In Viaggio verso me stesso - Claudio GALLUCCIO

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LUMH LIBERA UNIVERSITÀ DI STUDI PSICOLOGICI EMPIRICI MICHEL HARDY

F.A.I.P. FEDERAZIONE delle ASSOCIAZIONI ITALIANE di PSICOMETRIA

In viaggio verso me stesso di

Claudio Galluccio

TESI D’ESAME Titolo professionale: Counselor in Discipline Psicologiche Empiriche

CASTEL SAN PIETRO, 10 giugno 2010

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INDICE

Premessa

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CAPITOLO 1 Alcuni elementi fondanti la psicologia empirica

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CAPITOLO 2 Il mio viaggio interiore 2.1. Dalla realtà esterna alla mia interiorità: le prime conquiste

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2.2. Dal capire al comprendere

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2.3 Riflessioni sul maschile

pag 26

CAPITOLO 3 Lo yin e lo yang in chiave empirica 3.1. L’ordine naturale e il debito empirico

pag 27

3.2 Il maschile e il femminile

pag 32

3.3 Yang integrato e yin integrato

pag 36

Conclusioni

pag 38

Testo canzone “Grazie a tutti”

pag 45

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PREMESSA L’approccio empirico non entra nel merito dello sviluppo psicologico dell’individuo, per quanto indaghi sul funzionamento dell’io, sulla relazione con la realtà o sugli stili di difesa. Va oltre il rapporto figlio-genitoriale e utilizza strumenti prettamente empirici. La consegna familiare, cioè l’imprinting, non si limita solo ad automatismi che il figlio assimila come tali, non si tratta solo di un insieme di atteggiamenti e attitudini ma un rispecchiamento di tutte le infrazioni sistemiche della propria stirpe. Una consegna familiare più ampia che riporta l’affinità al codice Yang o Yin cioè la capacità di aderire ai principi maschili o femminili. Due sistemi che insieme generano la totalità dei processi vitali dell’uomo, collegando lo sviluppo della specie (filogenesi) con lo sviluppo dell’individuo (ortogenesi). Da questo dipende la capacità della persona di stare nella vita, di percepire la vita piena ed appagante o al contrario vuota ed insoddisfacente a prescindere dalle condizioni esterne. La capacità di stare bene con se stessi e con gli altri, di avere rapporti affettivi appaganti, di sviluppare strategie di autoaffermazione e il raggiungimento dello sviluppo del proprio io. In pratica la nostra esistenza viene determinata dallo stato empirico in cui ci troviamo ossia dalla nostra posizione all’interno del sistema. Se è inserita nel libero fluire usufruisce dei diritti empirici e il nostro stato di debito risulta ridotto facendoci accedere ad una condizione empirica di appagamento e serenità. Le credenze personali sono allineate a quelle dell’ordine, l’equilibrio fra dare e ricevere si equivale nella nostra esistenza. Nel caso in cui invece noi fossimo portatori di un sistema personale disarmonico, è compromesso il nostro stato all’interno dell’ordine e non siamo più nel libero fluire, di conseguenza risulta invalidata la condizione di pienezza interiore e appagamento profondo qualunque siano le condizioni

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esterne. Si sviluppano meccanismi di difesa e ogni situazione sarà filtrata da questa condizione sfavorevole (sviluppando meccanismi di difesa per poter giustificare le nostre azioni) e sarà letta come non adatta alle nostre esigenze e rafforzerà la sensazione di inadeguatezza, delusione, non appagamento, destino avverso, sentendoci sempre più insoddisfatti. Anche quando la persona conquista una situazione favorevole: attira un partner adatto o conquista veri affetti, non li apprezza ed entrando in dinamiche d’ombra tende ad escluderli oppure in altri casi prevale la “capacità” di attrarre situazioni inadatte, illudendosi che partner visibilmente alterati siano i principi azzurri o le principesse da sogno, fino a che la realtà empirica non dimostra il contrario per poter così gridare alla sfortuna e prepararci al prossimo, ennesimo, incontro “sfortunato” senza guardare la realtà e prenderci la responsabilità del nostro stato di benessere o malessere dovuto non alle occasioni della vita ma da come siamo capaci ad affrontarle e viverle. Cosa ci aiuta a comprendere i movimenti dell’ordine (delle cose)? Non può bastare un atto puramente intellettivo, l’esigenza di coinvolgere la nostra capacità del sentire, cioè di entrare in contatto con la nostra parte più intima e profonda, dandoci la possibilità di percepire i moti empirici sul livello del proprio sentire aggirando i filtri della mente cosciente. Non può essere la comprensione intellettiva e neanche la sua analisi a poter rilevare i loro esiti perché tale atto è già deviato dal filtro che ognuno di noi si è creato nel corso della propria ortogenesi. E’ solo attraverso il piano sensoriale che si può accedere ai meccanismi che l’ordine prevede e accedere ai moti profondi dell’uomo. Così si può distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, le responsabilità empiriche, reali, da quelle presunte. I concetti, i valori empirici, non sono principi soggettivi bensì oggettivi cioè dati e prestabiliti dall’avvenimento e non dalla persona.

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Ogni situazione ha una sua carica empirica determinata, un valore certo a prescindere dalle interpretazioni. Può cambiare significato con ogni nuova condizione e circostanza ed è proprio per questi valori empirici che si stabiliscono le responsabilità della persona in qualsiasi ruolo o situazione si trovi a prescindere dalle sue convinzioni sull’argomento. Il sistema constata ogni spostamento dei suoi valori, distingue quelli reali da quelli fasulli e l’operato dell’individuo segnala le deviazioni avvenute mostrandone lo scostamento dai valori empirici della situazione stessa. Come fosse un parametro guida ogni sua azione o reazione si confronta con la soluzione empirica ideale. In questo modo i parametri sistemici distinguono le interpretazioni personali dal suo significato reale. Il bene percepito da una persona non necessariamente corrisponde al bene effettivo e quindi più armoniosa dal punto di vista empirico. In egual misura anche il male e lo sbagliato. Egli si illude di agire a fin di bene, in realtà esprime valori disarmonici e alterati. Ad esempio l’amore e il senso di appartenenza alla propria patria con la conseguenza di migliaia di trucidati, le crociate con eccidi di chi appartiene a religioni diverse, suicidi di massa, leggi razziali con relativi stermini. La coscienza personale distorce tali valori. Ancora ad esempio una madre con i propri figli: sotto l’apparenza dell’amore si nascondono a volte valori alterati e si confondono la dipendenza con l’amore l’invasione con l’affetto, l’abbandono come desiderio di far crescere i figli in modo indipendente. La vera natura empirica si percepisce quando ci si mette in ascolto senza convinzioni personali, senza l’imposizione della mente che interpreta. Si può accedere alle proprie dinamiche nascosta con il proprio sentire che non prevede il giudizio. Le espressioni empiriche possono essere evidenti ma spesso sono legate a dinamiche recondite e si svelano solo successivamente.

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Le dinamiche vanno osservate prima di essere integrate in un secondo momento. Il meccanismo di causa effetto non è sempre immediato, una scelta empirica scorretta con l’andare del tempo comporta conseguenze scomode e pesanti e spesso non viene riconosciuta come origine di tali conseguenze. La causa effetto è l’unico meccanismo che l’ordine riconosce, non è contemplata la casualità. La sua logica empirica si manifesta in ogni nostra azione e gesto. Il fatto che la persona non sia in grado di associare gli effetti empirici alla sua causa reale non significa che ciò non ci sia. La responsabilità sfugge alla mente ma l’uomo ne è cosciente ad un livello profondo che glielo segnala. Il linguaggio empirico evidenzia l’assoluta importanza tra gli effetti pratici e le cause. Ogni atto rivela una propria valenza empirica e l’uomo è detentore di una carica che può essere armonica e disarmonica. Questo determina la qualità empirica di ogni azione, la quale rivela la propria validità confrontandosi con la matrice empirica d’eccellenza e gli effetti si hanno a livello della coscienza facendoci sentire in armonia o in contrasto con l’ordine. Coscienza che fa da ponte tra la carica empirica e le azioni del singolo dandogli la percezione di eventuali infrazioni. La carica di un si è diversa da quella di un no, la salute dalla malattia, forza della dolcezza, la guerra da quella della pace tuttavia il sistema richiede l’una quanto l’altra e ogni cosa è interconnessa all’altra. Trattasi di responsabilità empiriche cioè conseguenze che nascono ad ogni azione compiuta o non compiuta e regolano relazioni e dinamiche. A volte la realtà effettiva risulta scomoda e costringe la persona a riconoscersi in un disegno che fino a quel momento aveva ignorato. Spesso gli avvenimenti del passato risultano così dolorosi da nasconderli alla coscienza coprendola di falsi alibi e giustificazioni. Grazie al sentire riusciamo ad integrare i moti della coscienza, dell’anima, e ad altre percezioni sottili. Questo ci da la possibilità di un graduale riallineamento con l’ordine utilizzando gli strumenti per un

