CHIARA VIRGILI
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colophon Storia e illustrazioni di Chiara Virgili Titolo: Emì Materiali: Carta 120g - Copertina 150g Accademia di Belle Arti di Roma Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate Scuola di Progettazione Artistica per l’Impresa Corso di Diploma Accademico di II° livello in Graphic Design Corso di Illustrazione Cattedra del professore Enrico Pusceddu Stampato presso La Legatoria Via degli Aurunci, 37 Settembre 2020
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A Papà.
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miliano detto Emì. E’ proprio lui il protagonista della nostra storia. Un bambino, anzi, non più ormai, pieno di vita. Un ragazzo socievole, curioso. Un sognatore ad occhi aperti, con i piedi non molto piantati a terra. Il mondo di Emì ne aveva viste tante: computer, videogiochi, invenzioni digitali. Insomma, la tecnologia aveva superato ogni limite umano. Emì abitava in città, piena di palazzi alti quasi fino a toccare il cielo. In uno di questi, vi abitava con sua zia Siri. La zia lavorava in una importante azienda che produceva materiali avanzati per aiutare ed incrementare la produzione del
lavoro umano. Il lavoro esclusivamente meccanico, con il tempo, si era rivelato sì efficiente, ma piuttosto asettico, specialmente nella produzione di prodotti ai quali non era possibile la realizzazione esclusivamente manuale, meccanica. Serviva una persona che, come anni prima, ci metteva il cuore e la passione. Perciò si progettavano e realizzavano strumenti per aiutare il lavoro manuale dell’essere umano. Da sempre Siri, appassionata del progresso e del mondo digitale, riuscì così nel suo intento, dopo tanti studi e sacrifici, ad affermarsi come aveva sempre sognato. Ogni sera, prima di andare a letto, dopo una lunga giornata di lavoro, nonostante la stanchezza cominciava ormai a prendere il sopravvento, lei ripeteva sempre ad Emì le
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seguenti parole: “Credici, sempre. Così, sarai già a metà strada.” Emì era molto orgoglioso di sua zia, per lui era un modello da seguire. La sua determinatezza, la sua costanza, la sua intraprendenza nonostante i momenti più difficili. Colei che si offrì senza ripensamenti o dubbi ad accudire Emì, nonostante la sua movimentata vita. Si sentiva non solo una mamma per Emì, ma qualsiasi figura lui avesse bisogno. Una figura che sarebbe stata per lui sempre presente; una certezza in una vita piena di incertezze.
Lo studio non era molto grande, ma era ben organizzato. Tutto al suo posto. Dagli strumenti, al tavolo da lavoro ai vari schermi fissati al muro che facevano sembrare la stanza quasi una navicella spaziale pronta per il volo.
Un giorno Emì, dopo essere rientrato dalla lunga giornata scolastica, decise di rilassarsi un po’ prima di rimettersi subito sui libri. Entrò in cucina e mangiò il pranzo che la zia gli aveva appositamente preparato. Dirigendosi verso la sua camera, ad Emì cadde Emì passava molto tempo nello studio della un libro che teneva tra le mani. Non fece in zia che, dopo tante richieste ed elemosine tempo a recuperarlo ed il libro cadde facenper anni, riuscì ad ottenere un compromes- dosi tutte le scale del piano. Quelle scale so per entrare ed esplorare in quel magico portavano alla cantina del piano di sotto. Incuriosito e un po’ intimorito, Emì decise mondo massimo un paio d’ore al giorno.
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di avvicinarsi per recuperare il libro, per poi decidere di aprirla ed entrarci, accompagnato da non poco terrore per ciò che poteva trovarvi lì dentro. Aveva già immaginato un’ipotetica entità misteriosa che gli avrebbe ostacolato il cammino o vecchi giocattoli che avrebbero preso magicamente vita. Invece, per fortuna, nulla di tutto ciò. Cercò di entrare senza rompere o muovere nulla dal proprio posto. La luce non era molto, entrava qualche raggio da una piccola finestra posta molto in alto sulla parete. Come tutte le cantine era un luogo dove si poteva trovare di tutto, talvolta con cose riposte non proprio secondo un criterio ben preciso. C’era di tutto.
girava accuratamente la manovella. Quante notti insonni si risparmiò la zia. Quel carillon era come pregno di magia e al suolo suono, Emì crollava in un sonno profondissimo. Gli venne regalato da sua nonna che, amante di oggetti di antiquariato, riuscì a rimediare un oggetto ancora funzionante per accompagnare il nipote tra i sogni più belli.
La prima cosa che notò furono degli scarponi da montagna e subito gli tornò in mente la vacanza in montagna con la zia ed un suo caro amico dove, in quella particolare occasione, si ruppe un braccio. Nulla di preoccupante, dopotutto sono cose che accadono ai bambini e soprattutto quando ci si cimenta in un’esperienza completamente nuova. E subito dopo focalizzò, tra i diversi fasci di polvere, che inevitabilmente erano presenti in quella stanza, una piccola giostra giocattolo che emetteva un particolare suono se si
“Per Emì”, c’era scritto. Emì, curioso, decise, anche se un po’ impaurito, di aprire la scatola. Con un po’ di forza riuscì finalmente ad aprirla, creando una nube di polvere non indifferente, rimanendo lì per lì molto confuso cominciando inevitabilmente a tossire. Non riuscì a capire nell’immediato i diversi oggetti che in un primo momento il suo occhio captò, ma al suo interno trovò una lettera scritta su carta, cosa molto rara ormai nella sua era. Quasi poteva definirsi uno di quegli oggetti d’antiquariato che la nonna amava tanto.
Emì continuò il suo viaggio tra i meandri di quel luogo così, per certi versi, magico e si ritrovò tra cianfrusaglie, vecchi mobili e soprattutto tra tante scatole tra le quali, in una in particolare, ad Emì cadde proprio l’occhio. Era impolverata, ben sigillata e con una scritta visibilmente realizzata a mano.
Leggendo, EmĂŹ capĂŹ chi aveva scritto quella lettera. Era il suo papĂ che, per diversi motivi, dovette dividersi dal figlio tanto adorato molto tempo fa. Ma lui, sapendo a cosa sarebbe andato incontro, decise di raccogliere tutte queste magiche cassette piene di memorie e di lasciare delle indicazioni ben precise sul loro utilizzo.
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“Caro Emì, Spero che tu sia riuscito a trovare questa scatola. A zia Siri mi sono raccomandato di non svelarti nulla in alcun modo. Volevo che la trovassi da solo, per caso. Sai, il pensiero che tu possa sentire e vedere tutto ciò mi riempie il cuore di un calore imparagonabile. Posso immaginare molto bene il tuo volto in questo momento. Sì, me lo ricordo quel mezzo sopracciglio alzato e quegli occhi sbarrati che ti caratterizzavano in ogni situazione di smarrimento. Ma ricordo anche quel suono della tua risata nei momenti più sereni. Ti starai chiedendo perché mai io ti abbia lasciato una scatola piena di custodie e pezzi di plastica. Starai pensando cosa farne ora con tutta questa roba. Un passo alla volta. Nel retro di questa lettera ti spiego come far funzionare il tutto, se lo vorrai. Prima però voglio “parlare” ancora un po’ con te. Lo sai, diverse complicanze e impedimenti mi hanno portato via da te. Non sai quanta rabbia ancora ho in me per questo. Ma questo non ci separerà. Spero tu possa, come hai sempre fatto, scoprire la vita nei suoi più piccoli particolari. Sii libero; sii foglia che riesce a domare il vento. Non lasciarti cadere. Io sarò sempre lì, vicino a te. In una maniera differente, ma ci sarò. Fammi un bel sorriso ora. Ecco, bravo. E ora, all’opera! Che ho molto da raccontarti. Papà
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ella scatola vi erano una raccolta di audio e videocassette, con due differenti lettori per poter vedere e sentire le diverse cassette. Ormai erano degli oggetti molto lontani al mondo in cui viveva Emì, ma per lui erano del tutto nuovi, quasi come fossero appena inventate. Emì, intimorito, segue alla lettera tutte le indicazioni scritte dal papà e cominciò a comporre i vari pezzi. Decise di iniziare con le audiocassette, anche se lui non aveva ancora ben capito bene la differenza tra le due. All’improvviso, sentendo pian piano che il macchinario si stava mettendo in azione, cominciò ad osservare incredulo il tutto. Per Emì era quasi impossibile quello che stava
