Magazine EE nr 34

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Cerindustries SpA

numero 34 giugno 2014


LA

stagione mite è anche un caldo invito a

Spring is a gentle season when the great

cercare spazi aperti. Una dimensione

outdoors begins to look warmer and more

che si presta ad essere attraversata nei più diversi

inviting. And there are so many ways to enjoy

modi a seconda dei gusti e delle predisposizioni.

it: dashing against the wind at the wheel of

Filando contro vento al volante di una cabriolet

a vintage cabriolet, walking on a beach, or

d’epoca, calcando la sabbia di qualche spiaggia

standing in the middle of a wheatfield waiting

o magari aspettando che giunga la tiepida sera in mezzo a un campo di grano. Per questi e tanti altri modi di “frequentare” il paesaggio, la Romagna si conferma teatro ideale. Prendendo in prestito un termine proprio di questo ambito, si direbbe che sulle sue quinte si possano montare con disinvoltura scenari ora classici, come una spiaggia turistica, ora imprevedibili, come un “monumento” vegetale, un’architettura ancestrale, la testimonianza di un

for the cool air of evening to descend. For these and many other ways of living the outdoor life, Romagna offers the perfect stage whatever the nature of the “performance”: from the more conventional (a beach popular with holidaymakers) to the unexpected (a “vegetal” monument) and the ancestral (the construction methods that testify to a more

solenne passato. Suggestioni ed esperienze,

difficult past). All these experiences are best

completate da sapori sorprendenti, che si fondono

washed down with food and drink whose

per originare un’identità poliedrica capace di

unique flavours combine to forge a many-

confortare come, a volte, di spiazzare. Impossibile

faceted identity that can be comforting or

racchiuderne in un’immagine l’intera estensione.

disconcerting. An identity that’s impossible

Per coglierne anche solo un tratto serve il talento di

to encapsulate in a single image. It takes an

un artista. E la terra che vi raccontiamo ha sempre

artist even to capture a part of it. But then,

saputo ispirarne la sensibilità.

Romagna has always been an inspiring place.

EDITORIALE

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ea r th elem en t



angelamaria golfarelli

La pioggia blu che viene da lontano

immagini: angelamaria golfarelli, gabriele medri

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I glIcInI monumentalI In Romagna La Romagna è da sempre terra accogliente ed ospitale, aperta alle genti e non meno alle nuove culture/colture. Così, quando nel lontano 1816 un capitano inglese di stanza in Cina lo introdusse in Inghilterra, il solatìo dolce paese non esitò ad adottare, per i suoi giardini, le sue corti interne, i suoi cortili e le aie, la Wisteria sinensis, nota ai più come glicine comune. Ne è la prova il grande numero di piante monumentali appartenenti a questa specie che qui hanno raggiunto davvero dimensioni imponenti adattandosi pienamente e dando vita a vere e proprie sculture vegetali. Ad aprile si coprono d’un tripudio di fiori e profumo capace di ammantare di bellezza, seppur estremamente effimera, muri scrostati, pergolati e terrazze di ville padronali, senza mancare di avviluppare nel loro avvincente abbraccio viola archi, portici e persino alcune torri forlivesi come quella di via Moro Petruccio e di via Felice Orsini; anche se il vero monumento “nazionale” forlivese è il glicine Manoni di via delle Torri. Il glicine o “vite blu” è originario dell’Estremo Oriente ed ha la sua massima diffusione in Cina e Giappone, ma deve il suo nome scientifico all’antropologo Gaspare Wistar, che lo classificò per primo. Si dice, fra l’altro, che questa pianta ornamentale di grande impatto visivo fosse già presente in Italia dalla fine del 1700, come dimostra il grande glicine di Goethe che si trova a Tivoli. Notoriamente la sua funzione seduttiva e seducente è indiscussa, anche grazie al fatto che nel periodo Liberty, in molti parchi e giardini, sorsero romantici berceau, che tutelavano la privacy degli innamorati grazie alle lunghe liane e alla folta vegetazione dei glicini che li ricoprivano. Monet ne fu stregato, Macchiaioli e Impressionisti attinsero dalle delicate tinte pastello dei suoi viola ispirazione per opere straordinarie in cui il rapporto fra luce e colore era attraversato da tutte le sfumature evanescenti dei grappoli fioriti. In Romagna la vasta presenza del glicine è da associare anche ai suoi presunti poteri talismanici, capaci di tenere lontane le calamità. I

Sensi

di

Romagna


L IL A C RA I N The monumental wisterias of Romagna

So back in 1816 when an English captain resident in China introduced it into his native country, Italy was quick to follow suit, and Wisteria sinensis was soon gracing the gardens, courtyards and hedgerows of the bel paese. Some of the specimens of wisteria that grow here have now reached truly monumental dimensions. In April, wisteria breaks out in an exuberant blossom that decks crumbling walls, pergolas, terraces, gates, archways, even towers (Via Moro Petruccio and via Felice Orsini in Forlì) – in its fragrant, if fleeting, beauty. Still in Forlì, the wisteria on the façade of a building (“Manoni”) in via delle Torri is one of the largest in Italy. Wisteria or “blue vine” originally grew in the Far East, and is most widely found in China and Japan. It owes its scientific name, however, to the anthropologist Caspar Wistar, who first classified it. It’s said that this ornamental, exceptionally showy plant has been present in Italy since the end of the 18th century: Goethe admired the wisteria he saw when he visited Tivoli. Wisteria is closely associated with seductiveness and seduction. Many of the parks and gardens laid out during the art nouveau period, for example, featured romantic niches and arbours where lovers could enjoy privacy thanks to the meshed vines and thick foliage of the wisterias that covered them. Monet was enchanted by wisteria; the Macchiaioli school and the Impressionists found inspiration in its delicate lilac blossom to produce works which explored the relationship between light and colour in all the evanescent nuances of its bunched flowers. In Romagna, the ubiquitous presence of the wisteria is also due to its alleged talismanic powers, for it’s said it has the ability to ward off disaster. With its magically-spiralling trunk it’s believed to instil inspiration and energy, and the courage to act on one’s creative impulses. Some truly monumental specimens are to be found outside the Sgurén ethnographic museum in Savarna di Ravenna, and in Montalto (beside Portico di Romagna), where majestic wisterias adorn squares and archways with their intertwined stalks and leaves and – in spring – their enchanting blossoms. Many writers and poets have sung the praises of wisteria, an extraordinary climbing plant which grows by twining its stems around one another in the same direction as the movement of the earth (except, mysteriously, in Japan, where it moves in the opposite direction), but it is perhaps Pier Paolo Pasolini’s poem Il glicine which best captures the melancholy allure of this fascinating plant.

[...] e intanto era aprile, / e il glicine era qui, a rifiorire. / ...e basti tu, col tuo profumo, oscuro, / caduco rampicante, a farmi puro / di storia come un verme, / ...arido sulla mia nuova rabbia, / a puntellare lo scrostato intonaco […] pier paolo pasolini, verso tratto da il glicine pubblicato nella raccolta la religione del mio tempo

Romagna has always been a hospitable place a quality which applies to plants as well as people.

Una spirale magica che pare infondesse ispirazione ed energie fortissime nei pensieri e nelle emozioni, nonché il coraggio e la forza per realizzarli. Esempi monumentali dall’architettura poetica ed evocativa, si trovano presso il Museo Etnografico Sgurén a Savarna di Ravenna e nel Borgo di Montalto (adiacente a Portico di Romagna) ove maestose piante incorniciano luoghi suggestivi con preziosi intrecci di rami, fiori e fronde che in primavera incantano ed ammaliano. Molti, tra letterati e poeti, si sono fatti sedurre dalla sua affascinante cascata viola, ma di questa cattedrale verde, straordinaria pianta rampicante che si avvita su se stessa seguendo il moto di rotazione terrestre (tranne che in Giappone, dove misteriosamente si avvolge in senso orario), sono i versi di Pier Paolo Pasolini che forse più di tutti esprimono il malinconico e suadente pianto. Territorio

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La Regina dell’Adriatico luca biancini

immagini: archivio ass. tur. provincia di rimini, archivio comune di cattolica, gloria de carlo

C AT TO L I C A E I L S U O G O L FO, dOvE L A ROMAGNA SI FONdE CON LE MARChE Affacciata sulle calme acque del suo golfo, protetto dalle prime alture appenniniche che poggiano le proprie pendici proprio sul lembo più meridionale della costa romagnola, Cattolica è, prima di tutto, una culla delle arti del mare. [6 Conosciuta oggi principalmente come meta turistica estiva, questa cittadina può vantare una lunga storia che la differenzia marcatamente da tante altre località cresciute come funghi in riva all’Adriatico, nel secondo dopoguerra, per assecondare i bisogni del nascente turismo di massa. Una storia così illustre da farla citare a dante Alighieri nella divina Commedia. La sua posizione la rendeva infatti nell’antichità un perfetto approdo di spiaggia frequentato da barche di ogni tipo, attirando pure gli sbarchi, storicamente documentati, di pirati e corsari. Uno scenario ben diverso da quello che offre nella contemporaneità questa cittadina placida ed ordinata, che in estate si protegge dal solleone nelle sue ombrose piazzette raccolte intorno alle immancabili fontane e incorniciate dal verde. Scorci di un delizioso centro storico che i pittori, noti o improvvisati, amano ritrarre e che nelle tiepide sere estive ospita spesso musicisti e artisti di strada. Questa è però ancora terra di maestri d’ascia, che nei loro cantieri custodiscono i segreti operativi della piegatura del legno (vedi ee n. 26) per farne chiglie. Ultimi eredi di quella tradizione marinaresca qui così radicata e ben documentata dalle attività del locale Museo della Regina. Il più coerente punto di contatto tra passato e presente è forse proprio il porto peschereccio cattolichino, uno dei più rilevanti di tutte le marinerie adriatiche. Oggi rappresenta certamente un pittoresco colpo d’occhio e, oltre ad aver alimentato le fiorenti industrie conserviere della città, fornisce la preziosa materia prima per le tante preparazioni tipiche di pesce che compongono la tradizione gastronomica locale. Piatti come i tajadlot s’li puracie (tagliolini alle vongole), al bruvet s’i fegata d’rosp (brodetto di fegato di coda di rospo) e la pistaden s’la fritura (frittura con malfattini) tengono alta una “bandiera culinaria” anch’essa molto blasonata. Ma il pesce a Cattolica si può osservare non solo dopo essere stato pescato e cucinato. Il grande acquario (vedi ee n. 29), uno dei più importanti della Penisola, ricavato negli spazi del complesso di architettura razionalista “Le Navi”, permette in pochi passi di passare dalla battigia cattolichina a un gigantesco habitat sottomarino popolato di creature d’ogni sorta. Con i suoi tanti diversi volti, questo porto romagnolo che dal Medioevo continua a svilupparsi (risale al 2006 l’ultima opera di ampliamento della darsena), resta un privilegiato approdo di terra, posto lì dove la vallata del Conca si apre in mare, sulla riva sinistra del Torrente Tavollo, che divide, badate bene, solo amministrativamente, Romagna e Marche. I

