Mani sporche

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PRINCIPIO ATTIVO Inchieste e reportage


Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Caterina Bonvicini, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Carla Buzza, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Carla Castellacci, Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Pino Corrias, Gabriele D’Autilia, Andrea Di Caro, Giovanni Fasanella, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De AndrÊ, Goffredo Fofi, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Gaito, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Marco Lillo, Felice Lima, Giuseppe Lo Bianco, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Alberto Nerazzini, Sandro Orlando, Pietro Palladino, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Paola Porciello (web editor), Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Luca Rastello, Marco Revelli, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Matteo Scanni, Filippo Solibello, Bruno Tinti, Marco Travaglio, Carlo Zanda.

Autori e amici di

chiarelettere


“Alla fine il reato più grave diventa quello di chi racconta certe cose, anziché di chi le fa. La colpa non è dello specchio, ma di chi ci sta davanti.” Enzo Biagi, giornalista (1920-2007).

PRETESTO 1 f pagina 714


“Vorrei vedere la partita della Lazio in tv: qui in carcere non c’è Sky?” Cesare Previti, ex senatore, deputato e ministro, condannato, ora in affidamento ai servizi sociali.

“In Italia un’impresa paga di tasse la metà delle sue entrate. Un professionista paga almeno il 35 per cento. Uno speculatore invece, uno che non produce niente ma vive di rendite finanziarie, se gli va male paga il 12,5. E, se è bravo a usare la legge Tremonti, non paga una lira. E poi si discute del declino industriale dell’Italia!” Franco Bassanini, ex ministro della Funzione pubblica, fa parte de La Commission pour la libération de la croissance française.

PRETESTO 2 f pagine 297, 747


“Voi parlate di tremila euro, di cinquemila euro: ma li dobbiamo chiudere, quei giornali…” Massimo D’Alema, a commento del ddl Mastella sulle intercettazioni.

PRETESTO 3 f pagina 713


“Gliela facciamo pagare: vedrai, passerà gli anni suoi a difendersi.” Giuseppe Chiaravalloti, ex procuratore generale a Catanzaro, ex presidente Regione Calabria, ora vicepresidente dell’Authority per la Privacy, indagato per truffa allo Stato.

“Sono sotto tutela, ma ho una vettura blindata senza benzina. Devo metterla di tasca mia. Quando propongo di usare la mia auto, mi vietano di posteggiarla sotto il Palazzo di Giustizia e, se chiedo come devo fare, mi rispondono ‘dovrebbe stare a casa’... Più che dalla piazza, le vere intimidazioni mi vengono dalle istituzioni.” Luigi De Magistris, pm, Procura di Catanzaro.

PRETESTO 4 f pagine 827, 856


“Prima avete fatto l’indulto, poi non avete bloccato la riforma dell’ordinamento giudiziario. Scusa, Mastella, ma perché ci hai ripresentato il testo Castelli? Forse non lo sai, ma questo è il governo dell’Unione.” Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture.

PRETESTO 5 f pagina 713


Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol Spa Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare Spa) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano ISBN 978-88-6190-002-8 Prima edizione: dicembre 2007 Seconda edizione: gennaio 2008 Terza edizione: gennaio 2008 Quarta edizione: febbraio 2008 Quinta edizione: febbraio 2008 Sesta edizione: marzo 2008 Settima edizione: maggio 2008

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Gianni Barbacetto Peter Gomez Marco Travaglio

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Gianni Barbacetto, giornalista. Ha lavorato al «Mondo», all’«Europeo», a «Diario». Collabora a molte testate, tra cui «Micromega». È direttore di Omicron (l’Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord). È nato a Milano. Laureato in Filosofia, ha cominciato a lavorare per la radio (Radio Milano Libera, Radio Città, Radio Rai). Ha collaborato con il quotidiano «Bresciaoggi», con «Linus» poi, negli anni Ottanta, ha contribuito a fondare il mensile «Società civile», che ha diretto per una decina d’anni. Si è molto divertito, anni fa, a condurre un programma televisivo di economia e finanza su una tv privata (Rete A). Più recentemente ha collaborato con Francesca Comencini per il soggetto del film A casa nostra. I suoi libri: Milano degli scandali (con Elio Veltri), prefazione di Stefano Rodotà, Laterza 1991; Il grande vecchio. Dodici giudici raccontano le loro inchieste sui grandi misteri d’Italia da Piazza Fontana a Gladio, Baldini Castoldi Dalai 1993; Campioni d’Italia. Storie di uomini eccellenti e no, prefazione di Enrico Deaglio, Tropea 2002; Compagni che sbagliano. La sinistra al governo e altre storie della nuova Italia, Il Saggiatore 2007. Con Peter Gomez e Marco Travaglio ha pubblicato Mani pulite. La vera storia. Da Mario Chiesa a Silvio Berlusconi, Editori Riuniti 2002 (di prossima riedizione per Chiarelettere). Peter Gomez, inviato de «L’espresso», ha lavorato con Indro Montanelli prima a «il Giornale» e poi a «La Voce». Collaboratore di «Micromega». Negli ultimi anni ha seguito tutti i principali scandali italiani su mafia, tangenti e corruzione. I suoi libri: O mia bedda Madonnina (con Goffredo Buccini), Rizzoli 1993; L’intoccabile. Berlusconi e Cosa nostra (con Leo Sisti), Kaos Edizioni 1997; Piedi puliti (con Leonardo Coen, Leo Sisti), Garzanti 1999; I complici (con Lirio Abbate), Fazi editore 2007. Con Marco Travaglio: La repubblica delle banane, Editori Riuniti 2001; Lo chiamavano impunità, Editori Riuniti 2003; Bravi ragazzi, Editori Riuniti 2003; Regime, postfazione di Beppe Grillo, Rizzoli-Bur 2004; L’amico degli amici, Rizzoli-Bur 2005; Inciucio, prefazione di Giorgio Bocca, Rizzoli-Bur 2005; Le mille balle blu.Vignette di Ellekappa, Rizzoli-Bur 2006; Onorevoli Wanted, Editori Riuniti 2006; E continuavano a chiamarlo impunità, Editori Riuniti 2007. Anche Marco Travaglio ha lavorato per «il Giornale» e «La Voce». Dal 2006 è ospite fisso nella trasmissione di approfondimento giornalistico, Annozero, condotta da Michele Santoro. Sul quotidiano «l’Unità» tiene una rubrica fissa (prima «Bananas», ora, con l’avvento del governo Prodi, «Uliwood Party»). Collabora anche con «la Repubblica», per la quale cura nelle pagine torinesi la rubrica domenicale «Carta canta». Scrive inoltre sul settimanale «L’espresso» (rubrica «Signornò»), su «A», diretto da Maria Latella, e sui periodici «Micromega», «Giudizio Universale», «Linus». I suoi libri: Stupidario del calcio e altri sport, Mondadori 1993; Palle mondiali, Mondadori 1994; Il pollaio delle libertà, Vallecchi 1995; Il processo. Storia segreta dell’inchiesta Romiti (con Paolo Griseri, Massimo Novelli), Editori Riuniti 1996; Meno grazia più giustizia, Donzelli 1997; Il mestiere di sindaco, Guerini & Associati 1998; Il manuale del perfetto impunito, Garzanti 2000; L’odore dei soldi (con Elio Veltri), Editori Riuniti 2001; Bananas, Garzanti 2003; Montanelli e il Cavaliere, Garzanti 2004; Intoccabili (con Saverio Lodato), Rizzoli-Bur 2005; Berluscomiche, Garzanti 2005; La scomparsa dei fatti, Il Saggiatore 2006; Uliwood Party, Garzanti 2007. Con Peter Gomez ha pubblicato gli altri suoi libri-inchiesta (vedi sopra).


