Teatro: "Luci e Ombre”, espressione di crescita del Sé - Antonia DELFINO

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TESI ai fini del raggiungimento del titolo di Counselor Empirico

Tema Teatro… “Luci e Ombre” espressione di “Crescita del sé”

Presentata da: Antonia Delfino

Anno accademico 2009

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INDICE

Introduzione

Intervista con Magister Michel Hardy sulla “Disciplina Psicologica

cap. 1

Empirica”

1.1

cap. 2

Come, quando, e perché si è sviluppato questo percorso.

Ricerca del sé attraverso il metodo empirico e le funzioni del teatro 2,1 2.2 2.3 2.4 2.5

cap. 3 3. 1 3. 2 3. 3 3. 4 3. 5 3. 6

cap. 4 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6

cap. 5

Funzioni del teatro ieri e oggi Il teatro empirico: perché scegliere il teatro come “crescita del sé” Metodologie dei Laboratori Teatrali Empirici Il debito nasce dall’Ombra La condizione armonica Il sipario si apre vanno in scena “Luci e Ombre” Presentazione del Laboratorio”Luci e Ombre” Sequenza del Laboratorio Teatrale Empirico Estratto dal testo “Di una castagna e di un viaggio” Analisi del testo vista dal regista Analisi dal laboratorio vista dal conduttore Intervista a due partecipanti al laboratorio “Luci e Ombre” Il sipario si apre va in scena “La Rabbia” esperienza empirica Presentazione del Laboratorio “La Rabbia” Sequenza del Laboratorio Teatrale Empirico Estratto dal testo “Olio” per il Laboratorio Analisi del testo vista dal regista Analisi del Laboratorio vista dal conduttore Intervista a una partecipante al Laboratorio Teatrale : “La Rabbia”

Riflessioni conclusive Bibliografia -I-

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Introduzione

In questo laboratorio si utilizzano il Teatro come strumento di chi sceglie di rivelare le proprie Luci e le proprie Ombre sul palcoscenico del teatro per individuare, in seguito, le basi del proprio sé e trasportarle, se lo ritiene, con consapevolezza sul palcoscenico della vita. Chi decide, in tutta autonomia, di fare questo percorso utilizza il teatro come un processo attivo, per relazionarsi con il mondo e con se stesso senza costrizioni, operando per dare un significato agli eventi in cui è coinvolto. Si analizza, inoltre, il Teatro come libertà di esprimere il proprio vissuto fatto di luci e di ombre; questa è la condizione di chi si muove secondo i propri archetipi. Fin dai primordi l’uomo, acquisendo consapevolezza, ha sentito di avere la necessità di forgiare la propria vita per poterla cambiare nel momento stesso in cui si presentavano delle scelte che l’avrebbero portato ad accogliere insite identità. Il libero fluire della vita con le mille sfaccettature regalano all’uomo diverse identità tutte vere, tutte proprie, che, con il passare del tempo, si modificano e quello che era Luce può sembrare Ombra e viceversa, evidenziando che ciò che oggi si vive come indispensabile, domani acquista altri significati, altre connotazioni. Come comprendere e individuare la vera identità, quale la risposta? Forse mettendosi in ascolto di se stessi e nel contempo degli altri, della società, della famiglia, degli amici, forse vivendo in pace con i popoli, con l’universo . Può essere: “accogliere se stesso e chi apparentemente è lontano da te, e forse ha qualcosa da regalarti”. Questo ascolto porta a muoversi nel libero fluire vivendo uno stato di spontanea naturalezza e si sperimenta la fiducia, un profondo senso di sicurezza che porta alla naturale libertà d’azione ed autenticità, attestando l’assenza di un debito empirico. Talvolta i nostri limiti fatti di paure, di giudizi degli altri ci fanno indossare maschere che ci incatenano a ruoli che altri hanno scelto per noi; scatta la paura, la rabbia, il senso di colpa e avviene così un passaggio che non ci permette di scoprirci, facendoci rimanere chiusi in una corazza che non ci permette di sperimentare la curiosità, che potrebbe essere quella molla che spinge a trovare: “la libertà fatta di scoperta delle Ombre e desiderio di conoscerle meglio”. Il principio dell’Ombra, un lato naturale che appartiene all’uomo da sempre, ne fa parte integrante. Spesso l’ombra si esprime attraverso dinamiche nascoste che l’uomo quasi non riconosce, altre volte si esprime in modo più aperto e inconfondibile.

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Il principio della luce, un lato naturale dell’uomo che da sempre ne fa parte, manifesta la parte genuina dell’uomo e si esplica attraverso tutto ciò di cui l’uomo va fiero e che esibisce volentieri. Così ogni uomo, a prescindere dal proprio sesso biologico, possiede un lato che mostra con piacere e un altro del quale si vergogna e che tende a nascondere. Questo ci porta a scegliere in libertà se e come riequilibrare lo yin e lo yang Molti pensano che la libertà di scegliere come modificare la propria vita non esista, in quanto non hanno scelto di nascere né di essere come sono, né dove nascere, né quando. Altri pensano che la libertà di essere come desiderano si conquista ogni giorno passo per passo attraverso percorsi che fanno riflettere e propongono strumenti per amarsi e accettare le Ombre tanto quanto le Luci.

Altri infine pensano che la libertà si trovi dentro di noi. Se la mente non è libera non sai volare, se hai paura non sai correre, se temi il giudizio degli altri rimani ingabbiato e perdi la speranza di poter volare librandoti leggero nel vento.

Possiamo viaggiare per il mondo intero in cerca di una nuova identità, ma se non la cerchiamo dentro di noi non riusciremo a trovarla.

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CAP. 1

Intervista con il Magister M. Hardy sul metodo “Disciplina Psicologica Empirica”

1.1 Per meglio conoscere come, quando e perché è nato e si è sviluppato il percorso detto “Discipline Psicologiche Empiriche” intervistiamo Magister. Michel Hardy fondatore di questa disciplina.

Magister Michel Hardy, quando e perché ha sviluppato e messo a punto il percorso di “Discipline Psicologiche Empiriche” ?

Il percorso di Discipline Psicologiche Empiriche nasce più di dieci anni fa, l’esigenza di svilupparlo sempre di più si è evidenziato in me attraverso il contatto con migliaia di persone, in tutti i paesi del mondo, che mi hanno fatto capire che era forte per molti l’esigenza del mettersi in gioco attraverso il “fare”, per raggiungere nuove consapevolezze, ed evidenziare le luci e le ombre presenti in tutti noi.

Quali sono le differenze tra un percorso tradizionale e questo proposto da lei? Ho visto che al di là di un approccio psicologico e al di là di un approccio filosofico, alla base di tutto, all’ origine, ci sono dei moti esistenziali e quindi in questo senso la psicologia, la filosofia interpretano questi moti che però hanno una loro dinamica ben precisa . Queste dinamiche empiriche fanno parte di qualcosa che va al di là dell’ uomo, della mente umana, alla quale noi possiamo avvicinarci semplicemente come osservatori e che scandisce tutta la nostra vita, ogni passo, non soltanto quello universo del pianeta uomo ma in genere ciò che noi conosciamo e sperimentiamo come mondo. In tutti questi anni ho visto che la visione psicologica è più ristretta perché non può lavorare, per definizione e per codice deontologico, con modelli come la disciplina psicologica può utilizzare. La psicologia ha bisogno di occuparsi di ciò che è patologico malattia mentale. Inoltre un’ altra chiave è la chiave filosofica, questa mi sembra fin troppo di ampio respiro, senza risoluzioni concrete. In tutto ciò c’è uno spazio libero , che, sia l’approccio accademico, sia quello psicologico, sia filosofico, lascia aperto, uno spazio che è quello corporeo.

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Nella visione empirica esiste il paradigma del fare, non della buona intenzione, non dell’ io voglio, vorrei tanto, farò. Il corpo diventa un elemento importante perché di fatto porta e riporta qualsiasi agio e disagio del pianeta umano e lo tiene presente all’attenzione dell’ uomo. Ho visto che lavorando su moti empirici, al di là di una chiave psicologica e filosofica, entrando nell’ ambito emotivo, succedono tante cose nella vita di una persona e si trasformano man mano da ruoli alterati in ruoli di eccellenza ossia si riconvertono delle esistenze ormai al di fuori del libero fruire in esistenze che si avvicinano nuovamente ad una corrente dinamica e genuina. Finché l’ uomo è allineato all’ ordine empirico, senza infrangerlo, attraverso il suo fare, il suo operato, può avere molti vantaggi, ciò vuol dire che rimane in dinamiche indirizzate a ciò che noi chiamiamo “a fin di bene”, tutto funziona, tutto gira nella propria vita, non ci saranno molti disaccordi, molti intoppi, va un po’ tutto liscio e anche quello che non va liscio non turba, non porta ansia.

In quali contesti è consigliabile proporre questa disciplina? Non esistono contesti consigliabili o meno, per mia definizione esiste” l’evoluzione del sé” attraverso il paradigma del fare, non quello del farò, per cui l’essenziale è volersi mettere in gioco. Questo in qualunque contesto si può mettere in pratica, ad esempio, per coppie in crisi, insoddisfazioni sul lavoro, rapporto conflittuale con i figli, divergenze nei rapporti di amicizia. Infine è consigliabile a “se stessi” per affrontare le proprie maschere e saperle riconoscere al di là di quanto tempo e del perché si erano indossate. Quale rapporto c’è tra “corpo e anima”? L’Uomo può trarre molti benefici in un rapporto, con se stesso e con gli altri, basato sull’autenticità che si viene a creare, attraverso il sentire dell’anima e il dare vitalità al proprio corpo. Imparando a lasciare dietro di sé i propri schemi fatti di pesantezza, di paura, e di maschere, in un modo inedito accostandosi al corpo e all’anima in leggerezza e amorevolezza. Come si esprime nel suo percorso empiricamente la “Rabbia” che molti hanno dentro? Nel mio percorso esprimere la Rabbia vuol dire guardarla, metterla, davanti a sé e vedere non quello che noi vogliamo vedere bensì quello che è. Quando scopri che hai sempre pensato di essere forte, capace, e invece vedi davanti a te che tutto questo non è così

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All’interno del percorso è possibile scaricare empiricamente la nostra rabbia che non è quella che appare in quel momento, ma è la rabbia arretrata che non hai mai voluto affrontare e ora e li davanti a te.

Si può ipotizzare un equilibrio tra luce e ombra presenti dentro di noi? Come? L’ombra esiste da sempre in noi, l’uomo non vuole entrarne in contatto, egli desidera da sempre avere a che fare con la luce, con ciò che è bello, amabile. Nell’ombra c’è tutto ciò che non vogliamo vedere, paura, rabbia, aggressività, e altro ancora. Impariamo, in questo percorso, a diventare consapevoli che l’ombra porta con sé una grande ricchezza, poiché ci fa interpretare una parte di noi e ci permette di vedere la luce come un modo di compensare l’ombra. Le relazioni d’amore, amicizia, affari, come si affrontano in questo percorso? Li affrontiamo in modo empirico, attraverso il fare. All’interno di un salone riproduciamo uno spazio che rappresenta il microcosmo, utilizzando esercizi, giochi, teatro, riproduzione delle strategie di boicottaggio, tutte situazioni che si creano nel macrocosmo fuori da quello spazio protetto. Imparare a guardare queste tematiche porta al libero fluire.

Lei parla di libero fluire, cosa intende? Il libero fruire è un modello di eccellenza a cui ci avviciniamo attraverso un recupero emotivo, psicologico e corporeo. Quando la nostra esistenza corrisponde a ciò che realmente è, e non a come vorremmo che fosse, altrimenti si creerebbe un’ illusione fittizia della realtà. Da un lato c’è la realtà e dall’ altra la nostra proiezione di realtà e in questo spazio si infila il malessere, il vuoto interiore, tutto ciò che noi comprendiamo come ansia, angoscia, paura, depressione, fino ad arrivare alla malattia.

E’ corretto pensare che si possa arrivare ad abbandonare le maschere quotidiane? In ogni percorso che noi facciamo ci avviciniamo sempre di più alla nostra autenticità. In chiave empirica tutti i meccanismi vitali si mettono in funzione e il bisogno di indossare le maschere cambia, si acquisiscono nuove autenticità, nuove verità, e la maschera diventa un accessorio.

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Magister Hardy lei pensa che la felicità esista? Come fare per raggiungerla? La felicità per me è legata all’armonia interiore che ti permette di avvicinarti al libero fluire. Felicità è avere una certa leggerezza, spensieratezza, armonia, serenità,che vuol dire anche rimanere distaccato da ciò che la vita di tutti i giorni riserva e vedere le cose per quello che sono. La felicità esiste quando il tuo personale stato di serenità interiore va a prescindere dai fattori esterni e invece man mano che il tuo fare infrange le dinamiche naturali e genuine, esci dal libero fruire e ti trovi in acqua stagnante ossia nella tua vita tu ritrovi il disagio di non avere ossigeno, di non poter più contare su correnti che ti portano in direzioni dinamiche in cui, invece, avresti bisogno di andare.

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CAP. 2 Ricerca del sé attraverso il metodo empirico

2.1- Funzioni del teatro ieri e oggi Fin dall’antichità il teatro è stato strumento di relazione tra gli uomini. Si vuole pensare che esso nasca nel momento in cui due uomini si soffermano a parlare e un terzo uomo indugia ad osservarli e ad ascoltarli. Questa immagine ci porta ad un importante concetto della teatralità di un’azione; infatti si dice che, quando i nostri ipotetici antenati, attori involontari, si accorsero dell’attenzione del terzo uomo, lo spettatore, il colloquio mutò nella forma, accentuando e sottolineando alcuni passaggi chiave con cambiamenti di tono e gestualità più significanti. Si pensa abbia così inizio quella che in seguito verrà definita una rappresentazione teatrale, ovvero una copia della realtà sociale, dove essenzialmente ci si esprime con parole, gesti, mimica, posture, per esprimere e far conoscere una visione della realtà quotidiana, oppure un testo presumibilmente tratto dalla realtà di tutti i giorni, oppure, ancora, nato dalla fantasia del narratore. Il teatro, dunque, rappresentava momenti di vita, costumi, vizi e debolezze dell’uomo medio nella società, legati ai cicli stagionali e della natura attraverso il nascere, maturare, avvizzire che costituiscono una metafora della vita stessa dell’uomo. Nel tempo si è scoperto, attraverso studi e ricerche, come, effettivamente, utilizzando il teatro, l’uomo portava in scena il personaggio, attingendo dal proprio vissuto inconscio. Oggi abbiamo degli strumenti in più, abbiamo delle consapevolezze che ci permettono di entrare nel profondo per valorizzare le attività teatrali che non sono solo ludiche, ma possono essere un modo per imparare a fare a meno delle nostre maschere quotidiane. Questa introduzione al teatro antico ci aiuta a comprendere come da sempre l’uomo cerca dei modi per esprimere le proprie emozioni; il teatro è stato un mezzo per entrare in relazione con se stessi e gli altri, utilizzando il fare non solo il dire. Un illuminante pensiero dice: “Non c’è migliore teoria di una buona pratica”

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2. 2- Il teatro empirico: perché scegliere il teatro come “crescita del sé” Attraverso il teatro si vengono a evidenziare le dinamiche nascoste dell’anima; queste conducono il partecipante ad esprimere in libertà i moti dell’anima e, attraverso le sinergie che si creano con il conduttore, il regista e il gruppo, appaiono chiare verità che nascondiamo anche a noi stessi, quelle ombre che ci creano disagio e a volte anche paura. Questo metodo è atto a costituire un modo nuovo di affrontare le dinamiche individuali e superarle. Facendo teatro, in modo empirico, si gode di uno spazio dove tutto è possibile, si può esprimere rabbia, gioia, sensualità, poesia, e altro ancora. Nei Laboratori viene data grande importanza al to play – jouer che significano al tempo stesso <giocare> e <recitare>. Questo permette di accedere alla propria creatività ed acquisire una sempre maggiore consapevolezza per arrivare a riscoprire “chi sono veramente” L’intento non è certo quello di diventare attori, ma arrivare ad essere consapevoli che, in qualche momento della giornata, noi recitiamo. Il mettersi in scena aiuta a smascherare i copioni quotidiani, che al lavoro, a casa, nel tempo libero, ognuno di noi interpreta, seguendo un copione che meccanicamente ripete. Facendo teatro, si dà fiducia al corpo, agli istinti e al cuore e questo porta a vincere la timidezza per ricongiungersi ai propri desideri. Facendo questo percorso si potranno accendere i riflettori su ciò che si sarebbe voluto fare e non si è mai osato fare; in questo viaggio empirico e originale tutto sarà possibile. Partecipando ad un Laboratorio Teatrale si “vive l’esperienza” ed è bene sapere che: -il teatro è una cosa attiva -è un modo di relazionarci con noi stessi -è un modo di interpretare gli eventi in cui siamo coinvolti -ci porta a vedere la nostra autostima con le sue normali disarmonie -è un modo di relazionarci con gli altri -è importante la preparazione del conduttore e del regista che conducono l’incontro -si crea grande empatia tra chi conduce e chi partecipa -si lavora su un copione in base al tema proposto

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attraverso le trame dei copioni si evidenziano luci e ombre -si possono esplorare i campi della non-finzione -si mette in scena la parte più autentica ed inespressa del sé -si potenziano le proprie tecniche di comunicazione -si mette in contrapposizione il fare e il dire -si dà fiducia al corpo -si è protagonisti del proprio mondo inespresso -si entra nel ruolo dei personaggi, evidenziando luci e ombre che ci appartengono

Nei laboratori si utilizza:

la comunicazione non verbale -espressione del corpo -gestualità -contatto fisico -postura del corpo -gestione dello spazio

la comunicazione verbale -portare la voce -usare le parole per attirare l’attenzione -alzare o abbassare il tono della voce -esprimere con le parole idee diverse Attraverso il percorso empirico l’individuo non vuole dimostrate niente a nessuno, ma si apre al libero fluire per avvicinarsi alle proprie qualità empiriche meno desiderate.

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Riconoscendo le proprie emozioni distruttive entra in contatto con quelle sane, prende consapevolezza della propria zona d’ombra composta da inadeguatezza, rabbia, colpa, dolore e avvia un percorso di integrazione per non essere soggetto a: -critiche -giudizio -disagio - manipolazioni -pregiudizi

Con la consapevolezza raggiunta, il partecipante impara a: -accettare la propria parte luce e la propria parte ombra -accettare la parte ombra e la parte luce degli altri -fare uscire le proprie emozioni -accettare complimenti -fare complimenti -dichiarare la propria opinione -non sentirsi in colpa esprimendo idee diverse -imparare a dire “ NO “ -imparare a dire “ SI “

Nella vita di tutti i giorni impariamo ad amare e a utilizzare in modo naturale tutte le nostre sfaccettature, di ombra e di luce, perché fanno parte di noi.

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2. 3- Metodologie dei Laboratori Teatrali Empirici

“Il teatro è lo specchio della nostra anima, la nostra anima si rispecchia in ogni cosa che facciamo o, ancora di più, in ciò che non facciamo” (M. Hardy – R. Caraffa)

Da un punto di vista metodologico i Laboratori Empirici costituiscono un valido supporto per la crescita e la consapevolezza personale, nell’ottica del libero fluire. La metodologia empirica porta in superficie il proprio sé, utilizzando il gioco e basandolo sul “fare teatro” e non “parlare di teatro”, ovvero sul fare e non sull’apparire

Nei laboratori di teatro ci si esprime mettendo in scena la parte emotiva e corporea per lasciare emergere ciò che siamo e ciò che mettiamo in scena ogni giorno della nostra vita. Attraverso i laboratori mettiamo in scena la nostra autenticità emotiva ed espressiva; esplorando il campo della non-finzione, diamo fiducia al nostro corpo, ai nostri istinti e al nostro cuore. La prima parte del laboratorio verrà impegnata per entrare nel ruolo dei personaggi del copione, la seconda, per esprimere ed entrare nei propri copioni. Attraverso i personaggi da interpretare, si mettono in scena parti del proprio vissuto, con il supporto del gruppo, del personaggio, del pensare che si sta giocando. Si viene così a creare un’alchimia che porta a rendere armonico il libero fluire del partecipante. Questa forma di espressione e comunicazione, insita in ognuno di noi, viene raramente manifestata nella vita di tutti i giorni; siamo abituati ad indossare le nostre maschere quotidiane che diventano quasi una seconda pelle e che, forse, ci rendono inconsapevoli fautori delle nostre incertezze, malinconie, dubbi. Attraverso il teatro si costruisce un percorso personale e di gruppo; facendo l’attore si mettono in atto i movimenti, le emozioni, si utilizza il corpo e la mente, per creare un’esperienza adeguata a conoscerci meglio. L’esperienza è vissuta non come un modo per diventare attori, o imparare ad utilizzare meglio le maschere nascondendo le Ombre e lasciando emergere solo le Luci, ma come strumento per divenire consapevoli che si è in grado di aprire nuovi orizzonti. Questo ci permette una interiore conoscenza del proprio sé dandoci la possibilità di abbandonare quelle maschere che ci possono creare una stato di disagio.

