediamenti a complemento dell’autostrada stessa. Si tratta dell’ennesima disputa fra “attenzioni all’ambiente”, e necessità di “sviluppo del territorio”, dalla quale uscirebbe rafforzato il fenomeno degli outlet, dei cinema multisala, dei centri commerciali e logistici. La Legge, all’art. 10, in una logica di massimo sfruttamento delle varie infrastrutture della mobilità, spiega che “le concessioni delle infrastrutture di cui all’articolo 1 possono riguardare anche interventi di carattere insediativo e territoriale: “rivolti principalmente agli utenti delle infrastrutture medesime ovvero a servizio delle funzioni e delle attività presenti sul territorio, i cui margini operativi di gestione possono contribuire all’abbattimento del costo dell’esposizione finanziaria”. Tali interventi possono prevedere l’ampliamento dell’area oggetto della concessione, purché siano “compensati da adeguate e proporzionate opere e misure mitigatrici dell’impatto ambientale, territoriale e sociale”.

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1.5 Il consumo di suolo nel PTCP della Provincia di Milano Il PTCP vigente dedica al consumo di suolo un articolato sistema di disposizioni, riconducibili sinteticamente a due fondamentali principi: la condizione di ammissibilità delle trasformazioni, secondo la quale non possono essere previste ulteriori quote di consumo se non si sono esaurite almeno il 75% delle previsioni degli strumenti vigenti; il dispositivo di contingentamento quantitativo del consumo, riferito a parametri fissi diversificati per ambito territoriale ed applicabile ad ogni successiva variante di piano. Per vari motivi, il meccanismo di contingentamento ha evidenziato alcuni limiti e l’efficacia dele misure si è rivelata talvolta insoddisfacente. La proposta di adeguamento del PTCP alla LR 12/05 conferma il macro-obiettivo 04 del PTCP vigente, prevedendo il “contenimento del consumo e razionalizzazione dell’uso del suolo attraverso: il recupero delle aree dismesse e/o degradate; il completamento prioritario delle aree libere intercluse e in genere di quelle comprese nel tessuto urbano consolidato; la compattazione e densificazione della forma urbana, con eventuale ridefinizione dei margini urbani; la localizzazione dell’eventuale espansione urbana in adiacenza al tessuto urbano consolidato esistente e su aree di minor valore agricolo e ambientale; la massima limitazione dei processi di saldatura tra diversi centri edificati.” La proposta di adeguamento del PTCP tende a semplificare il meccanismo quantitativo di contingentamento, fissando, per la prima volta in Italia, come obiettivo strategico e quantitativo, la soglia massimo per il consumo di suolo al 45%. Si consideri che il limite stabilito dalla letteratura scientifica, oltre il quale un territorio si trova nell’impossibilità di rigenerarsi dal punto di vista ecologico e ambientale, è pari al 55% della superficie territoriale di riferimento. Si tratta quindi di un incremento contenuto, che, secondo il PTCP, dovrà essere localizzato prioritariamente lungo le linee di forza del trasporto pubblico e nei poli attrattori di servizi a scala sovra comunale; dovrà altresì essere garantita la tutela dei parchi regionali, la continuità della rete ecologica provinciale, la continuità dell’attività agricola. L’ulteriore consumo di suolo è valutato con riferimento agli ambiti di trasformazione, a prescindere dallo specifico uso e della destinazione urbanistica. Non si considerano invece, comportanti consumo di suolo: gli interventi relativi alle parti del territorio comunale incluse nel perimetro del tessuto urbano consolidato; le previsioni di interventi pubblici di interesse collettivo; le previsioni di insediamenti di rilevanza sovracomunale. Il documento di piano del PGT deve assicurare il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile del PTCP, con particolare attenzione al contenimento del consumo di suolo; l’idoneità dello stesso nel concorrere al raggiungimento degli obiettivi citati, viene valutata esaminando i seguenti temi: la previsione di azioni di densificazione, riuso e completamento del tessuto urbano consolidato; il contenimento del consumo di ulteriore suolo entro il 5% rispetto al grado di urbanizzazione comunale esistente;

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la verifica dell’attuazione di almeno il 75% delle previsioni di sviluppo insediativo comunale; per i comuni non definiti polo attrattore, il contenimento del un grado di urbanizzazione entro il valore medio dei comuni del proprio ambito. Definendo l’incremento del grado di urbanizzazione a livello provinciale come termine di riferimento per la valutazione di compatibilità delle politiche comunali, è tuttavia possibile che strumenti urbanistici che introducono quote eccedenti il 5% siano compatibili col PTCP a condizione che siano prioritariamente fondati su elementi qualitativi quali: la densificazione degli insediamenti; la riduzione dell’impermeabilizzazione dei suoli; il potenziamento, la razionalizzazione e il coordinamento del sistema dei servizi, in particolare nei comuni polo attrattore, anche in rapporto all’accessibilità; la qualificazione in termini di eco-sostenibilità degli sviluppi insediativi; la sostenibilità delle condizioni di mobilità; l’attuazione dei progetti di rete ecologica provinciale e dorsale verde; l’attuazione dei PLIS; lo sviluppo di meccanismi di compensazione ambientale delle trasformazioni. Infine, l’orientamento del nuovo Programma Triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2006-2008 per le grandi strutture di vendita prevede la allocazione prioritaria delle grandi strutture di vendita, compresi gli interventi sull’esistente, in aree che non creino significativi impatti territoriali e ambientali e non determinino ulteriore consumo di suolo conseguendo obiettivi di riqualificazione urbana. In particolare il PTCP ha previsto il riutilizzo di aree degradate o comunque già interessate da precedenti trasformazioni urbanistiche al fine di evitare nuovo consumo di suolo.

Lo stato dell'urbanizzazione e lo spazio aperto in Provincia di Milano valore assoluto kmq Superficie territoriale Provincia di Milano (CT10)

valore percentuale %

1.980,1

Superficie urbanizzata SU

697,4

35,2

Superficie urbanizzabile SE

134,8

6,8

Superficie urbanizzata e previsioni SU+SE

832,2

42,0

Suolo libero non sottoposto a tutele

269,7

13,6

Parchi regionali e naturali (esclusa IC)

760,8

38,4

PLIS (riconosciuti e prev.)

117,4

5,9

Totale superficie Parchi

878,3

44,4

di cui

Fonte: dati MISURC 2008, elaborazione Centro Studi PIM

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PROPOSTA DI ADEGUAMENTO DEL PTCP ALLA LR 12/05, MAGGIO 2008 NORME DI ATTUAZIONE Art. 71 - Obiettivi del sistema insediativo 1. Fermi restando i macro-obiettivi di cui al precedente articolo 2, costituiscono obiettivi del sistema insediativo quelli indicati qui di seguito e nei successivi articoli del presente capo. 1.1.- Minimizzare l’ulteriore consumo di suolo, ridurne l’impermeabilizzazione complessiva e garantire la sostenibilità delle trasformazioni. 1.2.- Favorire la densificazione del tessuto urbano consolidato, in particolare nei contesti di massima accessibilità, ed il riuso delle aree già urbanizzate. Favorire il policentrismo in particolare verso i poli attrattori. 1.3.- Potenziare, razionalizzare e coordinare il sistema dei servizi, in particolare nei Comuni polo attrattore, anche in rapporto all’accessibilità, alla qualità ed alla fruibilità degli interventi proposti; 1.4.- Contenere la dispersione delle attività produttive. 1.5.- Favorire ed incentivare la qualificazione energetica e paesistico-ambientale degli interventi. 2. Costituisce obiettivo quantitativo del PTCP il contenimento del grado di urbanizzazione del territorio provinciale entro la soglia massima del 45%, corrispondente ad un ulteriore consumo massimo di suolo del 5% rispetto all’attuale grado di urbanizzazione provinciale. 3. Il grado di urbanizzazione (GU) è definito dal rapporto percentuale tra la somma delle superfici già occupate da insediamenti (A) e da opere di urbanizzazione (a rete e puntuali) esistenti (B) e delle superfici interessate dalle trasformazioni previste dagli atti di pianificazione comunale vigenti (C), da un lato, e, dall’altro, l’intera superficie territoriale interessata (ST). Detto rapporto si ottiene applicando la seguente formula: GU = [(A+B+C) : ST] x 100. 4. L’ulteriore consumo di suolo è valutato con riferimento agli eventuali nuovi ambiti di trasformazione, individuati dagli atti di pianificazione comunale e destinati a essere investiti da usi che comportano il consumo della risorsa suolo a prescindere dalla specifica utilizzazione per manufatti edilizi, per aree di pertinenza o per impianti o attrezzature di urbanizzazione. L’ulteriore consumo di suolo (CS) è definito dal rapporto percentuale tra la somma delle superfici degli ambiti di trasformazione (AT), da un lato, e, dall’altro, la somma delle superfici già occupate da insediamenti (A) e da opere di urbanizzazione (a rete e puntuali) esistenti (B) e delle superfici interessate dalle trasformazioni previste dai vigenti atti di pianificazione comunale (C). Detto rapporto si ottiene applicando la seguente formula: CS = [AT : (A+B+C)] x 100. 5. Si intendono idonei ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di cui ai precedenti primo e secondo comma gli atti di pianificazione comunale che prevedano prioritariamente la densificazione, il riuso ed il completamento del tessuto urbano consolidato o che, qualora prevedano ulteriore consumo di suolo, rispettino i seguenti indirizzi: - verifichino l’attuazione di almeno il 75% delle previsioni di sviluppo insediativo comunale con riferimento ai vigenti atti di pianificazione comunale; - per i Comuni non definiti polo attrattore a mente del successivo articolo 72, raggiungano un grado di urbanizzazione del territorio comunale inferiore al grado di urbanizzazione medio del rispettivo ambito territoriale omogeneo di riferimento di cui alla tabella 3, allegata alle presenti norme; - contengano la previsione di ulteriore consumo di suolo entro il 5% rispetto all’attuale grado di urbanizzazione comunale. 6. Ai fini della valutazione di compatibilità degli atti di pianificazione comunale con gli obiettivi del PTCP, non si considerano comportanti consumo di suolo:

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- gli interventi relativi alle parti del territorio comunale incluse nel perimetro del tessuto urbano consolidato, nemmeno se si tratti di aree libere, intercluse o di completamento o di aree da ristrutturare o da riorganizzare, da assoggettare o meno a pianificazione attuativa; - le previsioni di interventi pubblici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, nonché quelle e di insediamenti di rilevanza sovracomunale, come definiti al successivo articolo 73; - i progetti presentati allo sportello unico per le attività produttive. 7. Gli atti di pianificazione comunale che prevedano un ulteriore consumo di suolo eccedente la soglia del 5% devono contenere specifica dimostrazione della compatibilità con gli obiettivi del PTCP e dimostrare la necessaria compensazione mediante la previsione di interventi e di azioni volti a: - qualificazione eco-sostenibile degli sviluppi insediativi; - sostenibilità delle condizioni di mobilità; - attuazione di progetti strategici di rete ecologica provinciale e Dorsale verde nord, attuazione dei parchi locali di interesse sovracomunale, sviluppo di meccanismi di compensazione ambientale delle trasformazioni, in particolare in rapporto alla attuazione dei progetti di qualificazione energetica, paesistica ed ambientale del territorio.

1.6 L’evoluzione delle tecniche per il calcolo del consumo di suolo Le carte Nel territorio milanese, il calcolo del consumo di suolo è stato praticato con tecniche che si sono profondamente evolute dagli anni ’60, quando è stato istituito il primo Piano Intercomunale Milanese, ad oggi. Si è passati in pochi decenni da tecniche manuali, imprecise e soggette a frequenti errori accidentali, a tecniche automatizzate in cui la precisione è più che adeguata agli utilizzi dei dati stimati.

Un planimetro settecentesco e un planimetro polare utilizzato in passato presso il Centro Studi PIM

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Nelle prime stime del consumo di suolo il metodo di attribuzione delle quantità di urbanizzazione era basato, attraverso un sistema di coordinate, su una griglia di suddivisione del territorio in celle chilometriche di un chilometro di lato, che permetteva la misurazione manuale dell’area di una figura piana disegnata in scala. Successivamente, l’introduzione del planimetro, ha permesso una più precisa misurazione strumentale e, di conseguenza, un maggior affinamento delle elaborazioni. Il sistema informativo territoriale Dalla fine degli anni ’80 sono comparsi i Sistemi Informativi Territoriali (SIT; in lingua inglese Geographic Information System, abbreviato in GIS) che permettono l’acquisizione, la registrazione, l’analisi, la visualizzazione e la restituzione di informazioni derivanti da dati geografici. Fra le altre cose i GIS presentano delle funzionalità di analisi spaziale ovvero di trasformazione ed elaborazione degli elementi geografici degli attributi. Fra queste elaborazioni ci sono quelle che permettono di realizzare “query spaziali”, ovvero delle interrogazioni di database a partire da criteri spaziali (vicinanza, inclusione, sovrapposizione, ecc.): è quindi possibile calcolare la superficie contenuta in alcuni poligoni con caratteristiche desiderate. Il Centro Studi PIM si è dotato dal 1994 di un Sistema Informativo Territoriale volto ad acquisire ed elaborare le informazioni sul territorio dell’area milanese e lombarda. Punto di riferimento per le Amministrazioni Comunali e per i professionisti, il MISURC, è la mosaicatura degli strumenti urbanistici comunali, realizzato mettendo a punto proprie metodologie e procedure divenute poi standard regionale. Il MISURC è in grado di rappresentare in forma omogenea i contenuti dei differenti PRG/PGT, per mezzo di una legenda sintetica e unificata, secondo una procedura standard, che raggruppa azzonamenti e

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vincoli riportati dal piano. L’utilizzo di questi sistemi ha permesso di effettuare numerose elaborazioni, fra cui il calcolo di superfici dei diversi azzonamenti da PRG/PGT del territorio. A livello informatico l’operazione è fatta automaticamente dal GIS, e richiede, essenzialmente, la preparazione di una tabella in cui si stabilisce quali azzonamenti della legenda omogenea vengono considerati: per questo specifico lavoro si è fissato cosa si intende per superficie urbanizzata (SU) e urbanizzabile (SE), mentre tutto il restante viene calcolato come suolo libero. Sono state considerate le voci del MISURC che fanno riferimento al costruito per le varie funzioni (residenza, produttivo, artigianato, ecc.), per l’urbanizzato sono assunte le voci del campo “stato” consolidato, recupero, trasformazione; per l’urbanizzabile sono assunte le voci del campo “stato” espansione e non specificato. Oltre alle funzioni corrispondenti all’edificato, sono state considerate urbanizzate le superfici con codifica della funzione corrispondente a “verde privato”, “aree a verde, gioco, sport” e “aree miste verde”, che traducono, in pratica, gli standard comunali. Tali aree sono state valutate urbanisticamente impegnate e pertanto “consumate”. Tra queste, sono state escluse le aree con superficie superiore ai 10 ettari. Il calcolo non comprende viceversa il “verde di livello sovracomunale” e le “aree miste verde di livello sovracomunale”, cioè quelle che traducono le zone F di PRG. I limiti di questi dati usati al fine del calcolo dell’uso di suolo sono principalmente riferibili al fattore umano nella lettura dei piani e nella compilazione della legenda omogenea. Un altro esempio di elemento non sempre oggettivo è la scelta se un servizio è di importanza comunale o sovracomunale, scelte che pregiudicano l’assegnazione di un’area a Suolo Urbanizzato o meno. Infine un elemento di disturbo è la datazione dei Piani che si stanno esaminando: non vi sono vincoli temporali di legge alla stesura o all’aggiornamento di un Piano, ragione per cui si trovano fonti molto disomogenee tra i dati. In ogni caso, pur nella consapevolezza di questi limiti, il MISURC è uno strumento che ha reso e rende tuttora un ottimo servizio, anche per ricerche come questa, sopperendo nel passato alla mancanza di altri dati e svolgendo un ruolo che solo marginalmente era di competenza del MISURC. Ora un altro grande passo è stato fatto dalla tecnologia: abbiamo a disposizione i dati da satellite. Le rilevazioni satellitari Il metodo oggi più moderno per effettuare una stima dell’uso di suolo è basato sul collegamento dei SIT con le informazioni geografiche fornite dai sistemi di telerilevamento, derivanti da sensori montati su aereo o su satelliti. L’evoluzione del settore della cartografia informatica è stata orientata verso elaborazioni molto sofisticate dei dati acquisiti con le tecniche del telerilevamento (Remote Sensing).

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Le informazioni raccolte sono sempre associate alla loro localizzazione geografica e spesso rappresentate in forma cartografica. Con lo sviluppo delle tecnologie di misura geofisica e di rilievo esse stanno diventando sempre più dettagliate e precise. Per questa ricerca sono stati usati dati, relativi agli anni 1998 e 2008 (SPOT4 HRVIR, con risoluzione 20 m) e 1989 (Landsat5 TM, con risoluzione 30 m, ricampionato a 20 m). La tecnica che permette di ricavare da un’immagine di questo tipo l’informazione richiesta, ovvero per ogni cella o pixel di 20x20 m di definire se è suolo libero o occupato da “superficie artificiale”, è frutto di una complessa analisi, compiuta in modo semi-automatico5 Ad ogni passaggio dell’elaborazione il pixel può essere definito “Suolo occupato da superficie artificiale” o essere sottoposto a ulteriore verifica. A processo terminato si ottiene una mappa, sempre con unità minima 20x20 m di celle definite a suolo libero, occupato oppure specchi d’acqua. I limiti di queste informazioni sono, per quanto riguarda questa ricerca, individuabili nella scelta del satellite a una risoluzione di 20x20 m. Attualmente esistono satelliti che sono in grado di raggiungere risoluzioni di 0,6x0,6 m e che, in una fase ulteriormente evoluta del lavoro, permetterà un’accuratezza nettamente migliore ma forse eccessiva. Un altro limite da sottolineare è che le immagini utilizzate sono state fatte in stagioni diverse, con diversa copertura vegetativa; quando un’area verde in estate è in pieno sviluppo, può nascondere elementi di suolo costruito e mostrarli in altre stagioni. Anche questo limite è superabile, in ricerche future, scegliendo dati con una comparazione in due periodi stagionali diversi, in modo da avere un riscontro.

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Cfr. Centro Studi PIM - L’analisi del consumo di suolo nella Provincia di Milano, ricavato da immagini da satellite a tre step temporali, Milano, 2008

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Il mosaico delle quattro scene SPOT4 HRVIR utilizzate per la copertura della provincia di Milano, con una visualizzazione “all’Infrarosso Falso Colore”. Il contrasto tra le scene evidenzia l’effetto della stagionalità della componente vegetale, naturale e agricola, nelle immagini.

1.7 Il disegno del territorio Sebbene si estenda su di una zona pianeggiante compresa nell’area padana, che solo nella parte più settentrionale vede le prime ondulazioni del terreno, a preludio dell’ambito pedemontano, il territorio della provincia milanese nella sua attuale dimensione, comprensiva dell’area briantea, si caratterizza per la pluralità di sub-sistemi territoriali, ciascuno dei quali mantiene ancora oggi le proprie specificità, sia di natura prettamente territoriale che socio-economica, nonostante sia stato oggetto per buona parte di uno sviluppo urbano spesso aggressivo e, soprattutto, poco incline a garantire la tutela dei caratteri fisico-ambientali.

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1.7.1 Il quadro urbanistico-territoriale Il disegno territoriale si compone di un nucleo centrale, del capoluogo regionale e dei comuni di cintura. Nell’area si distingue, inoltre la fascia urbana intermedia imperniata sulla cintura ferroviaria, che rappresenta il prodotto della prima espansione della città industriale moderna, contrassegnata negli ultimi decenni da fenomeni di dismissione. Solo più di recente si è visto il concretizzarsi di progetti di trasformazione urbanistica nei quali la funzione residenziale e commerciale ha avuto in genere il sopravvento rispetto alle preesistenti funzioni produttive. Attorno al “nocciolo metropolitano”, i comuni di corona sono così distinti: quelli a nord del capoluogo hanno maggior densità, simile al nucleo centrale; quelli a sud hanno densità talvolta più rada, in fase di crescita. Detto ciò, ne deriva un territorio, nel complesso, con caratteristiche eterogenee dove si intrecciano zone produttive, quartieri residenziali, insediamenti direzionali e commerciali e alcuni grandi servizi e nel quale, in particolare nel caso dei nuclei urbani più maturi, si manifestano processi di riorganizzazione e trasformazione che interessano spesso vaste porzioni di suolo. La presenza di spazi aperti è in questo territorio residuale e quindi a maggior ragione il loro mantenimento risulta indispensabile a garantire una soglia di vivibilità dell’intero sistema urbano.

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Albero decisionale della metodologia di classificazione adottata


Abbiategrasso in una elaborazione con il modello 3D della cartografia digitale (Centro Studi PIM, 2005)

La fascia agricola del sud Milano è caratterizzata dal contatto della grande pianura agricola irrigua padana con la conurbazione metropolitana. Quest’area, rimasta fino a pochi decenni fa immutata nei suoi caratteri ambientali e di paesaggio agrario originari, è stata più di recente, e lo è ancora oggi, interessata da un processo di trasformazione territoriale e di sviluppo di tipo esogeno, alimentato dalla pressione insediativa esercitata dai fenomeni di traboccamento/espulsione dal nucleo centrale. L’ambito del nord-est, esteso dall’asta del naviglio Martesana, al fiume Adda verso nord, presenta condizioni di una dinamica abbastanza costante che ha consentito un’evoluzione complessiva piuttosto equilibrata del sistema territoriale senza bruschi stravolgimenti degli assetti preesistenti. L’ambito della nuova provincia briantea rappresenta, dopo il nucleo centrale, il fronte più compatto e denso dell’agglomerazione urbana metropolitana, che tende a stemperarsi in un sistema insediativo diffuso in coincidenza con i primi rilievi collinari. In quest’area, al pari delle realtà urbane e produttive più mature, si sono visti fenomeni di decadimento di alcune porzioni di tessuto insediativo causate dalla dismissione produttiva, cui è seguito con fasi alterne un processo di recupero e sostituzione funzionale.

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L’ambito del nord-ovest si trova spesso in condizioni analoghe a quelle dell’area briantea, almeno per le parti a ridosso dell’asse del Sempione (conurbazione Sempione-Olona) e della direttrice Varesina, ciò per quel che concerne sia l’addensamento urbano, sia per il manifestarsi di fenomeni di dismissione con i conseguenti processi di sostituzione. Minori densità, si rilevano invece nella zona verso l’est Ticino-Magentino, che ha, fino ad ora, subito minori pressioni insediative, anche in ragione di una collocazione defilata rispetto ai principali assi infrastrutturali della mobilità. 1.7.2 Il quadro paesistico-ambientale Il sistema delle aree regionali protette Il sistema dei parchi regionali, che nell’intera Lombardia raggiunge il 22% del territorio, nella provincia di Milano si alza al 39%, a fronte di una percentuale di suolo occupato da strutture urbane, o da previsioni di insediamenti urbani, pari al 42%, a testimonianza di una sostanziale scarsità di spazi liberi, in special modo di quelli non soggetti a tutela. Nell’ambito della provincia di Milano il sistema è costituito da sei parchi regionali e un parco naturale esterno a essi (Bosco delle Querce), per una

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Arcore e Vimercate in una elaborazione con il modello 3D della cartografia digitale (Centro Studi PIM, 2005


superficie complessiva di 83.598 ha. Risponde principalmente alla necessità di conservare e garantire a lungo termine gli ambienti di maggiore interesse paesistico, naturalistico e storico dei grandi corsi d’acqua (Ticino, Lambro, Adda), degli ambiti dei terrazzamenti e dei boschi delle Groane e del grande spazio agricolo del sud Milano. Quest’ultimo copre il 55% dell’intera superficie a parco regionale della provincia, estendendosi dal capoluogo sino a connettersi con il Parco regionale della Valle del Ticino, a occidente, e verso i parchi regionali lungo la valle dell’Adda a oriente e costituisce un elemento per la valorizzazione delle qualità paesistiche di questo territorio. Si coglie, quindi, come l’armatura sia data dai parchi regionali fluviali della Valle del Ticino e dell’Adda Nord e Sud connessi, nel settore meridionale, dal Parco Agricolo Sud Milano, mentre nella fascia più settentrionale, in ragione di una diffusa e massiccia urbanizzazione, il sistema del verde appaia più frammentato con una alternanza di parchi regionali e PLIS. Nel territorio della nuova provincia briantea, i maggiori spazi aperti sono segnati, oltre che da più marcate caratteristiche morfologiche, dalla presenza delle aste di fiumi e torrenti, elementi portanti che hanno supportato la creazione di aree a parco, da quello regionale della Valle del Lambro a quelli locali del Molgora e del Rio Vallone. Diverso è il caso del Parco naturale del Bosco delle Querce, nato con lo scopo principale di bonifica, recupero ambientale e ricostruzione dell’ecosistema dopo l’incidente dell’ICMESA del 1976. Nell’ambito del nord-ovest gli spazi aperti, in generale non di grande estensione, ma caratterizzati da elementi paesistici di rilievo sono stati spesso

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oggetto di attenzione da parte delle comunità locali che hanno proposto la formazione, oltre che Parco Regionale del Ticino, di PLIS in grado di tutelare e valorizzare gli elementi di pregio del territorio, come nel caso dei parchi delle Roggìe, del Roccolo, dell’Alto Milanese, ma anche dei PLIS lungo il corso dell’Olona. Procedendo verso l’area densa del capoluogo, il Parco Nord, votato ad un uso principalmente fruitivo, interessa una serie di aree periferiche a nord della città di Milano, derivanti da aree industriali dismesse e terreni agricoli residuali. Al riguardo le iniziative promosse dal capoluogo di formazione di parchi urbani quali il Parco di Trenno, il Boscoincittà, il Parco delle Cave, il Parco Lambro e il Forlanini, posti ai margini occidentale e orientale del nucleo urbano, si sono integrate, a scala intercomunale, con la realizzazione del Parco Regionale Nord Milano e con i parchi locali delle Cascine, della Media Valle del Lambro, del Grugnotorto-Villoresi e della Balossa. Infine, immediatamente a nord dei confini provinciali, nell’area collinare che fa comunque parte del paesaggio della regione urbana milanese, sono presenti altri parchi regionali, in genere orientati alla tutela forestale, a contatto con le conurbazioni Varesina, Comasca e Lecchese. Il quadro delle aree protette si completa con i Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (PLIS), mentre le riserve regionali esterne ai parchi e i monumenti naturali tutelano aree specifiche di limitata superficie o singoli fenomeni isolati di carattere morfologico o naturalistico. Attualmente in provincia di Milano sono presenti 16 PLIS riconosciuti, la cui superficie interessa 8.738 ettari, e altri 5 proposti o in fase di riconoscimento (2.959 ha), che

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arrivano complessivamente a coprire una superficie pari circa a 11.700 ettari. Tale estensione risulta ancor più significativa se si pensa che la quasi totalità dei PLIS si localizza nell’ambito settentrionale del territorio provinciale, mentre quello meridionale è interamente tutelato dal Parco Sud. Osservando la distribuzione di queste aree protette, si possono abbozzare ipotesi di sub-sistema dei PLIS interposti tra i grandi ambiti tutelati dei parchi regionali: il sistema dell’ovest, tra il Parco Valle Ticino e il Parco delle Groane, costituito dai PLIS dell’Alto Milanese e del Rugareto (entrambi in parte fuori provincia di Milano), delle Roggìe, del Roccolo, dei Mulini, del Gelso, oltre che dai proposti parchi del Lura e del Basso Olona-Rhodense; il sistema del centro, tra i parchi delle Groane e della Valle Lambro, costituito dai PLIS della Brughiera Briantea, della Brianza Centrale, del Grugnotorto-Villoresi, della Balossa e della Media Valle del Lambro;

