“I SUSSIDI ALLE IMPRESE SONO INEFFICACI. CREANO DISTORSIONI CHE PENALIZZANO IMPRENDITORI PIÙ CAPACI. È PIÙ PROFICUO INVESTIRE RISORSE PUBBLICHE NELL’EFFETTIVA APPLICAZIONE DELLE LEGGI.” Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia
15,90 Progetto grafico: David Pearson www.davidpearsondesign.com
www.chiarelettere.it
Marco Cobianchi MANI BUCATE
Marco Cobianchi è giornalista di “Panorama” e da sempre si occupa di economia. Per scrivere questo libro ha letto centinaia di pagine di documenti europei, rapporti di spesa, gazzette ufficiali nazionali, regionali, comunitarie e molto altro. Documenti tecnici, per lo più sconosciuti ma che gli hanno permesso di compiere uno straordinario viaggio nel cuore di un sistema economico che non è liberale, non è statalista ma sussidiato. È autore anche di BLUFF. PERCHÉ GLI ECONOMISTI NON HANNO PREVISTO LA CRISI E CONTINUANO A NON CAPIRCI NIENTE (Orme, 2009).
MANI BUCATE A CHI FINISCONO I SOLDI DEI CONTRIBUENTI
L’ORGIA DEGLI AIUTI PUBBLICI ALLE IMPRESE PRIVATE
Marco Cobianchi
Un fiume di soldi alle imprese e l’Italia va a picco. Perché? Questo libro entra nell’incredibile mondo delle aziende mantenute dallo Stato. Per la prima volta racconta, facendo nomi e cognomi, decine di storie di società, banche e multinazionali che hanno incassato miliardi di euro pubblici spesso senza produrre né crescita né occupazione. Fiat, Pirelli, la Saras dei Moratti e le industrie sarde (Portovesme,Vinyls,Ila, Alcoa).Ma anche giornali, radio e tv; tutto il mondo del cinema, compresi cinepanettoni e film in 3D; agricoltura e allevamento (8 milioni dei contribuenti sono serviti ai grandi marchi per farsi pubblicità), compagnie aeree, hotel e perfino skilift. Banca d’Italia e Corte dei conti sono netti: gli aiuti sono inutili. Tutti i soldi a favore del Sud hanno generato un aumento del Pil di appena lo 0,25 per cento all’anno. Poche eccellenze, molti miliardi buttati via. Eppure ogni cosa è sussidiata. Tutto quello che compriamo l’abbiamo pagato due volte, alla cassa e già prima con le tasse. Quello che gli italiani versano alle aziende è un contributo invisibile, fatto di migliaia di leggi che concedono agevolazioni fiscali, soldi a fondo perduto, garanzie sui prestiti. Con le tasse si alimentano clientele e basi elettorali. Negli ultimi dieci anni sono state avviate dall’Unione europea quasi 40.000 pratiche per aiuti italiani potenzialmente illegali. Perfino la mafia è sussidiata dallo Stato. I soldi pubblici vengono usati dalle aziende per pagare i debiti. Altre volte lo Stato paga per nuove assunzioni, ma i posti di lavoro scompaiono appena finiscono i sussidi. La politica tace. Questo sistema è alla base del declino italiano.
principio attivo Inchieste e reportage
Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Franco Arminio, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Mario José Cereghino, Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Ignazio Marino, Antonella Mascali, Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Davide Milosa, Alain Minc, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, Walter Passerini, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Gene Sharp, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio, Giovanni Viafora, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero.