Sommario

mani sporche Prologo

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PRIMA PARTE

2001. Il ritorno del Cavaliere

25

1. Il Parlamento degli inquisiti 28 - 2. L’Ingegner Guardasigilli 31 3. Guerra totale alla Giustizia 37

2002. Toghe sporche, corsa a ostacoli

60

1. Come difendersi dal processo 75 - 2. Girotondi ed epurazioni 86 3. A Brescia, a Brescia 91

2003-2006. Nessuno lo può giudicare

106

1. Questo processo non s’ha da fare 108 - 2. Fuga dalla Giustizia 128 3. Berlusconi, l’ora del verdetto 150 - 4. Tutti impuniti 157 5. Pecorella abolisce l’appello 165

Accuse false, accuse vere

168

1. Armi di distrazione: Telekom Serbia 168 - 2. Armi di distrazione: il caso Mitrokhin 182 - 3. Mediaset: i fondi neri del Cavaliere 195 4. La corruzione del teste Mills 206

Banche & bancarotte

219

1. Geronzi e il crac Italcase-Bagaglino 222 - 2. Cirio, come natura truffa 225 - 3. Parmalat, il latte versato 232

Furbetti & furboni 1. Il partito del Governatore 286 - 2. Bpl-Antonveneta, scalata

284


azzurro-verde 292 - 3. Unipol-Bnl, scalata rossa 323 - 4. Ricucci-Corriere, scalata trasversale 352 - 5. Giustizia, profumo d’intesa 369

Le nuove Tangentopoli

382

Intanto, a Palermo

450

1. Il business della Sanità 392 - 2. Torino, Tav e Olimpiadi 427 3. Enelpower-Enipower, le tangenti gemelle 432 - 4. Woodcock, Potenza di un pm 437 1. L’era di Grasso 452 - 2. L’eredità di Caselli 476 SECONDA PARTE

Il ritorno del Professore

511

Clemenza e Ingiustizia

544

L’insulto dell’indulto

572

I grandi scandali

619

Il Parlamento vergogna

687

A Cesare quel che è di Silvio

744

La sinistra alla sbarra

784

1. Promesse da marinaio 513 - 2. Cosa nostra, cambio di stagione 517 3. Politica, cambio di stagione 520

1. Calciopoli 619 - 2. Potenza dei vip 641 - 3. Telecom spie 650 1. Il comma Salvaladri 689 - 2. L’ordinamento Castelli-Mastella 694 3. Le altre leggi-vergogna 705 - 4. Intercettazioni e bavaglio alla stampa 709 - 5. Conflitto d’interessi e tv 720 - 6. Antimafia omeopatica 730 1. Salvate il soldato Previti 746 - 2. Il caso Mondadori 763 3. Il caso Sme-Ariosto 771 1. Tutti contro Clementina 786 - 2. Tutti contro De Magistris 821 3. Il tramonto dell’Impero 845 APPENDICE

Com’è andata a finire

879

Intervista al pm Francesco Greco: «Ieri c’erano i pirati, oggi i corsari»

896

Indice dei nomi

915

1. Che fine hanno fatto gli imputati 879 - 2. Che fine hanno fatto i magistrati 888


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A Enzo Biagi, Vittorio Corona e Claudio Rinaldi, che giĂ ci mancano. Tanto.



Può stare nel luogo santo chi ha mani innocenti e cuore puro: mani innocenti sono mani che non vengono usate per atti di violenza, sono mani che non sono sporcate con la corruzione e con tangenti. Cuore puro, quando il cuore è puro? È puro un cuore che non si macchia con menzogna e ipocrisia, un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva perché non conosce doppiezza. Papa Benedetto XVI, 1° aprile 2007 Quando non si vede bene cosa c’è davanti, viene spontaneo chiedersi cosa c’è dietro. Norberto Bobbio Nel Ventennio, ai tempi della campagna per la bonifica delle paludi, nei comuni interessati venivano affissi manifesti con la scritta «Guerra alle mosche e alle zanzare» e le istruzioni per la disinfestazione. Un giorno – si racconta – un prefetto si recò in visita a un comune del litorale laziale. Appena scese dall’auto, fu accolto dalle autorità civili, militari e religiose, ma soprattutto da una nuvola di mosche. Allora prese da parte il podestà e lo redarguì: «Ma come, in questo comune non avete fatto la guerra alle mosche?». E quello, allargando le braccia: «Sì, eccellenza, ma hanno vinto le mosche». Piercamillo Davigo



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Il 5 luglio 2006, su ordine della Procura di Milano, gli agenti della Digos fanno irruzione in un palazzo in via Nazionale 230, a Roma. Salgono veloci per la scala B fino al sesto piano e raggiungono l’interno 12: un mega-appartamento di quattordici stanze dove vive giorno e notte, ma soprattutto lavora tra una decina di computer perennemente accesi, un omino piccolo, dal forte accento abruzzese e una vaga somiglianza con Renato Rascel. Il suo nome è Pio Pompa, è nato all’Aquila il 15 febbraio 1951 ed è un funzionario del Sismi. Il suo compito è quello di preparare analisi, descrivere scenari, segnalare per tempo eventuali pericoli per la sicurezza nazionale e soprattutto tenere i rapporti con televisioni e giornali. L’ha assunto per chiamata diretta Niccolò Pollari, il generale della Guardia di finanza scelto nell’autunno del 2001 dal neopremier Silvio Berlusconi come capo del servizio segreto militare al posto dell’ammiraglio Gianfranco Battelli. In quei giorni sia Pompa sia Pollari sono coinvolti nelle indagini sul sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, rapito a Milano il 17 febbraio 2003 da un commando della Cia e tradotto prima alla base di Aviano, poi all’aeroporto di Ramstein, in Germania, infine in un carcere egiziano, dove è stato torturato per sette mesi. Pollari è indagato per sequestro di persona, Pompa per favoreggiamento. Nei cassetti, negli schedari, nelle casseforti e nei computer dell’appartamento di via Nazionale, la Polizia trova centinaia di appunti, report e dossier su politici, magistrati, imprenditori, giornalisti, dirigenti delle forze dell’ordine e dei servizi di sicurezza, oltre alle prove dell’attività di disinformatija svolta da Pompa per conto di Pollari recapitando e facendo pubblicare «veline», perlo-