Naturalità, agricoltura e fruizione nei parchi regionali in Provincia di Milano Naturalità, agricoltura e fruizione nei parchi regionali in Provincia di Milano

100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% ha 24.724,01

ha 3.335,17

Parco Lombardo della Parco delle Groane Valle del Ticino

ha 3.309,47

Parco dell'Adda Nord Parco della Valle del Lambro

Altro

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ha 4.339,91

Aree edificate

ha 628,28

ha 47.052,52

Parco Nord Milano

Parco Agricolo Sud Milano

Fruizione

Agricoltura

Naturalità


il sistema dell’est Milano, tra i parchi Valle Lambro e Adda Nord, costituito dai PLIS della Cavallera e Est delle Cave (per i quali sono in via di definizione le intese istitutive) e da quelli della Valletta, dei Colli Briantei, delle Cascine, del Molgora e del Rio Vallone; il Parco della Collina di San Colombano, a margine di questo sistema per la sua collocazione territoriale, e per il quale è prevista l’estensione alle province di Lodi e Pavia. Questo sistema si caratterizza per un andamento radiale o subradiale rispetto all’area centrale milanese e presenta spesso aspetti di grande frammentarietà. In particolari, gli spazi “liberi” del settore settentrionale, in assenza di logiche di pianificazione unitaria, risultano ulteriormente frammentati dalla presenza delle grandi infrastrutture di mobilità, mentre con la scomparsa dell’attività agricola, essi non sono più in grado di costituire paesaggio di contesto alle città. Il consolidamento di alcune di queste iniziative e la loro messa in rete mediante la formazione di un sistema di percorsi ciclabili, consente, per quanto un po’ lentamente, di ridistribuire la domanda di spazi verdi accessibili e di allentare conseguentemente la pressione esercitata sui pochi parchi esistenti strutturati ed effettivamente protetti, primi fra tutti il Parco Nord Milano e il Parco di Monza. Inoltre nei parchi regionali e locali se da un lato le tutele paesistiche e naturalistiche sono prioritarie e costituiscono un vincolo alle espansioni insediative, dall’altro le strutture urbane acquistano qualità (e quindi valore) quanto più affacciano su aree di pregio ambientale, come è possibile riscontrare ad esempio nelle aree di contesto del Parco Nord Milano. Un’attenta lettura delle normative dei singoli piani dei parchi mette in evidenza, assieme ai caratteri della pianificazione dei diversi territori, i rapporti più diretti con le aree urbane di contesto. Gli aspetti di tutela della natura sono prevalenti nei parchi fluviali e forestali, come il Parco della Valle del Ticino, che, considerata la grande superficie territoriale, include nel territorio di Parco naturale praticamente tutti gli ambienti interni al terrazzo principale del fiume, il Parco delle Groane, che sottopone a tutela naturalistica ampie zone di brughiera, il Parco della Valle del Lambro e il Parco dell’Adda Nord che individuano nelle aree di pertinenza dei fiumi gli ambiti di maggiore pregio. Fra i PLIS, il Parco del Molgora (22% del territorio) e, soprattutto, il Parco del Rio Vallone (34%) sottopongono a tutela naturalistica anche ampie zone boschive superstiti delle antiche foreste planiziali. Le aree riservate ad attrezzature per la fruizione acquistano peso sempre maggiore quanto più ci si avvicina all’area centrale e densamente abitata della regione urbana milanese, fino ad occupare la massima percentuale nel Parco Nord Milano e nel Parco della Brianza Centrale che, per dimensioni e posizione, assolvono alla funzione di grandi parchi urbani territoriali. Significative presenze di aree attrezzate per la fruizione sono poi rilevabili nelle Groane, nel Parco Sud e nel Valle Lambro, nel quale si evidenzia una forte pressione in corrispondenza del Parco di Monza. I parchi più esterni, a partire dal Valle Ticino indirizzano il tema della fruizione

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verso la percorribilità del territorio, garantita da “punti visita”, piuttosto che da vere e proprie aree attrezzate. Nei PLIS più esterni, a partire dal Molgora, il tema della fruizione è diretto verso la percorribilità del territorio, garantita da un’estesa rete di itinerari ciclopedonali, mentre il Parco della Collina di San Colombano si concentra su “punti vista” sulla campagna. Nel Parco Sud e parzialmente in quello della Valle del Ticino i temi dominanti sono la conservazione nel lungo periodo dei territori agricoli produttivi della pianura irrigua e la riqualificazione del paesaggio agrario, storico ed attuale. Queste tematiche rappresentano i temi dominanti anche nel Parco della Collina di San Colombano, la cui tutela si estende al paesaggio di questa emergenza geomorfologica. Il Parco delle Groane, così come il Parco del Molgora e quello del Rio Vallone (rispettivamente con il 31%, il 62% e il 56% del loro territorio), individuano le aree di indirizzo agricolo, in un corretto equilibrio fra esigenze produttive, ambientali e fruitive. Il Parco della Valle del Lambro, oltre a individuare il “sistema delle aree prevalentemente agricole”, comprende aree agricole interne al perimetro di Parco naturale classificate come aree di protezione dei corsi d’acqua in quanto facenti parte dell’ecosistema fluviale. Infine, il Parco della Brianza Centrale prevede una maggiore integrazione con la fruizione dello spazio rurale e con gli interventi di forestazione. Nell’esame delle aree urbane, riservate cioè a vario titolo all’iniziativa comunale, i rapporti percentuali hanno scarsa rilevanza in quanto dipendono dal “disegno” del perimetro all’atto dell’istituzione del singolo parco: i due estremi sono rappresentati dal Parco della Valle del Ticino, nel quale tutte le aree urbane fanno parte del territorio del parco e dal Parco Agricolo Sud Milano nel quale tutte le aree urbane sono escluse. Una particolare attenzione è riservata, nel Parco Sud, ai rapporti con la città di Milano, attraverso la introduzione dei “piani di cintura urbana”, strumenti destinati ad approfondire e rendere fra loro compatibili i temi dello sviluppo urbano e della tutela del territorio. Anche per i PLIS, nell’esame delle aree riservate all’iniziativa comunale, si va dal Parco della Brughiera Briantea, nel quale la quasi totalità delle aree urbane fa parte del territorio del PLIS, al Parco del Grugnotorto-Villoresi, nel quale tutte le aree urbane sono escluse. ABITAZIONI E TERRITORIO Attualmente assistiamo a una nuova e crescente domanda di alloggi sociali dovuta, prima di tutto, all’innalzamento dei prezzi. I modelli abitativi tradizionali si rivelano sostanzialmente inadeguati rispetto alle attuali dinamiche sociali, con le nuove abitudini di vita, le mutate strutture familiari, le differenti relazioni casa-lavoro-tempo libero, le esigenze di maggior personalizzazione, le richieste di una società sempre più multietnica. La produzione di nuove abitazioni negli anni Novanta ha avuto un andamento discontinuo con una stasi nella prima parte del decennio e una decisa ripresa negli anni seguenti. Il risultato è una crescita dello stock abitativo (+6% a livello nazionale) superiore alle previsioni degli esperti di settore, che avevano scommesso soprattutto sul recupero del costruito. La graduale liberalizzazione del mercato degli affitti ha favorito inoltre, soprattutto

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nelle aree metropolitane, un maggiore uso dello stock abitativo esistente, testimoniato dalla netta riduzione delle abitazioni non occupate. In provincia di Milano le abitazioni aumentano nel complesso di 50.000 unità (+3,2%) ma qui pesa molto il risultato negativo di Milano (-47.000 fra i due ultimi censimenti) pur attenuato dal dato definitivo 2001. L’incidenza delle abitazioni “non occupate” scende dal 7,8% del 1991 al 5,7% del 2001, ma con forti differenze fra capoluogo (dal 10 all’8%) e altri comuni (dal 6,2 al 4,3%), accompagnato da un diffuso recupero di patrimonio inutilizzato, a seguito di riqualificazione o semplicemente perché ritornato in circolazione. All’interno della provincia, le maggiori crescite percentuali per subarea ricalcano nelle grandi linee quelle che è possibile rilevare per la popolazione (nell’ordine Abbiategrasso, Vimercate, Melegnano, Magenta, Castano Primo). Gli incrementi più rilevanti in assoluto, superiori a 10.000 abitazioni, si hanno nelle subaree di Monza, Seregno e Vimercate, con quella di Cernusco poco al di sotto. A differenza del precedente decennio, a livello comunale non si registrano più gli incrementi eccezionali che avevano portato in alcuni comuni al raddoppio o più dello stock. Vi si avvicinano, con incrementi fra 65 e 88%, piccoli comuni, fra i quali Cusago, mentre hanno incrementi assoluti maggiori di 2.000 abitazioni alcuni grandi comuni come Monza, Legnano, Bollate e Buccinasco, che ha anche un forte incremento percentuale (+35%). Più che il numero di abitanti, ciò che influisce sul fabbisogno abitativo è la perdurante tendenza alla riduzione dei componenti per famiglia. I dati ISTAT indicano che le famiglie sono cresciute assai più della popolazione (come ormai accade da almeno due decenni) e sono aumentate anche nei comuni in cui sono diminuiti gli abitanti. La porzione di fabbisogno realmente necessitante di aiuto pubblico, non solo è quantitativamente rilevante, circa 53.000 alloggi (2007), ma soprattutto è concentrata nelle aree di massima offerta occupazionale, in particolare nel capoluogo, e quindi in genere più densamente edificate e con minori disponibilità di suolo. Inoltre, sono profondamente mutate le caratteristiche dei soggetti portatori della domanda abitativa, con specifici connotati ed esigenze, quali: condizioni economiche medio basse; marcate esigenze di mobilità; ridotte dimensioni familiari; concentrazione territoriale nelle aree di maggior offerta lavorativa. Le nuove componenti della domanda, a cui il sistema abitativo esistente e i modelli di intervento prevalenti non appaiono attrezzati a rispondere, è dunque costituita soprattutto da anziani, immigrati, studenti universitari fuori sede, lavoratori con esigenze di mobilità, categorie alle quali occorre fornire risposte specificamente mirate che possono risultare anche del tutto indipendenti dalla realizzazione di nuove abitazioni. Famiglie monoreddito, famiglie monogenitore, separati, coppie giovani con stipendi iniziali, ecc. incontrano, infatti, crescenti difficoltà ad accedere all’offerta esistente. Il sistema di relazioni dell’area milanese travalica ormai da tempo i confini comunali e si estende a una più ampia regione urbana di scala interprovinciale. Ciò vale certamente anche per il mercato immobiliare e per l’andamento dei relativi prezzi, sia in relazione ai miglioramenti nel sistema di trasporto e nella grande viabilità sia in relazione al fatto che l’insufficienza di nuove aree edificabili nell’area centrale induce ad ampliare il raggio delle relazioni. I prezzi delle abitazioni, nei valori medi per sub-area, rivelano una struttura marcatamente radiocentrica a partire dall’area centrale milanese fino ai confini provinciali e, sia pure con qualche differenza, anche al di fuori di essi. La variazione degli anni recenti fotografa il periodo di maggior crescita dei prezzi, dopo la lunga stasi degli anni Novanta. A livello di macroaree anche la mappa delle crescite percentuali mostra una struttura piramidale con vertice nel capoluogo, ma presenta

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Stima della domanda di edilizia sociale 2016 per tavoli interistituzionali della provincia di Milano

andamenti meno lineari. È l’area centrale di Milano a crescere di più (+84%), seguita però a brevissima distanza dalle zone semicentrali sud ed est (+81% e +77%). I settori di prima cintura (31 comuni) presentano comportamenti differenziati, con crescite intermedie fra Milano e resto provincia. Dove risultano compresi fra il +15% del sud (Abbiatense-Binaschino) e il +33% dell’est (Adda). I prezzi salgono quindi a ritmi più accentuati nei centri urbani importanti, dove sono presenti molti fattori di qualità (servizi, occasioni di cultura e spettacolo, ecc.), dove più accentuata è la mancanza di aree edificabili per aumentare l’offerta e dove tende più a concentrarsi la domanda di lavoro – e quindi la domanda di abitazioni – espressa dalle fasce deboli, rischiando così di allontanarle sempre più dalla possibilità di accedere alla casa e inducendo sempre più intensi fenomeni di pendolarismo. Si tratta di un processo cumulativo che difficilmente può essere invertito attraverso il puro funzionamento del mercato, ma che, diversamente, richiede la predisposizione di appropriate politiche pubbliche regolative tese a promuovere un ampliamento dell’offerta a canone moderato e un’accessibilità più diffusa della proprietà edilizia.

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URBANISTICA E FISCALITÀ LOCALE L’evoluzione della struttura della finanza locale e la contrazione dei trasferimenti erariali ad essa destinati, hanno determinato una dipendenza sempre maggiore dei bilanci comunali, e quindi della conseguente possibilità di erogare servizi, dalle entrate correlate allo sviluppo edilizio. Attraverso i sempre più diffusi processi di natura negoziale, gli enti locali, vedono nella crescita insediativa una via d’uscita alla “crisi”. Gli attuali caratteri della fiscalità locale mettono quindi i Comuni in una posizione alquanto critica nella realizzazione di efficaci politiche di contenimento dei consumi di suolo, con l’ICI che, spesso, ha rappresentato in questi anni l’elemento di sopravvivenza delle amministrazioni locali. Nata come Imposta straordinaria sugli immobili, l’ICI si è rapidamente evoluta, divenendo una delle entrate più importanti nel bilancio dei comuni italiani, sostituendo trasferimenti di fondi dallo Stato centrale; le recenti politiche finanziarie del governo hanno portato all’abolizione dell’ICI sulla prima casa (DL 93/08, del 27 maggio 2008). La possibilità di far quadrare i bilanci utilizzando contributi di costruzione e oneri di urbanizzazione ha determinato, infatti, una spinta in direzione di un sempre maggior sviluppo insediativo, che va al di là delle reali esigenze del territorio, con i Comuni che si trovano in una situazione dialettica, fra esigenze di bilancio e contenimento della eccessiva produzione edilizia. Alla costruzione di un’efficace visione territoriale, subentra un percorso che è possibile definire “vizioso”, dalle esigenze di bilancio alla definizione delle superfici che è necessario urbanizzare, agli accordi con gli operatori privati, che devono appoggiarsi necessariamente su una legislazione regionale che non appare particolarmente favorevole al settore pubblico. La rilevanza assunta da tali entrate e la concorrenza che si sviluppa tra i Comuni nel favorire nuovi insediamenti nei propri territori, possono generare effetti molto negativi in termini di dispersione e irrazionalità insediativa, di consumo di suolo, di maggiori costi di funzionamento del sistema della mobilità e della logistica delle attività produttive, di congestione e inquinamento. Occorre quindi sviluppare un modello di sussidiarietà, che trovi sostegno in riferimenti legislativi regionali, se non addirittura statali e che sostenga quei Comuni che, sono attivamente impegnati nel risparmio di suolo.

45


2

L'andamento del consumo di suolo in Europa

VERSO SCENARI FUTURI

L’Unione Europea rappresenta una delle zone economiche più importanti e più forti del mondo. Si osservano però squilibri economici notevoli che frenano la realizzazione di un modello di sviluppo equilibrato e sostenibile. Il cuore dell’Europa, delimitato dalle metropoli di Londra, Parigi, Milano, Monaco di Baviera e Amburgo, rappresenta solo il 20% della superficie e il 40% della popolazione comunitaria, ma contribuisce per il 50% al PIL. Nella ricerca promossa dall’Unione Europea sul consumo di suolo6, l’EEA ha introdotto un indicatore denominato “Land uptake” o “Land take” definito come la misura delle superfici precedentemente non urbanizzate e successivamente consumate dalle espansioni insediative.

Totale nel periodo

Media annuale

Rispetto alla superficie nazionale 1990

monitorati

PAESE

ha

ha/anno

%

ha

15

Austria

11.919

795

3,5

340.528

10

Belgio

19.961

1.996

3,3

605.517

10

Bulgaria

3.509

351

0,6

541.021

8

Repubblica Ceca

11.324

1.416

2,4

475.426

10

Danimarca

13.485

1.348

4,5

297.631

Anni

Area artificiale 1990

6

Estonia

2.432

405

2,8

85.647

10

Francia

138.857

13.886

5,4

2.560.094

10

Germania

205.945

20.594

7,6

2.723.207

10

Grecia

32.119

3.212

13,5

238.445

8

Ungheria

10.107

1.263

1,9

519.131

10

Irlanda

31.958

3.I96

31,2

102-275

10

Italia

83.941

8.394

6,2

1.348.014

5

Lettonia

121

24

0,1

83.747

5

Lituania

716

143

0,5

210.586

11

Lussemburgo

1.602

146

8,4

19.124

14

Olanda

84.644

6.046

23

367.918

8

Polonia

19.752

2.469

1,9

1.021.850

14

Portogallo

66.124

4.723

39,1

168.985

8

Romania

8.093

1.012

0,5

1.488.260

8

Slovacchia

5.33I

533

l,9

274.381

5

Slovenia

285

57

0,6

49.804

14

Spagna

172.718

12.337

27,1

637.542

10

Regno Unito

36.476

3.648

2

1.780.684

10

Europa 23

961.418

96.142

6,8

14.159.133

Fonte: dati Corine Land Cover 2006 6

cfr. Joint Research Centre - European Environment Agency, 2002 e 2006

46


La fonte dei dati utilizzata è costituita dalle immagini Corine Land Cover alle soglie del 1990 e del 2000, il cui limite più evidente è rappresentato dalla risoluzione spaziale, basata su un’unità minima di 25 ha. In tal senso i dati devono essere considerati al quanto sottodimensionati e le variazioni minime, tipiche, per esempio, delle nuove urbanizzazioni italiane di pochi ettari, non Quota di superficie artificiale molto bassa bassa media alta molto alta dati non disponibili

Classificazione delle FUA e delle MEGA Nodi globali Motori d’Europa MEGA forti MEGA potenziali MEGA deboli FUA di rilievo transnazionale/nazionale FUA di rilievo regionale/locale

Sono definite Aree Urbane Funzionali (FUA) le agglomerazioni urbane con oltre 50.000 abitanti, di cui almeno 15.000 localizzati nel capoluogo, se collocate in Paesi con almeno 10 milioni di abitanti; in caso di paesi meno popolosi, le FUA devono avere almeno 15.000 abitanti e coprire lo 0,5% della popolazione nazionale. Le agglomerazioni sono definite in modo ufficiale nella maggior parte dei paesi europei, sulla base delle aree di pendolarismo giornaliero; per l’Italia sono stati utilizzati i sistemi locali del lavoro dell’ISTAT. Sono definite Aree Metropolitane Europee di Sviluppo (MEGA) le più importanti Aree Urbane Funzionali (FUA) valutate in termini di popolazione, trasporti, occupazione industriale, turismo, “conoscenza”, funzione direzionale e funzione amministrativa. Individuate in 76 centri, le MEGA sono classificate in cinque categorie: Nodi globali, Motori d’Europa, MEGA forti, MEGA potenziali, MEGA deboli. Il nostro paese vede la presenza di due “motori d’Europa”, Milano e Roma, una Mega forte, Torino, due potenziali, Bologna e Napoli e una Mega debole, Genova. Complessivamente esso conta 6 Mega, 19 aree funzionali (FUA) di rilievo transnazionale o nazionale e 228 FUA di rilievo regionale/locale (in tutto sono classificate 253 FUA di rilievo).

47

Le aree urbane in Europa e i livelli di artificializzazione del suolo (ESPON Atlas, 2006)


I 106 comuni dell’area del Comprensorio milanese secondo la LR 52/75

vengono perciò rilevate dalla ricerca. Pur tenendo conto di questi limiti, nel periodo considerato l’Italia risulta essere il quarto consumatore di suolo del continente, con un consumo medio annuo di circa 8.400 ha, alle spalle di Germania, Spagna e Francia. Nel nostro paese il 94% delle aree di espansione, prevalentemente concentrate nelle aree di pianura, data la natura montagnosa di buona parte del territorio, era costituito da terreni agricoli, mentre il 5% proveniva da aree boschive. Le trasformazioni di tipo residenziale rappresentano oltre il 60% del totale, mentre quelle produttive e commerciali arrivano a circa il 30%. L’eredità di decenni di scelte prive di strategie unitarie a scala metropolitana, ci ha consegnato un modello insediativo estensivo, caratterizzato da un alto consumo di suolo, in cui alla frammentazione delle decisioni hanno spesso corrisposto inefficienze e contraddizioni, con lo sprawl della residenza che rende difficile l’organizzazione e l’accessibilità dei servizi, la localizzazione delle grandi strutture di distribuzione e degli insediamenti produttivi, frequentemente collocati a distanza dai nuclei abitati e a ridosso dei confini amministrativi, con effetti molto pesanti sui comuni limitrofi. Queste dinamiche, sottratte a logiche di coordinamento territoriale complessivo,

Confini comunali Confine Provincia di Milano Comuni area Comprensorio Milanese [LR 52/75]

48


determinano il depauperamento dei superstiti ambiti di naturalità e delle aree dedicate all’agricoltura, che perdono compattezza, continuità e capacità di rigenerazione ecologica, ma anche valenza produttiva. 2.1 L’evoluzione storica del fenomeno fra modalità di sviluppo e mutamenti territoriali Attualmente non è semplice reperire dati attendibili sul tema del consumo di suolo, non essendovi banche dati riferibili a rilevazioni istituzionalmente riconosciute, o ricerche complete aggiornate e utilizzabili e/o comparabili, ad eccezione di pochi casi, tra cui i dati riferiti all’area milanese che è stata interessata, a partire dagli anni Sessanta, da processi di pianificazione d’area vasta con conseguente monitoraggio delle dinamiche territoriali, oltre che socio-economiche. Negli anni Ottanta sono state realizzate numerose analisi sulle diverse realtà regionali, basti ricordare gli studi elaborati dall’IReR per la Lormbardia o quelli sul Veneto compiuti dall’IRSEV e dal DU/IUAV7, ma di tutte certamente le più interessanti sono rappresentate da IT-URB’80 e IPRA CNR8, due programmi di ricerca a scala nazionale che documentano un generale contesto culturale in cui viene finalmente riconosciuta anche nel nostro Paese la necessità di un controllo dell’uso della risorsa suolo che ne valorizzi le potenzialità e ne limiti il consumo irrazionale. Le grandi aspettative generate da queste ricerche sono rimaste deluse non avendo avuto seguito sia per quanto riguarda l’avvio di precisi programmi di monitoraggio, che dal punto di vista del reale diffondersi di una cultura incentrata sul controllo del consumo della risorsa suolo. Ancora oggi, anche tra gli addetti ai lavori, la conoscenza del fenomeno appare ancora collegata ai 100-150.000 ha/anno denunciati da Cederna all’inizio degli anni Novanta9. Nell’ottica di un’attività di monitoraggio del fenomeno, la disponibilità di serie storiche continue, in grado di restituire un’immagine dinamica del ciclo dello sviluppo urbano milanese, rappresenta un elemento di valenza strategica. Mentre occorre sottolineare la mancanza di questi dati a livello nazionale, nel territorio milanese sono disponibili, grazie all’attività del Comprensorio prima e del Centro Studi PIM oggi, una serie di dati riferiti a differenti soglie storiche dal 1936 ai giorni nostri. L’analisi quantitativa si è quindi potuta basare su un’ampia disponibilità di dati, frutto delle rilevazioni sistematiche sull’occupazione del suolo e delle sue articolazioni funzionali e localizzative nell’area PIM (106 comuni) fino al 1989, e successivamente estese all’intero ambito provinciale. 7

8

9

cfr. Mioni, Alberto – Tarulli, Elio - Usi e consumi di suolo urbanizzato in Lombardia, IReR, Milano 1983; De Carolis, Guido - Castiglioni A. - Le trasformazioni territoriali 1975-80. Dinamica urbanizzativa della residenza, dell’industria e delle attività agricole, IReR, Milano 1983; IRSEV -, Consumo di suolo per usi urbani nel Veneto; DU/IUAV - Urbano. Non urbano. Modelli e strumenti di analisi e intervento in situazioni di crescente diffusione urbana (il caso Veneto). IT-URB ‘80 nasce nel 1982 per iniziativa di Giovanni Astengo come programma di ricerca universitaria finanziato dal Ministero della Pubblica Istruzione. IPRA-CNR è invece un Progetto Finalizzato che ha impegnato anche centri studio e ricercatori extrauniversitari. L’Area-problema 2.4, che si occupa dei fenomeni interattivi nell’uso della risorsa suolo ingenerati dai sistemi urbani nei riguardi dell’agricoltura, è solo una parte del più ampio progetto indirizzato all’incremento della produttività delle risorse agricole. cfr. Cederna, Antonio – Prefazione in De Lucia, Vezio – Se questa è una città, Donzelli, Roma 2006 (ed. or. 1992)

49


Gli anni Trenta, nei quali si è consolidata quella fase dello sviluppo territoriale caratterizzata dalla concentrazione nei principali nodi urbani della popolazione e delle attività manifatturiere, rappresentano una soglia particolarmente significativa per avviare una riflessione sulle dinamiche e modalità della trasformazione economica e spaziale dell’area milanese. È importante sottolineare, al di là del peso giocato dalle variabili economiche nella determinazione del modello insediativo, alcuni rilevanti fattori morfologici e territoriali tipici dell’area milanese, quali l’assetto insediativo radiocentrico, l’elevata vocazione agricola della pianura irrigua, la presenza di ampie porzioni di territorio urbanizzabile nell’ambito della pianura asciutta, che hanno contribuito a concentrare prevalentemente nell’ambito territoriale settentrionale l’intenso processo agglomerativo. La successiva fase di urbanizzazione che caratterizza gli anni Cinquanta, evidenzia l’emergere di un modello di sviluppo polarizzato sull’area centrale e lungo le principali direttrici infrastrutturali di trasporto, con il capoluogo che rappresenta uno dei maggiori poli della crescita industriale nazionale, facendo registrare le più elevate concentrazioni di attività produttive, di addetti e di popolazione insediata. In questo senso, I’area urbana e comprensoriale presenta già tutti i caratteri distintivi dell’organizzazione territoriale che influenzeranno I’evoluzione del Disponibilità di dati sull’uso del suolo alle differenti soglie storiche nell’area milanese

IGM 1936

1954

IGM 1954

1963

IGM 1960

1972

IGM 1972

1980

IGM 1980

1989

foto prov. 1989

MOSAICO CARTACEO

Area PIM [106 comuni]

1936

CTR 1981

1989

foto prov. 1989

1994

CTR 1994

2002

ortofoto 1998

2006

ortofoto 1998

2008

google earth 2008

MOSAICO INFORMATIZZ ZATO

1981

Area Provincia

dati confrontabili dati non confrontabili

50


processo di crescita urbana fino ai giorni nostri, fortemente caratterizzata dal dualismo produttivo e insediativo fra l’area nord, che si consolida come la direttrice storica dell’industrializzazione, e la specializzazione agricola delle aree sud, dove emerge la prevalenza dei nuclei rurali. Gli intensi fenomeni di incremento demografico, insediativo ed economico in atto dagli anni Sessanta, avviano la fase della suburbanizzazione, basata sul rafforzamento delle principali direttrici di sviluppo consolidate e caratterizzata dalla forte espansione dell’area comprensoriale, seguita dal ridimensionamento demografico-industriale e dalla progressiva specializzazione terziaria dell’area centrale. L’estendersi di questo processo determinerà I’emergere, nel decennio successivo, di nuove direttrici di crescita negli ambiti orientale e meridionale, integrate funzionalmente al sistema territoriale centrale. La geografia del consumo di suolo si estende lungo i principali collegamenti regionali e interregionali, con la progressiva saturazione dei comuni di industrializzazione storica di prima e seconda corona e con I’erosione del suolo libero in quelle aree che avevano mantenuto dall’inizio del secolo, una specializzazione funzionale agricola. Negli anni Ottanta, il profondo mutamento delle modalità della crescita economica metropolitana, contraddistinta da una serie di fenomeni (calo demografico e occupazionale, controurbanizzazione, decentramento e riorganizzazione delle attività produttive, specializzazione funzionale delle aree centrali e degrado fisico e funzionale delle aree periferiche di prima industrializzazione), determina una nuova configurazione delle gerarchie insediative e l’emergere di nuove direttrici di sviluppo metropolitano e regionale, con la formazione di un reticolo territoriale dove le diverse subaree dell’area metropolitana presentano una stretta integrazione spaziale e funzionale sia al proprio interno che con gli ambiti esterni. All’ingente calo di popolazione e addetti non corrisponde, però, un rallentamento dei fenomeni di consumo di suolo, con I’urbanizzato che nel 1989 raggiunge il 37% dell’intera area PIM a fronte del 8,4% registrato nel 1936. Nello stesso periodo, il territorio metropolitano mostra il 34% del suolo impegnato dall’urbanizzazione, il 9% destinato a nuove espansioni, mentre il rimanente 57% risulta prevalentemente agricolo, con il 39% vincolato a parchi di livello regionale e comprensoriale. L’urbanizzazione di nuove aree rileva, rispetto alla dinamica del decennio precedente (che ha visto aumentare la pressione insediativa nei comuni lungo le principali direttrici di sviluppo a fronte di un sostenuto decremento dell’area centrale), un’apparente decelerazione del consumo di suolo, con 494 ha/anno di nuova urbanizzazione nel periodo 1980/89, rispetto a 1062 ha/anno nel periodo 1972/79. In realtà, integrando I’analisi dell’occupazione di suolo con I’osservazione della dinamica demografica, si ha una conferma dell’attualità del processo insediativo espansivo caratterizzato da un alto consumo di suolo e dalla progressiva saturazione delle aree interstiziali disponibili e da un notevole dinamismo degli ambiti meridionali, nei quali le nuove urbanizzazioni si attestano mediamente al di sopra del 20%, con Buccinasco, Assago e Lacchiarella che superano il 45%.

51


Gli usi del suolo in provincia di Milano (2008)

Ad una media comprensoriale di 1300 mq di suolo consumato per ogni nuovo abitante insediato nel periodo 1972/79 corrisponde, infatti, il valore di 790 mq per ogni abitante perso nel periodo successivo. All’inizio degli anni Novanta, il territorio provinciale destinato alle nuove urbanizzazioni risulta complessivamente il 26% del suolo occupato e ammonta a circa l’8,8% dell’intera superficie territoriale (17.210 ha su 195.372 ha). Appare evidente come, se ai nostri giorni il territorio occupato da funzioni urbane sfiora il 36% dell’intera superficie provinciale, il periodo 1981-1998 sia stato un passaggio fondamentale, con un incremento di poco superiore al 13%. La crescita del sistema urbano dell’area provinciale milanese non si è infatti fermata, sebbene abbia mostrato segnali di rallentamento rispetto alla fase di massima espansione insediativa degli anni Sessanta e Settanta. I processi di sviluppo che si sono determinati nel più recente periodo hanno visto crescere non tanto la dimensione totale del suolo riservato a funzioni urbane, ma i fenomeni di trasformazione funzionale degli spazi di territorio già urbanizzato con effetti complessivi di incremento-estensione delle densità urbane. Questa fase, caratterizzata dal fenomeno della dismissione produttiva, ha iniziato a manifestarsi all’inizio degli anni Ottanta e, dopo un periodo di stasi, ha subito una nuova ripresa nella prima metà degli anni Novanta. Con la scomparsa della gran parte dei maggiori impianti produttivi, sostituiti, in prevalenza, da strutture di medio-piccole, attività artigianali, depositi e con le grandi imprese che hanno lasciato sul territorio

1,3% 3,9%

6,8%

Territorio tutelato in Provincia di Mil 48,1% [della ST provinciale] 35,2%

territorio libero territorio libero in parco

58,0%

territorio urbanizzato 43,0%

territorio urbanizzato in parco

territorio urbanizzabile territorio urbanizzabile in parco [Fonte: MISURC 2008, SIT Parchi/Ambiente Centro Studi PIM]

52


metropolitano quasi esclusivamente le sedi direzionali determinando un profondo mutamento nel sistema delle attività economiche. Il consumo di suolo per attività industriali è, infatti, passato da una media di 200 ha/anno negli anni Sessanta a 120 ha/anno nel periodo 1980/89, quando I’incremento delle zone industriali e terziarie ha rappresentato,

Occupazione del suolo nell'area PIM

1936-1989

45.000 40.000 35.000 30.000 25.000 20.000 15.000 10.000 5.000 0 193

1954

1963

1972

1980

area PIM area PIM

Milano

1989 Milano

totale

totale

Fonte: dati SIT Urbanistica 2008, elaborazione Centro Studi PIM

Dinamica demografica nell'area PIM

1951-1989

3.500.000 3.000.000 2.500.000 2.000.000 1.500.000 1.000.000 500.000 0 1951

1961

1971

1981 area PIM area PIM

Fonte: dati SIT Urbanistica 2008, elaborazione Centro Studi PIM

53

1989 Milano Milano

totale totale


rispettivamente, il 16% e il 40% dell’esistente al 1980. Tuttavia, I’incremento industriale ha costituito, per molte realtà territoriali, una quota rilevante delle nuove urbanizzazioni attuate tra il 1980 e il 1989, con valori tra il 30% e il 90%, dando luogo, in alcuni comuni, a un aumento di più di 1/3 della superficie industriale esistente al 1980. Tale fenomeno si è ovviamente manifestato con maggiore evidenza nelle aree urbane mature del nord e del cuore dell’area metropolitana, come a Milano e a Sesto San Giovanni, Rho-Pero, Desio, Legnano, offrendo significative potenzialità di trasformazione-valorizzazione, soprattutto in ragione della collocazione strategica di molte di queste aree, consentendo così un minore consumo di suolo. Il consumo di suolo, è proseguito anche negli anni Novanta in tutte le aree provinciali con pesi differenti, ma con modalità di sviluppo pressoché analoghe, non più attraverso l’insediamento di grandi comparti edificati, come in misura più evidente era accaduto nei decenni precedenti, ma con l’insediamento di funzioni collocate in prevalenza attorno ai nuclei urbani esistenti e ai comparti produttivi già insediati, privilegiando, in sostanza, il consolidamento dei sistemi insediativi esistenti. Terminata ormai da tempo la fase di diffusione urbana, espressione fisiologica di antropizzazione matura, i dati più recenti, riferibili all’intervallo 2002-2008, confermano la tendenza in atto negli anni Novanta, determinando, a fronte della carenza di aree libere nel comparto settentrionale, una sempre maggior pressione espansiva e un conseguente

Dinamica del consumo di suolo per usi urbani nell'area PIM 1936-1989 Incremento medio annuo [ha] 1.253 1.062

1.056 1.030

624

228 117

498

443

396

229

196 32

113

56

Milano

Altri comuni

1936/54

Fonte: dati SIT Urbanistica 2008, elaborazione Centro Studi PIM

54

1955/63

Totale Provincia

1964/72

1973/79

1980/89


ulteriore consumo di suolo negli ambiti esterni alla provincia, a sud in particolare, ma anche al di fuori del territorio regionale. A fronte di una crescita della popolazione e degli addetti che si manifesta ad una scala più dilatata rispetto a quella che ha caratterizzato le dinamiche insediative del periodo precedente, l’attuale modello di sviluppo estensivo, appare caratterizzato da ritmi elevati di consumo di suolo extraurbano, contribuendo così ad incrementare ulteriormente le criticità in materi di congestione, accessibilità ai servizi e inquinamento, legate alla dispersione urbana. 2.2 Il tema del consumo di suolo in Lombardia Al di fuori dei citati rapporti JRC – EEA, in Italia non esistono dati complessivi sul consumo annuo di suolo, rendendo insufficienti le informazioni disponibili, per quantità e qualità, a supportare i dispositivi di monitoraggio e contenimento del consumo di suolo ed evidenziando una forte carenza culturale. I dati recentemente elaborati da Legambiente e DiAP Politecnico parlano di un consumo di suolo in Lombardia di quasi 5000 ettari ogni anno. Se le situazioni più gravi restano quelle dell’area metropolitana che da Varese e Milano si estende ormai senza interruzione fino a Brescia, dove si sono registrate le urbanizzazioni quantitativamente più significative (930 ha/anno, cioè 8,2

Dinamica del consumo di suolo per attività industriali nell'area PIM escluso Milano 1936-1989 Incremento medio annuo [ha]

250 200

200

203

189

150

121

100

50

40

0 1936/54

1954/63

1963/72

1972/79

Fonte: dati SIT Urbanistica 2008, elaborazione Centro Studi PIM

55

1980/89


Incremento dell’urbanizzazione in Lombardia 1999-2004 (Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2005, ARPA, 2005)

mq/ab x anno), il dato delle province meridionali lombarde appare quello più preoccupante perchè indica una tendenza alla crescita dello sprawl. A Mantova ogni anno vengono, infatti, consumati complessivamente 616 ha di suolo prevalentemente agricolo (16 mq/ab x anno), mentre a Milano, dove la popolazione è dieci volte, il dato complessivo è 540 ha/anno (2,4 mq/ab x anno). Elevati indici di consumo di suolo li troviamo un po’ in superiore, tutte le provincie della Bassa: Pavia (10,8 mq/ab x anno) e Lodi (4,4), Cremona (8,5).

¨% urbanizzazione 0,00% - 0,05% 0,06% - 0,10% 0,11% - 0,50% 0,51% - 1,00% 1,01% - 5,00% > 5,00%

¨% urbanizzazione 0,00% - 0,05% 0,06% - 0,10% 0,11% - 0,50% 0,51% - 1,00% 1,01% - 5,00% > 5,00%

56


Il consumo di suolo in Lombardia

Provincia

Indice di consumo di suolo (% Consumo di suolo annuo consuomo di suolo annuo/ pro capite superficie provinciale) (mq/ab. x anno)

Consumo di suolo annuo 1999-2004 (ha/anno)

Varese

312

0,3

4

Como

243

0,2

4

Lecco

149

0,2

5

Sondrio

123

0,0

7

Milano + Monza

893

0,5

2,4

Bergamo

634

0,2

6,5

Brescia

929

0,2

8

Pavia

544

0,2

11

Lodi

219

0,3

11

Cremona

289

0,2

8,6

Mantova

616

0,3

16

4.950

0,2

5,5

Lombardia

Fonte: dati ARPA Lombardia 1999-2004 e ISTAT 2001, elaborazione Legambiente - DiAP Politecnico di Milano

Trasformazione pro-capite degli usi del suolo 1999-2004 nelle provincie lombarde urbanizzato

agricolo

prati e praterie

vegetazione naturale

bosco

mq/ab anno

mq/ab anno

mq/ab anno

mq/ab anno

mq/ab anno

2,4

-2,0

-0,2

-0,2

0,2

Provincia

Milano + Monza Bergamo

6,4

-3,8

-3,6

-0,6

1,0

Brescia

8,2

-7,1

-3,3

-0,7

1,0

Cremona

8,5

-7,0

-0,5

-0,5

-0,6

Mantova

16,1

-14,8

-0,6

-0,8

0,5

Pavia

10,9

-7,1

-0,9

-1,4

1,2

Lodi

4,4

-3,8

-0,2

0,1

-0,3

Varese

6,2

-2,8

-1,1

-0,9

-1,7

Como

4,9

-2,3

-1,5

0,2

-1,2

Lecco

3,0

-2,2

-1,7

-0,6

1,4

Sondrio

2,5

0,2

-6,8

1,3

2,0

Lombardia

5,4

-4,0

-1,6

-0,4

0,2

Fonte: dati ARPA Lombardia 1999-2004 e ISTAT 2001, elaborazione Legambiente - DiAP Politecnico di Milano

57


Trasformazione degli usi del suolo 1999-2004 capoluoghi di provincia lombardi urbanizzato

agricolo

prati e praterie

veget. naturale

bosco

Capoluogo ha/anno

ha/anno

ha/anno

ha/anno

ha/anno

Milano

60,9

-47,8

-4,8

-6,0

-12,4

Bergamo

17,5

-13,9

-4,0

-1,4

1,8

Brescia

36,8

-39,1

-2,2

-4,7

-2,4

Cremona

31,0

-29,3

0,0

-0,6

-1,3

Mantova

46,0

-43,4

-1,1

-3,7

-3,0

Monza

12,9

-9,0

-1,2

-1,7

-1,1

Pavia

22,9

-16,1

-0,3

-0,6

-2,7

Lodi

15,1

-11,4

-0,8

1,1

-4,3

Varese

12,8

-2,5

-3,0

-2,3

-6,7

Como

12,1

-2,0

-1,6

-1,1

-5,6

Lecco

4,1

-1,3

-3,8

-2,9

2,9

Sondrio

4,7

-2,0

-1,5

-2,1

-1,5

276,8

-217,8

-24,3

-26,0

-36,3

TOTALE

Fonte: dati ARPA Lombardia 1999-2004 e ISTAT 2001, elaborazione Legambiente - DiAP Politecnico di Milano F t d ti ARPA L b di 1999 2004 ISTAT 2001 l b i L bi t DiAP P lit i di Mil

Trasformazione degli usi del suolo 1999-2004 nei comuni di prima fascia dei capoluoghi di provincia lombardi agricolo prati e praterie veget. naturale bosco urbanizzato Comuni di prima urbanizzato agricolo prati e praterie veget. naturale bosco Comuni di prima fascia intorno a fascia intorno a ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno ha/anno 140,9 -116,0 -10,0 -15,5 -19,0 Milano 140,9 -116,0 -10,0 -15,5 -19,0 Milano 46,2 -37,4 -11,0 -4,0 4,8 Bergamo 46,2 -37,4 -11,0 -4,0 4,8 Bergamo 75,0 -71,9 -8,5 -2,1 -5,2 Brescia 75,0 -71,9 -8,5 -2,1 -5,2 Brescia 29,6 -16,8 -2,4 -4,2 -0,5 Cremona 29,6 -16,8 -2,4 -4,2 -0,5 Cremona 83,9 -76,8 -4,7 -3,6 0,2 Mantova 83,9 -76,8 -4,7 -3,6 0,2 Mantova 42,9 -38,7 -2,5 -2,5 -0,9 Monza 42,9 -38,7 -2,5 -2,5 -0,9 Monza 29,4 -26,3 -1,3 5,7 0,1 Pavia 29,4 -26,3 -1,3 5,7 0,1 Pavia 23,9 -21,3 -1,5 -0,6 -1,4 Lodi 23,9 -21,3 -1,5 -0,6 -1,4 Lodi 26,7 -8,7 -7,4 -5,1 -9,3 Varese 26,7 -8,7 -7,4 -5,1 -9,3 Varese 19,0 -6,2 -4,6 -1,3 -5,6 Como 19,0 -6,2 -4,6 -1,3 -5,6 Como 13,2 -4,0 -11,0 -5,8 3,6 Lecco 13,2 -4,0 -11,0 -5,8 3,6 Lecco 9,7 -1,9 -11,4 -0,5 10,3 Sondrio 9,7 -1,9 -11,4 -0,5 10,3 Sondrio TOTALE 540,4 -426,0 -76,3 -39,5 -22,9 TOTALE 540,4 -426,0 -76,3 -39,5 -22,9 Fonte: dati ARPA Lombardia 1999-2004 e ISTAT 2001, elaborazione Legambiente - DiAP Politecnico di Milano

58


Consumo di suolo dovuto a urbanizzazione (PTR, 2008)

Percentuale di suolo urbanizzato per comune (comprensivo di infrastrutture e servizi sovracomunali) 0 5% 20% 40% 60% 80% 100% Comuni non mosaicati 25,00%

P ercentuale del n°dei comuni per classe di consumo di suolo

N umero dei comuni (% )

20,00%

15,00%

10,00%

5,00%

0,00% 0- 5

5 -10

10 - 20

20 - 30

30 - 40

40 - 50

50 - 60

60 - 70

70 - 80

80 - 90 90 - 100

Classi di consumo di suolo (% )

45°0'0"N

Fonte dati: M I SU R C M osaico I nformatizzato degli Strumenti U rbanistici Comunali D G Territorio e U rbanistica 10°0'0"E

Percentuale di suolo urbanizzato per comune (escluse le infrastrutture e servizi sovracomunali) 0 5% 20% 40% 60% 80% 100% Comuni non mosaicati 35,00%

P ercentuale del N °dei comuni per classe di consumo di suolo

Numero dei comuni (% )

30,00% 25,00% 20,00% 15,00% 10,00% 5,00% 0,00% 0- 5

5 - 10

10 - 20 20 - 30 30 - 40 40 - 50 50 - 60 60 - 70 70 - 80 80 - 90 90 - 100 Classi di consumo di suolo (% )

45°0'0"N

Fonte dati: M I SU R C M osaico I nformatizzato degli Strumenti U rbanistici Comunali D G Territorio e U rbanistica 10°0'0"E

59

Consumo di suolo con esclusione delle infrastrutture (PTR, 2008)


Dai dati emerge come il consumo di suolo cresca con maggior intensità pro-capite nelle province a vocazione agricola, come Cremona, Mantova, Pavia. Questa situazione è confermata dal fatto che nel 2000, il 71,5% delle volumetrie realizzate in Lombardia si concentra negli ambiti di pianura9, determinando una pesante contrazione delle aree agricole (800 ha /anno in provincia di Brescia) e una significativa perdita di aree boschive di pianura, a cui corrisponde un aumento dei boschi nelle aree montuose. 2.3 Il consumo di suolo in Provincia di Milano La dimensione dello spazio occupato da insediamenti urbani nell’area provinciale interessa una percentuale complessiva pari al 35,2% dell’intera superficie, articolata in un sistema estremamente diversificato territorialmente, con punte di suolo occupato che raggiungono e superano il 70% per le aree del nord Milano e situazioni attorno a poco meno del 50% per gli ambiti del nord ovest (Rhodense, Legnanese) e della Brianza, sino a giungere all’Abbiatense-Binaschino, che registra una percentuale di suolo occupato pari al 10%. Al processo di espansione urbana hanno grandemente contribuito sia l’insediamento di funzioni commerciali e della logistica, sia l’attuazione di strutture di servizio alle funzioni urbane. La loro realizzazione ha colmato situazioni di sottodotazione dovute alle precedenti fasi di sviluppo intensivo, che oggi appare fortemente condizionato dalle infrastrutture della mobilità, in

Consumo di suolo determinato da progetti assoggettati a VIA (PTR, 2008)

Percentuale di suolo interessato da trasformazioni urbane rilevanti avvenute ed in progetto 0 0,1 - 5 5,1 - 10

!

10,1 - 20 F iera R ho - Pero A eroporti

Corridoi E uropei

o

o

! o

o

45°0'0"N

10°0'0"E

9

cfr. Statistiche dell’attività edilizia, ISTAT, 2000

60

Fonte dati: SI LV I A Sistema I nformativo L ombardo per la Valutazione d'I mpatto A mbientale D G Territorio e U rbanistica


particolare da quelle stradali per le funzioni commerciali e produttive in genere. Riguardo alla residenza ha continuato a prevalere, anche se in maniera meno netta rispetto agli anni Ottanta e Novanta, un modello insediativo caratterizzato da diffusione localizzativa indistinta, con conseguenti riflessi negativi sui sistemi territoriale, ambientale e trasportistico. Va inoltre considerato che all’incremento dell’occupazione di suolo contribuiscono in misura rilevante le azioni di riqualificazione funzionale del sistema urbano che hanno portato, ad esempio, a una maggiore dotazione di spazi riservati alle infrastrutture e al complesso dei servizi. Sembrano, tuttavia, emergere alcuni segnali di segno opposto circa una maggiore attenzione a modalità insediative che privilegiano territori collocati in posizione più prossima ai sistemi infrastrutturali del trasporto pubblico su ferro. I dati dimensionali dello sviluppo insediativo registrano i segnali di crescita più accentuata nelle aree a minore densità e con più contenute percentuali di suolo occupato. È infatti in questi territori che maggiori sono state le disponibilità di aree libere anche a costi insediativi più contenuti. Questo processo tende tuttavia a raffreddarsi in quanto la presenza di aree protette riduce di molto le occasioni per ulteriori espansioni. Percentuali di crescita molto contenute se non prossime a zero riguardano infine il capoluogo, le aree immediatamente a nord come Cinisello e Novate, diversi comuni del Legnanese e della Brianza Occidentale, ma anche alcuni del

15,2%

Città esistente e territorio urbanizzabile per destinazioni funzionali in provincia di Milano (2008)

7,0% 1,8% 1,0% 8,9%

altro servizi verde e attrezzature commerciale polifunzionale

6,9%

produttivo [Fonte: MISURC 2008, SIT Urbanistica Centro Studi PIM]

59,2%

residenziale 61


settore meridionale, come San Giuliano, Rozzano e Lacchiarella. A livello locale i consumi di suolo non sono diffusi in modo omogeneo, ma si intensificano ai margini degli agglomerati già esistenti, senza peraltro avere la capacità di costituire un disegno compiuto. In particolare, la pressione procapite presenta in molti comuni una geometria variabile, priva di relazioni con la dimensione demografica nei quali il disaccoppiamento tra la crescita dei consumi di suolo e la variazione di popolazione non fa che accentuare il problema. Nei nuovi consumi di suolo, le volumetrie produttive, terziarie e commerciali sono quelle che pesano maggiormente sul bilancio edilizio, con centri commerciali, capannoni industriali e centri direzionali posti negli ambiti periurbani e in quelli più esterni. Per contro le aree produttive interne al tessuto consolidato, dopo una prima fase di abbandono, sono generalmente riconvertite in residenze, anche se le attuali problematiche socio-economiche, determinano la realizzazione di ulteriori volumetrie residenziali su aree libere distanti dal nucleo denso milanese. Queste trasformazioni interessano, infatti, quei comuni che hanno accolto la domanda abitativa esercitata da quella parte della popolazione che, di fronte ai prezzi sempre più proibitivi del mercato immobiliare dei maggiori centri urbani o alla ricerca di una migliore qualità della vita, ha rivolto la propria attenzione all’esterno dell’area densa. In ogni caso, occorre sottolineare che i dati riportati interessano unicamente le edificazioni su suolo libero, non tenendo conto delle trasformazioni di aree già occupate. L’articolazione del suolo libero nei diversi ambiti provinciali e la sua composizione (aree agricole, ambiti naturalistici, aree verdi attrezzate) si presentano estremamente varie. La tessitura dei grandi spazi unitari è ben riconoscibile nel sistema delle tutele, in particolare, le spalle dei parchi fluviali del Ticino e dell’Adda e il vasto comparto agricolo del Parco Sud. Nella porzione settentrionale, che presenta una più esigua disponibilità di spazi aperti, al di fuori degli ambiti tutelati si evidenziano condizioni più o meno compromesse e vulnerabili per quanto riguarda la quasi totale saturazione, la ricomposizione delle frange urbane, il disegno dei margini tra costruito e spazio libero, le possibilità di trasformazione. Tutto l’ampio settore settentrionale intorno a Milano, in un arco che va da Rho a Monza, fino a Segrate, presenta una disponibilità di spazi di molto inferiore

Lo stato dell'urbanizzazione e lo spazio aperto in Provincia di Milano

Provincia di Milano kmq Superficie territoriale Provincia di Milano (CT10)

Nuova Provincia di Milano %

1.980,1

kmq

Provincia di Monza e Brianza %

1.617,4

kmq

%

362,7

Superficie urbanizzata SU

697,4

35,2

530,7

32,8

171,5

Superficie urbanizzabile SE

134,8

6,8

109,3

6,8

36,1

9,9

Superficie urbanizzata e previsioni SU+SE

832,2

42,0

639,9

39,6

207,6

57,2

62

47,3


alla media metropolitana, con alcune situazioni definibili residuali di un processo agglomerativo giunto a quasi completa saturazione. Esiste poi una condizione diffusa di soddisfacente dotazione di spazio libero, con valori che dalla media generale arrivano anche a toccare il 75% dell’estensione territoriale, lungo la direttrice Vimercatese-Adda e, soprattutto, nel quadrante occidentale, Castanese e Magentino. II sud rappresenta la grande riserva di aree agricole con una disponibilità di suolo libero che va da circa il 78% fino ad arrivare al 98% della superficie comunale, come nel caso di Morimondo, dove I’urbanizzato risulta essere costituito in maniera preponderante dai nuclei storici è il paesaggio rurale si e mantenuto sostanzialmente integro. In questa complessiva condizione del sud emergono tuttavia alcune peculiari situazioni di segno diverso che discendono da specifici fattori. È questo il caso dei comuni della prima corona di Milano, della conurbazione lungo la via Emilia, con il 67% a S. Donato, ma anche di Cesano Boscone (70%), Corsico (83%) e Rozzano, con il 57% di superficie urbanizzata, a cui occorre aggiungere un ulteriore 10% di espansioni previste. Osservando poi in dettaglio la distribuzione spaziale dei consumi di suolo si rileva una sostanziale congruenza con la geografia della popolazione, cui si aggiungono però elementi originali di notevole interesse quali gli elevati valori riscontrabili nei comuni del sud Milano ed in quelli lungo l’asta del Martesana, dove gli alti consumi paiono riferibili solo in parte a insediamenti residenziali. È chiaro, quindi, che i comuni della prima corona, ma anche, più in generale, quelli “saturi” di consolidata urbanizzazione, mantengono una posizione relativamente stabile, mentre si verificano variazioni in tutti quegli ambiti dove le condizioni territoriali hanno favorito la trasformazione di nuove aree da “rurale” a “urbano”. Da un’analisi approfondita del territorio urbanizzabile emerge un quadro estremamente problematico, dove accanto alle più basse percentuali riscontrate nella subarea settentrionale di prima industrializzazione, come nei territori di Sesto (4%) e Bresso (5%), dovute alla ormai quasi completa saturazione delle aree disponibili, nel comparto meridionale si rileva complessivamente un’incidenza media del 28% delle aree urbanizzabili in rapporto al suolo occupato. In termini generali si può comunque affermare che, nei singoli comuni, le superfici urbanizzabili rappresentano mediamente il 21% dell’attuale suolo occupato. Alle più alte previsioni di insediamenti residenziali che si collocano, in particolare, in Brianza, nell’ambito Adda-Martesana, ma anche nell’area del Sempione, corrisponde una sempre maggior pressione espansiva e nell’ambito meridionale della provincia, in risposta alla scarsità di aree libere del quadrante settentrionale. Le previsioni di insediamenti industriali si collocano, invece, in quelle aree del sistema metropolitano che, nell’ultimo decennio, hanno rafforzato o innovato la loro vocazione produttiva (ambiti orientale ed est Ticino). Allo stesso tempo, i non trascurabili indici previsti per la localizzazione di nuovi insediamenti industriali in alcuni ambiti storici dell’industrializzazione milanese, come l’asse del Sempione e la Brianza centrale, sembrano non considerare le notevoli risorse territoriali costituite