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Con il supporto del regista, del conduttore, del gruppo, ma soprattutto di noi stessi, ci permetteremo di mettere in scena la nostra autenticità emotiva ed espressiva, per avvicinarci al nostro copione genetico attraverso l’arte della recitazione, interpretando il ruolo di qualcun altro. Nei Laboratori Empirici Teatrali, interpretando i vari personaggi indicati nel testo scelto appositamente per quel determinato laboratorio, possiamo permetterci di portare alla luce dolori, gioie, rabbie, benessere, poesia, fantasia, e possiamo permetterci di guardare le nostre Luci e le nostre Ombre senza giudizio, in un approccio di apertura verso noi stessi e gli altri. Nei vari laboratori il partecipante si mette in contatto con il suo sé e con il gruppo e si viene così a creare una situazione che può verificarsi nella vita di tutti i giorni; si ha infatti l’opportunità di trasferire un proprio vissuto non solo in quei laboratori a tema prestabilito attraverso un copione concordato dal conduttore e dal regista , ma anche in quelli a “tema aperto”. In questi laboratori ogni partecipante rappresenta e mette in scena una sua storia amalgamandola con gli altri partecipanti al laboratorio; questo permette di confrontarsi, di tirare fuori i propri personali copioni, le proprie strategie, il proprio vissuto inconscio, le proprie prepotenze, le proprie remissività, le proprie fragilità. Mettendosi a confronto con gli altri si vengono a creare le stesse dinamiche e situazioni che avvengono nella vita di tutti i giorni, con noi stessi, sul lavoro, in casa, nella società. Ricreare se pure inconsciamente queste situazioni attraverso i laboratori, ci permette di prendere consapevolezza di quante ombre e quante luci nascondiamo anche a noi stessi. Lavorando su di esse possiamo permetterci di imparare a fare e non solo a parlare perché come indica Albert Einstein: “imparare è esperienza: tutto il resto è solo informazione”

Durante i laboratori si accendono i riflettori per mostrare quelle parti Luci e quelle parti Ombra che mai avremmo pensato di mettere in scena. Questo ci aiuterà a riappropriarci delle nostre Luci e delle nostre Ombre attraverso un’indagine inedita e originale.

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2. 4- Il debito nasce dall’ombra “ Ciascun debito appartiene alla parte ombra della persona, un lato che possiede un valenza empirica ben precisa. Essa fa parte integrante dell’essere umano, costituendo ai fini empirici la sua vera ricchezza e pienezza. …” Da sempre, infatti, esercita un fascino insostenibile sull’uomo, detenendo tutte le dinamiche più intriganti e morbose”… …”spesso l’ombra si esprime attraverso dinamiche nascoste e velate, non facilmente riconoscibili dall’uomo… altre volte si fa riconoscere in maniera più aperta e inconfondibile”… L’ombra è un’immagine presente in diverse culture, e sta a dimostrare che l’individuo per poter accettare veramente la sua ombra ha bisogno di confrontarsi con essa, per non rimanerne dominato, ma per attingere le forze che in essa risiedono, come dire che l’ombra deve fondersi con la luce e divenire consapevolezza. … “I principi dell’ombra si contrappongono a quelli del lato luce, ossia al grande contenitore in cui l’ordine attua le strategie più propense alla vita”. “Le strategie di luce costituiscono la parte più genuina dell’uomo che si manifesta attraverso tutto ciò che accetta volentieri di sé, di cui va fiero e che esibisce senza remore”… L’ombra in sé non è un male, è semplicemente un codice primitivo, ma una volta accolta e integrata, fa accettare quella parte buia della personalità che tutti gli esseri hanno, e che una volta liberata si mette al servizio dell’Io. I codici dell’ombra e della luce comprendono, in egual misura, la parte luminosa contenente tutte le doti più nobili e la parte d’ombra percepita dal singolo come destabilizzante con cui nessuno vorrebbe identificarsi. Solo attraversando entrambe le parti l’individuo può raggiungere uno stato di appagamento all’interno del suo essere uomo o donna, per poter entrare in relazioni autentiche e appaganti. Pertanto l’uomo ha il diritto empirico all’ombra, cioè di essere prepotente, aggressivo, calcolatore . Se non vuole avere a che fare con la sua rabbia, per esempio, assumendo la maschera del perbenista, compromette il suo mondo emotivo. La donna ha il diritto empirico all’ombra, cioè di avere paura, di accedere alla propria tristezza che è l’equivalente della rabbia per l’uomo, di tentennare nelle decisioni, risoluzioni tecniche o burocratiche. Questi sono aspetti di cui, in genere, la donna moderna nasconde e ,invece di valorizzarli come proprio patrimonio, tende a nasconderli e a trasformarli in efficientismo esasperato, per non sfigurare davanti il mondo maschile.

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Ogni principio dell’ombra non applicato si trasforma in debito empirico, predisponendo l’individuo ad un allontanamento dal libero fluire. Per potersi accostare al libero fluire l’uomo ha bisogno di accettare come parte integrante del proprio essere lo stato di non separazione, di mettersi di fronte alle proprie qualità empiriche meno desiderate, con responsabilità personale. Per avviare un percorso di integrazione è necessario che l’individuo si avvicini a tutto ciò che del suo passato gli sembra più scomodo e doloroso per trasformare gradualmente il dolore a lungo compresso. Solo accostandosi alle sue parti ombra, avrà la consapevolezza di quanto la sua coscienza lo abbia ingannato nascondendogli tutto quel dolore. Solo accettando quanto è avvenuto , affiorerà in superficie il dolore, e rabbia, il fallimento e l’abbandono, questo gli permetterà di elaborare il lutto. Chi non lo elabora rimane nel dolore, entra nel risentimento e consolida la sua parte d’ombra attirando persone con la stessa carica alterata. La difficoltà è accettare il passato, cioè tutti quegli avvenimenti che sono stati rimossi perché troppo dolorosi a sostenersi, quindi gli abbandoni, i fallimenti , le aspettative non risolte accompagnate dalla rabbia, dalla sofferenza, dalla paura che ne sono derivate. Solo chi riconosce, accetta e approva le singole parti che fanno parte del suo essere, per quanto indesiderate e temute, aderisce alla legge dell’inclusione, rimanendo all’interno del flusso vitale …” in nessun caso, però, l’ombra sparisce, come molti credono, man mano che la parte virtuosa accresce, bensì si struttura in maniera diversa”… …”Il lato ombra fa parte del patrimonio di ogni essere umano ed è diverso per i due sessi, donando ad entrambi caratteristiche uniche e inconfondibili… “La paura e la tristezza catalizzano ogni movimento femminile, così come la spinta rabbiosa e impetuosa distingue quello maschile”… Questo è un passaggio fondamentale nel processo di crescita e di individuazione dell’uomo.

Impariamo ad esprimerci nella nostra luce e nella nostra ombra in modo armonioso e con la consapevolezza che l’uno e parte dell’altro e con questa consapevolezza permettiamoci di osare.

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2. 5 La condizione armonica Il percorso, attraverso i laboratori di Teatro, tende a farci ritrovare la nostra condizione armonica attraverso l’elaborazione dei nostri lutti e dei nostri dolori, facendoci allontanare dai moti disarmonici per ricongiungerci con il libero fluire. Nel testo “L a grammatica dell’essere” Magister Hardy ci afferma che: Soltanto all’interno dell’ordine armonico il singolo sperimenta la condizione del libero fluire, la sua pienezza e il senso d’appagamento che ne risulta, meglio riconosciuto come amore. Questo stato costituisce la più grande ambizione di ogni energia pulsante, di ciascun essere vivente. Congiungerci ad esso significa avvicinarsi, oltre a ciò che si scambia con l’euforia e il sentimentalismo, all’unica condizione armonica che il sistema contempla. L’ordine, infatti, differenzia i moti armonici ovvero i movimenti in sintonia con l’ordine naturali da quelli disarmonici, che invece portano alla sua violazione. L’amore inteso come condizione sistemica invece che romantica, costituisce la massima e più naturale espressione degli atti armonici, essendone il moto principale e primario… Immergersi nel libero fluire significa accedere a una condizione di serenità interiore, comunemente avvertita come stato di pienezza e gioia di vivere, che si riflette in tutti gli ambiti della sua esistenza… Attraverso la “Disciplina Psicologica Empirica” riusciamo ad entrare nel libero fluire che indica il Magister Hardy, questa è una delle finalità dei Laboratori Teatrali Empirici. Quando durante i laboratori ti prepari e ti senti pronto a rappresentare la tua parte, ti senti in sintonia con gli altri e al “si va in scena” si crea quell’alchimia fatta di emozioni, sali sul palcoscenico e tu, sei con “te stesso”, sei pronto per interpretare un ruolo che pensi non ti appartenga, per cui non ti senti giudicato e avverti quella sensazione chiamata serenità interiore che ci fa esprimere in una condizione di apertura e disponibilità… propria del percorso empirico, che richiede apertura, disponibilità a mettersi in gioco con amore. …L’amore, più che un semplice stato psicofisico si rivela come il principio attivo di ogni moto dinamico dell’ordine armonico, sia all’interno della sfera emotiva che nel senso più ampio sella creazione. Dal gesto amorevole dell’uccello che sfama i suoi piccoli fino all’irrefrenabile spinta di autoperfezionamento dell’universo, fino al tenero sguardo di una madre verso il figlio… Possiamo dire che questo stato ci ricongiunge ad uno stato di libero fluire, ed è presupposto per entrare nella Condizione Armonica.

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CAP. 3

Il sipario si apre vanno in scena “LUCI E OMBRE”

3.1- Presentazione del Laboratorio “ Luci e Ombre”

Buongiorno a tutti voi che siete qui, certamente, per fare qualcosa di utile per Voi stessi. Questo è un primo passo per divenire consapevoli che attraverso il laboratorio, ma anche attraverso altri percorsi, si può fare qualcosa di positivo per noi stessi . Io vi propongo questo metodo, perché ho sperimentato su di me i risultati. Oggi impareremo a conoscerci e amarci di più, per questo faremo delle esperienze molto nutrienti e scopriremo quanto può essere efficace lavorare in modo empirico per comprendere quanto sia fondamentale il rapporto con le nostre parti “ Luci e ombre”. Sperimenteremo anche la voglia di lavorare con noi stessi e insieme al gruppo, avremo modo di cogliere parti di noi che magari non conoscevamo. Oggi, attraverso un lavoro sensoriale e interattivo, andremo oltre le nostre “Quinte quotidiane” per portare alla luce alcune maschere che indossiamo nella vita di tutti i giorni. Prima di passare alla parte esperienziale, desidero informarvi su come ci accosteremo al questo tipo di esperienza. Questo Laboratorio Teatrale ci permetterà di avvicinarci alle nostre emozioni attraverso il testo che il regista ci propone, ci caleremo nella parte da noi stessi scelta con la consapevolezza che questo ci permetterà di accostarci alle tematiche legate alle nostre Ombre e alle nostre Luci. Attraverso l’interpretazione del personaggio, lasceremo uscire le Ombre che abitualmente non vogliamo vedere perché ci fanno paura e le allontaniamo da noi. Oggi invece useremo delle tecniche messe a punto da Magister Michel Hardy per entrare dentro le nostre Rabbie nascoste, non con le parole - per raccontarcela!- ma in modo empirico; difatti è con il fare che possiamo riappropriarci di ciò che è…e non vorremo scoprire della nostra vita.. In questo laboratorio impareremo a guardare dentro di noi, in modo inedito con libertà, quella libertà, senza giudizio, fatta di scoperta e desiderio di conoscere meglio le nostre luci e le nostre ombre.

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3.2 Sequenza laboratorio teatrale empirico “Luci e Ombre” Entriamo nella fase pratica del “Laboratorio Teatrale Empirico”. Oggi lavoreremo per noi stessi , cercando di indagare sulle maschere che indossiamo abitualmente. Questa sera vogliamo portare in scena la parte più autentica di noi. Ci permetteremo di essere: “NOI STESSI” nelle nostre mille sfaccettature, con le nostre ombre e le nostre luci. Noi abbiamo mille volti, ma solo alcuni, sono scelti per essere da noi, interpretati sul palcoscenico della vita. Questa sera “osiamo”, diamo fiducia al nostro corpo… e interpretiamo i messaggi profondi, le ombre che nascondiamo…interpretando un ruolo a noi sconosciuto, mettendo in scena le nostre emozioni profonde, la nostra espressività,…… esplorando la nostra autenticità,…la non finzione,…. Permettendoci, quindi, di vedere, non ciò che mettiamo in scena tutti i giorni della nostra vita per gli altri,…ma per essere noi stessi,…quella parte di noi stessi che non facciamo apparire… Stasera daremo fiducia al nostro corpo, ai nostri istinti, al nostro cuore, vincendo la nostra timidezza che non ci permette di farci vedere la nostra vera essenza, i nostri desideri, le nostre mille sfaccettature nella luce e nell’ombra. Il conduttore sottolinea che oggi noi lavoreremo per: “Portare in scena una nostra parte Luce e una nostra parte Ombra” Entriamo nella fase pratica del “Laboratorio Teatrale Empirico Luci e Ombre”: -Meditazione con apertura toracica in piedi -Visualizzazione “Esprimiamo luci e ombre” - Il conduttore invita partecipanti a formare la compagnia teatrale - Distribuzione dei copioni. I copioni sono molto diversi tra loro. - Ogni gruppo sceglie il copione che vuole portare in scena. - Il regista illustra il testo visto dall’autore.

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Dopo che hanno scelto il copione il conduttore chiede: -In base a cosa hai scelto il testo? -Pensi di fare bella figura? -Pensi sia affine a te? -Perché conosci il testo? -Perché è una storia triste? -Perché è una storia allegra? -Perché non hai fatto in tempo a scegliere un altro copione? -Perché le persone che erano in gruppo con te ti ispiravano così? -Perché ti sei adeguato alla scelta di altri! Senza risposte al conduttore, ma solo riflessioni interiori dei Partecipanti. Ritiro dei copioni. Il conduttore invita a ricordare il copione che hanno scelto. Visualizzazione: “Esprimiamo la nostra Luce e la nostra Ombra”

Il conduttore distribuisce nuovamente i copioni, invita a scegliere di nuovo un copione, che può essere lo stesso o uno diverso, consultandosi con il gruppo. Si può decidere di cambiare le persone che fanno parte del gruppo con altre, se sono d’accordo. “ Sentite di aver scelto con una consapevolezza nuova di osare?” “Oggi vi concedete di far vedere una sfaccettatura nascosta che non osate far vedere nella vita di tutti i giorni! “ Finalmente ci permettiamo di “OSARE”. Il regista, se richiesto, prende parte alla elaborazione della rappresentazione. Preparazione della scena: ogni gruppo può farsi aiutare dal regista per l’ allestimento della rappresentazione in base al proprio copione.

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Spazio di silenzio personale per entrare nel personaggio del testo e cercare il proprio creativo ed artistico vuoto interiore per fare emergere Ombre e Luci

Pronti per andare in scena

Il sipario si apre Si va in scena leggendo il copione Il sipario si chiude Spazio di silenzio personale Il sipario si apre Si va in scena mimando il copione Il sipario si chiude Spazio di silenzio personale

Il sipario si apre Si va in scena secondo il proprio sentire Il sipario si chiude

Spazio di silenzio personale Condivisione. Il conduttore chiede Come ti sei sentito nel ruolo che hai rappresentato? Che tipo di emozioni sono venute fuori ? Guardando gli altri ,avresti voluto interpretare un ruolo diverso? Se sì quale? Prima che le persone si esprimano, è opportuno dire: “noi non abbiamo voluto dimostrare niente a nessuno, desideriamo dare fiducia al nostro corpo, alle nostre emozioni, ai nostri istinti, al nostro cuore, per ricongiungerci con i nostri desideri più profondi negli aspetti luce e ombra.

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Abbiamo utilizzato la comunicazione non verbale attraverso: -ESPRESSIONE DEL CORPO -GESTUALITA’ -CONTATTO FISICO -POSTURA DEL CORPO -GESTIONE DELLO SPAZIO

Abbiamo utilizzato la comunicazione verbale: -PORTANDO LA VOCE -USANDO LE PAROLE PER ATTIRARE L’ATTENZIONE -ALZANDO O TENENDO BASSO IL VOLUME DELLA VOCE -ESPRIMENDO IDEE DIVERSE

Si conclude il laboratorio in cerchio. Chi lo desidera può esprimere il proprio sentire attraverso la condivisione in gruppo.

Non si fanno commenti, non si danno risposte, semplicemente si esprime il sentire del momento.

Nella vita di tutti i giorni, impariamo ad utilizzare e amare le nostre sfaccettature, la nostra ombra e la nostra luce, in modo naturale, perché, fanno parte di noi, così non saremo soggetti a:

-Disagio -Critiche -Giudizio -Manipolazioni

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IMPARIAMO A:

-Diventare espressivi -Fare uscire le nostre emozioni -Accettare complimenti -Fare complimenti -Dichiarare la nostra opinione -Accettare la nostra parte luce e la nostra parte ombra -Accettare la parte luce e la parte ombra degli altri -Non sentirsi in colpa esprimendo idee diverse -Imparare a dire “NO” -Imparare a dire “SI”

Io non voglio dimostrare niente a nessuno, desidero dare fiducia al mio corpo, alle mia parte luce, alla mia parte ombra, ai miei istinti, al mio cuore, per ricongiungermi con i miei desideri più profondi.

“Non lasciare che il passato ti dica chi sei ma confida al presente chi vuoi essere”

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3.3 testo “ di una castagna e di un viaggio…”

DI UNA CASTAGNA, LA LUNA E DI UN VIAGGIO

Ivaldo Castellani

Genova 2001

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Personaggi:

ATTRICE A ATTRICE B ATTORE C ATTORE D ATTORE E IL GIOVANE IL COMANDANTE PASSANTI

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SCENA I attrici A – B – attori C – D [F.C.]

[BUIO. ACCORDI DEL LEIT-MOTIV CHE RESTERANNO IN SOTTOFONDO. GLI ATTORI, FUORI CAMPO, BISBIGLIANO INCALZANDOSI. LA MUSICA TERMINA DOPO L’ULTIMA BATTUTA DELL’ATTORE “D”]

ATTRICE A

Stanotte rientriamo più tardi…

ATTRICE B

Stanotte c’è stato da fare…

ATTORE C

Stanotte ho rifatto quel sogno…

ATTORE D

Stanotte sentivo cantare…

ATTRICE A

Più tardi…

ATTRICE B

Da fare…

ATTORE C

Quel sogno…

ATTORE D

Sentivo cantare… cantare…

ATTRICE A

Cantare…

ATTRICE B

Dobbiamo andare…

ATTORE C

Andare…

ATTORE D

Sparire…

ATTRICE A

Che ora è?

ATTRICE B

Manca un attimo all’alba…

ATTORE C

Un attimo…

ATTORE D

All’alba…

ATTRICE A

L’alba…

ATTRICE B

Sparire…

ATTORE C

Stanotte…

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ATTORE D

Stanotte…

ATTRICE A

Sparire…

ATTRICE B

Sparire…

ATTORE C

Svanire…

ATTORE D

Svanire…

SCENA II GIOVANE - COMANDANTE [LUCE DUE CLOCHARDS SI RISVEGLIANO. SONO “GIOVANE” E “COMANDANTE”]

COMAND.

[OSSERVA PERPLESSO E SDEGNOSO “GIOVANE” CHE AVEVA DORMITO VICINO A LUI] Allora? Si può sapere chi sei e che ci fai qui di fianco a me?

GIOVANE

[IMBARAZZATO] Mi scusi, signore, ma sono arrivato stanotte... lei dormiva già e non ho potuto presentarmi... [GLI PORGE LA MANO]

COMAND.

[GLI STRINGE LA MANO ESITANDO] E come ci sei finito, vicino a me?

GIOVANE

Proprio perché dormiva, signore.

COMAND.

Che cavolo stai dicendo?

GIOVANE

Ho sentito un rumore e ho voluto sapere da dove provenisse. L’ho seguito e... sono arrivato da lei.

COMAND.

Da me? E che rumore era?

GIOVANE

Era lei che... russava, signore. Così mi sono tranquillizzato. Mi sono detto: “se questo dorme, non può avere cattive intenzioni”... così mi sono accomodato vicino a lei.

COMAND.

