Viva il re!

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«I protagonisti dell’antipolitica», serie a cura di Pino Corrias principio attivo Inchieste e reportage


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Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: via Guerrazzi 9, 20145 Milano isbn 978-88-6190-484-2 Prima edizione: dicembre 2013 www.chiarelettere.it blog / interviste / libri in uscita


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Marco Travaglio

Viva il Re!

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Sommario

viva il re! Questo libro

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Il Presidente Monarca 8 – Il Grande Imbalsamatore 11 – Il Re Taumaturgo 13 – Il Pilota Automatico 16 – Quando l’impeachment lo chiedeva Lui 18 – «Il presidente fa politica» (ma non è lui) 22

Prologo. La giornalista e il presidente

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Il Peggiorista (1953-2006)

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I «piglioristi» di Tangentopoli 43 – Presidente della Camera (degli inquisiti) 45 – Giorgio & Silvio, prove tecniche di inciucio 50 – Il ministro e gli armadi 53

Il Pompiere Incendiario (2006-2008)

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La Volpe del Tavoliere 61 – Il Rieccolo 67 – Il primo monito: inciucio forever 69 – La carica dei 103 73 – I figli del Re 74 – L’indulto extralarge 77 – La controriforma dei giudici 79 – Dossier Telecom: bruciare tutto 80 – Disarmare la gip Forleo 83 – Viva la Casta, abbasso Grillo 85 – Silenziare lo scandalo Rai-Mediaset 86 – Scippare De Magistris 88 – Graziare Contrada, anzi no 93 – Giri di Walter 96 – Padoa-Schioppa, Prodi e il «pompiere incendiario» 98

Il Firmatutto (2008-2011) Decreto monnezza 113 – Compleanno con indagati 117 – Legge Alfano, 10 con lodo 118 – Il presidente non sa leggere 120 – La falsa guerra Salerno-Catanzaro 124 – Contra Eluanam 128 – Abbasso le ronde, ma firma 130 – Abbasso il piano casa, ma firma 130 – Basta decreti omnibus, ma firma 131 – Il presidente critico cinematografico 132 – La storia siamo Lui 133 – Attacco a Spatuzza e Ciancimino 134 – Silenzio, il G8 ci ascolta 136 – No al reato di

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clandestinità, ma firma 138 – Riabilitati Caltagirone e Leone 140 – Difendere i pm? Non esageriamo 142 – Scudo fiscale, chi non firma è perduto 142 – Chi consulta la Consulta 144 – Un colpo al cerchio e uno al cerchio 149 – San Bettino vergine e martire 154 – L’Agcomica finale 155 – Liste fuorilegge sanate per decreto 157 – Un’altra esule perseguitata 162 – «Apprezzo chi mi apprezza» 163 – Il lavoro, chi se ne importa 163 – (Il)legittimo impedimento 164 – Magistrati zitti e muti 166 – La lirica, chi se ne importa 168 – Brancher no, Berlusconi sì 169 – Il mistero del lodo Ceccanti 172 – Toh, la loggia P3 174 – Il Presidente Transformer 177 – Giù le mani da Schifani 178 – Tiro libero al pm 179 – Operazione salva-Silvio 181 – Consulta findus 183 – Gelmini con riserva 184 – Che fai, Ruby? 185 – Libia, guerra a sua insaputa 188 – Romano, ministro con riserva 191 – L’estate dello spread 193 – Bye bye Silvio 197 – Il governo Napolitano-Monti 199 – Solo interessi, nessun conflitto 207 – Il presidente dà ragione al presidente 209 – Il presidente della Cgil 210 – Referendum no, Porcellum sì 211 – Bavaglio ai magistrati scomodi 214 – L’inciucio paga: Berlusconi e Dell’Utri salvi 216 – Fornero, salva-Ilva e altre vergogne 223 – «Non votate Grillo» 226 – Boom? Quale boom? 228 – Un sobrio 2 giugno 228 – Autorità incompetenti e dipendenti 229 – Ora e sempre amnistia 231 – Toh, la corruzione 232 – Toh, i terremotati 233