Sensi

di

Romagna


un’ora di buon porto fa scordare cento anni di sfortuna. giambattista basile

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Q U EEN O F T h E A d R I AT I C Cattolica and its bay – where Romagna meets the Marche Nestled above the calm waters of its bay, shielded by the foothills of the Apennines that reach down to the most southern fringe of the Romagnol coastline, Cattolica is first and foremost a seafaring town. Nowadays it’s best known as a holiday resort, but Cattolica has a long history which sets it clearly apart from the other resort towns that sprang up like mushrooms along the Adriatic coast in the mass tourism boom of the 1950s. So illustrious is its history, in fact, that it’s even namechecked in Dante’s Divina Commedia. The long history of Cattolica can be explained by its location above a beach that makes an excellent landing place for all types of craft – including those of pirates and corsairs, as documented in historical sources. All that seems a million miles away from the neat, quiet town that greets modern visitors to Cattolica, with its leafy piazzas and plashing fountains that offer shelter from the intense summer heat. The picturesque old town is a favourite subject for renowned and amateur artists, and in the warm summer nights it’s full of street musicians and performers. But Cattolica is traditionally a town

of shipwrights, and even today these craftsmen apply their timehonoured woodbending skills (see ee issue 26) to make keels. They are the last inheritors of a seafaring tradition that is now documented in the town’s Museo della Regina. The fishing port of Cattolica, one of the biggest on the entire Adriatic coast, is the part of town where the dialogue between past and present is strongest. Today, it’s certainly a picturesque sight, and apart from having supplied the town’s flourishing canneries, Cattolica’s harbour still lands the seafood that supplies local restaurants and markets with the precious ingredients that go into the many fish dishes that comprise the local gastronomic tradition. Dishes like tajadlot s’li puracie (tagliolini with clams), bruvet s’i fegata d’rosp (a soup made with liver of anglerfish) and pistaden s’la fritura (fried fish with pasta) keep the illustrious local tradition alive. But it’s also possible to enjoy fish in their living, uncooked state in Cattolica. The town’s aquarium (see ee issue 29), one of the biggest in the country, is located in Le Navi, a seaside complex built in the rationalist style. Just a few steps from the seashore, this aquarium is a huge underwater habitat populated by marine creatures of every variety. Cattolica is a many-faceted place that has been growing since the Middle Ages (its port was most recently enlarged in 2006) and now as always remains an important harbour, overlooking the point where the valley of the Conca opens into the sea, on the left bank of the Tavollo – the small river which (administratively, at least) divides Romagna from the Marche.

Territorio


italo graziani – testo raccolto da alessandro antonelli immagini: archivio italo graziani, michael traub

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Architettura della calce I L L ATO A R T I ST I CO d E L L AT E R I z I O L’autocostruzione di una casa con pietre cotte in una fornace improvvisata è un gesto primordiale almeno quanto quello di assaggiare la terra per capire come è composta. Il bisogno di reperire nelle vicinanze il materiale edile nasceva dall’esigenza, un tempo diffusa, di costruire la propria abitazione in luoghi impervi. Oggi la conoscenza di tali tecniche è ormai appannaggio di microscopiche realtà. Ne sono un esempio i caramizari transilvani: famiglie nomadi che si insediano temporaneamente nei pressi del cantiere, utilizzando argilla e stampi di legno per modellare i mattoni. Nella nostra terra, però, in un passato non troppo lontano questa “arte” aveva raggiunto un alto livello di perfezionamento. Le Pievi e le case coloniche che punteggiano le zone agresti della Romagna spesso portano evidenti segni di questa antica maestria. Parliamo di un’epoca fuori dalla cronologia storica ufficiale, in cui la casa era un sogno lungamente inseguito, spesso appagato solo nell’ultima parte della vita, richiamando il detto dialettale nìd fatt argaza mòrta (nido finito, gazza morta). Profondamente legato ai materiali presenti sul territorio, il progetto veniva realizzato con calce (che rimuovendosi facilmente consentiva il riciclo dei mattoni) e laterizi (ricavati lavorando le argille, molto diffuse in Romagna). La stratificata esperienza dei maestri muratori sopperiva alla limitatezza dei progetti. Rigorosa attenzione era dedicata ai principi “naturali” da seguire: orientamento dell’edificio, quota, destinazione degli ambienti, finestre (poche e piccole a nord, ampie a sud); a sottolineare una pragmaticità non priva però di quelle distintività che hanno composto un’architettura rurale in armonia con il territorio. Molte comunità utilizzavano infatti misure peculiari dei mattoni, che si abbinavano alle abilità particolari dei capomastri locali, sempre pronti a misurarsi tra loro in bravura, senza però cedere all’eccentricità. Tra le soluzioni decorative (non prive parallelamente di un loro lato pratico) che fungevano da “firma” del maestro, anonima dopo la I

Sensi

di

Romagna


L I M E h O U S ES The creative use of bricks Building your own house using bricks cooked in an improvised oven is a custom at least as old as testing the ground to see what it’s composed of. The need to find building materials in the immediate vicinity arose from the once-common imperative of building dwellings in inaccessible places. Nowadays, however, the techniques necessary for doing so are known to very few people. The caramizari of Transylvania are one example: these nomad families make their temporary settlements wherever they can find clay, using wooden moulds to shape their bricks. Here in Romagna, it wasn’t so long ago that the art of brickmaking reached impressive levels of accomplishment. The country chapels and farmhouses that dot the harsher reaches of Romagna often exhibit evident signs of this vanished craft. The time we’re speaking of lies outside the official historical narratives, when to have one’s own house was a dream that many people spent the better part of their lives pursuing, and which they realized only in their twilight years – bringing to mind the old Romagnol proverb nìd fatt argaza mòrta (the magpie dies when its nest is finished). These dwellings were made with the materials at hand, using lime (which could be easily removed to allow building blocks to be recycled) and bricks (made from clay, a material widely available in Romagna). What these rudimentary dwellings lacked in material resources was made up for by the experience of the master masons in charge of building them. Meticulous attention was shown to the “natural” principles: orientation of the building, altitude, purpose assigned to each room, fenestration (few and small windows facing north, large and plentiful facing south); a pragmatic spirit not however bereft of those distinctive features that go towards a rural architecture in harmony with its surroundings. Many communities used special sizes in their bricks, sizes which were suited to the special skills of local master builders who were always ready to compete with each other in terms of inventiveness, without however yielding to eccentricity. Among the decorative solutions (which themselves often had a practical purpose) which functioned as the “signature” of the master builder (who would otherwise have faded into anonymity after his departure) and to our eyes act as a stylistic imprint, the most distinctive are the so-called “gelosie”. These were geometrically correct brick apertures which permitted air to enter a room and allowed its occupants to look outside without being seen from the exterior. Some ingenious examples of “gelosie” can still be seen even in the oldest of walls, a reminder of the creative intelligence of the building methods of old. Skills were transmitted orally and crafts learned by doing, example was the only method of teaching and manual work was the only work deemed worthy of the designation. The Rete Calce association was formed to prevent these and other techniques from falling into oblivion. Its members include building firms, individuals (including the Romagnol artist Egidio Miserocchi) and institutions from all over the world. Rete Calce has now applied for inclusion in UNESCO’s intangible culture list in an attempt to protect this immense heritage.

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la casa è il vostro corpo più grande. vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni. khalil gibran

sua scomparsa, ma in grado di tramandare fino a noi una netta impronta stilistica, spiccano le cosiddette “gelosie”. Strutture geometriche di laterizi che permettono il passaggio dell’aria all’interno dell’abitazione e consentono di guardare all’esterno senza essere visti. Fantasiose prove di ingegno che dai vecchi muri ancora ci parlano dell’intelligente creatività d’un tempo. Un’abilità trasmessa oralmente, contestualizzata in un metodo di lavoro senza domande, in cui l’esempio era il sistema universale d’insegnamento e il lavoro considerato tale era solo quello manuale. Per impedire che simili tecniche cadano totalmente nell’oblio è nata l’associazione Rete Calce che comprende ditte, persone e istituzioni di tutto il mondo, tra cui anche l’artista romagnolo Egidio Miserocchi, ed ha richiesto all’UNESCO di inserirle nel registro del patrimonio immateriale allo scopo di tutelare così un immenso patrimonio materiale. Storia


franco de pisis

franco de pisis immagini:

immagini: archivio ass. cult. genm

La Romagna della seta M E L d O L A , P I C C O L A C A P I TA L E d E L L A B A C h I C O LT U R A Secondo la leggenda, più di 2600 anni prima di Cristo, fu un’imperatrice cinese ad estrarre per prima il prezioso filo dal bozzolo di un filugello, venendo per questo divinizzata come dea della seta. [10 un rilucente biondo oro. Il continuo fiorire del mercato fece sì che dal 1800 cominciarono ad aprire le prime filande, per poter trasformare in loco i bozzoli setiferi in matasse di seta. Ben presto le filande meldolesi si collocarono ai primi posti in Italia. Nell’anno 1872 l’Italia era ai vertici della produzione mondiale di seta greggia, in concorrenza con Cina e Giappone ed in questo stesso periodo Meldola si aggiudicava il primato, insieme alla lombarda Como, per la migliore qualità e quantità del prodotto sericolo. Ma, come sempre accade, anche quell’epoca dell’oro tramontò. Nel 1932, al fine di incrementare l’industria bacologica italiana si tenne anche una lotteria con l’allora favoloso premio di 1000 lire, ma al termine del secondo conflitto mondiale, con l’avvento della seta artificiale, le filande iniziarono a chiudere, compresa la più importante di Meldola, fondata dal filandiere Ciro Ronchi a cui è stato intitolato il locale Museo del Baco da Seta. Inaugurata nel 2001, questa struttura museale, gestita dai volontari dell’associazione GENM, si impegna al recupero di tre secoli di tradizione locale, che rischia altrimenti di essere completamente dimenticata. Benché ancora, in questa zona, quando qualcuno fa un acquisto voluttuario può sentirsi apostrofare con il detto popolare: oih… s’et vindù la seda? (hai per caso venduto la seta?).

