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Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: corso Sempione 2, 20154 Milano isbn 978-88-6190-851-2 Prima edizione: gennaio 2017 Realizzazione editoriale: studio pym / Milano www.chiarelettere.it blog / interviste / libri in uscita
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Franco Bernini
A ciascuno i suoi santi
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avvertenza Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
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a ciascuno i suoi santi
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Uno
Un vento freddo che viene da lontano corre tra fabbriche deserte e buie, sotto la luna piena, dove Roma non è ancora campagna. Soffia forte, s’infila tra le arcate in rovina di un antico acque dotto, schiaffeggia l’erba e i grandi pini. Scavalca una recinzione alta tre metri, sormontata da filo spi nato e telecamere, spande foglie secche lungo il piazzale subito dietro, illuminato a giorno, corre verso un massiccio edificio circolare, a tre piani. Porta il primo gelo dell’autunno in una guardiola tutta vetri, fa rabbrividire un vigilante seduto che si alza il bavero della divisa. Sbatte contro la facciata curva del fabbricato, che ferma il suo impeto e lo spacca, lo costringe a dividersi scivolando lungo le mura. Passando via, il vento fa vibrare le lastre antisfondamento delle finestre, prosegue la sua corsa. All’interno il suo fischio arriva appena. Più ci si addentra, più cresce il silenzio, che diventa assoluto nei corridoi della zona degli uffici. In uno sgabuzzino, però, c’è un rumore quasi impercettibile: il respiro nervoso di un cinquantenne corpulento, nascosto nel buio. È seduto in terra, ha le spalle poggiate contro la parete proprio accanto alla porta, che ha socchiuso per poter respirare meglio.
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A ciascuno i suoi santi
Ha voglia di accendersi una sigaretta, ma non se lo può permettere, il fumo potrebbe tradirlo. Aspira a fatica l’aria mal sana, gli manca il fiato, le mani sudano dentro i guanti, sente un’oppressione sul petto. Anche se nel buio non può vedere nulla, conosce a memoria quello che ha attorno, perché è arrivato quando c’era ancora luce e sono ore che non si muove di lì, che è stretto tra quelle pareti grezze, incastrato tra scope, spazzoloni, secchi, stracci e detersivi. Questo gli pesa più di tutto: non sopporta il chiuso da quando ha conosciuto la galera, ne sono passati di anni però certe cose non si dimenticano. Ascolta attento i rumori: una tubatura d’acqua che per qualche istante fruscia chissà dove, nessun suono di uomini. Si azzarda a far scattare l’accendino per vedere l’ora. Sono le tre e venti, è quasi tempo di agire. Spinto da una fame nervosa, insinua la mano in una borsa di cuoio che ha portato con sé. Dentro, sono rimasti soltanto un panino imbottito e due bottiglie, una vuota e una mezza piena. Deve economizzare, ma si concede un morso e un sorso, nell’inutile tentativo di placare l’inquietudine. Ha necessità di pisciare, si mette in piedi, impacciato dalla sua pesantezza, e sta per farlo dentro la bottiglia vuota quando sente lontano un rumore di passi e un borbottio indistinto: due guardie giurate, in anticipo sul giro di controllo che fanno all’incirca ogni ora. Rapido, Pietro chiude la porta, rimane in piedi: troppo rischio so tornare a sedere, non deve fare il minimo rumore. I passi dei vigilantes si avvicinano. Il pericolo gli dà il controllo di sé, l’ansia non scompare ma viene compressa dentro il petto, con una violenta, rapida, dolorosa implosione. Le guardie passano nel corridoio. Uno dei due, voce bassa e sgranata da fumatore, sta spiegando all’altro dove si trova a
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Uno
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Fiumicino una trattoria specializzata in un’eccezionale frittura di pesce che costa davvero poco. Nello sgabuzzino, Pietro pensa al cibo, gli viene l’acquolina in bocca, memorizza l’indirizzo. Anche la padrona della trattoria vale una visita, aggiunge il fumatore mentre i due si allontanano, e la descrive con dettagli rozzi ma precisi. Le voci spariscono. Prima che le guardie tornino c’è il tempo per fare tutto. Ma la tensione gli ha fatto nascere un dolore all’altezza del cuore, ripensa al padre e al nonno, morti ancora giovani d’infarto, e spera e prega che sia soltanto un fastidio intercostale. Non ha con sé l’apparecchio per misurare la pres sione, al quale ricorre ossessivamente. Cerca di sentirsi il polso, ma nell’agitazione stenta a trovarlo. I battiti sembrano accelerati soltanto un po’. Si rassicura. Ha sempre odiato gli ospedali, come le carceri, e almeno quelli finora è riuscito a evitarli. Deve andare, subito. Lo impone all’appesantito Pietro di oggi quello ventenne, agile e ladro, affondato chissà dove, ma anco ra vivo, nel corpo bolso dei cinquant’anni. Le mani spingono piano la porta, gli occhi sbirciano fuori, i polmoni respirano l’aria del corridoio: è anch’essa guasta, ma gli sembra più pura di quella dello sgabuzzino. Nell’edificio nessun rumore. Una sirena lontana, un’ambulanza forse, che sparisce presto. Lo rassicura la penombra densa che ristagna ovunque. Gli indica la via un riquadro luminoso sulla parete in fondo al corridoio, una finestra interna che si apre su un immenso deposito di merci, dove i neon sono sempre accesi. Prima di uscire, piscia in fretta, poi si cala in testa un passa montagna, perché teme che qualche telecamera possa essergli sfuggita durante il sopralluogo fatto nel pomeriggio. Le costrui scono sempre più piccole, potrebbero essere nascoste ovunque e le precauzioni non sono mai troppe. Guarda in alto, attento: