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Paul dë Doss Moroder Prefazio

Nella lettera agli imperatori Costantino e Irene, papa Adriano I (772-795) scriveva che scopo dell’arte, deve essere quello di “demostrare invisibilia per visibilia” confermando la necessità delle figure allegoriche, affinché“la nostra mente si appropri delle virtù spirituali a causa della contemplazione delle immagini”, e questo è ciò che come in passato, oggi, all’inizio del XXI secolo lo scultore Paul dё Doss Moroder vuole perseguire quando si appresta a realizzare gli arredi liturgici in chiese nuove e moderne o antiche e preesistenti. Con la semplicità e la solidità dei materiali impiegati, bronzo e pietra, e con il rigore e l’essenzialità delle forme inventate, gli arredi liturgici di Moroder, colpiscono l’immaginazione del fedele e insieme scandiscono i momenti salienti del cerimoniale. L’artista mantiene per ogni manufatto della stessa chiesa, una declinazione stilistica simile e un unico materiale, in un percorso di rimandi iconografici appena riconoscibili e sempre inclini alla semplificazione e alla personale interpretazione. In questo modo ogni arredo creato si distingue da un altro, perché il riadeguamento degli oggetti agli spazi architettonici dissimili è necessariamente diverso. Appartengono tutti ‒ altare, ambone, cero pasquale, cattedra, tabernacolo e croce gemmata, esculso dunque il fonte battesimale - al recinto presbiteriale, zona che separa lo spazio riservato al clero da quello occupato dalla comunità dei credenti. E ogni volta Moroder accorda le proprie scelte estetiche ed operative alle indicazioni ecclesiastiche e strutturali suggeritegli rispettivamente, da un liturgista e da un architetto in un rapporto sempre di accurata e proficua collaborazione. Nel rispetto delle norme sopraddette dunque, lo scultore destina una cura particolare all’altare, che costituisce il nucleo simbolico del rito cristiano e il fulcro visivo dell’intera chiesa. La forma eletta dall’artista e mantenuta poi nelle molte commissioni, dalla chiesa di San Giuseppe a Riva del Garda a quella di Garniga o di Santa Margherita a Marter, sino alla Cappella del seminario maggiore arcivescovile di Trento, è quella di una mensa e di una base quadrangolari e fissi; mutano invece i rapporti di misure tra l’uno e l’altro elemento, per cui abbiamo una variegata alternanza di piani di limitato spessore su basamenti di grandi dimensioni e viceversa. Nell’altare di Santa Margherita a Marter, per esempio, Moroder si diletta con una sorta di ragionata sproporzione tra le parti, caricando di peso la mensa greve e possente per disporla poi su di un sostegno bronzeo minuto, leggermente


spostato da un lato, dove figure sinuose e sopite sembrano destarsi per un’improbabile innalzamento. Soluzione compositiva davvero originale che ci rammenta in qualche modo, la visione michelagiolesca del riscatto dell’informe materia, intrisa di limite e peccato (il basamento) nella forma perfetta sublimata dalla scintilla della redenzione cristiana (la mensa). Alla produzione di sostegni con sculture a tutto tondo, si affiancano anche basamenti rivestiti da bassorilievi figurati con effigi di santi e martiri per i quali l’artista non intende rivelare una precisa identità, affinché sia l’intera comunità degli astanti a identificarsi e a ritrovarsi nel mistero del sacrificio di Cristo morto e risorto e che proprio qui si rinnova. L’ideazione plastica iniziata nell’altare, continua nell’esecuzione dell’ambone, concepito da Moroder come una stabile tribuna; ritorna infatti, alla sua antica struttura, costituita da due scale, destinate una alla salita e una alla discesa del ministrante. Gli esempi sono nella chiesa di Molveno o di Carmignano di Brenta, dove lo scultore gardenese recupera i significati etimologici, nelle accezioni greca e latina, e costruisce l’ambone sia come luogo elevato al quale salire, sia come luogo che cinge e circonda colui che vi sale a proclamare la parola di Dio. Spesso lo risolve nella forma chiusa, squadrata e semplificata di una sorta di parallelepipedo, poiché la sua significazione simbolica è la tomba vuota del Sepolcro e quindi, l’ambone è anche il segno monumentale della Resurrezione di Cristo. E siccome il Risorto è apparso a Maria di Magdala (Gv.20,11-18) e agli apostoli (Lc.24, 28-32), è dunque con loro che lo scultore lo illustra, scegliendo di volta in volta, la forma delicata e discreta del rilievo o quella tattile e solenne della scultura tridimensionale. Per assegnare poi valore cromatico e imprimere ritmo chiaroscurale all’insieme, Moroder accosta i timbri rilucenti del bronzo a quelli garbati e silenti della pietra; il risultato è una creazione armoniosa d’inaspettata vivezza, ma rispettosa sempre e comunque dell’originaria tradizione iconografica. Posizionato dalla parte opposta dell’ambone, è il tabernacolo, ovvero nella tradizione ebraica, la mishkhan, la dimora di Dio presso gli uomini. Ma se per la religione ebraica era un santuario trasportabile, successivamente per i cristiani e nelle chiese latine a partire dal XII secolo, diviene l’oggetto non movibile per la custodia eucaristica e viene addirittura chiuso a chiave. E’questa la ragione per cui Moroder lo incorona con una gemma, come fa ad esempio nella Chiesa di Garniga, lasciandoci facilmente prevedere la preziosità del suo contenuto. Non è casuale poi l’altezza alla quale l’artista lo pone: non troppo in alto né troppo

