LUMH LIBERA UNIVERSITA’ DI STUDI PSICOLOGICI EMPIRICI MICHEL HARDY F.A.I.P. FEDERAZIONE ASSOCIAZIONI ITALIANE DI PSICOTERAPIA
LA METAMORFOSI EMPIRICA
di
Balzaretti Giancarla
TESI D’ESAME Counselor in Discipline Psicologiche Empiriche
IL BRUCO SI TRASFORMA IN …….. FARFALLA O FALENA? 2
INTRODUZIONE Quando ho iniziato a pensare alla tesi mi sono sentita persa e confusa; le domande che roteavano nella mente erano: quale argomento scegliere?, come esporre quello che mi ha portato a questa esperienza? E la risposta è arrivata da Michel Hardy, fautore della Psicologia Empirica, con semplici parole: “parla di te, di ciò che più senti”. E subito mi è stato chiaro quale fosse il tema che potesse esprimere ciò che sto vivendo: la trasformazione, metamorfosi avvenuta nella mia vita ed ancora presente in questo riavvolgere e riappropriarmi di qualcosa che è sempre stato presente, ma assopito, celato e camuffato e così comune a tutti. E’ un processo che appartiene a tutto il genere umano che lo accompagna nelle diverse fasi di crescita, fasi stabilite da leggi naturali che si manifestano in apprendimento esperienziale, fasi che necessitano di ascolto ed attenzione da parte dell’uomo, ma non è così che avviene nella nostra era perché tutto ruota a favore dell’azione (che diventa re-azione) al posto del sentire (che è il vivere). Siamo così spinti verso l’esterno d’aver perso il contatto con l’interno, con ciò che sentiamo e vorremmo esprimere al punto tale da non accorgercene nemmeno. In questo continuo divenire e mutare che è la vita cerchiamo il fulcro, il centro, la base modificandoci ed adattandoci a ciò che ci circonda perdendo sempre più il contatto con la vera ragione per cui siamo al mondo: l’amore, inteso come espressione vitale di sé. Permettere ed offrirsi la possibilità di fermarsi, riavvolgere, al pari di una pellicola cinematografica pezzi del proprio passato/vissuto, sperimentare la vera natura delle emozioni ci riporta al centro della vita e ci permette d’essere attori e non più spettatori. In queste riflessioni è apparsa la mia vita attraverso immagini metaforiche: l’escursus di una farfalla nelle sue metamorfosi evolutive paragonate alle mie fasi di crescita per diventare adulta che oscilla tra il “voler essere” farfalla dai mille colori e “sentirsi” falena dai colori smorti e insulsi che si traduce in ciò che mostro all’esterno e vivo all’interno, lato luce e lato ombra.
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LA METAMORFOSI IN LETTERATURA
La metamorfosi, 4
ovvero la possibilità di mutare il proprio aspetto fisico e la propria personalità, ha da sempre esercitato un fascino particolare sull’immaginazione dell’uomo, che di volta in volta l’ha interpretata in modi diversi, vedendola ora come spazio di libertà e via di fuga da una condizione rigorosa, ora come disumanizzazione e perdita della propria identità, ora come mezzo per far emergere una parte nascosta del proprio io. Non a caso questo tema attraversa tutte le epoche ed è presente in tutte le manifestazioni del pensiero ed immaginazione.
Filosofi, scrittori, poeti hanno steso pagine su pagine su questo tema a sottolineare quanto sia presente nella vita dell’essere umano. Gabriele D’Annunzio in una delle sue più belle liriche, “La pioggia nel pineto”, tratta la metamorfosi come intima fusione con la natura paragonando le parti del corpo umano agli elementi naturali, immedesimandosi con essi e fondendosi nello spirito. “La pioggia nel pineto” è una delle più belle liriche di Gabriele d’Annunzio in cui la parola viene usata per le sue componenti foniche e musicali più che per il significato. Il poeta passeggia in un bosco con la donna amata, alla quale dà il nome classico di Ermione e la invita a stare in silenzio per sentire la musica delle gocce che cadono sul fogliame degli alberi; il poeta e la sua donna si lasciano trasportare dalle sensazioni con un’adesione così profonda da arrivare alla fusione con la natura del bosco.
Il tema centrale della lirica è quello della metamorfosi: il poeta e la donna amata si fondono gradualmente con lo spirito stesso del bosco “…. piove su i nostri volti silvani…..” mettendo in atto una metamorfosi che si sviluppa attraverso una serie di paragoni tra alcune parti del corpo e gli elementi della natura “…. e il tuo volto ebro / è molle di pioggia / come una foglia ….” si assiste alla completa trasformazione dei due amanti in esseri vegetali “…. il cuor nel petto è come pesca / intatta, / tra le palpebre gli occhi / son come polle tra l’erbe, / i denti negli alveoli / son come mandorle acerbe…” I due personaggi costituiscono un tutt’uno con il bosco che li avvince in un abbraccio di rami e arbusti e vengono quindi immersi nel ritmo vitale, onnicomprensivo e infinito della natura. Kafka nelle sue opere indica avvenimenti cui non è possibile dare spiegazioni logiche se non attraverso interpretazioni simboliche o attraverso una lettura di tipo psicoanalitico, alla ricerca di significati che partono da una sfera di tipo inconscio. Utilizza il tema della metamorfosi per indicarne le qualità di autoanalisi e mettere in luce i disagi inconsci dell’essere umano. E’ quanto appare appunto nell’opera “Metamorfosi”. La vicenda del racconto inizia la mattina in cui Gregor Samsa, modesto commesso viaggiatore (protagonista principale), al suo risveglio si trova trasformato in un enorme scarafaggio. Quella sarà la sua condizione per tutto il resto dei suoi giorni: un essere con sentimenti umani ma con il corpo di scarafaggio, rinchiuso in una stanza, schifato ed evitato dai familiari. Gregor, divenuto scarafaggio, non si chiede neppure come e perché ciò possa essere accaduto, accetta la sua trasformazione e sin dall’inizio cerca di adattarsi ad essa. “Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena
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dura come una corazza, bastava che alzasse un po’ la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena. Davanti agli occhi gli si agitavano le gambe, molto più numerose di prima, ma di una sottigliezza desolante. Cercò di uscire dal letto …. Questo movimento gli fu agevole…..” Questo processo di autoriconoscimento e auto accettazione avviene quindi quasi con naturalezza. Il primo pensiero di Gregor è rivolto alla famiglia: si preoccupa per la loro condizione economica; il suo lavoro è stressante ed alienante e l’azienda da cui dipende è esigente, ma egli vi si dedica con tutto il fervore possibile, tanto da non prendere giorni di ferie; egli lavora per ripagare i debiti del padre e mantenere la sua famiglia, faticando il doppio pur di non desistere; col passare del tempo però non ha più né svaghi né solidi rapporti umani: il giovane diviene schiavo dell’azienda e della famiglia, prigioniero della sua camera. Gregor non è più un essere umano, bensì un rifiuto prodotto dalla società, una vittima incapace di reagire; è fortemente legato alla famiglia, ma questo legame viene vissuto come una costante oppressione: il figlio è incapace di agire e di volere e perciò subisce la superiorità del padre che diventa un’ossessione. Gregor è presentato sia come vittima della figura paterna sia come colpevole, perché incapace di reagire scappando da casa; consapevole di questa sua colpevolezza, non esiterà a porvi rimedio con la morte volontaria. Gregor, che è vissuto senza un vero amore, senza svaghi, senza libertà di parola, senza emozioni è ormai un insetto da eliminare e solo con la morte la sua esistenza ottiene un significato: liberare la famiglia dalla sventura e ritrovare pace. Ovidio, poeta latino vissuto nel I secolo a.C., nel poema “Metamorfosi” racconta trasformazioni senza fine subite dai protagonisti per mostrare la perdita d’identità che avviene e l’intimo dolore che si avverte nel processo di mutamento; evidenzia in alcuni casi come il divenire un’altra cosa possa essere la via d’uscita dalla realtà
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intollerabile o il riscatto da essa; mostra un universo in perenne cambiamento come se la metamorfosi fosse un processo naturale. “Metamorfosi” è un vasto poema in 15 libri che racconta più di duecento storie di trasformazioni. Ci sono esseri viventi che si trasformano in animali, altri che si mutano in piante o fiori, in fiumi o fonti; ci sono statue che si animano e persone che diventano statue o sassi. Da qui la sensazione di un universo in perenne cambiamento nel quale una segreta parentela accomuna tutti gli esseri, tanto che la metamorfosi appare come un processo che segue l’ordine naturale delle cose. Il poeta comincia la sua narrazione dalla creazione dell’universo che emerge dal caos informe, trasformandosi gradualmente in cosmo, ovvero in ordine, per passare poi alle prime fasi del genere umano, scomparso poi in seguito al diluvio e, di mito in mito, giunge sino alle soglie della storia romana. Della trasformazione, Ovidio evidenzia sapientemente ora il carattere repentino ora la lentezza graduale. Dell’essere umano, che si trasforma in essere arboreo o inanimato, il poeta avverte l’intimo dolore, la coscienza di divenire altro in una trasmutazione che sembra investire le radici stesse dell’universo. In alcuni casi, il gioco si accompagna ad una sensibilità inquieta di creature tormentate, che trovano nel trasformarsi l’unica via d’uscita a una situazione impossibile, a una passione assurda: nel divenire altra cosa rispetto alla realtà divenuta intollerabile, esse ritrovano finalmente il loro riscatto. Freud, neuropsichiatra austriaco, nel saggio “Introduzione al narcisismo” in cui introduce i concetti di narcisismo primario (tipico del bambino nella primissima infanzia in cui la libido è centrata sul proprio corpo) e quello di narcisismo secondario (in cui la carica libidica ritorna al soggetto che si identifica con l’oggetto amato), mette in luce lo spostamento di identità che avviene nell’essere umano durante la sua fase evolutiva o metamorfosi da bambino a grande. Il narcisismo è un disturbo della personalità e indica un eccessivo investimento nella propria immagine. I narcisisti dimostrano mancanza di interesse verso gli altri, ma sono altrettanto indifferenti ai loro veri bisogni e spesso il loro comportamento è autodistruttivo. Dal punto di vista sociale, il fenomeno esteso alla collettività,
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antepone la ricchezza alla saggezza, la notorietà alla dignità e il successo è più apprezzato del rispetto di sé. La chiave di una possibile terapia è la comprensione: tutti i narcisisti hanno un profondo bisogno di essere compresi, di qualcuno che li capisca. La malattia è condizionata dall’esagerato investimento nell’immagine che obbliga uno spostamento di identità, dal sé all’immagine di sé. Questa concezione è aderente al mito di Narciso che continuava a specchiarsi nell’acqua per conferma della propria bellezza più che per ammirazione. “…. L’uomo si è dimostrato incapace di rinunciare a un soddisfacimento di cui ha goduto in passato. Non vuol essere privato della perfezione narcisistica della sua infanzia e se non è riuscito a serbare questa perfezione negli anni dello sviluppo, si sforza di riconquistarla nella nuova forma di un ideale dell’io. Ciò che egli proietta avanti a sé come proprio ideale è il sostituto del narcisismo perduto dell’infanzia, di quell’epoca cioè in cui egli stesso era il proprio ideale.” Nietzsche, filosofo tedesco, nell’opera “Così parlò Zarathustra” utilizza la metamorfosi per mostrare la necessità di un rinnovamento interiore, un’opera di distruzione per creare spazi interiori vuoti e recuperare nuove possibilità; un percorso che ogni singolo individuo deve percorrere nella sua vita. L’opera racconta di tre metamorfosi che rappresentano il cammino di pensiero in cui si muove Nietzsche per comprendere il mondo. “…Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa un cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo.” La prima tappa è quindi quella del cammello, che rappresenta l’uomo che si piega davanti alla maestà di Dio: è l’uomo sottomesso, che accetta la morale della tradizione. La seconda è quella del leone, che reagisce e combatte contro i falsi idoli,
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simboleggia la rottura con questa morale, anzi la negazione della morale come tale. La terza è quella del fanciullo che dice sì alla vita e che esprime l’essenza della libertà umana: è l’uomo nuovo, la cui emancipazione dalla tradizione permette la creazione di nuovi valori. “… Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sé: come il cammello….” Il cammello è un animale paziente che subisce, che sopporta il carico sotto il peso del sacrificio, del suo dovere; esso è metafora dell’uomo occidentale cristiano. L’uomo fa ciò che deve fare, a prescindere dal fatto che ciò lo renda felice o meno. Anzi, è proprio quello che umilia, che punisce l’orgoglio e l’affermazione di sé a dover essere perseguito. “…. Fratelli, perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione? Creare valori nuovi di questo è capace la potenza del leone.” Il dovere è finalizzato alla convivenza con gli altri, ma è un modo di essere dell’individuo, è interiorizzato. Nel leone la sua forza di critica e di demolizione della morale è indirizzata verso se stesso e non verso valori sociali. Con questa immagine, Nietzsche sottolinea la necessità di un rinnovamento interiore – una metamorfosi, appunto – l’esigenza di rimuovere il dovere dal proprio inconscio. Il leone vuole riprendersi la propria libertà, essere il proprio padrone: al leone quindi viene assegnata la funzione di liberare l’essere profondo dell’individuo (cioè l’inconscio). Si tratta di un’opera di distruzione per creare uno spazio vuoto. “…. Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo?”
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Al fanciullo è associata la rinascita, la mancanza di un passato, l’oblio. Il fanciullo non ha valori da accettare, e nemmeno da rifiutare, non ha valori esterni a se stesso; il nuovo uomo, l’oltreuomo o superuomo, può essere un creatore di valori sempre nuovi, vitali, tali cioè da non sedimentarsi in nuovi condizionamenti interni. Solo il fanciullo quindi, che non subisce una vita, ma la crea, è in grado di costruire un suo mondo e inventare la vita. In questa prospettiva la vita è libera espressione della propria libertà, della propria espressività e creatività. Il riferimento alle metamorfosi indica che ogni singolo individuo può percorrere questo cammino: il superuomo non può essere una conquista sociale, ma è essenzialmente il risultato di un rinnovamento interiore. Attraverso le tre metamorfosi dello spirito Nietzsce mostra come il motto “Tu devi” vada trasformato dapprima nell’”Io voglio”, ed infine in un sacro “Dire di sì”, espresso dalla figura del fanciullo giocondo.
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LA METAMORFOSI IN NATURA
In natura, nell’universo la metamorfosi è una legge che appartiene e caratterizza ogni specie; nulla nel tempo rimane immutato, ma tutto è in continua trasformazione durante il suo ciclo vitale e così avviene anche per l’essere umano. In natura ogni essere vivente nasce e lentamente si trasforma basando la sua metamorfosi su una precisa legge evolutiva che, creatasi all’inizio dei tempi, si è modificata nelle sue espressioni vitali, ma non nel suo sistema basilare da cui trae origine. Nel mondo animale la farfalla è l’esemplare che meglio mostra il tema della metamorfosi, ossia una serie di trasformazioni che condurranno il bruco alla trasformazione radicale in farfalla o falena. Nel lento processo di trasformazione le bellissime farfalle che leggere svolazzano nell’aria e la riempiono di mille colori o quelle insignificanti che volteggiano di notte, tutte derivano da un grigio o nero bruco che si avvolge in una foglia-sudario ed appeso a testa in giù inizia il suo processo di metamorfosi: lentamente il sudario-bozzolo diventa sempre più sottile finché si dischiude e ne esce una farfalla dai colori sgargianti o tenui ed anonimi; il tutto avviene in perfetta armonia con le leggi della natura che governano questo processo ed in un equilibrio perfetto. La metamorfosi della farfalla consta di 4 fasi distinte.
