La coppia integrata Un viaggio individuale alla scoperta del vero sè e all’integrazione del potere yin e yang secondo la psicologia empirica
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INDICE Indice …………………………………………………………………………………………………………..pag. 1 Introduzione …………………………………………………………………………………………………pag. 2 concetti convenzionali dell’essere uomo e donna …………………………………………pag.3 yin e yang nella psicologia empirica ………………………………………………………………pag.5 l’uomo yang integrato secondo la psicologia empirica ………………………………….pag.9 la donna yin integrata secondo la psicologia empirica ………………………………….pag. 11 la coppia integrata secondo la psicologia empirica ………………………………………pag. 13 storia personale : i miei genitori ……………………………………………………………………pag.21 la coppia alterata …………………………………………………………………………………………pag.23 il mio primo seminario : il potere è in te ……………………………………………………….pag.29 l’ombra secondo la psicologia empirica …………………………………………………………pag.31 storia personale : luce e ombra …………………………………………………………………….pag. 33 il dolore- per la psicologia empirica ……………………………………………………………….pag. 45 storia personale : integrazione del dolore …………………………………………………….pag.47 il patriarca per la psicologia empirica …………………………………………………………..pag.52 storia personale : trasformazione del maschile interiore ……………………………..pag.54 ringraziamenti …………………………………………………………………………………………….pag.58 bibliografia ………………………………………………………………………………………………….pag.59 2
INTRODUZIONE
Per migliaia di anni, le relazioni tra uomini e donne sono state offuscate e distorte da fantasie irreali. Raramente ci siamo riconosciuti reciprocamente come essere umani interi. Ed oggi che tutti i ruoli sessuali tradizionali, e tutti gli stereotipi sono venuti meno, persino la nostra mascolinità o femminilità –che si dava per scontata- è divenuta materia d’incertezza e dubbio. Questa realtà, mi ha sfidato a scavare in profondità e a pormi domande fondamentali: Come possiamo far emergere le antiche e potenti energie maschili e femminili dentro di noi? Come possiamo approfondire il senso di chi siamo e di che cosa dobbiamo darci l’uno con l’altro? In che modo gli uomini e le donne possono superare le lotte antagoniste che ci hanno afflitto per migliaia di anni, e dare vita ad un nuovo rapporto di alleanza e creatività?
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CONCETTI COVENZIONALI DELL’ESSERE UOMO E DONNA: La ricerca comincia scavando profondamente nei concetti convenzionali dell’essere uomo e donna. L’antica concezione cinese basata sulle polarità dello yin-yang , è estremamente utile, in quanto ci rivela come queste due energie, interagiscono in tutti i fenomeni; da un lato, facendoci vedere l’esistenza di due polarità in ogni cosa, dall’altro, aiutandoci a cambiare la visione del maschile e femminile, da una visione antagonistica a una complementare. Yin è la forza dell’energia centripeta, associata all’interiorità, al raccogliere, alle coesioni ,e all’essere in relazione. E’ associata agli elementi della terra – il terreno generoso che ci unisce e ci sostiene come esseri umani – e all’acqua, la fluida e benevola madre della vita. Come la terra, generosa e accogliente, yin, nutre il maturare degli esseri umani sia che siano maschi o femmine. Yang è il principio della forza centrifuga, della separazione e, dell’individuazione. Come un razzo, che esercita una forza straordinaria per staccarsi dalla gravità della
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Terra, yang è la forza che spinge il nostro sviluppo come individui. E’ associato agli elementi espansivi, aria e fuoco. Yang è l’energia che fertilizza, da inizio ed eseguisce. E’ pungente, penetrante e stimolante come il tuono e il fulmine. Mentre yin, governa il collegare, lo yang governa il separare. Questi due poli delle relazioni umane, costituiscono i principi base che governano tutte le interrazioni dell’universo . L’uomo e la donna sono i prodotti di due elementi primari, per cui entrambe le qualità sono contenute in ciascun sesso.
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Yin e Yang nella psicologia empirica: Ogni essere umano, ha in sé l’interezza di tutte le qualità yin e yang. Per quanto abbiano il primato, quelli appartenenti al proprio sesso biologico, l’uomo e la donna sono entrambi portatori sani sia dell’energia yin, associata al principio femminile, sia di quella yang , contenente i principi maschili . I due sessi però sono caratterizzati dall’ impasto differente delle qualità empiriche che compongono la propria carica di base. L’uomo e la donna, si distinguono infatti sul piano energetico, per una carica primaria diversa, in cui i principi yin, fanno da base per il mondo femminile e quelli yang per quello maschile. Ogni sesso, possiede un’ampia gamma di principi primari che derivano dal proprio sesso di base, e una parte di principi secondari costituiti dalle doti del sesso opposto. Entrambi hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’individuo, per quanto sono sempre quelli primari che conferiscono al loro portatore, sicurezza e stabilità emotiva. Così ogni uomo e ogni donna, accede ad un proprio codice empirico. Il codice yin, detiene e stabilisce tutti i talenti femminili.
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Il codice yang, invece, contiene e determina tutti i principi maschili. In questa maniera, entrambi i sessi possiedono un preciso “manuale” riguardo alle loro qualità, da quelle più appariscenti fino a quelle più remote e nascoste, a prescindere se la persona ne sia cosciente o meno. Infatti, spesso il singolo individuo, ha una visione personalizzata di ciò che è femminile o maschile, interpretando queste sue convinzioni irreali nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, l’ordine armonico, non riconosce la sua buona fede nell’interpretarle come Tali, aprendo uno “stato di debito”, qualora si arroghi un diritto empirico non proprio. I due codici comprendono in egual misura una parte luminosa, contenente tutte le doti più nobili e onorevoli, e una parte d’ombra. In questa modo, anche tutte le tendenze che la persona riconosce come più terribili e meno allettanti, sono spartibili tra i due sessi. Pertanto, ogni individuo che vorrebbe identificarsi solamente con le sue parti più
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“belle” ,ed esorcizzare le altre, ha bisogno di far fronte anche al suo lato meno ambito. Le due parti, sono in equilibrio tra loro nella figura dell’uomo yang e della donna yin, in quanto modelli d’eccellenza della loro specie. L‘uomo yang e la donna yin, sono dunque portatori sani del proprio codice, poiché riescono ad accedere a tutti i loro principi attivi, e questi costruiscono modelli empirici sani e non inquinati. Ess,i sono le uniche forme empiriche capaci di accedere all’amore, e quindi di poter entrare in relazioni autentiche e appaganti . Tutte le altre forme maschili o femminili invece, costituiscono ruoli empirici alterati, e- per quanto non lo si creda- malsani.