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in basso, ma approssimativamente all’altezza visiva del celebrante, e parimenti non è secondaria la presenza figurativa degli angeli che lo completano, poiché in essi ravvisiamo i cherubini dell’Arca dell’Alleanza (Es. 25,19-21). Concludono il ciclo del rito liturgico nell’ambito presbiteriale gli elementi della croce gemmata, del cero pasquale e della sede di colui che presiede per i quali vale la continuità stilistica e la coerenza di assunti degli altri oggetti sacri. Ancora adempiendo alle precise prescrizioni canoniche, lo scultore riporta verso l’ingresso della chiesa, dunque ad ovest, poiché non dev’essere accanto all’altare, il fonte battesimale. Lo immagina come un bacino di forma ottagonale come nella parrocchiale del Santissimo Sacramento a Trento, o circolare, come nella Chiesa di San Giuseppe a Riva, utilizzabile sia per la somministrazione del Sacramento per infusione, al quale si era passati in epoca medioevale per il Battesimo dei bambini, che per immersione, riservato usualmente agli adulti. Rievoca la tipologia delle piscine paleocristiane e ne ripristina l’aspetto monumentale. Poi ordina, in immagini risolte in bassorilievo o in forma tridimensionale, i doni che lo Spirito Santo attraverso il Battesimo elargisce al neofita, ovvero Sapientia, Intellectus, Consilium, Fortitudo, Scientia, Pietas, Timor. (Is. 11,1-2) , mentre nel fonte della chiesa di Garniga, attenendosi alle parole di Giovanni Battista, “ ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di Lui” (Gv.1, 32) dispone in alto, proprio sopra la vasca, una colomba, simbolo appunto dello Spirito di Dio. Chiara è la simbologia dei due disegni di ottagono e cerchio che indirizza alla conclusione della creazione divina nella Resurrezione del Figlio di Dio dopo la morte in croce e dunque all’incedere eterno del tempo di vita, morte e vita. A questo discorso escatologico Moroder fa aderire le sue invenzioni, nella semplicità di volumi e di forme e nell’estetica di linee e superfici mai dure o spezzate, ma al contrario, avvolgenti e traboccanti di valori tattili. In ultimo, per ogni nucleo plastico l’attenzione dell’artista è sempre vòlta a non impadronirsi di troppo spazio, a non governare di senso artificioso e retorico le proprie opere, per non sottrarre l’importanza al compito per il quale attendono, ovvero di compendiare e chiarire la lettura degli assunti cerimoniali per cui sono preposte. Paul dё Doss Moroder ne onora l’uso, le sigilla di convenienza e decoro, le sostanzia di lirica compostezza e di sincero sentimento e le incorona, in perfetta tecnica e superba fattura, di bellezza assoluta. Danila Serafini


Domenikanerkirche in Bozen Chiesa Domenicani di Bolzano Anno: Materiale: Teologo: Architettura: Parroco:

2008 lega metallica “ Neusilber” , pietra di Meltina legno noce Don Carlo Moser Arch. Luciano Bardelli Don Carlo Moser

L’ALTARE Trá gli elementi dell’aula, l’altare riveste il ruolo principale. È stato realizzato una pedana quadrata su chi é posto in centro l’altare poiché l’altare é il centro focale dell’edificio, é la presenza di Cristo ed é ara del posto di sacrificio. È stato realizzata una mensa forte di forma quadrangolare in lega pregiata“Neusilber” con una pietra incastrata. La pietra imperfetta del tempio, la “pietra viva”. Attorno all’altare sono rappresentate delle figure, anche se molto stilizzate e astratte, ma forti. Esse rappresentano i Santi, i Beati, la gente, noi stessi che assistiamo al mistero dell’Eucaristia. Con questo gesto noi diventiamo missionari. Missionari dell’accaduto e come il Signore Dio nostro ci ha insegnato. Come i nostri Santi e Beati ci hanno anticipato dimostrandolo con il loro modo di vivere e con la loro vita stessa, abbiamo il dovere di andare in giro proclamando il Vangelo, vivendo nel modo cui Cristo ci ha insegnato. Proclamare la pace, vivere la pace, curare il dialogo e la convivenza rispettando l’uno e gli altri. Al momento della celebrazione l’altare trova la sua massima relazione con la presenza di Cristo, ma anche a chiesa vuota ricorda al fedele il significato spirituale dell’altare dell’anima, dove avviene l’incontro con Cristo. L’AMBONE Posto dell’annuncio della parola. È raffigurato Il Cristo che esce dalla tomba. LA SEDE È il posto per chi presiede, per chí attua in memoria di Cristo nostro Signore.

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Friedhofsarkade Reischach – Riscone (BZ) Jahr: Material: Liturgist: Architektur: Pfar:

2006 Calacattamarmor, Nussholz marmo Calacatta, legno noce Pater Ewald Volgger Arch. Georg Niederwieser Pfarrer Anton Stoll

Die Friedhofsarkade zeigt eine geöffnete Tür, die ins Licht führt. Auf den Türflügeln sind drei Frauen und eine Engelsgestalt zu sehen (vgl. Lk 24; Mt 28). Die Darstellung verweist auf Christus, den Herrn, der sich als Tür zum Leben bezeichnet hat (vgl. Joh 10,9). Nach seinem Tod macht er sich erfahrbar als der Auferstandene; die drei Frauen geben diese Erfahrung weiter. Seither lebt diese Erfahrung als Trost und Zuversicht für alle, die dem Tod anheimgestellt sind. Christus ist durch die Treue des Vaters aus dem Tod genommen worden; auf diese Treue zählen auch die Menschen, die vom vertrauen in den Herrn geprägt sind. Eine Stele in der Arkade ermöglicht das Ablegen eines liturgischen Buches während der Verabschiedungsliturgie. Auf der Marmorstele ist der Schriftzug „Ich bin die Tür“ eingearbeitet. Wer dem Tod im christlichen Sinne begegnet, weiß um das Geheimnis des Durchgangs vom Dunkel zum Licht, von der Trauer zur Freude, vom Tod zum Leben. Pater Ewald Volgger OT

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Friedhofskirche Hl Lorenz Chiesa cimiteriale S. Lorenzo Laag - Laghetti (BZ) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2009 pietra Botticino fiorito , bronzo, legno tiglio Don Pierluigi Tosi Arch. Gloria Manera Don Pierluigi Tosi