Giovane: il “Comandante” [INDICANDOSI] non russa... e poi se così fosse stato, non avresti potuto dormire neppure tu.

GIOVANE

No, signore: mi è bastato tirarle qualche calcio ogni volta che iniziava, per dormire tranquillo.

COMAND.

Come ti sei permesso?! Lo sai che volendo potrei spedirti via io, a pedate?

GIOVANE

Mi scusi, signore, ma ero stanco...

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COMAND.

Va be’, va be’, ma in futuro vai a dormire per i fatti tuoi.

GIOVANE

[RESTA UN ATTIMO IN SILENZIO] Allora?

COMAND.

Allora, cosa?

GIOVANE

Che si dice?

COMAND.

[COME INTUENDO QUALCOSA] A cosa ti riferisci?

GIOVANE

Non ha proprio niente da raccontarmi?...

COMAND.

Secondo te, cosa potrei avere da raccontare, quando manca un attimo all’alba?

GIOVANE

Signore... se ho voluto svegliarmi con lei... è proprio perché so che quando manca un attimo all’alba, ha sempre qualcosa da raccontare...

COMAND.

Senti, giovane... tu ti sei fidato di me perché... russavo, anche se è tutto da dimostrare... ora dimmi per quale motivo dovrei fidarmi io di te?!

GIOVANE

È da tanto che cerco il “Comandante” per farmi raccontare una certa storia, ma siccome so che il momento giusto è questo, ho deciso di aspettare, anche se avrei voluto tanto svegliarla per sentirla subito.

COMAND.

[OSSERVANDOLO E RIFLETTENDO PER UN ATTIMO] Voglio provare a fidarmi... ma fai bene attenzione, giovane: se il Comandante si accorge che non credi a quello che ascolti, mi interrompo e ti rispedisco al mittente...

GIOVANE

[ACCENNANDO UN SALUTO MILITARE] Agli ordini, Comandante.

COMAND.

Ecco: manca un attimo all’alba e poco prima che arrivi il giorno la luna sparisce sotto una coperta azzurra di cielo limpido o grigia di nuvole, comunque si fa da parte per lasciare il posto alla luce, al rumore e a tutte le persone che incominciano a prendere possesso di una nuova, convulsa giornata.

GIOVANE

Chissà dove va la luna di giorno?!

COMAND.

Dicono dall'altra parte del mondo, ma quella no, quella per chi sogna è un'altra luna, la luna di quei posti, che anche lei, di giorno, il giorno di quei posti, si ritira sotto la sua coperta, azzurra o grigia. E così allo stesso modo fanno tutti quelli che vivono in giro.

GIOVANE

A girare per la città poco prima che arrivi il giorno è tutta un'altra cosa. Intanto avverti l’assenza di quel bruciorino alla gola, di quell'aria pesante di automobili, poi, quasi ti mancano i clackson, i motori, quella confusione che, se a volte può dare fastidio, può anche rappresentare un comodo 28


nascondiglio. Al posto di tutto questo puoi trovare l'odore del pane e il rumore dei tuoi passi e ti può scompigliare i capelli la brezza anziché uno spostamento d'aria. COMAND.

A girare per la città poco prima che arrivi il giorno, incontri i vagabondi come… (STA PER INDICARE ENTRAMBI, POI SI CORREGGE E INDICA SOLO IL GIOVANE)… come te, che si stirano, riavvolgono le loro coperte di cartone, ripercorrono i sogni che hanno fatto, sogni di posti lontani e persone incontrate lungo la strada, poi vanno a sciacquarsi alla fontana e chissà dove spariscono fino a sera.

GIOVANE

Forse a cercare in giro, con gli occhi, posti nuovi e nuove persone da portare nei propri sogni.

COMAND.

A proposito, giovane: andiamo a cercare una fontana.

GIOVANE

Ma l'acqua sarà fredda…

COMAND.

Può succedere che il comandante russi un po', ma non si dica che non è una persona pulita.

GIOVANE

Non ne dubito, signore. Così approfittiamo di questo momento per girare la città.

COMAND.

A girare per la città poco prima che arrivi il giorno, incontri le signore della notte che lentamente rincasano, con passo appesantito, ma finalmente da sole. Salgono una rampa di scale consumata da mille anni di quei passi lenti e quando arrivano sul ballatoio… un sospiro di sollievo e poi non le vedi più e non senti nemmeno richiudersi la porta.

GIOVANE

A girare per la città poco prima che arrivi il giorno, incontri tutti quelli che hanno voglia di sognare…

COMAND.

…Di sognare che la luna si nasconde e la vogliono cercare, in una fontana o su per una rampa di scale consumata, per poi accorgersi che lei, la luna, ancora una volta è scappata via, scompigliando i loro capelli per la fretta di nascondersi, quando manca un attimo all’alba. Da qualche tempo anche lui andava a nascondersi a quell’ora e spiava la città che sempre più sembrava una città, che era sempre più di tutti gli altri, chiassosa e nervosa, fino ad averne quasi paura. Trascorreva le giornate difendendosi da loro e attendeva con ansia il tramonto perché tutto cominciava a scomparire. Ma un giorno qualunque intraprese il suo viaggio… (ESCONO)

[IN SOTTOFONDO ACCORDI MUSICALI DEL LEIT-MOTIV]

SCENA III ATTORE "D" - ATTRICE "B"

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ATTORE D

Quando al tramonto Il sole mi strapperà un saluto e un arrivederci con tutta l'attesa di scoprire domani quante e quali cose accenderà, quando al tramonto, seduto sotto il mio albero amico mi appoggerò a lui e l'energia di entrambi scorrerà, quando al tramonto sentirò dentro di me la forza per sorridere al mondo degli altri e dire semplicemente "no grazie" a quel mondo che vorrà entrare nel mio mondo, quando al tramonto anch'io sarò parte di tutto ritornerò. Ora vado: devo cercare la casa della luna.

ATTRICE B

Da bambina, un giorno, mi decisi a scappare di casa per raggiungere le fate, ma arrivarono prima gli adulti e mi sgridarono, con ansia e dispetto, perché loro non potevano ormai credere più. Ma le fate, io lo sapevo, lo sapevo che c’eran davvero e così, un giorno, proprio loro raggiunsero me. E gli adulti, là fuori, con ansia e dispetto, sempre a credere di credere bene.

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SCENA IV GIOVANE - COMANDANTE

GIOVANE

Comandante… non le sembra che si sia messo freddo?

COMAND.

Freddo? Può darsi, ma non me ne occupo.

GIOVANE

Come, "non se ne occupa"?!

COMAND.

Non gli presto attenzione. In questo modo non mi dà nessun fastidio.

GIOVANE

Ma comandante, è ufficialmente freddo!

COMAND.

Lascia che faccia quello che vuole. Se ascolti la radio e c'è qualcuno che ti sta antipatico, tu che fai?

GIOVANE

Io mi arrabbio sempre, comandante.

COMAND.

Energia sprecata. Io invece non gli presto attenzione. Il ché è diverso dallo spegnere la radio.

GIOVANE

Io invece il freddo lo spegnerei.

COMAND.

Voi giovani, giovane, siete fatti di materiale scadente.

GIOVANE

Va bene, comandante. Ma la storia?

COMAND.

Che storia?

GIOVANE

Quella cha ha iniziato a raccontarmi…

COMAND.

[DANDOSI UN TONO] Si, certo. Bravo giovane: volevo vedere se stavi attento. Bene… Il viaggio iniziò in uno di quei giorni… così, come oggi, in cui devi all'improvviso alzare il bavero della giacca perché scopri che da un istante all'altro è arrivato il freddo. Ad uno degli angoli più congestionati della città, il profumo semplice e sincero delle castagne arrostite si imponeva in modo quasi anacronistico sugli odori artificiali delle vie del centro. Ti piacciono le castagne, giovane?

GIOVANE

Si, abbastanza… non ne sono goloso, ma mi fanno piacere.

COMAND.

Anche il nostro amico non era certo goloso di castagne, ma gli sembrava che quel profumo gli facesse in qualche modo compagnia. Il cartoccio gli scaldava le mani e quel foglio di giornale arrotolato a formare un cono, poi, lo faceva riflettere. Le notizie di cronaca, i miliardi che fluttuano in borsa, l'ipocrisia della politica, persino le piccole o grandi esistenze il cui inizio e la cui fine vengono annotati proprio sulle pagine di un quotidiano, si confondevano ed avevano l'unico scopo - comune - di raccogliere una manciata di castagne arrostite. Leggi i giornali, giovane?

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GIOVANE

Quando ne trovo qualcuno… lo leggo un po', poi lo uso, cuscino, come cappello, come maglietta della salute…

COMAND.

Un po'. Continua a leggerli solo un po' i giornali, giovane. Bene, senza rendersene conto iniziò a sbirciare dentro al cartoccio per cercare di leggere qualche piccola notizia, qualche parola, qualche nome vecchio di giorni, di mesi o forse di anni, quando dietro di sé sentì ridere sommessamente …

[ESCONO]

SCENA V ATTORE "D" - ATTRICE "B"

ATTRICE B

[OSSERVANDO L’ATTORE D GIORNALE] Che novità ci sono?

LEGGERE

IL

CARTOCCIO

DI

ATTORE D

No, niente… non ricordavo gli interpreti di un film e così guardavo se riuscivo ancora a leggerli…

ATTRICE B

Fortuna che non le ha incartate nella pagina sportiva, altrimenti c'era il rischio te la prendessi con qualche arbitro. Piacciono le castagne?

ATTORE D

Io non è che ne vada matto, ma mi piace la fragranza, il calore delle caldarroste. Le tiri su, una dopo l’altra e un bel momento ti accorgi che hai le unghie nere per tutto quel frugare nel bruciaticcio, perché in fondo al cartoccio speri sempre di trovarne ancora una e il bello è che riesci a trovarla.

ATTRICE B

Hai mai provato a osservare bene una castagna? Hai notato la sua forma, la levigatezza, la bellezza del colore marrone che sfuma in venature nere, da una parte una puntina biancastra, come un ciuffettino e dall'altra un ovale, quasi un occhio, chiarissimo anche lui e quando non tagli la buccia scoppiano da farti sussultare e poi ti mettono allegria, un’allegria semplice, come nelle feste di paese, quando hai il cuore che palpita per i mortaretti.

ATTORE D

Ho capito chi sei: la figlia del caldarrostaio e questa è una strategia per farmene acquistare delle altre.

ATTRICE B

Strategie, macchinazioni… gli uomini studiano per anni e si impegnano con tutte le proprie forze per creare cose sempre più complesse e lontane da loro, dal loro essere uomini. Poi un bel giorno si accorgono che tutte le loro trovate geniali hanno generato un qualcosa di talmente complicato da essere inutilizzabile e allora… sfronda di qua, sfronda di là, arrivano alla castagna, cioè all'essenziale, alla semplicità, alla purezza. È un po' come tornare bambini, ma con alle spalle tanta fatica inutile. Un grande pittore,

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mi pare Picasso, diceva che gli artisti impiegano quasi tutta la loro vita per riuscire a disegnare come i bambini… ATTORE D

Quando sbuccerò la prossima castagna avrò dei sensi di colpa, mi sembrerà di sfregiare un'opera d'arte…

ATTRICE B

Si, è probabile che avrai dei sensi di colpa: sei diventato adulto proprio per questo. Un bambino, di un'opera d'arte assapora i colori, le forme, ne è istintivamente attratto o respinto, riesce in modo del tutto naturale a sentire e a comprendere il messaggio che l'artista gli ha inviato, anche da molto lontano, nel tempo e nello spazio. Non ha sensi di colpa a dire che una cosa per lui è brutta. Poi ci penserà l'educazione a fargli perdere di vista tutto questo e se lo vorrà, dopo anni e anni di studio, finalmente riuscirà di nuovo a capire quello che già sapeva. Ora prova a pensare: non sarebbe meglio restare sempre come dei bambini, con tutto il piacere di compiere in ogni momento una scoperta, con la spontaneità e la semplicità che ci vengono poi sottratti per timore che possiamo essere troppo diversi dal resto del mondo? Prova a pensare…

ATTORE D

Compiere ogni giorno una scoperta non è facile.

ATTRICE B

Accorgersi di compierla non è facile.

ATTORE D

Che cosa puoi scoprire in una città? Che cosa può ancora meravigliarti?

ATTRICE B

Cammina e guardati in giro, ma getta via le scorie bruciaticce e guarda con gli occhi increduli di un bambino. Sai benissimo che sotto alle bucce una castagna c’è sempre, ma non sai quanto è grossa, quanto è cotta, quanto è dolce. Devi aspettartelo, di fare delle scoperte, ma non devi sapere quali, come e dove. Dare tutto per scontato significa non aspettarsi più nulla, essere adulti e poi subito vecchi, dentro. Oggi hai scoperto una castagna, domani chissà? Al mondo ci sono tante cose...

ATTORE D

[OSSERVA ASSORTO UNA CASTAGNA]

ATTRICE B

[ESCE NON VISTA DALL’ATTORE D]

ATTORE D

[CREDENDO CI SIA ANCORA L’ATTRICE B] Ehi, ma tu dove dovevi andare?… [CERCANDOLA CON LO SGUARDO] Ehi, dico a te: dove sei finita? [SI GUARDA IN GIRO, POI OSSERVA LA CASTAGNA E LA METTE IN TASCA CON MOLTA CURA, SORRIDENDO] Non si sa mai, forse un giorno potrebbero richiederla da un museo [ESCE]

SCENA VI GIOVANE – COMANDANTE

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GIOVANE

Che acqua fredda, in quelle fontane, comandante.

COMAND.

Ma insomma... bastava dirlo prima...

GIOVANE

Che cosa?

COMAND.

Quali erano le tue esigenze. Ti avrei fatto trovare un porticato confortevole, con doppi servizi, acqua calda e vista panoramica...

GIOVANE

Non esageriamo Comandante...

COMAND.

Per la colazione hai qualche preferenza? Cappuccino con pane, burro, marmellata e succo di arance può andare bene? Se vuoi ci sono anche le brioches calde calde...

GIOVANE

[INDISPETTITO] Io ho solo detto che l’acqua è fredda.

COMAND.

Quando hai deciso di fare il vagabondo, sapevi bene a cosa saresti andato incontro... allora a che serve lamentarsi? Un giorno tu potrai tornare alle tue comodità domestiche, se lo vorrai e l’acqua fredda, il sacco a pelo logoro, i cartoni per terra, apparterranno alla sfera dei tuoi ricordi. Invece ci sarà qualcun altro che continuerà a vivere come adesso e, come adesso, continuerà a non lamentarsi.

GIOVANE

Non se la prenda, comandante... è solo che noi giovani [SORRIDE ALLUSIVAMENTE] siamo fatti di materiale scadente...

COMAND.

Impertinente!

GIOVANE

Posso offrirle la colazione, comandante?

COMAND.

Eh?

GIOVANE

Ho visto una fontanella proprio vicino a un forno. Se noi beviamo quell’acqua e respiriamo la fragranza del pane appena sfornato...

COMAND.

Questa è mancanza di rispetto!

GIOVANE

[BONARIAMENTE] Sa cosa le dico, comandante? I profumi, gli odori, ancora non dobbiamo pagarli, allora, perché non approfittarne fare il pieno? Il gusto del cibo, lo sentiamo anche dal naso, perciò se noi mangiamo un tozzo di pane dietro alle cucine di un ristorante... li freghiamo tutti!

COMAND.

E allora diamoci da fare. Oggi voglio andare nel primo ristorante della città.

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GIOVANE

Stavolta offro io per davvero. Un tozzo di pane devo averlo ancora e al resto... penserà il cuoco. Strada facendo potrebbe continuare a raccontarmi la storia.

COMAND.

Che storia?

GIOVANE

La storia che mi sta raccontando, comandante: di quel viaggio...

COMAND.

[DANDOSI UN TONO] Bene bene, giovane: non ti sfugge nulla. La storia... [PENSANDOCI SU] Adesso nella storia entra un tipo... un po’ come noi...

[ESCONO]

SCENA VII ATTORE "C" - ATTORE "D"

ATTORE C

Tienilo bene a mente ogni più piccolo passo del tuo lungo cammino, poi, quando vorrai fermarti a ristorarti, scegli l’amore e portalo con te e getta il male lontano più che puoi, in terradinessuno, affinché si disperda nel vento tutto ciò che non vuoi ricordare.

ATTORE D

[RIPENSANDO ANCORA AL DIALOGO CON L’ATTRICE B] "Tornare bambini… tutta la vita per diventare bambini… compiere in ogni momento una scoperta…"

ATTORE C

Già che ci sei, hai mica anche scoperto dove va a finire questa strada?

ATTORE D

In tanti posti. Dipende da dove vuoi andare tu.

ATTORE C

Non ho mai una meta precisa: per me l'importante è che la strada non finisca, non ci si trovi davanti un muro e non si debba tornare indietro.

ATTORE D

Allora per di qua va benissimo. Un trekking in questa stagione?

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ATTORE C

Per girare il mondo, tutte le stagioni vanno bene e poi non devi mica muoverti solo quando fa caldo e c'è bel tempo. Sono attrezzato anche per la pioggia e per la neve. Mi piace guardare il mondo in tanti modi. Va be', dai: chiedimi pure come vivo, tanto prima o poi, lo vorrai sapere.

ATTORE D

Veramente non sono affari miei.

ATTORE C

E allora ti dico solo che non ho mai scippato nessuno, mai rapinato, mai violentato, così non hai nulla da temere. Io vado in giro, poi, quando trovo un posto che mi sembra adatto, o quando sono del tutto a secco, mi dipingo la faccia di bianco, metto il mio cappello per terra e sto lì, immobile come una statua, con lo sguardo apparentemente fisso nel vuoto, ma quando qualcuno mette qualcosa nel cappello, mi muovo dapprima meccanicamente, poi, piano piano, mi sciolgo per fare bonariamente il verso al mio benefattore o a qualcuno che, nel crocchio che si forma, attiri particolarmente la mia attenzione. Poi di nuovo immobile fino all'offerta successiva. Oh, non chiedo mica l'elemosina: io lavoro, mi guadagno da vivere intrattenendo il pubblico per strada.

ATTORE D

Lo hai sempre fatto?

ATTORE C

Fino a qualche tempo fa avevo un lavoro e una famiglia, ma per tanti casini che mi sono capitati sono riuscito a perdere tutto, così sono andato via, prima di testa, poi di casa e mi sono incamminato. Il mio lavoro adesso è la strada, la mia famiglia la gente che incontro. Si, a volte mi capita di soffermarmi a guardare verso una finestra illuminata dalla quale traspare calore e serenità e lo provo, certo, un vago senso di malinconia, come un piccolo, acuto dolorino qui alla gola, ma cerco di scrollarlo via e riprendo il cammino, tanto…

ATTORE D

Hai una meta?

ATTORE C

Macché. Ci mancherebbe altro. Se nella vita ti poni dei traguardi, ti poni anche degli sbarramenti, tipo che arrivi ad una certa età e non puoi più fare certe cose e devi farne altre, poi arrivi a un'altra età, a un'altra ancora e così via a raggiungere sbarramenti e a decidere cosa puoi fare e cosa non puoi più.

ATTORE D

E di volta in volta è come cambiare la maschera.

ATTORE C

Andare in giro per la strada, credi che è come andare in giro per la vita.

ATTORE D

Senza confini, nello spazio e nel tempo.

ATTORE C

Già. Dove voglio andare io lo decido di giorno in giorno e se poi non arrivo a destinazione fa lo stesso. L'importante è che se lungo la strada mi fermo, sia con qualcuno per cui valga la pena di farlo.

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ATTORE D

Si, lo so, però sono incontri di un momento.

ATTORE C

Un incontro, non importa quanto tempo può durare, ma quanto può dare. A entrambi, si intende. Pensi forse sia meglio trascinarsi anni e anni cercando di decidere cosa si può fare la domenica pomeriggio e poi ritrovarsi sempre allo stesso bar? Incontro spesso delle persone con le quali percorro un tratto di strada. Poi un ciao, un augurio e via, per un altro tratto. “Addio, amico. Buon cammino. E chissà che il caso - o chi ne conosce la password - non ci faccia incontrare di nuovo”.

ATTORE D

Senza mai un rimpianto?

ATTORE C

Rimpiangere ciò che è stato è una mancanza di rispetto verso ciò che sarà. Si, a volte qualche incontro mi lascia un segno, dentro, che mi accompagna nel mio vagabondare, ma mai nessun rimpianto. Il male lo getto lontano, in terra di nessuno e l’amore lo porto con me.

ATTORE D

È come mettere tutto nello zaino.

ATTORE C

Spesso non me ne accorgo, sai, di farlo, ma al momento buono ecco che mi capita di tirare fuori qualcosa che era lì dentro e non lo sapevo.

