L.U.M.H. Libera Università di Studi Psicologici Empirici Michel Hardy
F.A.I.P. Federazione delle Associazioni Italiane di Psicoterapia
AUTOBOICOTTAGGIO Lì dove la volontà si ferma
di Veronica Amato
TESINA D’ESAME Counselor in Discipline Psicologiche Empiriche ANNO ACCADEMICO 2010-2011
All’Universo in tutte le sue manifestazioni d’Amore
INDICE
Introduzione................................................................................................................4 Capitolo I - Chiavi, termini, frasi della “Grammatica dell’Essere” Breve Glossario Empirico Sistemico........................................................7 Capitolo II - Alle radici dell’Autoboicottaggio........................................................13 . II.1 - Autoboicottaggio in Teoria Sistemica..............................................13 II.2 - Le Strategie di chiusura....................................................................15 II.3 - Autoboicattaggio nella vita di tutti i giorni......................................17 II.4 - Autoboicattaggio nella mia vita........................................................18 Capitolo III - Dentro l’Autoboicottaggio.................................................................24 III.1 - Le Strategie Padre/figlia.................................................................25 III.2 - La Vittima, il Devo..........................................................................27 IV.3 - Co-dipendenza o Agency.................................................................29 Capitolo IV - Uscire dall’Autobiocottaggio.............................................................34 IV.1 – Accettazione, radicamento, integrazione........................................34 IV.2 – Accompagnarsi verso la Luce.........................................................37 IV.3 – Il mio cammino................................................................................38 IV.4 – L’approccio epirico e la sua efficacia............................................39 Ringraziamenti..........................................................................................................40
INTRODUZIONE L’illuminazione non giunge immaginandosi figure di luce, ma rendendo cosciente l’oscurità C.G. JUNG
Dopo cinque anni di Vita in cammino con la L.U.M.H. l‟idea di trattare un argomento come tesina finale mi eccitava. Mi misi a pensare a cosa potessi scegliere e prima ancora che qualsiasi ragionamento facesse capolino, una parola comparve sullo schermo dei miei occhi: AUTOBOICOTTAGGIO. Lì per lì, rimasi sorpresa della velocità di reazione di quella voce interiore che mi chiedeva attenzione, così pensai di prendere tempo e lasciar comunque spazio a nuove idee che potessi considerare valide. I miei compagni di accademia che già avevano affrontato l‟esame negli anni scorsi raccontavano di questa esperienza come qualcosa che coronava questo viaggio dentro se stessi oltre tutto. Qualcosa d‟imprescindibile vista la natura profonda di questo percorso, che a tutti noi ha svelato attraverso gioie e dolori noi stessi. Li sentivo parlare di questa ultima esperienza come dell‟Esperienza. La struttura di tutto ciò che la parte empirica aveva sollevato e trasformato. Per ognuno era stata in qualche modo una sorpresa, nonostante tutte le consapevolezze già acquisite ed integrate. Alla luce di queste condivisioni, sentivo il richiamo verso quella parola che mi era venuta a trovare svelta. Ma col passare del tempo, non smettevo di cercare un‟alternativa. Mille erano le giustificazioni o le ragioni che mi portavano altrove, e le possibilità erano via via sempre più definite. Pensavo che se c‟era qualcosa che davvero era cambiato nella mia vita era il rapporto col mio corpo. Più di qualsiasi altra cosa ero grata per questo. La mia parte bambina si era liberata finalmente, da tanta timidezza ed avevo trovato il coraggio di mostrarmi. Avevo svelato la saggezza del mio corpo, interpretato il suo linguaggio, trovato nuovi modi per ascoltarlo. Così, senza neanche pensarci, mi ritrovavo con il mio quaderno a fogli bianchi tra le mani, scrivendo lo scheletro di come avrei argomentato il tutto, ero entusiasta, entusiasmata. Sentivo che sì, forse era questa la strada giusta, sentivo che anche se ero stata io a cercarla e non il contrario, andava bene ugualmente. Quando mi ritrovavo a ripensare con trasporto al mio punto di partenza,
l‟autoboicottaggio, mi dicevo che non ero obbligata a trattare un argomento così pesante seppur vicino a me, mi convincevo che forse “per una volta nella vita” potevo evitare di entrare nell‟ombra e che sarebbe stata una vittoria intima scegliere qualcosa di tanto luminoso. Quando per la prima volta condividemmo col Prof. Hardy le nostre idee in merito, io mi accorsi che senza volerlo, seppur esplicitando entrambi i miei argomenti, non avrei fatto altro che tradirmi se non fossi andata fino in fondo alla questione. Tutto di me diceva autoboicottaggio, tranne il mio Si. È per questo motivo, che in onore di me stessa, della mia trasformazione, della mia onestà e della mia apertura, che oggi sono qui a scrivere di questo tema. Mai avrei immaginato come sarebbe stato coinvolgente, convivere da quel momento così a stretto contatto con quest‟energia, antica parte di me. Non potevo immaginare quanto sarebbe stato intenso vivere come con un compagno di vita che dai ormai per scontato...Come se avessi perso la memoria mi ritrovavo a scoprirmi in lui giorno dopo giorno, non nelle parole scritte, ma ancora una volta, nelle idee, nell‟approccio. Sono stati giorni in cui ho contemporaneamente rimesso in discussione tutta me stessa, e al contempo, mi sono ancorata ad ogni mia luce, per non farmi portar via, risucchiare da quella che rischiava di diventare...una tesina autoavverante. Sono tutta qui, tra le pagine di questo scritto, tra le righe di questo elaborato, ma grazie a questa che per me è stata un‟impresa, ho affondato le radici in tutto ciò da cui provengo, e rigenerata e libera, adesso ho ridato memoria alle mie cellule di tutto ciò di cui sono capace. Superare un esame per me è trovare il più grande coraggio. Da sei anni ero iscritta all‟università pubblica per un corso triennale nel quale ero ormai congelata. Non riuscivo più a sostenere le mie stesse menzogne, non riuscivo a sbloccarmi, non riuscivo ad affrontare la verità con la mia famiglia, tutto era bloccato e l‟idea di farlo mi terrorizzava. Negli ultimi due anni era iniziato il mio percorso con la L.U.M.H., e quando ormai non me l‟aspettavo, naturalissima, quasi fisiologica direi, arrivo la scelta. Con grande liberazione riuscii a mettermi di fronte alla verità, decidendo senza remore di lasciare le false certezze della laurea, per quella che ormai da tempo sentivo la mia giusta strada e che senza accorgermene, stavo già percorrendo. Tutto fu pieno d‟amore, di gratitudine. I miei genitori mi accolsero come non potevo neppure immaginare. Ero riuscita a sostenere la forza della verità
che dal mio cuore arrivava nel loro. La paura si dissolse. Ero finalmente me stessa. Avevo accettato la mia debolezza, e lei si era fatta pura forza. Quello è stato il mio primo passo da adulta verso le responsabilità di me stessa, ha liberato, spazio, energia, vita. Finalmente per la prima volta, quando mi chiedevano cosa facessi nella vita, mi sentivo fiera di poter rispondere senza difficoltà, senza avere l‟imbarazzo di ammettere che facevo tutto e niente, che chissà facevo troppo, o che in qualche modo fingessi di far tutto. Così, dicevo, superare un esame per me è trovare il più grande coraggio. Entrare nella mia paura più grande...quella di brillare.
I CHIAVI, FRASI, TERMINI DELLA “GRAMMATICA DELL'ESSERE”
Breve Glossario Empirico Sistemico Tutte le tragedie del mondo, sia individuali che collettive, provengono dalla mancanza di armonia. E l’armonia si ottiene nel modo migliore creando l’armonia nella propria vita. HAZRAT INAYAT KHAN
In questa sezione tratta liberamente dai volumi del Prof. Michel Hardy, approfondiamo alcuni concetti fondanti della Teoria Empirico Sistemica che egli tratta ne “La Grammatica dell‟Essere”. Sottoforma di glossario empirico attraverseremo le basi che ci introdurranno all‟argomento centrale della tesina. L‟autoboicottaggio essendo una manifestazione che segue precise leggi che posso bypassare la volontà e non essere coscienti, seppur si tratti di una questione concreta che ha moltissimi risvolti pratici, affonda le sue radici all‟interno di un ordine preciso e ne è un effetto diretto. Per chiarire queste dinamiche profonde, credo necessario introdurre il discorso inserendo alcuni termini del lessico specifico, svelando il mondo che nascondono. Il che introdurrà l‟argomento mettendo le basi ad un tema che si presta ad essere vissuto e sperimentato nella vita di tutti i giorni da chiunque, mentre molti dettagli importanti perdono spazio distrattamente. Dietro quei dettagli ci parla la legge di un ordine. AMORE YANG:
L‟amore, oltre il giudizio personale, ma visto in un‟ottica
sistemica, ha due lati. Quello che il genere umano predilige è Yin, portatore di forme quali l‟amorevolezza, la dolcezza, la tenerezza, la gentilezza, l‟accoglienza, forme tanto ambite quanto prive di forza e consistenza in mancanza di ordine e spinta vitale, pertinenti ad un ambito Yang. È invece, proprio questo lato dell‟amore, portatore di concretezza, sotto un‟apparenza che l‟uomo giudica
superficialmente scomoda, ad offrire una struttura al lato femminile, supportandolo con le sue qualità di fermezza e determinazione, forza e protezione. È qui che trova la sua legittimazione empirica, rendendosi indispensabile all‟interno della coppia, garantendo la salvaguardia della specie. L‟amore Yang risulta per queste ragioni alla base di ogni funzionamento dell‟ordine essendo l‟artefice di ogni moto vitale: è qui che ordine e amore Yang si corrispondono. I portatori di resistenza nei confronti delle regole, dell‟autorità, non avendo in primis integrato la carica yang, sperimentano sulla pelle la mancanza di amore yang in forma di debolezza sul piano empirico (mancanza di sostegno, merito, forza...) incarnando precisi ruoli alterati. Essi, incapaci di generare amore, vivranno sostituendolo con rapporti di bisogno. Si tratta di una compensazione del libero fluire: laddove il singolo non può concepire uno stato di completezza, sente la vera e propria necessità di unirsi all‟altro (agency). ARMONICO, EMPIRICO, SISTEMICO (ORDINE):
Termini che equivalgono,
esprimendo tutti l'empiricità dell'ordine, un'armonia naturale che si esprime attraverso tutte le sue manifestazioni, dove l'ordine nasce come emanazione del sistema stesso. Il suo parametro di base è l‟equilibrio tra il dare e il ricevere, l‟amore la sua espressione naturale.
COMPENSAZIONE:
L‟ordine per sua natura tende all‟equilibrio. Ad esso volge
ogni sforzo empirico, qualora sia stato violato o alterato. Se l‟uomo non è in grado di
portare
equilibrio
consapevolmente,
lo
farà
l‟ordine
attraverso
la
compensazione. Una sorta di equilibrio cieco, una condizione fittizia, atta a far rientrare l‟uomo che ignora lo scompenso, in uno stato armonico apparente per mezzo di un processo di equilibrio forzato. Nell‟uomo questa è una forma di difesa funzionale a nascondere il dolore che altrimenti non potrebbe sostenere. Così, la compensazione protegge l‟uomo rafforzando le sue strategie vitali ma al tempo stesso, lo allontana dai propri buchi emotivi e ferite, allontanandolo inevitabilmente dalla “guarigione”. Maggiore è il dolore represso, maggiore è la compensazione che si mette in atto. CARICA EMPIRICA:
Ogni atto, compiuto o mancato, ha un suo valore, una
valenza empirica. Ogni moto dell‟uomo si rivela di carica armonica o disarmonica a seconda della sintonia con le leggi dell‟ordine, che ne riconosce la qualità
empirica. L‟uomo ha riscontro di questo processo nella propria coscienza e in tempo reale. Dal momento che, le sue stesse azioni si confrontano con la matrice d’eccellenza segnalando l‟eventuale infrazione, sarà il suo mondo personale di percezioni e sensazioni, a farlo sentire in armonia o in contrasto con l‟ordine. Più si è allineati al fluire, il sentire è autentico, affidabile, sicuro, affine al sentire sistemico, più si accede all‟univoca qualità empirica della carica di una situazione. Ci si muove guidati da un‟intelligenza empirica superiore.
CODICE YIN/YANG:
Contiene tutti i principi attivi maschili e femminili,
determinando la loro matrice d'eccellenza. I due codici sono opposti e si compensano vicendevolmente. Sono dati dal sesso biologico e contengono sia le qualità di luce che le qualità d'ombra. Alla donna compete, come carica primaria biologicamente trasmessa dalla madre, il codice yin. Ai suoi principi attivi (di cui la “forza incondizionata “ ne è l‟origine che si esplicita con “la forza della verità”, l‟arrendevolezza, la morbidezza, la cura, l‟accoglienza...) vengono integrati i principi del codice yang, attivati in lei dal padre, come carica secondaria. Nell‟uomo accade l‟opposto. Il suo codice primario è quello yang, i cui principi (vitalità, obbligo della forza rabbiosa, protezione, autorità, concretezza, progettualità, concettualità...) gli sono passati dal padre, e ad essi, come carica secondaria integrerà quelli del codice yin. L'individuo non può esimersi da tali doti a pena di essere escluso dal libero fluire. Ogni diritto non evaso si tramuta in effetti, in obbligo e successivamente in debito. L‟eccesso yang nella donna, come l‟eccesso yin nell‟uomo, origina pertanto i ruoli alterati, che si contrappongono agli unici due ruoli integrati (donna yin e uomo yang integrato) i quali sono manifestazione empirica di ruoli la cui sinergia tra i due codici è armonica, l‟unica riconosciuta dall‟ordine.
DEBITO EMPIRICO: Debito
arretrato e dolore si equivalgono nella stessa misura di
amore e libero fluire. Ogni violazione empirica o infrazione delle leggi armoniche crea una lesione nel principio universale. Questo “vortice di forza autorigenerante”, contiene tutte le informazioni empiriche relative alla violazione stessa e l‟ordine ne distingue la natura, l‟entità e la derivazione. Si tratta di atti empiricamente scorretti, ovvero al di fuori dei parametri armonici. La gravità dell‟infrazione genera il debito che si rispecchia in ogni ambito della
vita del trasgressore facendo in modo che la sua anima si ritiri dal moto dell‟amore. Chiudersi è l‟unica azione che conosce per sostenere il dolore. Se il debito accumulato è ingente, che lo si abbia contratto attraverso violazioni sistematiche o un unico atto di sufficiente forza contro-sistemica (omicidi, aborti...), si può giungere sino all‟estromissione dal libero fluire: l‟anima sarà allontanata dall‟amore. Il trasgressore vivrà in ogni ambito lo specchio di questo moto interrotto, generando e sperimentando stati di co-dipendenza, caratterizzati da indicatori empirici (rabbia, paura, senso di colpa, inadeguatezza) che avranno qualità diverse in base all‟infrazione. Aumentando il debito, l‟indicatore si trasformerà in un moto dominante. Il debito esprime sempre uno squilibrio tra il dare e il ricevere e rappresenta l‟espediente funzionale che il sistema ha di stimolarci a riequilibrare lo scompenso grazie agli indicatori. Come una salvaguardia naturale della vita stessa. Il debito di base, acquisito nell‟infanzia, è una qualità d‟amore insufficiente, che nella crescita porterà la persona a vivere surrogati d‟amore su parametri individuali. La presa di responsabilità avviene nel momento in cui si passa dal ruolo del piccolo di bambino a quello dell‟adulto: ciò comporta l‟affrontare l‟arretrato sistemico evadendolo e, qualora ciò non accadesse, il passaggio da un ruolo all‟altro salta. Evadere il debito significa ripristinare l‟equilibrio armonico, risalendo al dolore trattenuto e liberandolo. Attraversando la paura del dolore che blocca il processo, ci si avvicina alle proprie responsabilità. La figura della vittima, infatti, non è riconosciuta dall‟ordine, non essendo altro che un ruolo compensatorio per non percepire la responsabilità. La compensazione empirica, infine, fa si che maggiore è il debito, maggiore è anche la luce del portatore: l‟assetto tra luce ed ombra tenderà all‟equilibrio.
FARE:
È il paradigma armonico per eccellenza, grazie al quale il sistema
riconosce le infrazioni o l‟appartenenza al fluire. Attraverso il fare, inteso come vero e proprio passaggio energetico, che si evidenzia la natura dell‟ordine, il quale attraverso una scala di valori insiti in esso, e indipendenti dall‟opinione del singolo, prevede una matrice d‟eccellenza di riferimento, la soluzione empirica
ideale, scevra dal giudizio. Da qui il concetto di responsabilità empirica, laddove il sistema non conosce colpa, non riconoscendo il valore di una situazione ma solo prevedendone la soluzione empiricamente adeguata. FUNZIONALITÀ:
L‟ordine concepisce un unico criterio di base che determina
l'evoluzione di tutte le cose, quello di causa-effetto. Non riconoscendo casualità, la funzionalità rappresenta il parametro di eccellenza dell‟ordine, l‟unico legittimo meccanismo che ne determina l‟autorigenerazione continua e la sua propria costituzione.
LIBERO FLUIRE:
Stato d'eccellenza del sistema. Ogni essere allineato all‟ordine
ne sperimenta l‟appartenenza grazie all‟armonia interiore ed esteriore che vive, sperimenta l‟Amore con strategie d‟apertura, concedendosi con flessibilità. MATRICE D’ECCELLENZA: Come
un copione ideale, definisce azioni da compiere
e da evitare, obblighi e diritti per ogni ruolo empirico o situazione. MOTO: E'
la tendenza empirica di fondo, alla base di ogni emozione o sensazione.
Sono come le rotaie di un treno, sono le traiettorie sulle quali si formano le percezioni future dell'uomo: in funzione della loro forza e genuinità, creano i ruoli empirici che il singolo impersonerà.
ORDINE E SISTEMA:
Fare ed Essere sono nello stesso rapporto di ordine e
sistema. Se il sistema corrisponde alla persona, l'ordine è il suo corpo. L'un l'altro si appartengono in maniera imprescindibile, si specchiano reciprocamente. Sono inter-dipendenti: l'uno dell'altro sono reciprocamente la manifestazione visibile e l'espressione di fatto. L'ordine nei suoi parametri nascosti riconosce un unico criterio alla base che determina l'evoluzione di tutte le cose: la funzionalità. Così genera la consequenzialità di tutte le cose, abbinando ad ogni atto, compiuto o mancato, una precisa responsabilità empirica, indipendente dalla volontà della persona. Ogni sua manifestazione, dal mondo materico al mondo sottile, sino al mondo recondito e interiore dell'uomo, segue le leggi di natura, applicando le sue dinamiche nascoste. Riuscire a riconoscere tali manifestazioni del sistema come leggi di un ordine, significa sperimentarsi alla luce di un disegno più grande.
L'ordine non giudica l'uomo per quanto lo obblighi a prendersi delle precise responsabilità, anche contro o oltre la propria volontà, riportandolo ad uno stato di debito ogni volta che le sue regole sono violate. È in costante processo di cambiamento all'interno del proprio fluire e trasmette più tutela e sicurezza più si è in contatto con esso, sperimentando pace e serenità. Si esprime attraverso le dinamiche empiriche del fare, rivelando le proprie leggi al loro stesso compimento
RESPONSABILITÀ EMPIRICA: Ogni
atto compiuto o mancato, a seconda dei valori
empirici della situazione e del ruolo empirico del soggetto, ha una precisa responsabilità empirica come conseguenza diretta. Questa non coincide con la colpa (parametro che il sistema non prevede, ma che solo egli percepisce) ed è inoltre indipendente dalla sua volontà e dalla sua percezione individuale.
RUOLO EMPIRICO:
Un individuo in una precisa situazione, anche secondo l‟età
biologica, assolve ad un preciso codice che ne detiene i diritti e i doveri. Ogni ruolo empirico risponde ad una matrice d‟eccellenza. Seguendo una scala di degrado, ovvero con l‟acquisizione progressiva di debito, l‟uomo attraversa una serie di ruoli empirici prestabiliti secondo l‟andamento sistemico. Questo processo è chiamato metamorfosi empirica. La degenerazione avviene seguendo il crescere degli indicatori sistemici che segnalano il debito. La carica di partenza yin, è lo stato naturale del bambino in richiesta, il cui indicatore è la paura. L‟acquisizione di debito porta l‟aumento di carica yang dove l‟indicatore d‟eccellenza è la rabbia. Ogni ruolo alterato procede attraverso i passaggi obbligati che si susseguono nella metamorfosi empirica, secondo il degrado progressivo e automatico acquisito.
