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principio attivo Inchieste e reportage
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LE DIECI NOTIZIE FONDAMENTALI SU EXPO 2015
I terreni dell’Expo sono agricoli, valgono 20 euro/mq. Expo li acquista a 150 euro/mq. Cercherà di rivenderli a 300 euro/mq. → pagine 29-31, 48-50, 219-222
Nel 2006 Fiera Milano chiude con un buco di 22 milioni di euro. Negli anni la situazione non migliora, i conti sì: i terreni Expo, comprati nel 2002 a 14 milioni, nel 2009 sono messi a bilancio per 50,8 milioni. → pagine 29-31, 38-39, 48, 51, 175
9 milioni di euro spesi per conquistare i voti per Expo: 265.000 euro per «eventi e manifestazioni» durante la visita degli ispettori, 244.000 euro per «ospitalità», altri 244.000 per «materiale promozionale». → pagine 19-23
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Mani bucate
Sulla poltrona di amministratore delegato dell’Expo si siede prima Lucio Stanca, 14 mesi per 450.000 euro; poi Giuseppe Sala, 430.000 euro all’anno. → pagine 34-37
Per la Fondazione Alliance for Africa si promettono fino a 100 milioni di euro. Sono stanziati 775.000 euro, ma solo un progetto viene realizzato: la ristrutturazione di una scuola ad Accra. Costo 200.000 euro. → pagine 186-189
Posti di lavoro scomparsi: nel dossier del Comitato di candidatura si parla di 70.000 posti di lavoro. Secondo una stima sindacale sono meno di 15.000. → pagine 197-198, 201
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Per la curatela e la direzione artistica della mostra Arts & Foods, prevista dal 10 aprile al 1° novembre 2015 alla Triennale di Milano, al critico Germano Celant vanno 750.000 euro. → pagine 150-152
Eataly di Oscar Farinetti ottiene senza gara la gestione di 2 store e 20 ristoranti. I ristoranti saranno gestiti a turno, un mese ciascuno, da 120 ristoratori italiani scelti a insindacabile giudizio di Farinetti. → pagine 159, 163-166, 194
Un diluvio di cemento su Milano: la parte edificabile dell’area Expo è di circa 500.000 mq, che si sommano ai 500.000 mq dell’area Cascina Merlata. → pagine 52-53
Al 31 gennaio 2015, sono 18 le persone arrestate. → pagine 98, 105-121
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978-88-6190-687-7
Prima edizione: marzo 2015 www.chiarelettere.it / interviste / libri in uscita
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Gianni Barbacetto Marco Maroni
Excelsior
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Gianni Barbacetto, giornalista, è inviato de «il Fatto Quotidiano». È direttore di Omicron (l’Osservatorio milanese sulla criminalità organizzata al Nord). Ha lavorato a «Il Mondo», «L’Europeo», «Diario». Negli anni Ottanta ha contribuito a fondare il mensile «Società civile», che ha diretto per una decina d’anni. Ha realizzato, con il regista Mosco Boucault, il documentario per la rete francotedesca Arte sul Lodo Mondadori. Ha lavorato per la tv (Annozero, Blunotte), il cinema (A casa nostra di Francesca Comencini), il teatro (A cento passi dal Duomo di Giulio Cavalli). I suoi libri: Milano degli scandali (con Elio Veltri, Laterza 1991); Campioni d’Italia (Tropea 2002); B. Tutte le carte del Presidente (Tropea 2004); Compagni che sbagliano (il Saggiatore 2007); Il guastafeste (Ponte alle Grazie 2009); Se telefonando (Melampo 2009); Il grande vecchio (Rizzoli-Bur 2009); Le mani sulla città (con Davide Milosa, Chiarelettere 2011). Con Peter Gomez e Marco Travaglio ha scritto Mani sporche (Chiarelettere 2007) e Mani pulite (Chiarelettere 2012). Sempre per Chiarelettere, nel 2012 ha pubblicato Il Celeste. Con Manuela D’Alessandro e Luca Ferrara ha scritto la graphic novel Ruby. Sesso e potere ad Arcore (Round Robin 2014). Marco Maroni, giornalista, scrive di economia, energia, grandi opere su «il Fatto Quotidiano». In passato ha lavorato al settimanale «Il Mondo», al «Corriere della Sera», al mensile «Ambientenergia» e ha collaborato con «L’Europeo», «Il Sole 24 Ore», «Diario», «Milano Finanza», «il Giornale». Questo è il suo primo libro.
