Itinerari insoliti
Sardegna d’inverno
CUOCHI Marchesi
A cena
con Gesù Israele ritrovato
La sfogo post Guida Michelin
VIP, POLITICI E GIORNALISTI
Tutti ai fornelli!
Soci Fondatori Stato Italiano
Regione del Veneto
Comune di Verona
Provincia di Verona
Camera di Commercio, Industria Agricoltura e Artigianato di Verona
Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona
Sono stati Soci Fondatori: Banca Popolare di Verona Accademia Filarmonica di Verona
ARENA di VERONA
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G&A Giornali Associati Srl
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87 Festival 19 giugno - 30 agosto 2009
Direzione e Amministrazione Via del Tritone 87 00187 Roma tel. 06.45507808 – fax 06.59290221 www.giornaliassociati.it Direttore responsabile
Carmen
19, 27 giugno - 2, 9, 14, 18, 23, 30 luglio 2, 13, 20, 23, 25, 28 agosto
20, 25, 28 giugno - 4, 12, 16, 22, 26, 28, 31 luglio 5, 8, 16, 18, 21, 27, 30 agosto
a.leogrande@giornaliassociati.it
Il Barbiere di Siviglia
Segreteria di redazione
26 giugno 3, 10, 17, 29 luglio 4, 7 agosto
Turandot 24 luglio
con
Aida
Anna Martina Leogrande
11, 15, 25 luglio - 1, 6, 14 agosto
Tosca
15, 19, 22, 26, 29 agosto
Serata di Gala
Placido Domingo
Coordinamento redazionale
Roberta Moretti r.moretti@giornaliassociati.it
Myriam Pulvirenti m.pulvirenti@giornaliassociati.it Collaboratori
Sara Caraccia, Giada Castellano, Vincenzo D’antonio; Fulvio Fulvi; Adele Giacobi, Guido Montaldo, Fabrizio Nonis, Vanna Pareschi, Giampaolo Perna, Edoardo Raspelli, Elisabetta Tiengo, Gianfranco Vissani Fotografi
Leonardo Cairo, Angelo Cucca, Salvatore Renis Servizi fotografici
Fotolia, Corbis, AGN Foto, I Viaggi di Atlantide, Stefano Puviani per Mistral, Provincia di Macerata, Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo, Ente Svedese per Viaggi e Turismo, Moira De Zen, Loris Vettoretto, Scuochi Progetto grafico
Alessandro Sartori Copertina
Claudia Marini Realizzazione grafica e fotolito
Ferpenta Editore Via Rodolfo Gabrielli di Montevecchio 17 00159 Roma - Tel. 06.99704909 Stampa
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BUONA CUCINA Anno XIV n. 1 Registrazione presso il Tribunale di Milano N. 143 del 19 marzo 1994
In caso di necessità la Fondazione Arena di Verona si riserva il diritto di modificare il presente programma
ari lettori, eccoci! Ripartiamo dopo due lunghi anni di silenzio. In genere i ringraziamenti si fanno alla fine, è vero. Invece, è proprio da qui che voglio cominciare. Andiamo controcorrente: ci sono sempre meno soldi non solo per fare la spesa ma anche per investire in editoria. Perciò il primo doveroso ringraziamento è per gli editori. Mi fanno tornare in mente una frase che un politico mi disse durante un’intervista: «...sarà l’impresa italiana più sana, quella che ha uffici, capannoni, operai e impiegati (anche giornalisti, aggiungerei, NdR) e che non ha assecondato la Finanza a salvare l’Italia dalla crisi». Resta il fatto che, in tempi così, un mensile tutto nuovo è una grande scommessa. Per noi della redazione, innanzitutto. Abbiamo cercato in questo primo numero di fare un prodotto nuovo a un prezzo competitivo, senza nulla togliere alla qualità. Ma vogliamo che Buona Cucina non sia soltanto la nostra rivista ma la vostra, cari lettori, che ci sosterrete ogni mese in edicola. Perciò voglio invitarvi a comunicare con noi, a proporci le mete che più amate, a mandarci fotografie, ricette, diari di viaggio, commenti e lettere (o email) alle quali, ve lo promettiamo, presteremo la massima attenzione. Nelle nostre pagine, non vi ricorderemo le difficoltà Martina Leogrande quotidiane. Abbiamo tutti il diritto di concederci un po’ di tregua. Abbiamo tutti il dovere di regalare a noi stessi una parte di sogno. Stando attenti ovviamente a quanto spendiamo. La qualità non sempre è a caro prezzo, basta saper scegliere. O cercare. Riconosciamoci nella buona tavola, nelle tradizioni, nei bellissimi posti che l’Italia vanta. Nelle nostre origini. Concedetemi, infine, un ringraziamento speciale al protagonista della nostra prima copertina, Gianfranco Vissani. Grazie a questo servizio, abbiamo scoperto una parte nascosta di questo gigante della gastronomia che differisce del tutto dal carattere burbero che spesso mostra al mondo. Sarà forse perché si prepara a essere nonno in questo 2009. O semplicemente perché la magia del Natale è come sempre irresistibile. Lo voglio ringraziare per essere stato nostro complice, per averci accolto e assecondato in questa “burla natalizia” che è il modo più straordinario che ho trovato per farvi i migliori auguri di buone feste. E naturalmente buona lettura.
Editoriale Anna
Anna M artina Leogrande La Buona Cucina Italiana
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98 La multiculturalità del panorama enogastronomico di Israele 83 Napoli: pasticceri in gara per presepi di cioccolato e babà natalizi
44 Lo chef Gualtiero Marchesi 94 Mamoiada: le cantine della Barbagia
122 Il trionfo dello spumante italiano 50 Viviana Beccalossi: da parlamentare a casalinga
40 Gioacchino Bonsignore
Sommario
LUOGHI
83
Dicembre 2008
Tra i sapori e le tradizioni di Napoli e dintorni Ai fornelli con Viviana Beccalossi LE TRADIZIONI
54 RAPSODIA IN ROSSO
d’inverno
A cena
con Gesù Israele ritrovato
CUOCHI Marchesi
La sfogo post Guida Michelin
VIP, POLITICI E GIORNALISTI
Tutti ai fornelli!
PERSONAGGI
22 UN MACELLAIO PER AMICO
STILE
L’arte di apparecchiare
GASTROREPORTERS
STORIE AZIENDALI
Con il giornalista del Tg5, Gioacchino Bonsignore
Pasta Latini, missione eccellenza VIP IN CUCINA
ECCO IL REGNO DI ELENOIRE La Casalegno presenta “La Reunion”
...o forse sì. Lo sfogo di Gualtiero Marchesi
CAMBIO DI GUARDIA POLITICI IN CUCINA
50 RITORNO ALLE ORIGINI
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La Buona Cucina Italiana
TERRITORI GOURMAND
98 76
80
BUONITALIA Il neopresidente: Walter Brunello
SARDEGNA D’INVERNO “Cortes Apertas”: alla scoperta della Barbagia
71 RADICI E SAPORI
IL CUOCO DEL MESE
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ITINERARI INSOLITI
94
44 NESSUNO MI PUÒ GIUDICARE... Copertina fotografo Salvatore Renis
& DESIGN
62 LA FESTA È SERVITA
Fabrizio Nonis si racconta
40 SULLE TRACCE DEL “GUSTO”
LE LANGHE: NETTARE IN BOTTIGLIA Una passeggiata romantica tra le colline dei grandi rossi e dei sapori decisi: il trionfo del tartufo
Natale sulle tavole del mondo
Itinerari insoliti
VIAGGI
& FAVOLE
A TAVOLA CON GESÙ Viaggio nella Terra Santa di duemila anni fa. MARE D’INVERNO
110 CAPO VERDE: IL VOLTO ESOTICO DELL’AFRICA La terra sospesa tra più mondi. Un tuffo nella cucina creola
R
u b r i c h e
114 A CASA DI BABBO NATALE 8
Formato vacanza
10
Cosa porto a cena
12
La dispensa
14
Pianeta formaggi
Un sogno portoghese chiamato Porto Santo
16
L’agriturismo
18
Il ristorante
I VINI DELLE FESTE
20
Dine out
122 BOLLICINE, GLAMOUR ITALIANO
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Pronti all’uso
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L’Alimento del mese
30
Cultura Dop
32
Dentro un film
34
Messi in rima
In Svezia, Tomteland è il parco dei divertimenti più amato dai bambini
“TERROIR” DEL VINO
88
Sardegna
& MITI
A CACCIA DI BABÀ NATALE
TUTTI DA SCOPRIRE
118 CARAIBI D’EUROPA
La riscossa dello spumante: boom di esportazioni nel 2008
130 TERRA MORETTI, UNA STORIA DIVENTATA TANTE Vini, costruzioni, resort, barche
35
Psicofitness di G. Perna
134 PRINCIPE CORSINI, ELOGIO DELLA RAFFINATEZZA
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Benessere
Una storia d’altri tempi
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L’angolo di E. Raspelli
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Tritatutto di G. Vissani
DESGUSTAZIONI
141 2009, UN’OTTIMA ANNATA
138 After dinner
L’esperto consiglia
La Buona Cucina Italiana
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F
췽췽췽OrmatO VaCaNza
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a cura di Elisabetta Tiengo
25 dicembre SLOVENIA
Natale da favola nel castello di Otocec Partiamo da Milano per un soggiorno a prezzi veramente competitivi sotto la Madonnina per scendere poi in provincia di Firenze a caccia di tartufi. Se desideriamo farci coccolare come dei veri sovrani, trascorriamo il Natale in un castello in Slovenia. E, per gli amanti del caldo, cosa c’è di meglio di una favolosa crociera invernale ai Caraibi ?
Qui accanto, la veranda del quattro stelle Atahotel Fieramilano
Se volete trascorrere il Natale in un posto incantevole e chiudere l’anno in bellezza, il Castello di Otocec, in Slovenia, vi accoglierà per quattro giorni e tre notti al costo di 312 euro. Il pacchetto comprende: soggiorno in camera doppia, prima colazione ed entrata illimitata nelle piscine delle Terme di Smarjeske e Dolenjske Toplice. Il programma
Tutto il mese di Dicembre
MILANO
Weekend goloso per gli shopping days
Fine settimana di shopping sfrenato a Milano. Per tutto il mese di dicembre e, in particolare, in occasione dei giorni di shopping, potrete trascorrere un weekend in camera doppia presso il prestigioso Atahotel Fieramilano al costo di 95 euro. L’offerta comprende american breakfast a buffet, accesso alla zona fitness e sconto del 10% sull’utilizzo del ristorante dell’hotel con menu a la carte. Previste una serie di degustazioni a tema.
prevede inoltre la fiaccolata, la Santa Messa, il cenone natalizio e tante altre sorprese che renderanno la fine del 2008 indimenticabile. Tel. +38673848600 terme-krka.si
Info: tel. 02.336221 - atahotels.it Fino al 21 dicembre
F IRENZE
Benessere al gusto saporito di tartufo Si chiama “caccia al tartufo” ed è il pacchetto proposto fino al 21 dicembre dal Monsignor della Casa Country Resort di Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze: due notti con colazione a buffet, cena a base di tartufo e la suggestiva ricerca del tubero al costo di 283 euro, con la possibilità di usufruire anche della zona benessere. Info: tel. 051.840821 monsignore.com 1
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Dal 30 dicembre FORT LAUDERDALE
Feste galleggianti in crociera nei Caraibi Incantevole crociera ai Caraibi a bordo dell’Emerald Princess, una delle più imponenti navi della Princess Cruises. Il pacchetto prevede 11 giorni e 10 notti con partenza da Fort Lauderdale, in Florida, il 30 dicembre a partire da 766 euro più tasse portuali di 242 euro. Il trattamento è di pensione completa: nei diversi ristoranti dell’Emerald Princess potrete scegliere tra un amplissima gamma di proposte enogastronomiche. Previsto, tra l’altro, un cocktail di benvenuto del comandante e una serata di gala con il suo menu speciale. Tra i piatti forti, le specialità della tradizione caraibica e degustazioni di cucina fusion esotico - mediterranea. Info: tel 010.5331169 - giocoviaggi.com
BOCCHI AGRICOLASRL Via Ca’ di Cozzi, 41 37124 VERONA Tel. +39 045 8394600 Fax +39 045 8394605
www.tenutafontanara.it
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CosA poRto A cenA
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a cura di Roberta Moretti
REGALI
Dalle Fiji, il rum con massaggio Arriva dalle isole Fiji, nel Pacifico Sud
L’Antico RituALe
Occidentale, e porta con sé l’eco dei miti ancestrali che lo hanno ispirato. È Seven Tiki, rum premium del Gruppo Bacardi-Martini disponibile in uno speciale gift-pack natalizio in edizione limitata. Molte lune fa – narra la leggenda – sette divinità scesero sulla terra e rimasero incantate dalle isole Fiji. Per celebrarne la bellezza, diedero vita a un nettare divino che racchiudeva gli elementi naturali propri di quest’angolo di paradiso: la canna da zucchero e le sorgenti purissime di acqua cristallina di origine vulcanica. Due ingredienti che, insieme al lungo affinamento in botte, contribuiscono a rendere pieno ed equilibrato il gusto di Seven Tiki, con sentori di legno, tabacco e liquirizia dolce. E per un regalo di Natale indimenticabile, la special edition contiene anche un voucher per
La bottiglia da 70 cl è accompagnata da una candela e da una tovaglietta: secondo l’antico rituale, si spruzza dapprima il succo di una scorza d’arancia sulla candela accesa per esaltarne il profumo e, dopo aver passato la scorza sul bordo del bicchiere, la si lascia cadere all’interno, versando infine il rum.
un massaggio polinesiano Lomi Lomi presso Termemilano o Bagni di Bormio. Costo: 70 euro. Per ordinazioni: www.seventiki.it. Un sorso di chardonnay Vintage Zero tra un ambo e una cinquina. Più che un’idea regalo è un’esperienza all’insegna della tradizione quella proposta dei fratelli Barollo per il Natale 2008. Il bianco di punta della giovane ma affermata azienda vinicola del trevigiano è ora disponibile in un’elegante confezione limited edition con tanto di kit per la tombola: sfera in mogano contenente i numeri da gioco e un raffinato porta-cartelle. Regalo chicchissimo. Costo: 59.90 euro. Per ordinazioni: info@barollo.com.
Abbinamenti: All’assaggio è morbido e persistente, con note intense di frutta bianca quasi cotta. Da gustare a 11-13° con risotto, scampi e asparagi.
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La Buona Cucina Italiana
www.radiomontecarlo.net
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A LA tUtta Dispensa biRRa a acura cura didMyriam i Enzo De Pulvirenti Pasquale
– Secondo medici e nutrizionisti, mangiare regolarmente frutta secca ridurrebbe del 50% il rischio d’infarto. Ma attenzione a non esagerare: 100 grammi di queste dolci prelibatezze corrispondono a oltre 500 kcal
FRUTTA
SECCA
... Mi fai battere il cuore Vizi e virtù di un ‘calorico’ toccasana per le arterie
Dolce e invitante. Calorica, ma
dagli effetti benefici per la salute del cuore e delle arterie: è la frutta secca, protagonista della stagione autunnale e invernale. il termine ‘frutta secca’ si utilizza sia per la frutta con il guscio come nocciole, mandorle e noci, sia per quella essiccata, ad esempio datteri, fichi, prugne e albicocche. Ottima da consumare a fine pasto, è uno degli ingredienti principali di molte torte, creme e altre prelibatezze. paste di mandorla, baci di dama, torte con nocciole e pinoli: sono solo alcuni dei tantissimi dolci che si possono preparare con la frutta secca. anche il re delle tavole natalizie, il torrone, è farcito con nocciole e mandorle: un trionfo di dolcezza e croccantezza. a differenza della frutta fresca, quella secca è ipercalorica, contiene più di 500 kcal per 100 grammi. sconsigliata nelle diete, dunque, ma molto indicata per chi soffre di problemi di cuore. alcuni grassi polinsaturi contenuti nelle
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noci, ad esempio, sono un toccasana per le arterie, riducendo le patologie cardiovascolari. secondo medici e nutrizionisti, mangiare regolarmente frutta secca ridurrebbe del 50% il rischio di infarto. Recenti studi scientifici hanno anche dimostrato che un consumo regolare di nocciole aiuta anche ad abbassare il livello di colesterolo. Un alimento importante, quindi, non solo gustoso, ma ricco di pre쐽 ziosi benefici.
Dolceterapia Le noci del Brasile possiedono la più alta concentrazione di selenio presente in natura, un oligoelemento che lavora in sinergia con la vitamina E per combattere l’invecchiamento cutaneo e prevenire molte malattie degenerative. La nocciola è originaria dell’Asia Minore ed era già conosciuta nell’antica Roma, dove si regalavano piante di nocciolo per augurare felicità. In Francia, durante l’Ancien Régime, si regalava agli sposi come simbolo di fecondità. In Svezia, alla vigilia di Natale, viene preparato un dolce di riso nel quale viene nascosta una mandorla. Secondo la tradizione, chi la trova sarà il primo a sposarsi.
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PiAneTA ForMAGGi
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a cura di Fulvio Fulvi
– Il Caciofiore dei Sibillini è realizzato con un caglio vegetale ricavato dal fiore di un cardo selvatico che cresce solo sui pascoli del comprensorio montano di Ussita, nell’alto maceratese. Dopo oltre 50 anni, ritorna sulle nostre tavole.
IL
CACIOFIORE
DEI
SIBILLINI
Cuore di cardo La provincia di Macerata rilancia l’antico pecorino realizzato con caglio vegetale. Ed è subito un successo.
S i chiama “Caciofiore dei
Sibillini” ed è un pecorino a pasta tenera dal sapore intenso e delicato. È realizzato con un caglio vegetale ricavato dal fiore di un cardo selvatico che cresce solo sui pascoli del comprensorio montano di Ussita, nell’alto maceratese. La sua produzione si perde nei secoli: sembra risalire all’epoca imperiale romana. Gli anziani che vivono in quelle alture, a due passi dalle moderne stazioni di sci di Frontignano, ricordano ancora i pastori che con il latte delle pecore di razza “sopravvissana” (oggi a rischio di estinzione) preparavano con il metodo della “presura” questo delizioso formaggio, in seguito quasi del tutto scomparso dalle stalle e dalle tavole dei contadini locali. Adesso, un progetto di rilan-
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cio dell’Amministrazione provinciale di Macerata lo ha fatto tornare in vita riproponendolo ai buongustai. Nell’ottobre scorso, il “Caciofiore dei Sibillini” è stato infatti applaudito protagonista del Salone del Gusto di Torino. Due caseifici artigianali dell’entroterra maceratese lo hanno rimesso in produzione: Di Pietrantonio, a Belforte del Chienti (via Carlo Urbani 1, tel. 0733906503, email: contact@dipietrantoniosnc.it), e l’azienda biozootecnica Angeli di Pieve Torina (frazione Capriglia, tel. 0737518149; cavalliangeli@ tiscali.it). Le forme di questo cacio dal gusto morbido e persistente, stagionate in un periodo che varia dai 2 ai 6 mesi, hanno una pasta di colore avorio, sono prive di crosta e spri-
gionano un aroma di fermenti lattici e, ovviamente, di cardo. Altri pecorini a caglio vegetale basati su fiorescenze o steli di piante autoctone vengono prodotti nel Lazio e in Toscana. I formaggi di questo tipo , oltre a un sapore aromatico, hanno tutti una particolarità: risultano più digeribili di 쐽 quelli a caglio animale.
> Dopo il grande successo ottenuto al Salone del Gusto di Torino, crescono gli estimatori di questo delizioso formaggio a pasta tenera, dal sapore morbido, persistente, aromatico. Merito anche dell’alta digeribilità.
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ScELTI PER vOI
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a cura di Adele Giacobi
EROMA
A piedi nudi nell’orto A tu per tu con Angelo Ricci, lo chef che lavora in questa oasi ritagliata tra i morbidi pendii di due colline. Una Spa ayurvedica a pochi passi da Brescia.
S
i chiama “la mia cucina naturale”. È il titolo dell’ultimo libro di Jamie Oliver, lo chef anglosassone più amato della tv, ma potrebbe anche essere la sintetica presentazione in calce ai menu di Eroma, Spa ayurvedica per pochi ospiti esclusivi a due passi da Brescia. Se Jamie dice di riuscire a ideare nuovi piatti solo durante i week end nella sua casa di campagna, siamo andati a trovare il suo alter ego italiano, lo chef Angelo Ricci, che da sette anni lavora in questa magica oasi tra i morbidi pendii di due colline. Malgrado il clima non proprio primaverile, l’erba è verde e la prima neve sembra zucchero filato: viene voglia di seguire l’esempio di Socrate e Platone, cedendo alla tentazione di togliersi le scarpe per sprofondare dolcemente in un contatto più intimo con la natura. La parola alla natura, insomma: «È lei - sostiene Angelo - che decide i menu, regalandoci primizie. Il plus della nostra cucina è proprio il fascino dell’imprevisto. Difficilmente ho preparato due volte la stessa ricetta». Lui è uno “spirito” libero. Eppure con qualche regola: «Non ho tempo di raccogliere le mie ricette per iscritto, le invento di volta in volta, a seconda di quello che trovo nell’orto. Qui compriamo soltanto quello che non possiamo creare noi, come lo zucchero, certi vini…». Ogni giorno a Eroma c’è perciò un menu diverso. «Giorni fa - racconta Angelo - ho preparato vasetti di marmellata di uva americana da servire con formaggi di media e lunga stagionatura». Un consiglio per Natale? «Il classico - suggerisce Angelo - va mantenuto e reinterpretato ogni volta con un pizzico di magia e di sorpresa». Qualche esempio? Tortelli ripieni con cotechino e serviti con una leggera zuppa di lenticchie o sformatini di panettone: per dolce, un raffinato dessert al cucchiaio servito su un letto di crema inglese legata con un filo di gelatina e completato con salsa al cioccolato caldo o zabaione». Il suo piatto preferito sono le “migole” (“briciole” in dialetto bresciano), ricetta di famiglia con farina di castagne e grano saraceno lavorate con un bastone a uncino fino a ottenere una consistenza simile al cous cous. Si serve con salame, formaggi stagionati o panna fresca. 쐽
Eroma Relais & Chateaux Via Civetta 2 Loc. Madonna Della Scoperta – Lonato (BS). Tel. 0309129930 – 3484401985 Email Info@eroma.it eroma.it Aperto tutti i week end su prenotazione
> Nella foto grande, la veranda di Eroma, con tavoli e poltrone per rilassarsi e godere dello splendido panorama. In basso, da sinistra a destra: panoramica della Spa ayurvedica e dell’orto; lo chef Angelo Ricci; la cucina con arredi in arte povera abbinati a oggetti dal design moderno; tortelli biologici alle erbe.
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SCELTI PER voI
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a cura di Myriam Pulvirenti
www.mistralpubblicita.it
Fotografie di Salvatore Renis
A ROMA
Il ristoro della salute All’ombra del Colosseo, nel cuore della Città Eterna, un nuovo ristorante apprezzato dai turisti. E dai romani.
Una cena all’ombra del Colosseo. Per i turisti, è la degna
“Il ristoro della salute� Piazza del Colosseo, 2 A Roma Tel. 0670494653 Prezzo medio: da 25 euro
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“Presto organizzeremo anche delle serate a tema, proponendo le cucine dei vari paesi. Il nostro obiettivo e’ infatti quello di aprirci sempre piu’ a una clientela internazionale�.
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SULL’ACQUISTO DI UNA CONFEZIONE DI BEI TIPI SACLÀ I Bei Tipi li trovi nel banco dei sottoli.