ATTORE D

Buon cammino, allora. E chissà che… [CERCANDO DI RICORDARE] il caso - o chi ne conosce la password - non ci faccia incontrare di nuovo. Penso che prima o poi ti troverò nel mio zaino…

ATTORE C

[ESCE NON VISTO DALL’ATTORE D]

ATTORE D

Ti troverò nel mio zaino... [SI GUARDA IN GIRO, NON VEDE L’ATTORE D] Ma come?! Anche lui se n’è già andato? [ESCE]

SCENA VIII GIOVANE – COMANDANTE

COMAND.

[UN PO’ ALTICCIO] Accidenti, giovane: devo proprio darti ragione. Quell’idea del tozzo di pane e della cucina del ristorante non era niente male... come ti è saltata in mente?

GIOVANE

[C.S.] Non so. Mi è venuta un’idea e l’ho messa in pratica subito, senza prendere troppe misure. Tanto sapevo che non avrebbe nuociuto a nessuno.

COMAND.

[COMPIACIUTO] Eh, la mia scuola comincia a dare i suoi frutti. Stai imparando a inventarti la vita.

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GIOVANE

Si, ma quello che ci è successo dopo non potevo prevederlo...

COMAND.

[RIDACCHIANDO] Sgranocchiavamo il nostro pezzo di pane e sniffavamo il profumo delle cucine...

GIOVANE

[C.S.] Un boccone una sniffata, un boccone una sniffata...

COMAND.

[C.S.] Ed esce il padrone del ristorante...

GIOVANE

[C.S. ASSUMENDO UN TONO ALTEZZOSO] “Scusate, signori, ma la vostra presenza non è gradita alla mia affezionata clientela. Posso chiedervi di allontanarvi? Oh, ma consentitemi di dimostrarvi comunque tutta la mia amicizia e simpatia”

COMAND.

[RIDENDO] E noi glielo abbiamo “consentito” eccome!

GIOVANE

[C.S.] E lo chef in persona ci ha portato una borsa piena di ogni ben di Dio!

COMAND.

[C.S.] Quello che per la sua “affezionata clientela” era di troppo, è stato motivo di festa per noi e per i nostri amici...

GIOVANE

[C.S.] Persino bottiglie di vino buono consumate solo a metà...

COMAND.

[C.S.] Bianco, rosso, rosato... a seconda della pietanza...

GIOVANE

[FACENDOSI IMPROVVISAMENTE SERIO] rifiuti dei clienti altolocati di un ristorante.

COMAND.

[C.S.] Per le persone altolocate, anche noi siamo rifiuti, è tutto regolare. Ma quello che non pensano, è che i rifiuti, prima di essere tali, erano molto gradevoli... e poi tutto finirà allo stesso modo, nelle fogne, per loro come per noi, con la differenza che loro se ne vergogneranno e noi no e lì, lì è proprio tutto uguale, per tutti... altolocati e vagabondi. [RIDE SGANGHERATAMENTE] È l’unica vera glo... glo... globulizzazione...

GIOVANE

[C.S.] La globalizzazione... credono di averla inventata loro...

COMAND.

[CERCANDO DI RICOMPORSI] Ora basta, giovane, va a finire che ci si blocca la digestione...

GIOVANE

[C.S.] Sarà meglio continuare nella nostra storia.

COMAND.

Storia?! Che storia?

GIOVANE

La storia che mi racconta fra un pranzo e l’altro, comandante: se ne è andato anche l’artista di strada...

Si, ma sono solo rifiuti, i

38


COMAND.

[DANDOSI UN TONO Sai, giovane... se non fossi così attento, non avrei soddisfazione a raccontarti le cose... [PENSANDOCI SU] Ora viene il bello...

[ESCONO]

SCENA IX ATTRICE "A" - ATTORE "D"- PASSANTI - GIOVANE – COMANDANTE

ATTRICE A

Un fiore un fiore non è se non raccoglie il sole e ne fa profumo, colore. A cosa serve un lago se in lui non nuotano i pesci, gli uccelli non lo scompigliano e le rane non gracidano sulle sue sponde. Non tutto è verità nelle parole di chi non ha mai terra fra le unghie. Un passo dopo l'altro il cammino prende la forma che tu gli dai: da un ciglio all'altro del sentiero, un salto, fermo, corri, rallenti, nel mezzo, ti volti, riparti. A volte una mano ti prende per mano, più spesso una mano ti spinge, ti stringe. Riprendi il cammino. Avverti pulsare la forza sotto una corteccia, ascolti il differente ansimare dei venti, osservi il calore che sale da ogni vita. E il cammino si spiana, mentre in mezzo alla gente fai un inchino ad un sasso.

COMAND.

[F.C.] La stava ancora guardando negli occhi e non si era accorto che cominciava a nevicare, sempre più fitto.

39


GIOVANE

[F.C.] Lo dicevo io che faceva freddo...

COMAND.

Quando distolse per un attimo lo sguardo la vide immobile, un’espressione fiera, con i fiocchi che le giocavano fra i capelli. Allungò timidamente la mano fino a farle una carezza che voleva essere una conferma che lei esistesse davvero, che fosse proprio viva e autentica davanti a lui. Come rendendosi improvvisamente conto di quanto stava facendo, ritrasse la mano intimorito.

ATTORE D

Scusami, io non volevo…

ATTRICE A

Perché non volevi?

ATTORE D

Perché non posso farlo, io non volevo, ma le cose che mi hai detto e la tua presenza, ora, qui, mi hanno distolto e mi sono permesso…

ATTRICE A

E ti sei permesso di forzare il tuo istinto. Tu volevi farmi una carezza, ma una un raziocinio inopportuno e un pudore ipocrita hanno fermato la tua mano e quello che voleva essere un gesto delicato, dettato dal tuo istinto e scaturito spontaneamente dal tuo animo, ti è sembrato improvvisamente una mancanza di rispetto. Ma il rispetto lo hai perso verso di te, soffocando quello che di più alto possiedi: il tuo sentimento. Io, lo vedi, non mi sono schermita: sono rimasta qui, davanti a te, aspettando che tu dia libertà al tuo spirito, sotto questa neve e in mezzo a questa gente che va di fretta…

ATTORE D

Ma è proprio questa gente che va di fretta che mi impedisce di dare libertà al mio spirito.

ATTRICE A

Perché tu e il tuo spirito siete separati, in mezzo a voi c’è la gente, ci sono le convenzioni, le regole inutili. Riprenditi la tua anima, impara a vivere con lei, a darle ascolto, ma non averne paura, mai, anche se ti sembrerà condurti alla follia, all’emarginazione. Fai quello che ti suggerisce e dovunque ti troverai, in sua compagnia, la tua vita sarà sempre un’avventura da vivere fino in fondo. Quante cose non fai perché “non sta bene” oppure perché “cosa può pensarne la gente”? La neve. Cosa vorresti fare quando c’è la neve?

ATTORE D

Non so… andare lì in mezzo, guardare per aria e contare per quanti fiocchi resisto prima di chiudere gli occhi… è un gioco che facevo sempre da bambino, ma poi mi facevano andar via, perché altrimenti mi pigliavo il raffreddore.

ATTRICE A

Allora vieni qui, giochiamo, dai… scommetto che sono più brava di te… uno due tre quattro cinque… oh… tocca a te…

ATTORE D

Uno… due tre quattro cinque… mi piace la neve sulla faccia…

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ATTRICE A

E allora te la impiastro per bene…

ATTORE D

Ferma con questa mano…

ATTRICE A

Perché? Piaci anche me con la neve sulla faccia…

ATTORE D

Con gli occhi ancora chiusi la afferrò per un polso, ma quello era invece il polso di un passante che si riparava dalla neve con l'ombrello. Appena se ne accorse glielo fece volare via. Ma cosa fa? Si ripara dalla neve? Via, via, questo non serve…

ATTRICE A

Via gli ombrelli, via i cappelli…

ATTORE D

La neve… la neve va sulla faccia… la neve deve infilarsi nel colletto…

ATTRICE A

Ve l'hanno sempre impedito, avete sempre dovuto difendervi da tutto…

ATTORE D

Ma perché difendervi da qualcosa che vi da gioia?

ATTRICE A

Via gli ombrelli, via i cappelli…

ATTORE D

Quanta vita ci hanno sottratto impedendoci di essere noi stessi.

ATTRICE A

Vi hanno obbligato ad assomigliare a qualcun altro, a qualche idea precostituita…

ATTORE D

Siamo bellissimi con la neve sulla faccia…

[SALGONO ACCORDI MUSICALI DI UN VALZER CHE VA IN CRESCENDO]

ATTRICE A

La neve…

ATTORE D

La neve sulla faccia…

ATTRICE A

Via gli ombrelli…

ATTORE D

Via i cappelli…

ATTRICE A

La neve…

ATTORE D

La neve deve infilarsi nel colletto…

ATTRICE A

Via gli ombrelli…

ATTORE D

Via i cappelli…

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[I PASSANTI TIRANO PALLE DI NEVE E RIDONO, POI TUTTI SI PRENDONO PER MANO E DANNO VITA AD UN GIROTONDO SEMPRE PIÙ VORTICOSO NEL QUALE SI INSERISCONO ANCHE IL GIOVANE E IL COMANDANTE. IL VALZER VA IN RAPIDO CALANDO. SUGLI ULTIMI ACCORDI CADONO TUTTI A TERRA AFFANNATI. NELLA SARABANDA ESCE L’ATTRICE A. I PASSANTI SI RIALZANO A FATICA ED ESCONO. PER ULTIMO SI RIALZA L’ATTORE D. STRINGE LA CASTAGNA NEL PUGNO ]

ATTORE D

Andiamo, siamo quasi arrivati.

SCENA X GIOVANE – COMANDANTE

GIOVANE

[FRASTORNATO] Comandante, lo sa che il racconto di poco fa mi sembra di averlo realmente vissuto!?

COMAND.

[SORNIONE] Perché, giovane?

GIOVANE

[C.S.] Non so... è come se anch’io avessi fatto il girotondo... ho ancora la testa che mi frulla...

COMAND.

[C.S.] Sarà stato il vinello di prima. Questi giovani d’oggi... guarda me... [SI METTE GOFFAMENTE SU UNA GAMBA SOLA E ACCENNA UN PASSO DI DANZA] Che te ne pare?

GIOVANE

Eppure mi era persino sembrato che con me e con tutti gli altri ci fosse anche lei...

COMAND.

Certo che c’ero. Sono sempre stato con te, a raccontarti la storia.

GIOVANE

Allora sa raccontare proprio bene.

COMAND.

Modestamente... Ma lo sai, giovane, che ci sono persone che le storie le raccontano meglio di altri e persone che le storie le sanno ascoltare, meglio di altri!?

GIOVANE

Questo l’ho sempre pensato, ma chi sono queste persone?

COMAND.

Sono i sognatori, giovane. Prova a guardarti in giro, per strada. fra le tante persone che passano, ce ne sono certe che sembrano lì solo col proprio corpo, la loro testa è altrove. Guardano tutto con la curiosità di chi vede una cosa per la prima volta o con il languore di chi la vede per l’ultima. Sono quelli che sbagliano strada, che passando davanti a uno specchio in una vetrina salutano sé stessi pensando: “Io quello l’ho già visto”. I sognatori sono quelli che comprano un sacco di cose inutili perché ne 42


avevano un gran bisogno, poi dimenticano dove le mettono e le ricomprano. I sognatori sognano prima di addormentarsi: quello che viene dopo li interessa meno e non lo ricordano. I sognatori, poi, si svegliano presto, molto presto la mattina, perché hanno fretta di sognare. GIOVANE

Noi vagabondi dobbiamo svegliarci presto la mattina, per lasciare il posto a tutta l’altra gente...

COMAND.

... E per sognare, magari sognare di fare un pranzo coi fiocchi, sgranocchiando un pezzo di pane e annusando il fumo di un ristorante...

GIOVANE

[PERPLESSO] Ma...

COMAND.

[SORNIONE] Si, giovane?!

GIOVANE

[C.S.] Il ricordo del passato è simile a un sogno. Ciò che si è vissuto assume gli stessi contorni di ciò che si sogna e per il futuro è la stessa cosa. Mi chiedo dove finisca la realtà e dove cominci il sogno...

COMAND.

Saresti in grado di dirlo con precisione?

GIOVANE

No. Ogni istante che trascorre va a finire nel passato, ogni istante che deve trascorrere è ancora nel futuro e tutto è come un sogno, ma noi in che presente viviamo?

COMAND.

Tu cosa ne dici?

GIOVANE

[ESITANDO] Nel presente... di un sogno?!

COMAND.

[CON UN SALUTO MILITARE MOLTO CARICATO] Benvenuto nel nostro esercito, signor sognatore. Qui le regole sono molto semplici: la prima è non avere regole, la seconda è non nuocere mai a nessuno con i propri sogni, la terza è non prendere mai nessuno troppo sul serio, compresi sé stessi... giura di rispettarle senza riserve?

GIOVANE

Lo giuro. Ma adesso continui a raccontarmi la storia...

COMAND.

Quale storia?

GIOVANE

Oh santo cielo, comandante: la storia che mi sta raccontando da quando ci siamo incontrati...

COMAND.

[DANDOSI UN TONO Bene così, giovane... vedo che ti ricordi anche come ci siamo incontrati. Sto molto attento a certe sfumature, sai?

[ESCONO]

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SCENA XI ATTORE "D" - ATTORE "E"

[L’ATTORE E È SEDUTO SUL CIGLIO DELLA STRADA. HA UN ASPETTO DIMESSO, MA ESTREMAMENTE DIGNITOSO. SEMBRA IMMERSO NEI PROPRI PENSIERI. QUANDO L’ATTORE D GLI È DAVANTI, L’ATTORE E LO GUARDA. L’ATTORE D CERCA QUALCOSA DA DARGLI, MA SOLO IN QUEL MOMENTO SI RENDE CONTO DI AVERE LE TASCHE COMPLETAMENTE VUOTE. LO SGUARDO DELL’UOMO SI SOFFERMA SUL PUGNO DEL L’ATTORE D CHE RACCHIUDE LA CASTAGNA.] ATTORE D

Mi dispiace, è solo… è una castagna.

ATTORE E

In questo momento è tutto quello che hai.

ATTORE D

Tutto. Davvero. Non credevo proprio di essere così pulito.

ATTORE E

Adesso, tutto, per te, dovrà ricominciare da quello che hai nel pugno.

[CON UN GESTO DECISO GLI PORGE LA CASTAGNA. L’UOMO LA PRENDE E LA TIENE BENE IN VISTA] ATTORE E

Hai capito, ora, quanto c’è qui. La semplicità, l’armonia, persino i sussulti del tuo cuore e lo scoppiettare della gioia. Ora, vedi, donandomi la castagna senza esitazioni, tu mi hai dato tutto questo. Certo da sola non basta a saziare la fame del corpo, ma può nutrirti molto, molto di più. Ora hai imparato che anche le cose che ci sembrano meno importanti, quelle in apparenza più insignificanti, non sono, in fin dei conti, molto diverse da noi. Veniamo tutti da un unico momento: gli uomini, le piante, gli animali, persino le pietre, un unico, supremo momento, nel quale il grande spirito donò sé stesso, la sua smisurata energia a tutti noi, una volta per sempre. A tutti noi, una volta per sempre. Ci diede un mondo e ci chiese di averne cura, rispettando anche il più piccolo sasso. Il grande spirito formò un cerchio, un abbraccio tra sé e la materia, in cui egli stesso e l’uomo e tutto il creato vivevano in armonia. L’uomo allora poteva avvertire il pulsare della linfa tra le fibre di un albero, intendeva perfettamente gli animali, accordava il suo respiro a quello della terra, la sua vita al ritmo dei giorni e delle notti: salutava nel sole la potenza del grande spirito e nella luna la sua dolcezza. Ma un giorno l’uomo volle, volle di più e poi ancora di più e sempre di più e la sua avidità lo rese superbo. Il cerchio si spezzò e fu così che le sue dita sulla corteccia non avvertirono più lo scorrere della linfa,

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gli animali diffidarono di lui e il suo respiro divenne più affannoso di quello della terra. Volle, volle sempre di più: volle oscurare il cielo creando nubi di veleno, volle creare un altro sole per terrorizzare altri uomini e poiché non reggeva più gli sguardi dei suoi figli, non esitò a imprimere su di loro un putrido segno. Molti allora vedendo tutto questo ne ebbero timore, ma lui offrì loro la possibilità di non vedere più nulla e quelli che accettarono di comprare il suo velenoso, codardo oblio diventarono suoi schiavi. Ma l’uomo avvertiva ancora il tormento della propria limitatezza e volle così ricrearsi con le proprie mani, per essere sé stesso il proprio dio. Ma ci fu dato un mondo e ci fu chiesto di averne cura, nulla di più. Hai capito, ora, quanto c’è qui.

[L’ATTORE D RIPRENDE LA CASTAGNA E RIMANE ASSORTO A FISSARLA, TENENDOLA NEL PALMO DELLA MANO. ENTRANO I PASSANTI, IL GIOVANE E IL COMANDANTE. SI FERMANO AD OSSERVARE L’ATTORE C] ATTORE D

[GUARDANDOSI IN GIRO CON ANSIA] Qui... l’avete visto tutti che qui c’era un uomo, vero? Un uomo, che... non ci credete, vero?! Credete che io sia un pazzo, un visionario... ma qui c’era veramente un uomo...

[IL COMANDANTE E IL GIOVANE SI AVVICINANO BONARIAMENTE ALL’ATTORE D. IL COMANDANTE LO AFFERRA AD UNA SPALLA E GLI INDICA IN ALTO] ATTORE D

[GUARDANDO IN ALTO] La luna... com’è bella stasera... così grande e splendente non l’ho mai vista... [GUARDA IL GIOVANE E IL COMANDANTE. CAPISCE] È questa, vero? È questa la sua casa.

[ESCONO TUTTI TRANNE IL GIOVANE E IL COMANDANTE]

COMAND.

Era quasi l’ora del tramonto. Conosceva bene le strade della città eppure era come vederle per la prima volta. Ora poteva ascoltare l’albero, il gabbiano, persino la pietra: tutti avevano qualcosa da raccontare e a tutti narrava la sua storia.

[ESCONO]

SCENA XII attrici A - B - attori C - E - PASSANTI

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[GLI ATTORI, BISBIGLIANO INCALZANDOSI]

ATTRICE A

Stasera c’è un’aria diversa…

ATTRICE B

Stasera avremo da fare…

ATTORE C

Stasera rivive quel sogno…

ATTORE E

Stasera sentiamo cantare…

ATTRICE A

Diversa…

ATTRICE B

Da fare…

ATTORE C

Quel sogno…

ATTORE E

Sentiamo cantare… cantare…

ATTRICE A

Cantare…

ATTRICE B

Un’aria diversa…

ATTORE C

Nel sogno…

ATTORE E

Stasera…

ATTRICE A

Che ora è?

ATTRICE B

Un attimo dopo il tramonto…

ATTORE C

Un attimo…

ATTORE E

Dopo…

ATTRICE A

Il tramonto…

ATTRICE B

Stasera…

ATTORE C

Nel sogno…

ATTORE E

Stasera…

ATTRICE A

La luna…

ATTRICE B

La luna…

ATTORE C

La luna…

ATTORE E

La luna…

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SCENA XIII DETTI - ATTORE D

ATTRICE A

Eri partito che iniziava l’inverno, adesso sappiamo che laggiù, da qualche parte, la primavera si sta lentamente muovendo per venirci incontro. Ora che sei tornato, puoi scegliere il mondo che fa per te e dire “no, grazie” al mondo che vorrà entrare nel tuo, ma non giudicare la noia degli altri, divertiti piuttosto a sgualcire le loro uniformi, ad accendere lampi nelle loro penombre, a sgretolare le loro maschere sempre uguali, provocando sorrisi. E la neve, lascia che ti scenda addosso, non dentro: non farti soffocare, mai.

ATTORE C

Ah, certo, certo: a guardarsi intorno c’è da rimanere senza parole, immobili come statue in un crocevia. Ma fra le tante strade che si intersecano, di quando in quando qualche sguardo amico che incrocia il tuo ti fa smuovere, riprendere vita e ripartire per un nuovo cammino e se un altro sguardo tarderà a ridarti le energie per proseguire, potrai sempre frugare nel tuo zaino per andare avanti.

ATTRICE B

Fra poco si accenderanno tante luci e come sempre le guarderemo meravigliati, ma troppo spesso ammiriamo quelle degli altri e dimentichiamo che anche noi siamo un piccolo bagliore che può, pur con tutta la sua semplicità, contribuire allo spettacolo, così, piano piano, la nostra luce si affievolisce. Ma se ci accorgiamo di quanto può essere più bello tutto se diamo il nostro contributo, la nostra luce si ravviva e facciamo parte anche noi del grande scintillio.