Ad introdurre la bachicoltura in Italia, o meglio in Sicilia, furono invece i Saraceni. In tutta la Penisola, come nel resto d’Europa, per effetto della selezione naturale si sono formate razze estremamente diverse da quelle orientali. Una di queste, tra le più pregiate, è chiamata Meldola, dal nome della cittadina medioevale della provincia di Forlì-Cesena posta nella vallata del Bidente-Ronco. dal XII secolo, infatti, l’Italia fu tra i maggiori produttori di seta d’Europa e la Romagna fu una delle regioni dove la sericoltura si sviluppò maggiormente, toccando il suo apice proprio nel territorio di Meldola, grazie probabilmente anche alla qualità superiore delle foglie prodotte dalla varietà locale di gelso. Questa pianta veniva coltivata con estrema meticolosità in tutti i poderi dell’agro meldolese. Significativa a tale proposito è La tradizione popolare secondo cui nel giorno dell’Ascensione, gli allevatori facevano benedire la foglia e gli agricoltori facevano a gara nel portare in omaggio alla statua del patrono cittadino il ramo di gelso più grande, trasformando per un giorno la piazza in una sorta di bosco. Nel mandamento di Meldola, l’allevamento del baco da seta era diffuso ovunque: in campagna e in città non c’era famiglia che non conducesse un piccolo allevamento. A conclusione del mercato del filugello si teneva una grande festa intorno a un gigantesco paniere colmo di bozzoli di I

Sensi

di

Romagna


con la pazienza la foglia di gelso diventa seta. antico proverbio popolare

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ROMAGNA ANd ThE SILk TRAdE Meldola: a centre of sericulture According to legend, silk was first drawn from the cocoon of a silkworm over 2,600 years before the birth of Christ, by a Chinese empress who was later deified as a goddess of silk. Sericulture was introduced into Italy – or more accurately, Sicily – by the Saracens. Since then, in Italy as in Europe in general, natural selection has led to the appearance of silkworms which are quite different from their far-Eastern forebears. One of these varieties (and among the most prized) is the Meldola, named after the small medieval town in Forlì-Cesena province in the valley of the Bidente-Ronco. Italy was one of Europe’s leading producers of silk in the 12th century, and Romagna was one of the regions where sericulture developed on the biggest scale, reaching its height in Meldola, thanks probably to the superior quality of the leaves produced by the local mulberry trees. Mulberry was meticulously cultivated in all the farming estates of Meldola. Significant in this respect is a local tradition according to which every Ascension Day the local silk growers held a ceremony in which the mulberry leaf was blessed and local farmers competed to lay the biggest mulberry branch at the feet of the statue of the town’s patron saint, a custom which carpeted the town’s piazza in green for one day every year. In Meldola, the silkworm was cultivated everywhere: in town or country, there was no family that didn’t have a small silk farm. At the end of every silkworm market a huge feast was held around a gigantic basket heaped with blond-gold silkworm cocoons. With the market flourishing, in the early 19th century the first silk mills began to appear, where the cocoons were transformed into skeins of silk. Before long, the silk mills of Meldola were among the leading silk producers in Italy. By 1872, Italy was competing with China and Japan as a world leader in the production of raw silk – and Meldola, together with Como in Lombardy, led the field in terms both of the quality and quantity of silk produced. But like every Golden Age, its decline eventually came. In 1932, a lottery with the then-fabulous prize of 1000 lire was organized in an attempt to revitalize the Italian silk growing industry. But war was in the offing, and by the late 1940s, with the advent of artificial silk, the factories of Meldola began to close down, including the town’s biggest mill, founded by the silk spinner Ciro Ronchi, after whom the town’s silk museum is now named. The museum was opened in 2001, and is run by volunteers from the GENM association. It works to recover three centuries of local tradition which would otherwise run the risk of fading into oblivion. Although there’s an expression that’s still heard around these parts whenever someone spends a little more money than they ought to: oih… s’et vindù la seda? (“What – have you sold your silk?”). Storia


manlio rastoni

immagini: bruno baraccani, daniele casadio, enrico contadini, gianluigi fiori, claudio lazzarini

L’ A R E N A I M P E R M A N E N T E dI COTIGNOL A

Un teatro di paglia [12

Che colore ha la paglia di notte? Secondo alcuni ha un colore caldo, che in una notte illuminata dalla luna piena può diventare un colore di vita. Con questa idea, Mario Baldini e i volontari dell’associazione Primola, di cui è presidente, hanno dato inizio, nel 2008, all’avventura dell’Arena delle balle di paglia di Cotignola (in provincia di Ravenna), “battezzando” una golena del torrente Senio, riparata da un boschetto di acacie, dove il fiume incontra il Canale Emiliano Romagnolo, quale luogo destinato ad accogliere un anfiteatro effimero. Un’arena interamente realizzata con balle di paglia disposte intorno ad un palco a cui fa da sfondo una maestosa ed ordinata acaciera. Su questo angolo di campagna, denso di poesia, ogni anno a metà luglio si ricrea un paesaggio disegnato, oltre che dall’insolito allestimento, anche dai racconti, dagli spettacoli e dagli incontri che vi hanno luogo. La piccola “magia”, come nelle favole, si compie all’alba: alle 6 del mattino i volonterosi si danno convegno per raccogliere le mille balle di paglia che dovranno essere trasportate alla golena del fiume per diventare l’Arena. Non sono solo i volontari di Primola, ma un gruppo aperto che mescola musicisti, contadini, trattoristi, poeti, studenti, pensionati; insomma chiunque abbia voglia di dare vita a un progetto culturale non solo a parole. Usualmente, questo momento di lavoro viene anticipato e accompagnato da un piccolo concerto, per alleggerire la fatica. Grazie a questa energia, rinasce in un giorno l’architettura dell’Arena, il cui contesto viene ogni anno modificato ed arricchito. Ne sono elementi “satellite” ad esempio la Luna di Primola (una luna artigianale), il ponticello Belvedere sul canale, il Lido Maginot (una sorta di piccolo stabilimento balneare sul rivale), l’Atelier delle canne di fiume, il Campo dei Miracoli, la Golena dei poeti e il Bar delle canne e dei sarmenti. Le balle, infatti, possono anche essere apparecchiate per una cena rustica, magari a base di piadina e sangiovese. L’Arena di Cotignola fa parte della Rete dei Teatri di Paglia, costituitasi nel 2011 con l’intento di incoraggiare lo scambio di esperienze tra le realtà di questo tipo sorte in Italia sull’impronta del primo teatro di paglia nato a Rendola, paesino toscano sui colli aretini nel comune di Montevarchi, da un’idea del giornalista inglese naturalizzato toscano Nicholas Bawtree. Per rispettare l’essenza del Teatro di Paglia, una realtà deve possedere tre fondamentali qualità: la presenza della paglia o di un materiale da costruzione dalle caratteristiche naturali, che dia l’occasione di vivere un rapporto forte con la terra; lo spirito di partecipazione collettiva, sia nella fase di costruzione che in quella della rappresentazione; l’impermanenza di un teatro che lascia traccia soltanto nei cuori, rapportandosi ai luoghi come un ospite rispettoso, per poi proseguire il proprio viaggio. I

Sensi

di

Romagna


no n

è

sul igni c a m e r e v e sulle cose dall’alto, non a a planar tà, m i l a ici erf sup

o tal .i e r cuo

o in lv ca

rezza

zza, che le gere gg leg e con vita la te nde pre

A ThEATRE OF STRAW The ephemeral Arena of Cotignola What colour is straw in the night time? Some people say it has a warm colour. And on a moonlit night, a vivid colour.ur. It was with this idea in mind that in 2008 Mario Baldini and a group of volunteers from the Primola association, of which Baldini is president, set out on the adventure of the “straw-bale arena” of Cotignola (Ravenna province). A stretch of the river Senio, in the lee of an acacia thicket, where the river meets the Emiliano Romagnolo canal, was selected as the location for this ephemeral theatre. The theatre is entirely made from bales of straw arranged around a stage whose backdrop is a majestic acacia thicket. Every year in the middle of July, this lovely corner of countryside plays host to an event whose lineaments are not only its unusual theatre but the stories, performances and meetings that take place there. Like in a fairy tale, the stroke of magic comes at dawn: at 6 in the morning the volunteers assemble to collect the thousand bales of straw that are to be transported to the riverside where they will be used to build the Arena. Not only volunteers from the Primola association but a heterogeneous group of musicians, farmers, tractor drivers, poets, students and pensioners: anyone, in fact, who is willing to put more than their words behind a cultural project. Music is usually played before and during the job, to help alleviate fatigue. If everyone works hard enough, the basic “architecture” of the Arena is reborn in a single day, with embellishments proper to the context. There are “satellite” elements such as the Moon of Primola, the Belvedere footbridge over the canal, the Lido Maginot (a small “beach” overlooking the canal), a river reed workshop, the Field of Miracles,

the “Golena dei Poeti” and a bar fashioned from reeds and runner vines. The bales can also be arranged in the form of a big table for a country supper with piadina flatbread and Sangiovese wine. The Arena of Cotignola is a member of the Straw Theatre Association, founded in 2011 with the purpose of encouraging exchange between Italian theatres of this kind, styled on the original straw theatre in Rendola, a small Tuscan village in the hills above Arezzo and the brainchild of Nicholas Bawtree, an English journalist and longtime resident of Tuscany. To respect the essence of what makes a straw theatre, every member theatre must meet three fundamental requirements: the presence of straw or a construction material of natural characteristics, which offers the chance to enter into a strong rapport with the earth; a spirit of collective participation, both in the construction and the use of the theatre; and the ephemeral nature of the theatre, which leaves a trace only in the heart and interacts with its place of construction in a spirit of respect, as a guest would act towards a host, before upping sticks and moving on. When these elements come together, as in the case of Cotignola, the result is an impressive monument to creativity, reminiscent of a magical village enlivened by all kinds of performances and activities. There are concerts for an imaginary orchestra accompanied by the rumble of a tractor used as a musical instrument, book launches, dance, improvised theatre (and the rehearsed variety too), readings, folk and ethnic music, and workshops of all kinds. Examples include the workshop held by Roberto Papetti, a toymaker and writer of children’s books who teaches children how to make toys out of reeds, and the papier-mâché workshop which produced the “biggest dragon ever seen on the Senio”. The emphasis on collective participation is also evident in the theatrical performances staged in the Arena. Last year’s proceedings closed with an evening dedicated to playback theatre, a form of improvisational drama which stages stories told by spectators in the moment they tell them, making the stories themselves the stars of the show.