101010346 - AVVERTENZE PER IL CONSUMATORE. 0ER OTTENERE LO SCONTO IL BUONO DEVE ESSERE PRESENTATO AL MOMENTO DELL ACQUISTO DEL PRODOTTO ENTRO IL AVVERTENZE PER IL RIVENDITORE. )L RIMBORSO DI QUESTO BUONO SCONTO VERRĂŒ RICONOSCIUTO A CONDIZIONE CHE VENGA UTILIZZATO DAL CONSUMATORE SECONDO LE INDICAZIONI RIPORTATE A LATO .ON VERRANNO RICONOSCIUTI A NESSUN TITOLO BUONI NON INTEGRI O CONTRAFFATTI ,A & LLI 3ACLĂŒ SI RISERVA IL DIRITTO DI NON RIMBORSARE QUESTO BUONO SCONTO AL NEGOZIANTE NON IN GRADO DI PROVARE MEDIANTE FATTURA DELLA & LLI 3ACLĂŒ O DI UN GROSSISTA RIFORNITO DALLA STESSA LA RISPONDENZA TRA IL QUANTITATIVO DI BUONI SCONTO PRESENTATI AL RIMBORSO ED IL QUANTITATIVO DI PRODOTTO ACQUISTATO 0ER OTTENERE IL RIMBORSO DI QUESTO BUONO SCONTO SI PREGA DI INVIARE IL MEDESIMO ALLA & LLI 3ACLĂŒ 3 P ! PRESSO 6ALASSIS 3 R , # 0 6IA 'ROSIO -ILANO
WWW SACLA IT s WWW BEITIPI IT
conclusione di una ‘faticosa’ giornata trascorsa tra le rovine della Roma antica; per i romani, è una serata alternativa tra le bellezze e le prelibatezze della propria cittĂ . “Il ristoro della saluteâ€? non è solo un buon ristorante: nel pomeriggio è un elegante tea room, mentre al mattino propone colazione e brunch. Il ristorante è aperto fino alle due di notte per consentire ai clienti di cenare anche dopo una serata al cinema, o a teatro. Il locale nasce come frullateria: i rinfrescanti frullati di frutta fresca erano veri e propri ristori per la salute - di qui, il nome - in particolare nelle calde estati romane. Quest’anno, dopo un cambio gestione, è diventato ristorante, wine bar e tea room, riscuotendo subito un buon successo. Questo anche grazie alle serate con musica dal vivo, introdotte recentemente. Mentre in primavera partiranno le serate culturali. La sala-ristorante ospiterĂ , tra l’altro, una galleria d’arte con quadri e sculture di artisti: i clienti potranno cosĂŹ apprezzare, tra una portata e l’altra, delle vere e proprie mostre. Ma la fantasia dei gestori non si ferma qui. “Presto organizzeremo anche delle serate a tema - rivelano - proponendo le cucine dei vari paesi. Il nostro obiettivo è infatti quello di aprirci sempre piĂš a una clientela internazionaleâ€?. Nel cuore della CittĂ Eterna, che incanta i visitatori con innumerevoli meraviglie, “Il ristoro della saluteâ€? offre piatti tipici della tradizione italiana e romana. Tra le specialitĂ , le “Fettuccine alla Colosseoâ€? con scampi e gamberi, il filetto al pepe verde, e per dolce un ottimo tiramisĂš. ě?˝
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D ine out
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a cura di Vincenzo D’Antonio
>A sinistra, la veranda; al centro, lo chef Pier Giorgio Parini al lavoro; a ds, strozzapreti con lumache.. IL
POVERO
DIAVOLO
Benvenuti nel tempio della frittata liquida Accoglienza famigliare, ricercatezza degli ambienti e una cucina fresca, moderna, con sapienti richiami alla tradizione: a Torriana, piccolo borgo collinare sul mare di Rimini, un gradevole approdo per chi ama il bello e il buono.
S iamo a torriana, in Valmarecchia. il D&B
Povero Diavolo si trova sulla via principale di questo piccolo borgo collinare affacciato sul mare di Rimini. in cucina impera lo chef Pier Giorgio Parini, trentaduenne romagnolo in prodigiosa ascesa. Ci accoglie, radioso il sorriso, la signora Stefania, moglie di Fausto, animatori e anime di questa tranquilla dimora di paese. Ci si sente come fra mura domestiche, coccolati dai piaceri del gusto, per i profumi invitanti che provengono dalla cucina, e della vista, per la ricercatezza e la cura degli ambienti. Cinque le camere, tutte deliziose e con pregevole arredo. il ristorante è molto elegante, il servizio curato. Pane, paste fresche e dolci sono fatti in casa. Dalla cucina arriva il benvenuto: una delicata frittata liquida con la cipolla. il palato si prepara così al sontuoso antipasto: morbido di maiale, polpa di mele e succo di melograno. Armonico il contrappunto tra il sapore della mela e la tenera e squisita carne di maiale. i primi si avvalgono del pescato: spaghettoni Mancini al nero di seppia e raviolo di pesce in brodo di paganelli al profumo di sambuco. il vino è un vigoroso trebbiano del compianto Masciarelli, con i suoi sentori di vaniglia.
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La Buona Cucina Italiana
Sui secondi le sorgenti si dividono: la via del pescato locale ci conduce verso un altro piccolo capolavoro dello chef: triglie gratinate e gianduia di nocciole, combinazione felice di estro e padronanza tecnica. L’altro secondo proviene dall’aia: coniglio arrosto e fritto, crema di porri e zafferano. Gioiosamente evidente la bravura dello chef nel cucinare il coniglio in due diversi modi e poi assemblare il piatto. il trebbiano supporta benissimo entrambi i piatti. e arriva il momento delle suggestioni dei dolci: intriganti le proposte, savi i suggerimenti della signora Stefania. Si medita e poi si sceglie: “Studiando il cioccolato” e tortina di pere. Altre due ottime performance dello chef, che lasciamo vengano vellutatamente accarezzate da ciarlieri sorsi di Albana Passita. L’indomani ci si accomiata dopo deliziosa prima colazione connotata dalle produzioni di casa: torte, biscotti, ciambelle dolci da forno, mar쐽 mellate e confetture. Povero Diavolo Via Roma 30 Torriana (Rm) - Tel. 0541675060 - ristorantepoverodiavolo.com Chiuso il mercoledì - Menu degustazione: 55 euro vini esclusi
—PERSONAGGI
M
acellaio per professione, giornalista per passione. O, forse, il contrario. Fabrizio Nonis, veneto (ma anche un po’ friulano), 45 anni, festeggia il suo ottavo anno da giornalista al seguito di alcune tra le più accreditate trasmissioni televisive. Ma le origini non si dimenticano. Le sue sono nella bottega di suo padre, macellaio, dove la sua professionalità si è forgiata. «Già allora - ricorda Nonis avevo l’esigenza di comunicare con i clienti che venivano ad acquistare la carne». Da macellaio l’ha subita, da giornalista seguita: la mucca pazza, il fenomeno che negli anni 90 ha segnato la fine della deregulation. «Il consumo di carne - spiega Nonis - negli anni 70 e 80 era un cult. L’avvento della mucca pazza ha inaugurato una nuova tendenza: i consumatori hanno cominciato a prediligere la qualità alla quantità e i responsabili del settore a sorvegliare su que-
Un macellaio per amico
sta qualità. Per i professionisti è stato un bene, perché ha spazzato via i dilettanti. Ulteriori passi si stanno compiendo negli ultimi mesi, grazie anche alla nuova mentalità introdotta dal neoministro alle politiche agricole Luca Zaia». La regina dei consumi? La carne bovina, nonostante «le carni bianche stiano raggiungendo quote di mercato notevoli», spiega Nonis. L’importante è il taglio e chi lo esegue. I macellai si stanno trasformando, secondo Nonis, « da sciabolatori a fiorettisti». Come si vede Fabrizio Nonis tra 30 anni? «Giornal-macel-gastronomo», sostiene. «Saper tagliare è importante, ma lo è anche consigliare come cucinare, abbinare, trattare e conservare la carne: eccellenza è anche indicare ciò che rende spettacolare una portata o una ricetta ». Parola di toro. 쐽
Fabrizio Nonis, conduttore di trasmissioni televisive sulle reti nazionali, racconta le sue origini Testo GIADA CASTELLANO Fotografi MOIRA DE ZEN, LORIS VETTORETTO
> Fabrizio Nonis si è forgiato nella “bottega della carne” di suo padre. In alto, con il Ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia 1
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ProntI all’Uso
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a cura di Fabrizio Nonis
ZAMPONE
Il cibo della discordia Storia di un insaccato: dall’assedio di Mirandola del 1511 a quello di oggi in macelleria
Lo zampone, cotto e affettato, si abbina tradizionalmente alle lenticchie, ma anche a fagioli in umido, purea di patate o spinaci
Dietro il gusto deciso dello Zampone, specialità del Modenese che ben si adatta al clima rigido del periodo delle festività natalizie, c’è una storia lunga 500 anni. Era l’inverno del 1511 quando le truppe di Giulio II della Rovere, il papa guerriero amico di Michelangelo, diedero vittorioso assedio alla Rocca della Mirandola, cittadella dei Pico fedelissima alla Francia. I mirandolesi, ormai sul punto di cedere per fame avendo dato fondo a ogni riserva, non volevano lasciare ai nemici i pochi sogni rimasti. Faceva freddo. Uccidere i maiali significava sottrarli ai mercenari del Papa ma anche, non riuscendo a consumare tutta la carne in pochi giorni, sciupare l’ultima preziosa fonte di energia. Si ebbe allora
Direttamente dai pascoli di Scozia, Carne Bovina Scozzese IGP, sapore da gustare. Il gusto della carne bovina Scozzese IGP non vi deluderà. Tutti gli animali sono nati, allevati e macellati in Scozia, un paese che garantisce un ambiente incontaminato e ricco di pascoli sempre verdi. Inoltre i piú alti standard di tracciabilitá seguiti e il rispetto per il benessere degli animali si riflette anche nel gusto e sapore della sua carne IGP. Sia la carne bovina che la carne d’agnello Scozzesi sono tra le poche carni in Europa che hanno ricevuto questo ambito riconoscimento comunitario che si pone l’obiettivo di proteggere e promuovere i prodotti tradizionali e regionali caratteristici di una particolare area geografica.
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I lunghi tempi di cottura e le esigenze di maggiore praticità hanno spinto i produttori di zampone a offrire anche l’insaccato precotto. Ha tempi di conservazione più lunghi grazie a un confezionamento ermetico sottovuoto che ne garantisce le caratteristiche organolettiche. Il cotechino deriva dallo stesso impasto dello zampone ma viene insaccato in un budello naturale.
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l’intuizione di adoperare la pelle delle zampe anteriori per insaccare la carne più magra. Che, tritata e mescolata ad alcune spezie, consentì ai mirandolesi di reggere più a lungo l’attacco. Ancora oggi, quando si avvicina Natale, nelle macellerie si assiste a un assedio. Di tutt’altro tipo, ovviamente. Non armato ma gastronomico. Per questo insaccato, la cui carne un tempo veniva pestata artigianalmente nel mortaio e tagliata con la mezzaluna, oggi ci sono le apposite macchine. Ai clienti non resta che fare pazientemente la fila. All’impasto di carne suina delicatamente tritata si mescolano sale, spezie, aromi e un po’ di vino rosso, secondo la concia tipica che ogni maestro macellaio ha personalizzato nel tempo. Il ripieno poi viene inserito nelle zampe anteriori del maiale, scarnificate, ripulite e salate per trasformarle in perfette guaine naturali. Infine la cottura: un rito del tutto singolare che necessita di alcuni accorgimenti. Per esempio: immergere lo zampone nell’acqua la sera prima affinché si ammorbidisca e si dissali; praticare con un coltello piccole incisioni; avvolgere il tutto in una tela bianca fissata con lo spago prima di far bollire a fuoco lento per almeno quattro ore. Così, in tavola la pietanza raccoglierà applausi per il singolare profumo penetrante e 쐽 per il trionfale colore della sua carne! Buone feste.
Ufficio italiano carne Scozzese, via Santo Stefano 75, 40125 Bologna | Tel: + 39 051 656 9014
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Campagna finanziata con il patrocinio dell’Unione Europea. 2
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Protagonista del menù delle festività natalizie
— T R E N T I N O A LT O A D I G E
Il tempo delle mele Da frutto proibito a sinonimo di buona salute. La rivincita del pomo che ha fatto la storia. Testo ELISABETTA TIENGO
| PRIMA FASCIA (DA SINISTRA A DESTRA)
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rutto proibito per Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, simbolo della caduta dell’uomo e della sua conoscenza del mondo; la mela è però anche il simbolo della seduzione e della buona salute. Ottima da mangiare cruda, ma buonissima anche in cucina per la preparazione di dolci al forno o fritti in pastella con lo zucchero a velo. — La storia in un pomo. La mela ha una storia antica. Originaria dell’Asia centrale, è oggi la pianta da frutto più coltivata sulla terra. Nel nostro paese si trova soprattutto nella zona del Trentino Alto Adige, in particolare nella Val di Non e in Val di Sole. Territori che, grazie a una serie di caratteristiche esclusive, come clima e fattori umani (tecniche di produzione, artigianalità e rispetto per l’ambiente), hanno consentito alla mela Golden Delicious, prodotta in queste zone, di ottenere l’importante riconoscimento della Denominazione di origine Protetta, DOP. — Un’intensa selezione. L’attività di selezione della mela ne ha prodotto in tutto il mondo decine di varietà in grado di soddisfare i gusti di tutti. Le diverse varietà si differenziano per la forma, tondeggiante, allungata e costoluta, per l’aspetto e il colore della buccia o per il colore e la compattezza della polpa, infine per il profumo e il sapore più o meno aspro, dolce e acidulo. La mela è uno dei frutti più utilizzati durante lo svezzamento dei bambini, soprattutto per la facilità con cui viene digerito e per l’alta fonte di nutrimento e sali 16
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Ingrediente principe dello strudel, la mela si sposa deliziosamente con le note speziate della cannella. Un abbinamento alla base di molti dolci e infusi. SECONDA FASCIA Il sidro è una bevanda antica ricavata dalla fermentazione delle mele e viene prodotta, con caratteristiche diverse, in molte parti del mondo. Ha un gusto piacevolmente dolce e fresco. Per questo si abbina bene con dolci come canestrelli, biscotti di pasta frolla e a base di miele. TERZA FASCIA Per le confetture, le più adatte restano le mele cotogne: il profumo di questa marmellata ricorda molto quello delle rose e il sapore l'albicocca. Ma le mele si prestano anche ad essere conservate sotto grappa: da proporre come originale stuzzichino prima del dessert. La grappa alla mela verde, del resto, rimane una delle più apprezzate. QUARTA FASCIA Per i più tradizionalisti non c’è nulla di meglio della classica torta di mele, magari spolverata di zucchero a velo e accompagnata da una soffice crema pasticcera. Intramontabili le mele cotte: si consiglia di ‘inondarle’ di cioccolato fondente, ma attenzione agli effetti lassativi! La Buona Cucina Italiana
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Il trasformista della mela! mistralpubblicita.it
minerali che svolgono, insieme alle fibre, un importante ruolo nella regolazione della funzione intestinale. Il suo contenuto calorico è di 50 Kcal per 100g di frutta sbucciata, dovuto principalmente a zuccheri semplici che non richiedono digestione e sono assorbiti rapidamente per essere utilizzati, poi, come fonte di energia. I benefici effetti sulla salute dell’uomo sono molteplici, ricordiamo tutti il detto “una mela al giorno toglie il medico di torno”, la sua azione regolatrice sull’equilibrio del sangue e sulla tipologia dei microrganismi che popolano la flora batterica intestinale ha proprietà astringenti e antiossidanti, la polpa poi, contiene fibre che svolgono un effetto protettivo sul nostro transito intestinale e forniscono il materiale nutritivo alla flora batterica. La sua buccia invece, contrariamente a quanto L’alta digeribilità e la si pensa, non ha un contenuto di nutrienti così importanti, quinricchezza di nutrienti, di se anche viene tolta, la mela perde ben poco del suo valofibre e sali minerali ne re nutritivo mantenendo intatto l’apporto in carotenoidi. fanno uno dei frutti più — Uno snack più equilibrato. La mela è la giusta conutilizzati durante lo clusione di un pasto o uno snack veloce e sempre pronto; basvezzamento. sta portarla comodamente in borsa, perchè è facile da trasportare e da conservare e ha (importante in questo periodo) un costo piuttosto limitato. — Tutte le varietà. La Golden Delicious è la mela per eccellenza, la più coltivata in Europa. È disponibile tutto l’anno e si conserva facilmente. La Red starck delicious è nata in America nel 1890, è arrivata in Europa nel 1914. È disponibile da ottobre a giugno. La Renetta Canada è una delle varietà più antiche, già presente in Europa nel 1600, è disponibile da fine settembre a maggio. La Gala è nata in Nuova Zelanda, ma ben presto si è diffusa in tutto il mondo, è disponibile sulle nostre tavole da settembre a maggio. La Fuhji, infine, è originaria del Giappone, È oggi la mela più famosa e si può assaggiare da settembre ad aprile-maggio. 쐽
Una valida alternativa ... Viviamo una vita frenetica sempre di corsa e alla ricerca di praticità e leggerezza. Mai come negli ultimi anni l’attenzione al benessere, alla forma fisica e alla corretta alimentazione ha suscitato così tanto interessa da parte di tutti, in particolare nella lotta all’obesità infantile. I nostri bambini spesso si sentono appagati nell’aprire pacchetti di merendine e snack, che poco hanno a che fare con frutta e verdura tanto consigliate dai nutrizionisti, per questo il marchio Melinda ha proposto una serie di prodotti naturali, a base di mela, da portare sempre con sè. La Mousse, delizioso dessert al cucchiaio, ad esempio, contiene il 100% di frutta selezionata senza l’aggiunta di zuccheri con solo polpa di mela abbinata a frutti di bosco, kiwi o mirtilli. Per i più Golosi sono ci sono le nuove barrette al 100% di frutta a forma di snack, anche in questo caso senza l’aggiunta di miele, dolcificante o addensante, con solo 75 calorie a barretta. Adesso non abbiamo scuse per non mangiare mele.
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Sbuccia, lava e poi trasforma. Dalla Val di Non AD Chini ha un’unica missione: fare della mela un prodotto alternativo, pronto al consumo e naturale al 100%. Mousse e snack da gustare a qualsiasi ora del giorno per chi ricerca il benessere anche nel gusto. Un’offerta ricca e diversificata, resa ancora più unica dall’ultima novità Melinda barrette, una proposta dolce e genuina, ideale per ricaricarsi e fare il pieno di energia.
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CULtURa DOP
IL
FIORE
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a cura di Vincenzo D’Antonio Foto di Angelo Cucca
SARDO
Sapore isolano Per gli amanti dei formaggi dal gusto deciso, prodotti con antiche tecniche artigianali.
C on tutta probabilità, lo chiamano Fiore Sardo per il
caratteristico marchio a forma di fiore intagliato all’interno delle forme di legno utilizzate dai mastri casari dei tempi antichi. Insieme al Pecorino Sardo, rappresenta una delle gemme casearie DOP della Sardegna, dove viene ancora prodotto artigianalmente. Un Fiore sapido di bontà che fino a due secoli fa era l’unico formaggio esportato dall’isola: è noto che venisse apprezzato dai mercanti genovesi, che lo utilizzavano per la preparazione del pesto. Prodotto in tutto il territorio insulare, il Fiore Sardo DOP è un formaggio a base di latte crudo di pecora proveniente da una sola mungitura. La tipica forma con scalzo bombato “a groppa di mulo” è costituita da due tronchi di cono uniti per la base maggiore. Il sapore è più o meno piccante a seconda del grado di maturazione. Si può grattugiare su alcuni tipi di pasta o servire sul suo plateau con un contorno di patate arrostite e pomodori freschi da insalata. Ed ecco i vini che lo accompagnano: principe dell’“Isola d’i Sardi”, secondo la celebre definizione dell’Ulisse dantesco, è il Cannonau di Sardegna Rosso DOC, servito intorno a 16°. Ma il Fiore Sardo DOP si sposa superbamente anche con la Malvasia di Bosa DOC a 11°, magari alternando dell’ottima frutta secca. E per un’alternativa originale, vale la pena recarsi nel cuore della Sardegna, tra il Gennargentu e la Barbagia, terra del superbo Mandrolisai rosso DOC, da servire a 16°. Stessa delizia per il palato, ma con note diverse, se parliamo del Pecorino Sardo DOP, prodotto con latte di pecora proveniente da allevamenti ubicati nell’isola. Quello dolce ha un periodo di maturazione che si compie tra i 20 e i 60 giorni; il maturo stagiona almeno 4 mesi a temperatura e a umidità controllate. Il dolce si accompagna a fette di pane bruscato; il maturo è delizioso con pere tagliate a fette e uva moscata. Per i vini, ideale è il Vermentino di Gallura DOCG per il dolce e il Cannonau 쐽 di Sardegna per il maturo.
Secondo alcuni, il Fiore Sardo deve il suo nome al fatto che in antichità venisse prodotto con caglio vegetale.
Esternamente, le forme presentano una crosta dura di colore deciso che va dal giallo al marrone scuro. La pasta e’ dura, bianca o giallo chiaro, e senza occhiature. Le forme prodotte dai pastori nelle capanne hanno un leggero e caratteristico sentore di affumicato.
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Dentro un FIlm
POMODORI
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a cura di Fulvio Fulvi
VERDI
FRITTI
Prelibatezza al verde S
Il FIlm
i può vedere un film e poi mangiare un piatto ispirato o raccontato nella pellicola. Per rivivere un’emozione, fare la stessa esperienza dei protagonisti o, più semplicemente, per soddisfare una curiosità. E non bisogna essere sempre bravi cuochi per dare corpo, e sostanza, a una ricetta. Così è per i “Pomodori verdi fritti” da cui ha preso il titolo l’opera prima del regista newyorkese Jon Avnet, lo stesso che ha diretto De Niro e Al Pacino nel thriller “Sfida senza regole”, uscito in autunno nelle sale italiane. Il film dedicato agli ortaggi è tratto dall’omonimo libro di Fannie Flagg. È la storia di Idgie (Mary Stuart Masterson), Ruth (Mary Louise Parker), Ninny (Jessica Tandy) e Evelyn (Kathy Bates). Ninny, ormai anziana, racconta alle amiche le vicende di Idgie e Ruth, che gestivano il Whistle Stop Café, alla stazione ferroviaria, e parla loro dell’affetto profondo che le univa. Grazie ai racconti della sua amica, Evelyn prende il coraggio di affrontare
i nodi della sua vita riuscendo a salvare il suo matrimonio. “Cosa non darei per un piatto di pomodori verdi fritti come quelli che mangiavamo al café”, dice a un certo punto Ninny nei suoi “amarcord”. Il piatto è semplice. Servono 6 pomodori verdi, grandi, un po’ di farina, abbondante olio di oliva per friggere e un pizzico di sale. Come si prepara? Lavate bene i pomodori e tagliateli a fette spesse. Passateli nella farina e friggeteli in una padella nell’olio ben caldo. Abbassate la fiamma e dopo circa 5 minuti rigirate le fette (che nel frattempo saranno diventate ben dorate) e finite la loro cottura. Salateli solo dopo 쐽 averli scolati. E buon appetito!
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TITOLO ORIGINALE: Fried green tomatoes NAZIONE: Usa ANNO: 1991 GENERE: Drammatico DURATA: 130' REGIA: Jon Avnet CAST: Mary Stuart Masterson, Mary Louise Parker, Kathy Bates, Jessica Tandy, Gailard Sartain, Stan Shaw, Cicely Tyson, Chris O'Donnell PRODUZIONE: Rank Film DISTRIBUZIONE: Life
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Messi in rima
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POETA
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Psicofitness
a cura di Fulvio Fulvi
TAVOLA
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Leopardi, che ghiottone Dalla scorpacciate di gelato e cioccolata
Se cerchiamo di andare oltre alle pillole di saggezza e di buon senso
udite - Giacomo Leopardi era pure un gourmet. Amava la cioccolata, tanto che sembra ne mangiasse voracemente in grande quantità, sporcandosi spesso blusa e calzoni. E così - si legge nelle “Storie di casa Leopardi” di Mario Picchi, edito dalla Bur - le rare volte che usciva dal palazzo paterno per recarsi sull’Ermo Colle il poeta recanatese pare avesse spesso le patacche addosso. Ma le passioni di Leopardi al desco non finiscono con il “cibo degli dei”. Fiori di zucca fritti, bigné di patate, polpettone, cacio cotto: sono queste le altre ghiottonerie di cui andava pazzo, come documenta “Leopardi a tavola”, di Domenico Pasquariello “Dégo” e Antonio Tubelli, della Logo Fausto Lupetti Editore. Il libro prende spunto da due
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P S I C H I AT R A
I segreti per soddisfare il palato aiutando la mente a mantenersi in forma.
L’Infinito si percepisce anche col palato. Perché - udite
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a cura di Giampaolo Perna
Difendiamoci dalle feste
alle ricette del soggiorno napoletano
Siamo abituati a immaginarlo come un intellettuale pessimista e malinconico, dedito solo al suo “studio matto e disperatissimo”, invece Giacomo Leopardi era anche un amante della buona cucina.
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foglietti di pergamena conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Si tratta di carte autografe del poeta che riportano un’ampia lista di ricette. Sono in tutto 49 e descrivono con dovizia di particolari gli ingredienti e le modalità di preparazione dei piatti assaporati durante il soggiorno a Napoli a casa dell’amico Antonio Ranieri, dal 1833 al 1837. A modo loro, anche queste ricette sono poesia. In quegli anni felici, gli ultimi della sua vita, Leopardi ebbe modo di apprezzare anche la cucina di uno chef, Pasquale Ignarra, già patriota rivoluzionario nel 1799 ed esule della Repubblica Partenopea. Sarà lui ad accompagnarlo nelle campagne napoletane, tra i profumi di timo e rosmarino, della frutta e degli altri prodotti genuini della terra. In diverse lettere a parenti e amici, Leopardi esprime la nostalgia soprattutto per i dolci, come il “gelato di latte e miele”, assaggiati durante le feste di paese intorno al Vesuvio. E pare che il gracile e minuto poeta fosse solito ordinare enormi gelati, tanto che la gente lo derideva 쐽 sostenendo che fossero più grandi di lui.
che accompagnano la maggior parte dei suggerimenti su un’alimentazione che faccia bene alla mente, cioè per esempio l’importanza di alimentarsi con zuccheri perché questi sono il carburante delle cellule cerebrali, oppure l’importanza di evitare troppi grassi per prevenire problemi di aterosclerosi capaci di minare e danneggiare il nostro cervello, negli anni recenti le neuroscienze hanno pubblicato dati scientifici capaci di guidarci verso una alimentazione scientifica del nostro cervello. Sembra chiaro ormai che l’alimentazione, sia per quanto riguarda l’aspetto quantitativo che quello qualitativo, e la modalità comportamentale alimentare sono una caratteristica chiave del benessere mentale di ogni individuo e sono fondamentali per mantenere efficiente il nostro cervello. Questo fatto è così chiaro nelle neuroscienze che forse la più autorevole rivista mondiale sulle neuroscienze, “Nature Reviews Neuroscience”, nel luglio di quest’anno ha pubblicato un articolo di Fernando Gomez-Pinilla, che lavora presso la prestigiosa Università Californiana UCLA, intitolato “Cibi per il Cervello: l’effetto dei nutrienti sulla funzione cerebrale”. Le due principali riflessioni che questo studio ci porta sono che l’atto dell’alimentarsi di per se stesso modula i processi cognitivi ed emotivi mediante due processi, attraverso circuiti nervosi (es. nervo vago) che collegano direttamente il tubo digerente al cervello e attraverso ormoni gastrointestinali che vengono rilasciati nel sangue durante l’alimentazione, e che esistono nutrienti capaci di influenzare le funzioni cognitive ed emotive. Sicuramente, al primo posto dobbiamo mettere il famosi acidi grassi Omega 3 che possiamo trovare nei pesci, soprattutto nel salmone, in frutti come il kiwi, nelle noccioline e nei semi di lino, e che hanno dimostrato avere proprietà antidepressive ed essere capaci di migliorare le funzioni mentali nelle persone anziane, mentre dobbiamo limitare i grassi saturi, contenuti in burro, lardo, creme, formaggi e carni grasse, che favoriscono il decadimento mentale con l’età. La nostra dieta deve essere capace di procurarci adeguate dosi di alcune vitamine fondamentali per il cervello e tra queste le vitamine del gruppo B, capaci di migliorare la memoria nelle donne e proteggere le funzioni mentali, la vitamina D, capace di proteggere le funzioni mentali nell’anziano, le vitamine E e C capaci di proteggere le funzioni mentali anche per le loro proprietà antiossidanti. Queste vitamine si trovano soprattutto nella frutta e nella verdura con particolare riferimento agli agrumi per la vitamina C; alle noccioline, agli asparagi, alle olive e agli avocadi per la vitamina E; olio di fegato di merluzzo, funghi, latte e cereali per la vitamina D. Altri ingredienti importanti sono i flavonoidi, che potenziano e proteggono le funzioni mentali, reperibili nel cacao, nel the verde, negli agrumi, nel vino rosso e nel cioccolato fondente, e il circumino, protettivo sul decadimento cognitivo, presente nel curry piccante. Esistono infine evidenze che suggeriscono di limitare l’assunzione di calcio e zinco con l’avanzare
dell’età e di assumere selenio che proteggerebbe le funzioni mentali, quest’ultimo presente soprattutto nelle noccioline, nei cereali, nelle uova e nei pesci in generale. Il rame e il ferro, anche loro importanti per un buon funzionamento mentale, sono contenuti nelle ostriche, nelle noci brasiliane, nel cacao, nel pepe nero il primo e nella carne rossa, nel cacao, nel pollame e nelle lenticchie, il secondo. In conclusione, al di là della indubbia importanza della linea e del rischio che questa corre durante il periodo delle feste natalizie e del capodanno, dalla descrizione degli alimenti che fanno bene al nostro cervello possiamo dedurre che antipasti a base di salmone o ostriche, con noci o noccioline, con un pasto che includa asparagi, olive, funghi che accompagnino carni rosse o bianche, eventualmente conditi con il curry o il pepe nero ed accompagnate da un buon bicchiere di vino rosso, senza dimenticare di concludere con dolci a base di cacao e cioccolato e con frutta a volontà con un particolare occhio agli agrumi, possiamo soddisfare il palato e aiutare la nostra mente a essere in forma. E infine ricordiamoci che il semplice fatto di alimentarci stimola il nostro cervello: dunque mangiare meno ma mangiare spesso. E a capodanno meglio meno zampone e più lenticchie anche perché se è vero che portano soldi, in tempi come questi, potrebbero essere preziosi non solo 쐽 per la mente…
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Anno XVII - N. 11 - mensile - Novembre 2008
(Italy only)
Benessere
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a cura di Elisabetta Tiengo
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L’angolo di Edoardo
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a cura di Edoardo Raspelli
L’ O P I N I O N E
Servizi a pagamento? Aboliti i voti negativi: 14 locali con schede identiche tra le pagine della Guida dell’Espresso.
Era pura difesa del consumatore; i cattivi ristoranti ricevevano ”pestoni” addirittura offensivi, da querela persa:”Persino il nostro cane non entra in questo locale”, scrivevano Henry Gault e Christian Millau tra i sorrisi compiaciuti dell’editore della Guida dell’Espresso, Carlo Caracciolo. Sono passate 21 edizioni e quanto è cambiata da quella di una volta, ora che il curatore è, dal 2000, Enzo Vizzàri! Poco importa al lettore qualunque, ma in cima alla gerenza, in cima all’elenco degli autori, da pochi anni non c’è più il nome del curatore bensì quello dell’editore (che in effetti, altra curiosità, è anche giornalista professionista). A Carlo Caracciolo, quindi, anche nominalmente, spetta l’ultima parola sui voti ai ristoranti, essendo lui il Numero 1. Tutto questo giustifica a posteriori, quindi, quanto successe nel 2001 quando mi venne consegnato il lungo elenco dei voti da cambiare secondo i desiderata dell’editore e del suo amministratore delegato. Rifiutai e venni sostituito… Ma questo è niente: innanzi tutto da anni sono spariti i voti insufficienti. Se quel dato ristorante è famoso ma gastronomicamente scarso, non ve lo dicono più. Già l’anno scorso, poi, erano stati fatti sparire in ogni scheda tutti i riferimenti all’anno precedente. Si era detto che i voti erano stati inflazionati e che quindi bisognava ripartire da zero: mica male, visto che dal 2001 c’è uno stesso curatore: era come ammettere che aveva sbagliato tutto, che si era lasciato prendere la mano dall’inflazione dei ventesimi, dalle promozioni a “todos caballeros”. Anno dopo anno, poi, la Guida dell’Espresso è diventata un contenitore invaso di pubblicità, che influisce anche nelle considerazioni gastronomiche. Non parliamo della quindicina di pagine pubblicitarie di ristoranti grandi consumatori di birra (in un fascicolo centrale ben distinto ma con gli stessi caratteri delle schede di tutti gli altri locali), parliamo degli elenchi e della cartografia finale dove sono messi in risalto i migliori ristoranti d’Italia e, in più, i ristoranti Chef Express e Roadhouse Grill del Gruppo Cremonini (gli stessi fornitori di Mac Donald’s). Non solo questi locali sono indicati nelle carte stradali, ma per 14 volte, nel testo normale, mescolati alle altre recensioni, senza nessuna differenziazioni dagli altri locali, lo stesso articolo sui Roadhouse appare nelle pagine della guida: stesso voto, stesso testo, stessi piatti, stessi commenti che si ripetono da Legnano a Roma, da Corsico a Bergamo… Alfonso Signorini e Francesco Specchia a Radio Montecarlo, Marco Gatti su Libero hanno messo alla berlina la ”sguida dell’accelerato” ma dall’altra parte ha risposto il silenzio. Lo stesso silenzio quando sulla Stampa scrissi che i testi di Espresso e Michelin erano uguali per una dozzina di volte: al capo della Michelin che dichiarava al Corriere della Sera che i loro testi erano in rete già 쐽 da sei mesi venne opposto un diplomatico”no comment”.
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GASTrOrePOrTerS
GIOACCHINO
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a cura di Roberta Moretti
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Sulle tracce del “Gusto”
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aleotta fu la tesi di laurea in lettere sul romanzo poliziesco. Gli valse un 110 e lode ma anche una passione per la vita: l’enogastronomia. «Perché nelle spy story, curiosamente gli investigatori hanno spesso l’hobby dell’alta cucina ma anche nella realtà uno dei più grandi gourmet italiani, Federico Umberto D’Amato, era un poliziotto». Parola di Gioacchino Bonsignore, popolare anchorman dell’edizione mattutina del Tg5 e curatore della fortunata rubrica “Gusto”.
U n episodio divertente?
Più che divertente, emozionante. Nel senso che scoprire ogni volta tanti artigiani che dedicano la loro vita a produrre del cibo - penso ai mastri casari, agli agricoltori che si dedicano alla produzione di legumi dimenticati, magari dai nomi sconosciuti, a chi fatica per mantenere in vita una produzione che magari sta scomparendo - ecco, questo è sempre una grande emozione.
D o v ’ è i l s e g re t o ?
Semplicemente nel fatto che il cibo riguarda tutti. Ci sono tanti argomenti del mondo dell’informazione di cui la gente si può disinteressare, ma del cibo non è possibile perché è parte della vita quotidiana di ciascuno. Oggi, in particolare, c’è una grande richiesta di informazione su queste tematiche soprattutto perché, con gli effetti della globalizzazione, rischiamo di non saper più selezionare quello che mettiamo sulla nostra tavola. Diciamo che “Gusto” vuole essere una piccola bussola per i consumatori, un aiuto per non perdere il rapporto con il territorio e le tradizioni italiane. Perché se dimentichiamo come mangiavano i nostri nonni, i nostri bisnonni, dimentichiamo chi siamo e ci omologhiamo a tutto il resto.
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“Oggi c’e’ una grande richiesta di informazione su queste tematiche, soprattutto perche’ con gli effetti della globalizzazione rischiamo di non saper piu’ selezionare quello che mettiamo sulla nostra tavola. Diciamo che ‘Gusto’ vuole essere una piccola bussola per i consumatori”.
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t a v o l a , G i o a c c h i n o n o n re s i s t e a …
I cibi semplici della tradizione italiana: le zuppe di legumi, le paste, i risotti. Tutto quello che è italiano ed è semplice, perché la cucina deve essere semplice.
S a i c u c i n a re ?
Abbastanza!
U na ricetta per i nostri lettori?
La classica pasta alla Norma. È una ricetta siciliana di effetto e praticità. Non è difficile: si fanno soffriggere le melanzane tagliate a fette larghe e precedentemente lasciate riposare per qualche ora sotto sale. Si prepara a parte un sugo di pomodoro molto semplice. Si condisce la pasta con il sugo e le melanzane aggiungendo della straordinaria ricotta salata, ed è un grande piatto. 쐽
U n’avventura attraverso tutto lo Stivale…
La diversità è la peculiarità principale dello straordinario territorio italiano. Centinaia di favolosi prodotti che vanno dalla Val d’Aosta a Pantelleria, dal Trentino Alto Adige a Lampedusa. Una varietà immensa di produzioni agricole ed enologiche, che sono alla base del successo della cucina italiana del mondo. Un successo che affonda le sue radici non in un piatto o in una pentola, ma soprattutto nel lavoro di centinaia di migliaia di persone che producono agricoltura, allevamenti, formaggi, salumi, vino. L’enogastronomia è uno dei pilastri della nostra industria e suscita grande interesse: basti dire che quasi un terzo dei percorsi turistici viene strutturato sulla base dei percorsi enogastronomici.
caro vita come la mettiamo?
La ricerca della tradizione con un occhio al portafoglio. e’ questo il nostro obiettivo. Siamo nel mezzo di una crisi economica: cerchiamo di imparare a fare la spesa comprando cose buone e che non costino prezzi esorbitanti.
Dalla passione per i romanzi polizieschi al successo della rubrica enogastronomica che cura per il Tg5
IL
GIORNALISTA
Una vita tra le news
Torinese, si racconta con entusiasmo: dagli anni all’università a quelli come caporedattore della cronaca e conduttore dell’edizione notturna del secondo telegiornale italiano. Fino a quando, nel 2003, ha accettato la sfida lanciatagli dall’allora direttore Enrico Mentana: uno spazio tutto suo dedicato a territori, tipicità e al meglio dell’Italia enogastronomica e turistica. Nasce “Gusto”. Ed è subito un successo, destinato a durare nel tempo.
– Nella foto grande Gioacchino Bonsignore con alcuni partecipanti a “Scuochi”, appuntamento mensile sostenuto da Norda e Pasta Latini che propone uno scambio di ruoli: da una parte quattro giornalisti che cucinano ognuno una portata, dall’altra uno chef che li giudica. Qui sopra a sinistra, con lo chef Ciccio Sultano; a destra, con lo chef Filippo La Mantia.
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TrItatutto
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a cura di Gianfranco Vissani
L’ O P I N I O N E
I nonni insegnano... Come sorridere al mondo nonostante le difficoltà. Il decalogo anti-crisi. Punto uno: tornare alla terra.
S tiamo vivendo un periodo difficile, tutti parlano di crisi, alcuni di recessione. In tempi come questi non serve lamentarsi ma bisogna impegnarsi, reiventare la propria attività e scoprire nuove modalità per mantenere l’eccellenza. In periodi di vacche magre com’è quello attuale possiamo ridurre il numero dei piatti nella proposta, ed è la cosa da fare, a condizione però che quei pochi che offriamo siano ancora migliori di prima. Sissignori, possiamo assottigliare l’offerta e sfruttare prodotti tipici e di stagione, che sono più buoni e più economici. Questo ci permette anche di risparmiare sulla manodopera, ed è questa la via da percorrere, purché ci impegniamo costantemente a migliorare e a inventare sempre. Perché nulla, e nessuna circostanza, giustifica la sciatteria. Al contrario, è proprio nei momenti difficili che si vede il cavallo di razza. Pensiamo ai nostri genitori, ai nostri nonni, alle gerazioni che ci hanno preceduto: quanti momenti difficili e terribili nella loro storia... Eppure in tanti affrontavano tutto con dignità, lavorando e sfruttando anche ogni più piccola risorsa della campagna, della montagna o del mare. A questa lezione è opportuno che ci riferiamo, creando forme ed espedienti nuovi. Usando certo i new media, Internet e il computer ma non disdegnando contemporaneamente di apprezzare anche ciò che la terra ci può offrire. Il profumo di un’erba aromatica appena raccolta in una pietanza è un’esperienza che migliora la qualità della vita. Tutti possiamo averla facilmente usando la terra del nostro giardino o i vasi della nostra terrazza. Chi ha un orto può fare ancora di più, chi abita in città e magari non ne dispone può trovare fornitori di “filiera corta”... Questi sono solo alcuni esempi per dire che l’ingegno può supplire al denaro e che per vivere bene le cose buone bisogna in primo luogo saperle vedere. Riprendiamoci, dunque, i nostri spazi. Quelli di cui ci siamo improvvisamente privati! Da soli ci siamo costretti entro luoghi angusti e scialbi, perché abbiamo abbandonato il contatto con l’aria aperta, la natura, il terreno circostante... Tutte cose, queste, che non costano nulla e che gli stranieri mostrano di apprezzare tantissimo. Riprendiamoceli allora, perché non a caso queste cose sono chiamate “giacimenti culturali e agroalimentari”. Sono delle vere e proprie miniere e questo è il 쐽 momento, più che mai, di sfruttarle.
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—UNA
G I O R N ATA
CON...
Nessuno mi può giudicare... ... O forse sì. Gualtiero Marchesi prima dice no al ricatto dei voti, poi, però, sembra non gradire l’esclusione dalla Guida Michelin. Che replica: «Se l’è cercata».
Intervista ROBERTA MORETTI
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n primavera aveva suscitato polemiche dicendo: “Basta voti e punteggi”. E ora la Guida Michelin 2009 lo ha accontentato: il ristorante che porta il suo nome a Erbusco, in provincia di Brescia, non è stato sottoposto al temibile giudizio delle stelline. «Succede perché mi sono permesso di dire che alla mia età, con quello che ho fatto e soprattutto pensando ai giovani che iniziano il mestiere, non è giusto sottostare al ricatto dei voti», è la replica di Gualtiero Marchesi, primo cuoco italiano a ottenere tre stelle Michelin nel 1985.
“ Q uando un ristorante non vuole giudizi passa sull’elenco telefonico”: con lei Michelin ci è andata giù pesante...
Le specialità di Gualtiero Riso oro e zafferano 5g 20 cl 7,5 cl 100 gr 280 gr 2 gr 20 gr 1 lt
di cipolla di vino bianco secco di aceto di burro di riso Carnaroli di zafferano in stimmi di parmigiano di brodo leggero sale q.b.
Preparazione In una casseruola cuocere 15 g di cipolla spezzettata in 15 cl di vino bianco e 7,5 cl di aceto fino a quando la parte alcolica non è evaporata e resta solo la parte acida. Aggiungere 100 gr di burro in pomata e mescolare per ottenere un burro cosiddetto acido. Filtrare il burro attraverso un passino per eliminare i resti della cipolla. In una casseruola tostare 280 gr di riso Carnaroli con 60 gr di burro per un minuto. Bagnare con 5 cl di vino bianco e lasciare evaporare. Versare un litro di brodo leggero e aggiungere 2 gr di zafferano. Far cuocere per 18 minuti. Mescolare ogni tanto e una volta terminata la cottura aggiungere 20 gr di parmigiano e 40 gr di burro acido.Versare i riso nel piatto e aggiungere la foglia d’oro.
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Evidentemente, se la punizione è stata così tempestiva, vuol dire che qualcosa nel sistema non funziona più. È una reazione per eccesso di difesa che nasconde la debolezza su cui vengono preparati i giudizi. Io amo il confronto e i miei clienti saranno invitati a scrivere le loro impressioni, ristabilendo un po’ di verosimiglianza tra quello che si fa e quello che si dice. E forse, in questa sentenza per lesa maestà nei confronti della Guida Rossa c’è anche un po’ di vero sciovinismo: l'anno scorso, ad esempio, i ristoranti italiani tre stelle sono stati battuti da quelli francesi 26 a 5.
C osa contesta esattemente?
Questa corsa pazza dei cuochi a voler diventare grandi chef. Un tempo un cuoco si dedicava tutta la vita ai primi piatti, o ai secondi di carne, o di pesce. Si specializzava in una cosa e, nel tempo, si perfezionava. Oggi si tende subito a voler fare i creativi, i ‘compositori’, senza conoscere prima profondamente le regole della cucina. Io credo invece che si possa tentare di diventare ‘compositori’, se ci sono le capacità, solo dopo molti anni di duro lavoro.
I n molti hanno insinuato che a v e s s e p a u r a d i p e rd e re d e i p u n t i …
Mi dicono tutti che sono un maestro. Un maestro non si giudica. Io non voglio essere giudicato per-
>Il ristorante “Gualtiero Marchesi” di Erbusco (Bs) si trova all’interno del Relais L’Albereta, un’antica dimora padronale situata sulla sommità di una collina da cui si gode un’impareggiabile vista sul lago d’Iseo. Tutta la zona è circondata da vigneti e da un parco secolare di cedri, querce e castagni. In alto a sin., la sala con il sipario di Aldo Spoldi. A ds., tavolo da giorno. In basso a sin., presepe di Salvatore Sava. In basso a ds., tavolo per degustazioni M’Arte. ché non ne ho bisogno: ne è testimonianza il fatto che nell’autunno del prossimo anno la Triennale di Milano mi dedicherà una mostra. Casomai, sono io che devo giudicare. Mi piacerebbe adesso dare dei punteggi ai giornalisti…
S e non avesse fatto il cuoco?
Volevo fare il musicista, ma ho finito per fare il mestiere dei miei genitori. In compenso, ho sposato una musicista che mi ha dato due figlie con cinque nipoti che suonano e fanno concerti. Con la recente apertura a Milano de “Il Marchesino”, proprio vicino alla Scala, mi sembra di aver raggiunto la quadratura del cerchio.
Q uanto costa a persona una cena in un suo ristorante?
A “Il Marchesino” siamo sui 70/80 euro con primo, secondo e dolce. Esclusi i vini. Da me, a Erbusco, andiamo dai 100/120 euro fino ai 180
del gran menù degustazioni con 7 portate. Più i vini, ovviamente.
L ei intrattiene i clienti personalmente?
Io critico quei cuochi che assillano i clienti spiegando loro tutte le cose che sono nel piatto. Le persone vanno al ristorante per mangiare, rilassarsi, ed è un loro diritto essere lasciate tranquille. Certo, se è il cliente a chiedere spiegazioni, gli vengono date volentieri. Per gli appassionati di degustazioni, poi, c’è M’Arte, ovvero, Marchesi Arte. Si organizza un tavolo per 10/12 persone: propongo un menu speciale e spiego ogni portata con i relativi abbinamenti al vino e all’acqua. Non tutti i piatti, infatti, chiamano il vino.
E per chi è a dieta?
C’è “Meno Cucina”, una linea di proposte ga-
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> A sinistra, una suggestiva immagine del riso oro e zafferano di Gualtiero Marchesi, di cui proponiamo la ricetta. Al centro, lo chef con alcuni cuochi del suo team. A destra, un’originale interpretazione della pasta e fagioli stronomiche all’insegna della sottrazione, della leggerezza e della salubrità. In pratica, estrapolo dalla Grand Cart i piatti più golosi e più grassi e propongo un menù semplice, che sia il più possibile salutare. Il cliente non ha tentazioni, ma mangia comunque in modo appetitoso. Esempi? Un galletto al forno per due persone, piuttosto che una fesa d’agnello, o un’insalata di capesante con lo zenzero.
F a c c i a m o i l g i o c o d e l l a t o r re . Q u a l e c u o c o i t a l i a n o s p i n g e re b b e d i s o t t o
Se
dovesse definirsi attraverso
una pietanza?
Il mio obiettivo è alzare la cloche e stupire con la semplicità. Quando sotto la cloche c’è il mio riso oro e zafferano, beh, siamo di fronte a un piatto che è veramente diventato un mito.
I l piatto riuscito meglio nella sua
per primo?
lunga carriera?
Non butterei nessuno.
Adoro l’insalata di spaghetti fredda al caviale. È un piatto straordinario, tanto che qualcuno, in Francia, ha cercato di farlo a modo suo. Sarebbe stato meglio che avesse rispettato la mia idea.
C h i c o n s i d e r a i l s u o e re d e ?
Si chiama Fabrizio Molteni. Ha 30 anni e da 10 lavora con me. Ha il “palato assoluto”.
C o n q u a l e c u o c o l e p i a c e re b b e g a re g g i a re ?
Io non gareggio, viaggio per conto mio, faccio quello che mi piace e apprezzo i colleghi bravi.
E p re p a r a re i n s i e m e u n p i a t t o ?
Con tanti allievi, che sono diventati cuochi bravissimi, si è instaurato un rapporto profondo. Insegnare, d’altronde, vuol dire anche apprendere. Ultimamente ho cucinato a New York con Paolo Amadori - anche lui insegna alla Scuola in5
ternazionale di Cucina Italiana “Alma” di Colomo, in provincia di Parma - ed è scattata un’intesa eccezionale.
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Q uello che non la convince ancora del tutto?
Lavorando, si finisce sempre col perfezionare ogni cosa.
U n’ anteprima per i nostri lettori?
Asparagi, salmone, con salsa allo yogurt e uova di salmone salate. Superbo in primavera. 쐽 Ristorante Gualtiero Marchesi Via Vittorio Emanuele, 23 25030 Erbusco (BS) Tel. 030.7760562 Chiusura settimanale: domenica sera e lunedì
> Il tavolo da sera del ristorante di Erbusco – indirizzo a pagina 138
— POLITICI
IN CUCINA
Ritorno alle origini Viviana Beccalossi, ex vicepresidente del Consiglio Regionale della Lombardia e adesso in commissione Agricoltura alla Camera, ci apre la sua cucina. |
Testo GIADA CASTELLANO Fotografo LEONARDO CAIRO
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olitica per professione, cuoca per passione. Non chiedete a Viviana Beccalossi qual è il suo passatempo preferito se non apprezzate la buona cucina italiana. Quella padana in particolare. Perché lei, ex numero due del Pirellone, assessore all’Agricoltura e ora componente della commissione Agricoltura della Camera, non solo ama cucinare ma rischiate poi di ritrovarvi davanti una tavola imbandita di ogni ben di Dio: dal salame ai formaggi. E magari, perché no, vi coinvolge pure nell’attività “divertente” di sbucciare fagioli novelli, dal momento che la pasta e fagioli è la leccornia che preferisce. Casalinga nell’anima, la più sexy di Montecitorio, Viviana Beccalossi ci apre la sua cucina. Color albicocca, il colore degli affetti e della famiglia. Quei valori in cui lei continua a credere fortemente perché sono quelli che la “costringono a restare con i piedi per terra”.
O norevole, la cucina per lei è…
Un antistress. Tanto che mio marito quando mi vede ai fornelli comincia a preoccuparsi. Perché capisce che
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Sicurezza alimentare: occhio alla tracciabilità Rintracciare esattamente tutto il percorso che compie un alimento - che si tratti di carne, latte, pesce o frutta e verdura per garantirne la sua bontà. E non solo. Si chiama tracciabilità alimentare ed è uno degli obiettivi che Viviana Beccalossi continua a perseguire e a difendere anche da componente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. Il processo di tracciabilità consente di controllare la produzione e la qualità degli alimenti che arrivano sulle nostre tavole.
qualcosa mi turba.
D a sempre lei si è bat t ut a dalla parte delle donne e del r is parmio. Vuol dire che gli it aliani non sanno fare la spesa?
Credo si stiano organizzando ma sono convinta che la politica debba dare un contributo.
E qual è stato il suo c ont r ibuto, quando era assessore? In queste foto, Viviana Beccalossi (37 anni), ex assessore all’agricoltura della Regione Lombardia. È lei la fautrice della legge che consente di acquistare direttamente in cascina o nei mercati ortofruttivoli. Nella pagina seguente, con suo figlio Giacomo.
