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Pamphlet, documenti, storie REVERSE
© 2014 Chiarelettere editore srl Autori e amici di
chiarelettere Ali Ag˘ca, Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Franco Arminio, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Eugenio Benetazzo, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Luigi Bisignani, Tito Boeri, Leonardo Boff, Sandra Bonsanti, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Mario Bortoletto, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Maria Antonietta Calabrò, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Nicolò Carnimeo, Luigi Carrozzo, Gianroberto Casaleggio, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Giuseppe Catozzella, Giulio Cavalli, Mario José Cereghino, Pasquale Chessa, Luca Ciarrocca, Massimo Cirri, Giuseppe Ciulla, Marco Cobianchi, don Virginio Colmegna, Alessandra Coppola, Fernando Coratelli, Alex Corlazzoli, Carlo Cornaglia, Mauro Corona, Roberto Corradi, Roberta Corradin, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Andrea De Benedetti, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Salvo Di Grazia, Andrea Di Nicola, Stefano Di Polito, Stefano Disegni, Gianni Dragoni, Paolo Ermani, Duccio Facchini, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Dario Fo, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Valentina Furlanetto, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, Mauro Gallegati, don Andrea Gallo, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi,Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Massimiliano Griner, Giuseppe Gulotta, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Stéphane Hessel, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Roberto Ippolito, Karenfilm, Alexander Langer, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Rosetta Loy, Daniele Luttazzi, Paolo Madron, Vittorio Malagutti, Ignazio Marino, Antonella Mascali, Antonio Massari, Grammenos Mastrojeni, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Davide Milosa, Alain Minc, Fabio Mini, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Edgar Morin, Anna Maria Morsucci, Giampaolo Musumeci, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Paolo Nori, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Max Otte, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, Arturo Paoli, Antonio Pascale, Walter Passerini, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Carlo Porcedda, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Franca Rame, Ilaria Ramoni, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Ermete Realacci, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Alberto Robiati, Iolanda Romano, Raphael Rossi, Vasco Rossi, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, #salvaiciclisti, Ferruccio Sansa, Stefano Santachiara, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Michele Sasso, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Gene Sharp, Filippo Solibello, Marina Sozzi, Giovanni Spinosa, Riccardo Staglianò, Franco Stefanoni, Luca Steffenoni, Daniel Tarozzi, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Gianfrancesco Turano, Elena Valdini, Vauro, Mario Vavassori, Concetto Vecchio, Gianluca Versace, Giovanni Viafora, Francesco Vignarca, Anna Vinci, Carlo Zanda, Alessandro Zardetto, Carlotta Zavattiero, Luigi Zoja.
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PRETESTO 1 f a pagina 7-8
“Solo grazie alla politica Silvio ha ottenuto ciò che sognava: l’affetto gratuito di milioni di persone, uno sterminato esercito di uomini e donne che lo adorano fedelmente da due decenni in cambio di illusioni. In realtà, in cambio di nulla ma nonostante ciò continuano a idolatrarlo.” Dotti su Berlusconi.
f a pagina 35
“Il nostro Silvio diventerà presidente della Repubblica.” I genitori di Berlusconi a Dotti.
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PRETESTO 2
f a pagina 196
“Se domani, in cambio dell’azzeramento dei suoi processi e delle sue condanne, gli offrissero di arruolarsi nell’odiato ‘Partito comunista’, scommetto che accetterebbe di corsa.” Dotti su Berlusconi.
f a pagina 15
“Previti, che si professava craxiano, spesso, accalorandosi, inneggiava ad Augusto Pinochet, il sanguinario dittatore cileno, che lui aveva affettuosamente ribattezzato ‘Pinocchietto’.” Dotti su Previti.
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f a pagina 72
“‘Se sei milanista – gli feci notare – perché non compri il Milan?’ E lui: ‘Purtroppo non posso. Il mio mago mi ha detto che mi porterebbe sfortuna!’.” Dotti a Berlusconi.
f a pagina 37
“‘È successo un bel guaio’ mi confidò un giorno Berlusconi. ‘Dudi ha messo incinta una ragazza.’ Eravamo sul finire degli anni Ottanta. Lui era poco più che adolescente; lei apparteneva a una famiglia di Arcore vicina a villa San Martino.” La figlia segreta di Piersilvio Berlusconi.