I Poli liturgici Tutta l’azione liturgica, fedele alla “Sacrosanctum Concilium” nr 7 che definisce la liturgia “esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo” è già una chiara anticipazione di cosa devono essere i poli liturgici di un aula liturgica. Altare, Ambone, Sede costituiscono dei veri segni, capaci di esprimere, soprattutto attraverso la bellezza dell’arte, quanto in se significano. Altare: ci richiama a Cristo stesso, è il centro di tutta l’azione liturgica. L’altare fa della chiesa la casa del Padre. Qui la forma conviviale si fonde in quella sacrificale: L’altare è quindi mensa ed ara del sacrificio. Cristo stesso che ci invita a spezzare il pane per noi e si immola come vittima pura, santa e gradita a Dio. L’ambone che deve essere sempre più inteso come luogo dell’annuncio , ma anche come mensa della Parola. Il suo stesso nome ci ricorda che è un luogo elevato al quale si sale per proclamare la Parola di dio (dal verbo greco ana-baino= salire). Vedi anche Neemia 8,1-6. La sede che esprime la distinzione del ministero di colui che guida e presiede la celebrazione nella persona di Cristo. La sede deve essere ben visibile a tutti e diventa così segno anche di Gesù, buon Pastore che guida ed educa il suo popolo. Don Pierluigi Tosi

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Chiesa parrocchiale S. Giuseppe Riva del Garda (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2005 pietra Botticino fiorito e bronzo Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Camillo Zucchelli dr. Ing. Pietro Matteotti Don Luigi Pansera

Le opere inserite nella chiesa di S. Giuseppe e Riva del Garda meritano una particolare attenzione per la preziosità artistica e per la specificità simbolica. L’altare, che è il fulcro celebrativo, presenta una mensa poderosa di forma cubica, che sta ad esprime la forza di Cristo che si espande nelle quattro direzioni del cosmo. Gli elementi di bronzo che fanno da supporto rappresentano il popolo in cammino e in continua trasformazione a contatto con Cristo. L’ambone, testimonianza visiva, forte e dinamica della risurrezione di Cristo, è composto da una struttura avvolgente dove gli angeli e le donne mirofore annunciano il fatto centrale della fede. La spaccatura centrale corona questo messaggio mostrando il sepolcro vuoto e il lenzuolo, ordinatamente piegato, che ha avvolto il Cristo. Accanto trova posto il candelabro, che riprende lo stile mosso delle figure dell’ambone e ne diviene suo addobbo festivo e pasquale. Il presbiterio inoltre è arricchito dalla bellissima sede e dalla croce gemmata che ne diviene degno coronamento. Questa chiesa ha inoltre la fortuna di possedere una cappella eucaristica, per la quale Paul Moroder ha realizzato uno splendido tabernacolo in pietra con chiusura a forma d’Agnello. Quest’ultimo manufatto è sorretto da tre figure che rievocano gli angeli apparsi ad Abramo. L’arredo liturgico è completato dal fonte battesimale, composto di due elementi che si legano tra loro: il bronzo e la pietra bianca. La vasca è di forma circolare per esprimere nella sua simbologia l’infinito. A supporto della vasca sono raffigurati con, una fusione bronzea, i sette doni dello Spirito Santo. Il pavimento è segnato dalla struttura ottagonale di tre gradini che rimandano ai sette sacramenti più l’ottavo che è la risurrezione. Sullo sfondo è presente una grande fiamma di bronzo dorato in una volumetria mossa e ricca di dinamicità che richiama la fiamma dello Spirito Santo. Mons. Ambrogio Malacarne

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Chiesa parrocchiale Santa Margherita Marter di Roncegno, val Sugana (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2006 pietra rosa d’Asiago e bronzo Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Mariastella Marini Don Luigi Pezzi

L’altare è sempre il punto centrale e focale della chiesa e quindi anche in questo caso assume un carattere solenne e suntuoso per proporzioni e materiali. L’elemento predominante è la mensa, massiccia, forte e quadrangolare sostenuta da un piccolo basamento in bronzo. Simbolicamente si potrebbe leggere come se il cielo volesse sollevare la superficie della terra con la sua forza di attrazione, mentre la terra a sua volta volesse invece avocare a se la stessa energia per averne una benedizione. Per quanto riguarda l’ambone si possono notare i tre gradini che salgono da lati opposti, proprio per richiamare le origini del luogo della parola. In bronzo sono invece raffigurate ancora una volta le donne mirofore, che vanno al sepolcro per imbalsamare il corpo di Cristo. Di particolare interesse è la figura della Maddalena, descritta in forma plastica perché obbedisce al volume della sua corposità di persona umana, che viene contrapposta alla natura dell’angelo , che invece appartiene all’ordine spirituale e che quindi non può essere materializzato. Al centro una spaccatura verticale e irregolare rimanda al sepolcro vuoto e spalancato. L’innesto di un cuneo di pietra, lavorato in forma irregolare, esalta questo spazio centrale e fa presagire che il vuoto lasciato dalla partenza di Cristo ora è colmato dalla sua Parola. La sede della chiesa dedicata a S. Margherita, viene resa in pietra e bronzo per indicare la stabilità e continuità della missione del celebrante. Mons. Ambrogio Malacarne

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Chiesa del Sacro Cuore di Gesù Garniga (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2006 marmo Calacatta, pietra Azul Macauba, bronzo Mons. Ambrogio Malacarne, Mons. Tiziano Ghirelli Arch. Michele Anderle Don Daniele Morolini

L’intervento di adeguamento proposto nella chiesa di Garniga, è il risultato più significativo della collaborazione e dello scambio di idee fra progettista, artista e liturgista ed è stato preceduto da un lungo percorso di catechesi e maturazione coordinato dal parroco e rivolto all’intera comunità parrocchiale, che ha seguito fin dall’inizio, con consapevolezza e coscienza critica, le fasi di progettazione e poi quelle di realizzazione. La chiesa del Sacro Cuore di Gesù, realizzata nel 1940 e completata rimontando l’altaristica settecentesca proveniente dalla vecchia parrocchiale dedicata a Sant’Osvaldo, venne adeguata provvisoriamente negli Settanta, riportando nella sede di provenienza gli altari barocchi e proponendo una soluzione che utilizzava ancora il profondo presbiterio, per la collocazione di tutti i poli liturgici. Nel corso del 2006 è stata completamente e profondamente ripensata. Ad un impegnativo progetto di ristrutturazione e consolidamento strutturale si accompagna il ripensamento dello spazio liturgico che viene concepito come “spazio dell’assemblea”, collocata nell’aula secondo una forma ellittica avvolgente e disposta intorno al luogo dell’altare, che ne rappresenta il centro ed il punto focale di riferimento. L’altare stesso è posto su una pedana che definisce lo spazio proprio dell’azione liturgica e lo individua rispetto al piano pavimentale su cui si trova invece l’assemblea. Accostato ad una delle pareti laterali dell’aula ed orientato verso il suo centro, l’ambone è considerato parte integrante della disposizione centrica ed avvolgente dell’assemblea e pensato anch’esso, per la sua dimensione e monumentalità, come “luogo” nel quale entrare e sul quale salire per la proclamazione della Parola. La sede del celebrante, posta sull’asse diagonale che rapporta visivamente l’altare e l’ambone, ben identificabile per le soluzioni formali e materiche adottate, è posta però direttamente sul pavimento per renderne l’appartenenza al luogo dell’assemblea.