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Sommario
Le dieci notizie fondamentali su Expo 2015
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excelsior . il gran ballo dell ’ expo
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Prologo. Ballo Excelsior
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Primo tempo (2008-2011). Litigi, sprechi, ritardi 13 Sogno 15 Victory Parade 15 – Il patto bipartisan 17 – La campagna acquisti 19 – Arrivano gli ispettori, ripulite Milano! 21 – Tremonti l’exposcettico vuole la Nasa 23 – L’odore dei soldi 25 – Il Comitato non paga i conti 26
Risveglio 29 Il peccato originale 29 – Le aree della Fiera 32 – L’esposizione Stanca 34 – Sono Sala, risolvo problemi 36 – Il rebus dei terreni 37 – Pisapia, la svolta 40 – Pisapia, la continuità 42 – La strana coppia 45
Patto 47 Arexpo, il grande affare 47 – Il venditore è anche compratore 50 – Il lato B di Expo: Cascina Merlata 51 – Il grande bluff: l’Orto planetario 53
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Secondo tempo (2012-2015). Emergenza, mafia, inchieste, arresti 63 Straordinario 65 La logica dell’emergenza 65 – La «cultura del fare» 67 – Quant’è speciale l’Expo 68
Boss 71 Allarmi antimafia 71 – Distanze di sicurezza 74 – Il labirinto dei comitati 78 – Le paure di Formigoni 80 – Antimafia a Milano 83 – La Dia, le interdittive 87 – Fare in fretta, costi quel che costi 92 – «Expo mette il turbo» 94
Cupola 97 Sala, Paris, Rognoni 97 – I grandi appalti 100 – Interferenze, bonifiche, bonifici 102
Manette 105 Scattano gli arresti 105 – Anche a Maroni piace Rognoni 108 – La seconda retata 110 – Maltauro, sette mesi in sette minuti 114 – Padiglioni esteri, business interno 116 – Cetti: l’uomo che dice sì 118 – Il manager Acerbo e il figlio incapace 119
Toghe 123 La guerra in Procura 123 – Niente processo per i furbetti dell’Expo 128
Parafulmini 129 Si sveglia l’Autorità 129 – La soluzione Cantone 132 – Gli appalti commissariati 134 – Le vie d’acqua 135 – Mobilitazione popolare 138 – La soffiata proibita 140 – E c’era pure l’audit! 141 – Tutto in emergenza 143
Luna park
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La giostra dei soldi facili 147 – L’affare Sigexpo 149 – Arte & cibo 150 – Buona stampa 152 – L’Expo a Milano, la Rai a Roma 154 – Il cibo nell’Expo del cibo 158 – Italy is Eataly 162 – Soldi Expo per la giustizia 167 – Italia, Italiae 170 – Fuori Expo, arriva l’Artusi 174
Terzo tempo. Storia, conti, dopo Expo 177 Cibo 179 Che cos’è un’Expo 179 – Expo Milano 1906 180 – Dal fervore industriale al marketing turistico 182 – Marketing e sostenibilità
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184 – Nutrire il pianeta, energia per la vita 185 – Cooperazione, solidarietà, promesse, voti 186 – Impegni planetari 189 – Comitati scientifici 191 – Brand appetibili e critiche di peso 193
Speranze 197 Previsioni d’oro 197 – La macchina della propaganda 199
Flop 203 Grandi eventi, l’economia dello spreco 203 – A fondo perduto: le altre Expo nel mondo 205 – Grandi progetti italiani: il caso Mose 209 – Grandi progetti italiani 2: la Brebemi 211 – Cose turche: Izmir decolla senza l’Expo 213 – Venghino, venghino! 215 – Prezzi Italian Style 217
Dopo 219 Alla fin della fiera 219 – Cementificazione a perdere 221 – Ottimismo della volontà 223
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Sì, lo sappiamo. Le semplificazioni tradiscono la verità, riducono a slogan realtà che sono «sempre più complesse», impediscono la comprensione di «dinamiche complicate» in cui intervengono «molteplici fattori». Ma per favore, guardiamoci negli occhi e confessiamoci la verità: che cos’è l’Expo? Perché è stata voluta a Milano? E perché proprio su quei bislacchi terreni accanto alla nuova Fiera? Nel 2007, quando l’ideona prende forma, la Fiera di Milano era in crisi nera. Realizzare l’Expo sui terreni di proprietà della Fondazione che la controlla voleva dire risolvere ogni problema e resuscitare l’ente Fiera. Chi controllava, allora, la Fondazione? Il presidentissimo della Regione Lombardia Roberto Formigoni e gli uomini di Comunione e liberazione (o «Comunione e fatturazione», come la chiamano i maligni). Al confine nordovest di Milano, tra l’autostrada dei Laghi e quella che porta a Torino, c’era un Triangolo delle Bermude racchiuso tra la nuova Fiera di Rho, il carcere di Bollate e il Cimitero Maggiore. Era in massima parte di proprietà della Fondazione Fiera di Milano. Un’area agricola inutilizzabile. A meno che... A meno che non arrivasse il tocco di una bacchetta magica a trasformare quella landa desolata, schiacciata tra due autostrade, un carcere e un camposanto, che non volevano neppure gli agricoltori. Valeva niente. Dopo il tocco dell’Expo, vale più di 300 milioni di euro. Nel 2006, quando l’ideona è nata, sindaco di Milano era Letizia Moratti. È a lei che viene in mente di candidare la città
