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mensile di cultura cinematografica
Lelioswing...finalmente a casa!
Il 15 marzo inaugura a Trieste la mostra dedicata a Luttazzi
Danilo Donati, l’arte di cucire il cinema Dall’8 marzo a Villa Manin una grande mostra
Il Mereghetti 2014: “il” dizionario dei film Presentata al Verdi la nuova edizione dedicata a Sara Moranduzzo
Banche delle Voci
Dal 9 al 13 aprile l’ottava edizione del Festival
Critici ribelli
Al via Scrivere di Cinema 2014 - Premio Alberto Farassino
The special need...un viaggio molto speciale
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Marzo
Il 22 gennaio 2014 è scomparso il regista Carlo Mazzacurati
2014 numero 03 anno XXXIV
Carlo, il poeta del NordEst
Carlo Zoratti ospite il 2 aprile per la Giornata Mondiale dell’Autismo
Berlin Expo 2014
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Il 22 gennaio 2014 è scomparso il regista Carlo Mazzacurati a soli 57 anni
Andrea Crozzoli
Editoriale
Carlo, il poeta del Nordest Carlo Mazzacurati aveva appena 31 anni, nel 1987, quando girò Notte italiana prodotto dalla SacherFilm di Nanni Moretti. Sensibile ragazzo padovano di buona famiglia, timido, con le guance che diventavano color ciliegia ogni volta che doveva parlare in pubblico, dimostrava meno anni della sua età. A cena, dopo la presentazione del suo primo film, ci raccontò delle ansie sul set, della scena finale che lui voleva con la pioggia e che, per ragioni di costi, non potè avere. Era, sostanzialmente, nostro coetaneo e aveva anche lui iniziato in un cineclub (padovano) la sua avventura nel cinema. Era passato dietro la macchina da presa e ne eravamo orgogliosi; orgogliosi di avere un autore cresciuto fuori del cerchio magico romanocentrico. Due anni dopo fece Il prete bello, tratto dal libro di Goffredo Parise e lo chiamammo per inaugurare il cinema Zancanaro di Sacile, che l’amministra zione comunale ci aveva dato in gestione per riscattarlo dal suo status di cinema porno. Una sala stracolma accolse Carlo per il suo film. L’affetto del pubblico nei suoi confronti era incredibil mente genuino e spontaneo, probabilmente percepiva la natura umana di Carlo: intelligente, gentile, sensibile, rispettoso, mai supponente, sempre ironico e garbato. Nel 1994, con Il toro, viene premiato con il Leone d'Argento alla Mostra del Cinema di Venezia. Ritorna a Cinemazero nel 1996 con il poetico Vesna va veloce e nel 1998 con il bellissimo racconto di formazione L'estate di Davide. Pordenone diventa una di quelle tappe a cui Carlo tiene molto; nel 2000 porta La lingua del santo, altra storia di perdenti, radicata nel Nordest. Nel 2002 arriva con A cavallo della tigre, un remake da un film di Comencini del 1961. Poi i tre documentari (Rigoni Stern, Meneghello e Zanzotto) raccolti in Ritratti dove Carlo si avvale di Marco Paolini per dialogare con gli scrittori/poeti. Nel 2004 è la volta de L'amore ritrovato con Carlo che racconta al publico pordenonese come sia riuscito, fortunosamente, a trovare alcune auto degli Anni ‘30 a costo zero per una scena del film. Nel 2007 porta a Pordenone La giusta distanza, ulteriore storia ambientata nel piatto Polesine dove dimostra di sapere ancora raccontare, in maniera autentica e personale, le vicende della sua terra. E torna anche per il documentario Sei Venezia , un lavoro che incanta il pubblico, che gli dedica uno degli applausi più lunghi che si ricordi a Cinemazero. Dal delta del Po alla Toscana, Carlo oscillava fra questi due poli genitoriali: babbo veneto e mamma toscana. Vicino a Castagneto Carducci aveva comprato una casa da ristrutturare, il sindaco toscano gli chiese di fare la regia di uno spettacolo in paese. Non seppe dir di no. E raccontando questa storia agli amici, ogni volta aggiungeva un particolare, finché, alla fine, girò La passione con Giuseppe Battiston che nel 2010 presentò a Cinemazero assieme al protagonista. Ad aprile del 2013 ci eravamo sentiti per concordare la sua presenza per Medici con l'Africa, un film coraggioso sui medici in quei paesi. Non siamo riusciti a trovare una data, anche perché il 20 maggio 2013 iniziavano le riprese del suo ultimo film La sedia della felicità dove, mi disse, voleva raccontare «l’umanità attraverso le forme del grottesco, ma anche in toni lirici, per riuscire a evidenziare il senso di catastrofe in cui sem bra che tutti stiano cadendo. Con l’energia e la voglia però di riscatto che, nonostante tutto, si avverte nell’aria». Poi la malat tia impedì ulteriori contatti. Ora, il 24 aprile, uscirà La sedia della felicità e sarà l’occasione per ricordare la figura cara di un amico, un cineasta, una voce di cui sentiremo molto la mancanza.
In copertina: Carlo Mazzacurati durante un incontro con il pubblico di Cinemazero. Fotografia di Elisa Caldana.
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Marzo 2014, n. 03 anno XXXIV Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Marianita Santarossa Direzione, redazione, amministrazione P.zza della Motta, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Grafiche Risma Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
Il 15 marzo inaugura a Trieste la mostra dedicata al grande Lelio Luttazzi
Marco Fortunato
Arriva finalmente in Regione Lelioswing, la ricca esposizione che ripercorre la vita e la carriera di Lelio Luttazzi, raccontando oltre cinquant’anni di storia d’Italia visti con gli occhi dello showman triestino. Merito dalla Fondazione a lui intitolata, voluta ed animata dalla moglie Rossana che, da Roma, ci ha raccontato la genesi di questo progetto. Dopo l’incredibile successo di Roma finalmente “Lelioswing” arriva a Trieste, la città da cui tutto è partito… Trieste è stata e sarà sempre la città di Lelio. È il luogo che lui amava e che è sempre stato al centro del suo lavoro di artista. Quando è nata la Fondazione, pochi mesi dopo la sua scomparsa, è stato naturale che nascesse lì e grazie al sostegno di molti amici nel giro di pochissimo tempo ha saputo organizzare eventi importanti e prestigiosi – penso al Mittelfest, agli appuntamenti in collaborazione con la Casa della Musica e al Premio per i giovani musicisti – che hanno dato lustro alla città e tenuto viva la memoria di Lelio. Sarebbe stato logico che la Mostra partisse proprio da lì, purtroppo però non ce ne sono state le condizioni, e la prima tappa è stata quella della capitale dove ha raccolto un successo incredibile, con oltre 18mila visitatori in poco più di tre mesi. Una mostra che raccoglie moltissimo materiale, uno sforzo imponente ma necessario per raccontare la vita di un personaggio straordinario che fu musicista, showman, scrittore. L’esposizione è frutto di oltre un anno e tre mesi di preparativi in cui la Fondazione ha raccolto oggetti, testimonianze e fotografie per raccontare Lelio come uomo e come artista. Il risultato è in un viaggio che parte nel lontano 1923 ripercorrendo la Storia del nostro Paese. In mostra moltissimi pezzi unici, tutti i manoscritti di Lelio, il suo pianoforte e centinaia di foto, alcune inedite, che offrono un quadro completo su quella che fu la carriera musicale, letteraria e cinematografica di Lelio. Non mancherà una parte interattiva - grazie ad un’installazione multimediale, curata da Silvia Colombini - con una speciale tastiera proiettata sul muro che permetterà ai visitatori di “suonare” in prima persona i capolavori di Lelio. Tra i moltissimi contributi ve ne sono diversi che provengono dal mondo del cinema. Il cinema fu una parte molto importante della carriera di Lelio, non a caso la sezione ad esso dedicata, curata da Piera Detassis, è particolarmente ampia. In questo senso il contributo di questo mondo alla mostra è stato molto significativo, pensiamo solo al fatto che l’allestimento è stato curato da Leonardo Scarpa e la supervisione artistica affidata al regista Pupi Avati, mentre