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Mosaico di sguardi

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Rubrica Oneiroi

Rubrica Oneiroi

MOSAICO di

A un metro dalla realtà

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Silente, la città. Le finestre sono gli unici indizi, suggerimenti, piccole torce o sussurri nel silenzio e nel senso di sospensione che restano nell’intimità di appartamenti trasformatisi in prigioni. L’obiettivo si sofferma sulla vita che scorre, nonostante tutto, al di là del vetro, unico contatto con il mondo esterno. Si muovono come comparse gli uomini e le donne che la fotocamera cattura, sono loro gli attori di un sogno sognato in piena veglia, dove il contatto è solo di occhi, di gesti, di pensieri, di distanze ed empatie. Nasce tutto dalla più ingenua curiosità. Spiare la vita di qualcun altro nascosti dietro una tenda, un vetro appannato tra lo spaesamento e l’attesa. Ogni persona è accompagnata da un’ombra che ne racconta la storia e che noi cerchiamo dietro lo sguardo dell’individuo. Di solito accade tutto in un istante, un attimo che fugge come il passante che seguiamo con gli occhi. Le finestre sono il sottile limite tra il familiare e lo sconosciuto, tra il silenzio ormai assordante della città e la tranquillità senza tempo delle vite private. Alveari reticolati dove ogni cella è un piccolo schermo illuminato.

In questo anno speciale del 2020, il termometro sembra essere diventato indispensabile durante l'epidemia e 37,5 gradi sono diventati una linea di confine apparentemente assente e ha anche un significato significativo per la salute o meno. La distanza e l'allontanamento sono un nuovo problema sociale? O esiste dall'inizio alla fine? È solo un termometro?

Linea di divisione

L’individuo si adatta, come ogni specie vivente. Si è adattato tanto bene da aver accettato restrizioni e cambiamenti repentini nella propria vita. E ha visto come tutti, in fondo, hanno vissuto la stessa esperienza. Il mondo intero che si è chiuso in casa, che si addormentava con la televisione accesa e il silenzio là fuori, che poteva essere un buco nero profondissimo. Si poteva spiare il mondo dalla finestra di casa. Adesso possiamo spiarlo uscendo nelle strade, chissà se impauriti o spavaldi. Ma non è abbastanza, perché ci aspetta un mondo da conoscere, superati i confini. Jack Kerouac in “Sulla strada” si chiedeva: “Che differenza fa, in definitiva? L’anonimato nel mondo degli uomini è meglio della fama in cielo, perché cos’è il cielo? Cos’è la terra? E’ tutto nella nostra mente”. Siamo minuscoli individui in confronto al mondo intero, eppure non è all’idea di anonimato che ci aggrappiamo. E anche se è tutto nella nostra mirabile mente, vogliamo comunque sentire di appartenere al mondo, vogliamo prenderne parte attivamente, riconoscere la sua vastità e le sue differenze, incontrare gli altri nei più disparati angoli del globo. Questo desiderio di conoscenza è lo stimolo di chi viaggia, di chi vuole attraversare continenti. E questo mondo ferito, caotico, a tratti annichilito è nostro e dobbiamo averne cura, dobbiamo camminarlo con quel desiderio di tenerlo tutto insieme, abbracciarlo finché è in nostro potere. Come spiega Cristoforo Colombo nelle Operette Morali di Leopardi, i navigatori non hanno “maggior desiderio che della vista di un cantuccio di terra; questo è il primo pensiero che ci si fa innanzi allo svegliarci, con questo ci addormentiamo”. È per quel cantuccio di terra che non rimaniamo fermi, è per quella fame di altro da noi che ci sentiamo meno piccoli e meno soli.

BINOCOLO

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Strumento ottico costituito da due cannocchiali terrestri accoppiati, per la visione binoculare di oggetti dei quali si voglia avere un’immagine ingrandita, diritta. I due cannocchiali sono di norma articolati a cerniera per un migliore adattamento alla distanza pupillare dell’osservatore.

All'inizio del 2009, Saraceno ha partecipato al Programma di studi spaziali internazionali presso la NASA, che ha fomentato pensieri sulle possibili relazioni tra ragni e cosmo. Una delle prime motivazioni per lo sviluppo del progetto da parte di Saraceno furono i presunti parallelismi tra ragnatele tridimensionali complesse e la ragnatela cosmica, utilizzate dagli astronomi per descrivere la struttura iniziale dell'universo. Una ragnatela di Latrodectus mactans (vedova nera) è stata inizialmente scelta per il primo dispiegamento della scansione della ragnatela, principalmente a causa della sua complessa struttura tridimensionale e quindi parallela alla rete cosmica descritta.