63


dalle aree dismesse o sottoutilizzate presenti in questi contesti. Per quanto riguarda i servizi, i più elevati valori si riscontrano nell’ambito settentrionale, ma anche nel territorio del capoluogo, a conferma che il tipo di urbanizzazione verificatosi nell’ultimo decennio ha fatto precedere alla costruzione dello spazio pubblico gli interventi edilizi residenziali e produttivi, senza una contestuale realizzazione di parti urbane integrate morfologicamente e funzionalmente. Gli indici più bassi rilevabili nell’ambito meridionale, se da un lato sembrano documentare una condizione di soddisfacente dotazione e distribuzione dei servizi, dall’altro testimoniano i più bassi valori di urbanizzazione In tal senso, se la costituenda provincia di Monza e Brianza si attesta su valori del 47% di superficie urbanizzata, con il 10% di previsioni di espansione, per la futura provincia di Milano l’attuale valore di suolo occupato si abbasserebbe al 33%, mentre rimarrebbero sostanzialmente invariate le superfici urbanizzabili con un valore prossimo al 7%. Affiancando a questa analisi i dati provenienti dai censimenti ISTAT su popolazione e abitazioni, emerge una differente dinamica fra crescita del numero di stanze e degli abitanti. La maggior crescita media delle stanze, unita a elevati indici di affollamento abitativo (1 abitante ogni 2 stanze), se in parte ha dato risposta a una domanda di maggior confort, legata a differenti stili di vita, e a un aumento del numero di famiglie, soprattutto mono e bicomponenti, testimonia l’attuale tendenza ad una diffusione incontrollata delle aree urbanizzate. Mentre in Lombardia fra il 1971 e il 2001, a un tasso di crescita della popolazione del 5,7% corrisponde un aumento delle stanze del 64,9%, a Milano a un decremento del 27,5% della popolazione, ha fatto seguito un tasso di crescita delle stanze del 10,1%, senza contare il contributo al consumo di suolo fornito da settori diversi dal residenziale. 2.4 Il consumo di suolo negli ambiti territoriali omogenei Il dato MIRSUC Il maggiore impatto delle dinamiche urbanistiche ricade storicamente sui grandi centri urbani, anche se è possibile notare un differente comportamento fra Milano, ma anche Monza, e i comuni della prima corona, con valori decisamente superiori in quest’ultima, sempre a scapito delle aree agricole (2,6% contro -1,3% ). Questo fenomeno, che, con proporzioni differenti, è possibile osservare anche negli altri comuni polo, rappresenta un indicatore del grado di attrazione verso questi centri, che rimandano le crescenti pressioni insediative verso gli ambiti esterni, dove è ancora possibile ricercare, fra le altre cose, aree edificabili a minor costo e una migliore qualità della vita. Gli ambiti in passato già densamente urbanizzati non mostrano un rallentamento della crescita rispetto ai restanti, mentre la presenza di aree protette sul territorio sembra ancora in grado di frenare la crescita. Esaminando i dati riferiti ai singoli tavoli interistituzionali del PTCP, nel

64










5060000,000000

5050000,000000

5040000,000000

5030000,000000

5020000,000000

Suolo occupato

LEGNANO

1490000,000000

1500000,000000

1500000,000000

Tessuto residenziale espansione

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000,000000

Tessuto residenziale consolidato

Sistema delle aree residenziali [2008]

1480000,000000

CASTANO PRIMO

1480000,000000

RHO

1510000,000000

CORSICO

LIMBIATE

1510000,000000

ROZZANO

MILANO

SAN DONATO MILANESE

1520000,000000

VIMERCATE

1530000,000000

GORGONZOLA

1530000,000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000,000000

1540000,000000

1540000,000000

1550000,000000

1550000,000000

5060000,000000 5050000,000000 5040000,000000 5030000,000000 5020000,000000


5060000,000000

5050000,000000

5040000,000000

5030000,000000

5020000,000000

LEGNANO

1490000,000000

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000,000000

Suolo occupato

Servizi e aree verdi consolidate

1500000,000000

1500000,000000

Servizi e aree verdi espansione

Sistema dei servizi e delle aree verdi di livello comunale [2008]

1480000,000000

CASTANO PRIMO

1480000,000000

RHO

1510000,000000

CORSICO

LIMBIATE

1510000,000000

ROZZANO

MILANO

SAN DONATO MILANESE

1520000,000000

VIMERCATE

1530000,000000

GORGONZOLA

1530000,000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000,000000

1540000,000000

1540000,000000

1550000,000000

1550000,000000

5060000,000000 5050000,000000 5040000,000000 5030000,000000 5020000,000000


5060000,000000

5050000,000000

5040000,000000

5030000,000000

5020000,000000

Suolo occupato

LEGNANO

1490000,000000

1500000,000000

1500000,000000

Tessuto produttivo espansione

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000,000000

Tessuto produttivo consolidato

Sistema delle aree produttive [2008]

1480000,000000

CASTANO PRIMO

1480000,000000

RHO

1510000,000000

CORSICO

LIMBIATE

1510000,000000

ROZZANO

MILANO

SAN DONATO MILANESE

1520000,000000

VIMERCATE

1530000,000000

GORGONZOLA

1530000,000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000,000000

1540000,000000

1540000,000000

1550000,000000

1550000,000000

5060000,000000 5050000,000000 5040000,000000 5030000,000000 5020000,000000


5060000,000000

5050000,000000

5040000,000000

5030000,000000

5020000,000000

Suolo occupato

LEGNANO

1490000,000000

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000,000000

Tessuto terziario/direzionale consolidato

Sistema delle aree terziarie/direzionali [2008]

1480000,000000

CASTANO PRIMO

1480000,000000

RHO

Tessuto terziario/direzionale espansione

1500000,000000

1500000,000000

1510000,000000

CORSICO

LIMBIATE

1510000,000000

ROZZANO

MILANO

SAN DONATO MILANESE

1520000,000000

VIMERCATE

1530000,000000

GORGONZOLA

1530000,000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000,000000

1540000,000000

1540000,000000

1550000,000000

1550000,000000

5060000,000000 5050000,000000 5040000,000000 5030000,000000 5020000,000000


Castanese la superficie di territorio urbanizzato è pari al 22% ed è tra le più contenute dell’intera provincia, superiore solo a quello dell’AbbiatenseBinaschino e del Sud-Est Milano, mentre le nuove espansioni sfiorano il 6% della superficie territoriale, un valore elevato in rapporto alla scarsità di territorio urbanizzato. L’incremento di suolo urbanizzato raggiunge, infatti, quasi il 27%, l’indice più elevato di tutta la provincia, a testimonianza di un processo di forte trasformazione delle dinamiche insediative. Anche nel Magentino la superficie urbanizzata risulta relativamente modesta (25%) a fronte di una previsione di crescita del 6%, che porta a un incremento del 25% della città esistente, confermando le forti dinamiche insediative che caratterizzano tutto il quadrante occidentale della provincia. L’Abbiatense-Binaschino presenta l’estensione del territorio urbanizzato in assoluto più contenuta di tutta la provincia (11%), che se sommata alle previsioni di espansione porta il territorio urbanizzato/urbanizzabile a un valore superiore al 13%, grazie, soprattutto, agli estesi ambiti di tutela garantiti dal Parco del Ticino e da quello Agricolo Sud Milano. Nel Legnanese, il territorio urbanizzato/urbanizzabile sale al 54% (46% urbanizzato e 8% di previsioni urbanizzative degli strumenti comunali), un valore nettamente superiore alla media provinciale, anche se non raggiunge i livelli del capoluogo e del Nord Milano. Il Rhodense mostra valori superiori a quelli medi provinciali (59% fra territorio urbanizzato e previsioni), che sembrano aver portato a un rallentamento del consumo di suolo dovuto alla saturazione degli spazi residui, soprattutto lungo l’asta del Sempione. La superficie urbanizzata rappresenta una quota decisamente significativa (48%) a fronte di una previsione di crescita dell’11%, che porta a un incremento del 21% della città esistente. Nel Nord Milano, con la sua estesa e continua urbanizzazione, il 74% della superficie risulta occupata, mentre un ulteriore 8% è costituito da previsioni di espansione. Con un incremento previsto della città esistente dell’11%, il sistema delle aree protette sembra faticare nel suo compito di tutela degli spazi aperti residui.

Superfici urbanizzate e urbanizzabili nei tavoli interistituzionali della Provincia di Milano Superficie territoriale Superficie Superficie Comunale Urbanizzata Urbanizzabile TAVOLO

Indice di consumo di Propensione al suolo consumo di suolo

Superficie urbanizzata e urbanizzabile

Indice di consumo di suolo previsto

Propensione al consumo normalizzata

SC mq

SU mq

SE mq

SU/SC %

SE/SU %

SU+SE mq

SU+SE/SC %

SE/SC %

Milano

181.748.582

112.578.743

14.479.620

61,9

12,9

127.058.363

69,9

8,0

Sud Milano

118.205.417

41.159.172

7.774.068

34,8

18,9

48.933.241

41,4

6,6

Legnanese

96.592.631

44.527.209

7.836.414

46,1

17,6

52.363.623

54,2

8,1

Castanese

118.730.939

25.957.405

6.917.927

21,9

26,7

32.875.332

27,7

5,8

Martesana Adda

269.705.686

78.123.227

17.937.382

29,0

23,0

96.060.609

35,6

6,7

Magentino

137.358.481

34.147.543

8.648.272

24,9

25,3

42.795.815

31,2

6,3

Rhodense

135.702.523

65.653.206

13.786.965

48,4

21,0

79.440.171

58,5

10,2

Nord Milano Brianza

57.892.223

42.673.843

4.832.372

73,7

11,3

47.506.216

82,1

8,3

399.992.775

181.793.750

35.360.618

45,4

19,5

217.154.368

54,3

8,8

Sud est Milano

179.865.782

40.381.185

9.891.844

22,5

24,5

50.273.028

28,0

5,5

Abbiatense Binaschino

284.283.794

30.366.745

7.327.016

10,7

24,1

37.693.760

13,3

2,6

1.980.078.832

697.362.029

134.792.498

35,2

19,3

832.154.527

42,0

6,8

Totale

Fonte: dati MISURC 2008, elaborazione Centro Studi PIM

77


54,3 VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

54,2 CINISELLO BALSAMO

CASTANO PRIMO

82,1

58,5

27,7

SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

35,6

31,2

SEGRATE

MILANO

69,9

MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

28,0

ABBIATEGRASSO ROZZANO

41,4

13,3

08 08

Indice di consumo di suolo previsto per tavoli interistituzionali [(SU08+SE08)/SC08]*100 13,4 - 31,2 previsto per 31,3tavoli - 35,6 interistituzionali 35,7 - 41,4[(SU08+SE08)/SC08]*100 41,5 - 58,5 Indice13,3 di consumo di suolo 13,3

13,4 - 31,2

31,3 - 35,6

35,7 - 41,4

41,5 - 58,5

58,6 - 82,1 58,6 - 82,1

Per quanto riguarda i dati sul consumo di suolo, in Brianza10 il valore della superficie urbanizzata risulta superiore al 45%, con una previsione di crescita vicina al 9%, che porta a un incremento di oltre il 19% della città esistente, un valore particolarmente significativo, a riprova di un processo di trasformazione insediativa che non sembra subire ancora rallentamenti Se gli ambiti occidentale e centrale registrano valori di consumo di suolo vicini al 53%, evidenziando un’elevata frammentazione dello spazio aperto, il Vimercatese, grazie anche alle numerose iniziative di parchi locali, presenta valori di consumo di suolo inferiori, attorno al 36%. 10

i comuni de Tavolo Brianza del PTCP sono 55

78


54,3 VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

54,2 CINISELLO BALSAMO

CASTANO PRIMO

82,1

58,5

27,7

SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

35,6

31,2

SEGRATE

MILANO

69,9

MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

28,0

ABBIATEGRASSO ROZZANO

41,4

13,3

08

Indice di consumo di suolo previsto per tavoli interistituzionali [(SU08+SE08)/SC08]*100 3,0 - 14,6

GORGONZOLA

14,7 - 24,5

24,6 - 32,8

32,9 - 40,9

41,0 - 50,8

50,9 - 62,7

62,8 - 75,4

Nel Martesana-Adda, il territorio urbanizzato, rispetto alla superficie territoriale dei comuni, si attesta, con un valore pari al 29%, al di sotto della media provinciale, mentre va rilevato che la percentuale di crescita data dalle previsioni insediative (7%), si conferma in linea col dato medio provinciale, nonostante la significativa presenza di parchi regionali e parchi locali. Il previsto incremento della città esistente è pari al 23%. Nel Sud-Est Milano, le analisi territoriali confermano la vivacità della dinamica urbana degli ultimi decenni e della percentuale di crescita dell’occupazione di suolo rispetto alla città esistente (24,5%), che risulta comunque inferiore alla media provinciale. Attualmente la superficie occupata da funzioni urbane copre il 22% dell’intero territorio ed è un valore tra i più contenuti della

79

75,5 - 94,1


Fonte: dati MISURC 2008, elaborazione Centro Studi PIM

55,2 63,0

VIMERCATE

LIMBIATE LEGNANO MONZA

55,0

36,3

CINISELLO BALSAMO

CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

29,5 SEGRATE

67,2

MILANO

MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

17,9

08

Indice di consumo di suolo previsto per aree omogenee [(SU08+SE08)/SC08]*100 17,9

18,0 - 29,5

29,6 - 36,3

36,4 - 55,0

55,1 - 55,2

55,3 - 67,2

provincia secondo all’Abbiatense-Binaschino e al Catanese, così come appaiono complessivamente moderate le previsioni di espansione degli strumenti urbanistici che si attestano attorno al 6%. Il territorio urbanizzato del Sud Milano, rispetto alla superficie territoriale dei comuni, presenta valori in linea con la media provinciale (35%), nonostante le aspettative di tutela legate alla presenza del Parco Sud. La percentuale di crescita data dalle previsioni insediative (6%), invece, presenta valori superiori al dato medio provinciale e, con un incremento di quasi il 19% della città esistente, rappresenta un valore particolarmente significativo, a riprova delle rinnovate spinte del processo di trasformazione insediativa. Infine, Milano, con il 62% di superficie urbanizzata e l’8% di previsioni di

80


VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

98/08

Percentuale di nuovo urbanizzato per porzione territoriale minima di un 1km x 1km [Differenza SPOT1998-SPOT2008] 0% - 1,7%

1,7% - 5,0%

5,0% - 8,9%

8,9% - 14,5%

14,5% - 33,4%

espansione, presenta indici nettamente superiori alla media provinciale. Da queste analisi emerge un disegno del territorio provinciale nel quale al nocciolo denso di Milano e della prima cintura (67%) si contrappone il sistema territoriale dei comuni del comparto meridionale, caratterizzato da contenuti indici urbanizzativi (18%) e di densità. Nel comparto settentrionale della provincia, l’ampio ambito centrale, sviluppatosi sugli assi di urbanizzazione storica del Sempione, della Varesina, della Comasina e della Valassina, con valori prossimi al 60%, è compreso fra i settori orientale e occidentale, appoggiati alle valli fluviali dell’Adda e del Ticino, in cui gli indici del consumo di suolo scendono a valori vicini al 35%.

81

GORGONZOLA


2.5 La rilevazione satellitare In parallelo alle tradizionali analisi effettuate a partire dai dati MISURC, è stata avviata un’attività di mappatura del suolo occupato da superfici artificiali utilizzando i dati satellitari riferiti al 1989, 1998 e 2008. In questa analisi, che prescinde dalle tradizionali destinazioni funzionali proprie degli strumenti urbanistici comunali, il concetto di suolo occupato va a sovrapporsi a quelli di impermeabilizzazione e di consumo di suolo per usi urbani, confermando sostanzialmente i dati di origine MISURC e fornendo un’indicazione preziosa per lo studio dell’urbanizzazione nel territorio provinciale. L’indice del consumo di suolo che emerge dall’analisi dei dati SPOT 2008 può essere, infatti, ritenuto assolutamente confrontabile con le tradizionali elaborazioni MISURC, tenendo anche conto dei naturali margini di errore propri delle due metodologie. La distribuzione territoriale di nuovo urbanizzato nell’intervallo 19982008, se da un lato conferma una crescita continuata negli ambiti in passato già densamente urbanizzati, dall’altro evidenzia nuove linee di sviluppo trasversali lungo l’asse autostradale dell’A4, ma anche, come già evidenziato, lungo il margine meridionale del territorio provinciale, dove la presenza del Parco Sud sembra ancora in grado di frenare la crescita. Queste dinamiche sono a loro volta confermate dall’analisi dei dati satellitari riferiti alle percentuali di nuovo urbanizzato nello stesso intervallo temporale. La verifica del grado di completamento degli ambiti di espansione, effettuata confrontando i più recenti dati SPOT e MISURC, evidenzia una

Concordanza dati satellite SPOT 2008 su dati MISURC 2008 SU SPOT in mq 14.000.000

12.000.000

10.000.000

8.000.000

y = 0,965xy + = 135561,673 0,965x + 135561,673 R² = 0,963R² = 0,963

6.000.000

AREA da Satellite AREA da SPOT Satellite 2008 SPOT 2008 4.000.000 Lineare (AREA Lineare da (AREA Satellite da Satellite SPOT 2008) SPOT 2008) 2.000.000

SU MISURC in mq

0 0

2.000.000

4.000.000

6.000.000

F t satellite Fonte: t llit SPOT 2008, 2008 MISURC 2008, 2008 elaborazione l b i Centro C t Studi St di PIM

82

8.000.000

10.000.000

12.000.000

14.000.000


significativa presenza di spazi orientati all’urbanizzazione, alquanto frammentati, soprattutto nel quadrante settentrionale, e di dimensioni più significative nei comuni di prima cintura a sud del capoluogo. Il confronto dei dati satellitari 1989-1998-2008, evidenzia una crescita territorialmente indifferenziata, che si è accentuata nell’ultimo decennio, con significativi episodi anche negli ambiti sud e sud-est, che si affiancano alle già forti dinamiche insediative che, come abbiamo già visto, caratterizzano tutto il quadrante occidentale della provincia. I risultati raggiunti con l’apporto dei sistemi di telerilevamento appaiono soddisfacenti, anche per il riscontro che è stato effettuato con i dati ricavati dal MISURC. L’accuratezza complessiva media dei prodotti di mappatura del suolo occupato a livello provinciale, oscilla, infatti, tra l’87,78% e il 94,60%, un valore in linea, se non al di sopra, dei risultati raggiunti e citati nella letteratura scientifica del settore. La concordanza di risultati, i mq ricavati per comune da dati MISURC e SPOT, mostra che il valore di R2 (coefficiente di correlazione, che può assumere valori da 0, assoluta non correlazione, a 1, assoluta correlazione) è 0,963, un risultato assolutamente apprezzabile. Anche l’analisi svolta sugli azzonamenti del “suolo di nuova occupazione”, restituisce un interessante risultato, che necessita di un chiarimento. Il grafico seguente è stato calcolato misurando quanto del suolo di nuova occupazione, cioè rilevato come libero nei dati 1998 e come costruito nei dati SPOT 2008, ricadeva nelle destinazioni d’uso del MISURC 2002. Si può constatare che il risultato maggiore è prevedibilmente a scapito del suolo

Vulnerabilità del territorio al consumo di suolo in classi di destinazioni d'uso

C: consolidato E: espansione

40% 34,1%

35% 30% 25% 19,5%

20% 15% 10% 5%

6 4% 6,4% 0,3%

0,4%

0,7%

0,8%

0,9%

1,5%

1,8%

2,0%

3,8%

0%

Fonte: satellite SPOT (1998-2008) su classi MISURC 2002, elaborazione Centro Studi PIM

83

7,7%

9,6%

10,6%


Lungo il tracciato autostradale Milano-Torino si evidenziano i lavori dell’alta velocità ferroviaria nelle immagini da satellite del 1989, 1998 e 2008 e nelle corrispondenti mappature di suolo occupato

84


Gli interventi per il nuovo polo espositivo di Rho-Pero, nelle immagini da satellite del 1989, 1998 e 2008 e nelle corrispondenti mappature di suolo occupato

85


Le immagini da satellite del 1989, 1998 e 2008 e le corrispondenti mappature di suolo occupato in prossimità della ferrovia Milano-Venezia, tra Cassano d’Adda e Truccazzano

86


agricolo. E’ però bene notare che il secondo valore riguarda suolo già definito dal MISURC “residenziale consolidato”. Questo può dipendere da due possibili situazioni: aree veramente libere nel 1998, che nel MISURC 2002 già sono state destinate a residenza e definite complete, oppure ad un errore di interpretazione del dato satellitare, magari dovuto al diverso stato vegetativo delle due immagini, oppure dovuto alla risoluzione dei dati SPOT. La metodologia semiautomatica utilizzata per la mappatura dei dati satellitari del suolo occupato ha permesso di raggiungere un’accuratezza soddisfacente su tutto il territorio provinciale (> 93%). Il confronto con il dato satellitare fotointerpretato da esperto mostra percentuali di errore medie globali minori del 10% (e minori del 20% con un trattamento solo automatico), accuratezze in linea, se non al di sopra, dei risultati raggiunti e citati nella letteratura scientifica del settore. Nonostante il livello di accuratezza raggiunto, le mappe prodotte contengono errori residui dovuti ai limiti intrinsechi del dato e delle tecniche automatiche impiegate. Bisogna sottolineare che la tipologia di errore è variabile in funzione delle caratteristiche di territorio e della complessità della matrice analizzata. Data la risoluzione spaziale (20 m per SPOT e 30 per TM il dato originale) in condizioni di forte eterogeneità delle superfici le performance della classificazione si riducono. Tipicamente, questi problemi si verificano nei tessuti residenziali sparsi e/o radi dove piccoli edifici sono immersi in una matrice di verde, negli elementi lineari, come le strade e ferrovie, dove la larghezza è minore o prossima alla risoluzione del pixel, in situazioni di verde urbano di piccole dimensioni dove superfici artificiali e piante risultano miste (in particolare in autunno/inverno), in prossimità dei corsi idrici o cave dove le ghiaie possono confondersi con superfici artificiali. Il prodotto realizzato rappresenta perciò un dato con risoluzione a piccola scala e non si presta quindi a essere utilizzato per particolari analisi di dettaglio, ma ha una valenza per studi territoriali a livello sovracomunale e, soprattutto, provinciale. I dati prodotti con analisi basate su metodologie semiautomatiche di telerilevamento sono perciò complementari e non sostitutive a quelle che si possono condurre con dati ad alta (< 10 m) ed altissima (circa 1 m) risoluzione, mediante tecniche di mappatura basate su fotointerpretazione e digitalizzazione a monitor. I risultati ottenuti mostrano invece come l’utilizzo periodico di dati SPOT possa rappresentare un sistema di monitoraggio speditivo a scala provinciale, nell’ottica di una verifica più frequente dei cambiamenti di copertura e uso del suolo. Per la messa a punto di tale sistema di monitoraggio è importante però considerare alcune delle difficoltà incontrate in questo studio, principalmente connesse alla tipologia e alle caratteristiche del dato satellitare utilizzato: la stagionalità del dato satellitare (la presenza di terreni agricoli non vegetati, la scarsa copertura fogliare delle specie arboree caducifoglie, ecc. tipica di acquisizioni primaverili o invernali); la tipologia del dato (risoluzione spaziale media, risoluzione spettrale limitata a poche bande); i tempi di elaborazione (necessari per l’analisi di caratteristiche particolari legate alla data in esame).

87


Con l’evoluzione tecnologica attesa nel prossimo futuro, le tecniche satellitari rappresentano senza dubbio la strada già tracciata per le prossime analisi sul consumo di suolo e, pur necessitando, sicuramente, di ulteriori affinamenti, anche in merito alle tecniche di processamento, saranno loro a svolgere nel futuro questo compito. 2.6 Gli scenari futuri I risultati fin qui riportati, pur con tutti i loro limiti, appaiono sufficienti a tracciare un primo quadro di riferimento e, soprattutto, a fornire una tendenza del fenomeno del consumo di suolo, all’interno delle possibili configurazioni della trasformazione fisica dell’area provinciale nel breve periodo, verificando la domanda di spazi per nuove funzioni, con le possibili alternative di crescita spaziale offerte dalle diverse subaree del sistema metropolitano. A partire dalla seconda metà del Novecento, assistiamo, in provincia di Milano come in tutti gli ambiti europei di antica industrializzazione, al passaggio anche occupazionale, dalla centralità dell’agricoltura a quella dell’industria e a una crescita della ricchezza prodotta e della sua diffusione, accompagnate da importanti investimenti nella mobilità privata. Il confronto della dinamica storica relativa all’occupazione di suolo e agli indicatori socio-economici considerati, mostra il progressivo processo di saturazione insediativa dell’area centrale e la successiva diffusione territoriale della crescita; dapprima lungo le fasce di periferia e le direttrici storiche di comunicazione, per poi allargarsi a cerchi concentrici, (sempre più radi in quanto a densità insediativa), ingoiando gli spazi aperti circostanti e determinando la frammentazione di quelli più distanti. Questa tendenza è confermata dalla diminuzione quantitativa di popolazione residente e addetti all’industria e dal progressivo rafforzamento terziario dell’area centrale, seguita dalla crescente urbanizzazione di nuove aree nell’intero ambito provinciale, lungo le principali direttrici di trasporto. La dinamica è proseguita con un ritmo esponenziale sino alla fine degli anni Settanta e, nel successivo decennio, con un rallentamento della crescita del suolo occupato. Negli anni Novanta la distribuzione territoriale della crescita ha interessato con maggior forza gran parte delle aree agricole degli ambiti orientali (Vimercatese in particolare) e meridionali, mettendo in luce il permanere di un modello di crescita estensivo ad alto consumo di suolo. Se ai nostri giorni il territorio occupato da funzioni urbane rappresenta il 35% dell’intera superficie provinciale, la disponibilità di ulteriore crescita urbana, offerta dalle previsioni degli strumenti urbanistici locali, consentirebbe un incremento della quota di suolo urbanizzato di circa altri 7 punti che, in complesso, porterebbe ad avere, nell’intera provincia, una percentuale di suolo occupato da funzioni urbane pari al 42% del totale. Il territorio rischierebbe, così, di perdere ulteriori qualità ambientali, trasformandosi in un paesaggio urbano ulteriormente omologato, un territorio di flussi a doppia velocità, ben connesso alle reti del trasporto globale (alta velocità, aeroporti), ma gravemente congestionato al suo interno, con elevati tassi di inquinamento e poco attrattivo.