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monitoraggio costante. Un passaggio fra luci e ombre, tra ciò che ammettiamo di noi stessi e tutto ciò che non vogliamo svelarci (ombra). Spesso continuiamo a ripetere giorno per giorno o periodicamente con identici cicli temporali a infrangere le leggi empiriche creando dinamiche disarmoniche che ci riportano al nostro inconsapevole bisogno di dolore, dipendenza dal partner. Ed è in questo moto perpetuo e ciclico che da tanti anni mi sento incastrato. Credo di aver incontrato i miei mostri interiori ed essere riuscito a dargli un nome. Si chiamano: voracità, rabbia, senso di inadeguatezza, esclusione e tradimento. Non è stato un percorso breve né semplice; con il passare degli anni ho sempre più posto attenzione alla non casualità dei fatti che si succedevano e delle scelte effettuate. A tal proposito un passaggio importante è stata la scelta dell’attività da svolgere come lavoro. Un mestiere che mi costringeva e allo stesso tempo mi agevolava nel porre attenzione ai particolari e a superare i miei limiti. Il mio guadagno era proporzionato ai risultati ottenuti e questi erano consequenziali alla mia capacità di valutare i fatti da una prospettiva diversa. A seconda di come veniva osservato un dato oggettivo poteva assumere valenze soggettive negative o positive. Evidenziando aspetti a prima vista non visibili mi dava la possibilità di raggiungere l’obiettivo: vendere. Scoprii più tardi che oltre a soddisfare esigenze economiche colmavo i vuoti di un infanzia con poco amore…

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CAPITOLO 1 Alcuni elementi fondanti la psicologia empirica

Questo capitolo è dedicato alla illustrazione di alcuni elementi fondanti l’approccio empirico, che costituiscono la chiave di lettura dell’analisi effettuata nel corso della tesi. Queste definizioni sono tratte dalle dispense “La grammatica dell’essere” del Magister Michel Hardy.

Ordine empirico

L’ordine empirico è originato da un sistema (che sfugge alla comprensione a prima vista), che riconosce come unico criterio per determinare l’evoluzione delle cose la funzionalità, il cui meccanismo legittimo è quello di causaeffetto. Si tratta di un ordine armonico, il cui andamento regola il libero fluire dei processi fisici e metafisici, applicando le sue dinamiche nascoste anche al mondo più recondito e interiore. Determina tutto ciò che è e riserva all’uomo appositi ruoli empirici, a cui sono correlate precise responsabilità. L’ordine non dipende da convinzioni personali, non si configura infatti come soggettivo, poiché segue parametri senza tempo che nascono dal sistema stesso. L’ordine e il sistema sono interdipendenti, dal momento che l’uno è contenuto nell’altro, essendo la sua manifestazione visibile e la sua espressione di fatto. Non è possibile distinguerli nettamente poiché interagiscono continuamente considerato che fare ed essere discendono l’uno dall’altro.

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L’ordine non procede con parametri di valore o di giudizio, né riconosce definizioni rigide o principi inflessibili. Alla base del funzionamento dell’ordine c’è l’amore yang, connotato da principi quali struttura, forza, autorevolezza, da ciò si deduce che ordine è uguale ad amore. L’assenza di ordine, non è amore, bensì anarchia e debolezza. L’amore yang coincide col principio della forza ed e’ l’artefice di ogni moto vitale.

Libero fluire delle cose

Il libero fluire è il flusso generato dall’ordine, che procede senza confini, né meta; non può essere controllato o forzato. L’immagine a cui viene associato è quella del “fiume in piena”. Solo nel momento in cui una persona è in grado di lasciarsi trasportare dalla sua corrente è in pace con se stessa, perché è nel sistema. Chi è infatti collegato al libero fluire può sentire uno stato interiore armonico, non vivendo eccessi di paura, di rabbia o di sensi di colpa. Quindi solo quando un individuo è allineato all’ordine può sperimentare la felicità, ovvero l’Amore.

Ruolo empirico

Il ruolo empirico viene definito come un codice preciso che contiene i diritti e doveri che una persona è chiamata ad assolvere in una determinata situazione. I ruoli empirici variano a seconda del periodo biologico di vita. Ogni ruolo dispone di una matrice d’eccellenza.

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La matrice d’eccellenza.

La matrice d’eccellenza è il copione ideale per ciascun ruolo, tenuto conto della situazione, contiene tutti i diritti e gli obblighi empirici a carico del singolo, definendo le azioni da compiere e quelle da evitare.

Responsabilità empirica

La responsabilità empirica è la diretta conseguenza (con risvolti concreti) di un atto compiuto o non compiuto, tenuto conto dei valori empirici di una situazione, del ruolo empirico della persona. Lo scostamento da tali valori, viene segnalato dal sistema in tempo reale, riportandolo come infrazione alle sue leggi, riflettendo così uno stato di debito. Ogni situazione comporta per l’uomo responsabilità empiriche precise, indipendentemente dal suo volere e dalla sua percezione. Non coincide con la colpa, che non è riconosciuta dall’ordine, in quanto non costituisce un parametro empirico, ma soltanto una percezione individuale.

Carica empirica

La carica empirica è l’insieme dei valori certi che costituiscono le coordinate nascoste di ogni situazione, definendo così la gamma delle possibili reazioni per l’individuo. Tale carica è percepibile nella sua autenticità e fedeltà solo attraverso il sentire di chi si muove nel libero fluire.

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La carica empirica si manifesta indipendentemente dal fatto che la persona possa accedervi o meno, segnalando emozioni “obbligate” e “oggettive”, che si rivelano soltanto sul piano del sentire, se autentico.

Sistema empirico

Il sistema empirico è costituito dal tutto ciò che è e si realizza attraverso le sue dinamiche nascoste e omnicomprensive.

Sistema individuale

Il sistema individuale è circoscritto perché compete solo al mondo interiore dell’uomo, ed è costituito dall’insieme dei “valori” e parametri che una persona ha acquisito nel corso della vita. Se l’uomo ha vissuto situazioni che lo hanno messo nella condizione di conoscere i valori con un significato diverso da quello della loro carica naturale, allora si sarà costruito una gamma di valori disarmonici, che lo allontaneranno dal libero fluire, inducendolo a valutazione errate, conseguenti ad un sentire alterato. Il sistema genera con l’andar del tempo dei meccanismi atti a conservare e proteggere ciò che contiene; si “autodifende” rafforzando le strategie vitali della persona anche quando queste fossero disarmoniche. E’ composto dunque anche dalle strategie vitali che l’uomo ha messo a punto, ossia dai moti di base che ha decifrato nel suo cammino, che diventano funzionali a compensare il proprio stato di debito. Quindi questo tipo di sistema, in quanto individuale, è diverso da persona a persona.

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Debito empirico

Il debito empirico è una lesione del principio universale generata da un’infrazione delle leggi armoniche. È un “vortice autorigenerante” che contiene tutte le informazioni empiriche inerenti alla violazione avvenuta.1 Spesso tale violazione non deriva da un atto increscioso o peccaminoso, ma indica semplicemente reazioni empiricamente scorrette, cioè al di fuori dei parametri armonici dell’ordine. Ogni debito influisce sulla qualità generale della vita, rivelandosi in ogni suo ambito, e questo accade perché l’anima si ritira dai moti d’amore, chiudendosi in se stessa, ovvero la persona non è più in grado di accedere al sentimento d’amore e quindi al libero fluire. La presenza di un debito si manifesta attraverso la comparsa di indicatori empirici, comunemente avvertiti come moti interiori autonomi, che costituiranno, fino all’estinzione del debito, i “binari” del proprio sentire. La natura dell’indicatore dipende dalla qualità dell’infrazione. Gli indicatori possono essere attivi e passivi, i primi sono i moti predominanti del proprio carattere, quelli passivi sono moti segreti e poco ambiti, che costituiscono la parte più repressa o mancante del proprio assetto emotivo e sono destinati a crescere con il passare degli anni, infatti più vengono repressi più si manifestano in modo predominante.

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Michel Hardy, La grammatica dell’essere” vol. 2 pag.11

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La compensazione empirica

La compensazione empirica è il processo di autoregolazione dell’ordine, relativo al bilanciamento dei moti disarmonici e si verifica indipendentemente dall’individuo. L’obiettivo principale è ristabilire una condizione di equilibrio, per quanto apparente e ingannevole, concependo così tutto ciò di cui è composto (l’ordine) attraverso il principio di interezza. Tale principio è una forma di difesa per l’individuo, atta a nascondere tutto ciò che quest’ultimo non riuscirebbe a sopportare, in quanto troppo doloroso. In questo modo però “l’ordine da un lato rafforza le sue strategie vitali, evitandogli il confronto diretto con ciò che gli procurerebbe dolore, e dall’altro, però, gli toglie la facoltà di poter risalire ai propri buchi emotivi e alle ferite acquisite limitandogli anche la possibilità di risanamento”.2 Più la ferita è profonda, più è alta la necessità di compensare.

