L'antico e sacro fuoco della Rabbia - Nadia VERZENI

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“L’ANTICO E SACRO FUOCO DELLA RABBIA” Dal dolore, alla conoscenza più profonda di noi stessi: un viaggio nell’anima.

di Nadia Verzeni

LIBERA UNIVERSITA’ di Studi Psicologici Empirici MICHEL HARDY 1


Ringraziamenti

- A Me stessa per aver avuto il coraggio di avanzare nel buio del mio mondo interiore.

- Al Dott. Prof. Michel Hardy, mio grande maestro che, pazientemente, ha permesso e facilitato la mia trasformazione e la rinascita della mia vera essenza, pur essendo ancora in cammino.

- Alla Dott.ssa Dèsire Scarabò per avermi insegnato a non avere paura della complicità femminile, utile strumento per nutrire il mio grande potere Yin. . Ha donato gioia e fiducia alla mia Donna.

- A tutti i miei compagni di viaggio, preziosi doni che hanno arricchito la mia anima.

- A mio padre e mia madre che inconsapevolmente hanno segnato questo mio lungo viaggio.

- A mio marito Mauro e ai miei figli Emmanuele ed Evelina per avere accettato e sostenuto i miei umori e i miei cambiamenti con grande Amore.

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INDICE - 2. Ringraziamenti - 3.Indice - 4. La riflessione “La Rabbia di Osho”

- 5. Racconto “L’orso della luna crescente” dal libro Donne che corrono con i lupi

- 17. L’origine della rabbia

- 21. La rabbia infantile

- 26. Le ragione dell’emozione rabbia

- 27. La mia storia personale

- 30.La rabbia empirica e sistemica

- 38.Il rilascio delle rabbia

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LA RABBIA

SE VUOI DAVVERO CONOSCERE CHE COSA SIA LA RABBIA, ENTRACI, MEDITACI SOPRA, ASSAPORALA IN MOLTI MODI, PERMETTILE DI ACCADERE DENTRO DI TE, LASCIATENE AVVOLGERE, LASCIA CHE TI RANNUVOLI, SENTINE TUTTO IL DOLORE E LA SOFFERENZA, SENTINE GLI ACULEI E IL VELENO, SENTI COME TI TRASCINA IN BASSO, I MODI IN CUI CREA UNA VALLE OSCURA PER IL TUO ESSERE. SENTI COME ATTRAVERSO LA RABBIA CADI IN UN INFERNO, IN CHE MODO DIVENTA UNA CORRENTE IMPETUOSA CHE TI TRASCINA INESORABILMENTE VERSO IL BASSO. PERCEPISCI TUTTO QUESTO, CONOSCILO. QUELLA COMPRENSIONE DARA’ IL VIA AD UNA TRASFORMAZIONE DENTRO DI TE. CONOSCERE LA VERITA’ SIGNIFICA ESSERE TRASFORMATI. LA VERITA’ LIBERA, MA DEVE ESSERE SENTITA DA TE IN PRIMA PERSONA. Osho

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Il nostro essere, la nostra anima hanno necessità in essere perfetta armonia con ogni parte che noi manifestiamo a noi stessi e al mondo, per portare l’equilibrio e nutrimento alla nostra vita creativa e istintiva. Ma non sempre questo perfetto meccanismo è libero e fluido, subentrando aspetti di questa padronanza che possiamo definire solamente come collera femminile, che si trasforma poi in rabbia che gelosamente a volte si custodisce perché è penosa e malsana per se ma soprattutto per i rapporti con gli altri. Reprimerla non funziona, è come mettere il fuoco in un sacco di juta, ne’ va bene scottarsi o scottare gli altri, così si sforza di contenere questa emozione forte, quasi come un’invasione, un’intrusione dove viene

collocata, in un posto lontano quasi a

seppellirla, in un terreno conosciuto solo a noi stessi. Leggendo il libro di Clarissa Pinkola Estès “DONNE CHE CORRONO COI LUPI” ho trovato che questa storia giapponese che s’intitola “TSUKINA WAGUMA, L’Orso della luna Crescente” abbia dato nuova luce all’immagine della rabbia: “C'era una volta una giovane che viveva in un profumato bosco di pini. Il marito era lontano, a combattere una lunga guerra. Quando finalmente fu congedato, tornò a casa, ma si rifiutò di entrarvi perché si era abituato a dormire sulle pietre. Stava giorno e notte per conto suo, nel bosco. La giovane moglie era tanto eccitata quando le dissero che finalmente il marito sarebbe tornato a casa, che prese a comprare cibi e a cucinare piatti e piatti e ciotole e ciotole di giuncata di soia, e tre tipi di pesce, e tre tipi di alghe, e riso cosparso di pepe rosso, e dei bei gamberi, grossi e color arancio. 5


Sorridendo timidamente, portò i cibi nel bosco e s'inginocchiò accanto al marito tanto stanco dalla guerra, e gli offrì le stupende pietanze che aveva preparato. Ma lui saltò in piedi e diede un calcio ai vassoi, sicché la giuncata si sparse per terra, il pesce volò per aria, le alghe e il riso si sparpagliarono ovunque, e i grossi gamberi arancioni rotolarono lungo il sentiero. “Lasciami stare!” urlò, e le voltò le spalle. Era tanto in collera che lei ne ebbe quasi paura. Alla fine, disperata, riuscì a raggiungere la caverna della guaritrice che viveva lontano dal villaggio. “Mio marito è tornato gravemente turbato dalla guerra”, disse la moglie. “S'infuria continuamente e non mangia nulla. Vuole restare all'aperto, non vuole più vivere con me come un tempo. Puoi darmi una pozione per renderlo di nuovo gentile e affettuoso?”. La guaritrice la rassicurò: “Posso fare questo per te, ma mi occorre uno speciale ingrediente. Purtroppo ho esaurito i peli dell'orso della luna crescente. Devi dunque arrampicarti su per la montagna, trovare l'orso nero e portarmi un pelo della luna crescente che ha sulla gola. Allora potrò darti quel che ti occorre, e la vita tornerà a essere bella”. Molte donne si sarebbero scoraggiate, avrebbero ritenuto impossibile quell'impresa. Ma lei no, perché era una donna che amava. “Oh, ti sono cosi grata!” disse. “E' cosi bello sapere che si può fare qualcosa”. Si preparò dunque al viaggio, e la mattina dopo prese a salire su per la montagna.

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E intanto cantava “Arigato zaisho”, che è un modo per salutare la montagna e dirle “ Grazie di lasciarmi salire sul tuo corpo”. Salì sulle colline dove i massi erano come grosse pagnotte di pane. Raggiunse un altopiano ricoperto da un bosco. Gli alberi avevano lunghi rami drappeggianti e foglie che parevano stelle. “Arigato zaisho” cantava. Era un modo per ringraziare gli alberi che sollevavano le chiome per lasciarla passare. Così riuscì ad attraversare il bosco e riprendere a salire. Ora era più faticoso. La montagna aveva fiori spinosi che s’impigliavano all'orlo del kimono, e rocce che le sbucciavano le piccole mani. Strani uccelli neri le volarono incontro nel crepuscolo e la spaventarono. Sapeva che erano muen-botoke, spiriti dei morti che non avevano parenti, e per loro intonò preghiere: “ Vi sarò parente. Farò in modo che possiate riposare”. Salì ancora, perché era una donna che amava. Salì finché vide la neve sulla cima della montagna. I piedi si bagnarono e diventarono freddi, ma lei continuò a salire, perché era una donna che amava. Si scatenò una tempesta, e i fiocchi di neve le entrarono degli occhi e nelle orecchie. Accecata, continuava a salire. E quando smise di nevicare, la donna cantò: “Arigato zaisho”, per ringraziare i venti che non lo accecavano più. Si rifugiò in una piccola caverna, cosi piccola che ci stava dentro a malapena. Aveva del cibo per sé, ma non mangiò; si ricoprì di fogli e dormì. La mattina l'aria era tranquilla e tra la neve si scorgevano persino delle pianticelle verdi. “Ecco”, pensò, “è arrivato il momento di trovare l'orso della luna crescente”.

