Alto Adige da vivere
“Nel Tirolo meridionale il tempo si rasserenava, si sentiva già la vicinanza del sole italiano, le montagne erano più calde e splendenti, vedevo già le vigne inerpicarvisi e potevo sporgermi più spesso dalla carrozza.”
da: Heinrich Heine, Quadri di viaggio (1828-1832)
Introduzione: colorito locale
pag. 18
Capitolo 1 Montagna Cima irriverente
Capitolo 4 Unicità pag. 21
Cime solitarie
pag. 67
Dolomiti: i Monti Pallidi
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Ötzi: l’uomo venuto dal ghiaccio
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Saghe e miti: semplicemente leggendari
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Avelignesi: amate bionde criniere
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Castelli: la contesa dei cavalieri
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Affreschi romani: il cielo in terra
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Panorama: il grande paese
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Funicolari: in cima volando
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Acqua: cristallina
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Matteo Thun: il perfezionista della forma
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Ecologico per natura: efficienza energetica & energie rinnovabili
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Re Laurino e il suo giardino
Miniera: mondi sotterranei
Capitolo 2 Stile di vita Il confine della felicità
pag. 35
Capitolo 5 Tradizione
Autonomia: buona e cattiva sorte
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L’arte di conservare
Spontaneo e affidabile: tre punti di vista e uno d’intersezione
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Contadine: il messaggio delle coltivatrici
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Usanze: l’ora degli spiriti
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Ladini: é pa mé da dì – Voglio solo dire
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Tradizioni: nastro rosso, nastro verde
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Gerani: Erker ardenti
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Canederli e spaghetti: semplice accostamento
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Dialetto: l’Alto Adige in parole
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Capoluogo: Bolzano/Bozen
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Artigianato: sulla punta delle dita
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Joseph Zoderer: L’Italiana Rut Bernardi: “la ie pa da rì”
Reportage: Alto Adige/Südtirol
pag. 81
Reportage: E le tradizioni sono un culto
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Canederli e speck: cibo dei poveri
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Capitolo 3 Paesaggio In grembo ai Titani
pag. 51
Capitolo 6 Innovazione
Vino: nel vigneto
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Uscita dal bozzolo
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Le città: ritratto urbano
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Architettura: il tetto che scotta
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Giardini e cure: passeggiate e la Tappeiner
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Arte contemporanea: unioni artistiche
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Mela: il pomo d’oro
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Musei: la patria in vetrina
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Canali irrigui: ingegno contadino
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Messner Mountain Museum: in cima ai musei
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Zuppa di vino bianco di Terlano
Törggelen: la quinta stagione
Malga: ritiro temporaneo
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Cultura balneare: il bagno del contadino
64 Informazioni sull’Alto Adige
pag. 97 98
pag. 107
Per orientarsi: la cartina geografica dell’Alto Adige, nella sezione finale del libro, aiuta a individuare località, valli e montagne. Per ogni capitolo sono evidenziati alcuni punti geografici e indicati con le loro coordinate nella rubrica “Collegati all’argomento” (p. es. Bolzano [C4]). |5
L’Alpe di Siusi ai piedi del Sassolungo e del Sassopiatto: l’altopiano più esteso d’Europa è un paradiso per gli escursionisti
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Piste con panorama a 360 gradi: d’inverno sciatori, snowboarder ed escursionisti attraversano l’Alpe di Siusi in lungo e in largo
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Acque temperate tra le vigne dell’Alto Adige: il Lago di Caldaro, a sud di Bolzano
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Il capoluogo protetto dai vigneti: Bolzano/Bozen
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Tra terra e cielo: dalle piste di sci, di fondo e di slittino lo sguardo spazia in ogni direzione tra i 1.000 e i 3.000 metri di altitudine
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FinchÊ reggono le gambe: 13.000 chilometri di sentieri collegano le montagne dell’Alto Adige
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Colorito locale Introduzione
Afferrabile – quest’aggettivo descrive alla perfezione l’Alto Adige, una terra fatta di materiali resistenti, dalla forte struttura. È la pietra a formare il territorio, roccia che cambia repentinamente da porfido, a marmo, a granito, fino alla dolomite caratterizzando paesaggi e vegetazione. Gli abitanti hanno lavorato duramente il terreno con le mani, per fare in modo che anche piante e colori seguissero il variare della pietra. Natura e cultura si intrecciano, ci si aggrappa a costumi e tradizioni. Si afferra qualcosa di nuovo. Nel 1999 il Conte Michael GoëssEnzenberg decide di ingrandire e modernizzare Manincor, la cantina vinicola nei pressi di Caldaro, e si rivolge per questo agli architetti Walther Agonese, Rainer Kölber e Silvia Boday. Territorio, storia e funzionalità svolgono un ruolo determinante nella progettazione. Si disegna il futuro partendo dal passato. Nel cantiere, esattamente sulla linea di cesura tra vecchio e nuovo, interviene l’artista altoatesino Manfred Alois Mayr. Il pittore sostiene di “scoprire” i colori. A Manincor comincia a grattare via strati e strati di colore, cerca tracce cromatiche a testimonianza della storia della tenuta e della tradizione della viticoltura altoatesina, documenta le diverse fasi di costruzione della cantina.