Per tracciare in modo più approfondito i collegamenti tra ragno e ragnatele cosmiche, all'inizio del 2009 Tomás Saraceno ha avviato una conversazione con l'astrofisico Volker Springel, direttore del Max-Planck-Institute for Astrophysics di Monaco. In questa conversazione, i ricercatori hanno discusso delle strutture simili a filamenti dell'universo lungo le quali le galassie sono disposte "come perle su una corda", come le goccioline lungo i fili di una ragnatela.

Da questa prima esplorazione di questa analogia tra la ragnatela cosmica e quella dei ragni nasce l’idea di condurre un’indagine più approfondita sulle connessioni tra ragni, ragnatele e spazio. In seguito allo sviluppo della Spider Web Scan originale, Saraceno ha sviluppato una proposta di collaborazione all'Agenzia spaziale europea per inviare un ragno alla Stazione Spaziale Internazionale per studiare la costruzione di ragnatele 3D in microgravità.

“Stiamo cercando di conoscere il comportamento dei ragni e la creazione di reti e vorremmo saperne di più sull’origine dell’universo. Questo progetto si propone di cercare analogie tra i filamenti cosmici e una ragnatela.” -Tomás Saraceno

La ricerca mira a esplorare e comprendere meglio gli spunti astronomici e gravitazionali utilizzati da alcuni ragni nella navigazione e nell'orientamento. Alcuni ragni usano la posizione della luna per essere in grado di capire in quale direzione stanno camminando, o altri segnali astronomici tra cui schemi formati dalla polarizzazione della luce nel cielo.

L’artista partendo dalle ricerche su nuove forme ibride di comunicazione e convivenza ha ideato il progetto surreale “In Orbit”, una grande installazione a un’altezza di 0,025 km fisicamente accessibile, che ricorda un mare di nuvole o corpi planetari fluttuanti.

In Orbit è una delle installazioni più elaborate dell'artista, la cui finezza e stabilità suggeriscono la struttura della ragnatela. I visitatori prendono parte ad un vasto ecosistema in cui ogni partecipante è ugualmente influente. Come un ragno in una rete, all'interno dell'installazione le persone percepiscono la presenza di altri attraverso le vibrazioni grazie all’energia riverberante trasmessa da cavi in acciaio che si intrecciano e alternano in un movimento continuo. La codipendenza è intrinsecamente presente nell’ambiente stesso, che modella e si modella in base agli incontri che avvengono al suo interno.

Considerando la rete come un'estensione del sistema sensoriale e cognitivo del ragno, qui mondi sensoriali e linee di comunicazione si fondono e si connettono come un apparato cognitivo in cui la percezione ordinaria viene ampliata. Nel continuum vibratorio dell'installazione i corpi ricordano la struttura invisibile della rete cosmica comprendente molecole, pianeti e buchi neri.

L'architettura della ragnatela sospesa caratterizza l'ambizione di Saraceno di realizzare immaginari e pratiche interdisciplinari basati su nuove ecologie ambientali, sociali e psicologiche. Ciò che è implicito in questa operazione è il tentativo di raggiungere una sensibilità etica ai fenomeni che modellano il nostro essere nel mondo e il nostro ruolo in esso, rendendoli percepibili attraverso un'esperienza sinestetica.

L’invito dell’artista è quello di sintonizzarci con i nostri futuri, abbracciare l'interconnessione radicale di tutte le cose, sia viventi che non viventi, confondendo i confini tra interno ed esterno, visibile e invisibile, tangibile e intangibile, tra ciò che è vivo e ciò che non lo è.

NUOVI MODELLI

ALBERGHIERI

Il post-covid avrà sicuramente delle ripercussioni nel futuro, andando a cambiare il nostro modo di vivere all’interno della società in cui ci troviamo. A tal proposito lo studio di architettura britannico The Manser Practice ha delineato come gli hotel dovrebbero adattarsi per permettere il distanziamento sociale e come questo influenzerà progetti futuri.