II
ALLE RADICI DELL’AUTOBOICOTTAGGIO La volontà è resa inabile innanzitutto dalle emozioni... Quando le emozioni vengono bloccate, la loro energia è congelata, bloccando la piena interazione della mente e della volontà JOHN BRADSHOW
Per svelare il linguaggio di questo fenomeno bisogna affrontare la profonda correlazione che c‟è tra autoboicottaggio e debito. La definizione semplicistica risulterebbe quasi ovvia o scontata, la si leggerebbe nel nome stesso, ma le radici di queste dinamiche sono di fondamentale importanza anche per comprendere le forme concrete che prendono. Infatti, l‟autoboicottaggio è per sua natura qualcosa che si esperisce, è tutt‟altro che teoria. Una riga basterebbe a definire cos‟è. Chiunque può facilmente esprimersi a riguardo citando o un‟esperienza eclatante della propria vita o qualcosa che magari gli è evidente e quasi diventa un atteggiamento automatico. Certo è che averne consapevolezza non è assolutamente la prassi, anzi, è proprio per la natura dell‟autoboicottaggio, mantenere intatto l‟equilibrio di chi lo mette in atto. Le conseguenze di questo comportamento però, prima o poi vengono avvertite in tutta la loro scomodità contro-sistemica, i campanelli del debito acquisito suonano con gli indicatori sistemici proprio al fine di suggerirci di cambiare rotta. Di seguito, approfondiremo il concetto di autoboicottaggio dalla base, senza entrare nello specifico delle sue manifestazioni, ma a livello empirico sistemico vedremo cosa sottende, qual è la sua funzionalità, scoprendo come mai si tratta di qualcosa di tanto diffuso e comune.
II . 1
Autoboicottaggio in Teoria Sistemica
Le strategie di autoboicottaggio sono la manifestazione pratica del proprio debito empirico nella vita quotidiana.
Vi è una distinzione tra i parametri del sistema ed i parametri individuali. A seconda dell‟alterazione empirica acquisita o contratta, si vive in un‟illusione della realtà percependola come oggettiva. Accade invece che a livello sistemico ci sia un vero e proprio rispecchiamento di tale debito sia nel mondo interiore che nel mondo esterno. Alla nascita si eredita il debito non evaso della propria stirpe che denominiamo consegna familiare. Successivamente, nell‟infanzia, contraiamo un cosiddetto debito di base attraverso il rapporto con i genitori, che segnala la violazione del primo diritto empirico del ruolo del bambino, il diritto di essere amato. Da lì si forma il copione del bambino. L‟insufficiente qualità d‟amore ricevuta infatti resterà il suo parametro di riferimento, codificando la deviazione vissuta in famiglia come sostituto dei parametri naturali dell‟ordine, sarà quello il suo sistema di riferimento assoluto. Quell‟infrazione al suo diritto primario sarà il catalizzatore per ogni sua successiva violazione: da lì dipende il suo futuro rapporto con l‟amore e lo sviluppo di tutte le sue qualità armoniche ed in egual modo questo rapporto con l‟amore ed in altre parole con le strategie di apertura, determinerà la natura delle sue future violazioni. La primissima strategia di autoboicottaggio, che ci tiene lontani dal fluire dell‟amore, è la co-dipendenza, codificata dal rapporto genitoriale, nata ancor prima nella pancia della madre attraverso il cordone ombelicale, ma che si protrae, quando questi non sono in grado a loro volta di generare una qualità d‟amore sufficiente: le strategie d‟amore che il bambino prende come consegna familiare dell‟intera stirpe gli vengono direttamente passate dai genitori. Così la sua stessa capacità d‟amare è minata, il dolore represso segrega la sua anima e finchè il debito non sarà evaso, sarà attirato dalla forza disarmonica. È proprio questo lato ombra a generare strategie che aggirano la mente cosciente con le più varie forme di autoboicottaggio nella vita pratica: il debito acquisito infatti lo porta a mantenere intatte le stesse condizioni empiriche nelle relazioni affettive, mantenendo la consegna ricevuta. A livello profondo il bambino avverte una scissione tra i parametri familiari ed i parametri empirici, e “per amore”, tenderà ad incarnare le convenzioni familiari nel suo copione disarmonico sostituendo alla matrice dell‟ordine, la matrice del suo debito di base. Se consideriamo l‟amore a livello sistemico come luce, il debito sarà l‟ombra. Quest‟attrazione fatale nasce con il moto d‟amore interrotto nell‟infanzia. Le
strategie di autoboicottaggio esorcizzano il dolore che si cela sotto il debito acquisito in questo passaggio, e in tutto il seguito che apparentemente per caso segue nella vita, ripetendo esattamente il medesimo schema. Il mantenimento di quel debito empirico è quindi funzionale a non sentire l‟antico dolore dell‟abbandono. Ma ricollegarsi con esso è l‟unica via che consente di staccarsi dalla vecchia matrice, che consente di passare dal ruolo del piccolo al ruolo dell‟adulto, imparando a sperimentare lo stato d‟amore e non quello di bisogno. Assumersi la responsabilità empirica, riportata dal sistema in tempo reale dal concepimento, comporta perdere l‟innocencenza, e rendersi disponibili al dolore: quando al livello del cuore non c‟è spazio sufficiente per sostenerlo si è allontanati dal libero fluire. La tendenza nella quotidianità, di subappaltare la responsabilità, viene interpretata come un normale stato di vittima, dove le strategie di chiusura sono viste come carattere, identificandosi con le stesse. Ciò allontana dalla propria autenticità, minata da aspettative verso se stessi ed il mondo, filtrando tutto attraverso critica e giudizio, il miglior autobiocottaggio. Si tratta dell‟opposto dell‟amore, genera infatti il contrario di quel che apparentemente vuol generare, cioè l‟esclusione, moto contro-sitstemico per eccellenza. Al contempo mantiene nell‟incoscienza, perchè non prendendosi le proprie responsabilità, non ci si rende conto di ciò che genera: critica e giudizio delegittimano l‟altro, coinvolgendo nel gioco dei piccoli. Vi è una profonda differenza tra questo meccanismo e l‟opinione: in questa nuova sfumatura la situazione legittima la condivisione della propria personale esperienza e visione, la sua carica empirica ammette ed include, richiede questo parere. Quando si cresce in un ambiente fortemente contaminato da critica e giudizio, li si concepisce come amore, da lì si impara che amarsi può significare sfinirsi vicendevolmente, cascando in una versione morbosa dell‟amore stesso. L‟unico modo per uscire da questo vortice è imparare a sostituire critica e giudizio parlando si sé, sostenendosi come solo chi è nel ruolo empirico dell‟adulto sa fare.
II . 2
Le Strategie di chiusura
Ogni schema mentale inconscio genera una strategia inconscia, insieme generano il nostro approccio verso il mondo. Il corpo segue strategie che sfuggono al
controllo cosciente, seguendo uno schema mentale appreso da bambini che risponde alle richieste dei genitori. Ogni schema mentale scende nel corpo, diventando un meccanismo del nostro fare, una strategia di autoboicottaggio.
In chiave empirica, le strategie disarmoniche seguono il copione personale di chiusura. L‟indicatore è la paura, non cosciente ma molto spesso avallata dalla mante razionale: la paura è l‟antagonista d‟eccellenza dei moti armonici. L‟intero assetto sensoriale si tara, in base al debito, al servizio delle strategie di chiusura. Queste sono la parte più visibile del campo disarmonico, lo alimentano suscitando gli indicatori sistemici, a loro volta, da un lato funzionali all‟ordine per segnalare la violazione in atto, dall‟altro lato però, giustificano il singolo alla chiusura stessa. La realtà empirica non conforme al copione personale è evitata con una forma primaria, quasi basica, di autoboicottaggio, l‟anestesia. Avviene così, che la visione personale si auto-conferma con le strategie di chiusura: percependo la paura, ed i principali indicatori empirici, quali rabbia e senso di colpa in primis, la mente le giustifica come legittimi comportamenti. L‟intero assetto emotivo, determinato da tali indicatori, camuffa il debito che provoca la chiusura. Le convinzioni sul mondo personale sono funzionali a dare al singolo la struttura e la sicurezza che non conosce a livello profondo, a costo però di privarsi di qualsiasi diritto di scelta, muovendosi in un libero arbitrio fittizio e disarmonico. Queste convinzioni, ereditate e acquisite sono la sua propria alterazione. Le strategie di chiusura, rappresentano la sua autodifesa, ammessa dall‟ordine secondo la legge della compensazione alla quale questo stesso meccanismo risponde. L‟autodifesa permette concretamente di aggirare il debito che si mostra con paura, rancore, rimpianto, inadeguatezza. Maggiore è il debito, maggiori sono i meccanismi di difesa che sostengono il contrario, per permettere l‟acquisizione esterna di ciò che ci manca, attraverso la compensazione, in un moto che tende all‟unità anche se alterato. Questo accade in maniera lampante nei rapporti affettivi di co-dipendenza o agency, che tratteremo in maniera più dettagliata avanti. Anticipiamo soltanto che, i due partner, in un ruolo empirico alterato, si compensano nelle qualità di luce, ma rispecchiano l‟un l‟altro esattamente il medesimo debito, non potendo generare la qualità d‟amore armonica e auto rigenerante dell‟ordine, si incontrano
in un unione di bisogno, che scambiano per legittima. A livello sistemico questo è funzionale all‟auto salvataggio della specie. Infine, il copione personale si muove secondo aspettative e proiezioni, che in primis abbiamo verso noi stessi, anche se non sempre a livello consapevole, e poi allo stesso modo, le riportiamo all‟esterno verso il partner ed il mondo. Così facendo ignoriamo completamente la carica empirica della situazione: le nostre aspettative e proiezioni, saranno disattese in quanto manifestazione esse stesse della nostra alterazione, essendo una strategia di chiusura, e pertanto non faranno altro che alimentare il debito, deviando la realtà sistemica ed impedendoci di allinearci al fluire. Da qui la ragione empirica per la quale critica e giudizio sono un perfetto autoboicottaggio.