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L’UOMO YANG INTEGRATO
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L’uomo Yang integrato: costituisce il modello empirico maschile d’eccellenza, detentore della forza yang, forza che lui contiene e che attraverso di lui si costituisce. L’ energia yang, forma la carica primaria dell’uomo. Essa permea ogni sua espressione, ogni passo, progetto o azione, non potendo farne a meno di esprimerlo in tutto e per tutto. Gli appartiene tuttavia, anche un altro tipo di energia opposta:ovvero quella femminile. Soltanto grazie a quest’ultima –sua carica secondaria - l’uomo entra in possesso di una energia integrata. Se l’uomo non impara ad avvicinarsi alle proprie emozioni, permettendosi di esprimere dolcezza,sensibilità, flessibilità, non sarà neanche in grado di canalizzare gli istinti maschili. Così, durante la propria integrazione, l’uomo ha bisogno di affrontare alcune difficoltà :l’arrendevolezza del sapere chiedere aiuto, del sapersi affidare , il sapersi scusare ed ammettere anche di avere sbagliato, il permettersi di stare con ciò che per lui è scomodo, l’avvicinarsi senza vergogna e disgusto alle emozioni dell’ombra femminile, alle proprie paure, alla sua angoscia, alla sua ansia, al suo senso di colpa e all’ imbarazzo. Questo però, può farlo soltanto, quando ha integrato i principi yin a un livello profondo, e dunque ha imparato ad approcciarsi in maniera diversa anche a quella maschile. L’uomo yang integrato, è l’unico in grado di onorare il femminile, sa valorizzare contenere i principi yin, essendo fiero del proprio lato femminile e di 10
conseguenza anche quelli di ogni altra donna.
LA DONNA YIN INTEGRATA
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La donna Yin integrata: costituisce il modello empirico d’eccellenza, in quanto è in grado d’esprimere l’intera gamma di principi attivi yin, ossia tutte le qualità e i moti emotivi che la distinguono. Ma anche lei ha dovuto avvicinarsi alla propria carica opposta, ossia quella yang. Perché, solo grazie a questo ha potuto sviluppare la propria forza femminile, senza rimanere legata allo stato di bambina che- faceva finta di essere donna- e terrorizzata dal mondo maschile. Il suo Onimus, espressione per definire la medesima carica, utilizza i principi maschili come base portante dei propri talenti yin. Sa esprimere i suoi bisogni in maniera determinata, ma amorevole e senza le necessità di modi aggressivi e rabbiosi, caratteristiche inconfondibili del suo potere yin. È calma, ma autorevole , con un atteggiamento morbido, ma determinato , sempre atto ad indicare la presenza di un femminile radicato. E’ così che la forza e la dolcezza, contraddistinguono la donna yin integrata.
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LA COPPIA INTEGRATA
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La coppia integrata: per la psicologia empirica, è composta da due partner Integrati, ossia da un uomo yang integrato e da un donna yin integrata. Si tratta dell’ unica forma di relazione in grado di appagare i suoi esponenti Completamente, predisponendo la coppia ad un rapporto duraturo. Solo la coppia integrata, offre ai partner un legame stabile e appagante, identificando tutti gli altri rapporti - anche quelli di lunga data- come fasulli e privi di appagamento. In una coppia integrata, ciascuno dei partner, accede ai principi guida del proprio codice yin e yang, il quale lo fa sentire sostenuto, al sicuro e, gli conferisce autostima, fiducia e stabilità, perché si tratta di un partner integrato. Una persona integrata, accede alla realtà empirica con facilità, senza doversela “aggiustare”, essendo capace d’affrontare le responsabilità che ne derivano. Ciò non significa che una persona integrata, sia facilitata nel compiere questo; significa in realtà che, nonostante la sua paura, i suoi dubbi e l’esitazione che regolarmente la assalgono, riesca a fronteggiarle. È una persona che si sente collegato con la propria stirpe, ovvero intrattiene rapporti d’amore e di rispetto con i propri genitori e la sua famiglia in generale.
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Ciò gli premette di essere, portatore di principi attivi sani, avendo potuto decifrare la propria carica primaria integralmente. Il suo fare si contraddistingue attraverso uno slancio naturale e genuino, ne troppo forte ne di messo, poiché è sincronizzato con i modi principali dell’ordine. Riesce così a moderare le proprie risposte empiriche secondo le esigenze del momento. Una libertà, questa, che si esprime all’interno della coppia, attraverso la possibilità di essere ciò che si è, senza che l’uno, sia costretto a subire, le manifestazioni dell’altro. Qualora si verificasse un malinteso o uno dei partner mettesse in atto delle reazioni inappropriate, l’altro non avrebbe problemi ad esporre l’oltraggio in maniera opportuna, senza sentirsi violato o dover attaccare immediatamente. Questo è perché ambedue, hanno sviluppato in maniera sufficiente, le varie istanze del proprio “Io”, quindi sono in grado di gestire sia la parte del bambino interiore, sia quello del giudice e maestrino. Chi sperimenta questa condizione, non sente l’esigenza della continua approvazione, sentendosi già ben radicato nel proprio potere yin o nella propria forza yang, anche senza la conferma del mondo esterno.
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Così l’uomo yang integrato, non ha più bisogno di dimostrare perennemente quanto sia virile, spericolato, o sfidante, in quanto l’argomento è assodato e non più fonte di dubbi profondi. Nella stessa maniera- soltanto agli antipodi empirici- neanche la donna yin integrata, si sente costretta ad essere seducente, carina, o morbida a tutti i costi per essere riconosciuta nel proprio essere. Sa già di esserlo in maniera sufficiente. Nella coppia integrata, entrambi i partner, hanno avuto la possibilità di conoscere la loro ombra lungo il proprio cammino, sperimentandola come parte essenziale e inevitabile di sé. Questo principio, esprime al meglio la natura dell’essere integrato, la qualebasandosi sulla sinergia delle forze contrapposte- richiede la presenza di un ombra esaminata e consapevolizzata. Questa consapevolezza, costituisce la premessa indispensabile per avvicinarsi ad una qualsivoglia integrazione, la quale fonde luce e ombra, maschile e femminile, forza yang e dolcezza yin, in un unico moto sinergico.
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Chi ha raggiunto questo livello, non tenta più di negare la propria parte buia, riconoscendosi nella sua ricchezza e nella sua pienezza. Sia che si tratti della paura sia della rabbia, del proprio senso di colpa o di quello della inadeguatezza, chi ha raggiunto lo stato integrato, ha imparato a sostenere il proprio dolore. L’integrato riesce a vedere che, questi moti emotivi, niente altro sono che una emanazione del proprio debito, ossia del suo dolore represso che si presenta sotto tale forma, potendo accedere alle varie parti di sé senza distinzione di sorte. Soltanto chi sa accettare anche i propri fallimenti, perdonarsi i propri errori, ed integrare anche ciò che la vita gli presenta, senza avergli chiesto prima il permesso, crea spazio ad un livello profondo. In quel modo, il singolo sa sostenere, all’interno della coppia, anche i difetti del proprio partner senza far finta di nulla o , peggio, criticarlo o biasimarlo. Infatti, ogni moto d’amore, si può sviluppare soltanto man mano che il singolo accetta anche la parte più scomoda e fastidiosa di sé, quella che più gli fa paura o quella che più lo fa arrabbiare, integrandola con l’andare del tempo.
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Ogni principio di autostima parte dal rapporto con se stesso, più esattamente da quello con la propria ombra, prima che possa esprimersi anche nel rapporto affettivo con chi si ha accanto. Solamente quando il singolo ha imparato ad affrontare il proprio dolore, non ha più bisogno di “plasmare” la sua realtà secondo la propria immagine e somiglianza, sottraendosi a ciò che non vuole vedere e nascondendo quello che gli è scomodo. Chi appartiene a questa categoria empirica sa stare da solo nella stessa maniera in cui sa aprirsi anche con gli altri, in quanto il rapporto con se stesso è armonico e costruttivo. Diventare uomo yang, - o donna yin integrata, significa, ai fini empirici, sapere accedere al proprio ruolo d’adulto, lasciando dietro di se quello del piccolo. Questo implica la possibilità di aver potuto sperimentare la vita in tutte le sue sfaccettature, avvicinandosi anche ai tabù empirici senza rimanerne inquinati. Lo stato integrato, costituisce l’unico ruolo sistematico che si colloca all’interno del libero fluire, essendo capace di concepire l’amore. La sua distinzione principale-rispetto ai rapporti alterati- è quella di poter dare e ricevere amore, intesa come qualità empirica sufficiente prevista dall’ordine.
