Un paese di baroni

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Antonio Castaldo è giornalista del “Corriere della Sera”. Lavora a Milano.

Testimonianza di un lettore dell’università di Genova, pubblicata su “il manifesto”, 18 ottobre 2008

15,00 Progetto grafico: David Pearson www.davidpearsondesign.com

www.chiarelettere.it I S B N 978-88-6190-015-8

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788861 900158

“NON MI SENTO NEPPURE PRECARIO, SONO UN INVISIBILE E TEMO DELLE RAPPRESAGLIE. HO PAURA.”

Davide Carlucci Antonio Castaldo UN PAESE DI BARONI

Davide Carlucci è giornalista de “la Repubblica”. Lavora alla redazione di Milano.

UN PAESE DI

BARONI TRUFFE, FAVORI, ABUSI DI POTERE. LOGGE SEGRETE E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA.

COME FUNZIONA L’UNIVERSITÀ ITALIANA

Davide Carlucci Antonio Castaldo

Bisogna fare così nell’università dei baroni: presentarsi al colloquio con il prof muniti di un registratore portatile e memorizzare su nastro “le regole del gioco”. Negli ultimi anni numerosi casi di intercettazioni fai da te hanno portato a più di un’inchiesta in tutta Italia. Contro prepotenze e abusi. Questo libro racconta l’università dei privilegi e anche l’università di chi lavora seriamente tutti i giorni e per pochi soldi. Le storie e le testimonianze di chi si è ribellato contro i concorsi truccati rivelano un sistema fortissimo, basato molto sull’obbedienza e molto meno sul merito: esistono delle vere e proprie gerarchie nazionali per ogni disciplina, chi occupa il vertice comanda su tutti. Un sistema tanto chiacchierato, e oggetto di generale indignazione, ma che fino a oggi tutti hanno accettato. Importante era non fare i nomi. Funziona così l’università. Stipendi d’oro assegnati con un criterio gerontocratico (basta qualche anno di anzianità per guadagnare più del 90 per cento dei professori americani). L’impegno spesso è risibile (il “tempo pieno” di un professore ordinario è 3 ore e 39 minuti al giorno, mentre i ricercatori spesso si dedicano totalmente alla didattica), i più furbi arrotondano bene con le consulenze. E poi le lobby:“bianche”,“rosse” e “nere” (senza dimenticare Comunione e liberazione e l’Opus Dei). Chi non sta alle regole, è fuori. Studenti, dottorandi e ricercatori, magari dopo una vita di studio, esperienze all’estero e pubblicazioni in riviste autorevoli, aspettano il loro turno. Ma non è detto che ce la facciano. Anzi. Nascono blog e siti internet che danno voce alla loro frustrazione: per difendere l’università pubblica e la voglia di un futuro più onesto e più giusto.


Antonio Castaldo è giornalista del “Corriere della Sera”. Lavora a Milano.

Testimonianza di un lettore dell’università di Genova, pubblicata su “il manifesto”, 18 ottobre 2008

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“NON MI SENTO NEPPURE PRECARIO, SONO UN INVISIBILE E TEMO DELLE RAPPRESAGLIE. HO PAURA.”

Davide Carlucci Antonio Castaldo UN PAESE DI BARONI

Davide Carlucci è giornalista de “la Repubblica”. Lavora alla redazione di Milano.

UN PAESE DI

BARONI TRUFFE, FAVORI, ABUSI DI POTERE. LOGGE SEGRETE E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA.