Innanzitutto ho preteso e ottenuto che i lombardi avessero piena consapevolezza della provenienza dei prodotti che acquistano. Ho poi facilitato la vendita diretta da produttore a consumatore. Oggi in Lombardia si può comprare frutta, verdura, carne e latte dagli agricoltori e dagli allevatori. Questo consente, innanzitutto, di avere un rapporto diretto con questi fornitori e dall’altro di risparmiare.
E va bene. Impariamo a La Buona Cucina Italiana
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«Attenzione alla spesa: può diventare divertente»
f are la spesa. Sappiamo, invece, mangiare?
È un discorso che va seguito. Lo dicono anche gli alimentaristi: bisogna privilegiare frutta e verdura di stagione. Perché fa bene e costa meno. Dico un’ovvietà, se sottolineo che mangiare melone a dicembre costa dieci volte il normale prezzo. Un frutto di stagione al giorno aiuta a prevenire le indisposizioni invernali. Per non parlare poi dell’obesità: i bambini italiani sono i più grassi d’Europa.
L ei ha un figlio: c os a mette nel cestino della
«Trovo perfetto l’accostamento olio nuovo - fave: la sottile acidità esalta la dolcezza dei legumi e ne stempera la pastosità »
m erenda?
Uno yogurt, magari di quelli da bere, un frutto e un pezzo di torta di mele fatta in casa o un panino al prosciutto.
A nche la torta di m ele. Dove prende le mele?
All’ortomercato o da coltivatori della Val Camonica. L’attenzione che le donne mettono nel fare la spesa è fondamentale per la sicurezza alimentare delle loro famiglie.
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I ns om m a, anc he lei ha t re lavori: la Cam er a dei D eput at i, s uo figlio e la spes a.
Mi ci dedico in genere il lunedì ma le confesso che è divertente. Soprattutto quando si instaurano rapporti di simpatia e fiducia con i rivenditori. È un po’ un ritorno alle origini.
C i pos s iam o as pet t are anche un libro di r ic et t e f ir m at o da
V iviana Bec c alos s i?
Le mie sono ricette basate per lo più sulla semplicità da un lato e sulla velocità dall’altro. Come tutte le donne che lavorano, cerco di mettere in tavola un piatto sano che si prepara massimo in mezz’ora. Fanno eccezione i piatti della tradizione, che mi piace preparare almeno una volta a settimana, dall’arrosto al ragout fino alla pasta fatta in casa. Mi rilassa. Ed è una passione. 쐽
—LE TRADIZIONI
Rapsodia in rosso
> Vigilia grassa e magra. In Germania, il cenone di Natale viene chiamato “Stomaco grasso”. Si dice infatti che coloro che non mangeranno adeguatamente verranno perseguitati dai demoni per tutta la notte. In alcuni paesi, invece, la sera della vigilia si gustano cibi particolarmente dietetici: i portoghesi mangiano merluzzo con patate bollite e cavolfiori; in Polonia e in Repubblica Ceca è tradizione mettere in tavola minestre di funghi, aringa o carpa, uova e differenti tipi di verdure, oltre a un particolare pane denominato “beigli” prodotto con semi di papavero.
Dal classico cappone di casa nostra al tacchino Usa in salsa di mirtilli: il Natale sulle tavole del mondo.
Testo SARA CARACCIA
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aese che vai, usanza che trovi. Nulla più del Natale ci fa sentire vero questo antico detto. Che vale soprattutto quando è ora di armarsi di forchetta e coltello. E se nel mondo la fatidica ora dell’“è pronto in tavola” non scatta per tutti nello stesso momento, vale la pena chiudere a chiave la bilancia per immergersi nel rosso dei preparativi che ad ogni latitudine scaldano il cuore e accendono l’appetito. Solo in Italia, ogni regione ha il suo personalissimo decalogo di manicaretti delle feste. C’è chi punta sulla carne come l’Emilia Romagna, che affianca all’imperdibile culatello di Zibello le tagliatelle al ragù, le lasagne e i tortellini in brodo, subito seguiti dal cotechino di Modena, dallo zampone con lenticchie, purè e mostarda. C’è chi, invece, non si mette a tavola se manca il cappone: è il caso della Lombardia, della Campania e della Toscana che lo preparano ripieno, dell’Umbria che lo vuole bollito ma anche delle Marche e del Piemonte con le loro versioni arrosto. E in Piemonte non possono mancare gli agnolotti con sugo d’arrosto o al vino, il risotto con il radicchio e il misto di bollito con salse. Numerose sono poi le regioni che abbinano carne e pesce. In Calabria lo stoccafisso trova posto accanto al capretto, così come nel Lazio il capitone segue l’immancabile abbacchio. Il
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Natale da assaporare baccalà è poi pietanza d’onore in Puglia, insieme all’anguilla e all’agnello al forno, ma anche in Basilicata e in Veneto dove lo si serve con la polenta. Ma anche chi ama il dolce sa bene che a Natale non rimarrà deluso. Se panettone, pandoro e torrone trovano posto sulle tavole di tutt’Italia, alcune regioni hanno le loro peculiarità. È il caso del Trentino Alto Adige e dello zelten, dolce a base di frutta secca e canditi, oppure della gubana, tipico dessert friulano delle valli del Natisone, a base di pasta dolce lievitata con un ripieno di noci, uvetta, pinoli e zucchero che generalmente viene servito irrorato da slivovica, un liquore ricavato dalla distillazione delle prugne. Come dimenticare poi gli struffoli napoletani, deliziose palline di pasta fritte e avvolte nel miele caldo o, ancora, il classicissimo panforte o pan pepato, dolce tradizionale del centro Italia alla cui base troviamo cacao amaro, cioccolato fondente, frutta secca, uva sultanina, miele, farina e ovviamente pepe nero? Se arrivati a questo punto si rischia di sentirsi già sazi, non resta che fermarsi un attimo e prender fiato per poi render giustizia a tutti co-
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loro che tra Natale e Capodanno pensano un po’ anche alla buona sorte! Impensabile dunque, per chi va in cerca di fortuna, mettersi a tavola se tra le portate non comparirà almeno uno di questi ingredienti propiziatori: melagrana, uva, lenticchie, zampone e spumante a fiumi. Ma non si creda che gli italiani siano i soli ad avere piccoli riti scaramantici, perché, a ben guardare, siamo in buona compagnia. In Francia, neanche a dirlo, durante le feste lo champagne non può mancare; in Grecia per Capodanno chiunque entri in casa per primo deve gettare una melagrana a terra, rompendola, perché più chicchi si spargeranno, più fortuna toccherà i proprietari. Ma non è finita: in Spagna, a Capodanno, dodici secondi prima della mezzanotte pare sia d’obbligo mangiare dodici chicchi d’uva, uno per ogni mese dell’anno, mentre in Germania, durante tutto il periodo delle feste, non si perde occasione per offrire noci, nocciole e uvetta ad amici e conoscenti. “Paese che vai, usanza che trovi”, dicevamo. E dato che “tutto il mondo è paese”, anche oltre confine il banchetto di Natale ha le sue belle regole. I nostri cugini francesi festeggiano con la la fressure de porc, pietanza a base di carne e inte-
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Nel cibo, la buona sorte
Melagrane, lenticchie, uva,
> Il Christmas pudding
zampone e fiumi di spumante: ecco alcuni degli ingredienti beneauguranti delle feste
riora di maiale. Ma il piatto natalizio per eccellenza è la galette des rois (torta dei re), dolce a base di pasta sfoglia con ripieno di crema alla mandorla. Viene preparato soprattutto in occasione dell’Epifania e deve il nome al fatto che al suo interno viene nascosta una statuina che rappresenta una figura del presepe; chi la trova è incoronato “re della festa”. C’è chi poi chi adora il tacchino: è il caso della Gran Bretagna che lo propone ripieno di nocciole tritate, carne di vitello, bacon e grasso di rognone, oppure della Spagna che, dopo aver servito l’escudella y carn d’olla, una zuppa di verdura e carne, lo porta in tavola con frutta glassata. E se in Germania la parte del leone la fanno i dolci,
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anzi un dolce, lo stollen, pane di uova, farina e frutta secca, è d’obbligo ritornare sui nostri passi, in Inghilterra, per assaporare l’intramontabile Christmas pudding, dolce decisamente sostanzioso, arricchito con frutta secca, Brandy, Porto e Rum. Tre le nevi dei paesi nordici, è il pesce il vero protagonista delle tavole natalizie. Aringa e salmone affumicato; caviale rosso e nero accompagnato da tartine o uova sode; filetti di carpa “impellicciati”, ossia serviti con crauti e pancetta croccante: non sono che un assaggio di quel che gusterete in Russia, mentre gli svedesi vi offriranno, la sera della vigilia, pesce secco, prosciutto e riso al latte, il tutto accompagnato da un’ottima birra zuccherata o dal Glögg, un vino caldo aromatizzato non lontano dal nostro vin brülé. Per tutti coloro che invece approfitteranno di queste vacanze per un viaggio negli Stati Uniti, si preparino ad assaggiare prosciutto arrosto e tacchino ripieno condito con l’immancabile salsa di mirtilli. Bevenda natalizia per eccellenza è l’eggnog, simile allo zabaione a base di latte e uova aromatizzati con spezie e liquore. Non stupitevi però di eventuali variazioni sul tema: invece dei cosiddetti “evergreen”, potrebbero venirvi presentate un’oca arrosto oppure una crostata di ostiche. Diverse famiglie americane, specie negli stati del Nord-Ovest, preferiscono, infatti, preparare la roast goose rifacendosi a un’antica tradizione britannica, mentre nel Sud sono i molluschi ad andare per la maggiore, specie in tempo di festa. E a proposito di festa, dato che i preparativi incombono e che di carne al fuoco ne abbiamo messa in abbondanza nutrendo ben bene l’intelletto, perché non prenderci una pausa per pregustare l’attimo in cui, comodamente seduti a tavola, potremo finalmente godere dei frutti di cotanto sapere? 쐽
— Il Christmas pudding (qui sopra) è un dolce natalizio inglese. La tradizione vuole che venga preparato all'inizio dell'Avvento da tutta la famiglia. Ciascuno deve mescolare l’impasto ed esprimere un desiderio. All’interno si inseriscono anche delle monetine avvolte nella carta d'alluminio: porteranno fortuna a chi le trova il giorno di Natale. È una statuina del presepe, invece, l’oggetto da trovare all’interno della galette des rois (nella pagina a fianco), dolce francese a base di pasta sfoglia con ripieno di crema alla mandorla. Chi la trova sarà il re della festa. Nella foto piccola, lo zelten, dolce del Trentino Alto Adige a base di frutta secca e canditi.
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Il miglior cappuccino in pochi secondi a casa tua!
BRILLANTI
— Ogni festa che si rispetti ha il suo brindisi. Gli spumanti più conosciuti sono lo Champagne, prodotto nel nord della Francia, il Franciacorta in Lombardia, l’Asti e il Brachetto in Piemonte, il Trento in Trentino, il Prosecco in Veneto, il Cava in Spagna. Ognuno ha caratteristiche proprie a seconda delle uve utilizzate, delle differenze climatiche delle varie zone e delle diverse tecniche di produzione. Le bollicine vengono create naturalmente attraverso la rifermentazione.
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IDEE
CUCINA
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Per preparare risotti cotti a puntino e tanto altro. Il tutto non scuoce mai. Prodotto Brevettato.
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—STILE
E
DESIGN
La festa è servita L’arte di apparecchiare. Buon gusto, fantasia e cura dei particolari. Ma soprattutto, attenzione alle esigenze di chi ci verrà a trovare. |
Testo VANNA PARESCHI Fotografo LEONARDO CAIRO
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CLASSICA
FAVOLOSA
Bianco rigoroso e intramontabile
L’appetito vien giocando
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NORDICA L’eleganza traslucida del ghiaccio
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l periodo natalizio è sicuramente il momento dell’anno in cui più ci piace ricevere ospiti. Pranzi di famiglia e cene con gli amici: momenti di festa e di allegria, ma anche occasioni per sfoggiare al massimo la nostra abilità nel cucinare e nell’addobbare la casa. Le vetrine scintillanti fanno a gara a suggerirci idee per rendere i nostri ricevimenti eleganti e divertenti al tempo stesso. Tutte le stanze della casa si vestono di luce e colore con candele, fiori e tradizionali addobbi natalizi. Ma una cura speciale è dedicata alla tavola, perché è il pranzo il momento clou di ogni ricevimento. È quando ci troviamo tutti seduti, pronti per gustare del buon cibo, che l’allegria raggiunge il suo culmine, come sa bene ogni brava padrona di casa e come recita anche il vecchio detto “anche l’occhio vuole la sua parte”. Quindi, se è importante che le vivande siano buone e, alla faccia delle diete che ci perseguitano tutto l’anno, abbondanti, molta cura va dedicata anche all’arredo della tavola. Non importa che le stoviglie siano particolarmente preziose e costose. È possibile realizzare una tavola bella e festosa anche con ciò che abbiamo in
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> Bianco rigoroso A sinistra e in alto, la tavola classica con le porcellane lavorate e le posate delle feste, ovviamente in argento o silver. Una buona tavola si riconosce dai particolari. Di scena il cristallo trasparente, su tovaglia stampata in seta. Colorati gli accessori, mentre per le candele il bianco è di rigore. La grande tradizione classica che non cessa mai di esercitare il suo fascino irresistibile.
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segreti per apparecchiare una tavola perfetta
La tavola delle favole. Piatti e bicchieri di Soizick Francia (soizick.com – Tel. +33493699065). Posate,tovaglia, tovagliolo e alzatine in vetro de “Il Centrotavola“, via Spadai 11 – Milano (Tel. 02866641). Ciotoline di “Co Import“ La tavola classica. Tovaglia “Quagliotti”, strada Cambiano 58, Chieri (To). Tel.
0119413720; piatti e posate “do Deshoulieres” (distribuzione “Da Maino”, Tel. 026686294), ciotolina in vetro di “LSA” (distrib. da Maino); bicchieri LSA ; candeliere di Driade, via Manzoni 30 – Milano (Tel. 0276023098) Rosa di Sia Italia — Per donare luminosità alla tavola e accogliere i nostri ospiti in un’atmosfera suggestiva, basta ricorrere al più natalizio degli addobbi: la candela. In commercio se ne trovano di tutti i tipi e di tutti i prezzi. Se il rosso è il colore del Natale per eccellenza, il bianco e le trasparenze conferiscono alla tavola un aspetto certamente più elegante e raffinato. Per un Natale molto chic!
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La tavola nordica. Piatti in ceramica e in vetro, bicchieri , posate, candeliere a stel-
la di Sia Italia (via Sandro Pertini 122, Sesto Fiorentino. Tel. 0554208708); alzata in vetro di LSA, distrib. da Maino; piattini in vetro di Ego Vetri delle Venezie candele di Beber Bertoncini . via Trento 28 – Curno-BG- t.035462826
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> La tavola piccante Piatti in porcellana e piatto dorato di Taitù (via Bigli 16, Milano, Tel. 0276005402); posate di Nella Longari (via Bigli 15, Milano, Tel.02780322); bicchiere alto di Ego Vetri delle Venezie (via Calcinese 60, Colognola ai Colli, Tel.0456137137); bicchiere basso di LSA (distrib. Maino Bottiglia di Bormioli Rocco, Tel. 05245111); tovagliolo di “Il Centrotavola”; stelle dorate “Co Import” (P.zza Diaz 6, Milano, Tel. 0286984084); tovaglia T&J Vestor (via Roma 71/B, Golasecca, Tel. 0331950311); tovaglia bianca e oro “Quagliotti”.
casa. Basta un po’ di fantasia e di buon gusto, e soprattutto un sincero amore per chi ci verrà a trovare. Nella scelta degli addobbi, come anche del menu, è infatti fondamentale tenere conto di chi sono le persone che ci apprestiamo a ricevere: età, gusti, intolleranze alimentari, provenienza geografica. Ovviamente è bene non presentare cibi troppo grassi o piccanti agli zii un po’ attempati, né raffinati ma insipidi a un gruppo di atletici ragazzi . Anche la nostra tavola cambierà aspetto di situazione in situazione: molto classica con fiori e candele; trendy con un tocco orientale; spiritosa con qualche decorazione insolita; romantica con pizzi e nastri. Se abbiamo amici un po’ alternativi potremo proporre un menu che prevede qualche cibo di sapore un po’ più esotico, come il cous cous, che ci darà l’occasione di sfoggiare le caratteristiche stoviglie magrebine di cui in molti abbiamo qualche pezzo in casa (inevitabile ricordo di qualche viaggio), magari accompagnate da coloratissime tovaglie sovrapposte in fantasie diverse. Per gli ospiti cosiddetti “di riguardo”, con cui non siamo in grande confidenza, è meglio non lanciarsi in pranzi troppo av7
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venturosi ma è prudente attenersi a vivande più classiche che piacciono a tutti. Evitare, quindi, sushi con bacchette di difficile uso, escargots con pinza da lancio alla Fantozzi, squisite ma terrificanti aragoste con misteriose pinze per le chele. Ma quello che sicuramente non potrà mancare su una tavola delle feste è la complice luce delle candele. Ricordiamoci sempre la vecchia massima delle nonne che raccomandava di non giudicare “né donna né tela al lume di candela” e approfittiamone. La luce soffusa della fiamma renderà tutto più emozionante e tutti più belli: questo sarà già un primo, grande risultato per la buona riuscita della festa. Prepariamoci quindi a ricevere i nostri ospiti con la voglia di farli sentire e di sentirsi felici e guardiamo alle nostre tavole come a piccoli palcoscenici dove, per una sera, mettere in scena tutta la nostra fantasia e la nostra capacità di stupire. 쐽
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NOVEMBRE 2008 - € 5,00 - (per l’Italia)
N°412 SPED. ABB. POST. - 70% - FILIALE DI MILANO - MENSILE
—STORIE
Svizzera CHF15,00 - Canton Ticino CHF15,00 - Spagna €8,50 - Austria €13,50 - Portogallo €8,40 - Germania €12,50 - Francia € 9,90 - Belgio €9,30 - Lussemburgo €9,90 - Olanda €10,50 - Grecia €9,30 - Gran Bretagna Lst.6,50
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Design SPECIALE ZONA NOTTE CALORE AD ARTE SOGGIORNO CASUAL A FRANCOFORTE
Alle radici del gusto Dietro la ruvidezza e il sapore di Pasta Latini, c’è una famiglia che da oltre cento anni seleziona le migliori varietà di grano. Con una missione: l’eccellenza. Testo MYRIAM PULVIRENTI
G&A Giornali Associati
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“La pasta non è solo acqua e farina, ma racconta la storia della semola che c’è dentro, del grano e della terra che lo produce”
L’Azienda Latini nasce a Osimo nel 1888.
Osimo
Cento anni dopo, i primi campi sperimentali.
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Da ogni raccolto...
> Da un grano duro di eccellente qualità come il Taganrog, resistente e corto, è nata nel 2000 la Linea Taganrog. È una pasta dolce che profuma delicatamente di mollica di pane, fragrante e calda, con una perfetta tenuta di cottura. La consistenza in bocca è armoniosa e carezzevole, quasi burrosa. Nell’ottobre del 2002 è stato prodotto il primo spaghetto della Linea Farro utilizzando una miscela sperimentale chiamato K09. Leggera, ricca di fibre, digeribile e gourmet.
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na passione per il grano tramandata da generazioni. Un lavoro accurato di selezione delle migliori varietà di grano duro per dare vita a diversi tipi di pasta di grande qualità. La storia dell’azienda agraria Latini inizia nel 1888: Settimio Latini la fonda dopo essersi trasferito a Osimo, in provincia di Ancona, nelle Marche, per lavorare come fattore. L’azienda viene poi affidata al figlio Enrico, che ha una brillante intuizione: scegliere tipi di grano in grado di resistere alle malattie e produrre un raccolto di migliore qualità. Prosegue su questa nuova strada anche Secondo, figlio di Enrico. Ma il lavoro determinante per il successo dell’azienda sarà quello svolto da suo figlio Carlo, che con ingegno e passione nel corso degli anni riuscirà a trasformare l’azienda in uno dei più importanti produttori di pasta del mondo. A partire dagli anni ottanta, infatti, Carlo Latini, insieme alla moglie Carla, socia
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si ricavano oltre 50 varietà di grano duro...
Dalla selezione delle migliori,
dell’azienda e responsabile Relazioni Esterne e Marketing, inizia un lungo lavoro di ricerca sulle diverse varietà di grano duro, che li porterà a scoprire con emozione che ognuna di esse ha un diverso sapore e un particolare profumo e colore. Nel 1988 fa costruire i primi campi sperimentali dell’azienda, nei quali avvia la coltivazione di ben 50 varietà di grano duro, diverse per valori organolettici e nutrizionali. E poi l’idea vincente: la pasta. È Carla Latini a proporre di avviarne la produzione utilizzando le migliori varietà di grano duro, stimolata anche dagli appunti di Nonno Enrico. «Nel 1990 – racconta – io e mio marito abbiamo deciso di concentrarci sull’agricoltura, sulla produzione e coltivazione di varietà di grano duro particolari, abbiamo deciso di pastificare queste varietà di grano, abbiamo fatto un progetto di filiera». Dato che era impensabile avviare la produzione e distribuzione di
da analizzare e testare.
per valori organolettici e nutrizionali,
nascono le diverse qualità di pasta.
Ognuna col suo speciale sapore e profumo.
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pane a livello mondiale, per difficoltà di consegna e problemi di scadenza, Carla e Carlo hanno deciso di dedicarsi alla produzione di pasta, un prodotto di facile spedizione e di lunga conservazione: nasce così la prima linea di pasta Latini, la linea classica, ovvero la linea base. L’obiettivo era quello di creare una pasta unica, dal sapore speciale e gustoso, un prodotto fuori dal comune e di grande qualità. Ma quali sono i segreti per creare un tipo di pasta così speciale? Senza dubbio è importante la scelta dei macchinari utilizzati. «Le trafile – spiega Carla – con cui facciamo i nostri tagli di pasta, quindi gli stampi della pasta, sono stati tutti progettati da Carlo e quindi sono completamente diversi da qualsiasi altro taglio comune». L’utilizzo di queste speciali trafile di bronzo rende la superficie della pasta ruvida e porosa, ideale per assorbire tutti i tipi di condimento: in questo modo la pasta acquista un gusto più appetitoso, regalando al palato un’esplosione di sapori.
Nel 1990, Carlo Latini progetta...
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esclusivamente la varietà di grano duro Senatore Cappelli, che contiene eccezionali caratteristiche proteiche e organolettiche. Anche per la produzione delle altre linee di pasta, l’azienda Latini ha sempre puntato sulla qualità, senza trascurare altre caratteristiche importanti come la digeribilità. L’ultima creazione di Carlo Latini è la “Linea con le Uova Latini”, la nuova pasta all’uovo: «Abbiamo pensato - spiega Carla Latini - che il mercato estero avesse proprio bisogno di quest’altro prodotto principe italiano, la pasta all’uovo». L’azienda Latini, infatti, si rivolge moltissimo anche al mercato estero: il successo dei diversi prodotti ha consentito all’azienda di sviluppare una rete mondiale di distribuzione. «Noi esportiamo sempre nella nicchia - spiega Carla Latini - e quindi nella migliore ristorazione, nei punti vendita qualificati, non battiamo a tappeto tutte le grandi distribuzioni. La nostra rete di vendita riguarda tutta l’Europa,
Un altro importante procedimento utilizzato dai pastai dell’azienda Latini è l’essiccazione a bassa temperatura, 40°/45°C, in modo che la struttura molecolare degli amidi resti intatta. Il grano duro mantiene così il suo speciale sapore e profumo. Nel 1992 l’Azienda Latini inizia a produrre un nuovo tipo di pasta, la linea Senatore Cappelli. «La nostra fortuna – racconta Carla Latini – è stata l’aver conosciuto il prof. Cesare Maliani, figlio dell’allievo prediletto del genetista più famoso al mondo, Nazareno Strampelli, che nel 1915 creò una varietà di grano chiamata Senatore Cappelli. Grazie a lui abbiamo ritrovato, nell’Istituto sperimentale di Cerealicoltura di Foggia con cui collaboriamo, questa varietà di grano duro, il grano Senatore Cappelli. E ora possiamo vantare dal ‘92 fino ad oggi una produzione ogni anno di Pasta Senatore Cappelli». Questa linea rappresenta il primo esempio di pastificazione in purezza al mondo: la pasta è prodotta utilizzando solo ed
delle speciali trafile di bronzo per dare alla pasta...
formati unici e inconfondibili.
Cinque linee: dalla pregiata Senatore Cappelli...
all’ultima nata, la Linea con le Uova Latini.
i Paesi dell’Est, in America il Canada, gli Stati Uniti e il Brasile, poi il Giappone, l’Australia e la Nuova Zelanda». Un’azienda in espansione, quindi, che ha da poco iniziato a rivolgersi anche ai mercati indiani e turchi. Con passione, competenza e ingegno, contribuiscono a far conoscere al mondo l’alimento principe della cucina italiana, la pasta, espressione dell’identità e delle tradizioni del nostro popolo, perché “la pasta non è solamente acqua e farina, ma racconta la storia della semola che c’è dentro, del grano e della terra che lo produce”. 쐽
> La storia della Pasta Latini continua sui fornelli dei migliori cuochi italiani e internazionali, come Gianfranco Vissani e Filippo La Mantia (nella foto qui sotto insieme a Carla Latini e Ciccio Sultano), dei protagonisti della cultura e dell’arte e degli autentici buongustai che amano deliziarsi con prodotti di qualità.