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Cercò tutto il giorno e all'imbrunire trovò delle grosse cataste di legna e non ebbe più bisogno di cercare, perché un gigantesco orso nero camminava pesantemente sulla neve, lasciandosi indietro profonde orme. L' orso della luna crescente ringhiò ferocemente ed entrò nella sua tana. La donna frugò nel suo fagotto e mise il cibo che aveva portato in una ciotola. Lo appoggiò sulla soglia della tana e tornò a nascondersi nel suo rifugio. L'orso sentì il profumo del cibo e uscì barcollando dalla tana, ringhiando così forte da far rotolare delle pietre. L'orso girò un po' di volte attorno al cibo, sentì il vento, e inghiottì il cibo in un sol boccone. Poi sparì nella sua tana. La sera dopo la donna fece la stessa cosa, ma dopo aver deposto la ciotola non tornò nel suo rifugio ma si fermò a mezza strada. L'orso sentì l'odore del cibo, uscì dalla tana, ringhiò da scrollare le stelle dai cieli, girò attorno, molto cautamente sentì l'aria, ma alla fine inghiottì il cibo e tornò nella tana, La cosa continuò per parecchie notti finché in una scura notte blu la donna sentì di avere abbastanza coraggio da aspettare vicino alla tana dell'orso. Mise il cibo nella ciotola sulla soglia della tana e lì rimase in piedi, in attesa. Quando l'orso sentì l'odore del cibo e uscì, vide non soltanto il solito cibo ma anche un paio di piccoli piedi umani. L'orso voltò il capo e ringhiò tanto forte da farle rumoreggiare le ossa. La donna tremava, ma restò al suo posto. L'orso si ripiegò sulle zampe posteriori, spalancò le fauci e ringhiò tanto che la donna poté vedere il palato rosso e marrone della donna. Ma non si diede alla fuga. L'orso ringhiò più forte e allungo le zampe come per afferrarla, con i dieci artigli che pendevano come dieci lunghi coltelli sulla sua testa. La donna tremava come una foglia al vento, ma rimase ferma dov'era. “Per favore, caro orso”, implorò, “per favore, ho fatto tutta questa strada perché ho bisogno di una cura per mio marito”. L'orso lasciò ricadere a terra le zampe sollevando una nuvola di neve, e osservò la faccia terrorizzata della donna. Per un attimo alla 8


donna parve di vedere intere catene montuose, vallate, fiumi e villaggi riflessi nei vecchi occhi dell'orso. Provò una gran pace, e smise di tremare. “Ti prego, caro orso, ti ho nutrito per tante notti. Potrei avere un pelo della luna crescente che hai sulla gola?” L’orso rifletteva, e pensava: questa piccola donna sarebbe un buon cibo. Ma improvvisamente provò per lei tanta pietà. “E' vero”, disse l'orso della luna crescente, “sei stata buona con me. Puoi prendere un mio pelo. Ma fai in fretta, poi vattene subito, e tornatene a casa.”. L'orso sollevò il muso perché potesse vedere la bianca luna crescente sulla gola, e la donna vide anche il suo cuore pulsare forte. La donna poggiò una mano sul collo dell'orso, e con l'altra prese un lucente pelo bianco, e in fretta lo strappò. L'orso indietreggiò e urlò come se fosse stato ferito. Poi il dolore si trasformò in stizza. “Oh, grazie mille, orso della luna crescente, grazie mille”. La donna si piegò in mille inchini, ma l'orso grugnì e fece un passo avanti. Urlò parole che lei non poteva comprendere, e che pur aveva sempre saputo. La donna si volse e volò giù dalla montagna. Forse sotto gli alberi con le foglie a stella. E sempre andava intonando: “Arigato zaisho”, per ringraziare gli alberi che sollevavano i rami e la lasciavano passare. Inciampò sui massi che parevano grosse pagnotte di pane urlando: “Arigato zaisho”, per ringraziare la montagna che l'aveva lasciata salire sul suo corpo. Sebbene avesse gli abiti ridotti in brandelli, i capelli tutti spettinati, e la faccia sporca, corse giù per gli scalini in pietra che portavano al villaggio, di corsa percorse la strada e raggiunse la capanna, dove la guaritrice sedeva a curare il fuoco. “Guarda! Guarda! Eccolo, l'ho trovato, l'ho tenuto, il pelo dell'orso della luna crescente!” urlava la giovane donna. “Bene” disse la guaritrice con un sorriso. Guardò attentamente la donna e prese il pelo bianco e lo guardò alla luce. Soppesò il lungo pelo in una mano, lo misurò col dito, ed esclamò: “Si! E' un autentico pelo dell'orso 9


della luna crescente”. Poi d'improvviso si volse e gettò il pelo sul fuoco, dove scoppiettò e bruciò in una splendente fiamma arancione. “No!” -urlò la donna- “Che cosa hai fatto?” “Calmati. Va bene così. E' tutto a posto” -disse la guaritrice- “Ti ricordi tutto quello che hai fatto per scalare la montagna? Ricordi tutto quello che hai fatto per conquistare la fiducia dell'orso della luna crescente? Ricordi quel che hai visto, quel che hai udito, quel che hai sentito?”. “Si” -rispose la donna- “lo ricordo benissimo”. La vecchia guaritrice le sorrise dolcemente e disse: “Ora per favore, figlia mia, torna a casa con queste nuove conoscenze e comportati nello stesso modo con tuo marito”. Questo è un racconto di apertura che ci permette di intravedere le strutture curative e il significato più profondo del nostro essere. La storia si ripete, il motivo centrale di conoscenza della rabbia ,la ritroviamo in tutto il mondo. In alcuni casi tocca alla donna, in altri all’uomo. Il contenuto di questa storia ci mostra che la pazienza soccorre la collera e l’importante è riportare l’ordine, anche nella psiche. La storia nella sua più intima struttura rivela un modello completo per affrontare e guarire della rabbia: ricercare una forza saggia e quieta (la guaritrice), accettare la sfida di entrare nel territorio psichico a cui non ci si era mai avvicinato (scalare la montagna), riconoscere le illusioni (superare i massi, correre sotto gli alberi), dare riposo ad antichi pensieri e sentimenti ossessivi (incontro con i Muen-otoke, gli inquieti spiriti privi di parenti che si occupano della sepoltura) sollecitare il grande e compassionevole

IO

(nutrire

pazientemente

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l’orso

attendendo

che ricambi

la


gentilezza) comprendere il lato più oscuro della psiche compassionevole (riconoscere che l’orso è l’ IO compassionevole, non docile). La storia nasce e inizia perché lo spirito, amante della psiche, la moglie, si assuma il compito di trovare una cura per la collera, affinché il suo amore possa vivere in pace di nuovo con amore. È una fatica che val la pena vivere e affrontare perché guarisce la rabbia e spesso consente di trovare la via del perdono. La pazienza è un’ottima cosa per la rabbia antica come per la nuova ed è importante la ricerca di una cura e la tolleranza per ogni emozione. Persino le emozioni più grezze e confuse sono una forma di luce, piena di energia. Possiamo usare la luce della rabbia in un modo positivo, per vedere là dove di solito non possiamo vedere. L’uso, invece, negativo della rabbia consiste nel concentrarsi in modo distruttivo su un piccolo punto, come un acido che a lungo formerà un buco nero nei delicati strati della psiche. Tutte le emozioni, anche la rabbia, la collera porta sapienza, penetrazione, ciò che alcuni chiamano, illuminazione. Per una volta, la rabbia puo’ farci da maestra, non un qualcosa da liberarsi in fretta, piuttosto qualcosa per cui scalare la montagna, da personificare, da cui apprendere, da affrontare interiormente e da modellare poi in qualcosa di utile nel mondo, o da lasciar tornare nell’ombra. La rabbia ha un ciclo, come molti altri cicli: monta, cala, muore ed è liberata sotto forma di energia nuova, creativa. Se pero’ non abbiamo la capacità di trasformarla può diventare un mantra che ci opprime, ferisce e tortura. Nelle fiabe, come nei miti, la montagna è un simbolo che descrive i livelli di padronanza da raggiungere prima di salire al livello successivo.