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In corrispondenza della controfacciata, occupando uno spazio laterale purtroppo non molto ampio, è stato collocato il fonte battesimale dotato di acqua corrente. Per la collocazione della custodia eucaristica è stata adottata la soluzione di occupare lo spazio del profondo presbiterio tridentino, separandolo dall’aula della celebrazione per mezzo di un doppio setto in muratura che consente fra l’altro il collegamento con la sacrestia ed il campanile. Lo spazio così individuato, dotato di un proprio accesso dall’esterno, è arredato con una parete in marmo scolpito e lavorato al cui centro è collocata la custodia eucaristica e con panche di legno disposte lungo il perimetro dei tre lati restanti. Grande attenzione è stata rivolta infine alla scelta della pavimentazione il cui colore favorisce ed esalta la presenza dei “luoghi” liturgici principali e definisce mediante sottili cornici la collocazione dell’assemblea, ed alla luce utilizzata per sottolineare il ritmo della celebrazione e per tradurre,

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mediante il filtro policromo delle vetrate, il significato profondo dello spazio architettonico durante il trascorrere delle ore. Felice e di grande rilievo l’interpretazione formale ed il sapiente uso dei materiali da parte dell’artista che con intelligenza e sensibilità liturgica ha saputo tradurre le indicazioni ed i suggerimenti progettuali trasferendoli su un piano artistico di notevole qualità e preziosità. L’intervento operato a Garniga rimane comunque un esempio di adeguamento totale che investe non solo lo spazio celebrativo ma diviene strumento efficace e significativo per accompagnare il cammino di maturazione spirituale e di consapevolezza ecclesiale di una comunità di credenti. Arch. Michele Anderle



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Chiesa di San Carlo Borromeo Molveno (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2007 marmo Rosa perlino e bronzo Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Michele Anderle Don Franco Zanon

Il contesto celebrativo che caratterizza la chiesa di san Carlo Borromeo, è quello ciclico legato ai flussi turistici estivi ed invernali, con i quali il progetto di adeguamento si è dovuto confrontare, ripensando alcune soluzioni iniziali più innovative, non percorribili alla luce della situazione contingente, legata all’uso dello spazio. La chiesa, riedificata negli anni Quaranta, dopo la demolizione dell’antica, presenta un’ampia aula con cappelle laterali passanti ed un profondo presbiterio con abside curva, nella quale trova collocazione l’antico altare ligneo seicentesco proveniente dal precedente luogo di culto. Le soluzioni adottate, accompagnate da un significativo percorso di catechesi insieme alla comunità parrocchiale, hanno privilegiato l’utilizzo del presbiterio quale luogo per la collocazione dell’altare di forma cubica, posto su una pedana che ne identifica l’ambito celebrativo proprio. Accanto, in posizione laterale, è stata posta la sede. Grande rilievo è stato dato all’ambone monumentale, proiettato oltre il presbiterio in direzione dell’assemblea, quale tribuna per la proclamazione e l’annuncio della Parola. Concepito come “luogo” nel quale entrare, l’ambone è raggiungibile dal presbiterio attraverso una sorta di pontile che ne scavalca la gradinata e direttamente dall’aula, mediante una doppia scalea laterale. L’artista ha saputo tradurre sapientemente lo spunto architettonico suggerito, elaborando il prospetto rivolto verso l’aula attraverso l’uso del materiale lavorato a punta e parzialmente levigato, suddiviso in lastre verticali autonome, dal cui taglio centrale emerge la figura bronzea del Cristo risolto. All’ambone si accompagna il grande cero pasquale, realizzato nello stesso materiale. Un successivo intervento ha portato al ripensamento del luogo della Custodia eucaristica, trasferita in uno spazio proprio, lateralmente all’aula

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celebrativa, sufficientemente riservato ed adatto alla preghiera personale. Considerata la dimensione dello spazio e la ristrettezza degli ambiti di azione, l’artista ha pensato ad una colonna in marmo, il cui materiale dovesse richiamarsi a quello utilizzato per l’altare e per l’ambone, alla quale è sovrapposta la custodia in bronzo, posta di taglio ed accentuata dalla presenta di un vetro policromo che ne sottolinea la preziosità e l’importanza. Arch. Michele Anderle

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Chiesa parrocchiale S. Giovanni Battista Flavon – Val di Non (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2007 marmo Calacatta e bronzo Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Patrizia Mazzoleni Don Augusto Angeli

Nella diocesi di Trento il primo altare ad essere realizzato dall’artista interamente in pietra è quello della chiesa parrocchiale di Flavon. In questo caso la mensa non gode di una propria autonomia architettonica, ma vive compatta con la base, creando un virtuoso vibrare di luci e di ombre reso grazie all’impiego di elementi ornamentali voluti e pensati in forma piuttosto astratta ed essenziale che richiamano il simbolo del popolo in cammino, o meglio del popolo coinvolto in una appassionante ricerca di un momento trasfigurante a contatto con Cristo. Per l’ambone, che è memoria della risurrezione, è stata ripresa la tematica delle mirofore. Al centro una spaccatura pronunciata e irregolare rimanda al sepolcro disabitato e spalancato e fa presagire che il vuoto lasciato dalla partenza di Cristo può essere colmato solo dalla sua Parola. Accanto a questo elemento è collocato il cero pasquale, che è a sua volta simbolo di Cristo risorto, vincitore delle tenebre e della morte, sole che non tramonta. Infine per la sede, luogo della presidenza, si è optato per una forma sobria, ma allo stesso tempo autorevole. Mons. Ambrogio Malacarne