Autori e amici di
chiarelettere
Questo libro, questa Italia
iii
“ Il Nord si è sempre lamentato di essere ostaggio dell’inefficienza e degli sprechi del Sud. Qui raccontiamo come il Mezzogiorno sia stato assaltato dalle imprese del Nord che propongono investimenti, ottengono soldi pubblici e poi scompaiono.”
pretesto 1 f pagina 267
iv
Mani bucate
“Negli ultimi dieci anni la Commissione europea ha aperto 38.070 pratiche riguardanti aiuti di Stato italiani potenzialmente illegali.� “Questo sistema ti copre. Mi segua: io sono il consulente del ministero e colui che struttura il bando... Tengo tutti per le palle.� Francesco Tartamella, ragioniere trapanese, ritenuto il regista di una serie di truffe per ottenere finanziamenti pubblici.
pretesto 2 f pagine 22, 254
Questo libro, questa Italia
il
caso ila
“ 2001 - L’Ila di Portoscuso (Sardegna) ottiene il diritto a incassare 22 milioni di euro pubblici. 2001 e 2006 - Arrivano le prime tranche del finanziamento, per 11,3 milioni. 2007 - L’Ila fallisce. 2011 - Tre arresti tra i vertici della società e ventinove indagati per truffa ai danni dello Stato... Sequestrate ville, auto e conti correnti per un valore di 6 milioni di euro.”
pretesto 3 f pagina 62
vi
Mani bucate
“La crisi si aggrava. Ora vogliamo soldi veri.” Emma Marcegaglia, presidente Confindustria, 13 marzo 2009.
“Le imprese italiane agevolate con soldi pubblici sono state più di 840.000. Le leggi di incentivazione approvate sono state 1307.” Dati ministero per lo Sviluppo economico, periodo 2003-2008.
pretesto 4 f pagine 4, 13-14
Questo libro, questa Italia
vii
“ Una vergogna per l’Italia. Voglio spiegazioni.” Giorgio Napolitano, 6 novembre 2010, dopo il crollo della Domus dei Gladiatori di Pompei.
“L’Europa ha creato un Fondo per la conservazione del patrimonio artistico. Al 30 aprile 2010 la quota di utilizzo da parte dell’Italia è stata pari a zero.” Fino alla fine del 2010 il cosiddetto Fondo attrattori culturali (808 milioni di euro) è stato gestito dalla Regione Campania, quella che si è vista sbriciolare in casa la Domus di Pompei.
pretesto 5 f pagina 95
Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Melzi d’Eril 44, 20154 Milano isbn 978-88-6190-202-2 Prima edizione: settembre 2011 www.chiarelettere.it blog / interviste / libri in uscita
Libro Cobianchi.indb 8
5-09-2011 17:47:10
Marco Cobianchi
Mani bucate
chiarelettere
Marco Cobianchi (1966) è nato a Milano ma fino al periodo universitario ha vissuto tra Rimini, Forlì e Ravenna. A diciassette anni inizia il mestiere di giornalista in una radio di Bologna per poi passare al network Odeon Tv, e successivamente a un quotidiano locale di Rimini. Nel 1990 torna a Milano per assumere il ruolo di viceresponsabile della redazione economica del quotidiano «Avvenire». Con lo stesso incarico passa nel 2000 a «Panorama» dove si occupa di finanza e politica economica. Nel 2001 collabora al libro collettivo Bidone.com (Fazi Editore) scrivendo i capitoli riguardanti la nascita e il crollo delle società internet italiane. Nel 2009 ha scritto Bluff, perché gli economisti non hanno previsto la crisi e continuano a non capirci niente (Orme Editore). Insiste a essere sposato con Cinzia, con la cui fattiva collaborazione ha messo al mondo Valeria e Nicolò.
Sommario
mani bucate Questo libro L’orgia degli aiuti
Prima parte. La grande abbuffata Il modello Fiat Il disastro sardo Gli aiuti funzionano?