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più inattendibili, da giornalisti amici. Tra l’altro, saltano fuori alcune ricevute che documentano i pagamenti a uno dei giornalisti più fidati del giro Pompa: il vicedirettore di «Libero» Renato Farina che, negli anni, aveva percepito almeno 30mila euro, in violazione della legge istitutiva dei servizi segreti, per pubblicare notizie tanto «ispirate» quanto false in tema di lotta al terrorismo. Proprio Farina, nome in codice «Betulla», racconterà in un lunghissimo interrogatorio quanto fosse stretto il rapporto tra Pompa e Pollari, tant’è che il generale, quando gli presentò Pio, disse: «Io lo chiamo shadow, la mia ombra». E in effetti il binomio tra i due appare indissolubile. Pompa e Pollari si sono conosciuti nella primavera del 2001. A fare da tramite è stato un comune amico: don Luigi Verzè, il prete che ha fondato a Segrate, ai confini con Milano 2, l’impero sanitario multinazionale «San Raffaele» ed è da sempre legato a Silvio Berlusconi. Pollari, che in quel momento è solo il numero due del Cesis, l’organismo di coordinamento tra Sismi e Sisde, sceglie subito Pompa come consulente. E Pompa, che nel suo passato vanta anche una lunga militanza nelle file del Partito comunista, gli scodella sul tavolo dossier su dossier. Legge i giornali, naviga in internet, raccoglie notizie e pettegolezzi, poi mette tutto nero su bianco. Notizie a volte vere. A volte fasulle, inventate di sana pianta, solo per favorire il capo e i suoi amici. Nell’estate del 2001, quando Pollari è ancora al Cesis ma già sa che presto sarà promosso, Pompa gli prepara una relazione dedicata alle manifestazioni per il drammatico G8 che si è tenuto a Genova dal 19 al 22 luglio. Quando stende la prima bozza, scrive: Nell’ambito di un importante organismo d’intelligence, da parte del suo massimo responsabile Battelli, è stata costituita una ristretta task force, affidata a un funzionario, con il compito di produrre prove circa la presenza di estremisti di destra negli incidenti di Genova.

Poi depenna dal documento finale il nome dell’ammiraglio – nominato ai vertici del Sismi dal centrosinistra e per questo inviso alla nuova maggioranza – e lo sostituisce con le parole «da parte del vertice». Intanto chi deve capire capirà. Infatti Battelli, così screditato con accuse totalmente false, verrà puntualmente sostituito da Pollari il 26 settembre.


Prologo

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Ma, tra le carte archiviate nell’Ufficio Disinformatija del Sismi, c’è di più e di peggio. L’attenzione degli investigatori si concentra su un altro appunto anonimo: ventitré pagine, nove delle quali scritte a macchina e datate 24 agosto 2001, in cui si propone di «disarticolare con mezzi traumatici» l’opposizione al governo Berlusconi. A una prima lettura, l’elaborato ha tutto l’aspetto di un piano d’azione redatto per punti (preceduti da numeri o lettere dell’alfabeto); letto col senno di poi, presenta straordinarie analogie con il programma in materia di giustizia, libertà e sicurezza poi seguito dal governo Berlusconi. Sotto i titoli «Area di Sensibilità», «Area di Supporto» e «Sicurezza del Palazzo» sono indicate le iniziative da assumere per proteggere l’esecutivo e le informazioni ricevute da fonti (cioè spie) piazzate in vari tribunali della Repubblica e al ministero della Giustizia. Chi legge ha la sgradevole sensazione che tutto quello che è accaduto nei cinque anni del centrodestra fosse stato pianificato a tavolino: dalla guerra ai magistrati e ai giornalisti scomodi, alle leggi ad personam per bloccare i processi a Berlusconi & C., fino alle calunnie contro l’opposizione a colpi di commissioni-vergogna, come la Telekom Serbia e la Mitrokhin.

La stele di Rosetta Gli appunti spiegano come e perché «disarticolare», «neutralizzare», «ridimensionare» e «dissuadere», anche con «provvedimenti» e «misure traumatiche», i nemici veri o presunti del leader di Forza Italia. Un documento agghiacciante, un progetto para-eversivo che diventa una sorta di «stele di Rosetta», un codice nemmeno tanto cifrato, utilissimo per decrittare ex post le mosse di un governo retto dall’uomo che, per Pompa, era un idolo assoluto. Tant’è che, in un fax inviato a Palazzo Grazioli il 21 novembre 2001, lo spione gli si rivolgeva così: Signor Presidente, sul foglio che ho davanti stento ad affidarmi a frasi di rito per esprimerLe la mia gratitudine nell’aver approvato, nel Ciis [Comitato interministeriale per le Informazioni e la Sicurezza, nda] di oggi, il mio inserimento, quale consulente, nello staff del Direttore del Sismi [Pollari, nda] [...]. In due occasioni, prima a Milano e successivamente a Roma, ho colto il Suo sguardo indagatore mentre Le stringevo la mano. Uno sguardo poi divenuto dolce conoscendomi come


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uomo fedele e leale di don Luigi Verzè. Sarò, se Lei vorrà, anche il Suo uomo fedele e leale [...]. Mio padre contadino, don Luigi e Lei possedete la forza e la volontà di seminare per il futuro, oltre la Vostra esistenza. Desidero, dunque, averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro. Un lavoro che vorrei, come mi ha suggerito don Luigi, concordare con Lei quando potrò, se lo riterrà opportuno, nuovamente incontrarLa [...]. Avendo quale ispiratore e modello di vita don Luigi Verzè, che mi ha esistenzialmente e affettivamente adottato, posso solo parlarLe con il cuore: insieme a don Luigi voglio impegnarmi a fondo, com’è nella tradizione contadina della mia famiglia, nella difesa della Sua straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza [...]. È con il cuore che posso salutarLa: dopo aver fatto l’operaio, l’impiegato, il dirigente e quant’altro la Divina Provvidenza mi ha concesso di sperimentare, come la possibilità di poter lavorare per Lei [...]. Il Suo pensiero mi appare profondo, ma di una estrema leggerezza rappresentabile in un verso [di Eugenio Montale, nda]: «Quel tenue bagliore strofinato, laggiù, non era quello di un fiammifero».

Interrogato dal Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (Copaco), Pompa sostiene che le carte sugli oppositori del governo erano in via Nazionale per sbaglio: «Sono arrivate in busta anonima dall’Aquila. Le ho conservate solo perché mi ero dimenticato della loro esistenza». Ma è difficile credergli. Lo stesso Pollari, davanti al Copaco, descrive Pompa come un analista abile ed esperto. Impossibile che gli sia sfuggito come la parte dattiloscritta del documento anticipi con profetica precisione gli avvenimenti dei mesi successivi. Anche perché lo stesso Pompa ammette che i fogli scritti a mano erano stati vergati di suo pugno: «L’anonimo era poco comprensibile e così l’ho ricopiato». Sia come sia, il punto di partenza dell’analisi custodita dall’ombra di Pollari è un assioma caro a Berlusconi: l’esistenza di «un dispositivo approntato in sede politico-giudiziaria» che progetterebbe «iniziative di aggressione» contro «esponenti dell’attuale maggioranza di governo e di loro familiari». Chi faccia parte dell’oscuro complotto diventa chiaro scorrendo tre diversi elenchi, numerati con l’1, il 2 e il 3, tutti compresi sotto il titolo «Aree di sensibilità». Giornalisti, politici, intellettuali e soprattutto magistrati (di solito indicati con la sigla della città in cui operano). L’elenco numero 1 è di trentasette nomi, disposti su due colonne. Nella prima sono ventotto:


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«Violante» (Luciano, ex magistrato, dal 1979 deputato del Pci e poi dei Ds, nel 2001 presidente uscente della Camera); «Colombo» (probabilmente il direttore dell’«Unità» Furio Colombo, visto che il pm milanese Gherardo compare in seguito insieme ai colleghi); «D’Ambrosio» (forse il magistrato in aspettativa Loris d’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale: l’ex magistrato milanese Gerardo compare più avanti); «on. Brutti» (Massimo, responsabile Ds per i servizi segreti e poi per la giustizia); «Arlacchi» (Pino, sociologo, già consulente della Procura di Palermo, in quel momento responsabile Onu a Vienna per la lotta alla droga); «Caselli» (Gian Carlo, ex procuratore di Palermo, in quel momento rappresentante dell’Italia nella nascente superprocura europea Pro-Eurojust); «Flores d’Arcais» (Paolo Flores d’Arcais, filosofo, direttore della rivista «Micromega», noto per le sue battaglie in difesa della legalità); «De Benedetti» (Carlo, editore del gruppo Repubblica-Espresso); «Bruti Liberati» (Edmondo, sostituto procuratore generale a Milano); «Alderighi RM» (Mario Almerighi, giudice a Roma); «Natoli PA» (Gioacchino, pm antimafia a Palermo, in quel periodo membro del Csm); «Ingroia PA» (Antonio, anche lui pm antimafia a Palermo, sostiene l’accusa nel processo Dell’Utri e ha indagato anche su Berlusconi); «Maritati BA» (Alberto, ex magistrato antimafia a Bari, ora deputato Ds); «Principato PA TP» (Teresa, pm palermitana antimafia, in quel momento procuratore aggiunto a Trapani); «Sabella GE» (Alfonso, ex pm a Palermo, ora in forze al Dipartimento amministrazione penitenziaria: l’accenno a Genova potrebbe riguardare il suo ruolo come responsabile della Polizia penitenziaria intervenuta al G8 di Genova nel luglio 2001); «Mancuso DAP/NA» (Paolo, già pm antimafia a Napoli, ora anche lui in servizio al Dap); «Mancuso BO» (Libero, fratello di Paolo, presidente di Corte d’assise a Bologna); «Milillo NA» (Gianni Melillo, ex pm a Napoli, poi consigliere giuridico al Quirinale e infine magistrato alla Procura nazionale antimafia); «Monetti GE» (Vito, prima alla Procura generale di Genova, ora Pg in Cassazione); «Salvi RM» (Giovanni, fratello del deputato Ds Cesare, pm antimafia a Roma); «Cesqui RM» (Elisabetta, pm a Roma, in passato ha indagato sulla loggia P2); «Lembo BA» (Corrado, pm antimafia a Bari); «Paraggio RM» (Vittorio, pm romano); «on. Bargone» (Antonio, deputato Ds molto vicino a Massimo D’Alema, sottosegretario uscente ai Lavori Pubblici, non più ricandidato); «De Pasquale MI» (Fabio, pm milanese del processo sui diritti Mediaset che vede imputato anche Berlusconi); «Napoleoni MI» (Fabio Napoleone, pm a Milano); «Casson VE» (Felice, pm veneziano noto per i suoi processi sulla strategia della tensione e sui reati ambientali); «Perduca TO» (Alberto, pm a Torino, candidato nel 2001 a far parte dell’Olaf, l’Organismo europeo antifrodi).


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Nella seconda colonna, altri nove nomi, tutti di magistrati definiti «Supporters e/o braccio armato». In pratica, l’intero pool di Milano: «Borrelli MI» (Francesco Saverio, procuratore generale); «Davigo MI» (Piercamillo, ex pm, giudice in Corte d’appello); «Bocassini MI» (Ilda Boccassini, pm dei processi a Berlusconi e Previti); «Greco MI» (Francesco, pm specializzato in reati finanziari, pubblico accusatore in vari processi a Berlusconi & C. per falso in bilancio); «Taddei MI» (Margherita, anche lei pm nel pool di Greco, impegnata in alcuni processi a Berlusconi); «Inchino MI» (Giovanna Ichino, pm a Milano); «Carnevali MI» (Corrado, procuratore aggiunto); «D’Ambrosio MI» (Gerardo, procuratore capo); «Colombo MI» (Gherardo, pm anticorruzione, anche lui impegnato nei processi a Berlusconi e Previti).

L’elenco numero 2 è composto da otto nomi, alcuni ripetuti dal precedente: «Visco» (Vincenzo, ministro delle Finanze uscente del governo Prodi); «Scernicola» (Giovanni Sernicola, segretario particolare di Visco); «Veltri» (Elio Veltri, deputato uscente dell’Italia dei valori, già socialista lombardiano e poi dipietrista della prima ora, autore di vari saggi su Craxi e poi su Berlusconi e sugli «inciuci» del centrosinistra); «Arlacchi»; «on. Brutti»; «Bruti Liberati»; «Flores d’Arcais»; «Leoluca Orlando» (ex Dc, fondatore della Rete, già sindaco di Palermo noto per il suo impegno antimafia).

L’elenco numero 3 conta cinque magistrati, di cui quattro già citati nelle prime due liste. Il titolo «Olaf Bruxelles» li indica presumibilmente come interessati all’organismo europeo antifrode o comunque in ottimi rapporti con colleghi stranieri. Infatti l’unico nome nuovo è quello del giudice anticorruzione spagnolo Baltasar Garzón Real, titolare del processo a carico di Berlusconi e Dell’Utri per le presunte irregolarità nell’affare Telecinco: «Bruti Liberati MI», «Perduca «Baldassarre Garzon MADRID».

TO»,

«Colombo

MI»,

«Bocassini

MI»,

Dopo le liste di proscrizione, che occupano le prime due pagine del dossier di via Nazionale, la terza e la quarta contengono il piano d’azione in sette punti, intitolato ancora «Aree di sensibilità». 1) Disarticolazione, graduale ma costante, del dispositivo approntato in sede politico-giudiziaria, da noto esponente, già appartenente al-