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Chiesa Pievana della Natività di Maria Varollo – Val di Non (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2007 pietra di Meltina Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Michele Anderle Don Giovanni Battista Zeni

Nella cornice della splendida aula cinquecentesca della chiesa pievana di Varollo, appena restaurata, il progetto di adeguamento ha previsto solo la realizzazione del nuovo altare per la celebrazione, identificando nell’antico pulpito settecentesco il luogo idoneo per la proclamazione della Parola. Il contesto particolarmente complesso per la presenza di un patrimonio altaristico ligneo, dorato, di grandissima importanza e rilievo decorativo, ha consentito a Moroder di affrontare il tema della luce, individuando nel continuo variare dei toni chiaroscurali sulle superfici scolpite, i caratteri ispiratori per la realizzazione del nuovo manufatto. L’altare a cassa, realizzato in pietra arenaria con sfumature dorate, presenta una superficie a profili verticali lavorati a punta, che dialogano sapientemente con i tagli di luce che penetrano nel presbiterio attraverso le ampie monofore absidali. La superficie dell’altare, al pari del modellato del grande altare maggiore tridentino, viene vivificata dalla componente luminosa, entrando in vibrazione e creando forme ed ombre in continuo movimento, permettendo una lettura graduale delle superfici, in un processo di conoscenza lento e silenzioso che ripercorre il cammino di maturazione spirituale che ogni spazio liturgico dovrebbe suggerire a coloro che sono disponibili all’ascolto e alla preghiera. Arch. Michele Anderle

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Capella Seminario Maggiore Arcivescovile Trento 2009 bronzo e pietra Botticino fiorito Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Ivo Fadanelli Don Renato Tamanini

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Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Rettore:

Nella realizzazione dei poli liturgici per la cappella del seminario maggiore di Trento Paul Moroder si è dovuto rapportare con uno spazio piccolo e molto raccolto. Il presbiterio racchiuso da un semiesagono ligneo intervallato da tre vetrate artistiche di Luciano Carnessali accoglie i tre elementi scultorei realizzati in pietra e bronzo. In questo caso l’artista per quanto concerne l’altare ha voluto riprendere la simbologia delle spighe di frumento, che grazie alle loro svariate sfaccettature offrono una splendida vibrazione del bronzo, che modella il basamento del manufatto. L’ambone è accompagnato dalla scultura dell’angelo che in contra le donne mirofore, mentre la a sede è stata modellata con grande semplicità per meglio dialogare con le opere presenti. Infine il tabernacolo, incassato nella parete del presbiterio, è costituito da due portine bronzee a forma di angelo che sorreggono un’ occhio di tigre, che esalta il mistero eucaristico. Conclude la composizione un crocifisso stilizzato, preannuncio della risurrezione posto sopra il tabernacolo. Mons. Ambrogio Malacarne

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Chiesa del Santissimo Sacramento Trento Anno: Materiale: Architettura: Liturgista: Parroco:

2009 pietra Botticino fiorito Arch. Michele Anderle Mons. Ambrogio Malacarne Don Fiorenzo Chiasera

La chiesa del Santissimo Sacramento, realizzata dall’architetto Emilio Paor fra il 1912 ed il 1927, costituisce uno degli esempi architettonici più significativi di revival neoromanico, espressione del tentativo di restaurazione da parte della chiesa, dopo la rivoluzione del 1798, della cosiddetta societas christiana, in cui essa deteneva la prerogativa dell’unica istanza di legittimazione, non solo del costume, ma anche della struttura sociale, dei suoi poteri e della sua legislazione. A fronte di un impegnativo e vasto programma di restauro e recupero dell’impianto decorativo originario, la comunità parrocchiale non è stata sufficientemente aiutata a compiere il pur doveroso e necessario percorso di maturazione e crescita liturgica, favorendo il respingendo, non solo delle ipotesi di adeguamento proposte, ma anche il rifiuto di un congruo periodo di sperimentazione che avrebbe permesso di valutare l’utilizzo dei luoghi liturgici già esistenti, di grande valore artistico e di sicura valenza simbolica, come il ciborio dell’architetto Ferrazza e lo splendido pulpito dell’architetto Ferrari con sculturina angelica di Fozzer. L’opera dell’artista si è limitata alla realizzazione del solo fonte battesimale con acqua corrente, posto in una cappella laterale, adiacente alla navata settentrionale. L’opera, una delle più interessanti e complesse eseguite da Moroder, è costituita da una grande vasca concava inserita all’interno di un profilo ottagonale ai lati del quale sono applicati, otto pannelli marmorei rappresentanti i doni e la colomba dello Spirito Santo. Arch. Michele Anderle

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Chiesa parrocchiale S. Vigilio Molina di Ledro (TN) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2009 marmo Calacatta e bronzo Mons. Ambrogio Malacarne Arch. Silvia Sartori Don Gianpietro Baldo

L’altare si ripropone come centro focale e polo luminoso dell’architettura della chiesa. Il supporto è costituito da una base in bronzo lucidato, che sostiene un mensa quadrangolare, dalla quale si sprigiona una forza divina che si espande nelle quattro direzioni del mondo. L’ambone è collegato artisticamente e strutturalmente all’altare. È collocato su una pedana circolare in marmo bianco, che rimanda alla pietra del sepolcro di Cristo. Il leggio è sorretto da figure in bronzo che annunciano alle donne che il Signore è risorto. La sede, infatti, che deve esprimere il suo ruolo di stabilità, è stata progettata con la seduta in marmo e lo schienale in bronzo lucidato. Mons. Ambrogio Malacarne

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Gejia Madona da lʼAiut Chiesa parrocchiale Maria Ausiliatrice Pozza di Fassa (TN) Anno: Materiale: Architettura: Parroco:

2009‒2010 pietra Botticino fiorito, legno tiglio, bronzo Arch. Michele Anderle Don Giuseppe Da Pra