II . 3
Autoboicottaggio nella vita di tutti i giorni
Autoboicottaggio è co-dipendenza. Autoboicottaggio è critica e giudizio. Gli effetti di mancanza di autostima sono autoboicottaggio, le eccessive convinzioni e credenze lo sono. Non prendersi la responsabilità è autoboicottaggio. Dimenticarsi l‟appuntamento importante è autoboicottaggio, o arrivarci troppo tardi. Autoboicottaggio è anestesia. Non sentire, non ascoltare sono autobiocottaggio. Non parlare a proprio sostegno lo è. Il senso cronico del dovere è autoboicottaggio. Fratturasi la gamba prima di partire per la settimana bianca è autoboicottaggio. Autoboicottaggio è la febbre il giorno del compleanno. Autoboicottaggio è dimenticarsi di prendere la pastiglietta. Pure sbagliare la ricetta del dessert per l‟incontro galante è autoboicottaggio. Autoboicottaggio è svegliarsi troppo tardi per andare a lavoro, svegliarsi storti, rimanere col muso, perdere il bus, e il resto della giornata va a rotoli. Sminuirsi verbalmente è autoboicottaggio “sono proprio stupido”, “è colpa mia”, “non ce la posso fare”. Stressarsi è autoboicottaggio, non pensarci è autoboicottaggio. Dimenticarsi le chiavi è autoboicottaggio. “Sono tua” è autoboicottaggio, “come farei senza di te” è autoboicottaggio. “Non capisco niente”, “non mi và”, “ci penso io” sono autoboicottaggio. “Se tu ci vai ci vengo anch‟io”. “Si-si-si” e “no!no!no!” sono ancora autoboicottaggio. Tutti gli eccessi sono autoboicottaggio. “Se non andiamo dove dico io non vengo” è autobiocottaggio ma lo è anche “che ne dici....se andiamo lì ti prometto che poi farò come vuoi tu”. Ridursi all‟ultimo momento
quando si ha una scadenza è autobiocottaggio. Lasciare la palestra perchè non si ha tempo con tutte le cose da fare anche se ne abbiamo molto piacere, è ancora autoboicottaggio. “Vorrei ma non posso” è autoboicottaggio. Mangiare schifezze è autoboicottaggio. Farlo bene o non farlo per niente è autoboicottaggio.
Tutto ciò e molto di più, in mille forme è autoboicottaggio. Ogni volta che attuiamo una strategia di chiusura lo stiamo sperimentando.
II . 4
Autoboicottaggio nella mia vita
Questo argomento è tanto scomodo quanto lato. Guardandomi, posso ammettere che nella mia vita il ruolo di questo meccanismo di difesa, di questa dinamica più o meno sotterranea, è stato rilevante, che si tratti della quotidianità o che si tratti di grandi scelte che determinano, o hanno determinato, talvolta fasi significative. Questa è una di quelle. Il sostenersi incondizionatamente o almeno talvolta anche timidamente, sarebbe senz'altro bastato a permettermi di avanzare un pò più veloce in questo viaggio ma....se c'è qualcosa che posso affermare con certezza a proposito di “autoboicottaggio”, come un sottotitolo è “dove la volontà si ferma”. Sì, sono infatti i fatti a testimoniare come, in tali situazioni di vicinanza maggiore al debito o di particolare risonanza con l'ombra, che si evidenzia l'incapacità di dare dei freni a questo processo che vedo come una sorta di “aspirapolvere” d'energia, una sorta di risucchio che pian piano s'impadronisce di me e più lo alimento, più ha bisogno di nutrirsi. Per quanto mi riguarda, può essere un passaggio momentaneo, che nel tempo ha assunto modalità diverse, molto è teso a compensare momenti di forte movimento emotivo, magari inconscio, ma indipendentemente dalla mia consapevolezza, se in passato questi episodi potevano caratterizzare lunghi periodi (intendo anche lunghi mesi di discesa) ora possono essere pochi giorni, ma sono giorni, che quasi fisiologicamente, il mio essere mi chiede, e , come accennavo prima, la mia volontà non può comandare. O perlomeno, la forza che sento di impiegare per cambiare rotta, è moltissima. Sento queste circostanze come il gap della mia evoluzione personale, se non l'unico, uno dei fondamentali. Ritornare incapace di decidere per me stessa, lottare contro il nulla
apparentemente. In realtà è un lottare contro me stessa. Ed essendo me contro me, a parità di forze resto immobile.
Se c'è qualcosa nella quale credo fortemente è che l'essere umano è pura trasformazione, adattamento, crescita, espansione, Amore. Per questa ragione, ho deciso di approfondire questa sfaccettatura del poliedro che siamo...perchè possa entrare luce a illuminare e il resto andrà al proprio posto con i giusti tempi. La necessità di portare soluzione in quest'ambito, per ora si sta facendo una questione sempre più concreta, da che, l'autoboicottaggio per me rappresenta un freno a ciò che posso creare, che posso dimostrare, a me stessa e al mondo esterno. E' una legittimazione che cerco presso di me, per poter essere felice, amata, soddisfatta, centrata, Adulta, Donna.
Nessun essere umano può sopportare in eterno l’esperienza stordente della propria impotenza ROLLO MAY
Il solo dispormi a scrivere sull'argomento mi agitava. Due forze dentro di me si scatenano in direzioni contrapposte: da un lato voglia di mettere ordine, nero su bianco qualcosa che nella pratica mi appartiene profondamente. Dall'altro la stessa forza, la stessa energia che vorrei descrivere si manifesta come freno all'ordine, all'iniziativa personale, all'entusiasmo, alla basica autostima. Sicuramente questa dinamica delle forze contrapposte é qualcosa che torna puntuale nei periodi di pressione straordinaria: il confronto tra la me adulta che necessita manifestarsi, avere legittimazione e riconoscimento verso il mondo e nella vita (generalmente ciò ha riferimenti concreti nella quotidianità o prove, eventi, sfide da affrontare) si scontra con la mia bambina, le sue paure, ansie ed insicurezze. Ciò provoca un'immobilizzazione vera e propria, tendenzialmente accompagnata a un'attività mentale confusa, che mi allontana dalla realtà, dalle soluzioni possibili, dalle mie capacità effettive e, in conclusione, dal semplice fare. Per queste ragioni, lo stesso approccio a questa tesina, diventa per me spunto di riflessione, motivo di analisi.
Sono passati molti giorni, sicuramente troppi, dalle mie prime e ispirate righe al procedere della mia stesura, ma nel frattempo col maturare dei tempi lo sono anche le idee. La mia analisi personale mi porta ad osservare il profondo collegamento che esiste tra l'autoaccettazione e il mondo, il sé e i suoi specchi all'esterno. Le radici della ricerca d'amore nascono nell'infanzia in famiglia. Questa arcana ricerca che ci muove nel mondo durante tutta la vita, e attraverso la nostra crescita ed evoluzione, passa ed è intrisa di ogni momento di perdita della fiducia in se stessi, rispecchiata dai genitori con la disapprovazione. Il punto potrebbe sembrare banale o scontato. Ma trovo sia il seme chiave di tutta la questione. Ogni volta che il bimbo percepisce o solo teme la perdita d'amore delle sue linee guida (genitori biologici o chi ne fa le veci), si trasforma in modo da piacere loro e ottenere o ritrovare il loro “amore/approvazione”. Nello specifico le possibilità sono le più diverse, a seconda del ruolo empirico dei genitori genitori, del debito sistemico che portano, della qualità d'amore che sono in grado di trasmettere, o ancora della consegna familiare con la quale lo stesso bambino nasce. Da qui si determina cosa e come l'autoboicottaggio si manifesterà nella vita di ogni essere, seguendo le linee dell'alterazione ricevuta o acquisita. Molto interessante è il nesso di tutto ciò con “critica e giudizio”. Questo fattore infatti, all'apparenza tanto scontato nella vita di tutti i giorni, svela una ricchezza di dettagli sia sull'origine delle nostre debolezze, sia sulla nostra polarizzazione yin o yang, sulla nostra autostima e quindi su tutto ciò che in primis noi stessi non riusciamo ad integrare, quell'ombra che racchiude la chiave di volta, il nostro anello mancante. Nella mia famiglia, la primissima educazione mi è stata passata dalla nonna materna, donna forte e amorevole, molto critica e rigida su ciò che si fa e che non si fa. Tutto ciò che non è contemplato nel suo mondo personale è oltre i giusti modi di agire. Questa rigidità di comportamento, e la presenza di uno spiccato senso del giudizio lo ritrovo anche da sempre in mio padre, il quale nel mio ricordo di bambina, alternava bene momenti di esaltazione personale a momenti in cui la sua vittima rabbiosa usciva fuori in moti incontenibili e prevaricanti. Mia madre mi insegnava a non criticare, giustificando il mondo intorno a me, e attraverso il suo modo yin, cercava di sostenermi. Sono cresciuta in una famiglia in cui critica e giudizio seppur, più o meno velatamente, erano all‟ordine del
giorno. Le giustificazioni razionali erano ben argomentate, e creavano le basi per una visione realistica della propria verità. Così sono cresciuta, con un divario dentro me, che mi ha portata ad aprirmi da una parte e a difendermi dall‟altra. La paura che mi porto dentro, e la rabbia che mi sono concessa di guardare in questi preziosissimi anni di crescita nella Lumh, è ora più gestibile...lo spazio del cuore è cresciuto con me, iniziando a liberare il dolore represso. Grazie alla fiducia in me stessa che ho imparato e che sto ancora imparando ad alimentare, attraverso un costante fare quotidiano, un lavoro da formica lo definirei, dove la scelta delle parole e dei pensieri sono per me il primo passo, il primo strumento.
Una conclusione semplice sulla radice della natura del mio autobiocottaggio, qualunque sia la sua manifestazione nel mio mondo del fare è che sento che tutto nasce dalla disgregazione tra il mio yin e il mio yang, tra la mia parte bambina e la mia parte donna, adulta. In questi anni di percorso, attraverso lo stimolo di questa ricerca, di questa smisurata passione e fortuna che ho l'occasione di vivere, il viaggio attraverso l'ombra ha preso le forme più diverse. Da quelle vittimistiche, in cui entravo in risonanza con l'emozione d'ogni compagno di percorso (le lacrime non si contavano: non c'era spazio nel cuore per contenere più nulla) sino, alla luce di chi sono oggi, la capacità di sperimentare anche il sostegno, la trasformazione. La morbidezza ha levigato il mio yang, e nell'ultima visualizzazione della mia bambina interiore, la gioia che mi ha dato vederla felice e leggera, luminosa d'amore è per me la conferma dei miglioramenti radicali e radicati che la vita, attraverso questo percorso di consapevolezza, mi ha dato.
