VI PREMIO GIUSEPPE NARDINI 2017 Anno 2017 Numero Unico Copia omaggio Forte dei Marmi
IN CAMMINO
PREMIO GIUSEPPE NARDINI
Bellezza, Eleganza, Passione! “Bacci Profumerie” nasce a Forte dei Marmi nel 1996 grazie alle incredibili doti manageriali di Silvia Bonugli ed alla sua spiccata sensibilità verso l’universo femminile che, proprio nella nuova profumeria di Via Barsanti, ha proposto da subito e tutt’oggi, l’assortimento più completo abbinato alla professionalità del suo Staff in un ambiente raffinato ed elegante. “Bacci Profumerie” raccoglie ed offre alla sua Clientela maison prestigiose ed oltre 30 brand internazionali. Una profumeria selettiva dove la cosmesi d’eccellenza propone trattamenti per il corpo e per il viso. Da “Bacci” tutti i profumi da uomo e da donna e tutto per il make-up.
“Bacci Profumerie” Vi aspetta a Forte dei Marmi nel cuore della Versilia. Tutti i giorni, dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.30 alle ore 19.45 in Via Eugenio Barsanti, 15 Telefono: 0584 - 82273
IN CAMMINO
VI PREMIO GIUSEPPE NARDINI 2017
Ringraziamenti
Siamo giunti alle sesta edizione del Premio Nardini, e anche quest’anno “si corre” perché tutto funzioni per il meglio e sia pronto per il 16 di luglio. Chiama i Comuni, manda gli inviti, stampa le locandine, chiudi la rivista, che ogni volta che la leggi cambieresti qualcosa….. Nato inizialmente per ricordare “Beppe” (Giuseppe Nardini) e la sua idea di promozione del territorio, il Premio Nardini è oramai divenuto un appuntamento sempre più importante ed impegnativo, che coinvolge diversi Enti e realtà del territorio. Siamo partiti in “tre gatti” nel 2012, con coloro che hanno creduto fin da subito in questo progetto, la famiglia Nardini, il Parco delle Alpi Apuane ed il Comune di Forte dei Marmi, colonne portanti a supporto per la buona riuscita dell’evento, la Contrada il Ponte e Franco Dazzi che ogni anno nel mese di agosto riunisce i circoli velici della Versilia per organizzare, con dedizione ed efficienza, la regata velica nel lago di Gramolazzo intitolata a Giuseppe. L’impegno è tanto, così come le difficoltà, tuttavia ampiamente compensate da una passione che spinge a dare sempre il meglio e la bontà degli obiettivi ed il confronto sincero, hanno permesso di superare qualsiasi incomprensione. Sono nate nuove collaborazioni e nuove amicizie, tanto da far diventare il Premio un’occasione di condivisione e di ritrovo per persone anche molto diverse tra loro. Ogni edizione infatti si è aggiunto qualcuno di nuovo, determinato “a dare una mano”, per il semplice piacere di ricordare Giuseppe in una piacevole giornata all’aria aperta. Ringraziamo innanzitutto gli amici del Bike UOEI di Pietrasanta, che oltre ad essere nostri compagni di pedalate nel week end, partecipano ogni anno ai percorsi Mountain Bike e Bici su strada, organizzate per quella giornata. Lo stesso si può dire per Non Solo Serchio Nordic Walking, nella persona di Alessandra Buscemi, che ha accolto fin dal primo anno la nostra proposta di collaborazione e che si distingue per la sua disponibilità e professionalità, organizzando minuziosamente la camminata “con i bastoncini”. Ringraziamo il CAI sez. di Forte dei Marmi sempre stato al nostro fianco con l’attività del trekking e un ringraziamento particolare va alla “new entry” Associazione Amici della Via Francigena di Pietrasanta, nella persona della “vulcanica” Daniela Bonuccelli che quest’anno è stata parte integrante del nostro programma per la capacità di organizzare camminate e di coinvolgere le persone. Infine, ringraziamo i Comuni che in questi anni hanno ospitato l’evento, tutti coloro che hanno partecipato e che parteciperanno, i nostri sponsor ed i sostenitori della rivista “dal mare alla montagna”. Anche per il 2017 ci ritroveremo in “una cara domenica di luglio” per passare insieme una piacevole giornata all’aria aperta, all’insegna dello sport e del divertimento.
Ciclistica Forte dei Marmi
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Con il Patrocinio di VI PREMIO GIUSEPPE NARDINI 2017
IN CAMMINO
COMUNE DI FORTE DEI MARMI
SOMMARIO 1
Michelangelo e Seravezza ..................................40
Ciclistica Forte dei Marmi ...................................... 4
Plinio Nomellini a Seravezza............................44
Intervista a Umberto Buratti Premiato 2017 ..................................................................... 8
SAV, Il Sentiero Alta Versilia..............................46
Ringraziamenti
....................................................................
Il Programma........................................................................10
Il futuro dei grani antichi.......................................51
La Bandiera Blu.................................................................15
Amici della Via Francigena Pietrasanta...............................................................................51
Il mare di Forte dei Marmi La spiaggia e la sicurezza in mare ............16
La Cappella: il bardiglio oltre la Pieve... .................................59
Dune di Forte dei Marmi Zona A.N.P.I.L.....................................................................22
Il Palio dei Micci ...............................................................72
Il Progetto MOVE UP ................................................26
Casa Colleoni ......................................................................77
Gruppi Di Cammino ...................................................28
Cronaca di una notte di fine agosto sul Monte Gabberi ....................85
La valle del Serra ............................................................35
Le storie di Milvio Mori...........................................90
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Numero Unico 6° PREMIO GIUSEPPE NARDINI 2017 Direttore responsabile: Dino Venè, Francesca Bonin Progetto grafico e impaginazione: Fiammetta Tongiani, Gabriele Moriconi, Editografica - Pietrasanta La presente pubblicazione, in distribuzione gratuita è stata stampata in 3000 copie in occasione del 6° Premio Giuseppe Nardini, 16 Luglio/20 Agosto 2017 Foto di copertina: Maurizio Stella
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COMUNE DI MINUCCIANO
In collaborazione con
Campagna di Informazione a cura dell’O.T.D. del Comune di Forte dei Marmi
dal 1924
Pizzeria “Da Valè” Piazza Giuseppe Garibaldi, 4 - Forte dei Marmi Tel. 0584 89361
Ciclistica Forte dei Marmi
CICLISTICA FORTE DEI MARMI La storia dell’associazione La storia dell’Associazione a.s.d. Ciclistica Forte dei Marmi nasce nel 2010, quando un gruppo di amici appassionati di ciclismo decisero di costituire un’associazione ciclistica nel comune di Forte dei Marmi. Fin da subito la scelta del nome trovò tutti d’accordo: sarebbe stata “Ciclistica Forte dei Marmi”, in ricordo, e in omaggio a quella formazione ciclistica che negli anni 70, 80 e 90 si era ricoperta di gloria vincendo tantissime corse sulle strade toscane. Ma oltre all’aspetto agonistico, quello che premeva era la promozione dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto urbano sano, sicuro e rispettoso dell’ambiente. Lo slogan “Una spiaggia due ruote”, coniato anni prima da un nostro concittadino, rappresentava a pieno la visione delle nostre idee e di come avremmo voluto il nostro territorio tanto da farlo divenire 4
parte integrante del nostro nome. Nacque dunque la “Ciclistica Forte dei Marmi, una spiaggia due ruote”, pronta a promuovere principi sani e amore per il nostro territorio, tant’è che il suo Statuto comincia proprio così: Punto 1. ”L’associazione ciclistica Forte dei Marmi una spiaggia due ruote, ha per finalità lo sviluppo e la diffusione del ciclismo attraverso la promozione e l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sano e sicuro, che assolve una funzione
essenziale nelle politiche di mobilità sostenibile urbana ed extraurbana”. Fin da subito l’associazione si è impegnata nella diffusione e nello sviluppo di attività sportive, nella promozione del turismo in bicicletta, favorendo la pratica del ciclismo individuale e collettivo mediante la fruizione di itinerari e circuiti di particolare interesse. La sua attività consiste nel l’organizzazione di gite turistiche, di eventi sportivi, naturalistici e di aggregazione sociale, sostenendo e stimolando gli enti pubblici preposti alla realizzazione di infrastrutture ciclabili protette e a manifestazioni che promuovano buone pratiche di sostenibilità e di sviluppo del territorio. Dopo l’organizzazione della “Festa della Bicicletta”, del ”Premio Torriani” per ben 3 edizioni, della “Granfondo delle Alpi Apuane” nell’anno 2012 e di varie ciclopedalate amatoriali, dal 2012 la Ciclistica Forte dei Marmi è impegnata nell’organizzazione del “Premio Nardini“,
Ciclistica Forte dei Marmi
un evento con cadenza annuale in ricordo di un amico concittadino che si è da sempre impegnato per la promozione del territorio Apuo - Versiliese in tutte le sue componenti. Sposando a pieno le sue idee, l’associazione, oltre a voler ricordare la persona di Giuseppe, ha promosso questa iniziativa perchè il maggior numero di persone possibile possa conoscere e rispettare il nostro meraviglioso territorio in maniera ecologica e sostenibile. L’associazione Ciclistica Forte dei Marmi è sempre pronta a partecipare e a dare sostegno a manifestazioni benefiche, tant’è che il ricavato delle sue iniziative viene devoluto in beneficienza. La donazione alle associazioni di assistenza pubblica di attrezzature sanitarie, è parte integrante dell’impegno nel sociale della Ciclistica Forte dei Marmi . Come nasce il “Premio Nardini” Giuseppe Nardini era il Presidente dell’Ente Parco delle Alpi Apuane, prematuramente scomparso quasi sei anni fa a causa di un fatale infarto.
Come ogni fortemarmino, anche “Beppe”, così chiamato da tutti, guardandosi alle spalle ammirava la bellezza delle nostre Alpi Apuane che, come una cornice, racchiudono e completano il nostro paesaggio in un unico insieme. Forse più di noi, Lui era riuscito a carpirne la intrisa bellezza. Non solo un magnifico profilo che si gode dalla nostra spiaggia, ma un mondo che vive all’interno di un area a molti sconosciuta; diversa, meno abituata a quel turismo che frequenta e stravolge l’aspetto del nostro paese, chiusa nei propri usi e costumi, ma ricca di storia e di fascino. Lui questo non solo lo aveva capito, ma a questo ha dedicato la sua vita professionale e privata. Infatti, il Parco delle Apuane deve il suo sviluppo a Giuseppe, al suo impegno, alla tenacia e alla volontà che ha espresso nel voler far conoscere la cultura del parco, dove per cultura si intende la vita quotidiana dei tanti paesi e borghi che lo compongono, dei suoi abitanti e delle loro tradizioni. “Umanamente il parco” questo era il
suo slogan e questo sarà per sempre il nostro. Giuseppe ci ha insegnato a voltarci, a guardare quello che fortunatamente abbiamo alle spalle, lui ci ha invitato a non limitarci a guardarne il profilo, ma a visitarne il suo interno, il suo cuore, come per esempio nel caso dell’ antro del Corchia. Si è inoltre impegnato a stimolare negli abitanti del parco, la consapevolezza che la loro stessa sopravvivenza era legata ad un’ apertura al turismo, un turismo educato ed ecosostenibile. Quello che ha fatto Giuseppe, è creare la cultura del Parco delle Apuane . Il suo impegno a far conoscere ed incontrare questi due mondi, il mare e la montagna, a lui così noti e cari, si è purtroppo interrotto quel 22 marzo, giorno della sua scomparsa. La nostra volontà è quella , per quanto umilmente capaci, di cercare di portare avanti i suoi intenti nel migliore dei modi. L’idea del Premio Nardini, nasce quindi, non solo per ricordare un caro amico, ma anche per dare continuità alle idee che aveva Giuseppe, da noi totalmente condivise. Descrizione del “Premio Nardini” Ogni anno il Consiglio direttivo della Ciclistica Forte dei Marmi, sceglie una data, solitamente nel mese di luglio ed una destinazione, un paese da promuovere e da far conoscere che sia all’interno del Parco Alpi Apuane. Le attività che si organizzano sono: Percorso bicicletta da corsa, Percorso Mountain Bike, Percorso trekking e percorso Nordic Walking, oltre a mettere a disposizione bus andata e ritorno per tutti coloro che non partecipano alle attività sportive. In quella giornata, oramai denominata “questa cara domenica di luglio”, idealmente, partendo dalla casa di Giuseppe a Forte dei Marmi in località Vaiana, ogni anno percorriamo con le nostre biciclette 5
Ciclistica Forte dei Marmi
da corsa ed insieme ad altre associazioni a noi gemellate, le strade che giornalmente Giuseppe faceva per raggiungere il suo adorato Parco delle Alpi Apuane. Contestualmente, partono i Mountainbikers ed i bus dei camminatori trekking e nordik walking che raggiungono la località montana scelta da cui parte ed arriva il loro percorso tra i boschi. Un po’ più tardi parte un altro bus che accompagna a destinazione tutti coloro che non partecipano alle attività sportive. Durante i percorsi, i partecipanti possono scoprire paesaggi a loro sconosciuti e di una bellezza straordinaria, che magari fino a quel momento non sapevano nemmeno che esistessero. Il Comune della località che ci ospita ci supporta nell’organizzazione della giornata, mettendo a disposizione tutto il necessario per un’adeguata accoglienza. Al loro arrivo, ciclisti e camminatori trovano acqua e docce per rinfrescarsi e per prepararsi alla premiazione e al pranzo. Infatti il programma giornaliero continua con la donazione della Bandiera Blu da parte del Comune di Forte dei Marmi al Sindaco del Comune che ci ospita, come simbolo di unione tra il mare e la monta6
gna. Dopo l’alza bandiera si procede alla premiazione (e da li il nome Premio Nardini) di un personaggio pubblico che nel proprio lavoro si impegna per promuovere la tutela dell’ambiente e la sostenibilità. Il Premio consiste in una targa donata dalla famiglia di Giuseppe Nardini e una pergamena in cui sono riportate le motivazioni del premio a quel personaggio. La manifestazione si conclude con un momento conviviale, il pranzo tutti insieme, momento in cui si possono scoprire e gustare prodotti tipici locali e si possono scoprire le tradizioni di quel territorio. Nel pomeriggio i partecipanti possono intrattenersi visitando il paese e a fine giornata dei bus riportano i partecipanti a Forte dei Marmi. Le edizioni passate del Premio Nardini La prima edizione del “Premio Nardini” si è svolta a Roggio, paesino nel Comune di Vagli di sotto ed ha avuto come premiato Michil Costa, albergatore e imprenditore altoatesino, ideatore della Maratona delle Dolomiti, che nella sua vita ha sempre creduto e promosso il rispetto per l’ambiente e il turismo sostenibile. La seconda edizione, svolta a Fornovola-
L’associazione Ciclistica Forte dei Marmi è sempre pronta a partecipare e a dare sostegno a manifestazioni benefiche, tant’è che il ricavato delle sue iniziative viene devoluto in beneficienza sco nel Comune di Fabbriche di Valico, ha premiato Mauro Rosi, vulcanologo di fama mondiale, fortemarmino di nascita, che ha dedicato la sua vita allo studio della geologia e delle strategie di prevenzione di catastrofi naturali. La terza edizione ha visto premiata Licia Colò, conduttrice televisiva, nel paesino di Careggine, per il suo impegno verso il rispetto degli animali e della natura in generale. La quarta edizione ha avuto come premiato Giobbe Covatta, comico televisivo e teatrale, nel paese di Barga, per il suo impegno nei paesi del terzo mondo e nella promozione della tutela ambientale. La quinta edizione ha premiato Tessa Gelisio, conduttrice televisiva, nel paesino di Levigliani nel Comune di Stazzema, per il suo impegno ed interesse in temi quali rispetto dell’ambiente marino e tutela degli ambienti naturali in tutto il mondo, soprattutto nei paesi più poveri.
Riccardo Tarabella
QUEGLI EROI SU DUE RUOTE, INFANGATI, SPORCHI E INDOMITI di Riccardo Tarabella La mia prima bicicletta fu una “Torpado”, ricordo di colore chiaro, che non pedalavo personalmente ma che pedalava mio padre mentre io, bello soddisfatto, me ne stavo comodo si fà per dire, sulla lunga canna grigia. Così venivo accompagnato tutte le mattine, per fortuna niente pulmini in quei tempi, alla mia piccola scuola che si trovava proprio in fondo ad un lunghissimo viale alberato in certi momenti dell’anno profumatissimo e colorato. Che ricordo e che velocità ! Che meraviglia e che bello vedere scorrere accanto a noi le persone che sorpassavi e quelle biciclette che più lente di noi, superavamo; Noi, io e mio padre, respiravamo felici mentre i nostri volti, uno sopra l’altro tesi alla corsa, spiavano l’arrivo, e già il traguardo: Lui al lavoro e io a scuola, andata e ritorno immancabilmente in bicicletta. Mi sentivo un privilegiato anche se le macchine c’erano eccome e ci rombavano accanto. Ma nei nostri cuori era la bicicletta il nostro amore preferito. Ancora oggi, e sono felice di scriverlo, ho impressa nella mente quella prima mia bicicletta che poi qualche anno dopo avrei conquistato come solo mia, pedalandola personalmente con il mio entusiasmo di corridore. Solo una nota: quella stessa bicicletta, qualche anno ancora più tardi, passò al mio fratello più piccolo Aldo che continuò a usarla per molto tempo contro di me sportivamente, sul percorso le Casine di Querceta, via Mordure, la Passerella, seguendo i fossi della Vaiana e volata finale in via XX settembre, la nostra pista di arrivo al Forte. Eh si, erano gli anni di Maspes e Gaiardoni, del periodo d’oro della pista e degli ori che piovevano sui nostri campioni e dei surplace in pista, interminabili che immancabilmente prima di scat-
tare, anche noi, effettuavamo per partire in posizione privilegiata. Ora, dopo tantissimi anni devo ammetterlo: “in quelle sfide correvo privilegiato”; la mia bicicletta, quella nuova si fa per dire, era “di nuova generazione”, aveva gli accessori, lucine comprese e una nutrita serie di corone, cambio campagnolo, udite udite, cambio campagnolo e nella mia fantasia era una bici imbattibile, acquistata dai miei genitori in un giorno fortunato per me, ovviamente, moderatamente usata, di un blu brillante ben visibile e dotata di una manubrio finalmente sportivo, dritto come un fuso, perpendicolare alle mie mani, dotato di pomelli neri contro l’antisdrucciolio delle mani sudate. Ero alla ricerca della bici che garantisse la velocità e l’avevo trovata. Una bella soddisfazione per i miei genitori che videro in me il massimo piacere e la piena soddisfazione di ricevere quel regalo che sicuramente costituì per l’economia di casa un bel sacrificio: ma io ero promosso a scuola e il premio forse era d’obbligo. Ci speravo, era appassionatamente innamorato delle corse. Io stavo e tifavo per Bartali e le trasmissioni radiofoniche che tutti i giorni durante il giro d’Italia sentivamo alla radio di casa parlavano di lui, e poi di Coppi, naturalmente, ma anche di Magni, di Poblet, di Koblet, di Robic detto testa di vetro, erano trasmissioni vive e vere che davano adrenalina, pareva di essere assieme ai corridori sulle loro bici, in quei polveroni epici. Ma io continuavo a stare per Bartali Gino, anche se ero impressionato da Fausto Coppi, un campionissimo e dal Leone Fiorenzo Magni. Viva Bartali, Coppi e Magni, viva le corse in bicicletta. Passione pura di ieri e che non ho ancora abbandonato. Oggi ho una Bianchi
celeste, la marca che fù di Coppi e che ancora oggi nel pedalarla dà il brivido dei tempi antichi anche se filo …… a 20 Km orari. Che conta più la velocità, oggi, se la velocità è nella tua mente che ti riporta a quegli eroi su due ruote, come te, infangati, sporchi, indomiti? Come potrei oggi non essere legato al mondo del Ciclismo e ai suoi miti. Dedico questo appassionato momento di ricordi personali a Fiorenzo Magni l’ultimo dei tre campionissimi indimenticabili e che ho personalmente conosciuto a Forte dei Marmi in occasione del Premio Vincenzo Torriani: “riuscì a rappresentarmi in quei pochi momenti di vicinanza tutto quello che avevo compreso da ragazzino e che mi aveva eternamente legato al mondo del ciclismo e appassionato: il gesto elegante, il rispetto e l’autorevolezza, insomma, la stoffa dell’uomo campione, l’esempio perenne.
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Umberto Buratti
INTERVISTA A UMBERTO BURATTI
Premiato 2017
Quest’anno il Premio Nardini va ad un personaggio particolare un amico di Beppe: Umberto Buratti. Che emozione è stata la notizia di questo riconoscimento? Il Premio Nardini a me suscita una serie di emozioni, i ricordi sono molti, sono i ricordi di un amico, di tante battaglie condivise. Ricordo in particolare il primo giorno non appena sono stato eletto Sindaco, il primo giorno l’ho passato quasi tutto con Giuseppe presso il comune di Stazzema perché parlavamo della società Antro del Corchia dove sono soci il Parco, il Comune di Stazzema ed il Comune di Forte dei Marmi. Con Giuseppe avevamo questo essere tutti e due cittadini di Forte dei Marmi e ci sentivamo proprio fortemarmini, lui per l’esattezza più “vaianotto” come diceva, amante della sua Vaiana e della contrada. Ma entrambi amanti anche 8
della montagna e del Parco delle Apuane, tant’è che fin da subito, quando io proposi di portare la bandiera blu sulle Apuane, sposò l’idea. La prima volta andammo all’Alpe della Grotta, ho ancora in mente quella giornata al rifugio con i colleghi sindaci e con lui come presidente del parco issammo questa bandiera blu. Ecco in questo c’era un po’ l’idea di Giuseppe di condividere mare e montagna, di portare avanti un progetto che vede, ed è così, natura l’una e natura l’altra, dove l’uomo interviene, ma deve anche cercare di conservarla, sapendo che ha in prestito la terra per poi consegnarla a chi verrà dopo di noi. Ecco questo era un po’ quel pensiero, quelle azioni che ho condiviso con Giuseppe. A lei possiamo chiederlo che uomo era Giuseppe Nardini? Un uomo che viveva delle passioni, degli amori, lo ha fatto con il Comune di Forte
dei Marmi, con il Parco delle Apuane, con la sua contrada tanto amata, con la sua famiglia. Aveva proprio questa sua carica particolare che sapeva anche trasmettere agli altri, ma credo che se ancora oggi di Giuseppe tanti amici, anche noi come amministrazione, come Comune di Forte dei Marmi, abbiamo condiviso con tanti amici questo premio e con la sua famiglia, è proprio perché sentiamo l’importanza di portare avanti queste idee, quei progetti, e quella passione e quell’amore che Giuseppe ha dimostrato ed ha praticato, perché non era solo declamare ma praticare, per il Parco delle Apuane e per l’ambiente di questo spettacolare territorio che è la Versilia, quella terra dalle Apuane al mare, a me piace anche aggiungere da Michelangelo a Puccini, che sa offrire delle emozioni particolari. In Beppe si ritrova anche quel carattere dei liguri-apuani che vedevano nelle Apuane
Umberto Buratti
delle divinità e queste divinità le dovevano proteggere e difendere, tant’è che i Romani per cercare di passare da questo nostro territorio sono stati costretti ad intervenire con diverse legioni e poi fare la prima deportazione in massa, ecco quel carattere di un uomo combattivo che difende questa terra e che difende questa nostra comunità è il tratto più significativo di Giuseppe Nardini. Un Premio da sempre legato all’impegno per l’ambiente qual è il suo? Fin dall’inizio l’impegno della mia amministrazione è stato quello di dedicarci e studiare quella problematica che è stata rappresentata dall’apertura di una discarica per il cemento amianto presso il Comune di Montignoso, la Cava Fornace, come amministrazione siamo stati l’unico comune ad opporci a quel progetto e poi a chiedere ad intervenire ed anche a sostenere il comitato che si opponeva a quel progetto. Come amministrazione abbiamo portato avanti, credo che sia anche questa una cosa concreta, tutto il progetto sulla raccolta differenziata, oggi il comune di Forte dei Marmi supera il 70% di raccolta differenziata. E poi ancora un altro progetto che ho condiviso con alcuni amici è stato quello di tenere a Forte dei Marmi un workshop sull’erosione costiera, ben tre anni, uno dopo l’altro, io mi auguro che si continui a mantenere questo appuntamento. Oggi possiamo dire che da quegli appuntamenti è emerso anche un’idea un progetto che la Regione ha fatto sua che è quella di pensare ad un ripascimento della costa attraverso il semplice trasporto della sabbia laddove si ac-
cumula in maniera eccessiva, penso a Viareggio, prenderla dove è un problema e trasferirla in una zona dove invece diventa una risorsa. La costa è risultato delle politiche, delle azioni che si svolgono nell’entroterra ad esempio pensiamo alle nostre Alpi Apuane c’è un abbandono oggi generalizzato non solo delle Apuane, degli Appennini, un po’ di tutti i territori interni. Quando l’anno scorso abbiamo celebrato il ventennale dell’alluvione del Cardoso il professor Franco Barberi, che era in quel periodo responsabile della protezione civile nazionale, ha evidenziato come il problema dopo 20 anni forse è aumentato, perché gli alberi di castagno sono ancora più grandi, le selve sono abbandonate e allora c’è bisogno di una manutenzione del territorio, se facciamo manutenzione del territorio, se rendiamo i corsi d’acqua in maniera da consentire il trasporto del materiale tramite i fiumi poi sulla costa allora riportiamo un equilibrio sul ripascimento costiero. Ecco anche questo è uno dei temi sui quali ci siamo confrontati è uno dei temi da portare avanti ed io mi auguro che al livello non solo del nostro comune ma di tutto il comprensorio versiliese attraverso anche le azioni dell’Unione dei Comuni si riesca a dare un contributo concreto in questa direzione che è quella della difesa dell’ambiente, della tutela che noi abbiamo cercato di portare avanti così come stava a cuore anche all’amico Beppe Nardini. Il legame tra mare e montagna diventa anche strumento di promozione turistica… Le nostre Apuane offrono molto dal pun-
to di vista anche turistico, nella giornata che si vive del Premio Nardini ci sono alcune persone, come anche la ciclistica di Forte dei Marmi, che raggiungono il luogo della premiazione in bicicletta, altri percorrendo i sentieri e quindi riportando l’attenzione dal punto di vista sportivo ma anche turistico perché è un ambiente unico, è un ambiente che è bello frequentare ma soprattutto studiare e conoscere. Dico anche studiare perché lì parla la storia, la storia di questi nostri borghi e da un punto di vista naturalistico e da un punto di vista sportivo. Io quando ero ancora minorenne, ho frequentato il primo corso di alpinismo della scuola Monte Forato, fu un’esperienza unica ma che ancora di più mi fece amare la montagna tanto che poi dopo quell’esperienza, ero già iscritto al CAI, i miei genitori mi avevano iscritto a 12 anni nel ‘72, feci la scelta anche di partecipare al corso per ufficiali degli alpini. Oggi noi diamo un’offerta turistica a tutti coloro che vengono nel nostro territorio, magari attratti inizialmente dal mare ma poi scoprono queste meravigliose Apuane che raggiungono i 2000 metri; lo si può fare in bicicletta, lo si può fare a piedi, ci si può arrampicare, ci sono tante vie, ci sono anche le ferrate, c’è quindi veramente tutto un mondo da scoprire. Un amico di Forte dei Marmi il professore e senatore Pietro Ichino, che tutti conosciamo come la figura del giuslavorista, ha scritto a suo tempo una guida sui percorsi delle Apuane da percorrere con, lui lo chiama il “rampichino”, con quella che è la bicicletta che ci consente di raggiungere i sentieri e ho scoperto quando me lo ha raccontato un aspetto di lui che non conoscevo. Anche lui, che ha casa a Forte dei Marmi, appena può prende la sua bici e va sulle Apuane. Ecco questo credo che sia anche dal Premio Nardini una proposta, un suggerimento un voler far conoscere questo bellissimo territorio anche facendo un po’ di sana attività sportiva. 9
territorio
PROGRAMMA
DOMENICA 16 LUGLIO
BICI DA STRADA E MOUNTAIN BIKE Ore 8.30 Partenza da Vaiana P.zza F.lli Meccheri TREKKING E GRUPPI DI CAMMINO Ore 7.00 Partenza dal Pontile di Tonfano oppure 9.00 da Piazza Carducci a Seravezza NORDIK WALKING Ore 9.00 Piazza Carducci a Seravezza PROGRAMMA DELLA CERIMONIA Ore 12.30 Cerimonia Bandiera Blu - Alzabandiera in località “La Cappella” Azzano di Seravezza Ore 13.00 Consegna Premio Giuseppe Nardini 2017 a Umberto Buratti Ore 13.30 Pranzo a buffet per i partecipanti iscritti Dalle ore 10.00 alle ore 16.00 visite guidate all’area archeomineraria della Cappella con possibilità di ammirare gli allievi scultori mentre lavorano il marmo.