88


5060000,000000

5050000,000000

5040000,000000

5030000,000000

5020000,000000

Tessuto urbanizzato consolidato [DUSAF 2000]

L'espansione della città [2000-2008]

1480000,000000

CASTANO PRIMO

1480000,000000

LEGNANO

1500000,000000

1500000,000000

Tessuto urbanizzato consolidato [DUSAF 2008]

1490000,000000

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000,000000

RHO

ROZZANO

MILANO

Tessuto urbanizzabile [MISURC 2008]

1510000,000000

CORSICO

LIMBIATE

1510000,000000

SAN DONATO MILANESE

Reticolo idrografico

1520000,000000

VIMERCATE

Elementi del paesaggio naturale

1530000,000000

GORGONZOLA

1530000,000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000,000000

Confine Provincia di Milano

1540000,000000

1540000,000000

1550000,000000

1550000,000000

5060000,000000 5050000,000000 5040000,000000 5030000,000000 5020000,000000


5060000,000000

5050000,000000

5040000,000000

5030000,000000

5020000,000000

Tessuto urbanizzato [LANDSAT 1989]

L'espansione della città [1989-1998-2008]

1480000,000000

CASTANO PRIMO

1480000,000000

LEGNANO

Tessuto urbanizzato [SPOT 1998]

1490000,000000

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000,000000

1500000,000000

1500000,000000

1510000,000000

CORSICO

ROZZANO

MILANO

Tessuto urbanizzato [SPOT 2008]

RHO

LIMBIATE

1510000,000000

SAN DONATO MILANESE

Confine Provincia di Milano

1520000,000000

VIMERCATE

1530000,000000

GORGONZOLA

1530000,000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000,000000

1540000,000000

1540000,000000

1550000,000000

1550000,000000

5060000,000000 5050000,000000 5040000,000000 5030000,000000 5020000,000000


5060000 .000000

5050000 .000000

5040000 .000000

5030000 .000000

5020000 .000000

LEGNANO

1490000 .000000

ABBIATEGRASSO

MAGENTA

1490000 .000000

1500000 .000000

1500000 .000000

RHO

Tessuto urbanizzato [MISURC 2008]

0%

100%

Percentuale di suolo urbanizzato [SPOT 2008]

1510000 .000000

1510000 .000000

CORSICO

LIMBIATE

Grado di completamento degli ambiti di espansione della città [Verifica dati MISURC 2008 su dati SPOT 2008]

1480000 .000000

CASTANO PRIMO

1480000 .000000

1520000 .000000

SAN DONATO MILANESE

Confine Provincia di Milano

ROZZANO

MILANO

VIMERCATE

1530000 .000000

GORGONZOLA

1530000 .000000

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

SEGRATE

SESTO SAN GIOVANNI

CINISELLO BALSAMO

MONZA

1520000 .000000

1540000 .000000

1540000 .000000

1550000 .000000

1550000 .000000

5060000 .000000 5050000 .000000 5040000 .000000 5030000 .000000 5020000 .000000


All’intenso processo di trasformazioni urbanistiche volte al riuso di comparti già edificati, che ha investito il nucleo centrale della regione urbana a partire dagli anni Novanta, inizia a corrispondere una sempre maggior pressione espansiva e un conseguente ulteriore consumo di suolo negli ambiti esterni al limite meridionale della provincia. Le numerose famiglie che lasceranno Milano alla ricerca di una miglior qualità della vita e di prezzi delle abitazioni, sia in locazione che in vendita, più contenuti, andranno ad alimentare i centri urbani sparpagliati sul territorio regionale, se non nel Piacentino o nel Novarese, contribuendo così ad incrementare ulteriormente le criticità legate alla dispersione urbana. Ancora una volta si profila il prevalere di un modello di sviluppo estensivo, caratterizzato da ritmi elevati di consumo di suolo extraurbano, a fronte di una crescita della popolazione e degli addetti che si manifesta ad una scala più dilatata rispetto a quella che ha caratterizzato la trasformazione fino alla fine degli anni Novanta. Si tratta di un modello di sviluppo, in cui una corretta programmazione potrà certamente ridurre le conflittualità e gli effetti negativi di dispersione insediativa, generazione di traffico, congestione delle infrastrutture, difficoltà nell’accessibilità dei servizi. Alla luce della sempre maggior dilatazione dello spazio urbano dal centro verso la periferia, è ragionevolmente prevedibile che I’area metropolitana si troverà a dover fare i conti, per un periodo non certo breve, con il permanere del fenomeno di crescita urbana e quindi col permanere di una situazione di conflittualità ambientale, per effetto di maggiori carichi insediativi e di un più intenso consumo di risorse naturali, in una realtà che appare oggi già fortemente compromessa. NUOVE GEOGRAFIE DELLO SVILUPPO L’immagine territoriale che si desume dalle analisi socio-economiche presenta una “tensione” tra dati di “struttura” e le tendenze che si stanno affermando nel corso degli ultimi due decenni. Il modello insediativo di popolazione e, in misura minore, degli addetti appare infatti ancora segnato da un campo denso, rappresentato dalla città e dal nucleo urbano centrale, con alcune propaggini verso la Brianza e l’asse del Sempione. Diversamente, in termini dinamici, la crescita della popolazione e degli addetti si manifesta ad una scala più dilatata, riorientandosi verso l’arco da sud a nord-est, anche oltre i confini provinciali, in particolare lungo fascia Pedemontana verso est. Di conseguenza, le aree di più antico sviluppo economico, i “centri maturi” (non solo le città grandi e medie, ma anche i vecchi “centri comprensoriali”), i comuni della prima corona metropolitana e alcuni territori a “macchie di leopardo” del nord-nord ovest sono oggi meno dinamici rispetto alle zone più periferiche meno dense, rappresentate dalle seconde corone metropolitane, dalle aree di frangia provinciali e, più in generale, dai territori delle province della regione urbana milanese. Nel corso degli ultimi vent’anni si è dunque assistito ad un processo di progressiva ridistribuzione di popolazione e attività economiche dal centro alla periferia, secondo un modello di “traboccamento” verso le aree meno dense marginalmente interessate dai processi di sviluppo dei decenni precedenti, che ha contribuito a dilatare la scala e l’intensità dei processi di sviluppo territoriale. Si assiste, in definitiva, ad una ridefinizione della geografia milanese, a cui si assocerebbe, come precedentemente ricordato, un certo indebolimento del ruolo di

92


VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

01/06

Dinamica demografica significativamente superiore alla media provinciale

inferiore alla media provinciale (tasso di variazione positivo)

superiore alla media provinciale

inferiore alla media provinciale (tasso di variazione negativo)

VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

01/06

Dinamica delle famiglie significativamente superiore alla media provinciale

inferiore alla media provinciale (tasso di variazione positivo)

superiore alla media provinciale

inferiore alla media provinciale (tasso di variazione negativo)

93


VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

91/01

Dinamica dell'occupazione significativamente superiore alla media provinciale

inferiore alla media provinciale (tasso di variazione positivo)

superiore alla media provinciale

inferiore alla media provinciale (tasso di variazione negativo)

VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

08

Rapporto abitanti residenti e superficie urbanizzata (POP08/SU08) 1.703 - 2.382

94

2.383 - 2.938

2.939 - 3.522

3.523 - 4.236

4.237 - 5.133

5.134 - 6.514

6.515 - 8.377

8.378 - 11.659


VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

02/08

Tasso di variazione del rapporto abitanti residenti e superficie urbanizzata [(POP08/SU08)-(POP02/SU02)/(POP02/SU02)]*100 -40,0 - -25,8

-25,7 - -17,5

-17,4 - -12,0

-11,9 - -6,5

-6,4 - -0,8

-0,7 - 4,7

4,8 - 14,3

14,4 - 33,4

VIMERCATE LIMBIATE LEGNANO MONZA

CINISELLO BALSAMO CASTANO PRIMO SESTO SAN GIOVANNI

RHO

CERNUSCO SUL NAVIGLIO

GORGONZOLA

SEGRATE

MILANO MAGENTA

CORSICO

SAN DONATO MILANESE

ABBIATEGRASSO ROZZANO

02/08

Tasso di variazione superficie urbanizzata/urbanizzabile [(SU08+SE08)-(SU02+SE02)/(SU02+SE02)]*100 -26,8 - -15,7

-15,6 - -7,1

-7,0 - -2,1

-2,0 - 1,8

1,9 - 5,7

5,8 - 11,2

11,3 - 19,9

20,0 - 40,1

95


Milano sulla scena internazionale, che può essere messa in relazione a diversi fattori: esistenza di diseconomie legate ad una minor qualità della vita, ricerca di tipologie abitative più rade, indebolimento dei consolidati legami comunitari locali (che induce gli individui a risiedere in luoghi meno “centrali” o comunque li rende disponibili a rilocalizzarsi in luoghi differenti rispetto a quelli di origine), alla congestione urbana (che costituisce uno stimolo a localizzare alcune attività economiche in aree in cui la disponibilità di spazi è maggiore), agli elevati livelli dei prezzi delle abitazioni e dei terreni (che spinge individui e imprese a cercare localizzazioni più periferiche), diffusione di servizi anche nei centri minori (anche grazie a politiche di welfare locale più capillari), ecc. In modo complementare, è possibile ipotizzare che queste tendenze siano da mettere in relazione alla scarsa capacità dell’area milanese di innovare le tradizionali pratiche del vivere e del produrre. In questo senso, si può arguire che l’incapacità di creare stili di vita più “a misura d’uomo” abbia come conseguenza lo “svuotamento” sia delle aree più centrali del capoluogo (ormai prevalentemente destinate ad attività di servizio) sia delle tradizionali periferie dell’hinterland milanese (i cui stili di vita sono spesso ritenuti incompatibili con una qualità della vita percepita come accettabile). In secondo luogo, si potrebbe ipotizzare che la mancata transizione da un’industria che produce (che necessita di grandi spazi, importanti capacità di accoglienza della forza lavoro, imponenti infrastrutture materiali di comunicazione, ecc. per svolgere la propria attività) ad un’industria che fa ricerca, progetta e dirige la produzione (che, al contrario, ha bisogno di spazi tutto sommato limitati, servizi alla persona innovativi - soprattutto legati agli stili di vita e al tempo libero - e infrastrutture immateriali) abbia come conseguenza l’espulsione di questo tipo di attività del capoluogo. In definitiva, la riarticolazione territoriale di popolazione e addetti ha determinato un ulteriore salto di scala nell’organizzazione spaziale, che rafforza l’immagine differenziata/plurale della regione urbana milanese: per un verso, spazio conurbato relativamente concluso e compatto di dimensioni tendenzialmente sub-provinciali; per un altro, regione urbana di dimensioni sempre più estese (ormai tendenzialmente ultra-provinciali e, verso Novara, persino inter-regionali), discontinua al proprio interno, caratterizzata da una molteplicità di ambienti, assetti insediativi e forme di sviluppo economico-sociale. La riarticolazione produttiva e residenziale, in uno spazio differenziato e complesso come quello milanese, ha ritematizzato il rapporto tra le diverse funzioni (abitative, produttive, di servizio, ecc.) e i territori specifici su cui si innestano, infittendo le interconnessioni dinamiche che strutturano reticolarmente, in termini di interdipendenza e complementarità, le diverse parti dell’area metropolitana e generando nuovi rischi/opportunità di sviluppo.

96


Parte seconda

APPROCCI TEORICI E PROPOSTE OPERATIVE


3

APPROCCI TEORICI ED ESPERIENZE INTERNAZIONALI

Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha dimostrato una crescente attenzione per le politiche territoriali, ponendosi, con lo Scoping document del 2005, l’obiettivo di “preservare e sviluppare la qualità e la sicurezza dei valori naturali e culturali e favorire un rapporto sostenibile fra città e campagna”. In tal senso, questo capitolo vuole considerare, innanzitutto, gli approcci teorici al tema del consumo di suolo e l’evoluzione delle riflessioni recentemente svolte in materia, sia in termini generali che in relazione alla regione urbana milanese, che legano consumo di suolo e perequazione territoriale. Accanto a questo verranno ripresi alcuni casi esteri, quali l’Ökokonto bavarese, ma anche altre esperienze di compensazione ecologica olandesi e statunitensi che appaiono maturi ed esportabili anche nella realtà milanese. Questi esempi, uniti alle interessanti opportunità offerte dalla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) e dalle più recenti politiche paesistiche e ambientali, risultano di grande interesse sia per conoscere le modalità seguite nel dimensionare e valutare i fenomeni di uso del suolo, sia per disporre di informazioni sulle loro caratteristiche quali/quantitative, sia per individuare le migliori procedure atte a conoscere e, soprattutto, limitare lo sviluppo del consumo di suolo, valutando la possibilità di introdurre meccanismi virtuosi che leghino il contenimento del consumo di suolo allo sviluppo qualificato degli insediamenti.

3.1 Gli approcci teorici al tema del consumo di suolo L’urbanizzazione è stata, ed è ancora oggi, il principale consumatore di suolo: l’azzeramento dei consumi di suolo può essere assunto come un obiettivo a medio-lungo termine11 della pianificazione sostenibile. L’analisi dei possibili approcci teorici al tema del consumo di suolo e alle politiche di contenimento e riduzione partono da un dato allarmante: l’Italia è, con la Spagna, al primo posto nella produzione di cemento e nel consumo di suolo; ciò, oltre a ridurre il suolo libero disponibile, è indice di dequalificazione paesaggistica. A tale affermazione fa da presupposto il seguente concetto: a livello internazionale, in particolare negli Stati Uniti e in Canada, l’urbanizzazione è notevolmente più rada e occupa molto più spazio per abitante che in Europa, dove la città compatta e ad alta densità è ancora un forte elemento caratterizzante; nel continente europeo, dunque, ed in particolare nei Paesi dove i consumi sono più alti, è urgente una mirata azione poiché esiste un rapporto molto più elevato fra superfici totali dei paesi e aree urbanizzate. Ad esempio in Germania è urbanizzato il 12% del territorio, contro lo 0,4% del Canada12. 11 12

Pileri, Paolo - Compensazione ecologica preventiva, Carocci, Roma 2007 Bottini, Fabrizio - Il consumo di suolo e le politiche di contenimento, http://mall.lampnet.org

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Come definito da Gibelli e Salzano “Lo sprawl13 non è soltanto portatore di danni “estetici”; esso è per sua natura “insostenibile”, perché produce elevatissimi consumi di suolo e una crescita incessante della mobilità su gomma, perché sottrae al ciclo biologico risorse insostituibili per l’equilibrio tra uomo e natura ed esaspera i fenomeni di specializzazione e segregazione spaziale indebolendo la coesione sociale e il senso di appartenenza delle comunità.[…]. Perciò, in tutti i paesi avanzati il contenimento dello sprawl è oggi considerato un obiettivo cruciale, da affrontare prioritariamente attraverso riforme legislative, strategie e strumenti rinnovati di pianificazione territoriale ed urbanistica. Non è così in Italia, dove gran parte della cultura e della prassi urbanistica sembra molto lontana dalla comprensione del fenomeno, della sua rilevanza negativa, della sua portata distruttiva14”. Lo sprawl è dunque un fenomeno pervasivo, meno evidente in paesi come il Regno Unito, la Germania, l’Austria, parzialmente la Francia; e molto più evidente nel sud Europa (Italia, Spagna, Grecia) e nell’Est europeo. Dopo Spagna e Italia, infatti, nella classifica si trovano Germania e Francia, anche se i dati di consumo di suolo si riducono notevolmente rispetto a quelli del nostro Paese, a conferma dell’individuazione di politiche mirate. A livello europeo è stata proposta la decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il programma comunitario di azione in materia di ambiente per gli anni 2001-201015. Per ciò che riguarda il tema del suolo la proposta riconosce come poco sia stato fatto finora per la protezione dei suoli in termini di rilevamento dati e ricerca. Tuttavia le crescenti inquietudini riguardo l’erosione e della perdita di terreno a favore degli sviluppi urbanistici e dell’inquinamento del suolo indicano l’esigenza di un approccio sistematico alla tutela del suolo, che, secondo la decisione europea, deve contemplare: erosione e desertificazione; inquinamento generato da discariche di rifiuti e da attività industriali e minerarie; inquinamento atmosferico, idrico e generato da alcune pratiche agricole e dallo spargimento per concimazione di fanghi di depurazione contaminati da metalli pesanti; perdita di superficie, e quindi di terreno, a scopi edilizi; ruolo del suolo come bacino di assorbimento del carbonio in relazione al cambiamento climatico. Sempre da Gibelli e Salzano sono stati esposti i dati di una ricerca statunitense relativa allo sprawl da un eminente specialista, Richard Burchell, in base alla quale una “crescita controllata” fa risparmiare un 25% dei suoli (senza che l’attività edilizia ne risenta); 12,6 miliardi di dollari di risorse e allacciamenti idrici, fognature,ecc.); l’11,8% nelle infrastrutture stradali; un 7% nei costi dei servizi locali e un 6% nei costi di sviluppo immobiliare. 13 14 15

Letteralmente sguaiatamente sdraiato Gibelli, Maria Cristina – Salzano, Edoardo (a cura di) - No Sprawl, Alinea, Firenze 2006. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni sul Sesto Programma di Azione per l’Ambiente della Comunità Europea Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta.

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Per quanto concerne l’Italia, una tra le regioni in cui il consumo di suoli ha raggiunto soglie insostenibili è la Liguria per la quale, già negli anni Sessanta, Giorgio Bocca coniò le espressioni “Lambrate sul Tigullio” e “rapallizzazione” definendo l’urbanizzazione incontrollata di una zona di particolare interesse paesistico. Ebbene, nel quindicennio 1990-2005, la già ampiamente cementificata Liguria ha visto consumare quasi la metà delle sue superfici che fino a quel momento erano risultate ancora libere. A seguire, in termini di mal gestione e di consumo del suolo, vi sono Calabria e Campania dove l’urbanizzazione ha rovinato soprattutto le coste, occupando buona parte del suolo libero ancora disponibile. Una ricerca pubblicata nel già citato volume16 sostiene che in Campania, in particolare, è possibile parlare di un aumento della superficie urbanizzata pari al 321% contro il 21,6% di incremento della popolazione nel periodo 1960-98. Anche in Sicilia il problema non è differente: in pochi decenni si è occupato con episodi di urbanizzazione oltre 1/5 di territorio libero. Il problema del consumo indisciplinato del suolo, principalmente a fini edilizi, può essere quindi generalizzato a tutta la penisola italiana dove vengono erosi terreni agricoli fertili, dove la campagna diventa periferia urbana, dove l’”allarme suolo” ha raggiunto negli ultimi anni soglie insostenibili. Ma tale questione risulta maggiormente allarmante se si considera che la popolazione italiana sta crescendo pochissimo. Purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, l’avvento di un nuovo modello di sviluppo della città e del territorio, indipendente dall’aumento o dalla diminuzione del numero degli abitanti, ha amplificato in modo sensibile la quantità di suolo utilizzato per usi insediativi, residenziali o per altre attività che comportino trasformazioni artificiali di suolo, nell’ottica di un processo di metropolizzazione del territorio, che, secondo Francesco Indovina “è una tendenza non già un fenomeno consolidato. In alcuni casi questa tendenza appare più consistente e stabile, in qualche altro caso più dinamico e progressivo, altrove più sonnacchioso”17. Tale affermazione permette, forse, di ben sperare in un possibile cambiamento di rotta in tema di politiche di contenimento di consumo di suolo, in quanto il fenomeno di metropolizzazione valutato come “tendenza” può essere più facilmente contenuto e gestito rispetto ad un fenomeno radicato e ben consolidato. Si badi bene che questo può essere considerato un punto di partenza più o meno condiviso, ma, comunque, un’iniziale prerogativa per affrontare la questione in oggetto. In Italia, la L183/8918, legge nazionale sulla tutela dei suoli si occupa nella pratica di bacini idrografici e di prevenzione del dissesto, ovvero di una funzione connessa ai suoli e alla loro funzione di regolazione idrica che deve 16

Gibelli, Maria Cristina – Salzano, Edoardo (a cura di) - No Sprawl, Alinea, Firenze 2006. Indovina, Francesco Trasformazioni della città e del territorio all’inizio del XXI secolo: l’arcipelago metropolitano. Testo di una lezione svolta in diverse sedi universitarie (Alicante, Barcellona, Alghero, Ferrara, Palermo Girona, nell’ordine), essa costituisce una sintesi e qualche approfondimento del saggio La metropolizzazione del territorio. Nuove gerarchie territoriali, in “Economia e Società regionale”, n° 3-4, 2003. 18 L 183/89 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”. Testo della L 183/89 integrata con la L 253/90, con il DL 398/93 convertito con la L 493/93, con la L 61/94, con la L 584/94. 17

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essere salvaguardata. Una funzione indubbiamente fondamentale ma non esauriente. Recentemente, invece, con il recepimento della Direttiva 2001/42/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, avvenuto il 1 agosto 2007 con l’entrata in vigore della Parte II del DLgs 152/06 “Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC)”, è stata introdotta la VAS, che rappresenta un importante passo avanti, ma non sufficiente in tema di contenimento del consumo di suolo. Nel periodo intercorso tra l’entrata in vigore della Direttiva e la sua trasposizione a livello nazionale, alcune regioni hanno emanato disposizioni normative concernenti l’esercizio della VAS talvolta con norme dedicate al recepimento della direttiva comunitaria, in altri casi nell’ambito di norme sulla pianificazione. La valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente, secondo quanto stabilito nell’art. 4 del DLgs 4/08, “ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile”. La VAS, dunque, può, anzi dovrebbe, assumere un carattere strategico per la protezione del suolo e per la sua tutela soprattutto attraverso il monitoraggio ambientale. La predisposizione del piano di monitoraggio ha, infatti, un ruolo fondamentale in quanto rende possibile la valutazione costante degli effetti reali che le scelte del Piano hanno sul sistema territoriale e ambientale e se le azioni individuate siano effettivamente in grado di conseguire gli obiettivi di qualità ambientale, permettendo così di individuare tempestivamente le misure correttive che eventualmente dovessero rendersi necessarie. Ma la VAS è solo un mezzo: occorre quindi che i pianificatori prevedano azioni di piano ben mirate a politiche di tutela e protezione dei suoli. La Regione Lombardia ha introdotto la Valutazione Ambientale Strategica per i Piani di Settore con la LR 26/03 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”. Ma è con la “Legge per il governo del territorio” (LR 12/05) che viene introdotta la Valutazione dei Piani come strumento che deve accompagnare i processi decisionali in materia di territorio. Da diversi anni è presente, sul territorio nazionale, un altro tema, quello della perequazione, cioè di trattare equamente e con una certa omogeneità aree edificabili ed aree vincolate a servizi e verde. Alcune regioni avevano introdotto da anni questa possibilità e molti urbanisti, pur nei limiti della legislazione nazionale vigente, ne applicavano il concetto. La LR 12/05, invece, ne fa uno strumento importante di realizzazione del piano e di equa ripartizione dei valori, ma anche di “contestualità” di realizzazione dell’una e dell’altra area considerate. Ciò appare indispensabile al fine di contenere dapprima i crescenti effetti sovra

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comunali delle scelte urbanistiche locale la concorrenza reciproca tra i singoli Comuni e il consumo di suolo, i danni all’ambiente e gli episodi di diseconomie territoriali. Tuttavia, anche questo strumento non risolve del tutto i problemi, in particolare quelli legati al consumo di suolo, che non è possibile debellare solo attraverso la perequazione territoriale. La stessa Legge Regionale enuncia19 tra gli obiettivi del Documento del Piano il principio della “minimizzazione del consumo di suolo”, senza peraltro far seguire proposte concrete che vadano al di là della sfera delle intenzioni. Sulla base di tali considerazioni nasce la recentissima proposta di legge di iniziativa popolare, messa punto da Legambiente Lombardia sulla base di un’idea di Arturo Lanzani e Paolo Pileri. L’obiettivo di tale proposta è duplice: da un lato rendere obbligatorio l’uso di aree dismesse o sottoutilizzate prima di pianificare nuove espansioni, e dall’altra – nel caso di espansioni, possibili solo in assenza di aree già urbanizzate – legare ogni attività edificatoria ad una contestuale cessione al pubblico di spazi aperti nei quali si provvede ad una specifica costruzione di ambiente, in quantità tale da compensare l’impatto della nuova espansione urbana. PROGETTO DI LEGGE REGIONALE DI INIZIATIVA POPOLARE (STRALCI) “Norme per il contenimento del consumo di suolo e la disciplina della compensazione ecologica preventiva” Art. 1 (Principi generali) La Regione Lombardia promuove lo sviluppo sostenibile, la tutela delle identità storicoculturali e la qualità del territorio. In particolare, la Regione promuove e garantisce la tutela delle risorse naturali del territorio, in quanto beni che costituiscono patrimonio della collettività e non possono essere consumati in modo rilevante e irreversibile. La presente legge stabilisce ulteriori criteri, indirizzi, metodi e contenuti degli strumenti di pianificazione, affinché l’utilizzo di nuove risorse territoriali avvenga solo se non esistono alternative quali la sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero la riorganizzazione e la riqualificazione del tessuto insediativo esistente. (…) (…) Art. 2 (Definizioni e ambito di applicazione) Ai fini della presente legge, si intendono per: (…) (…) interventi di compensazione ecologica preventiva le azioni intraprese prima di un intervento di nuova costruzione su suolo inedificato per compensare il consumo di suolo prodotto dall’intervento stesso, attraverso il corrispondente vincolo a finalità di uso pubblico di carattere ecologico ambientale posto su un’altra porzione del suolo comunale. Il carattere ecologico ambientale consiste in miglioramenti alle specie, agli habitat e alle complessive risorse territoriali. Salvo i casi espressamente previsti dalla presente legge, la compensazione ecologica preventiva non costituisce compensazione di carattere finanziario.

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All’art. 8, comma 2 lettera b e art. 15, comma 2, lettera c.

