La questione immorale

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Pamphlet, documenti, storie REVERSE


Autori e amici di

chiarelettere Michele Ainis, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Carla Buzza, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Carla Castellacci, Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Pino Corrias, Gabriele D’Autilia, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Giovanni Fasanella, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Goffredo Fofi, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Pietro Garibaldi, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Guido Harari, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Marco Lillo, Felice Lima, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Alberto Nerazzini, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Paola Porciello (web editor), Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Luca Rastello, Marco Revelli, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Bruno Tinti, Marco Travaglio, Elena Valdini, Carlo Zanda.


PRETESTO 1

f a pagina 36

“Con le leggi ad personam, la classe politica e i suoi amici hanno di fatto conseguito l’impunità. Solo che c’è un problema: queste leggi adesso valgono per tutti.”


PRETESTO 2

f a pagina 151

“Forse, se i cittadini sapessero cosa significa davvero la separazione delle carriere avrebbero un quadro più chiaro di come la classe politica interpreta l’articolo 3 della Costituzione, quello che dice che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge.”

f a pagina 17

“ L’autonomia dei Giudici costituisce una garanzia per i cittadini. Non per i Giudici, per i cittadini.”


f a pagina 163

“Quando i politici dicono che vogliono regolamentare le intercettazioni perché è necessario tutelare la privacy, non si riferiscono ai cittadini, ma a loro, alla privacy di un paio di migliaia di persone...”

f a pagina 114-115

“In udienza ci deve andare il PM che ha condotto le indagini. Una banalità... Beh, sappiate che non c’è Tribunale in Italia in cui ciò avvenga. In udienza ci va il PM che capita.”

f a pagina 204

“Quando ho finito di prendermela con le leggi, mi sono accorto che dovevo prendermela con me stesso, e con tutti quelli come me.”


Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano ISBN

978-88-6190-064-6

Prima edizione: febbraio 2009 www.chiarelettere.it BLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA


Bruno Tinti

La questione immorale

chiarelettere


Bruno Tinti è nato tanti anni fa, molti di più di quanto gli piacerebbe. Ama andare in motocicletta, sciare, arrampicare, giocare a tennis, viaggiare in camper; insomma gli piace godersi la vita. In realtà ci è riuscito poco, perché ha sempre lavorato sodo, e sempre nel campo penale. Nel lavoro è stato fortunato perché ha avuto come capi persone straordinarie, prima Mario Carassi e poi Bruno Caccia, morto ammazzato per le solite ragioni per cui si ammazza un magistrato: troppo onesto, troppo efficiente, intransigente, non condizionabile. Da loro ha imparato sul campo tutto quello che è importante sapere per fare il magistrato, senza cui diritto e procedura servono a poco; anzi sono strumenti pericolosi. Da più di venticinque anni si occupa di diritto penale dell’economia, falsi in bilancio, frodi fiscali, reati fallimentari e finanziari, tutta roba difficile da gestire nel contesto politico e giudiziario italiano. Per qualche anno ha fatto anche il professore all’università, ma ha scoperto che era troppo faticoso: professore e Procuratore della Repubblica riempiono due vite; e a lui quella che aveva serviva anche ad altro. In tempi meno conflittuali è stato anche consulente di qualche Ministro e ha scritto la legge che punisce i reati tributari, in vigore ancora adesso; solo che se ne lamenta tutte le volte che gliene parlano perché il Parlamento (tutti d’accordo, senza distinzione tra maggioranza e opposizione) gliel’ha cambiata e quella che è venuta fuori è l’ennesima legge fatta per non funzionare. Questa stessa tecnica è stata utilizzata per quasi tutte le leggi che riguardano il suo settore professionale, reati societari e fallimentari in particolare; e così progressivamente il suo lavoro è diventato più o meno inutile. Un’altra cosa che dice sempre è che si è stufato di lavorare in un’azienda in cui entrano camion carichi di carta ed escono camion carichi di carta. Così, alla fine, ha lasciato la magistratura e si è messo a fare – come dice lui – il cantastorie. Scrive e racconta: quello che ha imparato di leggi, politica e giustizia. Per scrivere all’autore e leggere i suoi commenti sulla giustizia segnaliamo il blog di Bruno Tinti su www.chiarelettere.it