ATTORE E

Ora che hai trovato la casa della luna, hai compiuto una parte del tuo viaggio. Tutto il resto sarà nuovo, per te. Anche se percorrerai incessantemente le stesse strade, non vedrai mai per due volte le stesse cose e per te e per tutti quelli che con te divideranno un tratto di cammino, ad ogni passo ci sarà una nuova scoperta. Ora fai in modo che per altri sia così.

[INIZIANO SOMMESSAMENTE GLI ACCORDI DEL LEIT-MOTIV] COMAND.

Un attimo dopo il tramonto la luna era uscita di casa e la città si era messa il pigiama: vicino alle fontane ricomparvero i vagabondi…

ATTORE C

[BISBIGLIANDO] Quel sogno… quel sogno…

ATTORE D

[BISBIGLIANDO] Sentivo cantare… cantare…

ATTORE E

e dalle rampe di scale consumate scendevano le signore…

ATTRICE A

[BISBIGLIANDO] C’è da fare… da fare…

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ATTRICE B

[BISBIGLIANDO] Più tardi… più tardi…

COMAND.

Piaciuta la storia, giovane?

GIOVANE

[È TRASOGNATO]

COMAND.

Giovane, dico a te: è piaciuta la storia?

GIOVANE

Storia?! Quale storia?!

COMAND.

[SORRIDENDO] Grazie al cielo, ti stai distraendo anche tu. Sai, tutta la tua attenzione cominciava a preoccuparmi. Allora, ti è piaciuta la storia che ti ho raccontato?

GIOVANE

[METTE LE MANI IN TASCA E LE TIRA FUORI TURBATO. IN UNA HA UNA CASTAGNA] Comandante, guardi...

COMAND.

Che c’è di strano?

GIOVANE

Una castagna. Io non ho mai portato con me una castagna.

COMAND.

Chissà quante cianfrusaglie avevi in quelle tasche... non te ne sei accorto.

GIOVANE

Le mie tasche erano completamente vuote, comandante e questa castagna adesso è tutto quanto possiedo.

COMAND.

Mi spiace per te. Ma ora che ho finito di raccontarti la storia, stai per fare ritorno alle tue comodità domestiche e l’acqua fredda, il sacco a pelo logoro, i cartoni per terra, apparterranno alla sfera dei tuoi ricordi, i tuoi sogni al passato. Avrai le tasche piene di soldi e magari diventerai una persona altolocata che sarà infastidita a vedere un vagabondo e al massimo gli concederà i propri rifiuti. Invece qui ci sarà qualcun altro che continuerà a vivere come adesso e, come adesso, continuerà a non lamentarsi.

GIOVANE

[PORGE LA CASTAGNA AL COMANDANTE] Comandante, avete sempre poca fiducia nei giovani

Voi comandanti,

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COMAND.

[PRENDE LA CASTAGNA SORRIDENDO] E voi giovani, giovane, siete sempre troppo impertinenti. Da questa notte cercati un altro porticato per dormire. Oh, così potrò russare in santa pace.

GIOVANE

Ma comandante: non ci vediamo più?

COMAND.

Ti ho forse parlato di congedo? Domattina adunata, come sempre.

GIOVANE

[SORRIDENDO E ACCENNANDO UN SALUTO MILITARE] Agli ordini, Comandante. [RAGGIUNGE IL GRUPPO DEI PASSANTI E DEGLI ATTORI CHE LO ACCOLGONO CON SIMPATIA]

COMAND.

Giovane: non hai sentito il finale della storia... [PAUSA] tanto lo conosci già. [AL PUBBLICO] Ma se qualcuno non lo avesse ancora intuito, allora dirò che sembrava proprio tutto come al solito, ma da quella volta, poco prima che arrivi il giorno, quando manca un attimo all’alba, i sognatori indugiano un istante, per raccontarsi la storia di una castagna, la luna e di un viaggio.

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3.4 Analisi del testo visto dal regista Ivaldo Castellani

Il testo è costruito sulla storia di un viaggio che il protagonista intraprende alla ricerca della “luna”.

Le simbologie, così come i personaggi che animano la storia, hanno valenze fortemente simboliche. Il viaggio così si comprende essere la parafrasi di un viaggio interiore, della ricerca di una propria consapevolezza, mentre la luna rappresenta la sublimazione di questa ricerca e del percorso: la luce che ognuno ha dentro, ma spesso ignora o vuole ignorare. Certo il cammino è difficile e non tutti hanno il coraggio di affrontarlo, perché prima di arrivare alla luce è necessario attraversare zone d’ombra a volte molto densa e per questo, spesso si preferisce rimanere in una sorta di crepuscolo, di limbo. Il protagonista dovrà via via liberarsi dalle “sedimentazioni” che si sono stratificate in lui e i personaggi che incontra lungo il cammino lo aiuteranno in questo, ogni volta facendogli compiere una piccola, ma completa evoluzione, che parte dalla presa di coscienza di ciò che si è stati e passare attraverso la consapevolezza di ciò che si è, per giungere infine all’accettazione del nuovo, affrancato da schemi, modelli, convenzioni e camminando finalmente con le proprie gambe. Tutta la vicenda è contrappuntata dai due clochard, il “giovane” e il “comandante”, che vivono a loro volta una storia nella storia, specchio di quella vissuta dal protagonista. Il “giovane” che va in cerca del “comandante” per farsi raccontare di “una castagna, la luna e di un viaggio”, infatti, come l’uomo che si mette in viaggio alla ricerca della propria luna, cerca nel burbero “comandante” una sorta di guida che possa traghettarlo fino alla conquista della propria libertà. Ma dove l’uomo può essere veramente e assolutamente libero, se non nella propria dimensione onirica? Attraverso il sogno, l’uomo si svela a sé stesso e va da sé che il non aver compiuto il viaggio alla ricerca della propria “luna”, altera i sogni e la vita stessa delle persone, fino a farle precipitare nel buio più impenetrabile. Ma c’è una chiave per pervenire a tutto questo? La semplicità, l’essenza, rappresentate dalla castagna. Sfrondare e sfrondarsi da tutte le sovrastrutture e arrivare alla levigatezza della castagna, umile fonte di gioia, di calore e di bellezza, di quella bellezza semplice e pura che si raggiunge a prezzo di grande fatica, impegnandosi in sforzi intensi, per poter tornare bambini.

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3.5 Analisi del laboratori da parte del conduttore

All’interno di questo laboratorio incentrato su Luci e Ombre si è creata un’atmosfera fatta di grande intesa e di complicità tra i partecipanti questo ha permesso un lavoro di ricerca delle proprie ombre, e desiderio di elaborarli insieme al gruppo. Il testo proposto”Di una castagna la luna e di un viaggio” è stato scelto per le simbologie che hanno dato alle persone l’idea di semplice viaggio alla ricerca della “Luna” non trasparivano particolarità di rilievo, una storia di tutti giorni. Tutto inizia, attraverso un ipotetico cammino del protagonista, alla ricerca della libertà per poter essere come realmente è e non come gli altri, vorrebbero, i partecipanti attraverso questo ipotetico cammino alla ricerca della luna che altro non è che una ricerca di ciò che abbiamo dentro. Questo ipotetico cammino ci porta alla consapevolezza di apprezzare delle cose semplici come una castagna, che dal suo primo guscio spinoso si apre per fare vedere la bellezza interna senza spine. I partecipanti sono entrati amorevolmente nelle proprie dinamiche fatte di luci e ombre fino a rendersi consapevoli che la luce che noi ostentiamo e facciamo vedere non è altro che la parte opposta di un'unica medaglia, fatta da una parte di luce l’altra di ombra, si tratta di imparare a riconoscerli, accettarli e amare tanto la luce quanto l’ombra,. Il testo ha avuto il merito di fare accostare le persone a questi opposti con gradualità, interpretando dei personaggi che si incontrano nella vita di tutti giorni. Per scoprire che all’interno del un laboratorio, si crea semplicemente la stessa realtà che si incontra fuori non sono mondi diversi ma fanno parte di un unico universo, L’ombra e la luce sono per l’uomo una ricchezza e l’una non può esistere senza l’altra.

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Laboratorio Teatrale Empirico “Luci e Ombre”

Visualizzazione DELL’OMBRA E DELLA LUCE

Inizio rilassamento; segue visualizzazione Porta ora la tua attenzione al tuo cuore…. e visualizzalo… visualizzalo…. come una luce color acqua marina al centro del torace…….. Respira con la respirazione del cuore… senza forzare inspira attraverso la bocca… lentamente… ed espira più velocemente sempre attraverso la bocca … inspirando sollevi la forza-coscienza,… l’energia vitale… che si trova nel cuore….ed espirando diffondila dal tuo cuore in tutto il tuo essere Senti….. che questa forza-coscienza….. scorre in tutti i tuoi canali energetici………. e li purifica… …scioglie i blocchi….. elimina le tensioni e le chiusure…… Ora immagina, seduta al tuo fianco, la parte migliore di te… il tuo lato Luce……. splendente … la parte di te che ami ….. e rimani così …… in sua contemplazione… ora entra profondamente in contatto con lei… Osserva questa tua parte senza giudizio… nè identificazione…… vedi se ti vuole comunicare qualcosa… .. se ha un messaggio per te … se ha qualcosa da donarti… Chiedile se puoi lasciarle qualcosa…. Se puoi liberarti di ciò che non ti serve… magari un peso… una paura…. o una tensione… legata a questo tuo lato luce…. Dopo aver parlato con lei … ringraziala… e lasciala andare…. Immagina adesso…. di trovarti a contemplare la parte peggiore di te……. Quella che … non vorresti avere ….il tuo lato Ombra e osservalo..…osserva….senza giudicare e senza identificarti……… Sii consapevole che…. quella parte di te…che può sembrarti negatività… è solo il frutto di un giudizio mentale…… dell’abitudine mentale a dividere … a separare…….. a concepire la realtà in termini di opposizione………….

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Ti chiedo ora……. mentre inspiri…. …..di sentire….. un’energia carica di……… Amore e di accettazione…. entrare in te… attraverso il tuo cuore …… come se….. al centro del petto…… ci fosse una fonte di energia infinita… e mentre inspiri invia…….. questa energia…… al tuo lato ombra…. alla parte di te che non ti piace… e fatichi ad accettare …. Ringrazia anche questo aspetto di te…. e senti come tu…..puoi accettare tutto di te... anche questo lato ombra. Sentiti completo e amorevole… Lascia cadere l’abitudine di condannare …. giudicare…. e accetta con amore infinito la tua totalità……… fatta della tua parte Luce…… e della tua parte Ombra……. ama e accetta tutto di te………. E ora quando lo desideri…. con i tuoi tempi torna lentamente al respiro spontaneo attraverso il naso …. e riprendi contatto con il tuo corpo… fai dei piccoli movimenti e poi stiracchiati come al risveglio di un lungo sonno……………………. Apri ora gli occhi ….. con i tuoi tempi………e porta con te un profondo sentimento di amore per te stesso così come sei…….. senti amore per il tuo lato luce……… e il tuo lato ombra.

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Laboratorio Teatrale Empirico “Luci e Ombre” VISUALIZZAZIONE “L’ONDA DEL MARE”

Distenditi sul tappetino con le braccia leggermente aperte,… assumi una posizione comoda e …. visualizzati sdraiato su una bella spiaggia… in riva al mare e senti nitidamente il suono delle onde che… vanno e vengono, e tu percepisci il loro rilassante movimento Il tuo respiro ora…. è lento e profondo, e tu lo percepisci proprio come un onda lenta e tranquilla che va e viene. Quando inspiri l’onda scende verso il basso, quando espiri si avvicina ai piedi. Godi di questa brezza marina… di questa lenta onda che ti bagna i piedi…. le gambe… e senti di provare una sensazione di abbandono cosciente…. mentre segui il movimento delle onde. Continua a respirare lentamente come un’onda e….sentiti in pace con l’acqua fonte di vita…. Immagina ora di diventare a poco a poco leggero e di trasformarti in una bianca nuvoletta in cielo, senti…. Sentiti… trasportare da una leggera brezza e vai … vai spensierata… sopra il mare. Guarda ora il mare… è pieno di barchette… con le vele colorate, e tu sei in alto sopra di loro e vai… vai leggera…. ora voli più in alto sopra i monti e ancora sopra i prati pieni di fiori… che tripudio di colori…. e tu… ti senti leggera,… libera… e felice… felice di osservare il mondo dall’alto con gioia…. E ora ti guardi intorno e vedi che altre colorate nuvolette corrono felici in alto con te. E ora decidi di scendere lentamente…. verso il mare…. leggera e felice perché sai che potrai tornare sulla tua nuvoletta ogni volta che vorrai….e troverai sempre la bianca nuvolette che ti fa librare lontano….. Ed ora visualizzati sdraiata sulla spiaggia… saluta con riconoscenza la nuvoletta e la lasci andare con amore…. E adesso lentamente ognuno con il proprio tempo fai delle respirazione con il naso e tendi tutti i muscoli,… porta le braccia oltre la testa e stirati….stirati… a lungo proprio come se ti fossi appena svegliata…. Bentornati…!!!

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Laboratorio Teatrale Empirico “Luci e Ombre”

ESERCIZIO DEL DIAMANTE

Questo esercizio si svolge da seduti, al centro del cerchio si mette un vassoio con piccoli diamanti e ognuno può scegliere il suo, lo tiene tra le mani ed entra dentro di sé, per guardare il diamante nell’ottica delle sue mille sfaccettature che sono anche dentro di noi, si tratta semplicemente di portarle alla luce e amarle tutte E adesso guarda …..vivamente il diamante …… guarda tutte le sfaccettature luccicanti…….. integrate perfettamente nell’insieme…. Osserva la perfezione di questa forma tieni il diamante davanti a te e lasciati pervadere dalla sua bellezza cristallina. La parola diamante viene dal greco e significa “Adamas” invincibile …… identificati con questo diamante…sentiti in relazione con quella parte di te che è invincibile il tuo SE' Il tuo sé è inattaccabile dalla paura…. dall’oscurità…. dalle pressioni e dai condizionamenti della vita di ogni giorno ….. E’ irraggiungibile dalle Ombre del passato…dalle preoccupazioni del futuro…dall’avidità e dal risentimento…. dalla dittatura e dal conformismo sociale…… e’ la tua essenza….che brilla in tutte le sue sfaccettature pur rimanendo un’unica unità Tu senti di essere quel sé, senti che ti puoi staccare da tutti i condizionamenti… e lentamente il diamante scompare lasciandoti la netta sensazione che tutto ti appartiene….. fai che questa percezione … del tuo sé… sia sempre viva dentro di te. E’ fondamentale accettarsi nel lato Luce come in quello Ombra…. l’uno non potrebbe esistere senza il suo opposto. E’ tempo che tu comprenda la bellezza delle tue mille sfaccettature è il momento giusto per fare la loro conoscenza. Si invitano le persone ad alzarsi e si conclude il laboratorio in cerchio salutandosi con: Le mille sfaccettature del diamante che sono dentro di me… salutano le mille sfaccettature del diamante che sono dentro di te 55


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TESTO DI GIBRAN

Teatro: “Luci e Ombre” L’intera creazione esiste in te, e tutto quello che è in te esiste anche nella creazione. Non esistono confini fra te e un oggetto che è accanto a te, proprio come non esiste distanza fra te e oggetti molto lontani. Tutte le cose, le più piccole come le più grandi, sono presenti in te e uguali a te. Un unico atomo contiene tutti gli elementi della terra. Un solo movimento dello spirito comprende tutte le leggi della vita. In un’unica goccia d’acqua si cela il segreto dell’oceano infinito. Un’unica manifestazione rivela tutte le manifestazioni della vita.

Kahlil Gibran

Che cosa è l’ombra, che cosa è la luce? quello che per te è luce per un altro può essere ombra, quindi, vale la pena di amare sia la luce sia l’ombra perché noi siamo LUCE e OMBRA

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Contributo poetico Laboratorio “Luci e Ombre”

Luci e ombre

Ti amo al sole e al chiaro di luna amo la tua luce e la tua ombra amo stare con te quando sei triste e quando sei allegro quando piove e quando c’è la neve quando fa freddo e quando c’è il sole Ti amo quando sei lontano e quando sei vicino al mio cuore Amo il tuo odore Amo i tuoi mille difetti Insomma ti amo E so che mi amerò ancora di più da oggi perché finalmente mi sono ritrovata. (A. D.)

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Se fossi la luna, vorrei essere la parte illuminata‌ Da un tramonto infuocato apprezzo la luna rosata del sole, non le ombre che proietta. Luci ed ombre che ci accompagnano le percepiamo nella nostra vita.

Sottolineano la nostra vita. Per la mia vita, per ciò che amo, IO VOGLIO, VOGLIO STARE DALLA PARTE DELLA LUCE.

Angelo Walter Brandi

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3.6 Intervista a due partecipanti al Laboratorio Teatrale Empirico “Luci e Ombre”

A. -Quali sono i motivi per cui hai deciso di frequentare un gruppo di crescita personale attraverso Laboratori Teatrali ? Conoscevo la persona che avrebbe tenuto il Laboratorio Teatrale e conoscevo alcuni partecipanti. -Quali aspetti di te, che non conoscevi sono emersi? Quale parte Ombra hai individuato in te? Quale parte Luce? In realtà sono emersi aspetti di me che già conoscevo e che forse avevo deciso di mettere da una parte, forse sotto ad un tappeto. Il lavoro dei laboratori ha fatto riaffiorare in me tali aspetti ma con la consapevolezza che questa volta c’è l’avrei fatta ad affrontarli.

- Quali ruoli hai interpretato più facilmente, quali con più difficoltà? Perché? Ho interpretato un ruolo femminile; quello di una donna che ha sofferto molto e che alla fine ha deciso che non valeva la pena di continuare a vivere così. Non è stato facile interpretare quel ruolo, calarsi nel dolore di quella donna. In quei momenti mi è parso di sentire la sua sofferenza.

-Quale personaggio era più vicino al tuo sentire? Perché? Hai individuato qualche maschera che utilizzi nel tuo vivere quotidiano? Ho sentito molto il personaggio di Dalida, ho sentito la solitudine che ha provato e l’ho paragonata alla solitudine che ho provato io. La maschera che utilizzo abitualmente è quella del sorriso, della battuta… tutto perché la gente non è sempre pronta ad accogliere ciò che tu sei e senti veramente.

-Durante i Laboratori Teatrali hai incontrato un personaggio più vicino al tuo sentire? Si, un personaggio vicino al mio sentire è stato Marilyn Monroe. Ho sentito il dolore, la sofferenza, la tristezza, la solitudine, la voglia d’affetto. Per me è più naturale interpretare ruoli femminili perché ha sempre sentito dentro di me una forte componente femminile, nonostante interpretarli getti luce su aspetti che non tutti sono in grado di comprendere.

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-Ignoravi prima di oggi la tua parte Yin e Yany o la conoscevi? No, non ho mai ignorato la mia parte Yin ma forse, per compiacere agli altri e per non sentirmi giudicato ho sempre tentato di nasconderla. Ora non più. -Nella vita quotidiana metti in atto l’apparire o l’essere? Quando vuoi apparire quale paura cerchi di nascondere? Nella vita cerco di mettere più in pratica l’essere che l’apparire. Quando voglio apparire cerco di nascondere il mio modo di sentirmi incompreso. La gente ti vede sorridere e pensa che tu non abbia problemi e si tranquillizza… aiutarti sarebbe un problema.

-Durante le prove per la rappresentazione che rapporto hai avuto con gli altri attori? E durante la rappresentazione? -Con gli altri attori c’è stata collaborazione e molto rispetto reciproco e soprattutto non ci si sentiva giudicati, nemmeno durante la rappresentazione.

-Chiudi per un attimo i tuoi occhi e visualizza davanti a te un armadio pieno di vestiti di scena prendine uno. Riesci a descriverlo? Il primo abito che visualizzo è l’abito di Rossella O?Hara in via col vento dove si confezionò con le tende della casa l’abito per andare a trovare Rhett Butler che era in prigione e al quale voleva chiedere 300 dollari per pagare le tasse su Tara, la sua piantagione. Un vestito che mi fa pensare ad una donna coraggiosa, che non si è arresa davanti a niente.

-Al termine di queste esperienze cosa ti porti dentro? Al termine di questa esperienza mi porto dentro la consapevolezza che voglio accettarmi per come sono e che non ho bisogno dell’approvazione degli altri.

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3.6 Intervista a due partecipanti al Laboratorio Teatrale Empirico “Luci e Ombre” B.