Romanzo Quirinale (2011-2012) Il terrore corre sul filo 236 – Il grande ricatto 239 – La proposta indecente 242 – La lettera della vergogna 243 – Presidente ordina, pg esegue 245 – Il presidente risponde «non rispondo» 248 – L’abuso di potere 252 – Che cosa c’è dietro 256 – L’uomo del Colle ha detto «boh» 257 – Il consigliere espiatorio 264 – Immoral dissuasion 266 – Oddio, hanno ascoltato The Voice 267 – Corazzieri, all’assalto! 269 – L’upupa e il cinghialotto 275 – Lo Stato contro lo Stato 276 – Il presidente Pinocchio 280 – M’illumino d’incenso 283 – Infarto di Stato 285 – Una promessa o una minaccia? 286 – «Pronto Giorgio» «Pronto Nicola» 287 – Il cappio al Colle 292 – Quattro chiamate (più una) 294 – Zagrebelsky contro Napolitano (e Scalfari) 295 – La mediazione Mauro 299 – Impar condicio 300 – La Corte cortigiana 306 – Presidente o Re Sole? 308 – L’autogol di Scandicci 310 – La Corte incostituzionale 314 – Golpe: che fare? 319 – Tanti saluti alla difesa 321 – Stato & mafia alla sbarra 322

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L’Imbalsamatore (2012-2013)

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La riforma elettorale la detta Lui 328 – Un inciucio è per sempre 330 – Addio Monti 332 – Sallusti, povero martire 334 – Severino, ad personam alla rovescia 342 – Montepaschi, sopire e troncare 343 – Napolitano piazzista di Monti 347 – Ingroia e Di Pietro non piacciono: fuori dal centrosinistra 350 – Il Temperatore Generale 351 – Elezioni, c’è chi dice no 355 – Alti colli, alte montagne 358 – Assalto al tribunale 360 – Ponzio Pilato monita 362 – Processi sospesi per consultazioni 363 – Bersani colleziona poltrone (per gli altri) 366 – Chi consulta chi? 371 – Bersani incaricato (e dimezzato) 374 – Facciamoci sempre riconoscere 376 – Lo smacchiatore smacchiato 377 – Secondo giro di giostra 381 – Un cappello, due conigli 384 – Il ritorno dei «codini» 386 – Dieci «saggi» per il successore, cioè per sé 388 – Troppa grazia, San Giorgio 391

Sir Bis (2013-2020?) Toto-presidente (con monito) 400 – Patto Ribbentrop-Molotov all’amatriciana 402 – Giustizia, profumo d’intesa 405 – La rielezione? Un «pasticcio ridicolo» 407 – Cassese, il favorito del Re 412 – Rodotà, il non-saggio delle Quirinarie 413 – Marini, il nuovo che avanza 417 – Rodotà: perché no? 420 – Il falò delle impunità 421 – La scarica dei 101 422 – Le Idi di aprile 426 – Pellegrinaggio al Divino Amore 428 – Il Rieccolo 430 – Jurassic Park 433 – Operazione Gattopardo 435 – T’adoriam, Giorgio Divino 437 – Fuochi d’artificio all’Ucciardone 444 – Il discorso della Corona 446 – Minculnap 453 – Governo Letta, da zio a nipote 455 – Letta a due piazze 457 – Mediaset Premier 461 – Il premier vero e quello finto 464 – Il governo del Burattinaio 469 – I larghi sottintesi 471 – I lecca-Letta 473 – ScendiLetta 479 – I viceimpresentabili 482 – L’alleato condannato 486 – Vietato dire la verità 488 – Il marcio su Brescia 491 – Impigliato alzatevi 492 – Il Reticente della Repubblica 494 – Il Porcellum e le lunghe attese 498 – I saggi ricostituenti 500 – Napolitano smentisce Napolitano 506 – «Bombardate Palermo» 509 – La Consulta e il «patto tradito» 512 – Ruby maior, minor cessat 515 – Mi viene da monitare 518 – Cicciobomba cannoniere 520 – La Fiat bacia la pantofola 523 – Brigate Cassazione 525 – Parlamento chiuso per lutto 529 – Niente grazia (per ora) 531 – Kazakistan, Afghanistan, Napolitanistan 533 – Non nominare Napolitano invano 536 – My fair Lady 539 –

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Giorgio ed Enrico, difensori aggiunti 539 – Se ne accorge pure Bertinotti 541 – L’Innominabile è per sempre 544 – Giù le mani dalla Costituzione 546 – Gli ultimi ricatti 548 – Ultime manovre al Palazzaccio 550 – Il Verdetto 550 – Lo statista pregiudicato 553 – La giustizia funziona, riformiamola 556 – «Resta con noi, non ci lasciar» 558 – «Giorgio, ricordati degli amici» 560 – Silenzio, il presidente esamina 563 – Tutta colpa del giudice 566 – Se fai il bravo, ti do la grazia 568 – Clemenza senile 572 – Dal Porcellum al Porcellinum 577 – Il Gran Consiglio di Arcore 578 – Il lodo Violante e gli scudi umani 580 – Le larghe attese 583

Post Scriptum Trattativa Stato-Mediaset 589 – La giunta delle eternità 591 – Uno li tiene, l’altro li mena 594 – Ricatto al governo 597 – Sfiducia vuol dire fiducia 600 – L’insulto dell’indulto 606 – Conati di monito 607 – Mania di persecuzione 612 – Vietato l’accesso alle opposizioni 614 – Napolitano cossighizzato 617 – La ministra dei Ligresti 618 – Tengo ministra 623

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Ringraziamenti Voglio ringraziare Valentina Abaterusso, Fabrizio d’Esposito, Eduardo Di Blasi, Maurizio Donati, Eloisa Marra, Antonella Mascali, Elvira Modugno, Luca e Sabrina Motta e Carlo Tecce per il prezioso aiuto.


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Ad Alessandro (che ha diciotto anni) e a Elisa (che ne ha quindici)


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La persona del re è sacra e inviolabile. Articolo 2 dello Statuto albertino, 8 febbraio 1848 Non c’è niente da fare. Sembra proprio che il popolo italiano non voglia essere governato. E ha ragione. Ha paura che se vincono troppo quelli di là, viene fuori una dittatura di sinistra. Se vincono troppo quegli altri, viene fuori una dittatura di destra. La dittatura di centro invece... quella gli va bene. Auguri! Giorgio Gaber, 1996 Non le lotte e le discussioni dovevano impaurire, ma la concordia ignava e le unanimità dei consensi. Luigi Einaudi, «Corriere della Sera», 22 agosto 1948 Ecco il nostro telegramma di congratulazioni e auguri a Sandro Pertini: «Che Dio Le conceda il coraggio, presidente, di fare le cose che si possono e che si debbono fare; l’umiltà di rinunziare a quelle che si possono ma non si debbono, e a quelle che si debbono ma non si possono fare; e la saggezza di distinguere sempre le une dalle altre». Indro Montanelli, «il Giornale», 9 luglio 1978


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Questo libro

Se uno dei Padri costituenti, quelli veri, quelli del 1946-1947, tornasse miracolosamente in vita, salisse sul campanile del Quirinale e di lì desse un’occhiata all’Italia, chiamerebbe giù tutti gli altri per domandare loro, angosciato: «Scusate, ricordo male o nella Costituzione avevamo scritto Repubblica parlamentare?». Perché l’Italia del 2013 a tutto somiglia – a una monarchia, a un principato, a un sultanato, a un emirato, a un’aristocrazia basata sull’anzianità, a una tecnocrazia a sovranità limitatissima, al massimo a una Repubblica presidenziale – fuorché a una Repubblica parlamentare. E questo si deve a Giorgio Napolitano, l’uomo che fin da giovane gli amici chiamavano scherzosamente «il figlio del re» per la sua straordinaria somiglianza con Umberto II di Savoia. E che ora, paradosso della storia, si è fatto lui stesso re. Quella che state per leggere non è una biografia. Ce ne sono già fin troppe, una se l’è addirittura scritta lui. Questo è ciò che manca nelle altre. La controstoria del primo presidente della Repubblica che ha concesso il bis, contro lo spirito della Costituzione e contro tutto quello che aveva giurato fino al giorno prima della sua rielezione. Alla veneranda età di ottantotto anni: quando un cittadino non può più guidare l’automobile. Ma lo Stato sì. Chi cercasse i pregi e i meriti del politico integerrimo, insigne statista, fervido patriota, marito fedele e padre esemplare, dirigente comunista e postcomunista, parlamentare ed eurodeputato, europeista convinto, presidente della Camera, ministro dell’Interno, senatore a vita, poi capo dello Stato e ri-capo dello