Coscienza personale

La coscienza personale è un meccanismo nascosto della legge di compensazione empirica, è funzionale ad equilibrare i traumi emotivi accumulati durante l’arco della vita, rimuovendoli e sottraendoli allo sguardo dell’individuo. Traumi originati perlopiù da una condizione di carenza d’amore. Quindi attraverso la coscienza personale si aggira lo stato di sofferenza con meccanismi di “autoinganno”, che contribuiscono al distaccamento dal proprio sentire e quindi dal libero fluire.

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Michel Hardy, La grammatica dell’essere” vol. 1, pag. 91

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Codice yin e yang

Il codice yang contiene l’interezza dei principi attivi maschili. Detiene il diritto e l’obbligo della forza rabbiosa, coadiuvata dalla sua spinta naturale alla protezione, dall’elemento della concretezza, della concettualità, dell’autorità…che costituiscono i suoi principi primari, derivanti dal proprio sesso biologico (padre), integrati dai principi secondari costituiti dalle qualità del sesso opposto (madre). Il codice yin contiene i principi attivi femminili, riconducibili alla “forza incondizionata” femminile che si manifesta attraverso l’accoglienza, la morbidezza, la cura, l’arrendevolezza…. Come per il codice yang i principi primari, vengono attivati dalla figura genitoriale appartenente al proprio sesso biologico, e quelli secondari dal genitore del sesso opposto. Entrambi i sessi, hanno bisogno di avvicinarsi ad entrambi i principi per potersi sviluppare pienamente. I due codici contengono in egual misura una parte luce, che comprende le qualità più dignitose, che maggiormente si avvicinano ai principi più genuini del proprio essere e una parte ombra, percepita dal singolo come disagevole e non accettabile. L’ordine riconosce la condizione integrata come unica forma genuina, riconoscendola come perfetta sinergia fra la forza yin e quella yang, sia nel mondo interiore che esteriore. Quando un principio attivo yin o yang non viene “acquisito” si trasforma in un debito empirico, dando origine ai ruoli alterati, che secondo il tipo di deviazione, evidenziano un’esuberanza dell’una o dell’altra parte.

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Metamorfosi empirica

La metamorfosi empirica è il “degrado progressivo e automatico del profilo empirico, che compete ad ogni persona alterata. Esso segue un andamento sistemico prestabilito, costituito da passaggi consecutivi che ogni portatore di debito ha bisogno di attraversare. A tale scopo incarna ruoli empirici predeterminati, tutti atti a interpretare i diversi livelli di degrado.”3 Più ingente è il debito di una persona, più velocemente quest’ultima degenera all’interno della propria metamorfosi, attraverso dinamiche invisibili di deterioramento, indotte dal catalizzatore della rabbia.

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Michel Hardy, La grammatica dell’essere” vol. 4, pag. 65

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CAPITOLO 2 Il mio viaggio interiore

2.1. Dalla realtà esterna alla mia interiorità: le prime conquiste

Il mio percorso di crescita personale ha avuto inizio nella prima metà degli anni ottanta, periodo in cui, affacciandomi nel mondo del lavoro, ho sentito l’esigenza di misurarmi con me stesso. Non è stato un percorso breve e neanche semplice, col passare degli anni ho sempre più posto attenzione alla non casualità dei fatti che si succedevano e alle scelte effettuate. A tal proposito un passaggio importante è stata la scelta dell’attività professionale da svolgere. Un mestiere che mi costringeva e nel contempo mi agevolava, a porre l’attenzione ai particolari e a superare i miei limiti. Il mio guadagno era proporzionato ai risultati ottenuti e questi erano conseguenti alla mia capacità di valutare i fatti da una prospettiva diversa. A seconda di come veniva osservato, un dato oggettivo poteva assumere valenze soggettive negative o positive ed evidenziando aspetti a prima vista non visibili mi dava la possibilità di raggiungere l’obiettivo: vendere. Ancora più importante, e me ne accorsi

più tardi, oltre a soddisfare esigenze

economiche, colmavo i vuoti di una infanzia senza amore. Ogni contratto firmato era infatti un’ iniezione, un cocktail di approvazione, di accoglienza, di accettazione, di amore (madre), una sorta di compensazione empirica

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( concetto di autoregolazione di Reich- Lowen-Shone). Nel corso degli anni ho potuto constatare con una casistica dalla percentuale elevatissima che i venditori hanno questo stesso vissuto. Sono convinto che il mestiere scelto corrisponda ad un preciso “ lab profile”, dunque non è casuale e soddisfa caratteristiche dell’individuo. A titolo esemplificativo: il chirurgo diventa emotivamente freddo per attività svolta o già di suo ha preso le distanze dalla sua parte emotiva per motivi precisi legati alla sua infanzia ? Per anni la spinta in avanti per ottenere risultati à stata notevole, ma i miei talenti si scontravano periodicamente con una caratteristica : l’ incostanza. A risultati eccezionali si contrapponevano periodi di non interesse per ciò che stavo svolgendo, avevo quasi l’esigenza di tornare indietro per poi ritrovare motivazioni per ripartire. Mi rendevo conto che dipendeva solo da me e non da fattori esterni. I “nuovi perché” si sommavano ai “perché precedenti” ed ad ogni risposta avevo la sensazione di essere sceso ad una profondità superiore della conoscenza personale. Le varie tecniche imparate per conquistare fette di mercato

potevano essere utilizzate per conoscere i meandri delle mia

coscienza. La curiosità prendeva sopravvento sulle paure, le domande prima semplici, diventavano sempre più acute e le risposte che arrivavano sempre più dolorose, ma l’atteggiamento di fiducia nel futuro non mi ha mai abbandonato e forse questo è stato ciò che mi ha fatto vivere fino ad oggi. Penso che le paure che mi hanno impedito di ottenere alcune soddisfazioni, per esempio la possibilità di vivere una paternità, forse potranno essere superate con l’integrazione delle stesse. Il senso di inadeguatezza ha sempre caratterizzato la mia vita: se stavo con i più piccoli o coetanei mi sentivo troppo vecchio, con i più grandi ero troppo piccolo, le persone del mio ceto sociale mi sembravano limitate e con quelle di ceto più alto mi mancava qualcosa. Da cosa dipendeva?

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Perché questo senso di esclusione dalle situazioni che la vita mi offriva? Quante volte nei rapporti affettivi a chi dimostrava di volermi bene facevo torti sempre più grandi fino a che le dinamiche diventavano distruttive e di esclusione? Ponendomi queste domande l’immagine che sempre tornava alla memoria era quella di mia madre, che passeggiando con mia sorella a suo fianco, a me diceva : “ resta un pò indietro altrimenti sembro troppo vecchia”. Ogni madre vorrebbe il meglio per il proprio figlio, ma spesso mette in atto comportamenti che lo possono danneggiare.

Considerando da dove provengo, quali debiti ha accumulato la mia stirpe, sono oggi consapevole del mio percorso

e comincio a sentirmi un pò meno

inadeguato. Diventare consapevoli delle proprie strategie disarmoniche è la base delle azioni dell’uomo ed è il primo passo verso ogni cambiamento di rotta. Altrimenti le infrazioni si moltiplicano nel tempo e sfuggendo al controllo della mente creano effetti indesiderati. Per l’equilibrio armonico non è importante nè il motivo, nè la causa, l’ordine non fa differenza tra il troppo e il troppo poco. Sono entrambi infrazioni ed ai fini empirici si equivalgono. Il sistema riconosce il peso reale delle cose, la realtà empirica oggettiva rivela responsabilità del singolo, ogni moto ha delle conseguenze dirette a seconda della circostanza (carica empirica), l’ordine non fa differenza tra l’angelo e il diavolo, tra vittima e carnefice, sono ambedue posizioni anomale e innaturali in quanto fuori equilibrio, equidistanti dal loro centro anche se ai lati opposti. Per l’ordine gli estremi sono l’indicatore di uno analogo malessere che si manifesta nei suoi estremi opposti, non conosce differenza tra il ruolo delle vittima e quello del carnefice.