-Quali sono i motivi per cui hai deciso di frequentare un gruppo di crescita personale attraverso Laboratori Teatrali ? Ho scelto di fare un percorso di crescita interiore per migliorare il rapporto d’amore con me stessa e con gli altri, per superare le mie paure nell’agire, per conoscere e approfondire le mie potenzialità. Mi è stato proposto un percorso attraverso il teatro e in quel momento andava bene così. Solo successivamente ne ho apprezzato le tecniche, in diverse occasioni sono riuscita ad arrivare alla parte più intima di me

-Quali aspetti di te, che non conoscevi sono emersi? Quale parte Ombra hai individuato quale Luce? La parte ombra che ho riconosciuto è l’aggressività e la rabbia che generalmente non riesco ad esprimere, la parte luce è stata una scoperta, ho trovato in me la parte femminile della seduzione, della poeticità dell’empatia.

-Quali ruoli hai interpretato più facilmente, quali con più difficoltà? Perché? Ho interpretato più facilmente i ruoli maschili perché c’è in me molta parte Yang, mi sono permessa di lasciala trasparire mentre nella vita di tutti i giorni mi sforzo di nasconderla. Con più difficoltà ho interpretato i ruoli dove era necessario manifestare la dolcezza e la sensualità.

-Quale personaggio era più vicino al tuo sentire? Perché? Hai individuato qualche maschera che utilizzi nel tuo vivere quotidiano? Il personaggio a me più vicino è stato quello di una donna che si ribella al marito che vuole tenerla sottomessa e decidere per lei. La maschera che utilizzo quasi sempre nella vita è quella della durezza e del “basto a me stessa”. Mostrare la tenerezza che c’é in me mi fa paura perché mi sentirei più fragile.

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-Durante le prove per la rappresentazione che rapporto hai avuto con gli altri attori? E durante la rappresentazione? Il rapporto con gli altri attori è stato molto costruttivo abbiamo collaborato con simpatia e rispetto gli uni verso gli altri anche se in fondo cerco sempre di far emergere la mia volontà, il mio voler fare quello che voglio.

Questo è emerso nelle rappresentazioni perché sul palcoscenico ero da sola e potevo far emergere ciò che desideravo.

-Chiudi per un attimo i tuoi occhi e visualizza davanti a te un armadio pieno di vestiti di scena prendine uno. Riesci a descriverlo? Nell’armadio prendo un vestito da principessa, è rosa con tante perle ed è spruzzato d’argento. In testa metto un diadema prezioso

-Al termine di queste esperienze cosa ti porti dentro? Mi porto dentro la consapevolezza di essere una donna forte, bella, intelligente, e non è con l’aggressività e la corazza della durezza che dimostro queste mie qualità sono consapevole che anche lasciandole emergere la tenerezza che è in me non divento più vulnerabile perché nessuno mi vuole fare del male, ma qualche volta ho paura e indosso la mia maschera preferita quella della durezza

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CAP. 4

Il sipario si apre va in scena “La Rabbia” - Esperienza Empirica

4. 1- Presentazione Laboratorio Teatrale Empirico

Oggi siamo qua per fare qualcosa di utile per Noi stessi, questo è un primo passo, per divenire consapevoli che attraverso questo laboratorio, ma anche attraverso altri percorsi, si può fare qualcosa di positivo per noi stessi , io vi propongo questo metodo, perché ho sperimentato su di me i risultati. Oggi impareremo a conoscerci e amarci di più, per questo faremo delle esperienze molto nutrienti e scopriremo quanto può essere efficace lavorare in modo empirico per comprendere quanto sia fondamentale il rapporto con la nostra parte “selvaggia” e stabilire un equilibrio emotivo generale. Sperimenteremo anche la voglia di lavorare con noi stessi e insieme ad un gruppo e avremo modo di cogliere parti di noi che magari non conoscevamo. Oggi attraverso un lavoro sensoriale e interattivo andremo oltre le nostre “Quinte” quotidiane” per portare alla luce la nostra rabbia. Prima di passare alla parte esperenziale, desidero informarvi su come ci accosteremo al questo tipo di esperienza. Questo Laboratorio Teatrale ci permetterà di avvicinarci alle nostre emozioni attraverso il testo, che il regista ci propone, ci caleremo nella parte da noi stessi scelta con la consapevolezza che questo ci permetterà di accostarci alle tematiche legate alle nostre rabbie antiche. Attraverso l’interpretazione del personaggio, lasceremo uscire le Ombre che abitualmente non vogliamo vedere perché ci fanno paura, e le allontaniamo da noi oggi invece useremo delle tecniche messe a punto da Magister Michel Hardy per entrare nelle nostre Rabbie nascoste, non con le parole per raccontarcela ! ma in modo empirico infatti è con il fare, che possiamo riappropriarci di ciò che è… e non vorremmo scoprire della nostra vita.. In questo laboratorio impareremo a attenuare il moto della rabbia arretrata nella vita di tutti i giorni, saremo a contatto con il nostro “uomo guerriero” e con la nostra “donna selvaggia” ci permetteremo di fare esplodere la rabbia arretrata.

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4.2 Sequenza del Laboratorio Teatrale Empirico Entriamo nella fase Empirica del “Laboratorio Teatrale Empirico” con il tema “LA RABBIA” Oggi lavoreremo per noi stessi e indagheremo sulle nostre rabbie inesplose e ci concederemo di scaricarle attraverso la rappresentazione. Il conduttore chiede ai partecipanti di pensare ad un animale che vorrebbero essere, oggi dopo alcuni minuti chiede se è proprio quello l’animale che pensavano di scegliere. I partecipanti scrivono il nome dell’animale su un bigliettino e viene loro chiesto: “Perché pensi di aver scelto questo animale e non un altro? Lo associ alla tua parte yin o alla tua parte yang?” Condivisione: ognuno se lo desidera spiega il perché della propria scelta. Si passa quindi alla danza immaginando di essere l’animale che ognuno ha scelto, questo è utile per tirare fuori la parte selvaggia di ognuno, amalgamare il gruppo e creare alleanza tra di loro.

Si passa a praticare un rilassamento a cui segue una visualizzazione Per entrare dentro di Sé per questo laboratorio si è scelta la visualizzazione “L’onda del mare" Completata la visualizzazione si lasciano i partecipanti per qualche minuto in relax poi si procede con il lavoro dell’attore su se stesso Rilassamento da fermi Lasciare qualche momento di silenzio. Ed ora tocca al regista che propone al gruppo dei testi il regista espone la sua interpretazione dei testi ed illustra il pensiero dell’autore. E a questo punto si formano due o più e compagnie secondo il numero dei partecipanti. Le compagnie hanno il tempo di preparare il pezzo si consultano viene designato un regista all’interno del gruppo si apre la discussione di chi fa e cosa fa entrano in gioco le varie tematiche i caratteri di ognuno, si potrà notare chi si impone chi accetta il parere degli gruppo, tutto questo serve al partecipante e quindi ne il conduttore ne il regista interviene ne per dare giudizi ne regole ne pareri, ognuno a suo tempo e a suo modo elaborerà il proprio sentire.

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Spazio di silenzio personale per entrare nei personaggi del testo e trovare il proprio creativo e artistico vuoto. Spazio per entrare nella parte coadiuvate dal regista Si prosegue con un esercizio scritto “Cosa deciso qui e ora di interpretare” Prove generali tra le compagnie

Si prosegue per caricarsi ed essere pronti per la rappresentazione con un cerchio energetico da parte delle donne e un cerchio energetico da parte degli uomini in questo modo ognuno può esprimere la propria parte yin e la propria parte yang

Breve spazio personale per entrare nella parte e riprendere un respiro regolare. Pronti per entrare in scena.

Il sipario si apre Si va in scena leggendo il copione Il sipario si chiude Spazio di silenzio personale Si procede con un lavoro dell’attore su stesso attraverso la “Camminata” e il “Punto fisso”

Il sipario si apre Si va in scena mimando Il sipario si chiude Spazio di silenzio personale Si procede con un lavoro dell’attore su stesso attraverso il punto fisso Il sipario si apre Si va in scena secondo il proprio sentire Il sipario si chiude Spazio di silenzio personale

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Al temine per scaricare eventuali tensioni si procede con un lavoro dell’attore su se stesso, senti che, l’animale che hai scelto all’inizio ti appartiene sempre, se vuoi puoi rappresentalo raccontandoti. Condivisione in cerchio Al termine lasciare uno spazio di silenzio personale Si conclude il laboratorio in cerchio dove il Leone saluta il gruppo dicendo “il Leone che è in me saluta il leone che è in te” a turno ognuno saluta citando l’animale che all’inizio aveva scelto. Poiché tutti noi abbiamo dentro una parte del leone e una parte del topolino o altro animale, così come ognuno di noi possiede una parte yin e una parte yang.1

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Guida animazione teatrale

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Laboratorio Teatrale Empirico

“La Rabbia” VISUALIZZAZIONE “L’ONDA DEL MARE”

Distenditi sul tappetino con le braccia leggermente aperte,… assumi una posizione comoda e …. visualizzati sdraiato su una bella spiaggia… in riva al mare e senti nitidamente il suono delle onde che… vanno e vengono, e tu percepisci il loro rilassante movimento Il tuo respiro ora…. è lento e profondo, e tu lo percepisci proprio come un onda lenta e tranquilla che va e viene. Quando inspiri l’onda scende verso il basso, quando espiri si avvicina ai piedi. Godi di questa brezza marina… di questa lenta onda che ti bagna i piedi…. le gambe… e senti di provare una sensazione di abbandono cosciente…. mentre segui il movimento delle onde. Continua a respirare lentamente come un’onda e….sentiti in pace con l’acqua fonte di vita…. Immagina ora di diventare a poco a poco leggero e di trasformarti in una bianca nuvoletta in cielo, senti…. Sentiti… trasportare da una leggera brezza e vai … vai spensierata… sopra il mare. Guarda ora il mare… è pieno di barchette… con le vele colorate, e tu sei in alto sopra di loro e vai… vai leggera…. ora voli più in alto sopra i monti e ancora sopra i prati pieni di fiori… che tripudio di colori…. e tu… ti senti leggera,… libera… e felice… felice di osservare il mondo dall’alto con gioia…. E ora ti guardi intorno e vedi che altre colorate nuvolette corrono felici in alto con te. E ora decidi di scendere lentamente…. verso il mare…. leggera e felice perché sai che potrai tornare sulla tua nuvoletta ogni volta che vorrai….e troverai sempre la bianca nuvolette che ti fa librare lontano….. Ed ora visualizzati sdraiata sulla spiaggia… saluta con riconoscenza la nuvoletta e la lasci andare con amore…. E adesso lentamente ognuno con il proprio tempo fai delle respirazione con il naso e tendi tutti i muscoli,… porta le braccia oltre la testa e stirati….stirati… a lungo proprio come se ti fossi appena svegliata…. Bentornati…!!!

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Sperimenta l’importanza di… “giocare” a fare teatro.

Trovi interessante il testo proposto, perché? __________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________ Pensi che farai bella figura? __________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ Pensi sia affine a te? _________________________________________________________________________ Conosci già il testo? __________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ Trovi che sia una storia triste? __________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ Trovi che sia una storia allegra?

Ti sarebbe piaciuto scegliere un altro copione? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ Perché le persone in gruppo con te ti ispirano ? __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ Ti sei adeguato alla scelta di altri! __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________ se si perché __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________

se no perché __________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________

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Laboratorio Teatrale Empirico “La rabbia”

Musiche Inizio e accoglienza AMBA - TIBET Danza di accoglienza con nome di Animali BUDDA BAR III N. 2 Meditazione e visualizzazione ANGLEDUST Sottofondo per tutto il tempo vario TIBET e AMBA Primo scarico cerchio donne AZIZA N. 6 oppure BUDDA N. 5 Lavoro dell’attore su se stesso Camminata Alegria cirque de soil VAI E VEDRAI N. 2 Lavoro dell’attore su se stesso Punto fisso Alegria cinque du soleil QUERER N. 4 Scarico tensioni Cerchio Uomini BUDDA BAR III N. 12 Cerchio finale ANGEL LOVE

Riscaldamento teatrale da fermi al posto del punto fisso Per ogni rappresentazione ogni gruppo sceglie la musica quindi portare musica per dramma musica per commedia ecc…

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4.3 Testo “Olio” per il laboratorio sulla rabbia

OLIO Dramma in un atto di Eugene O’Neill

Persone Ben, mozzo Il dispensiere II capitano Keeney Slocum, comandante in seconda (il Secondo) Signora Keeney Joe, ramponiere Uomini d’equipaggio della baleniera “Regina dell'Atlantico” La cabina del Capitano Keeney a bordo della baleniera Regina dell'Atlantico: un piccolo locale quadrato, alto circa due metri e mezzo, con nel centro del soffitto un lucernario che da sul ponte di poppa. A sinistra, verso la poppa della nave, v'è una lunga panca con rozzi cuscini, che corre lungo la parete. Dinanzi alla panca un tavolo. Sopra la panca, diversi portellini chiusi da tendine. In fondo a sinistra, una porta che immette nella stanza da letto del Capitano. A destra della porta, contro la parete, un piccolo armonium di aspetto nuovissimo. Sulla parete di destra, verso il fondo, una credenza col piano di marmo, e su questo, un cestino da lavoro. Più in là, una porta che conduce alla scaletta che sale al ponte di comando, oltre le cabine degli ufficiali. Le pareti della cabina sono dipinte in bianco. Una lampada pende dal soffitto. Al centro del pavimento una stufa. La nave non ha il minimo beccheggio, e la luce che penetra dal lucernario è debole e malata: fa presumere all'esterno una di quelle grigie giornate di bonaccia, quando il cielo e l'oceano paiono egualmente morti. Il silenzio è assoluto, tranne che per i passi misurati di qualcuno che passeggia di sopra, sul ponte poppiero. Sono quasi i due tocchi - cioè l'una del pomeriggio - di un giorno del 1895. All'alzarsi del sipario v'è un momento d'intenso silenzio. Poi entra il Dispensiere e comincia a sgombrare il tavolo dei pochi piatti che vi rimangono dopo il pranzo del Capitano. Il Dispensiere è un vecchio grigio, che indossa un paio di pantaloni di canapa, un maglione, e un passamontagna di lana. Ha modi cupi e rabbiosi. Smette di raccogliere i piatti e getta una rapida occhiata verso il lucernario; poi si avvicina in punta di piedi alla porta chiusa, sul fondo, si pone a origliare accostando l'orecchio alla fessura. 71


Ciò che ode lo fa oscurare in volto. Borbotta una furiosa imprecazione. Dalla porta a destra si ode un rumore ed egli si scosta d'un balzo, avvicinandosi al tavolo. Entra Ben. È un goffo ragazzone con una faccia lunga e stretta. Indossa un maglione, berretto di pelliccia, ecc. Batte i denti dal freddo, e corre presso la stufa, dove rimane un momento, rabbrividendo, soffiandosi sulle mani, battendosele contro i fianchi, quasi piangendo. DISPENSIERE - (Sollevato) Ah, sei tu? Cosa stai a tremare a quel modo? Stattene al tuo posto vicino alla stufa e non batterai i denti. BEN - Che f-f-freddo. (Cercando di trattenere il battito dei denti, beffardo) Chi credevi che fosse, il Vecchio? DISPENSIERE - (Fa un gesto minaccioso; Ben da indietro) Chiudi il becco, poppante, o t'insegno io! (In tono più mite) Dove sei stato per tutto questo tempo, nel castello di prora? BEN - Si. DISPENSIERE - Fatti pescare dal Vecchio là dentro a gingillarti coi marinai, e ti pigli una lezione che non la dimentichi per un pezzo. BEN - Oh, lui non vede niente. (Con una punta di timore nella voce, guardando in su) Sta lassù a passeggiare avanti e indietro come se non vedesse nessuno... Sta a contemplare il ghiaccio, verso nord. DISPENSIERE - (Con lo stesso tono di timore nella voce) Guarda sempre il ghiaccio. (In un subitaneo impeto di rabbia, scuotendo il pugno verso il lucernario) Ghiaccio, ghiaccio, ghiaccio! Maledetto lui e il ghiaccio! È quasi un anno che ci tiene qui... e non vediamo altro che ghiaccio... imprigionati nel ghiaccio come una mosca nella melassa! BEN - (Preoccupato) Zitto! Ti può sentire! DISPENSIERE - (Fuori di sé) Maledizione a lui, maledizione ai mari artici, e maledizione a questa baleniera puzzolente!... E maledizione a me che sono stato tanto scemo da imbarcarmici! (Calmandosi, come rendendosi conto dell'inutilità di questo sfogo. Lentamente, scuotendo la testa con profonda convinzione) È un uomo duro... l'uomo più duro che abbia mai navigato sui mari. BEN - (Solenne) Proprio.

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DISPENSIERE - I due anni del nostro contratto scadono oggi. Gesù benedetto! Due anni di questa vita da cani, senza fortuna nella pesca, con gli uomini mezzi morti di fame perché i viveri si fanno sempre più scarsi e sempre più marci; e lui che neanche accenna a tornare indietro! (Amaro) Tornare! A volte mi chiedo se riuscirò mai più a metter piede sulla terraferma! (Eccitandosi) Cosa pensa di fare? Vuoi tenerci tutti qui, anche dopo che il nostro contratto è scaduto, finché l'ultimo uomo sia morto di fame o di freddo? Abbiamo viveri appena sufficienti per il viaggio di ritorno, se partiamo subito. Cosa pensano di fare, i marinai? Hai sentito niente, al castello di prora? BEN - (Accostandosi a lui, in un sussurro) Dicono che se non mette la prua verso sud oggi stesso, si ammutinano. DISPENSIERE - (Con cupa soddisfazione) Si ammutinano? Bene! È l'unica cosa che possano fare. E gli starà bene, per come lui li ha trattati... neanche fossero cani! BEN - II ghiaccio è tutto rotto, verso sud. È tutto sgombro fin dove arriva l’occhio. Non ha nessuna scusa per non tornare, dicono i marinai. DISPENSIERE - (Amaro) Lui guarda soltanto verso nord, dove si vede solo ghiaccio. Non vuoi vedere il mare libero. Pensa soltanto a far l'olio... come se fosse colpa nostra se non ha avuto fortuna con le balene. (Scuotendo la testa) Credo che stia proprio perdendo il cervello. BEN - (Impressionato) Credi davvero che sia matto? DISPENSIERE - Si, è il castigo di Dio. Hai mai visto uno che non sia matto far le cose che fa lui? (Indicando la porta di fondo) Chi se non un matto porterebbe la sua donna - e una donna cosi dolce come mai ce n'è stata una - in una puzzolente baleniera, su e giù per i mari artici? Chi la terrebbe imprigionata per quasi un anno in questo maledetto ghiaccio, magari da farle perdere la ragione per sempre?... Perché è certo che non sarà mai più quella di prima. BEN - (Con tristezza) Era cosi buona con me... (Spalanca gli occhi per la paura) prima che diventasse com'è adesso! DISPENSIERE - Si, era buona con tutti noialtri. Sarebbe stato un inferno, a bordo, senza di lei; perché lui è un duro, il peggiore aguzzino che abbia mai visto. (Con una cupa risata) Spero che sarà soddisfatto, adesso... d'averla quasi ridotta alla pazzia. E chi potrebbe criticarla? È un miracolo se questa nave non è piena di matti... con tutto questo ghiaccio intorno per tutto il tempo, e con un silenzio cosi completo che ti spaventi perfino a sentire la tua voce.

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BEN - (Con un'occhiata timorosa verso la porta di destra) Non mi ha più neanche rivolto la parola... mi guarda come se neanche mi conoscesse.

DISPENSIERE - Non conosce più nessuno... tranne lui. A lui, gli parla - quando gli parla - abbastanza sensatamente. BEN - Non fa nient'altro che starsene li a cucire per tutto il giorno... e poi piange, piano piano, senza far nessun rumore. L'ho vista. DISPENSIERE - Si, l'ho sentita attraverso la porta, un momento fa. BEN - (Si accosta in punta di piedi alla porta e origlia) Sta piangendo. DISPENSIERE - (Furibondo, scuotendo il pugno) Dio lo mandi all'inferno, porco demonio! Si ode qualcuno scendere lentamente la scaletta. Il Dispensiere corre a riprendere la sua pila di piatti. È cosi agitato che fa cadere un piatto, che si frantuma sul pavimento. Rimane li impietrito, tremante di paura. Ben si mette a strofinare violentemente l'armonium con un cencio che si è tratto di tasca. Il Capitano Keeney appare sulla porta di destra ed entra nella cabina, togliendosi il berretto di pelliccia. È un uomo sulla quarantina alto circa uno e sessantacinque, ma sembra molto più basso perché ha le spalle molto larghe e un torace massiccio. Ha un volto pesante, solcato di rughe, freddi occhi grigio - azzurri, labbra sottili, serrate, e fitti capelli grigi. Indossa una pesante giacca blu, e pantaloni pure blu infilati negli stivali. È seguito dal Comandante in seconda, uno spilungone sulla trentina, con una faccia magra lavorata dalle intemperie, vestito press'a poco come il Capitano. KEENEY - (Si avvicina con espressione severa al Dispensiere, che è visibilmente spaventato e la pila di piatti tintinna tra le sue mani tremanti. Keeney alza il pugno e il Dispensiere da indietro. Ma poi il pugno viene abbassato, e Keeney parla lentamente) Sarebbe come picchiare un verme. Sono quasi i due tocchi, signor Dispensiere, e questo tavolo non è ancora sgombro. DISPENSIERE - (Balbettando) S-s-s-si, signore. KEENEY - Invece di fare il vostro lavoro ve ne state qui sotto a pettegolare come una portinaia con quel ragazzo. (A Ben, furiosamente) Fuori di qui, tu! Vai a pulire la sala nautica! (Ben sfreccia via attraverso la porta aperta) Raccogliete quel piatto, signor Dispensiere! DISPENSIERE - (Obbedisce con difficoltà) Si, signore.