Per la gioia di chef e buongustai di tutto il mondo.
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—VIP
IN CUCINA
Ecco il regno di Elenoire È “La Reunion”, residence nel centro storico di Ravenna, a due passi dalla tomba di Dante. La showgirl lo gestisce da cinque anni con il padre Gianluigi. Intervista ROBERTA MORETTI
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Cos’è un
n tributo alla sua Ravenna, la città romagnola dove è cresciuta e dove ancora oggi la gente la considera per quella che è e non come “personaggio” dello spettacolo. Per Elenoire Casalegno, “La Reunion”, il residence che gestisce da cinque anni in pieno centro storico, a due passi dalla tomba di Dante, è molto più di un investimento. Un’attività intrapresa insieme al padre Gianluigi, presidente del settore Turismo di Confindustria Ravenna, «per contribuire a dare visibilità a questa città e alla sua gente, perla storica, culturale, artistica».
A cosa si ispira “La Reunion”? Io lo definisco un residence “sartoriale”: tutto su misura. Ogni richiesta è un desiderio che va esaudito. Quindi, alloggi confortevoli con pulizia quotidiana, ma anche la massima assistenza per personalizzare e rendere indimenticabile ogni soggiorno. Non c’è limite alla fantasia. Abbiamo clienti stranieri che fanno ogni tipo di richiesta.
La più bizzarra? Una signora americana per la quale non era sufficiente il nostro plasma da 40 pollici e voleva un megaschermo. L’abbiamo accontentata.
“soggiorno indimenticabile”?
Ad esempio, mettiamo a disposizione le biciclette. È un modo per consentire al cliente di vivere la città come la vivono i romagnoli: grandi lavoratori che sanno godersi l’esistenza. Una filosofia di vita che ho imparato da bambina, quando mi sono trasferita da Savona a Ravenna con la mia famiglia, e che metto a disposizione dei miei clienti.
C’è anche un servizio di cucina? No. Ma forniamo tutte indicazioni per raggiungere i locali più caratteristici dove poter degustare i piatti e vini tipici del luogo. Comunque, in ogni appartamento c’è una cucina attrezzata.
Allettante. Ma quanto costa? Il prezzo è piuttosto basso rispetto alla qualità. Per una doppia, si va da 80 a 150 euro della suite executive. C’è anche il pacchetto “Vivi Ravenna Viva”: doppia più cena per due in un ristorante storico di Ravenna e visita ai musei della città a 158 euro. Non abbiamo voluto eccedere.
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> Dal 2003, Elenoire Casalegno gestisce insieme al padre Gianluigi (con lei nella foto in alto a sinistra) il residence “La Reunion” nel centro storico di Ravenna. In alto a destra, la suite Giustiniano. Qui sopra a sinistra, la suite San Vitale; a destra, con il compagno, il cantante Omar Pedrini.
La crisi si è fatta sentire? Fortunatamente no! La gente non rinuncia a periodo di relax, anche breve.
Quanto ha influito la tua popolarità sulla buona riuscita dell’attività?
Sicuramente aiuta. Ma gran parte dei nostri clienti sono stranieri e non mi conoscono. Spesso ritornano e mandano i loro amici.
Vengono anche dei fan? Capita, naturalmente. Ho incontrato sempre persone ben educate, con le quali ho avuto il piacere di conversare.
Come concili “La Reunion” con la tv? È mio padre che gestisce la struttura in prima persona. Io vivo a Milano per lavoro, ma vado a Ravenna ogni mese per toccare con mano la situazione. 3
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Ti aiuta il tuo compagno, Omar Pedrini? Ci consigliamo sempre sulle decisioni da prendere, ma in linea di massima tendiamo a non invadere l’uno la sfera dell’altro.
In cantina non manca mai... Dai vini delle Langhe, passando per la Valpollicella, fino alla Franciacorta. Io sono una sostenitrice delle bollicine italiane perché ritengo che non abbiamo nulla da invidiare ai francesi. Ma amo anche i vini del sud che - penso ancora per poco - hanno un ottimo rapporto qualità-prezzo.
E a tavola? Adoro il pane. Trascorro ore in panetteria a provare le varie specialità, anche se ultimamente sono aumentati troppo i prezzi. E poi, un buon bicchiere di vino. Lo dico sempre: «Non bevete spesso ma, quando lo fate, regalatevi dei grandi vini». 쐽
— PERSONAGGI
Buonitalia Le imprese italiane sanno e possono difendersi dalla crisi. Così la pensa Walter Brunello, neopresidente della società per la promozione dell’agroalimentare italiano |
Testo GIADA CASTELLANO Fotografo LORIS VETTORETTO
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uonitalia, la società per la promozione e la valorizzazione dell’agroalimentare italiano che fa capo al Ministero dell’Agricoltura, ha un nuovo presidente. Lui si chiama Walter Brunello, un’esperienza pluriennale nel settore e grinta da vendere. Lo abbiamo incontrato.
Q uale ruolo può avere Buonitalia
Il calo dei consumi interni riguarda anche queste produzioni che sanno mettere in campo iniziative valide a difesa del loro valore qualitativo. Ad esempio, insieme all’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche-AICIG presenteremo a breve in Canada il progetto di cooperazione internazionale “Food Roots”, con l’obiettivo di divulgare all’estero i principi alla base dei sistemi delle indicazioni geografiche per il ripristino di una concorrenza leale basata su regole comuni di mercato. Bisogna poi anche informare il consumatore straniero per metterlo in condizione di operare una scelta consapevole sugli scaffali soprattutto in quei mercati in cui la qualità unica dei nostri prodotti è messa a rischio dall’attuale diffusione del fenomeno dell’Italian sounding. Un progetto che vogliamo portare avanti in particolare in quei Paesi che in sede Wto hanno una posizione diversa da quella europea e quindi italiana.
L e es por tazioni s ono inc rement ate ma s ono ancor a una percent uale inf er iore al cons um o naz ionale.
in quest o m omento st or ico di cr isi
Perc hé? È solo ques t ione di vis ibilità?
economica?
Certamente, per aumentare le nostre quote di export, dobbiamo trasmettere ai buyer e ai consumatori stranieri il vero valore delle nostre produzioni e quindi essere al fianco dei Consorzi e delle aziende. Dobbiamo ricordarci di non abbandonare i nostri prodotti una volta arrivati sui mercati esteri e fare in modo che vengano posizionati correttamente sugli scaffali stranieri. È per questo che vogliamo che Buonitalia sia riconosciuta come il punto di riferimento per tutte le attività relative all’internazionalizzazione del settore agroalimentare e vitivinicolo italiano, affinché vi sia una reale condivisione della strategia e gli operatori stranieri interessati al made in Italy non si trovino più di fronte ad una miriade di proposte individuali che, non di rado, si sono sovrapposte. 쐽
Ascoltare ed essere quindi interpreti delle esigenze che ci vengono espresse dalla base del mercato, e cioè dal mondo dei produttori e dei consorzi. In questo senso, il nostro ruolo è quello di impegnarci a direzionare e a convogliare le loro strategie commerciali in un’unica strategia condivisa, così da risultare utili all’economia complessiva del nostro Paese. Per questo è necessario agire per priorità, evitando interventi a pioggia, dando vita ad azioni progettuali efficaci e ripetibili nel tempo sui diversi mercati.
Q ual è la s alut e dei consor zi alim entari it aliani? Si stanno difendendo bene dalla crisi? Cosa devono f are?
I Consorzi rappresentano l’eccellenza produttiva del panorama agroalimentare e vinicolo italiano.
> Walter Brunello, neopresidente di Buonitalia, l’agenzia per la promozione e la valorizzazione dell’agroalimentare italiano, insieme a Fabrizio Nonis.
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—LUOGHI&MITI
Sulle tracce di Babà Natale A Napoli il dolce è bello e la bellezza è dolce. Quale miglior complimento alla fidanzata, se non “sei nu babà”? A passeggio tra profumi e sapori della città dov’è Natale tutto l’anno.
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Testo VINCENZO D’ANTONIO Fotografie AGN FOTO
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n una botta sola Napoli inventò, era tanto tempo fa, il finger food e lo street food, e li mise insieme. Nella gaia indeterminatezza del confine tracciato tra pubblico e privato, lo street food assume connotazione di prorompente naturalezza e vive la sua apoteosi non solo nella pizza, che quando street food assume l’ergonomica forma triangolare, ma anche negli arancini di riso che molto più sonoramente qui divengono “palle di riso” e nei crocché di patate che molto più corposamente qui divengono “panzerotti”. Il tutto pretende sensuale tattilità e rende insita ancor più che ovvia la concezione del finger food.
— La cucina napoletana vive anche di contrasti di tempo. Siamo quelli delle cotture lente, si pensi al ragout che per essere degnamente pronto per il pranzo della domenica deve vederne principiata la rituale preparazione già il sabato, in quanto deve pippiare nel coccio per ore, e in contrappasso si pensi alle nostre fritture rapidissime, da cui il “frienn magnann”. La cucina napoletana ama mettere tutti insieme tanti ingredienti in una sola portata. E non è solo il caso della pizza, giaciglio amoroso sul quale poggiare, per poi porgere, pomodorini, fior di latte, filo di extravergine e basilico. E’ il caso della pastiera, il dolce pasquale, dove il guscio, squisito contenitore edibile di pasta frolla, contiene un armonico insieme di canditi, grano, latte, ricotta di pecora e uova con profumo di acqua di fiori di arancio. Ed è il caso del piatto di Santo Stefano, la minestra mari«La cucina napoletana tata, allorquando le verdure invernali, broccoli, cicoria e scarola, ama mettere tutti insieme si sposano con le carni. Ed è anche il caso della genovese, a Getanti ingredienti in una nova pressoché sconosciuta, quando carne e cipolla, insieme, cuosola portata. E non è solo ciono a lungo per poi unirsi ad un trito di carote, lardo e sedano il caso della pizza, per poi attendere una benefica spruzzatina di vino bianco. Ed è il giaciglio amoroso sul caso della parmigiana di melanzane: anche qui, tutti squisitamente quale poggiare, per poi insieme, le listarelle di melanzane fritte con strati di salsa di poporgere, pomodorini, fior modoro, fiordilatte e parmigiano. Ed è il caso, e ci fermiamo, del di latte, filo di sartù di riso: seducente ciambella che di riso impiastra le pareti extravergine e basilico». per poi accogliere fiordilatti, funghi, piselli, polpettine e pezzetti di salsiccia, il tutto da sontuoso ragout amalgamato. — A Napoli, il dolce è bello e la bellezza è dolce. Quale miglior complimento alla fidanzata, se non “sei nu babà”? A Napoli il dolce è arte e l’arte è dolce. Come definire altrimenti la materia, scomposta e ricomposta, degli struffoli e dei roccocò? Dolci di Natale e di tutto l’anno, perché a Napoli è sempre tempo di Natale. Lo vedi soprattutto in quell’angolo di surreale assenza del vincolo stagionale che è San Gregorio Armeno. Qui quella
> TRADIZIONI E MEMORIA. Ecco alcuni scorci del capoluogo partenopeo. In alto a sinistra Totò, orgoglio di Napoli e dei suoi cittadini e sullo sfondo le luminarie di Natale; a destra una veduta panoramica della città, che sembra rievocare il detto famoso “vedi Napoli e poi muori”; sotto a sinistra, una sedia di cioccolato, pezzo esclusivo del particolarissimo presepe che ogni anno vede impegnati tutti i pasticceri di Napoli e dintorni; a destra alcune statuine della Fiera del presepe partenopeo che ogni anno mette in scena anche vip e politici.
> Gli struffoli sono il dolce più tipico del Natale napoletano. Sembra però che non siano stati inventati a Napoli, bensì introdotti dai greci fin dai tempi della Magna Grecia. E dal greco deriverebbe il termine struffolo: da "strongoulos", arrotondato, e "pristòs”, tagliato.
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categoria che sovente ci fa esclamare “è troppo tardi”, “è troppo presto”, fa cortocircuito. Qui si comprende quanto profonda sia l’immanenza del Natale nei napoletani. Nelle case di Napoli, l’albero di Natale può affiancare il presepe, giusto perché “così si fa”, ma giammai avrebbe potuto soppiantarlo. L’albero è antico, sempre gli stessi addobbi e sempre le solite sfere. Il presepe è moderno, grazie al suo innato configurarsi a palcoscenico. E cosa c’è di più aduso per i napoletani, se non il palcoscenico naturale della propria città per recitare a soggetto? I pastori concepiti dagli artigiani di San Gregorio Armeno sono classificabili in due categorie: gli “evergreen” e i figli della cronaca. — Passeggiare a San Gregorio Armeno è un lasciarsi inondare da correnti di emozioni. E così, assorbire avidamente con gli occhi e con il cuore le moltitudini di pastori amorevolmente esposti è come rivedere la propria vita mentre essa scorre. Mara«A Napoli è sempre dona vicino ai re Magi, Lavezzi tra la lavandaia e il vinaio. Tra tempo di Natale. Lo vedi loro vicini Totò ed Eduardo. Qui non troverete gli impietosi carsoprattutto in telli “vietato toccare”, ci mancherebbe! Qui si tocca e poi, quando quell’angolo di surreale e se si vuole, si comprano i pastori per il presepe di quest’anno. E assenza del vincolo allora è così bello poter carezzare San Giuseppe e la Madonna, ristagionale che è San pensando a carezze che non più Gregorio Armeno». si ricevono. Poter carezzare il Bambino domandandosi se bastevoli sono le carezze che facciamo ai nostri bambini e a tutti i bambini del mondo. Qui, a San Gregorio Armeno, è Natale tutto l’anno. Buon Natale! 쐽
Taccuino A C C O M O D AT I O N 쑺 Victoria House - Via Pessina, 66; tel. 0815644640; doppia da 90 euro, colazione inclusa 쑺 Hotel Correra 241 - Via Correra, 241; tel. 08119562842; correra.it; doppia da 75 euro, con colazione 쑺 Dimora Landi - Piazzetta Mondragone, 9; tel. 3484113435; dimoralandi.it; da 75 euro, con colazione 쑺 Micalò Boutique Hotel - Riviera di Chiaia, 88; tel. 0817617131; micalo.it; da 165 euro, con colazione RISTORANTI 쑺 Friggitoria Vomero - Via Cimarosa, 44; tel. 0815783130; chiuso la domenica; prezzo medio 7 euro 쑺 Il Pizzaiolo del Presidente - Via dei Tribunali, 120; tel. 081210903; ilpizzaiolodelpresidente.it; chiuso la domenica; prezzo medio 11 euro 쑺 Babette - Via R. Caravaglios, 25/27; tel. 0812399212; babettegroup.it; chiuso a pranzo; prezzo medio 30 euro 쑺 A’ taverna do’ re - Piazza Municipio; tel. 0815522424; atavernadore.it; prezzo medio 33 euro 쑺 Valdinchenia - Via Pontano, 21; tel. 081660265; vadinchenia.it; chiuso domenica sera; prezzo medio 33 euro 쑺 Europeo da Mattozzi - Via Marchese Campodisola, 4; tel. 0815521323; europeromattozzi.it; prezzo medio 44 euro BAR
Il tipico cenone di Natale a Napoli A Napoli, il Natale è caratterizzato da pranzi natalizi che appartengono veramente alla tradizione. Alcuni consigli utili sono quelli che Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, pubblicò intorno al 1837 sull’argomento della Cucina teorico-pratica e casareccia. Era un vero e proprio trattato sulle tradizioni in uso nella Napoli verace, in occasione delle festività. Così, da lui si apprende che “… per la Vigilia de lo Santo Natale ce vonne vruoccoli zuffritti co l'alice salate, vermicielli co la mollica de pane e vongolelle, o pure zuffritti co l'alice salate, anguille fritte, ragoste vollute co la sauza de zuco de limone, e uoglio. E pure na cassuola de calamarielli”. Immancabili sono il capitone fritto e l'insalata (“per sciacquare la bocca”), che sono presenti entrambi i giorni sulle tavole napoletane. Ma ci sono anche una serie di dolci senza i quali a Napoli Natale non sarebbe tale: la tradizione vuole che vadano preparati circa una settimana prima della vigilia. Più che da mangiare, queste leccornie fanno parte degli addobbi natalizi, come l'albero di Natale o il presepe: i roccocò e gli struffoli.
> In alto, da sinistra la pasta con le vongole, primo tipico del cenone della Vigilia di Natale, il capitone fritto, il limoncello, le nocciole che non possono mai mancare su una tavola di festa che si dica napoletana verace. Sotto, l’insalata mista condita anche con chicchi di melagrana che si dice portino bene e il vino, irrinunciabile compagno di ogni pasto. A seguire, i calamari, il caffé e la sfogliatella ripiena di ricotta. Qui a sinistra, un singolare babà, il torrone e gli struffoli che concludono ogni buon pasto che si rispetti.
쑺 Gambrinus - Via Chiaia, 1/2; tel. 081417528; caffegambrinus.com 쑺 Caffé Scarlatti - Via Scarlatti, 106/108; tel. 081 3723027
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—“TERROIR”
DEL
VINO
A passeggio sulle colline dolci e sinuose che hanno fatto la storia dei grandi vini piemontesi. Assaporando tartufi, nocciole e formaggi dalla forte personalità.
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Testo FULVIO FULVI Fotografo LEONARDO CAIRO
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Le Langhe:
nettare in bottiglia
n viaggio nelle Langhe, per un buongustaio, è come andare nel paese della cuccagna. Colline, vallate e foreste tra i fiumi Tànaro e Belbo, racchiudono tesori enogastronomici inestimabili. Qui, nel basso Piemonte, nascono piatti dai sapori intensi, che non si scordano più. Ogni portata ha i suoi protagonisti: carne di Fassone all’albese, agnolotti del plin o tajerin col tartufo bianco, brasato al barolo, vini di classe internazionale, formaggi dalla forte personalità e nocciole ‘tonde gentili’ che si prestano a far deliziosi dolci e cioccolate. E se ci si sposta nel vicino Roero, ecco fragole, ciliegie, pesche e pere “madernassa” di superba qualità, degna conclusione di ogni pasto. Queste lingue di terra feconde non hanno rivali, per le buone forchette, nel resto dello Stivale. Già il paesaggio è incantevole. Borghi, castelli e casolari sparsi si adagiano su colli sinuosi pettinati da stretti filari di viti. Ogni stagione mostra i suoi colori senza timidezze: predominano il verde d’estate, il viola d’autunno, il bianco d’inverno, il marrone in primavera. Lingue di terra generosa e aspra, da cui “langhe”. Perché queste colline ‘parlano’. I contadini langaroli non sprecano parole ma tirano su da rocce calcaree e argillose viti-
> Il paesaggio incantevole delle Langhe: morbide colline percorse da stretti filari di viti e punteggiate qua e là da borghi, castelli e casolari. Il caratteristico velo di nebbia sottile conferisce al panorama un’atmosfera di quiete e tranquillità. 1
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Le Langhe
gni scorbutici e portentosi. È soprattutto la nebbia d’autunno, però, che fa la differenza, lasciando sui grappoli viola un velo grigiastro: la “pruina”, che preserva i chicchi mantenendone gli zuccheri, l’acidità, i polifenoli e quindi tutti gli aromi sublimi dell’uva. E proprio per la carezza della nebbia il vitigno si chiama Nebbiolo. E poi c’è il Barolo, che prende il nome
da un piccolo borgo poggiato su un altopiano a forma di sperone. Nel castello si trova l’Enoteca Regionale, uno scrigno dove trovare le etichette di qualità prodotte in questo territorio: Barbaresco, Barbera d’Alba, Dolcetto di Dogliani. Bianchi vivaci sono il Favorita, il Suris, rosato dolce e aromatico tratto da uve di antica varietà Brachet, e il Moscato di Canelli. Un repertorio unico al mondo, che ha ispirato viticultori, architetti, artisti. Un esempio? Il grande cubo di cristallo in cima alla collina di Castiglione Falletto. È l’ingresso della Bricco Rocche, una cantina della tenuta Ceretto, maestra del Barolo. La stessa azienda, poco più in là, sulla cresta del colle di Brunate, in località La Morra, nove anni fece dipingere dall’americano Sol LeWitt e dall’inglese David Tremlett, esponenti dell’arte concettuale e minimalista, una piccola chiesa di campagna costruita nel 1914 che è diventata così la “cappella del barolo”. I due pittori sono stati ricompensati dalla famiglia Ceretto con un vitalizio speciale: una bottiglia di Barolo a settimana, vita natural durante. Ma dove andare a gustare le specialità della tavola langarola? A un paio di chilometri da Barolo, sulla
strada per Monforte, c’è la Locanda del Borgo Antico, splendido relais dove sarete accolti dai coniugi Massimo e Luciana Camia. La cucina è della tradi-
> Barolo, Nebbiolo d’Alba, Barbaresco, Barbera d’Alba, Roero, Dolcetto d’Alba, Dolcetto di Diano d’Alba, Dolcetto di Dogliani, Dolcetto delle Langhe Monregalesi, Moscato d’Asti, Arneis, Asti Spumante: in questi nomi c’é il colore, il profumo, il calore delle Langhe e del Roero. Sempre più articolata è anche l’offerta del turismo enogastronomico legato al formaggio: tra i più apprezzati, il Murazzano, il Bra, la Robiola Roccaverano, il Castelmagno e la Toma piemontese.
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zione, anche se un po’ rivisitata: per aprire il pasto assaggiate l’uovo bazzotto di gallina novella con cardi gobbi e fonduta di fontina. Poi, lasciatevi andare ai “plin” di cappone stufato nel suo brodo ristretto. Il carrello dei formaggi è lo specchio della produzione casearia locale: Robiola di Murazzano, il Raschera, i tomini di Langa con aromi. Se fate un salto a Barbaresco, andate da Antinè. In questo locale, non lasciatevi sfuggire il coniglio brasato in tegame al Barbaresco e, come dessert, il bunet di marroni con gelato e salsa di cachi. Una visita nelle Langhe non può tralasciare la “capitale”, Alba, detta città delle cento torri anche se or-
mai ne sono rimaste solo una ventina a svettare su case e palazzi dai mattoni rossi testimoni dei fasti medievali e settecenteschi che diedero lustro al borgo. Qui, per le vie del centro, dal 1929 si svolge ogni mese di ottobre la fiera mercato internazionale del prelibatissimo tartufo bianco. Per inebriarsi del soave effluvio di questo tubero e gustarlo su un piatto di tajerin, come tradizione comanda, i posti buoni ad Alba non mancano. Tra i tanti c’è l’Osteria dell’Arco: fate-
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I N D I R I Z Z I
Le Langhe
vi servire anche la noce di vitello cotta al sale o le invitanti lumache di Cherasco “al verde”. E i famosi tajerin? Oltre che sublimati da scaglie di tartufo, potrete assaporarli anche con burro e salvia o al sugo di salsiccia. Sono buoni come quelli che Rosa Vercellana, detta la “bela Rosin”, preparava a Vittorio Emanuele II quando l’andava a trovare nella villa della tenuta di Fontanafredda, a Serralunga d’Alba. Coi suoi manicaretti la ragazza, una nizzarda cuoca sopraffina ammaliò il re, di cui era focosa amante, divenendo presto, e non solo per le sue qualità culinarie, moglie morganatica fedele e premurosa nonché contessa di Mirafiori. Da un amore regale segnato dalla pasta fresca a un amor di cioccolata. Curiosa è la storia della Nutella, nata proprio ad Alba per un puro caso. Nel 1946 il cioccolataio Pietro Ferrero nel suo laboratorio preparò dei panetti di cacao, zucchero, nocciole e burro per farne dei gianduiotti. Ma faceva caldo e i piccoli lingotti marrone si sciolsero, diventando un composto spalmabile. Nacque così la Pasta Gianduja. Nel 1964, il figlio di Pietro Ferrero, Michele, la ribattezzò Supercrema: un chilo costava 600 lire. In seguito venne americanizzata in Nutella, dall’inglese “nut”, nocciola. Non ci rimane che puntare verso il Roero, sulla riva sinistra del Tanaro, dove le rocche, profondi canaloni che tagliano le colline, mostrano gli strati di tufo di cui si compone il terreno. Qui si producono vini Doc come il Roero, un rosso robusto, e l’Arneis, bianco, secco, elegante. Per trovare tutti insieme i frutti deliziosi di questa terra, recatevi al mercato dei contadini in piazza XX settembre a Bra, che si tiene ogni mercoledì, venerdì e sabato. Frutta, verdura, mieli e formaggi sono il vanto di questa enclave del cuneese. Tra i dolci il "Pan 'd Natal" di Montà e Cisterna e il sansup, che mettono insieme il pane e l’uva. L’Osteria Boccondivino di Gepis Barbero, a Bra, è un sosta obbligata. Le proposte sono semplici e gustose: carne cruda battuta al coltello, vitello tonnato come Dio comanda, insalata di cappone, coniglio grigio all’Arneis. Sfizioso, e indimenticabile, è il lesso di pancia con cipolle caramellate. Chi ci viene ci ritorna. 쐽
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ALBERGHI – AGRITURISMO 쑺 Hotel Villa Beccaris – via Bava Beccaris 1, Monforte d’Alba (Cn) tel. 0173.78158; e-mail: villa@villabeccaris.it; Dimora del ‘700 sulle colline. Comprende la suite “Romantica”, undici camere del luxe con soffitti affrescati e undici camere classic. Piscina, giardino e limonaia dove gustare la ricca colazione a base di prodotti locali. Camera doppia: a partire da 220 euro. 쑺 La cascina del monastero – Cascina Luciani 112/a, frazione Annunziata, La Morra (Cn) - Tel. 0173.509245 Elegante agriturismo ricavato in un convento del ‘700. Dieci camere, sei appartamenti, sala fitness, sauna e piscina. Degustazione di vini e colazione alla langarola. Doppia: 85-100 euro ; appartamento: 90-110 euro. 쑺 Agriturismo La Cappuccina – via Novara, 19/B, Loc. La Capuccina, Cureggio (No) - Tel. 0322.839930 Deliziosa cascina sorta su un’antico edificio utilizzato come rifugio dai Frati Quastuanti nel 1500. Immersa nel verde ai piedi delle colline novaresi a pochi chilometri dal lago d'Orta e maggiore. Doppia con colazione: 75 euro.