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Nella mia vita ho sempre cercato di esorcizzare le paure, scegliendo di essere più carnefice che vittima e anche se ogni vittima a suo modo si è vendicata nel corso del tempo, avevo la sensazione di essere io a comandare e controllare il gioco. Questa dinamica contribuiva a cristallizzare i ruoli nel tempo. In qualsiasi incontro l’aggancio con le potenziali vittime era automatico: nel lavoro, negli affetti, nelle amicizie imperavo, indicavo la strada e davo le coordinate. Certo con stile e autorevolezza (mai autorità), ma pur sempre gestendo e manovrando ciò che mi circondava. Questo mi consentiva di detenere potere, ma la mia alterazione mi portava ad abusarne, fino a affondare “il coltello” nella piaga dell’interlocutore, con cattiveria. L’ordine evidenzia ogni violazione empirica ed è puntuale nelle segnalazioni. Ogni infrazione delle leggi armoniche aumenta il debito empirico. La violazione empirica, il più delle volte, non è un atto deplorevole o immorale, infatti in molti casi, comportamenti disarmonici ai fini empirici, sono socialmente accettati o passano come uso e costume corrente in una società che prevede una evoluzione

presuntuosa che contrasta l’ordine

naturale, esimendosi dalle proprie responsabilità. Tali

comportamenti, empiricamente

scorretti,

si

manifestavano nella

quotidianità ed infatti puntualmente “il giocattolo si incrinava” e io aiutavo a far si che ciò accadesse, magari solo con la scelta del socio sbagliato e con atteggiamenti supponenti e comunque di esclusione nei suoi confronti. Dall’incrinatura alla rottura i tempi erano brevi e quindi per l’ennesima volta mi ritrovavo solo a ricominciare, eppure razionalmente sapevo praticamente tutto! Anni di analisi con psicologo, libri letti , corsi di varia natura mi avevano fatto capire razionalmente, ma più capivo meno risolvevo! Anzi avendo imparato a risolvere le situazioni, gli agganci diventavano sempre più complicati in una sorta di continuo rilancio. Queste

“sconfitte” mi hanno fatto comprendere che tutte le conoscenze

acquisite non soddisfacevano la mia esigenza di trovarmi in “difficoltà” .

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2.2 Dal capire al comprendere

Proprio in quel periodo partecipai ad un seminario dal titolo “Il potere in te”, argomento sul quale lavoravo anche con i miei collaboratori, convinto che la crescita professionale passasse attraverso la crescita personale. Gli anni successivi furono determinanti : il capire lasciava spazio al sentire, l’emisfero

sinistro

razionale

lasciava

il

campo

all’emisfero

destro

dell’emotività e attraverso esercizi, dove entrava in gioco il corpo, cominciai a toccare con i sensi tematiche che solo la mente fino a quel momento aveva avuto modo di conoscere. Il passaggio tra il capire (mente) e il comprendere (pancia) fu sempre più evidente, le esperienze, alcune meravigliose altre dolorosissime, mi hanno riportato, come in un viaggio a ritroso, a rivivere situazioni nelle quali c’era stata deviazione da un’ ipotetica crescita equilibrata e corretta. Le mie stampelle, i substrati, le false credenze, i miei autoregolatori sono “saltati” uno dopo l’altro facendomi trovare in poco tempo davanti alla mia “ombra”. Ho compreso che l’eccesso di Yang era la ragione per cui la spinta rabbiosa era il moto principale del mio fare e del mio essere. Era questo il mio modo di bilanciare il debito. Mi sentivo sicuro solo esercitando modalità aggressive e per quanto fosse forte il disagio, perché ogni volta trovavo “terra bruciata” intorno a me, era la mia sicurezza e non sotterravo mai l’ascia di guerra Il pensiero di non lottare più e fare a meno del mio senso di giustizia alterato, mi faceva sentire in balìa dell’ignoto. Questo copione alterato, era la ragione della mia sofferenza ma al contempo la sicurezza più grande. Senza di esso mi sono sentito scoperto e indifeso e sono stato costretto a rivedere tutte le mie strategie vitali. Il fatto di dover deporre l’ascia è stato il fattore più destabilizzante. Il ruolo compensatorio acquisito nel tempo, benchè creasse un disagio, mi proteggeva (come la conchiglia per

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la lumaca). Ero aggrappato da anni a quel copione, un bisogno supportato in tutte le strategie vitali basate sul debito acquisito. Tutto ciò che era stato fino a quel momento non c’era più.

Il rigore e la severità che mi avevano sempre contraddistinto avevano lasciato spazio all’incertezza, il mio moto dominante era ribaltato. Anche la luce che fino ad allora era evidente lasciava spazio all’ombra, che cominciavo a conoscere, e per quanto fosse destabilizzante avevo la sensazione che fosse l’unico modo per avvicinarmi ad un equilibrio reale ed oggettivo. La convinzione che l’integrazione delle due parti, quindi l’inclusione come unico principio vitale, fosse la soluzione, mi spingeva ad indagare sui vari elementi del lato ombra. Un pò come all’interno di una stanza buia e sconosciuta ho cominciato a esplorare, a costo di farmi male. Man mano che conoscevo la mia parte ombra sono diminuite le paure ed i timori ed è aumentata la tranquillità ed il potere personale . Tutti i mostri sono più spaventosi se incontrati al buio della notte, alla luce del giorno pur rimanendo mostri, diventano affrontabili. Li ho via via conosciuti e ho dato loro un nome: rabbia Inadeguatezza Esclusione Tradimento

Ho imparato che anche l’ombra appartiene ad un ordine preciso e segue leggi empiriche. La parte ombra e quella luce si trovano in un rapporto di equilibrio

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dinamico, correlate in un assetto interattivo in cui ogni moto dipende dall’altro. Gli uni costituiscono il contrappeso per gli altri e i moti vitali nascono da quelli dell’ombra . E’ questo il modo per la parte ombra di affermare la sua importanza; il singolo non può farne a meno e neanche esorcizzarla a suo piacimento. L’accumularsi del debito però fa si che si perda l’assetto naturale ed il suo equilibrio. Più grande è il debito acquisito più il lato luminoso ha bisogno di espandersi. Cosi ho compreso il perché di alcune mie caratteristiche: egocentrismo, vanità, ambizione fuori misura, necessità di critica,

individualismo e

necessità

continua di forti emozioni. Mi rendo conto di quanto, in una sorta di personalizzazione ho nutrito queste caratteristiche/esigenze nella quotidianità, trovando anche modi evoluti e raffinati che

mascherassero l’esigenza

dell’ombra. Ognuno di noi crea un proprio biglietto da visita e muovendosi nel mondo attraverso quel biglietto attrae tutte le esperienze della vita, compresi i partner. Ci attiriamo solo chi ha un’ affinità speculare con la nostra ombra. Ci illudiamo che a creare questa sorta di feeling siano gli hobbies in comune, una affinità di pensiero, gli stessi interessi, in realtà l’aggancio, ciò che ci attira, è il lato più buio dell’ altro per il tipo di debito acquisito. Più riscattiamo quest’ultimo più attireremo compagni genuini ai fini empirici. Ho capito che il mio arretrato sarebbe stato la base per ogni futura relazione e che solo l’elaborazione e l’integrazione della parte ombra mi avrebbero permesso di riscattare il debito, potendo così attirare persone diverse e di conseguenza mettere nuovi presupposti nei vari aspetti della vita. Ho cercato per mesi di non giudicarmi. Ogni tanto cercavo il “Claudio” che ero prima, perchè mi sarebbe stato utile a risolvere situazioni intrigate; talvolta l’ho rimpianto, ma in realtà questo limbo in cui ho cercato di stare si è rivelato utilissimo.

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Inizialmente ho avuto la sensazione di contattare un mondo “nuovo”, incontri diversi dai precedenti e vissuti con nuove percezioni, ma in realtà avevo trovato il coraggio e la forza di affrontare da adulto le paure più profonde: andare a toccare emotivamente quello che l’uomo esorcizza per tutta la vita, i mostri dell’ infanzia: Mi sono ritrovato ad affrontare le tematiche a me così “care” con gli occhi dell’ adulto, con la consapevolezza di ciò che stava accadendo . Ho rivissuto il senso di inadeguatezza, di esclusione, di tradimento e il conseguente stato di rabbia, comprendendone anche gli effetti positivi e cosa” portavano in gioco” nella vita di tutti i giorni .

Nel corso di questo viaggio ho acquisito molte importanti consapevolezze, in particolare di essere cresciuto in una famiglia dove i genitori avevano invertito le proprie cariche empiriche, e di conseguenza i ruoli . Mia madre metteva in gioco una forte aggressività che spesso sfociava in isterismi, mio padre cercava di arginare tutto ciò, ma spesso ne veniva travolto. Ricordo quanto da bambino fossi attento agli atteggiamenti di mia madre. Volevo e dovevo essere pronto alle sue possibili reazioni furibonde. Riuscivo a capire dalla tensione del suo volto che da lì a poco avrebbe trovato il pretesto per scaricare su di me e mia sorella il suo livore. Si viveva spesso in una situazione di paura e i soprusi psicologici si sommavano a quelli fisici. All’epoca la responsabilità di quei gesti non li caricavo su di me (sensi di colpa), mi consideravo un bravo ragazzino sia per i risultati scolastici che per quelli sportivi, e pendo che questo sia stato untene per la mia salvezza. Credo che a differenza mia, Stefania, sorella di cinque anni più piccola, si sia fatta carico delle responsabilità per “salvare” la figura materna e per questo

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abbia pagato somatizzando a tal punto di ammalarsi di tumore a ventisei anni, per morire a trenta. Tornando a me , credo però di aver caricato erroneamente tutte le responsabilità sulla madre, assolvendo il padre. Infatti, solo molti anni dopo, ho compreso quanto fosse assente mio padre, non solo nelle decisioni, nei momenti ludici, nelle manifestazioni sportive, ma soprattutto a difesa dei figli, lasciati letteralmente in balìa della rabbia della moglie, addirittura aumentati nel momento della loro separazione. La sensazione è che proprio negli anni in cui caricavo tutte le responsabilità sulla madre, dentro di me cresceva la volontà di riscattare il padre e la figura maschile. Tutti i soprusi subiti da lui e da me dovevano essere vendicati. Senza rendermi conto ho cominciato a utilizzare, in diversi ambiti della mia vita, strategie e gli strumenti che tanto avevo criticato in mia madre. In particolare nelle relazioni sentimentali, come se fossi munito di un lanternino, individuavo “la preda”. Solitamente aveva una spiccata personalità e una buona dose di rabbia, come mia madre aveva “fatto a pezzi” i precedenti partner e proprio per questo il gioco si faceva per me interessante. Una sfida nella quale mettevo in campo tutto ciò che potevo per ridurle in mio potere. Raggiunto questo scopo, potevo con una scusa o l’altra passare alla vittima successiva. Come vittoria di Pirro, lasciavano un campo di battaglia desolante e avvertivo un vuoto interiore. Ed è per questo che mi sono interrogato, e anche attraverso il percorso in psicologia empirica, ho cercato delle risposte per uscire da questa situazione.

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Così ho cominciato a ridistribuire le responsabilità fra i genitori, cercando di capire come si fosse formato il mio maschile alterato. Ma soprattutto come riportare i codici del maschile e del femminile al proprio posto. Scrivo “al proprio posto” perché questa inversione di polarizzazione, questa inversione dei ruoli, ha fatto sì che fossi una sorta di orfano rispetto ai codici empirici. Le conseguenze erano finalmente visibili anche ai miei occhi. Le manifestazioni di rabbia, apparentemente maschili, erano isterie del femminile che armavano il maschile. In altre occasioni “talenti femminili” quali la dovizia nei particolari, la lucidità nel cogliere i dettagli non venivano considerati tali. Ho sentito che era giunto il momento di ricontattare in modo più genuino la mia carica maschile e femminile. Con il passare dei giorni avevo la sensazione di riavvicinarmi ad un ruscello dove l’acqua scivolava nel suo libero fluire. Il lavoro riprendeva a girare, gli incontri si susseguivano, la vita stava riprendendo a scorrere. Ero di nuovo vicino a quel libero fluire delle cose, sentivo che mi mancava poco.

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2.3 Riflessioni sul maschile

L’uomo, a prescindere dal suo sesso biologico, ha l’esigenza di esplorarsi nei propri principi secondari altrimenti non può accedere, in modo genuino, neanche ai primari. La forza Yang ha bisogno di integrarsi con il mondo Yin. In questi ultimi anni ho imparato ad avvicinarmi alle mie emozioni, di esprimere maggiormente la dolcezza, la sensibilità e una certa flessibilità. Durante questo percorso ho avuto modo di affinare ulteriormente i sensi e quindi di sviluppare una maggior raffinatezza per quanto riguarda i gusti, i profumi e i suoni. Questi passi verso il mio Yin mi hanno portato, come raccontavo prima, ad avvicinarmi ai capisaldi dell’ombra femminile: la paura e la tristezza e dopo un periodo di smarrimento ho imparato a osservare tali emozioni con orgoglio e a vivere le ferite con fierezza. In questo periodo di integrazione mi sono permesso di accettare e sopportare situazioni fino a quel momento scomode. Credo di aver smussato angoli e di aver imparato ad assumere un atteggiamento arrendevole davanti al fluire della vita, ho accettato le sconfitte come parte integrante di essa. Il guerriero con l’ascia di guerra sempre pronto a sferrar fendenti ha imparato a dissotterrare l’arma solo nei rari casi indispensabili. In questo modo si è attenuata la mia esigenza di manifestare prepotenza, arroganza, superbia, furbizia e l’esigenza di controllo assoluto, oltre all’obbligo con me stesso di ottenere sempre qualcosa in “cambio di”. Ho notato che tutto ciò ha fatto si che la fiducia nei miei confronti aumentasse mentre in precedenza avevo la sensazione che le persone da una parte apprezzassero la mia furbizia ma dall’altra pensassero che potessi utilizzarla contro di loro. Ho la sensazione di essermi “alleggerito” che la “spinta” sia più equilibrata. Uno slancio vitale senza gli eccessi del passato. Esuberanza e non arroganza.

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CAPITOLO 3 LO YIN E LO YANG IN ANALISI EMPIRICA

3.1.L’ordine naturale e il debito empirico

Nell’approccio empirico l’ordine armonico determina ogni moto naturale, sancendo le regole delle dinamiche più nascoste, compresi i moti interiori di ogni essere vivente e perfino quelli dell’anima. Il suo procedere non ha confini e richiama l’immagine di un “fiume in piena”, nel suo libero fluire. Lasciarsi trasportare dalla sua corrente (ossia stare nel sistema) significa essere in pace con se stessi, accedendo ad una serenità naturale che prescinde le situazioni esterne. Chi infatti è collegato a questo libero fluire sa sperimentare differenti stati emotivi, connessi con la carica empirica delle varie situazioni. Non vive eccessi di paura, di rabbia o di sensi di colpa. Vive un equilibrio fra il dare e il ricevere, in cui l’amore è la sua espressione naturale che si manifesta con l’assenza di resistenze dentro e fuori di sé, con una condizione di apertura, di disponibilità, di flessibilità. L’anima tende naturalmente ad allinearsi col libero fluire, fluttuando con esso e soffrendo pesantemente qualora sia costretta a scollegarsi. Ogni resistenza contro questo principio nasce unicamente dalle imposizioni della mente e dal suo eccesso di presenza, infatti per raggiungere i suoi scopi usa la propria matrice prepotente e prevaricante, discostandosi così dai moti armonici. Oltre alle convinzioni disarmoniche anche gli schemi di bisogno personali costituiscono l’origine dei contrasti evidenti con le dinamiche empiriche

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naturali e contribuiscono ad un allontanamento dal libero fluire, ovvero ad una separazione dalla corrente principale del sistema. Da questo momento la persona entra in contatto con dinamiche destabilizzanti.

Il sistema (ordine armonico) riserva all’uomo appositi ruoli empirici da adempiere lungo l’arco della vita a seconda del periodo di sviluppo, individuando precise matrici di eccellenza, ovvero l’insieme dei diritti e degli obblighi dal punto di vista empirico, a cui sono correlate precise responsabilità. I movimenti dell’ordine possono essere percepiti e compresi soltanto sul livello del proprio sentire, aggirando i filtri della mente cosciente. L’uomo accede alla fenomenologia del sentire mediante il proprio mondo percettivo, che sperimenta fin da bambino, secondo parametri emotivi derivanti dalla propria esperienza personale. Si tratta di un bagaglio personale che non è uguale per tutti, e dipende dal modo in cui un soggetto ha conosciuto i singoli valori empirici, spesso “filtrati” secondo significati differenti da quelli naturali e dunque genuini. Spesso si tratta di valori disarmonici che non sono più in grado di interagire con l’ordine in modo sano e funzionale, generando così azioni alterate. La distanza fra il significato soggettivo e oggettivo attribuito ai valori empirici costituisce una delle basi del debito empirico. Ogni operato disarmonico si manifesta attraverso l’alterazione del proprio piano sensoriale, si sente attratto a moti morbosi, individuandoli come desiderabili e soddisfacenti, e rifiuta movimenti armonici, vissuti come noiosi. Da questo momento la persona è costretta a camuffare la realtà con convinzioni e strategie compensative, atte a nascondere lo scostamento doloroso dall’ordine, dissociandosi via via sempre di più dal suo stesso sentire, poiché solo anestetizzandosi riesce a sopravvivere alla sofferenza.