Gli hotel post-pandemia non avranno receptionist e adotteranno accesso senza contatto, sistemi a senso unico e camere più grandi con palestre annesse. Le persone vorranno avere la certezza di stare in spazi puliti, riducendo al massimo i contatti superflui. Tali misure potrebbero sicuramente non giovare a modelli come Airbnb favorendo invece le grandi catene alberghiere. A breve gli hotel per ridurre al minimo il contatto con gli altri, apporteranno varie modifiche, tra le quali quella di non accogliere le persone alla reception ma effettuare dei check-in senza contatto e con controlli della temperatura, le porte verranno aperte grazie all’uso dello smartphone. Con questi termini sicuramente l’utilizzo di intelligenze artificiali la farà da padrona. Per ridurre il contatto tra gli ospiti degli hotel esistenti, che spesso dispongono di numerose sale servite da un unico corridoio, Manser suggerisce di implementare sistemi a senso unico. Infatti la disposizione spaziale interna degli edifici degli hotel potrebbe cambiare in sistemi a senso unico per ridurre al minimo i punti di crossover degli ospiti in corridoi stretti. Si prevedono camere d'albergo più grandi e con spazi per l'esercizio e portelli di consegna, al fine di ridurre la necessità di visitare i ristoranti e far entrare le altre persone nelle sale, Manser ritiene che gli hotel potrebbero aggiungere servizi di "consegna a distanza anche. "Immaginiamo un ritorno alle vecchie forme di servizio in camera", ha spiegato Manser. "Un portello attivato a distanza sul corridoio che dà accesso a uno spazio abbastanza grande per i pasti di consegna, lavanderia e pulitura a secco ecc." "Il personale inserisce gli oggetti dall'esterno e gli ospiti li recuperano dall'interno tramite un portello simile", ha continuato. "Gli sporchi prendono la strada opposta. Il personale non dovrà entrare nella stanza, migliorando sia la privacy che la distanza sociale". La sfida più grande sono sicuramente gli ascensori. Tra le possibili soluzioni c’è un ritorno al paternoster, ascensore tipico nella prima metà del 20° secolo, che consiste in una catena continua di scomparti aperti per una o due persone piuttosto che un ascensore chiuso per più persone . Tanti ormai sono gli architetti e designer che si stanno muovendo per l’impatto che la pandemia ha e avrà sull’ambiente urbano.

TELESCOPIO

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Il telescopio è uno strumento che raccoglie la luce o altre radiazioni elettromagnetiche provenienti da un oggetto lontano, la concentra in un punto (detto fuoco) e ne produce un’immagine ingrandita.

IL LATO NASCOSTO DELLA LUNA

TRACCE CAOTICHE CHE RIDISEGNANO PAESAGGI LUNARI

“Far Side of the Moon” (2019) è un progetto di Victor Wong che combina tecnologia e arte, usando l’intelligenza artificiale di sua creazione AI Gemini. Questo artista-robot prende il nome dal segno zodiacale dei gemelli facendo riferimento al dualismo tra la mente di un’intelligenza artificiale e il suo corpo robotico. Gemini non utilizza una stampante a getto di inchiostro, ma realizza le sue opere tramite l’antica arte dell’inchiostro e della pittura ad acqua ‘shui-mo’.

Le opere della serie “Far Side of the Moon” sono ispirate all’avvicinamento rivoluzionario con il lato nascosto e non ancora esplorato della Luna avvenuto all’inizio del 2019. Il 3 gennaio infatti, la sonda cinese Chang’e-4 è approdata nel lontano emisfero, diventando la prima missione spaziale ad esplorare questa misteriosa regione. La raccolta dei dati effettuata durante il processo esplorativo consentirà agli scienziati di studiare in modo più approfondito la Luna. Le immagini della topografia lunare trasmesse da Chang’e-4 sono il primo step cruciale per comprendere quale sia il nostro posto nel cosmo. Alimentato con le immagini Chang’e-4 e i dati di osservazione 3D della NASA, Gemini sfrutta questa innovazione analizzando e interpretando nel suo stile questi dati per creare paesaggi lunari unici. Tracce caotiche e linee profonde disegnano sulla carta a base di corteccia e paglia di riso le immagini che ricordano e riproducono la superficie rocciosa della Luna.