Seconda parte. Ogni cosa è sussidiata L’informazione assistita I mantenuti dello spettacolo Il sussidio nel piatto Gli aiuti che tengono in volo gli aerei Il tempo libero a carico dello Stato Se ti muovi ti pago Sussidi «verdi» in bolletta Il crac dell’high tech italiano
Terza parte. C’è posto per tutti
3 9 27 29 59 75 101 103 127 145 161 181 195 205 233
Anche la mafia ci guadagna Il sacco del Mezzogiorno L’Italia spolpata da banche e poste
247 249 267 281
Ringraziamenti
297
mani bucate
Questo libro
Ogni anno un fiume di denaro passa dalle casse pubbliche a quelle private. Per fotografare questo traffico selvaggio basta andare nella prima periferia di Roma. È un lunedì mattina come tanti. Raggiungo il palazzo che ospita gli uffici del dipartimento per lo Sviluppo e la coesione economica, scendo nei sotterranei, tra scale di ferro arrugginite, luci al neon che stanno esalando gli ultimi sprazzi di energia e odore di chiuso. Arrivo di fronte a una porta di ferro. Apro. Sulla destra c’è un interruttore; premendolo, l’immenso locale sotterraneo si illumina a giorno, rivelando qualcosa di incredibile: scaffalature lunghe centinaia di metri, alte fino al soffitto. Ognuna è divisa in una decina di ripiani, su ciascuno dei quali riposano centinaia di quintali di incartamenti, tutti ordinatissimi nelle loro cartelline colorate il cui significato è noto soltanto a chi le ha catalogate. Se tutti quei faldoni fossero messi l’uno di fianco all’altro coprirebbero ventuno chilometri: più o meno la distanza tra Roma e il mare. In questi ventuno chilometri c’è la storia industriale italiana come nessuno l’ha mai raccontata. C’è una parte delle ragioni del nostro esorbitante debito pubblico (il quarto al mondo), dell’assistenzialismo eletto a metodo di governo, del paternalismo di Stato finanziato con le tasse di tutti. Gli incartamenti contengono delibere, revisioni, autodichiarazioni, leggi che dal 1980 a oggi hanno permesso a milioni di imprese italiane di ricevere soldi pubblici, incentivi, sussidi. Lì è conservata la supponenza degli industriali che hanno chiesto
Mani bucate
«soldi veri» ai governi già prima che lo facesse la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Eccoli, i «soldi veri»: ventuno chilometri di sussidi. Questo libro racconta a chi finiscono i soldi che gli italiani versano allo Stato attraverso le tasse e che lo Stato usa per sostenere l’impresa privata. Ciò che occorre tenere presente prima di entrare in questa galleria degli orrori è che le entrate fiscali italiane sono alimentate al 70 per cento circa dalle imposte pagate da dipendenti e pensionati e al 30 per cento circa da quelle versate dalle imprese. Ciò significa che il 70 per cento di tutti i soldi andati a un’impresa vengono dalle tasse dei suoi dipendenti o ex dipendenti. E questo vale anche per i fondi europei, visto che l’Italia è un «contribuente netto» dell’Europa, cioè versa più di quanto riceve. Non esiste in Italia un solo settore economico che non sia sussidiato: dalle banche all’industria, dall’agricoltura alle telecomunicazioni, dai trasporti al turismo, dallo sport alla finanza, dalla ristorazione allo spettacolo, dall’editoria alla moda, lo Stato elargisce soldi a tutti, perfino alla Borsa. E l’effetto di questa pioggia di soldi è che tutto ciò che compriamo l’abbiamo già pagato con le imposte prima ancora di passare alla cassa. Le nostre tasse sono servite per finanziare la neve artificiale, il quotidiano del mattino, il caffè, l’automobile, la benzina e perfino l’idromassaggio nell’hotel di lusso, il campo da golf o la crociera. Per gli ottimisti il sussidio è il fertilizzante che può concimare il campo dell’imprenditore perché produca frutti sempre migliori. Non è vero: la particolarità dei sussidi italiani è quella di essere perfettamente inutili. È stato calcolato che l’effetto dei sussidi alle imprese del Mezzogiorno sia stato quello di far crescere il Pil del Sud dello 0,25 per cento in più ogni anno tra il 2000 e il 2005. In altre aree depresse dell’Europa la crescita nello stesso periodo ha oscillato tra il triplo e il quadruplo in più. Ciò significa che i cittadini italiani ricavano benefici assolutamente marginali dai sussidi alle imprese. Benefici che durano fino a quando lo Stato non stacca la flebo interrompendo il
Questo libro