i testi sono stati redatti da Enrico Vaime e l’allestimento luci organizzato da Cesare Bastelli. Inoltre gran parte del materiale fotografico esposto proviene dall’archivio delle Cineteche, soprattutto da quella di Bologna e dalla Cineteca del Friuli oltrechè dall’Istituto Luce. Più in generale il rapporto tra Luttazzi e il cinema fu multiforme. Oltre alle diverse colonne sonore di cui fu autore la sua attività letteraria ispirò anche alcuni film. Come nel caso di “Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy? Esatto. Il film prende spunto dal libro Operazione Montecristo che Lelio scrisse nel difficile periodo del carcere e per il quale compose anche diversi interventi musicali tra cui quelli che accompagnano i titoli di testa e di coda. Ma Lelio Luttazzi passò anche dietro la macchina da presa. Nel 1978, durante un trasloco, trovai una scatola di latta in una stalla e scoprì che conteneva una pellicola. Si trattava de L’illazione, la sua prima ed unica esperienza da regista. Quando gli chiesi spiegazioni Lelio mi sembrò infastidito, era evidente cosa gli ricordava, mi disse solo che il film non sarebbe mai stato trasmesso dalla Rai vista la delicateza del tema che affrontava, gli errori del sistema giudiziario. Per fortuna, per una volta, si sbagliava e quasi quarant’anni dopo, nel 2011, grazie all’intervento di Paolo Giaccio allora direttore di Rai5 e di Piera Detassis, all’epoca Direttore del Festival Internazionale del Film di Roma, la sua opera vide finalmente la luce nell’ambito di evento speciale . Ed è proprio al cinema, a Cinemazero, che è legato il nostro ricordo di Lelio a Pordenone. Ricordo bene quella serata, abbiamo presentato il cofanetto a lui dedicato “Il giovanotto matto” a firma di Pupi Avati, accompagnato da un documentato volume curato da Adriano Mazzoletti, uno tra i massimi esperti di jazz del nostro paese. Lelio si era molto divertito ed era rimasto affascinato dal posto dove siamo andati a cena, un locale storico con gli abbeveratoi per i cavalli appesi al muro. Ci siamo anche ritornati da soli..
Intervista a Rossana Luttazzi
Lelioswing... finalmente a casa!
Dall’8 marzo a Villa Manin una grande mostra
Andrea Crozzoli
Danilo Donati
Danilo Donati l’arte di cucire il cinema Sarà uno degli eventi cinematografici dell’anno la grande mostra che I possessori della CinemazeroCard avranno Villa Manin dedica, da marzo a giugno, al genio insuperato di Danilo diritto all’ingresso a prezzo ridotto Donati e alla Sartoria Farani che ha accompagnato il maestro nel corso della sua carriera, dando corpo a veri e propri capolavori. Per la prima volta sarà possibile vedere da vicino gli abiti originali confezionati per La bisbetica domata (1967), indimenticato film zeffirelliano interpretato dalla mitica coppia Richard Burton ed Elisabeth Taylor, oppure i costumi di Satyricon o Casanova o Amarcord di Fellini, così come quelli dei film di Pasolini: da Il Vangelo secondo Matteo a Edipo re, dal Decameron a Salò. Un viaggio fra i capolavori del grande cinema italiano che ci fa capire i misteri e i segreti del percorso creativo dei grandi registi per realizzare un film. La mostra fa comprendere come un'opera filmica sia il frutto di una serie di eccellenze nel loro settore (costumista, sartoria, scenografo, ecc.) coordinate da un direttore d’orchestra come il grande affabulatore Federico Fellini o Pier Paolo Pasolini. Il regista riminese riconosce subito il genio di Danilo Donati e lo nomina anche scenografo e arredatore oltre che costumista per il Satyricon. Ne Il Casanova il “doge” Federico, facendogli la caricatura, scrive a Daniluccio (vezzeggiativo tipicamente felliniano) sul frontespizio della sceneggiatura: “E questa volta il ‘700! Ne vedremo delle belle!”. Vinse per quel film il suo secondo Oscar per i migliori costumi, il nostro Daniluccio. Non andò mai a ritirarlo. Come non andò mai a ritirare nessuno dei numerosissimi premi che vinse nel corso della sua lunga e gloriosa carriera. Donati, nato a Suzzara (1926 - 2001) si era formato, analogamente all’altro costumista Piero Tosi, all’Accademia d’Arte a Firenze dove ebbero, entrambi, come maestro il pittore Rosai. Donati dopo aver inizialmente lavorato con Visconti al Teatro alla Scala, nel 1959, realizzò per Mario Monicelli i costumi del suo primo film: La grande guerra, Leone d’Oro a Venezia quell’anno. Nel 1962 l’incontro decisivo con Pier Paolo Pasolini per il quale Donati realizza i costumi dei tableaux vivants ne La ricotta dove, come racconta il fondatore della Sartoria Farani, “i costumi erano panni drappeggiati retti sotto con fil di ferro e il tessuto (taffetà tinto), veniva trattato perché assumesse le pieghe come apparivano nei dipinti che fungevano da modelli”. Ebbe così inizio uno dei sodalizi artistici più proficui della storia del cinema italiano, quello fra Donati e Pasolini, che durò fino alla morte del poeta. Nel 1964 Donati lavora, sempre con Pasolini, a Il Vangelo secondo Matteo dove il regista, dando delle precise indicazioni al costumista, afferma che “ho preso i costumi, non il gusto, da Piero della Francesca per rappresentare la classe dirigente e per rappresentare i soldati, e il Cristo ha caratteri soprattutto arcaico-bizantini o spagnoli barocchi, il Greco soprattutto”. Su queste linee Donati trova, dunque, i suoi riferimenti figurativi nella pittura italiana del Trecento per il primo film pasoliniano in costume e soprattutto il primo dove i costumi hanno una funzione espressiva fondamentale. Donati, alla Sartoria Farani, sperimenta una diversa lavorazione dei tessuti, che erano trattati con bolli-
zo ridotto
ture, per venire poi delavati, quindi bruciacchiati e plissettati. Per i copricapi dei sacerdoti ricorda Farani “si dovevano fare le forme del cappello come le cappellaie facevano normalmente con la base e modellando il rivestimento su di essa. C'era il problema delle trecce di corda che sono state fatte tutte a mano, trecce fatte a sei corde, si intrecciavano chilometri di roba”. Per questo film Danilo Donati ebbe una nomination all’Oscar nel 1967 per i migliori costumi, e come se non bastasse lo stesso anno ebbe la nomination all’Oscar anche per i meravigliosi costumi de La mandragola di Alberto Lattuada anch’essi in mostra a Villa Manin. Ci sarà anche la giacca indossata da Totò in Uccellacci e uccellini (1965) dove Donati rilegge la classica immagine del frac di Totò con una strana giacchetta, aderente in vita, larga e rigida nella parte bassa, come un abat-jour, perché nell'episodio del film lui - come scrive lo stesso Pasolini - “è un piccolo-borghese che insegna a un'aquila come diventare piccolo-borghese, ma che finisce col diventare lui un'aquila: il piccolo-borghese razionalista, conformista, istruito finisce sopraffatto dall'aquila e vola via”. Sono 130 costumi da 18 film diversi, che rappresentano quanto di meglio sia stato prodotto dal cinema italiano in quegli anni. La caratteristica di Donati era di essere uno sperimentatore unico, come per il mantello della Mangano-Giocasta che - ricorda lo stesso Farani - “era addirittura fatto con del “riscaldo” tagliato a fettine e poi tessuto; il “riscaldo” è quel materiale che si mette fra due stoffe per bombarle un poco e noi lo abbiamo usato rigido, pulito ma tagliato a striscioline e poi tessuto a mano sempre utilizzando la spilla da balia”. Attraverso le varie sale che compongono la mostra, ricca, oltre che dei costumi, di fotografie, manifesti, sceneggiature, filmati, disegni originali, appunti, potremo compiere un viaggio, tra i capolavori del cinema, che ci permetterà di vedere, d’ora in avanti, i film con occhio diverso, grazie all’incredibile genio di un maestro come Danilo Donati, dalle capacità e intelligenza straordinarie. Come disse Roberto Benigni a proposito di Donati “Quando dormiva poteva attaccare il cartello "Il poeta lavora".