Passioni

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te na mi e s

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o. ns se ia) di agl i p iv di r p a tri z ez tea ll be dei di ete r ti at la e el , d o i cc otto sa ca t (m a er b za ez e he l i ni t n an ge

Quando questi elementi si amalgamano, come nel caso di Cotignola, il risultato è un commovente monumento artistico-poetico che ricorda lo scenario di un borgo immaginario animato da spettacoli e attività. Concerti per orchestra immaginaria accompagnata dal rombo di un trattore utilizzato come strumento musicale, presentazioni di libri, spettacoli di danza, teatro estemporaneo (e non), letture, musica folkloristica ed etnica, oltre a laboratori di ogni tipo. Come quello tenuto da Roberto Papetti, costruttore di giocattoli e autore di libri per l’infanzia, che ha insegnato ai bimbi come costruire giochi con le canne di fiume o come il laboratorio collettivo di cartapesta durante cui è stato allestito “il più grande drago mai visto lungo il Senio”. A sottolineare il ruolo preminente della partecipazione collettiva anche nelle rappresentazioni, lo scorso anno, subito dopo l’ultimo giorno di festa, si è tenuta una serata dedicata al “playback theatre”, teatro d’improvvisazione che ha messo in scena il vissuto degli spettatori, ponendo le storie nate all’Arena quali protagoniste stesse dello spettacolo. Il palco dell’anfiteatro cotignolese è stato calcato anche da nomi illustri. dal drammaturgo, regista ed attore Marco Paolini, allo scrittore, compositore ed attore Moni Ovadia, fino ai musicisti della Spartiti per Scutari Orkestra e al celebre violinista di origine ceca Iva Bittovà, per citarne alcuni. Collaborazioni celebri sono state anche quella più locale tra lo scrittore Eraldo Baldini e il poeta Giuseppe Bellosi, che hanno curato i testi del concerto-reading Ballata in nero con la regia musicale del gruppo Marcabru, o più internazionali, come l’intervento pittorico eseguito sulle balle del pittore madrileno Gonzalo Borondo.

I

Sensi

di

Romagna


Some well-known names have appeared on the stage of the straw Ma ci sono anche semplicemente serate senza alcuna theatre of Cotignola: the dramatist, director and actor Marco programmazione. Solo la paglia, il fiume, le acacie e Paolini, the writer, composer and actor Moni Ovadia, the Spartiti nessun orario da rispettare. Una notte “nera” per un per Scutari Orkestra and the celebrated violinist of Czech origin, trebbo (termine dialettale romagnolo che sta per veglia Iva Bittovà, to name but a few. Local luminaries have also been in evidence, as witness the collaboration of author Eraldo Baldini conviviale) notturno con gli amici. La comunità delle balle and the poet Giuseppe Bellosi, who contributed the texts for di paglia pare divertirsi a mescolare le persone tra di the concert-recital Ballata in nero, with musical arrangements loro: Il contadino con lo scrittore, il fabbro con lo studente by the band Marcabru, alongside international talents like the universitario, il musicista rock con quello folk. da questa Madrid-born artist Gonzalo Borondo and his painted straw bales. Some evenings are left to unfold spontaneously, with no official esperienza, in Romagna stanno fiorendo nuove simili programme of events. Just the straw, the river, the acacia trees iniziative, come quella legata alla costruzione di vere e and no schedules to follow. Evenings that are ideal for a trebbo (a proprie case di paglia oppure come il nuovo Teatro di word which in the Romagnol dialect means party) in the company Paglia sorto l’anno scorso nel Riminese, e precisamente of friends. The straw bale theatre community seems to enjoy mixing different kinds of people together: farmer with writer, all’interno del castello di Secchiano a Novafeltria. La factory worker with university student, rock musician with folkie. paglia, insomma, sembra parlare una lingua universale, New initiatives inspired by the original straw theatre idea are unire i diversi, migliorare le relazioni e amplificare emerging in Romagna, like the project for the construction of a l’energia creativa. Se vorrete raggiungere l’Arena effimera series of straw houses, and the new straw theatre built last year cotignolese, che il prossimo luglio verrà ricostruita per la in the castle of Secchiano in Novafeltria, near Rimini. For straw seems to speak a universal language, with the power to bring sesta volta, dovrete lasciare ogni mezzo di locomozione different things and people together, to encourage dialogue and a motore nei pressi del locale campo sportivo. da lì è amplify creative energies. The Arena of Cotignola will be built possibile proseguire solamente a piedi o in bicicletta, this coming July for the sixth time. Visitors arriving at the theatre lungo un sentiero per circa un chilometro seguendo have to leave all motor vehicles on the local sports field. The rest of the way can only be negotiated on foot or bicycle, along a l’apposita segnaletica. Questo breve tragitto nella notte signposted path around one kilometre long. A short excursion by vi traghetterà in una piccola dimensione parallela fatta di night that delivers visitors into a little parallel universe of straw, paglia, sulla quale ci si può anche distendere ricordando where they can lie down and remember the times when straw i tempi in cui riempiva i materassi, per farsi abbracciare was used as a filling for mattresses, as they soak up its warmth in the cool country evenings. dal suo tepore nella fresca notte di campagna. materassi, per farsi abbracciare dal suo tepore nella fresca notte di campagna. Passioni

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Il richiamo della Transappenninica

bernardo moitessieri

RUOTE d’EPOCA IN ROMAGNA

immagini: archivio ufficio stampa comune di cervia

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Decine di bolidi d’antan che sfilano uno dietro l’altro facendo bella mostra di carrozzerie impeccabili e radiatori che paiono sculture, in un trionfo di cromature su cui riverbera il sole. Questo il colpo d’occhio al passaggio della Transappenninica: prestigiosa manifestazione internazionale turistico/ sportiva di auto d’epoca organizzata annualmente dal CRAME (Club Romagnolo Auto e Moto d’Epoca), che nel 2014 segna la 29^ edizione, nata, in particolare, dalla passione di Gianluigi Trevisani e Fabio Amadori. Alle signore, è risaputo, non si deve mai chiedere l’età, ma per poter partecipare alla Transappenninica le signore macchine devono esibire i documenti e dimostrare di essere state costruite prima del 1940. Altro requisito fondamentale, manco a dirlo, è il loro stato di conservazione e restauro. Bolidi integralmente originali, in circolazione dagli inizi del Novecento, ma che a guardarli sembrano appena usciti dalla fabbrica. I

Sensi

Macchine che appartengono all’era artigianale dell’automobile, più che a quella industriale. In alcuni casi composte di pezzi realizzati interamente a mano. Rolls Royce, Bugatti, Mercedes-Benz oltre naturalmente a gloriosi marchi italiani come Lancia e Alfa Romeo. Tutte vetture di altissima rilevanza storica e grande immutato fascino, pilotate da equipaggi che giungono in Romagna da tutta Italia e dal resto del mondo per partecipare a una delle kermesse automobilistiche più esclusive d’Europa. Rispetto alle agguerrite competizioni motoristiche di una volta, che si disputavano tra vibrazioni ai limiti della tolleranza umana, fumo di olio bruciato e radiatori in ebollizione, il carattere della Transappenninica si dimostra molto più attento al comfort. di

Romagna


l’automobile è femmina. gabriele d’annunzio

ThE ALLURE OF ThE TRANSAPPENNINICA vintage cars in Romagna Dozens of old-time racing cars parading in a line, showing off their impeccable coachwork and sculpturesque radiators, in a riot of colour and sunshine. That’s how the Transappenninica looks at it passes. This prestigious international vintage car rally is organized annually by the Romagnol vintage car and motorcycle club, CRAME. It’s now in its 29th year of existence, which it owes to the endeavours of two enthusiasts, Gianluigi Trevisani and Fabio Amadori. Everyone knows we should never ask a lady her age: but to participate in the Transappenninica, these particular old ladies – the vintage cars – not only have to state their age but prove it too. Cars built after 1940 are barred from entering. Another fundamental requirement is their state of preservation/restoration. Some of these sports cars have been on the road since the early 1900s, but to look at them you’d be forgiven for thinking they’d just come out of the factory. The cars which take part in the Transappenninica belong to the craft age of the automobile rather than the industrial. Some of them contain parts made entirely by hand. Rolls Royce, Bugatti, Mercedes-Benz, and of course famous Italian makes such as Lancia and Alfa Romeo: all of them vehicles of exceptional historical significance and enduring fascination, and all driven by teams that arrive in Romagna from all over Italy and the rest of the world to participate in one of Europe’s most exclusive automobile jamborees. But compared with the hard-fought road races of yesteryear with their almost unendurable conditions – vibrations on the threshold of human tolerance, burning oil and boiling radiators – the Transappenninica is a far more comfortable affair. The route, which changes every year, passes through popular tourist destinations, winding through towns famed for their art and countryside with breath-taking views, with stops for enjoying local food and wines and overnight stays in luxury hotels. The starting and finishing lines for the 2014 tour are opposite the Grand Hotel in Rimini. It sets out on 4 May for the Apennines, rolling through the Garfagnana and the Casentino and then rounding Torgiano, just south of Perugia, before re-entering Romagna. The six days of the tour cover approximately seven hundred kilometres, over a route which as CRAME chairman Bruno Brusa (the third key figure in the early days of the event) notes, will enchant Italians and foreigners alike. Unsurprisingly, the Transappenninica has acquired mythical status among enthusiasts and is now included in the FIVA international circuit (group A). In its two decades of existence the event has collected a heap of Golden Cranks, the highest award of the Italian vintage car association, ASI, as the leading automobile event in Italy. A unique opportunity, in other words, to admire the cream of the world’s vintage cars – with their motors running.