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La parte inferiore, le colline ai piedi della montagna, rappresenta spesso il bisogno di consapevolezza, e tutto ciò che accade sulle colline, è considerata la parte più difficile del processo, quello che mette alla prova quanto si è appreso ai livelli inferiori. L’alta montagna è la conoscenza intensa, e nel racconto rappresenta il confronto con la massima saggezza, il vecchio saggio, l’orso. E’ necessario ritirarsi sulla montagna quando non sappiamo che altro fare. Le ricerche di cui sappiamo poco fanno la vita e sviluppano l’anima. L’obiettivo è scalare la montagna sconosciuta conquistando una vera conoscenza della psiche istintiva, del nostro vero IO e della creatività che dentro possiede, percependo ciò che ha un senso e da senso alla vita. Se sappiamo ascoltare, ci dice sempre cosa fare, e questo processo di liberazione lo troviamo solo sulla montagna, li possiamo trasformare la sofferenza, il negativismo, il rancore della rabbia, e guardare che questi sentimenti interferiscono con una più profonda comprensione di noi stessi e del mondo. Lasciare le illusioni perché sono solo un’immagine di ciò che non è reale. Lasciare queste illusioni aiuta la persona a comprendere aspetti diversi della propria vera natura, della vita, dell’ Io. Sollevare questi veli rende tanto forti da sopportare la vita e vedere nel disegno degli eventi, delle persone, delle cose per imparare a non prendere troppo sul serio la prima impressione ma a guardare oltre. Quando cerchiamo la nostra verità, dobbiamo cercare anche di annullare le nostre illusioni … “sono brava, quindi sono accettata. Sono bella, quindi sono desiderabile “… può essere solo un’ illusione. Nel buddismo sono “ostacoli all’illuminazione” . Solo così saremo in grado di scoprire il lato nascosto della rabbia. 12


Esistono illusioni anche sulla rabbia, pensando che perdendola si cambi e si diventi più deboli oppure avendo come esempio lo stesso sentimento di un genitore si arrivi alla conclusione che sarà così per tutta la vita e che nulla potrà cambiare. Sono pure e semplici illusioni. Le premesse sono esatte ma le conclusioni sono errate. Sfidare queste illusioni con la ricerca, gli interrogativi, lo studio, scrutando sotto gli alberi, scalando la montagna è come accettare di correre il rischio di incontrare l’aspetto della nostra natura, la magia che porta nella vita, nella rabbia, nella pazienza, nel sospetto, nell’avvedutezza, nella segretezza, nella lontananza e nell’ingegnosità ... l’Orso della luna crescente. Come nella storia, vale la pena propiziarsi il saggio Orso, la psiche istintiva e continuare ad offrirgli il cibo spirituale che può essere la religione, le preghiere, i sogni, l’arte, i viaggi, i seminari o altro ancora per avvicinarsi al mistero dell’Orso, che simboleggia la resurrezione, la lealtà, la saggezza e la forza. L’ Orso può essere interpretato come la capacità di regolare la propria vita, soprattutto quella del sentimento. Il potere “da Orso “ è la capacità di muoversi secondo i cicli, di essere perfettamente vigilanti o tranquilli nel sonno del letargo che rinnova l’energia per il ciclo successivo. L’immagine dell’orso insegna che è possibile conservare una sorta di controllo della pressione per la vita emotiva, e in particolare che si può essere contemporaneamente fieri e generosi, reticenti e preziosi. Uno può proteggere il suo territorio, segnare chiaramente i confini, scuotere il cielo se necessario, ed essere comunque disponibile, accessibile, capace di generare. Il pelo della gola dell’Orso è un talismano, un modo per ricordare quanto si è appreso ed è inestimabile. 13


E’ un vero viaggio questo fissaggio della rabbia: bisogna infatti strappare le illusioni, assumerla come maestra, chiedere aiuto alla psiche istintuale e dare la pace al passato morto. Nella storia ,la vera Illuminazione non avviene sulla montagna ma quando, bruciando il pelo dell’orso della luna crescente, la proiezione della cura magica si dissolve, quindi non avviene durante il fatto in sé ma quando l’illusione è distrutta e si vede il significato nascosto. Si può avere tutta la conoscenza dell’universo e tutta richiede una cosa sola: la pratica. Occorre tornare a casa ma compiere i vari passi, uno dopo l’altro, tutte le volte che è necessario, il più a lungo possibile, o addirittura per sempre. E’ molto rassicurante sapere che fare quando nasce la rabbia: tenerla in attesa, liberare le illusioni, salire su’ per la montagna insieme con essa e parlarLe, rispettandola come si rispetta una maestra. Questo racconto mi offre molte idee su come arrivare all’equilibrio: pazientare, trattare con gentilezza e lasciare a chi è pieno di rabbia, il tempo necessario di superarla con l’introspezione e la ricerca. Secondo un antico detto: -

Prima dello Zen, le montagne erano montagne e gli alberi erano alberi

-

Durante lo Zen, le montagne erano i troni degli spiriti e gli alberi erano le voci della saggezza

-

Dopo lo Zen, le montagne furono montagne e gli alberi furono alberi

La donna era sulla montagna per apprendere e tutto era magico.

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Ora che ne è discesa, il cosiddetto pelo magico è stato bruciato nel fuoco che distrugge l’illusione ed è il tempo per il “ dopo Zen “ dove la vita torna a essere quella che è, con l’esperienza sulla montagna Lei ha la conoscenza ,così l’energia della rabbia può essere usata per altro e l’aiuta ad avere più destrezza nella sua vita, anche se nei giorni o negli anni a seguire qualcosa o qualcuno

la rifarà sentire di nuovo senza

stima o manipolata contro la sua volontà, allora prenderà di nuovo fuoco la sua sofferenza residua, ed allora ricordera’ che è meglio allontanarsi dallo stimolo, per non colpire persone innocenti, per bloccare il processo di essere riportate agli effetti e alle reazioni sollevate da precedenti traumi, perché i residui, se pur minimi, impressi nel profondo, non potranno mai essere completamente estirpati e provocano una sofferenza intensa quasi quanto la ferita originaria. Non è facile tentare di contenere l’evento esterno, contenere la sofferenza diffusa dall’antica ferita all’interno, tentare di assicurarsi un posto sicuro correndo a capofitto in un rifugio psicologico. Ed è veramente troppo tutto insieme, ecco perché è d’obbligo fermarsi, ritirarsi e scegliere la solitudine. E’

troppo

cercare

di

combattere

e

manovrare

sensazioni

viscerali

contemporaneamente. La donna che è salita sulla montagna si ritirerà ,affronterà prima l’evento più antico, poi il più recente, deciderà che posizione prendere, che contegno assumere, e si ripresenterà per agire in modo dignitoso. Nessuno può sfuggire a questa storia, anche se la nascondiamo sullo sfondo, ma è comunque presente e se si riuscirà a fare questi passaggi per noi stessi tutto si placherà e andrà meglio.

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Si potrà poi

proseguire sulla nostra strada perché il tempo della rabbia distruttiva

sarà finito. Occorre intraprendere l’azione giusta e la rabbia passerà e la nostra vita si arricchirà di una creatività nuova. Arrivano però momenti in cui è d’obbligo liberare una rabbia che scuota, un momento in cui bisogna dare fuoco alle polveri, magari per risposta ad un’offesa grave, contro l’Anima o lo Spirito. Prima bisogna provare con le strade ragionevoli per ottenere un cambiamento, ma se non portano a nulla, allora occorre scegliere il momento giusto, prestando attenzione al Io Istintuale, per riconoscere quando è venuto il momento di reagire. Ed è giusto come la pioggia. La depurazione della rabbia deve diventare liberatoria perché conservare la vecchia rabbia oltre il tempo della sua utilità, significa portarsi dentro un’ansia costante, seppure inconscia, che può portare alla depressione, può stare anche alla base di fobie e avere reazioni di panico, oppure nascondersi dietro disordini alimentari coatti.