Uovo: la femmina, che generalmente muore subito dopo la deposizione, depone l’uovo sopra o vicino a determinate piante che serviranno da cibo ai bruchi. Può essere abbandonato su foglie o steli o sulla parte
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superiore o inferiore delle foglie e fissato mediante una sostanza vischiosa. Una volta deposto, l’uovo comincia a segmentarsi attraverso la formazione di tre foglietti caratteristici, chiamati endoderma, ectoderma e mesoderma, che andranno a costituire i tessuti della larva. 12
Bruco: dall’uovo si schiude una piccola larva che, dopo aver divorato quello che resta dell’uovo stesso, si nutre della pianta su cui si trova. Ha un apparato boccale di tipo masticatore e le mandibole, che assolvono la funzione di prendere e triturare l’alimento, sono molto sviluppate. La crescita del bruco avviene attraverso una serie di passaggi che prendono il nome di muta.
Crisalide: raggiunto i limiti della sua crescita, il bruco cessa di alimentarsi e si mette alla ricerca di un luogo adatto per compiere la sua ultima muta che lo trasformerà in crisalide. Terminata l’operazione inizia un periodo di riposo ed assume aspetti e forme che la fanno assomigliare alla futura farfalla.
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Farfalla o falena La crisalide, progressivamente scuritasi, lascia intravedere la struttura della farfalla ormai formata ed i colori delle ali ripiegate attorno al corpo. A questo punto la schiusa, chiamata sfarfallamento, può avere luogo e la farfalla lacera il tegumento della crisalide e spunta con la testa mentre si aiuta con le zampe a liberarsi. E’ pronta a spiccare il volo e la sua metamorfosi è completa: è una farfalla dalle ali multi-colore o falena bianca o grigia.
….” E’ il momento divino! Il bruco sta morendo e la farfalla deve ancora nascere. Quella che per uno è la bara per l’altra è la culla. Ma se il bruco ha cessato di esistere, la farfalla non esiste ancora …. Anche noi dovremmo aprirci come la crisalide per riemergere nuovi, inimmaginabilmente altri” ……. A. Jodorowsky
E l’essere umano? Anche lui è un bruco che si trasforma? Anche lui risponde ad un ordine naturale che regola ogni movimento e moto vitale o è la mente che da padrona governa il suo entrare nella vita e lo dirige secondo il suo volere? In verità anche l’essere umano è soggetto ad una trasformazione nel passaggio da bambino ad adulto, ad una metamorfosi graduale e progressiva che non tocca solo l’aspetto fisico, ma interviene soprattutto nella sfera psico-emotiva attraverso le esperienze con cui viene a contatto. Nessuna esperienza va mai perduta o dimenticata e le esperienze infantili conservano tutta la loro forza nella memoria profonda. L’inconscio è una riserva di energie da cui provengono le pulsioni e le tendenze controllate dalla coscienza. Jung sosteneva che le decisioni della vita hanno a che fare con istinti e fattori inconsci più che con la volontà cosciente o la ragione. Jung sosteneva che l’individuo possiede nel suo inconscio dei modelli, che lui definì “archetipi o immagini primordiali”, comuni con tutta l’umanità a cui fa riferimento e ne condizionano lo stato di benessere o malessere. L’essere umano è anch’esso il frutto di una lenta trasformazione che avviene all’interno di un sistema governato dal principio di causa ed effetto e che regola ogni movimento dando origine ad un ordine armonico e funzionale nella vita. Allo stesso modo in cui il bruco è sottoposto all’ordine evolutivo per diventare farfalla, così l’uomo risponde a questo ordine ma con un valore aggiunto: la mente o intelletto, un bellissimo mondo da riempire ed esplorare e nello stesso tempo un pesante baule da caricarsi sulle spalle; esseri prototipi uno diverso dall’altro legati da una unica matrice sistemica ed empirica che, nell’essere adulto, è celata in lui da qualche parte ed annaspa alla disperata ricerca d’ossigeno. E qui nasce la vera avventura della vita, l’unica che possa pienamente soddisfare l’esistenza umana: ritrovare la matrice ed il proprio ruolo empirico inscritto nelle proprie cellule. Un lento riavvolgere di fatti avvenuti ed esperienze vissute per rimuovere vecchie emozioni bloccate, schemi ed atteggiamenti consolidati per scoprire che c’è altro e ritrovare quello che il sistema e l’ordine armonico prevedono come base vitale o matrice e da lì ripartire ascoltando ogni parte di cui ogni essere umano è composto.
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Un viaggio dentro e fuori di sé alla ri-scoperta dei meccanismi empirici che generano diritti ed obblighi basati sull’Amore e alla comprensione e visione dei comportamenti mentali che l’uomo si è costruito nella sua vita e che hanno generato, per il principio di causa ed effetto, conseguenze dirette nei legami e/o relazioni e maturato responsabilità per le azioni compiute o mancate. Attraverso questo viaggio ci è permesso ritrovare le dinamiche naturali insite in ogni azione, l’equilibrio naturale del costante processo di cambiamento che non ha né inizio né fine che è la vita, vedere il “fluire o fare armonico” senza giudizio o critica ma solo osservando. Esiste un ordine armonico, generatosi durante l’evoluzione del genere umano,
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riconosce la funzionalità quale parametro e criterio utile a regolare la vita; un sistema a cui il singolo fa riferimento essendo la matrice e base a cui è collegato e presente al suo interno, nella parte più profonda di sé. L’ordine è composto da dinamiche empiriche, ossia generatesi nel ciclo evolutivo dell’essere umano e diventate le basi ed i parametri di riferimento per l’essere umano; ogni individuo contiene dentro di sé queste dinamiche (legate al codice di appartenenza biologica) alle quali si aggiungono le strategie acquisite nei primi anni d’infanzia. L’ordine determina tutto “ciò che è” utilizzando le leggi della natura e applicando le sue funzioni in ogni ambito e relazione e generando, per la legge di causa ed effetto, delle responsabilità precise nei confronti di ogni atto compiuto o non azione effettuata. Appartiene ad un sistema che non ha né inizio né fine, ma solo un costante processo di cambiamento che lascia all’essere umano la libertà di scegliere e sbagliare purché si assuma la responsabilità del suo agire. E’ al pari di una bilancia che mantiene in costante equilibrio scelta o azione e responsabilità utilizzando la legge di compensazione per mantenere questo equilibrio. L’essere umano inoltre racchiude in sé valori appresi negli anni, strategie e moti vitali acquisiti e decifrati durante la sua vita, ma in particolare negli anni dell’infanzia, che ne hanno formato il carattere e le convinzioni; questi valori ed acquisizioni formano un sistema personale che generano meccanismi che sono parti integranti nella vita dell’essere umano e ne influenzano scelte ed azioni, con lo scopo di proteggere e conservare quanto acquisito.
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Il sistema empirico, che sottende alle leggi naturali, ed il sistema personale non sempre viaggiano di pari passo tra loro, ma spesso sono in contrasto, seppur ad un livello inconscio, e dalla sinergia o contrasto tra loro dipende la capacità della persona di stare nella vita e nel libero fluire determinando quindi la condizione di “felicità”. I meccanismi del sistema personale, avendo lo scopo di proteggere le convinzioni mentali e culturali, rafforzano strategie individuali che allontanano e nascondono quelle dell’ordine naturale/empirico e servono a compensare questo squilibrio, generando tuttavia un vero e proprio debito sul piatto della bilancia dello stato armonico vitale. Oltre all’ordine con cui si riflette, ogni persona è costituita da due parti ben distinte ma compensative: Yin e Yang (intesi come forza Yin incondizionata, accogliente, morbida e forza Yang concreta, autoritaria, concettuale, protettiva), maschile e femminile, luce e ombra, chiamate Anima e Animus da C. G. Jung e definite cariche nella psicologia empirica. Una è la carica primaria, corrispondente al sesso biologico del soggetto, e l’altra è la carica secondaria, l’opposto che fa da sostegno alla primaria in un perfetto connubio, entrambe necessarie per l’essere adulto. Ogni energia Yin richiede un supporto Yang avendo bisogno della sua spinta e determinazione, come un treno necessita delle rotaie. Solo così la donna (ad esempio) sperimenta i propri principi attivi pienamente, donando loro visibilità ed esaltandone la luce. L’Animus integrato conferisce ai moti Yin una forza indispensabile per dare slancio e direzione, concretezza e perseveranza, sostegno e valore. Aver acquisito una carica primaria troppo chiusa/debole porta alla mancanza di radicamento col proprio sesso biologico; se è la carica secondaria ad essere compromessa mancano i confini ed i limiti. Qualunque sia comunque la carica compromessa costringe l’altra a non svilupparsi in modo genuino ed il soggetto sente un vuoto interiore da colmare.
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LA METAMORFOSI EMPIRICA
Come il bruco passa attraverso fasi evolutive per diventare farfalla, così nell’essere umano avviene una trasformazione per passare dal ruolo di bambino al ruolo di adulto. La trasformazione nell’essere umano prevede dei passaggi prestabiliti a livello sistemico utili alla sua evoluzione da piccolo (unica fase in cui è prevista l’innocenza – l’inerzia – l’essere indifesi – il subire il grande ed il diritto a ricevere collegato alla carica Yin) a grande (fase in cui sono state integrate le cariche Yin e Yang per ogni essere umano, per potersi ricongiungere alla propria matrice d’eccellenza collegata al sesso biologico). La trasformazione dell’essere umano è un processo di crescita previsto dall’ordine empirico attraverso l’assimilazione e l’apprendimento di emozioni, sentimenti, azioni collegate al movimento naturale della vita. Il mondo che circonda l’essere umano (famiglia, società, scuola, mondo lavorativo e quant’altro) gli invia segnali, che non sempre rendono fluido ed armonico l’apprendimento naturale delle emozioni e sentimenti, ma confondono, bloccano, si scontrano e per re-azione inizia a staccarsi dal fluire naturale per mettere in atto dinamiche protettive. L’ordine naturale evolutivo prevede questo spostamento, purché in piena libertà se ne assuma la responsabilità, ossia diventi consapevole di quanto l’individuo porta in gioco nelle relazioni e nella vita e di cosa invece nasconda con tanta forza ed energia. Se questo non avviene si crea un peso interiore, il “debito empirico”, che preme nel profondo dell’animo umano e lo fa sentire a disagio, insoddisfatto. Durante il processo di crescita da bambino ad adulto, è avvenuta una metamorfosi della trasformazione, anch’essa prevista nell’ordine empirico, che l’ha allontanato dal naturale scorrere della vita e questo porta il disagio che sente dentro di sé. Che cos’è questa metamorfosi? Con il termine metamorfosi empirica s’intende il degrado progressivo e automatico che avviene durante le varie fasi di crescita, che segue un andamento sistemico prestabilito e costituito da passaggi consecutivi che ogni essere umano ha bisogno di attraversare. Volendo disegnare un grafico ha un andamento in orizzontale che
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partendo da sinistra, carica Yin, si sposta verso destra, per raggiungere la carica Yang, e, tramite la presa di coscienza delle proprie dinamiche ed il riscatto del debito acquisito (debito personale e genealogico), procedere in linea verticale per raggiungere l’integrazione delle due parti o cariche e diventare adulto integrato e rientrare quindi nel libero fluire come previsto dall’ordine empirico. Chiunque non abbia sviluppato le due cariche empiriche sane e genuine è costretto a seguire questo processo di metamorfosi; si tratta di dinamiche invisibili indotte da un catalizzatore empirico preciso: la rabbia. Si tratta di un processo in cui l’essere umano muta progressivamente il proprio carattere da uno stato di Yin – inizio di ogni alterazione empirica – fino allo stato di Yang alterato. Nella donna ogni tipo di deviazione comincia con il ruolo della donna Yin alterata, immediatamente successivo alla fase Yin neonatale, per portarsi verso la soglia e maturazione della donna Yang; una metamorfosi che dura un’intera vita sino al riscatto e retrocessione, per rientrare nel libero fluire, e potersi trasformare in Yin integrata. All’interno della propria metamorfosi il singolo sperimenta man mano i vari livelli espressivi previsti dal codice, tutti i vari stadi intermedi e i diversi livelli della “vittima rabbiosa”. Ogni persona vive durante l’infanzia una forma genuina di alterazione Yin che è funzionale alla crescita; la trasformazione da bambino ad adulto, dal ruolo di piccola a grande, avviene in maniera graduale ed automatica, a patto che i suoi diritti empirici non siano stati infranti. Ogni uomo e donna accede a un proprio codice empirico, un contenitore di base, che porta i principi attivi Yin o Yang, in base al sesso biologico, e stabilisce i talenti e le doti naturali e genuine a cui accedere, a prescindere che la persona ne sia cosciente o meno; entrambi i codici contengono una parte luminosa ed una parte d’ombra in equilibrio tra loro. L’uomo e la donna sono portatori sani del proprio codice che permette di accedere all’amore; ogni suo principio è concepito dall’ordine sistemico come un vero e proprio diritto empirico, che il sistema sostiene, e prevede ripercussioni per chi lo trasgredisce. Ogni diritto facilita e sostiene il suo portatore in modo inconscio alla mente razionale e si manifesta solo quando è violato: allora si trasforma in un obbligo da soddisfare e da qui la nascita di un debito. L’obbligo, alla manifestazione dell’intera gamma dei principi previsti dal codice di appartenenza, esiste al fine di raggiungere la felicità e appagamento all’interno del proprio
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essere donna o uomo; ogni legge armonica prevede d’essere accolta, al contrario si trasforma in ripercussione a livello emotivo; l’essere umano non può scegliere i principi previsti nel codice di appartenenza biologica più graditi evitando quelli scomodi, ogni principio evitato si trasforma in debito empirico. Alla presenza di un debito ingente lo sviluppo genuino si arresta e la portatrice rimane intrappolata nel ruolo della piccola. Il ruolo della Yin alterata, funzionale alla crescita, accumula sempre più rabbia con il tempo e, dal momento in cui non riesce più a contenerla, entra nei successivi ruoli empirici verso le diverse sfumature della vittima rabbiosa sino a raggiungere il ruolo della donna Yang autentica, condizione empirica irreversibile. L’iter del degrado prevede il passaggio da ruolo Yin alterata a donna finta Yin, poi finta Yang per arrivare alla fase ultima di donna Yang autentica. In assenza di debito la donna passerebbe dopo la fase dell’adolescenza, in modo graduale, al ruolo Yin integrato, ossia all’essere adulto integrato nei propri principi femminili. Il catalizzatore della metamorfosi empirica è sempre la forza del dolore arretrato; più forte è il dolore subito, più velocemente la persona degenera nella propria metamorfosi. La presenza di ogni debito si manifesta attraverso la comparsa d’indicatori empirici. avvertiti come moti interiori autonomi. Diventeranno i binari del proprio sentire generando un vortice emotivo che influenzerà percezioni ed emozioni, a prescindere dalla realtà del momento, con risposte dettate dal proprio indicatore e non in una condizione di equilibrio interiore, unico riconosciuto dall’ordine empirico come “autentico”. Esiste infatti un livello genuino di reattività insita in ogni situazione che, in presenza di un debito empirico arretrato generato dal dolore, è condizionato dall’indicatore sistemico e domina le reazioni del soggetto. All’interno della stessa situazione diversi portatori di debito possono vivere sensazioni opposte. Infrazioni isolate vengono segnalate attraverso sensazioni quali senso di colpa, rabbia, tristezza, paura; infrazioni ripetute giorno dopo giorno, attraverso abitudini disarmoniche, creano dei veri e propri vortici emotivi: il senso di colpa diventa rimorso o rimpianto; la rabbia diventa collera, rancore, astio, attacco di panico; la paura diventa malinconia, ansia, senso d’ inadeguatezza, mancanza di autostima, depressione. Quanto più il soggetto sperimenta la pressione emotiva, tanto più sviluppa strategie di difesa.
