Colonia italia

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principio attivo Inchieste e reportage

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“L’Italia è l’obiettivo primario delle nostre nuove strategie propagandistiche.” Nota dell’Information Research Department (Ird), 3 marzo 1948.

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Mani bucate

“Il metodo principale da noi adottato consiste nel fornire del materiale concreto alle personalità chiave che operano nei quotidiani, nei sindacati e nei partiti politici, affinché queste utilizzino autonomamente tali informazioni, senza però rivelare che la fonte è britannica.” Memorandum dell’Ird, 14 ottobre 1949.

pretesto 2 f pagina 297

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“L’uomo medio italiano desidera solo starsene al sole e guadagnare abbastanza da permettersi un piatto di spaghetti e del vino. Chiunque gli prometta pace, si guadagna subito la sua simpatia.” Sir Victor Mallet, ambasciatore britannico a Roma, 13 marzo 1950.

“In molte parti del mondo, la minaccia dell’Eni si sviluppa nell’infondere una sfiducia latente nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali [...] a scapito degli investimenti e degli scambi delle imprese britanniche.” Rapporto del ministero dell’Energia britannico, 15 agosto 1962.

pretesto 3 f pagine 120, 220

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Mani bucate

“Occorre cercare la cooperazione dei singoli individui e delle organizzazioni che si oppongono all’influenza del Pci.” Kenneth J. Simpson, Ird, 31 marzo 1967.

“Nutriamo ora un rinnovato interesse verso gli studenti estremisti e le organizzazioni studentesche.” Nigel D. Clive, Ird, 18 giugno 1968.

pretesto 4 f pagina 267

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“Le armi da noi fornite hanno ormai un effetto pari a quello prodotto da una pallina di ping pong scagliata contro Golia. Se vogliamo raggiungere qualche risultato, dobbiamo usare altri metodi, e sta a noi architettarli.” Colin MacLaren, alto funzionario dell’Ird, a proposito delle future strategie di propaganda occulta da attuare in Italia, gennaio 1969. Quali? La pagina è oscurata.

pretesto 5 f pagina 251

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Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano isbn 978-88-6190-287-9 Prima edizione: ottobre 2015 www.chiarelettere.it blog / interviste / libri in uscita

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Mario JosĂŠ Cereghino Giovanni Fasanella

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Mario José Cereghino è un esperto di archivi anglosassoni. Ha pubblicato L’Italia della Shoah (Editoriale Fvg, Trieste-Udine 2008), Trieste e il confine orientale tra guerra e dopoguerra 1941-1954 (4 volumi, Editoriale Fvg, Trieste-Udine 2008), La lista di Eichmann (Feltrinelli, Milano 2013), Mayerling (Mgs Press, Trieste 2013), Tito spiato dagli inglesi (Mgs Press, Trieste 2014), in collaborazione con lo storico e giornalista Fabio Amodeo. Ha poi scritto Tango Connection (Bompiani, Milano 2007), Lupara nera (Bompiani, Milano 2009), La scomparsa di Salvatore Giuliano (Bompiani, Milano 2013), Operazione Husky (Castelvecchi, Roma 2013), in collaborazione con lo storico Giuseppe Casarrubea. Cereghino ha inoltre pubblicato Che Guevara Top Secret (Bompiani, Milano 2006), con il giornalista e scrittore Vincenzo Vasile, e ha realizzato la ricerca d’archivio e le note (con Giuseppe Casarrubea) per il volume antologico La Santissima Trinità. Mafia, Vaticano e servizi segreti all’assalto dell’Italia 1943-1947 (Bompiani, Milano 2011), a cura dello storico Nicola Tranfaglia. Giovanni Fasanella, giornalista (è stato notista politico de «l’Unità» e poi quirinalista e cronista parlamentare di «Panorama») e documentarista, si occupa da anni della ricostruzione del «non detto» della storia italiana dal Risorgimento a oggi, a cui ha dedicato molti libri. Fra i titoli di maggior successo, Segreto di Stato (con Giovanni Pellegrino, Einaudi, Torino 2000), Che cosa sono le Br (con Alberto Franceschini, Bur-Rcs, Milano 2005), 1861. La storia del Risorgimento che non c’è sui libri di storia (con Antonella Grippo, Sperling&Kupfer, Milano 2010), 1915. Il fronte segreto dell’intelligence. La storia della Grande guerra che non c’è sui libri di storia (con Antonella Grippo, Sperling&Kupfer, Milano 2014). Per Chiarelettere ha scritto Intrigo internazionale. Perché la guerra in Italia, le verità che non si sono mai potute dire (con Rosario Priore, 2010), Il golpe inglese. Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e dell’Italia (con Mario José Cereghino, 2011) e Una lunga trattativa. Stato-Mafia: dall’Italia unita alla Seconda repubblica. La verità che la magistratura non può accertare (2013). Il suo blog: www.fasaleaks.it.