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L’ORIGINE DELLA RABBIA La parola “rabbia” nasce e ha origini dai tempi lontani, la troviamo nei poemi dell’Iliade, costellati da arrabbiature solenni e da violente e travolgenti reazioni di vendetta. Nella cultura Greca è palese arrabbiarsi per una giusta causa e questo si addice ai nobili, ai grandi, ai potenti; chi lo fa’ dimostra un animo coraggioso e generoso. Anche nel I° Libro della Bibbia “ La Genesi “ dopo la disobbedienza di Adamo ed Eva, che nel Paradiso Terrestre mangiano il frutto che era espressamente proibito …Dio cosa fa’? Esplode in una vera scenata, l’indimenticabile “ ira di Dio “diventa proverbiale. Dopo la scoperta del misfatto, si può leggere la lunga serie di maledizioni e punizioni scagliate contro il serpente, contro la donna e infine contro Adamo. Anche la terra intera viene coinvolta e chiamata “ maledetta per causa tua “. Alla fine Dio “ cacciò l’uomo e la donna e alla porta fece dimorare i cherubini e la fiamma della spada sfolgorante “ Genesi 1,24. Per millenni sotto innumerevoli forme di arte figurativa presenti nel nostro retaggio culturale, è rimasta vive e presente l’immagine dell’Ira di Dio, provocata del peccato di Adamo ed Eva, ha avuto conseguenze funeste per tutto il genere umano. Questa scena primordiale è stata ripresa più volte anche nella pittura europea, ad esempio l’Affresco del Masaccio nella cappella Brancacci di Firenze, dove Adamo ed Eva piangono coprendosi il viso per la vergogna, Dio in alto con aria rabbiosa, rosso dall’ira mentre l’angelo con la spada sguainata scaccia i colpevoli fuori dalla porta. 17


Anche altri e tanti episodi nella Genesi descrivono l’ira e la rabbia divina, dal diluvio universale dove riconosce la malvagità dell’uomo sulla terra, pentendosi di averlo creato irritandosi nel suo cuore. Non vi è alcun dubbio: il Dio dell’Antico Testamento è tremendo nell’ira della sua giustizia o nel Nuovo Testamento, dove nel vangelo di Matteo è Gesù, il figlio di Dio, il mite per antonomasia

s’infuria per la profanazione del tempio e caccia fuori i

mercanti, arrabbiandosi molto. Nella cultura greca Zeus, il padre degli Dei ,il re dell’olimpo è celebre per le sue arrabbiature e per i fulmini che lancia sulla terra contro i nemici Sia la religione che la mitologia greca classica e della romanità, sia il cristianesimo presentano, contemplano e adorano figure divine che riuniscono le qualità distintive di giustizia e di onnipotenza, con la possibilità, direi quasi la necessità psicologica di manifestare la propria rabbia, legata al senso di giustizia e alla violazione delle leggi: si tratta quindi di una reazione giusta alle ingiustizie altrui, il segno della ribellione contro i torti inflitti, sia che colpiscono se stessi o il proprio gruppo, sia che danneggino i deboli o i piccoli, per il connubio tra le offese morali e l’ira, la rabbia. La rabbia è una passione potente, che fa’ succedere le cose, mette in moto una sequenza di fatti. Uniamo il passato con il presente, il fantastico con la realtà quotidiana. Abbiamo visto che nei Miti e nella Letteratura Sacra e Profana, la rabbia insorge come reazione a un’ingiustizia come mossa vendicativa di un torto subito. Secondo la posizione classica della psicologia, la rabbia è la principale conseguenza di una frustrazione, che può essere infantile o primitiva, che per il bambino piccolo può

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essere l’Abbandono o la sottrazione del suo giocattolo, oppure di una frustrazione più adulta e complicata, come quella di un ricercatore che non venga mai riconosciuto. Quando ci si arrabbia, si è emozionati. Quando si è emozionati, sentiamo che una parte essenziale delle nostre sensazioni sono subite, sono necessarie e violente, sono imposte dagli eventi e dal nostro corpo su di noi; si è in balìa di qualcosa dentro di noi che si subisce, che può farci paura, rattristarci o anche renderci felici. Secondo la psicologia scientifica la molla delle azioni viene collocata all’interno dell’individuo, mentre le passioni o le emozioni hanno la loro miccia negli eventi esterni. La diversità delle cause, non sempre provoca differenza nelle reazioni e neppure la loro intensità è commisurata alla serietà delle cause. Talvolta eventi insignificanti possono scatenare la rabbia più vistosa. Quando ci arrabbiamo, il nostro stato d’animo cambia. Il nostro corpo, la nostra faccia, la nostra voce, la nostra postura si modifica in modo inconfondibile. Il messaggio che una persona arrabbiata emana, è compreso nelle diverse parti del mondo

ed

è

rimasto

immutato

nel

tempo,

com’è

rimasto

essenzialmente

contradditorio il significato e il valore della rabbia, pensando alla concezione eroica e giustizialista di essa, quella ad esempio di Zeus e quella cristiana, secondo la quale è un vizio, un peccato, una follia disumanizzante. Il conflitto è più profondo, perché le due posizioni si alternano e coesistono nella stessa cultura come nella stessa persona. 19


Arrabbiarsi, è uno stato mentale di conflitto con il mondo esterno e con se stessi; prevedibile quindi, che susciti opinioni forti e contrastanti. Temiamo la nostra rabbia, perché veniamo presi da un vortice che ci sbatte e ci costringe ad agire; una specie di possessione che ci fa perdere la vista e che ci fa’ entrare in una battaglia con armi letali, che però controlliamo poco e maneggiamo con difficoltà, armi che sparano quasi da sole e non solo contro il nostro nemico, ma un po’ contro tutti; proprio per questo abbiamo paura poiché non ci sentiamo più padroni delle nostre azioni. Tutti questi elementi, ritrovati nell’immaginario comune e riportati alla luce, sui quali è costruita la nostra grammatica della rabbia, significano che noi apprendiamo dagli esempi e dall’opinione espresse, su come arrabbiarsi, con chi manifestare la rabbia, quando è sbagliata e ingiusta e quando invece è sacrosanta. Miti, religione e letteratura, insieme con il linguaggio che parliamo, costituiscono il nostro sillabario, che vanno dall’introspezione, riconoscendo i propri sentimenti, alla comprensione dei sentimenti altrui, alla capacità di modulare l’emozione secondo le circostanze, alle abilità espressive e comunicative dei vissuti emotivi. La grammatica emotiva è dunque l’insieme delle regole che caratterizzano il modo di sentire e di manifestare un’emozione, mentre la competenza emotiva è la capacità che varia da individuo a individuo, di seguire tali regole. L’esperienza emotiva della rabbia è da considerarsi come un processo che ha un inizio, un decorso e una fine. E’ singolare come nella parola “rabbia” si racchiude una gamma di significati diversi, che variano secondo la situazione, da persona a persona e nel corso del tempo. Nel dizionario della Lingua Italiana la prima definizione di Rabbia è: 20


-

malattia virale che colpisce tutti i mammiferi terrestri e in particolare il cane, provoca encefalite letale, si contrae dal morso di un animale ammalato e porta alla morte.

La rabbia ha un’origine animale e patologica, ma viene provata dagli esseri umani sani. Il doppio significato di malattia spaventosa e mortale e di emozione a volte feroce e dannosa resta radicato nel sentire comune, anche perché questo legame è continuamente

rievocato

e

rafforzato

dalla

somiglianza

delle

manifestazioni

espressive, fra la rabbia come malattia virale e l’arrabbiatura come emozione quotidiana. La rabbia è un’entità’ autonoma, dotata di forza propria, che tende ad aumentare e a premere contro le pareti del nostro IO. Se questa emozione non trova in qualche modo uno sfogo all’esterno, esplode all’interno e danneggia la salute, con il nascere di malattie. In contrapposizione, la doppia faccia della rabbia è che arrabbiarsi fa male, aumenta la pressione e può far venire un attacco cardiaco. Ciascuno di noi sarà portato a vivere la rabbia in modo diverso a seconda di quale di queste due facce sente più vera, anche se per me, l’aspetto più pericoloso che sia considerato da noi stessi, dal nostro prossimo e perfino dai nostri tribunali come una circostanza attenuante, anche per grossi crimini.