DOMENICA 20 AGOSTO
Ore 10.30
Regata velica “Trofeo Parco delle Alpi Apuane” riservata alla classe Optimist in collaborazione con la Compagnia della Vela di Forte dei Marmi presso il lago di Gramolazzo nel comune di Minucciano
Al termine della regata premiazione e consegna del Trofeo Nardini al vincitore della categoria.
PUNTI RACCOLTA ISCRIZIONI (Obbligatoria) - Ufficio Informazioni Turistiche Comune di Forte dei Marmi - Bar da Pretino, Piazza F.lli Meccheri Località Vaiana, Forte dei Marmi - Pro Loco Seravezza, Via Del Greco 1, Seravezza
CONTRIBUTO DI PARTECIPAZIONE € 12,00 (comprensivo di buffet e visite guidate) Le iscrizioni chiuderanno il 12/07/2017 Sarà disponibile un servizio di navetta: da Seravezza (Palazzo Mediceo) a La Cappella ore 10,30 / 11,00 / 11,30 da La Cappella a Seravezza (Palazzo Mediceo) ore 15,00 / 15,30 / 16,00
https://www.facebook.com/dalmareallamontagnapremionardini
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Campagna di Informazione a cura dell’O.D.T. del Comune di Forte dei Marmi
territorio
PERCORSO BICI DA CORSA Partenza ore 8:30 da Vaiana Percorso: - Vaiana - Pietrasanta - Forte dei Marmi - Marina di Massa - Massa - Biancolino - Fortezza - Seravezza - Azzano - La Cappella
PERCORSO MOUNTAIN BIKE Partenza ore 8:30 da Vaiana Percorso: - Vaiana - Seravezza - Azzano - Madonna del Cavatore - La Cappella
GRUPPI DI CAMMINO TREKKING - NORDIC WALKING
Tonfano/Pietrasanta
Pietrasanta/Seravezza
Seravezza/La Cappella
Partenza ore 7:00 dal pontile di Tonfano e da Seravezza ore 9:00 Percorso: - Tonfano/Pietrasanta (5 km. su pista ciclabile) - Pietrasanta/Seravezza (5 km. su tratti della Via Francigena) - Seravezza/La Cappella (4 km. su Sentieri Alta Aersilia SAV 11
Trofeo Velico Alpi Apuane
IL CLUB VELICO
Il 20 Agosto 2017, a Gramolazzo in Garfagnana, si svolgerà il Trofeo Velico Alpi Apuane di Franco Dazzi
Saggezza in greco era sophia (filo-sofia è dunque l’amore per la saggezza) e aveva un significato molto pratico, riferito in origine alle arti che richiedono destrezza manuale, in particolare all’arte del timoniere. La saggezza del timoniere si manifesta nell’arte di compiere minimi aggiustamenti con la barra del timone, in accordo con le variazioni accidentali delle onde, del vento, del carico. (James Hillman “il codice dell’anima” 2013 – Gli Adelphi) Il 20 Agosto 2017, nel Lago di Gramolazzo, in Garfagnana, in occasione del Trofeo Velico Alpi Apuane avremo occasione di ricordare ancora una volta, Giuseppe Nardini, la cui prematura morte lasciò in tutti noi un profondo sconcerto; il Prof Garzetti ideatore di questa regata e Franco Bardi poeta, ma soprattutto amante della Vela. Tutti e tre questi personaggi condividevano l’amore per questo Ambiente e per questo splendido territorio. Con Giuseppe, ai nostri progetti di Educazione Ambientale, ai nostri programmi finalizzati alla custodia 12
ed alla tutela del meraviglioso territorio del Parco delle Alpi Apuane, venne a mancare un pilastro insostituibile. Con la sua calma e la sua pacata saggezza egli era un punto di riferimento sicuro: in ogni questione o discussione, sui temi della salvaguardia ambientale, sapevi dove trovarlo. Per noi non fu mai, al contrario di quanto accade spesso con i politici di oggi, una sorpresa: sapevamo in ogni momento quale era la sua posizione su qualunque argomento e su qualunque problema. Quando scoprimmo questa regata, che già da tempo, veniva corsa nel laghetto di Gramolazzo, promossa e supportata dai mitici Garzetti e Bardi coadiuvati dal Vicepresidente della FIV Sergio Santella , insieme ai circoli velici della riviera apuo versiliese, per noi, per me e per Giuseppe, “marinelli” ed ambientalisti convinti, non ci volle molto a collegare la grande valenza educativa dell’evento all’immagine del Parco che stavamo costruendo, con grande fatica, insieme ad altri colleghi ed amici, dipendenti ed amministratori del Parco stesso. Garzetti e Bardi accolsero ben
volentieri l’occasione e l’opportunità di promuovere ancora di più l’evento, cogliendone la grande valenza educativa. I progetti ed i programmi di Educazione Ambientale dell’Ente infatti, con la celebrazione di questo evento, di questa regata , si arricchivano di un elemento fondamentale ed insostituibile. La pratica della vela, infatti, è senz’altro un elemento basilare per la preparazione dei giovani ad affrontare il futuro, un Futuro che, oggi si presenta quanto mai incerto ed imprevedibile. L’uomo è intriso di Ambiente e l’Ambiente è intriso dell’uomo: se muore l’Ambiente muore anche l’uomo. Ecco allora che è necessario attrezzare le giovani generazioni fornendo loro le armi giuste e necessarie, per renderli all’altezza e capaci di superare le incertezze e le difficoltà che dovranno affrontare. La complessità dei problemi, il limite delle risorse, la multiculturalità e la multi etnicità della società futura, l’imprevedibilità della Natura e l’interconnessione dei fenomeni, l’unicità ed i limiti di un Pianeta ormai finito, sorprendentemente piccolo; la biodiversità umana che si manifesta in un’unica razza: quella Umana. La cittadinanza terrestre, l’identità terrestre. Gli uomini tutti Cittadini dello stesso pianeta. Un’educazione di Qualità, quella Ambientale,perché punta alla Qualità dell’insegnamento ed alla promozione dei “saperi necessari per formare “teste ben fatte”, che sappiano inserirsi nel sistema, nel modello di sviluppo attuale, ma per modificarlo,
La barca a vela raggiunge sempre la metà anche quando questa è posta al vento
Trofeo Velico Alpi Apuane
non per adeguarvisi, ma per cambiarlo nel modo giusto, per dare vita ad un sistema sociale nuovo e diverso, dove le differenze tra i popoli ricchi e quelli poveri si assottiglino sempre di più e le risorse siano più equamente distribuite. Insegnare dunque l’identità terrestre: “Solo il Saggio non smette di avere sempre presente il tutto, non dimentica mai il mondo, pensa ed agisce in rapporto al cosmo” Groethuysen “Per la prima volta l’uomo ha realmente compreso di essere un abitante del pianeta e forse deve pensare ed agire in una nuova prospettiva, non solo nella prospettiva di individuo, di famiglia o di genere, di Stato o di gruppo di Stati,
ma anche nella prospettiva planetaria”. Vernadski Potremmo dire infine che i saperi necessari alla Educazione del futuro possono essere riassunti, in estrema sintesi nell’ insegnamento della pratica della vela, nel comportamento, che essa adotta nel suo procedere. La barca a vela raggiunge sempre la metà anche quando questa è posta al vento. Pur percorrendo un tragitto che sembra allontanarsi dalla meta, alla fine la raggiunge e, sempre, senza traumi per la natura, guidandola e lasciandosi guidare da essa. Questa Regata dunque acquista un duplice valore: non solo quello di ricordare queste persone che amarono infinita-
mente questo territorio, ma anche di infondere lo stesso attaccamento, che loro ebbero, ai giovani, perché lo mettano al riparo dall’opera distruttrice dell’uomo. Le risorse del Pianeta sono limitate ed alcune sono già finite. Ciò comporta una rivisitazione di tutte le scienze dell’uomo alla luce di questa “nuova” consapevolezza. I Giovani devono acquisire questa coscienza, devono “apprendere” questi insegnamenti, questi saperi se vogliono prepararsi alla vita che li attende, nel modo giusto. La vela, la Pratica della vela, l’insegnamento della Vela vanno in questa direzione ed allenano ed esercitano la “testa” ad affrontare queste “nuove” e complesse problematiche.
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FORTE DEI MARMI UNA SPIAGGIA DUE RUOTE
Bandiera Blu
“LA BANDIERA BLU E L’ALTERNANZA SCUOLA - LAVORO” di Francesca Mazzei
Il Comune di Forte dei Marmi da diversi anni è insignito del riconoscimento della Bandiera Blu (nel 2017 ha conseguito l’illustre vessillo per 27 anni consecutivi), relativa non solo alla qualità delle acque di balneazione ma anche ai servizi ed alla vivibilità dell’ambiente urbano. Gli aspetti peculiari della campagna Bandiera Blu sono senz’altro riconducibili all’educazione ambientale ed alla relativa comunicazione delle varie tematiche che investono il territorio, rivolta sia ai residenti che alla colonia turistica. Il Liceo Classico e Linguistico “Giosuè Carducci” di Viareggio ha proposto uno stage formativo e di orientamento lavorativo, grazie al quale il nostro Comune avrà a disposizione durante il periodo estivo circa 20 studenti che si alterneranno tra il 15 giugno ed il 31 agosto per lo svolgimento di tutte le suddette attività informative e comunicative riguardanti la divulgazione dei temi della
Bandiera Blu. Tale programma certifica la qualità ambientale delle località balneari ed è attualmente riconosciuto in tutto il Mondo, sia dai turisti che dagli operatori turistici, relativamente al turismo sostenibile in località turistiche marine. L’obiettivo principale del Programma Bandiera Blu, è quello di promuovere nei Comuni rivieraschi una conduzione sostenibile del territorio attraverso una serie di indicazioni che mettono alla base delle scelte politiche, l’attenzione e la cura per l’ambiente e nello specifico i temi ambientali del territorio, come ad esempio la corretta raccolta differenziata, la depurazione delle
acque, il decoro urbano, l’abbattimento delle barrire architettoniche ecc. ecc.. Considerato che l’opportunità di coinvolgere studenti nelle pratiche d’informazione ambientale rientra proprio nelle finalità specifiche della Campagna Bandiera Blu e quindi l’organizzazione di uno stage formativo e di orientamento, darà senza dubbio valore aggiunto ai servizi resi alla comunità. Gli studenti, opportunamente coordinati dal servizio comunale, avranno contatti diretti con le attività turistiche del territorio e con la colonia villeggiante. I ragazzi si sposteranno in bicicletta distribuendo volantini e locandine riguardanti anche eventi socio culturali che si svolgeranno nei mesi estivi nel Comune di Forte dei Marmi, infine animeranno la cerimonia di Alzabandiera che si svolgerà nel mese di luglio.
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Subacquei Versilia Forte dei Marmi
IL MARE DI FORTE DEI MARMI LA SPIAGGIA E LA SICUREZZA IN MARE di Primo Cardini - Presidente dell’Associazione Subacquei Versilia Forte dei Marmi
L’ASSOCIAZIONE SUBACQUEI VERSILIA FORTE DEI MARMI Nel lontano 1957 nasce a Forte dei Marmi la prima Società Sportiva di Attività Subacquee della provincia di Lucca e tra le prime d’Italia affiliata alla FIPS con il nome di Ci.Ca.Sub Versilia. Inizialmente l’attività dell’associazione era esclusivamente la caccia subacquea sportiva ed agonistica in apnea. Successivamente furono introdotti gli autorespiratori ad
ossigeno puro (ARO) e ad aria (ARA), ad opera dei primi pionieri, che insegnarono ai compagni l’immersione in respirazione basandosi sulla propria esperienza. Negli anni successivi, alcuni dei soci del Ci.Ca.Sub Versilia, rendendosi conto dell’importanza di una corretta scuola ai fini della sicurezza dell’immersione, cominciano a dedicarsi alle prime rudimentali forme di insegnamento fino a contribuire, nel 1973, alla fondazione
Il gommone utilizzato durante il periodo estivo per l’attività di protezione civile 16
dell’Associazione Subacquei Versilia, che da un lato continuerà la tradizione agonistica e dall’altro svilupperà la scuola di immersione fino ai giorni nostri. La nostra associazione organizza corsi d’immersione diretti da Istruttori Federali formati presso il Centro Didattico Federale Nazionale di Genova Nervi della FIPSAS. Abbiamo quarantacinque anni d’esperienza nel mondo dell’immersione, oltre ad aver conseguito di-
Subacquei Versilia Forte dei Marmi
versi titoli italiani e mondiali nelle discipline: fotosub, pesca subacquea, nuoto pinnato, orientamento e velocità subacquea. Come da tradizione ormai ben consolidata, con un passato glorioso e pionieristico, l’Associazione, attualmente svolge una serie di attività mantenendosi sempre all’avanguardia con i tempi: occupandosi di attività culturali, scientifiche, sociali, di volontariato, protezione civile, sportive, avvalendosi dell’esperienza di personale qualificato, organizzando come ormai di consueto, corsi Federali d’immersione, di salvamento, di nuoto e di specializzazione, rivolti a coloro che, esperti o no, vogliono apprendere o migliorare le proprie tecniche d’immersione con autorespiratore o in apnea, divertendosi in tutta sicurezza.
L’associazione svolge da anni un servizio di protezione civile, in collaborazione con il Comune di Forte dei Marmi e l’Ufficio Locale Marittimo, con l’attività di pattugliamento delle acque antistanti la spiaggia di Forte dei Marmi ed il recupero di relitti e altro materiale pericoloso per la navigazione e la balneazione. SICUREZZA IN MARE Alcuni consigli dell’Associazione Subacquei Versilia Forte dei Marmi per una vacanza sicura. Molteplici sono gli aspetti legati al mare che sarebbe necessario conoscere ed approfondire per poter effettuare la balneazione (il bagno in mare in prossimità della costa) in condizioni di sicurezza. Le onde, i frangenti (rottura dell’onda in prossimità della riva), le correnti, lungo
costa o di risacca (una volta che le onde hanno raggiunto la riva l’acqua che ritorna verso il mare genera una corrente detta, appunto, di risacca, da valutare con attenzione perché può raggiungere intensità molto forti), le maree ed, infine, i venti, sono tutti fenomeni strettamente connessi al “mare” e incidono profondamente sulla sicurezza della balneazione. Non è mai il caso, quindi, di “sfidare” il mare: conviene, invece, approcciarsi ad esso con rispetto, seguendo sempre i consigli e le indicazioni fornite dai bagnini, (dagli addetti alla sicurezza della balneazione) persone preparate che sapranno rispondere con competenza ad ogni domanda che vogliate loro rivolgere. Basta seguire poche e semplici regole affinché il “bagno in mare”, l’essenza stessa dell’estate, sia solo puro divertimento. 17
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E senza correre rischi inutili. Due aspetti che meritano un approfondimento in questa pur breve trattazione dei concetti alla base della sicurezza in mare riguardano la formazione di “secche” e di “buche” poiché interessano molto frequentemente la balneazione effettuata a pochi metri dalla riva. La “secca” è un basso fondale che si discosta repentinamente dalla profondità media del mare circostante. L’estensione di questa zona, che possiamo definire “rialzata” rispetto al normale sviluppo del fondo marino, può variare da poche decine di metri quadrati a molti chilometri quadrati. Anche la sua altezza rispetto al profilo medio del fondo marino può assumere differenti valori: in alcuni casi, infatti, il piano della secca può avvicinarsi al livello medio del mare. Solitamente nei fondali sabbiosi le secche si formano con il movimento delle mareggiate e, in corrispondenza delle correnti da esse derivate, nei dintorni di una secca si creano zone di livello più basso e maggiore profondità: le buche. Durante le mareggiate le buche preesistenti possono cambiare di posizione, con conseguente spostamento anche delle zone di secca. Inoltre, in vicinanza della riva e in zone di estensione relativamente modesta, possono formarsi molte buche e molte secche. Gli spostamenti di posizione sono frequenti proprio nelle immediate vicinanze della spiaggia, quelle, cioè, maggiormente interessate dalla balneazione, in quanto è in questa fascia che le mareggiate fanno sentire con più forza la loro azione di trascinamento della sabbia. L’attenta osservazione della superficie del mare consente di individuare, ad un occhio esperto, la posizione reciproca di secche e buche. Generalmente, infatti, la zona della buca è individuata nel punto in cui l’acqua è più calma di quella circostante: si sa, infatti, che in corrispondenza della buca le onde tendono a perdere la loro forza mentre sopra le zone di sec18
ca, a causa della minore altezza dell’acqua, le onde tendono a frangersi più facilmente. E’ perfino possibile individuare la direzione della corrente in quanto sulla superficie che sovrasta la buca si verifica il cosiddetto “effetto fiume”. • Dal manuale della Sicurezza in Mare e nelle Acque Interne di Primo Cardini Editoriale Olimpia
IL MARE DI FORTE DEI MARMI Forte dei Marmi e tutta la Versilia, si trovano all’interno del Santuario dei Cetacei o Santuario Pelagos, un’area marina protetta per i mammiferi del Mediteraneo. Questo santuario fu istituito definitivamente nel 1999 e si estende per circa 90.000 km² nel Mediterraneo nord-occidentale fra Tolone (costa francese), Capo Falcone (Sardegna occidentale), Capo Ferro (Sardegna orientale) e Fosso Chiarore (Toscana). Si tratta di un’area protetta poiché vi si aggirano una notevole varietà di cetacei, anche di facile avvistamento, come: Balenottera comune, Capodoglio, Globicefalo, Zifio, Grampo, Stenella striata, Tursiope, Delfino comune. Rispetto al resto del Mediterraneo, infatti, queste acque sono caratterizzate da un elevato livello di produzione primaria dovuta alla reciproca azione di complessi fattori oceanografici, climatici e geomorfologici. Nel Santuario le azioni di protezione si svolgono soprattutto tramite la tecnica del “Visual census”. Consiste in un protocollo che prevede uscite col gommone, di diverse ore, in cui si percorrono determinate porzioni di mare cercando di avvistare i cetacei. Gli animali scorti in lontananza vengono avvicinati con estrema cautela cercando di recare loro il meno disturbo possibile. Si cerca quindi di fotografarli, anche se la cosa non è sempre facile. In particolare sono rilevate la pinna dorsale e il corpo perché possono presentare segni di riconoscimento tipici del singolo animale, come
la forma o i tagli sulla pinna e i graffi sul corpo dovuti principalmente ai combattimenti. Una volta in laboratorio le foto vengono confrontate con quelle scattate nel corso delle precedenti uscite o con quelle degli animali già schedati. Se sono presenti due foto dello stesso animale viene creata una scheda dell’organismo con tutti i propri dati tecnici e gli viene dato un nome. Al contrario se la foto è riconducibile ad un organismo già schedato, verrà aggiunta alle altre con le correlate informazioni. Ecco come si crea uno schedario delle popolazioni nelle aree monitorate. Le indagini sono importanti sia per acquisire maggiori informazioni sulle popolazioni in esame, ma anche per individuare l’impatto che l’uomo esercita su questi organismi. Infatti essi devono coesistere in un area caratterizzata da elevati livelli di pressione antropica. Gran parte delle aree costiere che si affacciano sul Santuario sono appunto densamente popolate e disseminate di cittadine con porti ed aree industriali. Sulle acque del Santuario si affacciano inoltre importanti ricezioni turistiche, che portano ad un ulteriore aumento della pressione antropica nei mesi estivi. Il tutto associato allo sversamento in mare di sostanze inquinanti; nonché al disturbo dell’intenso traffico marittimo. Va infine considerato il tasso di mortalità causato dalle catture accidentali dei cetacei nelle reti pelagiche, che continuano ad essere usate in alcune aree nonostante ne sia stato vietato l’uso. Tutte queste attività umane rappresentano pertanto potenziali rischi per le popolazioni dei cetacei del Santuario. LE DUNE COSTIERE Prima della costruzione degli stabilimenti balneari, anche lungo le coste del comune di Forte dei Marmi erano presenti le bellissime dune costiere. Questo particolare ambiente è diventato estremamente raro in Italia, ma
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nelle nostre vicinanze lo possiamo ancora ritrovare nel parco di Migliarino S. Rossore. Alla loro costruzione collaborano da un lato il vento, che sospinge le particelle di sabbia verso terra, e dall’altro le piante pioniere che tendono a trattenere la sabbia che le circonda, principalmente con le loro radici. Si formano così dapprima dei cumuli di sabbia che poi si uniscono fra loro formando un cordone dunale parallelo alla linea di costa. Mano a mano che la costa progredisce verso il mare la duna consolidata viene a trovarsi più distante dalla riva e nello spazio guadagnato dalla spiaggia si verrà a creare un nuovo cordone. Le dune più lontane sono quindi quelle più antiche. Le piante che portano alla formazione delle dune sono molto specializzate ecologicamente, possono avere ad esempio foglie succulente per contrastare la scarsità di acqua, piccole dimensioni e per lo più andamento plagiotropo per resistere meglio alle sferzate di vento e sabbia. Mano a mano che ci si allontana dalla costa si insediano specie di maggiori dimensioni e tra una duna e l’altra (zona interdunale) troviamo i primi arbusti. Nelle dune stabilizzate, lontano dal mare, si stabilisce il bosco di pini e lecci, alternato a quello di caducifoglie. Questa successione dei vari tipi vegetali è alterata o impedita se si vanno ad interrompere le prime fasi di formazione ed di consolidamento delle dune. Un esempio si ha proprio quando intere porzioni di costa vengono spianate, generalmente per creare stabilimenti balneari. Le conseguenze sono evidenti anche sulla vegetazione retrostante e si formano degli ampi corridoi nei quali il vento può spingersi verso l’interno e riversare al sua energia con effetti spesso poco piacevoli. È per questo ed altri svariati motivi che le dune sono un ambiente, dove ancora
presente, da preservare e proteggere. IL LAVARONE Nella zona della Versilia e nei paesi limitrofi, Viareggio e Massa, la parola “Lavarone” identifica tutta la massa di detriti che tipicamente spiaggia durante le mareggiate. Il lavarone è trasportato dalle onde o dalle correnti, ed è costituito da biomasse di origine vegetale provenienti sia da ecosistemi marini, come alghe o fanerogame, sia da ecosistemi terrestri, come arbusti o tronchi di alberi trasportati in mare dai fiumi. Purtroppo, però, una parte cospicua è di origine antropica e comprende diversi rifiuti, tra cui bottiglie, lattine, copertoni di auto etc. Fino ad ora il lavarone non è stato oggetto di un’indagine scientifica approfondita atta a determinarne la composizione in specie. Si può però delineare un quadro generale delle specie algali presenti nel nostro litorale che verosimilmente lo compongono. I comuni del litorale della Versilia sono interessati ogni anno dal fenomeno dello spiaggiamento di lavarone, il cui smaltimento risulta molto oneroso. Le modalità di intervento e gestione possono, però, provocare notevoli danni agli ecosistemi costieri, dato che il naturale fenomeno dello spiaggiamento dei resti vegetali riveste una particolare rilevanza ecologica, in quanto contribuisce a proteggere le coste dall’erosione. In questi ultimi anni, l’aumento dei fenomeni di spiaggiamento del lavarone potrebbe essere in parte dovuto allo stato delle acque della Versilia che, nonostante la loro buona qualità confermata anche dalla presenza di diverse bandiere blu, si trovano in uno stato di eutrofizzazione. Questo è dovuto all’influenza dell’apporto dei fiumi che sfociano nel litorale che, passando da centri fortemente urbanizzati, portano in mare sostanze nutritive che favoriscono le fioriture algali; inoltre i fondali marini aumentano lenta-
mente di profondità dalla battigia verso il largo non permettendo un continuo e rapido ricambio delle acque, favorendo l’accumulo dei nutrienti e quindi fenomeni di eutrofizzazione. Le acque provenienti dal canale Burlamacca, che sfociano in mare attraverso il porto di Viareggio, sono soggette a correnti in direzione nord e trasportate lungo tutto il litorale della Versilia. Esse determinano un forte aumento dell’eutrofizzazione essendo ricche di elementi nutritivi e di fitoplancton (Scenedesmus sp., Mnoraphydium sp., Euglena sp., Mycrocystis sp., etc.) provenienti dal lago fortemente eutrofizzato di Massaciuccoli, dai fossi e dai depuratori di Viareggio e Massarosa. Nonostante sia percepito come fonte di disagio e di spesa, l’importanza ecologica del lavarone è molteplice: -Si comporta come le banquette di Posidonia oceanica, permettendo il deposito del sedimento in sospensione nelle acque e fornendo “nuova sabbia” una volta che si è degradato, riducendo così il fenomeno di erosione della costa. -Il detrito organico, una volta frammentato da processi fisici e biologici, viene remineralizzato ad opera di batteri, rappresentando così un’importante fonte di nutrienti per la produttività costiera globale. La sottrazione di ingenti quantità di materiale vegetale spiaggiato può avere un impatto negativo sull’ecosistema: - Aggravando la situazione in arenili già sottoposti ad erosione; -Alti costi per la raccolta, sia economici che energetici , il trasporto e lo smaltimento dei materiali organici; - Occupazione di volume in discarica. Studi effettuati sia a livello nazionale (Sardegna e Puglia) che Europeo (Tunisia, Grecia, Spagna) mettono in evidenza come il detrito vegetale spiaggiato potrebbe trasformarsi da materiale di rifiuto in una risorsa economica. Questo grazie anche alle novità intro19
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dotte dal D.Lgs. n. 75 del 29 aprile 2010 “Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti” che aprono la strada ad innovative modalità di gestione delle biomasse vegetali marine spiaggiate. Infatti viene introdotta la possibilità di utilizzare alghe e piante marine per la produzione di ammendante compostato verde. Ad esempio nell’ambito di un progetto di ricerca congiunto tra Italia e Grecia, sono state avviate prove di compostaggio utilizzando una miscela della fanerogame marina P. oceanica (63% in volume), residui di potatura di olivi (21% in volume) e scarti di ortaggi (16% in volume). I risultati delle analisi chimico-fisiche di questo studio hanno dimostrato che le biomasse spiaggiate possono es-
sere utilizzate come matrici per la produzione di compost. Uno studio effettuato in Spagna, nel comune di Denya, ha portato alla realizzazione di un impianto di compostaggio capace di trattare circa 15.000 mc/anno di residui vegetali formati da ingenti quantità di alghe e fanerogame marine, unite a scarti vegetali derivati dalla manutenzione del verde pubblico e privato. I risultati hanno mostrato che l’impianto è capace di produrre un compost di apprezzabili caratteristiche agronomiche, ricco in oligoelementi, particolarmente indicato per impieghi nella vivaistica, negli interventi di riforestazione o di recupero ambientale. Questa breve analisi mette in evidenza come il lavarone non dovrebbe essere
visto come un rifiuto del mare, ma come componente fondamentale dell’ecosistema costiero, di rilevante importanza per il mantenimenti e ripascimento delle nostre spiagge soprattutto alla luce dei grossi problemi di erosione avvenuti in questi ultimi anni. Anzi, potrebbe essere visto come un’opportunità di sviluppo economico tramite lo sfruttamento per il compostaggio, e a tal fine determinarne la composizione in specie potrebbe essere il primo passo necessario per fornire adeguate indicazioni per una corretta gestione ed utilizzo. In fine, il riciclo e l’utilizzo del lavarone permetterebbe di smaltire anche quell’ingente quantità di rifiuti di origine antropica che sono il vero “sporco” presente nel nostro mare.