Presentata al Teatro Verdi la nuova edizione dedicata a Sara Moranduzzo e Gianni Volpi
Luciano De Giusti
Il Mereghetti 2014
Il Mereghetti 2014 “il” Dizionario dei film! Aprendo il nuovo Dizionario dei film 2014 di Paolo Mereghetti ci si imbatte in una doppia dedica: a Sara Moranduzzo e Gianni Volpi. Se per quest’ultimo vale la linea delle precedenti, tutte legate alla memoria di colleghi critici, come ad esempio Alberto Farassino o Tullio Kezich, quella a Sara appare come il meritato riconoscimento tributato a un’appassionata operatrice culturale che per tanti anni si è prodigata all’interno di Cinemazero, Le Giornate del Cinema Muto, Pordenonelegge. Il Mereghetti, come in breve si appella, è giunto alla decima edizione in 20 anni. La prima uscì infatti nel 1993 in volume unico. Successivamente, i volumi divennero due; poi, a un ritmo di aggiornamento che da biennale si è fatto triennale, ecco il cofanetto con tre volumi: due di schede sui film e un altro, utilissimo, di indici (articolato per registi, attori, titoli originali, voci tematiche, ecc.). Il Dizionario, che ha conosciuto una costante evoluzione qualitativa, si è imposto fin dall’inizio per la sua capacità di coniugare analisi critica e chiarezza espositiva. Ciò gli ha consentito di offrirsi come strumento utile e talora prezioso a un ampio segmento di utenti che oscilla dallo studioso al cinefilo più appassionato. La crescita del Dizionario in questi 20 anni non va registrata come una semplice espansione quantitativa dovuta all'incremento delle schede. Uno dei salti di qualità compiuti da questa nuova edizione è costituito dal fatto che quelle aggiunte non sono circoscritte ai nuovi film usciti negli ultimi tre anni. Oltre a questo prevedibile aggiornamento, il Dizionario espande il suo orizzonte esercitando uno sguardo retrospettivo che si traduce in un recupero di film del passato prima non censiti, alcuni dei quali appartenenti alla stagione del cinema muto. Non solo. In piena sintonia con le nuove forme di fruizione in epoca digitale, nella quale il film è ormai fuoriuscito dall'alveo tradizionale della sala cinematografica, il Dizionario si lascia alle spalle il precedente criterio, che limitava la schedatura ai film usciti in sala. Respirando l’aria del tempo, prende atto che una parte di essi viene resa disponibile in disparati supporti e piattaforme digitali. Compaiono così schede di film non distribuiti nelle sale italiane ma disponibili in DVD o in rete. Fanno inoltre la loro comparsa molti film appartenenti a macrogeneri prima trascurati, come il cinema documentario o quello corto. La crescita estetica e produttiva del documentario negli ultimi anni, già registrata da critica e festival ben prima della simbolica affermazione veneziana di Sacro Gra, ha propiziato la schedatura dei film di grandi autori, come Wiseman, ma anche quelli di registi più giovani come il duo D’Anolfi e Parenti. Tra i corti troviamo invece quelli di Chaplin del 1914, in perfetta coincidenza con il centenario della nascita del personaggio di Charlot, ma anche quelli d'animazione della Pixar (cui è dedicata un'altra delle nuove voci tematiche), tra i quali spicca Day & Night, consacrato con il massimo delle stellette attribuito a quei film che, all'interno del genere di appartenenza, si possono considerare pressoché capolavori. Si saluta con favore la rivalutazione che colloca nella cerchia ristretta dei grandi film anche Le mani sulla città di Rosi, mentre, tra i titoli più recenti, fa piacere l'ingresso nella costellazione dei favoriti di Amour (Haneke) e Miracolo a Le Havre (Kaurismaki), ma anche la delicata animazione de L'illusionista (Chomet) e la poetica innovazione de Le quattro volte (Frammartino). Una soddisfazione particolare procura l'inserimento in questa specie di olimpo di due film distribuiti dalla “nostra” Tucker quali Poetry (Chang-dong) e A simple life (Ann Hui). Nella sua funzione di orientamento nel gusto del pubblico, quello delle stellette è un gioco molto serio.
Dal 9 al 13 aprile l’ottava edizione del Festival a Cinemazero
Marco Rossitti
90, 60, 90: spero non dispiaccia, ma le "misure" dell'ottava edizione de "Le voci dell'inchiesta" (a Cinemazero dal 9 al 13 aprile) non hanno nulla a che vedere con quelle per troppo tempo imposte - quale inderogabile paradigma di perfezione fisica - alle aspiranti Barbie in carne ed ossa. Piuttosto le vengono consegnate, in quanto manifestazione da sempre interessata alle diverse "scritture della realtà", da tre importanti anniversari che interessano da vicino il sistema dei media nazionale e di cui essa, pertanto, non poteva non tener conto: i 90 anni della Radio (6 ottobre 1924), i 60 anni della Televisione (3 gennaio 1954), i 90 anni dell'Istituto Luce (settembre 1924). Tre anniversari da ricordare e festeggiare - nelle sezioni retrospettive del festival (delle altre sezioni, più focalizzate sull'attualità, darò conto nel prossimo numero della rivista) - senza alcun intento monumentale e celebrativo, ma limitandosi a portare alla superficie, con rapide immersioni nelle profondità dei rispettivi archivi audiovisuali, la cui sorprendente vastità non ci stancheremo mai di esplorare, qualche pezzo "prezioso" (per ragioni affettive più che strumentali) di quel consistente ed inestimabile patrimonio immateriale. Così, se il compleanno della Radio italiana integrerà quello (20 candeline!) di una delle trasmissioni di Radio3 più seguite e amate dal pubblico, Hollywood Party, l'anniversario della Televisione diverrà occasione per un duplice tributo a due protagonisti dell'informazione televisiva nazionale, che finirà (involontariamente?) per moltiplicare, in un wellesiano gioco di specchi, ricorrenze e commemorazioni: il ricordo della giornalista del TG3 Ilaria Alpi, a vent'anni dal suo "sacrificio sul campo" (fu uccisa il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, Somalia, assieme al cameraman triestino Miran Hrovatin, col quale stava realizzando un'inchiesta sul traffico di armi e rifiuti tossici); e l'omaggio - nell'ottantesimo anniversario della nascita - ad Andrea Barbato (1934-1996), uomo politico, scrittore, autore televisivo e teatrale, sceneggiatore, ma soprattutto inarrivabile cronista, «il più interessante e originale, un principe della carta stampata che sembrava nato per il video» (Furio Colombo), che con quel suo stile ironico e distaccato, i suoi toni pacati e civili e un'integrità morale e professionale non negoziabile ha segnato una delle stagioni più felici della nostra televisione e del giornalismo italiano. Mettendo a confronto interviste di ieri e documentari di oggi, commentati dal vivo e integrati dai ricordi e dalle testimonianze degli amici e dei collaboratori più fidati, sarà possibile anche ripercorrere la grande lezione umana e civile di uno dei più grandi innovatori del Novecento, l'industriale, politico, editore, urbanista Adriano Olivetti (1901-1960), sfogliando nuovamente le pagine di quell'agenda ideale che l'intellettuale fuori dagli schemi aveva programmato, fin dall'immediato secondo dopoguerra, per i cittadini e i lavoratori del nostro Paese. Pagine in cui «si parla di dignità delle persone, di conoscenza, di comprensione profonda dei valori della cultura, di responsabilità dell’impresa verso i lavoratori e l’ambiente, e dove la scienza, la tecnologia e l’economia sono strumenti al servizio dell’uomo e della comunità» (Valerio Ochetto). Un Paese ideale ma possibile, quello immaginato dall'imprenditore di Ivrea, ben diverso dal Paese reale (dodici milioni di poveri, centomila emigranti l'anno, un Sud con il 48% delle case senza acqua potabile), che fa da sfondo, nel 1954, a un'impresa eroica, organizzata a tavolino, con l'intento di mostrare a un paese fiaccato e diviso quello che gli italiani sono in grado di fare, riuscendo là dove più importanti nazioni avevano fallito: la conquista del K2, seconda (e, all'epoca, ancora inesplorata) vetta del mondo. Con una selezione di rari e interessanti materiali storici - che odorano stavolta di celluloide - e l'ausilio delle inchieste e ricostruzioni più recenti ed aggiornate, il festival cercherà di fare luce su una vicenda che, a 60 anni di distanza, appare ancora avvolta dalle nebbie d'alta quota, tra verità ufficiali e versioni personali dei fatti, rivelazioni e insabbiamenti, scandali e misteri, coperti, a quanto pare, persino dalla Ragion di Stato.
Voci dell’Inchiesta 2014
Banche delle Voci
Al via l'edizione 2014 di Scrivere di Cinema Premio Alberto Farassino
Adriano De Grandis
Scrivete, scrivete, ....
Critici e ribelli In questi anni difficili per tutto e per tutti, anche la critica cinematografica vive la sua crisi (esistenziale, professionale, comunicativa), ma resta un punto fondamentale se si vuole continuare a discutere sui film che ci appassionano, ci stimolano e ovviamente anche ci deludono. Quindi giovani forze fatevi forza e cercate di dire la vostra sui film che avete visto a partire dal 1° agosto 2013 o che vedrete fino al 15 giugno di quest’anno. Al grido di “Critici e ribelli” prendete alla lettera questo slogan e cercate di essere più personali possibile, senza farvi ingabbiare da riferimenti accademici o istituzionali, siate originali senza aver paura dei vostri pensieri, ricordandovi che dal dialogo soprattutto di opposti nascono i dibattiti più interessanti. Il concorso Scrivere di Cinema Premio Alberto Farassino per giovani aspiranti critici vi aspetta. Fate vostra la lezione del grande critico e docente a cui è dedicato il premio e scrivete, scrivete, scrivete. Senza timore. Il bando per partecipare lo potete scaricare alla pagina ufficiale del concorso scriveredicinema.mymovies.it. Le sezioni sono due. La prima (Young Adult) è aperta a tutti coloro che
sono di età compresa tra i 15 e i 19 anni ; l’altra (Under 25) è dedicata alle persone di età compresa tra i 20 e i 25 anni. Per partecipare alla prima sezione si possono mandare al massimo 3 recensioni da 3.000 battute max l’una (spazi inclusi) e i premi riservati sono un iPad (1° classificato), un buono spesa del valore di 150 euro per l'acquisto di film in streaming, in libri e dvd e l'abbonamento per un anno a mymovieslive! (2°) e del valore di 100 euro (3°). Per partecipare alla seconda sezione servono una recensione (anche qui di 3.000 battute al massimo) e una lettera di presentazione (max 2000 battute) che dovrà contenere le motivazioni che spingono il candidato a partecipare a un concorso che prevede come premio un workshop redazionale all'interno del Festival del Film di Roma, con la possibilità di vivere concretamente l'esperienza del critico cinematografico seguendo quotidianamente uno tra i principali festival internazionali, incontrando critici esperti e professionisti del cinema, in una redaziona allestita all'interno del Villaggio di Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela del Festival Internazionale del film di Roma dedicata ai ragazzi. Il termine ultimo per partecipare al concorso è il 15 giugno 2014.
In giuria, accanto a me: Mauro Gervasini, direttore di Film TV, collaboratore di MYmovies e selezionatore per la Mostra del Cinema di Venezia; Nicola Lagioia, scrittore, editor per Minimum Fax, conduttore di Radio3 e selezionatore per la Mostra del Cinema di Venezia; Viola Farassino, che da sempre presiede la giuria. Scrivere di Cinema è promosso da Cinemazero, pordenonelegge.it, il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani e MYmovies in collaborazione con Alice nella Città. Le premiazioni si svolgeranno durante pordenonelegge.it – Festa del libro con gli autori, dal 17 al 21 settembre 2013. Dunque che aspettate? E’ una grande occasione per provare le vostre possibilità di “futuri critici” e soprattutto “ribelli”. Infoe e bando: scriveredicinema.mymovies.it
Carlo Zoratti ospite a Cinemazero il 2 aprile in occasione della Giornata dell’Autismo
Davide Del Duca
Enea, il protagonista del film, soffre di un disagio mentale ha ventinove anni ed ha un “bisogno speciale”: avere una relazione completa e matura con una ragazza. Il suo è un bisogno comune a molte persone che si trovano nella sua stessa condizione, ma a differenze di altri il protagonista può contare sulla formidabile solidarietà dei suoi amici. Il film o docufilm, come forse meglio si può definire questa interessante opera prima, in realtà pur partendo da questa tematica porta a galla con forza un altro aspetto fondamentale della vita: il valore terapeutico dell’amicizia tra pari. Siamo in un piccolo paese dell’Udinese gli amici di Enea lo hanno sempre trattato come uno di loro e quindi hanno ritenuto giusto che anche lui come loro dovesse crescere anche sessualmente. In questa loro idea semplice e genuina nei sentimenti c’è molta solidarietà maschile quella solidarietà e quei valori di amicizia, cameratismo e di inclusione che Pasolini ha raccontato nei suoi romanzi sia che fossero ambientati nei paesi rurali del Friuli “Il sogno di una cosa” sia che fossero ambientati nelle borgate di una città come Roma “Ragazzi di vita”. Questo - special need – di Enea dà origine ad una ricerca e ad un viaggio. Il viaggio è l’eterna metafora della crescita, ed anche in questo caso Enea e a i suoi due amici attraverso il viaggio crescono, maturano e torneranno a casa diversi da come erano partiti. Naturalmente il viaggio non è solo metafora ma è anche realtà e il racconto cinematografico di Carlo Zoratti, coideatore, regista e attore del film, strizzando l’occhio ai road movie, ci porta dal Friuli, passando attraverso l’Austria, fino in Germania dove, con teutonica schiettezza, qualcuno si prenderà l’incarico di spiegare come il sogno di Enea e degli amici è semplicemente irrealizzabile. Tale fatto costituisce quel necessario bagno di realtà che supera timori e fraintendimenti, semplificazioni, censure culturali o religiose. Cosa resta allora di questa esperienza al protagonista e ai suoi solidali? Da una parte lo sconcerto degli amici che si accorgono di aver sbagliato l’obiettivo e dall’altra la consapevolezza dei limiti che la vita di una “persona speciale” ha e avrà sempre. Tuttavia, appurato questo, Enea non risulterà un giovane uomo solo o affiancato soltanto da quel personale preposto che seppur con passione esercita una vicinanza che è mediata dal ruolo lavorativo, ad Enea resta e non è poco, l’ affetto e la solidarietà dei suoi amici su cui potrà sempre contare. Il film, ben girato da Zoratti, risulta piacevole allo spettatore e ha il pregio di affrontare con pudore una questione importante quasi sempre sottaciuta: il tema appunto della sessualità nella disabilità; allo stesso tempo fa emergere senza particolare enfasi o clamore il tema dell’amicizia e della solidarietà che risulta essere un tocca sana per qualsiasi persona che si trovi in difficoltà e lo è ancora di più per quelle persone che vivono un disagio cronico. Se il cinema, come specchio della realtà, ha fra le sue molte caratteristiche e peculiarità anche quella di far riflettere chi assiste allo spettacolo The special need raggiunge egregiamente lo scopo e non lascia indifferenti.