LA RABBIA INFANTILE Tutti bambini, maschi e femmine, sperimentano qualcosa simile alla rabbia al momento della nascita. La sentiamo nel pianto, il cosiddetto urlo primario, e la 21


vediamo sui volti contratti e stravolti quando emergono dal santuario del corpo materno. La rabbia della nascita è il loro marchio: tutti i neonati paiono conoscere a livello istintuale la gravità di questa prima perdita, la separazione dal calore e dalla sicurezza del grembo materno. Ormai in gran parte i ricercatori concordano nel dire che la rabbia è un’emozione che si

sviluppa

nel

bambino

tra

i

quattro

e

i

sei

mesi

di

età,

ed

emerge

contemporaneamente alla capacità di riconoscere causa ed effetto. Osservabile nelle espressioni facciali del bambino e nei movimenti del corpo, quando scalcia ed agita le braccia, la collera “è la risposta emotiva tipicamente associata alla forzata interruzione dell’attività verso un obiettivo previsto” a detta del dottor Michael Lewis. Il bambino piccolo usa la collera nel tentativo di cambiare le situazioni circostanti, al fine di sentirsi al caldo e al sicuro, e di essere nutrito. Secondo le attuali ricerche la vera rabbia fa la sua prima comparsa soltanto quando il bambino diventa consapevole di se come persona distinta dalla madre, di solito tra i diciotto e i ventiquattro mesi. E’ questo senso di separazione che crea il clima per i sentimenti di deprivazione e di perdita, a quegli eventi “sgradevoli” che provocano nel bambino una sofferenza psichica di varia intensità. La rabbia come

la

paura,

l’aggressività,

il desiderio

sessuale, è

un

istinto

fondamentale, iscritto in profondità nel programma genetico dell’uomo. La rabbia è la forma più semplice e naturale di difesa contro una minaccia all’IO e al suo senso di interezza e integrità. Se siamo arrabbiati ci sentiamo naturalmente aggressivi e cerchiamo la rivalsa. A tutt’oggi, i ricercatori che studiano il cervello e i suoi sistemi hanno collegato la rabbia a due centri o regolatori dell’emotività: L’ipotalamo e la Migdala del telencefalo. 22


Sono entrambi parti del più antico e primitivo sistema del cervello umano, il sistema limbico, e sono essenzialmente pannelli di controllo che regolano la vostra vita emotiva. Situate alla base del cervello sono le zone dell’organismo in cui è contenuta la rabbia. Quando si accende una miccia e la rabbia si combina ad un atto aggressivo per produrre un risultato vendicatore, possono entrare in gioco anche parti più evolute del cervello, localizzate nella corteccia cerebrale. La psicologa Carol Tavris afferma che questi due centri celebrali, il sistema limbico e la corteccia celebrale on operano in modo indipendente ma con altre parti del cervello e con fattori ambientali e sociali. Interagiscono tutti per produrre la vita emotiva dell’individuo: “l’affettività”. A seconda dell’educazione ricevuta delle esperienze esistenziali e dei ricordi che ha accumulato, una donna può dar fuoco alle polveri e provocare un’esplosione per un’infedeltà o una violenza, mentre un’altra può azionare il circuito della rabbia per affronti apparentemente di scarsa rilevanza, come non essere invitata ad una festa. La rabbia è un’esperienza che coinvolge corpo e mente: “ come una pressione intensa”, “un bruciore che mi invade dentro”, “un turbine di energia”, “un esplosione tale nella testa”, “uno scuro casco di forte agitazione”, sono alcune soltanto delle definizioni che abbiamo raccolto tra le donne il bello nella rabbia è che, quando esplode, è il definitivo squillo emotivo del risveglio. La depressione e la repressione portano al torpore psichico e a una visione confusa delle cose. La rabbia, quando esplode, è il controllo della realtà della psiche sull’esistenza: se riusciamo a sentirla, sappiamo allora di essere vive. 23


La rabbia è letteralmente un’esperienza dirompente: quando tutti circuiti si eccitano, essa blocca ed esclude tutte le altre emozioni. Quando si mette in moto la rabbia invade l’intera psiche, siche diventa difficile per una donna arrabbiata accedere ad un qualunque processo mentale; ella si distacca infatti da qualunque cosa accada al di fuori dalla sua esperienza della rabbia. Quando la rabbia soggioga il sistema di una donna, talvolta cominciano a rifluire ricordi inconsci di esperienze umilianti talvolta di fondamentale importanza. I ricordi dolorosi le balenano davanti agli occhi sovraccaricando i circuiti celebrali, indebolendo le sue capacità cognitive, stremando il sistema nel suo insieme. Certi bambini per via di differenze innate nella struttura fisiologica e psicologica, hanno più bassi livelli di sopportazione del dolore e dell’angoscia. Quel che risulta ben tollerato da un bambino diventa un’eccessiva sofferenza psichica per un altro. A ogni nuova esperienza sgradevole, la rabbia del bambino suscettibile viene costantemente rafforzata. Il modello della rabbia e dell’ostilità che si forma nell’infanzia si radica come parte della personalità individuale. A metà del secondo anno d’età, a detta di Parens, le precedenti reazioni alla sofferenza – abbandono, mancanza di nutrimento, isolamento o dolore fisico – diventano più intense; “si stabilizzano nell’odio” e in sentimenti di distruttività ostile. Più ancora della deprivazione fisica, le ferite narcisistiche – torti, subiti o immaginati, che riducono o infirmano l’autonomia o la stima di se – sono le principali cause scatenanti della rabbia infantile. La rabbia in quanto risposta alla ferite primarie è incastonata nei tessuti dell’io, nulla che non sia accuratamente congeniato riesce davvero a curarle. 24


Queste ferite primarie comprendono trascuratezza, abbandono, incesto vero o psicologico, maltrattamenti fisici o abuso sessuale. Le ferite più profonde sono inflitte, “quando un bambino viene trascurato o non riconosciuto come essere umano distinto”, quando non ne viene riconosciuta l’autonomia, interiorizza la ferma convinzione di essere privo di qualità e pregevole, di essere in un certo senso biasimato per la sua inadeguatezza. Quando la ferita primaria viene ripetutamente irritata la rabbia l’infetta; molte volte viene coperta e nascosta dice: la Killen da “ una mano di vergogna”. Le ragazze sono addestrate a contenere il disprezzo, a soffocare la furia per la trascuratezza dei genitori o la mancanza di riconoscimento, a reprimere gli intensi affetti connessi alla violazione del loro corpo e della loro anima. L’opera della terapia in anni più tardi consiste nello scavare con delicatezza sul luogo della ferita primaria finche il dolore non sia al fine riconosciuto e liberato. Se l’infezione grave e dolorosa la crescita emotiva della giovane donna non può progredire al di la di quei momenti del trauma sofferto all’inizio dello sviluppo. Il suo comportamento, il suo aspetto e i suoi meccanismi di sopravvivenza sono definiti e bloccati dalla rabbia. Senza un aiuto professionale, all’infinito prova e riprova quella sua rabbia e la esprime in un comportamento passivo-aggressivo o in imprevedibile accessi di aggressività, nella malattia oppure in una perpetua aura di offesa personale. Le donne prigioniere della collera infantile trovano difficile uscire da questo circolo autodistruttivo che crea dipendenza, e ne soffrono tutti i loro rapporti. Sepolta nel subconscio, la risposta collerica è destinata a operare secondo questi primi modelli. Quando il senso del proprio valore viene poi minacciato nella persona adulta, 25