Prologo

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l’Ordine Giudiziario, che si è proposto quale ideologo e, poi, catalizzatore e garante occulto di un gruppo di appartenenti a quell’Ordine [l’allusione, probabilmente, è a Violante, nda]. I percorsi di aggregazione sono mutati nel tempo con la costituzione di un movimento trasversale che ha reso nella sostanza obsolete le tradizionali «correnti» dell’Ordine [sempre giudiziario, nda]. Tale attività implica la considerazione di alcuni personaggi, di rilievo, che in Italia ed, ora, anche all’estero rappresentano strutture di supporto, di mantenimento del consenso e di promozione delle iniziative di aggressione. 2) Disarticolazione, nei medesimi termini, delle iniziative ed attività riconducibili a soggetti – politicamente caratterizzati – che hanno, anche, ricoperto incarichi di Governo nella pregressa Legislatura e che sono da considerare organici al progetto aggressivo di cui al punto precedente. Indicatori, formali, di tale contiguità sono da considerare le persone che hanno assunto posizioni di staff in sussidio di tali personalità e/o che han rappresentato il raccordo operativo per la persecuzione dei soggetti considerati avversari politici di livello e di coloro che, comunque, venivano ritenuti alleati di questi ultimi. 3) Neutralizzazione di iniziative, politico-giudiziarie, riferite direttamente a esponenti della attuale maggioranza di Governo e/o di loro familiari (anche attraverso l’adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti). Sedi: Milano, Torino, Roma, Palermo. 4) Neutralizzazione o, al più, ridimensionamento di attività aggressive, politiche, giudiziarie, provenienti dall’estero, ma svolte in sinergia con ambiti e soggetti di cui ai precedenti punti. Paesi di interesse: Spagna, Inghilterra [i due paesi in cui Berlusconi e i suoi cari hanno guai giudiziari: Telecinco a Madrid e il caso All Iberian-David Mills a Londra, nda]. 5) Neutralizzazione di un disegno, in fase di perfezionamento concettuale e operativo, realizzato nell’ambito di organismi investigativi dell’Unione Europea, volto ad enfatizzare iniziative aggressive già in corso o promuoverne altre, anche in Paesi ulteriori dell’UE. La strategia in questione è verosimilmente volta a stimolare iniziative giudiziarie e/o di delegittimazione di esponenti di rilievo dell’attuale maggioranza di Governo al fine di promuovere interventi volti a stimolarne le dimissioni o anche proposte di empeachment [impeachment, nda]. 6) Esigenza di concettualizzare un team di soggetti di riferimento che prenda come missione prioritaria la valutazione e la diagnosi precoce di ogni iniziativa aggressiva e di studiarne e attuarne misure di neutralizzazione o di deterrenza. Al contempo, il citato team, potrebbe (in parallelo) svolgere attività di dissuasione mediante l’adozione di adeguate contromisure in Italia e all’estero.


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7) Tempistica: a) stante la verosimile possibilità che talune misure traumatiche sui singoli siano in corso di perfezionamento e che soggetti portatori di pensieri e strategie destabilizzanti, superato lo schok [choc, nda] dell’impatto del risultato elettorale, possano, riorganizzandosi, catalizzare cellule di intervento all’interno di vari organismi fortemente permeati da soggetti vicini ai partiti della passata maggioranza, è indispensabile l’avvio di ipotesi di lavoro conformi allo spirito difensivo, testè delineato debba avviare immediatamente (cioè permettere in positivo di utilizzare il gap temporale offerto dalla sospensione feriale delle attività politico-giudiziarie [allusione al fatto che, dal 30 luglio al 15 settembre, i tribunali e le procure restano aperti solo per gli atti urgenti, nda]). Peraltro ogni iniziativa in tal senso, pur potendo contare sul background e sulla convinta partecipazione di ben individuati uomini «di buona volontà», sconta una indispensabile fase di avvio e di rodaggio che deve essere quanto meno iniziata con effetto immediato. b) In questi termini una iniziale reattività è prefigurabile fin dalla prima quindicina di settembre, mentre una congrua messa a regime del sistema richiede un periodo temporale minimo di almeno sei mesi.

Detto, fatto Delirii di uno o più spioni in cerca d’autore? Nemmeno per sogno. Progetti che verranno messi in opera dal governo Berlusconi e dalla sua maggioranza – come raccomanda il dossier nell’agosto 2001 – «fin dalla prima quindicina di settembre» e nei mesi immediatamente successivi. Se la Spectre anti-Cavaliere da «disarticolare» si muove sul fronte della corruzione e dei reati finanziari, ecco subito la legge che depenalizza il falso in bilancio. Se il nemico si annida anche nelle magistrature del resto d’Europa, ecco pronta la legge che, di fatto, cestina le rogatorie internazionali. E se il nuovo governo deve guardarsi dagli «organismi investigativi dell’Unione Europea», come l’Olaf e l’Eurojust (l’organo che facilita la collaborazione tra le magistrature), ecco il sabotaggio di entrambi gli organismi, seguito dal no del governo italiano al mandato di arresto europeo. Come vedremo, il 23 novembre 2001 il governo Berlusconi blocca la nomina all’Olaf di tre magistrati italiani, Perduca (citato due volte nelle liste di via Nazionale), Mario Vaudano e Nicola Piacente, che hanno vinto un regolare concorso. L’Olaf invita i tre a insediarsi lo


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stesso, anche senza il consenso di Palazzo Chigi. Vaudano lo fa e il neoministro della Giustizia, Roberto Castelli, apre contro di lui un procedimento disciplinare. Vaudano sarà costretto a dimettersi da magistrato per lavorare all’Olaf. Sua moglie, la giudice francese Anne Crenier, scoprirà e denuncerà di essere stata spiata dal Sismi, addirittura con intrusioni nella sua posta elettronica. Il 13 marzo 2002 si replica con Eurojust: Caselli fa già parte dell’organismo embrionale della superprocura europea, Pro-Eurojust, e come tutti i colleghi rappresentanti degli altri Stati membri attende di essere riconfermato. Ma il governo Berlusconi, unico in Europa, cambia cavallo, nonostante un appello dei vertici di Eurojust che lo invitano a mantenerlo nell’incarico. Estromesso da Bruxelles e sostituito dal procuratore di Terni, Cesare Martellino (gradito – si dice – a Cesare Previti), Caselli viene nominato procuratore generale a Torino. E quando tenterà di concorrere per la Procura antimafia, il governo tornerà a sbarrargli la strada con due leggi contra personam, per escluderlo dal concorso del Csm. Fra gli altri magistrati citati nel rapporto, Boccassini e Colombo verranno perseguitati dal ministro della Giustizia con continue ispezioni e procedimenti disciplinari. E così i fratelli Mancuso. Natoli e Ingroia saranno estromessi dal pool antimafia di Palermo. E in ogni caso quasi tutti i magistrati citati saranno oggetto di «iniziative traumatiche»: tra i primi provvedimenti del governo Berlusconi c’è il taglio delle scorte alle toghe in prima linea. Il documento del Sismi denuncia poi il pericolo di «attività aggressive svolte in sinergia» tra pm italiani, spagnoli e inglesi. Anche questo delirio produrrà ben presto contromisure concrete. Il 14 dicembre 2001 il giornalista e senatore forzista Lino Jannuzzi, buon amico di Pollari, «rivela» su «Panorama» e sul «Giornale» che Ilda Boccassini s’è incontrata in un albergo di Lugano con i colleghi Carlos Castresana, Carla Del Ponte ed Elena Paciotti (eurodeputato Ds) per «incastrare Berlusconi» e «trovare il modo di arrestarlo». Naturalmente è tutto falso, ma la smentita non arriverà mai. L’estensore del piano vanta ottime fonti. In un passaggio, fa esplicito riferimento a qualcuno che si è appena insediato nello staff del ministro della Giustizia. In un altro parla di un anonimo magistrato con un incarico di «supporto governativo». In un terzo cita una giornalista (senza nome) che avrebbe partecipato a Milano