flusso di denaro pubblico. A quel punto troppo spesso scatta la minaccia: o gli incentivi o la chiusura. Ecco il meccanismo con il quale le grandi imprese finiscono per ricattare lo Stato. In Italia i sussidi, che dovrebbero far crescere ricchezza e occupazione, spesso sono puro e semplice assistenzialismo, che per di più sembra impossibile da eliminare. E questo sia perché tutti gli Stati del mondo sussidiano le proprie imprese (e sarebbe semplicemente folle quel paese che decidesse autonomamente di staccare la flebo), sia perché i sussidi servono per indirizzare la politica economica di una nazione. Ma sono impossibili da eliminare anche perché la crisi che ha colpito l’Occidente ha generato insicurezza economica, che a sua volta ha generato la richiesta di mantenere inalterata la spesa statale a difesa dei diritti acquisiti. Ma la particolarità italiana è che il «diritto alla cultura» significa più soldi pubblici ai cinepanettoni o a film giudicati di «interesse culturale» come Winx Club, finanziati con l’aumento delle tasse sulla benzina. «Diritto a un ambiente migliore» significa più sussidi alle energie rinnovabili, anche se questo vuol dire più prelievi sulle bollette delle famiglie, che nel 2011 pagheranno sei miliardi di euro ai produttori di energia verde. «Diritto a essere informati» significa più contributi all’editoria, compresi gli innumerevoli quotidiani di partito, anche se questo vuol dire dare milioni di euro a giornali che vendono poche decine di copie. «Diritto a internet» significa più sussidi alle imprese telefoniche perché posino la fibra ottica in tutt’Italia, anche se questo significa meno concorrenza sui servizi telematici. Più sale la richiesta di nuovi diritti, più sale la pressione sullo Stato perché fornisca i soldi necessari a soddisfarli. Così, invece di stabilire regole e farle rispettare, lo Stato finisce per ridursi a un bancomat il cui dovere è concedere soldi (anche quando dovrebbe smettere) a imprenditori che si sentono in diritto di ottenerli, soprattutto se li hanno sempre ottenuti. Questo libro squarcia il velo di ipocrisia collettiva alimentata da politici, imprenditori e sindacalisti, secondo cui l’unico modo per salvare un’impresa in crisi o sviluppare un’area
Mani bucate
depressa sia spendere soldi pubblici, fingendo di credere che servano a qualcosa di diverso dal consolidare un rapporto insano tra politica e industria, tra voti e fabbrica, tra imprenditori malati di assistenzialismo e politici affamati di consenso. E ciò avviene anche se entrambe le parti in causa sono consapevoli che non è questa la strada per creare nuove imprese, rivitalizzare il Mezzogiorno, aumentare l’occupazione e la ricchezza. Lo sanno benissimo. Lo sanno tutti. La realtà insegna che gli imprenditori cercano il sussidio pubblico, lo usano, a volte anche bene, ma sempre con la mano sinistra, e contemporaneamente accusano lo Stato di invadere spazi di libertà economica. Fingono così di dimenticare che l’iniziativa privata subirebbe un colpo mortale se i governi non la sostenessero concedendo soldi a industriali che chiedono al pubblico di condividere i rischi d’impresa senza dare conto dei risultati né ripartire i benefici. In Italia non è solo lo Stato a voler essere statalista: sono anche i privati a non voler essere liberali. Alla fine, anziché una concorrenza tra aziende pubbliche e aziende private, si è creata un’area grigia nella quale tutte le aziende sono un po’ pubbliche e un po’ private, nella quale è impossibile capire se la responsabilità della mancata crescita di un’industria sia dell’imprenditore incapace o del pubblico che non lo ha sostenuto con maggiori incentivi. Ecco, questo libro è il risultato di un lungo viaggio nella galleria degli orrori dei sussidi, proprio là dove sfuma il confine tra Stato e mercato. C’è un modo per uscire da un sistema che non produce benessere? Una via è stata indicata dal governatore della Banca d’Italia e prossimo governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando ha sottolineato che è molto più utile usare i soldi pubblici per l’effettiva applicazione delle leggi, puntando a creare quell’indispensabile infrastruttura che si chiama legalità. Una seconda via può essere quella di affidare ai corpi intermedi della società la responsabilità della concessione dei fondi pubblici, o almeno di una parte di essi, premiandoli sulla base dei risultati. I casi di soldi pubblici gestiti da entità private o associative sono numerosi (esperienze positive sono
Questo libro
state avviate da Umbria, Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte) e dimostrano che la gestione sussidiaria degli incentivi pubblici è l’unica che può intaccarne l’uso clientelare. La terza strada è forse quella di cominciare a ribaltare il paradigma che governa la teoria dei sussidi: paradigma che vuole che sia l’offerta a creare la domanda. Visti i risultati, è evidente che non è così e che forse finanziare la domanda, cioè lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini, porterebbe a risultati migliori.