allora la rabbia corre a proteggere la psiche. Questa rabbia è radicata nelle prime esperienze del bambino e produce una sorta di replay di quei primitivi drammi. LE RAGIONI DELL’EMOZIONE RABBIA La rabbia, per ognuno, ha origini diverse dalla percezione di situazioni sgradevoli di tipo fisico o materiale: minacce all’integrità’ personale o dei propri beni ai disturbi o ostacoli alle proprie attività, impedimento al conseguimento dei propri scopi. Senza tralasciare le frustrazioni psicologiche: imposizioni di esperienze spiacevoli, interruzione o privazione di esperienze piacevoli, danni alla dignità personale e dei propri cari, alla propria immagine pubblica e all’autostima ed infine alle INGIUSTIZIE subite o prospettate per se stessi o per gli altri. La rabbia non è sempre commisurata all’importanza del danno o della frustrazione, al contrario, la proporzione fra la gravità della provocazione e forza della reazione sia raramente rispettata e di solito chi offende non perdona. Secondo la posizione biologica, la rabbia è quasi sempre disfunzionale sul piano sociale, è determinata dall’istinto; non si impara ma si attiva meccanicamente. Le sue funzioni hanno poco o nessuna importanza. Secondo la posizione sociale, invece, anche se l’energia prodotta dalla rabbia è riguardante l’istinto, essa viene impiegata in modo adattivo: la rabbia può essere considerata come un modo per risolvere dei problemi, ad esempio per ottenere propri scopi pur salvando l’interazione; le modalità delle reazioni di rabbia si apprendono e sono funzionali. La rabbia non è comunque un segno che viene dalla testa ma dallo stomaco, dalla pancia. 26


LA MIA PERSONALE STORIA Vivere per anni anestetizzata dall’emozione della rabbia mi aveva portato disturbi fisici, reali ma inclassificabili, con malattia di origine sconosciuta. Tutto questo perché la mia anima, il mio corpo mi hanno obbligata a fermarmi per mesi e guardare realmente ciò che era necessario per me, per vivere e non per sopravvivere, in lungo dialogo interiore. Solo con il tempo, ovviamente sono arrivata a queste conclusioni. Dentro di me, da qualche tempo, sentivo urla cui non riuscivo dare voce, non sapevo che la mia bambina interiore si sentiva in trappola, chiusa, non ascoltata, non libera di esprimersi, annullata, schiacciata, soffocata. Chi ero? Dove stavo andando? Risposte che si alternavano ma che non mi portavano nessun beneficio finché ho cominciato ad avvicinarmi a terapie olistiche e a voler intraprendere, in prima persona, questo meraviglioso e avventuroso viaggio, dentro di me. Ho iniziato con seminario Reiki, per mettermi in contatto con la mia energia e da quel momento, come per magia, un tassello dopo l’altro, giorno dopo giorno, venivo accompagnata su una nuova strada non sempre piana ma molto interessante e stimolante. Più entravo dentro di me, più sentivo che c’era tanto altro. Singolare, come proprio il mio primo seminario con la LUMH fosse stato, proprio “ LA TERAPIA DELLA RABBIA “; questo significa quanto la mia rabbia spingesse dietro la maschera della brava bambina e dove tutto,invece, sembrava andare bene. 27


La curiosità nella mia nuova conoscenza mi ha spinto ad andare oltre e non è stato più possibile fermarsi. A ogni successo e cambiamento era stupore. E’ stato ed è ancora a volte faticoso ma niente e nessuno avrà mai questo posto d’onore perché la mia anima, la mia bambina interiore sono finalmente contente di essere ascoltate o perlomeno viste, riconosciute. E’ un percorso straordinario, i cambiamenti arrivano su un livello cosi profondo che la mente non ha nemmeno la possibilità di interagire e raggiungere consapevolezza, vedendo, percependo anche a livello sensoriale i cambiamenti danno un’energia, fuoco, gioia a proseguire ed ad abbattere ciò che ancora disturba. Tutto questo è più forte della paura del cambiamento, e poco importa se tanti non mi riconoscono, o faticano a starmi vicino poiché non ho più lo schema stampato “della brava bambina”, disponibile, generosa, dedita agli altri prima che a me stessa, proprio per essere accettata e riconosciuta. Ora non ho più nemmeno bisogno di interrogarmi e dirmi “lo voglio?” arriva in automatico e a livello di pancia la risposta è immediata, sostenermi, finalmente, è il più bel dono che potessi farmi. Sono consapevole che questa strada non finirò mai di percorrerla e non ho nessuna intenzione di farlo. Quante volte, senza consapevolezza, ho sentito parole che mi aiutavano a capire meglio me stessa, ma che si fermavano solo nella parte superficiale, uditiva, e non arrivavano dentro di me. Oggi grazie a questi studi ho strumenti di conoscenza per me e per gli altri. La grammatica dell’essere mi affascina perché è come aver sempre saputo senza la conoscenza per codificare ciò che è.

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Lo studio della rabbia sistemica è stato per me di grande aiuto, infatti, attraverso l’avvicinamento consapevole alla rabbia arretrata, la persona produce un messaggio empirico di risoluzione su un livello profondo come se ai fini sistemici, il proprio SI fosse l’intenzionalità del singolo di estinguere il debito e di rientrare nel libero fluire empirico. Un moto, una spinta sistemica ,che contrasta anche le difese più consistenti. A volte, le persone che a prima vista non evidenziano segni di alterazione o di scompiglio emotivo hanno un vissuto che esprime disarmonia e incongruenza con i principi sistemici. Spesso sono persone pacate che però dimostrano incapacità di stare in relazioni stabili oppure hanno atteggiamento di attaccamento ai partner affettivi, che quasi sempre hanno la stessa alterazione, la rabbia costituisce un termometro empirico, uno specchio del proprio stato all’interno dell’ordine. Come già detto la rabbia, nasce sempre da un debito empirico arretrato, generato da un moto interrotto verso una persona amata, nel mio caso in primo luogo, il rapporto alterato con i miei genitori, visto che la difficoltà con uno di loro, implica quasi sempre anche una deviazione con l’altro, e che si trova alla base di ogni “ debito originario”, oppure

viene

chiamata

anche

“rabbia dell’amore mancato”, colmato soltanto

attraverso un atto di integrazione di ciò che è avvenuto, o che ha bisogno di avvenire con l’intento di riassorbire il dolore relativo alla ferita originaria, con tutto ciò che comporta tale passaggio. La ferita originaria è rimasta aperta anche se non visibile sul piano della propria coscienza personale.

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LA RABBIA EMPIRICA La forza primaria e vitale della rabbia da una spinta in avanti rendendola responsabile di ogni suo slancio fisico ed emotivo, che aiuta a garantire diritti fondamentali, quello di esistere, di essere ciò che si è, dell’autorealizzazione di esprimersi liberamente sicuri di esserne legittimati. La rabbia empirica costituisce la piattaforma per la carica sessuale donando stabilità e sicurezza che deriva dal pieno possesso del proprio potere personale, conferendogli la consapevolezza di potersi alzare in piedi e dire NO, qualsiasi sia la situazione da cui ci si sente minacciati. Dona protezione a chi si ama, senza un minimo dubbio, e difesa in ciò in cui si crede, le proprie convinzioni, la propria fede, il credo personale, senza sentirsi impotenti. Alimenta la tenacia e la perseveranza, nello stare in situazioni difficili senza scoraggiarsi, cogliendo una sana sfida e competizione per poter plasmare la propria vera essenza, il proprio IO. Da essa determina la direzione giusta nella concretezza, poiché ognuno di noi ha il diritto di poter esprimere le proprie doti, i propri talenti. Questo da’ la forza e la giusta determinazione per ogni strada che si voglia percorrere. Solo cosi possiamo divenire UNICI e speciali. La rabbia è una forza onnipresente orientata interamente verso il progetto di vita e le sue espansioni, alimenta il coraggio e la forza d’animo, al di là del proprio sesso biologico, dell’età o dell’appartenenza sociale, non tiene conto della razza o dello sviluppo intellettuale. E’ una tale forza che aiuta a sentire il desiderio vitale di proseguire, andare avanti nella vita ma allo stesso tempo, in preda alla paura, per ogni situazione nuova, di commettere errori. Senza l’alleanza con tale forza viene a mancare la vita stessa. Questo è il dualismo di una stessa medaglia ,il moto più potente d’esistenza e la minaccia più grande. 30