MIMESI IN EQUILIBRIO

Il progetto Chameleon mira a celebrare il valore della natura attraverso delle opere fotografiche. Il soprannome che lo caratterizza deriva da una particolarità che contraddistingue le opere, ovvero il mimetizzarsi della figura umana all’interno degli scatti. In questi mesi di emergenza Covid-19 l’intera cittadinanza ha potuto riflettere sull’importanza dell’ambiente che ci circonda. Questa situazione ci ha fatto riscoprire il valore della natura, della mobilità lenta, il piacere della bicicletta e dell’aria aperta. Gli spazi verdi sono stati una boccata di ossigeno per le grandi città e il cuore pulsante della vitalità urbana.

Oggi giorno si spera in un completo ripensamento della nostra relazione con la natura: proteggere la biodiversità, fermare la crisi climatica, frenare la distruzione delle foreste e ridurre il consumo di risorse. Questioni ormai da tempo al centro di dibattiti e manifestazioni ma che solo ora sembrano essere davvero sensibili a tutti. Proprio per questo il progetto Chameleon riprende una tematica che sta diventando sempre più un’urgenza: la convivenza tra uomo e natura.

Attraverso le immagini fotografiche il progetto mostra come le persone si riconnettono alla natura integrandosi completamente in essa, tanto da mimetizzarsi e scomparire. L’obiettivo non è solo quello di far ricordare all’essere umano da dove veniamo ma anche di rievocare la grandiosità e l’immensità della natura in relazione ad esso. Le foto sono caratterizzate da un’estetica che si rifà al concetto del sublime. Esso si identifica attraverso il magnifico, il non raggiungibile ma anche attraverso la paura e l’irrazionale, una combinazione di emozioni e sensazioni che si possono raggiungere attraverso la contemplazione di uno scenario imponente. Al giorno d’oggi il sublime non appartiene più solo alla natura ma viene traslato in uno scenario tecnologico e all’avanguardia, facendo emergere, accanto a quello naturale, una nuova forma: il sublime tecnologico. Creare una vicinanza tra città e natura, per trovare il perfetto equilibrio tra i due mondi. L’intento del progetto non è quello di puntare il dito contro il progresso, ma è quello di far meditare le persone su quanto sia fondamentale preservare la natura mantenendo un’armonia con la nostra inevitabile evoluzione.

PIENO E VUOTO

Sono in un supermercato coloratissimo e le luci mi estasiano. Voglio comprare tutto, ma non entrano più le cose nel carrello. Ad un certo punto mi accorgo che con il mio pensiero posso diventare il produttore dei biscotti, il cassiere, il direttore del supermercato e far diventare mio tutto quanto. Quando esco dal supermercato mi accorgo di non avere niente, nemmeno una busta e il mio cellulare è spaccato.

SESTANTE

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Strumento ottico per la misurazione dell’altezza degli astri sull’orizzonte, usato soprattutto su navi e imbarcazioni nella navigazione astronomica, ovvero per rilievi topografici e idrografici, come un goniometro in grado di misurare gli angoli tra le visuali di oggetti lontani visti da uno stesso punto di osservazione.

La mostra di Tomás Saraceno “Aria” a Palazzo Strozzi parte da questa consapevolezza, dal ripensamento del nostro modo di agire, dalla capacità di osservare i fenomeni da un altro punto di vista e dalla possibilità di uscire dall’Antropocene sviluppando nuovi modelli di pensiero. Per cambiarle è necessario costruire un nuovo modello che renda la realtà obsoleta. L’arte di Tomás Saraceno ha un carattere visionario e utopico, ma al contempo pratico e pragmatico.

Superare l’Antropocene e ritrovare l’armonia con la Terra non è solo uno pensiero filosofico, ma è un vero e proprio progetto che si articola in molte forme. Tra gli sviluppi più complessi c’è Aerocene, una comunità artistica che lavora a nuove espressioni di sensibilità ecologica, con l’obiettivo di avviare una collaborazione etica con l’atmosfera e l’ambiente, che dia vita ad una nuova era libera da combustibili fossili.

ANTROPOCENE

D A VERSO IL CAMBIAMENTO G U I UNA

Grazie ad una relazione diretta con il Sole e con il Vento si potrebbe generare una nuova società con diversi modelli di mobilità. Ciò è in parte già possibile grazie all’attività di Aerocene che organizza il lancio di sculture aerosolari in grado di librarsi in aria grazie al calore del Sole e alle radiazioni infrarosse della superficie della Terra. Niente motori, niente batterie, niente combustibili, niente sfruttamento delle risorse, solo l’energia del pianeta. Negli ultimi anni sono stati realizzati lanci in tutto il mondo e sono state progettate sculture aerosolari con caratteristiche diverse: ci sono quelle pilotabili come aquiloni, quelle che possono viaggiare liberamente da una città all’altra seguendo le rotte dei venti e anche una versione in grado di sollevare una persona a un’altezza superiore ai 200 metri trasportarla per quasi due chilometri.