“I SUSSIDI ALLE IMPRESE SONO INEFFICACI. CREANO DISTORSIONI CHE PENALIZZANO IMPRENDITORI PIÙ CAPACI. È PIÙ PROFICUO INVESTIRE RISORSE PUBBLICHE NELL’EFFETTIVA APPLICAZIONE DELLE LEGGI.” Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia
15,90 Progetto grafico: David Pearson www.davidpearsondesign.com
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Marco Cobianchi MANI BUCATE
Marco Cobianchi è giornalista di “Panorama” e da sempre si occupa di economia. Per scrivere questo libro ha letto centinaia di pagine di documenti europei, rapporti di spesa, gazzette ufficiali nazionali, regionali, comunitarie e molto altro. Documenti tecnici, per lo più sconosciuti ma che gli hanno permesso di compiere uno straordinario viaggio nel cuore di un sistema economico che non è liberale, non è statalista ma sussidiato. È autore anche di BLUFF. PERCHÉ GLI ECONOMISTI NON HANNO PREVISTO LA CRISI E CONTINUANO A NON CAPIRCI NIENTE (Orme, 2009).
MANI BUCATE A CHI FINISCONO I SOLDI DEI CONTRIBUENTI
L’ORGIA DEGLI AIUTI PUBBLICI ALLE IMPRESE PRIVATE
Marco Cobianchi
Un fiume di soldi alle imprese e l’Italia va a picco. Perché? Questo libro entra nell’incredibile mondo delle aziende mantenute dallo Stato. Per la prima volta racconta, facendo nomi e cognomi, decine di storie di società, banche e multinazionali che hanno incassato miliardi di euro pubblici spesso senza produrre né crescita né occupazione. Fiat, Pirelli, la Saras dei Moratti e le industrie sarde (Portovesme,Vinyls,Ila, Alcoa).Ma anche giornali, radio e tv; tutto il mondo del cinema, compresi cinepanettoni e film in 3D; agricoltura e allevamento (8 milioni dei contribuenti sono serviti ai grandi marchi per farsi pubblicità), compagnie aeree, hotel e perfino skilift. Banca d’Italia e Corte dei conti sono netti: gli aiuti sono inutili. Tutti i soldi a favore del Sud hanno generato un aumento del Pil di appena lo 0,25 per cento all’anno. Poche eccellenze, molti miliardi buttati via. Eppure ogni cosa è sussidiata. Tutto quello che compriamo l’abbiamo pagato due volte, alla cassa e già prima con le tasse. Quello che gli italiani versano alle aziende è un contributo invisibile, fatto di migliaia di leggi che concedono agevolazioni fiscali, soldi a fondo perduto, garanzie sui prestiti. Con le tasse si alimentano clientele e basi elettorali. Negli ultimi dieci anni sono state avviate dall’Unione europea quasi 40.000 pratiche per aiuti italiani potenzialmente illegali. Perfino la mafia è sussidiata dallo Stato. I soldi pubblici vengono usati dalle aziende per pagare i debiti. Altre volte lo Stato paga per nuove assunzioni, ma i posti di lavoro scompaiono appena finiscono i sussidi. La politica tace. Questo sistema è alla base del declino italiano.