Individuare le ragioni nascoste, che bloccano il fluire dell'energia che ci accompagna nella vita, che libera le nostre scelte, il nostro fare è fondamentale. Essendo la natura dell'autoboicottaggio, per la maggior parte inconscia, il lavoro sul Sé è importantissimo. Infatti, l'autoboicottaggio è il meccanismo di difesa per eccellenza che va a proteggerci da delusioni, ferite, paure. Troviamo senza accorgercene, la strada che meno ci espone al rischio, ma al contempo che più ci allontana dalla vita. Questo accade ad un livello molto profondo, è qualcosa che impariamo da piccoli, nell'infanzia, quando siamo spugne verso la famiglia, spugne in cerca d'amore. Così, nelle nostre primissime esperienze registriamo e
cristallizziamo rapporti causa effetto del nostro agire, in risposta al mondo esterno, e le portiamo avanti nella crescita, dimenticando le radici di tali moti. La volontà non basta a modificare questi meccanismi che col tempo si rivelano controproducenti a livello razionale, ma incontrollabili e quasi imprescindibili. Ancora ricordo la prima volta che ebbi un colloquio col Prof. Hardy. Dopo aver parlato con lui del mio passato e del profondo empasse che attraversavo da più di un anno, non riuscendo più ad uscire di casa se non per le primarie necessità e con uno sforzo disumano, conclusi “Io voglio superare tutto questo!” e lui mi rispose con estrema naturalezza “La volontà non basta”. Questa frase risuonò in me per molto tempo senza che io la potessi comprendere, tanto meno accettare. Ero in una situazione in cui, tolta la mia volontà personale, sentivo di non avere nient'altro su cui contare...Ad ogni modo ero consapevole che la mia stessa volontà mi abbandonava a momenti di magistrale apatia, dove io svanivo nel nulla, e non c'era niente in quei momenti che mi potesse tirar fuori, risucchiata da un vortice nero e gigante. In quel momento le sue parole echeggiavano dentro me irritandomi profondamente. La mia arroganza non trovava pace, come se non avessi che da arrendermi a tutto questo...come se già non lo facessi abbastanza. Solo dopo molto tempo ho avuto modo di alzare la mia visione, di tradurre quello che mi suonava come un verdetto in uno scrigno di risorse tutte da scoprire. Infatti, alla base di questo si nascondono tutte le nostre paure ed insicurezze, che senza accorgerci continuiamo ad alimentare, identificandoci con esse e con un'immagine di noi stessi, limitata che recitiamo ogni volta che ci sentiamo vicini al pericolo di turno. Facciamo in modo di rispondere esattamente al “copione personale” che ci siamo creati a pennello. Quando inizia l'indagine di crescita personale pian piano si smantellano i miti e le credenze sul mondo ma ancor di più su noi stessi, si scava nel profondo portando alla luce parti di noi censurate nella notte dei tempi, parti di noi che cercano disperatamente di esprimersi, al quale tarpiamo le ali, senza accorgerci che potrebbero essere la nostra chiave di volta, se solo le imparassimo ad accettare liberi dal giudizio e dalla paura.
L'importanza dell'ascolto. Sull'importanza dell'ascolto va la mia riflessione. L'ascolto e il farsi sentire. La connessione di tutto questo con la paura. Ascoltarsi, nel corpo e nella propria voce interiore per abbandonarsi al libero fluire. Il costo è entrare nell'ombra, in uno spazio dove il rischio dell'incontro col dolore, con la
rabbia è inevitabile, è un processo obbligato. Rilasciare la paura entrandoci dentro, affrontando l'inadeguatezza che viene a galla, scoprendosi, accettando di vedersi, di essere visti e ascoltati, facendolo con se stessi in prima persona, aprendosi ad un ascolto interiore profondo. Ăˆ il primo passo verso la guarigione. Arrendersi porta dallo sforzo al fluire.
III
DENTRO L’AUTOBOICOTTAGGIO Quando si ritiene che aver sbagliato sia un evento catastrofico, si tende a evitare scelte e decisioni. Dunque lo sviluppo di una personalità individuale viene soffocato. EDWARD WHITMONT
A fronte delle precedenti considerazioni in merito all‟autoboicottaggio, viene spontaneo riflettere su quanto sia ampio e pervasivo l‟ambito di competenza dell‟argomento. Cercare di tracciare una struttura sembra quasi far indossare una taglia 40 a chi avrebbe bisogno di portare una 48. Detto questo però, bisogna tenere conto delle premesse dalle quali muoviamo, nel senso che, a ben rifletterci, siamo di fronte alla manifestazione di qualcosa che deriva direttamente dall‟ordine. Qualcosa che ha, come abbiamo visto, una precisa funzionalità imprescindibile. Qualcosa che segue leggi precisissime ed universali. Questa certezza, questo punto fermo, fa sì che il cielo si sgomberi dalle nuvole. Ovvio è che quando ci si sposta dalla teoria alla pratica, il mondo prende colore. Quando nella nostra vita incappiamo nei trabocchetti dell‟autoboicottaggio, decifrarli non è poi sempre semplice. Ma visto che è proprio la legge sistemica che ci offre le basi, allora partiamo da lì.
Basterà tanto per cominciare riflettere su due grandi tipi di strategie: quelle di apertura e quelle di chiusura. Le prime riflettono l‟armonia con l‟ordine, il proprio fluire all‟interno di esso, sono strategie d‟amore e le affronteremo in maniera approfondita più avanti. Le seconde invece, come abbiamo precedentemente trattato, sono quelle nelle quali ci muoviamo quando parliamo di autoboicottaggio. Come due macro insiemi, le strategie di apertura e le strategie di chiusura sono le fonti dalle quali, a secondo del debito, attingiamo per fare nella nostra vita. Quando parliamo di autoboicottaggio attingiamo alla vorticosa ed alterata fonte contro-sistemica della chiusura.
Tenendo presente che strategie di chiusura e paura, indissolubilmente legate, sono il punto di partenza, di seguito andremo a vedere alcuni dei sotto insiemi che vi appartengono. Si tratta di forme di autoboicottaggio che, a seconda della qualità, della quantità e della provenienza del debito di cui si è portatori, vanno a compensare tacitamente, laddove da soli non siamo capaci di trasformare.
III . 1 Le strategie padre/figlia Un primo esempio che vediamo sono le cosiddette Strategie padre/figlia. Durante la crescita, e a seconda dell‟evoluzione del degrado, sempre in risposta a quell‟antico moto d‟amore interrotto, il figlio/a o colui che pur in età avanzata si trova ancora in questo ruolo empirico, metterà in moto strategie di stress di varie forme, tutte atte a cercare in un modo o nell‟altro di conquistare l‟attenzione del genitore reale o di colui con il quale rimette in essere il medesimo rapporto. Non importa quanto ne sia consapevole, anzi, se andassimo a dire ad un adolescente che scappa di casa, che lo fa perchè inconsciamente cerca l‟amore dei genitori, rischieremmo una denuncia. All‟età di tredici anni, dopo aver messo appunto un piano perfetto, decisi di scappare di casa. Avevo pianificato tutto nei giorni precedenti. Avevo messo da parte i pochi soldi che mi passavano tra le mani e avevo preparato uno zainetto, lo stesso che usavo per la scuola: dentro niente libri quel giorno, solo un quaderno per scrivere, una felpa più pesante, uno spazzolino, e qualcosa che non ricordo più ma che mi era caro all‟epoca. Avevo organizzato tutto, per andare “a stare un pò in pace”. Nella mia visione di ragazzina cercavo semplicemente di allontanarmi da ciò che in famiglia era stretto per me. Finita la giornata di scuola, era mia intenzione andare in stazione, prendere il treno e fare giusto quei pochi kilometri che mi avrebbero portata a Otranto in venti minuti. Il colpo di scena fu, che proprio quel giorno, la mia migliore amica più grande di me di tre anni, per la prima volta era venuta a prendermi in vespa per farmi una sorpresa. Al vederla mi crollò il mondo addosso. Decisi di chiederle di accompagnarmi in stazione. Senza spiegazioni all‟arrivo le chiesi di mantenere il segreto qualsiasi cosa fosse accaduta, e lei annuì. Quel tempo in treno fu qualcosa che ricordo ancora
nitidamente. Dentro mi scoppiava il dolore di una vita, non importava quanti anni avessi, ma era qualcosa d‟incredibilmente grande per me. Piansi lacrime copiose, singhiozzavo ininterrottamente... cercavo la pace, cercavo il respiro che credevo solo il mare aperto mi potesse dare. Arrivata in stazione a Otranto, non feci in tempo a guardare fuori, che mia madre era già lì. Rigidamente addolorata e arrabbiata. Ricordo solo che mi disse “ma a noi non ci hai pensato?” Tornammo a casa in silenzio, la punizione fu lavare tutte le piastrelle del bagno, ma non mi pesò, karma yoga per me... in ogni piastrella lasciavo un pensiero, perdendomi nel vuoto che ero tornata ad abitare. Se allora mi avessero detto che cercavo l‟amore dei miei genitori, scappando di casa, certamente avrei negato. Volevo solo stare da sola. Forse come già stavo. L‟anno seguente i miei si sarebbero separati. La settimana successiva iniziai i miei sei anni di analisi che mi accompagnarono sino al quarto superiore. Il tempo mi ha riportato spesso a quel viaggio in treno. Di tanto intanto la voglia di fuga ritorna, ora sento cosa mancava. Le strategie padre/figlia sono varie. L‟esempio della fuga appartiene nello specifico alle strategie di ribellione. Queste mettono in atto un vero e proprio tradimento e sono anche strategie di stress. Le altre forme nelle quali si manifestano consistono sempre in linea di massima nel fare l‟opposto di ciò che gli si dice. Sono strategie che parlano di un‟alterazione del ruolo empirico tendente allo yang. Quindi se ne deduce anche la mancanza d‟integrazione della carica yang genuina, la mancanza di riconoscimento dell‟autorità, ed un moto rabbioso che prevale. Le strategie di ribellione hanno come denominatore comune lo shock che cercano di provocare: se non si riesce infatti ad avere l‟amore, si cerca di avere almeno l‟attenzione e con la preoccupazione che generano di fatto, la ottengono. Così, vedremo i tatuaggi fatti di nascosto e contro il premesso, magari sotto la maggiore età, tutti gli altri segni di alterazione sul corpo come piercing, capelli dai tagli più improbabili, abbigliamenti che comunemente fanno andare su tutte le furie le mamma e i papà, specie nei giorni di festa. Infine appartiene sempre alle strategie di ribellione, la vendetta, passata con strategie di stress. Frequentare quegli amici che a papà non piacciono, scappare col primo che capita, ecc. sono tutte strategie mosse da un unico meccanismo.
Una variante più yin, ma ovviamente dalla sfumatura alterata, sono le strategie di seduzione. In questo caso si tende al richiamo d‟amore, con sottile opportunismo. In un certo senso ci si conquista l‟amore. Così quando diciamo “seduzione” però non ci riferiamo soltanto a quel fare sdolcinato, all‟avvenenza del corpo, all‟elegante provocazione, ci riferiamo anche a questo. Tuttavia limitare le strategie di seduzione a tutto ciò che la nostra società abilmente ci richiama sarebbe riduttivo. Fa parte delle strategie di seduzione infatti, la sindrome del primo della classe. Verrebbe da pensare che si tratti di qualcosa che inizia e finisce con gli studi scolastici, invece molto spesso diventa il trampolino di lancio per un‟ottima carriera in età adulta. Si tratta di chi ha sempre la risposta a tutto, la soluzione chiavi in mano, è sempre quel passo più avanti che fa la differenza. Non gli sfugge niente, è abile e sottile, sa sempre come fare per conquistare il suo obiettivo, un amore travestito. Seduzione quindi per lui significa strumentalizzare le proprie doti, commercializzare il proprio codice
III . 2 La vittima, il Devo La vittima non è riconosciuta dall‟ordine in quanto tale. Come abbiamo detto al principio, il sistema, che non prevede nè colpa ne merito, non può sostenerla, conoscendo solo la responsabilità, che sia presa o che sia mancata. Pertanto questo ruolo fittizio è un autoboicottaggio perfetto, che la vede protagonista di continue e immancabili sventure. In un modo o nell‟altro la sua visione alterata la porta a dire “capitano tutte a me” e c‟è sempre qualcosa, al di fuori del suo controllo, che mina il suo tanto anelato equilibrio. La sua paura è troppo forte per poter essere in grado di mettersi al centro della propria vita come artefice della sua fortuna, così vive del riflesso di ciò che dall‟esterno le arriva. Non sentendo la responsabilità, viaggia nel mondo come un eterno bambino in richiesta, aumentando,
con
le
sue
strategie
di
subappalto,
il
proprio
debito
inequivocabilmente. Col tempo la paura lascia il posto alla rabbia. L‟alterazione empirica aumenta, le sue strategie di autoboicottaggio si fanno più spigolose: non sarà più una semplice vittima, ma si trasforma in quella che, secondo la metamorfosi empirica definiamo “vittima rabbiosa”. Indipendentemente dal proprio sesso biologico, ma in stretta relazione con la propria polarizzazione yin o
yang, possiamo dire che, finchè l‟indicatore della paura è il prevalente (piccolo, yin alterata, uomo yin) siamo nella vittima. L‟aumento di debito, quindi l‟aumento della rabbia, porta in gioco la carica yang: in termini di ruoli siamo dal finto yin al finto yang. Qui vedremo non solo atteggiamenti vittimistici ormai conclamati, ma saranno colorati da schizzi di rabbia improvvisi, sino a rabbia conclamata, aggressiva ed incontenibile man mano che ci si sposta nello yang. L‟autoboicottaggio in questi casi coinvolge anche i familiari, o chi è vicino all‟individuo, che si può ritrovare inaspettatamente coinvolto, se non addirittura accusato. In tutti i casi, che si tratti di vittime o di vittime rabbiose, la mancanza di capacità di assumersi la responsabilità di se stessi e della propria vita, è una strategia di autoboicottaggio consistente, che a meno che non inverta la rotta, guardandosi il proprio dolore, trasformandolo e liberandolo, mina inevitabilmente la sua esistenza. La vittima si sente in colpa per natura, soffre prendendosi responsabilità che non le competono (compensando le proprie di fronte alle quali manca). La qualità d‟amore che riconosce è la stessa che le appartiene, potremmo dire yin alterata, (dolce, docile, accondiscendente). La vittima soffre di mancanza di autostima. Una delle sue strategie preferite è il devo. È questa distorta concezione della responsabilità che le appartiene. Il sistema la riporta ovviamente come debito acquisito. Il senso del dovere infatti, non essendo funzionale, costituisce un‟infrazione. Ci segnala il rapporto alterato con se stessi in quanto significa negare il libero arbitrio. L‟auto convincimento morale che si nasconde dietro il devo ci evidenzia la scelta di paura: delegittimandosi è severo e duro con se stesso, si nega la possibilità di errore, negando il libero arbitrio si nega anche questo suo diritto importantissimo. Questo atteggiamento che ci mostra l‟arroganza della mente e l‟imposizione verso se stessi, si ribalta poi all‟esterno sotto forma di aspettative. Il senso di inadeguatezza che vive si esprime attraverso il dovere, il suo indicatore prediletto è il senso di colpa, che a catena genera la sua rabbia. Generalmente chi entra nel ruolo della vittima sperimenta una carica rabbiosa repressa, addirittura maggiore di chi, al contrario è nel ruolo del carnefice. La rabbia repressa per la vittima si trasforma spesso in forme di autopunizione, rivoltandola contro se stessa.
Nella mia famiglia, in quanto primogenita con due sorelle minori, il mio ruolo di vittima ai tempi della separazione era assolutamente forte nel mio sentire. Mi percepivo impotente e al contempo responsabile per tutti i miei familiari. Il ruolo centrale che le dinamiche mi avevano portata ad assumere, lo vivevo con forte partecipazione. Sebbene mi lamentassi di questo non ero consapevole di quanto in realtà non stessi esercitando il mio ruolo di figlia, che mi apparteneva di diritto. Così mi trovavo ripetutamente ad ed essere il tramite tra i miei genitori, tra loro e le mie sorelle. Il tempo passava, la rabbia cresceva ed io iniziavo a ribellarmi a qualcosa alla quale in precedenza non solo avevo accettato, ma che molto spesso senza accorgermene incrementavo. Mi prendevo la responsabilità per tutti, tranne che per me stessa. Quando iniziai a cambiare atteggiamento, inizialmente venivo anche giudicata in quanto il ruolo che ricoprivo si trovava man mano vuoto, ma è stato l‟inizio di una serie di trasformazioni, tutt‟ora in atto. Iniziare questo cammino di consapevolezza mi ha insegnato quanto, quando si è collegati alle proprie radici primarie, non si ha bisogno di far nulla per essere collegati all‟amore, si interpreta in automatico un copione legittimo, si riconquista naturalmente il proprio posto all‟interno della gerarchia familiare. Il sistema riconosce tutto questo, e lo riporta empiricamente. Noi sentiamo il suono del fluire e ne facciamo parte.
III . 3 Co-dipendenza o Agency Un‟ultima strategia di autoboicottaggio che andiamo ad affrontare è lo stato di codipendenza o Agency. Prima di entrare nel vivo della questione è necessario aprire una parentesi. L‟argomento co-dipendenza, presuppone una relazione affettiva, quindi un rapporto a due. Non entreremo nelle dinamiche di coppia vere e proprie ma ci basterà tener presente che, come in tutti i fenomeni che stiamo trattando, ci muoviamo nella visione empirico-sistemica, pertanto che si tratti di fenomeni che riguardano il singolo, che riguardano una circostanza, o che invece riguardano la coppia, ricordiamo che le leggi dell‟ordine valgono per ogni sua manifestazione. Quindi il concetto di unità e di compensazione sono e restano fondanti.
Detto questo, per affrontare il mondo della coppia da questo punto di vista mi piace introdurre la questione affrontando il concetto di sintonia e tensione. Nella coppia, a livello istintivo si ricreano le possibilità che permettono la salvaguardia della specie. Si crea un‟unità attraverso la tensione tra i due opposti che si attraggono e si compensano, al livello profondo si riconoscono per garantire il miglior completamento biologico della propria stirpe. La tensione tra i due opposti crea l‟equilibrio, perchè gli opposti si equivalgono. Più di sta bene nella coppia, più la tensione cede il passo alla sintonia. Più si sperimenta unità nella coppia, più la tranquillità generata è nociva: questo processo infatti non fa altro che fossilizzare i propri buchi emotivi fissandoli indelebilmente nel profilo di ognuno. Infine, come i due opposti si uniscono nella coppia, allo stesso modo sono presenti in noi in quanto individui singoli, facendoci portatori di luce ed ombra, di yin e di yang, di maschile e di femminile. A prescindere dal nostro sesso biologico, siamo dunque portatori di ambedue le ceriche: Animus e Anima sono il contenitore ideale di ognuna. La tensione tra esse genera l‟attrazione o meno verso il partner. Animus e Anima sono due parti di noi, quella che dopo la pubertà resta cosciente è quella affine al sesso biologico, mentre l‟altra scivola nell‟inconscio. Le due parti si muovono in maniera indipendente, talvolta opposta e determinano chi siamo. L‟ambito dell‟Animus è alla base di ogni agire maschile, che per gli uomini rappresenta la carica yang primaria conscia, mentre per le donne la carica secondaria inconscia, i cui principi attivi sono espressi nel Codice Yang. L‟ambito dell‟Anima è il femminile, per le donne carica primaria conscia e per gli uomini carica secondaria inconscia, di cui il Codice Yin raccoglie i principi attivi. Ogni incontro di coppia muove per compensazione di luce e affinità d‟ombra. Pertanto significa che a seconda del debito e dell‟alterazione del proprio ruolo la compensazione che nella coppia avverrà seguirà queste tacite regole dell‟ordine. Accade così che la parte inconscia del sesso opposto si riconosce nella parte conscia del partner, quale completamento che genera unità, da qui l‟innamoramento. Il gap che ci avvicina all‟argomento che tratteremo, l‟agency, è questo: più ci si allontana da una polarizzazione di yin e yang integrati, più la nostra tensione verso l‟unità rispecchierà tale alterazione. Così più una donna non ha un‟Animus sano, perchè ad esempio suo padre era assente o a sua volta portatore di una carica
insufficiente, più i suoi talenti resteranno inespressi in quanto per una donna l‟Animus è la piattaforma del suo yin. Se al contrario, è portatrice di un Animus espanso, ossessionante, più ciò indebolisce la sua autostima, la rende aggressiva, ed essendo scissa dal femminile, mette in atto autoboicottaggio. L‟uomo con un Anima che sovrasta l‟Animus essendo anch‟egli scollegato dal maschile, ha una base emotiva debole, che non riesce a sostenere le proprie aspettative. Apparentemente gentile e comprensivo è mentale e spesso cinico, tende alla vendetta verso le donne perchè lo yin per lui significa assenza di yang: ha molta rabbia arretrata e tende alla vittima. Tornando al concetto iniziale di sintonia e tensione, possiamo quindi affermare che, se ricreiamo l‟unità al nostro interno come singoli, questo accade anche nella coppia ma, come abbiamo appurato il debito porta alterazioni dei ruoli empirici. Quindi come può esserci carenza di Animus o Anima nell‟individuo, può esserci la stessa carenza anche nella coppia. Quando questo accade, la relazione affettiva che si vivrà non sarà capace di generare amore armonico ma sarà uno stato di bisogno. La relazione che si vivrà sarà di co-dipendenza o Agency.