I percorsi, che cambiano ogni anno, toccano mete turistiche ambite, dipanandosi tra città d’arte e panorami mozzafiato, prevedendo soste per gustare le prelibatezze enogastronomiche locali e pernottamenti negli hotel più lussuosi. Per l’edizione 2014 il nastro di partenza e d’arrivo verrà steso di fronte al Grand hotel di Rimini. Il gruppo partirà il 4 maggio alla volta degli Appennini, attraverserà rombando la Garfagnana e il Casentino, per doppiare Torgiano, poco sotto Perugia, e dunque rientrare in Romagna. Settecento chilometri circa da coprire in sei giorni per un inedito percorso che, come auspica anche il Presidente del CRAME Bruno Brusa (terza figura chiave della manifestazione fin dai suoi esordi), incanterà italiani e stranieri. Non stupisce che la Transappenninica abbia raggiunto lo status di piccola leggenda tra gli appassionati e sia stata inserita nel calendario internazionale FIvA gruppo A. In due decenni la manifestazione ha fatto incetta di premi La Manovella d’Oro Internazionale, massimo riconoscimento concesso dall’ASI, (Associazione italiana auto storiche) assegnati a Transappenninica come manifestazione automobilistica migliore d’Italia. Un’occasione unica, dunque, per ammirare il vertice della produzione automobilistica d’epoca mondiale con il motore acceso. Passioni

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la sospensione del tempo, intesa come fine di ogni coercizione, è l’ideale della musica. theodor adorno

alessandro antonelli

immagini: archivio christian capiozzo, archivio patrizio fariselli

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Giulio Capiozzo e Patrizio Fariselli L A S E z I O N E R I T M I C A d E G L I A R E A , v O TATA A L L A M E LO d I A La cittadina costiera romagnola di Cesenatico vanta un’illustre tradizione musicale derivata principalmente dalla fiorente scena jazz e folk sviluppatasi nel secondo dopoguerra. da questo fertile substrato si può dire sia in qualche modo germogliata anche una componente fondamentale degli Area International POPular Group. Combo che negli anni Settanta ha saputo, più di ogni altra band nostrana, portare la propria originalissima ricerca sonora ad esiti che sono tuttora oggetto di studio e di “culto”. Il riferimento è, naturalmente, all’apporto di Giulio Capiozzo e Patrizio Fariselli. Il primo fu infatti fondatore e perno intorno a cui si svilupparono gli Area. Batterista onnivoro e naturalmente portato ad assorbire gli input creativi, partì da Cesenatico ancora adolescente (dopo aver prestato servizio militare nella banda della Marina di La Spezia come batterista). Girò l’Italia e buona parte dell’Europa, frequentò il conservatorio de Il Cairo e militò in diverse formazioni prima di dedicarsi al progetto Area. L’inedito stile di Capiozzo aveva alla base una visione melodica della batteria, strumento ritmico per eccellenza. Basti pensare che componeva le partiture cantandole. Il suo innovativo approccio, che comprendeva un uso totalmente nuovo dei tempi dispari, lo portò a collaborare con il gotha della musica mondiale: nomi del calibro di Elvin Jones, John McLaughlin, Joe zawinul, don Cherry, Angelique kidjo e molti altri. Nel 1973 chiamò a far parte degli Area il tastierista Patrizio Fariselli. Si conoscevano fin da ragazzi, dal giorno in cui Giulio, passeggiando per Cesenatico, lo aveva sentito suonare da sotto la sua finestra. Patrizio (figlio d’arte del musicista di liscio Terzo Fariselli, coautore anche dello standard Romagna e Sangiovese), con demetrio Stratos, Ares Tavolazzi e Paolo Tofani, farà parte della formazione classica del gruppo e comporrà buona parte delle loro musiche. I

Sensi

di

Romagna


GIULIO CAPIOz zO ANd PATRIzIO FARISELLI The unusually melodic rhythm section of Area The coastal town of Cesenatico has an illustrious musical heritage whose roots lie in the flourishing jazz and folk scene which emerged here in the years following the end of the Second World War. This fertile ground was also responsible for the emergence of a fundamental component of Area, or Area International POPular Group as they were more correctly known. More than any other Italian band of the 1970s, Area succeeded in raising their highly original sound to levels of achievement that even today make their recordings the object of scholarly research and continue to attract a cult following. And the fundamental component we’re referring to is the group’s rhythm section, formed by Giulio Capiozzo and Patrizio Fariselli. Capiozzo was one of the group’s founders and the hub around which Area moved and grew. A multifaceted drummer who took creative input from all kinds of sources, Giulio Capiozzo left Cesenatico while still an adolescent (after spending his military service as a drummer in the navy band of La Spezia). He toured Italy and much of Europe, attended the conservatory of Cairo and played in a number of formations before dedicating himself to the Area project. At the basis of Capiozzo’s original style was his melodic approach to percussion, a rhythmic element par excellence. Not every drummer composes his drum parts by singing them. His innovative approach to drumming included totally original combinations of different time signatures, and in his time he played with some of the world’s leading musicians: people like Elvin Jones, John McLaughlin, Joe Zawinul, Don Cherry, Angelique Kidjo and many others. In 1973, he invited the keyboard player Patrizio Fariselli to join Area. The two musicians had known each other since childhood, when Giulio, walking in Cesenatico, had stopped outside Patrizio’s window when he heard him playing. Together with Demetrio Stratos, Ares Tavolazzi and Paolo Tofani, Patrizio (son of the big-band musician Terzo Fariselli, who co-wrote the standard Romagna e Sangiovese) was a member of the classic Area line-up and was responsible for composing much of the group’s music. As a solo performer he explored the outermost fringes of experimental music, achieving the total deconstruction of the sound of the pianoforte via the harmonic theories of John Cage. Fariselli was present on the fateful evening of 23 August 2000 when Giulio Capiozzo, after participating in a jam session in a well-known Cesenatico nightclub, was struck down by a fatal heart attack. He’d just finished playing Bye Bye Blackbird. Among the audience that night were Capiozzo’s wife and his son Christian, now a talented drummer in his own right. With his unique percussion technique, Christian has taken up where his father left off and now organizes the Ju Ju Memorial every year in Cesenatico. This event came into being as the natural manifestation of the will of the many musicians who had played with Giulio, including but by no means limited to Jimmy Owens, Tony Scott, Trilok Gurtu, Mauro Pagani, Enrico Rava, and the other members of Area, and celebrates the talents of a gifted precursor of contemporary music.

Come solista visiterà le più audaci correnti della musica sperimentale, arrivando all’estrema destrutturazione del suono del pianoforte ottenuta con i mezzi più eterodossi, in ossequio alle teorie armoniche di John Cage. Anche Fariselli era presente la fatidica sera del 23 agosto del 2000 in cui Giulio Capiozzo, dopo aver partecipato a una jam session in un noto locale cesenaticense, fu vittima di un fatale attacco cardiaco. Solo pochi minuti prima aveva eseguito lo struggente brano Bye Bye Blackbird. Quella drammatica notte, oltre a sua moglie, si trovava tra il pubblico pure il figlio Christian Capiozzo, già allora talentuoso batterista che, attraverso il suo personalissimo drumming, continua oggi a sviluppare le intuizioni musicali del padre ed organizza ogni anno a Cesenatico il Ju Ju Memorial. Evento nato spontaneamente dalla volontà dei tanti musicisti che hanno suonato con Giulio (per fare qualche esempio: Jimmy Owens, Tony Scott, Trilok Gurtu, Mauro Pagani, Enrico Rava, oltre naturalmente a tutti i membri degli Area) con l’intento di celebrare un geniale precursore della musica contemporanea. Passioni

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Frutto antico dalla polpa color del vino alba pirini

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LA PERA COCOMERINA dEL MONTECORONARO Attualmente sopravvivono solo una trentina di alberi spontanei, tutti ubicati in una ristretta area dell’Appennino cesenate, nei pressi del Monte Fumaiolo, sui cui rami cresce una singolarissima specie di pera selvatica. La buona notizia è che queste piante non temono attacchi da parte di parassiti e la loro fruttificazione rimane costante anche nelle annate peggiori. È grazie a tale tenacità, se la varietà denominata Pera cocomerina è potuta giungere fino a noi. Scampando all’estinzione causata dalla frutticoltura intensiva, che ha quasi decimato il patrimonio varietale (115 diversi tipi di pera) esistente in Italia nel Seicento, per essere “imbarcata” sull’Arca del Gusto Slow Food che tutela la biodiversità. La Pera cocomerina raggiunge una ridotta pezzatura, pesa in media dai 20 ai 60 grammi. In periodi climatici normali, la varietà precoce matura in agosto/settembre, mentre quella tardiva raggiunge la piena maturazione in ottobre.

I

Sensi

di forma ovoidale, è ricoperta da una buccia verde che tende al rosato nelle parti più esposte al sole; ma è la polpa a stupire maggiormente con il suo vivido colore granato, molto simile a quello del vino (dovuto all’alta presenza di antociani). Per questa ragione il frutto era conosciuto con il nome dialettale di Pera briaca (ubriaca). Più intenso al centro del frutto, diventa di un rosa brillante vicino ai semi, richiamando anche il colore del cocomero, da cui la denominazione corrente. Il suo profumo di moscato e sorbe, unito al gradevolissimo sapore dolce l’hanno salvata dall’estinzione, soprattutto da quella dalla memoria collettiva, dato che gli abitanti della zona non hanno mai smesso di consumarla.

di

Romagna

conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. vandana shiva

immagini: archivio ass. cult. pro ville, gianpiero giordani


ThE ANCIENT FRUIT WITh WINE- COLOUREd FLESh The cocomerina pear of Montecoronaro At present only about thirty such trees grow spontaneously, all of them to be found in a small area of the Apennines, near Monte Fumaiolo. On these trees there grows a very unusual variety of wild pear. The good news is that these trees have no parasites and bear fruit constantly, even in poorer seasons. For if they’ve survived down to the present day, it’s due to their tenacity. Having escaped the wave of extinction caused by the intensive fruit farming which decimated varietal wealth (there were 115 types of pear in Italy in the seventeenth century), the cocomerina is now included in the Slow Food movement’s Ark of Taste which protects biodiversity. The cocomerina is a small pear, and weighs between 20 and 60 grams. In normal climatic conditions, the early-flowering variety ripens in August/September, while the late-flowering variety reaches full ripeness in October. Ovoid in shape, the cocomerina has a green skin which tends to pink in the parts most exposed to sunlight. But it’s the flesh which is the most surprising part of this pear: a vivid garnet colour that’s very similar to red wine (due to the high anthocyanin content). This is the reason the cocomerina is known in the local dialect as the pera briaca, or “drunken pear”. The colour is more intense towards the centre but pale pink near the seeds, not unlike the colour of the watermelon (“cocomero” in Italian), hence its current name. Its musky and sorb apple scent and extremely sweet and pleasant flavour have saved it from extinction, and it lives on in the collective consciousness for the simple reason that the inhabitants of the region have always enjoyed eating it. And if the cocomerina now has the protection of the Slow Food association, this is due to the interest in the fruit shown by the tree archaeologist Isabella Dalla Ragione, who ten years ago came to Verghereto (Forlì-Cesena province) to study the cocomerina and lobby for its inclusion in scientific manuals. In 2001, Manuela Biserni and Stefano Tellarini presented the cocomerina at the SANA exhibition in Bologna. Protected status came two years later, together with the foundation of an association for promoting the cultivation of the cocomerina pear. The association, which now has several local growers among its members, is in charge of the fruit harvest, the census and preservation of the existing trees, and the sale of the fruit. For optimum enjoyment of its unique flavour, the cocomerina pear should be eaten as soon as it’s picked from the tree, as its highly perishable nature and fragility make it a difficult fruit to market. Therefore it’s often preserved in syrup or turned into jam. Nowadays, the cocomerina pear is the star of an annual festival that’s held in Verghereto in the last weekend of September and includes a competition for the best recipe based on this (not quite) forgotten fruit, as well as a tour of the village’s wild cocomerina trees. Ville di Montecoronaro, now officially designated “capital of the cocomerina pear”, has one such tree in the middle of its village square.