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L’ordine però utilizza indicatori per segnalare alla persona la sua posizione di debito, offrendole così possibilità di riscatto. Ritratta di indicatori passivi, che affiancati a quelli attivi, che maggiormente incidono sulla personalità, segnalano il disagio. Ogni ruolo compensatorio possiede indicatori passivi diversi, che crescono lentamente nella parte ombra fino a quando non possono essere più contenuti. La legge di compensazione empirica agisce sia all’interno che all’esterno dell’uomo secondo il rapporto del dare e ricevere, così avviene fra il maschile e il femminile interiori e fra il maschio e la femmina nella quotidianità. Qualora un soggetto non abbia avuto la possibilità di attivare in modo sano, attraverso il genitori, la propria carica primaria e secondaria, si ritrova in uno stato di debito ingente, che genera molteplici reazioni emotive disarmoniche. Il sistema infatti riconosce ai due sessi alcuni specifici principi guida, in grado di esprimere i principi primari della loro natura, sia nella luce che nell’ombra. All’interno dell’ambito yang prevale la spinta vitale, che nel lato ombra costituisce anche il simbolo della forza più distruttiva:la rabbia, a cui sono associate tutte le espressioni più temute dall’umanità: l’aggressività, la violenza,la crudeltà, la spietatezza. Nell’ambito yin invece spiccano principi guida come la tristezza e la paura, ma anche l’isterismo, la cattiveria e la perfidia.

La metamorfosi empirica

Per metamorfosi empirica si intende il degrado progressivo e automatico del profilo empirico, che compete ad ogni persona alterata. E’ costituita da passaggi consecutivi che ogni portatore di debito attraversa, incarnando ruoli empirici predeterminati. Tale processo non è influenzabile dal singolo

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soggetto, ma predisposto dall’ordine. Si tratta di dinamiche invisibili di deterioramento, indotte da un catalizzatore empirico preciso: la rabbia. Essa costituisce anche un termometro inconfondibile per stabilire il tipo e la qualità dell’alterazione e consente di dedurre lo “stato sistemico” della persona. Si tratta di un processo che porta lentamente il soggetto ad un mutamento del proprio carattere, da uno stato di eccedenza yin (uomo yin e finto yin) ad uno di eccedenza yang (finto yang e yang alterato). Nel momento in cui, il degrado viene riscattato, si arresta, con la possibilità di retrocedere , fino alla reinmissione nel libero fluire.

Ogni persona vive durante l’infanzia una forma genuina di alterazione yin, funzionale alla crescita, e si avvale della protezione di tale stato. Il passaggio dal ruolo di piccolo a quello di adulto avviene in modo naturale se i suoi diritti empirici vengono soddisfatti. In caso contrario tale sviluppo genuino rallenta fino ad arrestarsi. Ciò induce la persona ad assumere lentamente ruoli alterati. Gli esponenti (maschili) che hanno un’eccedenza yin tenderanno a subire il mondo esterno, evitando di assumersi le loro responsabilità. Avranno come indicatore sistemico attivo la paura, che crea dipendenza e come indicatore passivo la rabbia che via via tenderà ad accumularsi, fino a quando non sarà più contenibile.(passaggio alla vittima rabbiosa e all’eccesso yang). Quindi se l’uomo Yin (o finto yin) è caratterizzato da un alto livello di paura, l’uomo yang alterato si evidenzia attraverso la propria carica rabbiosa; il primo manca di carica primaria, il secondo di carica secondaria.(il femminile).

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Il passaggio alla vittima rabbiosa può avere inizio nel periodo dell’adolescenza, età in cui il singolo comincia da avvertire le prime avvisaglie della propria rabbia.. Il bagaglio empirico, proveniente dalla consegna familiare, in quella fase è già pienamente acquisito e la rabbia costituisce una semplice conseguenza del suo contenuto disarmonico. Più forte è il dolore subito, più velocemente la persona degenera nell’ambito della propria metamorfosi.

STADI DELLA METAMORFOSI EMPIRICA donna yin integrata/ uomo yang integrato (nel libero fluire) VITTIMA RABBIOSA

d. yin alterata

d. finta yin

d. finta yang

d. yang autentica

u. yin

u. finto yin

u finto yang

u yang alterato

31 malattia (estromissione dal libero fluire)


3.2. Il maschile e il femminile Ogni coppia si attrae per compensazione della propria carica, così l’estroverso attira l’estroverso, lo spavaldo quello timoroso, il riflessivo quello spontaneo. Esiste un catalizzatore empirico che inequivocabilmente rivela la compatibilità fra le persone:la rabbia. I partner si attraggono per una compensazione della loro carica aggressiva. In questo modo insieme generano una carica aggressiva completa, condizione indispensabile che vale per ogni tipo di coppia, a prescindere da ogni alterazione rivelata. Ogni debolezza di carica primaria porta al formarsi di una coppia “invertita”, generando modelli maschili e femminili ibridi, i quali però si percepiscono come sani. L’essere radicati nel proprio maschile e femminile non dipende da qualità empiriche scelte secondo criteri personali (perché preferiti dalla persona) ma deriva dai principi guida di ogni singolo sesso. Ogni uomo avrà una parte compensativa ying e una donna una parte compensativa yang , ma fondamentale è la carica primaria altrimenti si sentono scissi dalle loro radici biologiche . Questi arcaici modi comportamentali e caratteristiche primarie, in questi ultimi decenni sono state modificati, la donna sempre più inserita nel

lavoro e

impegnata su più fronti ha via via dovuto utilizzare strumenti maschili (yang) e l’ uomo, in una sorta di compensazione, ha ceduto parte del proprio ruolo comportamentale. Si tratta di un tentativo , attraverso la redistribuzione dei ruoli, di ridefinire con nuovi parametri, i modelli maschili e femminili. Questa è una forte e diffusa illusione in quanto se le parti si allontanano dal proprio codice di base, anziché ad una evoluzione della specie, si assiste alla apertura di nuove voragini.

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La psicologia empirica ha il grande merito di far emergere i meccanismi di una alterazione con conseguente squilibrio tra i due sessi ( che per quanto possa essere regolato da una complementarietà di coppia porta dopo poco tempo ad una insoddisfazione latente nei confronti del proprio partner). Poter riconoscere il proprio ruolo deviato porta consapevolezza, che è il primo passo verso la”yanghizzazione”e la “yinghizzazione”, ristabilendo le posizioni all’interno dell’ ordine. I codici ying e yang contengono e determinano i principi, i moti guida e le emanazioni di ambedue i sessi i quali quindi possiedono un preciso manuale riguardo alle loro qualità. Spesso il singolo personalizza la visione di ciò che e maschile o femminile e le interpreta nella quotidianità. L’ ordine armonico non riconosce la sua buona fede e si apre uno stato di debito. Ogni codice comprende un lato luminoso ed un lato ombra ed ogni individuo vorrebbe identificarsi solo con l’ aspetto più bello ma ha bisogno di far fronte e riconoscere il lato meno ambito. L’ equilibrio è dato dai due modelli d’eccellenza : l’uomo Yang integrato e la donna Yin integrata . Costoro riescono ad accedere ai rispettivi principi attivi, per questo sono modelli empirici sani, sono capaci di relazioni autentiche e appaganti e accedono all’amore. Non è solo la dolcezza, la tenerezza, la morbidezza ad appartenere a questo sentimento perché in questo modo l’amore mancherebbe di forza e consistenza. L’amore YANG si concretizza con la tutela dell’ordine familiare, dà struttura e ordine. L’amore paterno non si esprime con la dolcezza e la tenerezza, ma sapendo trasferire le qualità Yang alla prole: forza, protezione, chiarezza, determinazione e fermezza sono le componenti principali. Deve saper offrire una struttura portante per l’agire femminile ed è importantissimo conferire norme e regole e insegnare il concetto di autorità. Dare regole, far sentire l’autorevolezza, guidare i cari attraverso le difficoltà o

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usare maniere forti non viene recepito come amore ma al massimo destano rispetto e devozione. Addirittura quando questi principi incontrano una persona con “alterazione empirica” prendono un “sapore” amaro e negativo, ma è l’unico modo per generare ordine e struttura attorno a se. Questo ruolo è “ingrato” perché di solito trova resistenze in modo particolare con chi ha problemi con le regole (autorità/padre). Dove c’è ordine c’è amore, nell’ assenza c’è anarchia e debolezza. La forza yang nell’ amore da completezza e una forza travolgente, senza l’ apporto del lato yang non si è in grado di amare ne se stessi ne gli altri e l’ amore si rivela debole e senza fondamenta; l’uomo o la donna che non si permettono di accedervi non possono apprezzarli neanche nell’altro. Il loro atteggiamento sarà di andare sempre controcorrente, di contrastare l’autorità e non essere in grado di stare all’ interno delle regole. Oppure, al contrario sarà incapace di sostenere, avrà mancanza di slanci e un alto livello di paura. Ai fini pratici, la donna non si sente protetta ne arginata l’uomo percepisce l’ amore della partner come debole e mancante di personalità. Quando il lato yin dell’ amore prevale, l’ individuo entra in un tipo di rapporto che è di bisogno e non di amore; l’ esigenza di unirsi ad un'altra persona, per sentire un senso di completezza e non di amore, è già di per se una limitazione del libero fluire e segnala un mal funzionamento empirico. Chi si muove nel libero fluire è portatore di valori reali di fatto e non presunti e testimonia corrispondenza tra la qualità dei valori personali e quelli reali, quindi accede ad un livello del sentire affidabile e tarato sui parametri dell’ ordine. Ogni legge armonica esige di essere accolta e messa in opera. In questo modo il singolo ha la possibilità di percepire pienezza e appagamento. Ciascun diritto empirico si manifesta a livello della coscienza e il singolo, che si attiene alle espressioni dei moti armonici referenti al suo sesso, può raggiungere la felicità. Dunque non spetta al libero arbitrio del singolo allinearsi o evitare i moti del proprio codice. Più ci allontaniamo dai principi