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PRETESTO 3
f a pagina 48
“ ‘Perché non facciamo qualche trasmissione educativa?’ Lui mi guardò stupefatto, come se avessi detto chissà quale assurdità: ‘Ma ce le abbiamo già – esclamò, – non hai mai visto i programmi di quiz di Mike Bongiorno?’.” Sulla nascita del polo televisivo Fininvest.
f a pagina 61
“Silvio mio, il tuo nome fa rima con Dio.” Poesia di Massimo Boldi.
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f a pagina 90
“‘Cosa dici, Vittorio, sarà possibile coprire di merda la Mondadori?’ ‘Metaforicamente’ osservai io. ‘No, no, per davvero’ mi rispose. ‘Si potrebbe organizzare una bella colonna di camion carichi di letame con cui cospargere il palazzone.’” Dotti e Berlusconi sulla guerra di Segrate.
f a pagina 109
“Veniva scartato anche chi aveva le mani sudaticce: una stretta non sufficientemente secca e virile poteva costare l’esclusione.” Sulla scelta dei candidati alle elezioni del 1994.
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Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano isbn
978-88-6190-554-2
Prima edizione: maggio 2014 www.chiarelettere.it blog / interviste / libri in uscita
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Vittorio Dotti
L’avvocato del diavolo con la collaborazione di Andrea Sceresini
chiarelettere
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Vittorio Dotti, milanese, studi classici al Liceo Berchet, laurea all’Università Statale, avvocato libero professionista, è stato il legale di Silvio Berlusconi e della Fininvest dal 1980 al 1996, e si è occupato, fra l’altro, della costituzione o acquisizione delle reti televisive italiane ed estere del gruppo, dell’acquisto della Standa, del Milan, della Mediolanum, e dei casi Sme e Mondadori. Eletto al parlamento nel 1994, ha ricoperto le cariche di vicepresidente della Camera dei deputati e di capogruppo di Forza Italia.
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Sommario
l av vo c ato d e l d i avo lo Nota dell’autore
5
Questo libro
7
Un uomo solo 7 – Come un libro aperto 8 – La mia storia è anche la sua 9
La resa dei conti
13
Io, Silvio e Marcello
17
Un ritratto di famiglia
30
Il talento di Mister tv
45
«Ti offro Milano» 13 – L’asse Berlusconi-Previti 14 Il primo incontro 17 – Fianco a fianco con Giorgio Ambrosoli 19 – Dell’Utri e Rapisarda 21 – Il mistero della residenza 25 – Amici fedeli e nemici giurati 27 «Vuoi essere il mio avvocato?» 30 – Veronica la «clandestina» 31 – «Il Berlusca» 33 – Il figlio prediletto 34 – Le donne di casa 36 – Nonno, suo malgrado 37 – Una tomba per tutti 38 – Le case dei sogni 39 – Silvio e la P2 41 L’epopea catodica 45 – L’antennista Galliani 46 – «Diventeremo più forti della Rai» 47 – L’acquisizione di Italia 1 e Rete 4 49 – L’amico Bettino 50 – Gli assi di Publitalia e Rete Italia 53 – Il
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L’avvocato del diavolo
colpo grosso del Mundialito 56 – Alla corte di Silvio 59 – La marcia su Parigi 62 – A caccia di tv 66 – Silvio il comunista 67
I «ruggenti» anni Ottanta
70
L’operazione Sme e la guerra di Segrate
86
L’amaro calice della politica
97
Il primo governo Berlusconi
115
L’avvento dei tecnici
143
La «Milano da bere» 70 – Un insolito interista 71 – L’incognita rossonera 73 – La lettera di rinuncia al Milan 73 – Il colpo di scena 78 – Le mani sulla Standa 81 – Ennio Doris e il «consulente globale» 83 La politica dietro le quinte 86 – «Fermate De Benedetti!» 87 – La rivalità con «l’Ingegnere» 89 – La scalata alla Mondadori 91 – Il lato oscuro delle due vicende 94 «Ti piace Forza Italia?» 