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KEENEY - Al prossimo piatto che rompete, signor Dispensiere, vi faccio fare un bagno nel Mare di Bering legato a una corda. DISPENSIERE - (Tremando) Si, signore. (Esce in fretta) SECONDO - (Si avvicina lentamente al Capitano) Non volevo che il timoniere udisse ciò che volevo dirvi, signore. Per questo vi ho pregato di scendere qui sotto. KEENEY - (Impaziente) Dite ciò che avete da dire signor Slocum. SECONDO - (Abbassando inconsciamente la voce) Mi pare d'aver capito che avremo dei guai con gli uomini. Si rivolteranno, se non vi decidete a tornare. I due anni del loro contratto scadono oggi KEENEY - Credete di dirmi una novità, signor Slocum? Da un pezzo mi sono accorto dell'aria che spira. Credete che io non abbia visto le loro brutte facce? che non li abbia sentiti, come mugugnavano sul lavoro? (Si apre la porta di fondo, e sulla soglia appare la Signora Keeney. Ha gli occhi rossi di pianto e una faccia pallida e tirata. Volge per la cabina uno sguardo spaventato e rimane li immobile, come impietrita da un indefinibile timore, stringendosi nervosamente le mani. I due uomini si voltano a guardarla. Keeney le parla con ruvida tenerezza) Che c'è, Annìe? SIGNORA KEENEY - (Come svegliandosi da un sogno) David, io… (Esita a continuare) Il Secondo si avvia verso la porta KEENEY - (Volgendosi a lui, aspro) Aspettate! SECONDO - Si, signore. KEENEY - Volevi qualche cosa, Annie? SIGNORA KEENEY - (Dopo una pausa durante la quale sembra sforzarsi di raccogliere i suoi pensieri) Pensavo che... forse... salirei sul ponte, David, a prendere una boccata d'aria fresca. (Rimane umilmente in attesa che egli le dia il permesso) Il Capitano e il Secondo si scambiano uno sguardo significativo KEENEY - È troppo freddo, Annie, è meglio che rimani di sotto, oggi. Non c'è niente da vedere sul ponte, nient'altro che ghiaccio. SIGNORA KEENEY - (Con voce monotona) Lo so... ghiaccio, ghiaccio, ghiaccio! Ma qui sotto non si vedono altro che queste pareti. (Fa un gesto di tedio)

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KEENEY - Puoi suonare l'armonium, Annie. SIGNORA KEENEY - (In tono cupo) Odio l'armonium. Mi fa ripensare a casa. KEENEY-(Con una punta di risentimento nella voce) L'avevo preso apposta per tè. SIGNORA KEENEY - (Cupa) Lo so. (Volta loro le spalle e si avvicina lentamente alla panca sulla sinistra. Solleva una tendina e guarda attraverso il portellino; poi da in un'esclamazione di gioia) Ah, il mare, il mare libero! A perdita di vista! Com'è bello, dopo tutti questi mesi di ghiaccio! (Si volta verso gli altri due, il volto trasfigurato dalla gioia) Ah, bisogna che salga sul ponte a guardarlo, David. KEENEY - (Accigliandosi) Oggi è meglio di no, Annie. Meglio aspettare un giorno di sole. SIGNORA KEENEY - (Disperata) Ma il sole non splende mai in questo orribile posto! KEENEY - (In tono di comando) Oggi è meglio di no, Annie! SIGNORA KEENEY - (Crollando, in tono abietto) Benissimo, David. (Rimane li a fissare il vuoto, con aria imbambolata. I due uomini la guardano a disagio) KEENEY - (Aspro) Annie! SIGNORA KEENEY - (In tono cupo) Sì, David. KEENEY - Io e il signor Slocum dobbiamo parlare di affari... cose che riguardano la nave. SIGNORA KEENEY - Benissimo, David. (Esce lentamente per la porta di fondo, richiudendola dietro di sé solo per tré quarti) KEENEY - Meglio che non si trovi sul ponte, se dovessero scoppiare dei disordini. SECONDO - Si, signore. KEENEY - E credo che scoppieranno. Me lo sento nelle ossa. (Tira fuori un revolver dalla tasca della giacca, e lo esamina) Avete il vostro? SECONDO - Si, signore.

KEENEY - Non che dovremo farne uso. So bene che razza di vigliacchi sono... ma servirà a fargli un po' di paura

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KEENEY - (Furibondo) Digli che vadano al... (Trattenendosi segue arcigno) Ditegli di venire. Li riceverò. JOE - Si, si, signore. (Esce) KEENEY - (Con un sorriso feroce) Ci siamo, signor Slocum, cominciano i guai, come dicevate, ma ce la sbrigheremo presto. È meglio schiacciarle sul nascere, queste cose, prima che prendano piede. SECONDO - (Preoccupato) Devo svegliare il Primo e il Quarto signore? Potremmo aver bisogno del loro aiuto. KEENEY - No, lasciateli dormire. Basto io solo, signor Slocum. (V'è un calpestio fuori della cabina, quindi entrano cinque uomini dell'equipaggio, capeggiati da Joe. Sono vestiti tutti uguali, maglione, stivali, ecc. Guardano imbarazzati il Capitano rigirando tra le mani i loro berretti di pelliccia. Egli dice dopo una pausa) Ebbene? Chi è che parla? JOE - (Facendosi avanti, con fare spavaldo) Io. KEENEY - (Squadrandolo dalla testa ai piedi, freddamente) Ah, sei tu. Allora, di' quello che hai da dire e fa' presto. JOE - (Cercando di non lasciarsi intimorire dallo sguardo del Capitano ed evitandolo) II nostro contratto è scaduto oggi. KEENEY - Per voi è buono abbastanza. Uomini migliori di voi ne hanno mangiato di peggio.

Vi è un coro di rabbiose esclamazioni. JOE - (Incoraggiato dal contegno degli altri) Noi smettiamo di lavorare, KEENEY (Gelido) Non mi dici niente di nuovo. JOE - Voi non puntate verso casa, a quanto possiamo vedere. KEENEY - No, e non lo farò finché questa nave non sarà piena di olio. JOE - Non si può più andare verso nord, col ghiaccio che c'è. KEENEY - II ghiaccio si sta rompendo. JOE - (Dopo una breve pausa durante la quale gli altri mugugnano rabbiosamente tra loro) II mangiare è tutto marcio.

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KEENEY - (Furioso) Ah, smettete, eh? JOE - Si. E i tribunali ci daranno ragione. KEENEY - Al diavolo i vostri tribunali! Siamo in navigazione, adesso, e la legge su questa nave la faccio io. (Avanzando verso il ramponiere) E chiunque di voi non obbedisca agli ordini, lo metto ai ferri! Altre rabbiose esclamazioni della ciurma. Sulla soglia della porta di fondo appare la Signora Keeney e guarda la scena con occhi stravolti. Nessuno si accorge di lei. JOE - (Spavaldo) E allora noi ci ammutiniamo, e la riportiamo subito a casa, questa vecchia carretta! Vero ragazzi?

Mentre volge il capo per guardare gli altri, Keeney lo colpisce con un violento pugno alla mascella che lo fa afflosciare a terra. La Signora Keeney da un grido e si nasconde la faccia tra le mani. Gli uomini estraggono i loro coltelli a serramanico e fanno per avanzare minacciosi ma si arrestano dinanzi alle rivoltelle puntate di Keeney e del Secondo KEENEY - (Con voce tagliente e occhi che mandano lampi) Fermi! (Gli uomini rimangono li, ammassati, in un cupo silenzio. In tono beffardo) Avete visto che non conviene ammutinarsi, su questa nave, eh? E adesso andatevene! ciascuno al suo posto!... e (da un calcio al corpo di Joe, con sprezzo) questo portatevelo via. E ricordatevi che al primo uomo che batte la fiacca, gli sparo quanto è vero che son qui. Ditelo pure anche agli altri. Fuori, adesso, via! (Gli uomini se ne vanno, vinti, in silenzio, portandosi via Joe. Keeney si volge al Secondo, con una breve risata, rimettendosi la rivoltella in tasca) È meglio che saliate sul ponte signor Slocum, a vedere che non combinino qualcuno dei loro sporchi trucchi. Bisognerà tenere gli occhi aperti, d'ora innanzi. Li conosco. SECONDO - Si, signore. (Esce da destra) KEENEY - (Ode il pianto isterico della moglie e si volta sorpreso, poi, lentamente le si avvicina. Passandole un braccio intorno alle spalle, con burbera tenerezza) Su, su, Annie. Non aver paura. È tutto finito. SIGNORA KEENEY - (Scostandosi da lui) Oh, non ce la faccio più, non posso più sopportarlo! KEENEY - (Dolcemente) Che cosa non puoi sopportare, Annie?

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SIGNORA KEENEY - (In tono isterico) Tutta questa orribile brutalità, e questi bruti, e questa tremenda nave, e questa stanza che è come la cella di una prigione, e tutto il ghiaccio che abbiamo intorno, e il silenzio! (Dopo quest’espiazione, si calma e si asciuga gli occhi col fazzoletto) KEENEY - (Dopo una pausa, durante la quale guarda la moglie accigliato e perplesso) Ricordati, io non volevo che tu mi accompagnassi in questo viaggio, Annie. SIGNORA KEENEY - Volevo stare con tè, David, non lo capisci? Non volevo aspettarti a casa, tutta sola, come ho fatto in questi sei anni da quando ci siamo sposati - aspettare, e vegliare, e tremare... senza poter far nulla per occuparmi la mente, senza poter tornare a insegnare, poiché ero la moglie di Dave Keeney. Non facevo che sognare di navigare per il grande, immenso, glorioso oceano. Volevo essere al tuo fianco, nei pericoli della vita audace che tu conducevi sul mare. Volevo vedere in tè l’eroe che tutti ti giudicano a Homeport, e invece... (Le trema la voce) ho trovato soltanto ghiaccio, e freddo, e brutalità! (La voce le si spezza) KEENEY - Ti avevo avvertita che sarebbe stato cosi, Annie. “La caccia alle balene non è un tè di signore”, - ti avevo detto, - “è meglio che rimani a casa, dove hai tutte le comodità”. (Scuotendo il capo) Ma tu non mi hai voluto sentire. SIGNORA KEENEY - (In tono stanco) Oh, lo so che non è colpa tua, David. Ma vedi, forse sognavo degli antichi Vichinghi dei libri di favole, e pensavo che tu fossi uno di loro. KEENEY - (In tono di protesta) Ho fatto del mio meglio per rendere questo posto il più confortevole possibile. (La Signora Keeney volge intorno uno sguardo di supremo disprezzo) Ho perfino mandato in città per acquistare quell'armonium, pensando che ti sarebbe stato di sollievo suonare, ogni tanto, quando c'è bonaccia e ci si annoia. SIGNORA KEENEY - (Tediata) Si, sei stato molto gentile, David, lo so. (Va verso sinistra e solleva le tendine di un portellino, e guarda fuori; poi ad un tratto erompe) Non lo sopporto!... Non ce la faccio!... chiusa tra queste pareti come una prigioniera! (Corre a lui e lo circonda con le broccia, piangendo. Egli le passa un braccio intorno alle spalle con gesto protettivo). Portami via di qui, David! Se non esco di qui, se non esco da questa terribile nave, impazzirò, riportami a casa, David! Non riesco più a pensare! Mi sento come se il freddo e il silenzio mi fossero penetrati nel cervello. Ho paura! Riportami a casa, David!

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KEENEY - (La tiene a distanza di braccio e la guarda ansioso) È meglio che vai a letto, Annie. Non sei in tè. Hai la febbre. Hai gli occhi così strani. Non ti ho mai vista in questo stato. SIGNORA KEENEY - (Ridendo istericamente) È il ghiaccio, e il freddo, e il silenzio... Renderebbero strano chiunque. KEENEY - (Cercando di calmarla) Fra un paio di mesi, con un po' di fortuna, tre al massimo, avrò tatto il pieno di olio, e allora alzeremo tutte le vele e fileremo verso casa a tutta velocità. SIGNORA KEENEY - Ma non possiamo aspettare fino allora... Io non ce la faccio! Voglio andare a casa. E neanche i marinai, ne possono più. Vogliono andare a casa anche loro. È crudele, è malvagio da parte tua trattenerli! Devi far ritorno. Non hai nessuna scusa. Ormai verso sud il mare è libero. Se hai un po' di cuore devi voltar la prua verso casa. KEENEY - (In tono aspro) Non posso, Annie. SIGNORA KEENEY - Perché non puoi? KEENEY - Una donna non può capire la mia ragione. SIGNORA KEENEY - (Con violenza) Perché è una ragione stupida, un'idea fissa. Oh, ti ho sentito, quando parlavi col Secondo. Hai paura che gli altri capitani ti canzonino perché non fai ritorno con la nave a pieno carico. Vuoi salvare la tua sciocca reputazione, anche se per questo devi picchiare i marinai e farli morire di fame, e a me, farmi perdere la ragione. KEENEY - (Protendendo la mascella con espressione ostinata) Non è per questo, Annie. Gli altri capitani non oserebbero mai canzonarmi. Non è tanto per ciò che direbbero gli altri ma... (Esita, sforzandosi di esprimere ciò che sente) vedi... ho sempre fatto cosi... fin dal mio primo viaggio come capitano. Son sempre tornato... a pieno carico... e... non mi sembra giusto, in certo modo... non farlo. Sono sempre stato il primo baleniere di Homeport, e... non capisci cosa vuoi dire, Annie? (La guarda. Lei fissa con sguardo vacuo dinanzi a sé, senza udire neanche una parola di quello che lui sta dicendo). Annie! (Ella rientra in sé di soprassalto) È meglio che torni di là, Annie. Sii buona, non stai bene. SIGNORA KEENEY - (Resistendo ai suoi tentativi per condurla verso la porta di fondo) David! Torniamo a casa, tè ne prego! KEENEY - (Con dolcezza) Non posso, Annie... non subito, per lo meno. Non capisci? Devo far l'olio.

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SIGNORA KEENEY - Se tu avessi bisogno del denaro, sarebbe un'altra cosa, ma non ne hai bisogno. Ne hai in abbondanza. KEENEY - (Con impazienza) Non penso affatto al denaro. Mi credi cosi meschino? SIGNORA KEENEY - (Cupa) No... non so... non riesco a capire... (Intensamente) Oh, voglio tornare a casa, nella mia vecchia casa, a rivedere la mia cucina, sentire una voce di donna che mi parla, e con cui possa parlare. Due anni! Mi sembra cosi lungo... come se fossi morta e non potessi mai più tornare indietro. KEENEY - (Preoccupato dal suo tono strano, e dallo sguardo remoto che c'è nei suoi occhi) È meglio che tu vada a letto, Annie, non stai bene. SIGNORA KEENEY - (Non sembra udirlo) Mi sentivo cosi sola, quando tu eri via. Trovavo che Homeport era un posto stupido e monotono. Poi avevo preso l'abitudine di andarmene alla spiaggia, specie quando c'era vento e il mare era agitato, e sognavo la bella vita libera che tu conducevi. (Da in una risata che è quasi un singhiozzo) Come amavo il mare, allora! (Fa una pausa, poi riprende lentamente, con intensità) Ma adesso... non voglio neanche più vederlo, il mare. KEENEY - (Pensando di farle piacere) Questo non è certo un posto per una donna. Fui uno sciocco a portarti con me. SIGNORA KEENEY - (Dopo una pausa, passandosi una mano sugli occhi, con un patetico gesto di stanchezza) Quanto ci si metterebbe per arrivare a casa... se partissimo adesso? KEENEY - (Corrugando la fronte) Circa due mesi, credo, Annie, con un po' di fortuna. SIGNORA KEENEY - (Conta sulle dita, poi mormora, con un sorriso rapito) In agosto, allora, nella seconda metà di agosto, no? Noi ci sposammo il venticinque agosto, David, vero? KEENEY - (Cercando di non far vedere che le sue parole l'hanno commosso, burbero) Non tè ne ricordi? SIGNORA KEENEY - (In tono vago, passandosi di nuovo la mano sugli occhi) Non ho più memoria... quassù, in mezzo a questo ghiaccio. È stato tanto tempo fa. (Una pausa. Poi sorride, trasognata) Adesso siamo in giugno. I lillà saranno tutti fioriti, nel giardinetto... e le rose rampicanti, sul muro di fianco, certo stanno ..attendo i primi boccioli. (D'un tratto si copre il volto con le mani e comincia a singhiozzare)

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KEENEY - (Turbato) Va' a riposarti, Annie. Ti consumi a piangere su cose inevitabili. SIGNORA KEENEY - (D'un tratto, gettandogli le broccia al collo e stringendosi a lui) Tu mi ami, vero, David? KEENEY - (Sbalordito e imbarazzato a quest'uscita) Amarti? Perché mi fai una simile domanda, Annie? SIGNORA KEENEY - (Scuotendolo con violenza) Ma tu mi ami, vero, David? Dimmelo! KEENEY - Sono tuo marito, Annie, e tu sei mia moglie. Potremmo forse non amarci, dopo tutti questi anni? SIGNORA KEENEY - (Scuotendolo di nuovo, in tono ancor più vi lento) Allora mi ami? Dimmelo! KEENEY - (Con semplicità) Si, Annie. SIGNORA KEENEY - (Da in sospiro di sollievo, lascia cadere le mani lungo i fianchi; Keeney la guarda ansiosamente. Ella si passa una mano sugli occhi e mormora quasi tra sé) A volte penso, che se avessimo avuto un bambino... (Keeney volge il capo altrove, profondamente commosso. Ella lo afferra per un braccio, e lo volta costringendolo a guardarla in faccia; intensamente) E io sono sempre stata una buona moglie, per tè, David? KEENEY - (La sua voce tradisce la commozione) Non c'è mai stata una moglie migliore di tè, Annie. SIGNORA KEENEY - E non ti ho mai chiesto molto, vero, David? non è vero? KEENEY - Tu sai che ti avrei dato qualunque cosa fosse stato in mio potere di darti, Annie. SIGNORA KEENEY - (Selvaggiamente) E allora fallo questa volta, per amor mio, per amor di Dio... portami a casa! Questa vita mi uccide... la brutalità, il freddo, l'orrore... divento pazza! ne sento la minaccia nell'aria, la sento nel silenzio, in tutti questi giorni grigi e uguali. Non ce la faccio. (Singhiozzando) Impazzirò, lo so. Portami a casa, David, se è vero che mi ami come dici. Ho paura. Per amor di Dio, riportami a casa! (Gli getta le braccio al collo, e piange contro la sua spalla) Il volto di Keeney tradisce la tremenda lotta che si svolge dentro di lui. Egli allontana un poco la moglie, la sua espressione si è addolcita. Per un momento le spalle gli s'incurvano, come si fosse d'un tratto invecchiato, il suo spirito ferreo si piega dinanzi al volto lacrimoso della moglie.

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KEENEY - (Articolando le parole con sforzo) Va bene, Annie... per amor tuo... se dici che ti è necessario. SIGNORA KEENEY - (Con gioia selvaggia, baciandolo) Dio ti benedica, David!