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del proprio sesso più si perde serenità d’animo e ci si allontana dal libero fluire e il nostro debito empirico aumenta. Il maschio per la sua natura Yang si manifesta per il suo diritto/obbligo di essere guerriero, di fare da guida per il suo nucleo familiare,

di essere

concreto e progettuale, di farsi valere attraverso la Sua autorità e di dare le regole (amore condizionato). Deve inoltre manifestare i relativi aspetti ombra quindi essere spigoloso e brusco, prepotente e aggressivo, interessato e calcolatore. Quando un maschio rifiuta ogni spinta aggressiva genuina, rifiuta la competizione, censura

espressioni rabbiose insomma snobba le emozioni

“negative” nascondendosi dietro la maschera del misurato e perbenista compromette il proprio mondo emotivo. Allo stesso modo anche ogni donna ha l’esigenza di esprimersi con i propri moti guida: la forza incondizionata, la morbidezza, l’accoglienza, il potere della dedizione, della cura e dell’arrendevolezza. Ha il diritto di accedere a un mondo più ludico e giocoso, fare shopping, chiacchierare con le amiche, impiegare spazio e tempo per la propria bellezza, insomma avere interesse per aspetti più leggeri della vita. L’aspetto sensoriale, estetico e spirituale, l’essere romantica e meno concreta dell’uomo costituiscono un Suo diritto. Se per qualsiasi motivo o per giustificazioni varie, si esime da ciò, apre un contenzioso nei propri confronti. Lei ha il diritto e l’obbligo di emozionarsi, poter piangere per commozione ed esprimere la propria vivacità. Ha anche l’autorizzazione ad accedere alla Sua ombra: diritto di avere paura (come per l’uomo la rabbia, lei ha diritto di accedere alla tristezza) di non essere puntuale agli appuntamenti, essere meno decisionista e determinata, essere meno propensa alle questioni tecniche burocratiche e concettuali. Le donne moderne tendono a vergognarsi e a sacrificare (anche perché richiesto dal mondo del lavoro) questi aspetti e tendere all’efficientismo esasperato per poter competere con l’uomo. Questo contribuisce sicuramente, e sempre più, all’insoddisfazione che pervade le coppie. Ritrovare gli archetipi

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e le caratteristiche che appartengono al proprio sesso biologico permette di ritrovare un senso di serenità d’animo.

3.3. Yang integrato e yin integrato

Il maschio è detentore della forza Yang. E’ l’energia di base e costituisce la carica primaria dell’uomo, la Sua matrice d’eccellenza (ogni Suo gesto lo esprime) ha però l’esigenza di una energia opposta, quella Yin. Integrandosi con quest’ultima diventa l’unica forza genuina dei modelli empirici maschili: l’uomo Yang integrato.

Solo quando la persona è in grado di radicarsi con le radici biologiche ed emotive (avviene quando non ci sono deviazioni traumatiche o debiti) si radica nel proprio sesso biologico. Questo da la possibilità di avere fiducia nella vita e un senso di sicurezza. La sensazione di essere unito con il tutto gli permette di avere un senso di appartenenza al genere maschile e di avere un senso di rispetto verso le donne. Fondamentale nello sviluppo di tale carica è l’infanzia perché in questa fase avviene in maniera naturale. Solo così, in fase acuta, l’individuo potrà essere un buon padre o una buona madre e questo è l’unico stato in cui l’uomo attira partner empiricamente sane. E’ in questo caso che si forma la coppia integrata l’ unico modello sano e genuino. In questo caso l’uomo è in grado di onorare la propria donna senza prevaricare. Lei sa sostenere il proprio uomo senza subirlo ne sfidarlo e grazie al suo potere yin arginarlo. L’ uomo yang integrato e la donna yin integrata sono i massimi esponenti dei relativi codici. Siamo davanti al rispecchiamento della coscienza empirica e non della affinità morbosa personale. L’ uomo è nel suo ruolo di artefice yang anzichè carnefice e la donna è in quello dell’ artefice yin anzichè vittima.

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È una relazione sana, i due sessi si compensano e si onorano, in questo tipo di coppia è la donna a dominare all’interno delle dinamiche di rapporto, forza che l’ uomo compensa con la presa di potere al suo esterno. Lo yang integrato riesce a darsi leggerezza e aggiungendo sensibilità è in grado di non fare abuso della sua forza. Solo la donna yin integrata ha la consapevolezza del suo pieno potere anche se può essere scambiata per la più debole e accondiscendente. Solo lei possiede una forza primaria sana e sviluppata e non ha bisogno di competere con la forza maschile, sente la forza incondizionata come potere assoluto e riconosce come strumenti di potere l’ amorevolezza, la pazienza e la disponibilità. L’uomo si rende completo accedendo al proprio sentire senza però inquinare troppo il proprio maschile, mantenendo la Sua sicurezza e dandogli dignità per sostenere il proprio Yin. Lo Yang integrato è il modello della propria specie e deve considerarsi un punto di arrivo per ogni sviluppo maschile. E personalmente lo considero il modo per riscattare e dare un significato profondo alla propria vita.

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CONCLUSIONI

Ho un desiderio..che sento nel profondo…

La civiltà occidentale, contrariamente ad altre culture, tende a dare poco valore e a non riconoscere l’importanza del “sentire.” L’occidente è caratterizzato da un sistema con modelli prevalentemente maschili, basato soprattutto sulla razionalità e scarsamente disposto ad accettare l’aspetto più interiore ed emotivo, tipicamente femminile, che consentirebbe una comprensione più globale della realtà. Non vi è apertura all’altro e il conflitto fra le diversità, e quindi anche tra maschile e femminile, è a volte aspro. Siamo in grado di vedere un’esperienza di segno contrario, l’esperienza di un incontro, che ci mostra come possiamo comprendere l’altro, quando non abbiamo ucciso le possibilità di sentire l’altro dentro di noi e quindi di essere, in una misura più o meno grande, anche l’altro. Incontro significa più di un vago rapporto interpersonale. Significa che due persone si incontrano non per porsi semplicemente l’ una di fronte all’altra ma per viversi e fare un’esperienza reciproca. Non si può incontrare l'altro fuori di noi se non lo abbiamo incontrato prima dentro di noi.

Il mio desiderio è che le persone possano comprendere finalmente che è giunto il momento di riappropriarsi della propria luce, del proprio sentire, della propria forza. Che ciò che conta non è soltanto quello che accade a noi, ma ciò che accade in noi, attraverso le esperienze gioiose e dolorose della vita.

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Mi piacerebbe condividere percorsi di crescita con altri, perché dentro molti di noi c’è un fiammella semispenta che attende di essere riaccesa. E il momento credo sia arrivato. Quando ci si incontra con il fine comune di condividere un cammino di consapevolezza, con l'unico scopo di riappropriarsi della corrente sacra e istintuale che permea l'essere, accade una cosa strana: la percezione del fuoco interiore... quando la persona esprime se stessa, libera, con altre donne, emerge una forza straordinariamente intensa, un'energia capace di sconvolgere ordini, leggi, istituzioni, sistemi, di andare oltre qualsiasi limite…

Un viaggio di crescita non facile, non privo di ripensamenti e resistenze, perché si entra gradualmente in contatto con quel dolore, da sempre “coperto” e rimosso. Soltanto qualche anno non mi sarei mai impegnata in un “lavoro” sul femminile, non ne conoscevo i valori, non ne vedevo l’utilità, la mia razionalità prediligeva altri principi. Oggi, pur rendendomi conto del lungo percorso ancora da fare, sento dentro di me ogni giorno una voce che mi conduce verso quella direzione. Sento la potenza , l’intensità della determinazione e dell’apertura, ma sento soprattutto che queste qualità ci sono dentro di me…anche se non sempre riescono a trovare parole, immagini azioni che le manifestino nella sua intensità e interezza. Il percorso in discipline psicologiche e empiriche intrapreso, proprio perché corporeo e basato sul sentire, mi ha consentito di togliere il velo a molte delle mie strategie di autoboicottaggio, di mettermi in contatto con le mie emozioni bloccate da tanto tempo. Ho affrontato molte paure, vergogne, ho incontrato la mia rabbia e la mia arroganza, accorgendomi (dai cambiamenti nella mia vita quotidiana) come attraverso lo smascheramento dei miei tabù personali, si potessero evadere

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parti del mio debito, trasformando le mie false credenze, e cominciando ad accettare responsabilità in situazioni, che fino a quel momento non percepivo come tali.