Entriamo ora nel vivo. Lo stato di Agency, a seconda della carenza di cui si è portatori può essere di due tipologie: l‟Agent Classico o Sindrome della brava bambina o l‟Agent portatore della Sindrome del Salvatore. Quando la carenza è di Animus siamo in presenza dell‟Agent Classico, della sindrome della brava bambina. Nonostante le forme siano tante e le eccezioni altrettante, si possono tracciare delle linee guida. La strategia di dipendenza si manifesta come simbolo corporeo attraverso l‟indicatore della rabbia, in quanto senza accorgersene subisce la vita. L‟individuo può aver sentito l‟indecisione dei genitori al suo arrivo, la loro paura del futuro, le loro preoccupazioni, così potrebbe essere nato prematuro. Il senso di colpa che avvertirà lo accompagnerà a livello profondo per tutta la vita. Come abbiamo detto in precedenza, il primo stato di dipendenza che sperimentiamo avviene nel grembo materno, quando lei ci collegava al mondo attraverso il cordone ombelicale: l‟Agent sta bene solo ricreando quella dipendenza, così da via il suo potere, stando sempre fuori da sé. Così è capace solo a dire “Si”, quel si
automatico indipendentemente dalla carica della situazione e dal proprio sentire, da cui è ovviamente scollegato. Questo perchè, ad ogni modo non è capace si sostenersi. I suoi comportamenti autoboicottanti faranno in modo ad ogni costo che egli si muova per guadagnarsi l‟amore, così farà di tutto per soddisfare al meglio l‟altro. D‟altra parte l‟agent sente prima gli altri e poi se stesso: se stanno bene loro, dopo e di riflesso, sta bene anche lui. In questo modo non sceglierà nulla per sé: la sua difficoltà di ricevere si deve all‟atavico senso di colpa che si porta dentro. È proprio per questo che evita lo scontro a tutti i costi: quando accade, il suo senso di colpa è smisurato e insostenibile e farà sì che egli si adatti ancor di più alle esigenze del partner. Spesso le coppie che non litigano mai seguono questo copione. Il sentire è a loro precluso, ma quando anche nel corpo si tenta di soddisfare l‟altro si acquisisce un debito sempre più pesante. Infatti è nel corpo che la rabbia repressa si manifesta attraverso strategie di compensazione: al livello sessuale l‟uomo avrà mancanza di erezione, mentre la donna sperimenterà mancanza di libido. L‟agent non fa sesso ma solo l‟amore, d‟altro canto vive la sessualità con vergogna. Il sentire viene sostituito così dal capire. Infine il devo è vissuto moltissimo dall‟agent: sarà però una sorta di „devo pratico‟, ovvero il dovere di fare qualcosa per l‟altro. L‟agent non sa essere autentico ed è come una spugna, un camaleonte nei confronti dell‟ambiente circostante. Nel partner ritrova la madre o il padre e la sua affinità all‟ombra, fa sì che riesca a sentirsi solo nel dolore: non potendo sentire il piacere che lo farebbe sentire in colpa, si anestetizza. Tutte le strategie scendendo nel corpo sono visibili anche fisicamente attraverso precise caratteristiche. Così, la gentilezza e l‟accondiscendenza di questa tipologia, gli farà sfoggiare un sorriso obbligato, avrà creato una barriera energetica che porterà la sua schiena a inclinarsi in avanti o indietro, le sue pelvi arretrate lo faranno riconoscere dal Salvatore. Si tratta di persone senza slancio in avanti, frenate e con poca vitalità: le sue energie sono tutte impiegate nel trattenere, nel sopprimere le sue forze vitali.
In mancanza di Animus sono due i ruoli empirici originari che rispondono a questo profilo: l‟Uomo yin, il “Cocco di mamma” e la donna yin e la Donna Yin alterata, la “Figlia di papà”.
La sfumatura del Salvatore è ricoperta dai ruoli empirici dell‟Uomo Yang Alterato (cocco di mamma) e dalla Donna Yang (figlia di papà) come partenza. In questa tipologia di Agent, cura e potere si equivalgono. Il salvatore infatti fa in modo di essere vittima della vittima che egli stesso sceglie. Ha il potere di creare e mantenere stati di necessità in modo da poter essere utile, innestando e alimentando la dipendenza. Il salvatore gestisce l‟altro invadendo ogni spazio senza chiedere il permesso. È lui a sapere cos‟è meglio per l‟altro arrivando quasi a sostituire la propria convinzione con la realtà del partner. Apparentemente a buon fine, offre la sua spalla, le sue energie fisiche e morali, ma è in realtà esattamente questo quel che cerca. A lungo termine questa tensione-unione forzata, farà soccombere sotto il proprio stesso sforzo, sfinito, il salvatore. Con un Anima debole che gli faccia integrare lo yin, disprezzerà le donne, serbando rabbia.
IV
USCIRE DALL’AUTOBOICOTTAGGIO
Il terreno dei misteri è il limite dove la forza incontra la forza poiché è il sorgere delle forze inesplorate e indomite che non seguiranno la logica della nuda forza e dunque agiscono in modo inesplorato STARHAWK
VI . 1 Accettazione, radicamento, integrazione Lo stato di debito, a parte i casi in cui è così pesante da causare l‟estromissione dal fluire, può essere evaso. Il sistema grazie agli indicatori, cerca costantemente di indicarci la via per farlo. Addirittura attraverso la malattia nei casi peggiori: è infatti la compensazione che si mette in atto, quando a livello psico-emotivo il conflitto non venendo superato, si subappalta al piano fisico. Evadere i debito, è un processo lento e delicato ma necessario e innato per tendenza umana. L‟automiglioramento ci appartiene. La specie tenderà sempre in questa direzione. Evadendo il debito, anche gli indicatori sistemici rienteranno, saranno gestibili e così anche tutte le strategie di autuboicottaggio cadranno non essendo più funzionali. E saranno sostituite a strategie d‟apertura, il moto d‟amore, prenderà il posto della dipendenza. L‟individuo ritorna nel fluire, perceperdo lo stato di equilibrio e unità al quale precedentemente non aveva accesso. Evadere il debito e trasformere, sono passaggi precisi che non si possono evitare, se si vuol migliorare la propria situazione. Quando questo accade, ovviamente si è mossi dalla ricerca di qualcosa che manca a livello profondo, spesso non si sà neppure cosa si cerca, ma è solo un senso di vuoto interiore, che si percepisce. Altre volte si è spinti dall‟impossibilità di essere indifferenti a quanto accade nella vita: infatti essendo il modo esterno specchio di quello interno, allora se il livello di debito è alto, anche il degrado nella vita di tutti i giorni presenterà una seie di
blocchi
e
limitazioni
che
parlano
inequivocabilmente
di
noi
stessi,
indipendentemente da quanto ce lo si ammetta o meno a livello cosciente. E proprio questo uno dei primi passaggi importanti: ammettere la propria responsabilità ed rendersi disponibili: accettare. Si tratta di un primo passo che sostituisce la chiusura all‟apertura, il piccolo al grande. Un primo passo verso le briglie del libero arbitrio, in molti casi lasciate troppo tempo prima . Ciò rimette in contatto, piano piano col proprio potere personale, ed il Si da automatico si fa consapevole: così si inizia a sperimentare il principio di inclusione. Si inizia a sentire la propria forza: perchè la rabbia rinnegata viene riconosciuta e trovando il suo posto legittimo, diventa un‟alleata. Il confronto col proprio dolore diventa un passaggio obbligato, necessario per entrare nel ruolo dell‟adulto, per accedere alla massima esposizione della matrice d‟eccellenza del proprio codice: la forza del padre e la forza della madre. Necessario quindi, sporcarsi le mani, perdere l‟innocenza del bambino: entrare nell‟esplorazione delle proprie strategie di autoboicottaggio, significa avvicinarsi all‟ombra, riconoscere i propri limiti e tabù. È questo il punto di partenza. Mettersi a propria profonda disposizione. Cercare il contatto con gli antichi moti interrotti, ammettere il dolore fino a tal punto rimosso, accettandone la responsabilità anche dove non la si percepiva, vivendo nel mondo come un bambino nel corpo di un‟adulto. Accettare il dolore non è semplice, ma ciò significa rendersi disponibili a crescere, saper sostenere la colpa empirica di aver boicottato la vita stessa attraverso infiniti meccanismi e giustificazioni razionali e inoppugnabili. Prendersi questa colpa e imparare a contenerla, nel dolore che comporta, significa avere spazio del cuore, che al bambino manca. Per far questo è necessario prendersi la responsabilità di disattendere i genitori andando verso la propria identità. Diventare adulti significa non aver più bisogno di scappare. L‟esperienza di avvicinamento al tabù individuale e sistemico crea lo spazio del cuore necessario, dà la forza necessaria a sostenere il dolore che si riscopre sotto le macerie: il vincolo necessario è però di rientrare, altrimenti si resta imbrigliati nell‟energia stessa che tiene lontano dall‟integrazione e dalla luce. Perchè questo accada è necessaria forza. Da qui il concetto di binomio forza-dolore. Perchè avvenga la risoluzione empirica, avvicinarsi al dolore non basta. Bisogna attraversare un fisiologico periodo di lutto. Da questo se ne esce con una forza nuova, che viene dall‟integrazione del dolore stesso. La crescita personale basa su
questo principio di consapevolezza. Queste fasi tanto delicate, quanto importanti fanno sì che l‟assetto del mondo individuale, si affianchi e risuoni sempre più all‟ordine, accedendo a ciò che è privi di aspettativa e proiezioni. L‟autoboicottaggio si sgretola naturalmente. Si entra in contatto con parti nuove di sé, finora precluse, e l‟anima ricomincia a liberarsi e finalmente, non essendo più completamente occupati solo con le proprie miserie, si incontra l‟altro, senza cascarci dentro, il proprio amore può incontrare il dolore, sperimentando compassione.