Egli si volge altrove, e s'avvia in silenzio verso la scaletta. Proprio in quel punto si ode uno scalpiccio sulla scala, e il Secondo entra nella cabina. SECONDO - (Eccitato) capitano, II ghiaccio si sta rompendo verso nord, signore. Ve un passaggio sgombro attraverso la banchisa, e al di là, mare libero, dice la vedetta. Keeney si raddrizza come uno che si risvegli da uno stato di catalessi. La Signora Keeney guarda con occhi atterriti. KEENEY - (Stordito, cercando di raccogliere i pensieri) Un passaggio sgombro? Verso nord? SECONDO - Si, signore. KEENEY - (Con voce d'un tratto aspra, piena di determinazione) Allora preparatevi, passiamo! SECONDO - Si, si, signore. SIGNORA KEENEY - (Con un grido d'invocazione) David! KEENEY - (Senza badarle) Gli uomini obbediranno di buona voglia o dovremo imporci con la forza? SECONDO - Si adatteranno, vedrete. Gli avete messo un sacro terrore, signore. Sono mansueti come agnelli. KEENEY - Allora metteteli tutti al lavoro, tutt'e due le squadre. (Con feroce determinazione) Ci sono balene, dall'altra parte della banchisa, e le prenderemo! SECONDO - Si, si, signore. KEENEY - (Parlando ad alta voce tra sé, con sarcasmo) Pensare che stavo per tornarmene via come un cane vigliacco! SIGNORA KEENEY - (Implorante) David!

KEENEY - (Severo) Donna, non devi immischiarti negli affari degli uomini, cercando d'indebolirli. Tu non puoi capire i miei sentimenti. Io devo dimostrare d'essere un uomo, per essere un buon marito di cui tu possa andar fiera. Devo far l'olio, questo devo fare! 83


SIGNORA KEENEY - (Supplichevole) David! Dunque non torni a casa? KEENEY - (Ignorando la domanda, autoritario) Tu non stai bene. Va' a coricarti un poco. (Si avvia alla porta) Io devo salire sul ponte. (Esce) SIGNORA KEENEY - (Con un grido d'angoscia) David! (Una pausa. Si passa una mano sugli occhi; poi comincia a ridere istericamente e si avvia all'armonium. Siede e comincia a suonare selvaggiamente un vecchio inno)

Keeney rientra, la guarda per un momento adirato, poi le si avvicina e l'afferra ruvidamente per una spalla KEENEY - Donna, che stupidaggini sono queste? (Ella da in una risata selvaggia ed egli fa un balzo indietro, allarmato) Annie! che c'è? (Lei non risponde. Keeney riprende con voce tremante) Non mi riconosci, Annie? (Le mette le mani sulle spalle e la volta in modo da poterla guardare negli occhi. Lei lo fissa con un vago sorriso sulle labbra. Egli si allontana un poco da lei, esitante, ed ella riprende a suonare l'armonium, più piano. Keeney inghiottendo a fatica, sussurra con voce roca, come parlasse con difficoltà) Avevi detto... che, saresti impazzita... Dio! Dal ponte si ode un grido prolungato: “Soooffiaaa!” un momento dopo attraverso il lucernario compare la faccia del Secondo. Non può vedere la Signora Keeney SECONDO - (Agitatissimo) Balene, signore. Un'intera squadra... a circa cinque miglia a tribordo... grosse! KEENEY - (Galvanizzato) State calando in mare le scialuppe? SECONDO - Si, signore. KEENEY - (Con torva decisione) Vengo con voi. SECONDO - Si, si, signore. (Giubilante) Ora si che ne farete, di olio, signore! (La sua faccia si ritira, e un momento dopo lo si ode gridare ordini)

KEENEY - (Rivolgendosi alla moglie) Annie! hai sentito? Farò olio! (Ella non gli risponde, non sembra nemmeno accorgersi della sua presenza. Egli da in un'aspra risata che è quasi un gemito) Lo so che mi stai prendendo in giro, Annie. Non hai perso la ragione... (Ansiosamente) Non è vero? Adesso farò olio, senza perder tempo... sarà una breve attesa, Annie... e poi torneremo a casa. Non posso tornare ora, lo capisci, non è vero? Devo far olio! (Con improvviso terrore) Rispondimi! Non sei pazza, vero?

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Lei continua a suonare l’armonium, senza dargli alcuna risposta. La faccia del Secondo riappare al lucernario. SECONDO - Tutto pronto, signore. (Keeney volta le spalle alla moglie e si dirige a gran passi verso la porta. Giuntovi, si ferma per un momento voltandosi a guardarla, angosciato, lottando per dominare i propri sentimenti) Venite, signore? KEENEY - (Il volto d'un tratto duro e determinato) Si. (Si volta bruscamente ed esce)

La Signora Keeney non sembra notarlo. Tutta la sua attenzione è concentrata sull'armonium. Suona, ad occhi semichiusi, oscillando un poco da una parte e dall'altra, al ritmo dell'inno. Le sue dita scorrono sempre piÚ rapide sulla tastiera; continua a suonare follemente, stonando

Sipario

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4.4 – Analisi del testo “Olio”vista dal regista Dimitri Priano

La rabbia nasce dall’impotenza, dalla staticità e dall’impossibilità di muoversi. Tutti sono obbligati a rispettare i propri vincoli perché sono prigionieri di un microcosmo “la nave” dove ognuno è assoggettato al proprio ruolo. Persino il protagonista, il capitano Keeney, proprietario della nave, diventa vittima di se stesso alla vana e disperata ricerca – come un moderno Capitano Achab intento a guidare l'intero equipaggio attraverso la folle impresa di caccia alle balene per estrarne l’olio - del “suo” Moby Dik . Il testo è pieno di volute e studiate contraddizioni tra cui spicca la “prigionia” della nave nel mare ghiacciato… proprio il mare che da sempre è stato visto come sinonimo di libertà, in quanto spazio aperto, diventa una vera prigione dove dal profondo degli animi scaturiscono tensioni rabbiose pronte, da un lato, ad ordire un ammutinamento e dall’altra, con fermezza glaciale, a contrastarla con l’uso delle armi. Ad una prima lettura iniziale del testo parrebbe che tutti i personaggi siano in preda alla più assoluta rassegnazione ma, nell’ultima scena ci accorgiamo che la rabbia, pur latente, è sempre presente ed è proprio lei a spingere l’equipaggio a proseguire questo viaggio alla caccia o meglio alla ricerca di ciò che è inutile. Diventa quindi indispensabile ritornare a rileggere dall’inizio questo breve testo teatrale di Eugene O’Neill per assaporare la “rabbia” che ha sempre permeato la sua drammaturgia rendendola molto spesso vicina alla vita reale. Ed è proprio rileggendolo che ci accorgiamo che basta un attimo di speranza per far rinascere la voglia rabbiosa di ripercorrere le tragiche illusioni che hanno impoverito la vita e l’esistenza di tutto l’equipaggio, che ha fatto accantonare ed annullare ai personaggi sentimenti ed emozioni rendendoli quasi privi, apparentemente, di energia vitale. (È rabbia interiore) È la rabbia che li spinge ad andare avanti, è proprio ora che ci accorgiamo che la staticità iniziale non era altro che impotenza, o meglio, rabbia allo stato puro e non proprio latente e pronta ad esplodere alla minima avvisaglia. La rabbia si intravede anche nella relazione coniugale tra il Capitano e la moglie… Rabbia presente già durante le prime battute che sfocia nel dramma esistenziale di lei che, nel finale dell’opera, si accorge di essere impotente per contrastare la follia del marito.

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4.5-Analisi del laboratorio da parte del Conduttore

Quali caratteristiche Yin e Yang si sono evidenziate all’interno del laboratorio. In questo laboratorio teatrale empirico, con il supporto del testo “Olio” di Eugene O’Neill, si è voluto portare in scena alcune personalità che caratterizzano lo Yin e lo Yang, a prescindere dal sesso biologico. …“i principi base dell’agire femminile: nutrimento, cura dolcezza, seduzione, comprensione, accettazione, compassione, intuizione, perfidia, cattiveria, perdono”… “…i principi base dell’agire maschile: regole, fermezza, guida, determinazione, competizione, forza fisica, autorità, aggressività, pietà”… Queste sono caratteristiche e atteggiamenti base che risalgono alle potenzialità arcaiche quando si differenziava la “Tribù delle donne” e il “Cerchio degli uomini”. Il patrimonio genetico veniva tramandato al sesso biologico di appartenenza, un patrimonio sentito come <radici>. Attualmente ognuno di noi è testimonianza vivente della propria specie e, come tale, del suo patrimonio genetico. Nel corso del laboratorio teatrali empirici il partecipante è entrato in contatto per con il proprio patrimonio emotivo, codificato Yang. Questo lo ha portato a creare un’occasione per ricreare le alleanze con le proprie radici maschili. Per cui chi aveva negato la propria parte rabbiosa, aggressiva, si trova a sperimentare anche l’essenza della forza dinamica genuina, capace, di affrontare situazioni difficili e impegnative. Ripristinare la relazione con questo serbatoio non vuol dire avere atteggiamenti aggressivi, ma essere consapevoli che esistono in noi e come tali vanno visti ed elaborati per fare pace con la parte più rabbiosa del nostro essere. Lo stesso principio vale anche per la donna. Ciò può sembrare contraddittorio poiché non avrebbe bisogno di allearsi con il proprio Yang, ma con la sua parte più femminile. Per questo, con il rilascio della rabbia, si prende consapevolezza dei rancori accumulati, attingendo al proprio patrimonio genetico femminile per lasciare andare le rabbie, i risentimenti verso la figura maschile. In parole chiare, fin quando non si lasciano andare i risentimenti sarà difficile attivare in pieno il proprio potenziale femminile. Ripristinare il collegamento con le proprie fonti arcaiche e la ricchezza del proprio universo Yin porta a superare gli ostacoli per il raggiungimento di tutte le qualità e principi naturali del suo essere femminile, e non stare chiusi nell’ingranaggio distruttivo della Rabbia e del Rancore 87


Oggi abbiamo la certezza, che la rabbia, costituisce un grave danno per il nostro benessere e il nostro equilibrio, perché ci sforziamo di non esternarla e fare apparire solo una parte di noi non elaborando gli aspetti che possono alterare il nostro equilibrio. L’ombra fa parte di questo ingranaggio nell’ombra nascondiamo alcune parti importanti di noi esempio alzare la voce no! non è elegante urlare la propria rabbia la propria aggressività no non è elegante! e quindi per compiacere agli altri noi nascondiamo quei lati che pure ci appartengono Nel Laboratorio Teatrale avente per tema la Rabbia ci siamo concessi di uscire allo scoperto per mettere in scena un copione autentico del nostro vero IO imparando a non avere ansia davanti all’aggressività di altri, questo è stato fatto scaricando la rabbia arretrata attraverso i personaggi teatrali cercando di diventare consapevoli dove può essere nata la rabbia che ognuno cova dentro L’ombra, infatti, s’instaura come moto principale soltanto perché la persona tiene lontano l’amore , costringendo se stessa a sostituirlo attraverso valori personalizzati.

RABBIA fonte preziosa per conoscere meglio il nostro mal-essere e raggiungere il nostro ben-essere

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4.6- Intervista a una partecipante al Laboratorio Teatrale Empirico “ La Rabbia”.

- Quali sono i motivi per cui hai deciso di frequentare un gruppo di crescita personale attraverso i Laboratori Teatrali? Avevo deciso di frequentare comunque "quel" gruppo e ho molto apprezzato la scelta dei "Laboratori Teatrali Empirici" perché mi piace recitare e raccontare .

-Quali aspetti di te che non conoscevi sono emersi? Quale parte Ombra hai individuato quale parte luce? Credo di aver messo a fuoco la parte impulsiva di me, quella che mi fa parlare prima di aver pensato. Lavorando in gruppo non si può essere l'unico protagonista , né si possono prendere in mano le redini e guidare tutti , senza dare agli altri il tempo di pensare e scegliere.

-Quali ruoli hai interpretato più facilmente, quali con più difficoltà? Nessun ruolo mi è risultato più o meno facile , li ho graditi tutti.

-Quale personaggio era più vicino al tuo sentire, perché? Hai individuato qualche maschera che utilizzi nel tuo vivere quotidiano?

C'è stato un personaggio che mi era vicino , perché incoraggiava l'altro ad affrontare la via con gioia e senza maschere , anzi , a gettar via le maschere .

-Per te è più naturale interpretare un ruolo femminile o maschile? Perché? Normalmente ho preferito i ruoli maschili, perché sono tradizionalmente rappresentati come i più forti, sia nelle favole che nella letteratura, benché ritenga di preferire la forza " al femminile ".

-Ignoravi prima di oggi la tua parte Yin e quella Yang? O la conoscevi? Conoscevo i due poli Yin e Yang che compongono la nostra vita, che nascono uno dall'altro. Sperimento la vita da 2 poli opposti e tutto è relativo : posso cambiare e trasformarmi.

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-Nella vita quotidiana metti in atto l’apparire o l’essere ? Quando vuoi apparire quale Rabbia cerchi di nascondere? Metto in atto l’ essere, ma purtroppo nei rapporti col mondo esterno spesso bisogna apparire . Ed è proprio questa la rabbia: dover apparire diversi da come si è . Sperimento spesso che se dico apertamente quello che penso, vengo giudicata e la mia sincerità "urta" l'altrui modo di presentarsi.

-Durante le prove per la rappresentazione che rapporto hai avuto con gli altri attori ? E durante la rappresentazione?

Il rapporto con gli altri attori è generalmente improntato a simpatia e affetto, anche perché tali sentimenti sono propri di questo gruppo. La scelta di far parte di un "cast" piuttosto che di un altro non è comunque casuale, perché si va spontaneamente verso coloro che sentiamo più simili o ai quali vorremmo somigliare. La prima volta , già durante le prove, ho subito il comportamento aggressivo di una persona e ho espresso la mia rabbia solo dopo la rappresentazione . Durante le rappresentazioni comunque ho visto che ognuno di noi è se stesso e quindi il mio rapporto con gli altri è stato di incoraggiamento e sincera amicizia.

-Chiudi per un attimo i tuoi occhi e visualizza davanti a te un armadio pieno di vestiti di scena, prendine uno, riesci a descriverlo? L'armadio davanti a me trabocca di abiti, perle, scialli . E' simile a un magazzino teatrale , come a volte si vede in un film. E vedo pizzi, gonne e sottogonne , abiti da damina e parrucche imbiancate. Quello che tiro fuori è diverso da tutti , è rosso, scollato e ha la gonna con i volants, come quella che portano le ballerine di flamenco. L'abito della “ Carmen ".

-Al termine di queste esperienze cosa ti porti dentro? Mi sono resa conto che qualunque personaggio era me stessa . Amo recitare ? Ma sì, forse non è cambiato granché sotto quel punto di vista. Mi piace stare sulla scena, parlare . Il fatto però è che non ho più voglia di " stare sulla scena " nella vita , non più " fare una parte ". Non ho più voglia di compiacere gli altri, non mi sento più disposta a cedere all'altrui aggressività, né alle altrui aspettative su di me. Voglio affermare me stessa , anche se ho imparato a smussare gli spigoli e a lasciare più spazio agli altri. Per rimanere in tema teatrale, ho capito come fare a non "coprire" l'attore di fronte a me sul palcoscenico teatrale e su quello della vita , ma soprattutto so che posso non lasciarmi coprire da nessuno .

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CAP. 5

CONCLUSIONI

Seguendo il corso accademico “ Discipline Psicologiche Empiriche ” ho avuto modo in questi anni di apprezzare quanto sia importante creare la sinergia tra i contenuti formativi, cioè le conoscenze, la comprensione, con l’esperienza perché è attraverso essa che si può trasformare il proprio rapporto con sé stessi e con gli altri, se esistono stati di disagio. Solo facendo chiarezza in sé ci può avvicinare ad un modo d’essere autentico, si può innalzare il livello della qualità della vita. In particolare in questo mio lavoro ho rivolto l’attenzione alla ricerca e alla crescita del sé nella declinazione del teatro. L’intento non è quello di diventare attori, ma di smascherare i copioni che recitiamo ogni giorno, perché ognuno di noi recita un ruolo cercando di interpretare quello che vorrebbe essere, seguendo un copione che meccanicamente ripete. L’intento è quello di fare, agire, non per dimostrare qualcosa agli altri, ma per rivelare se stessi, ripristinando il copione genetico personale. Accendendo i riflettori anche sulle azioni che non abbiamo osato fare ci potremmo appropriare del nostro presente, mettendo in scena la nostra autenticità emotiva ed espressiva, nel campo della non finzione. Lo scopo, in sintesi, del metodo teatrale empirico è: -scoprire il copione “obbligato” nella propria vita -partire dai copioni per risalire alle strategie personali nelle relazioni con gli altri -mettere in scena la parte più autentica ed inespressa del sé -risalire alle paure che non permettono di essere autentici e veri -essere protagonisti del proprio mondo espressivo -incrementare le proprie tecniche comunicative

Ci sono stati forniti gli strumenti per osservare le dinamiche empiriche, nell’individuo, nella coppia e nella società

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Attraverso, infatti, la metodologia applicata nei Laboratori Teatrali Empirici ho voluto approntare varie sequenze per far comprendere come ogni donna e ogni uomo fanno parte di un sistema che li lega alla loro eredità di esseri determinati da principi femminile e maschile. Solo collegandosi alle potenzialità del proprio sesso biologico, l’uomo e la donna possono esprimere la loro vera identità.

Obiettivi individuati: - ricollegarsi con il proprio sesso biologico e scoprirne le sue piene potenzialità - risalire alla conoscenza arcaica che ci ricollega alla forza del Padre e al potere della Madre - sperimentare i principi attivi maschile e femminile a prescindere dal proprio sesso biologico -liberare il proprio potere represso nella vita di tutti i giorni -essere più Uomo più Donna - saper riconoscere le parti ombra e le parti luce Ho elaborato a tal proposito, una serie di Laboratori Teatrali Empirici denominati “ Luci e Ombre”. Il percorso si articola attraverso un’ introduzione da parte del conduttore, che presenta il laboratorio, si prosegue con il rilassamento, la visualizzazione inerente al tema, esercizi di tecniche teatrali, presentazione del testo da parte del regista. Il conduttore invita le persone a scegliersi per formare tra di loro una “vera compagnia” con cui lavoreranno nell’arco della giornata. A metà giornata si svolge la rappresentazione, da dove, scaturiranno le emozioni legati al proprio sé questo avviene, mentre interpreta il ruolo del personaggio che si porta in scena e che apparentemente sembra lontano. E’ stato scelto per il laboratorio sulla “Rabbia il testo “OLIO” autore E. O’Neil che bene si presta a fare emergere nelle persone i moti interiori legati al tema proposto. Per il tema delle “Luci e Ombre” è stato scelto il testo “Di una castagna, la luna e di un viaggio” autore Ivaldo Castellani, inerente all’argomento. Anche questo tema vuole fare emergere delle parti di noi per poterle elaborare, in questo caso le Luci e le Ombre per riuscire ad accostarsi ad essi sotto un’ottica inedita.

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Questi Laboratori Teatrali Empirici hanno fatto riflettere su come

- riconoscere ed uscire dal copione personale le tematiche che ci appartengono - attenuare l’influenza della rabbia arretrata nella vita di tutti i giorni - perdere la paura dell’agire davanti all’aggressività altrui - elaborare il rilascio emotivo attraverso l’approccio del corpo - creare un’alleanza vitale con le potenzialità aggressive genuine - giocare attraverso i dei diversi sé - accettare la forza della luce che sa accogliere l’ombra - mantenere gli stati di consapevolezza legati alla gioia - accettare la luce con amorevolezza - accettare l’ombra con amorevolezza - utilizzare la luce che ci appartiene come unicità

Al termine di questi percorsi ognuno porta con sé, il proprio sentire, fatto di emozioni, e nuove consapevolezze da elaborare, per raggiungere il libero fluire fatto di un percorso che porti ad essere in sintonia con noi stessi, con la natura che ci circonda, con gli altri e con i colori dell’arcobaleno che trasportano le emozioni, dal buio alla luce.

Ama e accetta lo Yin e lo Yang presenti in te non passare il tuo prezioso tempo a rappresentare ruoli che altri hanno scelto per te fai in modo che il ruolo che vuoi vivere nella tua vita nasca dalle tue scelte. (A.D.)

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Bibliografia

Hardy Hardy Hardy Hardy

M. “ La grammatica dell’essere” disp.1 , 2008 M. “ La grammatica dell’essere” disp.2, 2008 M. “ La grammatica dell’essere” disp.3, 2008 M. “ La grammatica dell’essere” disp.4, 2009

Bambarèn S.,“Il Delfino” Ed. Sperling e Kupfer …….. Benedenti P., Conati D. “Nuova guida di animazione teatrale”, Ed. Sonda,….. Bertoldi P., “Meditazione”, Ed. Giunti Demetra…… Bourbeau L. “Le 5 ferite e come guarirle” Ed. Amrita………… Ferrucci P. ,“Crescere” Ed. Astrolabio –Ubaldini editore, Roma, Levine S.,“Esercizi di meditazione guidata” Edizioni Red…. Rolla E., “Piacersi non piacere”, Ed. Varia sei Schellenbaum P., “Il no in amore” Edizioni Red, …….

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