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Sommario

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Una storia ancora in corso 5 – La stampa italiana al servizio di Sua Maestà 6 – L’Ird e i suoi «clienti» 9

Il «Corriere» di Albertini e la macchina d’influenza del giornale-partito

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Mario Borsa: l’uomo giusto al momento giusto 11 – Luigi Albertini, l’allievo di Moberly Bell 15 – Barzini Senior, il «giornalista viaggiante» 22 – Inviato «speciale» in Russia e Argentina 27 – Albertini e il «partito della guerra». A fianco degli inglesi 32 – La guerra per il petrolio 35 – Albertini e l’ascesa del «Lord protettore»: Mussolini 39 – La repressione 48

La propaganda, la guerra psicologica e la costruzione di una «rete anglo-italiana genuina e influente»

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Lo «scomodo» Mario Pettinati e la stampa filoalleata 56 – «Coltivate Luigi Barzini Junior» 59 – Lo scontro Barzini-Mussolini 61 – Giangiacomo Feltrinelli e la «soffiata» contro Junior 63 – Il fermo di «Cocò» l’intoccabile 64 – L’impossibile missione del genero di Guglielmo Marconi 66 – E Churchill ordinò: «Contro l’Italia, ogni stratagemma propagandistico e sovversivo» 69 – I memorandum contro il duce 72 – Il Soe e la bassa stima per i meridionali 74 – Ruggero Orlando il «consulente» e Umberto Calosso il «coordinatore» 77 – Rusca e il «suo» Touring club: due buoni alleati inglesi 78 – «Gli italiani non sono smidollati, ma teste calde» 81 – Lo Psychological Warfare Branch 84 – Il «fascismo buono» imposto da Londra 88 – Le nuove testate filoinglesi, Renato Mieli e Benedetto Croce 90 – Le mani sulla Rai e il pericolo comunista 93 – Londra vuole l’Ansa 96 – Bernard Berenson e il «british way of life» 102 – Nasce il «Corriere Lombardo» 107

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«Influenzare gli italiani tramite i mezzi di comunicazione di massa»

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«Se i comunisti vincono le elezioni, servirà una nuova guerra mondiale» 112 – «Gli italiani vogliono vino e spaghetti e sognano Hollywood» 116 – L’«Operazione Packet» e la preoccupazione britannica: «Impedire agli americani di fare danni» 121 – Il Rapporto Drogheda 131 – I cenacoli di Villa Idania e Palazzo Caetani 144 – Carlo Caracciolo, «l’editore fortunato» 158

Propaganda occulta, macchina del fango, «black operations»

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«Trovare un modo per far capire agli italiani quanto ci disturbano» 168 – Lo scandalo Montesi e il caso Guareschi-De Gasperi 172 – «Signor X» e «Signor Y» 180 – Trovate Bonham Carter 183 – La lunga mano dei gesuiti 190 – L’Ird e i servizi segreti di Pio XII 195 – «Grey» e «black operations» 200 – Suez 1956 202 – Montanelli contro Mattei 208 – Il corsaro del petrolio 215

Verso il declino dell’Impero di Sua Maestà

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Italia «enfant terrible» 223 – Il convegno di Parco dei Principi 229 – La fonte «Dracula» 234 – Il flirt tra Italia e indipendentismo arabo 236 – La Libia fuori controllo 240 – L’Italia disobbedisce 250 – «The Observer» e piazza Fontana, una strage annunciata 253 – «The Observer» e il «retrobottega» della Feltrinelli 258 – Mister Cairncross 261 – Il caso Pasternak 263 – «Altri metodi» per arginare il crollo 266 – Gheddafi, Moro e il punto di non ritorno 274 – Luigi Cavallo, l’uomo invisibile 281 – Iiss 284 – Il Ceses del «capitano Meryll» 286 – «Sostegno a una diversa azione sovversiva» 288

I documenti di Kew Gardens I. Personalità italiane presenti nella lista inglese del 12 giugno 1940

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II. Agenti e collaboratori dello Special Operations Executive (Soe) negli anni della Seconda guerra mondiale

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III. Giornalisti, scrittori, giuristi, filosofi, storici, editori, docenti universitari

346

IV. I gruppi della sinistra extraparlamentare e le loro pubblicazioni in Italia (1973)

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Fonti archivistiche

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Indice dei nomi

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Avvertenza In appendice vengono riportati i nomi di centinaia di italiani in contatto con i ministeri e gli uffici governativi del Regno Unito tra gli anni Qua­ ranta e Settanta del Novecento. La fonte è il Public Record Office di Kew Gardens. La casa editrice e gli autori non hanno alcun intento accusatorio verso le persone citate. La pubblicazione degli elenchi ha il solo scopo di esporre com’era (e forse com’è) articolata e diffusa la macchina d’influenza britannica in Italia.