Sommario

l a questione immorale Il fiore d’acciaio

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In difesa della Costituzione Prima parte

i giudici e la politica Prologo. Un PM in cerca di denaro Il sistema giudiziario italiano

11 15

I magistrati italiani sono indipendenti rispetto alla politica. L’obbligo dell’azione penale

I sistemi giudiziari stranieri

20

Svizzera, Francia, Belgio, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti. Le differenze con il nostro sistema

Bilancio finale

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Il controllo politico della magistratura nei Paesi stranieri. Il nostro sistema in teoria è migliore ma...

Impunità 1. Le leggi ad personam

34

I reati della politica. Il falso in bilancio e l’accorciamento della prescrizione

Impunità 2. La delegittimazione dei Giudici

38

L’«atto di giustizia», giusto o sbagliato, è una convenzione cui si affidano i cittadini. Se salta questa convenzione, salta il sistema

Impunità 3. La delegittimazione della legge Quando l’evasione fiscale diventa un diritto

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Seconda parte

le riforme impossibili Prologo. Ci serve un miracolo Storia di un ponte e di un processo (prima del 1988)

47 49

Quando la falsa testimonianza era punita davvero e le dichiarazioni rese in istruttoria valevano anche nel processo

Storia di un ponte e di un processo (1988-2008)

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Oggi si può testimoniare il falso (quasi) impunemente e ritrattare le dichiarazioni rese in istruttoria

Storia di un ponte e di un processo (come dovrebbe essere) 67 Un unico processo. Ritorno alla Costituzione (art. 111). Premiare le verità, punire la falsa testimonianza Terza parte

le riforme possibili ₍ma forse no₎ Prologo. Talmente semplici che nessuno le fa Troppi Tribunali e troppi costi

77 79

Tribunali dislocati come nell’Ottocento. Una storia esemplare. Ecco perché nessuno fa niente

La depenalizzazione: quella giusta e quella sbagliata

86

Le richieste interessate e i trucchi dei politici. Cosa depenalizzare (infortunistica, previdenza, commercio) per evitare migliaia di Decreti penali

Il problema delle notifiche e l’assurda legge del 2008

92

Procure senza personale. La Polizia di quartiere. Quando il destinatario è sconosciuto. Basterebbe rivolgersi all’avvocato difensore. Poveri postini

Processo infinito. Il maledetto articolo 525

100

Se un Giudice si ammala, tutto da rifare. La minaccia della prescrizione. I miracoli dell’informatica

Le colpe dei magistrati Poveri testimoni. Cattiva organizzazione e spreco di denaro. Mancanza di rispetto per il cittadino

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Un PM per caso

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Al processo va chi capita. Un sistema sbagliato. Basterebbero buona volontà e un po’ di informatica Quarta parte

la controriforma Prologo. L’offensiva dell’estate 2008 L’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale

123 126

L’articolo 112 della Costituzione. I reati da perseguire e quelli da lasciar perdere

L’ossessione della «separazione delle carriere»

131

Quello che si vuole è il controllo politico del PM. Il processo non è una partita di calcio

Un’altra separazione decisiva: Polizia Giudiziaria e PM

141

Gli effetti devastanti dell’abrogazione degli articoli 58 e 59. La tesi della politica: il PM non può «cercare» la notizia di reato. Se a Torino nel 1980 non si fosse indagato. E le inchieste di Guariniello

Chi sbaglia, paga. La responsabilità civile dei magistrati

152

La legge prevede il diritto al risarcimento in caso di errore giudiziario. Le sanzioni disciplinari stabilite dal CSM. Non esiste una sentenza giusta e una sbagliata. Il rischio che vinca il più forte