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Ma soltanto all’interno di una coppia integrata, ossia insieme ad un’altra persona della stessa appartenenza, il suo portatore è in grado di generare una tale condizione. Solamente in sinergia, con un altro portatore sano delle stesse qualità può aggirare il bisogno di attaccamento, che obbligatoriamente s’instaura tra gli interpreti di un altro ruolo deviato. In qualunque rapporto non integrato, infatti, è il bisogno a costituire l’unica forma di legame che i partner possono concepire. Questo, però, non significa che una coppia integrata sia perfetta, tutt’altro, essendo composta da essere umani fluttuanti e alterabili. Così anche il rapporto integrato conosce incomprensioni e malintesi, periodi turbati e altri armoniosi. Ciascuno dei suoi membri, però, sa riconoscere i propri errori e atteggiamenti caparbi, manifestando- una volta accortosi- il suo dispiacere o il pentimento a proposito.
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Ciò avviene comunque senza che il rapporto si inquini attraverso troppi “scusami” o sensi di colpa, atteggiamenti che costituiscono un segno di riconoscimento puntuale per ogni coppia alterata. All’interno di essa, la parte in continua a scusarsi per ogni cosa, mentre quella integrata sa esprimere questa parte soltanto quando la situazione realmente lo richiede. In una coppia integrata, gli errori degli altri possono essere smaltiti senza lasciare strascichi di rancori e risentimento.
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STORIA PERSONALE (i miei genitori)
Mi piace l’idea di poter scrivere parte della mia storia personale come esempio di evoluzione e integrazione del mio femminile che, continua ancora oggi a essere un processo lungo e doloroso, ma ricco di cambiamenti e consapevolezza. La mia ricerca cominciò molto tempo fa … Dopo dieci anni di matrimonio, conclusisi con una separazione e con il dolore di avere tolto la possibilità quotidiana di avere un padre a mia figlia, iniziò per me , un nuovo percorso di vita da donna apparentemente yin o meglio <donna yin alterata>. Utilizzavo il ruolo di figlia o di bambina per affrontare il mondo, le sembianze da donna erano per me una pura illusione in quanto le mie strategie vitali, erano legate al copione di chi non sa portare la propria responsabilità. Ma, come dice il professore, Michael Hardy, il sistema prevede tali condizioni come stato di diritto per il bambino, mentre per l’adulto lo sancisce soltanto come la segnalazione di un debito sistematico. Allora, però, non ne ero consapevole.
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Sono cresciuta in una famiglia dove i ruoli dei miei genitori sono stati sempre nettamente chiari : mia madre impersonava apparentemente il ruolo da femmina, accudiva i figli non lavorava, stava a casa e aveva un atteggiamento di sottomissione e di vittimismo. La sua identità veniva fuori solo in relazione ai bisogni di mio padre o anche di noi figli. Cucinava le cose che ci piacevano e ci curava con apprensione. Piena di paura, però, non si prendeva nessuna responsabilità di madre e, faceva prendere le decisioni sempre a mio padre. Si disperava per la sua debolezza e, ogni tanto, desiderava essere più coraggiosa per assumersi il rischio di affrontare la realtà. Tuttavia paurosa e incapace in qualche modo di fare questo passo. Mio padre uomo molto rigido e duro spesso indifferente, isolato dalle vitalità della vita estranea, dai propri aspetti femminili e dai propri sentimenti. Dava valore alla razionalità ,all’obbedienza e al dovere. Il suo atteggiamento autoritario, si abbandonava a volte a scoppi emotivi e irrazionali, minacciando la sicurezza e l’ordine che lui stesso aveva stabilito, istallando in me una terribile paura del caos.
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In questa coppia < la coppia alterata> che poi con il lavoro empirico ho imparato a “riconoscere”,io sono cresciuta …
La coppia alterata: è formata da un uomo yang alterato e da una donna yin alterata. Questo si rispecchiava proprio nella mia famiglia, in cui, mia madre, rivestiva il ruolo della vittima dichiarata , e mio padre, quello del carnefice. Sottomessa al potere maschile, mia madre, maturava anche molta rabbia ed era sempre lei a predominare attraverso la paura e il senso d’inadeguatezza nella relazione, poiché gestiva i moti di un marito bisognoso di affetto e di riconoscimento infinito. Un matrimonio che li accomunava per il loro senso d’inferiorità. Mia madre, <yin alterata>, tentava di coprirlo, sfoggiando un eccesso del suo Femminile, mentre mio padre, <yang alterato>, lo nascondeva dietro una corazza di sicurezza e d’ inviolabilità. Ma entrambi si basarono sulla stesso problema di fondo: la paura, per mio padre,
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quella di non essere abbastanza virile, determinato, valoroso o potente, mancando della propria carica secondaria ossia quella yin, per mia madre, quella di non avere un animus forte, non avendo integrata la propria carica yang, sfoggiava una carica primaria in eccesso , dimostrando qualità femminile in abbondanza senza la forza di poterle sostenere. Tutti e due sentivano e vivevano un’attrazione forte e dipendente, causata dalla legge della compensazione empirica. Le loro caratteristiche, sono state tramandate ai figli, costituendo cosi, il debito di base di chi nasceva da una coppia simile, <io per esempio> … Da bambina ero simpatica, ironica, giocosa e vivace ;poi adolescente, essendo carina,accogliente, attiravo molti uomini che però, appena si interessavano a me, in maniera più coinvolgente, mi stancavano e mi annoiavano, per cui li lasciavo e passavo ad un altro spasimante. Di mio marito mi innamorai perché lui mi dava, apparentemente, la sicurezza di un uomo che sapeva cosa voleva.
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Era più grande di me, un musicista, ed ero attratta dal potere dell’idolo. Lui mi proteggeva, mi ascoltava e, mi faceva sentire al sicuro. Dopo diversi anni di fidanzamento lo sposai, per rendermi conto, dopo pochi anni di matrimonio, di essere scivolata in un rapporto non molto diverso da quello dei miei genitori. Si innamorò di me per la mia vivacità, la mia allegria, per la mia grande voglia di libertà, per poi convincermi a cambiare con ogni suo mezzo a disposizione. Mi dava affetto, protezione e sicurezza, tenendomi rinchiusa dentro una gabbia d’oro, che però, era sempre una gabbia. Tutte le sue attenzioni,i suoi doni, erano rivolti, per trasformarmi in un “cagnolino Addomesticato”. Era possessivo e mi controllava in tutto. Quando, dopo qualche anno dalla nascita di mia figlia, io decisi di rendermi indipendente lavorativamente , iniziarono i veri problemi, che dopo un paio di anni, si conclusero con la separazione. In realtà, il fatto che mio marito mi volesse controllare e sottomettere, non
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rispettando il mio desiderio di autonomia, mi portava una rabbia che cresceva ogni giorno di più, rendendo il rapporto invivibile. Come donna yin alterata e, come uomo yang alterato, anche noi, come i miei genitori, avevamo impersonato un rapporto di coppia alterata. Da bambina, i litigi che a casa avvenivano tra i miei genitori, mi portavano molto a sostenere mia madre che, appariva ai miei occhi, come quella buona, brava e arrendevole, portandomi a vedere mio padre come un mostro violento, che infieriva spesso con le parole, trattandola male. Da piccola, ho odiato mio padre per i suoi modi bruschi, e per il suo modo di comunicare con mia madre,spesso umiliante e irrispettoso. Questo mio parere, cambiò con il passare del tempo. Specie quando cominciai a diventare adolescente … Guardavo mia madre e ripetevo nella mia mente una frase che mi accompagnò per molto tempo della mia vita: “ NON SARÒ MAI COME TE”. Forse fù questa consapevolezza forte che, a differenza di mia madre, mi fece avere
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la forza di chiudere un rapporto che cominciava a diventare violento e irrispettoso come quello loro. Dopo una separazione fatta con molta sofferenza e con la paura di affrontare la vita da sola, con una bambina piccola, non fu facile,- da donna yin alterata, in cui la responsabilità era qualcosa che apparteneva all’uomo-, rimboccarmi le maniche e mettermi a lavoro. In breve tempo, per poter sopravvivere in un mondo competitivo, con il quale, io mi relazionavo in maniera ingenua e inesperiente , mi trasformai in una donna dura, determinata, forte e decisa , l’unico modo in quel momento, per non essere sopraffatta e per poter continuare a esplorare nuovi spazi di libertà, esercitando il mio proprio influsso sul mondo. Mentre passava il tempo ed io, diventavo sempre più autonoma e più sicura di me, cominciai ad aprirmi di nuovo ai rapporti. Inizialmente, esaltavo il mio amante, attribuendogli qualità mitiche, per precipitare dopo un pò di tempo, nella delusione.
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Poi mi chiudevo in un cinico isolamento, fino a quando non sopravveniva un successivo potenziale principe azzurro. Mi sentivo pienamente viva, solo quando avevo una relazione con un uomo, e questo desiderio sincero di essere in contatto con la veritĂ della vita, si trasformava presto in una ossessione di dipendenza, intensificando il mi senso di povertĂ interiore. Un giorno compresi che nessuno avrebbe riempito il mio senso di vuoto interiore e quindi, bramavo qualcosa che nessun uomo avrebbe mai potuto darmi. Quando adoravo romanticamente un uomo , non proiettavo soltanto i miei sentimenti negativi non riconosciuti , ma tutto il potere, la bellezza, la ricchezza del mio essere che non riuscivo a riconoscere in me . Fu questo il motivo che mi spinse a cercare un percorso che mi aiutasse a capire â&#x20AC;Ś Conobbi la scuola del professore Michael Hardy , quattro anni fa, condivisi con lui il motivo per cui mi avvicinavo a questo percorso e, dopo qualche tempo, capii che mi trovavo nel posto giusto.
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IL MIO PRIMO SEMINARIO “ il potere e in tè”,un modulo formativo,basato su giochi ed esercitazioni di gruppo, che mi aiutarono a capire, come noi impariamo attraverso il corpo, solo emotivamente, ossia attraverso l’esperienza. Ma in quel seminario, abbiamo toccato molti aspetti : “il rapporto d’amore con se stessi”, “il potere personale”, “la paura dell’agire”, “dovere e responsabilità”, “vittima e carnefice”. Problematiche per me fondamentali in quel momento della mia vita. In un esercizio sperimentale con lo specchio in cui, guardandomi, mi dovevo ripetere che mi amavo in maniera incondizionata, un pianto disperato di dolore, prese il sopravvento, facendomi capire come il mio modo di vedermi , di parlarmi e di ascoltarmi era svalutante e negativo ,e quanto la mia autostima, fosse bassa. Mi portai il lavoro a casa e, cominciai dal quel momento, a parlare con più amore e più compassione a me stessa. Invece di litigare per gli errori commessi, invece di rimproverarmi nella sofferenza, ed umiliarmi negli insuccessi, cominciai ad ascoltarmi , consolarmi ed incoraggiarmi, facendo affidamento su di me.
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Capii che per consolidare e rafforzare la propria autostima, è importante procedere alla reintegrazione delle proprie ombre. Per ombra, io intendo tutto quello che abbiamo rimosso nell’inconscio, per paura di essere respinti e non accettati dalle persone che hanno giocato un ruolo determinante nella nostra educazione. Per la paura di perdere il loro affetto, di deluderlo, di imbarazzarlo, abbiamo nascosto nell’inconscio, parti di questa personalità non accettabile. Avere scoperto parti di me poco belle, averle riconosciute , accettate e reintegrate, malgrado la paura e l’ansia, (prezzo che ho dovuto pagare per accettare la mia ombra), si trasformò in poco tempo nella gioia di vedere aumentare la mia autostima e, nel diminuire, la diffusa sensazione di angoscia, di insoddisfazione e di depressione. Notai anche una diminuzione delle proiezioni, grazie alla capacità di avere accettato parte della mia ombra e, di conseguenza anche il giudizio verso gli altri diminuì. Infatti, tutto ciò che è inaccettabile alla coscienza, si ritroverà presto o tardi al di fuori di se , ostentato e proiettato su oggetti, sentimenti,animali e persone.
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L’ombra, secondo la psicologia empirica, appartiene ad un ordine preciso, facendo parte della genesi e dei suoi principi universali. I diversi elementi che la propongono, mantengono un equilibrio naturale tra loro, fino a quando la persona si muove all’interno del libero fluire. La rabbia, l’invidia, la paura il senso di colpa, la vigliaccheria e tutte le altre emozioni più temute dall’uomo, si imbastiscono secondo quest’ordine. Si tratta dello stesso ordine che determina anche il lato luce, quello legato ai moti vitali, in quanto l’ordine non distingue tra vita e morte. Le componenti di entrambe, si trovano in un rapporto di equilibrio dinamico, in quanto correlato tra loro in maniera indelebile. Così, ogni persona, a prescindere dal proprio sesso biologico, possiede un lato che mostra volentieri, e un altro, del quale si vergogna o che tende a nascondere. Ogni ruolo alterato, possiede un affinità morbosa con i moti d’ombra dell’ordine, avendo istituzionalizzato alcune sue dinamiche come strategie vitali. Per quanto una persona possa essere inquinata dall’ombra, essendo portatrice di un debito accumulato ingente, necessita comunque di bilanciare, attraverso la stessa entità di luce.
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Anche se noi vediamo una persona soltanto come buona, disponibile, generosa e altruista, sappiamo che nasconde un ingente quantità di rabbia, paura e senso d’inadeguatezza. Nella stessa maniera, chi si pone in maniera rozza e aggressiva, lo fa per nascondere un proprio nucleo percepito come fin troppo fragile. In nessun caso, però, l’ombra sparisce- anche se la parte virtuosa accresce, bensì si struttura in maniera diversa. Anche se l’uomo si liberasse di ogni debito arretrato, rimarrebbe comunque portatore sano di una parte ombra sostanziosa.
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STORIA PERSONALE : luce e ombra
Nel corso della mia vita, ho sperimentato entrambi gli opposti (luce e ombra), sentendomi impetuosamente eccitata nel successo e totalmente infelice nel fallimento, senza mai sentirmi rilassata in una esperienza di totalità. Mi accorgevo che, mentre portavo fuori la mia immagine di donna forte, determinata e piena di successo, ottenendo dagli altri approvazione e piacevolezza, dentro di me tutto questo generava una profonda spaccatura e una perdita di energia che, invece avrebbe creato una condizione naturale e non forzata di benessere. Mi rendevo conto che la mia energia, vitalità, forza e potere personale, venivano deviati, per sostenere l’immagine bella di me e per sopprimere il lato ombra, provocando uno stato cronico di tensione e di stress. Mi sentivo al limite, nello sforzo di evitare situazioni che avrebbero potuto provocare lo scivolamento nel lato d’ombra ( tutti potevano accorgersi che non ero così forte , così solare, così determinata come sembrava) e allo stesso tempo, andavo alla ricerca di situazioni che mi davano sostenimento all’immagine bella di
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me. Continuavo a ripetermi, prima di andare al lavoro: “appena arrivo alla riunione farò vedere a tutti quanto sono determinata forte e capace”. Lo sforzo di portare avanti questa immagine di me, mi portò allo sfinimento e capii che la proiettavo all’esterno perché credevo che, fin da bambina, c’era qualcosa di sbagliato nella naturale espressione di quella che ero, i sentimenti naturali di abbandono, riposo, passività mi venivano condannati come debolezza e dunque li nascondevo. Per essere amata e approvata, cosa di cui tutti siamo affamati, ho proiettato all’esterno la migliore immagine di me. Quando vedevo una donna debole ed estremamente sensibile, bisognosa e molto dipendente mi dava fastidio non la sopportavo. Spesso aveva accanto un uomo ricco, che le risparmiava qualsiasi fatica. Io, che guadagno i miei soldi, che occupo una posizione di responsabilità e che vado a lavorare anche con il raffreddore e la febbre, osservando questo tipo di donna, mi veniva il voltastomaco. Ma la cosa più terribile, fu scoprire che proiettavo la mia ombra proprio su questo tipo di donna, che per quanto io la
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detestavo, rappresentava una parte di me. Più capace, più responsabile io ero, più debole era la mia “gatta morta” interiore . E’ stato difficile per me accettare e confrontarmi con questo aspetto della mia personalità. Confrontarmi con la mia ombra è stato un grosso ostacolo, che mi ha però aiutato, a procedere verso la mia individualità. La mia bambina debole interiore, si sviluppò già in tenera età … Cresciuta in una famiglia dove mia madre, non è stato in grado di offrirmi un modello femminile valido, in quanto infelice e depressa, e dove mio padre, per motivi diversi, è stato assente e distaccato, provocando in me grosse difficoltà nei rapporti con gli uomini; crescere e diventare adulta divenne per me difficoltoso. Mi sentivo sempre la figlia, entrando nella parte da vittima non appena entravo in relazione con gli uomini. Capii più avanti che, solamente prendendomi cura di questa bambina debole e insicura, potevo venire a capo del caos emotivo che mi portata dentro. Cominciai a piangere … Le lacrime si manifestarono in maniera liberatoria, come un fiume in piena, anche contro la mia volontà senza potere
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smettere di versarle, senza sapere razionalmente a cosa serviva tutto questo. Piangendo e liberandomi, iniziai ad entrare sempre più in contatto con le mie emozioni nascoste, e mi rallegravo per il coraggio e la forza che sentivo venire fuori. Oggi posso dire che mi sono rilassata, ho imparato ad accettare e ad amare questa parte fragile di me. Non mi vergogno più ad apparire vulnerabile e a volte anche bisognosa, sono capace di chiedere aiuto. I cambiamenti che si sono verificati in me non sono di natura esteriore, è più qualcosa che riguarda i sentimenti e il mio modo di presentarmi agli altri. Mi sento intera adesso, forse più completa. Mi sento più tenera e tranquilla, più femminile. Non ho più paura di mostrare agli altri le mie debolezze. Prima avevo il panico se mi accorgevo di essere triste o insicura. Ho sempre pensato che nessuno dovesse sapere come stessi veramente, partivo dalla conclusione che tutti sarebbero rimasti sconvolti se l’avessero saputo oppure che avrebbero reagito dicendo < ben ti sta !>. Sono stata sempre ammirata per come sapevo gestire le cose, ma la mia efficienza era solo una maschera, non potevo gettarla per paura che nessuno mi avrebbe accettato per quella che ero. Anche oggi non mi sento sicura che ci sarà qualcuno
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pronto ad accertarmi quando mi sento triste e debole. Eppure, nonostante sia cosciente di questo, non ho più paura perché so che me la caverò anche se le cose non andranno benissimo. Questa consapevolezza mi è costata cara, ma mi ha dato calma e rilassatezza e , oltretutto, mi ha reso anche più simpatica. Chi infatti vorrebbe avere come partner una persona che non mostra alcuna debolezza? Per lavorare sulla bambina debole interiore ho dovuto smettere di evitarla, ricorrendo spesso ad attività frenetiche per non sentirla. Oggi mi sento forte da ammettere che a volte mi sento sola e abbandonata, ed ho anche imparato a non soccombere ai sentimenti che la solitudine porta con sé. Mi sento oggi pronta per una relazione, non sento più di aggrapparmi a un uomo non appena me ne innamoro, né sembrare più forte di quanto sia in realtà. Ho imparato a mostrare le mie debolezze senza vergognarmi e sono in grado di accettare come un dono, l’aiuto di qualcuno, senza però essere indipendente. Facendo un passo indietro e ritornando alla mia seconda storia d’amore dopo il matrimonio, posso veramente guardare la mia trasformazione nel modo e nell’atteggiamento in cui allora ho vissuto questa storia …
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Mi innamorai di quest’uomo dopo tanto tempo della separazione da mio marito, momento preceduto da corteggiamenti di uomini carini e disponibili ma che mi davano i nervi, specialmente ogni qualvolta si presentavano con rose e regali ( mi veniva voglia di gettargliele addosso!). Mi rendevo conto di essere veramente impossibile, ma non potevo farne a meno, specialmente quando mi ripetevano “ti capisco, tesoro!”. Questa frase mi faceva proprio impazzire. Quando incontrai “ lui” la persona di cui mi innamorai , io ero totalmente diversa , lui un lupo solitario, un vagabondo, un uomo apparentemente di forte personalità. Lui non mi portava le rose, ma si divertiva a farmi impazzire con continui abbandoni. Un uomo, che aveva conosciuto il mondo e che continuava a muoversi da un porto all’altro, senza restare mai fermo in un posto più di venti giorni. Con questa consapevolezza entrai in questo rapporto. Mi ricordo bene le ore ad aspettare e guardare continuamente il telefonino per avere notizie del suo arrivo o di dov’era , beh il lupo naturalmente non chiamava né quel giorno né il giorno successivo o
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quello dopo ancora e meno chiamava, più cresceva il mio amore per lui , l’odiavo, ma quando,ovviamente inaspettato, si presentava alla mia porta, ci finivo immediatamente a letto provando sensazioni meravigliose. Non succedeva così per il corteggiatore delle rose che, se osava timidamente accarezzarmi, suscitava in me solo un gesto, gentile, ma fermo con cui riportavo la mano al suo posto. Trascorrevo notti intere a parlare con le amiche del mio dilemma senza riuscire a superare il dolore e incapace di interrompere questo gioco che già cominciava a non divertirmi più. Ma grazie a lui, cominciai a capire molte cose di me … Per un po’ di tempo, cercai di cambiarlo con ogni mezzo a mia disposizione , fino a quando, lo attirai totalmente nella mia rete. Ma non appena mi disse che mi amava e voleva fermarsi con me, ecco che all’improvviso, emersero in me noia e dubbi che forse mi ero sbagliata. All’improvviso la sua presenza non mi dava più l’intrigo del lupo solitario, ma di un cagnolino da compagnia e così lo lasciai. La delusione fu terribile perché l’investimento per conquistare quest’uomo fu veramente tanto.