COME FUNZIONA L’UNIVERSITÀ ITALIANA

Davide Carlucci Antonio Castaldo

Bisogna fare così nell’università dei baroni: presentarsi al colloquio con il prof muniti di un registratore portatile e memorizzare su nastro “le regole del gioco”. Negli ultimi anni numerosi casi di intercettazioni fai da te hanno portato a più di un’inchiesta in tutta Italia. Contro prepotenze e abusi. Questo libro racconta l’università dei privilegi e anche l’università di chi lavora seriamente tutti i giorni e per pochi soldi. Le storie e le testimonianze di chi si è ribellato contro i concorsi truccati rivelano un sistema fortissimo, basato molto sull’obbedienza e molto meno sul merito: esistono delle vere e proprie gerarchie nazionali per ogni disciplina, chi occupa il vertice comanda su tutti. Un sistema tanto chiacchierato, e oggetto di generale indignazione, ma che fino a oggi tutti hanno accettato. Importante era non fare i nomi. Funziona così l’università. Stipendi d’oro assegnati con un criterio gerontocratico (basta qualche anno di anzianità per guadagnare più del 90 per cento dei professori americani). L’impegno spesso è risibile (il “tempo pieno” di un professore ordinario è 3 ore e 39 minuti al giorno, mentre i ricercatori spesso si dedicano totalmente alla didattica), i più furbi arrotondano bene con le consulenze. E poi le lobby:“bianche”,“rosse” e “nere” (senza dimenticare Comunione e liberazione e l’Opus Dei). Chi non sta alle regole, è fuori. Studenti, dottorandi e ricercatori, magari dopo una vita di studio, esperienze all’estero e pubblicazioni in riviste autorevoli, aspettano il loro turno. Ma non è detto che ce la facciano. Anzi. Nascono blog e siti internet che danno voce alla loro frustrazione: per difendere l’università pubblica e la voglia di un futuro più onesto e più giusto.


PRINCIPIO ATTIVO Inchieste e reportage


Michele Ainis, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Caterina Bonvicini, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Carla Buzza, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Carla Castellacci, Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Pino Corrias, Gabriele D’Autilia, Andrea Di Caro, Giovanni Fasanella, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Goffredo Fofi, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Gaito, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Marco Lillo, Felice Lima, Giuseppe Lo Bianco, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Alberto Nerazzini, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Paola Porciello (web editor), Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Luca Rastello, Marco Revelli, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Matteo Scanni, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Bruno Tinti, Marco Travaglio, Carlo Zanda.

Autori e amici di

chiarelettere


“I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria.” Stefano Podestà, ex ministro dell’Università, 1996.

PRETESTO 1 f pagina 139


“Non ho mai conosciuto nessuno che sia diventato professore solo in base ai propri meriti.” Paolo Bertinetti, preside della facoltà di Lingue e letteratura, Torino.

“Sfogliando l’ultimo annuario accademico sembra di leggere le tavole della legge di Mendel, tale è la regolarità con cui si succedono i nomi dei padri e dei figli nella stessa professione, nella stessa facoltà, spesso nella stessa cattedra.” Lino Jannuzzi, «L’espresso», 1965.

PRETESTO 2 f pagine 21, 84


“A Bologna ci sono due lobby, massoneria e Cl. Controllano la Sanità e la facoltà di Medicina. È sempre stato così. È uno spaccato inquietante.” Libero Mancuso, ex magistrato, assessore comunale a Bologna.

PRETESTO 3 f pagina 147


“Se non si spezza questa catena, i giovani saranno a immagine e somiglianza di chi li ha arruolati, e tutto rimarrà uguale.” Carlo Sabbà, professore, si è ribellato al sistema dei concorsi truccati.

“I rettori hanno famiglia in 25 delle 59 università statali italiane. Quasi il 50 per cento (il 42,3) ha nella medesima università un parente stretto, quasi sempre un altro docente.”

PRETESTO 4 f pagine 34, 114


- Se non vengo io, tu non sarai nominato preside. - Che cosa vuoi in cambio? - Due miei parenti falli entrare‌ Ricostruzione di un dialogo tra docenti, dalla deposizione di Massimo Del Vecchio, professore di Matematica, Bari.

PRETESTO 5 f pagine 80-81


Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol Spa Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare Spa) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano ISBN 978-88-6190-015-8 Prima edizione: gennaio 2009 Seconda edizione: marzo 2009