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La presente legge si applica a tutti gli atti e le attività di pianificazione territoriale e urbanistica e alle conseguenti azioni di trasformazione del territorio che comportano interventi di nuova costruzione. Art. 3 (Carta del consumo di suolo) Il consiglio comunale approva la carta del consumo di suolo nella quale sono individuate e quantificate le aree libere da edificazione, le aree edificate in uso e le aree edificate dismesse, degradate o, comunque, inutilizzate o sottoutilizzate. La carta del consumo di suolo è aggiornata almeno ogni due anni. L’approvazione della carta del consumo di suolo costituisce presupposto necessario e vincolante per l’approvazione degli atti e dell’attività di pianificazione di cui all’art. 4, comma 1. Art. 4 (Obbligo di riuso delle aree dismesse) Gli atti e le attività di pianificazione comunale soggetti alle limitazioni di cui all’art. 3, comma 3, e al comma 2, sono: l’individuazione degli ambiti di trasformazione di cui all’art 8, comma 2, lettera e), della l.r. 12/2005; l’individuazione degli ambiti di trasformazione di cui all’art. 10-bis, comma 4, lettera c), della l.r. 12/2005; l’approvazione di programmi integrati di intervento (…), che comportano l’occupazione di suolo inedificato; l’approvazione dei progetti in variante ai sensi dell’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998 n. 447 (…) che comportano l’occupazione di suolo inedificato. Gli atti e le attività di pianificazione comunale di cui al comma 1 sono consentiti solo se non esistono nel territorio comunale aree già urbanizzate non utilizzate, sottoutilizzate o dismesse, comprese le aree industriali dismesse di cui all’art. 7, comma 1, della legge regionale 2 febbraio 2007 n. 1 (Strumenti di competitività per le imprese e per il territorio della Lombardia), compatibili con le trasformazioni in essi previste. L’eventuale incompatibilità deve essere adeguatamente motivata. Art. 5 (Interventi di compensazione ecologica preventiva) Gli interventi di compensazione ecologica preventiva consistono nella realizzazione di nuovi sistemi naturali permanenti quali siepi, filari, prati permanenti, boschi, aree umide. A completamento di tali opere ecologiche sono ammesse le opere per la fruizione ecologico-ambientale dell’area quali percorsi pedonali, percorsi ciclabili, piccole opere di consolidamento del suolo, ridisegno e ripristino di canali e rogge, in misura non superiore al 50 per cento del costo complessivo della riqualificazione a verde ecologico. Gli interventi di nuova costruzione sono soggetti alle seguenti disposizioni ispirate al principio della compensazione ecologica preventiva: nel caso di interventi di tipologia infrastrutturale, (…), il soggetto proponente stipula con il comune una convenzione per la costituzione di una servitù di uso pubblico della durata non inferiore a novantanove anni, avente ad oggetto una superficie pari al doppio di quella oggetto dell’intervento di nuova costruzione, (…); in alternativa alla costituzione di servitù, la convenzione può prevedere la cessione gratuita al comune della superficie destinata alla compensazione; nel caso di interventi di tipologia diversa da quella infrastrutturale, il soggetto proponente stipula con il comune una convenzione per la costituzione di una servitù di uso pubblico della durata non inferiore a novantanove anni, avente a oggetto una superficie pari al doppio di quella oggetto dell’intervento di nuova costruzione, da destinare

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a interventi di compensazione ecologica preventiva; (…); in alternativa alla costituzione di servitù, la convenzione può prevedere la cessione gratuita al comune della superficie destinata alla compensazione; nel caso di interventi per la realizzazione di opere pubbliche comunali, il comune realizza la compensazione ecologica preventiva secondo i criteri di cui alle lettere a) e b). Art. 6 (Aree destinate alla compensazione ecologica preventiva) Le aree destinate alla compensazione ecologica preventiva di cui all’art. 5 si considerano aggiuntive rispetto alla dotazione di aree per servizi pubblici o di interesse pubblico previste dalla legge ovvero dal piano dei servizi, comprese quelle destinate al verde pubblico. Sono reperite all’interno del territorio comunale nel quale è previsto l’intervento di nuova costruzione e sono espressamente qualificate quale obiettivo prioritario di interesse regionale di cui all’articolo 20, comma 4, della l.r. 12/2005. (…) (…) Art. 7 (Titolo abilitativo e convenzioni per gli interventi di nuova costruzione) (…) Art. 8 (Monetizzazioni) (…) Art. 9 (Norme di coordinamento) (…) Art. 10 (Norme transitorie) (…)

3.2 Le politiche per lo sviluppo del territorio e il contenimento del consumo di suolo in Europa Dal paragrafo precedente è emerso come in Italia l’attenzione rivolta alle espansioni urbane e al conseguente incessabile consumo di suolo sia spesso insufficiente: ciò impone, quindi, l’esigenza di rifondare una politica nazionale (e, nel caso specifico regionale) delle città sulla base di un mix di regole, cooperazione, partenariato equilibrato e governance innovativa. In tale quadro, la Provincia di Milano intende cogliere, nell’ambito delle proprie competenze di pianificazione, i differenti principi comunitari, sviluppando in particolare pratiche innovative per una nuova governance multilivello, per processi partenariali e partecipativi fra pubblico e privato, in un’ottica non municipale ma di area vasta, a livello di regione urbana, orientandoli agli obiettivi, anch’essi di rilievo comunitario, della qualità e dell’identità del territorio, del contenimento dei consumi di suolo, della densificazione della forma urbana e della lotta allo sprawl. Rivolgendo lo sguardo alle esperienze più recenti dei Paesi europei, si delineeranno nel presente paragrafo gli aspetti salienti delle politiche per la riduzione ed il controllo del consumo di suolo. In generale ciò che emerge è la capacità attrattiva e la competitività delle strategie adottate, basate su efficaci principi: poche regole, chiare, forti e condivise, riferimento a visioni strategiche suggestive e pluralità e varietà di progetti territoriali. Ciascun Paese ha, quindi, sviluppato politiche e strumenti sulla base delle proprie sensibilità e delle tradizioni dell’ordinamento, che tuttavia possono costituire utili riferimenti già sperimentati su cui riflettere. Tra i più forti e collaudati modelli di gestione del suolo e del contenimento del relativo consumo vi sono quelli di Gran Bretagna, Olanda e Germania,

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paesi nei quali sono state elaborate indagini sistematiche e continuative sugli usi e consumi di suolo. In termini generali le rilevazioni maggiormente consolidate e sistematizzate si riscontrano nei paesi di più antica industrializzazione, quali Gran Bretagna e Germania, che per primi hanno affrontato il problema della crescita urbana estensiva e dell’erosione dei territori agricoli, e in quelli dove la limitatezza del suolo disponibile in rapporto all’aumento della popolazione insediata ha determinato una forte pressione insediativa (Paesi Bassi). Il Regno Unito propone un modello fortemente dirigistico sulle possibilità di espansione degli insediamenti, operando ormai da tempo una strategia di urban containment e di costruzione e difesa di green belts attorno alle città, basato su development permits attribuiti con forte selettività. In Germania si è consolidata una pianificazione urbanistica fortemente orientata al benessere pubblico, con forte attenzione ai consumi di suolo, al verde e servizi, all’housing sociale, cui, da una decina d’anni, si è associata una crescente utilizzazione di modalità concertative e negoziali con i privati, gestite in modo assai determinato da parte delle pubbliche amministrazioni, secondo un modello decisamente interessante per possibilità di applicazione al panorama italiano. L’esperienza britannica appare, invece, più difficilmente importabile nel nostro paese, in quanto implica una cultura del piano di alta qualità, regole

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non scritte di comportamento virtuoso nei confronti del territorio, seguite sia dagli attori pubblici che dagli operatori privati. Anche dalla Francia giungono nuove forme di pianificazione e compensazione intercomunale, attuate attraverso l’acquisizione di una parte delle entrate derivate dallo sviluppo territoriale a livello di agglomération e ripartite quindi anche fra i comuni che non hanno visto crescere le urbanizzazioni sul loro territorio. Questa innovazione ha generato, da un lato, una migliore localizzazione dello sviluppo all’interno dell’area vasta, e soprattutto ha determinato una forte riduzione della attrazione per lo sviluppo nei singoli comuni. In Italia molte aggregazioni spontanee di comuni iniziano a seguire questo modello, anche realizzando “piani strutturali” intercomunali. In tale contesto disciplinare si colloca I’esperienza francese di rilevamento della dinamica territoriale in corso nella regione metropolitana Ile-deFrance, di particolare interesse per I’innovativa metodologia analitica sperimentata dallo IAURIF (Institut d’Aménagement et d’Urbanisme de la Region d’Ile-de-France). Dal 1982 viene infatti avviata una complessa e articolata operazione di indagine sull’occupazione di suolo e sullo spazio consumato in lle-de-France. II MOS (Mode d’Occupation du Sol), cosi e stato chiamato questo metodo di rilevamento, ha come obiettivo il monitoraggio continuo delle trasformazioni territoriali e funzionali attraverso un approccio computerizzato esteso all’intero sistema regionale. I casi analizzati dimostrano un’azione complessa, fatta di leggi, comunicazione e comportamenti: leggi emanate per la difesa dell’ambiente, riuso delle aree dismesse al fine di non consumarne delle nuove, azioni per la “sostenibilità. L’ESPERIENZA DELLA GERMANIA: L’INTRODUZIONE DELL’ECOCONTO In Germania si è consolidato un interessante movimento di idee che ha generato I’elaborazione di progetti pianificatori mirati al controllo e alla limitazione del consumo di suolo rurale nelle regioni più industrializzate e che si basano su una vasta gamma di strumenti di natura giuridica, di carattere fiscale ed economico, di comunicazione e di ricerca. La necessità di invertire la tendenza di sottrazione di suolo al territorio aperto e rurale è stata riconosciuta per la prima volta dal governo tedesco nel 1985 nell’ambito della formulazione dei principi di tutela del suolo. Successivamente il programma di politica ambientale promosso nel 1998 dal ministro per l’ambiente allora in carica Angela Merkel aveva come obiettivo quello di disgiungere in modo duraturo lo sviluppo economico dall’occupazione di suolo. La definizione di un obiettivo quantitativo è stato quindi la base di partenza per il raggiungimento del fine del contenimento: si poneva, infatti, per la prima volta la soglia di 30 ettari al giorno, pari a 1/4 della tendenza in atto (129 ha/giorno nel 2000), alla quale limitare l’aumento di aree per insediamenti e mobilità entro il 2020. La peculiarità di tale politica sta nel fatto che è stata condivisa da ogni schieramento politico anche grazie al fatto che utilizza un approccio di tipo quantitativo e non qualitativo. La strategia nazionale tedesca per lo sviluppo sostenibile, e il conseguente freno allo sprawl, si basa su alcuni principi basilari: le scelte di nuova occupazione di aree devono essere sostenute da un quadro attendibile dei costi economici e sociali;

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gli strumenti economici e fiscali possono completare quelli di pianificazione urbanistica e territoriale e promuovere la cooperazione fra enti locali; il dialogo fra gli attori anche tramite la promozione di progetti pilota deve essere incentivato e sostenuto. Nella politica di riduzione tedesca l’obiettivo primario sta dunque nel ridurre e migliorare dal punto di vista qualitativo l’occupazione del suolo per usi insediativi e per la mobilità, in considerazione delle necessità ecologiche, sociali ed economiche. Lo scopo sostanziale è il riutilizzo delle aree dismesse e abbandonate e la compensazione delle nuove destinazioni attraverso la naturalizzazione di altre aree, promuovendo, nel contempo, lo sviluppo economico nel settore edilizio. Anche a livello dei singoli stati federati è stato riconosciuto il problema della progressiva occupazione di suolo e sono state prese misure per la sua riduzione. Il governo regionale del Baden-Württemberg riconosce, ad esempio, l’importanza della tutela degli spazi aperti e dei suoli agricoli. Secondo il piano d’azione ambientale, anche in questo stato federale l’occupazione di suoli a fini urbani dovrà essere ridotto sensibilmente entro il 2010. In modo simile, in Baviera, nel 2003, la riduzione delle aree urbane è stata inserita all’interno del programma di sviluppo regionale che prevede un “patto per il risparmio delle aree” fra governo regionale, comuni ed associazioni per diminuire il consumo di aree e rafforzare contemporaneamente l’economia incrementando la quota di proprietà delle case. L’Ökokonto (Eco-conto) è, quindi, l’esperienza di compensazione ecologica più completa e matura tra quelle tedesche. Esso può essere paragonato ad un conto bancario che ogni Comune apre generando un deposito di eco-crediti, dal quale è possibile riscuotere dei crediti virtuali con cui controbilanciare i danni e gli impatti causati all’ambiente naturale attraverso una trasformazione territoriale. La scelta delle aree dove attuare la compensazione ecologica spetta ai Comuni, ma, in generale, le aree destinate alla compensazione devono possedere determinati requisiti quali essere strategicamente localizzate ai fini della struttura ecologica e non per quella insediativa ed ecologicamente povere. Qualsiasi operazione di compensazione deve, intuitivamente, permettere di passare da una qualità ecologica di un certo livello ad un’altra di un livello più alto rispetto quello di partenza. Tali operazioni consistono, a livello pratico, in rinaturazioni di corsi d’acqua, riforestazioni, imboschimenti o rimboschimenti, oppure prescrizioni riguardanti l’uso del suolo, le pratiche colturali e i sistemi di gestione da parte dell’agricoltura. Nel momento in cui un’area è disponibile e interessante per l’assetto ecologico locale entra a far parte del deposito verde comunale per la compensazione. Tali aree saranno quindi vincolate permanentemente a quella destinazione.

LA GRAN BRETAGNA: GREEN BELTS In Gran Bretagna l’allarme per l’erosione dei suoli liberi ed agricoli fu affrontato a partire dagli anni Trenta e si concretizzò, poi, nel 1946 con il New Towns Act e l’anno seguente con il Town and Countries Planning Act. L’ormai ultradecennale esperienza britannica si basa su una cultura pianificatoria diffusa e sulla consolidata abitudine alla concertazione fra pubblico e privato che hanno portato ad operare in modo sinergico fra politiche di urban containment e costruzione di green belts attorno alle aree urbane. Gli obiettivi che stanno alla base delle politiche inglesi di riduzione del consumo di suolo sono uno sviluppo urbano denso ma, comunque, localizzato in prossimità delle aree urbane esistenti ed una mirata conservazione della aree agricole e degli spazi aperti. Tra il 1998 e il 2001 la Gran Bretagna ha adottato la Planning Policy Guidance 2 basata

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sul concetto delle Green Belts. Si conferma dunque attraverso tale politica il ruolo tradizionale delle grandi fasce verdi metropolitane ad uso agricolo, al fine di contenere spazialmente lo sviluppo delle aree urbanizzate. Oltre alla funzione agricola, la Gran Bretagna ha promosso usi legati al tempo libero, allo sport, ecc. Con la Planning Policy Guidance 3 del 2000 viene governata la politica di housing attraverso una particolare pianificazione mirata all’accertamento del reale fabbisogno di nuove residenze anche in funzione di un’edificazione “sequenziale”, attuata, cioè, dapprima in aree già urbanizzate, sino a quelle dei Green Fields, solo nel caso di assoluta necessità. Ogni espansione deve inoltre rispettare la regola della densità minima obbligatoria (30 alloggi/ha). Alla base delle politiche di housing promosse dalla Gran Bretagna vi è anche il recupero prioritario delle aree “brownfield” ovvero dei siti urbanizzati dismessi. La Gran Bretagna rappresenta quindi un caso di particolare interesse in quanto le politiche sono state orientate a favorire una crescita degli insediamenti tale da evitare gli eccessi della dispersione.

OLANDA In Olanda il problema del consumo di suolo è stato affrontato attraverso la compensazione ecologica. Tale concetto viene introdotto nel territorio olandese a partire dal 1993, anno in cui è stato messo a punto il piano strategico delle aree rurali, nel quale la compensazione ecologica è divenuta principio fondante della politica nazionale di governo del territorio. L’obiettivo di tutela ecologica in Olanda è applicato, quindi, essenzialmente alle zone agricole in quanto spina dorsale ecologica primaria per il Paese. Ad oggi la compensazione ecologica è obbligatoria ogni qualvolta un soggetto pubblico decida di realizzare una nuova strada. La strategia di compensazione olandese si basa sui concetti di: no unless (nulla a meno che): nessuna opera di infrastruttura viene concessa a meno di un contro bilanciamento ambientale e a meno di una valutazione preventiva (appartenente al procedimento di VIA); no net loss of ecological values (nessuna perdita di valori ecologici): ogni trasformazione produce in modo irreparabile danni ambientali ed ecologici. Tale effetto è da contrastare con misure mitigative mirate e, se non sufficienti, con misure compensative per i danni residui. Il Olanda il rapporto di compensazione al di sotto del quale non è possibile scendere è 1:1 (per ogni mq di area persa deve corrispondere almeno un mq di area compensata). La compensazione ecologica olandese, seppur applicata alla realizzazione di tratti viabilistici, ha fornito: opere ecologiche; risorse finanziarie da destinare alle amministrazioni locali per realizzare progetti ecologici; nuove aree ridestinate a funzioni ecologiche ed ambientali. Gli studiosi hanno però sottolineato come vari aspetti all’interno della pianificazione ecologica olandese ne abbiano minacciato il successo: aspetti giuridici, sostegno tecnico e politico dell’amministrazione locale, carenze di conoscenze ambientali e sociali, ecc. Più importanti e di successo sono invece risultate le esperienze in cui è stato attivato un processo di partecipazione di gruppi locali sostenitori della compensazione ecologica. Tra queste si ricorda l’esperienza di coinvolgimento degli agricoltori, con i quali sono stati stipulati accordi di compensazione, in quanto unici gestori di aree libere destinabili alle opere di mitigazione e compensazione.

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Ciò che più emerge dalla lettura delle esperienze internazionali è senza dubbio il fattore che le accomuna: un modello basato essenzialmente su di una consolidata planning culture diffusa di alta qualità, basata su regole non scritte di comportamento virtuoso nei confronti del territorio, seguite sia dal settore pubblico che dagli operatori privati, soprattutto con riferimento al territorio non urbano. Il punto di partenza, che sembra mancare per certi aspetti nel nostro Paese, deve essere proprio quello di una cultura della sostenibilità, unitamente ad azioni pianificatorie e legislative chiare, forti e partecipative. In Italia, pur cominciando a diffondersi una certa sensibilità per i temi del consumo di suolo, purtroppo, gli episodi di “buona pianificazione” si concretizzano, per lo più, attraverso l’individuazione di politiche indirette. 4. LE PROPOSTE OPERATIVE La pressione insediativa e i moderni stili di vita hanno creato una sorta di competizione con l’ambiente per il controllo del suolo, fra consumi “necessari” e altri “non necessari”, o, perlomeno, oggi non più sostenibili, in rapporto ai sempre più vicini limiti dello sviluppo possibile e agli ormai scomparsi equilibri ecologici. Il tema del contenimento dei consumi di suolo deve essere affrontato attraverso un’integrazione multidisciplinare, che prenda le mosse a partire da una ripresa della responsabilità delle discipline di governo del territorio verso l’ambiente. La lotta contro la proliferazione insediativa va, infatti, allo stesso passo con la tutela e la valorizzazione del paesaggio-ambiente, all’interno di una visione strategica dei cicli della natura e della città. L’azzeramento dei consumi di suolo, principale obiettivo della pianificazione sostenibile, deve essere realisticamente considerato un obiettivo a lungo termine, subordinato ad un radicale cambiamento culturale che porti ad una maggior responsabilizzazione della nostra società e delle politiche pubbliche e all’individuazione delle prime strategie per il rallentamento di tutti quei processi che rappresentano i principali consumatori di suolo. Il consumo di suolo, così come le politiche ambientali, non deve rappresentare una questione di esclusiva pertinenza degli specialisti, ma una questione sociale, espressione delle politiche di governo della società. In tal senso, oggi non è più accettabile la presunzione che il suolo rappresenti una risorsa illimitata, che le trasformazioni edilizie non generino impatto ambientale e che l’uso delle risorse naturali, fra le quali il suolo, non debba essere subordinato a contropartite di natura ambientale. Occorre invece trovare un adeguato modello di sviluppo alternativo, credibile e adatto alle caratteristiche e alle capacità dei Comuni minori, in grado di fronteggiare le pressioni del settore immobiliare, di attivare circuiti virtuosi, capaci di recuperare risorse finanziarie differenti e costruito su una politica fiscale basata su entrate diversificate, sul ruolo territoriale di un’agricoltura multifunzionale e, soprattutto, su una nuova visione culturale. In tal senso, nello spirito di contenimento del consumo di suolo, promosso dalla LR 12/05, l’individuazione di ambiti di trasformazione deve avere come 109


obiettivo la realizzazione di strutture urbane compatte, evitando la formazione di ambiti di conurbazione e di sfrangiature dei tessuti consolidati, cogliendo, allo stesso tempo, l’occasione per l’avvio di interventi di riqualificazione paesistico-ambientale. L’area metropolitana non deve cioè diventare un continuum urbanizzato indifferenziato, ma la creazione di nuove polarità insediative deve combinarsi con la risorsa costituita dal sistema paesistico-ambientale e, in primis, dalle aree protette, a partire dal monitoraggio delle pressioni insediative, dalla valutazione delle funzioni insediabili, al fine di ottenere un netto miglioramento della qualità della vita delle popolazioni. In questo senso il tema della forma urbana, sotto forma di contenimento del consumo di suolo, densificazione dell’edificato e lotta allo sprawl, e quello della qualità degli spazi aperti, per i quali è necessario un profondo cambiamento culturale, rappresentano alcuni fra i temi di maggiore rilievo per le politiche di governo del territorio. Un altro tema di rilievo è costituito dall’importanza di avviare processi negoziali fra attori pubblici e privati, nell’ottica di un rilancio fondamentale dell’attività di pianificazione a livello di area vasta, in grado di superare le problematiche presenti a livello locale. RAPPORTO AMBIENTALE DELLA VAS [ADEGUAMENTO DEL PTCP ALLA LR 12/05 – RELAZIONE GENERALE, MAGGIO 2008] La scelta del PTCP di stabilire un obiettivo quantitativo medio provinciale, che prevede il contenimento delle aree urbanizzate e urbanizzabile entro il valore del 45%, viene considerata molto positiva dal punto di vista della VAS, poiché definisce in modo chiaro un target, che rimane come punto fermo di verifica dell’operato del Piano e col quale l’Amministrazione provinciale sarà poi chiamata a confrontarsi in fase attuativa. La stessa delimitazione degli ambiti agricoli può portare a un effetto positivo in termini di consumo di suolo, poiché tende a stabilizzare il loro perimetro, imponendo anche di non realizzare insediamenti produttivi all’interno di aree agricole. Il Rapporto ambientale della VAS suggerisce, per migliorare l’integrazione degli obiettivi ambientali nel progetto di Piano: il rafforzamento degli indirizzi per lo sviluppo dei comuni polo tenendo in considerazione le loro caratteristiche ambientali; la predisposizione di un meccanismo di monitoraggio del consumo di suolo, con particolare attenzione ai comuni che già oggi superano la soglia di sostenibilità del 55%. la revisione motivata del numero di comuni polo a cui garantire una deroga al limite di consumo di suolo; l’inclusione degli insediamenti produttivi e quelli di rilevanza sovracomunale, esclusi quelli per la pubblica utilità, nel meccanismo di conteggio del consumo di suolo; l’utilizzo del valore residuo di Superficie Urbanizzabile che emerge dal meccanismo di calcolo del consumo di suolo come elemento per incentivare la “perequazione territoriale”.

4.1 Le aree di frangia e le nuove politiche ambientali Le aree periurbane, spesso trascurate dalla cultura urbanistica contemporanea, contengono al loro interno la maggior parte degli elementi prodotti dalla città contemporanea e dalla dilatazione dei suoi confini, ma anche quelli provenienti

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dall’addensamento degli insediamenti rurali, con i loro processi lenti e le loro basse densità insediative. Questi spazi appaiono oggi frammentati e destrutturati dalla pressione insediativa, oltre che dalla disorganizzazione degli attori e delle funzioni che vi sono ospitate, e sono oggi interessati da nuove pratiche sociali ed economiche, con forti aspettative da parte del pubblico, che hanno trasformato la cultura rurale in una forma ibrida di urbanità e ruralità. La dinamica dell’espansione metropolitana richiede interventi tanto più forti, diretti e mirati quanto più si è in prossimità delle parti più dense della struttura insediativa: in questi ambiti si rende necessario, attraverso tutti i possibili meccanismi di acquisizione diretta o di convenzionamento delle aree, un ampio spazio di intervento da parte della collettività. Se le aree di margine della città, a maggior ragione se già comprese in ambiti di parco, vengono intese come il campo di applicazione di quelle “politiche del paesaggio” individuate dalla Convenzione Europea, esse perdono la connotazione negativa di territori di frangia per acquisire il significato di territorio di contesto delle strutture urbane e di “transizione”, rispetto ai territori agricoli o naturali più lontani. Si tratta di individuare un “nuovo” paesaggio dove le diverse attività presenti sono chiamate a riqualificare e valorizzare l’ambiente in modo propositivo, facendo leva sulle radici storiche ma superando le non più attuali posizioni basate su un rigido schema di conservazione/restauro. Le aree di frangia accolgono infatti, a fianco di ciò che resta (e spesso di

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La cascina Ronchettone ai margini del Parco Sud


Il paesaggio agrario nel Parco del Roccolo, nei pressi di Casorezzo

valore) dell’attività agricola che un tempo aveva caratterizzato i dintorni della città, le attività più disparate, spesso marginalizzate dalle strutture urbane (sfasciacarrozze, campi nomadi, depositi di varia natura, orti spontanei): centri commerciali lungo le direttrici di maggiore richiamo; aree attrezzate per il tempo libero del tutto casuali o realizzate in corrispondenza di laghi di aree di escavazione parzialmente dismesse. Il “nuovo paesaggio” è chiamato a comporre queste diverse funzioni ricreando una logica localizzativa in grado di accoglierle e di renderne compatibile la presenza. Tutto ciò implica una diversa impostazione progettuale, un diverso coinvolgimento degli enti operanti ai diversi livelli, una diversa capacità di indirizzo e di coordinamento delle iniziative private. Nella generalità del territorio, l’azione protezionistica, sempre necessaria, può essere indirizzata a garantire il permanere delle funzioni che stanno alla base del modello territoriale e dell’assetto ambientale. Andranno in altre parole create le migliori condizioni perchè le funzioni, considerate ”virtuose” per la qualità dell’ambiente e del paesaggio, si sostengano attraverso proprie economie di gestione. Un altro punto di attenzione è l’aspetto puramente “difensivo” delle politiche ambientali, spesso associato con le tutele promosse dagli enti parco, che, se possono rallentare il degrado o il cattivo utilizzo degli spazi aperti, non sono certamente sufficienti a garantirne la sopravvivenza, possibile solo attraverso interventi a carattere propositivo e progettuale, senza i quali i beni paesistico-ambientali fanno il loro ingresso nel campo delle

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economie assistite, divenendo riserve decontestualizzate dal territorio da un punto di vista sociale, economico e fruitivo. Gli stessi rischi si presentano nel complesso delle tutele del paesaggio, inteso come l’insieme degli aspetti assunti dal territorio nella lunga storia delle attività e delle opere dell’uomo (e della natura) che ne hanno via via modificato gli assetti e che non possono essere “congelate” in una unica operazione di conservazione. Se un paesaggio è il risultato di attività produttive uscite o che tendono ad uscire dalla contemporaneità e a divenire antieconomiche, la sua conservazione deve necessariamente prevedere l’attribuzione di nuove funzioni e nuovi ruoli socio-economici in grado di esprimere e contestualizzare nuove forme di paesaggio. In tal senso le politiche ambientali diventano progetto e programma strategico in grado di creare, a partire dal riconoscimento dei valori territoriali sedimentati nella storia dei luoghi, nuovi valori paesisitici che esprimono il coinvolgimento delle comunità locali. La pianificazione del verde può passare così da un’ottica di salvaguardia passiva alla riscoperta di antichi usi e alla progettazione di nuovi usi compatibili. 4.2 Gli spazi aperti fra mercato e territorio: le nuove politiche ambientali Alla luce di quanto emerso fin qui, è evidente che nel nostro paese occorrerà, una volta messa a punto un’efficace metodologia per il monitoraggio del consumo di suolo, una reale condivisione da parte di tutti gli schieramenti politici e un approccio intersettoriale per quanto concerne le strategie adottate, in risposta al complesso intreccio di esigenze economiche, sociali e ambientali che governano i processi insediativi. Aldilà della necessaria riduzione del fabbisogno di aree, emerge con evidenza la necessità di un loro migliore uso, nei termini di un miglioramento della qualità della vita delle popolazioni, superando l’attuale deresponsabilizzazione culturale verso gli spazi aperti dell’agricoltura. In questo contesto e in relazione al dibattito sullo sviluppo sostenibile, l’Unione Europea, posta dinanzi non solo all’insostenibilità della vecchia PAC (Politica Agricola Comune), ma anche ai vincoli di bilancio, all’allargamento dell’Unione stessa e ai negoziati in sede di WTO, ha approvato nel 2003 una riforma che, pur comprendendo alcuni interessanti aspetti innovativi, lascia insolute contraddizioni e problematiche di non poco conto rispetto all’agricoltura europea e, in particolare, a quella italiana, che, se da un lato rischiano di perpetuare la continuità della PAC, dall’altro costituiscono delle interessanti opportunità dal punto di vista delle politiche paesistiche e ambientali. La nuova PAC si basa essenzialmente su due strumenti: le Misure di mercato e le Misure di sviluppo rurale. Le Misure di mercato, che governano il 90% delle risorse, sono basate su un contributo diretto al produttore, indipendentemente dalla produzione dell’azienda (disaccoppiamento), in cambio del mantenimento dei terreni in buone condizioni agroambientali. Le Misure di sviluppo rurale si basano invece sull’assegnazione tramite bando di contributi per il potenziamento degli interventi per la qualità dei prodotti alimentari e per più efficaci politiche in materia di ambiente.