97 – Liberale senza ideale 98 – Con l’acqua alla gola 100 – L’intuizione della «strega» 102 – La nostra discesa in campo 104 – I primi dubbi 105 – In parlamento ci vanno gli scarti 106 – Il casting di Arcore 108 – Gli ottocento milioni di Pannella 111 – La vittoria 112 I primi giorni in parlamento 115 – Una poltrona per due 116 – La residenza di via dell’Anima 120 – Il partito di plastica 121 – La Lega, Sgarbi e Tremonti 122 – L’effetto mediatico 124 – Nasce il conflitto di interessi 125 – Il «decreto salva-ladri» 125 – Paolo Berlusconi di nuovo in carcere 128 – Falchi e colombe 129 – Capogruppo di Forza Italia 131 – Il manifesto «segreto» delle colombe 136 – La caduta 140 – Nasce la macchina del fango 141 La grande delusione e il governo Dini 143 – Il ribaltone 145 – Il mio rapporto con Scalfaro 146 – Con lo sguardo verso il centro 148 – L’ombra di Demetrio De Luca 149 – La rabbia dei falchi, i guai delle colombe 152 – L’esilio lombardo e le amministrative del 1995 154 – Giù le mani dalle tv 156 – La cometa Maccanico 159
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Sommario XIII
Il caso Ariosto
163
Il nemico giurato
183
La grande illusione berlusconiana
195
Appendice
201
L’incontro con Stefania 163 – Una relazione tormentata 164 – Il guaio del libretto al portatore 166 – Le accuse della Ariosto 168 – Stefania vuota il sacco 174 – La fine della nostra relazione 175 – La frattura con Berlusconi 177 I voltafaccia: Dell’Utri e Bonaiuti 183 – La macchina del fango 186 – L’offerta di Lamberto Dini 189 – Il Movimento repubblicani europei 192 Un ventennio di sole parole 195 – «Divide et impera» 197
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l  avvocato del diavolo
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Ai miei figli e ai miei nipoti
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Nota dell’autore
Vent’anni dopo: è il titolo di un vecchio film e potrebbe esserlo anche di questo libro. Iniziò infatti nel marzo del 1994 l’avventura politica di Silvio Berlusconi, e per un tratto di quel percorso sono stato al suo fianco. Nonostante sia finita male, quella mia esperienza piuttosto tormentata è rimasta dentro di me, e mi accompagna discretamente nei miei pensieri, nei miei giudizi, nella mia vita quotidiana. È per questo che, al compimento del ventesimo anno dal suo festante inizio, e stemperate nel tempo le sue asprezze, ho voluto con questo libro fissare il ricordo di quella breve stagione, e insieme il ricordo dell’intero mio rapporto con Silvio Berlusconi, di cui sono stato l’avvocato e uno degli amici più assidui da ben prima della «discesa in campo». Il mio non è quindi un libro «politico», ma un libro su un rapporto umano, quello fra me e Silvio, durato oltre sedici anni e snodatosi in una miriade di situazioni, occasioni, eventi, non solo professionali, di cui, nella maggior parte dei casi, grazie forse al filtro del tempo, mi è grato il ricordo, pur non essendo affatto indulgente il mio giudizio sulla parabola politica (non ancora compiuta) di Silvio Berlusconi. Vittorio Dotti
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Questo libro
Un uomo solo Silvio Berlusconi ha vissuto molte vite. È stato quattro volte presidente del Consiglio, fondatore di Mediaset e di Fininvest, creatore di Milano 2, presidente del Milan, padrone de «il Giornale», amico personale di Bettino Craxi e di Vladimir Putin, di George W. Bush e di Mike Bongiorno. Ha acquistato supermercati e compagnie assicurative, case editrici e squadre di calcio. Nel 1994 un sondaggio eseguito tra i bambini delle scuole ne certificò la popolarità: risultò più celebre di Gesù Cristo. Eppure di una cosa sono certo: Silvio Berlusconi è innanzitutto un uomo solo. Circondato da supporter e adulatori, cantori e lacchè. In perpetua compagnia, ma al contempo terribilmente solo. È questo il suo dramma: come puoi credere nell’amicizia di qualcuno, quando hai il sospetto che sia interessato soltanto al tuo potere? Non a caso, gli unici veri amici di Silvio sono Fedele Confalonieri e Marcello Dell’Utri, coloro che lo hanno incontrato quando ancora non aveva nulla, scegliendolo unicamente per quello che era. Solo grazie alla politica Silvio ha ottenuto ciò che sognava: l’affetto gratuito di milioni di persone, uno sterminato esercito di uomini e donne che lo adorano fedelmente da