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a un incontro tra pm in cui si era discusso il cambio d’imputazione in un processo alla Fininvest. Pare che l’informatissimo spione disponga di una struttura in grado di controllare le mosse della parte più attiva della magistratura. E infatti «L’espresso» scoprirà che sotto il governo Berlusconi, oltre al covo di via Nazionale, il Sismi aveva almeno altri due uffici – uno a Palermo in via Notarbartolo, l’altro a Milano in piazza Sant’Ambrogio – in cui si spiavano le inchieste delle Procure più «calde» d’Italia. Una rete informativa parallela agli stessi servizi, che non rispondeva più allo Stato, ma a pochi esponenti politici. L’ufficio di Palermo viene smantellato il 5 novembre 2003, il giorno dopo l’arresto di due marescialli della Dia e del Ros, accusati – insieme a mafiosi, imprenditori e politici del calibro del governatore Totò Cuffaro – di raccogliere notizie segrete sulle indagini in corso. Uno dei due, in una telefonata intercettata, annunciava all’altro di aver parlato con un collega del «coordinamento», il quale gli aveva spiegato «tutta la situazione, tutte le cose come stanno, tutte le notizie delle telefonate contro di me, contro di te. Come sono state fatte... da chi sono state fatte, il perché e tutta una serie di cose». I pm di Palermo si convincono che questo fantomatico coordinamento sia proprio l’ufficio di Notarbartolo e la sua chiusura, precipitosa e apparentemente immotivata, fa aumentare i sospetti. Per saperne di più, nel 2004 i magistrati ascoltano come testimone il generale Pollari, il quale cade dalle nuvole. Lui, assicura, di quell’ufficio fantasma a Palermo non ha mai saputo nulla. Invece Marco Mancini, il direttore della Prima divisione del Sismi (addetta al controspionaggio, alla criminalità organizzata e al terrorismo), racconta alla Procura che in via Notarbartolo il Sismi aveva aperto un «ufficio antenna» per il controspionaggio economico e per controllare la Libia. Possibile che Pollari non ne sapesse niente? L’ufficio di Milano funziona, invece, almeno fino al maggio del 2005, quando «L’espresso» ne svela l’esistenza. Anche lì si spiava il lavoro dei magistrati impegnati nelle inchieste su Berlusconi. Nell’appartamento al pianterreno di un antico palazzo in piazza Sant’Ambrogio, utilizzato da un colonnello dei Carabinieri in servizio alla presidenza del Consiglio, si seguiva l’andamento delle indagini milanesi su Mediaset, il Cavaliere e la presunta corruzione


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dell’avvocato inglese David Mills. L’alto ufficiale aveva lavorato per anni alla Dia e si era occupato di molte indagini delicate: a partire da quelle sui rapporti tra la Fininvest, Dell’Utri e la mafia. In particolare aveva gestito il pentito Gioacchino Pennino, un medico massone e mafioso, un tempo ai vertici della Dc siciliana: l’unico pentito del processo Dell’Utri a ritrattare le accuse contro il braccio destro del premier. Nell’autunno 2004 il colonnello scopre che i pm di Milano discutono con il Serious Fraud Office inglese se chiedere l’arresto per corruzione dell’avvocato Mills. Una notizia segretissima, nota in quel momento soltanto a una ristretta cerchia di investigatori milanesi e londinesi che si scambiano documenti, telefonate ed email sulle modalità da seguire per l’eventuale cattura del professionista inglese. La questione è politicamente esplosiva: da una parte coinvolge il presidente del Consiglio italiano, dall’altra la famiglia di un esponente di primo piano del governo inglese (Mills è sposato con il ministro della Cultura dell’esecutivo di Tony Blair). E i pm sono convinti che nessuno sappia nulla. Invece gli uomini della rete di piazza Sant’Ambrogio sanno tutto. Che uso fa il colonnello di un’informazione così delicata? Non si sa. È un fatto però che, pochi mesi dopo, passa a lavorare alle dipendenze della presidenza del Consiglio. Cioè di Berlusconi. E anche suo figlio, agente del Sismi, fa carriera: inizialmente si occupa della sicurezza delle comunicazioni cifrate tra le ambasciate, poi viene promosso al controspionaggio. Del resto già nel 2001 il documento di via Nazionale, sotto il titolo «Sicurezza del Palazzo», raccomandava una profonda ristrutturazione dello staff di Palazzo Chigi: È necessario pensare alla costituzione di un dispositivo «fiduciario» limitato a poche persone da inserire in ambiti diversi delle strutture. Tali soggetti non dovranno ovviamente costituire un corpo a parte, ma dovranno essere formalmente integrati nelle varie articolazioni. In tale modo sarà disponibile un apparato di sensori e di cartine di tornasole utile a prevenire e, se nel caso, a reprimere (potendoli conoscere) eventuali atteggiamenti impropri posti in essere da taluni appartenenti alla struttura.

Un altro appunto manoscritto, intitolato «Attività di tutela di eminenti personalità di governo», spiegava il da farsi per proteggere l’esecutivo:


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A) Al livello interno. 1) Nei rapporti con le istituzioni: – Valutazione costante degli «atteggiamenti impropri» propalati, adottati o adottandi, da Organi o persone, da attivarsi secondo programmi preventivamente illustrati all’Autorità o su sue specifiche indicazioni. – Monitoraggio dei settori «notoriamente sensibili». – Studio di fattibilità di eventuali ipotesi di lavoro volte a «neutralizzare iniziative improprie». – Attivazione di procedure indicate dall’Autorità di volta in volta interessata. 2) A livello di Organi diversi dalle Istituzioni. – Attività di «monitoraggio costante» di ogni iniziativa o ipotesi di iniziativa volta a incidere sul regolare funzionamento, sul corretto esercizio e sulla credibilità di organi e/o soggetti di Governo. – Approfondimento cognitivo di situazioni di minaccia riferite ad aree sensibili, di cui si è attinta autonoma notizia o per cui sono richieste adeguate attività. – Valutazione delle «prospettive di rischio» e conseguente studio di fattibilità degli atteggiamenti e dei provvedimenti da assumere. – Valutazione, a livello di intelligence economica, delle fonti, delle notizie, degli indirizzi e delle prospettive di interesse, desunte dal programma di Governo, o, di volta in volta, indicate dall’Autorità [quest’ultima voce appare nell’appunto relativo al «Supporto di sicurezza generale», nda].

La storia si ripete Ora, che i servizi o parti «deviate» di essi, per obbedire (o compiacere) a questo o quel governo, abbiano sempre tenuto d’occhio i settori più indipendenti e attivi della magistratura, del giornalismo, dell’imprenditoria e della politica, è storia vecchia. Nel libro Mani Pulite abbiamo visto come, nel 1996, il Copaco dovette occuparsi della fantomatica «fonte Achille» del Sisde, che fin dall’inizio di Mani Pulite raccoglieva dossier sui pm milanesi. «La raccolta di materiale informativo comincia tra la primavera e l’estate del 1992, quando appare chiaro che le inchieste non si fermano dopo i primi arresti», si legge nella relazione del 6 marzo 1996, che denunciava manovre da più parti per intromettersi nelle indagini, conoscere il loro svolgimento, acquisire in tempo reale informazioni riservate su atti giudiziari che dovevano essere ancora compiuti, esercitare un controllo


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illegittimo sui singoli magistrati e sulla loro vita, costruire dossier che servivano a delegittimarli.

Il Copaco parlava poi di altri dossier raccolti da uomini della Guardia di finanza: Note informative sui magistrati (tra i quali il dr. Di Pietro, il dr. Colombo e altri), sulla loro vita, sulle indagini, sui rapporti dell’uno o dell’altro con i colleghi e con individuati elementi della Polizia giudiziaria.