Le intercettazioni telefoniche e la libertà di stampa

161

Uno strumento d’indagine essenziale. Il bavaglio all’informazione. Il pericolo delle intercettazioni della Polizia e dei Servizi Segreti. La legge del 2003 a difesa dei politici

L’autogoverno. Autonomia e correnti

177

Cosa fa il CSM. Quando il candidato è rosso, giallo o verde. Il TAR e le scelte sbagliate del CSM

L’offensiva dell’inverno 2008-2009

186

La guerra alla magistratura. La storia di De Magistris, Salerno e Catanzaro. Separazione del potere politico e giudiziario. L’emergenza democratica

Domani

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l a qu e s t i o n e i m m o r a l e



Il fiore d’acciaio

Quando c’erano i Faraoni c’era già la Legge. E la Legge c’era anche quando c’erano gli imperatori, i sovrani medioevali e poi quelli rinascimentali. C’è stata perfino sotto i tiranni. C’è sempre stata, anche ai tempi degli uomini delle caverne; rudimentale, imperfetta, ingiusta anche, ma sempre, da quando gli uomini hanno cominciato a vivere insieme, la Legge ha regolato i loro rapporti. Quella che non c’è stata mai, fino a pochissimo tempo fa, fino a due secoli fa (proprio poco se paragonati ai millenni di storia umana – luminosa eccezione l’Inghilterra con la Magna Charta del 1215), è la Costituzione. Se ci si pensa, la Legge del Faraone e quella emanata da altri come lui non è cosa che poteva lasciare tanto tranquilli; meglio di niente, va bene, ma funzionava, al massimo, se un rematore litigava con un panettiere o un contadino con un altro contadino. Perché certo, se il contadino se la prendeva con un soldato o un proprietario terriero, la Legge per lui poteva fare proprio poco, anzi per lui era proprio meglio non invocarla affatto questa Legge. Perché il Faraone l’aveva emanata per i suoi fini, non per quelli del Paese che governava; o almeno, stando bene attento che le sue ricchezze e il suo potere non ne venissero intaccati. E siccome ricchezze e potere gli derivavano dall’appoggio di altri ricchi e potenti, non proprio come lui ma comunque


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appartenenti alla sua stessa classe, ecco che la Legge teneva conto degli interessi e dei privilegi di questi pilastri a cui lui si appoggiava e che volentieri lo sostenevano, perché in questo modo facevano anche i propri interessi. Dunque la Legge del Faraone era, in realtà, una legge «per» il Faraone; e per la gente come lui. Serviva per controllare il popolo e sottoporlo al volere della classe dirigente. Per millenni è stato così; e, in tante parti del mondo, è ancora così. Poi si è fatta strada un’idea stranissima: non va bene che il Re, il Signore, l’Imperatore, il Tiranno, insomma questo Faraone, possa fare quello che vuole. Perché, se è una brava e onesta e capace persona andrà pure bene. Ma se è disonesto, incapace e magari anche criminale, le leggi che imporrà saranno un male per il Paese; cercherà privilegi e ricchezze, legittimerà le sue prepotenze e quelle dei suoi amici, insomma sarà un tiranno. E nessuno può sapere se domani arriverà a governare il Paese proprio uno così. Ecco, si è pensato, occorre una legge speciale, una legge che non sia diretta al Popolo ma al Re; una legge che non serva solo a regolamentare i rapporti dei Cittadini tra loro e che invece regolamenti i rapporti tra il Re e i Cittadini. Ecco, ci serve una Costituzione. Nel 1215 Giovanni Senza Terra si impegnò a non imporre tasse senza il consenso del Parlamento (che non era eletto da lui, dal capo del Governo, come invece succede oggi in Italia). Pensate, un Re che accetta di farsi controllare i cordoni della borsa dal Popolo; beh, non proprio dal Popolo perché allora il Parlamento era formato dai Baroni, ma insomma da gente che poteva anche non essere (e infatti in gran parte non era) amica sua. Si impegnò anche a non imprigionare nessuno senza un regolare processo; che era altra cosa assolutamente assurda per quei tempi, quando l’ultimo dei potenti poteva sbattere in prigione qualsiasi cittadino senza dirgli nemmeno perché.