www.chiarelettere.it BLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA


Davide Carlucci Antonio Castaldo

Un Paese di baroni

chiarelettere


Davide Carlucci, 39 anni, dal 2000 scrive per «la Repubblica», prima per la redazione di Bari e dal 2007 a Milano, dove si occupa prevalentemente di cronaca giudiziaria. Laureato in Lettere moderne, ha frequentato l’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino. Ha collaborato con «il manifesto» e diverse altre testate – tra le quali «L’espresso» – ed è stato redattore, a Modena, del quotidiano «Ultime notizie». Ha seguito varie inchieste sul nepotismo e sugli scandali nelle università. Ha scritto anche di ambiente, criminalità organizzata ed economia. Antonio Castaldo, 33 anni, fa il giornalista da quando ne aveva 17. Laureato in Lettere moderne, redattore del «Corriere del Mezzogiorno», prima a Caserta e Napoli, poi a Bari, dove dal 2003 si occupa di cronaca giudiziaria. Nell’estate del 2004 ha vissuto così, in trincea, l’esplosione dei primi casi di corruzione universitaria che dalla facoltà di Medicina hanno poi contagiato l’intero ateneo barese. Ha collaborato con «Panorama», «Il Sole 24 Ore», «Diario», «Il Nuovo» e diverse altre testate. Dal 2006 vive a Milano. Scrive per il «Corriere della Sera».


Sommario

Premessa Un libro fatto di casi, storie e testimonianze inedite e dirette

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Foto di gruppo Quanti sono, quanto guadagnano e cosa fanno i professori universitari italiani. Geografia dell’Italia baronale e non

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PRIMA PARTE

Un sistema «mafioso»

Gli infiltrati tra i baroni Qualcuno si ribella e registra. Nei guai molti baroni. Il caso Tosi, ex numero uno dei rettori

27

La grande truffa dei concorsi L’inutilità di una procedura molto costosa. I baroni-manager. Come controllare le commissioni. La corruzione

51

Parentopoli d’Italia Nepotismi alla partenopea: la mappa delle famiglie. Roma e Milano. Il caso di Bari. Nepotismi toscani. I rettori

84

SECONDA PARTE

I poteri che contano

La massoneria in cattedra Un lungo elenco di affiliati. Il caso di Bologna. Cl e Grande Oriente

129

Mafia e ’ndrangheta alla conquista di Messina Sequestri e omicidi. La denuncia in un Libro bianco. L’invadenza della criminalità. Ma l’università fa quadrato

154


Poteri trasversali Il modello Perlingieri e l’università di Benevento. Gli illustri autori della casa editrice Esi. L’Opus Dei e Mastella

185

Baroni virtuali 199 La moltiplicazione delle università telematiche. Tutto comincia con la Moratti e sponsor molto potenti. Una situazione grottesca. Il sondaggio di Studenti.it TERZA PARTE

La politica

Le consulenze Il mercato degli esperti. Politici e docenti: una lunga tradizione

215

I baroni del Mediterraneo Il progetto di Latteri. Il mare nostrum di Scotti e Andò, e di molti politici

222

Un esercito di primari Controlli di spesa aleatori. Il caso di Napoli, l’ospedale più indebitato d’Europa. La «soluzione finale» di Bassolino

235

La facoltà dei figli di papà La Jean Monnet, l’ateneo benedetto da Ciampi. Parentopoli continua

249

EPILOGO

La rivolta

Il coraggio di testimoniare Una fioritura di blog e siti. Il «senso della misura» per ribellarsi al nepotismo. La denuncia alla magistratura

263

Il Masaniello di Modena La storia di Massimo Federico. Contro il figlio del rettore. Dopo la denuncia, le ritorsioni

269

L’architetto che voleva diventare associato Il risultato era già noto a tutti. Alla facoltà di Architettura di Napoli c’è qualcosa che non va

275


Quirino Paris, profeta in patria Di ritorno dagli Stati Uniti. Il caso estremo di Anania. Votazioni pilotate

283

L’indovino Tommaso Gastaldi, il più agguerrito avversario del nepotismo accademico. Il concorso truccato

293

Il capopopolo figlio del preside Il caso De Nardis. Contro il nepotismo, ma anch’egli figlio di papà: le critiche degli studenti sono severe

301

Ringraziamenti

311



Ai nostri genitori, che ci hanno insegnato a camminare con le nostre gambe



u n pa e s e d i b a ro n i


Avvertenza

Nel presente libro vengono citate varie inchieste giudiziarie, alcune conclusesi e altre non ancora. Tutte le persone coinvolte e/o citate a vario titolo, anche se condannate nei primi gradi di giudizio, sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.