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all’Expo. Formigoni neppure ci pensava. Le viene in mente per motivi nobili: far vivere alla città di cui era sindaco un’esperienza internazionale. Certo, con un suo tornaconto: il successo mondiale dell’evento sarebbe stato un suo planetario successo personale. Non aveva tenuto conto che «le cose sono sempre più complesse», che era sindaco sì, ma ostaggio dei partiti, e che non poteva disporre della città come fosse una duchessa, tipo la Maria Luisa di Borbone di Parma e Piacenza. Fin dall’inizio, per realizzare il suo progetto, Donna Letizia aveva cercato degli alleati. Lei, che era stata eletta con i voti berlusconiani del centrodestra, aveva trovato una sponda a sinistra: quella, necessaria, dell’allora capo del governo, Romano Prodi, ma soprattutto del suo ministro del Commercio internazionale, Emma Bonino. Ricapitoliamo. Un sindaco che si sente la duchessa di Milano, con l’appoggio di una donna che viene dal Partito radicale e a cui piacciono da matti le avventure all’estero, incrociano i piani di potere e d’affari di un presidente di Regione a cui non sembra vero di trovare il modo per risolvere uno dei grossi problemi che cominciavano ad assediarlo. L’allegro trio MorattiBonino-Formigoni si mette così al lavoro. L’Expo all’inizio è questo: il sogno personale di Donna Letizia, sostenuta da Emma. Lo fa subito suo il Celeste Formigoni, che lo rimette con i piedi per terra con una bella operazione immobiliare sui terreni della Fiera, che impone come sede dell’evento. Una speculazione da 300 milioni di euro per riempire di cemento un’area altrimenti inutilizzabile. Realizzato il colpo dei terreni, si passa al banchetto vero e proprio: Expo è un’operazione che all’inizio promette investimenti per 15 miliardi di euro, tra l’esposizione (4) e le opere connesse (11). Il tema scelto è l’alimentazione. Effettivamente da mangiare ce n’è. Troppo semplice? Tranquilli: per complicarci le cose abbiamo le duecento pagine seguenti in cui racconteremo come la politica, cioè i partiti, farà di tutto per mettere le mani sull’affare, con il risultato che bloccherà i lavori per tre anni. Dopo che Donna
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Letizia porta a casa la candidatura e poi la vittoria di Milano, seguono infatti tre lunghi anni spesi esclusivamente a litigare per decidere chi comanda. Senza fare assolutamente niente. Intanto però i soldi arrivano e cominciano a essere spesi: sono divorati 40 milioni di euro per la gestione del circo Expo, senza muovere neanche un mattone. Anzi, senza ancora neppure sapere se i terreni per l’esposizione sarebbero stati comprati oppure utilizzati in comodato d’uso. La Casta dell’Expo prende forma e prende, soprattutto, gettoni, stipendi, incarichi e potere. Ma attenzione: Expo, come Crono, divora i suoi figli. La prima a cadere è proprio lei: Donna Letizia. Nel 2011, anno in cui torna alle elezioni con la speranza di essere confermata sindaco per poter finalmente gestire la «sua» Expo, un sondaggio le rivela che i milanesi ritengono proprio i ritardi su Expo il suo problema principale. Non sarà rieletta. Clamoroso, per Milano: Expo uccide la sua ideatrice e fa diventar sindaco il candidato di centrosinistra, Giuliano Pisapia. Costretto a lasciare la scena (per altre vicende politiche e giudiziarie) anche chi era uscito vincente dallo scontro con Moratti, quel Formigoni che si preparava a diventare il vero padrone di Expo. Divorati pure i manager posti al vertice dell’evento: prima Paolo Glisenti, poi Lucio Stanca. Il loro successore, Giuseppe Sala, è messo a dura prova, ma alla fine ce la fa, tra polemiche, scandali, ritardi, inchieste e arresti. Racconteremo anche come, mentre la politica perdeva tempo a litigare, il mondo degli affari si preparava a banchettare con i soldi dell’Expo. Primi fra tutti, dentro la comunità degli affari, quegli imprenditori un po’ particolari che fanno riferimento alle cosche mafiose della ’ndrangheta, che hanno dimostrato di essere pronti prima degli altri. Alla fine, Pisapia eredita l’operazione Expo, ne accetta il peccato originale – i presupposti immobiliari stabiliti da Formigoni – e cerca di gestirla con l’obiettivo di ottenere il minimo danno per sé e qualche beneficio per Milano. Sa che la fine dell’esposizione coinciderà con la fine del suo mandato: se andrà bene, sarà la migliore delle campagne elettorali; se andrà male, Crono avrà il suo ultimo pasto.
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