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Ogni percezione di disagio evidenza l’appartenenza a un ordine disarmonico, nasconde strategie di chiusura e quindi mostra la vicinanza al lato ombra o nascosto dell’essere umano, separandolo sempre più dal libero fluire e dallo scopo insito nella vita: la felicità. Riconoscere le proprie reazioni, rendersi conto delle emozioni che spingono in ogni situazione, comporta una grande consapevolezza per il soggetto oltre ad una responsabilità non facile da acquisire: il prendere coscienza che la propria risposta, in una particolare situazione, non è dettata dalla realtà, ma da convinzione ed opinione acquisita e strumentalizzata nella mente non è semplice ed automatico, ma necessario per affrontare ed integrare il dolore rimosso. L’ordine prevede indicatori attivi o primari e passivi o secondari, ma sono quelli passivi, segreti e poco desiderabili, che l’essere umano tenta di esorcizzare per dominare l’assetto emotivo e sono destinati a crescere col passare degli anni; sono le emozioni non espresse o azioni non fatte ad indicare l’allontanamento dall’ordine armonico. L’indicatore principale e dominante dello Yin alterato è la paura in tutte le sue manifestazioni; pur essendo previsti nell’ordine indicatori attivi e passivi è l’indicatore dominante, in questo caso la paura, a costituire la spinta primaria nella vita di chi ne è portatore, diventandone il tema principale. Nonostante sia l’indicatore attivo a contraddistinguerlo, è quello passivo a determinarne il riscatto per rientrare nel libero fluire. Se nella fase del piccolo è naturale che la paura sia presente quale indicatore attivo dell’energia Yin, nell’adulto ha bisogno di essere supportata e sostenuta da quello passivo rappresentato dall’energia Yang, ossia la rabbia; impulso che nello Yin alterato è temuto ed esorcizzato tanto da rimanere represso.
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DONNA YIN ALTERATA
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La Yin alterata evidenzia l’eccesso di principi attivi femminili persistenti nel suo modo d’essere e di porsi nella vita. Se al piccolo è concesso dall’ordine rimanere nella fase Yin, nel diventare adulto l’ordine prevede la presa di coscienza ed integrazione dell’energia Yin e Yang. La continua infrazione dei moti emotivi naturali porta l’essere umano femminile ad allontanarsi dalla matrice prevista ed entrare nella metamorfosi, vivendo una situazione di disagio interiore continua che la fa entrare in quella fase in cui la donna Yin alterata utilizza i propri principi femminili per compensare la mancanza di un Animus sviluppato e forte. Appare come dolce e femminile con una carica Yin abbondante, ma sono qualità non controbilanciate da una adeguata energia Yang. Si nasconde dietro il ruolo della brava bambina, piccola ed innocente, l’altruista, crocerossina, vittima ed utilizza le proprie doti in modo totalizzante diventando troppo gentile, servile, ingenua, accondiscendente. La sua alterazione è manifestata dall’assenza di una carica aggressiva genuina, che le fa subire il mondo circostante e accumulare rabbia, sempre più ingente, dietro la maschera di brava
bambina sino a quando non riesce più a contenerla. Sente il bisogno di apparire gentile e si sente innocente e non in grado di assumersi le proprie responsabilità; si sente invisibile agli occhi altrui, di non avere un proprio posto e spazio, di non essere meritevole. Le qualità empiriche, che le appartengono, non le utilizza come forza, ma come meccanismo di difesa e protezione. La mancanza o scarsità di Animus (o carica secondaria Yang) rende la sua dolcezza, principio guida dell’energia Yin, innaturale ed eccessiva. L’amore incondizionato, altro principio guida, diventa debolezza ed allora sente di amare troppo, d’essere quella che dà di più nei rapporti di coppia o affettivi in genere. Evita di esprimere disapprovazione nelle situazioni o nei confronti degli altri, per non sentire un profondo senso di colpa, e si comporta in modo compiacente. Tutto questo, però, le fa accumulare rancore e risentimento, che poi diventerà bisogno di rivalsa nel degrado successivo. Si distingue attraverso il sì automatico, perché si sente inferiore, e per esaudire i suoi desideri e bisogni accontenta le esigenze altrui; non sa chiedere ed ha problemi nel ricevere, non sentendosi degna ed adeguata, e lo nasconde dietro atteggiamenti di altruismo e cura nei confronti degli altri; ha costantemente la sensazione di doversi guadagnare l’amore e diventa esigente verso se stessa. Il suo indicatore principale, la paura, le fa adottare strategie di chiusura, sentendosi impotente ed inerme e tende a subire il mondo per paura d’essere ferita o aggredita. E’ dolce, accogliente e suscita tenerezza; è comprensiva e tollerante per paura del conflitto e della costante percezione di “non merito” che la insegue e la rende prudente in modo eccessivo. Le sue strategie compensatorie sono la gentilezza, dolcezza, accoglienza che utilizza come schemi di difesa. Non sa rispettare le regole e nemmeno seguire un ordine, pertanto si dimostra incostante, inconcludente e si allontana dalla autorealizzazione, perché la sua più grande paura è quella di mostrarsi e non essere in grado di sostenersi e rinuncia così ai suoi talenti e vive nella frustrazione e delusione. A livello sessuale la sua libido è indebolita perché vive il sesso come un “dovere” e subisce la penetrazione maschile.
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Essendo distaccata dal dolore di fondo accumulato, la spinta della paura le evita di sentire le emozioni ed in lei si crea una vera anestesia emotiva che la chiude/isola e apparentemente la protegge. Rimane intrappolata nel bisogno d’innocenza del piccolo, perseverando nel ruolo di figlia nelle relazioni familiari, affettive e con il mondo esterno in genere. A livello corporeo acquisisce una forma esile o tondeggiante, con piccoli seni ma sviluppati, sfoggia movimenti sinuosi e morbidi essendo portatrice di un eccesso Yin. Il cibo diventa uno degli strumenti preferiti per dimostrare precarietà e permanere nel ruolo di vittima indifesa che abbisogna di protezione: infatti tende ad essere bulimica o anoressica; ha una digestione lenta e soffre di stitichezza nelle situazioni emotivamente difficili, sintomo espressivo della paura trattenuta che incombe. Nel suo evolversi nel tempo, la Yin alterata entra nella fase di “vittima rabbiosa”: ponte empirico tra il gruppo degli Yin alterati e Yang alterati. E’ una via di mezzo, in cui ogni donna Yin alterata sperimenta il suo degrado ed allontanamento dalla matrice Yin, per trasformarsi in donna Yang man mano che la paura lascia posto alla rabbia che accumula, sino a non riuscire più a contenerla. Nessuno nasce alterato, perché la metamorfosi empirica è un passaggio obbligato previsto nella crescita dell’essere umano per raggiungere il proprio stato d’eccellenza, ossia lo Yin o Yang integrato in base al sesso biologico di appartenenza; l’avanzamento del degrado è strettamente collegato al dolore subito da piccoli: nel caso di bimbi non desiderati o con consegne familiari di debito ingente, già in età infantile la piccola può evidenziare una rabbia furiosa ed essere in fase di alterazione Yin, ma non è ancora giunta alla fine della metamorfosi, pur vivendo già in giovane età il disagio d’essere distante dalla sua matrice e dal libero fluire nell’amore.
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DONNA FINTA YIN
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L’avanzare della metamorfosi comporta un cambiamento nella personalità e da vittima, che subisce, sente incombere sempre più la spinta della rabbia rinnegata ed entra automaticamente nella fase della donna finta Yin, in cui la rabbia è sempre più ingestibile, ma vive in sordina perché se ne fa una colpa. In questa fase si alternano scatti rabbiosi, che la destabilizzano, ed atteggiamenti gentili e comprensivi; tende a conservare la sua immagine mite e solo a sprazzi mostra durezza o polemica spiazzando chi la circonda; vive quindi in modo altalenante tra l’essere aggressiva, che preme, ed il senso di colpa, per ciò che non riesce più a contenere. E’ maliziosa, seduttiva, utilizza strategie di ingenuità; possiede ancora la reazione del “sì automatico”, volendo soddisfare gli altri per sentirsi appagata, ma pronta a manifestare la sua delusione e fastidio se insoddisfatta. L’Io ipo-trofico, di cui è portatrice, si trasforma nel tempo in Io iper-trofico grazie alla spinta rabbiosa e sentendo farsi strada il desiderio di rivalsa sul mondo e gli altri.
La finta Yin: manca di spontaneità; si nasconde per il senso di non-merito e mancanza di autostima; non riesce ad esprimere completamente e liberamente il suo pensiero; si ritira quando deve assumersi responsabilità che giudica scomode, perché aggrappata al senso di colpa che vive al suo interno; si insinua in modo velato nel ruolo di guida nella coppia che poi detiene; prende confidenza con la critica e giudizio, che entrano man mano a far parte del suo lessico. Ha incominciato ad accumulare rancore e risentimento, pur non mostrandolo apertamente ma celandolo anche a se stessa, perché si rifugia nel ruolo di vittima e si percepisce come tale. Continua a subire la vita ed evita i confronti diretti, ma sente crescere al suo interno la rabbia e la furia come un fiume in piena che rischia di trasbordare dagli argini. Possiede una carica femminile troppo ampia, che non sa contenere e gestire, ed esibisce una luce solo apparente, perché frutto di un personaggio costruito atto a proteggere la bambina delusa ed impaurita, quindi non autentica nel suo manifestarsi all’esterno. Si sente vittima ed indifesa e la paura non le permette di esercitare strategie d’apertura nelle relazioni, ma tende a mettersi in ombra e mostrarsi titubante, docile e sottomessa. Possiede una carica primaria, quella Yin, salda, ma è portatrice d’una carica secondaria, quella Yang, scarsa che non le permette di sostenere le sue azioni, desideri, convinzioni, obiettivi. L’energia principale che la muove è l’ansia, la paura di vivere che la fa arretrare davanti agli ostacoli. Sente la vocazione di dedicarsi completamente a chi le è accanto in modo a volte morboso, colmando così la sensazione d’abbandono che sente dentro di sé. E’ così immersa nella sua devozione all’altro, d’aver la sensazione d’amare troppo sino a pretendere l’egual misura d’attenzioni in modo non espresso e visibile, finché la paura rimane la base dei suoi meccanismi, e mantiene posizioni passive ed evita lo scontro diretto; nel tempo però rivendica quanto ha dato, rinfacciando la devozione e disponibilità non compensata, tramando vendetta nel profondo seppur non espressa verbalmente o a gesti.
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Si sente obbligata ad essere sempre brava, perfetta, attenta, un buon esempio, madre affettuosa, perché è forte dentro di sé il principio del dovere e non potrebbe reggere al senso di colpa se agisse diversamente. Entra man mano nel tempo in una fase attiva e saltuariamente si permette di esternare la rabbia accumulata, diventando più determinata e sicura di sé e abbandonando gli atteggiamenti sottomessi. Comincia ad avvicinarsi all’ombra Yin e sa essere cattiva e perfida, ma in modo subdolo e non diretto, perché la paura ed il senso di colpa sono ancora indicatori emotivi molto presenti. Ha un’andatura spedita e determinata in apparenza ma è legata nei movimenti e non sciolta, il bacino appare bloccato, le spalle ed il collo sono rigidi, i movimenti sono sensuali o eccessivamente composti, la voce non è naturale e diventa stridula quando è emotivamente in difficoltà, non si fida degli altri. Comincia a giocare con la propria sensualità e con l’arte seduttiva. Il suo indicatore principale,la paura, man mano viene sommerso dall’indicatore passivo, la rabbia, e questo la porta ad entrare nella seconda fase della metamorfosi: quella in cui il predominio appartiene alla carica Yang.
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DONNA FINTA YANG
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La donna finta Yin, in apparenza docile e mite o con qualche sprazzo di ribellione, diventa donna finta Yang, spaventata dalla carica rabbiosa che incombe, e sperimenta la sua aggressività con sempre più presenza nella vita; prende sempre più confidenza coi moti rabbiosi, con la sfida aperta e la forzatura dei suoi limiti, pur costandole parecchia fatica sia fisica che interiore. La donna finta Yang non sa ammettere i suoi errori né tantomeno esternare i suoi bisogni; la spinta rabbiosa non le permette più di contenere e sente il bisogno di prevaricare, ha la sensazione d’aver subito troppi torti nella vita; sente il bisogno di rivendicare i suoi diritti infranti; sente una grande insoddisfazione crescere dentro di sé. Sfida, pretende, minaccia, lotta, sbraita al pari d’una guerriera sul campo di battaglia. Persegue la furbizia e l’astuzia, usa la malizia quale arma e mezzo per raggiungere i suoi obiettivi.
Ha una personalità forte e decisa, sicura di sé, sa sostenere e difendere le sue convinzioni ed opinioni e si mostra irremovibile, ma in modo diplomatico e manipolatorio; indossa le vesti della donna di potere, emancipata ed indipendente, super-efficiente, prima della classe, ambiziosa, puntigliosa, testarda, ostinata, caparbia, tenace. Il suo Io iper-trofico è alimentato dal senso di onnipotenza che sente dentro di lei. Ha attitudini da salvatrice, brame di giustizia, controllo imperante; è pretenziosa nei confronti degli altri e di sé. In realtà invece, è in eterno conflitto tra la carica rabbiosa eccessiva ed il bisogno di non sentirsi cattiva o sbagliata e la lotta interiore, tra la paura / colpa e la rabbia, la fa oscillare e sentire sia vittima che carnefice nel suo agire. Per questo motivo ha la tendenza a tenere tutto sotto controllo, per non sentirsi inadeguata. Il non aver avuto un modello femminile nell’infanzia, perché già la madre non aveva sviluppato una sana carica Yin, durante il suo cammino di metamorfosi ha appreso ad utilizzare le qualità Yang come meccanismi di difesa più efficaci; purtroppo però, anche la carica Yang trasmessa dal padre non è stata sana, quindi non funge da base di supporto come l’ordine prevede. Ha un approccio diretto e schietto, intraprendente ma in realtà quella è la sua maschera rivolta al mondo, per celare la sua paura di sbagliare ed il bisogno d’appoggio. E’ portatrice di doti femminili che usa con lo scopo di ottenere qualcosa in cambio, anche solo attenzione; il suo dare, aiutare, sostenere le serve per acquisire potere sugli altri. Nella coppia è colei che adotta il partner come figlio e diventa il capo-famiglia; coi propri figli biologici invece non si comporta da madre amorevole ed accogliente: o li tiene stretti a sé in modo morboso o li allontana precocemente, infrangendo in entrambi i casi il loro diritto di sicurezza e protezione. Non sa elargire carezze ed attenzione in modo spontaneo perché lontana dalla carica Yin, che prevede cura ed accoglienza. E’ organizzata, puntuale, ordinata, efficiente, competitiva, risoluta, severa con se stessa, mostra difficoltà nel chiedere, vive il bisogno personale come un fallimento, ha un atteggiamento sfidante e prevaricante, è permalosa e suscettibile.
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Si presenta in modo deciso ed energico, mettendo in mostra la concretezza maschile, oppure si nasconde dietro una femminilità esasperata e seducente, entrambi modalità che denotano la sua lontananza dal codice Yin, perché ha assimilato una carica primaria debole dalla madre. La critica ed il giudizio, pur a volte celati in consigli e commenti, non mancano nelle sue manifestazioni esterne; a volte ha atteggiamenti da maestrina che elargisce il suo sapere e saggezza; avendo scarsa fiducia nel prossimo non sa affidarsi e usa il sapere in modo manipolatorio. La rabbia sistemica, presente in ogni suo moto vitale, copre il suo dolore, quello di non aver potuto dimostrare il suo amore alla madre e si sente tradita nel profondo. E’ una bambina ferita intrappolata nel ruolo empirico della figlia, una bimba permalosa e vendicativa che vuole tutto e subito. Questo perenne disagio interiore deteriora ogni suo moto emotivo, perché nel tempo ha abbandonato la paura per lasciar spazio alle diverse espressioni della rabbia, emozione che diventa il catalizzatore emotivo principale. Se in una prima fase può essere paragonata alla donna finta Yin attiva, perché ancora legata alla paura quale denominatore sensitivo predominante, man mano nel tempo la rabbia diventa sempre più pressante e visibile ed i suoi moti rabbiosi si fanno sentire, vedere ed assumono costanza nella sua vita e perde la veste sottomessa e docile, che contraddistingue la donna finta Yin, e la sua accondiscendenza diventa capriccio ed il suo essere timorosa si trasforma in attacchi isterici. Il suo femminile è sempre più compromesso; il suo debito ha generato una scissione tra mente e cuore; percepisce un vuoto profondo e solitudine che copre con la ricerca di emozioni forti, atteggiamenti da vamp. Si avvicina inesorabilmente all’ultimo stadio della metamorfosi: lo Yang autentico.