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Dovetti rivedere la mia ferita dell’ abbandono, e capire che le mie pretese,le mie Strategie, i miei sforzi di controllare, dominare l’altro, non erano altro che una copertura per la mia ferita d’abbandono. Questa compressione comportò un cambio radicale nel modo in cui in seguito entrai nelle relazioni. Inconsciamente, credevo che lui, il mio amato, mi desse ciò che da bambina non avevo ricevuto, incoronando dunque tutti i miei bisogni e desideri più grandi, e dirigendomi inevitabilmente verso una grande delusione. In effetti, la nostra coscienza superiore ha tutt’altro in mente. Quello che essa vuole è che noi siamo liberi ,e l’unico modo che abbiamo per ottenere questa libertà, è quello di attraversare la paura e il dolore dell’abbandono, della privazione e del vuoto. È proprio provando questi dolori con consapevolezza che ho potuto riempire i miei vuoti. Accettando il mio essere sola nella relazione con il mio amato, ho potuto notare quanto paura dell’intimità io avessi. Fin quando il rapporto non era consolidato, io vivevo in uno strato protettivo dove lo scopo, era quello di proteggere la mia vulnerabilità, uno scudo, quello, che creavo per impedire alle energie dolorose di farmi male. Mi trattenevo dal provare paura o dolore, spostando l’attenzione nell’azione e nel dramma; mi relazionavo sempre
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con la protezione invece che con il cuore aperto, aspettando che l’altro si aprisse prima di me, e avendo verso l’altro aspettative, tentazioni di controllarlo , di manipolarlo, e di giudicarlo . Quando finalmente lui si arrese e aprì il suo cuore , io scappai ... Essere vulnerabile per me, in quel periodo della mia vita, era troppo doloroso, avevo troppa paura . La mia vulnerabilità, era stata così danneggiata che mi trovavo separata totalmente da essa e dalle mie sensazioni . Ci è voluto tempo e pazienza per lasciare che, lentamente, la guarigione del mio cuore e della mia pancia seguisse il suo corso. Un giorno, mentre mi interrogavo sul perché le mie relazioni con gli uomini, non arrivassero mai in nessun posto, scoprì, nascosta dentro di me una forte paura degli uomini, e anche una grande sfiducia nella mia femminilità. Ho dunque visto dentro di me dei conflitti che avrei dovuto risolvere . Fin da bambina, avevo associato l’amore alla colpa, al sentirmi in debito, al dolore. Essere amata ed amare per me significava rinunciare a me stessa. Prendendo coscienza di questo, smisi di biasimarmi perché non avevo un uomo, e cominciai a darmi spazi e tempo per crescere in modi nuovi: andare nel profondo, e affrontare la mia tendenza ad attribuire agli uomini un potere magico su di me, e 41
ritrovare la mia luce di cui mi potevo fidare, e dunque stimandomi di più. I seminari empirici sono stati per me di grande supporto, soprattutto < Dinamiche di coppia > e < Dinamiche di relazione>, mi hanno fatto vedere e sentire ciò che portavo nel gioco della coppia, accedendo ad una consapevolezza sistemica riguardo a cosa significava stare accanto un partner. Ogni incontro dipende dalla nostra “strategia d’amore” e, soltanto quando quest’ultime cambiano , anche i partner dai quali ci sentiamo attirati cambiano. Ma per far si che un partner diverso si avvicinasse a me, io ho dovuto imparare a risolvere armoniosamente dentro di me il conflitto tra libertà e bisogno di sicurezza. Infatti, da donna totalmente passiva, impotente che accettavo le decisioni prese dagli uomini , modello femminile ereditato da mia madre, mi dovetti trasformare in una donna attiva, responsabile e piena di potere, passaggio fondamentale per risolvere il conflitto tra libertà e bisogno.
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NELLA PSICOLOGIA EMPIRICA, come ho già scritto, la donna yin, ha bisogno anche lei di avvicinarsi alla propria carica opposta , ossia quello yang , perché soltanto in questa maniera può sviluppare pienamente la propria forza femminile. E quando ha acquisito la carica secondaria, in maniera piena e integra, può avvicinarsi ad un partner empiricamente sano. Sapendo adesso onorare un uomo, entrai così in contatto con l’aspetto selvaggio femminile, sviluppando dentro di me, un nuovo ideale di femminilità, dove abbracciavo , anzi che reprimere, anche le parti più istintive dell’essere donna. Mi incamminai così verso l’ignoto, contando solamente sulle mie forze, ammettendo a me stessa di avere una sessualità istintiva che, mi spingeva a desiderare molti uomini senza appartenere ad alcuno. E così, disposta anche a rinunciare al mio potere di affascinare gli uomini, basato sul mio ruolo femminile inconscio , per espormi al nuovo ,sulla base di una uova immagine di donna, imparai a stare da sola senza più annoiarmi, ma trovando piacevole questo incontro con me stessa. Smisi di telefonare agli amici per lamentarmi delle mie pene, restando sola a guardare il mio dolore in faccia, senza più fuggire dalle mie emozioni con un
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turbino di attività inutili. Fino ad allora, ero abituata ad affrontare la solitudine, diventando più attiva e avendo un agenda stracolma di appuntamenti, tutto programmato e tutto sotto il mio controllo,capii che era fondamentale acquisire le capacità di lasciare andare e far si che le cose accadessero senza più agire e senza più controllarle, fu un prezzo che pagai molto alto. Imparai cosi a guardare in faccia la mia solitudine e il mio dolore.
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Il dolore per la psicologia empirica : quando non riusciamo sia da piccoli che da grandi a contenere per mancanza di spazio interiore un dolore siamo costretti a impegnare un energia notevole per potere “nascondere” il dolore rimosso , il quale diventa un debito a tutti gli effetti .Ogni diritto empirico infranto comporta un dolore profondo, costringendoci a rimuovere quanto avvenuto per non soffrire troppo. Non ci rendiamo conto però che rimuovendolo , “ fissiamo” il dolore non evaso su un livello profondo del nostro essere. Questo vale ancora di più per il ruolo del bambino, poiché in età infantile non possediamo ancora strumenti adatti per una adeguata elaborazione. Così ogni diritto infranto in quell’età si trasforma automaticamente in debito empirico, senza che sia concessa la facoltà di poterlo elaborare. Così il dolore viene rimosso e non può sedimentare come invece prevede la legge del lutto empirico, formando un debito a tutti gli effetti . In questo modo la morte improvvisa di una persona cara, una malattia lunga, dover assistere alla sofferenza altrui, diventa insostenibile e come tale viene rimosso. Da quel momento sentiamo il bisogno impellente di proteggerci da questo dolore, rimuovendo la realtà e il suo impatto emotivo. Un dolore, questo che distingue la qualità del nostro debito, atto a creare da adulti la sintonia affettiva con il mondo circostante. nel momento però che questo dolore venga evaso, libera forza e profondità aumentando lo spazio del cuore. Fino a 45
quando l’arretrato non viene riscattato , esso rimane intatto e si manifesta, in ogni singolo istante attraverso il suo indicatore sistemico. L’indicatore apposito è quello della rabbia , il quale acquisisce di forza man mano che la persona si avvicina al tabù sistematico.