accadendo davanti ai suoi occhi. Dopodiché, non appena sentì la voce narrante del papà che cominciò a raccontare, Emì saltò spaventato e quasi spense tutto lanciando il macchinario in aria dallo spavento. La cassetta era fuoriuscita ed inevitabilmente tutto si spense, intruppando alla scatola piena di cassette, facendone cadere qualcuna a terra. Dopo qualche secondo, Emì cominciò poi a sentire una strana sensazione in petto: una chiusura all’altezza dello stomaco, una sorta di farfalle che si muovevano libere ed il battito rapidamente era divenuto più veloce. Quello che Emì provava, ai tempi del papà, si chiamava emozione. “Un improvviso turbamento del nostro stato
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psichico causato da una percezione da un oggetto o da una situazione”, se vogliamo essere specifici. Be’, Emì non sapeva minimamente dell’esistenza di questa sensazione. Nel suo tempo, non si provavano più queste cose e non capiva come il sentire una voce familiare, potesse provocargli tutto ciò. La tecnologia, i nuovi mezzi, avevano quasi cancellato le sensazioni e le emozioni che l’essere umano poteva provare di fronte le situazioni e gli affetti della propria vita. Solo con i nuovi studi, si stava cominciando a capire quanto di prezioso ormai si stava perdendo. Emì, piuttosto confuso e perplesso, ma tornato di un colorito decisamente più sano
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e normale in viso, decise di portarsi il tutto fuori dalla soffitta e di riposarsi un po’, non approfondendo subito tutto il contenuto della scatola. Forse, in cuor suo, Emì sapeva il contenuto di quelle cassette, ma una sorta di paura, di autodifesa, di forza lo faceva tentennare nello scoprire di più. L’indomani, Emì decise di riprovare ad analizzare le cassette. Era più determinato e meno spaventato al pensiero. Così ricominciò ad azionare il macchinario ed iniziò ad ascoltarle attentamente, mantenendo lo sguardo fisso al lettore che procedeva man mano che il nastro della cassetta andava avanti. Quelle cassette risentivano dell’età che avevano, ma contenevano un enorme valore.EE
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ra un oggetto che il papà aveva voluto tramandare. Un qualcosa che sapeva sarebbe rimasto nel tempo, nonostante tutto. Cominciò nuovamente a tranquillizzare Emì e ad approcciarlo a ciò che aveva tra le sue mani, accogliendolo all’ascolto delle cassette. Quelle cassette contenevano dei racconti attraverso il suo punto di vista, la sua storia, degli aneddoti senza tempo con la nonna ed il nonno di Emì, che sapeva sarebbero stati utili anche per lui. Il papà di Emì era consapevole di un mondo che sarebbe stato diverso. La vita è continuo cambiamento; l’uomo con le sue scoperte ed invenzioni lo sono altrettanto. Ma sapeva che quel medium per tramandare il ricordo e la memoria non avrebbero risentito di tutto ciò. Un qualcosa di profondamente intimo, sacro e, solo in un primo momento profano, lontano,
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distante da Emì. Solo in un primo momento perché Emì già si sentiva più vicino e meno estraneo a quel materiale che aveva conservato il papà appositamente per lui.
Viveva in una casa composta da diversi piani immersa nella natura con il nonno Gio, la nonna Elsa e la zia di Emì, Siri. Già, la zia di Emì era la sorella di suo papà.
Tra loro erano molto affiatati; Siri ed il papà di Emì avevano un ottimo rapporto tra fratelli. Certamente qualche litigata e qualche lancio di scarpe dalle scale ci scappava, ma erano sempre presenti e pronti ad ascoltarsi reciprocamente, visto anche il loro essere coetanei. Specialmente nei momenti più bui. Della mamma di Emì non se ne parla mai. Il padre la conobbe anni fa; erano felici, complici, fedeli l’un l’altra. Un giorno, la Il papà di Emì abitava in un paesino non coppia si allargò e, inaspettatamente, arrimolto grande dove tutti conoscevano tutti. vò Emì. I due erano insieme da non mol“Sai, nonna Elsa è sempre stata molto buona con me quando ero piccolo, ma c’erano quelle situazioni che proprio mi meritavo una scarpa lanciata da dietro come solo lei sapeva fare. Ero un bambino tranquillo, ma delle volte mi lasciavo trasportare e spesso mi allontanavo per scoprire ciò che c’era più in là del nostro paese e dalle solite conoscenze. Su questo, in parte, hai ripreso decisamente da me.”