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DONNA YANG AUTENTICA
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Essere approdati alla condizione di donna Yang autentica significa aver vissuto tutti gli stati di rabbia: dall’assenza totale nella donna Yin alterata, alla sua esplosione nella donna finta Yang. In questo stadio (di donna Yang autentica) la donna sperimenta l’odio, l’azione fredda e premeditata senza pietà, la vendetta senza scrupoli, la non presenza di scrupoli, la mancanza di compassione, il disprezzo per se stessa; il sorriso cinico che presenta al mondo nasconde una sofferenza ed un disagio enorme nel suo profondo. Non utilizza più la spinta aggressiva ma l’inganno è la sua arma preferita, per infliggere dolore in modo sottile e subdolo e rivendicare l’amore mancatole. Non ha scrupoli e freni inibitori nel perseguire e raggiungere le sue mete con ostinazione e tenacia.
I valori Yang acquisiti in modo non sano hanno sostituito irrimediabilmente i valori Yin ed è mossa da un unico desiderio di vendetta per le ingiustizie subite, al punto da sfidare e desiderare la morte pur di ottenere la sua vendetta; questo desiderio non è solo rivolto al mondo, ma in particolare verso se stessa. L’amarezza è subentrata alla fiducia, l’apertura è stata abbandonata per la completa chiusura, è dissociata dall’amore, pur soffrendone, pretende ed esige; prova disprezzo per la vita perché spinta dal desiderio di espiare la sua colpa che sente enorme. Se nei ruoli alterati precedenti sentiva affinità col dolore, ora sente attaccamento alla morte e con forza distrugge le sue parti luminose e trasforma l’amore nel suo opposto: l’odio rivolto in particolare a sé; dietro a tutto questo sta la sua profonda disperazione e amarezza. La donna Yang riesce a mascherarsi da protettrice, salvatrice, infonde forza a chi ne ha bisogno, per rendere dipendente l’altro ed acquisire sempre più potere. Nei rapporti interpersonali chiede e pretende molto, vuole obbedienza e gratitudine; apparentemente dà molto e sa organizzare e risolvere problemi, ma celata da questa generosità c’è il suo Io, che si nutre ed alimenta della debolezza altrui per poi manifestare il suo disprezzo una volta raggiunto il suo scopo: l’aver tolto dignità e autonomia all’altro. E’ un gioco perverso per dimostrare che l’amore ed il sostegno, di cui ha diritto, le è stato negato e coprire il senso di colpa per avere generato tutto questo con le sue mani. In questa fase dimostra il suo completo distacco dal codice del suo sesso biologico a cui appartiene, e quindi dall’amore, e non può più accedere all’energia Yin, avendo sviluppato la propria parte maschile in eccesso che ormai sovrasta e detiene il potere della sua vita. Raggiunta questa fase ormai la metamorfosi del degrado è completata e non c’è più via di ritorno, non esiste più la possibilità di rientrare nel proprio codice d’appartenenza e ruolo di donna Yin integrata. La donna è ormai uscita dal ruolo di “vittima rabbiosa”, in cui è ancora possibile avviare una trasformazione del proprio degrado, ed è entrata in un ruolo ormai acquisito in modo definitivo e incontrovertibile.
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CONVERSIONE DEI RUOLI ALTERATI
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La vera conoscenza sta nel conoscere l’estensione della propria ignoranza. Confucio
… C’è sempre qualcosa da apprezzare in qualsiasi esperienza, basta cercarlo. Non puoi tenere sotto controllo il mondo esterno, ma puoi scegliere cosa accogliere dentro di te e che cosa ricordare della giornata …. Ron Rathbun
Il Taoismo fonda le sue basi filosofiche sul TAO = via, ossia seguire la via/metodo della natura e rispettare i suoi ritmi, per diventare saggi, e vivere in armonia e salute. Uno dei suoi concetti base è che la natura è sempre in continuo divenire e movimento, pertanto anche l’essere umano, per essere in armonia, ha bisogno di stare nella continua trasformazione naturale. La Medicina Tradizionale Cinese considera il TAO importante nella vita umana per la salute e longevità, oltre a promuovere, quale metodo essenziale per la salute e felicità, un altro concetto base: il WU = vuoto. L’essere umano ha bisogno di essere nel WU = vuoto per essere in armonia col TAO, ossia nel continuo divenire e fluire in un perenne mutamento come la natura insegna. L’essere umano contiene nel suo corpo gli organi, che lavorano per mantenerlo in vita, che non possono essere separati dalle emozioni perché si influenzano ed interagiscono perennemente. Per mantenere l’armonia in questa sinergia corpo-emozioni è necessario avere un cuore (XIN) WU, ossia vuoto dalle passioni che confondono e stravolgono, perché solo uno XIN WU (cuore vuoto) può essere pronto ad accogliere la vita nella sua completezza e non lasciarsi sconvolgere dal turbinio delle emozioni. Per questo è necessario, per l’essere umano odierno “tecnologico ed al passo coi tempi”, fermarsi per osservare quanto sia invischiato nel vortice delle sue emozioni nascoste e quindi distante dal fluire armonico della vita; distanza, distacco dalla realtà oggettiva e compressione e ristagno delle emozioni che si riportano dall’infanzia e generano disagio. Nel primo anno di vita non c’è autonomia, o per lo meno è alquanto ridotta nel bambino ed è dipendente dall’adulto; dopo il primo anno iniziano i conflitti tra i bambini ed i genitori. La conquista del camminare, con l’aumento dell’autonomia che ne consegue, in parte rallegra l’adulto, ma in parte lo irrita, perché il bambino interferirà più attivamente nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui, anche se non ne ha voglia o è stanco, gli lascerà sempre meno tempo libero. La madre avverte il figlio/a come una minaccia alla sua autorità, pretesa di ordine, controllo, disciplina ed il rapporto diventa una sfida; nel caso di figlia femmina, la madre tende a non
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tollerare la pretesa d’autonomia della figlia più che dal figlio maschio, perché si innesca anche la competizione di un essere simile a lei, ma non pari a lei. Con la bambina vivace inizia una repressione più diretta, ostinata ed impietosa che genera ribellione e sfida; con la bambina più tranquilla i conflitti spesso non si producono e sembra regnare una grande armonia, mentre in realtà si genera una sottile paura di fondo che accompagnerà la bambina. Questa repressione porterebbe, molto più spesso di quanto non accada, a una intensa ribellione delle bambine verso le madri, se due processi psicologici complementari non riconducessero i bambini verso i genitori: l’imitazione e l’identificazione. La bambina imita la persona con cui è più a contatto, e successivamente altri modelli che incontra durante la crescita, e riproduce atteggiamenti e comportamenti da loro incamerati seppur introducendo variazioni personali. L’identificazione è invece di natura più profonda: è un processo con cui un soggetto assimila un aspetto, proprietà, attributo di un’altra persona e si trasforma; è un processo che tocca la sfera emotiva e formerà la personalità ripetendo e interiorizzando come validi i modelli trasmessi dalla cultura. L’imitazione è una ripetizione di comportamenti, che produce scarsa risonanza emotiva, nell’identificazione è il legame emotivo con l’altro che spinge a voler esser come l’altro. La bambina quindi, mentre intraprende il processo d’autonomia, ingaggia anche una battaglia inconscia con se stessa e con gli altri, tra quello che sente a livello istintuale e quello che il modello esprime, prediligendo sempre più l’imitazione e l’identificazione al proprio istinto emotivo, che verrà pian piano relegato ad un livello profondo e sommerso. La bambina, che cresce col senso che la mamma non la veda, resta col desiderio di riconoscimento che si traduce nello stimolo a ricercare l’attenzione. “Guardatemi!”, è il grido di dolore dell’Io non rispecchiato. Il comportamento teso a richiamare l’attenzione nasconde profondi sensi d’inferiorità. La bambina ha bisogno che i suoi tentativi d’ingrandirsi siano accettati. E’ importante che i genitori esprimano apertamente l’ammirazione per la propria figlia. La bambina, le cui esibizioni deludono i genitori, troverà sempre più difficile esprimersi in modo disinibito.
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Nella crescita si identificherà sempre più nei modelli senza rendersene conto, ma nutrendo un disagio che si mostrerà nel tempo in diverse forme, spaziando dall’indecisione, ansia, timore, vergogna, timidezza alla ribellione, testardaggine, controllo, insensibilità, aggressività. Passerà quindi dalla fase di bambina ad adolescente, giovane per avvicinarsi infine alla fase adulta ed esprimere tutte le sue qualità, ma sentendosi intrappolata nel suo disagio interiore ed ancorata nei modelli in cui si identifica, relegata in quel processo che viene definito “vittima rabbiosa” nella metamorfosi empirica, finché non sceglie di dare nome e volto al suo malessere interiore e portarlo a galla. Durante il lento evolversi della fase “vittima rabbiosa”, in questa via di mezzo tra la donna Yin alterata e la donna finta Yang, è possibile mettere in atto un processo di Yinghizzazione, il cui scopo è portare la donna verso la matrice Yin a cui appartiene per sesso biologico, una contro-tendenza del processo di degrado che richiede di riconoscere i propri schemi ed atteggiamenti di difesa, di affrontare il proprio dolore nascosto nel profondo, quello acquisito da piccoli, e portarlo in superficie, allo scoperto e dargli dignità. Accettando ciò che meno le aggrada, può avvicinarsi allo stato di donna Yin integrata che non tenta di negare la sua parte buia, ha imparato a sostenere il suo dolore e può accedere al proprio ruolo di adulta. In questa fase è possibile mettere in atto una conversione dei ruoli alterati attraverso una presa di coscienza dei propri meccanismi, diventandone consapevole e ritrasformare gli schemi e meccanismi personali. La trasformazione dà una nuova “forma” alla personalità, modificandone, non tanto il contenuto, ma la struttura e creando un nuovo equilibrio nella costellazione delle tensioni da cui è costituita, per liberare e permettere d’essere se stessi. La trasformazione della personalità non avviene attraverso i consigli. Freud affermava: “Se supponete che l’influsso dell’analisi sia espressamente diretto a consigliare e guidare nelle faccende della vita siete male informati. Ciò che più ci interessa è che l’ammalato prenda da sé le sue decisioni”.
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Avviene tramite la comprensione e presa di coscienza degli atteggiamenti propri nei confronti della vita e dei fattori che hanno indotto le difficoltà. Utilizza la sofferenza per orientarla e canalizzarla in maniera costruttiva verso una “guarigione” dello stato interiore, perché sono le forze traboccanti della vita, con la loro spontaneità, crescita che portano la guarigione.
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Riconoscendo quali sono le proprie spinte istintuali, permette di dar vita a nuove forme di libertà. Non è possibile essere liberi se la propria coscienza è bloccata a combattere contro le spinte che provengono dall’inconscio, ma avviene liberandosi da inibizioni e rimuovendole, liberandosi da fissazioni infantili, da stereotipi educativi. E’ incredibile come quasi tutte le persone siano prigioniere di inutili paure e vivano sotto i fardelli psicologici, che le privano della libertà ancor più delle catene di un prigioniero. Vivere una vita improntata all’espressione di sé richiede coraggio. Amare profondamente, accettare di odiare, senza che questo distrugga il nostro equilibrio, esprimere rabbia, quando è genuina, innalzarsi alle vette delle gioia e conoscere le profondità del dolore, osare spingersi oltre, nonostante il senso di solitudine, scoprire nobili idee e tradurle in azione: in breve, vivere le infinite spinte istintuali, che insorgono come una grandiosa sfida interna, richiede coraggio e profondo amore per se stessi. Richiede il “coraggio dell’imperfezione” per superare le meschine inibizioni, per andare avanti malgrado le piccole preoccupazioni, per sconfiggere il fardello delle inutili paure. Si tende a tirarsi indietro perché dentro di sé si sente il pericolo; ma è proprio questo ritrarsi che spesso segna l’inizio dei problemi di personalità: la corrente della vita non può essere arginata e l’essere umano non rimane immobile. Richiede un profondo rispetto ed amore per se stessi mettere in atto questa fase di conversione. L’Amore è la forza più potente che il mondo possiede e nello stesso tempo la più umile che si possa immaginare. Gandhi
Tramite questo processo di conversione dei ruoli l’essere umano si avvicina sempre più alla matrice d’eccellenza, in base al sesso biologico a cui appartiene, riconoscendo le cariche empiriche ed integrandole nella loro totalità e ritrovando i principi guida, per infine dar vita e diventare ciò per cui è venuto al mondo: un essere Yin o Yang integrato. Rientra in quel processo di maturazione ed assunzione di responsabilità che fa parte del “divenire adulti”. L’embrione umano può essere paragonato in natura all’uovo della farfalla che lentamente formerà i vari tessuti, sino a diventare un feto completo e pronto ad uscire dal grembo materno, così come il bruco esce dal suo involucro. Così l’essere umano nasce Yin (ossia indifeso, inerme, sottomesso ai genitori) sia quello di sesso maschile che quello femminile. Il neonato crescendo entra nella fase dell’infanzia, pubertà, adolescenza in cui muta il suo essere Yin (dipendente dall’adulto-genitore) ed assimila la carica primaria e secondaria (in base al proprio sesso biologico contrapposte) per accedere tra i 30 / 40 anni al ruolo d’adulto, ed entrare infine nel ruolo integrato come previsto dall’ordine empirico. Allo stesso modo in natura il bruco cresce attraverso passaggi definiti “muta” ed al limite della crescita diventa farfalla. Lo stesso processo di mutazione che avviene in natura è previsto dall’ordine empirico per l’essere umano; nel caso di sesso femminile quindi l’infante-femmina è Yin alterata da bambina per proseguire la sua crescita, integrazione, assimilazione del codice Yin ed entrare verso i 30 anni ed oltre nella fase di adulta e diventare donna Yin integrata. Oppure, può intraprendere il processo di trasformazione quando è nella fase di “vittima rabbiosa” (pur avendo superato l’età anagrafica di ingresso nell’adulta) e modificare il suo stato d’essere per mettere in atto la Yinghizzazione e diventare una donna Yin integrata. Durante questo processo la donna è in grado di accedere ed integrare la carica mancante o debole, riavvicinandosi alla matrice d’eccellenza mettendosi in contatto con la parte di sé sommersa e mai attivata, cioè al potenziale non evaso. Paura e rabbia calano d’intensità, aumenta lo spazio interiore per accogliere il dolore rimosso, i meccanismi di difesa sinora utilizzati lasciano spazio alla forza della verità.
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DONNA YIN INTEGRATA
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La donna Yin integrata si discosta dalle sorelle, alterate ed ibride nel loro modo d’essere, e costituisce il modello empirico stabilito dall’ordine evolutivo e la sana metamorfosi da piccola ad adulta. Solo lei è in grado d’esprimere l’intera gamma dei principi attivi Yin, tutte le qualità ed i moti, espressioni che le appartengono. Se nella forma ibrida di donna Yin alterata accede alla carica femminile, nella donna Yin integrata ha anche la facoltà di sostenere i principi guida femminili, perché collegata alle radici biologiche della carica empirica Yin, e non ha bisogno di fingere od ostentare i suoi talenti per ottenere approvazioni esterne o riconoscimenti che la possano identificare. Ha incluso dentro di sé il suo lato femminile, facendolo interagire con quello maschile, creando una unione sinergica e non spigolosa; riesce ad accettare i suoi moti d’ombra meno piacevoli dandogli l’opportunità ed il diritto di manifestarsi quali parti integrante di sé.