Fascicoli a disposizione anche di Bettino Craxi (il Copaco parlava di «sinergia informativa»), sequestrati nel luglio ’95 dalla Digos in un ufficio di via Boezio a Roma: «Una serie cospicua di schede informative, idonee a gettare sospetti infamanti e a demolire l’immagine del dr. Di Pietro». E poi rapporti anonimi sui pm milanesi Dell’Osso, Colombo, Davigo, Di Maggio e Borrelli. E ancora gli appunti di Craxi che, dalla latitanza, dava la linea ai politici amici: Il caso Di Pietro deve diventare un caso simbolo: bisogna andare a fondo dato che ne esistono tutte le condizioni. Il crollo del mito determina conseguenze a catena [...]. Ci sono obiettivi essenziali: il pool milanese innanzitutto. Sono magistrati che hanno usato strumentalmente il potere giudiziario [...]. Bisognerebbe avere il coraggio di chiederne l’arresto, magari prima che lo chiedano loro. Non se ne farà nulla, ma lo scontro di fronte al Paese sarà portato a un livello alto e forte. Insomma, attaccare e non difendersi perché i mezzi di sola difesa sono insufficienti. Bisogna denunciare i guasti della «rivoluzione giudiziaria» [...]. Occorre usare la forza parlamentare con tutti i mezzi possibili, ivi compresa la richiesta di clamorose inchieste e denunce contro abusi di potere [...]. Denunciare con forza la criminalizzazione delle regioni meridionali condannate a uno stato di crisi endemica... trattate come se fossero una specie di Far West senza pionieri, in balìa di magistrati, sceriffi e militari. Inchiesta parlamentare sui suicidi. Sulle intercettazioni telefoniche [...]; sul deputato Violante e i suoi rapporti con la magistratura (solo dai tabulati Telecom Italia si possono trarre risultati miracolosi).

All’epoca parevano farneticazioni di un uomo disperato. In realtà erano un modus operandi, una filosofia di vita destinata a sopravvivere e ad affinarsi, fino a diventare metodo di governo. E infatti dall’archivio di via Nazionale saltano fuori documenti, analisi e spiate, questa volta certamente indirizzati da Pompa a Pollari (lo si evince dall’intestazione), che nulla hanno a che fare con le


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finalità istituzionali del Sismi, ma che possono invece interessare, e molto, chi sta al governo. In un «appunto al Direttore», datato 3 agosto 2002, si legge: Dallo studio preliminare delle ultime attività di Medel [organizzazione europea che raccoglie giuristi e magistrati, nda] e soprattutto dal suo principale sostegno italiano (Magistratura democratica) emerge quanto segue: 1) Settori di attività: a) impegno per la garanzia dello status di magistrato; b) opposizione a legislazione speciale sul terrorismo, che affiderebbe maggiori poteri all’autorità di Polizia ai danni della magistratura; c) opposizione a politiche e legislazione restrittive in materia di immigrazione. 2) Principali contatti in Italia: a) Gruppo Abele; Arci; Associazione di promozione sociale; Centro di iniziativa per l’Europa del Piemonte; Associazione di studi giuridici sull’Immigrazione; Agenzia testimoni di Ge-Nova; Associazione «Carta». Allegato: per quanto riguarda i progetti specifici promossi da enti e associazioni «non profit», benché non sia esplicito alcun legame con Medel, può essere interessante approfondire la natura e i contenuti del «progetto Melting pot» promosso da «Sherwood Comunicazione e Comune di Venezia». I redattori sono: avv. Marco Paggi; Rosanna Marcato; Cris Tommesani; Gianfranco Bonesso; Milena Zappon; Barbara Barbieri; Claudio Calia; Jelena Momcilovic; Nait Salah Mourad; Leen Elen; Vojsava Zagali; Jonas Chinedu Okonkwo; Graziano Sanavia.

Cinque mesi dopo, il 13 febbraio 2002, sul tavolo del direttore del Sismi arriva un’analisi sulle difficoltà politiche che potrebbe incontrare «la Commissione di inchiesta su Tangentopoli», invocata a gran voce da tutto il centrodestra e parte del centrosinistra: Presso ambiti qualificati si è appreso che, ben prima dell’istituzione della Commissione di inchiesta su Tangentopoli, il movimento dei «giuristi» democratici militanti avrebbe verosimilmente predisposto una strategia di contrasto sia a livello nazionale che internazionale. I giuristi si sarebbero avvalsi, da un lato, del supporto delle componenti politiche, mediatiche e antagoniste a essi contigui o organici, dall’altro del network internazionale facente capo a Medel. Nello specifico è stato riferito di incontri e contatti riservati intercorsi nei giorni immediatamente successivi al varo della Commissione tra Bruti Liberati, Livio Pepino, Ignazio Patrone, Giovanni Salvi, Cesare Salvi, Sergio Cofferati, il segretario del Fnsi Paolo Serventi Longhi. In tale contesto, sarebbero emersi i seguenti orientamenti: adottare forme di pressione sul


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Presidente della Repubblica strumentalizzando anche una presunta volontà da parte del Governo di porlo in difficoltà attraverso il caso Telekom Serbia. [...] appoggiare strenuamente il disegno, che farebbe capo al fronte antiriformista e al movimento venutosi a costituire intorno a Cofferati, teso a boicottare l’attività di Governo in attesa di eventuali esiti negativi delle vicende giudiziarie del Premier.

Ossessionati dall’inesistente complotto internazionale anti-premier, gli uomini di Pollari cercano anche di individuare i canali attraverso i quali l’internazionale dei cospiratori comunica. In base alle carte sequestrate al Sismi, il Csm denuncerà che il servizio segreto ha «controllato», oltre a mezza Procura di Milano, 10 consiglieri (o ex) del Csm, 2 ex presidenti dell’Anm e 203 giudici di dodici Paesi europei (di cui quarantasette italiani). Uno dei casi più clamorosi è quello del giudice francese Emmanuel Barbe. Dice di lui il dossier del Sismi: Secondo talune indicazioni, il magistrato di collegamento presso il ministero di Grazia e Giustizia, Emmanuel Barbe risulterebbe da tempo in stretti rapporti con diversi esponenti di Medel [...]. Sembrerebbe che Barbe abbia avuto modo di diventare un profondo conoscitore delle vicende politiche e giudiziarie riguardanti il nostro Paese sulla scorta di frequentazioni e di legami, agevolati dalla stessa Medel, con Luciano Violante, Antonio Di Pietro, Gian Carlo Caselli, Ignazio Patrone, Edmondo Bruti Liberati, Alessandro Perduca, Livio Pepino, Claudio Castelli, Maria Giuliana Civinini, Giovanni Salvi, Luigi Marini [...]. Fonte di buona affidabilità ha riferito in merito al previsto incontro tra l’esponente del movimento Batasuna, Joseba Alvarez, e il magistrato del tribunale di Roma Domenico Gallo, membro di Medel. Tale incontro dovrebbe svolgersi nella serata del 28 aprile a margine di un’assemblea fissata per le 17.30 sulla situazione nei Paesi Baschi, organizzata dal Centro sociale Intifada, via di Casalbruciato 15, Roma. In particolare, è stato riferito che il magistrato in questione risulterebbe contiguo ad ambienti della sinistra eversiva sia a livello nazionale che internazionale e segnatamente con i CARC, l’Eta basca, il movimento bolivariano di Evo Morales, l’EZLN del Subcomandante Marcos e con le FARC colombiane. Su tale versante, egli fungerebbe inoltre da collegamento con esponenti politici, sindacali e della magistratura, tra cui: Sergio Cofferati, Nunzia Penelope (giornalista), Cesare Salvi, Giovanni Salvi, Papi Bronzini (Md), Ignazio Patrone (Medel), Edmondo Bruti Liberati (Md), Laura Curcio (Md), Amelia Torrice (Md), Amedeo


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Santosuosso (Md), Paolo Mancuso (Md), Giacinto Bisogni (Md), Letizio Magliaro (Md), Gianni Palombarini (Md), Marco Paternello (Md), Mario Vaudano (Md).