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Stato, li troverà da un’altra parte: nell’abbondante produzione saggistica, storica, biografica e soprattutto agiografica che affolla le biblioteche da quando Giorgio Napolitano è divenuto l’uomo più potente del paese. Qui invece si racconta il suo lato B, finora – salvo rare eccezioni – ignorato o relegato nel dimenticatoio, alla voce «lesa maestà». Di cose che non vanno, nella sua carriera e soprattutto nei suoi sette anni e mezzo al Quirinale, ma anche prima, ce ne sono parecchie: pensieri, parole, opere e omissioni. In un altro paese, un paese davvero democratico intendo, se ne discuterebbe liberamente e laicamente. In Italia è come se fosse vietato. Tabù. Non lo è (ancora) per legge: lo è nei fatti. Il Presidente Monarca A mano a mano che il presidente, giorno dopo giorno, con la scusa di «emergenze» più o meno effettive o create ad arte, allargava i suoi poteri restringendo tutti gli altri, la sua figura in carne e ossa si marmorizzava in un monumento intoccabile, impunibile, incriticabile, indiscutibile, addirittura inascoltabile. Se sia stato lui il primo a credersi il Salvatore della Patria o se l’abbiano convinto la corte dei laudatores che lo circondano e i partiti incapaci che strisciano ai suoi piedi, è tema di dibattito. Sta di fatto che, fra uno strappo oggi, una forzatura domani e un abuso dopodomani, è diventato quello che tutti vediamo: il capo dello Stato di Emergenza, di Eccezione e di Necessità, che tutto può, anzi tutto deve. Un delirio di onnipotenza che probabilmente l’ha colto in buona fede: ma questa non è un’attenuante, anzi potrebbe essere un’aggravante. E spiega perché i nostri lungimiranti costituenti ritennero che sette anni al Quirinale potessero bastare e avanzare, anche se non lo scrissero esplicitamente per evitare una Carta troppo rigida. Nel suo primo settennato e mezzo, il Presidente Monarca ha impartito ordini categorici e imperativi per tutti (quelli che i turiferari chiamano eufemisticamente «moniti»): ai parlamenti, ai governi, ai partiti di maggioranza e di opposizione, agli elettori,


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ai magistrati, alla Corte costituzionale (sia pur velatamente), ai giornalisti di carta, tv e web, ai movimenti di piazza, ai sindacati, agli storici, agli intellettuali, persino a calciatori, produttori, registi e attori. Mancano, forse, i cantanti e i trapezisti, ma c’è ancora tanto tempo per colmare la lacuna. E più lui tracimava ed esondava, più chi doveva frenarlo e arginarlo si ritirava. Piero Calamandrei definì il presidente della Repubblica «vox Constitutionis». Certo sognare, nella società della comunicazione, un presidente silente e taglianastri sarebbe ridicolo. Oggi fa sorridere pensare a quando, negli anni Cinquanta, la prima esternazione informale del presidente Giovanni Gronchi suscitò un acceso dibattito fra i costituzionalisti sul tema: può il capo dello Stato parlare? Quindi il problema non è la «vox»: è quel che segue, cioè la «Constitutio». Quello che fa quando dice e dice quando fa Giorgio Napolitano è conforme alla Costituzione oppure no? Può un presidente della Repubblica che ha giurato sulla Costituzione – quella vera, quella del 1948 – modificarla progressivamente a sua immagine e somiglianza, e intanto sollecitare continuamente i partiti a riformarla? Nel 2006, quando lo fece per la prima volta nel suo discorso di insediamento numero uno alle Camere riunite, Francesco Cossiga lo rimarcò subito: «Se avessi parlato io di modifiche della Costituzione, di bipolarismo e di altre cose di natura squisitamente politica, così come lui ha fatto giustamente (poiché, intelligente e sensibile politicamente com’è, ha ben compreso che il fatto che il presidente della Repubblica debba essere super partes è un’enorme sciocchezza), i membri dei gruppi parlamentari del Pci, lui e Augusto Barbera esclusi, avrebbero raccolto le firme per sollevare l’impeachment nei miei confronti, come avevano già fatto per aver io detto molto di meno». In realtà, con buona pace di Napolitano (e anche di Cossiga), i poteri e i limiti del presidente sono chiaramente, rigidamente codificati nella Costituzione. Art. 85. Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni. Art. 87. Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rap-


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presenta l’unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica. Art. 88. Il presidente della Repubblica può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Art. 89. Nessun atto del presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal presidente del Consiglio dei ministri. Art. 90. Il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Art. 91. Il presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al parlamento in seduta comune. Art. 92. [...] Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. Art. 93. Il presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del presidente della Repubblica.




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