Tra i poteri speciali che una persona desidererebbe avere c’è sicuramente quella di volare: la comunità Aerocene l’ha reso possibile. È bastato l’uso di forme di energia che promuovono la consapevolezza ambientale avendo cura dell’aria che tutti respiriamo. Per raggiungere questi obiettivi Tomás Saraceno ha creato la Aerocene Foundation, che lavora a stretto contatto con una comunità internazionale di scienziati e attivisti. Da una semplice domanda utopica, ovvero se fosse o meno possibile compiere un volo attorno alla Terra usando come risorsa energetica quella solare, nasce l’Aerocene Float – Predictor, uno strumento che analizza le correnti del vento e traccia delle vere e proprie rotte di volo. Il messaggio che si vuol far passare è chiaro e forte, ed è quello che grazie all’uso corretto della tecnologia possiamo cambiare le forme di mobilità e la relazione con il pianeta.

NFINI

VISIONI UTOPICHE DELLA REALTÁ

VIANDANTI OLTRE I CO

VIANDANTI OLTRE I CO

“Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita.” - J. Kerouac O meglio: la vita è una strada. Su un piano filosofico il viaggio spesso è associato alla vita stessa, poiché perfetta metafora per descrivere il processo d’individuazione e crescita cui ognuno di noi va incontro durante tutto l’arco della sua esistenza. Viaggiare diventa, quindi, imprescindibile strumento di arricchimento e affermazione di sé, tramite il confronto con gli altri, con noi stessi, con le nostre capacità e i nostri limiti, ma è anche e soprattutto il simbolo del percorso che va dalla nascita alla morte. In questi termini la partenza richiama il momento del parto, della nascita dell’individuo, che cessa di essere un tutt’uno con la madre e diventa singolarità. Il momento cruciale della vita del bambino è quando apprende a camminare e acquista la vera indipendenza. Si dice che «dal momento in cui sa camminare, il bambino sa viaggiare», sottolineando come proprio da questo primo passo nasca il desiderio della libertà. Ergendosi sulle proprie gambe, infatti, il giovane viaggiatore scopre un nuovo mondo, il suo campo visivo cambia in modo radicale e la sua curiosità lo porta a voler esplorare quello che ha intorno per il puro amore della scoperta.

Il viaggio si profila come un’esperienza tipicamente umana, una tendenza che la maggioranza degli individui si porta dentro come caratteristica tipica dell’essere. Legata indissolubilmente all’uomo, l’esplorazione del mondo comporta maggiore consapevolezza di sé e acquisizione di autonomia. L’adolescenza rappresenta la seconda grande separazione dell’individuo dalla madre e dal mondo dell’infanzia, tappa fondamentale nella vita e momento di grande ricerca d’identità. In questa fase il viaggio assume un’importanza straordinaria, in quanto perfetta occasione di crescita, formazione e caratterizzazione della persona. La realtà non ordinaria, l’imprevisto, l’ignoto obbligano il ragazzo, così come l’adulto, a mettersi in gioco, a misurarsi con realtà differenti da lui e con le sue stesse capacità, donandogli sicurezza e un bagaglio personale di estrema importanza.

L’evasione dalla routine e dagli schemi sociali offre l’occasione per riappropriarsi della libertà personale e per riavvicinarsi alle parti più sconosciute o nascoste di sé. In questo modo avviene una presa di coscienza da parte del viaggiatore che, grazie ad un ritorno alla natura, alle origini, uno stupore quotidiano infantile, impara a stare al mondo e a guardare tutto con occhi diversi. Questi momenti corrispondono alla crescita dell’individuo, che passa ad una età adulta e rincontra se stesso. La fine del viaggio, il ritorno, comporta un tornare a casa, un senso di sicurezza ma anche estraneità, perché non si fa mai ritorno uguali a prima. L’uomo che approda a casa dopo un lungo viaggio ha acquisito una sensibilità nuova nel giudicare se stesso e ciò che lo circonda, guarda le cose con uno sguardo più attento e possiede nuove conoscenze preziose. Questa fase corrisponde alla vecchiaia, quando si approda nella terra della saggezza, quando si ha già visto tanto e si racconta ad altri, si insegna, senza smettere mai di imparare. Ogni nuovo viaggio comporta un pizzico in più di saggezza, di consapevolezza e aggiunge ad ogni anima qualcosa di bello e nuovo. La morte non può essere ritrovata in altro se non nella fine di tutti i viaggi, la meta ultima dell’uomo, che non è importante alla luce del percorso fatto. Questa è la peculiarità dei viaggi e della vita stessa: l’importante è viaggiare e ciò che si incontra durante la strada, non ciò che c’è alla fine.