Anche il contesto celebrativo che caratterizza la chiesa di Maria Ausiliatrice in Pozza di Fassa, appare legato ai flussi turistici estivi ed invernali al punto da condizionare, anche pesantemente le scelte relative alla progettazione dell’adeguamento liturgico. Dopo il recente ampliamento della chiesa con la costruzione di due ampie cappelle laterali, destinate nelle intenzioni ad ospitare la schola cantorum e la custodia eucaristica, il successivo lungo periodo di sperimentazione ha posto in evidenza le difficoltà legate all’utilizzo dello spazio da parte dei fedeli e la necessità di riposizionare il Santissimo Sacramento in presbiterio. Il progetto di adeguamento liturgico ha perciò riguardato la creazione della nuova custodia eucaristica in pietra e bronzo, il nuovo ambone monumentale proteso verso l’aula e l’altare per la celebrazione posto al centro del presbiterio. L’ambone in particolare articola il fronte rivolto all’assemblea, mediante l’assemblaggio di lastre monolitiche di pietra calcarea lavorate a rilievo, dalla cui spaccatura centrale posta sull’asse obliquo, si innesta il leggio ligneo, immagine del sepolcro aperto da cui sgorga la Parola di vita del Cristo Risorto. La scelta di utilizzare materiali naturali quali la pietra ed il legno, richiama le antiche tradizioni della popolazione fassana, da sempre legata allo sfruttamento dei boschi ed all’uso della pietra per la costruzione di case e chiese.

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Adeguamento Liturgico della

Cappella di Villa Elena da Persico Affi (VR) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Responsabili:

2002 legno noce e doratura a foglia Don Franco Magnani Arch. Fausto Bontempi Dora Castenetto, Carmela Tascone

Le opere realizzate dall’artista per l’adeguamento liturgico della cappella di Villa Elena hanno il pregio di far percepire esteticamente (sensibilmente), sia il profondo radicamento antropologico dell’azione rituale sia la singolarità teologico-spirituale dell’esperienza liturgica cristiana. Nel presbiterio si trovano dislocati: l’altare ligneo, che si configura come forte elemento polare, la cui valenza cristologia appare ampliata ed esplicitata dalla croce gloriosa ad esso perpendicolare; l’ ambone, tribuna vigorosamente protesa verso l’assemblea; la sede del presidente, posta in diagonale rispetto l’ambone, che consente un rapporto diretto con l’assemblea. Uno dei pregi dell’adeguamento è quello di instaurare una pertinente relazione dinamica tra i vari elementi, in felice risonanza con le dinamiche fondamentali della liturgia cristiana. Celebrando e sostando in preghiera in questo luogo è dato di sperimentare un mistero indicibile di prossimità e di presenza, che tuttavia non satura lo spazio, ma lo caratterizza come luogo dell’incontro tra trascendenza e immanenza, libertà e grazia. Un luogo per il radunarsi dell’ecclesia, denso di presenza, interamente e dinamicamente attraversato da una percettibile liminarità, aperta al dono teologale ex alto del multiforme, eccedente mistero della salvezza, e nel contempo luogo conforme alla risposta dossologica ecclesiale. Don Franco Magnani

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Santuario Beata Gaetana Sterni Bassano del Grappa (VI) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Madre Generale:

2004 pietra di Nanto e bronzo Don Gino Prandina Arch. Bruno Bertacco Suor Maria Pia Pizzotto

Su una preesistente cappella-sacrario della Comunità religiosa delle Suore della Divina Volontà in Bassano del Grappa, Paul Moroder Doss riflette insieme agli architetti prescelti e al liturgista alla realizzazione di un’area più ampia tesa ad accogliere ospiti e pellegrini a venerare la Nuova Beata Gaetana Sterni, fondatrice. La preesistente capella, graziosa e discreta sussiste all’angolo nordovest di un ampio fabbricato rurale, da un lato insistente sull’antica via d’accesso a Porta Dieda di Bassano, e dall’altro aperta al segreto giardino di villa. Il prolungamento e ampliamento della cappella alla vasta e nuova aula crea un’irregolare penisola rialzata su cui si modulano gli spazi della Custodia, la sede, l’arca della Beata (sotto un possente sigillo sollevato da un anello di rilucente vetro ambrato di Murano), l’altare e l’ambone. I manufatti risultano di pietra locale “di Vicenza”, con inserti a volte di vetro d’ambra, a volte di bronzo. La sensibilità celebrativa della comunità religiosa femminile suggerisce l’imitazione dei parati sobrii e possenti di informazione nordica, insieme alla gentilezza di una qual imitazione di tessuti preziosi di evocazione provenzale. Il biancore della pietra porosa riflette le gradazioni della luce modulata attraverso le ampie pareti vetrate policrome e il lucernario sopra il presbiterio. La felice interpretazione dei poli e il loro puntuale inserimento nel contesto spaziale rendono una serie di aree di gradita e serena frequentazione. Interessante e innovativo risulta il monoblocco della Custodia eucaristica evocante il modello della Trinità di Rublev,- i tre angeli - al cui centro, quasi scrigno prezioso, è posto il tabernacolo in bronzo e vetro. La sede, nel suo semplice proporsi, riprende i tipi delle sedute medioevali, e risulta agevolmente ravvicinata all’Assemblea come al luogo dell’eucarestia o della liturgia delle ore. Don Gino Prandina

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Chiesa parrocchiale Santa Maria Assunta Carmignano sul Brenta (VI) Anno: Materiale: Liturgista: Architettura: Parroco:

2009 bronzo e pietra granito del Renon Don Gino Prandina Arch. Bruno Bertacco Don Luigi Chemello