L’acqua è la più preziosa fra le risorse del pianeta. Senza di essa né piante né animali avrebbero potuto evolversi. Oggi quasi tutta l’acqua presente sulla terra è costituita dagli Oceani, un complesso sistema ecologico in cui ciascuna parte interferisce con l’altra e ogni elemento trae origine da quello che gli sta più vicino. Per capire questo meccanismo è necessario esplorare le regioni marine. Regioni ben definite, con caratteristiche, popolazioni e paesaggi particolari che con una varietà pressoché infinita di vantaggi e minacce contribuiscono alla formazione di comportamenti e modi di vita innumerevoli. Naturalmente anche l’uomo è parte integrante di quest’avventura degli Oceani in cui ogni evento ha un effetto, a volte anche remoto, su tutte le forme di vita. Dobbiamo cambiare quindi il nostro atteggiamento nei confronti del mare imparando come si muove e come respira, quali drammi vi si svolgono, come reagisce alle stagioni, che cosa lo colpisce e cosa lo ferisce, di che cosa si nutre e qual è la storia dei suoi rapporti con l’umanità. Jacques Yves Cousteau
L’associazione Subacquei Forte dei Marmi augura a residenti e turisti buone vacanze e “bagni” sicuri, ricordando le raccomandazioni sulla sicurezza in mare, di rispettare le regole e l’ambiente che ci circonda. 20
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Zona A.N.P.I.L.
DUNE DI FORTE DEI MARMI - ZONA A.N.P.I.L. di Francesca Mazzei
L’A.N.P.I.L. (Area Naturale Protetta di Interesse Locale), denominata “Dune di Forte dei Marmi”, è stata istituita con delibera di Consiglio Comunale n° 25 del 17/04/2008. E’ ubicata al confine settentrionale di Vittoria Apuana, non lontano dalla foce del fiume Versilia e dal Lago di Porta, unica zona umida planiziale della Toscana settentrionale. L’area ha una grandezza di circa 7 ettari e si estende linearmente per circa 500 metri. Si può considerare l’unica stazione della Toscana settentrionale dove sopravvivono le tipiche specie psammofile mediterranee. La sua peculiarità è il fatto di rappresentare l’unico tratto di duna costiera naturale e bosco retrodunale, di tutto il litorale toscano a Nord di Viareggio dove il paesaggio non è stato trasformato per lasciare spazio agli stabilimenti balneari. Fino agli inizi degli anni ‘90 l’area versava in uno stato di completo degrado 22
a causa delle scorribande di fuoristrada, cavalli, deltaplani e folle di bagnanti che prendevano d’assalto le dune ogni estate. Nel 1994 la zona fu presa in concessione demaniale da parte del WWF, che iniziò un’opera di pulizia, e di recupero della vegetazione, innalzando staccionate a protezione delle dune e lasciando soltanto dei corridoi per permettere il transito delle persone, al fine di ripristinare l’habitat originario. Nel giro di pochi anni nelle zone antistanti le dune e delimitate dai pali in legno, la sabbia si è gradualmente accumulata e ricoperta di piante pioniere, tanto che ormai si constata un regolare ripascimemto del fronte dunale, denotato dall’abbassamento medio della palizzata fronte mare di quasi cinquanta centimetri, rispetto all’altezza iniziale che era di circa un metro; inoltre tutti i montanti sono circondati da specie psammofile nate nel frattempo.
L’area dunale di Forte dei Marmi, pur nelle sue ridotte dimensioni, dopo l’approntamento delle strutture protettive, nell’arco degli ultimi anni si è rivelata come un habitat estremamente adatto non solo alle specie più comuni del litorale, ma anche ad alcune entità piuttosto rare in Italia ed in particolare in Toscana le quali stanno colonizzando sempre nuovi spazi. Il dato più importante è senz’altro il grande incremento di entità rare per la Toscana settentrionale dell’elevato numero di endemismi in un areale estremamente ridotto, come quello delle “Dune di Forte dei Marmi”, come ad esempio Solidago litoralis Savi e Centaurea aplolepa subciliata, oltre alla bella Anthemis maritima. Solidago litoralis Savi è una specie endemica che ha il suo areale di distribuzione tra Cecina a Bocca di Magra; peraltro attualmente a nord del Parco
Zona A.N.P.I.L.
Migliarino S. Rossore Massaciuccoli è reperibile solo alle dune di Forte dei Marmi, dove registra di anno in anno un aumento di esemplari. Centaurea aplolepa subciliata è endemica della Toscana settentrionale e della Liguria orientale: nell’oasi di Forte dei Marmi è molto frequente, soprattutto rispetto alla densità rilevata nel vicino Parco Migliarino S. Rossore Massaciuccoli (ciò farebbe pensare che questa entità in passato fosse più diffusa in Versilia che non nei litorali più a sud), inoltre nel resto della Toscana settentrionale e della Liguria è praticamente scomparsa a causa dell’antropizzazione della spiaggia. Nell’area in questione crescono inoltre il giglio di mare Pancratium maritimum, il Cyperus Kalli (rarissimo nel Parco Migliarino SRM) e altre tipiche essenze psammofile, oltre all’interessante esotica del genere Oenothera della quale sono state recentemente determinate alcune nuove specie. Tra le piante arbustive, presenti soprattutto nel piccolo parco allestito dall’Università di Bologna, ricordiamo il ginepro (Juniperus oxycedrus L. subsp. Macrocarpa), la fillirea (Phyllirea angustifolia L.), il leccio (Quercus ilex L.), l’alaterno (Rhamnus alaternus L.) e il cisto (Cistus salvifolius L. ; Cistus incanus L.; Cistus creticus L. subsp. Eriocephalus (Viv.) Greuter e Burdet). Nell’area ANPIL “Dune di Forte dei Marmi” si possono ritrovare diversi habitat quali: Dune mobili embrionali, dune mobili del cordone litorale con Ammophila arenaria, depressioni umide interdunali, dune stabilizzate mediterranee con for-
mazioni a bassi sufrutici, dune con pratelli dominate da piccole erbe graminoidi, boscaglia costiera di ginepri, dune con formazioni di arbusti e sufrutici. Nelle immediate vicinanze delle dune costiere, oltre il viale a mare, è presente una zona molto adatta al completamento dell’ecosistema di transizione tra il mare e l’entroterra, già facente parte dell’A.N.P.I.L ed è rappresentata da un’area con un’estensione di circa 6.000 mq., situata sul lungomare proprio di fronte alle dune, nella parte confinante con la provincia di Massa-Carrara (Cinquale, frazione di Montignoso). Questo è l’unico sito in tutto il litorale versiliese dove si trovano diversi esemplari di Ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa) seco-
lari. Tali piante sono assortite in macchioni dalla tipica forma arrotondata, e vegetano insieme ad analoghi esemplari di leccio su un’antica duna, adiacente alla strada, che protegge una depressione retrostante dove riscontriamo un boschetto di latifoglie d’alto fusto a pioppo bianco (Populus alba). Questa piccola area dunque rappresenta un frammento del tipico andamento della piana costiera dell’alta Toscana, prima dello sviluppo turistico-residenziale, cioè l’alternanza di piccoli rilievi (dune) e avvallamenti (lame) paralleli al mare, che testimoniano l’avanzamento della costa nel tempo. Nell’ambito della fascia costiera è risultata positiva l’istituzione dell’ANPIL “Dune di Forte dei Marmi” per garantire la tutela diretta di questo ecosistema, quale unico relitto di sistema dunale della costa versiliese. Tale ecosistema è riconducibile agli Ambiti costieri sabbiosi caratterizzati da complete serie di anteduna - duna – retroduna e da formazioni dunali degradate. L’area presenta importanti habitat di interesse comunitario di duna fissa e mobile e numerose specie vegetali psammofile, potenzialmente soggette, se prive di tutela, a fenomeni di alterazione a causa dell’elevata fruizione turistica estiva. La loro salvaguardia è di vitale importanza per la sopravvivenza di specie endemiche quali la Solidago litoralis e la Centaurea aplolepa subciliata, attraverso una protezione totale del sito, che rappresenta una delle principali emergenze naturalistiche dell’Ambito. 23
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HOTEL AUGUSTUS
...immersi nel fascino della storica Villa Agnelli
Luogo ideale per un soggiorno di relax al mare o come punto di partenza per visitare le città d’arte e le bellezze dell’alta Toscana, immersi nel fascino della storica Villa Agnelli Sul litorale toscano, tra il mare e le Alpi Apuane, circondata da giardini e pinete rigogliose, Forte dei Marmi è sinonimo di quiete e di elegante villeggiatura. L’Augustus Hotel & Resort, con le sue ville, il suo parco e la sua storia è protagonista indiscusso di Forte dei Marmi e della Versilia. Fino dagli anni Venti, dalle prime scoperte di questo litorale da parte di artisti, intellettuali, aristocratici e uomini d’affari alla ricerca di privacy e comfort, cresce la fama di questo piccolo centro incastonato tra finissima spiaggia, pinete e lo scenario unico delle Alpi Apuane. Nel 1926 Edoardo Agnelli, figlio del Senatore Giovanni, fondatore della FIAT, e padre di Gianni, acquistò la neo-rina24
scimentale Villa Costanza, fatta costruire dall’ammiraglio Morin all’inizio del Novecento. Nasce la conosciutissima e mitologica Villa Agnelli, dove la grande famiglia di Torino trascorse lunghe e letterarie villeggiature per più di trent’anni. La presenza della famiglia Agnelli, costante fino agli anni Sessanta, contribuì ad attrarre a Forte dei Marmi esponenti dell’alta borghesia e dell’aristocrazia di tutta Italia, inaugurando un modello di villeggiatura dallo stile ricercato ed esclusivo del cosiddetto “vivere in villa” che nasce attorno a Villa Agnelli e alla sua pineta con lo svilupparsi di costruzioni immerse nel verde. Una zona strategica, un po’ segreta e riservata non lontana dal centro del paese e vicina al mare. Oggi la Villa Agnelli è l’Hotel Augustus Lido, una delle ville centrali dell’Augustus Hotel & Resort, nato agli inizi degli anni Cinquanta, dalla trasformazione di un’altra famosa villa, dallo stile caro all’élite artistica e letteraria che frequen-
tava la zona e che era molto attenta alle istanze del Movimento Moderno: così l’architettura anni Trenta trovò a Forte dei Marmi terreno fertile. Primo nucleo della nascita dell’Augustus Hotel & Resort è Villa Pesenti, gioiello del nuovo stile modernista, progettata dal famoso architetto Osvaldo Borsani. Successivamente Augusta Pesenti nel 1953 alzò di un piano la villa originale trasformandola nell’Augustus Hotel, per oltre venti anni l’unico hotel De Luxe dell’intera Versilia. Attorno a questa struttura principale, caratterizzata da balconi utilizzati come veri e propri salotti all’aperto, furono costruite negli anni successivi nel grande parco sette ville dal gusto eclettico, realizzate da artisti e architetti di cui la signora Augusta fu mecenate. Una piscina gioiello inserita nell’angolo più lussureggiante del giardino e, dalla seconda metà degli anni Sessanta, la Nave, moderna struttura immersa nella pineta caratterizzata da lunghi cammi-
Hotel Augustus
namenti terrazzati che ricordano i ponti delle navi da crociera, completano l’Augustus Hotel & Resort. In queste splendide ville di charme, tutte diverse e particolari, hanno soggiornato personalità del cinema, dell’arte, della cultura e del jet set giunte da ogni parte del mondo. Protetti e coccolati, in totale privacy, vi hanno soggiornato abitualmente personaggi come Jimi Hendrix, Charlton Heston, Oriana Fallaci, Eugenio Montale, Francesco Messina, Mario Monicelli, Paul Anka, Vittorio Gassman, personaggi dello spettacolo e dello sport e molti degli stessi eredi Agnelli. Ancora oggi personaggi famosi e famiglie importanti scelgono Forte dei Marmi e l’Augustus Hotel & Resort, come luogo ideale per la felicità dei loro bambini. Il resort, si arricchì nel 1969 quando fu incorporata Villa Agnelli, valorizzando la vocazione ricettiva dell’abitazione, destinata ad accogliere la numerosa famiglia degli Agnelli, che vi villeggiava circondata da una nutrita schiera di amici, ospiti e domestici. Un soggiorno che ancora oggi mantiene le caratteristiche di esclusività e riservatezza, grazie al sottopasso che solo gli Agnelli poterono costruire per raggiungere la spiaggia onde evitare l’attraversamento del viale a mare. Questo sottopassaggio resta a tutt’oggi unico in tutta la Versilia. Attra-
verso un vialetto di ortensie, si raggiunge lo stabilimento balneare che, nato inizialmente come capanno sulla spiaggia e hangar di ricovero dell’idrovolante di famiglia, conserva il fascino della gioiosa cornice descritta da Susanna Agnelli in Vestivamo alla Marinara. In questi ultimi anni grande è stata l’attenzione della famiglia Maschietto nel mantenere alta la qualità degli edifici e dei servizi, con continue migliorie ed innovazioni. Recentissimo esempio il nuovo fitness center realizzato in collaborazione con Technogym nell’edificio La Nave, dove il concept di benessere va oltre la palestra e prosegue con un percorso integrato di attività fisica outdoor nel parco, con proposte personalizzate nell’adiacente Day Spa e presso il ristorante La Fontana e La Sirena e il nuovissimo lounge bar per assaporare i gusti degli speciali menù wellness. Sulla spiaggia, il rinnovato stabilimento balneare Augustus Beach Club è dotato di piscina di acqua salata riscaldata, oltre 100 tende attrezzate, postazione per trattamenti benessere con possibilità di praticare molti sport acquatici, due ristoranti e sala convegni. La sera il
ristorante Bambaissa, con veranda sul mare, è una delle cucine più raffinate della Versilia, particolarmente indicato per feste esclusive e cene in spiaggia a lume di candela. L’Augustus Hotel & Resort a Forte dei Marmi, la più esclusiva località della riviera toscana, è il soggiorno ideale per fruire delle grandi risorse artistiche, paesaggistiche e mondane del territorio, un incontro culturale nella Villa della Versiliana, una visita alle istallazioni e alle gallerie d’arte di Pietrasanta, un aperitivo a La Capannina, il mitico shopping nelle boutiques del centro, i giganteschi Yachts a vela dei cantieri Perini a Viareggio, i marmi delle cave di Michelangelo, le architetture Liberty, la rutilante vita notturna delle discoteche e molto altro. La famiglia Maschietto, protagonista sin dagli anni ’50 della storia del resort, gestisce ancora oggi l’Augustus Hotel & Resort e l’altro hotel di famiglia, l’Hermitage Hotel & Resort, all’interno di un bellissimo parco a due passi dal centro di Forte dei Marmi. 25
move up
Trekking Levanto - Monterosso
MOVE UP
Vivere felici e in salute Move Up è un progetto co-finanziato dalla Comunità Europea, gestito dal Comune di Forte dei Marmi in collaborazione con il CAI e l’Istituto Comprensivo di Forte dei Marmi e che ha come obiettivo la prevenzione dell’obesità in età infantile e la promozione di uno stile di vita sano già a partire dalla giovane età. L’infanzia, infatti, è il momento della vita in cui gli atteggiamenti prendono forma e determinano il comportamento e gli stati di salute attuali e futuri, ed è per questo
Festa della Castagna – Alpe della Grotta 26
che l’educazione alla salute nei bambini deve cominciare dalla tenera età. Il Comune di Forte dei Marmi, per il biennio 2016/2018, ottenendo il finanziamento comunitario presentato insieme a 5 paesi europei, ha organizzato una serie di attività ludico motorie che incoraggiano i bambini a praticare attività sportiva e ad imparare buone abitudini alimentari per un corretto stile di vita e uno sviluppo psico-fisico equilibrato. Oltre ai laboratori alimentari, ai conve-
Escursione alla Fania
gni sull’alimentazione e all’attività motoria in ambiente scolastico, sono state organizzate delle escursioni in orario extrascolastico, basate su un apprendimento innovativo ed interdisciplinare all’aria aperta. Questo porta, non solo a praticare attività sportiva immersi nella natura, ma anche alla riscoperta del territorio e delle tradizioni, il tutto nel rispetto degli altri e di ciò che ci circonda. I ragazzi camminando lungo sentieri del
Festa della Castagna – Alpe della Grotta
move up
Visita al Mulino didattico di Pruno
nostro territorio, scoprono il mare, le montagne alle spalle della loro scuola, la storia e la geomorfologia del territorio, le tradizioni culinarie ed imparano a rispettare la natura. Questo approccio favorisce l’apprendimento, la socializzazione e lo scambio di esperienze e permette ai ragazzi di vivere esperienze uniche con compagni ed insegnanti. La nostra avventura è cominciata così... ...”Prof!!!!! ma io non ho mai camminato su un sentiero”... ...” Ragazzi, proviamo tutti insieme a capire come si cammina su un sentiero”...
Puliamo il Mondo edizione 2016
E questo è ciò che abbiamo elaborato ...LA TECNICA DELLA SALITA E DELLA DISCESA L’ escursionista in salita deve • fare dei piccoli passi • appoggiare completamente il piede in modo continuo e regolare • controllare il tipo di terreno • camminare il più possibile vicino alla parete della montagna • non spintonare il compagno che lo precede L’escursionista in discesa deve • appoggiare prima il tallone, quindi la
Prova di Orienteering in Versiliana
punta • in punti scivolosi e su sentieri impervi, appoggiare tutta la pianta del piede • camminare con le gambe leggermente allargate per un buon equilibrio • flettere leggermente le ginocchia • eseguire tutti i passi in modo controllato senza correre • su pendii erbosi oppure franosi, tenere i piedi di traverso rispetto alla pendenza • su terreno cedevole, appoggiare il tallone con forza scavando dei piccoli scalini • sia in salita che in discesa è possibile usare bastoncini telescopici da trekking che, oltre a scaricare gran parte del peso sostenuto dalle ginocchia e dalle caviglie, offrono ulteriori appoggi e punti di equilibrio ...provate... e la nostra avventura continua... Il progetto è realizzato in 6 città europee; Gdynia (Polonia), Forte dei Marmi (Italia), Lousada (Portogallo), Aghiresu (Romania), Londra (Gran Bretagna) e Praga (Repubblica Ceca) ed è iniziato a gennaio 2016. www.facebook.com/moveupproject/?ref=hl http://moveupproject.blogspot.com/
Passeggiata con le percore Passo Croce 27
Gruppi di Cammino
GRUPPI DI CAMMINO
luogo per socializzare e guadagnare salute
E’ dimostrato che l’attività regolare aumenta sia la qualità che la quantità di vita. Tutti gli studi sono concordi con l’affermare che l’esercizio fisico regolare non solo previene l’insorgere di patologie croniche nei soggetti sani, ma rappresenta un importate presidio per la riduzione della complicanze in soggetti affetti da patologie croniche.. Il problema ha coinvolto in maniere importante i sistemi sanitari perché ridurre la malattie croniche da una parte aumenta la quantità e qualità di vita, dall’altra parte riduce in maniera significativa i costi del sistema sanitario. Si è quindi posto il problema di come somministrare una giusta quantità di esercizio perché questa sia efficace. Si è pensato all’esercizio più semplice e naturale che è quello del cammino, a questo scopo sono nati i gruppi di cammino. Che cosa sono i gruppi di cammino? Sono un luogo dove le persone si incontrano ad orari prestabiliti e dove volontari opportunamente formati, da operatori esperti dell’azienda sanitaria, li accompagnano nella camminata. Compito del walking leader è quello non solo di somministrare la giusta dose 28
di esercizio, ma anche quello di favorire la socializzazione all’interno del gruppo. Quello della socializzazione è un aspetto molto importante dei gruppi che consente di aumentare l’adesione al programma di “allenamento”. Dal 2011 su tutto il territorio della Versilia e Lucca sono presenti gruppi di cammino coordinati dalla uslnordovest. L’esperimento ha avuto notevole successo e sta proseguendo ancora oggi. Accanto a questi sono nati gruppi per pazienti con disagio psichico. Infatti uno degli effetti importanti dell’esercizio è proprio a livello cerebrale, ne è dimostrata la sua efficacia sulla depressione come coadiuvante della terapie mediche. Effetto da non sottovalutare anche per la popolazione generale, l’esercizio regolare rappresenta un vero e proprio antistress naturale. Ma quale è la quantità di esercizio efficace? La prescrizione è semplice: mezz’ora di camminata al giorno o un’ora a giorni alterni di media-bassa entità. Per monitorare l’entità dell’esercizio abbiamo scelto il talk test, durante la camminata il soggetto deve riuscire a parlare ma non riuscire a cantare.