Si esprime manifestando dolcezza ed accoglienza, possiede una forza morbida, un potere delicato ma ampio, perché è in grado d’usare in ugual misura ed intensità sia la forza che la dolcezza, compensando appunto la carica Yang, ossia la spinta e determinazione, proprio tramite la morbidezza. Accettando il suo lato d’ombra sperimenta la sua fragilità e sensibilità senza paura né vergogna e può quindi con coraggio esprimere il suo essere donna. Questo coraggio nasce dal suo Animus, da una carica Yang sana e genuina, che le fa da sostegno e non prevarica come la carica Yang maschile. La sua maturazione naturale avviene tra i 30 e 40 anni quando entra man mano nella fase d’adulta. Nel tempo mostra una perfetta sinergia tra la forza incondizionata, principio Yin, e la forza condizionata, principio Yang: la prima è rivolta all’esterno, al mondo attorno, la seconda è rivolta a sé, a sostegno e manifestazione del suo Io. E’ anch’essa seduttiva, ma non usa l’ostentazione delle doti fisiche o la ricerca continua di riconoscimenti; ha uno spazio interiore capace di tollerare e non subire gli atteggiamenti altrui o entrare nel conflitto aperto ad ogni manifestazione emotiva. La sua spinta aggressiva si manifesta solo in presenza di una minaccia, o una mancanza di rispetto, ed il coraggio di agire e manifestare il suo disaccordo le arriva dal cuore, perché sa contenere il dolore che le è stato provocato e non mette in atto una re-azione. Possiede doti percettive e sensitive sviluppate che ben utilizza perché, nonostante le sue facoltà intellettive analitiche e razionali siano evolute, il suo approccio verso il mondo esterno è legato alle sensazioni più che al raziocinio. La sua sensibilità le permette di fidarsi delle percezioni che non sono soggettive, ma funzionali alla realtà del momento in modo oggettivo, talento che usa in tutti gli ambiti. E’ creativa, possiede un sesto senso che le permette la previsione e presentimento, è intuitiva perché può accedere ad una intelligenza empirica o saggezza universale. Usa un linguaggio figurato e metaforico servendosi di immagini e simboli perché ha un accesso naturale all’emisfero destro del cervello.
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All’interno della coppia, nonostante la sua fragilità esteriore e delicatezza, è lei il sostegno ed essendo collegata al valore vitale trainante - l’amore – esprime la sua gioia di vivere ed entusiasmo che nutre il rapporto. La capacità d’affidarsi alla vita, di cui è portatrice, le permette di mostrarsi e donarsi generosamente, a volte in modo persino disarmante agli occhi altrui, per poi sfoderare la sua aggressività, se minacciata, il tutto in modo spontaneo ed immediato, perché vive le sue emozioni per quello che la situazione porta in gioco e senza vergogna le esterna. Ha evaso il proprio debito legato all’infanzia e quindi può instaurare un rapporto equilibrato con la sua parte bambina senza cadere nelle dinamiche d’abbandono o vendetta. Nella donna Yin integrata si trovano quelle qualità o talenti previsti dall’ordine empirico, i principi guida del codice Yin che identificano la donna nella sua piena espressione. Queste qualità sono: ♥ La forza incondizionata: una forza costante nel donarsi per il puro piacere di donarsi, di mettersi al servizio senza alcun vantaggio personale o senso di sacrificio, ma quale atto spontaneo nella cura ed accoglienza. E’ il moto principale del mondo Yin e costituisce la qualità principale femminile. L’agire e il donarsi è un atto senza sforzo o sacrificio, nasce come gesto naturale e spontaneo in colei che non ha bisogno di chiedere nulla in cambio, perché possiede una profonda fiducia nella forza della presenza nella vita. ♥ Il potere liquido: il saper essere morbida ed avvolgente nel proprio essere, fare e porsi; fluida e flessibile nel suo manifestarsi in varie forme e sfumature e facendo sentire sereno e compreso chi l’avvicina, oltre ad esprimere grazia ed armonia nei movimenti. La capacità di aggirare gli ostacoli in modo delicato e flessibile pur mantenendo fermezza e perseveranza. Il mostrarsi morbida nel suo approccio con gli altri che non abbisogna di durezza o severità per ottenere rispetto. Il saper mostrare delicatezza e diplomazia (da non confondere con scaltrezza o manipolazione), essere in grado di fare a meno della critica e del giudizio. La fluidità che dona spazio all’interno del cuore che permette di contenere il dolore, comprendere gli altri,
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esprimere apertura nei confronti altrui e delle esperienze, essere accogliente e disponibile senza sforzo, ma in modo vivace e giocoso. ♥ La fiducia cieca: la capacità di affidarsi completamente ma in modo cosciente affiancando e sostenendo il suo compagno, affidandogli la responsabilità di guida nel nucleo familiare, indirizzando le sue scelte quale preziosa consigliera, non intervenendo in modo critico o manipolatorio, ma esprimendo le sue scelte in modo fluido; il poter rimanere al proprio posto, nel suo diritto di accudimento e cura, e non entrare in difesa o sfida e competizione e rimanere ancorata alla fede nella vita. Il non avere bisogno di controllare, essere diffidente, calcolare, proteggere e difendere (compiti empirici Yang) permette di approcciare la vita con morbidezza e arrendevolezza, sviluppare sicurezza e fiducia nella vita e nell’animo umano. Fiducia cieca non significa “non esprimere la propria opinione” o “subire” o “non essere autosufficiente”, ma essere consigliera, libera nell’esprimersi, forte nel suo potere personale e fluida. ♥ L’arrendevolezza: il lasciarsi andare, affidarsi ed abbandonarsi al libero fluire della vita e delle situazioni, permettendo la trasformazione di ciò che non serve più senza risentimenti o rimpianti; l’essere flessibile, leggera, duttile che le permette di esibire la sua delicatezza e vivere la fiducia quale capacità di scivolare nel libero fluire delle cose e lasciare spazio al nuovo in modo consapevole. Essere
arrendevoli non
significa essere sconfitti, sottomessi bensì affidarsi e abbandonarsi al libero fluire, essere armonici, non accumulare rancore o risentimento. Permette di azzerare la paura, di perdonare e perdonarsi, arrendersi alla vita e non lottare contro gli avvenimenti, capace di contenere il dolore (avendo spazio nel cuore) e le parti d’ombra spiacevoli e sgradite. ♥ La forza di sacrificio: qualità naturale Yin atta a salvaguardare la specie, necessaria durante la gestazione e nel parto; un talento che non la fa sentire vittima, ma si manifesta in slanci naturali e spontanei che mostrano l’attenzione e la dedizione che le appartengono, la capacità di contenere e sostenere il dolore. E’ basata sulla “forza della madre”, nella capacità di dedicare il proprio tempo a qualcuno nonostante la stanchezza che deriva dal ruolo biologico della madre. Ai fini empirici trae la sua
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funzionalità dalla salvaguardia della specie; il sacrificio è necessario nel periodo della gestazione, nel parto, nel modificare la propria vita in relazione ai figli. Dona appagamento, luce, energia rigenerante, collegamento alla spiritualità. ♥ La cura ed accoglienza: derivazioni della forza incondizionata ed applicazioni pratiche di questa forza, che le permettono di essere presente nella vita ed esprimono disponibilità, dedizione; qualità che donano la facoltà di dare la vita e nutrirla nel ruolo di madre e dedizione nel ruolo di compagna; talenti che le permettono di accedere alla compassione ed evidenziano l’assenza di critica e giudizio pur mantenendo l’affermazione di se stessa. Rappresentano la massima strategia d’apertura unite alla disponibilità, dedizione, pazienza, compassione, amorevolezza, forma incondizionata del “dare” e donano il “potere liquido” e la forza dell’”essere presente”. Inglobano grande forza e costanza nel manifestarle nel tempo e derivano dalla forza che “sostiene”, mantenendo l’equilibrio e la spontaneità di un cuore puro e libero. Oltre a questi, la donna Yin integrata esprime altre qualità correlate ai principi guida: purezza, dedizione, dolcezza, vivacità, spensieratezza, spontaneità, genuinità, leggerezza, ricettività, comprensione, pazienza, resistenza, contenimento, la forza d’essere presente, sensualità, elasticità, coraggio. L’essere collegata ai principi Yin di cui è portatrice le permette di esprimersi in modo naturale e spontaneo in tutti i campi: emotivo, intuitivo, relazionale, etico, morale, affettivo, spirituale. E’ in grado di mettere in atto le proprie strategie vitali ed esprimere armonia nel suo modo d’essere e sentirsi appagata e piena nel suo profondo. Ha integrato i principi d’ombra Yin: tristezza, paura, vergogna, pudore, senso di colpa, scarsa autostima, perfidia, vendetta, perfezionismo, critica, difficoltà a sostenere le sue opinioni, tendenza a subire; essendo in armonia col suo sé profondo ha la capacità di accettare sia i suoi lati luce che i lati ombra, le emozioni piacevoli e quelle spiacevoli affidandosi al libero scorrere della vita.
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Ha conosciuto, sperimentato ed integrato la sua parte Yang. La carica secondaria (quella Yang appunto) è contrapposta alla primaria, ma il radicamento di entrambe crea dinamiche complete ed equilibrio nella donna. Si è collegata all’Animus, quella parte rimossa in pubertà e portata nell’inconscio per sperimentare il suo femminile, necessario per dare struttura, forma, completezza, concretezza, potere al suo essere “donna”. L’Animus è la base delle convinzioni, dà ordine, struttura, regolarità, solidità, sistematicità, capacità di dire “NO”, fermezza nelle scelte, libertà di espressione. Completa il suo essere ed abitare nella vita dando sostegno alle sue qualità, concretezza e stabilità ai suoi talenti, solidità nell’accettare le sue doti meno ambite. Integrare ad esempio il “potere” (principio Yang) le dà la possibilità di esprimere le sue opinioni e convinzioni mantenendo fede alle stesse, non subendo quelle altrui e mantenendo le sue posizioni in campo sociale, lavorativo. La “difesa” (altro principio Yang) sostiene il principio Yin “coraggio” nell’affrontare i pericoli, ma anche per gestire le risorse presenti senza lasciarsi prevaricare dalla sfida, competizione, controllo e rigidità. La “forma e struttura” fanno da supporto alla sua creatività, fantasia che potrebbero diventare inconcludenti ed effimere se non fossero incanalate e strutturate per dare concretezza agli ideali, obiettivi, desideri.
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RIFLESSIONI SULLA FORZA DELLA TRASFORMAZIONE
“Fluisci con qualunque cosa possa succedere 44
e lascia che il tuo cuore sia libero; rimani centrato in te stesso accettando qualunque cosa tu faccia. Questa è la saggezza suprema”. Chuang Tzu
Chi professa il vero senza vedere il falso, l’ordine senza vedere il disordine, non comprende nulla dell’universo e della natura reale degli esseri. Egli è simile a chi professa il Cielo senza vedere la Terra, l’oscurità senza vedere la luce. La sua azione è necessariamente destinata alla sconfitta. Chuang Tzu
IL MONDO E’ COME LO VEDI “ Noi creiamo il nostro personale paradiso e il nostro personale inferno, ma riteniamo che siano altre cose responsabili della loro esistenza: come il nostro paese,
il governo, il destino, i genitori, i pianeti …
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Diventiamo amici di una persona e ci culliamo nella gioia di quest’amicizia. Diventiamo ostili verso un’altra persona e dentro di noi continuiamo a respingerla all’infinito. Ma siamo noi che abbiamo creato quell’amico o quel nemico. Perciò cambiamo il nostro modo di guardare le cose, rendiamolo divino. Meditiamo per essere capaci di vedere il mondo come realmente è.” Swami Muktananda
Da uno dei tanti libri letti, di cui nemmeno ricordo il titolo e l’autore, ho trascritto nel mio diario, perché ne ero stata colpita, un detto tibetano che recita: “Serba la tua ammirazione e la tua venerazione per la persona, ma analizza criticamente i suoi scritti”. Il senso profondo di queste parole è ben illustrato dalla tradizione buddhista conosciuta come le “Quattro Fiducie”: Non fare affidamento solo sulla persona ma ascolta le parole Non fare affidamento solo sulle parole ma comprendi il loro significato Non fare affidamento solo sul significato provvisorio ma comprendi quello definitivo Non fare affidamento solo sulla comprensione intellettuale ma ricerca l’esperienza diretta
In varie culture, religioni, scuole di pensiero quello che risulta essenziale per lo sviluppo dell’essere umano senziente e consapevole è l’esperienza diretta che è la base della vita e che può portare la trasformazione, perché nell’esperienza c’è il conosciuto (il vissuto da riscoprire e guardare con occhi nuovi), quello che è in atto e in movimento nel presente (la comprensione dell’azione e momento) e quello che veramente è (la consapevolezza della realtà). Nel mio essere donna occidentale incentrata sulle qualità intellettive, l’incontro con la LUMH e l’approccio empirico mi hanno riportato all’”esperienza diretta”, unico vero strumento per ricercare quell’equilibrio interiore che sentivo perso. L’Universo è un progetto d’amore dove esiste equilibrio tra il moto del dare e del ricevere, dove c’è sintonia tra azione e reazione ed io faccio parte di questo progetto d’amore, ma mi stavo adagiando nel mio disagio e perdendo il contatto con la realtà oggettiva. Il processo d’indagine attraverso il corpo messo in atto nei seminari, del percorso LUMH, ha riportato a galla emozioni accantonate ma non dimenticate.
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LA DOMANDA DI UNA FARFALLA INSODDISFATTA: QUALI SONO I COLORI DELLE MIE ALI? 47
Nel suo volare di fiore in fiore io, farfalla dai colori sgargianti ed appariscenti alla continua ricerca di nuove esperienze, ho intrapreso il mio viaggio alla scoperta delle dinamiche che muovono il mio “fare”. La mia capacità di osservazione ed analisi, apertura mentale e visione sviluppata, ha da sempre accompagnato la mia vita offrendomi la possibilità di una buona osservazione ed analisi delle situazioni e l’abilità di scegliere la risposta a me più congeniale, ma togliendo la genuinità e l’autenticità all’agire. La mia convinzione di presenza nella vita, di dedizione agli altri, di apertura al bisogno altrui, di disponibilità ai cambiamenti era diventata la presunzione della mia mente al “controllo” costante di ogni azione vitale, in sintonia con schemi acquisiti sin da bambina che governavano il mio muovermi nella vita. E’ stato sconvolgente scoprire e vedere quanto la mia mente controllasse le mie azioni; io così convinta di essere libera ed aperta verso nuove esperienze, che andavo cercando a volte sfidando anche le mie possibilità, sicura di non aver paura di niente, anzi a volte considerata
irresponsabile o immatura nelle mie scelte, sentirmi insicura ed indifesa senza una base stabile su cui appoggiarmi e percepire la sottile sensazione di panico, che tanto avevo coperto e nascosto dietro la mia apparente determinazione, è stato quasi destabilizzante. La mia vita si appoggiava sul “controllo” della mente che irrigidiva il mio corpo e non mi permetteva più di sentire quali erano i veri moti originali. Avevo costruito una farfalla ricca di luce e colori che mostrava al mondo il meglio di sé chiedendo a se stessa la perfezione in ogni cosa, arrogante ed insensibile davanti ai suoi errori, esigente nelle sue manifestazioni e distaccata dalla sua profonda sensibilità, perché impaurita da questa carica detronizzante se le avessi permesso di mostrarsi. Uno dei passaggi più forti e destabilizzanti per la mia mente (che ha in qualche modo scalfito i miei schemi acquisiti e dato il via alla presa di coscienza) è stato durante una esperienza dedicata al “sentire” il ruolo maschile e femminile e sperimentare a quale ruolo empirico io appartenessi o quanto ne fossi lontana; io anatomicamente donna chi ero veramente? L’esercizio proposto consisteva nell’elencare quale persona o persone nel gruppo sentivamo più avvicinante o allontanante. In apparenza semplice: ognuno di noi ha una sensazione di feeling naturale che porta a entrare facilmente in sintonia o meno con persone, quello che comunemente chiamiamo “questione di pelle”; fin qui niente di strano o difficile, quello che mi ha scosso è stata la scoperta del risultato finale. Dopo giorni di esperienze la lettura è stata: non essere scelta né come allontanante né come avvicinante. Io così attenta al mio aspetto esteriore eccentrico, affinché richiami attenzione, e così delicata nel muovermi per non disturbare avevo prodotto: una farfalla sgargiante che passa inosservata nella vita. Mi ero nascosta e preclusa la cosa più importante al mondo: la vita stessa. La mia mente era stata così brava nel costruire meccanismi di compensazione che nessuno mi vedeva, sia nel bene che nel male e tutto questo era sconvolgente. Successivamente si è aggiunta un’altra consapevolezza e sorpresa: la considerazione di “non merito” che mi portavo appresso e mi costringeva a creare sempre più controllo e schemi rigidi a cui sottopormi per mantenermi in vita, tanto che la mia colonna vertebrale si era già bloccata per ben due volte negli anni e la mia scoliosi aveva creato un inizio di ossidazione nelle vertebre lombari per compensare la mancanza di base.
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Inoltre mi ha permesso di sentire in modo fisico il disagio del “non riconoscimento” che vivevo e allo stesso tempo alimentavo e nutrivo coi miei schemi/atteggiamenti perfetti nel ruolo della brava bambina: ubbidiente, autosufficiente, dolce, priva di richieste e pretese, adattabile, malleabile, coscienziosa, affidabile, a volte ribelle nelle scelte/azioni ma subito giudiziosa o in colpa per rientrare nel “buona e brava”. Ho sentito il moto della rabbia che saliva e vedevo per la prima volta da dove si generasse: ero arrabbiata con la mia famiglia che non mi riconosce per quel che sono, ma in primis con me stessa per essermi adattata. Ho iniziato a intravedere come le mie azioni prendevano forza dal mio senso di inadeguatezza, che costituiva la base e molla del mio lato nascosto o ombra; il sentirmi inadeguata causava il dolore celato e per poterlo sopportare e sostenere avevo nel tempo sviluppato strategie compensatorie per stare a galla in qualche modo, ma inconsciamente alimentare il “non merito amore”. Ho iniziato a percepire nel tempo quanto il mio essere aperta, disponibile, socievole, sorridente nascondesse in realtà la paura d’un rapporto intimo e profondo con l’altro; in me era presente lo schema: quando apro completamente il mio cuore, mi trovo davanti prima o poi un muro, o il vuoto, o una delusione, o mi sento usata/sfruttata …. Allora lo schema in atto era: sorriso dolce e accattivante, mente lucida e vigile che controlla, fisico in posizione difensiva e blocco nel movimento naturale e spontaneo. Un meccanismo così impresso da sembrare persino naturale nel suo mettersi in atto autonomamente: una dinamica compensativa perfetta e affascinante se non fosse per il senso di insoddisfazione e frustrazione che sotto sotto aleggiava e la percezione di qualcosa di non equilibrato ed armonioso che non mi faceva sentire “bene”.
….. LA DIFFICOLTA’ NEL RICONOSCERE LE ZONE D’OMBRA GENITORIALI Arriva il momento nel processo di metamorfosi o consapevolezza di sé in cui si intravedono i lati ombra dei propri genitori e qui, oltre al dolore bambino che viene a galla, si sente la resistenza nel guardare la realtà per ciò che è ed ammetterla ai propri occhi. Un punto difficile per me è integrare, accettare e riconoscere la presenza di egoismo in mamma, la sua caparbietà e freddezza nel rimanere ancorata alle sue posizioni escludendo spazio alle idee
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altrui. Mi è difficile constatare la sua difficoltà ad amare, nel senso di amore Yin incondizionato che non conosce limiti e chiusure, e contemporaneamente mi rendo conto che non lo conosce e ne è distante a causa dei suoi conflitti e debiti acquisiti. Mi causa dolore vedere ed ammettere ciò, ma è ciò che è; inoltre sono cosciente che finché non lo guardo per quello che è non riuscirò a staccarmi dal ruolo di figlia e sarò sempre in attesa e richiesta, ossia in dipendenza o in colpa per essermi staccata ed allontanata dal suo tenermi nel ruolo di “figlia-bambina” ed il mio “bisogno d’amore e riconoscimento”. Inoltre mi pesa il constatare quanto sono stata cieca sino ad ora ed incapace di ammettere e vedere la realtà: faccio fatica a perdonarmi questo e quindi ad integrarlo nonostante ne veda la mia responsabilità …… Nella trasformazione o metamorfosi inversa mi è sempre più chiaro e facile il confronto tra i miei schemi e lo schema di mia madre, consegnataria degli atteggiamenti acquisiti durante l’infanzia e codificati come parametri Yin. E’ forte e sempre più automatico assistere al sentire in modo diverso il percepire le situazioni, da dove arrivano le emozioni e come i termini, parole, atteggiamenti, mimica si differenziano sempre più tra me e lei. Quello che è sorprendente è il sentire la propria rabbia che fuoriesce in modo meno violento o esplosivo, senza controllo ma comunque presente e percepibile per lasciar spazio al dolore nascosto; la sensazione è di avere un guscio interiore che accoglie e culla questo dolore e lascia il tempo di respirare piano piano per andare oltre. Inoltre il senso di vendetta che prima in modo nascosto e latente attanagliava lo stomaco, ora lascia spazio ad una comprensione del gioco in atto e nonostante mi senta ancora arrabbiata lo riconosco, so da dove arriva e riesco a vedere cosa muove, chi mi sta di fronte ed in qualche modo a comprendere, o per lo meno riesco a lasciare spazio, e non mi lascio coinvolgere dalle emozioni. Anche nei confronti di mio padre è stato arduo ammettere a me stessa d’essere arrabbiata con lui. Ero la “cocca di papà” e mi disturbava sentirne elencare i difetti, non li volevo vedere. Ma anche con lui provavo risentimento perché era un uomo incapace di mostrare i suoi sentimenti ed emozioni, taciturno ed aggrappato al “senso del dovere” (che mi ha trasmesso in toto), ma debole nella sua carica Yang e non mi ha passato stabilità e solidità.
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Non mi ha mai fatto mancare nulla, ma ora, che mi permetto di guardarlo non più con gli occhi da bambina in richiesta, vedo la sua insicurezza, il suo appoggiarsi a mia madre nella guida familiare ed a volte delegare le direttive. Ora mi rendo conto che agli occhi d’una bambina questo causa dolore perché non si sente sostenuta, percepisce dentro di sé la mancanza d’una base su cui posarsi, è confusa e cerca in qualche modo di gestirsi da sola per compensazione. Tutti i suoi sforzi sono rivolti al dimostrare d’essere autosufficiente e forte per piacere al padre, mentre nel suo profondo cresce l’insoddisfazione e non si percepisce mai completa ed “ammirabile”, oltre ad entrare in competizione con la madre. ….. Ho attraversato le diverse fasi di metamorfosi, che ora sono in grado di vedere perché ne sono cosciente e consapevole, oscillando tra finta donna Yin passiva e finta donna Yin attiva; da periodi o situazioni in cui ero mossa da una grande paura di ferirmi e far del male all’altro, in cui ero particolarmente attenta al bisogno altrui dimenticando spesso o a volte eliminando me stessa, a periodi in cui premeva il bisogno di ferire e rivendicare l’amore genitoriale, non in linea con la qualità che avrei voluto pur essendo stato presente. Mi accorgo che a volte sono arrivata ad un vero e proprio “vomito” di parole a sostegno del mio disagio interiore e dolore, che ho espresso soprattutto nei confronti di mia madre; in apparenza sembrava fossi mossa dal “senso di giustizia”, dal mostrare quanto sono brava nell’analisi, ma la verità è che, all’ombra di queste belle intenzioni, c’era un sottile ma perverso piacere di far notare e spostare il disagio su di lei, una rivendicazione che diceva: “ti faccio vedere io chi sono ed ora non mi prevarichi più”; movimento a cui seguiva uno sprofondare nel senso di colpa, che a livello fisico era vissuto come vere e proprie coliche addominali. In questo processo di inversione della metamorfosi che sta avvenendo lentamente, mi rendo conto di questi schemi che si mettono in atto e nei momenti di conflitto sento una profonda compassione che mi aiuta a contattare la mia rabbia e paura, oltre al dolore di non essere compresa ed accettata per quel che sono; in questo modo riesco a fermarmi e sentire anche l’amore per me stessa che coabita e riesco a rimanere centrata su di me rispettando le mie decisioni ed accettando quel che si mette in atto e si muove a livello emotivo. Non solo,
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ma riesco a sentire anche l’amore dell’altro seppure non rispondente ai canoni qualitativi da me desiderati. La vergogna lascia spazio alla comprensione. Il disagio lascia spazio alla trasformazione e sembra quasi impossibile riuscire a dar sfogo alle lacrime ed al sorriso contemporaneamente; sorriso che si è trasformato, dal mio nascondere e dire “va tutto bene” sempre e comunque, in un gesto di affetto, quasi fosse una carezza al mio star male che mi porta ossigeno. …... La mia uscita di casa per convivenza, poi diventata scelta di coppia nel matrimonio, agli occhi di mia madre era la legittimazione/riconoscimento al ruolo di adulta, perché accanto avevo un uomo (pur non accettato da lei come mio compagno), che all’esterno, agli occhi degli altri, mi staccava da lei come figlia e legittimava la mia partenza. La separazione l’ha riportata indietro facendole credere che io fossi rientrata nel ruolo di figlia sottomessa, inoltre non essendo io una madre biologica non mi riconosceva il diritto d’essere adulta, ma cercava di mantenermi nel ruolo della brava bambina che svolge bene i compiti oppure si sente in colpa (quando si ribella) o vittima (quando è troppo disponibile). Il messaggio insito in me “non mi merito amore” mi porta ad essere: Troppo disponibile Accondiscendente Non sostenere la mia persona (azione rafforzata dalla mancanza di carica Yang genuina da parte del padre) Sottomessa Ribelle quando entro in sfida o troppo frustrata Malinconica e depressa Isolata dal mondo quando sono in conflitto Utilizzo l’isolamento per riprendermi e non valuto le doti Yin che possiedo e nello specifico sono:
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♥ potere liquido ♥ mancanza di critica e giudizio ♥ armonia ♥ accoglienza ♥ grazia ♥ solarità ♥ amorevolezza ♥ morbidezza Nello sperimentare le cariche di cui sono portatrice per acquisizione e trasmissione generazionale, avvenuto in più occasioni ed esperienze diverse durante il percorso in LUMH, il mio cercare di comprendere e trovare risposte alle mie continue domande (perché non riesco a spezzare le catene dello schema acquisito sin da bambina? ed altre) hanno trovato spazio e sensazioni nel mio corpo, permettendomi di vedere con occhi diversi il mio modo di relazionarmi, oltre a quanto molto fosse legato in modo interdipendente dal concetto di “famiglia”. Durante un esercizio mirato ho sentito a livello fisico le cariche (definite primaria e secondaria nell’approccio empirico) quali spinte/moti da cui prendono origine le azioni che sono staccate dalla mente razionale perché occupata a nasconderli. Nello sperimentare la carica Yang ho sentito una “completa rassegnazione” che arrivava da molto lontano, appartenente quindi non solo a mio padre ma trasmessa da più generazioni, che a livello fisico si tramutava in difficoltà motoria tale da costringermi a trascinare i piedi, tenere le spalle ed il capo rivolti al basso, la voce con un tono umile e privo di fiducia nel domani; questo mi ha chiarito e mostrato la vera natura del mio “sentirmi inadeguata” e difficoltà “nel mostrarmi”, ma mi ha anche permesso nel tempo di staccarmi da tutta questa rassegnazione atavica che non è mia, quindi la posso trasformare in consapevolezza a sostegno di ciò che sono e sentirmi libera.
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Nello sperimentare la carica Yin quel che è emerso è la morbidezza della femminilità primordiale serena e giocosa, fluida e libera nel suo manifestarsi, quindi portatrice di quelle doti Yin che non so apprezzare in modo totalitario ma celo dietro alla parvenza di perfezione, controllo, disponibilità eccessiva ma così emozionanti nel sentirle vive ed ancorate nel profondo che non appaiono più come debolezze ma come forze generanti. L’esperienza ha portato alla luce quello che l’approccio empirico definisce “consegna familiare”, ossia le strategie genitoriali e dell’intera stirpe che viene tramandata ai figli. Rappresenta le convinzioni, atteggiamenti, schemi, attitudini, strategie che rientrano in un copione personalizzato che, nella maggioranza dei casi, non è in linea con l’ordine ed il sistema (perché tramandato da uomini e donne non integrate, ma nelle varie fasi di alterazione empirica). Diventa quindi un debito di base che ha bisogno d’essere evaso. E’ un collegamento con la propria stirpe percepito come una consegna d’amore, come qualcosa da proteggere con cura. Il prenderne coscienza permette di vedere, e soprattutto sentire, quanto incide nella propria vita e crei disarmonia nei confronti del fluire naturale. L’assetto emotivo non è quindi in linea con la realtà delle situazioni ed il prenderne coscienza offre la possibilità di ristabilire equilibrio ed apertura. In apparenza non si è modificato il mio modo d’essere, di mostrarmi; quello che è cambiato è il modo di sentirmi: in quello che sono e mostro e non mi sento in difetto o inferiore, sono diversa dall’altro ed è giusto che sia così e questo mi permette di stare in contatto con me, di accettarmi ed accettare l’altro, di non sentirmi abbandonata o allontanata dall’altro, ma di percepire il suo bisogno di stare nei suoi spazi come io sento i miei che prima non percepivo. Non è facile spiegare la differenza perché è sottile e sembra quasi una contraddizione l’essere quella di prima, ma sentire contemporaneamente che qualcosa sta cambiando; il punto focale è l’essere consapevole di cosa sto facendo, dicendo, la sensazione che si muove, l’emozione che provo, il pensiero che passa, l’occhio che mette a fuoco, il tatto più profondo e sensibile. Tutto questo è quanto ora avviene ed è messo in luce e mi permette veramente d’essere presente nell’attimo che sto vivendo; è come se una nebbia che ovattava la situazione si
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fosse diradata e non mi costringesse a sentire alla base del collo quella sgradevole sensazione di paura (non so dove sono) o rigidità (devo stare attenta). Inoltre mi sono resa conto, prestando attenzione alle mie sensazioni e vivendo cosa invece arriva dagli schemi automatici, che era giunto il momento di nuove scelte. 55
Mi sono accorta che ciò che la vita mi presenta è: rimanere aggrappata alla famiglia biologica che non comprende chi sono, non vuole porsi domande, è ancorata agli schemi tradizionali o stare senza famiglia? E’ questione di scegliere il proprio territorio e spazio e rispettarlo. Allora ho compreso il significato della mio senso di solitudine: ricercare le radici nella famiglia biologica per sentire di appartenere a qualcuno o qualcosa, senza questo la paura di non poter stare in piedi e cercarlo negli altri. Fino a quel giorno avevo creduto che queste radici o mattoni su cui mi ero formata fossero mamma, papà ma ora mi rendo conto che manca qualcosa, che loro soli non bastano perché non sono stati in grado di darmi tutto ciò che mi sarebbe servito. E l’ho sentito non come critica o giudizio, ma come una semplice constatazione della realtà, perché ho sentito il vuoto che ho cercato di colmare e da lì è nato il sentire la solitudine, ma ho anche sentito molto amore nei loro confronti. E’ lì, in quel momento, che scegli di rimanere nel vuoto ed attendere che qualcos’altro faccia capolino o fuggire verso l’illusione. Se scegli di rimanere scopri cos’è veramente l’amore, perché lo senti nascere ed arrivare da una parte così lontana ed ancestrale che non sai dov’è l’origine, ma è così puro che riesce a farsi strada. Senti che il frutto di intere generazioni che si son dati la vita una dopo l’altra per arrivare sino a te e, nonostante le difficoltà – incomprensioni – distacchi ed altro ancora sia successo, era intriso d’amore nella loro origine. Allora senti che qualcosa dentro di te sta mutando, come se dei piccoli click aprissero porte, lucchetti sepolti nel tempo ed assieme a questo c’è qualcosa di naturale che si muove a cui non sai dare un nome, eppure è la sensazione di qualcosa di conosciuto o più esattamente ri-
conosciuto, perché ti stai collegando con la tua matrice d’appartenenza naturale ed è per questo che lo ri-conosci. Allora ti rendi conto che non sei sola, ma sei parte di una grande famiglia e lì sono le radici che tanto cercavi, quelle che ti terranno ancorata e stabile nella vita. 56
Allora senti che anche il risentimento, rabbia che provavi nei confronti della famiglia biologica può lasciare spazio a qualcos’altro: la comprensione. Comprendi le loro difficoltà, perché sono le tue, e riesci a staccarti dal giudizio per semplicemente osservare e rimanere in ciò che sei.