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«Io non mi meraviglierei [...] se un giorno si scoprisse che anche spezzoni di servizi di paesi alleati [...] avessero potuto avere interesse a mantenere alta la tensione in Italia. [...] E quindi a tenere basso il profilo geopolitico del nostro paese.» Francesco Cossiga, ministro dell’Interno all’epoca del caso Moro e poi presidente della Repubblica, in un’intervista concessa alla rivista «Limes».

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Una storia ancora in corso Attraverso fatti di un altro secolo, il Novecento, poi nemmeno tanto lontano a pensarci bene, vedrete materializzarsi pagina dopo pagina una realtà che appartiene ancora all’oggi. Una storia antica ma di stringente attualità, si potrebbe dire con un paradosso. Ciclicamente, qualcuno denuncia la propensione al servilismo della stampa italiana, la sua predisposizione quasi genetica a ossequiare ogni forma di potere. E che a porre il problema spesso siano proprio coloro che nei giornali ci lavorano, è sicuramente un bene, il segno di una qualche residua capacità di reazione di fronte a una realtà che, per certi aspetti, si configura ormai come una vera e propria emergenza democratica. La denuncia è utile e necessaria. Se si limita però a fotografare una patologia, senza offrire anche un’analisi delle cause che l’hanno determinata, non aiuta a formare una coscienza e a radicarla nell’opinione pubblica, ma crea soltanto stati d’animo effimeri, destinati a dissolversi al primo cambiamento di vento. Purtroppo, l’approccio alle «anomalie italiane» è condizionato da un vizio a cui non è estraneo proprio il modo di essere dell’informazione e, più in generale, dell’intellighenzia del nostro paese: la tendenza a operare sistematicamente una cesura tra il presente e il passato. Un taglio netto di memoria che crea un vuoto di esperienza e quindi impedisce di capire come e perché si sono sviluppate certe degenerazioni. La conseguenza è che annaspiamo continuamente nelle difficoltà senza

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sapere come superarle. È così quando si toccano, per esem­ pio, bubboni come mafia e malaffare, terrorismo e violenza politica. A maggior ragione, quando sul banco degli imputati finiscono l’informazione e l’industria culturale. Affrontare il passato non è facile, perché costringe a fare i conti anche con se stessi. Siamo così perché ci ha modellati una storia. E la storia dalla quale veniamo, purtroppo, ha collocato l’Italia su frontiere bollenti, lungo le quali si sono combattute le guerre più aspre del Novecento. Conflitti ideologici, geo­ politici e militari (e oggi persino emergenze umanitarie, conse­ guenze dirette di quei conflitti) che hanno determinato fratture drammatiche anche all’interno del nostro paese, spaccandone in due il tessuto politico, sociale e civile. L’informazione e l’in­ dustria culturale, da quando si sono evolute in strumenti della comunicazione di massa capaci di formare un’opinione pub­ blica e di orientarla, non sono mai state neutrali. Anzi, sono sempre state fazioni combattenti di queste guerre, partigiani e militanti che hanno imbracciato le armi del proprio mestiere e le hanno messe al servizio di una causa a volte buona, a volte pessima. In molti casi per motivi ideali e convinzioni politiche, spesso per semplice opportunismo e biechi interessi personali, giornalisti e intellettuali, il fior fiore dell’intellighenzia italiana, hanno accettato di scendere a compromessi con i poteri rinun­ ciando, quand’era il caso, anche alla propria indipendenza. Poteri, al plurale. Perché erano (sono) tanti e diversi: gruppi economico-finanziari, partiti politici, logge massoniche, ser­ vizi d’intelligence, circoli diplomatici. Poteri interni, ma a loro volta collegati a centrali occulte di potenze straniere, da cui dipendevano direttamente o erano influenzati. La stampa italiana al servizio di Sua Maestà Questo libro non ha la pretesa di ricostruire l’intero contesto di quei conflitti. Si sofferma piuttosto su una delle tante guerre che hanno condizionato la crescita del nostro paese. Quella tra

