marzo 2011 InternI
64 / insight inprofile
In alto, Pocket landscaPe, PezzI artIstIcI In edIzIone lImItata dIsegnata con crIstIano Urban Per De Castelli: strUttUre, contenItorI e oggettI Per coltIvare PIccolI gIardInI. (foto santI caleca) accanto, dIsegnI Per la mostra Pocket landscaPe, allestIta alla gallerIa antonIa Jannone dI mIlano, aPrIle 2009.
InternI marzo 2011
insight inprofile / 65
disegnare Per Produrre vitalità, Per umanizzare gli ambienti e le cose, Per creare sPazi che favoriscano lo scambio e mettano in relazione le Persone. così aldo cibic sPiega il senso del suo lavoro di Cristina Morozzi
soPra, Un rItratto dI aldo cIbIc. sotto, collezIone serIale rIvIera dI contenItorI In ferro Per PIante, creatI assIeme a crIstIano Urban Per De Castelli. (foto alberto ParIse)
È
nato nel 1955, il 6 ottobre, lo stesso giorno di Le Corbusier e ci tiene a dirlo. Ha già i fili bianchi nei capelli diradati, ma di un ragazzo ha gli entusiasmi e l’incoscienza, cioè quell’attitudine generosa a buttarsi a capofitto in progetti utopici con i quali vorrebbe non certo cambiare il mondo, ma almeno il metodo del design e dell’architettura, spostando l’attenzione dal mercato ai reali bisogni della gente. Vive a Vicenza, la sua terra d’origine, e ha lo studio a Milano dove lavorano una ventina di collaboratori. Quasi tutte le sere, quando non è in giro per il mondo, torna a casa per stare con la moglie e il figlio.
Progetti di riconciliazione di xxxxxxxxxxxxx La fatica sembra non pesargli e trova il tempo progetto per foto di xxxxxxxxxxxxx ricordarsi degli amici. Conosce tutti quelli che testo di xxxxxxxxxxxxx contano nel mondo del design, ed è cordiale anche con quelli che non contano. È prodigo del suo tempo. Ama trascorrerlo in chiacchiere per raccontare visioni e ambizioni. Per rammentare i progetti rimasti nel cassetto e quelli che si sono arenati, quasi volesse chiedere conferma della bontà delle sue idee, che sempre sono sincere e mai opportuniste. Confida i suoi sbagli e non è reticente sul prezzo che ha pagato per i suoi entusiasmi, ma confessa di non aver rimpianti. “Forse”, dice, “ho nostalgia dei miti stupidi, quelli che servono da guida e che spianano la strada, perché è difficile camminare da soli. Nella nebbia, se ti accodi, è più facile viaggiare. Anche se è faticoso bisogna credere nelle intuizioni e andare fuori tracciato”. È fiero di Rethinking happiness - Nuove realtà per nuovi modi di vivere, la sua installazione alla Biennale di Architettura di Venezia del 2010: miniature di un futuro possibile con figurine, immaginate per luoghi reali, che avevano l’incanto dei presepi, realizzate assieme al suo gruppo di lavoro con la minuzia dei modellisti, per raccontare, anche ai bambini, che è possibile realizzare dei “luoghi legati al senso di comunità... dei bei posti”.
marzo 2011 InternI
66 / insight inprofile
dall’alto In senso orarIo: tavolo alberobello realIzzato da Morelato. donazIone al mUseo maam della fondazIone aldo morelato. foxy, caraffa Per Paola C. In vetro soffIato con bocca stretta Per non far scendere Il ghIaccIo. tavolo della serIe le brIccole Per riva 1920, creato rIUtIlIzzando le brIccole venezIane.
InstallazIone irregolare eccezionale, realIzzata Per la rassegna MarMoMaCC dI verona nel 2010.