The special need
The special need... un viaggio molto speciale!
Von Berlinale nach Ost- und West-Berlin
Lorenzo Codelli
FilmFestSpiele...e non solo
Berlin Expo 2014 Tante altre città sentono il bisogno di rilanciare ansiosamente la propria “imago” attraverso delle “World Expo” dispendiosissime, o delle buroimpelagatissime “Capitali Culturali Europee”. Berlino non ha queste preoccupazioni. L’esposizione permanente inizia il 1 gennaio e finisce il 31 dicembre, un anno sì e l’altro pure. Ovunque. Palazzi, musei, gallerie, strade, piazze, parchi, spazi “alternativi”, foyer ecc. Certo, si tratta d’una Metropolis bifronte, Est e Ovest in competizione accanita. Le due metà ex-divise appaiono persino dal cielo - secondo le osservazioni notturne d’un astronauta in orbita - illuminate in modo antitetico, bagliori arancione a Ovest e fasci biancastri a Est. Nei suoi 64 anni di vita la Berlinale ha spesso anticipato i trend culturali della capitale, elevando i gusti e le conoscenze. Si ha l’impressione che attualmente la prestigiosissima manifestazione cinematografica si trovi spiazzata, che fatichi un po’, lungo la sua abituale decina di giorni di fulmini, tuoni e saette, a tener dietro al rinascimento artistico e culturale circostante. L’affastellarsi di sezioni, cicli ad libitum, “expanded” media, “culinary cinema”, seminari e “campus”, danno l’impressione d’un gioco in difesa. Magari ce l’avessimo noi una “Veneziale” che si dovesse “difendere” con la bulimia dal boom di competitor o d’invasori di campo! Alla Berlinale la crescita frenetica di film va indubbiamente a scapito della qualità. Il contrario dell’essenzialità, della specificità, a cui mirano invece tante esposizioni visitabili presso le innumerevoli, attivissime istituzioni berlinesi. Qui avremo spazio solo per qualche menzione, Entschuldigung bitten. Alla Deutsche Kinemathek due mostre “kammerspiel”, al posto del dedalo labirintico su Martin Scorsese d’un anno fa. “Licht und Schatten. Am Filmset der Weimarer Republik”, ovvero l’era di massimo splendore del cinema germanico rievocata tramite foto di scena e manifesti, tutti rigorosamente in formati e stampe dell’epoca. Dalla Carmen di Ernst Lubitsch del post-apocalittico 1919, fino a Liebelei di Max Ophüls del pre-apocalittico 1933. “Ombre e luci” sì, in quanto i curatori Rainer Rother e Hans Helmut Prinzler hanno voluto sottolineare da un lato i forti contrasti luministici dell’espressionismo, e dall’altro le sue dialettiche storiche. Ad esempio, il mirabile poster di Mutter Krausens Fahrt ins Glück (Phil Jutzi, 1929), che ancor meglio del film stesso dà anima alle sagome proletarie del caricaturista Heinrich Zille. O i ginnasti nudi di Wege zu Kraft und Schönheit (Wilhelm Prager, 1925) - tra essi la giovane Leni Riefenstahl - preannunciano gli atleti ariani che scolpirà la futura egeria del Führer. A proposito di nudi estetizzanti, impossibile non menzionare “Die privaten Fotografien 1926-1931” (Schirmer/Mosel), raccolta postuma degli impressionanti ritratti scattati da Friedrich Murnau tra Berlino, Hollywood e i Mari del Sud. “Ombre e luci” era anche il titolo della retrospettiva maggiore della Berlinale, un potpourri di classici tedeschi, giapponesi e hollywoodiani, supportata da un bel catalogo in lingua tedesca edito da Schirmer-Mosel. Das Cabinet des Dr. Caligari (Robert Wiene, 1920), restaurato ad hoc dall’Immagine Ritrovata di Bologna, ha avuto la sfortuna d’essere accompagnato live dalle tediose note per organo del polistrumentista John Zorn. Scendendo dal terzo al primo piano dell’edificio di Potsdamer Platze, ecco “The Unseen Seen: Film im neuen Licht”. L’artista Reiner Riedler ha fotografato in grandezza naturale, usando radiazioni speciali, le bobine d’una manciata di copie, antiche e recenti, a 35mm conservate dalla Kinemathek. Esempio: entro una vetrina bifronte, visibile da ambedue i lati, ammiriamo l’icona della copia di Freaks. Se lo conoscete a memoria scorgerete forse “mostruosità” fisiche in più o in meno, a seconda dell’umore. Meglio di tante prediche sulla conservazione del patrimonio filmico, certi sprazzi di vita nel buio fanno riflettere. Alla Neue Nationalgalerie, “Ausweltung der Kampfzone: 1968-2000”. Esibendo un’altra abbondante porzione dei propri tesori, il razionale quadrilatero in vetro concepito da Mies van der Rohe cavalca le furiose contestazioni sociali scoppiate dal ’68 in poi in Germania e nel resto del mondo. Un murale immenso dipinto da Andy Warhol, utilizzando esclusivamente il grigioverde delle tute militari, rende lo spirito del pacifismo d’antan. Barnett Newman, Joseph Beuys, Bruce Nauman, Rebecca Horn e altri iconoclasti propongono sculture giganti, video minimalisti, neon accecanti, astrazioni cubiste, performance masochiste ecc. Stanley Kubrick si sarebbe divertito visitando al Deutsches Historisches Museum la mostra dedicata al campo di battaglia di Lipsia del 1813, ove il “suo” Napoléon affronta le “nazioni unite”. Pallottole, armi, divise, ritratti ad olio, reportage, giornali, lettere, ci coinvolgono come fossimo tra le truppe, senza revanscismi trionfalistici né nostalgie imperiali. A pochi passi dallo zoo, e dallo Zoo-Palast - culla della Berlinale, appena riammodernata rispettandone la grintosa facciata -, l’immancabile Helmut Newton Foundation. Vi campeggia un’altra delle sorprendenti raccolte newtoniane: “foto di moda” avanzatissime, ormai entrate nella leggenda. A un isolato da lì ci s’imbatte in un edificio in ricostruzione celato da un gigantesco telone che annuncia l’imminente inaugurazione d’un nuovo Museo della Fotografia... Berlin Berlin Berlin!
DEDICA FESTIVAL 2014
Il grande scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun, autore fra i più celebri nel panorama letterario mondiale, romanziere tradotto in più di 25 lingue, poeta e giornalista, sarà il protagonista della 20.a edizione di Dedica, che si terrà a Pordenone dall’8 al 22 marzo 2014. Il festival è come sempre progettato secondo quei criteri che gli hanno permesso di distinguersi nel panorama culturale italiano e di essere per Pordenone, per il suo territorio e per l’intera regione veicolo di promozione attraverso la cultura. Ancora una volta, quindi, Dedica proporrà un percorso di conoscenza ed approfondimento dell’autore, della sua opera e del suo mondo, spaziando fra libri, conferenze, teatro, cinema, musica. Al protagonista si affiancheranno personaggi di spessore internazionale, espressioni delle diverse declinazioni artistiche che comporranno il mosaico di eventi. Info: www.dedicafestival.it
21^ EDIZIONE DEL FILMFORUM FESTIVAL Udine, (2-11 aprile) / Gorizia (15-21 marzo)
Discussioni, tavole rotonde, proiezioni di film, laboratori pratici, performance di artisti sperimentali e un convegno internazionale (dal 2 al 4 aprile 2014) con i migliori accademici internazionali, andranno a comporre il calendario della 21# edizione del FFF. Sulle origini della produzione cinematografica italiana si concebntra anche l'avventura di Cinecittà raccontata attraverso il suo architetto in un volume: “Gino Peressutti, l’architetto di Cinecittà”, firmato dalla coordinatrice di Film Forum Festival, Sara Martin. Dal 15 al 21 marzo FilmForum Festival 2013 si sposterà a Gorizia per ospitare l'annuale Spring School, come sempre incentrato sul rapporto fra Cinema e arti visive contemporanee. Fra le novità più la prima nazionale di ‘A journal of Insomnia’, la fortunata web production documentaria girata in Canada intorno all’insonnia, per iniziativa di Hugues Sweeney e dei cineasti Bruno Choiniere, Philippe Lambert, Thibaut Duverneix and Guillaume Braun per il National Film Board del Canada (NFB). Ulteriore premiere sarà la serata di proiezioni dedicata a Franco Basaglia, a cura dell'artista e fumettista Stefano Ricci, con la prima dei materiali della Collezione Osbat Basaglia di proprietà della Mediateca Provinciale "Ugo Casiraghi", acquistati dalla famiglia Osbat, digitalizzati a Gorizia a cura del Laboratorio La Camera Ottica dell’Università di Udine, assemblati su montaggio di Jacopo Quadri (montatore di ‘Sacro Gra'), su musiche live del contrabbassista Giacomo Piermatti. L'evento sarà accompagnato da una pubblicazione a firma di Stefano Ricci. Info: http://www.filmforumfestival.it/
NATURE ANIMATE - Video animazioni d'autore Venezia, fino al 4 marzo 2014
In occasione del Carnevale di Venezia, la Fondazione Bevilacqua La Masa in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia propone una rassegna di video animazioni d'autore ispirati al tema della Natura Fantastica, titolo dell'edizione 2014 della kermesse veneziana, ideata da Stefano Coletto, che ha coinvolto Paola Bristot, direttrice artistica del Piccolo Festival dell’Animazione. Due le location d'eccezione: da una parte, Palazzo Mocenigo, il Museo dove rivivono le attività del patriziato veneziano tra il XVII e il XVIII secolo, dall’altra, Palazzetto Tito, sede della Fondazione Bevilacqua La Masa, da sempre attenta alla sperimentazione artistica contemporanea. Fino al 4 marzo, i visitatori di entrambe le sedi potranno dunque ammirare le animazioni di Pierre Bourrigault, Michele Bernardi, Igor Imhoff, Jadwiga Kowalska, Robert Löbel, Joni Männistö, Marina Rosset, Andres Tenusaar, Péter Vácz, dove segno, grafica, colore e suono si fondono in una unica gradazione poetica. In collaborazione con Animateka Film Festival. Info: www.bevilacqualamasa.it
SAN VITO JAZZ 2014
San Vito al Tagliamento, Teatro Arrigoni, dall’1 al 15 marzo 2014
L’edizione di San Vito Jazz 2014 guarderà all'Europa cercando di mostrare come da diverse prospettive i musicisti facciano vivere nella loro arte le molteplici connessioni spaziali e temporali praticando lo sviluppo di linguaggi non derivativi dall'esperienza della tradizione ma con essa in rapporto dialettico e creativo. L'apertura è affidata al gruppo rivelazione dell'anno Sons of Kemet, che propone una avvincente miscela di jazz, dub e ritmi caraibici. Il pianista Claudio Cojainz con un formidabile sestetto presenterà in anteprima assoluta il suo nuovo progetto Hispanish & Blues Songs. La chiusura della rassegna spetta ad un duo formato da due maestri della musica improvvisata europea. L'isontino Giovanni Maier dialogherà con il pianista Keith Tippett; uno dei mostri sacri della musica degli ultimi decenni. Info: comune.san-vito-al-tagliamento.pn.it
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
Pordenone, dal 8 al 22 Marzo 2014
i film del mese
Un film di Ferzan Ozpetek. Con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano. Italia 2013.
(Tit. Or.: The Book Thief) Un film di Brian Percival. Con Geoffrey Rush, Emily Watson, Sophie Nélisse. USA, 2013. Durata 125 min.
(Tit. Or.: Her) Un film di Spike Jonze. Con Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara. USA 2013. Durata 120 min.
AMORI E AMICIZIE IN UN FILM IN CUI SI PIANGE E SI RIDE...COME NELLA VITA.
ALLACCIATE LE CINTURE
DI FERZAN OZPETEK Dopo il poco convincente esperimento di Magnifica presenza (2012), l’acclamato regista Ferzan Ozpetek torna sul grande schermo con Allacciate le cinture, un film che ruota attorno a tre personaggi Elena, Antonio e Fabio interpretati rispettivamente da Kasia Smutniak, Francesco Arca, l’ex tronista del programma di Maria De Filippi “Uomini e donne”, e Filippo Scicchitano. La voce fuori campo di Pino Insegno fa da apertura alla prima scena: “Un grande amore non avrà mai fine”, ed è proprio questo il messaggio che il cineasta turco vuole trasmettere allo spettatore. Antonio e Fabio amano Elena ma in maniera completamente diversa: l’uno rappresenta l’amore passionale ma turbolento a causa di diversità caratteriali e opinioni sul mondo, l’altro incarna un amore platonico, rispettoso dei limiti dettati dalle proprie scelte esistenziali. Due diversi modi di amare una donna che, seppur in antitesi l’uno con l’altro, generano continue lotte: ne nasce una sfida costante in cui ogni segreto e ogni desiderio sotteso viene vissuto come una turbolenza da cui i personaggi cercano di evadere per timore di essere coinvolti. L’amore di Antonio e di Fabio segnerà la vita di Elena per ben tredici lunghi anni, dal 2000 al 2013, durante i quali i tre protagonisti dovranno fare i conti con le turbolenze della vita e si ritroveranno per combattere una battaglia drammatica che li porta a riflettere non solo sui loro sentimenti e sulle loro relazioni ma anche ad indagare il vero significato della parola amore, o quantomeno cosa si possa chiamare ancora amore. Nel cast, oltre ai nostri tre personaggi, ci saranno Carolina Crescentini, Paola Minaccioni, Elena Sofia Ricci, Francesco Scianna, Carla Signoris, Luisa Ranieri e Giulia Michelini che fanno parte della schiera delle amicizie e delle relazioni familiari che ruotano intorno al triangolo amoroso. “Il film non sarà una commedia ma un film dove si ride e si piange come accade nella vita” per riflettere sul vero significato dell’amore declinato in ogni sua sfumatura..