Premessa

Questo libro intende discostarsi dalla facile moda dell’indignazione contro nepotismo e baronati che imperversa tra gli stessi professori. Attraverso le storie e i casi che racconta, si propone come un’istantanea sullo stato dell’università italiana, e delle élite che la governano, nel momento di più profonda decadenza della sua storia. Una stagione drammatica e grottesca al tempo stesso, che perdura da più di dieci anni e coincide, per certi versi, con il «commissariamento» dell’istituzione accademica da parte del potere giudiziario, troppe volte costretto a intervenire per limitare prepotenze e abusi. La lotta che si combatte praticamente ogni giorno nelle aule degli atenei, tra giovani (e meno giovani) studiosi che non vogliono più piegare la testa e vecchi ma influenti latifondisti del sapere, è una guerra che provoca morti e feriti, costringe bravissimi ricercatori a emigrare e quelli che restano a fare i conti con depressioni, frustrazioni e umiliazioni, alternandosi tra psicologi e avvocati. Come nelle campagne di un tempo, alla grande borghesia parassitaria si contrappone un esercito di braccianti della cultura. Categorie di paria come i lettori di lingua, insegnanti madrelingua che affiancano i docenti nei corsi: in uno degli stati industrializzati con il più alto tasso di analfabetismo linguistico anche tra i laureati, dovrebbero essere messi in condizione di lavorare al meglio e trattati con ogni cura. Invece sono tra i meno considerati. Ecco cosa racconta, per esempio, un lettore dell’università di


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Un Paese di baroni

Genova ad Alessandra Fava de «il manifesto»: «Non mi sento neppure precario, sono un invisibile e temo delle rappresaglie. Ho paura», per questo parla in forma anonima.1 Quello che racconta, però, è facilmente riscontrabile raccogliendo le testimonianze di molti suoi colleghi nel resto d’Italia. I lettori, spiega, sono pagati con contratti a termine e solo per le ore effettive di lezione. Con un contratto da cento ore «non arriviamo a 1900 euro all’anno. Ferie e malattia zero. E il pagamento include solo le ore in classe. Il resto, vale a dire riunioni, un ricevimento alla settimana, gli esami e i rapporti con gli allievi non vengono pagati. Di fatto facciamo quello che fanno i professori pagati migliaia di euro al mese». Ma è questa profonda diseguaglianza, la troppo marcata distanza tra i privilegiati e i sottomessi, la benzina che sta incendiando il palazzo dell’Accademia. Nel novembre del 2008 il quotidiano «la Repubblica» ha invitato i ricercatori italiani che lavorano all’estero a raccontare la loro esperienza di cervelli in fuga. Il sito internet è stato sommerso di testimonianze. Come quella di una ricercatrice napoletana che oggi insegna a Parigi: «Mi sono laureata brillantemente in Economia e commercio a Napoli nel 1992. L’allora preside della facoltà, nonché presidente del mio jury di tesi, rispose così alla mia domanda di poter cominciare a fare ricerca all’università ed eventualmente presentare la mia candidatura per un dottorato: “Signorina, ma faccia altro... non sa che file che ci sono all’università...”». Un altro studioso napoletano, laureato in Scienze politiche, racconta: «Mi sono trasferito in Turchia in un’università dove insegno ai turchi storia politica del loro Paese. Ho uno stipendio di 2000 euro al mese (in Turchia ne bastano 1000 per essere benestante) e negli ultimi sei mesi ho ricevuto almeno 7000 euro di fondi per ricerche. Tornerei mai in Italia? No!». Un medico che fa ricerca sul cancro, emigrato per due volte dall’Italia, rivela: «Per trovare la posizione che ora occupo al Department of Pathology della Vanderbilt University negli Stati Uniti mi è bastato rispondere all’annuncio online, mandare il mio curriculum e sono stato contattato». Un fisico teorico è fi-


Premessa

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nito in Cile: «Qui un ricercatore si sente meno precario che in Italia, può permettersi un tenore di vita dignitoso, senza dover contare sulla famiglia».2 Ora la battaglia contro i baroni rischia di ritorcersi proprio contro chi i baroni li ha sempre subìti. E la classe di governo che grida alla casta per giustificare tagli e privatizzazioni è la stessa che per anni ha permesso la proliferazione di cattedre e sacche di privilegio. Per scrivere questo libro abbiamo seguito da vicino le vicende che hanno portato intere dinastie familiari alla conquista di tutte le cattedre disponibili nelle città italiane. Raccontiamo come si sia troppe volte calpestato il merito, come si siano eluse – alcune volte con maestria, altre senza decenza – le regole democratiche. Come gli esami siano stati comprati. Chi credeva nella ricerca è stato allontanato. Chi non s’irregimentava, è stato emarginato. E intere «bande» di cattedratici, riunite sotto le insegne di una cordata, di una lobby, di uno sponsor, di una fede o di un partito, si sono spartite il territorio, proprio come fa la mafia. Già, perché c’è anche questo nella storia dell’università italiana: favori ai clan e cosche che spacciano o dettano legge in quei templi del sapere che sempre meno sanno elevarsi, come dovrebbero, sulle bassezze di una società corrotta. Tutto ciò a detrimento di chi invece nelle università e nell’eccellenza dello studio crede, cercando di dare spazio a chi merita di più. Tutti i giorni. Per difendere l’università come bene pubblico e risorsa del Paese. Sono centinaia di professori, ricercatori, lettori che nonostante i soprusi e le generali storture di un sistema che non funziona, resistono e lavorano. E ci credono. Questo libro è fatto anche grazie a loro. Partiamo dalle storie e dalle testimonianze dirette di Carlo Sabbà e di Antonella Fioravanti, un professore e una ricercatrice che dopo diverse ingiustizie subìte hanno scelto di tenere alta la testa, e di non soccombere alla logica del più forte. Si sono presentati, muniti di un registratore nascosto, nell’aula


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Un Paese di baroni

del professore, per registrare dalla sua viva voce quelle che sono le «regole del gioco», che chiunque aspiri a un posto all’università deve conoscere. Da queste intercettazioni fai da te – che qui riportiamo – sono nate denunce e vari procedimenti giudiziari, alcuni tuttora in corso, che hanno consentito di far vedere in che mani è l’università. Non basta cambiare le regole dei concorsi per venirne fuori. Tanto più se il nuovo sistema di nomine per sorteggio introdotto dal decreto Gelmini del novembre 2008 risulta, come molti hanno riscontrato, un meccanismo complesso e incapace di garantire un vera svolta meritocratica.3 E tanto più se le nuove commissioni per sorteggio che dovrebbero «tagliare le unghie ai baroni» finiscono poi con l’escludere dalle stesse commissioni i professori associati e i ricercatori, lasciando il potere assoluto agli ordinari. A partire dagli «infiltrati» Sabbà e Fioravanti raccontiamo il sistema dei baroni. E la fitta trama di scambi tra potere politico e mondo universitario. Il ruolo decisivo molto spesso ricoperto da gruppi di potere come la massoneria, l’Opus Dei e Comunione e liberazione. E le storie di chi, dall’interno degli atenei, crede e lotta per un cambiamento necessario. Questo libro è dedicato ai tanti «ribelli» che in questi ultimi anni hanno denunciato abusi, hanno aperto blog e siti internet contro il malcostume accademico, e hanno scritto, spesso firmando con nome e cognome, ai quotidiani nazionali. E ai tantissimi professori e ricercatori onesti. Perché non perdano la speranza. Per non darla vinta ai baroni, e per non essere costretti un domani a comportarsi come loro. Grazie a essi l’Italia risulta ai primissimi posti di una speciale classifica di merito stilata dalla rivista «Nature» nel 2004,4 e calcolata in base alla proporzione tra investimenti ricevuti e qualità delle pubblicazioni sulle principali riviste di ricerca internazionali. Come dire: nonostante i pochi soldi, i concorsi truccati, la corruzione e molto altro, i ricercatori italiani ottengono risultati eccezionali. Incredibile ma vero.


Premessa

1 2 3

4

7

«il manifesto», 18 ottobre 2008. «la Repubblica», 19 novembre 2008. Si veda in proposito Daniele Checchi, «Commissari per caso», su www.lavoce.info, 14 novembre 2008. E Biancamaria Gentili, «Il bluff della riforma delle commissioni», in «Il foglietto», n. 42, Usi/RdB-Ricerca, 25 novembre 2008. D.A. King, «The Scientific Impact of Nations», in «Nature», vol. 430, 15 luglio 2004.



Antonio Castaldo è giornalista del “Corriere della Sera”. Lavora a Milano.

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“NON MI SENTO NEPPURE PRECARIO, SONO UN INVISIBILE E TEMO DELLE RAPPRESAGLIE. HO PAURA.”