I partecipanti ai nostri gruppi di cammino indossano una pettorina colorata perché le persone possano riconoscerli, questo aiuta la diffusione del cammino anche al di fuori del gruppo. Altra attività importante è rappresentata dall’organizzazione di eventi, con camminate legate ad un tema, alla quale sono invitati tutti e che rappresentano il luogo ideale dove parlare del cammino e dei suoi effetti sulla salute. Per conoscere il luogo di incontro e gli orari del gruppo basata andare sul sito aziendale e cliccare sul logo dei gruppi, compariranno il luogo di incontro e gli orari. Il costo del programma è zero, l’unico costo è quello dovuto alla formazione dei Walking Leaders, che sono tutti volontari. Se pensiamo che oggi il costo dei sistemi sanitari è legato in gran parte alle patologie croniche, l’importanza di prevenirle è evidente. Un esempio: un diabetico non complicato costa 3000 euro all’anno al sistema sanitario. La camminata riduce l’emoglobina glicata, e in alcuni casi è addirittura sufficiente a non rendere più necessaria la terapia. Un invito a tutti ad aderire ai nostri gruppi, un luogo dove investire in salute, e rilassarsi in compagnia di amici. Riferimento bibliografico LA VALUTAZIONE DEGLI ESITI NEL REAL WORD: L’ESPERIENZA DEI GRUPPI DI CAMMINO DELLA ASL 12 VIAREGGIO (LU) Carmine Di Muro, Silvia Regali, Alberto Marsili, Giulia Salvetti, Andrea Bemi. Notiziario dell’istituto superiore di sanità Vol 27, n. 7-8, luglio-agosto 2014 http://www.epicentro.iss.it/ben/2014/ luglio-agosto/2.asp dott. Carmine Di Muro Uslnordovet Dipartimento di Prevenzione Medicina dello Sport
Gruppo di Cammino di Pietrasanta
GRUPPO DI CAMMINO DI PIETRASANTA VIENI A CAMMINARE CON NOI - di Daniela Bonuccelli ......”Ma dove andate a quest’ora della notte?”...”Cosa è? Una processione?”.... Ce lo siamo sentiti chiedere tante volte nelle nostre serate di lunedì e giovedì quando armati di lucine e passo veloce ...percorriamo Pietrasanta, le sue colline, le vie del centro, la Marina, il parco della Versiliana....con piedi instancabili che ci portano persino fuori comune: Monteggiori, S. Lucia, Seravezza, Ripa, Viareggio, Forte dei Marmi....il sogno di Daniela di creare un GRUPPO DI CAMMINO ...è diventato ...virale... 30
Camminare è diverso da correre. Camminare permette di vedere, di socializzare, di creare un contatto. E così si inizia anche questa esperienza, il 29 gennaio 2016 alle ore 21. Di sera, dopo cena, d’inverno. Un “freddo della Madonna” oltre a Daniela, Piero, Alberto e Adriano c’erano altre 4 persone. Poche? Lo abbiamo pubblicizzato sul gruppo FB… forse speravamo in qualcosa di più… ma è inverno chi vuoi che esca a quest’ora di casa… va bene dai andiamo speriamo la prossima volta. La volta dopo c’era anche l’amica dell’amica, l’amico
dell’amico. Eravamo un po’ di più. E così via, ad ogni appuntamento crescevamo in numero ed amicizia. Daniela, la walkleader, ad ogni appuntamento propone uscite sempre più stimolanti. Una sera siamo andati fino al monumento ossario di Sant’Anna. Un’altra, memorabile, in cima al monte Gabberi dove Giorgio ci ha regalato una bella lettura sotto le stelle. Ormai il Gruppo di Cammino è diventato una famiglia. Ci ritroviamo serenamente il lunedì e il giovedì alle ore 21 sulla scalinata di piazza del Duomo a
Gruppo di Cammino di Pietrasanta
Pietrasanta, facciamo un pò di esercizi per mobilizzare il corpo e poi...via ..lucine accese....passi veloci, serene chiacchierate, risate, racconti di vita quotidiana..le lucciole,il gracidare delle rane, il profumo dei gelsomini, il panorama illuminato della Versilia, il rumore delle onde del mare, il naso che ghiaccia, l’umidità dell’erba....e così ...senza nemmeno accorgercene abbiamo percorso 10 km...BUONANOTTE. L’ultima proposta della Walkleader è: ”dai ragazzi, datemi una mano, proviamo a far capire agli altri cosa è partecipare ad un “gruppo di cammino”!!!!! PENSIERI IN LIBERTÀ DI CAMMINATORI C’era una volta, tanto tempo, un antidoto. Si chiamava Cynar. Adesso, miei cari, è sufficiente camminar...Olé!!!!! Massimo ....Camminare con voi mi ha fatto sentire una passeggera notturna di questa mia terra.....Annalù ...Camminando ho capito che bisogna guardare sempre avanti...Francesca Camminare insieme per scaricare le tensioni accumulate durante la giornata appena trascorsa ed affrontare meglio quella che verrà, camminare insieme per scambiarci le nostre energie, per conoscere nuove persone e nuovi sentieri nascosti, camminare insieme per sentirmi viva consapevole di partecipare ad un progetto comune: il BENESSERE individuale e collettivo...Maria Camminare giorno dopo giorno è come la “ Nutella”..non ne puoi fare a meno... Pierina Camminando si percepisce a pieno il palpito dell’universo e si respira a pieni polmoni il profumo della vita! Annalisa Camminando sulla strada formiamo un filo e ognuno di noi di questo filo è lo spessore ....Vincenzo Vi amo....soprattutto perché, camminando con voi ho l’illusione che il reato di furto di ciliegie sia stato depenalizzato...ed il buio come sappiamo aiuta
...Mauro Camminare significa aggiungere vita alla vita. Non c’è tristezza che camminando non si attenui lentamente si sciolga...Roberta La notte è scesa, i bimbi sognano, gli innamorati sospirano,, gli animali riposano...tutto tace, il silenzio veste i nostri respiri finché ad un tratto....MACCHINAAAAAA!!!!!!!!! ...Adriano E’ già buio , ma la città ancora non dorme e ci siamo noi ad illuminare con i nostri occhi vicoli, scalinate e i cuori di cammina, un cane che abbaia, un bimbo che piange i profumi di buono da un ristorante e poi chiacchiere, risate...” andate piano che ci sono anch’io”... come piccole lumache viandando per la città...Gianni Illuminati dalla luna si assaporano i profumi di stagione ...si ascolta il rumore del mare ...il silenzio dei boschi...le parole di una amica...le risate del gruppo...e si gustano i sapori dei frutti...Lisa Sono notti di amici, notti felici e notti di intrighi...sono notti di bruma, sono notti di strada, le nostre notti...Laura Si cammina di notte. Nel caldo e nel freddo, attraversiamo lucciole e luci natalizie. Pervasi dal profumo di salmastro o dall’afrore silvestre. Sono notti speciali le nostre. Sono fitte di parole sussurrate, di fatica, di risate, di leggerezza.. Antonella Camminare con voi mi ha fatto capire che posso fidarmi anche di altri umani oltre alla mia padrona ....Boss il cane del gruppo Camminare è sentirsi bene! Ogni passo compiuto mi porta ad elaborare nuovi pensieri e ogni pensiero rende le mie giornate più leggere. Non voglio smettere di camminare perché questo mi rende partecipe con gli occhi e con la mente del cambiamento che sta avvenendo nel mondo intorno a me ...Michela Camminare...non c’è paura, né tristezza, solo un’eterna unica sensazione in uno spazio senza tempo..pace...Nadia
Passiamo tutta la vita a correre. Ci alziamo di corsa per andare a lavorare, poi di corsa per fare la spesa, prendere i figli a scuola, passare in tintoria, pulire la casa, preparare la cena, consolare un’amica. Di corsa parliamo, pensiamo, di corsa a volte amiamo. Ma camminare è un’altra cosa...stacco la spina, prendo fiato, sorrido e guardo...me stessa, l’altro, la vita...e camminando ritrovo la mia strada...Elena Camminare per esplorare, conoscere respirare e soprattutto per dare al corpo la possibilità di ricongiungersi con la mente....Giorgio Camminando hai l’opportunità di riscoprire i valori del condividere emozioni con le persone, percepire tempo e spazio con una dimensione in sintonia con la nostra mente e il nostro fisico. Tutto ciò è energia positiva e benefica per noi stessi e di conseguenza per chi abbiamo vicino...Alberto
INFORMAZIONI PER PARTECIPARE AL GRUPPO DI CAMMINO DI PIETRASANTA Quando lunedì e giovedì ore 21 DOVE ritrovo scalinata del Duomo di Pietrasanta Quanto camminiamo circa 10 km alcune volta in pianura altre in salita su strade secondarie, sentieri, carrarecce. A quale velocità andiamo ad una media di 5-6 km all’ora siamo infatti un gruppo di cammino “avanzato”. Cosa facciamo pratichiamo la camminata sportiva, facciamo esercitazioni di mobilitazione, allungamento, coordinazione e destrezza. Quanto tempo dura ogni incontro circa due ore. Walkleader: Daniela Bonuccelli danielaciuf@hotmail.it
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Club Alpino Italiano
IL CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE DI FORTE DEI MARMI di Cristian Leonardi Presidente della sezione CAI di Forte dei Marmi Che cos’è il CAI Il CAI è un’associazione a livello nazionale, con circa 350.000 soci, che ha come scopo la promozione dell’attività in montagna, sia essa trekking, arrampicata su roccia e ghiaccio, speleologia, torrentismo, sci alpino o la progressione su neve e ghiaccio. Il CAI promuove anche l’attività fotografica e cinematografica svolta in ambiente montano, nonché la redazione di libri di vario genere e di manuali didattici. A livello nazionale il CAI è organizzato in sezioni e sottosezioni distribuite su tutto il territorio ed ha attive scuole per la formazione delle diverse discipline sportive e ludiche da svolgersi in montagna, oltre ai corsi di formazione ed aggiornamento per volontari del soccorso alpino e del personale impegnato nelle varie attività . Quando si parla di montagna non si fa riferimento solo a luoghi in quota lontani dal mare ma, anzi, molte volte montagna e mare confinano. Portovenere e molte località liguri ne sono l’esempio, ma se vogliamo rimanere in Versilia, non possiamo non menzionare le nostre Alpi Apuane che distano dal mare solo pochi chilometri. Esse sono in realtà appennini, geograficamente parlando, ma sono chiamate Alpi per la loro conformazione tipica delle Alpi del nord Italia. Forse sono ancora alpinisticamente poco conosciute ma racchiudono al loro interno i complessi carsici (grotte) fra i più importanti d’Italia e gli abissi fra i più profondi al mondo e che attirano ancora oggi speleologi da ogni parte del mondo. Le Apuane presentano percorsi di ogni tipo e adatti a tutti i livelli, dalle vie d’arrampicata di difficoltà speleo-alpinistiche elevata a percorsi per principianti e meno esperti, ed una rete di rifugi che danno accoglienza in ogni momento, garantendo assistenza e posti tappa per 32
chi si avventura nelle nostre montagne. Una parte di essi sono gestiti dal CAI, il quale attua un monitoraggio continuo cercando di mantenere i propri sentieri accessibili e sicuri. Attività del CAI sez. Forte dei Marmi Il CAI sez. di Forte dei Marmi dispone di un bellissimo rifugio all’Alpe della Grotta, considerato un punto di riferimento importate ed essenziale per coloro che si avventurano nelle nostre montagne. A tale proposito per questa struttura sono state investite molte risorse, proprio per permettere di trovare assistenza durante le escursioni. Il Comune di Forte dei Marmi ha sempre supportato il CAI, vedendo il progetto del rifugio un’opportunità anche per i turisti balneari che hanno la possibilità di passare del tempo con la famiglia e con gli amici in un luogo diverso e di poter ammirare il mare da un’altra visuale a soli pochi chilometri di distanza. La promozione dell’attività fisica immersi nella natura è uno degli obiettivi principali del CAI. Questa aiuta a mantenere una vita sana e a scoprire posti di straordinaria bellezza, ma soprattutto permette di creare nuove amicizie e di rafforzare quelle esistenti, di promuove-
re la solidarietà e la socializzazione. Con i nostri soci CAI, e non solo, organizziamo escursioni su tutto il territorio ed in diversi periodi dell’anno, proprio perchè la montagna è di tutti, ed è giusto che tutti imparino a conoscerla passando momenti indimenticabili e condividendo le esperienze. Oltre alle attività di formazione per i volontari del soccorso alpino, e l’organizzazione di escursioni aperte a tutti, il CAI svolge da diversi anni progetti con i bambini delle scuole, proprio perché riteniamo importante iniziare fin da giovani a far conoscere che cosa significa andar per monti e stimolare la curiosità dei ragazzi riguardo al proprio territorio e alle tradizioni ad esso collegate. In un’epoca sempre più sedentaria è di fondamentale importanza incentivare l’attività fisica e noi abbiamo pensato di farlo in un modo piacevole, all’aria aperta e su percorsi pensati e studiati proprio per i bambini, cercando di trasmettergli passione e rispetto dell’ambiente proprio mentre passeggiano con i compagni. Crescendo, i ragazzi, seguiranno il loro percorso e le loro attitudini e decideranno se continuare o meno l’attività escursionistica, ma noi saremo comunque fieri di aver dato loro la possibilità di scegliere e di conoscere un territorio tanto bello quanto vicino, che in ogni caso lascerà loro bei ricordi. I progetti con le scuole sono nati “per caso”, dall’idea e dalla proposta di due nostri soci, la professoressa Daniela Bonuccelli e Giovanni Benedetti. La nostra sezione ha fin da subito accettato con entusiasmo questa opportunità, sebbene impegnativa sia per organizzazione che per responsabilità, ma svolta con serietà e passione dai nostri soci che per l’occasione svolgono il ruolo di accompagnatori. I primi anni è stata firmata una con-
Club Alpino Italiano
venzione con l’Istituto Comprensivo di Forte dei Marmi per l’organizzazione di escursioni e campeggi con i bambini e, nonostante le difficoltà e le responsabilità, pensiamo di aver svolto un buon lavoro, tant’è che all’inizio del 2016 siamo stati chiamati a collaborare dal Comune di Forte dei Marmi nel progetto europeo “Move Up” che ha come obiettivo la prevenzione dell’obesità attraverso la corretta alimentazione e l’attività fisica. Per questo progetto, abbiamo organizzato una serie di escursioni in diversi ambienti, dal mare alla montagna, con l’obiettivo non solo di far camminare i ragazzi sui sentieri, ma di educarli su come si va in montagna, su come prepa-
rare lo zaino prima dell’escursione e sul rispetto dell’ambiente e degli altri. Ogni escursione viene preparata accuratamente dal gruppo di lavoro che comprende CAI, Comune di forte dei Marmi ed Istituto Comprensivo di Forte dei Marmi, in modo che, durante il percorso, i ragazzi possano vedere la geomorfologia del territorio, possano orientarsi con le carte, possano scoprire la flora e la fauna che li circonda e le antiche abitazioni ed i prodotti tipici della zona che stanno visitando. Cerchiamo di trasmettere loro tutte le conoscenze e le competenze nel modo più naturale e divertente possibile. Sono tutte attività che richiedono molto
impegno, tempo e talvolta anche pazienza, ma l’idea che queste esperienze per i ragazzi si trasformeranno in bei ricordi, vederli interessati, incuriositi, seri e composti su un sentiero stretto, correre e giocare su alpeggi in alta quota, ripaga per noi qualsiasi fatica! CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE DI FORTE DEI MARMI Piazza Moore,1 Vittoria Apuana 55042 Forte dei Marmi(LU) segretria@caifortedeimarmi.it website: www.caifortedeimarmi.it facebook: Cai Forte dei Marmi
Agenzia di Pietrasanta Via Aurelia Nord, 25 - 55045 Pietrasanta LU Tel. 0584 70427 - 0584 70672 Fax 0584 1620027 e-mail vittoriapietrasanta@tiscali.it
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territorio
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La Valle del Serra
LA VALLE DEL SERRA
Una valle paesaggisticamente mutevole, selvaggia e accogliente
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La Valle del Serra
Una valle, quella del Serra, facilmente raggiungibile, a pochi chilometri dalle spiagge eppure così intatta nelle sue peculiarità. Dopo appena qualche tornante la natura cambia i suoi tratti assumendo tutte le caratteristiche di montagna. Testo di Alessia Lupoli - Foto di Alessandro Moggi
Bianche vette marmoree e declivi verdissimi. E’ la valle del Serra, nei dintorni di Seravezza, che dalle sommità scende sinuosa verso il mare. Una volta tanto non è la passeggiata glamour di Forte dei Marmi e non sono neanche gli itinerari dell’alpinismo apuano a raccogliere attenzioni, bensì il paesaggio così articolato del torrente Serra che con il Vezza alimenta il fiume Versilia. Una valle paesaggisticamente mutevole, selvaggia e accogliente, ora baciata dal sole, ora chiusa nell’ombra, disseminata di piccoli centri abitati in cui molte sono le tracce di storia, di tradizione e autenticità. Una delle tante teorie fa risalire l’origine del nome Versilia dall’antico germanico wesser/ wasser, ovvero acqua, divenuto poi vessidia da cui, nell’alto medioevo, la forma oggi comunemente nota. Che l’elemento acqua contraddistingua l’intera valle è una certezza. Intorno al torrente maggiore s’individua una rete di affluenti che scendo36
no da ogni versante, coperti da fitti boschi di castagni. Insomma, per tutti coloro che sono alla ricerca di una Versilia diversa, che cercano una totale immersione nella natura, che amano il trekking o più semplicemente perdersi in un ambiente incontaminato pur restando su strade asfaltate, ecco qualche idea per trascorrere una giornata inconsueta e godere, al tramonto, di una straordinaria vista panoramica che spazia dal golfo di La Spezia al porto di Livorno. Una valle, quella del Serra, facilmente raggiungibile, a pochi chilometri dalle spiagge eppure così intatta nelle sue peculiarità. Dopo appena qualche tornante la natura cambia i suoi tratti assumendo tutte le caratteristiche di montagna. Il turismo, nonostante la vicinanza dei maggiori centri, non ne ha ingentilito né addomesticato alcun aspetto. E’ una terra rimasta primordiale con i suoi fianchi scoscesi che tolgono il respiro,
La Valle del Serra
le vette candide delle imponenti cave di marmo incorniciate da una densa vegetazione, i torrenti che si gettano limpidi su letti sassosi per fermarsi qua e là, creando piccole piscine naturali che in estate richiamano un gran numero di estimatori, soprattutto giovani, pronti a sfidare le gelide acque cristalline. Celebre è Malbacco con le sue polle in cui ritemprarsi nelle giornate di caldo torrido, anche note come vasche della Desiata. Lungo il torrente si susseguono la cascata della Fata, quella del Cinghiale, il Pozzo della Madonna; luoghi intrisi di fascino e leggenda. La strada che sale da Seravezza verso la parete meridionale dell’Altissimo tocca il piccolo borgo di Riomagno, Malbacco e, infine, raggiunge Azzano. E’ stata originariamente tracciata, nel suo tratto iniziale fin sotto le cave di Trambiserra e di Cappella, dallo stesso Michelangelo Buonarroti, giunto in Versilia intorno al 1518 per cavare il marmo più puro e perfetto che gli era necessario per la facciata di San Lorenzo a Firenze. Occorreva realizzare un percorso che consentisse di trasportare
La strada che sale da Seravezza verso la parete meridionale dell’Altissimo tocca il piccolo borgo di Riomagno, Malbacco e, infine, raggiunge Azzano gli enormi blocchi dalla cava di Trambiserra sino al mare con la sola forza dell’uomo, avvalendosi di un complesso sistema di corde, leve e con carri trainati da buoi. All’indiscutibile suggestione paesaggistica è impossibile non collegare le molte testimonianze storiche e Michelangelo ne è l’assoluto protagonista. La sua vicenda umana e artistica in queste terre si concluse, tuttavia, di lì a poco: nel marzo del 1520 il contratto 37
La Valle del Serra
con il pontefice Leone X fu rescisso per le numerose difficoltà dell’impresa e i costi elevati, ma la sua figura ha prodotto in loco una ricca letteratura tra verità e fantasia. La pieve di San Martino alla Cappella, con il caratteristico borgo di cavatori di Fabiano, in prossimità di Azzano, è meta oggi di artisti provenienti da tutto il mondo e di appassionati, tutti sulle tracce di Michelangelo o di una geniale ispirazione. E non è un caso che sulla facciata dell’antica pieve romanica vi sia un rosone marmoreo, noto come “l’occhio di Michelangelo”, che la tradizione vuole sia stato scolpito dal maestro in persona. Un mito che non si è mai esaurito e che anzi continua a ispirare nuovi studi e avvincenti teorie. Questo seducente mix di natura e storia è ciò che più di ogni altra cosa sembra attrarre un consistente turismo straniero. Olandesi, francesi, tedeschi e persino inglesi non esitano ad avventurarsi su per la valle per conoscere la “prodigiosa” montagna dei marmi, per cimentarsi in corsi di scultura a due passi dalla vetta dell’Altissimo o per toccare con mano la realtà delle
cave e il duro lavoro dei cavatori. La semplice ospitalità conviviale è uno degli elementi caratterizzanti: sono ancora vivi nella memoria collettiva i locali storici nei quali i cavatori insieme ai “renaioli” e ai raccoglitori di marmoline (piccole gemme marmoree lavorate dal fiume) erano soliti fermarsi per un piatto di trippa, di baccalà o di succulenti “tordelli”, accompagnati da un buon bicchiere di vino. Prepò a Malbacco, purtroppo chiuso da molti anni, o la Locanda del Moro ad Azzano, oggi ristorante Michelangelo, erano il punto d’incontro tra locali e forestieri, tra i quali si trovavano spesso grandi artisti e non solo dello scalpello. Capitava così d’imbattersi in personaggi del calibro di Ungaretti, Pea, Montale, Cancogni, Testaferrata, dei Tommasi (Leone, Marcello e Riccardo). Da Prepò posero una curiosa lapide in ricordo di Stendhal. Sono trascorsi parecchi decenni, ma la valle del Serra è ancora un piccolo eden. Una meta tutta da scoprire per una breve fuga dai clamori cittadini, là dove la natura è ancora protagonista e il linguaggio della genuinità è il solo a esprimersi.
Tratto dalla rivista ForteMagazine, anno XI. Si ringraziano le Edizioni Monte Altissimo e la testata ForteMagazine per la gentile concessione
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La Valle del Serra
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Michelangelo Buonarroti
MICHELANGELO E SERAVEZZA di Antonietta Bandelloni
IL PAPA MI OBBLIGÒ A CAVAR MARMI DALLE MONTAGNE DI SERAVEZZA Non crediate che abbia avuto vita facile perché sono stato un artista riconosciuto e apprezzato da tutti anche in vita. Ho affrontato un numero infinito di difficoltà che sono iniziate fin da quando ero un bimbetto, affidato alle cure di una balia di Settignano. Fra alti e bassi non mi son perso d’animo e ho continuato per la mia strada.
La mia famiglia all’inizio m’ha ostacolato: volevano diventassi un letterato ma a me della grammatica e delle parole non importava più di tanto. Scolpire era la mia grande passione e volevo a tutti i costi prendere in mano subbia e scalpello per creare ciò che la mia mente già immaginava. Quando poi ottenni fama e successo, la situazione non è cambiata nel senso che i committenti han cercato di impormi le
Antonietta Bandelloni
Michelangelo Buonarroti è tornato Un ce la fò più a stà zitto
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loro volontà. Mi ricordo bene uno dei periodi più difficili della mia vita quando Papa Leone X, esponente della famiglia Medici, mi obbligò a cavar marmi dal monte Altissimo e da quelli attigui per un capriccio. La repubblica di Lucca aveva donato a Sua Santità quei luoghi e lui voleva a tutti i costi che cercassi lì i marmi per la facciata del San Lorenzo a Firenze, la Chiesa che apparteneva proprio alla sua casata.
Michelangelo Buonarroti
Antonietta Bandelloni
Michelangelo Buonarroti non se ne va più di me voglio raccontarvi ancora
Sciupai tanto di quel tempo per cercare dei marmi in quella zona che ancora me ne rammarico se ci penso. Dovetti anche progettare una strada che potesse arrivare dalla montagna fino al mare. Gli scalpellini del luogo erano poco avvezzi a lavorare grandi blocchi. Un giorno però avemmo fortuna e potemmo estrarre un blocco abbastanza grande di bianco. La lizza per scenderlo a valle si spezzò, un cavatore perse la vita e per poco non ci lasciai le penne pure io. M’infuriai come non mai e me ne tornai a Carrara dove erano avvezzi a trattar con me e con marmi di grandi proporzioni. Il 18 Aprile 1518 scrissi una lettera al mi’ fratello Bonarroto nella quale gli spiegavo tutta la mia delusione e l’intenzione di tornarmene in quel di Carrara: monterò subito a cavallo e anderò a trovare el cardinale dei Medici e al papa e dirò oro el fatto mio e qui lascerò l’impresa e ritornerommi a Carrara, chè son pregato come si prega Cristo… LETTERA DA SERAVEZZA A PIETRO URBANO Scartabellando a destra e a manca, questa mattina ho ritrovato una lettera che scrissi sulla spalletta del fiume a Seravezza. Chi era il destinatario? Pietro
Urbano che in quel momento si trovava a Firenze. Leone X m’aveva obbligato a cavar marmi dalle cave nelle cave di quella zona… un lavoraccio durante il quale spesi solo tempo, energie e non ne ricavai nulla. Seravezza 20 Aprile del 1519 Pietro, le chose sono andate molto male e questo è che sabato mactina io mi messi a
fare chollare una cholonna chon grande ordine, e non manchava chosa nessuna; e poi che io l’ebbi chollata forse cinquanta braccia, si rupe uno anello dell’ulivella che era alla cholonna, e lla cholonna se n’andò nel fiume in cento pezzi. El decto anello l’avea facto fare Donato a un suo chompare Lazero ferraro; e quanto all’essere recipiente, quando fussi stato buono era per reggere quatro cholonne, e a vederlo di fuora non ci parea dubbio nessuno. Poi che s’è rocto, abbiàno visto la ribalderia grande che e’ non era saldo drento niente, e non v’era tanto ferro per grossezza che tenessi quante una chostola di choltello; i’ modo che io mi maraviglio che reggiessi tanto. Siàno stati a un grandissimo pericholo della vita ctutti che eravamo actorno, e èssi guasto una mirabil pietra. Io lasciai questo charnovale questa cura di questi ferri a Donato, che andassi alla ferriera e togliessi ferri dolci e buoni. Tu vedi chome e’ m’à tractato. E le chasse delle taglie che e’ m’à facte fare sono anche, nel chollare questa cholonna, chrepate tucte nell’anello, e sono anche loro state per rompersi; e son dua volte maggiore che quelle dell’Opera, che, se fussi buon ferro, reggerieno un peso infinito. Ma ‘l ferro è chrudo e tristo, e non si poteva far peggio; e questo è che Donato si tien chon questo suo chompare, e à mandato lui alla ferriera e àmi servito chome tu vedi. Bisogna aver patientia. Io sarò costà queste feste, e chomi[n]ciereno a llavorare, se piacerà a Dio. Rachomandami a Francescho Scharfi. A dì venti d’aprile. Michelagniolo in Seraveza. A Pietro Urbano in chasa Michelagniolo schultore in Firenze. Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti ANNI DISPERATISSIMI IN QUEL DI SERAVEZZA Stamani mi son messo a consultare vecchie carte c’avevo sotto mano o meglio, 41
Michelangelo Buonarroti
erano finite sotto una panca e me l’ero proprio scordate. Si tratta di lettere che scrissi in quel di Seravezza quando Papa Leone Medici voleva a tutti i costi che andassi a cercar marmi per la facciata del San Lorenzo sul Monte Altissimo. Che tempi quelli! M’arrabbiavo un giorno sì e l’altro pure. Se negli anni a seguire ebbi una salute sempre più cagionevole fu pure colpa di quel Papa lì, ve l’assicuro. Ecco qua una lettera che scrissi in quei momenti non proprio felici al mi’ fratello Buonarroto a Firenze. M’arrivavano scalpellini poco validi e mi facevano ammattire. Prendevano i danari e poi scomparivano e il lavoro che facevano non era
Antonietta Bandelloni
Michelangelo Buonarroti guida alle mie opere fiorentine
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certo dei migliori. Per beffa poi parlavano male di me impedendomi di fatto di trovare altri validi collaboratori. Mi fecero dannare assai. Seravezza, 31 luglio del 1518 Buonarroto, degli scharpellini che vennon qua, solo c’è restato Meo e cCechone; gli altri se ne sono venuti. Ebono qua da mme quatro duchati e promessi loro danari chontinuamente da vivere, acciò che e’ potessino sodisfarmi. Ànno lavorato pochi dì e chon dispecto, i’ modo che quel tristerello di Rubechio m’à presso che guasto una cholonna che ò cavata. Ma più mi duole che e’ vengono costà e danno chactiva
fama a mme e alle chave de’ marmi per ischarichare loro, in modo che, volendo poi degl’uomini, no ne posso avere. Vorrei almeno, poi che e’ m’ànno ghabato, che e’ si stessino cheti. Però io t’aviso, acciò che tu gli facci star cheti chon qualche paura, o di Iachopo Salviati o chome pare a cte, perché questi ghioctoncegli fanno gran danno a quest’opera e anche a me. Michelagniolo in Seraveza. A Buonarroto di Lodovicho Simoni in Firenze. Data in Via Ghibellina, a riscontro alla casa de’ Guardi. LE CINQUE COLONNE DI SERAVEZZA Era l’11 marzo del 1513 quando Giovanni de’ Medici, figliolo di Lorenzo il Magnifico, salì sul trono di Pietro assumendo il nome di Leone X. Il pontefice fece da mediatore per la contesa delle terre di Pietrasanta e Seravezza. Sia Firenze che Lucca ne reclamavano animatamente il possesso ma alla fine, il pontefice, convinse Lucca a donare i territori in questione a Firenze.
Michelangelo Buonarroti
A Seravezza da tempo erano state avviate cave abbastanza produttive dalle quali si estraeva del pregiato marmo. Il papa dunque, per la realizzazione della facciata del San Lorenzo, mi obbligò a cercare i marmi proprio là. Non sarebbe stata una tragedia se gli scalpellini fossero stati avvezzi a lavorare con grandi blocchi e con gli artisti, se non avessi dovuto progettare la strada che dalla montagna arrivava al mare per far caricare i marmi, se non ci fosse scappato pure il morto e se a Carrara, per protesta, non m’avessero bloccato la partenza dei marmi che già avevo scelto per la tomba di Giulio II. La realizzazione della strada subiva con-
tinuamente dei rallentamenti aumentando i tempi di attesa. L’Arno era pure in secca e non permetteva il trasporto dei blocchi fino a Firenze …insomma, mi toccò tribolare parecchio in quel periodo. Poco a poco arrivò anche il freddo e ancora oggi, se penso a quell’inverno così rigido, mi s’accappona la pelle. Fu un periodo durissimo quello passato sull’Altissimo e sulle altre montagne seravezzine. Alla fine, fra ostacoli enormi e mille difficoltà, ricavai cinque colonne di marmo. La prima risultò avere una grande venatura nera e quindi non poteva essere adoperata. La seconda estratta, durante la lizzatura, strappò i canapi e scivolò nel fiume portandosi con sé an-
che la vita di un cavatore nella primavera del 1518. La terza e la quarta, estratte nel 1519, andarono in frantumi mentre la quinta riuscì ad arrivare integra sul cantiere della Basilica di San Lorenzo nel 1521 ma oramai il papa aveva deciso di sciogliere definitivamente il contratto. Si narra che la quinta colonna, ovvero l’unica arrivata a Firenze, sia ancora sepolta dinnanzi alla Basilica di San Lorenzo…chissà se sia così. Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti www.michelangelobuonarrotietornato.com/ www.facebook.com/michelangelobuonarrotietornato/
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Plinio Nomellini
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PLINIO NOMELLINI A SERAVEZZA
Al grande pittore labronico Palazzo Mediceo dedica un’attesa retrospettiva A quasi vent’anni dall’ultima esposizione monografica, riflettori di nuovo puntati su Plinio Nomellini, maestro della pittura italiana, con una mostra tra le più interessanti ed attrattive dell’estate in Toscana. Teatro della rentrée sarà lo splendido Palazzo Mediceo di Seravezza, patrimonio Unesco, al cuore di una terra, la Versilia, che l’artista livornese frequentò ed amò in uno dei periodi più fecondi della sua vita. La mostra – “Realtà e simboli nella pittura di Plinio Nomellini”, a cura di Nadia Marchioni – si potrà visitare dal 13 luglio al 5 novembre. In esposizione ottanta dipinti, suddivisi in sei sezioni, che ricostruiranno l’intero percorso artistico di Nomellini contestualizzandolo per la prima volta nella vitale atmosfera della sua epoca e facendo emergere il dialogo che legò il pittore ai maestri e 44
agli artisti che lo accompagnarono negli anni della formazione e della prima maturità. Una prospettiva originale, che intende riaprire il discorso critico su un artista di straordinaria rilevanza nel panorama figurativo fra Otto e Novecento, destinata ad offrire nuovi stimoli alla comprensione dell’opera di Nomellini. In esposizione, molti capolavori ed opere inedite. L’ultima grande mostra dedicata a Nomellini, datata 1998, si tenne al Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno e alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti a Firenze. Pochi anni prima era stata proprio Seravezza ad ospitare un’esposizione centrata sullo specifico momento creativo versiliese dell’artista, che visse intensamente questo territorio – soffermandosi a lungo soprattutto a Torre del
Lago e alla Fossa dell’Abate – dai primi del Novecento fino al termine della prima guerra mondiale. Diversamente da una tradizionale esposizione monografica, questa nuova mostra non si limita a presentare le sole opere di Nomellini ma le affianca e le mette in relazione con le suggestioni del contesto culturale in cui l’artista operò, con una particolare attenzione ai suoi primi e fecondi anni di attività, quando la sua giovane personalità fu più permeabile alle suggestioni
[1] L’ondata, 1924 c. [2] Marina1900 [3] Ragazza Fiorentina [4] Sulla spiaggia - Ricordo di Genova, 1514
Plinio Nomellini
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La mostra “Realtà e simboli nella pittura di Plinio Nomellini”, si potrà visitare dal 13 luglio al 5 novembre. In esposizione ottanta dipinti che ricostruiranno l’intero percorso dell'artista toscano esterne e, al contempo, foriera di sempre nuove sperimentazioni. Dagli esordi, accanto al maestro Giovanni Fattori e ai macchiaioli Silvestro Lega e Telemaco Signorini, alle giovanili sperimentazioni fiorentine vicino ad artisti anch’essi giovani (fra cui Kienerk, Müller, Pellizza da Volpedo) la mostra rivela l’attenzione
che Nomellini dedicò alla problematica sociale, il suo progressivo avvicinamento al divisionismo, la declinazione simbolista della sua visione della natura e della storia, per giungere a documentare l’intensissima stagione versiliese (1908-1919) e seguire infine l’opera dell’artista negli anni Venti e Trenta. Fra le molte opere selezionate per questa grande esposizione di Seravezza si segnalano veri capolavori come La diana del lavoro del 1893, che Nomellini realizzò negli anni in cui frequentava i circoli operai genovesi ed esponenti dei movimenti anarchici e socialisti, oppure i suggestivi La colonna di fumo (1900) e La ninfa rossa (1904), in cui emerge prepotente una visione più simbolica della realtà, o ancora i disegni originali che Nomellini realizzò per illustrare le poesie di Giovanni Pascoli, con il quale stabilì un profondo legame. In grande evidenzia, naturalmente, le opere della stagione versiliese (tra queste, La fiera a Pietrasanta del 1912-1913), anni in cui, come scrive la curatrice Nadia Marchioni “la solarità del litorale versiliese trasformò la tavolozza del pittore in una calei-
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doscopica celebrazione della natura e contribuì alla maturazione di una visione edenica del paesaggio”. (Ufficio Stampa Fondazione Terre Medicee) link utili • www.palazzomediceo.it • www.terremedicee.it
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SAV
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SAV, IL SENTIERO ALTA VERSILIA
Dodici tappe che collegano venti borghi nei Comuni di Seravezza, Stazzema e Pietrasanta Percorrendo il SAV alla scoperta delle bellezze e dei sapori dell’Alta Versilia IL SAV: un progetto di valorizzazione del territorio Il Sentiero Alta Versilia, SAV, è un percorso ad anello che si snoda attraverso i borghi storici, i boschi, le bellezze naturali e culturali che rendono l’entroterra versiliese unico ed inimitabile per la qualità e varietà del patrimonio ambientale. Dodici tappe che collegano venti borghi nei Comuni di Seravezza, Stazzema e Pietrasanta attraverso la rete delle mulattiere storiche, con tempi di percorrenza che vanno da 40 minuti fino a circa due ore, quindi alla portata di ogni camminatore con un minimo di esperienza. Esiste idealmente da sempre, dal tempo in cui non vi erano strade carrozzabili – se non nel fondo valle – ed i paesi dell’Alta Versilia erano collegati da un prezioso reticolo di sentieri e mulattiere che consentivano i rapporti tra i diversi borghi e gli scambi culturali e commerciali tra le diverse comunità Apuane. L’economia marmifera per prima suggerì la realizzazione di una rete viaria percorribile da carri, ma per vari secoli, fino all’avvento dell’automobile, si utilizzavano questi sentieri per spostarsi da un paese all’altro, sentieri che venivano manutentati di continuo proprio per il loro ruolo strategico nell’economia del bosco in cui erano impegnate intere comunità. 46
Un ruolo strategico che permane tutt’oggi nell’ottica di una valorizzazione e recupero di questi territori, concretizzatosi nel progetto SAV, Sentiero Alta Versilia. Ad ispirare il recupero da parte dell’Unione dei Comuni della Versilia di questi sentieri e mulattiere storiche è stata la consapevolezza di avere un patrimonio ambientale straordinario in cui si innesta una ricchezza culturale altrettanto straordinaria composta da Pievi, mulini, metati, dalle numerosissime tracce di un passato anche lontano che ar-
riva fino alla tradizione non scritta delle incisioni rupestri. Il Sentiero Alta Versilia è il primo tassello di una strategia di valorizzazione di questi itinerari che hanno una storia che li lega e che non hanno niente da invidiare a tanti altri percorsi che oggi sono fonte di attrazione per migliaia e migliaia di escursionisti. Una rete sentieristica ben distribuita, ben organizzata e ben integrata nel contesto dell’offerta turistica di un territorio, rappresenta un primo passo fondamentale per lo sviluppo di una mo-
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SAV
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derna concezione di “prodotto turistico” sostenibile collegato all’escursionismo, capace di interessare un target che, a livello europeo, coinvolge milioni di potenziali fruitori e che si mantiene, sulla base delle diverse analisi, in costante incremento. Un turismo sostenibile in linea con le necessità di questi territori che si propone di dare accoglienza a chi ha desiderio di natura, cultura, prodotti tipici, ospitalità e allo stesso tempo recupera e valorizza la terra, i prodotti e le energie dell’Alta Versilia.
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AGRICOLTURA BIOEROICA E I SAPORI DELL’ALT(R)A VERSILIA Intorno al SAV negli ultimi anni, sono nate e continuano a germogliare una serie di nuove attività agricole e artigiane che offrono i prodotti della montagna. Giovani laureati radicati nelle loro montagne o scappati da una vaita che non faceva per loro, giovani che hanno fatto delle scelte, trovando le loro risposte proprio su queste montagne. In questi contesti il concetto di agricoltore appare alquanto riduttivo perché il loro lavoro rappresenta un vero e
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proprio atto eroico di tutela e mantenimento del territorio e del paesaggio terrazzato. Bioeroi dell’Alt(r)a Versilia, è il nome che si sono dati questi nuovi pionieri della montagna. La riapertura del SAV è stata come un ponte culturale che ha messo in comunicazione realtà diverse radicate nei loro paesi e nelle piccole valli apuane. Se un
[1] Panorama delle Apuane dal SAV - [2] La pieve della Cappella. Itinerario 2 SAV - [3] Le capre dell’Azienda agricola Capra di Bosco - [4] le 12 tappe dell’itinerario principale ed i percorsi secondari - [5] La cascata dell’Acquapendente a Pruno - [6] La nuova APP del SAV è completamente gratuita. Una bellissima mappa con tutte le informazioni necessarie per goderti al meglio i percorsi del Sentiero Alta Versilia http://sentieroaltaversilia.it - http://webmapp.it facebook: @SAVSentieroAltaVersilia @Agricoltura-Bio-EROICA @CoopLaMulattiera @Fatticolpennato @Azienda-Agricola-CAPRA-di-BOSCO @Selve-e-metati-della-Versilia @Azienda-Agricola-Il-Castello-dal-Colle-in-Su @AziendaAgricolaCampeggioli
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SAV
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tempo il campanilismo è servito per accrescere il senso di comunità oggi, con la rarefazione della popolazione di montagna è sorta l’esigenza di uscire dai singoli paesini e di cercare di perseguire obiettivi comuni di sviluppo e tutela del territorio per mettere in rete le idee e le forze nascenti. In montagna vi è stato un vero e proprio salto generazionale in cui i saperi si sono affievoliti e a volte sono scomparsi per sempre. L’agricoltura come attività red48
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ditizia è stata abbandonata prima degli anni’50 del secolo scorso, quando tutti scappavano verso una vita migliore, e in pochi hanno continuato a mantenere in vita un’attività fondamentale per il territorio di montagna. Questi pochi uomini e donne sono stati dei fari che hanno dimostrato che comunque era possibile continuare a coltivare in zone considerate, sotto un punto di vista prettamente economico, marginali e svantaggiate. Queste nuove generazioni non si sono
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perse di coraggio ed hanno compensato queste lacune ricorrendo alla formazione partecipata: corsi auto-organizzati per imparare a gestire le piante da frutto, scambi di semi, scambi di esperienze per migliorare il processo di caseificazione, scambi di idee, organizzazioni di feste, tutto per sanare il gap generazionale e dare visibilità alla montagna, unito a una costante voglia di crescere. Una rete di aziende, cooperative e di altre realtà in divenire che possiamo in-
SAV
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contrare percorrendo il SAV, riscoprendo così le patate delle Apuane, i grani antichi, la farina di castagne, i mieli di alpeggio, il luppolo di montagna, i formaggi di capra, gli allevamenti e le qualità perdute di frutta e verdura che crescono in orti sinergici tra le piane dell’Alt(r)a Versilia. I sapori della montagna ma non solo, perché vi troviamo botteghe artigiane di coltelli, di cera-
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miche, di pennati, impagliatori e cestai, tessitrici e saponi naturali, tutto a due passi dal mare. Le singole storie dei Bioeroi sono diverse ed eterogenee ma vale la pena andarli a trovare percorrendo il SAV, raggiungerli a piedi, senza preavviso, osservarli mentre fanno la loro vita normale, assaporare i loro prodotti ma anche immergersi nel loro stile di vita. Vale la pena provare.
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[7] Trekking con gli asini a Retignano - [8] I grani antichi dell’Alta Versilia a Minazzana - [9] L’antica macina del Mulino del Frate a Pruno - [10] Coltello di Pomezzana e formaggio dell’Alta Versilia - [11] Il Metato di Retignano [12-13] Le patate e le mele dei Bioeroi dell’Alt(r)a Versilia - [14] Alcuni modelli di Pennati versiliesi. Collezione Fatti col Pennato
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territorio
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grani antichi
IL FUTURO DEI GRANI ANTICHI
La riscoperta delle antiche varietà di frumento per un’alimentazione più sana e consapevole. E per riscoprire i gusti dimenticati. Una nuova filiera emergente in Versilia 51
grani antichi
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grani antichi stanno conquistando la Versilia. I frumenti della tradizione contadina tornano alla ribalta, per i loro vantaggi sotto il profilo nutrizionale, etico e ambientale. E all’orizzonte si sta affacciando una nuova filiera agricola per riportare sulla tavola i prodotti della tradizione. Al Versilia Format di Pietrasanta lo scorso inverno si è formato un gruppo di lavoro con lo scopo di approfondire l’argomento ed elaborare nuove ricette per un’alimentazione di qualità a partire dalle farine macinate a pietra e prodotte con antiche varietà di frumento. L’interesse è stato stimolato dalla pubblicazione di Gabriele Bindi, Grani Antichi, Una rivoluzione dal campo alla tavola per la salute, l’ambiente e una nuova agricoltura (Terra Nuova Edizioni), in cui si spiega l’opportunità di accorciare la filiera, migliorare la nostra alimentazione, riscoprire i sapori di un tempo e ridare ossigeno alla nostra agricoltura. Presso l’agenzia formativa si è creato un gruppo di lavoro che mette insieme diverse professionalità, con Gabriele Bindi, Alberto Angeli del Molino Angeli, la nutrizionista Francesca Ciuffi, il pasticcere Gabriele Cini, gli chef Fernando Lorenzetti e Franco Manfredi. I primi risultati sono sorprendenti, e permettono di far pensare a una felice reintroduzione di tali farine nella ristorazione, con benefici per la salute e l’economia del territorio. Non tutti sanno infatti che per produrre pasta, pane e prodotti da forno del nostro made in Italy si usa grano prevalentemente straniero, con un elevata forza del glutine, causa di infiammazioni, intolleranze e tutta una serie di piccoli disturbi. Il grano di alta resa, infatti, è stato infatti adattato alle esigenze dell’industria, tralasciando, importanti fattori nutrizionali. I grani antichi, invece, secondo alcune importanti ricerche universitarie permettono di abbattere il colesterolo, ridurre gli indici infiammatori e prevenire altre malattie. I risultati ottenuti nel laboratorio del 52
Versilia Format dimostrano inoltre la possibilità di ridurre il contenuto di zuccheri nei prodotti pasticceri. Dopo la fase di sperimentazione scatterà una fase operativa con l’obiettivo di costruire una filiera e formare nuove professionalità in grado di dare una risposta alle esigenze di un alimentazione di qualità, nel rispetto della salute e dell’ambiente. Il grano e il pane della Versilia Il pane è l’emblema stesso del nutrimento, che ha suggellato un patto di ferro tra campagna e città per intere generazioni. Erano i tempi in cui contadini, mugnai e panificatori costruivano l’ossatura delle economie locali. Non possiamo tornare al passato, dobbiamo guardare avanti, e interrogarci sulla provenienza del nostro cibo, la sua qualità, che va dagli aspetti nutrizionali a quelli ecologici. Questa concretezza del pane quotidiano e del cibo in genere oggi sembra sfuggirci di mano. Dal campo alla tavola si è aperta una voragine, una distanza enorme, con passaggi intermedi che sfuggono alla nostra comprensione. Per accelerare la produzione si cospargono i terreni di concimi e pesticidi di sintesi. E si prosegue nelle fasi successive con una serie di artifici, dalla conservazione alla molitura, fino ai vari additivi per la panificazione. Nell’era del consumo globale il prodotto finale ci arriva così sfigurato, privo di gusto, senza più legami col territorio, senza riguardo per chi lo produce e per le sorti del Pianeta. In Toscana la produzione dei grani antichi è cominciata nel 2004, grazie all’importante lavoro di ricerca del dottor Stefano Benedettelli, genetista e docente della facoltà di Agraria dell’università di Firenze, uno dei personaggi chiave di questa riscoperta dei grani antichi su tutto il territorio nazionale. Ad affiancarlo da subito ci sono state figure importanti, ancora oggi impegnate nel lavoro di costruzione di filiere locali; ricor-
grani antichi
Il pane è l’emblema stesso del nutrimento, che ha suggellato un patto di ferro tra campagna e città per intere generazioni. diamo in particolare Marco Bignardi, presidente del Coordinamento toscano produttori biologici, Claudio Pozzi e Riccardo Bocci della Rete semi rurali. Da allora sono stati fatti molti passi in avanti con la costruzione di diverse filiere, che a macchia d’olio sono riuscite a contaminare quasi tutta la Toscana e costituiscono esempi invidiabili di una nuova economia sul territorio. Un’opportunità per il nostro entroterra Gli anziani del luogo confermano: i campi di grano erano ovunque, nei piccoli fazzoletti di terra, sulle colline, in montagna, a pochi passi dal mare. Dove oggi ci sono palazzine, campeggi, supermercati, automobili, nelle zone che oggi consideriamo turistiche e ornate di ville con giardini. E attorno a essi si affacciavano i mulini. In Alta Versilia si estrae da circa 2000 anni il marmo dalle Alpi Apuane: un tempo si affiancava alle attività tradizionali, come la silvicoltura, la pastorizia e l’agricoltura di sussistenza. Oggi, invece, da questi monti si cavano in un anno circa 5.000.000 di tonnellate di marmo bianco. Praticamente si smontano le montagne come fossero dei lego, i cui pezzi vanno però perduti per sempre. Si sente spesso parlare di agri marmiferi. Come se le cave fossero dei campi da arare e la pietra fosse un frutto che cresce e si rinnova ogni anno. Il frumento, al contrario del marmo, si può coltivare. E se lo semini, ogni anno ricresce. Il molino Angeli di Pietrasanta, un po’ nascosto tra la campagna e il borgo del Crociale, ha una professionalità di più generazioni nella macinazione a pietra. Non per niente è stato scelto dal professor Benedettelli, per compiere suoi studi approfonditi sulle farine. Alberto Angeli, che proviene da una generazione di mugnai, nel frattempo, si è fatto portatore di diverse iniziative sulla panificazione con i
grani antichi e sul recupero di una filiera del pane in Versilia. Nel 2016, per il primo anno, sono stati trebbiati 5 ettari tra gli uliveti e le poche aree agricole rimaste. La raccolta è stata di circa 50 q del miscuglio tenero. “Purtroppo non sarà possibile certificarlo biologico” dice Alberto, con una nota di rammarico. “Prima di tutto per le dimensioni ridotte delle parcelle, ma soprattutto perché si tratta di terreni non di proprietà, affidati in amicizia e senza contratto. Da queste parti il terreno vale più dell’oro, e le speculazioni immobiliari sono sempre dietro l’angolo”. Ecco che tornare a coltivare frumento ha un significato in più: sottrarre il terreno alla speculazione edilizia. Nel 2017 intanto siamo già passati a circa 18 ettari coltivati, e la farina da grani antichi della Versilia sta andando letteralmente a ruba. Per chi vuole approfondire l’argomento suggeriamo la lettura Grani Antichi di Gabriele Bindi, in cui si spiegano i vantaggi delle antiche varietà dal punto di vista agricolo, economico, nutrizionale. Per non parlare dei sapori ritrovati. Non si tratta di un ritorno a un passato mitologico, è un modo di guardare al futuro, rispettando la terra e dando la giusta dignità ai coltivatori. Il libro raccoglie la testimonianza e l’esperienza di medici, nutrizionisti, genetisti ed agronomi. Risulta chiaro che le ibridazioni del grano moderno hanno contribuito ad incrementare la celiachia insieme a tutta un’altra serie di problemi di salute. Non facciamoci illusioni: al momento l’unico rimedio è l’eliminazione totale del glutine dalla dieta, i grani antichi non possono certo fare miracoli, ma allo stesso tempo è giusto fare prevenzione. “Per me era importante far capire una cosa” spiega Bindi “il grano che oggi va per la maggiore non crea problemi soltanto ai celiaci, ma anche ai soggetti sani, senza predisposizioni genetiche particolari. Il rischio è quello di avvelenarci lentamente, per poi accorgercene troppo tardi”. 53
Amici della via Francigena Pietrasanta
NOI “AMICI DELLA VIA FRANCIGENA PIETRASANTA” I
o, Daniela e Alberto ci conosciamo da una vita. Storie di figli a scuola in comune, scampagnate, gite in montagna, uscite in barca, impegni sociali e tanti bei momenti, poi i figli crescono, ognuno prende la sua strada e come si sa, la quotidianità della vita ti allontana. Delle volte però le cose non vanno proprio così e questo è il caso nostro. C’era qualcosa del nostro stare insieme che ci legava di più, qualcosa che non era materializzabile che, non si poteva toccare. Non era un legame dovuto al lavoro, all’incontrarsi tutti i giorni a prendere il caffè o a comprare il giornale: era qualcosa di più forte ma, sottotraccia che la vita un giorno ci ha messo di fronte. Tutti venivamo da esperienze di Cammino. Io e Alberto avevamo fatto il Cammino di Santiago dalla Francia e dal Portogallo fino a Finisterre. Anche Daniela con la sua famiglia era arrivata a Santiago ed aveva iniziato a tappe la Via Francigena.
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Il Cammino ti segna e ti insegna. Ti lascia qualcosa che non ti togli più di dosso. Impari la condivisione, la sopportazione, la tolleranza, il rispetto, l’essenziale. Ti toglie la paura del diverso, la paura dell’ignoto. Ti riordina le priorità della vita. Questo succede a tutti, nessuno escluso, non importa la motivazione che ti ha portato a farlo, non importa se sei pellegrino o viandante, credente o ateo, cattolico o protestante. E’ così, succede e non sai perché; ma una cosa ti rimane dentro ed hai un debito da ripagare per quello che il cammino ti ha dato. Devi far partecipe gli altri di quello che si prova e che il cammino ti dà. Un giorno quindi, dopo che ognuno era a conoscenza delle esperienze dell’altro, ci siamo detti: “Ma perché non ci impegniamo a valorizzare il cammino che passa sotto casa nostra?” Ovvero..” la Via Francigena”. E così “in quattro e quattr’otto” nasce il
gruppo Facebook “Amici della Via Francigena Pietrasanta”. Parliamo con l’amico Daniele che fa parte dell’amministrazione comunale e gli raccontiamo l’idea. - “Pietrasanta è tappa ufficiale della Via Francigena, lo sapevi?” - “la Via Francigena...e cosa è?, e cosa c’entra Pietrasanta?, I pellegrini? Ma chi sono? Dove vanno?” Una miriade di domande, con risposte per noi ovvie, ma difficilmente comprensibili da chi non ha vissuto certe esperienze. Ci confrontiamo con il nostro Comune, facciamo proposte, presentiamo un Progetto. Tanto entusiasmo, tanta voglia di fare. Intanto il gruppo Facebook cresce, si aggiungono amici da tutte le parte d’ Italia, persone bellissime che abbiamo conosciuto lungo le vie del mondo e che diventano veicolo delle nostre idee. La cerchia si allarga e con Samantha, una pellegrina di Lucca, partecipiamo ad una sua iniziativa: percorrere la Via Francigena a tappe, portando dei messaggi di pace raccolti durante le feste natalizie a Papa Francesco. Il 9 gennaio 2016 ci ritroviamo all’ostello di Altopascio. Dopo chilometri e chilometri, risate, condivisioni e pici, finalmente arriviamo a Roma. Siamo partiti in quattro “sotto l’acqua”. Alla fine, sempre “sotto l’acqua” arriviamo in venti provenienti da tutte le parti di Italia, ad incontrare Papa Francesco. In un anno sono state fatte tante cose: la Giornata del Pellegrino, convegni, camminate ed inaugurazione di opere riguardanti i pellegrini e la Via Francigena, l’inaugurazione del cippo che segna i 450 km a Roma. In particolare un amico scultore, Matteo Castagnini regala alla città di Pietrasanta tre simboli importanti per la Via Francigena: due formelle in terracotta e una in bronzo.....che non potete perdervi !
Amici della via Francigena Pietrasanta
FRANCIGENA TUSCANY MARATHON...”Ma tutto questo non ci basta”... Vogliamo coinvolgere la cittadinanza, vogliamo far conoscere ai pellegrini di tutta Italia la bellezza della “nostra “Via Francigena...e quindi una nuova sfida.... Così nasce l’ idea di una vera e propria maratona camminando. L’ispirazione lo scorso giugno ad Acquapendente. Partecipiamo come gruppo alla maratona di cammino che parte da Acquapendente e arriva a Montefiascone: 2500 partecipanti...bellissimo! “Dobbiamo organizzarla anche noi!” Percorso ideale da Pietrasanta a Lucca.
Un’ idea forse troppo grande, ma che alla fine dell’estate è ancora lì! Primo problema la data. Ne parliamo con Daniele e Lora e decidiamo per il 24 settembre. Al gruppo storico si uniscono: Luca, Piero, Annalisa, Chiara, Yuri, Paolo e fondiamo l’Associazione di promozione sociale “Amici della Via Francigena Pietrasanta”. Siamo diventati grandi: il gruppo virtuale nato su Facebook un anno e mezzo prima, ora diventa una cosa concreta! Troviamo la collaborazione della Misericordia di Lucca, di Lucca Ospitale, dell’UOEI Pietrasanta. Il patrocinio di tutti i Comuni, della Regione Toscana, dell’Associazione Europea Vie Francigene, dell’Associazione Toscana della via
Francigena e dei Cammini, e della Conferenza Episcopale Italiana. Ci contatta Radio Francigena e la rivista Camminare. Torniamo sul luogo del “delitto”, Acquapendente. Parliamo con Sergio Pieri, una persona stupenda. Un mare di consigli, entusiasmo contagioso ed un gemellaggio tra eventi con lo stesso obiettivo. Tanto interesse, disponibilità, partecipazione. Tanti che ti dicono io ci sarò, come posso darti una mano? Ci stiamo convincendo che abbiamo seminato bene, che sarà una bellissima giornata, tanta gente, tanti sorrisi e per noi, forse, tanta ansia e fatica. Ma ci piace farlo perché Camminare è condividere e siamo certi che condivideremo un evento indimenticabile.
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Sempre in cammino. Mai seduti!
“SEMPRE IN CAMMINO. MAI SEDUTI!”