TEMI UNIVERSALI COME L’AMICIZIA E LA FORZA D’ANIMO IN UN FILM EMOZIONANTE
STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI DI BRIAN PERCIVAL
Dato tra i favoriti nella corsa alle nomination agli Oscar, il film è la trasposizione cinematografica del best-seller di Markus Zukas La bambina che salvava i libri: oltre 7 milioni di copie vendute in tutto il mondo e per quattro anni nella classifica dei migliori libri di sempre stilata dal New York Times. Si tratta del debutto alla regia cinematografica di Brian Percival, pluripremiato regista della serie tv Downton Abbey ed ha per protagonisti Geoffrey Rush, Emily Watson e la giovane rivelazione Sophie Nélisse (Monsieur Lazhar), tutti dati per possibili candidati agli Academy Awards. Sono gli anni del potere di Hitler e della Seconda Guerra Mondiale. Lo spettatore assiste alle vicende di cui è protagonista la piccola Liesel Meminger (Sophie Nélisse), affidata dalla madre incapace di mantenerla ai coniugi Max (Geoffrey Rush) e Rosa (Emily Watson). Liesel non ha frequentato la scuola, ma attraverso gli insegnamenti del suo nuovo papà, durante lunghe notti trascorse con lui a studiare, impara ben presto a leggere. È grazie all'amore per la lettura che supera l'iniziale diffidenza verso Max (Ben Schnetzer), un ebreo tedesco che i suoi genitori nascondono nel sottoscala della loro cantina. Insieme a lui legge i romanzi che salva dai roghi nazisti o ruba dalle biblioteche. Per entrambi l'immaginazione diventa l'unico modo per sfuggire all'orrore nazista che si scatena intorno a loro... . Un film ricco di emozioni che affronta temi universali come l'amicizia, la forza dell'animo umano, il potere delle parole e la capacità di trovare la bellezza nascosta anche nei luoghi più bui.
UN MELODRAMMA DI FANTASCIENZA CHE SPINGE A UNA RIFLESSIONE SULL’UOMO
LEI
DI SPIKE JONZE Theodore è impiegato di una compagnia che attraverso internet scrive lettere personali per conto di altri, un lavoro grottesco che esegue con grande abilità e a tratti con passione. Da quando si è lasciato con la ragazza che aveva sposato però non riesce a rifarsi una vita, pensa sempre a lei e si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Quando una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un'intelligenza artificiale sorprendentemente "umana", arriva sul mercato, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha, una relazione complessa oltre ogni immaginazione.
Un film di Pawel Pawlikowski. Con Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Joanna Kulig. Polonia, 2013. Durata 80 min.
UN INTENSO RACCONTO CHE DESCRIVE SENZA RETORICA LA PSICOLOGIA FEMMINILE
IDA DI PAWEL PAWLIKOWSKI
La vicenda si svolge all inizio degli anni '60, nella grigia e soffocante Polonia dove vige stabilmente il regime comunista. Anna è una giovane novizia in attesa di diventare suora a tutti gli effetti. Vive serenamente in un convento isolato dove, essendo orfana, è stata portata in tenerissima età, durante la II Guerra Mondiale. Poche settimane prima di prendere i voti, invitata insistentemente dalla Madre Superiora, si reca a Varsavia per incontrare la sua unica parente conosciuta, la zia Wanda, che, durante il passato, non si è mai messa in contatto con lei. Quando arriva nell'appartamento della zia, si trova di fronte una cinquantenne single, intellettuale elegante e disinvolta, ma visibilmente disillusa, al limite del cinismo. Wanda appartiene all'elite del regime, essendo un magistrato, con un passato di combattente nella Resistenza antinazista e di militante del partito. È una donna che nasconde una grande sofferenza, compensando con un'attiva vita sessuale con vari partner e con il consumo di alcoolici. magistrato, con un passato di combattente nella Resistenza antinazista e di militante del partito. È una donna che nasconde una grande sofferenza, compensando con un'attiva vita sessuale con vari partner e con il consumo di alcoolici. Un mondo del tutto estraneo alla realtà di Ida che pure si troverà costretta a scoprirlo venendo così a contatto con i piccoli piaceri e le miserie morali degli uomini. Pawlikowski, regista polacco radicato in Inghilterra, conferma la sua squisita capacità di descrivere la psicologia femminile, come già
i film del mese
A Spike Jonze interessano le più banali e comuni tra le sensazioni umane ma per arrivare a dar voce e corpo in maniera personale e addirittura "nuova" ai più antichi tra i temi trattati dall'arte (e dunque dal cinema) necessita sempre di passare per un elemento fantastico, l'inserimento di una sola implausibile stranezza per attivare meccanismi e percorsi nuovi. In passato lo ha fatto con lo sceneggiatore Charlie Kaufman (che di questo è stato maestro) ora ci è arrivato con un film scritto autonomamente, un'opera che attinge ai temi della fantascienza classica e li trasforma da obiettivo del film a suo mezzo. Il rapporto con le macchine non come spunto di riflessione ma come strumento per parlare d'altro. Con il lusso di poter usare l'attrice più attraente del momento solo in audio, senza mai farla vedere (l'intelligenza artificiale parla per bocca di Scarlett Johansson), facendo in modo che sia il cervello dello spettatore a sollecitare il rinforzo positivo legato a quella voce, e appoggiandosi alla capacità superiore alla media di Joaquin Phoenix di "ascoltare", cioè di essere l'unico inquadrato in ogni conversazione significativa, volto emittente e ricevente di tutte le battute, Spike Jonze riesce a girare una storia d'amore al singolare, senza puntare il dito contro la tecnologia. Anzi. Attraverso la sua versione estrema della società in cui viviamo (sembra ambientato 10 anni da oggi) Her supera la dicotomia classica della fantascienza tra spirito e materia, ovvero la lotta che in ogni uomo l'umanità compie per emergere e trionfare sul dominio imposto con o dalla tecnologia. Rifiutandosi di mettere in scena il rapporto che avevamo fino a qualche decennio fa con l'avanzamento tecnologico, Jonze arriva invece dalle parti di Wall-E, cioè in quel reame di storie in cui la lotta dello spirito per emergere è aiutata dalla tecnologia e non ostacolata. Non cosa la tecnologia rischi di farci ma chi siamo noi mentre ci guardiamo nel suo specchio. Ridotto ai minimi termini infatti Her mette in scena il lungo processo attraverso il quale viene elaborata la fine di un amore: venire a patti con l'esigenza di andare avanti, lasciare il passato dietro di sè e voltare pagina attraverso esperienze estreme e grottesche. Questo modo di procedere consente al regista di piegare i generi, fondendo fantascienza e melodramma (ma non c'è dubbio che sia il secondo a prevalere) e dipingendo uno stile di vita e un universo animato dalla più evidente contingenza con il tempo presente. Non c'è un briciolo di fobia nella sua visione ma anzi l'amichevole presa in giro da parte di chi con le novità del presente ha un rapporto di confidenza. Il risultato è che vedendo Her si ha l'impressione che solo in questa maniera sia possibile operare quell'indagine sull'attualità, tipica delle forme d'arte non ancora morte, quella che consente di scovare quali siano le pieghe in cui poter trovare il sentimentalismo oggi. Al Festival di Roma è valso il premio alla migliore interpretazione femminile a Scarlett Johansson, che mai compare sullo schermo ma è presente solo nella voce, inoltre ha vinto il Golden Globe per la miglior sceneggiatura ed è candidato a ben cinque premi Oscar (miglior film, sceneggiatura originale, colonna sonora originale, canzone originale, scenografia).
i film del mese
nei suoi film precedenti: My summer of love e Last resort. Costruisce uno straordinario dramma intimo, esplorando le contraddizioni della fede e della vita laica, ma anche i tragici retaggi, ancora presenti, dell antisemitismo, in una epoca cruciale della storia del suo Paese. Il suo stile assolutamente privo di retorica, essenziale e ricco di tristi e genuinamente commoventi toni poetici, ricorda sia l'austerita di Robert Bresson, sia la problematicità dei primi film di Polanski e di quelli di Kieslowski. La scelta di girare in un vibrante bianco e nero, con una squisita composizione delle inquadrature, conferisce ulteriore credibilita alla storia le cui due magnifiche interpreti rivelano molto più di quello che mostrano. Nel suo complesso, tra fede e ideologia, è un'esplorazione ricca, complessa e rigorosa della femminilità. Ha vinto il premio della critica a Toronto e il London Film Festival. Un film di Francesco Bruni. Con Ksenia Rappoport, Fabrizio Gifuni, Lucrezia Guidone. Italia 2014.