“Un bel posto”, scrive nel sorridente libretto/ catalogo, pubblicato da Corraini, “ è una situazione in cui la qualità estetica risiede nella ricerca di un’armonia che è data dalla soddisfazione di aspettative, sia quelle prevedibili, che quelle straordinarie, che generano l’anima del luogo”. Con efficacia, grazie ad un linguaggio da fiction, ha rappresentato un sogno attuabile. E sta facendo proseliti. In Cina ci sono già dei giovani che vogliono realizzare gli orti urbani. Mentre H-Farm, l’incubator fondato da Riccardo Donadon, vorrebbe mettere in piedi a Quarto d’Altino il progetto di campus pensato per la laguna veneta. L’ordine degli architetti di Berlino l’ha chiamato a parlare d’utopia. E ha raccontato Rethinking Happiness anche in radio, il 20 dicembre 2010 nel programma L’anno della marmotta. “In un mondo massacrato dal comunicare per comunicare”, prosegue Aldo, “bisogna rimettersi assieme e guardare avanti. Il quotidiano è fatto anche di progetti dignitosi d’interni e di architettura, ma non riesco a dare senso al mio lavoro se non parto dall’innovazione sociale. Oggi bisogna essere molto più informati e usare le informazioni per
produrre bellezza da condividere”. Rethinking Happiness è il felice approdo di un percorso iniziato nel 1997 con Family Business, un’idea realizzata assieme agli studenti della Domus Academy di Milano, e proseguito per tappe successive: nel 2002 con New Stories New Design, un progetto per inventare storie capaci di contestualizzare prodotti e servizi; nel 2004 con Microrealities, ovvero tante piccole storie messe assieme per determinare l’identità di uno spazio; nel 2005 con A perfect weekend, ovvero come il design possa avere un impatto sociale, modificando abitudini e comportamenti; nel 2007 con Vista con camera, il ribaltamento del rapporto tra interni ed esterni; infine nel 2009 con More with Less. La sua storia professionale è iniziata con un incontro fortunato: con Ettore Sottsass, quando aveva solo 22 anni. “È stata”, ricorda, “un’occasione più grande di me, della quale, non senza ansie, paure e incoscienza, ho approfittato con la speranza di riuscire nel tempo ad esserne all’altezza”.
lamPada cocò In vetro soffIato Per FosCarini, e PaPer boat, vassoIo In accIaIo a forma dI barchetta Per Paola C.. sotto, Panchetta della serIe not For sale, desIgn dI rIcerca, 2001.
InternI marzo 2011
aldo cibic / 67
Progetto More with less. enjoy life in a changing world dI cIbIc&Partners e cIbIcworkshoP Per H 16, mIlano, aPrIle 2009. InsedIamento tIPo dI 15 cellUle abItatIve dI 16 mq, IndIsPensabIlI ed ecosostenIbIlI. In alto a sInIstra, Il modello gelsomIno, cIclamIno, glIcIne, gIrasole, mImosa e narcIso. soPra, Una vedUta esterna dell’InstallazIone con ortI UrbanI realIzzata a sUPerstUdIo 13. accanto, l’Interno dI Una cellUla abItatIva del Progetto More with less. enjoy life in a changing world.
marzo 2011 InternI
68 / insight inprofile
soPra, sUPerbazaar (dal Progetto rethinking haPPiness, 12ma bIennale archItettUra dI venezIa), Un lUogo dove vIvere, IncontrarsI, vendere e scambIare. (foto matteo cIbIc) sotto, scorcIo del PlastIco rethinking haPPiness - fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, nUove realtà Per nUovI modI dI vIvere alla 12ma bIennale archItettUra dI venezIa, 2010. Il Progetto comPrendeva qUattro sItUazIonI: ‘nUove comUnItà, nUove PolarItà’, ‘Un camPUs tra I camPI’, ‘UrbanIsmo rUrale’ e ‘sUPerbazaar’. dI aldo cIbIc con chUck felton, tommaso corà, lUIgI fUmagallI, sUsanna chae, darIo fregUIa, sIlvIa conz, andra argentIerI, carolIna chInI, caterIna rosa, danIela ventUra, franco bosIa.