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L’avvocato del diavolo
due decenni in cambio di illusioni. In realtà, in cambio di nulla ma nonostante ciò continuano a idolatrarlo. La politica lo fa sentire amato, vivo: è la sua condanna, ma è anche la nostra. Come un libro aperto Io Silvio Berlusconi lo conosco bene. So che non disdegna la menzogna, so che faccia fa quando bluffa. In genere aggrotta la fronte e assume un’aria compunta, come a dire: «Purtroppo è così, non posso farci nulla». Simula gravità ed è una cosa che gli riesce piuttosto facilmente. La gente ci casca quasi sempre. È terrorizzato dalle minacce ed è vulnerabile ai ricatti. Tanti piccoli faccendieri lo hanno capito al volo, hanno agito di conseguenza e ci hanno costruito una fortuna. Conosco il suo modo di parlare. Lo ricordo alle convention di Publitalia a Montecarlo, negli anni Ottanta, quando macinava chilometri su e giù per il palco, il volto sorridente e il microfono in mano, inculcando sogni nella platea di fedeli. Se la cava egregiamente ma ha un tallone d’Achille: il suo scarso vocabolario. Spesso non sa trovare le parole. Non di rado per esprimere un concetto deve girarci attorno e ricorrere a perifrasi, un po’ come Alberto Sordi in quella famosa scena dell’esame di francese, quando, di fronte alla commissione, non sapendo come tradurre la parola «zia» si salvava in corner dicendo «la soeur de ma mère». Adora la retorica del quiz, che difatti sta alla base della maieutica berlusconiana. I suoi discorsi sono costellati di interrogativi, ai quali l’uditorio è gioiosamente chiamato a rispondere. «Chi indovina?» sbotta di tanto in tanto, alzando le sopracciglia. Il risultato è duplice: più attenzione, più gra-
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Questo libro
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tificazione. Ma è un vezzo ereditario. Nella sala da pranzo della villa di Arcore, appesa a fianco del lungo tavolo, c’è una gigantesca tela del Settecento. Occupa quasi l’intera parete e raffigura scene di vita quotidiana all’interno di una casa. Il padre di Berlusconi, quando l’interlocutore dava le spalle al muro, se ne usciva spesso con una domanda improvvisa: «Quanti sono i personaggi nel quadro?». Era una sua piccola mania. Ben presto cominciò a farlo anche il figlio e da allora non ha mai abbandonato il genere. È un grande narciso, col culto di se stesso e della propria immagine. Non lascia nulla al caso. Ogni aspetto della sua «iconografia» viene curato fin nei minimi particolari. Un intero staff di professionisti ha, da sempre, il compito specifico di visionare tutte le fotografie che lo ritraggono. Le peggiori vengono immediatamente acquistate e messe fuori mercato, le altre sono quelle che vediamo sui giornali. In questo ricorda Mussolini e non è un caso, forse, che nel novero delle sue frequentazioni abbiano fatto ingresso personaggi con analoghe debolezze: Gheddafi, Mubarak, Ben Ali e Lukašenko. La mia storia è anche la sua Ha scritto qualcuno: «Per capire Berlusconi ci vorrebbe uno psicologo». Io di professione faccio l’avvocato ma ho trascorso al suo fianco sedici anni della mia vita. Per questo so bene chi è e, per questo, non serbo nei suoi confronti alcun rancore sul piano personale. Ho percorso con Silvio Berlusconi un lungo tratto di vita pieno di eventi, di progetti, di persone, di battaglie, di conquiste. Come una corsa a perdifiato senza mai voltarsi indietro e che solo alla fine ti dà la misura della strada fatta, delle difficoltà