Nascono dalla stessa forza ,ma utilizzano meccanismi e dinamiche diverse, la vendetta e la rivalsa. Quante volte, nella rabbia, mi sono sostenuta nelle mie scelte e responsabilità, anche se scomode. Ciò che può far gioire nella vita con tutte le più nobili qualità, dall’altra è atta a distruggerla. La rabbia nasce nel profondo e nel buio trama; eppure è una forza vitale, perché appartiene prepotentemente alla vita stessa, anche quando si veste di emozioni fuori controllo, meno accomodanti poiché è più facile e semplice accettare gli entusiasmi o le sue passioni pur essendo altrettanto fuori controllo dell’uomo. Il buio spaventa e terrorizza. Allontanandosi dall’ombra non ci si aiuta a comprendere totalmente, ma non è giusto prediligere uno dei due lati di questa forza vitale. Avvicinarsi alla vita significa anche avvicinarsi alla morte, dandogli la possibilità di ricevere il suo giusto posto nella propria vita. Non esiste luce senza ombra, giorno senza notte, bene senza male, né possiamo scegliere una parte senza integrare anche l’altra. Anche la rabbia necessita di consapevolezza per essere riconosciuta e sperimentata per poterle concedere il suo posto legittimo. Più si cerca di reprimerla, nasconderla, soffocarla più acquista forza e presenza senza possibilità di gestione e controllo, alimentandosi su un livello profondo e non cosciente, crescendo e manifestando i suoi effetti dannosi solo con il tempo. Senza la rabbia l’individuo è anestetizzato e non sa accedere o sentire i propri NO, cosi facendo si intrappolano da soli, poiché non sono in grado di supportare la propria colpa. Sapersi sporcare vuol dire dare il suo posto legittimo alla rabbia, anche 31


contrastando chi si ama, dando origine a reazioni legittime per chi è il suo ruolo da adulto e non del bambino rabbioso. E’ un passaggio difficile per via di tutti gli ancoraggi mentali che hanno nutrito nel corso degli anni la nostra mente. Chi è nel pieno potere personale è consapevole di cosa porta nel gioco, conosce la propria forza e non si fa sfidare da chi non sentono al loro livello. Questo succede anche nel mondo animale, ad esempio gli animali più piccoli sono più imprevedibili e abbagliano con più forza poiché hanno paura, invece basta la presenza di un cane di stazza grande, che essendo consapevole del proprio potere non ha nemmeno bisogno di abbaiare, basta solo la sua presenza per far spostare gli altri. Questo per dire che chi ha stretto un’alleanza consapevole con la propria rabbia non ha bisogno di dimostrarla ad ogni occasione, è palpabile in ogni loro espressione e movimento. A chi invece sfoggia aggressività gratuita in ogni momento, appartiene ad una strategia di chiusura, come quella dello Yang Alterato. Il moto della rabbia è un principio maschile per eccellenza che gli conferisce ogni spinta in avanti, dalla penetrazione non solo sessuale e dal superamento dei limiti. Senza essere in contatto con la potenza di tale moto, le qualità maschili, non hanno possibilità di esprimersi. Il moto rabbioso aiuta e determina le radici emotive maschili, il suo sentirsi uomo in forza

e

potenza

collegandolo

con

interezza

dei

suoi

principi

attivi

presenti

nell’evoluzione della specie. Tutto è in mutazione e trasformazione, tranne i valori universali e sistemici, determinandone una coscienza che sottolinea la spinta primaria nella quale è trascritto il codice del maschile e del femminile di ogni essere umano, e i suoi diritti e gli indicatori che segnalano una loro infrazione. Anche la donna vive la sua rabbia come per l’uomo senza interrogarsi se sia giusto o sbagliato per lei. 32


Al giorno d’oggi si trovano sempre più spesso donne arrabbiate, che uomini rabbiosi, indicandone cosi la loro alterazione sistemica. Tutto questo perché si è rinunciato come donne, ai principi empirici yin costringendo, di conseguenza, anche l’uomo ad uscire dal suo maschile, dai suoi principi empirici Yang. Come donne si percepisce, l’atteggiamento Yang come una conquista, una rivalsa, un diritto alla libertà acquisita senza riconoscere la rabbia come indicatore empirico che segnala il suo grande debito. Una donna Yin si sente attratta da un uomo Yang integrato, da colui che sa padroneggiare la propria carica aggressiva gestendola in base alle circostanze, mentre la donna Yin alterata riconosce un uomo con un esubero di rabbia che non è in grado né di gestire, né di incanalare, segno del suo stesso squilibrio empirico. La donna Yang al contrario teme ed evita completamente la spinta maschile. Il moto rabbioso non fa parte della carica femminile primaria, poiché esprime la sua natura diversa attraverso qualità empiriche differenti dall’uomo, non ha bisogno di farsi riconoscere dalla rabbia poiché essa è portatrice di una forza diversa che si contrappone alla spinta maschile, ma che è alla pari. Nell’atto sessuale lei sostiene, nel proprio potere femminile ,essendo un caposaldo Yin e conferendole una forza diversa ma unica. L’equilibrio tra l’atto del dare e quello del ricevere, eguaglia le parti fermando la legge sistemica per eccellenza. La donna crea la magia dell’accoglienza e arrendevolezza ogni volta che acconsente alla penetrazione maschile, donando al partner la sensazione di arrendersi senza subire, formando il trampolino di lancio per le qualità femminili. Quando è presente la carica rabbiosa femminile è per essere utilizzata quando si sente in pericolo, quando le si manca di rispetto, ogni incomprensione o senso di

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inadeguatezza, perché le sente come minacce per se stessa e per qui ama, cosi collegandosi direttamente con tale forza lo fa per difendersi. Quando la rabbia è gestita male, è indice del debito sistemico che si ha, debito che crea disagio, senso di frustrazione, incomprensione oltre ad un vuoto interiore profondo in cui sia la donna Yang che quella Yin alterate si trovano. La società di oggi porta come modelli donne con carattere, determinate e emancipate ma generano femmine spietate e calcolatrici, spinte dal debito empirico e pagano con una profonda sofferenza il fatto di occupare un posto che non le appartiene. Più si accentua il potere Yang, più la rabbia aumenta ,generando cinismo, polemica ed eterna insoddisfazione. La donna eccelle nella vivacità (energia più giocosa, meno esplosiva ma più resistente), mentre l’uomo nella vitalità che è più immediata. La donna Yin sa generare una forza più silenziosa ma meno evidente del maschio. Essa usa strategie differenti, eccelle per abilità e agilità non per strategia o per intuito, e sa attendere il momento giusto. Nelle situazioni in cui l’individuo non si sente amato ma incompreso e impotente, scatta per la compensazione, controbilanciando attraverso il suo moto ogni impatto negativo con il mondo esterno, e si riconosce con una tale veemenza che è incontrollabile a prescindere dal suo volere, ma nella dinamica a “ fin di bene”, lo fa per proteggersi. L’ordine non ha preferenze da chi ha atteggiamenti rabbiosi e chi ha difficoltà a esprimerli anche in situazioni evidenti, in quanto entrambi si trovano esclusi, in egual misura dal libero fluire empirico. La rabbia è la giusta misura di compensazione per riparare una violazione avvenuta, riconoscendosi nel conflitto. Se la persona non si concede di percepire questo moto, negandolo, boicotta l’intento empirico, rendendo vana ogni dinamica ripartiva. Cosi più si nasconde o si soffoca tale moto, e si fa finta di non percepire rancori, vendette 34