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Se oggi questo frutto è tutelato da un Presidio Slow Food, lo si deve all’interesse della studiosa di archeologia arborea, dott.sa Isabella dalla Ragione, che circa dieci anni fa, si recò a verghereto (in provincia di Forlì-Cesena) per studiare la Pera cocomerina e inserì la varietà sui manuali scientifici. Nel 2001, poi, la dott.sa Manuela Biserni ed il dott. Stefano Tellarini la presentarono al SANA di Bologna. due anni dopo nasceva il Presidio, contestualmente ad un’associazione fondata per valorizzare e incrementare la coltivazione della Pera cocomerina, creando una rete di coltivatori locali, seguendo il raccolto, il censimento e la cura delle piante esistenti, oltre alla commercializzazione del prodotto. Per

gustare al meglio la sua particolare aromaticità, la Pera cocomerina andrebbe consumata al momento della raccolta, la scarsa conservabilità del frutto e la sua fragilità ne rendono, infatti, difficoltosa la commercializzazione. Per questo si tende a conservarla in sciroppo o farne confettura. Prodotti intorno a cui si sviluppa la Sagra della Pera cocomerina, che si tiene a verghereto nell’ultimo fine settimana di settembre ed include una gara di ricette a base di questo frutto (non più) dimenticato nonché una visita agli ultimi esemplari di albero che lo produce. ville di Montecoronaro, ufficialmente “Paese della Pera cocomerina” può vantarne uno che cresce proprio nella sua piazza.

Enogastronomia


Cajun: fedeli alla Birra

carlo zauli

immagini: archivio birrificio cajun, barbara fabbri

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IL BIRRIFICIO ARTIGIANALE dI MARRAdI Il marchio del microbirrificio Cajun raffigura una forbice, come a significare un taglio netto. Ma un taglio netto rispetto a cosa? Nell’intento dei due titolari: Walter Scarpi e Gianfranco Amadori, la cesura è da considerare nei confronti dell’industria birraria, alla cui cieca devozione verso il business si oppongono i principi di sapiente artigianalità e attenta selezione professati dai due “Cajun” marradesi. Per chi non lo sapesse, i Cajun sono i diretti discendenti degli Ugonotti, che nel ‘500 furono cacciati dalla Francia a causa del loro credo religioso e attraversarono l’Oceano, approdando prima in Nuova Scozia e rifugiandosi successivamente in Louisiana per sfuggire, questa volta, alle imposizioni degli Inglesi, che rifiutavano anch’essi di tollerare le loro tradizioni. Allo stesso modo, nel cuore dell’Appennino Tosco Romagnolo, Walter e Gianfranco attraverso la loro attività fuggono da una certa modernità per conservare il proprio retaggio contadino. Tra le “armi” con cui difendono la loro tradizione di appartenenza: un’acqua eccellente e il Marron Buono di Marradi (vedi ee n. 15), apprezzato frutto tipico locale con cui è aromatizzato uno dei prodotti più significativi del birrificio: l’ambrata LOM. I comandamenti della birra artigianale sono rispettati: lieviti ad alta fermentazione, che rifermentano in bottiglia secondo i metodi tradizionali, nessun processo di filtrazione o pastorizzazione, ricerca di un bouquet originale, produzione limitata quantitativamente (non più di 600 litri al giorno) e portata avanti nel rispetto della stagionalità degli ingredienti (quindi non sempre tutta la gamma è disponibile). Il risultato è un prodotto che richiede qualche giustificata attenzione nelle fasi di conservazione e mescita per restituire la premura al momento della degustazione. Così, fedeli a se stessi, Walter Scarpi e Gianfranco Amadori lavorano ogni giorno per ottenere una birra molto più simile a quella che qui consumavano gli Etruschi migliaia di anni fa che a quella industriale contemporanea. I

Sensi

di

Romagna


LOM _ Birra speciale ambrata aromatizzata al Marron Buono di Marradi / Special amber beer aromatized with Marron Buono di Marradi Primo prodotto sviluppato dal birrificio, prende il suo nome dal termine dialettale locale che può significare uomo o luce. Il suo colore ambrato, con riflessi dorati, si deve ai marroni essiccati, congelati e tostati manualmente che, incontrando il malto d’orzo, conferiscono a questa birra anche una nota affumicata a chiudere un bouquet fruttato, con sentori di fragola e albicocca. Si abbina bene ai salumi, ai formaggi stagionati e ai piatti saporiti dell’Appennino come il cinghiale in umido. Temperatura di servizio 8-9 °C. The brewery’s first beer, LOM takes its name from a word in the local dialect which can equally mean man or light. Its colour – amber with golden highlights – is derived from the addition of dried, frozen and hand-roasted chestnuts, whose fragrance combines with barley malt to impart a smoky flavour that closes a fruity bouquet with notes of strawberry and apricot. LOM goes down well with cured meats, mature cheeses and robust mountain dishes like braised boar. Serving temperature 8-9 ºC.

sceglierei in qualunque momento di essere un poeta e vivere di astuzia e birra. dylan thomas

Altura _ Birra stile belgian strong Ale / Belgian-style strong ale Elegante birra di carattere generoso ricavata da una classica ricetta belga, denota un bel colore dorato e offre intense note agrumate, dovute all’uso di buccia di arancia amara, ammorbidita con zucchero candito, e profumi di campo dati dall’infusione di spezie come il coriandolo. La sua schiuma, di color panna, ha una buona persistenza. L’Altura risulta di grande bevibilità nonostante la sua elevata gradazione e si accosta ottimamente a grigliate di carne o pesce, arrosti, formaggi erborinati e foie gras. Temperatura di servizio 9 °C. An elegant and generous beer based on a classic Belgian recipe, with an attractive golden colour and intense citrus notes on the palate which are imparted by bitter orange peel softened with candied sugar. The inclusion of spices including coriander adds freshness. The head is cream-coloured, with good consistency. Altura is an eminently drinkable beer despite its high alcohol content. It goes excellently with grilled meat and fish, roasts, blue cheeses and foie gras. Serving temperature 9 °C.

Portale _ Birra stile Porter / Porter-style beer Si ispira alle antiche birre Porter, un tempo popolarissime prima che si diffondessero largamente le Pils. Il suo colore scuro introduce a un gusto robusto e fragrante che non penalizza però la bevibilità. Sprigiona note di caffè tostato e liquirizia nonché punte aromatiche fruttate di prugna. Possiede un corpo moderato, non cremoso. Il suo sapore asciutto la rende indicata ad accompagnare antipasti e dessert, soprattutto se a base di cioccolato. Temperatura di servizio 8 °C. Portale takes its inspiration from Porter, once a tremendously popular beer which fell out of fashion with the arrival of lagers. A dark, robust and fragrant beer, Portale is surprisingly easy to drink. In the mouth, it has notes of toasted coffee and liquorice with hints of prune. A medium-bodied beer that isn’t too creamy. With its dry flavour, it combines well with starters and desserts, especially those based on chocolate. Serving temperature 8 °C.

CAJUN: BEER AS IT OUGhT TO BE The ar tisan brewery of Marradi The logo of the Cajun micro-brewery features a pair of scissors, as if to suggest the idea of a clean cut. But a clean cut from what? In the understanding of the brewery’s owners, Walter Scarpi and Gianfranco Amadori, the break is relative to the beer industry and its blind devotion to the bottom line. Everything to which the artisan-produced beer of these two Marradi-born “Cajuns” is opposed in principle. For those who don’t already know, the Cajuns were the descendants of the Huguenots who were driven from France in the 16th century on account of their religious beliefs. Some of these Huguenots crossed the Atlantic and landed in Nova Scotia. They later moved to Louisiana, this time fleeing the persecutions of the English, who also refused to tolerate their traditions. In a similar spirit, Walter and Gianfranco have established their redoubt in the heart of the Tuscan-Emilian Apennines, where they continue to resist certain modern incursions in their endeavours to preserve their own beermaking lineage. Among the resources with which they defend their heritage are excellent water and the Marron Buono of Marradi (see ee issue 15), a prized local chestnut which is used for lending aroma to one of the brewery’s leading products: an amber beer named LOM. All the commandments of artisan beer are obeyed: top-fermented, with refermentation in the bottle according to traditional methods, no filtration or pasteurization, an original bouquet, production in small quantities (no more than 600 litres a day), and respect for the seasonality of ingredients (which means the complete range is not always available). The result is a beer which requires a certain care in the conservation and pouring to ensure optimum quality at the moment of tasting. Faithful to their own traditions, Walter Scarpi and Gianfranco Amadori work every day to produce a beer which is much closer to the beer enjoyed by the Etruscans thousands of years ago than the insipid liquids produced by today’s major companies. Enogastronomia

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BEYOND SURFACE

AU DELA DE LA SURFACE



Piero Manzoni PROvOCARE ARTE

tommaso attendelli

immagini: archivio tommaso attendelli

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Nelle vene del riconosciuto caposcuola dell’Avanguardia italiana del secondo Novecento, capace di influenzare il mondo artistico con le sue provocazioni concettuali, scorreva sangue romagnolo. Il padre di Piero Manzoni, infatti, era di origini lughesi e apparteneva alla famiglia dei conti Manzoni di Chiosca. Piero (nato a Soncino nel 1933) fu dunque anche lontano discendente del celeberrimo romanziere Alessandro Manzoni, anche se la sua carica anticonformista lo rende forse più assimilabile al movimento che ne fu, al tempo, diretto antagonista: la Scapigliatura Milanese. A riprova di ciò, nei ricordi familiari del cugino lughese, l’artista Gian Ruggero Manzoni (da lui raccolti nel volume I teatranti perduti ) le visite di Piero in Romagna, spesso accompagnato da Sordini, Baj, dadamaino, Giò Pomodoro, Ugo Mulas e altri sodali, vengono descritte alla stregua di “incursioni” di una banda di lanzichenecchi. Quelli tra il 1955 e i primi Sessanta sono anni di ineguagliato fermento creativo per l’ambiente milanese frequentato dall’Artista, il quale, insieme a Lucio Fontana, capitanò quella che secondo molti rappresentò l’ultima vera Avanguardia italiana ed europea. Manzoni fu, tra le altre cose, reI