Un film di Jalil Lespert. Con Pierre Niney, Guillaume Gallienne, Charlotte Lebon. USA 2014.
DAL REGISTA DI “SCIALLA” I RAPPORTI UMANI DI UNA FAMIGLIA SEPARATA
NOI 4 DI FRANCESCO BRUNI
Il 13 giugno 2013 e` una giornata qualsiasi, ma e` anche una giornata diversa da tutte le altre. Oggi Giacomo, il figlio più piccolo di Ettore e Lara, ha gli orali degli esami di terza media. Se fosse un'altra famiglia, questa sarebbe l'occasione per stare tutti insieme a incoraggiare e sostenere il ragazzino. Non è però il caso dei nostri quattro, perchè il padre e la madre di Giacomo, sua sorella Emma, ventenne, insieme non riescono a stare. Paola ed Ettore sono separati da anni, e i figli si sono da tempo adeguati, ma i loro reciproci rapporti non sono nè sereni nè pacificati. Perciò questa giornata di giugno funziona su di loro come un reagente chimico, che li manda in subbuglio. Infatti, nell'arco di queste ventiquattro ore i nostri quattro, amandosi e odiandosi, si incontreranno (e si scontreranno) più volte fra loro, formando coppie sempre diverse. E` come se, brancolando in una nebbia di risentimenti, frustrazioni e nostalgia, non potessero pero` fare a meno di cercarsi, nel tentativo di ritrovare l'unita` e la felicita` perdute. E come se non bastasse in questo giorno, oltre alle tensioni familiari, ognuno di loro dovra` affrontare una sua piccola, grande sfida personale. Il tutto nella cornice di una Roma abbacinante e soffocante, sotto il sole di una giornata di inizio estate.
FILM BIOGRAFICO CHE RACCONTA VITA E CREATIVITÀ DI UN INSTANCABILE INNOVATORE
YVES SAINT LAURENT DI JALL LESPERT
Parigi, 1957. Yves Saint Laurent ha 21 anni e viene chiamato a prendere il posto del defunto Christian Dior nella cui maison ha già avuto modo di dar prova delle proprie qualità. Lo attende la prima collezione totalmente affidata alla sua creatività. Il successo ottenuto lo proietta ai più alti livelli della moda parigina imponendogli al contempo una continua pressione. Il ricovero per una sindrome maniaco-depressiva, fa sì che venga licenziato. Grazie al sostegno di Pierre Bergé, che ne diverrà il compagno e il factotum, lo stilista apre una propria casa di haute couture e YSL diverrà un marchio simbolo di eleganza e innovazione. Jalil Lespert si inserisce con questo film nell'ambito del film biografico stando attento a non eccedere nella beatificazione del protagonista ed evitando anche di cadere nel gossip per immagini. Il film non ci propone solo il progredire della creatività di un artista in continua ed obbligata evoluzione ma va oltre. Ce lo contestualizza, ad esempio, nella lacerante situazione di chi ha lasciato la natia Algeria (da cui anche il regista proviene) e sente il peso di dover rispondere ad interrogativi socio-politici a cui si vorrebbe che prestasse attenzione. La sua vita invece sta in quelle matite che muove con la rapidità di un pittore e da cui nascono abiti che sanno valorizzare le donne rimanendo al passo coi tempi e spesso anticipandoli. Come Valentino Garavani con Giancarlo Gemmetti anche per Yves è determinante l'incontro con Pierre Bergé. È il compagno a cui può appoggiarsi quando la sua forza creativa si muta in fragilità emotiva, è l'organizzatore e il manager. Ed è a lui (interpretato da un partecipe Guillaume Gallienne) che Lespert affida la narrazione per esplorare il lato nascosto alle cronache di una relazione durata tutta una vita. Il racconto di Lespert è descrittivo e fonda su una sceneggiatura piana e senza pretese, che è al contempo il limite e la salvezza del film. Se infatti da un lato non si è travolti dalla storia che procede con ritmo cadenzato e un po’ monocorde, d’altra parte ne esce per lo meno un ritratto sincero che non ha l’ambizione di essere altro da sé. L’evoluzione del genere biopic negli ultimi anni si è progressivamente avvicinata a codici linguistici più popolari, forse guardando a maggiori possibilità di distribuzione attraverso i canali televisivi (A week with Marilyn, The Iron Lady, The Queen, Behind the Candelabra ecc.) e Yves Saint Laurent non fa eccezione...
PROSSIMI EVENTI A CINEMAZERO PER INFO: 0434-520404 - cinemazero@cinemazero.it
IESTA
CI DELL’INCH ASPETTANDO LE VO
VENERDì 14 MARZO
DAL PROFONDO di Valentina Pedicini
Un universo parallelo da scoprire, un nuovo punto di vista, orgogliosamente femminile, sul mondo sotterraneo Dal Profondo ribalta le prospettive mostrando come 500 metri sotto il livello del mare si nasconda la vita. Una lunga notte senza fine, senza stagioni, senza tempo. Un lavoro secolare che è orgoglio, maledizione. Chilometri di gallerie. Buio. Uomini neri. Una donna. Patrizia, unica minatrice in Italia dialoga con un padre morto, un ricordo mai sepolto. 150 minatori, gli ultimi, pronti a dare guerra al mondo "di sopra" per scongiurare una chiusura ormai imminente. Un'esperienza unica per chi ha filmato, per chi guarderà, per chi quel mondo "capovolto" l'ha costruito.
GIOVEDì 20 MARZO
INDEBITO di Andrea Segre
Evento speciale con il concerto dal vivo dei virtuosi del "rebetiko" Stefanos Magoulas e Vassilis Korakakis Grecia 2013. Nelle taverne di Atene e di Salonicco si perpetua l'antica tradizione dei rebetes, i musicisti che propongono il rebetiko, una forma di blues ellenico che affonda le sue radici in un passato di crisi diversa (e al contempo simile) a quella che colpisce oggi la popolazione. È una musica che si oppone, con i versi delle sue canzoni, al potere ed è, oggi come allora, portatrice di una corrente di ribellione al conformismo passivo. Vinicio Capossela va alla ricerca di questi musicisti e fonde la propria musica con la loro. Segre e Capossela formano una coppia decisamente interessante. Insieme hanno trovato questo titolo perfetto e polivalente per un lavoro dalle mille sfumature
MERCOLEDì 26 MARZO
WHAT IS LEFT? di Luca Ragazzi e Gustav Hofer Un anno di politica raccontata con mano leggera e vis comica gentile. ALLA PRESENZA DEGLI AUTORI
Gustav Hofer e Luca Ragazzi, registi, autori e interpreti di What is left? , decidono di scoprire dove sia finita la sinistra italiana e si imbarcano in un'avventura surreale fra sezioni di partito, cortei di piazza e interviste con alcuni esponenti politici. Dalle primarie del Pd alle elezioni politiche del febbraio 2013, dalla nomina di Laura Boldrini alla riconferma alla presidenza di Giorgio Napolitano, i due Rosencrantz e Guildenstern della tragicommedia italiana raccontano un anno di ordinaria follia nazionale domandando in giro che cosa significhi, oggi, essere di sinistra.
L’IMPERATORE DI CAPRI
regia di Luigi Comencini- 1950 - dur. 90’
Venerdì 28 marzo 2014 - ore 18.30 Saletta Incontri San Francesco - Piazza della Motta, PN con il patrocinio del Comune di Pordenone - INGRESSO LIBERO Dopo il film i totofili si incontreranno per una pizza alla Pizzeria Plaza di piazza Risorgimento a Pordenone