Telekom e Mitrokhin «Logico» quindi che il Sismi si occupi anche di politica e soprattutto della commissione Telekom Serbia, come vedremo montata ad arte intorno alle calunnie di Igor Marini, un ex addetto alle pulizie del mercato ortofrutticolo di Brescia fatto assurgere al rango di gola profonda. In un appunto del 26 luglio 2002 rinvenuto nell’ufficio di Pompa e intitolato «Situazione politica e alcuni suoi possibili risvolti», si legge: Trasmetto per le valutazioni di interesse. A disposizione per ogni ulteriore chiarimento, mi è gradita l’occasione per porgerLe cordiali saluti. Ambiti bene informati hanno fornito indicazioni inerenti il significato e le motivazioni che, verosimilmente, sarebbero sottesi al recente messaggio alle Camere da parte del capo dello Stato. Motivazioni e significato rappresenterebbero l’esito di una serie di incontri e contatti intercorsi tra il Segretario generale del Quirinale, dr. Gaetano Gifuni, e i leader Ds, Piero Fassino e Massimo D’Alema. Tali incontri, sollecitati fortemente anche da Lamberto Dini, avrebbero avuto come finalità la definizione di una strategia tesa a tutelare il Presidente della Repubblica e alcuni uomini politici dalle vicende che potrebbe assumere la vicenda Telekom Serbia. Nell’ambito della suddetta strategia, il messaggio alle Camere, in realtà, avrebbe perseguito lo scopo di dare un preciso segnale sullo scontro politico e istituzionale che verrebbe a determinarsi qualora la Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom Serbia dovesse orientarsi per una chiamata in causa del capo dello Stato, all’epoca ministro del Tesoro, unitamente a determinati esponenti del governo e della maggioranza di quel periodo. In particolare, l’intervento sul pluralismo dell’informazione, contenente l’auspicio di estendere le prerogative della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai alle reti private, costituirebbe l’anticamera di una ancora più decisa forma di pressione da attuarsi tramite lo sbarramento dell’opposizione e l’alea del rinvio alle Camere della legge sul conflitto di interessi.

Dal documento si evince che il Sismi spiava addirittura il Quirinale, monitorando i colloqui del braccio destro di Ciampi e attribuendo poi agli atti del capo dello Stato – che si presumeva ricatta-


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to nel caso Telekom Serbia – finalità di ritorsione o di estorsione nei confronti dell’opposizione. Un quadro che riporta il Paese ai tempi bui dei dossier del Sifar. Ovviamente Pompa si occupa anche della commissione Mitrokhin, l’organismo parlamentare dove il millantatore Mario Scaramella, consulente dell’ufficio di presidenza legato alla Cia e al Sismi, fabbrica bufale contro alcuni esponenti dell’opposizione e addirittura contro il presidente della Commissione europea Romano Prodi. Da ex iscritto al Pci ed ex sindacalista, Pompa conserva molti buoni contatti nella sinistra. E così «rivende» al suo capo qualunque pettegolezzo riesca a raccogliere. Il 6 giugno 2002 scrive: Fonte vicina ad ambienti dell’opposizione ha informato che esponenti di spicco dei Ds, appartenenti all’area cui fa ancora capo la leadership del partito, avrebbero manifestato l’intenzione di non voler ostacolare l’accertamento, da parte della Commissione, dell’eventuale coinvolgimento di determinati uomini politici della sinistra. Ciò al fine di indebolire l’asse venutosi a costituire tra la parte più ortodossa del partito, la Cgil e il suo leader, Rifondazione comunista, Comunisti italiani e l’area movimentista ricomprendente i no global e le frange più estreme dell’antagonismo. L’obiettivo sarebbe quello di ricostituire una forte sinistra, cosiddetta di Governo, in grado di ricompattare l’opposizione e mantenerne la guida su basi programmatiche.

Parte di questo materiale verrà utilizzato mediaticamente. In qualche caso Pompa passa le veline e i relativi veleni a giornalisti amici, che le pubblicano, anzi le fotocopiano, sui loro quotidiani. Emblematico il caso di Eric Jozsef, corrispondente a Roma di «Libération», che verrà impallinato da «Libero», il giornale vicediretto da Renato Farina, con toni e contenuti molto simili a un «appunto per il direttore (cioè per Pollari) trasmesso nel gennaio del 2003» e intitolato «Attacchi contro il presidente del Consiglio alla vigilia del semestre italiano» (di presidenza Ue). Si è avuta notizia che, sui recenti attacchi portati da alcune testate giornalistiche, avrebbero essenzialmente interagito: il nutrito gruppo di giornalisti e «giuristi» militanti raccolto intorno alla «Voce della Campania» diretta da Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola; Michele Santoro; Giuseppe Giulietti; Paolo Serventi Longhi; Ignazio Patrone; Sandro Ruotolo e Giulietto Chiesa; il presidente della stampa estera in Italia Eric Jozsef, corrispondente del giornale francese «Libération», autore


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di durissimi articoli contro il governo italiano ripresi e diffusi ad opera del magistrato belga Marie Anne Swartenbroeks. Quanto poi al ruolo mediatico esercitato dalla «Voce della Campania» esso risulterebbe caratterizzato dalle forti connessioni stabilite con ambienti dei cosiddetti «giuristi militanti», dal rappresentare una delle principali componenti del complesso circuito telematico facente congiuntamente capo ai siti «Centomovimenti» e «Manipulite.it» [nati al fianco dei Girotondi, nda] che alimenta il processo di delegittimazione del premier. Prestigiosi opinionisti [sic] hanno scritto negli ultimi anni per la «Voce». Tra questi, «Percy Allum», cittadino inglese il cui nome sarebbe Antony Peter Allum, che, oltre ad essere punto di riferimento di alcuni corrispondenti come quelli del «Guardian», dell’«Economist» e del «Financial Times», godrebbe di solidi legami (in ciò agevolato dall’essere docente presso l’Orientale di Napoli) con ambiti del fondamentalismo islamico napoletano, fungendo anche da collegamento con quelli attivi in Gran Bretagna.

Tra i vari giornalisti spiati o «monitorati» dalle barbe finte, spuntano anche l’allora direttore dell’«Unità» Furio Colombo (puntualmente silurato nel 2005) e tutti e tre gli autori di questo libro. Disarticolare, spiare, calunniare magistrati, giornalisti e intellettuali scomodi per il governo. Questo si progettava e si faceva negli uffici del Sismi, mentre Berlusconi sedeva a Palazzo Chigi. Per cinque lunghi, interminabili anni.



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