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La caratteristica della riforma è data dal fatto di non legare il contributo comunitario all’attività agricola, ma al mantenimento del terreno in “buono stato agronomico“, con il rischio che si favoriscano posizioni di rendita, diminuendo il contributo dell’agricoltura stessa all’economia di scala del mondo rurale, con conseguenti ricadute sull’ambiente e sulle produzioni tipiche territoriali. Secondo il nuovo approccio non si tratterebbe più di fornire unicamente un sostegno al prodotto, ma anche di compensare gli svantaggi che questi subiscono sul mercato liberalizzato, per effetto delle richieste formulate dalla collettività in merito ad una produzione sostenibile e multifunzionale nelle zone rurali, e di remunerare l’importante contributo che forniscono sul piano sociale e territoriale. In questo senso la trasformazione delle politiche agricole è destinata ad avere ripercussioni sulle modalità di gestione delle trasformazioni urbane e territoriali. Questa impostazione è destinata a generare in breve tempo una trasformazione radicale dell’organizzazione delle aziende agricole e delle colture praticate e del rapporto ormai consolidato tra agricoltura e urbanistica. Addirittura molte piccole imprese, soprattutto negli ambiti periurbani, potrebbero limitarsi a mantenere in buone condizioni i fondi, mentre, al contrario, dovremmo auspicare uno sviluppo delle attività agricole multifunzionali a carattere ecologico, per scongiurare il potenziale abbandono dei terreni. Il punto più critico della riforma riguarda l’inadeguatezza progettuale della politica di sviluppo rurale, il cui impianto è tuttora privo di un disegno complessivo e innovatore di ampio respiro e che dovrebbe invece essere finalizzato a un nuovo ruolo dell’agricoltura, i cui principi fondanti vanno individuati principalmente nella coesione sociale, nella multifunzionalità e nella conseguente remunerazione dei servizi forniti dagli agricoltori. Per quanto riguarda l’agricoltura italiana si tratta di un’agricoltura che possiamo definire “territoriale”, perché ha in parte mantenuto le connessioni con le risorse ambientali e il territorio. Ne risulta quindi un’agricoltura tipica dei territori con un elevato valore storico-ambientale e paesaggistico, adatti a produzioni di qualità e “multifunzionale” perché potenzialmente in grado di offrire alle popolazioni, oltre a prodotti agricoli e artigianali, un mix di servizi culturali e paesaggistici, combinando forme di naturalità, paesaggio e sistemi colturali, che rappresentano, di fatto, le forme di biodiversità dell’ambiente rurale. Questo nuovo modo di fare agricoltura assume grande rilievo nei territori densamente antropizzati della provincia milanese, nei quali la conservazione e costruzione di connessioni ecologiche si fonda sul reticolo idrico e sui sistemi verdi, con boschi, fasce boscate, siepi, filari e zone umide che rappresentano risorse strategiche per il potenziamento della naturalità. Lo sviluppo di questi processi è legato alla capacità di fare sistema tra imprese agricole ed extragricole, istituzioni e popolazioni accomunate da uno specifica identità locale, non solo tecnico-settoriale, ma anche culturale e di relazione con le risorse territoriali.

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Si tratta di una nuova prospettiva per l’agricoltura indirizzata verso un modello di sviluppo la cui multifunzionalità non mette totalmente in discussione il ruolo produttivo di beni alimentari, quanto le modalità di assolvimento di questo, attraverso una risposta efficace agli obiettivi comunitari della coesione sociale ed economica, della diversificazione del reddito degli agricoltori e della valorizzazione dei territori locali. Questa concezione dell’agricoltura come sistema, consente di vedere le politiche di sviluppo rurale e territoriale come modello complessivo, profondamente e paritariamente diretto a innovare e arricchire il comparto nel suo insieme, che in questa prospettiva ha bisogno, prima ancora che delle risorse finanziarie meccanicamente trasferite, di infrastrutture e servizi. La marginalità delle politiche di sviluppo rurale è resa ancora più evidente da un affermato nuovo modello di relazioni tra città-campagna, non più concepito come un rapporto di estraneità, contrapposizione o, peggio, di primazia economica e culturale della prima sulla seconda. Tutto ciò richiede una profonda ricalibratura del modello di sviluppo dei nostri territori, che impegni in primo luogo la pianificazione urbanistica e paesaggistica. Questo nuovo patto tra agricoltura e società richiede, sul piano della strumentazione delle politiche pubbliche di sostegno, nuove forme di intervento che devono virare dalla logica del provvedimento a quella negoziale, mentre l’accordo tra le parti (pubblico e privato) può prendere il posto della legge.

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In tal modo si riconoscerebbe la posizione unica che riveste l’agricoltore che oltre produrre alimenti sani e sicuri, diventa addetto alla cura e alla costruzione del paesaggio, custode del patrimonio culturale e infine difensore della biodiversità. La Regione Lombardia si impegna con il PTPR (art. 34 - Politiche per la tutela del paesaggio agrario) a un riorientamento delle politiche agricole comunitarie che promuova un’agricoltura più compatibile. Inoltre in relazione agli effetti negativi indotti dalle pratiche monocolturali e dall’abbandono delle terre marginali, la Regione si impegna a definire con le associazioni degli agricoltori forme di convenzione su base volontaria, volte a tutelare localmente specifici aspetti del paesaggio agrario tradizionale nonché a promuoverne la conoscenza da parte delle giovani generazioni. A sua volta il Documento strategico per il Piano Territoriale Regionale (2005) dà ampio spazio alle opportunità offerte dalla nuova PAC, oltre che per la realizzazione degli interventi di mitigazione dei nuovi corridoi infrastrutturali, per l’attuazione dei corridoi ecologici previsti dai progetti di rete ecologica regionale e provinciale e per attività e servizi connessi alla riqualificazione paesistico-ambientale, prevedendo il coinvolgimento diretto degli agricoltori. Questa integrazione tra politiche agricole e politiche di gestione dello sviluppo territoriale è stata applicata, per esempio, attaverso l’estensione del principio perequativo alle aree agricole, nel Masterplan della Certosa di Pavia (2004) e nel PGT di Monza (2005) che prevedono convenzioni decennali con gli agricoltori, per la realizzazione e il mantenimento di opere di riqualificazione paesistico-ambientale, le cui risorse derivano dagli oneri di urbanizzazione in quanto gli obiettivi conseguiti rappresentano un fondamentale contributo alla riqualificazione complessiva del sistema insediativo.

4.3 Nuovi strumenti per il contenimento del consumo di suolo L’attuale adeguamento del PTCP alla LR 12/05, rappresenta già un primo utile strumento indirizzato al contenimento del consumo di suolo, poiché esso pone al centro della riflessione e delle sue scelte proprio il tema dell’uso e del consumo di suolo. Secondo il Piano, il futuro sviluppo urbanistico locale dovrà innanzitutto, essere indirizzato verso la concentrazione degli insediamenti lungo le linee di forza del trasporto pubblico su ferro, porre un freno alla dispersione urbana, che genera consumo di territorio e congestione veicolare, e dare priorità alla densificazione della città a favore degli spazi verdi, al riuso delle aree ex industriali, ma anche alla salvaguardia degli spazi aperti e al potenziamento e messa in rete del sistema dei PLIS. Ma, forse, tutto ciò non può essere sufficiente, fintanto che nel nostro ordinamento, a fianco di normative settoriali (dissesto idrogeologico, paesaggio, aree protette e altre) non esisterà uno specifico “statuto” dei suoli, che non sono oggi considerati risorsa naturale limitata e come tale da

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sottoporre ad una disciplina che ne preveda la conservazione. Appare quindi decisamente opportuno definire una precisa normativa di contenimento del consumo di suolo, analoga a quella già presente in diversi paesi europei, che garantisca alcune scelte preliminari, ma molto concrete, peraltro già operative nelle migliori esperienze di pianificazione, come l’arresto della diffusione insediativa e l’uso o il riuso a fini insediativi di aree già urbanizzate o degradate piuttosto che una ulteriore occupazione di suolo extraurbano. Anche per sostenere questa proposta di anticipazione della riforma, l’INU ha avviato, in collaborazione con Legambiente, la formazione di un Osservatorio Nazionale sul Consumo di Suolo (ONCS) con l‘obiettivo di produrre, innanzitutto, dati affidabili, al fine di supportare le politiche di governo del territorio, locali e non, ad assumere un atteggiamento di limitazione effettiva dei consumi di suolo ed una normativa conseguente. È dunque dall’interesse e dalla ricerca sviluppata dal DIAP-Politecnico di Milano e dal rilievo che INU e Legambiente stanno riservando al tema, che nasce l’Osservatorio. Il suo primo obiettivo è raccogliere dati e definire metodi di analisi e valutazione (in parte già accertati in letteratura), raccogliere esperienze virtuose in Italia e all’estero (in altri paesi sono già fissati concreti limiti al consumo di suolo) e riferire tutto in un rapporto annuale sui consumi di suolo. L’Osservatorio si rivolge e desidera coinvolgere tutti i livelli amministrativi territoriali inizialmente raccogliendo i dati che servono, per ampliare l’attività di monitoraggio. Nei primi mesi del 2009 l’Osservatorio dovrebbe pubblicare il primo rapporto nazionale sui consumi di suolo. A livello regionale un ruolo potenzialmente decisivo può essere affidato ad ARPA Lombardia, la quale svolge per sua missione attività di supporto grazie ad una progressiva evoluzione ed un affinamento di strumenti e tecniche di analisi e monitoraggio. Le principali applicazioni possono essere considerate il monitoraggio tempestivo dell’espansione delle aree urbanizzate ed i principali mutamenti nel territorio agrario e delle aree naturali, fornire statistiche aggiornate di copertura del suolo, stimare le superfici impermeabilizzate ed i coefficienti di infiltrazione e la loro variazione nel tempo, ecc. I tentativi messi in atto al fine di controllare il consumo smisurato del suolo mettono in evidenza come non sia possibile gestire ciò che non si riesce a misurare in modo oggettivo. A confermare tali affermazioni corre in aiuto l’istituzione, da parte della Provincia di Torino, dell’Osservatorio sulle trasformazioni territoriali e demografiche della Provincia di Torino (2002) volto ad una maggiore attenzione ed un controllo diretto sul proprio territorio. Il progetto ha come obiettivo l’impianto di un sistema per il monitoraggio del consumo dei suoli e la realizzazione di un primo bilancio della trasformazione del suolo nella provincia di Torino indispensabile per valutare la eco-sostenibilità delle politiche territoriali condotte dai diversi enti. Il sistema informativo che si produrrà attraverso il monitoraggio costante risulterà indispensabile alla valutazione e all’aggiornamento del Piano

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Territoriale di Coordinamento, alla formazione di bilanci di compatibilità ambientale di interventi, alla redazione di relazioni sullo stato dell’ambiente. La necessità di principi, di ordinamenti legislativi dell’assunzione di comportamenti virtuosi sembra essere la base di partenza per contrastare il problema in esame. Ciò è fattibile assumendo impegni a livello locale (all’interno dei PGT e della VAS) per poi verificare come le politiche avanzate ed attuate nei Paesi europei siano applicabili, anche con eventuali modificazioni, al caso italiano ed, in particolare a quello della regione urbana milanese. Ma l’aspetto che più sembra mancare all’interno di questi tentativi di affrontare la questione risulta essere la mancanza oggettiva di un elemento normativo o pianificatorio che faccia da corona alle proposte fino ad oggi giunte. Nell’ottica di avviare una prima serie di azioni per fronteggiare il fenomeno del consumo di suolo, appare fondamentale l’attivazione di strumenti in grado di avviare un processo di inversione della tendenza anche attraverso meccanismi, non solo di difesa passiva, ma, soprattutto, di salvaguardia attiva che, oltre a disincentivare il consumo di suolo, possano generare risorse per una gestione sostenibile del territorio. Per raggiungere l’obiettivo della tutela dei suoli lo strumento della “compensazione ecologica preventiva” prevede di vincolare ogni trasformazione

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territoriale alla realizzazione di interventi di riqualificazione del territorio, decisivi per definirne l’abitabilità e la vivibilità, attraverso azioni di costruzione dell’ambiente e del paesaggio negli spazi aperti, evitando, allo stesso tempo, che il territorio diventi un deposito confuso di manufatti edilizi spesso sottoutilizzati e abbandonati e che i livelli di urbanizzazione di alcuni ambiti possano raggiungere livelli non più sostenibili. Lo strumento della compensazione ecologica preventiva si fonda sull’assunto che ogni trasformazione d’uso da naturale o agricola ad artificiale, ovvero la copertura permanente del suolo, deve responsabilizzarsi nei confronti dell’ambiente e, pertanto, si deve accompagnare ad un processo di valutazione dell’effettiva necessità e della sostenibilità dell’intervento, allo scopo di mettere in atto preventivamente tutte le azioni possibili per ridurre gli effetti ambientali derivati. In ogni caso, qualunque trasformazione porta con sé una pur minima sottrazione di spazi e di risorse naturali che determinano la necessità di introdurre una serie di contropartite, a carico del trasformatore, capaci di fornire in un intorno territoriale definito (tendenzialmente nello stesso comune) un credito ecologico, che ha lo scopo di “compensare” e “riparare” quella sottrazione ambientale a carico del territorio. È evidente, però, che, poiché la perdita di spazio non è in sé compensabile, occorre un cambiamento di prospettiva, basato su una visione transdisciplinare, che permetta di chiarire che le funzioni del suolo sono nella maggior parte dei casi effettivamente ripristinabili, entro ragionevoli limiti, con azioni compensative, che tengano conto non più solo delle caratteristiche geometriche (spazio territoriale), ma anche delle differenti categorie funzionali, proprie della definizione della scienza del suolo (il suolo come risorsa naturale limitata e insieme di funzioni connaturate alla vita terrestre). Solo l’introduzione di uno “statuto dei suoli” è in grado di far loro assumere un ruolo attivo negli strumenti di contenimento del consumo di suolo. La proposta è quella di aprire una nuova strada che non vuole essere negativa, basata su divieti e vincoli, ma vuole indirizzare le trasformazioni verso l’utilizzo di aree già compromesse e subordinare la trasformazione responsabile delle aree a un processo di pre-valutazione della reale necessità e della virtuosità ambientale della trasformazione e condizionando comunque questa a rilasciare altrove un’area da equipaggiare ecologicamente. Secondo Paolo Pileri, “la compensazione ecologica preventiva diviene tassello vitale che rende operativamente possibile il gioco a somma positiva per l’ambiente20”. Egli non disgiunge volontariamente il termine di “compensazione” da quello di “preventiva”, in quanto “l’anticipazione è il fattore chiave che non solo ne acclara la credibilità all’interno di un percorso nuovo, ma che chiaramente definisce le priorità all’interno dell’idea di sviluppo21”. Tenendo conto che occorre agire in modo responsabile per porre un freno decisivo ai consumi di suolo, la proposta di “Statuto dei suoli” definisce una

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Pileri, Paolo - Compensazione ecologica preventiva, Carocci, Roma 2007 Idem.

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serie di principi per tutelare il delicato equilibrio tra ciò che una trasformazione toglie all’ambiente e ciò che una trasformazione può dare alla natura e al paesaggio, principi che puntano a spingere l’urbanizzazione verso l’uso di aree già compromesse e l’adozione di elevati standard ecologici ed edilizi e a scoraggiare l’urbanizzazione di aree libere. Non si può pensare che, presa in totale autonomia, la compensazione ecologica preventiva garantisca da sola il buon governo del territorio, ma questo strumento appare in grado di creare “responsabilità” innanzitutto attraverso un ribaltamento degli abituali schemi di intervento, secondo concrete vie di impegno sociale e ambientale, adatte alla nostra dimensione decisionale e politica, e, soprattutto, fornisce un interessante dispositivo, regolativo e di indirizzo, valorizzabile dai singoli strumenti di governo del territorio. STATUTO DEI SUOLI Art. 1 – Il suolo è una risorsa strategica che va preservata Il suolo libero costituisce una risorsa non rinnovabile per l’uomo, la società, la natura e l’ambiente: come pausa spazio di rallentamento e silenzio, come natura fruibile e abitabile, come spazio di complessità ecologica, come presupposto della produzione agricola e al relativo servizio ecologico. Il suolo va preservato e occupato con usi non reversibili solo se e quando necessario. Occorre ridurre i consumi della risorsa suolo. La necessità di ogni uso trasformativo del suolo (nuova occupazione o sostituzione di occupazione già esistente) deve essere oggetto di un iter di valutazione al fine di evitare la facile e non sostenibile sottrazione di spazio e funzioni alla natura e alle risorse ecologiche ed ambientali in generale e la perdita di risorse biologiche esistenti o che potenzialmente si insedierebbero. Il consumo del suolo, in qualunque forma e copertura esso si presenti, o la sua alterazione da parte di un’attività antropica rappresenta dunque una forma di danno all’ambiente e all’ecosistema in quanto modifica l’assetto e le condizioni originarie dell’ambiente. L’entità del danno dipende da diversi fattori (che saranno oggetto di successiva specificazione e metodologia di valutazione) tra cui lo stato delle coperture attuali, la qualità dei suoli, la strategicità rispetto al disegno ecologico territoriale, etc. Tale danno ambientale non è mai totalmente eliminabile e va evitato, ridotto, mitigato e, in ogni caso, controbilanciato con un’opportuna compensazione ecologica (art. 4) al fine di riprodurre altrove le condizioni e le funzioni ecologiche perse o non sviluppate. Art. 2 - Affermazione dei principi ‘no unless’ (nulla a meno che), ‘no net loss’ (nessuna perdita secca). La formazione della natura Il suolo libero costituisce un bene comune e irrinunciabile per la comunità, pertanto l’interesse generale alla sua salvaguardia accompagna ed anticipa ogni motivazione particolare volta ad operarne la trasformazione. I principi internazionali ‘no unless’ (nulla a meno che) e ‘no net loss’ (nessuna perdita secca, che potrebbe anche specializzarsi in ‘no net loss of ecological values’) integrano i principi di sostenibilità ai quali oggi si ispirano le diverse legislazioni in materia di governo del territorio e dell’ambiente. Inoltre non è pensabile un governo del territorio che si impegna solo a conservare la natura e le risorse naturali, ma occorre un impegno, concreto e fattibile, a formare nuova natura e nuove risorse. Art. 3 - Il bilancio ecologico locale non va peggiorato Ogni livello amministrativo (comune, provincia, comunità montana, parco, regione,

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etc.) che gestisce un territorio attraverso gli strumenti di governo previsti deve provvedere a stilare un proprio bilancio ecologico da cui emerge il grado di naturalità e lo stato delle risorse naturali caratterizzanti il territorio. Tale bilancio, locale, non può essere peggiorato neppure provvisoriamente. Ogni forma di trasformazione e uso del suolo non può generare alterazioni negative del bilancio ecologico locale. È a carico del soggetto pubblico titolare dello strumento di governo del territorio definire le modalità di regolazione e di gestione di tale bilancio ecologico. Art. 4 - compensazione ecologica preventiva Poiché ogni uso del suolo produce un, pur minimo, impatto ecologico ed ambientale mai completamente eliminabile, occorre che il titolare, pubblico o privato, di ogni trasformazione compensi gli impatti residuali generando nuovo valore ecologico e ambientale, ovvero, formi nuova natura. La progettazione e la realizzazione degli interventi di compensazione ecologica devono essere concordati con il titolare degli strumenti di governo del territorio e asseverati da un garante terzo, esterno, competente in materia. La compensazione ecologica deve essere realizzata all’esterno delle aree trasformate, ma all’interno del comune. La compensazione ecologica comprende due contributi: 1. la cessione di aree (anche scollegate da quelle oggetto di intervento) e 2. il loro equipaggiamento naturale/ecologico. L’ottenimento del titolo costruttivo (permesso di costruire o similari) è condizionato alla corresponsione di entrambi i contributi che non possono essere oggetto di monetizzazione. Le aree cedute a titolo compensativo vengono acquisite alla pubblica proprietà e sono vincolate alla non edificabilità. Al fine di garantire di i) non peggiorare il bilancio ecologico locale e ii) realizzare effettivamente i contributi ecologici richiesti, le aree per la compensazione ecologica devono essere fornite e cedute al soggetto pubblico prima del rilascio del permesso di costruire e le opere di compensazione ecologica devono essere avviate prima delle opere di trasformazione e uso del suolo. In tal senso si parla di compensazione ecologica preventiva. Cessione di aree e equipaggiamento ecologico a carico del titolare della trasformazione si configurano come onere ecologico all’urbanizzazione. Art. 5 - Verifica preventiva della disponibilità di aree urbane già edificate e urbanizzate Le nuove esigenze di edificazione dovranno dirigersi prioritariamente verso il riuso delle aree urbane (non agricole e non libere) non più utilizzate o sottoutilizzate. Prima di trasformare un’area libera (pubblica o privata; per usi pubblici o privati e/o per interesse pubblico) occorre verificare, a livello locale, che non vi siano aree urbanizzate abbandonate o non più utilizzate e che potrebbero essere trasformate al limite senza produrre un danno ambientale a differenza di quello producibile con la trasformazione di un’area libera. Pertanto nel caso in cui l’attività edilizia coinvolga aree già edificate ed urbanizzate e si realizzi secondo i criteri dell’art. 7, la compensazione ecologica preventiva non è dovuta. Art. 6 - Depositi verdi Al fine di garantire possibilità e condizioni eque al diritto di trasformare il territorio, i comuni e le altre amministrazioni competenti per territorio possono individuare delle aree pubbliche, a basso valore ecologico, che possono essere oggetto di miglioramento ambientale ed ecologico. Tali aree sono individuate dal soggetto pubblico in base ad un disegno ecologico e alle esigenze di miglioramento paesisticoambientale ed ecologico del territorio e vanno a costituire il cosiddetto ‘deposito

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verde locale’. Nel caso in cui il richiedente titolo costruttivo si trovi nella condizione (da accertare) di non avere aree da cedere, potrà allora figurativamente acquistare un’area del deposito verde versando il corrispettivo all’amministrazione pubblica locale e farsi carico delle opere di equipaggiamento/miglioramento ecologico in accordo con il soggetto pubblico locale. Il soggetto pubblico può, in mancanza di aree, stipulare con gli agricoltori degli accordi d’uso delle aree agricole al fine di aumentarne la dotazione ecologica permanente. Gli agricoltori riceveranno i contributi della compensazione ecologica preventiva che, in ogni caso, devono prevedere i corrispettivi per le voci 1) e 2) dell’art. 4. Art. 7 - Insediamenti ed edilizia ecocompatibili Quando ineludibili e dopo aver passato le fasi di valutazione opportune, le nuove urbanizzazioni e la nuova edilizia dovranno comunque rispondere a criteri di ecocompatibilità, di basso impatto ambientale e di uso parsimonioso delle risorse energetiche e idriche. La prestazione ambientale dei nuovi insediamenti e delle nuove attività edilizie potranno essere assimilate a forme di mitigazione ambientale generando così una diminuzione del danno ambientale da riparare con la compensazione. Non escludendosi comunque anche in tale attività edilizia una trasformazione di suolo libero, una quota di compensazione ecologica rimarrà sempre non eliminabile. Art. 8 - Registro dei suoli È istituito il registro dei suoli presso ogni comune. Il registro dei suoli fornisce informazioni costantemente aggiornate sull’uso del suolo e sulle superfici urbanizzate, utilizzando una procedura valutativa da definire, trasferisce le informazioni agli altri livelli amministrativi.