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voleva che Emì avesse un ricordo sbiadito non solo della sua mamma, ma anche del suo papà. Perciò condivise e conservò per lui più oggetti, memorie ed esperienze possibili, così che quel forte legame che li univa, non li avrebbe mai separati. Il papà di Emì ne rimase ferito nel profondo, In nessun modo. ma ciò che lo aiutò a ritirarsi su fu proprio Emì. Lo crebbe insieme alla sua famiglia; Emì continuò ad ascoltare attentamente, passarono dei momenti meravigliosi, cer- cominciando a sentirsi meno estraneo a quelle cassette. Era visibilmente più trancando di non far mancare nulla ad Emì. Arrivò un giorno in cui purtroppo i nonni di quillo alla piacevole ed inaspettata sorpresa Emì non ci furono più e rimasero però un di quel pomeriggio e la curiosità cresceva, continuando a cambiare cassetta una dopo dolcissimo eterno ricordo. Il papà di Emì dovette lasciarlo alla zia Siri, l’altra non appena il nastro della precedenperché lui, non per sua scelta, dovette la- te finiva. sciare la sua casa e andare lontano da lì. Si sentì tremendamente in colpa perché non “Ti ricordi mamma? Sai, io le ho voluto to e con l’arrivo di Emì, la mamma si sentì sopraffatta da tutto questo e andò via una mattina di marzo, poco dopo la nascita del piccolo. Nessuno si spiegò mai questa scelta e nessuno se lo sarebbe mai aspettato.
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veramente tanto bene. Non voglio crearci tristezza parlandone, ma una cosa devo confessartela: Emiliano, il tuo nome è stato scelto da lei. Un giorno trovammo un foglietto a terra con su scritto il tuo nome. Vi era scritto dell’altro, ma la pioggia aveva sbiadito tutto il resto ed era rimasto al centro questo nome. Lei era convinta fosse un segno: doveva essere proprio quello il tuo nome. Purtroppo sappiamo tutti e due cosa poi la vita ci ha riservato. Chi l’avrebbe mai detto. Ad ogni modo, ora voglio raccontarti di più su nonno Gio e nonna Elsa...” Scese una lacrima, ma subito si asciugò. Sul volto di Emì tornò un lieve sorriso.
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“Nonno Gio diceva che, durante la sua giovinezza, fu un campione di pugilato e pesi massimi. Cosa che nessuno sa se in realtà fu così, perché il nonno, da che ne ho memoria, era sempre il solito: magro come uno stuzzicadenti. Nonna Elsa invece era un’amante dei gatti; la prendevamo sempre in giro facendole notare quante cure ed attenzioni donasse più a loro che a noi.” E su un altro macchinario, che Emì non riuscì ad identificare, guardò diversi filmini girati da suo papà che rincorreva i gatti di nonna Elsa, rubava di nascosto le cose in camera di zia Siri e tirava su con uno spago i secchi con i quali nonno Gio si “allenava”.
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L’ultima cassetta, l’ultimo frammento di na- pata da un dolce sorriso. Ora aveva capito tutto. Capiva l’importanza di tutto ciò: delle stro. Pochi altri secondi. cassette, della memoria, dei ricordi. Nono“Spero tanto che tutto questo un giorno tu stante la lontananza di quegli oggetti dal lo possa avere tra le tue mani e farlo tuo te- suo mondo, sentiva ora l’estrema vicinanza nendotelo come se fosse un tesoro prezioso. con essi. Con suo papà, con nonno Gio, Spero di averti, in qualche modo, fatto vive- nonna Elsa e Gilda. Tutti, nessun escluso. re cosa io ho vissuto. Percepiva un velo di tristezza, come la si E spero che tu mi senta ancora più vicino. chiamava ai tempi del papà, per non poter Ci sarò sempre, ti voglio bene. Ah! E non dire a zia che quella sua sciarpa fisicamente vivere quei momenti che aveva sentito narrati, ma allo stesso tempo tanta blu, beh, gliel’ho rubata io.” gioia per averli fatti propri. Ora possedeva Emì sorrise divertito al piccolo segreto rive- un tesoro inestimabile, che avrebbe portato per sempre con sé. latogli. Il sole ormai stava calando, era già arrivato Il suo cuore era ben custodito da quell’eil tramonto. Una lacrima scese sul volto di mozione. Emì, arrivando a sfiorare la sua bocca stam- Da quella forte sensazione di Casa.
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