> Il Tuber Magnatum Pico, o Tartufo Bianco d’Alba, appare alla vista di un colore giallo pallido, occasionalmente con chiazze rossobrune. Le dimensioni sono variabili, da quelle di una grossa mela fino a esemplari di un chilo. Per scovarlo, il cercatore (trifolao) si
avvale della collaborazione di cani di razza mista, dal fiuto finissimo e opportunamente addestrati. Numerosi sono gli appuntamenti per celebrarlo: la Fiera Nazionale del Tartufo Bianco d’Alba è la più nota.
RISTORANTI 쑺 Osteria del Boccondivino – via della Mendicità istruita 14, Bra (Cn) 14 - Tel. 0172425674. Ricette della tradizione langarola, semplici e gustose. Eccellente la scelta dei vini. 30 euro vini esclusi. 쑺 La Libera – Via Pertinace, 24/a - Alba (Cn) – Tel. 0173.2931. Osteria di concezione moderna. Assortite e intriganti proposte della cucina tradizionale albese. Da provare la coscia di coniglio ripiena di animelle. 30 euro vini esclusi. 쑺 Locanda nel borgo antico – via Boschetti, 4 - Barolo (Cn) tel. 017356355. Le papille si esaltano nell’assaggiare le patate con cotechino di Bra e semi di senape. Il vitello tonnato è tra i migliori serviti nel Piemonte. 60 euro vini esclusi ENOTECHE 쑺 Azienda Vitivinicola Pier – via Giacosa , 22 - Treiso (Cn) - Tel. 0173.638178 Per immergersi negli aromi inebrianti di un Barbaresco prodotto secondo antiche tecniche si vinificazione. INDIRIZZI 쑺 Regione Piemonte - Sviluppo Piemonte Turismo – www.torinopiemonte.com - Numero Verde: 800.329329
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—ITINERARI
INSOLITI
Sardegna d’inverno
— Camminare tra le case di pietra dei centri storici, assistere alle lavorazioni artigiane, assaporare i prodotti tipici dal sapore genuino, scoprire i segreti di una cultura millenaria nello splendido scenario di una natura incontaminata. Questo è “Autunno in Barbagia”, un cammino tra le bellezze di ventisette paesi di montagna che aprono le proprie Cortes in un percorso ricco di meraviglie e di fascino.
È il cuore più profondo e selvaggio dell’isola. E ora svela i suoi segreti. Viaggio tra le Cortes della Barbagia.
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Testo MYRIAM PULVIRENTI Fotografo ANGELO CUCCA
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na terra selvaggia tutta da scoprire. Unica per i suoi paesaggi e le spiagge incontaminate, miniera di ricchezze, gastronomiche e non solo. È la Sardegna, terra dal fascino rude e antico. Un’opportunità interessante per conoscere le bellezze sarde è “Autunno in Barbagia – Cortes Apertas”, manifestazione organizzata dall’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Nuoro. Propone uno straordinario percorso cultural-enogastronomico attraverso ventisette paesi della Barbagia, vasta regione montuosa della Sardegna centrale che si estende sui fianchi del massiccio del Gennargentu. Ventisette realtà, custodi di infinite e secolari usanze e tradizioni. Un’occasione per inoltrarsi nell’entroterra sardo e ammirare tutte le meraviglie nascoste, gustare i vari prodotti tipici e conoscere il folklore di un popolo speciale. Colori, sapori e profumi della Sardegna più autentica. Un viaggio nel cuore più profondo della Regione, durante il quale i visitatori potranno passeggiare tra le tipiche case di pietra, espressione di un’architettura di antica memoria, conoscere i segreti dell’artigianato sardo e naturalmente assaporare mille varietà di prodotti eccezionali, espressione della tradizione contadina.
Le Cortes sono i cortili delle vecchie e caratteristiche case di pietra che durante l’evento si trasformano in variopinte e festose ville aperte al pubblico, in cui vengono esposti tutti i prodotti alimentari e
> La Barbagia è un invito rivolto al visitatore curioso che non si accontenta della Sardegna patinata ma che cerca la sintonia con la natura selvaggia della montagna, tra i prodotti unici di saperi millenari.
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Non solo mare
T artigianali. Nei cortili, infatti, vengono allestite esposizioni delle creazioni dei migliori artigiani: la loro arte rappresenta la pura espressione dell’incontro tra tradizione e ingegno. Oggetti realizzati con i materiali più diversi: ferro, oro, legno, lavorati con cura e maestria, dalle forme originali, come quelle delle maschere di Mamoiadas, i Mamuthones. Piccoli paesi che riflettono l’anima verace del territorio, perché l’immagine della Sardegna fatta di spiagge incantevoli è solo uno dei tanti volti di una terra che sorprende sempre. Mamoiadas, Orgosolo, Nuoro, Bitti, Ovodda, Desulo: sono solo alcuni dei comuni che ospitano questa festa itinerante. Strade che pulsano di vita, energia e calore. La tradizionale ospitalità del popolo sardo in occasione di questa vivace manifestazione è ancora più grande, le porte delle Cortes resteranno aperte per tutti i curiosi turisti, desiderosi di vivere un’esperienza fuori dal comune. Degustazioni, spettacoli, mostre, concerti e convegni dalla mattina a tarda sera arricchiscono la rassegna fino al 14 dicembre. Nei diversi luoghi i produttori locali di vino, olio, pasta, salumi, formaggi, dolci e miele propongono banchetti per l’assaggio e la vendita dei prodotti di questa terra generosa, tra cui spicca il famoso pane carasau, croccante e sottile. Una realtà agropastorale, quella sarda, che senza dubbio ha molto da offrire. La fiera di Desulo, ad esempio, pre-
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A P P U N TA M E N T I
쑺 GADONI (NU)- 6 dicembre, ore 8: inizio visite guidate alla miniera di Funtana Raminosa con bus navetta. A seguire, dalle 18,00 degustazione di prodotti tipici locali tra musica, balli e colori. In serata, alle 21.00 proiezione del film-documento “Gadoni: biografie comuni,emozioni private”, legate al percorso ecomuseale di Gadoni. 쑺 GADONI (NU)- 7 dicembre, ore 9: apertura e visita alle domus antigas e alle mostre. Apertura delle esposizioni locali. A seguire, visita agli stand dei prodotti locali. In serata, alle 21.30 “Una manu po sa vida”, manifestazione a scopo benefico con la partecipazione di artisti vari. DA
NON PERDERE
- mostra Ente Foreste della Sardegna - visite guidate sul Flumendosa - la preparazione del pane tradizionale - riproposizione del rito che si svolgeva la sera di Ognissanti - escursioni a cavallo - esposizione dell’artigianato locale - visite guidate lungo le antiche gallerie della vecchia miniera di rame INFO Aspen - Provincia di Nuoro tel. 0784/33717 - 334/9292840 aspenuoro.it
senta anche quest'anno l'esposizione dei prodotti più tipici e genuini della montagna (salsicce, carni, prosciutti, pane, formaggi, dolci, castagne) insieme a una serie di appuntamenti da non perdere che fanno da cornice alla sagra. Ad aprire la rassegna il Comune di Bitti, che i primi di settembre ha inaugurato l’evento, divenuto ormai un appuntamento fisso per tanti affezionati visitatori che apprezzano la cultura e la cucina sarda. “Cortes Apertas” è inoltre un’occasione per ammirare la natura incontaminata che domina la Barbagia, una zona ricca di foreste antichissime, che d’autunno si ammantano di colori meravigliosi. Un’idea vincente per la valorizzazione e lo sviluppo del territorio, attraverso la promozione e la riscoperta delle realtà locali e delle loro risorse. 쐽
> Su tutto spicca l'appartenenza a una terra autentica, con una sua anima precisa, dai connotati austeri e dolci insieme. 3
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—TERRITORI
GOURMAND
A tavola con Gesù
Viaggio in Terra Santa alla scoperta dei sapori e degli odori di duemila anni fa. Con una guida enogastronomica d’eccezione: la Bibbia |
Testo ROBERTA MORETTI Foto UFFICIO NAZIONALE ISRAELIANO
> Dopo la disastrosa flessione del turismo in Israele a causa della guerra in Libano del 2006, la ripresa sembra inarrestabile: nei primi 6 mesi del 2008 il numero di visitatori è cresciuto del 41% rispetto allo stesso periodo del 2007. Impressionante l’incremento degli italiani: +74%. 1
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DEL
TURISMO
“Pane e pesce: era questo il menu piu’ comune tra i contemporanei di Cristo”
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e stradine tortuose della città vecchia di Gerusalemme, impregnate degli aromi pungenti del cumino e del cardamomo. I sentieri di pietra lungo le sponde del Mare di Galilea accompagnati dai fumi del pesce fritto in salsa speziata. La frutta lucida e succosa che colora a festa le vie di Gerico. Gli olii aromatizzati, i vini densi, le carni lavorate secondo le rigide regole alimentari ebraiche. È anche questo il fascino della Terra Santa: un’incredibile esperienza del sacro alla scoperta dei luoghi che ospitarono la presenza di Gesù, ma anche dei sapori e degli odori che popolarono la sua tavola. Con una guida enogastronomica d’eccezione: la Bibbia. Basta sfogliarla per imbattersi in numerosissimi riferimenti a cibi e bevande. Usanze, prodotti, tradizioni dal richiamo simbolico evidente. E che ancora oggi, dopo migliaia di anni, si confondono tra le pieghe di un panorama enogastronomico di eccezionale multiculturalità. Nell’Israele moderno, la cucina è infatti tanto variegata quanto lo sono i suoi abitanti: per lo più immigrati dell’Europa dell’Est, del Commonwealth, del Nord Africa, che hanno portato una lunga storia di consuetudini alimentari ebraiche sviluppatesi nella loro area d’origine. Ma anche arabi, la cui influenza è percepita in pietanze come le falafel, polpette di ceci vendute ad ogni angolo di strada, l’hummus, purea di ceci con pasta di semi di sesamo, e la tabbouleh, semola condita con pomodoro e prezzemolo. Prelibatezze divenute di recente oggetto di un’aspra contesa con il vicino Libano, che ne rivendica la paternità e il marchio DOP. Un conflitto culinario dagli enormi interessi commerciali tra due paesi ancora formalmente in guerra dopo gli scontri del 2006. E se allora il turismo in Israele subì una disastrosa flessione, oggi la ripresa sembra inarrestabile: i dati del ministero del Turismo israeliano, riferiti ai primi 6 mesi del 2008, parlano di un incremento del 41% rispetto allo stesso periodo del 2007. Impressionante è la crescita dei visitatori italiani: + 74%. Pellegrini in gran parte. Invitati alla mensa di Gesù. Pane d’orzo condito con olio d’oliva e pesce arrostito o essiccato: questa doveva essere il più delle volte l’alimentazione di Gesù. Nei Vangeli non si citano ricette: nel fare riferimento agli alimenti semplici e naturali della terra d’Israele, l’attenzione è concentrata sull’atto del mangiare insieme. «Per gli ebrei di duemila anni fa - ci spiega padre Francesco Rossi de Gasperis, studioso del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme - i pasti erano un atto comunitario importante: ciascuno immergeva il suo pezzo di pane nel piatto comune e spesso era il padrone di casa a porgere il ‘boccone’ all’ospite». Nulla meglio di un banchetto - si pensava può rafforzare i legami della famiglia e della comunità. E alcuni banchetti,
«Il cibo gioca un ruolo fondamentale, come elemento di condivisione e unità, per un popolo segnato da diaspora e persecuzioni»
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Il cibo nella tradizione ebraica è il caso di quello della Pasqua, erano addirittura imposti dalla Legge e regolamentati fin nei minimi particolari. Lo stesso Gesù vi partecipa sovente: da Zaccheo il pubblicano, nella casa di un fariseo, dall’amico Lazzaro e perfino, risuscitato, alla tavola dei discepoli di Emmaus. Al pranzo nuziale di Cana, Cristo inaugura la serie dei suoi miracoli trasformando l’acqua in vino. E nessun pasto, per modesto che fosse, cominciava e finiva senza una preghiera di benedizione e di ringraziamento. «Perché il cibo - precisa padre Rossi de Gasperis - era considerato un dono di Dio». Nelle sue parabole, raccontate non di rado proprio ai commensali, Gesù accenna spessissimo alle usanze legate alla tavola: dal vitello grasso ammazzato dal padre al lievito che la massaia nasconde nella farina; dal sale che perde sapore al vino nuovo che fa crepare gli otri vecchi. E se i benpensanti dell’epoca gli davano del “mangione e beone” perché divideva i pasti con pubblicani e peccatori, è proprio nel corso di un banchetto, l’Ultima Cena, che Cristo dona all’uomo se stesso in forma di pane e di vino, istituendo l’Eucaristia. D’orzo per i poveri, di frumento per i ricchi, il pane costituiva l’alimento fondamentale della cultura semitica e andava trattato con rispetto. “Diversi tipi di pane, lievitato e non - fa notare Phyllis Glazer in un interessante saggio dal titolo “Mense e cibi ai tempi della Bibbia” - sono citati dalle Scritture: il kikar o pagnotta, la challah, una focaccia, i matzot o pani azzimi che si mangiano a Pasqua, i nikkudim, biscotti, e il rakik o cialda”. In linea generale, la pasta veniva modellata a forma di torte schiacciate e cotta sui fianchi di un forno a forma convessa o al suo interno, su carboni accesi. Un procedimento tuttora in uso nei villaggi arabi e nella città vecchia di Gerusalemme, dove è possibile gustare ancora caldo questo antico pane schiacciato, che ricorda la tortilla messicana o il chapati indiano. E per calarsi meglio nell’atmosfera biblica, si potrebbe accompagnarlo con del buon pesce arrostito alla brace. Pane e pesce: era questo il menu più comune tra i contemporanei di Cristo. La maggior parte degli apostoli e dei discepoli, del resto, erano pescatori nel Mare di Galilea. Ancora oggi, nelle locande sul lungolago, è servito il caratteristico pesce San Pietro. “Il giorno della moltiplicazione dei pani - sottolinea Henri Daniel-Rops in “La vita quotidiana in Palestina al tempo di Gesù” - l’unico companatico che i discepoli trovano tra gli astanti sono ‘pochi pesciolini’, verosimilmente salati ed essiccati” per evitarne la rapida decomposizione. Ma se proprio il pesce diventerà il simbolo principale del Cristianesimo, non tutta la fauna che abita i mari e le acque dolci di Israele poteva finire sulla tavola di un ebreo osservante come Gesù. Anguille, crostacei, frutti di mare, molluschi: sono privi di pinne e squame e quindi contrari ai precetti sull’alimentazione contenuti nella Torà (i primi cinque libri della Bibbia), che classifica gli animali tra specie permesse e proibite. Kashèr, ad esempio, ovvero conformi alla Legge, sono gli animali ruminanti con lo zoccolo spaccato (ovini, bovini, caprini); tarèf , al contrario, sono il maiale, il cammello, il cavallo, il coniglio, i carnivori, vietatissimi. 5
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>Nella “terra dove scorre latte e miele”, come gli ebrei nomadi dei tempi antichi descrivevano Israele, il latte di mucca era meno apprezzato di quello di pecora e di capra, dal quale si ricavavano burro, formaggio e leben, un prodotto simile allo yogurt tuttora centrale nell’alimentazione degli israeliani. Superbo doveva essere l’abbinamento con il miele, unico dolcificante all’epoca della Bibbia. Leccornia per i bambini, non era d’api, ma piuttosto uno sciroppo dolce ricavato da fichi, datteri, carrube o uva.
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Le regole alimentari ebraiche Un insieme di intricatissime prescrizioni già consolidate all’epoca di Gesù e alle quali, nei secoli, si sono aggiunte le riflessioni dei rabbini. Si tratta di una tradizione forte legata al cibo che gioca un ruolo fondamentale, come elemento di condivisione e unità, per un popolo segnato da diaspora e persecuzioni. Una tradizione che ancora oggi in tutto il mondo viene alimentata attraverso le famose macellerie kashèr. «L’animale - chiarisce Joseph Pino Arbib, maestro della kasherùt del rabbinato di Roma - deve essere ucciso da persone qualificate con un sistema di uccisione e macellazione che non solo non lo fa soffrire, ma che consente di eliminare più sangue possibile». La legge prescrive infatti di non cibarsi del sangue degli animali, simbolo della vita. Poi ci sono altri particolari significativi come l’eliminazione del nervo sciatico, in ricordo della ferita inferta dall’Angelo a Giacobbe. E anche l’attrezzatura deve essere kashèr. A Gerusalemme, la stragrande maggioranza dei ristoranti espone il certificato kasherùt di garanzia del rabbinato locale. È sicuramente un’esperienza affascinante immergersi nelle tradizioni di questa antica cucina, apprezzata nel mondo non solo dagli ebrei e considerata da molti sinonimo di sicurezza alimentare. Ogni anno negli Stati Uniti si consumano prodotti kashèr per oltre 150 miliardi di dollari e anche in Europa sempre più aziende hanno linee di prodotti dedicate. Di certo, se le prescrizioni sul consumo di animali sono abbondanti, molto meno lo era la carne che effettivamente finiva sulla tavola degli ebrei di duemila anni fa. Era l’alimento di lusso, di cui solo i ricchi facevano grandi scorpacciate. “Tra i poveri - scrive Daniel-Rops - si abbattevano gli animali in occasione delle feste di famiglia: particolarmente gradito era il ‘vitello grasso’ della parabola del figliol prodigo. Più spesso ci si accontentava di capretti e agnelli”. Il proverbiale agnello pasquale doveva essere arrostito con una serie di melagrane infilate nella bocca e servito con le “erbe amare”, cioè lattuga selvatica o cicoria o la cosiddetta serpentaria. Un cibo che si fa monito: ricordare l’amarezza della schiavitù in Egitto. Molto apprezzati gli stufati, in particolare di montone accompagnato da legumi. Ecco un’altra pietanza rimasta nella storia come insegnamento di vita: è proprio per un piatto di lenticchie - ci racconta la Bibbia - che Esaù si giocò la primogenitura. Simboli, ma anche curiosità: i Vangeli raccontano che nella solitudine del deserto Giovanni Battista si nutriva “di locuste e di miele selvatico”. Con l’olio, condimento simbolico per definizione nella terra che ha insegnato al mondo che l’ulivo è simbolo di pace, gli abbinamenti possibili erano tantissimi: capperi, cumino, senape, ruta, zafferano, coriandolo, aneto. Ancora oggi il visitatore di Israele porta a casa l’immagine di queste spezie dai colori vivacissimi. Ma c’è un abbinamento che non avremmo mai vi-
> A Gerusalemme, la stragrande maggioranza di ristoranti sono kashèr, rispettano cioè le regole alimentari ebraiche contenute nella Torà, i primi cinque libri della Bibbia. Un insieme di intricatissime prescrizioni applicate scrupolosamente anche da un ebreo osservante come Gesù. 7
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Le decisioni si
La terra dove scorre latte e miele
prendono a tavola Tutte le decisioni più importanti si prendono a tavola, tra una torta di mele e una zuppa di farro. Il costume emerge chiaramente nel corso del singolare romanzo di Paolo Di Mizio, noto caporedattore del Tg5, titolare della rassegna stampa. “Storia Di Giuseppe e del suo amico Gesù” (edizioni Marsilio, 19.50 euro) è in realtà una ricostruzione dei primi trent’anni della vita del Messia che i Vangeli non raccontano. Gesù rimane, però, sullo sfondo e la scena è, invece, dominata da Giuseppe, ateo, alle prese con l’eterna ricerca del senso della vita. Giuseppe vaga per vent’anni per l’Impero romano per poi tornare in Galilea, dove si ricongiunge con Gesù che gli confida la volontà di andare a conoscere Giovanni Battista. Anche questa, decisione che i due prendono a tavola...
sto sulla tavola di Gesù: carne e latte. “Non cuocere il capretto nel latte di sua madre”, vieta infatti la Torà. Nella “terra dove scorre latte e miele”, come gli ebrei nomadi dei tempi antichi amavano descrivereIsraele, il latte di mucca era meno apprezzato di quello di pecora e di capra, dal quale si ricavavano burro, formaggio e leben, un prodotto simile allo yogurt tuttora centrale nell’alimentazione degli israeliani. Superbo doveva essere l’abbinamento con il miele, unico dolcificante all’epoca della Bibbia. Non era d’api, ma piuttosto uno sciroppo dolce ricavato da fichi, datteri, carrube o uva, di cui gli ebrei erano ghiottissimi, tanto da aggiungerlo anche al vino. E finalmente arriviamo al vino, bevanda sacra per eccellenza, simbolo di benessere, abbondanza, sicurezza. Secondo la tradizione, era stato proprio Dio a rivelare a Noè come fabbricarlo. E come la carne, doveva essere kashèr: solo mani ebree potevano lavorare alla sua preparazione. “In generale - spiega Daniel-Rops - era un vino molto denso, molto nero, ricco di alcol e di tannino, non lo si serviva puro, ma annacquato”. Anche qui un precetto: la Legge invita alla moderazione. Ed è tradizione tra gli ebrei berne quattro coppe a Pasqua, due ai matrimoni e una per festeggiare la circoncisione. Una tradizione di condivisione legata alla tavola attraverso cui venivano, e vengono ancora, rafforzati quei legami della famiglia e della comunità che hanno fatto la storia del popolo di Israele. 쐽
«Nell’Israele moderno, la cucina è tanto variegata quanto lo sono i suoi abitanti: per lo più immigrati dell’Europa dell’Est, del Commonwealth, del Nord Africa. Ma anche arabi, la cui influenza si percepisce nelle falafel, nell’hummus e nelle tabbouleh»
> Insieme al pane, il pesce era l’alimento più comune all’epoca di Gesù e veniva consumato fresco o essiccato. La gran parte degli apostoli e dei discepoli, del resto, erano pescatori nel Mare di Galilea. Ancora oggi, nelle locande sul lungolago, è possibile gustare il caratteristico pesce San Pietro.
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> La Terra Santa può essere visitata tutto l’anno, tenendo presente che la stagione secca va da aprile a ottobre quando, in genere, l'affluenza turistica è maggiore. Nessun visto è necessario: nel 2006 Tel Aviv ha stabilito che i tutti i passeggeri in arrivo avranno obbligatoriamente il timbro sul passaporto, che deve avere validità di almeno 6 mesi dalla data di effettuazione del viaggio. Non è necessaria alcuna vaccinazione. A C C O M O D AT I O N
RISTORANTI
쑺 King David Hotel - 23 David ha-Melekh St. - Gerusalemme - Tel. +972.2.6208888 L’edificio in pietra, costruito all’inizio del secolo scorso come hotel di lusso, dopo il cambio di proprietà avvenuto nel 1928 venne rinnovato, divenendo il centro dell’alta società di Gerusalemme. Ogni camera è dotata di parquet in legno, ampio letto e terrazza circolare affacciata verso il giardino e la torre della Città Vecchia. 쑺The American Colony Hotel - Nablus Road - Gerusalemme - Tel. +972.2.6279777 Primo edificio della Colonia Americana, costruito nel 1876, dal 1902 viene utilizzato come hotel di lusso. Le suite sono particolarmente eleganti, con soffitti a volta e grande vasca idromassaggio. Il giardino, curatissimo, è decorato da vasche ornamentali e da un patio, dove gli ospiti possono farsi servire la colazione. 쑺 Casa Nova - 10 Casa Nova Rd, Porta Nuova, Gerusalemme - Tel. +972.2.6271441 www.custodia.org/ Strutture di accoglienza create dai francescani della Custodia di Terra Santa e ubicate in posizione strategica: a pochi passi dal Santo Sepolcro di Gerusalemme, di fianco alla basilica della Natività a Betlemme, di fronte alla Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, sul monte Tabor e nei pressi del Lago di Tiberiade. Prezzi contenuti. 쑺 Kibbutz Hotels Chain - R90 Ben Yehuda St. - Tel Aviv - Tel. +972.3.5246161 www.kibbutz.co.il. Organizzazione che raccoglie una trentina di kibbutzim che offrono servizio di albergo. Sarà così possibile scoprire la vita in queste caratteristiche cooperative agricole e vivere una vacanza a contatto con la natura a prezzi contenuti. RISTORANTI KASHÈR
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쑺 Canela - 8 Schlomzion Hamalka St. - Tel. +972.2.6222293 In fascia alta e piuttosto trendy, con magnifica carne e pesce squisito. Da provare l’antipasto di melanzane e l’oca arrosto. 쑺 Olive&Fish - 2 Jabotinsky St. - Tel. +972.2.5665020 Locale raffinato e cucina tipica israeliana. Specializzato in pesce freschissimo. 쑺 Hashipudia - 5 Haarmonin St. - Tel. +972.2-6254036 Un must per gli amanti della carne. Vicino al mercato Mahane Yehuda, giustamente famoso soprattutto per gli spiedini. 쑺 Darna - 3 Horkanos St. - Tel. +972.2.6245406 Ottima cucina marocchina in una location da mille e una notte.