Sensi

dattore e firmatario del manifesto “Contro lo stile”, secondo cui il concetto di arte superava la visione classica del supporto e della forma scaturita dalla tradizione per divenire soggetto legato strettamente alla vita. Alcune delle sue opere concettuali, come la serie Achromes (tele o altre superfici ricoperte di gesso grezzo e caolino su quadrati di tessuto), Merda d’artista (90 scatole di latta, che secondo l’etichetta conterrebbero le feci dell’Artista, dal peso di 30 grammi ciascuna, vendute al prezzo del loro peso in oro) e Base del mondo (un parallelepipedo in ferro capovolto, al fine di eleggere il mondo stesso a opera) hanno cambiato per sempre l’idea collettiva di Arte. Piero Manzoni è mancato nel 1963, all’età di soli 29 anni, oggi, a mezzo secolo dalla morte, la sua eredità artistica è più che mai vitale e conta molti epigoni. Nei suoi “geni romagnoli” troviamo una coerenza con il carattere ostinatamente ribelle e visionario, mentre nelle sue frequentazioni, come quella con il poeta romagnolo Elio Paglierani, si ravvisa un legame privilegiato con la gente di questa terra. di

Romagna


PIERO MANzONI Artist and provocateur One of the leading figures of the Italian avant-garde of the later 20th century, an artist whose conceptually provocative works were extremely influential, Piero Manzoni had Romagnol blood in his veins. Piero Manzoni’s father was born in Lugo and belonged to the Manzoni counts of Chiosca. Piero (born in Soncino in 1933) was therefore a remote descendant of the famous novelist Alessandro Manzoni, even if his non-conformist attitudes placed him closer to a movement which was anathema to his illustrious relative: the Milan Scapigliatura. As evidence of this, in I teatranti perduti, the family memoirs of his Lugo-born cousin, the artist Gian Ruggero Manzoni, the visits of Piero to Romagna, often accompanied by Sordini, Baj, Dadamaino, Giò Pomodoro, Ugo Mulas and other like-minded artists, were described as “incursions” by a band of mercenaries. The period from 1955 to the early 1960s was a time of unparalleled creative ferment in the Milanese artistic circles frequented by Piero Manzoni, who together with Lucio Fontana led what many critics consider to be the last real Italian avant-garde in European art. Manzoni was, among other things, one of the authors and signatories of the manifesto “Against Style”, which rejected classical visions and traditional forms in favour of a new kind of art which championed a direct rapport with lived experience. Many of Manzoni’s conceptual works, like the Achromes series (canvases and other supports covered in raw plaster and kaolin on a square fabric backing), Merda d’artista (90 tins whose labels proclaims their contents as the artist’s own excrement, each weighing 30 grams, and sold at the price of 30 grams of gold) and Base del mondo (an upside-down iron cube whose message was that the whole world was a work of art), have helped change common perceptions of art forever. Piero Manzoni died in 1963 at the age of just 29. Today, half a century after his death, his artistic legacy is more vital than ever and his followers are legion. Manzoni’s Romagnol “genes” can perhaps be detected in the obstinately rebellious and visionary character of his work, while his association with figures like the Romagnol poet Elio Paglierani suggest an affinity with the people of Romagna. The writer, critic and painter Gian Ruggero Manzoni, like his cousin an artist who eluded easy classification, provides further testimony of Piero Manzoni’s fondness for Romagna in his recollections of the sketches Piero made of the ANIC complex in Ravenna. Piero depicted the colossal petrochemical plant rising above the pine forests outside Ravenna. It was these drawings, which so faithfully captured the impact of industry on defenceless nature, that convinced the director Michelangelo Antonioni to set his masterpiece Red Desert here.

È sempre Gian Ruggero Manzoni, scrittore, critico, pittore e più in generale artista capace anch’esso di sfuggire ad ogni tentativo di catalogazione, a fornire un’altra testimonianza dell’attenzione che l’illustre cugino riservava alla Romagna, ricordando gli schizzi che egli fece dell’ANIC di Ravenna. Piero raffigurò il colossale stabilimento chimico mentre stava sorgendo in mezzo alla pineta ravennate. Proprio questi disegni, capaci di trasmettere fedelmente l’impatto della colonizzazione industriale sulla natura inerme, convinsero il regista Michelangelo Antonioni ad ambientarvi il suo capolavoro deserto rosso. Arte

non c’è nulla da dire, c’è solo da essere, solo da vivere. piero manzoni

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disegnatore di film

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IL TA L EN TO v ISI vO dI GIANLUIGI TOCCAFONdO Il suo tocco è immediatamente riconoscibile, le atmosfere che permeano i suoi cortometraggi, viceversa, possono risultare indecifrabili, sospese come sono in un contrasto tra tonalità cupe e tinte scintillanti. I

Sensi

di

Romagna

alessio nelli

immagini: archivio gianluigi toccafondo, giorgio salvatori, tatiana tomasetta


l’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentare con novità. ugo foscolo

Ma sempre, le opere di Gianluigi Toccafondo sanno lasciare il segno, riescono ad irretire l’attenzione in pochi secondi e di parlare alla sensibilità individuale con il linguaggio dei sogni subito dopo. Grazie alla profonda comunicatività che sanno esprimere, Toccafondo, sammarinese, classe 1965, pittore prestato all’animazione (prima che questa commistione divenisse più usuale) ha bruciato le tappe divenendo in breve tempo uno degli illustratori più ricercati e celebri al mondo. Figlio di un ceramista, dopo la laurea conseguita all’Istituto d’Arte di Urbino, approda a Milano dove inizia a lavorare realizzando cortometraggi e come regista, guadagnandosi in entrambi i casi riconoscimenti prestigiosi e menzioni internazionali. Il suo primo corto viene premiato al Festival di Lucca. Immediatamente successiva è la co-regia, con Simona Mulazzani, del cortometraggio La pista che riceve una menzione speciale al Annecy cinéma italien e un premio al Festival di Treviso. Il seguente lavoro, autoprodotto, dal titolo La pista del maiale, si fa notare al Festival di Clermont-Ferrand e pure il successivo Le criminel viene accolto molto bene da pubblico e critica, partecipando anche alla 50^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di venezia. Nei suoi corti, i personaggi si trasformano, si allungano, si deformano, si immergono nel colore della scena. Frutto di una tecnica esemplare, ispirata alla poesia della vita, le composizioni che si srotolano lungo le pellicole di Toccafondo sono la reinterpretazione pittorica dei fotogrammi di un girato che rivisita integralmente le immagini conservando però qualcosa dell’originale. L’Artista non disegna quasi mai sulla carta bianca. La sua tecnica parte da un’immagine, magari da uno spezzone di film o da scene girate espressamente con la sua troupe. Ricava poi migliaia di fotogrammi stampati in formato cartaceo su cui dipinge con colori acrilici, matite o altre tecniche, modificando l’immagine originaria fino a

snaturarla completamente. L’ultimo passaggio consiste nel filmare i disegni con una verticale tradizionale in pellicola 35 mm per ottenere un risultato finale che vira la realtà filmata in animazione, senza perdere però il movimento catturato dalla macchina da presa. Uno stile, il suo, che si presta egregiamente anche alla creazione di sigle. Indimenticabile quella da lui realizzata per la 56^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di venezia in cui Asia Argento è una sirena che si smaterializza in molecole d’acqua immaginate. Toccafondo ha lavorato anche per la televisione, firmando le sigle di molti programmi, nonché alcuni spot estremamente originali e di grande successo. Celebri i suoi loghi animati per le case di produzione cinematografica, come l’initial della Fandango e quello realizzato per la Scott Free di Ridely Scott. Il regista inglese, certamente uno dei più insigni geni visivi del nostro tempo, è rimasto talmente colpito dal suo talento immaginifico da affidargli anche l’apertura e la chiusura del proprio lungometraggio uscito nel 2010 e dedicato alla figura di Robin hood. Il girato originale di Scott, sotto i colpi di pennello di Toccafondo ha trovato così una dimensione terza tra quella del film e della favola illustrata, mantenendo la spettacolarità del primo e la didascalicità della seconda. Ma l’”habitat” ideale di Toccafondo non sembra certo essere il pubblico di massa. La sua delicata sensibilità lo porta a prediligere curatissime produzioni di nicchia. È il caso del suo struggente omaggio a Pasolini uscito nel 2000, a 25 anni dalla morte del Poeta, che prende il proprio titolo dalla frase finale del suo film La terra vista dalla luna: Essere morti o essere vivi è la stessa cosa. Per realizzarlo, Toccafondo ha preparato oltre 1200 disegni originali realizzati con interventi su stampe di fotogrammi da diverse pellicole pasoliniane (Accattone, Mamma Roma, Uccellacci e uccellini…), selezionandone poi 600 che sono stati montati in sequenza di 16 o 20 unità.

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dESIGNER OF FILM The many visual talents of Gianluigi Toccafondo For an artist with an immediately recognizable touch, the moods that permeate his short films can often seem indecipherable, suspended in a contrast of dark tones and scintillating colours. Every work by Gianluigi Toccafondo leaves an indelible impression, however. It captures our attention and speaks to our individual sensibilities with the language of dreams we’ve suddenly awoken from. Born in San Marino in 1965, in his early career Toccafondo was a painter with a flair for animation (at a time when the two disciplines rarely mixed) who later became one of the most sought-after and celebrated illustrators in the world. The son of a ceramist, on his graduation from Urbino’s Istituto d’Arte Toccafondo moved to Milan, where he made and directed short films which quickly gained him international prestige. His first short film won a prize at the Lucca Film Festival. He then co-directed (with Simona Mulazzani) La pista, a short film which received a special mention at the Annécy Italian Film Festival and was among the prize-winners at the Treviso Film Festival. His next short film, the self-produced La pista del maiale, drew favourable reviews at the Clermont-Ferrand Film Festival. This was followed by Le criminel, which was entered in the 50th Venice Film Festival to extremely positive reactions from the public and the critics. Toccafondo’s short films are populated by weirdly elongated, deformed figures that change shape and merge into the colours of the scene. The compositions that unfold in Toccafondo’s films take their inspiration from the poetry of the everyday but are firmly grounded in technique, with each frame pictorially altered while preserving something of the original. Toccafondo rarely works from a blank sheet of paper: he takes an existing image as his starting point, or even a clip of film footage or a scene specially filmed by his team. He then prints thousands of frames on paper, which he “colours in” using acrylic dyes, pencil or other media, modifying the original image to the point of deconstruction. The final step is to film the drawings using a traditional vertical 35 mm camera. The end result turns filmed reality into animation, without however losing the sense of movement captured by the camera. It’s a style which is eminently suited to the creation of title sequences for films. One of Toccafondo’s most famous title sequences was for the 56th Venice Film Festival, in which Asia Argento appears as a siren who dissolves into droplets of water. Toccafondo has also worked for television, creating idents for many programmes as well as some exceptionally original and successful adverts.