più aumenta la propria spinta nel corso dei giorni, degli anni finche la pressione è tale da non poterla più contenere. Questa dinamica appartiene a chi ha una carica yin in eccesso, (uomo yin e donna yin alterate), chiudendosi ermeticamente, e per compensazione vestono il ruolo di vittima, quello della brava bambina, della salvatrice riconoscibile dalla dipendenza affettiva, necessaria per nascondere una carica aggressiva tale che è difficilmente contenibile all’interno di una finzione quotidiana, e che lavora inconsapevolmente su un livello più profondo, finche tale moto non è più gestibile, sentendosi sempre in balia, non al sicuro e minacciati, contrapponendosi al suo posto. Cosi ogni uomo yin diventerà yang alterato, ed ogni donna yin alterata diventerà nel tempo yang. Queste persone vivono male e con vergogna la propria rabbia, che li porta ad abbandonare il ruolo di vittime per vestire i panni del carnefice, che è governato da essa. Si sentono in trappola in questo modo, ma li aiutano a mettersi in contatto con la propria carica rabbiosa. La vittima rabbiosa derivante dalla metamorfosi yin, da un profondo vittimismo alterna momenti di rabbia omicida, ma si rifiuta di prendere atto di questa sua carica aggressiva. Questa metamorfosi pur avendo differenti sfumature ha un punto in comune, si tratta di persone “innocenti”, attente ad essere educate e gentili, pacati, onesti e affidabili, attenti ai bisogni altrui e dotati di grande sensibilità. La loro rabbia si mostra quando uno meno se lo spetta, soprattutto si verificano in un contesto che non avrebbero bisogno di una reazione simile. Ogni sollecitazione è una buona miccia per l’arretrato emotivo e dove necessita la carica della rabbia, la loro paura di ogni moto rabbioso altrui, è più alto e paralizzante. Cosi persone prima calme si ritrovano coinvolte in esplosioni emotive improvvise e inaspettate, e una volta raggiunto lo stato di donna yang e di uomo yang alterato, si rende irreversibile e parte l’indurimento 35


dell’anima, anche se però il singolo ha la possibilita’ di

riconvertirsi ,entrando nel

processo come terapia della rabbia, per sgomberare il passaggio dei rancori accumulati, attingendo al proprio patrimonio genetico femminile o maschile in tutte le sue qualità. Fin quando la figlia non ha lasciato andare tutti i risentimenti verso i propri genitori, in particolare con il proprio padre, essa non potrà attivare il suo potenziale femminile, attraverso il collegamento con le sue fonti arcaiche, ricchezza del suo universo yin, perché anche lei è guerriera, bambina, sacerdotessa e madre. La donna non potrà percepire la “tristezza”, che simboleggia l’eredità delle donne ,finche’ rimane intrappolata nella sua rabbia arretrata. Non sperimentando il suo lato più triste non accederà ai principi del suo essere femminile, giacché l’una è soltanto lo specchio dell’altra. Ugualmente la sola tristezza diventa una trappola per la vita se non la tramuta nella qualità mancante che è la rabbia, il lato più mordente di se ed è soltanto testimonianza che “la figlia” non ha mai superato la separazione dal padre e il mancato consenso di poter sviluppare le proprie qualità femminili, in quanto lui non le ha mai tramandato la sua parte più maschile e paterna, il suo lato yang. Cosi per la “donna triste” il recupero di queste emozione mancante avviene nello stesso modo come per la femmina arrabbiata, ossia attraverso il rilascio o il recupero della propria forza rabbiosa. Ciò che è per la femmina arrabbiata significa superare l’ostacolo, per la donna triste vuol dire recuperare l’amore paterno. Cosi per l’uomo, entrare in contatto con la propria rabbia significa avvicinarsi al proprio patrimonio emotivo, codificato yang, una grande occasione per ricreare l’alleanza con le proprie radici maschili. Ripristinare la propria relazione con questo serbatoio vitale, che non significa però adottare atteggiamenti prepotenti o maniere più aggressive per raggiungere i propri 36


scopi. Questo riavvicinamento trova il suo significato nel voler attingere soprattutto alle fonti benefiche del potenziamento maschile, di cui non entreranno mai in contatto senza accettare anche l’altro lato, quello più indesiderato. Tale patrimonio comprende non solo il guerriero ma anche il padre, il saggio, il bambino, l’eroe e le altre sfumature prettamente maschili. Quasi tutte queste figure si negano all’uomo fino a quando non avrà fatto pace con la parte più rabbioso del loro essere. Il singolo non ha accesso a tale consapevolezza, credendosi al di fuori di ogni pericolo, ecco perché ho sempre avuto la convinzione di aver vissuto un’infanzia felice, anche se fatta, a volte di rimproveri o costrizioni. La ferita esiste da sempre, ma soltanto sul livello di coscienza sistemica, coperta da quella personale dove invece si manifesta come rabbia. Il Gap fra i due livelli si chiama debito empirico e può essere superato solo con l’integrazione delle due coscienze. E’ il permesso che mi sono data, superando le mie resistenze ,avanzando con l’intento di entrare nel dolore, sostenuta dalla carica nascosta della mia rabbia. In ogni caso la rabbia segnala la mancanza di qualcosa o anche un eccesso della stessa cosa, poiché ai fini sistemici i due estremi appartengono alla stessa natura. Chi si è sentito abbandonato da bambino, sviluppa la stessa rabbia di chi è stato invaso da un genitore assillante, troppo premuroso. Tutti e due vengono percepiti dal figlio come “ ATTO D’AMORE MANCATO “ ed è anche la mia storia.

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L’amore empirico non prevede un eccesso di atteggiamenti amorevoli, sdolcinati come non prevede un eccesso di rigore o affettività repressa. Esso è in grado di sostenere lo sviluppo naturale del figlio, senza angosciarlo con la sua presenza o facendolo sentire abbandonato. Tutto il resto è prevaricazione sulla dinamica empirica naturale. La rabbia non è che uno stato di compensazione e di disordine all’interno del sistema per qualcosa che è avvenuto o al contrario, non è potuto avvenire. Se non si evade il proprio debito, l’individuo sarà costretto a sperimentare effetti collaterali, come la malattia ed è il più delle volte il diretto risultato del proprio stato di rabbia, che rimane tale finché non si rimuove la causa empirica, poiché essa costituisce l’emozione più corrosiva per l’uomo. La rabbia arretrata è il punto focale per risalire al proprio debito empirico per potere accedere sia alla causa, sia all’entità’ dell’alterazione sistemica, per poter compiere una giusta analisi empirica. Attraverso la sua forza nascosta e custodita si arriva a identificare l’intero assetto emotivo, rivelando l’interezza del debito e ,la presenza degli altri indicatori sistemici, in supporto alla rabbia stessa, aggirando la copertura e il suo oscuramento, poiché l’unico scopo della rabbia arretrata è il tentativo di coprire il dolore mai affrontato, solo così possiamo arrivare ad un processo risolutivo ai fini dell’ordine. RILASCIO EMOTIVO Questa elaborazione però può avvenire solo in uno spazio protetto e sicuro e sotto la supervisione di chi è pratico riguardo al “ rilascio emotivo “ ed esperto di diagnosi empiriche, com’è successo personalmente a me con il prof. Michel Hardy. 38


Evadere il proprio debito è come purificare il proprio livello emotivo ed estinguerlo vuol dire lasciare spazio ai tratti reali della persona, accedere alla vera Essenza. Sono ancora in viaggio ma la strada è sempre più definita. Portare luce nel buio porta chiarezza, definizione e sempre di più il mio sentire reale e vero. Per accedere alla rabbia non importa che si restituisca fisicamente questa stessa energia a chi l’ha inflitta, e tale restituzione può essere solo virtuale perché l’intento di restituire è un moto profondo ,purché sia percepito da Noi ,come reale. Ciò che noi sentiamo è la nostra realtà e solo ad essa possiamo accedere. Il processo di riequilibrio può avvenire soltanto coinvolgendo l’intero piano del nostro sentire nell’esperienza, che, se vissuta con piena intenzionalità diventa una reale esperienza dell’anima ,durante la quale, in tempo reale, avviene il re-inserimento nel sistema. Durante l’azione del rilascio della forza rabbiosa, l’energia del cuore ha bisogno di essere in grado di sostenere la persona per amor proprio piuttosto che per la paura, colpa o terrore . Ogni individuo ha un unico finale in comune: ESSERE RIPORTATI ALL’INTERNO DEL LIBERO FLUIRE !

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