Questo percorso mi ha portato, alla luce delle esperienze vissute a riflettere anche sul ruolo del counselor empirico, che, qualora volesse organizzare un percorso di crescita per un gruppo di persone, sarebbe opportuno considerasse i seguenti aspetti.

Avere chiaro le finalità del percorso, che nello specifico possono essere riassunte nel riequilibrio degli eccessi yin e yang presenti nei soggetti, ai fini di recuperare le potenzialità presenti.

Saper osservare “ciò che è”, ossia ciò che si manifesta naturalmente, essere cioè in grado di percepire, di sentire le differenti energie di cui i singoli sono portatori; osservare il comportamento, i movimenti liberi corporei, i modi di agire e reagire, il modo di porsi nell’ambito verbale e para verbale, le posture utilizzate, la morfologia del corpo.

Privilegiare il paradigma “del fare”, ovvero il diritto di sperimentare per comprendersi meglio nel corpo e nell’anima. Un processo d’indagine che invita il corpo a muoversi ed esprimersi nel suo linguaggio, rivelandosi lentamente senza che la mente lo ostacoli e lo metta a tacere La specificità consiste nella rilevanza data alla sfera del non verbale, attraverso l’invito che si rinnova ad ogni proposta di lavoro del conduttore ad esprimere la vita del corpo.

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Durante il percorso il linguaggio non verbale e quello verbale si affiancano e si intrecciano, integrandosi vicendevolmente e alimentandosi l’uno con l’altro.

Essere “presente” , con un atteggiamento che sia funzionale alla relazione d’aiuto, ovvero empatico, di accettazione positiva, di apertura energetica che si manifesta con l’attenzione costante e l’ascolto attivo, il tono di voce pacato, il contatto col proprio sentire, l’uso di tecniche di rispecchiamento delle emozioni e vissuto degli altri e di riformulazione volte a facilitare il processo di chiarificazione progressiva.

Essere “flessibile”, cioè saper adattare gli esercizi empirici e non, all’energia che connota il gruppo o il singolo in quel momento, avendo la capacità di accedere in tempo reale, ad attività ritenute più proficue per far facilitare l’incontro con i limiti e le potenzialità.

Dare spazio al “sentire”, ovvero stimolare nell’altro la possibilità di riconoscere le cose su un piano profondo ancora prima di volerle capire con la ragione. Questo apre la strada non solo alla comprensione delle strategie privilegiate per “nascondere” il proprio debito empirico, ma al cambiamento reale, via via che le nuove “scoperte”relative ai copioni personali vengono integrate e quindi ad un riavvicinamento alle radici del proprio sesso biologico

Riconoscere l’importanza del gruppo come amplificatore emotivo di strumenti ed esperienze acquisiti individualmente e come luogo in cui il rispecchiamento appare una dinamica agevolata; i diversi modi di pensare, di agire e di sentire costituiscono un esempio utile di confronto fra i vissuti personali singoli.

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Il contesto del gruppo facilita il processo che aiuta a sciogliere blocchi e tensioni e a ripristinare l’originaria vitalità, perché offre l’empatia , il sostegno e il contenimento che permettono di fare esperienza, spesso per la prima volta, della profonda fiducia corporea necessaria per potersi lasciare andare. Il gruppo è “una unità che esprime qualcosa di più della somma delle qualità dei suoi membri”4 Spesso le persone possono scoprire, attraverso il sentire ciò che in loro si risveglia con l’esperienza corporea, non solo importanti aspetti delle loro relazioni attuali, ma anche da cosa sono state caratterizzate le loro relazioni affettive primarie. Ai partecipanti viene offerta la possibilità rara di fare esperienza della vita del corpo, godendo della massima libertà di espressione e di sperimentazione, all’interno di un“contesto” regolato e protetto.

Contemplare la condivisione dei vissuti, la graduale rielaborazione verbale ed emotiva delle esperienze vissute al profondo livello del non detto, livello in cui possono emergere ricordi antichi e parti altrimenti inaccessibili della “personalità”, permette di compiere passi di crescita e di acquisizione di nuove consapevolezze, che a loro volta rendono possibile l’accesso a dimensioni ancora più profonde nell’ambito dei vissuti corporei.

Prevedere incontri individuali, volti ad offrire alla persona l’opportunità di esplorare in modo specifico e mirato le strategie di autoboicottaggio privilegiate, sottese ai problemi riconosciuti come presenti nella vita, facendo uso delle proprie risorse. Lo scopo pertanto non è quello di suggerire 4

K Lewin, Principi di psicologia topologica, Organizzazioni speciali, Firenze, 1961

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soluzioni, bensì aiutare a comprendere la sua situazione (l’entità e la qualità del debito empirico) Gli incontri possono prevedere attività empiriche o colloqui.

Ipotizzare esperienze diversificate, considerato che il gruppo può essere composto da donne che occupano posizioni differenti nella metamorfosi empirica e che come tali vivono con debiti di diversa entità e qualità, con indicatori sistemici attivi e passivi difformi. All’interno della stessa situazione diversi portatori di debiti possono vivere sensazioni diametralmente opposte, a seconda degli indicatori presenti. Questo perché non è più la natura della carica empirica di una situazione, quanto la qualità del debito a conferire le percezioni al singolo. Gli indicatori passivi costituiscono, dal punto di vista empirico, la leva più forte per il rientro nel libero fluire, perché sono parametri emotivi pronti a indicare il tipo di ruolo compensatorio e la natura del debito, diventando il termometro di ogni nuovo riavvicinamento all’ordine. Nell’ambito di processi di yanghizzazione o yinizzazione è importante dunque tenere presente che gli esponenti del gruppo con eccesso yin, avendo come indicatore attivo la paura e come indicatore passivo la rabbia, temono l’energia yang e i suoi eccessi, quindi ogni approccio diretto e schietto può provocare difese immediate, toni infervorati possono provocare chiusure emotive profonde, col rischio di allontanare la persona stessa. L’autorità appartiene ai loro tabù personali e perciò è temuta più di ogni altra cosa. Al contrario gli esponenti del gruppo con eccesso yang , di fronte a esperienze dirette possono avere reazioni di diffidenza, di polemica, di resistenza dichiarata e manifesta, poiché un atteggiamento forte e autoritario funge da

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specchio rispetto alle strategie compensatorie utilizzate, e quindi procura allontanamento, anche se camuffato da attacchi personali.

Sostenere le potenzialità dei partecipanti, diviene infatti necessario ipotizzare un approccio morbido, che sappia avvicinare gradualmente la persona all’esperienza, infondendole fiducia, rassicurandola sulle sue risorse e potenzialità, predisponendo un assetto emotivo di apertura che la possa sostenere a scoprire le parti di sé che teme di più e le strategie privilegiate per compensare il suo debito. Ciò è possibile stimolando gradualmente il corpo, riconoscendo, attraverso l’approccio empirico, spazi e confini inediti, fino a quando non si sente al riparo, pronto a svelare i suoi segreti, le strategie compensatorie attivate nel corso della vita.

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GRAZIE A TUTTI

Ma chi l'avrebbe detto mai, è com'è volato il tempo, la vita forse va cosi' ti affianca e ti sorpassa e tu che tiri dritto, ti sembra sempre di andar piano invece insegui la tua storia e sei arrivato fino a qui, ma chi l'avrebbe detto mai.

Grazie a tutti, con il cuore, a tutti quanti, a chi mi vuole bene, a chi mi ha insegnato a guardare avanti ed anche a chi mi ha fatto male, mi e' servito per capire, grazie a chi mi ha detto no, ad un sorriso sconosciuto, ad una donna, ad un amico e a quella porta chiusa in faccia, a chi non mi ha tradito quella volta.

E' una questione d' ironia, se vuoi sdrammatizzare

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e quando pensi di sapere hai ancora da imparare, se corri arrivi pi첫 veloce ma forse perdi delle cose e quando credi sia finita un'occasione nuova avrai, ma chi l'avrebbe detto mai.

Grazie a tutti, con il cuore, a tutti quanti, a chi mi vuole bene, a chi mi ha insegnato ad andare avanti ed anche a chi mi ha fatto male, mi e' servito ad imparare, grazie a chi mi ha detto no, al sorriso di un bambino, a una donna, alla mia sposa.

Grazie a tutti, che date vita alla mia vita, in questa favola infinita, che mi ha insegnato a guardare avanti anche se ferito al cuore, mi e' servito per capire, grazie a chi mi ha detto no, alle sfide, alle salite ed alle mani di mio padre e a quella porta chiusa in faccia, a chi non mi ha tradito quella volta, per quanto ho dato e quanto ho avuto,

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per quanto ho riso, pianto, sperato, per ogni giorno che ho ricominciato, per ogni istante regalato, voglio dire: grazie a tutti!

(G. Morandi)

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