Il fiore d’acciaio

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Passò molto tempo prima che l’idea della Legge che regolamentasse il potere di chi governa venisse accettata; come ho detto, lo Stato, così come lo conosciamo noi, è una conquista recente. Ma alla fine, nel mondo occidentale moderno, gli Stati, chi prima, chi dopo, si sono dati una Costituzione. La nostra è proprio giovane; è entrata in vigore il 1° gennaio del 1948. Ed è una Costituzione bellissima. È nata, la nostra Costituzione, da tanti errori, tanta sofferenza, tanti lutti. È nata dal sacrificio di tanti cittadini, dall’impegno di tanti superstiti, dalla maturità di un Paese finalmente diventato adulto. È nata soprattutto come una conquista condivisa da tutti, dopo un lavoro che ha accomunato guerrieri, filosofi, politici, giuristi che hanno collaborato senza riserve e con un obiettivo comune: fare dell’Italia un Paese prospero, pacifico e giusto. Come poteva non essere bellissima? Naturalmente la Costituzione italiana non è solo bellissima; è anche un capolavoro di ingegneria giuridica che, questo è il punto, garantisce i cittadini dagli abusi del potere. E questo lo fa adottando i princìpi fondamentali più avanzati che il mondo conosca: pensate alla bellezza del principio – tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzioni di sesso, razza, religione, opinioni politiche. Pensate quale conquista sociale rappresenti il principio – tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla Legge. Pensate di quale tranquilla sicurezza possono godere i cittadini per via del principio – i Giudici sono soggetti soltanto alla Legge. E pensate finalmente quanto sia importante aver integralmente adottato la teoria di Montesquieu, la divisione dei poteri: esecutivo (il Governo), legislativo (il Parlamento) e giudiziario (la Magistratura). Ecco, già solo così la nostra Costituzione si rivela per quello che è: uno scudo a difesa dei cittadini, uno scudo


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contro il Faraone. La Legge è eguale per tutti; nessun potere controlla interamente lo Stato. Non sono possibili abusi: chi governa lo fa secondo le leggi emanate da chi legifera; e la corretta applicazione della Legge spetta a chi non l’ha fatta. Un equilibrio perfetto. Ma la Costituzione è uno strumento complesso, fragile, delicato: un piccolo cambiamento in questa complessa architettura e lo scudo andrebbe in frantumi. Certo, potrebbe essere necessario modificarla, aggiungere qualcosa, togliere (togliere?, mah) qualcos’altro. Ma bisogna pensarci bene; ecco perché la stessa Costituzione prevede che questi cambiamenti non si possano fare alla leggera: due terzi del Parlamento debbono votarli; oppure, se c’è solo una maggioranza semplice, allora i cittadini debbono approvare i cambiamenti con un referendum. Come dire: state attenti prima di desiderare qualcosa, potreste ottenerla. E adesso la nostra classe politica, per lo meno gran parte di essa,1 proprio questo vuole fare: vuole cambiare la Costituzione. Non discuterò qui di quali cambiamenti stanno proponendo; credo che, al momento, non sia ben chiaro nemmeno a chi ha in mente di distruggere la Costituzione come farlo. Una cosa però gli è chiarissima: è proprio la na1

Quando si parla di storie che riguardano intere categorie di persone si è obbligati a generalizzare: la magistratura, la classe politica, il popolo e così via. Ma naturalmente c’è sempre qualcuno che non è omologo alla categoria di cui fa parte; e che viene ingiustamente travolto da critiche e giudizi impietosi. Così, ricordiamoci di Sodoma e Gomorra. L’Angelo del Signore promise a Lot di risparmiarle se gli avesse trovato cento giusti; e quando Lot gli chiese: ma cosa farai se ne troverai anche uno solo, l’Angelo gli promise che le avrebbe comunque risparmiate. Dobbiamo credere, o almeno dobbiamo sperare, che di giusti ce ne siano tanti, tra i politici, tra i magistrati, tra i cittadini; o almeno un po’! Però in questo libro non si parla di loro.