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쑺 La Taverna del Ghetto - Via Del Portico d'Ottavia, 8 - Roma - Tel. 06.68809771 Specialità giudaico-romanesche a base di carne e pesce. Da provare i famosi carciofi alla giudia e il fritto di cervello d’abbacchio. 쑺 Yotvata - Piazza dei Cenci, 70 - Roma - Tel. 06.68134481 E’ l’unico ristorante-pizzeria kashèr “di latte” della capitale. Offre piatti tipici giudaico-romaneschi, come i famosi aliciotti con l’indivia. Prezzi contenuti. 쑺 Re Salomone - Via Sardegna, 45 - Milano - Tel. 02.4694643 Ristorante di cucina sefardita. Squisite le falafel, il cuscus di carne, la cholent (minestra di fagioli e carne), il ghefilte fish (polpettone di pesce). 쑺 Gam Gam - Cannaregio, 1295 - Venezia - Tel. 041.2750014? Ricco menu di carne, pesce e verdure: hummus, falafel, soufflé di melanzane, ma anche piatti della tradizione italiana e veneziana. Da provare i dolcetti misti accompagnati dal tipico vino dolce liquoroso. 쑺 Ruth’s - Via Luigi Carlo Farini, 2a - Firenze - Tel. 055.2480888 Situato accanto alla sinagoga. Menù vegetariano e di pesce. Ottime le borekas al formaggio, il couscous vegetariano, le falafel, e la cheesecake. TOUR
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— MARE
D’INVERNO
Capo Verde: il volto
esotico dell’Africa
Una terra sospesa tra più mondi. Lo vedi dai volti allegri e accoglienti della popolazione creola, con i tratti somatici di cui non individui l’origine: capelli biondi su pelle scura; occhi neri, ma anche azzurri o verdissimi. Lo ascolti nella
varietà
di melodie
ora tristi e malinconiche, ora allegre e vivaci, che risuonano ad ogni angolo di strada richiamando culture lontane. Lo assapori sulle tavole colorate e ricche di pesce: l’impronta è europea; gli ingredienti hanno il sole d’Africa; i profumi e i sapori ricordano la cucina caraibica. Tutto questo è Capo Verde, un grappolo di 10 isole di origine vulcanica incastonate a semicerchio nell’Oceano Atlantico, a 6 ore di volo dall’Italia. Testo ROBERTA MORETTI
| Fotografie STEFANO PUVIANI PER MISTRAL, I VIAGGI DI ATLANTIDE 1
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Crocevia di culture
Taccuino A C C O M O D AT I O N 쑺 Crioula Clubhotel & Resort 4*- Santa Maria, Isola di Sal; 242 camere con veranda. Per chi desidera una vacanza mare e relax. 쑺 Atlantis Club Djadsal Holiday Club 4* Santa Maria – Isola di Sal; spettacolare complesso di oltre 3000 metri quadri. 쑺 Mindelo Hotel 4* - Praça Nova - Mindelo Isola di São Vicente; nella piazza principale di Mindelo, a 50 metri dal lungomare. 쑺 Santantao Art Resort 4* - Porto Novo – Isola di Santo Antão; la hall e l’area bar ospitano mostre di artisti capoverdiani. RISTORANTI
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erle d’Africa che costituiscono una valida alternativa, per il clima tropicale secco, per la ricchezza dei fondali e per i contrasti mozzafiato del paesaggio, alle più lontane e costose Seychelles. Acque cristalline, spiagge dorate, montagne a picco, steppe roventi, valli profonde e lussureggianti, pianure di lava, saline accecanti: anche la natura a Capo Verde sembra sospesa tra più mondi. Ad accomunarli è la carezza delicata dei venti Alisei, che spirano dal Sahara suddividendo, con una linea immaginaria, le isole in due gruppi: “Sopravento” e “Sottovento”. Al primo appartengono Sal, porta d’accesso all’arcipelago col suo aeroporto internazionale, Santo Antão, São Vicente, São Nicolau, Boa Vista e l’isola disabitata di Santa Luze. Al secondo, Santiago, Fogo, Maio e Brava, meno conosciute dal turismo di massa, ma non per questo meno attraenti. È la posizione geografica a fare di Capo Verde un crocevia di culture: l’arcipelago si estende circa 450 chilometri al largo delle coste del Senegal e a tre ore di volo dal Brasile. Uno snodo fondamentale per i commerci e per il redditizio traffico di schiavi africani verso le Americhe nei cinque secoli di colonizzazione portoghese, conclusasi solo nel 1975 con la proclamazione d’indipendenza. Nella struggente melodia della morna, genere musicale nato dall’incontro tra fado portoghese e ritmi africani e conosciuto a livello internazionale grazie allo straordinario talento di Cesaria Evora, c’è tutto il sentimento di un popolo che canta la nostalgia (sodade) e la sofferenza della schiavitù. Perché è soprattutto la musica l’anima, l’elemento unificatore, di questa gente, che dalla storia ha imparato a confrontarsi col ‘diverso’ e a superare ogni diffidenza. Alla sera, l’arcipelago si trasforma in un’enorme pista da ballo: nei tanti locali con musica dal vivo sarete invitati a scatenarvi al ritmo della caraibica funanà, o dell’afro brasiliana coladeira . Ma è nel batuko, inno alla trasgressione e alla sensualità, che emergono le più autentiche radici africane.
쑺 Cultural Café - Praça Marcelo Leitao – Santa Maria – Isola di Sal; baccalà al latte di cocco o l’aragosta in un’atmosfera romantica. 쑺 Leonardo Café – Santa Maria – Isola do Sal; cucina fusion sardo-capoverdiana; tortellini al ripieno di serra con gamberoni alla griglia. . 쑺 Le Bienvenue - Av.Flor Bela - Mindelo - Isola di São Vicente; atmosfera esotica, arredi di bamboo e serate con musica dal vivo. 쑺 Pedracin Village - Boca Coruja, Ribeira Grande - Isola di Santo Antão; all’interno di una piantagione di frutti tropicali. Ingredienti di produzione propria. P A C C H E T T I N ATA L E - C A P O D A N N O 쑺 Cabo Verde Time - caboverdetime.it Capodanno: 14 gg a Sal, Sao Vicente e Santo Antao: 1.520 €; 7 gg al Crioula Clubhotel & Resort (Sal) all inclusive: 1.310 €. 쑺 I Viaggi di Atlantide - iviaggidiatlantide.it; 8 giorni/7 notti (Natale compreso) in Atlantis Club Djadsal 4* (Sal) all inclusive: 1.110 €.
«È la musica l’anima di questa gente ...
... che dalla storia ha imparato a superare ogni diffidenza».
Musica è anche nel lento e affabile colloquiare della gente in lingua creola, un mix straordinario di dialetti africani e portoghese, idioma ufficiale della Repubblica di Capo Verde. Musica è nell’armonia di contaminazioni della gastronomia: ne è esempio la cachupa, ricco stufato di carne di maiale (o pesce) con mais, fagioli, patate dolci, manioca ed erbe, considerato il piatto nazionale. Altre specialità sono la canja de galina, pollo e riso speziato con peperoncino, e il molho de capode, a base di capra, per le grandi occasioni. Ottimo il maiale, spesso grigliato. E poi, tanto, tantissimo pesce e crostacei: tonno, spada, cernie, ricciole e aragoste. Da provare il caldo de peixe, zuppa di pesce con banane verdi e tapioca in versione ‘infuocata’. Un incendio dei sensi da spegnere con un buon boccale di Ceris, la sapida birra nazionale, o tuffandosi nella corposità del manecon, vino rosso prodotto sulla superficie vulcanica di Fago. Ma è il grogue, tipico distillato di canna da zucchero, il sapore più penetrante delle notti di Capo Verde. In un sorso, c’è tutta l’intensità, la spregiudicatezza e la musicalità di questa terra. Che vi sorprenderà. 쐽
>Principe della cucina creola capoverdiana è il pesce. Il tonno, il pesce sega e la garopa sono alcune e delle varietà maggiormente apprezzate, mentre tra i frutti di mare e i crostacei vanno segnalati il lepade, il polipo e l’aragosta. 3
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— VIAGGI &
FAVOLE
A casa di
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a casa di Babbo Natale esiste davvero, si trova in Svezia, 300 chilometri a nord di Stoccolma: è Tomteland, un vero e proprio parco di divertimenti, paradiso dei più piccoli. Per raggiungerlo si può prendere il treno fino alla città di Mora, sul lago Sijan, e da lì il taxi per un breve tragitto. Per conoscere gli orari di apertura si consiglia di visitare il sito www.santaworld.se. Visitando Tomteland, una splendida oasi immersa nella natura, si possono incontrare i fantastici e stravaganti aiutanti di Santa Claus: gnomi, troll, fate, streghe, oltre alle famose renne che la vigilia di Natale guidano la magica slitta in tutto il mondo. Passeggiare nel regno dei troll; fare un giro nel villaggio degli elfi; visitare e ammirare con i propri occhi i regni incantati narrati nelle favole: Tomteland è questo e molto altro. È un mondo incantato, l’ideale per immergersi nell’atmosfera natalizia. Gli svedesi hanno una passione particolare per il Natale. Il personaggio cui sono più affezionati è proprio Santa Claus, Babbo Natale. Basti pensare che ai tempi della Riforma prote-
Babbo Natale
È Tomteland, il parco dei divertimenti svedese più amato dai bambini. Ad accoglierli, Santa Claus in persona.
Testo MYRIAM PULVIRENTI
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Fotografi SALVATORE RENIS, JACOB KARSTR, HELÉN PE, LARS PAULSSON, JAN THAM
«Erat ob has causas summa difficultas, quod naves propter magnitudinem nisi in alto constitui non poterant, militibus autem»
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stante l’unico santo rimasto in calendario dopo l’abolizione del culto dei santi fu proprio San Nicola: è il più amato dai bambini del Nord Europa, tanto che inizialmente in Svezia la tradizionale distribuzione dei doni avveniva il 6 dicembre, giorno di San Nicola, e solo in seguito fu spostata al 25. Al periodo natalizio appartengono anche importanti tradizioni culinarie. Tra i piatti tipici preparati per il pranzo di Natale, possiamo citarne tre: il julskinka, il prosciutto al forno, le kottbullar, le tipiche polpettine di carne servite con patate lesse, e per dolce il pudding di riso, delizia di riso alla cannella. Pesce, carne e patate conditi con frutti di bosco ed erbe aromatiche: sono questi gli abbinamenti principali della cucina svedese. Il piatto nazionale si chiama smörgåsbord, una sorta di buffet di pietanze fredde e calde, con pane e burro da abbinare ad aringhe, patate, polpette e cavoli rossi: è l’ideale per la cena di Natale. Questo piatto ha origini molto antiche: risale ai tradizionali matrimoni contadini del Settecento, in cui ogni ospite portava in dono una pietanza, mentre i padroni di casa offrivano bevande come birra e acquavite. Altri piatti caratteristici sono il pytt i panna, a base di carne di maiale o di manzo accompagnato da un contorno di patate e cipolle, e le glassmestersild, aringhe marinate. A farla da padrone sulle tavole svedesi è proprio il pesce, salmone e aringa in testa. Uno dei piatti principali è il gravlax, salmone marina-
to in zucchero e sale, servito con contorno di patate bollite. Un’altra specialità gastronomica, in realtà danese ma diffusa anche in Svezia, sono gli smørrebrød, sandwich aperti spalmati di burro (smør) e guarniti con ingredienti più svariati: salmone, gamberetti, insalata, pomodori e tanti altri sfiziosi condimenti. Ma qual è il cibo preferito di Babbo Natale? Senza dubbio i dolci. A Tomteland potete trovarne di tutti i tipi, per la gioia dei più golosi. In particolare, i dolci caratteristici sono i lussekatter, focaccie dolci con zafferano e uvetta, e i pepparkakor, biscotti dalle forme natalizie preparati con zanzero, cannella, cardamomo e chiodi di garofano. Si possono gustare anche ottimi pancake con marmellata e crema e deliziose tazze di cioccolata calda con panna montata, un toccasana nelle gelide giornate invernali. Ce n’è per tutti i gusti, per vivere un dolce Natale all’insegna del divertimento, immersi nel fantastico regno di Babbo Natale. 쐽
> Il piatto nazionale svedese è lo smörgåsbord, una sorta di buffet di pietanze fredde e calde, con pane e burro da abbinare ad aringhe, patate, polpette e cavoli.
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A C C O M O D AT I O N 쑺 Best Western Mora Hotel & Spa - Strandgatan 12, Mora - Tel. +46250592650 - A 17 km da Tomteland. Atmosfera rilassante, sauna, campi da tennis e piscina coperta. A partire da € 201 in camera doppia, con 2 letti per bambini. 쑺 Hilton Slussen Hotel Stoccolma - Guldgrand 8, Stoccolma - Tel. +46851735300 - Magnifica vista sul fiume Riddarfjärden. Propone un servizio personalizzato e un'atmosfera rilassante. Ognuna delle 135 camere è progettata per permettere agli ospiti di soggiornare con agio e stile. L'hotel coniuga servizio accurato e strutture all'avanguardia per offrire agli ospiti un soggiorno memorabile. A partire da €108 in camera doppia. RISTORANTI
«Pesce, carne e patate conditi con
쑺 Restaurant Rudolf - Tomteland, Gesundaberget, Mora - Tel. +4625028770 - Nel centro di Tomteland, ambiente piacevole, con vista panoramica sul lago Aurora. Menu su misura per i bambini. Buffet natalizi, secondo le tradizioni culinarie svedesi. 쑺 Edsbacka Krog - Sollentunavagen 220, Stoccolma - Tel. +468963300 - A Stoccolma, fondato nel 1626 da Henrik Olofsson per volontà del re Gustavo II. Cucina svedese, europea, continentale e internazionale.
frutti di bosco ed erbe aromatiche:
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sono questi gli abbinamenti principali
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della cucina svedese»
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Caraibi d’Europa Nove chilometri di spiaggia dorata accarezzati dalle brezze miti dell’Atlantico. Un sogno portoghese chiamato Porto Santo. Testo GIADA CASTELLANO
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쑺 Pena’agua - (letteralmente “piedi nell’acqua”), sulla spiaggia, a 15 minuti dal centro. Ambiente in stile marino. Locale interno e dehors. 쑺 Salinas – A 10 minuti dal centro, ambiente raffinato, piatti della tradizione, vetrata sul mare. 쑺 Centro Hípico – All’interno del parco di equitazione, a 6 Km dal centro. Stile far west, piatti e vini tradizionali a prezzo contenuto. PA C C H E T T I V I A G G I O 쑺 I Viaggi di Atlantide - 8 giorni/7 notti, Capodanno incluso, sistemazione in doppia, mezza pensione, volo diretto A/R; da 980 euro, cenone obbligatorio 90 euro adulti, 45 euro bambini; Info iviaggidiatlantide.it
L
a chiamano l’ilha dourada, forse per i suoi nove chilometri di spiaggia incontaminata dai riflessi dorati. Ma Porto Santo, piccolissima isola di fronte a Madeira, di nazionalità portoghese ma più vicina all’Africa, è molto di più. Quasi sconosciuta fino a un paio d’anni fa, si è rivelata la destinazione dell’anno per ben due stagioni grazie ai voli non stop messi a disposizione dal tour operator I Viaggi di Atlantide (da Milano, Verona e Roma), esclusivista dell’isola in Italia. Un gioiello ancora pressoché incontaminato che gode di un clima mite tutto l’anno (a parte due soli mesi è, infatti, possibile andare al mare) e che, nonostante le dimensioni si è attrezzato al meglio per offrire ai turisti proprio tutto: Spa, golf, parapendio, safari, equitazione e quant’altro una vacanza richieda. ra le perle della gastronomia ci sono l’espedada, spiedini di carne conditi con aglio e alloro e serviti con miglio fritto, il bolo de caco, pane casereccio tagliato in due pezzi e servito con burro salato e aglio, e l’espada, grosso pesce simile all’anguilla impanato e cotto con la banana. 쐽
T
> Nella foto grande la meravigliosa spiaggia incontaminata lunga nove chilometri ininterrottamente dorati, grazie alla formazione lavica dell’isola. In alto, la passeggiata a cavallo (unica alternativa per raggiungere scorci dell’isola non praticabili altrimenti) e il ristorante Pena’ agua.
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VINI
DELLE
FESTE
Bollicine glamour italiano Il 72% del nostro consumo nazionale di spumante avviene in 25 giorni, durante le festività. Peccato, perché ce n’è per tutti i gusti e per tutte le occasioni Testo e Wine Tasting GUIDO MONTALDO
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> Brut, extrabrut, extradry, dry, aromatico, bianco e rosso: lo spumante italiano è da sempre in concorrenza con lo Champagne francese e il Cava spagnolo.
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osa è una festa, un brindisi o un’occasione da ricordare senza un esuberante calice di bollicine? Il termine più corretto sarebbe
“spumante”, ma “bollicine” è sicuramente più glamour e indica il mondo dei vini con rifermentazione in bottiglia o in autoclave. In Italia si producono circa 299 milioni di bottiglie di spumanti, 153 milioni vengono consumati in Italia. Ben il 72% del consumo nazionale avviene in 25 giorni, AQUILA REALE 2001 DOC RISERVA Trentino; uve: Chardonnay; alcol 13%; da servire a 8-10 C°; cantina: Cesarini Sforza; in enoteca: € 40; cesarinisforza.com Giallo oro, ventaglio olfattivo complesso, di frutta matura, anche Indicato con insalata di aragosta al sesamo.
durante le festività. Per i vini spumanti non c'è una cultura al consumo quotidiano e continuo. Peccato, perché sono adatti a tutti i gusti: brut (secco), extrabrut (molto secco), extradry (abboccato), dry (dolce), aromatico, bianco e rosso. Un prodotto italiano che soffre da sempre la concorrenza dello Champagne francese e del Cava, lo spumante spagnolo. Deriva da una seconda fermentazione, che deve presentare una sovrappressione non inferiore a tre atmosfere. La zona identificata per la migliore produzione del metodo classico è la pedemontana (dal Piemonte alla Lombardia, dal Trentino all’Alto Adige fino al Veneto e ad alcune zone del Friuli). I viti-
CUVÈE STORICA FRANCIACORTA Lombardia; uve: Chardonnay; alcol: 13 %; da servire a 8-10 C°; cantina: Berlucchi; prezzo: 18 €; berlucchi.it Indicato a tutto pasto. Speciale con il manzo all’olio, ricetta tradizionale della Franciacorta.
gni classici coltivati per queste produzioni sono Chardonnay, Pinot Nero e Pinot bianco, l’uvaggio classico anche dello Champagne. Prodotti di nicchia tra i metodo classico, con vitigni autoctoni, sono il Verdicchio dei Castelli di Iesi, l’Erbaluce di Caluso, il Lugana di Sirmione. Nel mondo del metodo classico il Franciacorta Docg si è conquistato un ruolo di primo piano, perché identifica un territorio e un metodo. Il Franciacorta Docg è prodotto con uve Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero e si ottiene dalla maturazione ed elaborazione per almeno 25 mesi dalla vendemmia, di cui almeno 18 mesi di fermentazione in bottiglia a contatto con i lieviti. Altri ottimi spumanti metodo classico si producono in
VILLA SANDI PROSECCO BRUT Veneto; uve: Prosecco; alcol 11%; d da servire a 6-8 C°; cantina: Villa Sandi; in enoteca: € 9; villasandi.it Interessante con soppressa veneta e carciofini in agrodolce.
Oltrepo pavese, da poco DOCG, in Alto Adige, in Friuli e in Piemonte dove recentemente è nata la denominazione Alta Langa, che identifica una nuova era per gli spumanti piemontesi. Non si pensi che i metodo classico siano spumanti di serie A e gli charmat di serie B, sono solo diversi. I primi sono più eleganti e complessi, i secondi più fruttati e di
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facile comprensione. Tra gli spumati a metodo charmat o Martinotti, il
DEGUSTAZIONI DA INTENDITORI
Prosecco e lâ&#x20AC;&#x2122;ASTI la fanno da padroni. Sempre piĂš interessanti sono gli spumanti aromatici, come il Muller Thurgau del Trentino o la Malvasia
Il nuovo filtro salvagoccia è unâ&#x20AC;&#x2122;idea brevettata da Pedrini:
e lâ&#x20AC;&#x2122; Ortrugo dei Colli Piacentini. Tra le tendenze, gli spumanti rosè, che vengono prodotti con una percentuale maggiore di Pinot nero, insieme a Chardonnay o ad altre uve a bacca rossa, come il Raboso del Piave.
s )L lLTRO blocca eventuali sedimenti del vino o residui di tappo. s 3ALVAGOCCIA per una versata ottimale.
Tra i rossi, il piĂš diffuso è il Brachetto dâ&#x20AC;&#x2122;Acqui che nasce in provincia dâ&#x20AC;&#x2122;Asti e Alessandria, indicato con frutta o dolci al cacao; piĂš raro il
s &ORMA e spessore lo rendono un perfetto salvagoccia.
s &LESSIBILE si adatta a tutte le bottiglie.
Recioto della Valpolicella.
ě?˝
Abbinamenti e consigli
s ) FORI consentono lâ&#x20AC;&#x2122;ossigenazione durante la fase di versamento. s 0ERSONALIZZABILE. s 0ERSONALIZZABILE
Bollicine profumate: solo se servite alla giusta temperatura
L
o spumante si beve a tutto pasto, anche se lâ&#x20AC;&#x2122;aperitivo rimane lâ&#x20AC;&#x2122;occasione piĂš comune di consumo. â&#x20AC;&#x153;Il dolce chiama il
dolceâ&#x20AC;?, quindi non servite con i dessert spumanti brut e
s -ATERIALE resistente e riciclabile.
Champagne. Può invece essere divertente e piacevole abbinare degli spumanti piuttosto dolci, come il Cartizze, con piatti di crostacei o in agrodolce. Di regola il pesce va a nozze con gli spumanti, meno che con le zuppe o i brodetti. Da provare il baccalà con lo spumante Doc Durello Metodo Classico, prodotto nella
Bgo vero et tum in discessu
Vidi animum et meo sum ipse testis; qua magis erit tibi videndum, ne quid navi decernatur, ut hoc nostrum desiderium ne plus EQUIPE 5 sit annuum. Nunc venia ad tranBrut metodo classico, Veneto; uve: sversum illum extremae epistulae Chardonnay (80%) e Pinot nero; tuae versiculum, in qua me admoalcol: 12%; da servire a 8-10°C; nes de sorore: quae res se sic cantina: Cantina di Soave; in habet. enoteca 16,5 â&#x201A;Ź; cantinadisoave.it. Ut velli in Arpinas, cum ad me fraIntrigante con tagliata di pesce ter venisset, in primis nobis spada e dadolata di melone. sermo, isque multus de te fuit, ex qua ego velli ad ea, quae fueramus ego et tu inter nos de sorore in Tusculana locuti: nihil tam vidi mite, nihil tam Placatum, quam tum meus frater erat in sororem tuam, ut, etiam si qua fuerat ex ratione sumptus offensio, non appareret. Ille sic dies; isque multus de te fuit, ex qua ego velli ad ea, quae fueramus ego et postridie ex Arpinati nihil tam vidi mite, nihilUt in Arcano Quintus maneret diesVIVIANA fecit, ego Aquini, sed CUVĂ&#x2C6;E prandimus Arcano. Nosti hunc Prosecco diinValdobbiadene fundum. ut venimus, SuperioreQuo di Cartizze dry,humaVeneto; nissime Quintus: Pomponia, uve: Prosecco; alcol 11,5 %; da inquit, invita mulieres, ego in servire atu6-8 C°; cantina: Valdo; accivero Nihil potuit, mihi enotecapueros. 16 â&#x201A;Ź; valdo.com. quidem ut visum est, dulcius Tradizionale con il Pandoro, sfizioso idque verbis nihil tam vidi con la cum cucina agrodolce orientale. mite, nihilm
zona di Soave-Vicenza, che sgrassa il piatto. Quanto al servizio,
mistralpubblicita.it
gli spumanti vanno serviti tra gli 8 e i 10°C, non piĂš freddi o i profumi non si sentono piĂš. Il calice giusto non è la flute ma un tulipano ampio, che consenta il perlage (alle bollicine di salire). Per il Moscato e il Brachetto dâ&#x20AC;&#x2122;Acqui, meglio la coppa. Lâ&#x20AC;&#x2122;uso di infilare un cucchiaino nel collo della bottiglia aperta è inutile: per conservare al meglio uno spumante si devono usare tappi adatti a chiusura ermetica. Quanto si conserva? I metodo classico con affinamento di numerosi mesi sui lieviti, possono conservarsi 6).%2)! $) ')53%00% 0%$2).) 0EDRINI RACCOGLIE NELLA SUA LINEA 6INERIA TUTTO IL NECESSAIRE PER GUSTARE AL MEGLIO E CON COMPETENZA TUTTI I SEGRETI DI UN BUON VINO % PER CONSERVARE LE VOSTRE BOTTIGLIE 0EDRINI HA STUDIATO UNA PRATICISSIMA CANTINETTA IN ALLUMINIO ANODIZZATO 5NA STRUTTURA MODULARE E COMPONIBILE A VOSTRO PIACERE
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consigliato è nellâ&#x20AC;&#x2122;anno della produzione.
