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UNPLUGGED
Sebastiano Porretta
COVID-19 E LA FILIERA ALIMENTARE
Dobbiamo ammettere che attorno alla pandemia da Covid-19 esiste ancora una certa confusione che, come sappiamo, è in gran parte figlia di un’attività di comunicazione condotta non sempre in modo ottimale. Trascurando ovviamente gli aspetti sanitari più diretti, mi piace invece rafforzare fermamente il rapporto tra Coronavirus e alimenti in tutte le fasi della filiera e per evitare di girarci attorno è bene ribadire che il virus SARS-Cov-2 non si trasmette con il cibo. Non c’è infatti alcuna evidenza scientifica che permetta
di affermare che il Coronavirus possa trasmettersi per via alimentare: né ingerendo cibo, cotto o crudo, né attraverso i prodotti della filiera, dalla produzione delle materie prime, alla vendita di alimenti grezzi o trasformati, ready to eat o a lunga conservazione. Inoltre, il rischio che l’infezione possa propagarsi tramite un contatto con le confezioni e gli imballaggi è trascurabile. A tale proposito, i dati disponibili si riferiscono solo alla sopravvivenza del virus sulle diverse superfici, ma non alla sua contagiosità e non ci sono evidenze scientifiche circa la trasmissione del virus attraverso oggetti e superfici contaminate a contatto con gli alimenti che possono far ritenere la presenza del Sars-Cov-2 sul packaging un fattore di rischio per la salute. La principale modalità di trasmissione del virus è da persona a persona, principalmente attraverso le goccioline respiratorie che le persone infette emettono starnutendo, tossendo o per via respiratoria. Per questo è opportuno ricordare che gli operatori del settore alimentare applicano scrupolosamente gli stessi principi e procedure che sono già in vigore nell’UE per garantire la produzione degli alimenti in sicurezza. Se non si seguono le correnti buone prassi igieniche durante la preparazione degli alimenti la superficie di questi ultimi potrebbe venire contaminata, per esempio, da goccioline infettive emanate da un operatore infetto. I contagi registrati negli USA e in altri Paesi nella prima fase della pandemia nei macelli e, in generale, nei locali di lavorazione di carne sono state dovute alle condizioni operative dei lavoratori: locali molto rumorosi (fattore che costringe a urlare per comunicare e, quindi, a emettere molte droplets), temperatura bassa (favorevole al mantenimento della vitalità del virus), livelli di umidità minimi, aerazione e ricambio d’aria insufficienti, superfici metalliche lavate con acqua (che funziona da vettore in quelle condizioni). Sappiamo che i virus non possono moltiplicarsi negli alimenti, ma che, in determinate condizioni, possono sopravvivere; tuttavia, non è stato stabilito alcun nesso tra l’infezione da Sars-Cov-2 e il consumo di alimenti. Infine, i consumatori nel corso della spesa devono rispettare il distanziamento e indossare le mascherine, sanitizzare preventivamente il carrello e proteggere le mani con guanti da eliminare in appositi contenitori e a casa non è necessario disinfettare gli involucri che contengono gli alimenti, ma lavare le mani dopo avere manipolato le confezioni.