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tura della Costituzione che non va bene, è la sua funzione di scudo per i cittadini contro l’abuso del potere che si vuole eliminare. Questo obiettivo ormai non viene nemmeno più nascosto, le riforme non vengono nemmeno più giustificate con questo o quell’altro pretesto. Si dice apertamente che la Costituzione è ormai vecchia; che è stata elaborata alla fine degli anni Quaranta, dopo la guerra, dopo il fascismo; che ormai i tempi sono diversi; che non c’è più bisogno di una Costituzione come questa; che occorre uno strumento che permetta di governare con efficienza e rapidità; che il Parlamento deve assecondare i progetti del Governo e non ostacolarli; che la Magistratura, almeno il Pubblico Ministero, deve rispondere al potere politico e che non può essere indipendente; che... Non so, viene lo sconforto a enumerare tutte queste protervie. Eppure dovrebbe essere così evidente. Nessuno può ipotecare la storia. Nessuno può ignorare che la tentazione di gestire il potere senza controllo è connaturata al potere stesso. Nessuno può pensare davvero che i potenti della terra, e figuriamoci i potenti dell’Italia, si comportino come Cincinnato, il dittatore romano che, esaurito il suo mandato che gli conferiva potere assoluto, tornò a fare il contadino. Ricordo una trasmissione televisiva alla quale mi avevano invitato. Facevo osservare che certe iniziative legislative in materia di sicurezza (si parlava di extracomunitari) erano incostituzionali e che infatti la Corte Costituzionale tali le aveva dichiarate. Venni interrotto da un uomo politico che mi disse: «e noi dobbiamo riproporle, con altre parole, in modo diverso, ma queste leggi debbono essere approvate». E io non seppi cosa rispondere a una persona per la quale la Costituzione non era una carta dei Princìpi dello Stato ma un vincolo fastidioso da aggirare con qualche furberia semantica.


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Ricordo le stizzite dichiarazioni di Berlusconi, riportate dalle agenzie di stampa, sulla eccessiva lunghezza del procedimento legislativo: «Su ogni decreto c’è sempre l’accordo preventivo con il Capo dello Stato per i requisiti di necessità e urgenza. Poi c’è la discussione con i partiti, la discussione in pre-consiglio e poi in Consiglio dei Ministri. Poi c’è un ulteriore esame, del tutto libero, da parte del Capo dello Stato. Poi va in commissione e va in Aula, in entrambe le Camere, che possono modificarlo o addirittura bocciarlo. Poi il Capo dello Stato può rinviarlo alle Camere, e c’è anche la possibilità di un ricorso alla Consulta. Questa è l’architettura costituzionale, che secondo me è arretrata». E mi sono chiesto: ma come si fa a spiegare, a un Presidente del Consiglio!, che tutto ciò serve per garantire i cittadini da leggi inique, prepotenti, fatte nell’interesse di pochi e contro gli interessi di tanti?; che questo l’aveva capito Giovanni Senza Terra nel 1215 e che è impossibile che lui non lo capisca nel 2008! Ricordo l’assurda distinzione che sempre Berlusconi ha operato tra i princìpi fondamentali della Costituzione (quelli vanno bene!) e altri, da lui giudicati meno importanti: «Ci sono altre parti che non sono fondamentali, ad esempio il CSM non è una parte fondamentale». E mi sono chiesto: ma come si fa a spiegare a un Presidente del Consiglio che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura (e senza CSM la magistratura non può essere autonoma né indipendente) sono una delle pietre fondanti di uno Stato democratico? Così ho provato a raccontare di questo: di una magistratura autonoma e indipendente in uno Stato democratico. Ho provato a raccontare perché si deve proteggere la Costituzione, il nostro bellissimo scudo, il nostro fiore d’acciaio.



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