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l’Italia e la Gran Bretagna per il controllo del Mediterraneo e delle rotte petrolifere verso il Nord Africa e il Medio Oriente. Una guerra segreta, perché combattuta con mezzi non conven­ zionali tra nazioni amiche e, per una lunga fase della loro storia, persino alleate. Invisibile e impercettibile, ma non meno dura delle altre. E nella quale la stampa, la radio, la televisione, l’in­ dustria editoriale e dello spettacolo hanno avuto un ruolo pre­ ponderante. Proprio questo specifico aspetto affronta il libro: il controllo occulto sulla nostra informazione da parte dell’intel­ ligence e della diplomazia britanniche, con l’obiettivo di orien­ tare e manipolare l’opinione pubblica, le linee politiche dei par­ titi e le scelte dei governi in funzione degli interessi strategici del Regno Unito. Chi ha già letto Il golpe inglese, pubblicato nel 2011 sempre da Chiarelettere, sa già quanta importanza abbia avuto l’Inghilterra nelle vicende interne italiane (e quanta ne abbia ancora oggi). In alcune fasi, addirittura più degli stessi Stati Uniti d’America. Attraverso questo libro, che è il naturale sviluppo del precedente, ora si comprenderà con quali metodi è stata esercitata l’influenza di Londra. E che mentre gli Usa erano impegnati prevalentemente nella lotta al comunismo, la Gran Bretagna ha combattuto anche contro l’Italia. Il dominio della propaganda occulta inglese adesso è un fatto provato. Grazie agli stessi britannici che, a differenza di molti altri paesi, il nostro compreso, hanno messo a disposi­ zione degli studiosi un’infinità di documenti sulle loro attività segrete nei cinque continenti, decennio dopo decennio. E gra­ zie pure a un lavoro di meticolosa ricerca d’archivio durato ben sei anni, che ci ha consentito di portare alla luce le relazioni tra i giornalisti, gli intellettuali, gli editori e i centri di influenza del Regno Unito. Si tratta di personalità anche di grande statura intellettuale e di specchiata moralità, come vedrete. I nomi di molti di loro compaiono in decine e decine di fascicoli ai quali è stato tolto il segreto, cartelle custodite negli scaffali del Public Record Office di Kew Gardens, nei pressi di Londra. Allo stato della nostra indagine, è difficile stabilire con precisione quale fosse l’effettivo grado di coinvolgimento individuale. E per­

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sino di consapevolezza: è probabile che alcuni non fossero nemmeno al corrente della fonte dei materiali che ricevevano. In ogni modo, nell’arco di tempo da noi preso in considerazione, che va dai primi del Novecento alla fine degli anni Settanta, il panorama dell’informazione e dell’intellighenzia che gravitava nell’orbita anglofila era davvero sterminato. E, va aggiunto, sicuramente incompleto. Al di là dei nomi, ciò che più interessa è l’esistenza di una poderosa macchina occulta d’influenza britannica. E che questo apparato, paragonabile soltanto a quelli della Germania nazista e della Russia sovietica, oggi sia portato per la prima volta a conoscenza dell’opinione pubblica italiana. Anche se spetta alla storia emettere giudizi, non agli autori di questo libro, i quali si sono limitati a svolgere il lavoro dei ricercatori e dei giornalisti. Il Regno Unito ha sempre guardato alla nostra penisola – per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo – come a una postazione di fondamentale importanza per il dominio delle rotte commerciali, petrolifere e militari verso il Nord Africa, il Medio e l’Estremo Oriente, cioè le aree più sensibili e vitali dal punto di vista di Londra. Per l’Inghilterra, insomma, la conquista politico-culturale (e talvolta anche militare) dell’Italia e il condizionamento delle sue classi dirigenti attraverso i mezzi di comunicazione di massa sono sempre stati obiettivi di assoluta priorità. Le premesse indispensabili per il controllo anche di quelle aree sensibili, da cui dipendeva la sopravvivenza stessa della Gran Bretagna come impero coloniale e potenza globale. La nostra ricostruzione si basa esclusivamente su documenti del governo, della diplomazia e dell’intelligence di Sua Maestà, anche se talvolta le carte sono messe a confronto con informazioni provenienti da altre fonti. Si tratta di rapporti confidential, secret e top secret declassificati in tempi recenti e a disposizione di giornalisti e studiosi. Dunque sono loro stessi, gli inglesi, a raccontare con dovizia di particolari l’organizzazione della macchina della propaganda occulta, le sue tecniche di manipolazione e di reclutamento, l’uso dei giornali e dei giornalisti e, di volta in volta, gli scopi da raggiungere: l’ingresso

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dell’Italia nel primo conflitto mondiale a fianco dell’Intesa anglo-russo-francese; l’ascesa di Benito Mussolini e il consolidamento del suo regime (quando faceva comodo ai governi di Londra); la lotta al fascismo (quando non faceva più comodo); il contrasto al comunismo; ma soprattutto la guerra senza quartiere a quella parte della classe dirigente italiana cosiddetta «sovranista» – i De Gasperi, i Mattei e i Moro, solo per citarne alcuni esponenti – che mal sopportava il ruolo di «protettorato» britannico e che, in nome dell’interesse nazionale italiano, «disturbava» Londra proprio nelle aree più strategiche, a cominciare da quelle petrolifere in Iran, Iraq, Egitto e Libia. L’Ird e i suoi «clienti» Nella seconda metà del Novecento, è l’Information Research Department (evoluzione naturale degli organismi di guerra psicologica attivi nei decenni precedenti) il «motore» principale della propaganda occulta attuata dai governi sia laburisti sia conservatori. Sono gli stessi funzionari del dipartimento a svelarci cosa sia e come operi dietro le quinte: «L’obiettivo primario dell’Ird è il comunismo internazionale, ma le sue attività sono dirette anche contro gli altri nemici non dichiarati della regina d’Inghilterra». Quanto all’Italia, lo scopo è usare i mezzi d’informazione per costringere il potere politico a decidere «ciò che noi vogliamo». La sua prima sede è la Carlton House Terrace, a Londra, nei pressi di Trafalgar Square. Siamo nel 1948 e l’Ird è stato appena costituito. Gli uffici si trasferiscono poi nella Riverwalk House, sul Tamigi. Nei primi anni Settanta vi lavorano oltre duecento persone, la metà delle quali si dedica agli studi e alle ricerche. Sono informazioni note, al giorno d’oggi. Del tutto sconosciuto ai più, invece, è che per quasi quarant’anni la Carlton House Terrace e la Riverwalk House hanno custodito sotto chiave decine di migliaia di personal files classificati secret e top secret. Riguardavano i «clienti» dell’Information Research

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Department in tutto il mondo, e quindi anche italiani, ma includevano pure i nominativi degli elementi «incerti» o «neu­ trali». Per non dire di quelli che costituivano una minaccia agli «interessi» della Corona. Soltanto i funzionari di rango erano autorizzati a consultare questi preziosi schedari. Sono notizie che si ricavano dall’analisi dell’enorme mole di carte conservate a Kew Gardens, nonostante quei personal files risultino ancora secretati e blindati in qualche deposito dei servizi d’intelligence di Sua Maestà. Il lettore si chiederà allora come sia stato possibile indivi­ duare i «clienti» italiani dell’Ird, così come sono esposti nell’ap­ pendice di questo volume, insieme alle categorie degli «avvici­ nati» e degli «attenzionati». La risposta è semplice: abbiamo avuto la fortuna di trovare alcuni elenchi all’interno dei fasci­ coli prodotti tra il 1949 e il 1956. Liste decisamente incom­ plete, va detto, che messe insieme costituiscono solo la classica punta dell’iceberg. Si limitano a riferire il nome e il cognome di ogni singolo «cliente», la sua professione e la città in cui viveva e lavorava. L’ingaggio era opportunamente definito sales campaign («campagna vendite») e avveniva tramite un «con­ tatto personale» con gli Information Officer e i diplomatici inglesi presenti nel nostro paese. Esisteva infine un vero e pro­ prio schedario sui «clienti» italiani (erano quasi mille a metà degli anni Settanta, nel periodo di massima tensione tra Roma e Londra). Due volte l’anno, l’ambasciata di Porta Pia lo spe­ diva in Inghilterra tramite valigia diplomatica, con i relativi aggiornamenti. E tutto fa pensare che oggi funzioni ancora così. Anzi, che la presa della propaganda occulta anglofila sulla nostra opinione pubblica sia ancora più forte di prima. Nono­ stante l’Ird sia stato ufficialmente sciolto a metà degli anni Settanta, i centri d’influenza britannica si sono moltiplicati, trovando un terreno ancora più fertile in un paese che, dalla morte di Moro in poi, ha visto franare molti argini politici, diplomatici e culturali, e ha conosciuto un progressivo impo­ verimento della propria classe dirigente a tutti i livelli, finendo per smarrire ogni nozione dell’interesse nazionale.

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