L’intervento di adeguamento liturgico venne pensato in duplice direzione: adeguare gli spazi celebrativi alle nuove direttive del “Vaticano II” e conservare la memoria storica della Chiesa Parrocchiale con la conservazione dell’Altare maggiore, della storica Croce processionale, della pala dell’Assunta di Clemente Muzzi e con la collocazione stabile del prezioso storico organo “De Lorenzi” attualmente sistemato su ruote nel lato sinistro del presbiterio. L’attuale intera area presbiteriale viene divisa in tre zone con la chiara individuazione dell’area centrale conclusa con l’abside dove sono collocate le due grandi presenze simboliche permanenti ALTARE - AMBONE e la sede del celebrante. Il controllo dei raggi visuali nelle zone più critiche conferma la completa visibilità aula-presbiterio-Santissimo, con particolare riguardo alla sede che, pur con una sistemazione arretrata, risulta ovunque ben visibile. Così pure risulterà ben visibile il grande candelabro per il cero pasquale collocato accanto all’Ambone.” (cfr Relazione tecnica) L’intervento artistico di Paul Moroder si colloca dunque nel più vasto progetto di deguare alle nuove direttive del Concilio l’area presbiterale, ripensando in ordine al riuso elementi di preesistenza, ma soprattutto ridefinendo le tre presenze Altare ‒ ambone ‒ sede (+ area della Riposizione eucaristica) in uno spazio controllato e progettato in base ai “raggi visuali delle zone critiche”. L’aspetto forse più interessante del progetto qui presentato risulta da questo particolare: considerata l’esigenza di una ridefinizione degli spazi d’uso e di percorso in chiave di nuova funzionalità, mediante un avanzamento dei poli celebrativi verso l’assemblea e qualificati per dimensione, qualità artistica, forme e simboli. Una valutazione critica sull’intervento artistico di adeguamento ad opera di Paul Moroder, scultore, conduce a dichiarare la l’apprezzabile considerazione inerente le complesse condizioni: rilevanza artistica e storica dell’edificio contemperandone il carattere complesso con le esigenze (azioni/spostamenti/ luoghi) dell’assemblea celebrante.

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Inoltre Paul Moroder afferisce dignità ai nuovi poli liturgici armonizzandoli credibilmente e in forma non invasiva nel tutto, con una particolare attenzione alla qualità dei materiali e al valore dell’intervento artistico. In questo senso le masse e i volumi vengono ripensati dall’artista nel contesto architettonico e culturale: i singoli poli liturgici e i percorsi a mio avviso rispondono coerentemente e in forma equilibrata alle esigenze di confronto con il contesto architettonico. L’allestimento e l’arredo degli interni qui sembra seguire la via dell’attenzione alla: permanenza dell’intervento valore “spaziale” considerazione delle valenze culturali-artistiche del “contenitore” funzionalità, risultante in nuova centralità dell’azione gestuale nel triangolo sede-ambone-altare. Don Gino Prandina

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Concorsi


Concorso su invito per l’adeguamento della

Cattedrale di Vicenza Anno: Materiale: Liturgista:

2007 bronzo e pietra Biancone Don Gino Prandina

Il progetto di Paul Moroder Doss recepisce le indicazioni normative per gli adeguamenti degli spazi liturgici della Chiesa Italiana. Il Progetto, presentato al “concorso di idee” secondo il Bando promulgato dalla Diocesi di Vicenza, riflette sulle connotazioni dello spazio sacro e sulle esigenze delle Azioni Liturgiche. Le indicazioni previe pervenute dalla Diocesi forniscono una serie di condizioni entro le quali la creatività degli artisti è chiamata ad esprimersi (posizioni, dimensioni, polarità). La Cattedrale di Vicenza conserva le connotazioni tardomedioevali di un’ampia area presbiteriale elevata sulla cripta delle sepolture e rialzata a 370 cm rispetto all’aula. Il ricco parato decorativo sotto la lanterna palladiana suggerisce un intervento calibrato per materiali e dimensioni al cui centro risulti l’altare per le celebrazioni episcopali. Viene suggerita una collocazione per la cattedra episcopale e per l’ambone al di fuori del presbiterio. Paul Moroder elabora un progetto che non solo intende rinnovare l’arredo dei poli liturgici, ma va a suggerire un adeguato e dignitoso posizionamento degli stessi, in modo da conferire dignità e bellezza all’altare, alla Cattedra e soprattutto al bema. Ricuperando le antiche soluzioni della “tribuna rialzata”, il progetto di Paul Moroder propone la realizzazione di una tribuna della Parola al di fuori dell’area presbiteriale, fuori della ripida scalea e a lato del breve pianale intermedio. Da questo, aprendo un breve tratto di balaustra, l’area ottagonale della Parola viene collegata mediante un brevissimo pontile. Questo “pulpito”, in zona destra, vicino all’organo e al recinto del coro, risulta sostenuto da colonne e circondato da balconata; in fronte assemblea il leggìo acquista evidenza grazie ad un elemento in bronzo a mo’ di “panneggio” o “rotolo dispiegato”. Le opere, presentate in bronzo, suggeriscono l’impiego di tale materiale reso vibrante e leggero mediante interventi chiaroscurali di altorilievi spesso ad apertura passante (specie di leggeri trafori).

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La soluzione di Paul Moroder in questa maniera, allontantandosi dalla mera realizzazione di erratici monumenti, tenta felicemente di modulare spazi e luoghi idonei alla celebrazione della Parola e dell’eucarestia tenendo conto delle esigenze dell’assemblea celebrante come quelle delle celebrazioni episcopali. Don Gino Prandina

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Concorso

Cattedrale S. Lorenzo Alba Anno: Materiale: Liturgista: Architetti:

2008 pietra Rosso rubino Don Franco Magnani Arch. Antonio Marchesi Arch. Giorgio Della Longa

Lo schema progettuale determina la piena appropriazione del rettangolo dell’aula della cattedrale e le ragioni dell’adeguamento, in sintonia con lo spirito della riforma liturgica conciliare, prendono il sopravvento rispetto a incompiute e meno efficaci soluzioni ancora governate dalla memoria di una collocazione rigidamente statica dell’assemblea, orientata in senso longitudinale. La soluzione ha un secondo livello di lettura più articolato. L’asse longitudinale viene ribadito dalla sequenza soglia-porta, ambone, cattedra, altare. La posizione avanzata e centrale del nuovo altare, nettamente separata dall’altare preesistente, ne permette una immediata lettura univoca. Altare, ambone e cattedra, dialogano ariosamente nell’area centrale in cui l’ampio spazio incluso si offre non solo all’articolato e diversificato dispiegarsi dell’azione rituale ma anche come significante luogo dell’attesa di una “presenza” sempre di nuovo invocata. L’organizzazione dello spazio e dei luoghi abbandona la soluzione del presbiterio plenario per conformarsi alla struttura bipolare e dinamica dell’azione liturgica (Parola-Sacramento). Arch. Antonio Marchesi Arch. Giorgio Della Longa