…..IL LENTO PROCESSO INVERSO Nella lenta metamorfosi inversa in cui recuperi il contatto con l’anima e con chi veramente sei, è duro e difficile rimanere centrati su di sé. L’essere coscienti e consapevoli dei dolori e frustrazioni che fuoriescono, atteggiamenti automatici a copertura dei disagi, contrasti inevitabili con chi ti circonda, mettono a nudo il proprio essere, portano a galla emozioni vissute quali ingiustizie che destabilizzano e ledono, al punto che a fatica a volte si riesce a rimanere nel cammino di trasformazione. “ Indecisa nel
muoversi: farfalla notturna dai colori lievi e smorzati che
facilmente passa inosservata e alle prime luci dell’alba si nasconde negli angoli ed anfratti ed osserva le sorelle dai colori sgargianti volare di fiore in fiore; a volte si ricopre di nuovi colori, forti ed intensi, ed anche lei va alla scoperta di nuovi orizzonti godendosi l’abbraccio d’un caldo sole ed allora il dubbio l’assale: chi è veramente? Dove sta il suo tempo e spazio? È nella notte o nel giorno?” E’ il periodo più complesso in cui si alternano le consapevolezze e l’auto-realizzazione del sé con lo sconforto del sentirsi estranei, rifiutati, non compresi che ha un sapore diverso da prima perché non è più solo a livello inconscio; si alternano momenti di profonda centratura in sé con sbandamenti e ripensamenti; sembra d’essere un timoniere di una nave in mezzo alla tempesta che tenacemente conduce la barca sul mare, ben sapendo qual è la rotta, ma al contempo lotta col vento che lo spinge altrove.
Dentro di sé è come se si creasse un circolo vizioso da cui non si intravede via d’uscita: l’allontanamento dal guscio familiare per intraprendere il viaggio della propria anima che si contrappone al desiderio/bisogno di controllo familiare che cerca di contaminare il desiderio d’evoluzione e crescita e ti fa sentire ancora più inadeguata. Sin da bambini impariamo a sentire ciò che desideriamo non in base a scelte personali, ma riferendoci e rispondendo alle richieste dei genitori, adattandoci a quanto ci viene indicato. Ciò avviene spesso a livello inconscio sia per il bambino che per l’adulto. Il genitore non necessariamente è nella posizione dell’“impositore tiranno ed unico detentore della verità”, anzi nella stragrande maggioranza dei casi è il desiderio d’amore che lo muove in un certo modo e trasmette ciò che lui stesso ha appreso all’interno della sua famiglia d’origine come parametri formativi utili alla crescita della prole. Questo succede in ogni ambito della vita e lo si nota sin dagli albori della vita di un bimbo. I messaggi trasmessi a livello inconscio, ma determinanti nella crescita, passano ad esempio anche attraverso il gioco: ai maschi vengono regalati solo giochi ritenuti maschili e alle femmine solo quelli ritenuti femminili, cercando quindi di “educare” in modo selettivo e programmato; se una bimba sperimenta d’arrampicarsi sugli alberi viene classificata “maschiaccio” e sgridata e con dolcezza o polso duro piegata facendola sentire “non adatta” al gioco, così come un bimbo che ad esempio sperimenta con le sorelle o altri bimbi il gioco del “cucinare di mamma”. Il bambino inizia a vivere nell’angoscia di dominare i propri impulsi per non suscitare l’ira o disapprovazione degli adulti, contiene il suo carattere per adeguarsi ed incanala le proprie energie all’interno, ma non si libera da uno stato d’ansia. Lì scatta la trappola del “non sentirsi amato”, inizia il processo di difesa nel bambino al “non giusto o inadatto” sfalsando le sue primarie sensazioni genuine di scoperta/esperienza, reprimendole e nascondendole per non deludere l’adulto, che tanto ama, ed iniziando a compromettere la sua genuina esperienza di vita ed entrando nel “bisogno d’amore”.
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Trappola che permane nell’essere umano finché rimane nella fase “bambino”: fase contrassegnata dalla profonda ingenuità nell’approccio alle manifestazioni altrui, arma però a doppio taglio. Un lato permette di essere aperti e fiduciosi verso l’esterno ed i rapporti interpersonali ( utili a nuove esperienze), ma l’altro lato blocca l’individuo in una posizione di distacco dalla realtà ed illusione, oltre alla mancanza di responsabilità nelle scelte. Questo appare chiaro nella “metamorfosi o trasformazione empirica inversa”, ossia quando inizia il processo di consapevolezza e l’individuo procede verso la fase dell’”adulto” e si avvicina alla matrice empirica del proprio ruolo femminile o maschile in base al sesso biologico. In questo passaggio e processo appaiono chiari i propri segnalatori empirici, si diventa coscienti delle espressioni a livello sensitivo e si percepiscono le emozioni a livello fisico. Si scoprono i diritti del bambino che hanno causato i dolori di cui si è portatori: il diritto di essere generati da un padre ed una madre che si amino, durante un atto sessuale coronato da reciproco orgasmo, affinché l’anima e la carne abbiano come radice il piacere; il diritto di non essere considerato un incidente o un peso, bensì un individuo atteso e desiderato con tutta la forza dell’amore, come un frutto che deve dare un senso alla coppia, trasformandola in famiglia; l’assenza di amore per un bambino è avvertita come una colpa grave e intollerabile; il diritto di nascere con il sesso che la natura ha dato (è sbagliato dire: aspettavamo un maschietto ed è arrivata una femminuccia o viceversa); il sesso del figlio viene determinato dal padre (in base alla scoperta nel 1956 dell’esistenza di spermatozoi portatori di cromosomi di diversa natura); gli spermatozoi appartengono a due categorie: i gimnospermi, provvisti di un cromosoma chiamato X, che daranno vita a una femmina, e gli androspermi, provvisti di un cromosoma denominato Y, che daranno vita a un maschio, ma soltanto il caso (o la scelta dell’anima secondo altre teorie) è responsabile della fecondazione dell’ovulo femminile da parte di uno spermatozoo portatore di un cromosoma X o di un cromosoma Y;
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il diritto d’essere preso in considerazione sin dal primo mese di gestazione; sempre in ogni momento una donna gravida dovrebbe accettare di essere due organismi in via di separazione e non uno solo che si espande; il diritto di non considerarti responsabile degli incidenti che possono avvenire durante il parto: quello che avviene all’interno dell’utero non è mai colpa tua (per rancore nei confronti della vita, la madre potrebbe non voler partorire e mediante il subconscio arrotolare il cordone ombelicale attorno al collo ed espellere il nascituro prima del tempo non ancora formato, o trattenerlo più del tempo perché diventato un essere a sé, ossia un tentacolo pieno di potere, o facendolo ruotare fino a che saranno i piedi e non la testa a scivolare verso la vulva – così come i morti entrano nel loculo con i piedi avanti, o facendolo ingrassare così che non possa più passare dalla vagina ed il parto gioioso sia sostituito da un freddo cesareo – che non è un parto ma una estirpazione); il diritto ad una profonda collaborazione nella nascita: la madre deve voler partorire quando il bambino o bambina vogliono nascere; lo sforzo sarà reciproco e ben equilibrato; il diritto di avere un padre protettivo che sia presente durante la crescita; il diritto di realizzare i propri interessi affinché l’individuo si possa sviluppare sulla strada scelta, così come a una pianta assetata si dà l’acqua; non sei al mondo per realizzare i progetti degli adulti, la principale felicità offerta dalla vita è consentirti di arrivare a te stesso; il diritto di possedere uno spazio dove isolarsi e costruire un mondo immaginario per vedere ciò che vuoi, ascoltare le tue idee anche se contrarie alla tua famiglia; il diritto di non essere paragonati a nessuno: sei venuto al mondo per realizzare te stesso e non per occupare il posto di un morto di cui porti il nome; quando porti il nome di un defunto è perché hanno innestato su di te un destino che non è il tuo; il diritto di essere unico: nessun fratello o sorella vale più o meno di te, l’amore esiste quando si riconoscono le differenze fondamentali;
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il diritto di essere escluso dai litigi familiari, di non essere preso a testimone nelle discussioni, ma di crescere in un ambiente pervaso da fiducia e sicurezza; il diritto di essere educato da un padre e una madre che la pensano allo stesso modo, avendo appianato le loro divergenze nell’intimità, per non guardare gli uomini con gli occhi risentiti di una madre né le donne con gli occhi risentiti di un padre; il diritto di non essere criticato se scegli una strada che non rientra nei piani di chi ti ha generato; il diritto di amare chi desideri senza il bisogno di una approvazione; il diritto di lasciare il nido ed andare a vivere la tua vita; il diritto di superare i genitori, di andare più avanti di loro, di realizzare ciò che loro non han potuto fare, di vivere più a lungo di loro. Ora, in questo processo di conversione in atto, posso osservare e vedere con chiarezza quanto è veramente avvenuto nella mia vita, mi riaffiorano alla memoria i desideri che mi collegavano alla matrice femminile che ho lasciato sfumare, ritenendoli non attuabili ed importanti o sostituibili con altro. Da ragazza uno dei miei desideri era avere 3 figli: 2 generati biologicamente da me ed uno adottato, ne ho un ricordo vivo e lucido nella memoria pur avendolo accantonato in un cassetto profondo della mente. Nel corso della vita le cose sono andate in altre direzioni, convinta che fosse giusto così, e non rendendomi conto che erano invece gli schemi protettivi acquisiti che mi avevano allontanato man mano dalla realizzazione di quel desiderio naturale: era lì presente, ma diventava sempre più secondario e nascosto e sempre meno dichiarato, tanto che non me ne rendevo conto da quanto involontariamente nutrivo il mio ego, toglievo spazio e forza al mio “essere materno”, per compensare il vuoto e l’insoddisfazione che sentivo, illudendomi che potevo realizzare altro che riempisse la mia vita. Ora lo vedo in modo chiaro e soprattutto vedo, quasi fosse una pellicola cinematografica che scorre, la modalità compensatoria che ho adottato: mi sono cercata un uomo per compagno a cui far da mamma, “adottandolo” come figlio. E’ forte oggi vedere come piccoli particolari all’apparenza insignificanti fossero invece illuminanti: sin dall’inizio della nostra relazione era sembrato “naturale” chiamarci con soprannomi affettuosi (il mio era “mamy” ed il suo “bimbo”) nonostante lui si mostrasse
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forte ed io quella sensibile e plasmabile. Soprannomi simpatici, ma assolutamente lontani dalla realtà di una coppia, ed ora vedo quanto fossero compensatori ai nostri bisogni. Oggi lo vedo in modo chiaro e provo due sentimenti contrastanti: dispiacere per non aver potuto realizzare un vero rapporto di coppia adulto e nello stesso tempo gioia per aver avuto l’occasione di sperimentare e portare a galla il “distorto”. Oggi sento lo spazio che si sta creando dentro di me che permette al dolore di uscire, quando si fa sentire, per lasciare spazio a sensazioni di pace e serenità, a volte solo momentanee, ma piano piano sempre più presenti. Quando qualcosa mi “colpisce e mi fa male” oggi non sento più le spalle ed il torace che si contraggono e contengono, ma sento che proviene dal fondo della pancia ed ha un movimento sussultorio; non essendone più terrorizzata, ma essendomi concessa il permesso di sentirlo, lascio che salga a galla. Mentre prima avevo la sensazione di una porta che piano piano cercava di aprirsi e poi mi sbatteva contro spostandomi fisicamente indietro, ora la porta è come se fosse scorrevole: si apre scivolando di lato e magari rimane solo un pezzetto aperto, ma non ritorna sul binario escludendo ciò che si mostra. Allora sento che il dolore fisico, che era nella pancia, si trasforma in qualcosa di liquido che sale verso l’alto e diventano lacrime che “lavano” e le lascio scorrere contrariamente a come prima non facevo ma contenevo; a volte invece le lacrime sono solo interiori, ma non contenute perché lasciano spazio al sentirmi presente in me e non sentirmi un ramoscello in mezzo alla tempesta. Mi fa sorridere il pensiero che tutto questo suscita: “un altro pezzetto si è mostrato ed ha visto la luce” ed è come se gli fosse attribuito il suo giusto valore e la sua appartenenza nella vita. Il “dare” il nome, spazio, possibilità d’esprimersi all’emozione e sensazione nascosta suscita, una volta riportata a galla, un senso di pace interiore: in apparenza nulla è cambiato rispetto a prima, ma tutto è avvenuto e tutto si è manifestato. Questo mi permette di vedere le cose come realmente sono e soprattutto mi permette di vedere quanto di bello c’è in me, apprezzandolo e non mostrandolo quale richiesta d’approvazione.