Uno degli scrittori che è riuscito a raccontare eccellentemente l’essenza del viaggio è Calvino. Egli ci propone infatti visioni utopiche della realtà, viaggi metaforici e fittizi, alla ricerca di una nuova libertà di pensiero e azione, un invito a ripensare in maniera poetica e collettiva il modo in cui abitiamo il mondo.Nelle sue “città invisibili” lo scrittore italiano gioca con sogni e realtà, mescolando racconti di fantasia e viaggi reali, in un unico, grande racconto surreale. Protagonista del suo libro è il primo grande viaggiatore della storia, Marco Polo, che dialoga con l’imperatore dei Tartari Kublai Khan. Quest’ultimo interroga l’esploratore sulle città del suo immenso impero, ricevendo un resoconto di viaggio alquanto particolare. Marco Polo inizia così una descrizione delle varie tappe delle sue peregrinazioni, ma le città descritte hanno connotati insoliti.Il viaggiatore mescola nel suo racconto la realtà con la fantasia, riflettendo nelle descrizioni di questi luoghi anche i pensieri, le sensazioni, e soprattutto i popoli che li abitano.Il viaggio che in queste pagine Calvino propone è un viaggio mentale, attraverso le città che abitano lo stesso viaggiatore, in una sorta di labirinto che è metafora del mondo. Il percorso che Marco Polo descrive percorre città impalpabili, irreali, fatte di terra, aria e, soprattutto, persone. «La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per chi ne è preso e non ne esce; una è la città in cui s’arriva la prima volta, un’altra quella che si lascia per non tornare; ognuna merita un nome diverso». Molteplici quindi le chiavi di lettura di ogni luogo visitato, molteplici i nomi attribuibili ad una stessa città, a seconda del viaggiatore che le attraversa. Il viandante passando per queste città annota la struttura, i comportamenti degli abitanti, ciò che smuove in lui e grazie al viaggio cambia, matura, trova se stesso. «Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti». Un’affermazione molto significativa che esprime bene tutto il significato del viaggio per Polo. Il vero viaggiatore non parte quindi solo per vedere, ma soprattutto per trovare risposte, un senso, per ritrovarsi. Deve essere in grado di vedere con gli occhi della mente, di apprezzare anche le città invisibili grazie ai ricordi, all’immaginazione, ai sogni, perché, come scrisse Calvino: «Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda».

“Le città invisibili” è un viaggio nella potenza generatrice della parola e nella forza dell’immaginazione che costruisce architetture. Calvino ci tende la mano, invitandoci a compiere il passo: oltrepassare la soglia ed entrare nel labirinto.

ZONA la tende a voi, invitandovi a lasciarvi trasportare nel caos della realtà aiutandovi a renderlo intelligibile. Ed è solo in questo perdersi, in questo accettare la complessità e il disordine, che potremo “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Il faro dell'universo

Il sole splendente non solo illumina il pianeta, riscalda l'inverno, ma trasferisce anche il calore e fornisce energia, Che si tratti del Sahara in Africa, nelle praterie del Madagascar, per le strade della città o sul tetto, nella stanza, Puoi sentire il suo calore e la temperatura residua Nella vasta distesa dell'universo, il sole è come un'esistenza luminosa, circondato da innumerevoli pianeti, il cielo notturno, un'altra luce brillante dell'emisfero, che illumina ogni angolo del mondo.

LE DINAMICHE SOCIALI E RAFFORZARE ULTERIORMENTE IL RAPPORTO TRA LE PERSONE I PANNELLI SOLARI, I COLLEGAMENTI TRA L'UOMO E LE RISORSE DELLO SPAZIO, RICEVIAMO SEGNALI PERCOMPRENDERE LE INFORMAZIONI, DIFFONDERE

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