Davide Carlucci Antonio Castaldo UN PAESE DI BARONI

Davide Carlucci è giornalista de “la Repubblica”. Lavora alla redazione di Milano.

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BARONI TRUFFE, FAVORI, ABUSI DI POTERE. LOGGE SEGRETE E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA.

COME FUNZIONA L’UNIVERSITÀ ITALIANA

Davide Carlucci Antonio Castaldo

Bisogna fare così nell’università dei baroni: presentarsi al colloquio con il prof muniti di un registratore portatile e memorizzare su nastro “le regole del gioco”. Negli ultimi anni numerosi casi di intercettazioni fai da te hanno portato a più di un’inchiesta in tutta Italia. Contro prepotenze e abusi. Questo libro racconta l’università dei privilegi e anche l’università di chi lavora seriamente tutti i giorni e per pochi soldi. Le storie e le testimonianze di chi si è ribellato contro i concorsi truccati rivelano un sistema fortissimo, basato molto sull’obbedienza e molto meno sul merito: esistono delle vere e proprie gerarchie nazionali per ogni disciplina, chi occupa il vertice comanda su tutti. Un sistema tanto chiacchierato, e oggetto di generale indignazione, ma che fino a oggi tutti hanno accettato. Importante era non fare i nomi. Funziona così l’università. Stipendi d’oro assegnati con un criterio gerontocratico (basta qualche anno di anzianità per guadagnare più del 90 per cento dei professori americani). L’impegno spesso è risibile (il “tempo pieno” di un professore ordinario è 3 ore e 39 minuti al giorno, mentre i ricercatori spesso si dedicano totalmente alla didattica), i più furbi arrotondano bene con le consulenze. E poi le lobby:“bianche”,“rosse” e “nere” (senza dimenticare Comunione e liberazione e l’Opus Dei). Chi non sta alle regole, è fuori. Studenti, dottorandi e ricercatori, magari dopo una vita di studio, esperienze all’estero e pubblicazioni in riviste autorevoli, aspettano il loro turno. Ma non è detto che ce la facciano. Anzi. Nascono blog e siti internet che danno voce alla loro frustrazione: per difendere l’università pubblica e la voglia di un futuro più onesto e più giusto.


Antonio Castaldo è giornalista del “Corriere della Sera”. Lavora a Milano.

Testimonianza di un lettore dell’università di Genova, pubblicata su “il manifesto”, 18 ottobre 2008

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Davide Carlucci è giornalista de “la Repubblica”. Lavora alla redazione di Milano.

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Bisogna fare così nell’università dei baroni: presentarsi al colloquio con il prof muniti di un registratore portatile e memorizzare su nastro “le regole del gioco”. Negli ultimi anni numerosi casi di intercettazioni fai da te hanno portato a più di un’inchiesta in tutta Italia. Contro prepotenze e abusi. Questo libro racconta l’università dei privilegi e anche l’università di chi lavora seriamente tutti i giorni e per pochi soldi. Le storie e le testimonianze di chi si è ribellato contro i concorsi truccati rivelano un sistema fortissimo, basato molto sull’obbedienza e molto meno sul merito: esistono delle vere e proprie gerarchie nazionali per ogni disciplina, chi occupa il vertice comanda su tutti. Un sistema tanto chiacchierato, e oggetto di generale indignazione, ma che fino a oggi tutti hanno accettato. Importante era non fare i nomi. Funziona così l’università. Stipendi d’oro assegnati con un criterio gerontocratico (basta qualche anno di anzianità per guadagnare più del 90 per cento dei professori americani). L’impegno spesso è risibile (il “tempo pieno” di un professore ordinario è 3 ore e 39 minuti al giorno, mentre i ricercatori spesso si dedicano totalmente alla didattica), i più furbi arrotondano bene con le consulenze. E poi le lobby:“bianche”,“rosse” e “nere” (senza dimenticare Comunione e liberazione e l’Opus Dei). Chi non sta alle regole, è fuori. Studenti, dottorandi e ricercatori, magari dopo una vita di studio, esperienze all’estero e pubblicazioni in riviste autorevoli, aspettano il loro turno. Ma non è detto che ce la facciano. Anzi. Nascono blog e siti internet che danno voce alla loro frustrazione: per difendere l’università pubblica e la voglia di un futuro più onesto e più giusto.


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