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di

Romagna


il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile. ennio flaiano

di grandissimo spessore, anche il suo film (uscito nel 2004) La Piccola Russia: opera d’animazione ambiziosa e complessa, pluripremiata ai festival di Ottawa, Ljubljana, Tallin e Torino, che ci racconta anche qualcosa del rapporto tra Toccafondo e la sua terra di origine. “Piccola Russia” era infatti la denominazione con cui venivano ironicamente chiamati negli anni Cinquanta/Settanta un gruppo di paesini a cavallo tra la Romagna e le Marche in cui vivevano quasi esclusivamente operai e contadini di idee dichiaratamente comuniste. In tale contesto, Toccafondo innesta una storia ricavata da un fatto di cronaca nera del tempo: un uomo uccide la famiglia per fuggire in Russia da una donna che ama. La Russia immaginaria di Toccafondo è però ambientata sulle spiagge romagnole, tra Gabicce e Cattolica. Ridisegnata su un mix di paesaggi ed architetture contemporanee alternate ad estratti da riviste patinate dell’epoca e fotoromanzi. Non è cosa facile isolare il poliedrico talento di Toccafondo: ha lavorato come illustratore per le principali case editrici italiane; ha collaborato con riviste come Linea d’ombra, Lo straniero e Abitare. Nel 1999 ha pubblicato, esclusivamente per il mercato giapponese, un volume su Pinocchio, inedito in Italia fino al 2011. È stato aiuto-regista di Matteo Garrone per il film Gomorra e recentemente ha anche scritto un libro dal titolo Il nuotatore. Gli sono state dedicate decine di mostre personali in Francia, in Giappone e naturalmente in Italia (l’ultima in ordine temporale è l’antologica allestita all’interno della Biennale del disegno di Rimini). Tutto sommato, forse, il vero successo di un’artista si può misurare dalla sua capacità di evadere dagli schemi. His idents for cinema production companies are famous, such as Fandango and Ridley Scott’s Scott Free. The English director – surely one of the most inventive filmmakers of our time – was so impressed by Toccafondo’s visual talent that he also commissioned him to create the opening and closing sequences of his 2010 film Robin Hood. Filtered through Toccafondo’s visual sensibility, Scott’s footage finds a third way between film and animation, combining the visual drama of the former with the comic-strip quality of the latter. But Toccafondo’s “habitat” of choice is not the world of mass consumption media. He’s much more at home in meticulously assembled niche productions. A case in point is his moving tribute to Pier Paolo Pasolini, which came out in 2000, 25 years after the poet’s death, and whose title is taken from the final line from Pasolini’s The earth seen from the moon: “To be dead or alive is the same thing.” To make this film, Toccafondo produced over 1200 original drawings on stills printed from various films by Pasolini (Accattone, Mamma Roma, Uccellacci e uccellini). He then selected 600 of these drawings and edited them into sequences of 16 or 20 stills. Equally rich in texture is his film La Piccola Russia from 2004: a complex and ambitious animated film which won awards at the festivals of Ottawa, Ljubljana, Tallin and Turin, and which tells us something about the rapport between Toccafondo and his place of origin. “Piccola Russia” – Little Russia – was in fact the (ironic) designation given in the 1950s and 70s to a group of villages on the border between Romagna and the Marche whose inhabitants were nearly all staunch communists. This place provides the backdrop for a plot which Toccafondo bases on a true crime story of the time: a man kills his family and flees to Russia to live with the woman he loves. But the Russia imagined by Toccafondo was in fact the stretch of Romagnol coastline between Gabicce and Cattolica, refashioned as a collage of contemporary landscapes and interiors, alternated with cuttings from glossy magazines and photo romances of the period. It isn’t easy to capture the essence of Toccafondo’s talent. He has worked as an illustrator for Italy’s leading publishing houses, and for magazines including Linea d’ombra, Lo straniero and Abitare. In 1999 he published a book on Pinocchio which was destined exclusively for the Japanese market, and which was not published in Italy until 2011. He was assistant director to Matteo Garrone for the film Gomorra, and more recently he has written a book, Il nuotatore (“The Swimmer”). Toccafondo has been the subject of dozens of one-man exhibitions in France, Japan and, naturally, Italy (the latest was a retrospective organized as part of Rimini’s Biennale del Disegno). All this suggests that his true strength as an artist lies in his ability to elude classification.

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[0 4] TERRITORIO L A PI O G G I A B LU Ch E v I E N E dA LO N TA N O _ i g l i ci n i m o n u m e n ta l i i n ro m a g n a L I L AC R A I N _ t h e m o n u m e n ta l w is te r i a s o f ro m a g n a LA REGINA dELL’AdRIATICO _ cattolica e il suo golfo, dove la romagna si fonde con le marche QUEEN OF T hE A dRI AT IC _ ca t tolica and i ts bay, w here romagna me e ts t he marche

[08] STORIA A R Ch I T E T T U R A d E L L A C A LCE _ i l l a to a r t is t i co d e l l a te r i z i o L I M E h O U S ES _ t h e cre a t i ve u s e o f b r i ck s L A R O M AG N A d E L L A S E TA _ m e l d o l a, p i cco l a ca p i ta l e d e l l a b a ch i co l t u ra R O M AG N A A N d T h E S I L k T R A d E _ m e l d o l a: a ce n t re o f s e r i cu l t u re

[1 2] PASSIO NI U N T E AT R O d I PAG L I A _ l’a re n a i m p e r m a n e n te d i co t i g n o l a A T h E AT R E O F ST R AW _ t h e e p h e m e ra l a re n a o f co t i g n o l a [32

I L R I Ch I A M O d E L L A T R A N S A P P E N N I N I C A _ r u o te d’e p o ca i n ro m a g n a T h E A L LU R E O F T h E T R A N S A P P E N N I N I C A _ v i n ta g e ca r s i n ro m a g n a GIULIO CAPIOz zO E PATRIzIO FARISELLI _ la sezione ritmica degli area, votata alla melodia GIULIO CAPIOz zO ANd PATRIzIO FARISELLI _ the unusually melodic rhythm section of area

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ENOGASTRONOMIA

FRUTTO ANTICO dALL A POLPA COLOR dEL vINO _ la pera cocomerina del montecoronaro ThE ANCIENT FRUIT WITh WINE-COLOUREd FLESh _ the cocomerina pear of montecoronaro C A J U N: F E d E L I A L L A B I R R A _ i l b i r r i f i ci o a r t i g i a n a l e d i m a r ra d i C A J U N: B E E R A S I T O U G h T TO B E _ t h e a r t is a n b rewe r y o f m a r ra d i

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PI E R O M A N zO N I _ p rovo ca re a r te PI E R O M A N zO N I _ a r t is t a n d p rovo ca te u r d I S EG N ATO R E d I F I L M _ i l ta l e n to v is i vo d i g i a n l u i g i to cca fo n d o d ES I G N E R O F F I L M _ t h e m a n y v isu a l ta l e n t s o f g i a n l u i g i to cca fo n d o

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Periodico edito da Cerindustries SpA 4 8 0 14 C a s t e l B o l o g n e s e ( R A ) I T A LY v i a E m i l i a Po n e n te, 10 0 0 w w w.c e r d o m u s .c o m w w w.c e r d o m u s . n e t Direttore responsabile Raf faella Agostini Direttore editoriale Luca Biancini Progetto Carlo Zauli Luca Biancini Grafica e impaginazione Laura Zavalloni – Cambiamenti per Divisione immagine Cerdomus Coordinamento editoriale Alessandro Antonelli Redazione To m m a s o A t t e n d e l l i Franco De Pisis Italo Graziani Alessio Nelli Alba Pirini Manlio Rastoni Carlo Zauli Foto A rchi v io A ss. cul t. GENM A rchi v io A ss. cul t. Pro V ille A r c h i v i o A s s . Tu r. P r o v i n c i a d i R i m i n i Archivio Birrificio Cajun Archivio Christian Capioz zo Archivio Comune di Cattolica A r c h i v i o G i a n l u i g i To c c a f o n d o Archivio Italo Graziani A rchivio Patrizio Fariselli A r c h i v i o To m m a s o A t t e n d e l l i Archivio Uf ficio Stampa Comune di Cer via Bruno Baraccani Daniele Casadio Enrico Contadini Gloria De Carlo Barbara Fabbri Gianluigi Fiori Gianpiero Giordani A ngelamaria Golfarelli Claudio Laz zarini Gabriele Medri Giorgio Salvatori Ta t i a n a To m a s e t t a M i c h a e l Tr a u b Si ringraziano Gianfranco Amadori APT Rimini A ss. cul t. GENM A ss. cul t. Pr imola A ss. cul t. Pro V ille Gianni Bugatti Christian Capioz zo Patrizio Fariselli Gianpiero Giordani Karola König Gabriele Medri Matteo Mingazzini Luciano Ravaglioli Walter Scarpi G i a n l u i g i To c c a f o n d o M i c h a e l Tr a u b Si ringrazia per la preziosa collaborazione Maddalena Becca / Divisione immagine Cerdomus Tr a d u z i o n i Tr a d u c o , L u g o Stampa FA E N Z A I n d u s t r i e G r a f i c h e © Cerindustries SpA Tu t t i i d i r i t t i r i s e r v a t i A u t o r i z z a z i o n e d e l Tr i b u n a l e d i R a v e n n a n r. 117 3 d e l 1 9 / 12 / 2 0 0 1 ( c o n v a r i a z i o n e i s c r i t t a i n d a t a 11 / 0 5 / 2 0 1 0 )



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