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erso una meta, capaci di cogliere il senso degli eventi e farli diventare esperienza di vita. Perché il cammino è la vita come dovrebbe essere, è una strada propria, unica. E la strada ha davvero una grande capacità evocativa, simbolica perché ci richiama all’esperienza della vita, che non è mai un qualcosa di acquisito definitivamente, ma è esperienza da conquistare e gustare giorno dopo giorno, passo dopo passo. Nella vita si fa esperienza di strada: ostacoli, fatiche, difficoltà, paure ma anche bellezza, gioia, novità, incontri, ecc. In sintesi potrei dire: che la strada è una scuola di vita e la vita è una scuola di cammino. E Mauro Talini (1972-2013) – toscano, ciclista diabetico, insulino dipendente, ha imparato molto dalla strada; a fare scelte, a dare significato, a vivere la “spiritualità del cammino” cioè uno stile di vita, un modo di essere. In bici, ha percorso 45.294 km nelle sue imprese ufficiali, senza contare tutti i km quotidiani, ordinari circa 17.000/18.000 ogni anno. Con intelligenza, ha trasformato il limite della sua patologia, il diabete, in una sfida, in una opportunità; (ricordiamo che né è stato colpito all’età di 11 anni), con semplicità ha coltivato nel cuore grandi 56
sogni e grandi ideali; con umiltà ha vissuto con coerenza gli ideali in cui credeva. Uomo di pace. Trasmetteva serenità, coraggio e tanta speranza portando instancabilmente il messaggio “Diabetes no limits e povertà no limits”. E’ leggendo dai suoi diari, dai suoi “appunti” di viaggio che posso tracciare, senza dubbio, alcune parole che caratterizzano la “spiritualità del cammino”. Perché, mi piace sottolineare che noi non camminiamo tanto per camminare: altrimenti il nostro sarebbe solo un girovagare, cioè letteralmente un andare in tondo senza partenza e senza arrivo! “Se questi viaggi avessero solo uno scopo per me stesso sarebbero una cosa egoistica, e non avrebbero senso, secondo me. Questi viaggi hanno intensificato la condivisione con gli altri prima della partenza, durante il viaggio e soprattutto dopo, al ritorno. Anzi la mia vita si è arricchita nel rapporto con gli altri proprio grazie a questi viaggi: quando torno incontro gente, racconto la mia esperienza, parlo, ascolto... La vita ha senso così... “Sono dell’idea che qualsiasi sogno vogliamo realizzare e qualunque cosa vogliamo fare nella vita dobbiamo iniziarla
il prima possibile! L’audacia racchiude in se genio e magia ed è capace di fare emergere forze che anche noi stessi non sappiamo di avere. A cosa serve avere un obiettivo elevato? Serve a non mollare mai!” “Viaggio in solitaria anzitutto perché più sto solo più interiorizzo, più riesco nella preghiera, più riesco a capire le cose (anche a gestire il diabete). Capisco di più quello che voglio: è un viaggio interiore... Ho sempre preferito i fatti alle parole... Questi momenti di interiorità, di silenzio mi hanno aiutato a conoscere meglio me stesso, il diabete, i miei punti di forza e i miei limiti e permesso successivamente di stare bene con gli altri e di relazionarmi con più facilità. Stare da soli in alcuni momenti della vita, se vissuti bene ci dà la possibilità di guardare meglio dentro noi stessi e di apprezzare poi con più gioia e più serenità i momenti di condivisione con gli altri ... e poi in fondo non sono solo: ho la bici, il diabete, Gesù e Maria.” Da queste tre esperienze traccio le prime parole caratteristiche della “spiritualità del cammino”: la bellezza dell’interiorità, il silenzio, il desiderio. I l cammino ci aiuta “a guardarci dentro” in profondità. Ci permette di conoscere noi stessi, i doni e i limiti, di vedere i sogni e i desideri che abitano nel nostro cuore. Ci fa andare con decisione, ci fa fare scelte precise, ci dà la forza, la gioia e la determinazione del “non mollare mai”. Ma soprattutto più entriamo in noi stessi... più abbiamo la capacità di accogliere e di andare incontro all’altro! L’altro diverso da me... “Appena partito un camioncino sorpassandomi mi ha urtato sul fianco, ma miracolosamente sono riuscito a non cadere. La strada è un pericolo continuo. Oggi ho pedalato quasi sempre con il vento contro: una sofferenza continua, lunga 133 Km. ... Quello che accomuna tutte le esperienze di questi anni è che quanto più soffri tanto più apprezzi il senso della vita.
Sempre in cammino. Mai seduti!
“Oggi sembrava un giorno tranquillo... poi si è scatenato un vento da paura! Da lontano vedevo tutta la sabbia sollevarsi, ma finché non sono arrivato dove c’era il vento non mi sono reso conto di quanto fosse forte, pazzesco. Ho messo la bici in orizzontale a terra e le ruote, nonostante le borse che le riparavano, giravano all’impazzata! Il vento mi sbilanciava in continuazione e con i camion che passavano è stato difficile... Ecco altre parole caratterizzanti: la sofferenza, la fatica, le difficoltà. Vivere il cammino è spogliarsi delle sicurezze, affidarsi all’imprevisto, sperimentare la precarietà, rischiare. Faticare. Sudare. Adattarsi. Si dice che chi non soffre non vive. Forse è un concetto un po’ esagerato ma vale la pena tenerlo a mente. Soffrire: voce del verbo amare! La “spiritualità del cammino” ci insegna soprattutto un linguaggio nuovo, non tanto nelle parole come significato puramente linguistico, quanto nella categoria di senso, di profondità e di particolare sensibilità. Altra parola, a mio avviso, importantissima, che ci permette di vivere, con spessore e con le emozioni più belle e desiderate è la libertà. Mauro ce la trasmette attraverso questo racconto: “Oggi ho perso la bandiera. Nei giorni passati pensavo: “la bandiera prima o poi la perdo”. E pensavo anche sinceramente che mi sarebbe dispiaciuto... Così questo presentimento si è realizza-
to. Quando è successo mi è dispiaciuto tantissimo, ma subito dopo ho pensato che mi ero liberato di una preoccupazione, in quanto in fondo la bandiera non era un bene vitale di cui non potessi fare a meno. Quante volte nella vita di tutti i giorni ci attacchiamo a certe cose che rendono schiavi? Sinceramente ho avuto la tentazione di tornare indietro per qualche km, ma mi sono chiesto: “per cosa? Per la bandiera? Ma dai!” Liberandomi alla fine da questo pensiero d’attaccamento, ho ripreso il mio cammino, ma il caso ha voluto che incrociassi una famiglia che mi aveva già visto... ripercorrendo la strada che ho fatto io, in senso inverso, così chiedo loro di far caso lungo il tragitto a una bandiera perduta... Si, l’hanno veramente trovata e sono tornati indietro a consegnarmela. Quando me l’hanno ridata...che gioia! Mi ero distaccato da quella bandiera, e averla avuta indietro mi ha permesso di sperimentare la bellezza della gratuità...” Essere persone libere, distaccate, libere di camminare, di scegliere sempre ciò che è bene. Libere di sbagliare, di perdonare e di ricominciare. Di costruire, passo dopo passo, il progetto che ci realizza: l’amore. Scoprire che l’amore sempre avanza, mai si ripete, è sempre nuovo da inventare ogni giorno. L’amore è attenzione, sensibilità alle piccole cose, incontro, scambio, contemplazione. La strada dell’amore è fatica, gioia, rinuncia, impegno, gratuità, solidarietà.
Ecco allora sempre in cammino, mai seduti, - tutt’al più, solo sulla sella di una bici - per uscire da noi stessi, per aprirci alla vita piena e vivere la “spiritualità del cammino...”. Affascinante avventura ... che l’Associazione Ancora in Viaggio - Onlus ha iniziato nell’anno 2015, per educare alla conoscenza e prevenzione del diabete mellito tipo 1, per sensibilizzare ai valori dello sport, per promuovere la solidarietà con gesti di amore, per diffondere e testimoniare una cultura di pace. E la meta è precisa: aiutare e sostenere quei bambini e ragazzi diabetici e/o con disabilità che vivono in situazioni di disagio, di sfruttamento, di povertà qui e nei paesi in via di sviluppo! Ma un’ultima cosa: camminiamo insieme, è molto, molto più bello! Se vuoi ricevere informazioni e/o richiedere il libro di Mauro Talini “Oltre il limite la speranza! – Diario di un ciclista diabetico che ha percorso il Sud America per solidarietà, contattaci!
Marta Graziani - mipk ANCORA IN VIAGGIO Onlus Diabetes no limits e povertà no limits Via Casina 40, Quiesa 55054 MASSAROSA LU Tel. 0584.974539 cell. 3485100746 C.F. 91048720469 www.maurotalini.it odv.ancorainviaggio@gmail.com
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territorio
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LA CAPPELLA: IL BARDIGLIO OLTRE LA PIEVE... 59
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C’è anche un altro buon motivo per visitare la Cappella, che si aggiunge al desiderio diffuso di ammirare la Pieve di S. Martino ...un percorso illustrato consente di osservare e comprendere alcuni aspetti dell’attività estrattiva nel Monte della Cappella di Antonio Bartelletti
L’AREA ARCHEOMINERARIA Fabiano e la Cappella sono conosciuti in Versilia (e non solo) per la Pieve medievale di S. Martino, con la sua tozza e massiccia torre campanaria, che forse la precede come età di costruzione. Il luogo è tra quelli più visitati dai turisti e più amati dai versiliesi, poiché la Cappella porta in sé la migliore sintesi possibile tra storia, ambiente e paesaggio dell’entroterra di Seravezza. Unico è anche il panorama che si gode affacciandosi da questo ripiano orografico, con la possibilità di spaziare dal litorale della Versilia fino alle cime delle Alpi Apuane: da Forte dei Marmi al M. Altissimo. C’è anche un altro buon motivo per visitare la Cappella, che si aggiunge al desiderio diffuso di ammirare la Pieve di S. Martino e di riposarsi all’ombra degli ultimi cipressi del suo cortile murato. Da poco più di un decennio, un breve ed agevole percorso illustrato consente di osservare e comprendere alcuni aspetti dell’attività estrattiva nel Monte della Cappella, così 60
come si è andata sviluppando tra l’Otto e il Novecento. Si scende dalla Pieve lungo la storica mulattiera selciata per Fabiano e per il fondovalle di Riomagno e Seravezza. Dopo la prima curva a destra, si rasentano due imponenti bastioni di contenimento che portano incisa la data del 1878, ad indicare probabilmente il periodo di più intensa attività di cava e di costruzione di questi grandi muri a secco. Al successivo tornante si lascia la mulattiera verso destra e si segue l’itinerario di visita all’area archeomineraria, passando vicino a vecchi saggi di cava, le cui discariche (“ravaneti”) appaiono oggi in via di rinaturalizzazione. Il percorso di visita ci offre immediatamente una prima cava musealizzata (Cava A). Il saggio estrattivo è stato ottenuto, a suo tempo, forzando le fratture naturali della roccia, sia con cunei di ferro, sia con esplosivo. Sul suo lato sinistro, sono ancora evidenti tracce di abbattimento di blocchi informi lungo il piano di fratturazione del ‘verso’, seguendo l’immersione
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[1] Cava (A) lungo percorso archeominerario - [2] La Pieve e le cave della Cappella in un'immagine degli anni venti - [3] Cavatori alle cave Cappella intorno al 1935 - [4] Mappa dell’area archeomineraria della Cappella
a sud-ovest del sistema di scistosità principale dell’ammasso marmoreo. Il fronte di cava è poi avanzato nel “monte”, per alcuni metri, sfruttando ai lati, due fratturazioni, appena convergenti, del piano del ‘secondo’. Sul fondo della cava, il distacco degli ultimi blocchi ha lasciato delle superfici subverticali, corrispondenti al piano del ‘contro’. Sul piazzale di lavoro sono rimasti abbandonati diversi blocchi, già riquadrati dagli scalpellini. Il percorso di visita propone, dopo poco, una seconda piccola cava musealizzata (Cava B), dove prevalgono avanza-
menti estrattivi con esplosivo, per cui il sito non mostra forme strettamente dipendenti dai piani di fratturazione naturale del marmo. Anche in questo secondo piazzale di cava si trovano blocchi riquadrati a “mazzetta e subbia”, con un letto di scaglie di percussione particolarmente ricco. Significativa è poi la presenza di un manufatto con gradini e plinto di colonna, che testimonia a quale avanzato stadio di semilavorazione venissero talvolta portati i blocchi estratti. In questa parte più elevata del Monte della Cappella, i fronti estrattivi recano tracce di tecniche rudimentali, che si sono perpetuate anche in tempi moderni. La conduzione delle cave – di tipo familiare e/o “artigianale” – consentiva limitate produzioni di piccoli blocchi e soprattutto di semilavorati in marmo bardiglio, per utilizzi architettonici civili e religiosi. Guardando intorno al percorso è possibile ritrovare traccia degli antichi sistemi di trasporto dei materiali estratti. I manufatti qui ottenuti e già riquadrati sul piazzale di cava, venivano poi 61
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fatti scivolare per gravità sopra grandi slitte (“lizze”) di legno di faggio, che percorrevano lentamente vie ripide e selciate (“vie di lizza”), oppure erano trasportati da possenti teleferiche. Frequenti sono le buche di alloggiamento dei “piri”: cioè dei ‘pioli’ attorno ai quali venivano avvolti i cavi per controllare la discesa dei blocchi verso valle. Lungo tutto il percorso affiora il bardiglio Cappella, un marmo di intenso colore grigio morato, che si caratterizza per la presenza di una listatura sul fondo, a fasce parallele azzurro-chiare, con leggere sfumature bianche. Bardiglio deriva dallo spagnolo pardillo, diminutivo di pardo, cioè ‘grigio’. Il colore è dovuto alla diffusione di pirite microcristallina. Quando viene frantumato, il bardiglio emette, per breve tempo, un tipico odore solfureo. LA STORIA DELLE CAVE L’inizio dell’attività estrattiva nelle cave del Monte della Cappella è incerto. C’è chi lo fa risalire al periodo romano, c’è chi lo pone, più verosimilmente, dopo l’anno Mille. Di sicuro, i 62
Bardiglio deriva dallo spagnolo pardillo, diminutivo di pardo, cioè ‘grigio’ marmi bianchi e i bardigli del luogo sono serviti, nel XII-XIII sec., per il paramento murario, in opus quadratum, rispettivamente della Pieve di S. Martino e della sua torre campanaria. Si hanno poi notizie frammentarie ed indirette di escavazioni nelle cave della Cappella per tutto il XV sec., quando un difficile collegamento viario, con il fondovalle e la pianura litoranea, limitava notevolmente la produzione lapidea. Il 18 maggio 1515, gli Uomini delle Comunità di Seravezza e
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[5] Veduta panoramica dell’area archeomineraria della Cappella - [6] Bastioni a secco lungo la mulattiera del tratto Cappella-Fabiano - [7] Buco per piro lungo una via di lizza - [8] Blocco di marmo bardiglio semilavorato
della Cappella donavano alcune loro pertinenze alla Repubblica e al Popolo fiorentino “pro marmoribus cavandis”. In quegli atti si ricordano gli agri marmiferi del territorio, tra cui “Montes Capellae, Finuculariae et Costae”. Nel 1518, Michelangelo Buonarroti costruiva la strada carrabile nel fondovalle del Serra, da Seravezza fino alla base dei bacini di Trambiserra e della Cappella, favorendo così il successivo sviluppo estrattivo della zona. Michelangelo ha poi estratto marmi dalle cave della Cappella per la facciata mai realizzata della chiesa di S. Lorenzo a Firenze. Un ulteriore impulso alle cave della Valle del Serra si deve al Granduca Cosimo I de’ Medici (1567), che spinse la “Via dei marmi” fino al M. Altissimo ed inviò in Versilia diversi scultori ed architetti (Vasari, Ammannati, Giambologna, Danti, Moschino, Fancelli, ecc.) per ricavare marmi dalle cave di Ceràgiola, Cappella, Trambiserra, Altissimo e Stazzema. Nel XVII sec., le cave della Cappella hanno continuato a fornire
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i marmi bianchi e i bardigli soprattutto per l’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze. Un documento del 1687 ricorda, per la prima volta, le produzioni di mattonelle quadrate in marmo per pavimenti (chiamate “marmette” o “quadrette” o “ambrogette”), che hanno caratterizzato per quasi tre secoli l’impresa estrattiva delle cave della Cappella. Non a caso, gli abitanti del vicino paese di Fabiano erano detti “piastrellai” proprio perché prevalentemente occupati in questa lavorazione. Il Settecento ha visto gli agri marmiferi della Cappella intensamente coltivati per “opere di quadro”, quali “colonne, stipiti di porte, caminetti, tavole e ambrogette da pavimento”. Nel 1768, le cave raggiungevano il numero di 21, per poi salire a 27 verso il 1850, con ben 114 scalpellini al lavoro. Fino alla metà del XIX sec., le cave della Cappella erano concentrate nella parte medio-bassa dell’omonimo Monte, lungo l’affioramento, oggi esaurito, dei marmi bianchi. Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, l’escavazione si spingeva anche nelle 63
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[9] Marginetta cave Cappella - [10] Le cave di Trambiserra dalla Bifora del campanile della Cappella
parti più elevate del versante, quasi a ridosso della Pieve di S. Martino e del paese di Fabiano. Per buona parte del Novecento, le vie di lizza e le teleferiche hanno continuato a discendere i blocchi estratti, fino ai poggi caricatori nel fondovalle, sulla riva sinistra del fiume Serra. Negli anni Sessanta dello stesso secolo, la strada di arroccamento e il trasporto su gomma hanno fatto appena in tempo ad insediarsi che, di lì a poco, l’attività delle cave di marmo della Cappella si è conclusa, lasciando notevole traccia di sé ed un paesaggio minerario unico e suggestivo. 12 ANNI FA L’INAUGURAZIONE CON BEPPE L’area archeomineraria della Cappella è stata aperta al pubblico il 29 luglio 2005. Le cronache ci raccontano di una giornata torrida, forse la più rovente ed afosa di quell’anno. Tuttavia, Il caldo impietoso non scoraggiò la partecipazione di un discre-
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to numero di turisti ed appassionati, che erano saliti fino a Fabiano con l’interesse e la curiosità di vedere il primo percorso turistico costruito intorno ad un nucleo di antiche cave, dove riconoscere diversi secoli di attività estrattiva. Quella del 2005 fu un’inaugurazione familiare e fatta a più mani. Intorno a Giuseppe Nardini, armato di forbici, c’erano il Sindaco di Seravezza, Enrico Mazzucchi ed il Presidente della Comunità Montana “Alta Versilia”, Andrea Giorgi. A Beppe fu dato il privilegio di tagliare il nastro come Presidente del Parco delle Alpi Apuane, dopo aver ceduto al pressante invito dei colleghi amministratori. Non poteva essere altrimenti! Il “nostro” era stato un sostenitore dell’iniziativa e, in quel momento, rappresentava anche l’ente che più di altri si era speso nel recupero di un luogo così ricco di storia e di cultura materiale. Il programma di quel giorno aveva offerto ai convenuti una visita illustrata lungo i circa 400 metri di percorso, tra saggi di cava, blocchi di bardiglio, imponenti muri a secco ed accumuli di detriti prodotti da una lunga ed incessante attività estrattiva. La cerimonia aveva avuto il momento più coinvolgente con la benedizione, da parte del pievano Don Hermes, della nuova icona marmorea, posta in opera all’interno della “marginetta” prossima alle cave della Cappella. Il bassorilievo, con l’immagine del “battesimo sulle rive del Giordano”, era stato realizzato dallo scultore francese Philippe Delenseigne nell’atelier di “Recuperando” a Forte dei Marmi. Sull’icona è stato scritto: “Apuanarum Parricus/ F(aciendum) C(uravit) A(nno) D(omini) MMV”. La traduzione non letterale è la seguente: “Il Parco delle Apuane fece fare nell’Anno del Signore 2005”.
Un’opera grande in Versilia
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Azzano Gomel
LEZIONE INCONSAPEVOLE La colonia Azzano Gomel - di Andrea Nicolini La colonia nasce nel 1996 da un’idea di due persone: Ernesto Giannini, imprenditore nel settore lapideo, e Don Ermes parroco della Chiesa di S.Martino alla Cappella. Da venti anni la colonia si svolge nella struttura dell’ex asilo Cidonio ad Azza-
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no, in una struttura d’altri tempi, che ospita annualmente 20 bambini provenienti dalle principalmente dalle regioni del sud della Bielorussia. Le regioni di provenienza dei bambini sono principalmente quelle nella parte sud del paese: soprattutto Gomel e Brest. I bambini per tutto il periodo di vacanza frequentano il nostro mare, posto ideale per far respirare l’aria ricca di iodio, estremamente benefico per la tiroide (organo che viene aggredito dalle problematiche dovute alle radiazioni), elemento che nel loro paese d’origine è totalmente assente, in quanto lontanissimo dal mare. Durante il periodo di permanenza i bambini vengono a conoscenza delle tradizioni versiliesi, tramite appuntamenti che ormai sono diventati fissi come ad esempio: la tradizionale foca-
ta di S. Lorenzo, i fuochi d’artificio di S. Ermete, Ferragosto al campo sportivo di Minazzana (compreso la gavettonata finale); conoscono gli altri paesi della montagna seravezzina grazie alle P.A., che organizzano cene e intrattenimenti per loro; visitano le località più rappresentative come Pisa, Lucca, Pietrasanta, l’oasi ecologica del lago di Massaciuccoli e di Porta, venendo anche conoscenza della centenaria tradizione della lavorazione del marmo, grazie al parco archeominerario della Cappella e alle cave di Carrara. L’organizzazione di ogni aspetto della colonia è gestito in maniera completamente volontaria, da persone abitanti nei paesi della montagna. Da qualche anno un gruppo di medici volontari segue la colonia offrendo un check up completo ai nostri piccoli ospiti, in modo di dare una solida base di
Azzano Gomel
partenza, altamente professionale, per eventuali terapie da intraprendere nel paese di origine, data la condizione non abbiente delle famiglie di provenienza, in modo da alleviare il più possibile le spese mediche che dovranno sostenere. Grazie alla generosità della Versilia, la colonia raccoglie ogni genere di bene che possa essere utilizzato dai bambini: dal vestiario, borse, scarpe, biancheria intima, e come da tradizione interna alla colonia un piccolo starter pack per la scuola comprendente, zaino, quaderni, penne matite etc. Questa piccola introduzione mi sembrava doverosa per far conoscere le attività della colonia, adesso vorrei parlare della mia personale esperienza. Vorrei raccontare due episodi della mia vita drammaticamente opposti per sensazioni che mi hanno dato, ma uniti da una stessa caratteristica: lo sconvolgimento della mia personale percezione del mondo. La prima esperienza mi riporta con la mente all’anno 2012 caratterizzata dalla diagnosi di una brutta malattia che ha colpito la mia esistenza, nonostante una vita molto regolare. La spada di Damocle ha rotto il suo sostegno e mi ha colpito in profondità tant’è che ancora oggi ne porto i segni addosso. Dopo questa esperienza la vita mi sem-
bra piuttosto effimera, tanto che nei momenti di tristezza più profonda salta alla mente se veramente vale la pena di soffrire tanto se poi da un giorno all’altro potremmo ritrovarci nel mondo dei più. Come dice il detto, la notte è più buia un attimo prima dell’alba……io ho avuto la mia alba, scoprendo una realtà che prima avevo solo sentivo dire, un racconto fatto da altre persone, una realtà che, nonostante la vicinanza alla mia amata montagna seravezzina, non mi ero mai curato di approfondire. La Colonia Azzano-Gomel, proprio in un momento piuttosto duro del mio percorso, all’improvviso come un fulmine a ciel sereno, entra nella mia vita e scopro una potente fonte di gioia, tranquillità e ispirazione, che magari credevo di non poter sperimentare più. Questa è la mia seconda esperienza di cui vorrei parlare, totalmente diversa dalla prima ma ugualmente – in positivo- sconvolgente. Sono arrivato ad Azzano in una caldissima giornata di agosto ancora “mezzo convalescente” e tutto era nuovo: sentivo confusione, una lingua sconosciuta, urla, schiamazzi…..magari è routine, per chi conosce posti frequentati da 20 vivacissimi bambini. Bambini che, purtroppo, conoscono troppo presto la crudezza della vita, magari la sofferenza per genitori che non ci
sono più, il desiderio di un semplicissimo gelato, che tristemente rimarrà solo un desiderio, il guardare con invidia una penna colorata per la scuola……… vite troppo spesso molto dure, ma benedette dallo spirito indomabile della vita che sboccia al di là di ogni difficoltà. Il mio primo incarico è di accompagnare il gruppo a una cena nel paese di Minazzana, offerta come tutti gli anni dalla Pubblica Assistenza del paese. Appuntamento al parcheggio de La Cappella, e tutto sembra andare bene, accendo il pulmino, ma nel kilometro e poco più che mi separa dal punto di ritrovo, una strana sensazione mi pervade e i dubbi incominciano ad affacciarsi nella mia mente, il timore di non fare bene quello che devo, e se sbaglio qualcosa? E se magari non sono capace di guidare bene il pulmino?! Al mio arrivo mi sembra di vedere un mare di bambini, complice anche le ridotte dimensioni dello spazio di manovra. L’inquietudine aumenta, stai a vedere che rimango incastrato tra gli altri 67
Azzano Gomel
mezzi…..Loro salgono a bordo come un’ onda di alta marea, mi salutano, forse si rendono conto del mio mal celato imbarazzo, ma non ci fanno caso, come dicono loro “harascio”. Il primo viaggio trascorre senza problemi, la serata finisce ed arriva l’ora di rientrare. Il pulmino quanto è pieno di bimbi raggiunge livelli sonori degni della Capannina degli anni ruggenti, scendono e si preparano per la notte. Rientro al parcheggio de La Cappella e la prima sensazione che avverto è il livello di silenzio che con il senno di poi, associo al vuoto che lasciano quanto tornano in patria. La prima settimana, vengo “squadrato” con apparente sospetto; mi sentivo addosso furtivi sguardi come di piccole volpine nascoste nella boscaglia, intente a tenere d’occhio il nuovo elemento del bosco. Superato la prima diffidenza, un’ onda di affetto mi ha travolto inesauribile e inarrestabile. Quando la sera arrivo all’asilo 68
che ospita i bambini, non faccio in tempo a fermarmi con la macchina che intorno vedo solo sorrisi, abbracci, un’allegria contagiosa, che cancella in un secondo i pensieri che affliggono le nostre – troppo spesso- grigie giornate. Avanzo verso la porta del’asilo, mi prendono per mano, qualcuno vuole farmi vedere il disegno che ha fatto nel pomeriggio, qualcuno mi chiede come sto, chi mi invita a giocare a pallone o a calcio balilla…..ovviamente mi butto nella mischia e, in un secondo, si cancellano le difficoltà di comprensione e i pensieri svaniscono. Nelle giornate agostane, insieme ai miei compagni di avventura, ci immergiamo nei vapori e profumi della cucina, che la P.A. di Azzano ci permette di usare, e impegnati a fare del nostro meglio, ogni tanto scorgiamo uno sguardo furtivo come un folletto che dalla porta che viene a farci visita….e molto spesso desideroso di darci una mano, la cosa incre-
dibile è come riescano a intenderci, al di la della lingua. Portiamo in tavola quanto abbiamo preparato e mangiamo, poi ricomincia il “carosello”, sfide a calcio balilla, palla, biliardo a carte... con regolamenti che alle volte assumono un carattere estremamente creativo, quasi sempre a vantaggio dei piccoli ospiti. La “festa” e la loro irrefrenabile allegria mi pervade fino a che le accompagnatrici non ci ricordano che è l’ora di prepararsi alla notte. Il silenzio cala sull’asilo azzanese, la notte riprende il suo aspetto originario fatto di stelle e bambini sognanti….. Le giornate sono diventate settimane, poi mesi e adesso anni; seguo la colonia molto da vicino, cercando di fare del mio meglio per far si che questo progetto possa creare un vivaio di giovani cittadini del mondo, che sappiano vedere con nuovi occhi, al di la delle differenze e difficoltà di ogni tipo…..poi chissà, magari
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tra noi è già passato un nuovo Kupala o una nuova Aleksievič, che ispirati dall’orizzonte del nostro mare, con i suoi colori e profumi, possano regalare capolavori universali. Questi bambini hanno lasciato in me, un segno talmente profondo che ho sentito il desiderio di viaggiare per la Bielorussia, visitando città, istituti scolastici, università, case famiglie, foreste fino ad arrivare
alle zone evacuate colpite dalla invisibile minaccia delle radiazioni, con l’intento di conoscere a fondo questo nuovo universo, fatto di persone, cultura, mistero, tradizioni, suggestioni e superstizioni, che in me suscitano una sentimento di curiosità fanciullesca. Nel silenzio delle mie serate casalinghe ho modo di pensare ai bambini, al modo in cui, nonostante le tempeste della vita
li possa sbattere con onde altissime su aguzze scogliere, o naufragare in porti sconosciuti, loro sanno trovare il bello nel brutto, vivono in pieno il momento presente, non pensano a domani, a cosa li aspetta a casa, a scuola o nella vita. Io non posso fare altro che imparare la lezione di umiltà verso la vita che loro inconsapevolmente mi hanno dato e ringraziare dal profondo del mio cuore.