4.4 Appunti per un contributo propositivo per la tutela dei suoli Le più recenti dinamiche di sviluppo dell’area milanese si basano su nuove forme di insediamento, secondo complessi rapporti fra mercato fondiario, accessibilità, domanda abitativa delle famiglie, propensioni localizzative delle imprese, organizzazione dell’offerta edilizia e politiche urbanistiche locali, scontando la mancanza di una pianificazione territoriale capace di ancorare le trasformazioni dei differenti ambiti ad un disegno strategico di sviluppo dell’area metropolitana nel suo complesso. Se il consumo di suolo è un concetto relativamente nuovo nella nostra cultura, va comunque detto che molti degli strumenti che si stanno affermando come risposta al problema sono quelli storici dell’urbanistica tradizionale e della tutela/progettazione del paesaggio: una efficiente organizzazione urbana e infrastrutturale, un rapporto equilibrato fra uso di tecnologie innovative e strutture e spazi preesistenti, un approccio complesso che tenga in conto non solo le questioni puntuali (l’abitazione, le linee di trasporto, la produzione, l’economia ecc.), ma anche il loro comporsi in una serie di comportamenti sociali che tendono a consumare sempre maggiori quantità di spazio. Nei confronti dell’attuale modello di sviluppo estensivo, caratterizzato da ritmi elevati di consumo di suolo extraurbano, una corretta programmazione potrà certamente ridurre le conflittualità e gli effetti negativi di dispersione insediativa, generazione di traffico, congestione delle infrastrutture, difficoltà

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nell’accessibilità dei servizi, ma non appare pensabile “programmare” una crescita illimitata nel tempo e nello spazio di un territorio, che non può più essere sfruttato essendo una risorsa limitata. Conoscenza e coscienza fra monitoraggio e contenimento del consumo di suolo Nel nostro ordinamento i suoli non sono considerati una risorsa naturale limitata e, pertanto, non sono sottoposti ad una disciplina specifica che ne preveda la conservazione e la valorizzazione, ma esistono solamente normative settoriali (idrogeologia, paesaggio, aree protette, ecc.). Il problema della riduzione del consumo di suolo è innanzitutto politico e culturale, nell’ottica di una cultura del territorio sempre più attenta ai valori del paesaggio, dell’ambiente risorse naturali e di un’agricoltura sostenibile e multifunzionale. Oggi, il concetto di suolo appare, però, una risorsa difficile da comunicare, non tanto per il mondo scientifico, quanto per la politica e il sentire comune, più sensibili ad altre tematiche ambientali, in particolare all’inquinamento. Per iniziare un percorso di questo genere, appare fondamentale l’avvio di un ampio e fecondo confronto tra istituzioni, attori sociali ed economici e società civile. Il primo passo è, pertanto, l’avvio di un dibattito sul tema della tutela dei suoli, che porti a individuare un sistema di regole finalizzato a ridurre lo spreco di suolo libero, a sostenere i bilanci degli enti locali con soluzioni diverse rispetto agli oneri di urbanizzazione, a introdurre principi di fiscalità ambientale ed efficaci forme di compensazione ecologica. Ovviamente, tutto ciò non può prescindere dalla conoscenza di dati omogenei sulle dimensioni del fenomeno e, quindi, sull’individuazione di metodologie per il monitoraggio/contenimento del consumo di suolo. In tal senso, appare di fondamentale importanza sollecitare l’introduzione di strumenti in grado di valutare il progressivo consumo di suolo, supportati da un apposito sistema informativo territoriale, oltre che da un efficace sistema di comunicazione. Se il sistema legislativo deve assumere il contenimento di consumo del suolo e, in prospettiva, il suo azzeramento come priorità del governo del territorio, la coscienza collettiva, deve prima divenire consapevole che il suolo deve essere valorizzato nel suo significato originario di risorsa. Infine, occorre sollecitare l’introduzione nelle Amministrazioni locali di obiettivi legati alla tutela della risorsa suolo e di parametri misurabili e quantificabili attraverso attività di monitoraggio, basate sull’introduzione di un indice uniforme del consumo di suolo, introduzione di un limite massimo di suolo urbanizzabile, calcolato in base allo stato di fatto, alla disponibilità di aree dismesse e vani sfitti, alla domanda effettiva di nuovi volumi, alla verifica degli impatti, dei costi ambientali invariabilmente connessi al consumo e alla frammentazione del territorio. Il suolo come risorsa strategica non rinnovabile Il suolo libero costituisce una risorsa non rinnovabile e, pertanto, deve essere utilizzato per usi non reversibili solo se e quando realmente necessario, in quanto ogni uso trasformativo del suolo rappresenta una forma di danno all’ambiente e all’ecosistema e dovrà, pertanto, essere oggetto di un iter di

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valutazione. L’entità del danno dipende da diversi fattori (che dovranno essere oggetto di specifica metodologia di valutazione) e non è mai totalmente eliminabile e va ridotto, mitigato e, soprattutto, compensato preventivamente, generando nuovo valore ecologico e ambientale. Attori in campo: quale ruolo? Alla tutela e al governo di un bene altamente diffuso come il suolo e di un sistema fondamentale come quello degli spazi aperti, non può che partecipare la totalità della popolazione; nonostante ciò, la conoscenza e, la percezione del suolo come valore da sostenere, stenta ad essere diffusa. I temi del consumo di suolo, dello sprawl e della diffusione urbana, che nella regione urbana milanese si manifestano con caratteri di estrema criticità, richiedono l’elaborazione di adeguate strategie e politiche, oltre che l’individuazione di specifiche forme e modelli di governance territoriale. Le problematiche legate al suolo non possono, però, essere risolte a scala locale, ma devono trovare la loro soluzione a un livello chiaramente più grande, come quella rappresentato dall’ambito provinciale, attraverso la costruzione di nuove forme di partenariato e di governo territoriale fra le città e le campagne. Il ruolo delle amministrazioni pubbliche (Provincia, Comuni ed Enti parco) deve essere innanzitutto rivolto all’individuazione e promozione di politiche comuni che coinvolgano tutti gli operatori in campo, definendo i limiti e le potenzialità d’uso e riuso in grado di tutelare e valorizzare la risorsa suolo. Questo tipo di approccio richiede una ridefinizione profonda della funzione dei soggetti pubblici, con la Provincia che, pur mantenendo un ruolo forte, sia in grado di gestire in modo efficace i conflitti sempre più frequenti fra parchi e interventi di trasformazione. Allo scopo, si può ipotizzare l’affacciarsi sulla scena istituzionale di strutture appositamente create per la gestione della risorsa suolo, sull’esempio delle “agenzie del verde” o “agenzie d’area” già ampiamente sperimentate nelle esperienze francesi e tedesche, che prevedano, in modo integrato con le prescrizioni normative, strumenti e modalità di gestione propri del processo socio-economico. Un nuovo modello per il governo del territorio metropolitano Alla luce delle recenti dinamiche di sviluppo dell’area milanese, avvenute sempre meno in attuazione del disegno predefinito nei piani locali, il governo del territorio metropolitano deve costruire uno sviluppo che deve necessariamente incaricarsi di formulare ipotesi (sia pure flessibili) sul futuro del territorio, soprattutto alla scala vasta. Risulta pertanto di grande interesse prefigurare un modello di sviluppo territoriale per l’area milanese, anche sulla base della valutazione degli scenari alternativi di crescita, di mutamento sociale e spaziale, basato sull’attuazione di politiche mirate e interventi strategici, in aree che abbiano le caratteristiche della minor compromissione ambientale e della maggior integrazione con le linee di forza e i punti intermodali del trasporto pubblico, evitando processi di polverizzazione insediativa, sostenuti da logiche prettamente immobiliari, e forme di competizione fra Comuni nella localizzazione delle funzioni

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maggiormente remunerative per i bilanci locali e da uno scenario di riferimento territoriale unitario. Contenimento della crescita urbana entro una “soglia compatibile“ La soglia di sostenibilità del 45% stabilita dal PTCP della Provincia di Milano è inferiore ai valori definiti dalla letteratura scientifica sul tema (55% oltre la quale i terreni non garantiscono più la rigenerazione ambientale), e costituisce indubbiamente un obiettivo impegnativo. Se da un lato, infatti, implica una prospettiva di progressiva diminuzione dell’offerta di nuovi suoli per usi urbani, con il rischio del manifestarsi di situazioni di rigidità dei mercati fondiari e immobiliari, dall’altro rappresenta anche un obiettivo possibile, che non può prescindere dalla valorizzazione delle potenzialità del sistema policentrico della regione urbana, con lo scopo di attenuare le pressioni insediative sul nucleo denso del capoluogo e la disincentivazione dei modelli insediativi ad alto consumo di suolo. La prospettiva strategica che assume come valore irrinunciabile per I’area metropolitana la persistenza degli spazi aperti deve basarsi sulla definizione di una soglia compatibile, entro la quale ricondurre nel futuro i processi di consumo di suolo e derivante dagli obiettivi delle politiche ambientali, territoriali e socio-economiche.

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Le aree protette, il progetto di Dorsale verde del nord Milano e le prospettive di integrazione degli spazi aperti per l’equilibrio del sistema metropolitano


Sviluppo policentrico e nuovo rapporto tra città e campagna Il modello di sviluppo policentrico previsto dalle politiche europee permetterà di evitare un’eccessiva concentrazione della popolazione e del potere economico, politico e finanziario in un’unica zona dinamica. Lo sviluppo di una struttura urbana relativamente decentrata permetterà, infatti, di valorizzare il potenziale dei diversi ambiti locali e quindi di ridurre le disparità attualmente presenti, grazie anche al miglioramento dei livelli di accessibilità, preservando, allo stesso tempo, quella straordinaria ricchezza, che è la rete dei piccoli insediamenti storici. L’attuazione di tale politica, dovrà concretizzarsi attraverso la promozione nei confronti di interventi strategici, in grado di attrarre la domanda insediativa e produrre effetti strutturanti sulla riorganizzazione complessiva del sistema insediativo, in aree che abbiano le caratteristiche di minor compromissione ambientale e, allo stesso tempo, di maggior integrazione con le linee di forza e i punti intermodali del trasporto pubblico. In questo quadro, la riscoperta della multifunzionalità di un’agricoltura orientata alla qualità (prodotti locali, fruizione turistico-culturale, agriturismo, valorizzazione del patrimonio storicoarchitettonico e dei paesaggi, impiego di energie rinnovabili) e lo sviluppo di attività connesse alle nuove tecnologie dell’informazione permetteranno alle zone rurali di sfruttare in maniera ottimale il loro potenziale di sviluppo. Una struttura insediativa compatta Un prerequisito rilevante per un uso sostenibile ed efficiente delle risorse, come affermato dalla Carta di Lipsia, è una struttura insediativa compatta, che può essere realizzata attraverso una buona pianificazione urbanistica e territoriale, prevenendo la dispersione insediativa attraverso la programmazione dell’offerta di suolo e dello sviluppo insediativo. In questo senso si muove la proposta di adeguamento del PTCP della Provincia di Milano, che prevede (macro-obiettivo 04, art. 2) il contenimento del consumo e la razionalizzazione dell’uso del suolo attraverso il recupero delle aree dismesse e/o degradate, il completamento prioritario delle aree libere intercluse e in genere di quelle comprese nel tessuto urbano consolidato, la compattazione e densificazione della forma urbana, con eventuale ridefinizione dei margini urbani e con la localizzazione dell’eventuale espansione in adiacenza al tessuto urbano consolidato e su aree di minor valore agricolo e ambientale, la massima limitazione dei processi di saldatura tra diversi centri edificati. Inoltre, l’orientamento delle previsioni di sviluppo insediativo dovrà indirizzarsi verso la sostenibilità delle condizioni di mobilità e il potenziamento e la razionalizzazione del sistema dei servizi, in particolare nei comuni polo attrattore, anche in rapporto all’accessibilità, alla qualità e alla fruibilità degli interventi proposti. Recupero delle aree dismesse Nell’ottica di una struttura insediativa compatta e di evitare nuovi consumi di suolo non necessari, il completamento prioritario delle aree libere intercluse

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e, soprattutto, il recupero delle aree dismesse, divengono un obiettivo prioritario, che il PTCP assume come uno dei principi che dovrà indirizzare lo sviluppo urbanistico locale e a cui, in anni recenti, è corrisposto l’avvio di numerosi interventi di recupero delle grandi aree dismesse, con un risveglio della progettualità. L’integrazione degli spazi aperti per l’equilibrio del sistema metropolitano: la Dorsale verde nord Milano Il disegno del sistema delle aree protette, compreso fra le due “spalle” costituite dai parchi regionali fluviali della Valle del Ticino e della Valle dell’Adda, definito verso le propaggini collinari briantee dai parchi delle Groane e del Lambro, e chiuso nell’arco meridionale dal Parco Sud, conferma la necessità di completare la “cintura verde” del territorio densamente urbanizzato del nord Milano, attraverso la messa a sistema degli spazi aperti, siano essi appartenenti ad ambiti agricoli strutturati, ad aree di valenza ambientale-naturalistica o a spazi urbani attrezzati a “verde”. Si tratta di ambiti, in particolare il Vimercatese e il Castanese-Magentino, in cui operano diversi PLIS, ma che sono oggi investiti dalle più recenti dinamiche di sviluppo sovralocale, evidenziando condizioni di particolare vulnerabilità, che necessitano di attente valutazioni soprattutto in relazione alla difesa del territorio agricolo residuo, alla questione del ridisegno delle frange urbane e alle non infrequenti aggressioni dei margini dei territori vincolati da parte di nuove espansioni. I punti di forza di queste politiche degli spazi aperti devono ricercarsi, principalmente, nell’individuazione di una “rete ecologica” che metta in comunicazione le aree protette tra di loro e con gli spazi urbani attrezzati a “verde” dalle singole comunità locali. Il significato di tale rete appare rilevante anche sotto il profilo insediativo e il suo progetto dovrà mettere in luce le molteplici opportunità per interventi di qualificazione, coordinando iniziative degli enti gestori dei parchi e dei Comuni, per i quali la rete ecologica, insieme ai PLIS, può rappresentare un ambito nel quale convogliare prioritariamente capacità progettuali e concreti interventi. Il recente progetto di Dorsale verde del nord Milano, elaborato dall’Amministrazione provinciale, si propone di mettere in relazione e ricondurre a sistema le diverse opportunità di carattere paesistico-ambientale presenti sul territorio, con l’intento di creare una reale connessione orizzontale fra i diversi ambiti territoriali e istituire una serie di legami fra i suoi parchi, in particolare i PLIS, che rappresentano una risorsa importante per trasformare quello che oggi è un insieme di isole verdi disseminate nel nord Milano in una vera e propria rete interconnessa di aree protette. Più in generale gli obiettivi perseguiti dal progetto sono: collegare e ampliare i parchi esistenti e includere i territori agricoli non compresi in essi; istituire una contiguità spaziale che favorisca lo scambio e l’interconnessione fra le diverse ecologie; rafforzare i corridoi orizzontali al fine di controbilanciare l’andamento nord-

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sud dei parchi, in un ambito dove le conurbazioni lineari sono ormai segnate da evidenti fenomeni di saldatura; garantire un’adeguata compensazione ambientale lungo i nuovi tracciati ferroviari e autostradali, fra i quali quello della Pedemontana, evitando al tempo stesso nuovi insediamenti che sfruttano la straordinaria accessibilità generata. Le strutture urbane e gli spazi aperti di contesto Gli spazi aperti della regione urbana milanese, nei quali spesso la conduzione agricola è cessata o è residuale, sono a rischio di urbanizzazione incontrollata. In particolare gli spazi liberi del settore settentrionale della provincia, in assenza di logiche di pianificazione unitaria, risultano ulteriormente frammentati dalla presenza delle grandi infrastrutture di mobilità, mentre con la scomparsa dell’attività agricola, essi non sono più in grado di costituire paesaggio di contesto alle città. Solamente interventi di totale ricostruzione paesaggistica e ambientale, affidati a programmi concordati tra le amministrazioni locali (come i PLIS), la realizzazione della rete ecologica attraverso un progetto di scala provinciale, la riscoperta della multifunzionalità dell’agricoltura, un adeguato utilizzo delle opere di mitigazione e compensazione derivanti da nuove infrastrutture o da potenziamenti di quelle esistenti, appaiono oggi in grado di incidere in modo

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significativo sui paesaggi esistenti. Appare indispensabile agire non solo sulle quantità dell’offerta insediativa, ma anche sulla sua distribuzione spaziale e qualità, con I’intento di evitare che I’aggiunta di quote marginali di crescita urbana abbia effetti diffusivi e destrutturanti sulle varie parti del sistema insediativo, con il conseguente aggravamento dei costi ambientali e infrastrutturali, in particolare per quanto riguarda la ricomposizionerisoluzione delle frange dell’urbanizzazione. D’altra parte è proprio sulla condivisione di progetti sugli spazi aperti che si fondano le prospettive di miglioramento della qualità ambientale complessiva della regione urbana, della conservazione delle identità locali, della soluzione dei problemi posti dai margini e dalle frange urbane. Gli spazi aperti sono infatti in grado di accogliere la costruzione di ambienti di valore paesaggistico ed efficienti da un punto di vista ecologico, ma anche di agire in modo significativo sui tessuti urbanizzati circostanti. In particolare negli ambiti della pianura asciutta appare evidente l’urgenza di azioni progettuali coordinate in grado di evitare pericolose saldature dei tessuti urbani contigui, sfruttando le opportunità offerte dai PLIS e dai finanziamenti dell’Amministrazione provinciale per i progetti locali. La riforma dei grandi spazi aperti residui all’interno della regione urbana milanese appare come una delle politiche territoriali più rilevanti per recuperare buoni livelli di abitabilità e di vivibilità in una regione che, soprattutto nella sua porzione settentrionale risulta fortemente urbanizzata, con una qualità paesaggistica non sufficientemente valorizzata, ma che presenta tutta una serie di spazi aperti interclusi di valore, legati alla presenza di corsi d’acqua, aree boscate, ambiti agricoli residuali. Nuove strade: risposta ai problemi di mobilità, o parte del problema? L´aumento del consumo di suolo determina una continua richiesta di infrastrutture ed elevatissimi costi, in un territorio fortemente antropizzato e frammentato com’è quello lombardo, costituendo una continua minaccia per il territorio. Tuttavia, pur non potendo conseguire da sole gli obiettivi della coesione economica e sociale, le infrastrutture dei trasporti e delle telecomunicazioni costituiscono senza dubbio strumenti importantissimi che permettono l’interconnessione tra i territori, in particolare tra le zone centrali e quelle periferiche e tra i centri urbani e la provincia. Occorre, tuttavia, affrontare in maniera integrata le pressioni esercitate sull’ambiente dalla crescente mobilità, dal congestionamento del traffico e dall’occupazione dei suoli, attraverso una politica adeguata di sviluppo territoriale (trasporto pubblico, intermodalità, condivisione di infrastrutture, ecc.). Se quello di muoversi rappresenta un fondamentale diritto delle popolazioni, tale diritto non deve esercitarsi sempre e comunque con l’autovettura privata, ma occorre salvaguardare i diritti di ciclisti, pedoni, utenti del trasporto pubblico, nell’ottica di una mobilità realmente sostenibile, basata sulla promozione di modelli di trasporto integrati, che favoriscano l’equivalenza di accesso alle infrastrutture e alle conoscenze nell’intero territorio metropolitano: trasporto su ferro di passeggeri e merci, logistica intermodale e ciclabilità, soprattutto in ambito urbano.

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Il territorio tra infrastrutture e urbanistica contrattata La produzione normativa recente, a fianco di spazi per procedure di pianificazione locale più partecipata, ha istituzionalizzato la contrattazione di aree e destinazioni, ma la contropartita ambientale e territoriale rischia di veder decrescere il proprio peso relativo, poiché non sono stati sviluppati adeguati meccanismi di compensazione ecologica, necessari ad arginare i consumi inflattivi di suoli e di paesaggi. La VAS, strumento per verificare la sostenibilità delle scelte di pianificazione territoriale, deve essere potenziata nella misura in cui al suolo non viene riconosciuto lo status che gli compete: la perdita o la compromissione di suolo non è, di fatto, contabilizzata come un danno ambientale connesso alle trasformazioni, se non per via indiretta. Estendere lo strumento della compensazione ecologica preventiva Fra le proposte per raggiungere l’obiettivo della tutela dei suoli, la “compensazione ecologica preventiva” rappresenta uno degli strumenti, insieme a quelli della perequazione e della incentivazione, dalle maggiori possibilità, ma che più necessitano di precisazione, estensione e finalizzazione. Avviare efficaci politiche per la casa Nell’ottica di un modello di sviluppo policentrico, assume grande importanza l’avvio di efficaci politiche per la casa (housing sociale) a favore delle fasce più deboli e per i giovani, sfuggendo al cliché secondo cui le abitazioni economiche e popolari si trovano in ambiti periferici, particolarmente critici per quanto riguarda i collegamenti e la dotazione di servizi, secondo logiche esclusivamente speculative. Le opportunità della perequazione territoriale La perequazione territoriale costituisce oggi un’importante opportunità studiata, in particolare per quanto concerne la condivisione a livello sovracomunale di scelte insediative e infrastrutturali, proponendosi di compensare i maggiori costi sostenuti o i mancati ricavi derivati a taluni Comuni in conseguenza di tali scelte mediante una parziale condivisione delle maggiori entrate ottenute da altri Enti locali. La perequazione consente di aumentare la progettualità dell’ente pubblico nel disegno del territorio, il compattamento degli insediamenti, sia nelle espansioni esterne che nelle trasformazioni della città costruita e il disegno della città attraverso l’utilizzo dei plusvalori generati dalla trasformazione della città privata. A queste opportunità, si contrappone, innanzitutto, il rischio per la perequazione di tutelare i diritti edificatori, anche a fronte di fabbisogni inesistenti e di contesti già compromessi, senza un approccio che si incarichi di coordinare e integrare politiche urbanistiche e paesaggistiche. Inoltre, in mancanza di un disegno territoriale di riferimento, i Comuni rischiano di trovarsi con un mosaico di aree acquisite di limitate dimensioni, che risultano difficili da utilizzare in modo proficuo.

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La riforma della fiscalità locale Il problema del consumo di suolo non può essere trattato a prescindere dalle questioni legate alla fiscalità, alla crisi della finanza pubblica e di quella locale in particolare, con i Comuni che fanno quadrare i loro bilanci con oneri di urbanizzazione, contributi di costruzione e imposte sugli immobili. Le politiche urbanistico-territoriali integrate possono rappresentare un formidabile strumento di fiscalità locale per attuare politiche redistributive, ma solo a patto che si operi in un contesto concorrenziale e paritetico, guidato da una forte impronta pubblica, in cui sia chiaro e condiviso lo scenario territoriale di riferimento e che sostenga quei Comuni che, attivamente impegnati nel risparmio di suolo, rinunciano a entrate fiscali sicure, incentivando, invece, la riqualificazione e il riuso. Diventa allora importante sollecitare l’introduzione di adeguati oneri fiscali, come strumento di contrasto al consumo di suolo e ridurre la dipendenza finanziaria delle entrate comunali dai proventi derivanti dalle trasformazione del territorio, sostituendoli con strumenti di fiscalità ambientale locale. In particolare, ogni trasformazione permanente dovrebbe essere compensata attraverso adeguati oneri fiscali e la “costruzione”, preventiva, di nuova natura. Allo stesso tempo i processi insediativi dovrebbero fare riferimento a uno scenario territoriale unitario, non più sostenuto principalmente da logiche prettamente immobiliari, svincolate da un comprovato fabbisogno, evitando dannose forme di competizione fra Amministrazioni comunali nella localizzazione delle funzioni maggiormente remunerative.

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INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE Le indicazioni bibliografiche privilegiano le opere di carattere generale e costituiscono, pur nella loro parzialità, un orientamento alla letteratura sul tema del consumo di suolo nella configurazione del territorio metropolitano e le metodologie per il suo monitoraggio e contenimento. AA.VV. - L’Italia delle città, tra malessere e trasfigurazione, Società geografica italiana, Roma 2008 Barberis, Renzo – Consumo di suolo e qualità dei suoli urbani, in 2° Rapporto annuale sulla qualità dell’ambiente urbano, APAT, Roma 2005 Bundesministerium für Verkehr, Bau und Stadtenwicklung - Leipzig Charter on Sustainable European Cities, Leipzig 2007 Camagni, Roberto (a cura di) - La pianificazione sostenibile delle aree periurbane, Il Mulino, Bologna 1999 Camagni, Roberto - L’Unione Europea e le città: linee guida per l’area metropolitana milanese, Territorio, n° 42, 2007, pp. 45-49 Camagni, Roberto - Gibelli, Maria Cristina - Rigamonti, Paolo – I costi collettivi della città dispersa, Alinea, Firenze 2002 Centro Studi PIM - Il sistema dei servizi di livello sovralocale nella provincia di Milano, Quaderno del PTC della Provincia di Milano, n° 26, Alinea, Firenze 2008 Centro Studi PIM - Usi e consumi di suolo nell’area metropolitana milanese, Milano 1991 Centro Studi PIM - Valorizzazione forestale, verde urbano e insediamenti sostenibili integrati nelle fasce periurbane milanesi, Milano 2007 Centro Studi Piano Intercomunale Milanese - Istituto di Geografia Umana dell’Università degli Studi di Milano (a cura di) - Progetto Milano. Trasformazioni territoriali e organizzazione urbana, Franco Angeli, Milano 1989 CRESME Ricerche - Gli scenari della domanda residenziale nella provincia di Milano 2006-2015, Quaderno del PTC della Provincia di Milano, n° 25, Alinea, Firenze 2006 ESPON - ESPON Atlas. Mapping the structure of the European territory, Bonn 2006


European Environment Agency – La sovraccrescita urbana in Europa, EEA Briefing n° 4, 2006 Frisch, Georg Josef - 30 ha al giorno. Le politiche di contenimento delle aree urbane in Germania, www.eddyburg.it, 2005 Gibelli, Maria Cristina – Salzano, Edoardo (a cura di) - No Sprawl, Alinea, Firenze 2006. Joint Research Centre - European Environment Agency – Towards an urban atlas. Assesment of spatial data on 25 european cities and urban areas, EEA Report, n° 30, 2002 Joint Research Centre - European Environment Agency - Urban Sprawl in Europe. The ignored Challenge, EEA Report, n° 10, 2006 Mioni, Alberto - Tarulli, Elio - Usi e consumi di suolo urbanizzato in Lombardia, IReR, Milano 1983 Pileri, Paolo – Compensazione ecologica preventiva, Carocci, Roma 2007 Pileri, Paolo – Il verde oltre i parchi. Le opportunità della compensazione preventiva, in Territorio, n° 37, 2006, pp. 132-138 Pileri, Paolo – Servono correzioni di rotta. I consumi di suolo crescono e la natura indietreggia. Il punto della Lombardia, in Territorio, n° 44, 2008, pp. 98-108 Provincia di Milano, Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, proposta di adeguamento, maggio 2008 Reho, Matelda – Santacroce, Paolo (a cura di) - I consumi di suolo: metodi ed esperienze di analisi, Franco Angeli, Milano 1990


Collana Quaderni del Piano Territoriale Quaderno n. 1,

Prime indicazioni sul Piano Territoriale di Coordinamento, Atti del convegno “Le grandi infrastrutture per l’area milanese nel quadro politico italiano ed europeo”.

Quaderno n. 2,

primo schema Generale di PTCP, dicembre 1997 (stampato in proprio dalla Provincia di Milano).

Quaderno n. 3,

a cura di luca Marescotti, Beni architettonici ambientali: dalle indagini alla pianificazione territoriale provinciale.

Quaderno n. 4,

di Sergio Malcevschi, La rete ecologica della provincia di Milano.

Quaderno n. 5,

a cura di Cesare Macchi Cassia e Ugo Ischia, Un territorio urbano. L’interpretazione dei valori paesistici e storico culturali.

Quaderno n.6,

a cura di Marco Pompilio, Primi elementi per valutare la compatibilità ambientale del Piano.

Quaderno n. 7,

a cura di Cristina Ricci, Eurometropoli, Atti del convegno, Milano 21 – 22 gennaio 1999.

Quaderno n. 8,

di Giuseppe Barra, Marco Felisa, Paola Manacorda (Reseau), Fabrizio Ottolini, Enrico Prevedello (Politecnico di Milano), Quadro infrastrutturale: mobilità trasporti, reti.

Quaderno n. 9,

Centro Studi PIM, Dipartimento di sociologia dell’Università degli studi di Milano, L’abitare nell’area metropolitana milanese.

Quaderno n. 10, IReR, Centro Studi PIM,Tendenze demografiche e servizi alla persona. Quaderno n.11,

Elisabetta Angelino, Tullio Bagnati, Elsa Bazzano, Roberto Gualdi, Quadro Ambientale: Acqua, Energia, Aria.

Quaderno n. 12, Dipartimento di Economia e Produzione del Politecnico di Milano, IReR, Un quadro innovativo per l’industria. Quaderno n. 13, a cura di Claudia Dimaggio e Rossana Ghiringhelli, Provincia di Milano, Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, Reti ecologiche in aree urbanizzate, atti del Seminario, Milano 5 febbraio 1999.


Quaderno n. 14, Tito Casali, Mario Zansani, SMP, Finanza locale, risorse finanziare e nuove modalità di finanziamento delle opere di pubblica utilità. Quaderno n. 15, a cura della Provincia di Milano, Relazione sullo Stato dell’Ambiente 2000. Quaderno n. 16, a cura del Centro Studi PIM, I Mosaici informatizzati degli strumenti urbanistici comunali e dei piani delle aree protette. Quaderno n. 17, a cura di Claudio Febelli, Il paesaggio agrario. Quaderno n. 18, Giorgio Baldizzone, Valentina Montemurri, Manuela Panzini, La valutazione strategica del PTCP. Quaderno n. 19, Maddalena Gioia Gibelli, Il paesaggio delle frange urbane. Quaderno n. 20, a cura di Lisa Sacchi, Provincia di Milano, Linee guida per interventi di ingegneria naturalistica lungo i corsi d’acqua. Quaderno n. 21, Mobilità e territorio, C.Accordino, I.S. Botto, M.Felisa, G.R. Parma. Quaderno n. 22, a cura della Provincia di Milano e Politecnico di Milano, Le architetture vegetali nel milanese. Parchi, giardini ed alberi di interesse storico e monumentale. Quaderno n. 23, G.L. Bisogni. M.G. Gibelli, P.Pan, R. Santolini, R.Massa, a cura di Stefano Gussoni, Rete ecologica e fauna terrestre: studi e progetti. Quaderno n. 24, Marco Broglia, Il Sistema Informativo Territoriale. Esperienze e metodi. Quaderno n. 25, CRESME Ricerche, Gli scenari della domanda residenziale nella provincia di Milano 2006-2015. Quaderno n. 26, Centro Studi PIM, Sistema dei servizi di livello sovracomunale nella Provincia di Milano Quaderno n. 27, Politecnico di Milano-Urb&Com, Il commercio nella provincia di Milano. Geografia e indirizzi strategici per un piano di settore. Quaderno n. 28, Centro Studi PIM, Consumo di suolo: atlante della Provincia di Milano


Stampa: Good Print, Peschiera Borromeo www.goodprint.it Finito di stampare: Marzo 2009


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