Memphis è stata per lui un’esperienza decisiva, ma il suo linguaggio, anche se rifletteva in gran parte quello di Sottsass, non corrispondeva a quello di rottura di questo movimento. Anche allora il suo progetto era più orientato verso un’idea d’equilibrio e d’armonia, verso una maggior umanità. Da questa lezione ha ereditato il vizio di progettare per realizzare utopie, piuttosto che per ragioni commerciali, fedele al principio di compiacere non il mercato ma le sue visioni. Se gli si domanda quale dovrebbe essere la missione del design risponde: “spostare più lontano il punto chiesto dalla produzione, guardare la realtà per andare oltre, per rompere e ricomporrre”. Parlando di spazi, dice che progetta per addomesticarli. “Disegno sempre spazi non conclusi per favorire un’appropriazione personalizzata e cerco di produrre sensazioni ed effetti che stimolino le contaminazioni”. E gli oggetti? “Disegno le forme”, risponde, “in modo che sembrino consuete, che non sorprendano, ma che invitino a
farsi riconoscere, come se già ci fossero da tempo, poi le rendo inconsuete, utilizzando materiali innovativi”. Il suo grande rammarico è che la collezione Standard non abbia funzionato. “Alla fine degli anni Ottanta”, ricorda, “terminata l’esperienza Memphis, ho ricominciato da solo. La prima idea è stata quella di realizzare qualcosa che in fondo era il contrario di Memphis: non oggetti unici, fortemente caratterizzati, ma una famiglia d’arredi e accessori di qualità per la vita di tutti i giorni, degli oggetti normali con brio”. Il simbolo era un omino sorridente, disegnato dall’amico Javier Mariscal. Il punto di partenza della collezione era la definizione di uno standard di benessere personale, perché la qualità del vivere quotidiano è fatta non solo di cose materiali. Comprende ricordi, idee, abitudini, comportamenti ed ha a che fare con il modo in cui si fanno le cose, o meglio con il tempo che ci si prende per fare le cose. “L’operazione”, prosegue, “aveva una
InternI marzo 2011
aldo cibic / 69
soPra, rethinking haPPiness: dUe ImmagInI dI hoUse boat hotel, dal Progetto ‘Un camPUs tra I camPI’. da rethinking haPPiness: accanto, Progetto ‘nUove comUnItà, nUove PolarItà’; sotto, dettaglIo del Progetto ‘UrbanIsmo rUrale’. tUttI I modellI sono statI realIzzatI da ‘models by 1 a 100’.
sua verità e giustezza, ma aveva il peccato originale di essere stata pensata indipendentemente da una struttura commerciale. L’esperienza mi è servita ad imparare che le idee vanno tenute a bagnomaria”. Da allora il suo studio si è ingrandito e strutturato per affrontare importanti progetti d’architettura, come la catena dei Medusa Multisala, i fast food Autogrill, i grandi magazzini Selfridges a Manchester e Birmingham, il Corso Como Hotel a Milano, l’aeroporto Valerio Catullo di Verona e la nuova sede della casa editrice Abitare Segesta a Milano, gli allestimenti per la Rinascente di Milano, una serie di lavori in Cina (tra cui un villaggio fuori Pechino in fase d’attuazione), il progetto Città, Architettura e Società per la Biennale di Architettura di Venezia del 2006. Ma continua a disegnare per produrre vitalità, per far germogliare semi che favoriscano lo scambio, per creare spazi che mettano in relazione le persone, risvegliando i loro sensi sopiti, per migliorare ammorbidire e umanizzare gli ambienti e le cose. E
per fare questo si dispone all’ascolto, soprattutto dei giovani. I suoi progetti più veri e vitali nascono assieme agli studenti che, parlando, liberano idee anticonvenzionali. Di lui raccontano i lavori fatti con gli studenti che, democraticamente, propone come di gruppo, attento a non dimenticare i nomi di quei giovani che con le loro inquietudini e solitudini l’hanno stimolato ad inventare qualcosa di diverso dalle merci correnti. L’insieme dei suoi progetti appartiene ad una disposizione, definibile di ‘riconciliazione’ con le cose, le persone e i valori del passato, intesi come ritorno all’origine, per dare più senso e calore al presente e maggior speranza per il futuro. Da questa voglia di comporre le contraddizioni, di smussare gli angoli, sia in senso teorico, sia pratico, nascono anche i progetti che lui stesso definisce non riusciti. Il pensare che il prodotto sia valido, se le intenzioni del progetto sono buone, è la felice ingenuità che rende accettabili anche i suoi errori.