Gelateria La Chicca Via Piave, 15 Forte dei Marmi Telefono 0584 787054
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Alpini
A SERAVEZZA, IL 9 -10 SETTEMBRE P.V., RADUNO ALPINO PER RIEVOCARE IL 50° ANNIVERSARIO DALLA FONDAZIONE DEL GRUPPO ALPINI LOCALE. di Cav.Uff. Florio Binelli
Il 13 marzo 1966, ebbe luogo la prima Assemblea dei circa 60 soci i quali diedero vita al primo direttivo del Gruppo
Sono trascorsi oltre 10 lustri da quando alcuni alpini reduci di guerra che avevano combattuto nel 2° Confitto Mondiale, chiesero la mia disponibilità, quale Sottufficiale di complemento, di aggregarmi a Loro affinché anche in Seravezza vi fosse un organismo che aggregasse coloro che avevano militato nelle Truppe Alpine. Considerata la mia giovane età, rispetto ai proponenti (avevo 29 anni) sul momento rimasi titubante, ma successivamente accettai. La prima riunione informativa ebbe luogo il 15 dicembre 1965 dove fu costituito un 70
Comitato provvisorio. Si tenne presso il Bar Bracchi in via Lombardi a Seravezza. Vi presero parte: oltre al sottoscritto, Mario Faini e i reduci di guerra: Dino Bonci, Giuseppe Sermattei, Bruno Vietina. Successivamente ebbero luogo altre riunioni che si tennero presso la Casa del Mutilato, via Buonarroti, divenuta la Sede sociale del costituente Gruppo Alpini, concessa in comunione con l’Associazione Marinai D’Italia, dal Sindaco dell’epoca Bruno Barsanti. Il 13 marzo 1966, ebbe luogo la prima Assemblea dei circa 60 soci i quali diede-
ro vita al primo direttivo del Gruppo, alla presenza del Dott. Bruno Gimmelli, presidente della Sezione Pisa-Lucca –Livorno. Eletti: Capogruppo Florio Binelli Vicecapogruppo Giuseppe Sermattei Segretario Giulio Angelini Tesoriere Giancarlo Landi Consiglieri: Bruno Vietina, Lido Giannetti, Rodolfo Verona. L’inaugurazione del gruppo si tenne Il 10 settembre 1967, con un grandioso Raduno Tosco-Ligure-Piemontese, dove fu anche inaugurato il gagliardetto del Gruppo, dedicato alla memoria della M.D.A.V.M. maresciallo Galliano Tarabella di Azzano, deceduto durante la Campagna di Russia. Fra le Autorità presenti il Sottosegretario Agli Interni Avv. Leonetto Amadei (seravezzino) il quale tenne
Alpini
l’orazione ufficiale e il sindaco Barsanti. La Messa al campo venne celebrata da Don Maurilio Turla di Boario Teme (Bs), Cappellano militare del “Battaglione Saluzzo” dove gli alpini versiliesi erano in forza durante la tragica “Campagna russa”. Gli alpini che presenziarono furono circa 2.000. Presente la Fanfara alpina di Camporgiano e la Banda Militare della Brigata Alpina Taurinense, evento che fu possibile grazie all’ On Amadei, il quale fece inoltre pervenire la somma di £.250.000, per sopperire alle spese di organizzazione del Raduno. Per la cronaca si aggiunge che la spesa di £. 13.000 per l’acquisto del Gagliardetto pervenne dalla Segreteria del Presidente della Re-
pubblica Giuseppe Saragat.’ Attualmente il Gruppo dispone di una Sede rilevata dagli alpini una fatiscente locale ubicata a La Cappella. Al comando del gruppo si sono succeduto oltre al sottoscritto, Alessandro D’Addio e il Cav. Primo Giorgi sotto la cui guida fu realizzata la sede. Attualmente la responsabilità del Gruppo è retta al dinamico Oreste Folini abitante ad Azzano. Oggi, ormai oltre ottantenne rievocare queste note e coloro con i quali ho condiviso gli ideali Alpini, che da tempo hanno ”posato lo zaino”, non nascondo che un nodo di commozione mi attanaglia la gola.
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Il Palio dei Micci
IL PALIO DEI MICCI Un “miccio”, in vernacolo versiliese, è un asino, ed il “Palio dei Micci” è una corsa oramai divenuta tradizionale che, per l’appunto, si corre con questi mansueti “surrogati” del cavallo. La manifestazione, improntata alla rievocazione di un passato rinascimentale, venne pensata, quasi per gioco, nel febbraio del 1956 dall’Associazione Pro Querceta (poi, Pro Loco) e sin da subito incontrò grande partecipazione popolare. Si disputa, nella prima domenica di maggio, tra le otto Contrade in cui è idealmente suddiviso il territorio della Piana Quercetana: la Cervia, il Leon d’Oro, la Lucertola, la Madonnina, il Ponte, il Pozzo, la Quercia ed il Ranocchio. Vi assistono migliaia e migliaia di spettatori, spesso provenienti da altre regioni italiane (nellafoto: il gonfalone del Palio). Nato con finalità turistiche e quale corollario alla festa patronale di “San Giuseppe”, il Palio si è ritagliato col tempo un ruolo tuttosuo, per grandiosità di spettacolo, nel grande solco delle tradizioni popolari toscane ed è sicuramente la prima manifestazione, di questo genere, della Provincia di Lucca. La rappresentazione ricalca ilclichè delle rievocazioni medievali e rinascimentali. Il pregio principale sta però nel suo carattere schiettamente popolare, posto molto bene in risalto dalla massiccia partecipazione dei contradaioli (ben oltre duemila) alla sfilata in costume storico che si svolge anche per le vie del paese, e alla corsa per la conquista dell’ambito gonfalone (nella foto sopra: il drappo appena ultimato e il suo autore, il Maestro Alfieri Tessa). Il Palio è da sempre considerato la “scusa”, il pretesto per scendere in piazza, 72
una volta l’anno, vestiti dei panni della tradizione e sovente della fantasia, a ripetere avvenimenti passati alla storia o più semplicemente leggende o credenze tramandate dalla voce popolare. Nel Palio, spesso, il serio si mescola a faceto. Si inventano storie e personaggi. Se occorre si attribuiscono fatti inventati a personaggi realmente vissuti. Come ai Medici, per esempio, che in questi luoghi hanno lasciato tracce di illuminato dominio. Nei primi anni Sessanta, lo scrittore e poeta locale, Silvano Alessandrini, che del Palio è stato il padre putativo nonché il principale animatore, inventò il personaggio di Eriberto Bindo, detto “lo Stanco”. La finzione riuscì così bene che per anni alcuni studiosi di fatti e personaggi medievali continuarono a cercare, inutilmente, le tracce di “Eriberto”
in tutti gli archivi toscani. Le rappresentazioni inscenate dalle singole Contrade avvengono “sul campo” prima della corsa del “micci”. Lo spettacolo assume dimensioni da Kolossal: migliaia di personaggi in costume danno vita ad una e suggestiva parata ricca di colori, suoni e canti di gioia. Sfilano e si esibiscono centinaia e centinaia tra musici e sbandieratori di scuola locale. Ognuno “recita a soggetto” amplificando, se mai ce ne fosse bisogno, l’effetto generale. In tutto questo, il Palio rileva una precisa attinenza e continuità col “Maggio” lucchese. Anche questa antica forma di teatro, che ha avuto nello scrittore Enrico Pea il suo più appassionato estimatore, si poneva all’attenzione per le sue componenti (opera, attori e pubblico) spiccatamente popolari. Infine, il Palio dei Micci, si conclude con la corsa degli asini: i micci, appunto (nella foto seguente: il momento della partenza). Il ricorso a questo cocciuto ed imprevedibile animale era, in origine, sia la conferma dello spirito anarcoide dei versiliesi, sia la volontà di porre in ridicolo il concetto di sfida. Ma i contradaioli hanno nelle vene sangue toscano. Amano la fazione. Si crogiolano nel ricordo dei “guelfi” e dei “ghibellini”, dei “bianchi” e dei “neri”. Anche per loro la Contrada viene prima di tutto e per essa sono disposti a compiere sacrifici diversamente poco sopportabili. La sostengono nel Palio ed in tutte le altre manifestazioni che lo anti-
Ph: Stefano Nocetti
Il Palio dei Micci
cipano e che lo seguono. C’è, insomma, molta passione e partecipazione emotiva. Per questo, un miccio, fa sognare o scatena la pugna. In occasione del trentennale, dopo anni di severo impegno e rinnovamento, il nostro Palio ha ricevuto, nientemeno che dal Presidente della Repubblica, il riconoscimento più alto e più ambito. La medaglia inviata daSandro Pertini ha riempito giustamente d’orgoglio gli abitanti delle otto Contrade, gli organizzatori e la gente di Versilia che con calore sostiene il Palio. Però, per parlare compiutamente di Palio dei Micci, non si può non far riferimento, come già accennato, a Silvano Alessandrini (nellafoto seguente, ritratto assieme all’inseparabile Maria Adelaide Bambini). È lui infatti che sin dall’inizio lo prese artisticamente per mano, traghettandolo dai primi incerti passi degli albori, sino alle oramai consolidate edizioni sul finire degli anni ‘70. Il taglio, volutamente burlesco, che Egli volle dare sin da subito alla nostra principale manifestazione è ancor oggi ricordato, non senza un velo di nostalgia, da tutti coloro che ebbero la ventura di vivere, novelli pionieri, quelle entusia-
smanti edizioni. Ed in questo, Silvano, cultore massimo delle nostre tradizioni, si spese senza risparmio, giungendo, grazie al proprio acume, all’estrema perfetta sintesi con l’oramai storica definizione: “Il miccio d’è la scusa”. In queste poche parole è racchiusa la vera essenza del Palio, che si manifesta in quella grande passione che il Popolo della Piana profonde nelle cose di Contrada, per giungere, sì, al primato, ma anche, e soprattutto, per esser primo protagonista, esso stesso, di una festa fantastica e veramente degna di nota. IL PALIO DEI CONTRADAIOLI Molte pubblicazioni che parlano del nostro Palio lo definiscono quindi come una manifestazione a carattere storico-folkloristico(…un giorno di favola tra dame e cavalieri ), ne ricordano le origini, chiariscono che nel nostro vernacolo “miccio” significa asino, elencano le Contrade partecipanti e tutta una serie di altre notizie sino all’immancabile albo d’oro. In questa maniera l’evento è divulgato e fatto così conoscere anche oltre i nostri confini. Ma se questo può bastare da un punto di vista promozio-
nale, poco o niente anche il lettore più attento potrà capire di cosa veramente rappresenti il Palio per i Contradaioli (nella foto seguente: una variopinta rappresentazione). Ma procediamo per gradi. Se è vero, com’è vero, che nel secondo Dopoguerra il panorama sociale di Querceta era caratterizzato da una sconfortante apatia, l’idea bislacca (sopravvenuta assieme ad altre per potenziare la festa Patronale di “San Giuseppe”) di far gareggiare degli asini mettendo così tra loro in competizione i borghi quercetani, risulterà invece come il giusto innesco per un’esplosione di vitalità che mai, i titolari della suddetta idea, avrebbero immaginato. L’intuizione di Dino Tarabella e Silvio Federigi (decisi assertori, al tempo, ed ognun per sé, della paternità dell’evento), risulterà invece di portata epocale. Un fragoroso e luminescente big bangnell’oscurità della “notte” quercetana che cambierà per sempre i destini del nostro paese. Impossibile oggi, infatti, pensare a Querceta senza il Palio e senza le Contrade, divenute oramai elementi distintivi e, oso dire, qualificanti, della nostra terra, saldamente, anzi, orgogliosamente piazzata al centro geografico della Versilia storica. La prepotenza con la quale il sentimento di parte si è impadronito delle genti di questa fetta di mondo, non conosce attenuanti né pudori, e questo amore, talvolta, è vissuto in modo così viscerale da farne, sin quasi, ragion di vita. Così, là dove prima non c’era niente, o poco più, oggi c’è un mondo che ha imparato, anzi, si è inventato, una maniera del tutto particolare di stare assieme. Un mondo, certo, fatto anche di accanita competizione, ma dove alla fine dei giochi, pur nella endemica rivalità, ci si riconosce tutti fratelli. Di modo che, anche quello che apparentemente potrebbe sembrare un vano ed infinito rincorrersi, alla fin fine rappresenta un singolare, 73
Il Palio dei Micci
Contrada La Cervia
Contrada Il Pozzo
Contrada La Quercia
Contrada La Lucertola
Contrada Il Ponte
Contrada Il Ranocchio
ancorché straordinario, strumento di coesione sociale (nella foto a lato: una fase del corteo storico). E le nuove generazioni, che da sempre sono quelle che captano dapprima ogni opportunità, non rimangono certo ai margini di questo movimento e ne costituiscono anzi la maggiore forza pro74
pulsiva. In questa maniera, raccogliendo idealmente il testimone lasciato loro dai padri, se non addirittura dai nonni, rappresentano quella continuità che ci ha condotto, anno dopo anno, alla sessantesima edizione. È un filo sottile che lega i giovani ai non più giovani, sovente testimoni, questi ultimi, della nascita
del Palio stesso. Evento, questo, che non si risolve per niente nella pur caratteristica corsa dei micci (oggigiorno non più inconsapevoli arbitri dei destini di Contrada), oppure nelle fantasiose e variopinte rappresentazioni popolaresche. Si va ben oltre. Il Palio vero, quello dei Contradaioli, è molto di più. Soprattutto
Il Palio dei Micci
Contrada Leon d’Oro
è passione; e la passione, si sa, si distingue per avere colori forti. Sia nel bene, che nel “male”. Così, se sarà amore, sarà amore vero. Se saranno lacrime, saranno lacrime sincere.Se sarà lavoro, sarà lavoro disinteressato. E così via. Sofferenze e sacrifici. Ansie e timori. Ma anche condivisione ed amicizia. Tanta
Contrada La Madonnina
amicizia, e tanta speranza. Speranza che si consuma solo quando tutto oramai è compiuto, lasciando dietro sé un mare di ricordi che alimentano, ancor di più, il sogno. Quel sogno condiviso con mille altri, spesso per una vita intera. Quel sogno che ci riporta al “giorno di favola” di cui all’inizio. Alla favola bellache tanti
anni fa ci rapì bambini e che di anno in anno, di tempo in tempo, continuiamo imperterriti a raccontarci l’un l’altro. E talmente bella appare, ai nostri occhi, che quasi ci par vera. di Luca Garfagnini (da “Nel nome della Rosa” - ed. Bandecchi & Vivaldi)
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territorio
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Casa Colleoni
CASA COLLEONI
Casa - Museo dell’ Alpeggio e dell’ identità Apuana 77
Casa Colleoni
Casa Colleoni si trova in Alta Versilia, nel comune di Stazzema. E’ un vecchio alpeggio di Cardoso di Stazzema, come un tempo ce n’erano tanti sulle Alpi Apuane e sull’Appennino settentrionale e nei quali le famiglie si recavano in estate. di Michele Armanini e Simona Pierotti
La vallata del Cardoso, in cui è immersa Colleoni, è costituita da un “ventaglio paesaggistico” definito dal sotto bacino dei canali Versiglia, Capriola e Deglio, sul versante marittimo dei Monti Forato e Pania della Croce. Intorno ai 700 e agli 800 m di quota erano e sono tutt’ora dislocate le “casette dell’alpe”, lungo l’odierno sentiero CAI n° 124 e 124A, tracciato di mezzacosta che nasce fra la fine del castagneto e quelli che una volta erano i pascoli e i seminativi di altura, ricco di sorgenti d’acqua, dal quale proseguono sentieri di valico verso la Garfagnana, per mezzo della Foce di Valli, Foce di Petrosciana, Foce delle Porchette e dello stesso arco del Monte Forato (montagna che per la sua naturale conformazione funziona da vera e propria altra foce). Le famiglie del paese, nella tarda primavera, salivano all’alpe per sfruttare dal punto di vista agricolo e pastorale i terreni di 78
altura: insieme alle persone, anche ovini e bovini salivano verso La Fania, San Rossore, Collemezzana, La Grotta, Colombaia, Il Puccio, Colleoni, Grati, lungo quei sentieri che gli uomini avrebbero percorso più volte su e giù durante tutta l’estate soprattutto per trasportare in paese fieno, patate e altri prodotti dell’alpe che sarebbero serviti per l’inverno. Colleoni è uno dei più antichi alpeggi della zona, presente già nella carta del geografo Mazzoni, originario delle Mulina, datata al 1764. L’impianto ha poi subito ampliamenti fino al 1939, assumendo la conformazione che ancora attualmente è visibile, con la presenza dell’annesso forno a legna, con volta in pietra, denotando il passaggio da casa estiva a casa stanziale. Infatti dagli anni ‘30 agli anni ‘60 vi ha abitato una famiglia in pianta stabile. Oggi, Casa Colleoni è stata restaurata, è sede di una picco-
Casa Colleoni
la azienda agricola (ortaggi, cereali, aromatiche, piccoli frutti e frutta a guscio) e di un “museo povero”, dove cioè sono esposti oggetti della vita di un tempo che di solito vengono dimenticati nelle cantine, nelle soffitte o che sono da tempo stati bruciati o buttati via.....In gran parte sono stati tramandati dalle famiglie di Simona e Michele, ma alcuni sono stati donati da frequentatori del museo o dalle persone intervistate da Michele durante le sue indagini linguistico-etnografiche sul campo. Colleoni è una “casa-museo” o se vogliamo un “museo vivo”, perché alcuni di quegli oggetti vengono ancora usati (es. attrezzi per lavorare la terra, recipienti per cuocere gli alimenti, ceste per trasportare ortaggi ecc...). È anche l’unico museo etnografico raggiungibile solo a piedi dell’Appennino settentrionale. Il progetto di Casa Colleoni, rappresenta il connubio fra il bagaglio culturale di Michele (storico, esperto in dialettologia ed etnologia) e quello di Simona (architetto, esperta in edifici storici e in architettura del paesaggio) e parte da una profonda passione per la vita apuana e l’amore per la terra e le sue genti, nell’ottica di interpretare in chiave contemporanea un nuovo modo di vivere gli alpeggi che poi è quello che li ha fatti nascere secoli fa. L’Alta Versilia, così come “raccontata” dagli oggetti di Casa
Colleoni, fa parte di un territorio più vasto, che per storia, tradizioni, usi e costumi è molto omogeneo, comprendente anche la Lunigiana e Garfagnana, intese in senso storico. Quest’area va, sulla costa, dalla zona collinare a nord di Montramito (Massarosa) e Montemagno (Camaiore) fino a Bonassola (a ovest delle Cinqueterre) e, nell’interno, dalla valle del Serchio a monte dei torrenti Pedogna (Pescaglia e Borgo a Mozzano) e Fegana (Coreglia A.) fino alle sorgenti del Magra e del Vara. La zona si differenzia molto da quelle limitrofe, sia dalla zona emiliana a est della Cisa, sia, nonostante la geografia amministrativa, da quella propriamente toscana, di cui fanno invece parte la Piana di Lucca, le Colline Lucchesi e Viareggio (in altre parole la Lucchesia vera e propria, culturalmente molto legata all’area di Pisa e Livorno) e la Valdilima (zona di Bagni di Lucca, tradizionalmente molto legata al Pistoiese). Non pochi tratti in comune alla nostra zona li troviamo invece in Liguria, specialmente in quella orientale e montana (di cui fa storicamente e culturalmente parte anche l’Appennino emiliano ad ovest della Cisa). Gli oggetti, le parole, gli ambienti, ma anche i “mangiari” che vengono proposti nelle giornate a tema presso il museo di Casa Colleoni “parlano” proprio di questa rete di analogie e differenziazioni, interne ed esterne. L’esposizione è articolata in 4 sezioni: la cucina e l’ambiente domestico; i lavori agro-silvo-pastorali e le cave; l’immaginario popolare ed i giochi di un tempo; le camere, la filatura e la tessitura. Nella cucina sono esposti oggetti tipici del nostro territorio e dell’areale culturalmente ligure in genere come la secchia in rame che veniva portata in testa dalle nostre nonne per trasportare l’acqua potabile dalla fontana alla casa: questo par79
Casa Colleoni
ticolare recipiente lo ritroviamo da Nizza a Camaiore ed alla zona di Pescaglia e Borgo a Mozzano, mentre scompare immediatamente a sud delle Apuane (nelle Colline Lucchesi e nella Piana di Lucca si usava solo la brocca in rame, tipica della Toscana), era poco diffusa in Valdilima ed è sconosciuto pure nell’Appennino emiliano. Avevano un’area di diffusione molto simile anche un particolare pentolone in bronzo con tre corti piedini usato per cuocere minestre, lessare castagne ecc. o l’alare in ferro munito di una sorta di gabbia alla sommità, che serviva a reggere un piattino con una candela o da scalda vivande. Sono esposti poi i testi, strumenti di vario tipo utilizzati per cuocere alimenti sulla fiamma; oggi in Versilia si ricordano solo quelli in ferro con un lungo manico, da usare in coppia per cuocere i ciacci di farina di castagne o le fogaccette di farina di cereali. Tuttavia, un tempo, come attestato da scavi archeologici condotti a Farnocchia e a Ripa, erano utilizzati anche quelli di terracotta da impilare gli uni sugli altri oppure i testi grossi “da pane” (sorta di fornetti portatili in terracotta o in ghisa): i primi oggi sono usati per cuocere i famosi panigacci di Podenzana e della Lunigiana oppure i testaiö della Val di Vara e dell’estremo Levante genovese, mentre nei secondi sono ancora preparati i testaroli della Lunigiana, l’agnello di Zeri e le tante focacce e torte salate o a base di farine di castagne o cereali tipiche della zona. Sempre nella cucina sono esposti poi gli utensili per fare il formaggio e tutti gli altri oggetti e i mobili tipici delle cucine di un tempo, tra cui anche la conca in terracotta in cui si faceva il bucato con la cenere. Passiamo poi nello streto, in quello che cioè era il fienile ed il cui nome, diffuso dalle Apuane meridionali all’Appennino ligure orientale deriva dallo strato di tavole che isolava il fieno 80
Colleoni è uno dei più antichi alpeggi della zona, presente già nella carta del geografo Mazzoni, originario delle Mulina, datata al 1764 dall’umidità della stalla sottostante: nelle montagne tra Camaiore e Pescaglia c’è ancora chi ricorda che lo stesso nome indicava pure lo strato di legna secca che isolava il fieno dal terreno nelle méte, cioè nei pagliai all’aperto. In questo stanzone sono esposti oggetti relativi all’allevamento (campanacci di bovini ed ovi-caprini, accessori per le bestie da soma, per la tosatura, per la macellazione, gioghi), alla fienagione (falci, arnesi per affilare e risagomare le lame, forche e rastrelli in legno per rivoltare il fieno, ceste e reti per trasportarlo), al lavoro nel bosco (segoni, seghe con telaio in legno, mazze, cunei, vari tipi di roncole e scuri, utensili per la raccolta e la lavorazione delle castagne), al lavoro in campagna (vanghe, zappe, bidenti, utensili per la raccolta e la lavorazione dei cereali, unità di misura e contenitori per lo stoccaggio) ed al lavoro in cava (mazzuoli, cunei, ruote metalliche per filo elicoidale, contrappesi). Ci sono poi modellini della lizza (sistema di trasporto di grossi blocchi di marmo dalle cave al fondovalle), di tregge e benne (slitte per trasportare grossi quantitativi di fie-
Casa Colleoni
no o legna), dell’erpice e dell’aratro. Anche il giogo, l’aratro e l’erpice (attrezzi manovrati tramite l’utilizzo dei bovini ed usati nelle zone meno impervie per smuovere e pareggiare il terreno) fino a Camaiore e a tutta la Garfagnana erano di tipologia “ligure”, mentre quelli utilizzati tradizionalmente a Viareggio, Lucca, Massarosa, Valdilima ecc. erano gli stessi usati a Pisa, Livorno, Pistoia ecc. Si possono vedere anche oggetti tipici della bottega del falegname o del calzolaio e dotazioni del muratore: il contadino era spesso capace di svolgere autonomamente anche piccoli lavori di quel genere, per gravare il meno possibile sulle risorse economiche della famiglia. Molto interessanti i vari tipi di ceste, dai panieri alle corbe ed ai valli. Molti di questi contenitori sono identici a quelli usati in tutta la Liguria: ad esempio le corbe di forma tronco-piramidale erano fatte così perché il trasporto delle stesse avveniva in spalla o sulla nuca. Non a caso il corbello toscano, cilindrico, non era tradizionale se non nella parte sud dell’area garfagnina e versiliese (Pescaglia, Camaiore, dove comunque era usato accanto alle corbe “liguri”). Le ultime stanze sono al primo piano. La prima è la stanza del Baffardello (o Buffardello, così chiamato in Versilia, Lunigiana e Garfagnana, mentre in Lucchesia è detto Linchetto), che prende il nome dal folletto burlone che, si raccontava, faceva dispetti nelle cantine, nelle stalle o ai dormienti. Si parla quindi di leggende e credenze popolari. Si vedono però anche una cassapanca, uno sgranino per il granturco, una vecchia damigiana (impagliata e con la bocca “vecchio tipo”), che spesso erano presi di mira dallo spiritello durante le sue incursioni. Nella stanza si possono ammirare pure i giochi dei bimbi di una volta, costituiti da modellini in scala di attrezzi e utensili usati dai genitori (ovviamente realizzati in materiale povero come vimini o legno e con i quali, oltre che giocare, si imparavano i livori che si sarebbero svolti da grandi) o ricavati “riciclando”, ad esempio, scarti della lavorazione del marmo. Questa stanza espone anche ceste per il trasporto del pane una volta cotto dal forno alla casa o del bucato da e per il lavatoio (o il fiume). Si accede poi al vecchio soppalco del fienile in cui è stato montato un vecchio letto con materasso in vegetale, coltrone o imbottita (coperta invernale) e scaldaletto con relativa struttura reggi-lenzuola (préte). Si possono notare poi oggetti le-