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STORIA PERSONALE: integrazione del dolore Dopo essermi guardata, contenuta parte del dolore ed essere entrata in contatto con l’energia positiva del femminile, e di conseguenza a comportarmi secondo le mie necessità, cominciò dentro di me una lenta trasformazione dell’immagine del maschile interiore. L’uomo, dentro di me cominciò a mutare, non lo vedevo più forte e mitico, ma da quando io avevo sviluppato quelle caratteristiche in me stessa, ero in grado di vederlo per quello che davvero era, cioè una persona assolutamente normale. Questo ritiro delle proiezioni, è stato per me un momento estremamente importante . Infatti rivedendo la mia relazione passata con il mio partner, mi accorsi come io, giungendo ad un determinato momento della storia, decidevo di chiuderla quando in realtà il vero percorso stava per cominciare, non concedendo a me stessa e all’altra persona, un'altra possibilità. Ma ancora non mi spiegavo perché mi innamoravo di uomini difficili da raggiungere, il vagabondo, il lupo solitario quelli comunque che mi trattavano peggio, mentre il ragazzo carino, gentile, che mi portava le rose e che mi stava accanto mi annoiava, non riuscendo mai ad innamorarmi di una persona normale e amabile. Ma fu proprio nel seminario di
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<Dinamiche e Relazioni> nel novembre del 2007 che, affrontando empiricamente le dinamiche del femminile e del maschile e giochi dell’inconscio, sull’attrazione dei partner, che capii perché mi attraevo di questi tipi di uomini. Nella psiche femminile, esiste un timoniere nascosto, quell’uomo interiore che YUNG definisce
animus e che, viene chiamato in causa ogni volta che ci
innamoriamo.
L’animus, costituisce la base di ogni agire maschile e contiene tutti i principi attivi del mondo yang. Quando una bambina viene al mondo , il suo Animus non ha ancora assunto un immagine concreta, ella porta semplicemente in sé l’archetipo del maschile,ovvero la possibilità di sviluppare quelle qualità che la nostra cultura definisce “maschile”.Ma il primo maschile che ella incontra, di solito è il padre e- tanto per complicare le cose- l’Animus della madre, ovvero il principio maschile formato dentro questa. Anche mia madre ha avuto un padre che le ha fornito particelle per il suo archetipo del maschile, ovvero l’animus: l’uomo che ha dentro di sé.
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E così, anche mia nonna, ha accumulato per una vita particelle maschili, per formarsi un immagine del suo uomo interiore, e se, estendo questa considerazione a un paio di generazioni indietro, capisco bene perché ci vogliono tante nuove generazioni per cambiare qualcosa nei ruoli che la società ha creato per l’uomo e la donna. Dunque se considero il -padre tipo,perché è lui, in quanto prima figura, a produrre particelle maschili accumulate nella mia psiche, posso notare come mio padre fosse talmente assente nella mia vita, sia emozionalmente sia fisicamente, occupando quasi tutto il tempo al lavoro e ai suoi hobby. La sua strategia, era quella di negare le proprie emozioni, rimuovendole per non sentire il dolore, non avendo nessuna energia per sviluppare relazioni affettuose. La sua parte femminile, è stata completamente atrofizzata, difendendosi totalmente dal femminile per paura. La mia immagine di maschile interiore, è stata forgiata da un padre che ha messo al primo posto l’autonomia e la capacità di sapersi imporre, usando l’aggressività, mentre le virtù più femminili, come relazionarsi amorevolmente, sono state relegate nell’ombra, lasciando nella mia anima tracce profonde.
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Il mio archetipo maschile, si è arricchito di questa qualità preferita di mio padre, giungendo alla conclusione che, la mascolinità, doveva avere quest’aspetto. Questo è il motivo perché mi innamoravo sempre del vagabondo e non del ragazzo della porta accanto. Con il tempo, ho imparato anch’io a difendermi dalle continue sconfitte da parte degli uomini prepotenti nelle discussioni e nei fatti, incapaci di comprendere le ragioni altrui, scatenando vere guerre che si dovevano concludere con la vittoria totale o la sconfitta definitiva. Ed in realtà combattendo con le stesse armi, spesso ci riuscivo. Ma come? Comportandomi esattamente nello stesso modo in cui si comportavano loro e che mi faceva soffrire. Ma oggi so che, in quanto donna, non fa bene alla mia identità femminile, combattere con le armi del patriarcato. Ritengo che sono stata costretta a fare questo, a conquistare la posizione che oggi occupo, ma è pure vero che ho rischiato di perdere la strada della mia femminilità,
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rischiando di diventare la peggiore nemica di me stessa. Ho sviluppato delle strategie femminili per impormi, grazie al lavoro fatto con me stessa, emancipando il mio animus, cominciando cosi a sentire altre figure maschili.
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Il patriarca per la psicologia empirica,
è l’uomo finto yang.
Il finto yang, sfoggia una carica eccessiva come bandiera del proprio essere, che si manifesta attraverso l’assoluta necessità di controllo, o l’esagerata rigidità mentale, altri invece attraverso atteggiamenti invasivi e prepotenti. Ma anche la sfida eccessiva, confusa con il coraggio, costituisce ai fini empirici un atto aggressivo e violento. Il modello classico dell’uomo finto yang, si fa riconoscere attraverso atteggiamenti prevaricanti, maniere prepotenti o atteggiamenti aggressivi, ma anche attraverso modi più docili e ragionati: Chi si mostra particolarmente generoso e signorile , invitando sempre al bar o al ristorante, chi fa regali sontuosi o vuole essere riconosciuto come nobile o cavaliere. Ma anche chi è particolarmente rassicurante, chi usa la frase “fidati” , “non ti preoccupare” ,e “faccio io” , chi pretende di vincere sempre, chi ha la decisione sorprendentemente veloce e facile, o chi non sbaglia mai e ha sempre ragione. Nella stessa maniera, vi appartiene anche colui che è burbero e sgarbato, scontroso, brusco o inavvicinabile, chi scatta o “morde” senza apparente ragione, o chi
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dimostra atteggiamenti colerici. In questo modo anche chi sfoggia moti eroici, ossia tutti coloro che vogliono salvare gli altri e che mettono in pericolo se stessi, o chi si fa abbagliare da miti romantici come quello di Re ArtĂš e della tavola rotonda, si rivela portatore della stessa alterazione. Chi si batte per i propri ideali, facendone un impegno costante, o chi cerca di convincere gli altri che stanno sbagliando, che hanno sbagliato, o che sbaglieranno. Ma anche atteggiamenti meno spettacolari possono essere indice di un finto yang, tipo chi tende a proteggere invece di sostenere, togliendo cosĂŹ al suo protetto la possibilitĂ di imparare da se e di stare sulle proprie gambe. Un atteggiamento preciso, quello del â&#x20AC;&#x153;salvatoreâ&#x20AC;?, che spesso viene sollecitato dalla sua partner ideale, la donna finta yin, la quale sa esaltare questa attitudine tipica.