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UNA FINESTRA APERTA SULLA MIA METAMORFOSI In questi anni di percorso all’interno della LUMH ho avuto modo di osservarmi a lungo e a fondo, oltre a sperimentare emozioni genuine ri-scoprendo la loro origine e permettendo loro di manifestarsi nel corpo. E’ stato in qualche modo un riavvolgere la pellicola d’un film e lasciarla scorrere per osservare con occhi nuovi me protagonista; questo mi ha permesso di vederla nella sua realtà e sentire le sue emozioni celate dagli schemi acquisiti, che al lento scorrere della pellicola spezzavano le maschere del personaggio costruito. Ho trovato la bambina ubbidiente e sveglia che a 4 anni e mezzo circa, nascosta sotto il tavolo in cucina, ascoltava la mamma che faceva fare i compiti alla sorella maggiore ed imparava a contare e leggere diventando presto il “genietto di casa” – “orgoglio di mamma e papà”; ma la vera ragione del precoce apprendimento era dovuto all’aver sentito a tavola a cena la mamma lamentarsi col papà, disperata per la non voglia d’applicarsi allo studio della sorella, e dire “l’anno prossimo andrà a scuola anche la seconda ed io così non ci riesco, mi cerco un lavoro per pagare un collegio che dia loro una buona istruzione”. La vera motivazione alla spinta ad apprendere presto e velocemente era la paura d’essere allontanata da casa, dagli affetti, una paura che l’ha fatta entrare nella fase empirica della donna Yin alterata, inizio del degrado. Paura che le ha fatto ottenere premi ed encomi ad ogni tappa scolastica: in 5° elementare, 3° media, alla scuola superiore, non dando troppo importanza ed enfasi per non offendere la sorella; il massimo dei voti per sé, brava bambina prodigio, e invidia e risentimento per la sorella nei suoi confronti, oltre all’identificazione di sé come “colei che non disturba, non dà problemi, si regge da sola sulle sue gambe, non ha bisogno”. Dentro di sé però non c’era stabilità, sicurezza ma paura di non essere accolta, vergogna di non essere all’altezza delle situazioni, non meritevole di attenzioni perché prima di lei c’era la sorella bisognosa di spinta, sostegno, comprensione; il suo “nascondere le paure e trovarsi le soluzioni” diventavano man mano la sua trappola di vita: il sorriso imperante che mostrava al mondo attraeva le simpatie degli altri, la rendeva disponibile ed accogliente, due braccia aperte sempre pronte, quella che non chiede mai ma è sempre pronta a dare, ascoltare;
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dietro a tutto questo aumentava il non sentirsi al sicuro, il non avere un posto tutto suo, il non sentirsi mai completamente accettata, il bisogno di nascondere il suo disagio. E la paura e vergogna pian piano nutrivano la frustrazione e rabbia per essere sempre in secondo piano nonostante gli sforzi, a volte oltre misura, che chiedeva a se stessa; il suo degrado avanzava ed entrava man mano nella fase di donna finta Yin, i moti rabbiosi compressi ed inclusi alimentavano il senso di colpa, che provava di fronte ai moti di ribellione e tentativi di distacco dal menage relazionale malato all’interno della sua famiglia, moti che erano vissuti come “colpi di testa” e la facevano poi rientrare perennemente nel “rango di brava bambina”. In verità si creava dentro di lei un disagio sempre più profondo, che le generava instabilità emotiva e crisi depressive. Ed il suo degrado avanzava e lei oscillava nella cuspide tra donna finta Yin passiva e donna finta Yin attiva che non riusciva più a contenere la rabbia, che le generava coliche addominali, e sentiva il suo corpo che si comprimeva e le membra che si irrigidivano. Le pressioni della madre per tenere il nido unito ottenevano un risultato contrario: nella maggiore aumentava la spinta rabbiosa nei confronti dell’intrusa minore (perché non dà problemi, è simpatica a tutti, carina e socievole, intelligente); nella minore aumentava l’ossessione di non essere mai abbastanza gradevole, il senso di colpa per non piacere e non essere amata dalla sorella. Vedere me protagonista, che si annullava sempre più come persona, che si sottometteva agli altri, mi ha fatto sentire da dove nascevano i tentativi dei miei moti di ribellione e scatti di rabbia che non riuscivo più a contenere: mi ero dissociata da me, nell’illusione che staccandomi da me stessa potessi evitare il dolore e la sofferenza che sentivo. In quel momento ho visto la mia paura peggiore: la paura di essermi persa, di non avere più la forza di continuare, di andare avanti. Invece il guardarla ha creato uno spiraglio nella mia corazza che ha permesso di: -
prendermi la responsabilità delle azioni e scelte fatte;
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essere onesta nei miei confronti ed accettare il fatto di essere arrabbiata;
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vedere chi mi circonda per ciò che veramente è e non sentirmi così in colpa nei suoi confronti;
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distaccarmi dal mio vuoto affettivo per non cascarci continuamente dentro;
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vedere che mia sorella nutre un profondo rancore nei miei confronti, ma è suo e non mio;
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accettare la mia sensibilità come un dono e quindi non lasciarmi sopraffare.
Ho percorso diverse fasi della metamorfosi empirica nella mia vita: da donna Yin alterata sono entrata ed ho soggiornato nella donna finta Yin; ho avuto modo d’essere nella cuspide donna finta Yin passiva – donna finta Yin attiva, entrando ed uscendo tra queste due come su uno scivolo che va a destra e sinistra, secondo la spinta del momento e le emozioni che eruttavano dal mio vulcano interiore. Ora so di essere ancora in questa fase, ma mentre nella metamorfosi empirica del degrado il viaggio scorre su una linea orizzontale, nella conversione il viaggio prosegue su una linea verticale verso la vera meta naturale: la donna Yin integrata. So perfettamente che è utopico pensare di raggiungere la matrice “Yin integrata”, ma so che è estremamente vitale essere sulla strada verticale, in cui il paesaggio che si presenta è: da un lato la mia parte luce che apprezzo, amo e vivo con orgoglio; da un lato la mia parte ombra di cui non mi vergogno, non nascondo e con umiltà mostro. Sono entrambi parti di me, incongruenti e così legate tra loro quasi fossero due amanti che si cercano e si appagano l’un l’altro. Oggi comprendo che per rompere l’identificazione con la bambina emozionale, è necessario imparare a scegliere la dignità al posto delle briciole d’amore, anche se questo può voler dire essere soli. Imparare a “essere con” le emozioni, dare tempo alla lucidità di emergere aiuta a vedere gli altri così come sono e non come vorrei che fossero; comprendo che tutti hanno delle inconsapevolezze che portano all’insensibilità, invasione, mancanza di rispetto e a volte addirittura abuso. Approfondendo questa comprensione sono meno incline a lasciarmi ferire, abusare o deludere perché sono più lucida nel vedere le cose; non dipendendo dal
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ricevere poche briciole di approvazione e attenzione, sono più capace di dire no a ciò che sento come sbagliato e più percettiva nei confronti di ciò che voglio o non voglio. Ma questo cambiamento esige il guardare in faccia la mia paura dell’abbandono, rifiuto, disapprovazione, punizione e lo richiede in modo costante. 65
Il reprimere le emozioni o esprimerle in modo esplosivo appartengono alla mia parte bambina
emozionale; entrarne in contatto ed “essere con” le emozioni mi porta a
contenerle e non reprimerle, ossia ad essere semplicemente presente nella vita, a staccare ed abbandonare i compromessi che mi impongo e subisco, a non oscillare tra l’obbedienza (simbiosi) e la ribellione (individuazione). Il riconoscere la mia sensibilità e vulnerabilità mi porta ad essere onesta; diventare consapevole dei miei giochi di potere e strategie di manipolazione mi aiuta ad abbandonarli; esporre le mie paure e insicurezze mi fa sentire libera e compresa; osservare le mie imperfezioni e sorriderne mi distacca dalle aspettative ed approvazioni altrui. E questo mi fa pensare che così è la vita: uno scivolare nelle esperienze, non sfuggirle, prenderne coscienza sperimentando per poi poter di nuovo scivolare in qualcos’altro; nulla è impermanente, ma tutto è in continua trasformazione per una unica ragione: l’Amore, l’unica vera legge che governa la vita e la morte di ogni essere umano e a cui la nostra parte più profonda è legata e che io chiamo “anima”. Un augurio ad ogni donna / uomo che voglia intraprendere questo viaggio interiore alla scoperta di sé, accompagnati da un “ amico – fratello “ che ti prende per mano e ti sorregge e stimola, ma allo stesso tempo non ti risparmia nessuna verità come è giusto che sia in questo processo – incontro con te stesso.
Grazie a Michel Hardy
VOCABOLARIO EMPIRICO SISTEMA EMPIRICO: Insieme di moti / leggi empiriche che regolano l’andamento naturale dell’essere umano e permettono di vivere e mantenersi all’interno dell’ordine empirico o armonico, governato dal solo principio di causa ed effetto. È costituito da tutto ciò che è dentro e fuori di sé, luce ed ombra, bene e male, forma e contenuto. È costituito da meccanismi / dinamiche che concepiscono diritti ed obblighi per l’uomo. E’ strettamente collegato all’ordine e il rapporto tra ordine e sistema è paragonabile a quello che intercorre tra una persona ed il suo corpo. Sono interpidendenti dal momento che l’uno è contenuto nell’altro essendone la manifestazione visibile, l’espressione di fatto. Se il sistema corrisponde alla persona, l’ordine costituisce il suo corpo, il suo fare, il suo manifestarsi, pertanto interagendo continuamente tra loro non è possibile distinguerli nettamente. Non ha nulla a che fare col sistema individuale, costituito da valori e parametri acquisiti nel corso della vita, ma rappresenta il fare e l’essere di un individuo.
ORDINE EMPIRICO: Compone l’essenza stessa dell’universo, della nascita, della vita e della morte. Determina tutto ciò che è, sia nel mondo materico che in quello sottile; integra ed utilizza le leggi della natura come moti principali. Regola da sempre il libero fluire dei processi fisici e metafisici (astratti/non concreti). Genera la successione / il procedimento di tutte le cose, abbinando ad ogni atto compiuto o mancato, una precisa responsabilità empirica. Si rifà al principio dell’armonia naturale riconoscendo quello della funzionalità come unico criterio per determinare l’evoluzione di tutte le cose. Non dipende da convinzioni
personali, né ha bisogno di doversi spiegare o giustificare poiché segue
parametri senza tempo, perché da sempre regola ogni movimento e moto vitale. L’ordine empirico trae le sue origini dal sistema e si esprime attraverso le dinamiche empiriche del fare che fanno fede ad una matrice d’eccellenza.
MATRICE D’ECCELLENZA: E’ il meccanismo di riferimento / il copione ideale che autodefinisce le situazioni, tramite la quale è possibile misurare la qualità empirica delle azioni e dell’essere o non essere in uno stato armonico. L’ordine riconosce come unico
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meccanismo quello di causa ed effetto, quindi ogni moto / dinamica dell’uomo si confronta con la matrice empirica e ne rivela la carica armonica o disarmonica. Contiene modelli funzionali / qualità / attitudini che ne definiscono la qualità armonica e ne costituiscono il codice mentre la matrice ne è il filtro. 67
RESPONSABILITA’ EMPIRICA: Ogni situazione comporta per l’uomo delle responsabilità empiriche, sia che l’essere ne sia consapevole o meno; ogni passo / azione compiuta o rinnegata ha un preciso peso empirico nei confronti della matrice d’eccellenza, che genera responsabilità dirette nei confronti del sistema ed obbliga la persona ad assumersi le conseguenze di azioni / moti compiuti o non compiuti. La responsabilità varia secondo il ruolo empirico della persona, ad esempio quella del piccolo è diversa da quella del grande. La mancata assunzione di responsabilità genera un debito.
DEBITO EMPIRICO: E’ uno squilibrio tra il moto del dare ed il moto del ricevere,un’infrazione al sistema ed alle sue leggi, un arretrato di responsabilità mancate e disattese nei confronti delle situazioni. E’ un vortice emotivo autorigenerante che contiene tutte le informazioni inerenti le violazioni avvenute, in relazione ai parametri dell’ordine e del sistema empirico. Indica che la persona è al di fuori dei parametri armonici ed influisce sulla qualità della vita e si esprime quando l’essere non interferisce col sistema in maniera sana e funzionale, seppur in buona fede; in questo caso il sistema lo riconosce quale trasgressore, rispecchiandogli un debito. L’assunzione del debito determina quanto l’essere si avvicini o si allontani dal libero fluire. La sua presenza è segnalata da indizi emotivi o indicatori empirici che plasmano e spingono le azioni dell’uomo ed esprimono il distacco dal libero fluire.
LIBERO FLUIRE: Costituisce la metafora o stato d’essere di base che descrive lo stato d’eccellenza del sistema. E’ il flusso generato dall’ordine che procede in modo naturale e non forzato. Essere collegati al libero fluire significa accedere ad una serenità naturale, essere in pace con se stessi, indipendentemente dalle circostanze esterne; permette di vivere senza eccessi di paura, rabbia o sensi di colpa.
INDICATORI EMPIRICI: Sono segnalazioni emotive / spie che mostrano la presenza del debito o squilibrio armonico. Costituiscono i binari del proprio sentire e creano un vero e proprio vortice emotivo che svia il sentire dell’uomo e generano percezioni ed emozioni sfalsate, rispetto alla realtà, ed inversione / scambio all’interno del sistema. Ogni situazione porta in sé una carica emotiva specifica, che risulta artefatta nell’uomo portatore di debito empirico, ed il suo fare e sentire è quindi distante dal libero fluire e dall’ordine armonico. Un esempio ne sono: rabbia, paura, senso di colpa, inadeguatezza, aggressività. Possono essere attivi e passivi: i primi sono quelli predominanti nel proprio carattere; quelli passivi sono i moti segreti e nascosti, la parte più repressa o mancante nel proprio assetto emotivo, ma destinati a crescere col passare degli anni.
CARICA EMPIRICA: E’ l’unico strumento per l’uomo per accedere alla vera natura d’ogni situazione. E’ l’insieme di valori certi che rivelano la veridicità di ogni situazione e ne definiscono la gamma delle possibili reazioni nell’individuo. La carica si manifesta indipendentemente dal fatto che l’individuo vi possa accedere o meno segnalando emozioni oggettive correlate alla situazione. Le reazioni ed emozioni contenute nella carica empirica non dipendono da valutazioni personali. La carica è percepibile nella sua autenticità e fedeltà solo da chi si muove nel libero fluire, ossia è disponibile e aperto in relazione alla situazione in atto.
RUOLI SISTEMICI: Sono fenomeni esistenziali, espressioni di diverse relazioni che costituiscono moti funzionali all’evoluzione della specie ed alla sua salvaguardia. Ruoli precisi come quelli di uomo/donna, padre/madre, figlio, amico, fidanzato, parente e così via ma anche leader, eroe, carnefice , vittima, traditore, capufficio ed altro. Appartengono all’ordine empirico e ne sono la sua espressione. Fanno capo ad una matrice empirica che ne evidenzia e definisce diritti e responsabilità e distingue l’appartenenza a due codici primari: Yang (maschile – il dare) e Yin (femminile – il ricevere). Il singolo ha bisogno di incarnare più ruoli sistemici all’interno di un ciclo naturale previsto dall’ordine: dal ruolo di base del piccolo figlio/figlia sino a quello d’adulto per entrare poi in quello della saggezza. Tutti i ruoli si appoggiano al ruolo di base, costituito dal proprio sesso biologico: codice Yang / uomo e
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codice Yin / donna. La matrice d’eccellenza scandisce passaggi precisi e naturali che debbono essere evasi o generano debito sistemico; il parametro per l’attribuzione dei ruoli è la maturità personale e la capacità d’assunzione di responsabilità.
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CODICE YANG – CODICE YIN: Principi guida, coordinate basilari atte ad instaurare una sinergia ed un equilibrio stabile, sia con il proprio sesso biologico che col sesso opposto. L’appartenenza al proprio codice permette di esprimere le qualità in modo sano e totale in linea con la matrice d’eccellenza. Costituisce l’unico punto di riferimento e ne definisce moti, attitudini, facoltà quali diritti e obblighi naturali, attivati da piccoli tramite i genitori e messi in pratica da grandi. Il codice Yang contiene: il diritto e l’obbligo alla forza rabbiosa, sostenuta dalla spinta naturale alla protezione; la concretezza, la concettualità, l’autorità e autorevolezza, la progettualità, il diritto alla guida, la solidità. Il codice Yin contiene: la forza incondizionata, la morbidezza, la fluidità, l’arrendevolezza, la cura, l’accoglienza, la fiducia, la forza di sacrificio. L’individuo, per potersi sviluppare pienamente, ha bisogno di acquisire ed integrare i principi di entrambi i codici: i principi primari legati al sesso biologico d’appartenenza e quelli secondari legati al sesso opposto.
METAMORFOSI EMPIRICA: Degrado progressivo e automatico del profilo empirico messo in atto in presenza di debiti empirici nell’essere umano; segue un andamento sistemico prestabilito, costituito da passaggi consecutivi che ogni portatore di debito ha bisogno di attraversare. Chiunque, non abbia sviluppato le cariche empiriche sane e genuine, è costretto a seguire questo processo di trasformazione e mutamento del carattere sino a quando non si riscatta il debito di cui si è portatori.
BIBLIOGRAFIA
La Grammatica dell’Essere (volume I-II-III-IV-V) - Michel Hardy Dalla parte delle bambine - Elena Gianini Belotti La metamorfosi completa delle farfalle – Corrado Concemi (riassunti da Internet) L’arte del Counseling – Rollo May Il maestro e le maghe – Alejandro Jodorowsky Cammina le tue parole – Associazione Dawa Frammenti da “La pioggia nel pineto” – Gabriele D’Annunzio Frammenti da “La metamorfosi e altri racconti“ – Franz Kafka Frammenti da “Metamorfosi” – Ovidio Frammenti da “Introduzione al narcisismo” – Sigmud Freud Frammenti da “Così parlò Zarathustra” – Friedrich Nietzsche
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