Riccardo Tedeschi LocalitĂ Pedemonte â&#x20AC;&#x201C; via Ronchetto,2 37020 San Pietro in Cariano (vr) tel.0457.701487 ALTEMASI 2001 > Offensio, non appareret. Ille sic dies; postridie ex Arpinati profecti sumus. Ut in Trento Doc millesimato Brut, ArcanoTrentino; Quintus maneret dies fecit, ego uve: Chardonnay; alcol: 12 Aquini,%; sedda prandimus Arcano. Nosti hunc servire ain 8-10°C; cantina: fundum. Quo in ut enoteca venimus,10,50 humanissime Cavit; â&#x201A;Ź; cavit.it. Quintus: Pomponia, inquit, tu invita mulieres, Con le capesante gratinate è un ego accivero pueros. Nihil potuit, mihi matrimonio dâ&#x20AC;&#x2122;amore. quidem ut visum est, dulcius idque cum verbis tum etiam ani
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di Guido Montaldo
Terra Moretti, una storia diventata tante
Costruzioni, vini, resort, barche. Undici aziende e seicento dipendenti. Le scommesse di una famiglia che da quarant’anni lavora seguendo la stessa filosofia: «Investire partendo da ciò che offre la terra per dare radici al futuro».
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erra Moretti, in Franciacorta, va a gonfie vele, come le bellissime barche che realizza nei propri cantieri nautici Maxi Dolphin, che portano i “colori” del Gruppo Moretti e della Franciacorta nelle regate del campionato internazionale dei Maxi da crociera. La holding di Erbusco si conferma protagonista, con un valore della produzione di oltre 116 milioni di euro. Undici aziende per quattro settori di attività distinti e complementari: nautico, appunto; costruzioni con Moretti Industria delle Costruzioni e le sue controllate; turistico-alberghiero con i resort l’Albereta (Erbusco) e l’Andana (Castiglione della Pescaia); vitivinicolo con le Cantine
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Bellavista, Contadi Castaldi, Petra e Tenuta la Badiola, settore nel quale sono stati investiti quasi 850 mln di euro. Terra Moretti, nasce nel 1996 e indica innanzitutto un luogo, Erbusco, legato a una famiglia della Franciacorta, a una storia diventata tante, grazie al genio e alla lungimiranza di Vittorio Moretti. Nato il 28 aprile 1941 a Firenze, si definisce: “Toscano per nascita, milanese per formazione, franciacortino per elezione e per scelta”. La sua carriera è rapida e intensa, grazie a un carattere mai domo e impegnato “a realizzare” con uno slancio sempre verso il futuro. Soprattutto è l’amore verso la propria terra che lo spinge già negli an-
ni ‘70 ad acquistare vigneti e terreni in una Franciacorta oggi sinonimo di grandi vini con le bollicine, ma che allora nessuno conosceva. Determinante fu il viaggio in Champagne e il desiderio di “fare del buon vino da condividere con gli amici, per godere della massima qualità della vita ”. Nata nel 1977, Bellavista, dal nome della collina su cui è sorta, oggi è sinonimo di Franciacorta. 190 ettari distribuiti in 10 comuni della Franciacorta, 40 persone che lavorano a tempo pieno, tra vigneti e cantina, per elaborare i più affascinanti vini a metodo classico d’Italia. La filosofia dell’eccellenza di Bellavista in questi 30 anni non è mai cambiata, seguita da un uomo di tempra ed esperienza eccezionale, Mattia Vezzola, enologo dell’anno nel 2007. Il desiderio di Vittorio Moretti di qualificare e promuovere il territorio di Franciacorta lo vede promotore di numerose iniziative imprenditoriali volte a creare un turismo qualificato. Nel 1985 realizza il Golf Club Franciacorta a Nigoline di Cortefranca, progettato dall'architetto americano Pete Dye in collaborazione con Marco Croze. “Investire partendo da ciò che offre la terra per dare radici al futuro”: con questo stato d’animo Moretti crea un’altra azienda vitivinicola in Franciacorta, Contadi Castaldi. Poi è la volta della Toscana, con la nascita di Petra e della Tenuta La Badiola, dove scopre le potenzialità della Val di Cornia e della Maremma grossetana. Il vino come anima e ricchezza di un paesaggio lo ha spinto a investire anche nel settore alberghiero. Ecco, quindi, l’inaugurazione dell’Albereta, Relais & Chateaux in Franciacorta, albergo di lusso dove si esprimono Gualtiero Marchesi, maestro che ha trasformato la cucina italiana, ed Henri Chenot, che all’Albereta gestisce uno straordinario spazio benessere. La stessa lungimiranza si è concretizzata in Toscana, a Petra, con il progetto architettonico della cantina firmato da Mario Botta e alla Tenuta La Badiola con il resort L’Andana, che ha coinvolto il grande chef francese Alain Ducasse. La stessa filosofia si trova in filigrana nell’organizzazione interna delle aziende, che vede coinvolto un team familiare dalla spiccata sensibilità femminile: Carmen Moretti è vicepresidente della holding, responsabile dell’immagine e comunicazione e amministratore delegato dell’hotellerie. Francesca Moretti, enologa, è coordinatrice delle strategie delle quatro cantine del Gruppo. 쐽
Bellavista Franciacorta Cuvée Brut
Petra Quercegobbe Igt Toscana 2005
12,5% VOL – € 27
14% VOL – € 30
Conservazione: oltre 5 anni Calice: calcice Franciacorta Bellavista Uve: 80% Chardonnay - 18% Pinot Nero - 2% Pinot Bianco Servizio: 10-12°C
Conservazione: oltre 5 anni Calice: Ballon Uve: 100% Merlot Servizio: 18°C
Cuvée Brut nasce dalla
Petra (roccia in greco), opera d’arte dell’architetto Mario Botta, sorge in mezzo alla campagna verde e rigogliosa della Maremma, vicino alla città medievale di Suvereto. I suoi vini d’autore, elaborati in vigneti studiati e realizzati secondo perfetti canoni viticoli, sono firmati dall’enologo francese Pascal Chatonnet; mentre “Petra” viene elaborata, giorno dopo giorno, da Francesca Moretti e Piero Bonomi, gli enologi in loco. Quercegobbe porta il nome della vigna che lo produce, situata in collina e orientata verso il mare. Una posizione ideale per il Merlot che predilige climi miti e ventilati. Elegante e vigoroso, ha un morbido bouquet di frutti rossi arricchito da sottili note speziate e accenti balsamici di mirto e ginestra.
meticolosa ricerca del particolare di ogni cuvée, una scrupolosa analisi di almeno 30 selezioni provenienti da più di 100 appezzamenti coltivati in 10 comuni della Franciacorta. Una buona parte dei vini di cui è costituita fermenta e matura per sette mesi in piccole botti di rovere. A questo grande complesso di varianti olfattive e gustative si aggiungono i profumi e i sapori dei “vini di riserva” di almeno 6/9 vendemmie precedenti. Bellavista Cuvèe è un’emozione di bollicine, minute, continue, esuberanti. Sentori di fiori e frutta matura soddisfano il naso, mentre il sapore è corrispondente al bouquet sapido, lungo ed elegante del retrogusto.
Abbinamenti: sublime con ostriche, crudo di gamberi e scampi; sushi e sashimi.
Abbinamento: costata fiorentina o con braciole d’agnello al mirto; da mito: con pecorino di fossa stagionato.
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di Guido Montaldo
Principe Corsini: elogio della raffinatezza
«Fare l’agricoltore è come scegliere la carriera del frate, non del prete, con più rischio e abnegazione. Per quanto mi riguarda è anche un mestiere dove conta tantissimo l’intuito, la rapidità nel decidere, un mestiere di pancia e non di scienza». Duccio Corsini
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embra una storia di altri tempi ma in realtà è una delle avventure più belle che può raccontare il vino italiano. La storia dei Corsini è molto antica: giunsero a Firenze alla fine del 1100, prima furono commercianti e poi banchieri, imboccando spesso anche la carriera politica e religiosa. Tra gli avi, Filippo e Bartolomeo Corsini nel Cinquecento aprirono un banco a Londra e organizzarono un servizio postale privato in grado di recapitare le lettere a Firenze in meno di tre giorni. A loro si deve la costruzione dell’enorme patrimonio immobiliare e fondiario della famiglia. Furono tra l’altro gli artefici del Palazzo Corsini sul Lungarno realizzato
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nello stile oggi definito Barocco fiorentino, che conserva una collezione d’arte d’importanza mondiale. Sin dal 1427 – spiega Duccio Corsini, figlio di Filippo, attuale Principe di Sismano – si produceva buon vino e ottimo olio nella Villa alle Corti a San Casciano in Val di Pesa. Ma era destinato all’autoconsumo e al massimo raggiungeva il mercato di Firenze. Nel 1992 decisi che l’agricoltura doveva divenire la mia vita. Chi sceglie l’agricoltura abbraccia la carriera del frate, non del prete. Si prepara ad affrontare un esercizio di pazienza giornaliero. Studia molto e decide di slancio, meditando fino al momento di affidar-
si all’intuito». Un ottimo intuito fu quello di affidarsi fin dal principio all’enologo Carlo Ferrini, oggi uno dei più importanti wine-maker del mondo. Con Ferrini furono fatte le scelte giuste in campo agronomico e individuata la “mission” che dovevano avere i vini della Fattoria Le Corti, nel Chianti Classico, e della tenuta La Marsiliana, nella Maremma grossetana. Un filo che unisce ai due capi il gusto e il territorio, creando in Chianti, come in Maremma, vini immediatamente riconoscibili, segnati dal luogo e dalla mano. Esclusivamente vini rossi eleganti, “dove la raffinatezza – spiega Duccio – vince sull’eccesso di struttura, capaci di sedurre in maniera indiretta, come un paesaggio, un incontro tra due persone che usano tutte le sfumature del linguaggio. Vini che invitano alla buona tavola, alla compagnia”. Un obiettivo che si allinea con la scelta di non moltiplicare le etichette, puntando al contrario su un numero limitato di vini: Chianti Classico Docg e Vin Santo. Tra le colline del Chianti Classico, a un quarto d’ora dal centro di Firenze, si trova la Fattoria Le Corti, che si estende su una superficie di 256 ettari, 49 dei quali occupati dal vigneto; mentre sono 73 gli ettari dedicati alla coltivazione biologica degli olivi. È una tra le più belle e imponenti tenute della Toscana, ornata da un giardino all'italiana che si affaccia sulla Val di Pesa. Nelle grandi sale, che furono realizzate al di sotto del giardino, isolandole dal terreno con un vero e proprio tetto di coppi che converge in un canale centrale di gronda, si trovano le cantine seicentesche per la lavorazione e l’affinamento del Chianti Classico, oltre al frantoio e all’orciaia, forse la più grande e antica del Chianti. In corrispondenza delle cantine si apre l’enoteca, con altissimi soffitti, a contatto visivo con i tini e le botti. Qui si possono acquistare e degustare i vini Principe Corsini e pranzare con un menu tradizionale toscano che utilizza prodotti dell’orto e selvaggina della riserva di caccia della Tenuta Marsiliana. Le Corti offrono anche un’eccellente ospitalità: due case coloniche – Le Gugliaie e Lo Sperone – situate tra i vigneti e gli uliveti, dove è immediato il contatto diretto e totale con la campagna. Presso la Fattoria ogni anno a maggio si svolge “Alla Corte del Vino”, una mostra-mercato dove si degusta e acquista il meglio della produzione toscana. La seconda “anima” di Principe Corsini è Tenuta Marsiliana, in piena Maremma grossetana, nel comune di Manciano. È una struttura di enormi dimensioni, oltre 8000 ettari, che rinasce nel 1997 con l’obiettivo di produrre un grande vino, nobile blend bordolese fatto di sette vitigni, in cui la parte del leone spetta a Cabernet Sauvignon (60%) e a Merlot (30%). Tutti i Corsini trascorrono a Tenuta Marsiliana almeno un periodo dell’anno, facendo sì che questo splendido luogo non sia una mera dimora storica, ma una sontuosa residenza vissuta e resa vitale da una famiglia molto unita, raffinata, socievole e ospitale. 쐽
Marsiliana Maremma Toscana IGT
Don Tommaso 2005 Chianti Classico Docg
14% VOL – € 26
14% VOL – € 24
Conservazione: oltre 5 anni Calice: ballon Uve: Cabernet Sauvignon e Merlot Servizio: 18°C
Conservazione: oltre 5 anni Calice: ballon Uve: Sangiovese 85% e Merlot 15% Servizio: 18°C
Nobile
taglio bordolese, cioè frutto dei due vitigni più importanti di Bordeaux: Cabernet Sauvignon e Merlot, che matura per ben 18 mesi in botti nuove di rovere francese. Il colore non può essere che quello di una grande riserva: granato con bei riflessi splendenti. Al naso è un tripudio di sensazioni eleganti di frutta matura e spezie deliziose, come vaniglia e pepe nero; con una nota minerale marcata. Gran piacere al palato, tra tannini setosi e morbide sensazioni di cacao amaro e liquerizia.
Evolve lentamente per quindici mesi in piccoli carati di rovere francese. Rosso rubino intenso e compatto, empie il calice e rilascia un ricco bouquet di frutti rossi: visciola, prugna e ciliegia nera, corredati da un tappeto di fiori rossi appassiti, concludendo con toni finali speziati di pepe nero. In bocca è avvolgente, caldo e morbido, equilibrato da una freschezza in bella evidenza e tannini decisi ma ben integrati. Un gran vino, degno di 91/100 punti da parte della rivista americana Wine Spectator.
Abbinamenti: con crostoni di fegatini e cinghiale in salmì.
Abbinamento: con fiorentina o tagliata di chianina.
La Buona Cucina Italiana
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After Dinner
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GRANDE SUCCESSO!
a cura di Guido Montaldo
IN EDICOLA A SOLO 1 EURO
>A sinistra, la veranda; al centro, lo chef Pier
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Giorgio Parini al lavoro; a ds,
GRAPPA
Frì, lo spirito libero del Friuli E l’ultima nata in casa Caffo ed è già pluripremiata: un linea di pregiati distillati in cui la tradizione dell’azienda calabrese si sposa con le vinacce dei migliori vitigni friulani
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affo, azienda calabrese di mastri distillatori da quattro generazioni, è la prima e unica realtà del Sud a gestire una distilleria anche al nord, la friulia di Passons Pasian di Prato (Ud). Una scelta curiosa, se si pensa che il friuli è tra le regioni maggiormente specializzate nella produzione della nostra acquavite di bandiera. Caffo ha una filososfia che è quella di interpretare al meglio le materie prime dello specifico territorio valorizzandole e lavorandole nell’area di produzione. “La filosofia dei nostri prodotti è la stessa da oltre un secolo - spiega Sebastiano Giovanni Caffo, titolare del Gruppo e presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Vibo Valentia - per l’elaborazione di prodotti unici ed inimitabili, lavoriamo direttamente ogni ingrediente: dalle erbe officinali che compongono gli infusi per il famoso Vecchio Amaro del Capo, alla vera liquirizia calabrese lavorata con procedimenti esclusivi per l’ottenimento di Liquorice. e anche la grappa richiede questa attenzione”. “Distilleria friulia - spiega Stefano Durbino, responsabile della distilleria e mastro distillatore - ha un rapporto privilegiato con pregiate cantine friulane e venete, per il conferimento di vinacce di alta qualità, che vengono elaborate tramite un’originale tecnica di trasformazione: il metodo fogolar”.
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Con questa filosofia della qualità, l’ultima novità è la linea: frì “spirito libero”, una collezione di grappe monovitigno prodotte con vinacce di tradizionali vitigni friulani come Cabernet, Chardonnay, refosco, Pinot Grigio e Merlot e veneti come Durella e Garganega. Distillati pluripremiati, come dimostrano i riconoscimenti: Medaglia d’Oro al Grappa frì monovitigno Cabernet assegnata dal 3° Concorso internazionale Acquaviti d’Oro di termeno (2008). Medaglia d’Oro a Grappa frì Merlot , Grappa frì Cabernet e Grappa frì Pinot Grigio dal 26° Concorso nazionale Grappe - Premio Alambicco d’Oro. Caffo firma anche il progetto “Grappe autoctone calabresi”. La maggior parte delle vinacce calabresi viene distillata da Caffo, che possiede l’unico impianto autorizzato in Calabria. Oltre alla Grappa Caffo, sta producendo grappe per conto delle cantine calabresi. Con le vinacce del Mantonico prodotte da Cantina Statti, sarà prodotta la prima grappa Lamezia Doc, costituita dal blend di vinacce Malvasia, Mantonico, Gaglioppo e Greco. Distilleria Caffo produce e distribuisce in tutta italia la Grappa di Greco, raffinata quintessenza di uno 쐽 dei vitigni autoctoni più antichi della Calabria.
Diretto da
NON SOLO GOSSIP. CURIOSI DI TUTTO
Dario Tiengo
— D E G U S TA Z I O N I
2009 Un’ottima annata Per cominciare bene, brindiamo con il meglio che c’è sul mercato. Privilegiate naturalmente i tesori nazionali, ma vi concediamo di sbirciare appena Oltralpe, in Francia... Wine Tasting GUIDO MONTALDO
Con Viva la prugna è facile vivere nel segno della naturalità e del gusto: le migliori prugne, naturalmente ricche di fibre e senza conservanti. Così ogni giorno ti ricarichi e prendi la vita con più allegria! Degustazione effettuata nei mesi di ottobre e novembre dall’inviato di Buona Cucina
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www.noberasco.it
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“et pero’ credo che molta felicita’ sia agli homini che nascono Villa Rizzardi 2003 Amarone – 15,5% VOL – € 35; guerrieririzzardi.it
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Unico al mondo (con lo Sforzato di Valtellina) secco da uve passite, ottimo compagno dell’inverno. Da centellinare. Sulla tavola accompagna cibi reali: stufati, cacciagione, formaggi stagionati. Le uve provengono dal cru Pojega, che delimita a sud-ovest Villa Rizzardi e il suo giardino, dove il terreno è bruno e rossastro, con forte presenza di argilla su roccia calcarea. Rosso rubino con sfumature scure, profumi di frutta rossa: ciliegia, amarena e visciola, in bocca è setoso con tannini gentili, lunghissimo il finale di liquirizia. Con stufato d’asino e polenta taragna.
Lus Monferrato 2006 Rosso DOC – 13,5% VOL – € 15; castellobanfi.it
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Il vitigno Albarossa è un incrocio ottenuto oltre 50 anni fa dal prof. G. Dalmasso cercando di esaltare le migliori caratteristiche tra il Nebbiolo e il Barbera di Langa. Vigne Regali propone oggi un vino colore rosso rubino, molto intenso e profondo. Al naso è fresco, fruttato e complesso. Evidente la presenza di piccoli frutti rossi, ciliegia e confettura di prugna. I sentori di legno si rivelano in modo discreto e pulito, con delicate note di vaniglia e liquirizia. Al palato è vellutato, pieno ed armonico, grazie ai morbidi tannini. Un vino da merende: pane, salame, michetta, poi se si vuole, accompagna bene una pastasciutta al ragù di carne.
Quando gli uomini bevono, allora sono ricchi e fortunati e vincono le cause in tribunale e sono felici e aiutano gli amici (Aristofane)
Lodola Nuova 2006 Syrah Cortona Doc – 14,5% VOL – € 15; ruffino.it
G. Segantini Autoritratto a vent’anni (1879-1880)
06 Lodola Nuova è uno dei gioielli dei tenimenti Ruffino.La tenuta produce tre vini di grande carattere. Un vino affascinante il Syrah, “nato sotto il sole toscano – spiega Carlo Ferrini che l’ha concepito - peculiarità del terroir di Cortona. Le stesse caratteristiche pedoclimatiche, delle aree settentrionali del Rodano dove nascono i più celebrati Syrah”, che permettono a questo vino, potente e muscolare, di garantire anche eleganza, finezza e lunghezza. Un vino che unisce grazia e vellutatezza, profondità e complessità aromatica. Inimitabile abbinamento con la fiorentina.
Rìbula Ribolla Gialla Spumante Brut – 12% VOL – € 11; contedattimismaniago.it
08 Originalissima versione spumante di un antico e nobile vitigno autoctono friulano: la Ribolla Gialla, spumantizzato con il metodo martinotti o charmat (rifermentazione in autoclave). Rìbula è una creazione dell’azienda Conte D’Attimis di Maniago, vignaioli dal 1529, prodotta nei vigneti di Buttrio (UD) nel cuore dei Colli Orientali del Friuli. Un vino fresco e piacevole dal colore giallo paglierino, al naso offe sentori che ricordano i fiori; in bocca è secco, con un retrogusto che rimanda alla fragranza della crosta di pane. Ideale con crostacei e frutti di mare.
Cantina La Vis via Carmine, 7 - 38015 Lavis (TN) www.la-vis.com cantina@la-vis.com
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Ethica S.p.a. - Gruppo La-Vis www.ethica.biz info@ethica.biz La Buona Cucina Italiana
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dove si trovano i vini buoni” (Leonardo da Vinci) Lodai Igt Toscana Sangiovese 50%, Cabernet Sauvignon 40%, Merlot 10% – 12% VOL – € 14; meregalli.com
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Vino rosso toscano, prodotto nella zona emergente di Gavorrano, nella Maremma grossetana, d’estrema piacevolezza. Sprigiona appena aperto un fruttato di lamponi e more, che piacevolmente ritorna al gusto, lasciando sensazioni di dolcezza vinosa. È logico diventi un buon compagno a tavola, con antipasti come finocchiona o salame di cinghiale, con primi al tartufo o con carni non impegnative, come faraona, coniglio alla cacciatora. Insomma un trionfo a tavola!
Picolit Docg 2006 Picolit – 13% VOL – € 30; laroncaia.com
06 Il Picolit è un vino dolce, meravigliosa espressione dei Colli Orientali del Friuli, ottenuto da un vitigno che a causa di un aborto floreale spontaneo, produce pochi e sgranati preziosi grappoli. L’abilità dei vignaioli del piccolo borgo friulano di Attimis, ai confini con la Slovenia, riesce a dare un capolavoro enologico come questo. Intensi aromi di albicocca passa e miele. In bocca continua il tripudio di setosa dolcezza. Irripetibile con una torta gubana (dolce friulano).
Paul Clouet Champagne rosè 75% di Pinot noir, 12% di Bouzy Rouge e 25% di Chardonnay – 13% VOL – € 40; meregalli.it
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Emerge come testimonial di tendenza nel mondo “en rose” del vino, il Brut Rosè. Rosa tenue, candido, profondo e brillante. Originale , fresco e vibrante, al naso emergono i dolci profumi, evocanti lo squisito sapore della fragolina di bosco, la finezza del lampone, la tenacità del ribes nero. È uno Champagne rotondo e di grande finezza, con buona potenza. Irrinunciabile con un salmone in crosta.
Classese Millesimato Brut 2003 Pinot Nero al 80% e Chardonnay – 12,5% VOL – € 25
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L’Oltrepò pavese può fregiare i suoi vini metodo classico con la Denominazione di origine controllata e garantita. Un doveroso traguardo per nobili bollicine che fermentano, come in questo caso, sulle fecce per un minimo 36 mesi. Accoglie lo sguardo una spuma cremosa e un perlage interminabile. Profumi in evoluzione che vanno dai fiori dolci di acacia alla nespola e mela golden; poi frutta matura come pesca gialla ed esotica, sempre ricorrenti i tipici sentori crosta di pane. Con risotto al tartufo bianco e scaglie di provolone.
Grand Tour A.O.C 1er cru Brut
genuine espressioni di un territorio altamente vocato
Champagne - 60% Chardonnay Côte des Blancs e 40% Pinot Noir Grande Montagne – 12% VOL – € 45
08 Riposa almeno 3 anni in bottiglia sulle pupitre, dalle bollicine delicate e persistenti, ha un bouquet molto discreto, alterna profumi di fiori bianchi e di pera. In bocca è rotondo e lungo di grande consistenza. La presenza dominante dello Chardonnay dona piacevole freschezza che bilancia il basso livello di zucchero. Apprezzabile con un fritto di paranza.
Campodipietra Manzoni bianco 2007 Igt Uve: Incrocio Manzoni 6.0.13 – 12,5% VOL – € 8; vignadogarina.com
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Vigna Dogarina è un esteso vigneto, perfettamente “pettinato”, curato come un giardino, che circonda una moderna e ospitale cantina. Tra i tanti ottimi vini del Piave questo bianco suadente è un vino “vulcanico”, che racconta la quintessenza dei terreni dove nasce: qualità, profumi e sapori memorabili. Molto minerale, con ottimi fruttati riconoscibili al palato: pera kaiser, mela renetta, pesca noce. Sarebbe un peccato non abbinarlo ad una fonduta di fontina o altro formaggio aromatico. 쐽
Cantina La Vis via Carmine, 7 - 38015 Lavis (TN) 5 La Buona Cucina Italiana www.la-vis.com cantina@la-vis.com
Ethica S.p.a. - Gruppo La-Vis www.ethica.biz info@ethica.biz
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