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Concorso Conferenza Episcopale Italiana ‒ Progetto Pilota 2008

Complesso parrocchiale S. Giovanni Battista Porto Recanati Anno: Materiale: Liturgista: Architetti :

2009 bronzo e marmo di Carrara Don Franco Magnani Arch. Antonio Marchesi Arch. Giorgio Della Longa

La Giuria assegna il TERZO PREMIO al progetto M26F, con la seguente motivazione sul piano artistico: ăƒť notevole risulta il contributo del programma iconografico, dove sapienza artistica e invenzione formale si affermano in una felice libertĂ compositiva. Conferenza Episcopale Italiana

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L’assetto liturgico dell’aula palesa la sua destinazione primaria: la celebrazione comunitaria dell’eucarestia. La collocazione delle emergenze liturgiche scandisce ed amplifica, entro uno spazio unitario, i due momenti polari costitutivi della celebrazione: proclamazione della Parola e liturgia eucaristica. Ambone e sede si fronteggiano centralmente evidenziando l’importanza della proclamazione della Parola e il ruolo del presidente (sottratto ad un esasperato rapporto frontale con i fedeli) quale primo ascoltatore e annunciatore della Parola. Altare, ambone e sede definiscono il loro specifico “luogo” (sottolineato dalla presenza delle tre pedane) dialogando fra loro in virtù della consonanza materiale e formale. L’ampio spazio fra essi incluso si offre all’articolato dispiegarsi del rito e come significativo luogo, non saturo, di invocazione e attesa. La forma dell’assemblea si delinea di conseguenza e la disposizione avvolgente intorno all’altare sottolinea la dimensione comunitaria della partecipazione. Il battistero, cerniera fra nartece e aula, è eloquente segno dell’”ingresso” dei battezzati nella Chiesa, funzionale alle dinamiche del rito e alla partecipazione. La penitenziaria, giustapposta al fonte, definisce un percorso di “reingresso” in chiesa, luogo del “recupero della grazia battesimale”. La cappella del Santissimo - facilmente individuabile e accessibile - è raccolta e distinta dall’aula, adatta alla preghiera e all’adorazione. Altare, ambone e sede saranno realizzati in marmo nero del Cardoso lavorato a mano e patinato a cera. La pedana e la parete retrostante l’altare saranno trattate con inserti (a decrescere verso l’alto) di foglia d’oro. Il fonte, in pietra nera, si colloca a ridosso della vasca per il battesimo ad immersione (in ceramica blu) ed è sovrastato dal dipinto dello Spirito Santo (dominante blu). Nell’apertura sud della controfacciata verrà collocato un grande crocifisso bronzeo. Il sagrato è animato dalle 12 figure in marmo cararra calacatta venato dei Santi Giovani che accolgono i fedeli accompagnandoli alla celebrazione. La Via crucis, 14 steli in bronzo che si animano nella parte sommitale con la raffigurazione delle stazioni, è posta nel parco che acquista in questo modo una sua specifica funzione liturgico-devozionale ed un forte legame con la chiesa.. Arch. Antonio Marchesi Arch. Giorgio Della Longa

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Abbazia Sacra di San Michele SantʟAmbrogio – Val di Susa (TO) Anno: Materiale: Altezza : Architetto : Priore:

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2005 bronzo metri 5 Arch. Gianfranco Vinardi Padre Giuseppe Bagattini





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CURRICULUM VITAE

Paul dё Doss – Moroder

Maestro scultore, vive e lavora ad Ortisei. Inizia a scolpire a 15 anni nella bottega di suo padre, lo scultore accademico Enrico Moroder Doss, mentre frequenta l’istituto d’Arte di Ortisei, perfezionandosi poi negli Stati Uniti. Tra i premi acquisiti vi sono: 1° premio al concorso internazionale di scultura su neve a Cortina; 1° premio al concorso alla Biennale Nazionale d’Arte Sacra a Torre del Greco (Na); Medaglia del Vaticano di Giovanni Paolo II; Medaglia del presidente della Repubblica Italiana; Medaglia di riconoscimento dal Presidente della Provincia di Bolzano; Premio ex equo per il concorso del campanile di „CHIESA OGGI“ ; 1° premio al concorso per scultura Sacra San Michele di Torino; 1° premio al concorso “Nati nell’acqua” di Vicenza; 2° premio al concorso “Adeguamento liturgico per la cattedrale di Vicenza”; 3° premio al concorso CEI “Progettazione ed adeguamento liturgico Chiesa a Porto Recanati”. Tra le ultime e più grandi opere che ha eseguito: il Crocifisso al Santuario Divino Amore in Roma, l’arcangelo Michele in bronzo nella Sacra chiesa di S. Michele in Torino, è anche l’autore della secondo campana più grande d'Italia. Per l’adeguamento liturgico, ha eseguito ben oltre 18 altari e altrettanti poli liturgici in diverse chiese, santuari e cappelle, sia in Italia che all’estero.


Ringrazio quanti mi hanno aiutato e sostenuto per l’organizzazione di questo Libro; Mi familia, Mons. Ambrogio Malacarne, Don Gino Prandina, Franco Magnani, Arch. Michele Anderle, Arch. Antonio Marchesi, Arch. Giorgio Della Longa, Don Pierluigi Tosi, Pater Ewald Volgger OT, Fonderia Fabbris & Folla, David Gasser, Egon Dejori, Danila Serafini.

Paul dë Doss Moroder Streda Sneton 71a 39046 Urtijëi (BZ) paul@studiodoss.it +39 335 588 78 20 © Fotografie: Augustin Ochsenreiter, Vera Comploj, Egon Dejori © Progetto Grafico: www.stork design.it copyright 2010 by Paul Moroder Doss tutti i diritti riservati


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