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STORIA PERSONALE: trasformazione del maschile interiore Quando ci innamoriamo noi donne, in realtà ci innamoriamo del nostro animus, è a esso che dobbiamo i così detti <occhiali rosa> con cui ci sembra di vedere il nostro partner, quando siamo davvero <cotte> . In realtà,ci innamoriamo, non della persona o principe azzurro, ma di una parte della nostra personalità e dunque di noi stessi. Mentre gli uomini si innamorano nella stessa maniera della loro <ANIMA>. Dunque il portatore della proiezione, possiede nella sua personalità, proprio quelle qualità che percepiamo e che ci affascinano, ma poiché si tratta di una persona autonoma, ne possiede anche altre che però non ci accorgiamo, e quando con il tempo l’innamoramento si affievolisce, cominciamo a notare sempre più punti critici del nostro amato. Il ritiro della proiezione sull’amato, ci fa scoprire anche le sue debolezze, infatti di notte russa, non ama ballare, ha strane abitudini non ci piace come si veste, ecc … Insomma, non è proprio quello che all’inizio si pensava di lui.
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Molte delle mie relazioni sono terminate in questa fase, capendo oggi che tutto è stato prematuro e che avrei dovuto evitare decisioni drastiche. Oggi con maggiore consapevolezza, credo che sarei dovuta stare dentro a queste emozioni, affinché potessi vedere la differenza tra la mia immagine del maschile interiore, e l’uomo reale nel mondo esterno, cominciando a conoscere e, diventando in grado di vivere in prima persona le caratteristiche che l’uomo aveva fino ad ora vissuto per me. Con questa mia ricerca interiore, avrei potuto scoprire già prima per esempio di essere io stessa un po’solitaria e, di riuscire a godermi momenti di solitudine, capendo che il vagabondo <uomo da me tanto amato> era una parte di me. Facendo questo, avrei potuto integrare coscientemente nella mia vita tutti i miei bisogni che prima, restavano inconsci. In questa maniera, io non ero più obbligata a innamorarmi di lupi solitari, ma potevo interessarmi anche ad altri tipi di uomini, come, per esempio, a quelli che davano valore alla vicinanza e alla relazione. In questo processo di trasformazione, arrivai a capire che la mia immagine di coppia,composta da una donna e da un uomo emancipato, era solamente un idea razionale poiché dentro di me e, dunque inconsciamente, era attiva tutta un'altra idea di rapporto (Estremamente tradizionale). 55
Mi trovavo così, divisa a metà: la mia bambina debole, che rappresentava la parte della femminilità non ancora trasformata, e la donna forte che portavo fuori. Da donna forte, ero attratta da un uomo forte a cui volevo donarmi, sentendomi accolta, e trovando la mia realizzazione nella dolcezza e nell’arresa, ma anche nella paura che questo significasse la perdita di me stessa, sentendomi dominata e controllata e forse dopo abbandonata. Oggi posso dire, che questo è cambiato … Sento che gli uomini che si avvicinano, sono diversi proprio perché io sono diversa, la mia immagine del maschile interiore è cambiata , è una figura positiva e affettuosa, appassionata e forte, non ha paura della rabbia, né dell’amore o dell’intimità. È una figura che mi sta accanto ed è paziente, ha iniziativa, si mette a confronto e procede. E’ stabile e costante, gioca ,lavora e gli piacciono entrambi i modi di essere. E’ un compagno spirituale, un amico interiore, un’amante che accompagna la sua donna nel suo viaggio e nella sua avventura esistenziale. Ho imparato che un uomo forte, è quello che si fa aiutare da una donna , e che, per dirla con la psicologia yunghiana , conosce e lascia spazio anche alla propria consapevolezza femminile. “L’ANIMA”è un uomo che sa anche essere positivo, che è ricco di sentimenti, li dimostra e quando si trova in una situazione di debolezza, non si vergogna a mostrarlo. Ma questo cambiamento dell’immagine del maschile, è avvenuto prima in me, e poi grazie a questo, ho potuto modificare la situazione anche all’esterno. Con questa fantasia sull’ ”uomo con il cuore “, io mi incammino in 56
un nuovo percorso di vita sapendo, e non avendo mai perduto la speranza che da qualche parte, c’è qualcuno che sta cercando proprio me. E quando lo incontrerò, sarò capace di riconoscerlo, essendo oggi consapevole che un rapporto è un lavoro continuo, un viaggio lungo e talvolta doloroso, alla ricerca di noi stessi e, nel processo a condividere un amore profondo con un’altra persona. Questa tesi è inconclusa … Rimane un lavoro aperto relativo al mio vissuto attuale, del quale ho continua consapevolezza in ogni istante del mio vivere, nel qui ed ora, ma di cui mi manca la capacità di raccontarmi. Spero che nel mio lavoro che farò per il dottorato, possa acquisire le capacità di descrivermi, raccontando la conclusione del mio percorso, anche se so che, il percorso non finisce mai ….
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RINGRAZIAMENTI
Ringrazio la “Libera Università di Studi Psicologici Empirici”; ringrazio il Prof. Michael Hardy, che mi ha consentito di spolverare ogni zona d’ombra e di luce del mio essere, e di guardarla con occhi consapevoli e veri. Standogli accanto, ho captato i segreti più nascosti di un relatore ed ora, li sto Sfruttando, rielaborandoli con attenzione e ricerca. Grazie a tutti i miei compagni di percorso, e ai miei amici del cuore, che mi hanno donato la loro presenza, la loro amicizia, la loro forza, accogliendomi con fiducia e sostenendomi in qualsiasi momento e in ogni circostanza. In questi quattro anni di percorso, ho visto le nostre lacrime unirsi in un unico fiume, e i nostri sorrisi comporre le più belle e gioiose sinfonie. Grazie alle segretarie della scuola: Cristina e Veronica, che sono state sempre presenti e capaci di ammortizzare i miei momenti di ansia e di disappunti. Un grazie speciale a mia figlia Katia, che mi ha donato il piacere di vivere la mia maternità facendomi sentire più donna.
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BIBLIOGRAFIA COME FAR FUNZIONARE UN RAPPORTO, John Welwood, Astrolobio A TU PER TU CON LA PAURA, Krishnanando, Urra L’UOMO E I SUOI SIMBOLI, Carl Gustav Jung DALLA STIMA DI SE ALLA STIMA DEL SÉ, Jean Monbourquette LA DONNA FERITA, Linda Schiera Leonard, Astrolabio L’ALCHIME DELLA TRASFORMAZIONE, Wodud e Waduada, Urra LA FORZA DEL SÉ, Anando,Urra IL TUO SACRAIO, wayne W.Dyer IL CAMMINO VERSO L’AMORE, Deepak Chapra, Pager Baah
LA GRAMMATICA DELL’ESSERE I “il paradigma Empirico” “ il mondo personale o il sistema” , F.Michael Hardy LA GRAMMATICA DELL’ESSERE II “il debito Empirico responsabilità e ordine”, F.Michael Hardy LA GRAMMATICA DELL’ESSERE III “Il copione personale” “ruoli empirici” F.Michael Hardy LA GRAMMATICA DELL’ESSERE IV “dinamiche di coppie” F.Michael Hardy
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