gati alla cantina (per il momento decontestualizzati in quanto gli ambienti stalla e cantina sono adibiti a rimessaggio) come una botticella, una bigoncia ecc. ed un orcio per l’olio (di tipologia “ligure-provenzale”, anch’essa un tempo diffusa fino al Camaiorese). L’ultima stanza è quella delle Fate, entità che nella nostra tradizione sono a volte benigne e a volte no, ma che spesso sono intente a tessere o a filare. Per questo la stanza espone oggetti e prodotti legati alla filatura ed alla tessitura (rocche e fusi, un cardatoio, un aspo rotante, un arcolaio, teli e coperte fatte al telaio, ferri da calza ecc.) oltre che un letto con un altro tipo di struttura reggi-lenzuola per scaldaletto (trabiccolo), un trespolo da toilette (con bacinella, brocca, vaso da notte ecc.), un inginocchiatoio da camera ed un vecchio baule da corredo. Sulla parete si legge ancora, scritta sulla calce quando era ancora fresca e ripetuta due volte, la data A.D. 1826, evidentemente relativa alla costruzione di quel corpo di edificio, mentre la parte più antica era già su una carta della XVIII secolo. Nelle immediate vicinanze della casa sono visibili annessi come il forno a legna e una vecchia burraia, oltre a vecchi muretti a secco e terrazzamenti risalenti ai secoli passati e che Simona e Michele stanno pian piano riportando a coltura. La prossima “sfida”, infatti, è quella di recuperare gli spazi esterni (fino a pochi anni fa infestati da rovi e invasi dal bosco), così come, dopo diversi anni di lavoro, è stato fatto con l’edificio. Casa Colleoni si trova ad un altezza di 780 m.s.l.m., all’interno del Parco delle Alpi Apuane, sulle pendici del Monte Forato. E’ raggiungibile solo a piedi: dal paese di Cardoso, percorrendo i sentieri CAI n°8/ 6-8/ 124A oppure n°12-124-124A; dal paese di Stazzema, percorrendo i sentieri CAI n°5A/ 6/ 6-8/ 124A. I tempi di percorrenza possono variare, a seconda dei percorsi, da 1 ora e 15 minuti a 1 ora e 30-40 minuti al massimo di cammino per escursionisti non esperti. La struttura è in grado di gestire piccoli gruppi, massimo 20 persone, con visita alla parte interna della Casa-Museo di 10 persone alla volta. Oltre ad essere un’esigenza logistica, quella di poter accogliere poche persone, è anche una scelta didattico-educativa che ci permette di stabilire un contatto più stretto tra la struttura e le persone in visita: l’idea è quella di promuovere un turismo “leggero” (culturale, escursionistico, gastronomico di tutela dei prodotti locali), compatibile con la capacità di carico dell’ambiente montano di riferimento. Non si effettuano pernottamenti. A tale scopo si indica la presenza del B&B Casa Giorgini, della Baita dello Scoiattolo e del Rifugio Alpe della Grotta, nell’ottica di creare una rete di relazioni con altre realtà presenti nelle vicinanze. Per visite e giornate in alpeggio è consigliata la PRENOTAZIONE previa comunicazione telefonica ai numeri 3396091940 (Michele) oppure 3393552832 (Simona). 81
Maggi
IL “VELO CLUB MAGGI 1906”
Amicizia, solidarietà e ripetto per la natura e per l’ambiente
A
nche quest’anno siamo orgogliosi di far parte del Premio Giuseppe Nardini, grande presidente del Parco delle Alpi Apuane, soprattutto nostro amico, di Forte dei Marmi e della montagna Versiliese. Ed è proprio da persone come lui che nasce la nostra ispirazione per il “VELO CLUB MAGGI 1906”. Al
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momento siamo un centinaio di tesserati tra cicloturisti, cicloamatori e soci sostenitori, che oltre alla “smisurata passione” per le due ruote, condividiamo tre valori per noi fondamentali: amicizia, solidarietà e ripetto per la natura e per l’ambiente. Grazie al forte entusiasmo e partecipazione abbiamo deciso di intraprendere questa nuova avventura fatta di tanti progetti ed obbiettivi, alcuni tra l’altro già raggiunti. Abbiamo collaborato per realizzare “Servizio mobilità garantita”, un mezzo di trasporto ad uso gratuito per le persone disabili e svantaggiate. “Diabetes No Limits”, “Arco de alegria”, un progetto per aiutare i bambini boliviani promosso dall’associazione “Ancora in viaggio - Mauro Talini”. Ma le nostre ambizioni sono grandi,
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territorio
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Monte Gabberi
CRONACA DI UNA NOTTE DI FINE AGOSTO SUL MONTE GABBERI 85
Monte Gabberi
Decidere di passare una notte sul Monte Gabberi, per poter cogliere immagini del tramonto e dell’alba e dormire cullati da una luna piena in un cielo stellato, penso che sia l’esperienza più bella ed esaltante che si possa mai avere avuto in una sera di fine agosto. Mai avrei pensato alla coincidenza di tanti fattori favorevoli. di Alessandra Buscemi A.s.d. Nonsoloserchio Escursionismo, Geoturismo, Nordic Walking
Una salita verso la cima sul far della sera, quando l’aria è più fresca, ma in tempo per non perdersi nulla del sole al tramonto. Una panoramica a 360° dal Lago di Massaciuccoli al litorale versiliese-ligure, da S. Anna al Procinto coi suoi bimbi. Ovunque ci giriamo, riconosciamo le cime, i luoghi dove siamo già passati in altri tempi. Ma ecco che verso il mare lo spettacolo comincia e i nostri occhi, avidi di stupore, rimangono fissi per non perdere nulla della meraviglia che si sta compiendo… Gli occhi sorridono assieme alla bocca che non può far a meno che aprirsi per esclamare la meraviglia. Una gara a fare le foto più belle, non già merito della tecnologia, ma di ciò che si 86
compie davanti a noi. Uno spettacolo mozzafiato. Il più bel tramonto che si possa mai aver visto, sul mare, in assoluta libertà, senza distrazioni, senza niente che ti possa distogliere dal guardarlo… Una soddisfazione senza precedenti a cui segue la condivisione di una cena frugale al suono della chitarra che accompagna l’arrivo del buio. E qui un altro spettacolo…seppure considerato inquinamento luminoso, si apre davanti a noi la vita della Versilia che non disturba affatto la luna che, piena, si staglia nel cielo, dapprima come una arancia luminosa e dopo, bianca come latte, immersa in un cielo stellato
Monte Gabberi
…D’obbligo cantare “tintarella di Luna”…la chitarra si presta bene ad intonare la melodia e noi ci sentiamo forti di una esperienza così piena…piano piano ognuno si trova il suo giaciglio dove poter riposare…riusciremo a dormire? Non tanto per la scomodità del terreno scabroso, ma per l’emozione… troppo forte già quella del tramonto. Ora poi.. la luce della luna è un lampadario acceso. Illumina tutti noi con la sua luce e sembra volerci invitare a non dormire. Quando ti ricapita una occasione come questa. E la brezza della sera ci accarezza e ci addormenta in un un sonno- veglia per poter godere ancora della meraviglia del creato.. e passano le ore fino a che si scorge verso oriente un timido albeggiare. Qualcuno di noi, poco avvezzo a dormire, è già vigile in attesa e piano piano ci invita a risvegliarci…Ora le cime sono avvolte da una luce calda, dal sole che ancora torna protagonista di un nuovo spettacolo,
sostituendo la luna che ancora rimane nel cielo Grati di aver vissuto queste grandi emozioni, ci concediamo una colazione fatta di caffè ancora tiepido e di dolce casalingo…Emozioni grandi in poche ore l’una dalle altre… emozioni per tutti senza distinzione di classe sociale. Solo di sensibilità forse, per l’apprezzare profondamente ciò che è veramente naturale e destinato ad ogni Uomo…
CONTATTI: Guida Ambientale Escursionistica AIGAE Istruttrice Nordic Walking iscritta all’ANWI, certificata INWA Alessandra Buscemi alexabuscemi@gmail.com cell. 333 6745858 346 0619300 87
...sempre sensibili alle fasce più deboli della nostra popolazione
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entro Legno Ambiente è una società cooperativa in grado di fornire, da oltre 30 anni, alla committenza pubblica e privata lavori specializzati di forestazione e servizi connessi, realizzazione del verde pubblico e privato, idraulica forestale, consolidamento di versanti mediante opere di bioingegneria naturalistica, difesa ambientale, bonifica idraulica, laghetti antincendio, strade urbane e forestali, recupero manufatti edili. A completamento delle attività realizzate forniamo servizi di manutenzione e gestione del verde in parchi, giardini, fossi, canali, banchine e scarpate stradali oltre alla disponibilità di pronto intervento con uomini e mezzi a prevenzione o a seguito di eventi calamitosi per il ripristino della viabilità e l’eliminazione dei pericoli. Infine ci occupiamo della commercializzazione e vendita di legna da ardere di essenze forti quali cerro e faggio per stufe, caminetti e forni, e pali di casta-
gno e pino impregnati in autoclave ad alta pressione per la realizzazione di staccionate, recinzioni, pergole, tettoie, palizzate, palificate, viminate, briglie e canalette. Perché grazie alla nostra esperienza trentennale abbiamo imparato a sviluppare e perfezionare i nostri metodi di lavoro per offrire le migliori prestazioni. Perché la qualità per noi è una priorità e significa ricercare materiali affidabili, robusti e durevoli affinché il prezzo del prodotto o servizio rifletta il suo effettivo valore. Perché l’esperienza tecnica e professionale, l’attrezzatura in nostro possesso e i lavori fino ad oggi eseguiti ci hanno permesso di ottenere numerose certificazioni attestanti le nostre capacità professionali aziendali. Perché desideriamo condividere sempre nuove idee, servizi e tecnologie a vantaggio del cliente, che tradotto significa prezzi, rapidità e efficienza in costante miglioramento.
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Bici e bambù
BICI E BAMBÙ
Un’esperienza Pakistana - di Milvio Mori Ogni anno cerco di raccontarvi le mie esperienze vissute in giro per il mondo nelle quali la bicicletta è stata un attore, a volte protagonista, a volte comparsa e a volte solo uno sfondo sbiadito di queste storie lontane nel tempo. Era il 1980 e mi trovavo in Pakistan sempre per lavoro. La voglia di rimanere accanto alla mia famiglia era sempre forte e presente, quindi quando le condizioni lo permettevano cercavo di organizzare a mia moglie e alle mie due figlie una sistemazione comoda e sicura. Era un giorno di primavera, ero arrivato a Karachi, una delle città più popolose della Terra che si affaccia sul mar Arabico e a pochi chilometri dal delta del 90
Indo, da una zona remota della pianura pachistana chiamata Ghoot-Machi. Stavo andando ad accogliere la mia famiglia che stava arrivando dall’Italia per trasferirsi con me in Pakistan. Ero in taxi, stavamo attraversando la città in un groviglio di traffico caotico caratterizzato da un’impressionante varietà di mezzi di locomozione, che la mia attenzione fu catalizzata da uno spettacolo a me inedito: un palazzo in costruzione di una decina di piani, completamente circondato da ponteggi costruiti con canne di bambù. Premetto che il mio lavoro è sempre gravitato nel mondo delle costruzioni e della sicurezza nei cantieri, quindi mi intendo di ponteggi
e in special modo di sicurezza e quella struttura tutto mi sembrava fuorché stabile e sicura. Comunque il taxi proseguì la sua lenta e difficoltosa marcia nel traffico fino in hotel. Per sicurezza ero partito presto ma ora avevo tutto il pomeriggio libero dato che il volo dall’Italia era previsto in arrivo per le 20,00. Decisi di avventurarmi nella città e quale mezzo migliore se non la bicicletta potevo scegliere? Chiesi in albergo se ne avessero una da noleggiarmi e mi diedero un velocipede di fabbricazione cinese. Questa bici non era certamente il massimo, era pesante, mal impostata e in pessime condizioni, ma mi permise di girare agevolmente in città.
Bici e bambù
...Era un giorno di primavera, ero arrivato a Karachi, una delle città più popolose della Terra che si affaccia sul mar Arabico e a pochi chilometri dal delta del Indo, da una zona remota della pianura pachistana chiamata Ghoot-Machi... Presi la bici e mi “immersi” nel traffico. Macchine, motorini, carretti, carri con cavalli o buoi circolavano indistintamente in un traffico tanto caotico quanto folkloristico. Mi assalì un onda di profumi, odori e colori unico nel suo genere. Un’esperienza indimenticabile che ho potuto avere grazie alla mia fida bicicletta cinese, brutta sì, ma pur sempre una bicicletta che si muoveva nel traffico con l’agilità di una libellula in primavera. Come ultima tappa del mini tour decisi di andare a rivedere quelle strane impalcature di bambù che mi avevano colpito la mattina. Arrivai al cantiere, scesi dalla bici ed entrai. Agli operai che mi accolsero, due uomini e un ragazzino, cercai di chiedere il permesso di salire ai piani superiori. Sorpresi della mia presenza, ero pur sempre uno straniero, non mi risposero immediatamente. Alla fine uno dei due operai, che sembrava il capocantiere, mi fece un segno con il capo di salire pure.
Comincia a salire ai piani superiori e cominciai a osservare attentamente e da vicino i ponteggi. Erano una vera e propria opera di artigianato. Le canne erano tenute insieme da corde grezze di agave magistralmente legate e mantenute costantemente umide da degli operai. La funzione di umidificare con acqua le corde di agave era resa necessaria per mantenerle in trazione. Una soluzione che passando con la macchina mi aveva sconcertato, ora mi appariva sensata e molto ingegnosa. Non credo che un responsabile della sicurezza di un cantiere occidentale lo avrebbe avallato, ma devo ammettere che la struttura era solida e ben progettata. Finita la mia “ispezione” ridiscesi e mi apprestai a tornare in albergo. La bicicletta era sparita. Rubata. La cercai chiedendo anche agli operai del cantiere se l’avessero vista. Nulla. Io cercavo di chiede informazioni con il mio inglese da cantiere, ma loro mi rispondevano in pachistano. Tutto inutile, mi arresi. Presi un taxi che mi riportò subito in hotel. Appena arrivato comunicai l’accaduto alla reception. Mi tranquillizzarono dicendomi che avrebbero messo il costo nel conto dell’albergo e l’incidente si chiudeva lì. Senonché non mi accorsi che ad assistere a questa conversazione c’era un ufficiale di polizia il quale intervenne prontamente, chiedendomi di spiegargli l’accaduto. Cercai di raccontare il fatto senza enfatizzazioni. Alla fine mi chiese se ero disposto ad andare sul posto con lui. Ero titubante. In questi paesi c’è sempre il pericolo che la situazione precipiti, ma accettai e lo seguii su una camionetta della polizia con altri due poliziotti all’in-
terno e andammo al cantiere. Arrivati sul posto, l’ufficiale chiamò a raccolta gli operai del cantiere e li fece allineare davanti a lui. Questi con la divisa che pareva un generale e con il frustino cominciò a parlare agli operai. Tutta la conversazione avvenne in pachistano, quindi non potei capire nulla. Capii però le espressioni via via sempre più tese degli operai difronte al tono sempre più marziale tenuto dall’ufficiale. Alla fine della ramanzina il volto degli operai era preoccupato, ma quello del ragazzino era quasi piangente. L’unico volto rimasto impassibile fu di uno degli operai più anziani che non si scompose minimamente. La sua faccia piena di rughe e schizzi di cemento sembrava una maschera. Allora l’ufficiale strinse ad uno ad uno le braccia e accostò l’orecchio al petto. Stava ascoltando il battito cardiaco. Conoscevo già il sistema perché l’avevo visto fare anni prima in IRAQ. Anche in questo caso aveva funzionato. Appena finito si rivolse ancora più duramente al ragazzo che ormai stava per scoppiare a piangere. Intervenne l’operaio anziano che disse qualcosa al ragazzo che scomparve immediatamente. Riemerse con la bicicletta cinese. L’ufficiale mi chiese se volessi fare denuncia, ma io rifiutai perché avevo riavuto la bicicletta quindi andò via lasciandomi al cantiere con la mia “bella” bicicletta. Mi accorsi subito che entrambe le ruote erano a terra e fu la prima volta che il volto dell’operaio anziano si mosse per una smorfia che voleva essere un sorriso. Anche il ragazzino riprese colore e il sorriso. Salutai con un cenno e fermai un ape taxi che mi riportò in albergo. 91
1998: salita all’etna
1998: SALITA ALL’ETNA di Milvio Mori
Era la primavera del 1998 e mi trovavo nuovamente in Sicilia per lavoro. A differenza delle altre volte, purtroppo, quella volta fui spedito in una nelle peggiori località siciliane: la raffineria di Gela. Per chi non lo sapesse la raffineria di Gela è, a mio avviso, uno dei luoghi con il maggior inquinamento atmosferico della nostra penisola. Per ovviare a tutto ciò decisi di prendere alloggio a San Michele di Ganzaria, a 30 chilometri dalla raffineria. Ero andato in Sicilia altre volte e avevo conosciuto luoghi splendidi e ospitali, quindi, prima di partire mi ero portato, come sempre, la mia fidata bicicletta da corsa. Ogni domenica mattina che trascorrevo sull’isola era dedicata a una ciclo-passeggiata. I percorsi venivano studiati sulle cartine geografiche nelle solitarie 92
sere trascorse in albergo, aiutato anche dal proprietario dell’hotel con consigli e suggerimenti, per un percorso più spettacolare e agevole. Quindi sveglia presto, trasferimento in auto e poi bicicletta. La mia ricerca di percorsi sempre più interessanti faceva sì che il trasferimenti in macchina fossero via via sempre più lunghi fino a 200 chilometri da San Michele di Ganzaria. Quando veniva a trovarmi mia moglie era pronta una bicicletta anche per lei. Purtroppo riscontravo una scarsissima passione per la bici da parte dei siciliani, con la conseguente rarità di ciclisti inversamente proporzionale all’irritazione degli automobilisti nell’incontrarne uno. Una di queste domeniche decisi, finalmente, di affrontare un percorso che avevo sino ad allora evitato di affrontare
per la semplicissima ragione che c’era da sudare tanto e per un quasi sessantenne il percorso sfiorava l’impresa: la scalata dell’Etna dalla parte sud. Il percorso consisteva nel salire dal mare fino a quasi 1900 metri al rifugio Sapienza, laddove qualche anno prima un’eruzione aveva distrutto la funivia che partiva da lì, più alcuni edifici e qualche centinaia di metri di strada. La lava era proseguita giù verso Nicosi, ma si era infranta su un antico “mare” di lava pietrificata. Lasciata la macchina nei pressi dell’aeroporto di Fontanarossa e montate le ruote alla bici, mi buttai nel traffico di Catania. Percorsi tutto il lungomare cittadino. La costa, invece della sabbia o delle rocce, aveva la nera lava dell’Etna che era arrivata fino al mare distruggendo mezza Catania, diversi secoli prima.
1998: salita all’etna
Alla fine del lungomare imboccai la strada che portava a Mascalucia e Nicolosi. Il percorso si impennò immediatamente e mi costrinse a mettere il rapporto più agile che avessi. Per i primi 500 metri andavo a una velocità di 8/9 chilometri all’ora. Era scoraggiante, ma reagii come deve sempre fare un buon ciclo amatore: senza farsi spaventare dalla fatica. Salivo piano, tra siepi lussureggianti e colorate. Mi accorsi immediatamente che la mia presenza era di intralcio al traffico e mi presi anche qualche “Vaffa…” da automobilisti meno pazienti. Quello che mi disturbò maggiormente non furono gli insulti, ma quelle insensate accelerate che lasciavano dietro di sé una scia di fumo nero. Questa pratica è particolarmente dannosa per la salute dei ciclo amatori in situazioni di forte sforzo fisico perché i polmoni, che sono nel pieno dell’attività, incamerano tutti i gas inquinanti che entrano immediatamente in circolo. Passata Mascalucia il traffico diminuì; anche la salita si addolcì, ma le intolleranze verso il ciclista rimasero intatte. A Nicosi il traffico quasi scomparve. Un cartello mi informò che ero a quota 980 metri sul livello del mare. Ero a metà strada. Mi fermai a riempire la borraccia. Il
panorama sul versante di Catania e del mare, era da mozzare il fiato, mentre il versante della montagna era un paesaggio quasi lunare. Erano sparite le siepi e i fiori che avevano lasciato il posto alla lava pietrificata. Ormai ero solo, sotto un sole cocente, ma con un aria frizzante e fresca. Il traffico era rarissimo e solo di auto o pullman di turisti che mi salutavano con colpi di clacson e non con insulti o sgassate. Mangiai una banana dopo aver bevuto. Ero rinfrancato. Mi accorsi solo allora che il paesaggio era diventato tutto nero: la strada saliva con tornanti ampi o stretti delimitati da muretti neri in un paesaggio di lava nera pietrificata. La vegetazione era scomparsa. Ero in un altro pianeta. Improvvisamente sentii un rumore assordante seguito da un colpo d’aria. Ero stato appena sorpassato da una motocicletta che procedeva a velocità elevata. Dopo poco fui sorpassato da una seconda moto, poi una terza , una quarta…. Tutti mi sfioravano. Dopo poco li vidi tornare giù sempre a velocità folle e sempre sfiorandomi. Lo facevano a posta. Mi prendevano in giro. Mi sfottevano. Mentre affrontavo gli ultimi tornanti tornarono alle mie spalle. Non caldei
nella trappola. Li ignorai, maledicendoli tra me me. L’ultimo chilometro prima di arrivare al rifugio è pianeggiante. Poco prima del rifugio c’è il belvedere e mi fermai a contemplare il panorama. Mi accorsi che le persone guardavano tutte verso il basso, indicando un punto ben preciso; guardai in quella direzione e su uno dei tornanti vidi delle macchine ferme e gente che dopo aver scavalcato il muretto era attorno a qualcuno con una tuta rossa supino sulla lava nera. Era senza dubbio uno dei motociclisti. Mi pentii di avergli mandato degli accidenti. Pensai: “E ora un’autoambulanza quando ci mette ad arrivare lì?” Ero troppo stanco per pensare oltre. Pranzai in un ristorante sotto il rifugio e quando mi sentii pronto, mi rimisi in sella verso il mare. Preferii passare da Zafferana Etnea; volevo vedere fin dove era arrivata la lava nell’eruzione del ’92. La lava si era fermata contro il recinto della prima casa del paese. Continuai la discesa fino a Fleri, Trecastagni, Tremestieri e in fine il lungomare di Catania. Avevo finito la mia piccola “impresa”. Infilai la bici in macchina e tornai a San Michela di Ganzaria. Ero contento e sicuro che quella notte avrei dormito bene. 93
territorio
COOPERATIVA AGRICOLA MORELLI Manutenzione parchi e giardini La Cooperativa Agricola Morelli vanta un’esperienza trentennale nella cura del verde a 360°; dal filo d’erba alle piante monumentali. Nasce negli anni ottanta come settore della Cooperativa Morelli per poi staccarsi nel 2012 e dare vita ad una Cooperativa a se stante vista la crescita negli anni e l’attività ormai vocata quasi esclusivamente ad un settore proprio. Grazie all’esperienza ed alla professionalità del proprio personale è in grado di fornire qualsiasi servizio inerente la cura delle piante ornamentali e di quelle da frutto. Nella potatura 94
mette al centro oltre che l’aspetto visivo anche la salute stessa della pianta su cui interviene, utilizzando potatori esper-
ti che sanno riformare una chioma ma allo stesso tempo favorire le parti vitali tagliando via quelle ormai destinate a diventare rami secchi. Svolgendo continuamente corsi di aggiornamento ed avvalendosi della consulenza di esperti Dottori Agronomi la nostra Cooperativa coniuga nella cura delle piante il sapere antico dei nostri nonni con le tecniche di avanguardia riuscendo così a combattere sia i vecchi che i sempre nuovi parassiti che affliggono i nostri cugini verdi. L’ Agricola Morelli grazie alle proprie Piattaforme Aeree è in grado di fornire un servizio di pronto intervento sia per piante pericolanti che per operazioni urgenti su tetti, gronde, facciate e tutto quello che riguarda lavori in altezza.
La Cooperativa annovera tra i suoi clienti sia privati che enti pubblici svolgendo sia lavori di manutenzioni di aree verdi e potatura di alberature che servizi per feste Religiose come per la famosa ‘Luminara di Santa Croce’ a Lucca nella quale svolge tutto il servizio relativo ai ‘lumini’ illuminando Vie, Piazze e Torri di Lucca.
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EFFICIENZA E QUALITÀ NELLA CONTINUITÀ DELLA GESTIONE FAMILIARE La Società BICICCHI FELICE s.r.l. ha sede in Camaiore (Lu), via San Francesco n. 63. La Società si caratterizza per l’alta redditività della propria struttura operativa, sia a livello di maestranze altamente specializzate sia per l’impiego di macchine e di tecnologie costantemente all’avanguardia: elementi che permettono di programmare e gestire i flussi di lavoro nel minor tempo possibile. Altra particolarità della Società è l’aver saputo conciliare efficienza e qualità amministrativa ad una conduzione che vede impegnati, nei settori strategici dell’impresa, gli stessi componenti dell’originario nucleo familiare. L’impresa nasce nel 1933 come ditta individuale per volontà di Giuseppe Bicicchi per svolgere l’attività di trasporti con “barroccio e cavallo”. Nel 1948 Felice Bicicchi, subentrato al padre, modernizza l’attività con l’acquisto del primo automezzo realizzando il sogno tanto atteso.
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