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L’avvocato del diavolo
superate, dei traguardi raggiunti. Sono i traguardi del suo gruppo che, inizialmente «palazzinaro» o poco più, è divenuto monopolista della televisione commerciale e colosso dell’editoria e della finanza. Ma sono anche quelli della mia attività professionale cresciuta in sintonia con l’esplosione di un cliente come Berlusconi. Il 1993 rappresenta un’ideale sosta, per uno sguardo verso il passato e una riflessione sul futuro. Silvio decide il salto in politica e io accetto la sua proposta di seguirlo anche in questa nuova avventura. Stravinte le elezioni dell’anno successivo, lui sarà presidente del Consiglio e poi capo dell’opposizione di centrodestra, io capogruppo alla Camera di Forza Italia. Nel marzo del 1996 esplode il caso giudiziario che travolge Cesare Previti, uomo vicinissimo a Silvio, eletto al Senato e già ministro nel primo governo Berlusconi. A inguaiarlo sono le rivelazioni fatte ai pm di Milano, di nascosto da me, dalla mia fidanzata Stefania Ariosto, amica e frequentatrice di Previti da ben prima di conoscermi e depositaria di segreti a me del tutto sconosciuti. Una vera bomba giudiziaria che ha riempito le pagine dei giornali per mesi e che rappresenta un tassello importante della storia politica della Seconda repubblica. Da Previti e dall’ala dura del partito vengo accusato ingiustamente di essere l’ispiratore della Ariosto o, comunque, di non avere impedito la sua testimonianza. Ciò costringe Berlusconi a negarmi la ricandidatura nelle imminenti elezioni dell’aprile 1996 (vinte poi dal centrosinistra di Prodi) e sancisce di fatto la fine dei nostri rapporti. La rottura con Silvio e gli insulti che ho dovuto subire da parte dei suoi zelanti servitori mi hanno profondamente segnato. I suoi media e diversi esponenti politici di Forza Italia, vuoi per esigenze elettorali vuoi per deviare l’attenzione dai gravi illeciti oggetto dell’inchiesta giudiziaria, hanno
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sparato a zero su di me, mettendomi alla gogna con illazioni, pregiudizi e calunnie di ogni genere. Maurizio Gasparri disse: «Dotti è un poveraccio e un saltafosso». Marcello Dell’Utri mi definì «un incapace». Cesare Previti si scagliò contro di me: «Dotti è pazzesco e ineffabile ed è anche qualcosa di peggio». Persino la signora Rosa Bossi, l’anziana madre di Silvio Berlusconi, si sbilanciò, durante un’intervista a Emilio Fede, definendomi «il traditore per eccellenza». Minacciai di querelarla. Non l’avessi mai fatto. Fede si affrettò a correre in sua difesa e nel farlo usò la mano pesante: «Sono stupefatto dal comportamento di Dotti» affermò. «La sua reazione è stata vile e villana.» Ribattere a quelle infamie, colpo su colpo, mi avrebbe trascinato nel vortice mediatico, facile bersaglio privo di protezioni e di qualsiasi strumento di difesa. Decisi di lasciar perdere: in fondo avevo la coscienza pulita e nulla da rimproverarmi. Le mie ragioni erano lì, sotto gli occhi di tutti, non avevo bisogno di gridare. Perciò scelsi di tacere. E l’ho fatto per diciotto anni, senza mai un rimpianto. Lentamente, ho cercato di dimenticare. Ho riposto in un armadio gli articoli di giornale di quel periodo, le vecchie interviste, le fotografie ormai ingiallite. Non ho mai smesso di fare l’avvocato, che è da sempre la mia vera vocazione e unica professione. Ho lasciato che i ricordi mi scivolassero addosso. Me li sono seminati alle spalle e ne sono onestamente felice. È quasi trascorso un quinto di secolo; si sono susseguiti tanti governi, cinque legislature, tre presidenti della Repubblica. Oggi mi è venuta voglia di raccontare. Questa è la mia storia ed è anche quella di Silvio Berlusconi.