Per sesso biologico, bisogna poi ritornare a casa, ovvero ritornare a scoprire e a radicarsi in tutti quei principi del proprio codice di base, yin o yang. Affrontando il dolore verso i genitori, la rabbia per tutti i diritti di bambino disattesi, siamo pronti finalmente a ritrovare le radici. Radicarsi significa ritrovare il proprio ruolo di uomini e di donne. Significa far risuonare le proprie doti naturali in armonia e senza sforzo. Sia nella carica maschile che nella carica femminile. Significa riaccendere le candeline che i nostri genitori, portatori a loro volta di una carica alterata o insufficiente, pur facendo il loro meglio non hanno potuto illuminare. È nostro diritto e obbligo, recuperare questi talenti della carica primaria e integravi anche quelli di carica secondaria, affinchè questa sinergia, questo principio di unità entri in risonanza con l‟universo. Il viaggio alle radici del proprio maschile e femminile, massaggia l‟anima ed il corpo, l‟assetto cambia, gli odori cambiano, i gusti. Tutto ritrova un posto nuovo ed antico allo stesso tempo. Si tratta di un‟avventura che va coltivata giorno per giorno attraverso il fare, e ci rigenera e ci eleva. Questo passaggio, ci permette di andare verso l‟integrazione, tanto quanto l‟accettazione, che però è il primo passaggio necessario, il Si di partenza. Una volta che ci rendiamo disponibili, radicarsi ed integrare le cariche, ci consente di acquisire nuovi strumenti fino a quel momento sconosciuti, magari tanto criticati o addirittura mai reputati degni d‟attenzione. Così ci accorgiamo di quanto, mondo interiore ed esteriore si fanno da specchio, di quanto si compensino. Le leggi naturali sono sempre le stesse... Siamo noi a mischiare le carte, la partita continua
VI . 2 Accompanarsi verso la Luce Quando si intraprende un cammino di consapevolezza, ci si prende le proprie responsabilità. Si inizia a concepire che la trasformazione parte dall‟interno se si cerca la Luce. Il proprio Si ha bisogno di una spinta pratica che significa iniziare a sperimentarsi nelle Strategie di apertura. Ciò verrà troverà poi le conferme della giusta strada dal esterno. Essere propositivi è fondamentale per prendersi la responsabilità di propri nuovo successi, creando nuovi richiami di sicurezza e stabilità a livello inconscio e profondo. Solo sperimentandosi ciò si rende possibile, scegliendo e dandosi così anche il diritto di sbagliare e le eventuali sconfitte non segnano più con sensi di colpa, ma sono vissuti solo come possibilità. Abbandonare il pessimismo significa aumentare la fiducia in se stessi, smettere di autoboicottarsi. La propria visione di sè e del mondo, si trasforma, diventando protagonisti nuovi nella propria vita. Ciò che si era prima non lo si è più, perchè in realtà non era altro che una convinzione. Il sistema rispecchia questa trasformazione perchè si attirano nuove situazioni e persone in sintonia con la nuova energia di cui si è portatori. Così si inizia a parlare a proprio sostegno, si sperimenta il potere personale, iniziando a scegliere. Concedersi di scegliere il più possibile a partire dalle piccole cose della vita è un prezioso primo passo. La pulizia delle parole e dei pensieri servirà ad incrementare questa rigenerazione, e portare l‟attenzione al sentire instaurando un vero e proprio dialogo con questa parte di sè può essere spesso illuminante. A tal fine evitare critica e giudizio è un esercizio che pian piano porta all‟acquisizione di uno spazio ed una visione più ampia di sé e degli altri. Cercare di sperimentarsi nelle opinioni invece, basate sulla propria esperienza diretta è un atteggiamento costruttivo, invece che alimentarsi nella minaccia e nel terrore autoindotto. Prendersi la responsabilità di se sessi significa anche imparare a dire No e impedire di lasciarsi prevaricare oltre due volte, seguendo la legge del Tre è un ottimo strumento. Quindi sperimentando tutto ciò bisogna cercare di allentare man ano l‟attaccamento alle emozioni negative che ci riportano al punto di partenza e alla vecchia immagine di noi, farlo con cognizione, e quando si sente il senso di colpa imparare a vedere l‟atra faccia della medaglia: la responsabilità mancata.
Perdonarsi poi è una conquista, significa che il rilascio dell‟immagine negativa di sé è avvenuta su un piano profondo. Giorno per giorno tutto ciò porta basi concrete da cui partire ed approfondire. Significa imparare a stare bene anche con se stessi, da soli, e la compagnia non vorrà più dire essere fuori da sé ma con sé insieme al mondo. Riconoscersi nei propri bisogni, anche quelli che chiamano in causa gli altri, quando non ci si riesce da soli, significa sperimentarsi nella propria debolezza, ammettersi che lo si fa in primis per sè è un buon inizio.
III . 3 Il mio cammino La mia scoperta più grande in questi anni è stata la gioia. Quella a livello profondo. Quella che non cerca niente, semplicemente c‟è. Il percorso con la Lumh mi ha dato me stessa, mi ha portata a ritrovarmi. I seminari mi hanno scardinata, ovvio che il mio esserci è stato il primo importante passo. Questo lavoro interiore è stato ricco di momenti ed emozioni, forti, sottili, che le parole non sarebbero in grado di descrivere. I seminari, sono comunque stata una scoperta da cui il vero viaggio iniziava. Infatti, era dopo che la magia poteva esistere. La vita quotidiana è diventata man mano una scoperta sempre nuova, perchè in me stessa la luce era nuova. L‟amore per alimentarmi giorno dopo giorno in modi nuovi, attingendo al femminile man mano ritrovato, pulito da tanto inquinamento, la scoperta e l‟accettazione di un maschile debole quanto forte, che riserva ancora mille sorprese per me è ancora incredibile. La capacità di restare aperta, centrata nonostante le circostanze esterne. Tutto ciò alimentato da un lavorio sottile e quotidiano, in cui ho imparato a parlarmi e ad ascoltarmi, in cui ho imparato a lasciarmi andare scoprendo il gusto dell‟intima libertà che và ben oltre qualsiasi confine fisico. Questi anni mi hanno fatta partecipe di me stessa. Nella Luce e nell‟ombra. Al servizio del sè in maniera attiva. Il prezzo ora quasi non lo percepisco perchè tale è la preziosità di tutto ciò che ora sono in grado, che se c‟è una frase che posso dire è “ne è valsa la pena”.
Il Viaggio continua ogni giorno ad ogni modo, ogni giorno posso cadere, ma posso poi rialzarmi. Mi sento in grado di percepire la possibilità anche dove sento che è troppo, e allora va bene così... La morbidezza fluisce. La gratitudine è profonda. Sento la mia fortuna. Mi sento parte dell‟Universo. I modi quando aumenta lo spazio, inevitabilmente si trasformano, basta darsi il permesso.
III . 4 L’approccio empirico e la sua efficacia
Prima di iniziare questo percorso, come avevo detto in precedenza, ho avuto modo di fare analisi. Quell‟esperienza mi è stata fondamentale in quanto, probabilmente mi ha resa disponibile a guardarmi, innanzitutto, in un periodo di forte ribellione e profonda sofferenza. Mi ha aiutata a sostenete quegli anni. Ho il ricordo di quelle sedute che settimana dopo settimana attendevo, come l‟unico spazio davvero mio nella mia vita d‟allora. L‟approccio empirico sistemico, ha invece avuto dei risvolti sostanziali e concreti nel mio processo di crescita. I suoi tempi di trasformazione, lo stimolo alla mia reattività sono stati incredibilmente veloci e profondi mi nell‟essere. Questo è il motivo che mi ha portata a maturare l‟idea di sperimentarmi al servizio degli altri, condividendo un‟esperienza che nella mia vita si è rivelata un passaggio fondamentale: liberare il dolore. L‟idea che esista una matrice d‟eccellenza, che a livello empirico si rivela tale indipendentemente da chi tu sia, da dove arrivi, che valga univarsalmente, per l‟intero gruppo che partecipa, ed ovviamente per l‟intero ordine, rispecchiando tutto questo attraverso l‟esperienza, crea un radicamento nella realtà fortissimo. Ciascuno viene invitato a riprendersi il proprio posto, ricompattando i moti interrotti. Smascherare le cause, libera il dolore: gli effetti del debito quindi cadono perchè non sono più funzionali
Ringraziamenti Ringrazio innanzitutto la pazienza nell‟attesa di questa tesina, alle segreterie Lumh e Faip. Il mio autoboicottaggio si è manifestato in ogni possibile forma durante questo viaggio e contenerlo non è stato semplice. Ringrazio Cristina, la mia collega per il calore che è stata capace di trasmettermi, per le risate e l‟incoraggiamento, per la sua pazienza. Ringrazio mia sorella Chiara che mi ha permesso di scrivere materialmente queste parlole, in cambio leggeva un libro, ti ringrazio e ti ringrazio anche per la tua giovane curiosità. Ringrazio Oriana che mi
ha accolta nel suo nido facendo nascere in me il
coraggio di iniziare. Ringrazio Valeria, che a distanza mi ha sostenuta, ammorbidendo la mia bambina capricciosa, ti ringrazio per il confronto e per la tua sincera presenza, per la tua saggezza ed i sorrisi del cuore. Ringrazio Lucia, Annarita, Marzia, Paolo, Alice, Ileana e tutti i miei compagni d‟Accademia che in questi giorni si sono affacciati alla mia finestra come il sole, la vostra Luce mi ha nutrita. Ringrazio Michel che mi completa dove non arrivo, ti ringrazio di esserci, nel tuo modo, infinitamente ti ringrazio Ringrazio tutti i miei amici ed in particolare la mie amiche che mi hanno dato tanto, siete state campanelli magici, il vostro affetto sincero e la sorellanza che condividiamo è pura ricchezza per me...Grazie di cuore Ringrazio mio padre, che mi ha portata a conoscere la Lumh e mi ha accompagnata in questi anni attraverso momenti anche contrastanti di trasformazione. Grazie per l‟appoggio che mi hai offerto come e comunque sempre, lo riconosco profondo dentro me. Ringrazio mia madre, che mi ha fatta donna. Grazie della fede che m‟infondi, della luce che mi accendi, grazie di essere Te
Infine il mio ringraziamento va a tutti gli esseri meravigliosi con cui in questi anni di cammino ci siamo vicendevolmente aperti il Cuore, vi riconosco e vi onoro fratelli e sorelle...