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Dopodiché, presenta il suo progetto di colore. La sua proposta è quella di spruzzare di turchese verderame l’enorme parete che divide la parte vecchia da quella nuova. I conti acconsentono, anzi, ne sono letteralmente entusiasti. Per secoli, infatti, il solfato di rame veniva impiegato nella viticoltura contro i parassiti e ancora oggi sui vecchi muri dei masi vitivinicoli brillano tracce color turchese. Di verderame a Manincor se ne trova in abbondanza. Gli Enzenber, infatti, erano proprietari della miniera di rame in Valle Aurina, fino alla sua chiusura nel 1893. Fornivano verderame a tutta la regione. Così, una cosa s’innesta nell’altra. Storia, tradizione, progresso. Manincor è un eccellente esempio in Alto Adige. Ce ne sono altri. Testimoniano una corrente di pensiero della cultura locale contemporanea: l’Alto Adige, un paese moderno che può sviluppare un proprio inconfondibile profilo solo riallacciandosi alle sue radici. “Con i colori trasporto la storia” dice l’artista Manfred Alois Mayr. In Alto Adige, tutte le storie parlano di natura, di terra, di povertà, della presenza costante della chiesa e dell’orgoglio di una comunità che ha resistito a imperatori, soldati e dittatori e che oggi decide per lo più autonomamente quale strada percorrere.
Bianco era l’intonaco delle case, color legno e grigio ferro i macchinari, variopinti solo i costumi della festa, nere le divise dei fascisti e rosso Pompei i loro palazzi di partito. Blu è in Alto Adige il colore dei grembiuli. Già, il grembiule. Una volta lo regalavano ai bambini in occasione del primo giorno di scuola. Un uomo senza grembiule è mezzo nudo, si diceva. Ancora oggi alcuni contadini portano il “Fürtig”, come viene anche chiamato il grembiule, altrimenti detto “Schurze”. Tutti, se non altro, sanno di cosa si tratta. Nel 1997 gli agricoltori della Val Venosta formano un consorzio agricolo. I contadini, però, stentano a comprendere il linguaggio dell’architetto Arnold Gapp. Anche in quel caso si chiede consiglio a Manfred Alois Mayr che dipinge una parte della sede color lapislazzuli. Ed ecco che, d’un tratto, anche per i contadini l’edificio acquisisce un volto familiare. Nel colore blu riconoscono il loro lavoro. Improvvisamente anche per loro l’architettura contemporanea è afferrabile.
Colorito locale | 19
Il re incontrastato delle montagne dell'Alto Adige: l'Ortles in Val Venosta
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Capitolo 1 Montagna
Cima irriverente Ogni prospettiva, in Alto Adige, parte dall’alto. Sopra e sotto sono praticamente una cosa sola. Paradossalmente, furono dei cittadini i primi a spingersi fin sulle cime dei monti e ad aprire ai montanari prospettive inaspettate.
Fino al 1804 nessuno ancora sapeva come fosse in cima all’Ortles. Finché, nel 1804, un cacciatore di camosci della Val Passiria, di nome Josef Pichler, osò per primo spingersi fino sulla vetta. Ma riuscì a rimanere a quell’altezza solo per quattro minuti, l’aria, infatti, era freddissima. Nel 1805 vi salì di nuovo, questa volta sventolando in mano una bandiera. A quel punto tutti dovettero credergli: l’Ortles, un quasi quattromila metri, la cima più alta di tutto l’Alto Adige, era stato conquistato. In segno di trionfo, però, non fu piantata una croce, ma doveva essere eretta una piramide di sassi, cosa che però non convinceva la gente di montagna. Fino al XVIII secolo, scalare le cime era considerato da molti un’inutile irriverenza. A cosa doveva servire? E poi, c’era abbastanza aria per respirare, lassù? Fino al 1786 nessun contadino aveva mai osato scalare una cima. Già sugli alpeggi e sui passi di montagna gli sembrava di essersi avvicinato troppo al cielo e, per penitenza, vi piantava una croce. Dentro le montagne, certo, si poteva scavare per estrarre i tesori dalle loro viscere, in Alto Adige argento, rame e marmo, ma lassù, sulla nuda roccia, dove non si poteva né seminare, né raccogliere nulla, ci andavano solo i perditempo. E poi, in cima alle montagne abitava Dio, oppure il diavolo, nessuno lo sapeva con esattezza... Da questo punto di vista, l’Alto Adige è un paradiso per i perditempo. Gran parte del territorio si trova al di sopra dei 1.000 metri. Solo il 3 per cento della superficie è abitato. Il resto è costituito da campi, boschi, pascoli e rocce. L’Alto Adige vanta più di 300 cime di oltre tremila metri. Ogni prospettiva parte dall’alto, le viste panoramiche come i punti di vista. Sopra e sotto sono vicinissimi, quasi si toccano, così come largo e stretto sono aspetti complementari dello stesso territorio. Reinhold Messner frequentava ancora la scuola del suo paese, Funes, ai piedi delle cime Odle, quando amava osservare il pas-
saggio delle nuvole cheidendosi dove andassero a nascondersi. Anche lo scalatore estremo Hans Kammerlander era un tipo curioso. Conquistò la sua prima cima, quando un giorno decise di nascosto di seguire due turisti sul Picco Palù, in Valle Aurina. Furono i cittadini a scoprire duecento anni fa la passione per la montagna. Per raggiungere le vette si facevano scortare dai giovanotti dei masi. La cordata in parete era motivata da intenti molto diversi: il turista mirava al punto panoramico sulla cima, la guida invece aveva in mente cristalli e camosci. L’uno rendeva la vetta famosa, l’altro vi trovava il suo guadagno. La montagna smise così di fare paura. Oggi, tutte le cime sono state conquistate, battezzate e segnate sulle cartine geografiche con altezza, vie e rifugi. Da molto tempo, ormai, si sa che le montagne non sono cresciute dal sottosuolo verso l’alto, a mo’ di denti spuntati dalla gengiva. Le Dolomiti, le più famose montagne dell’Alto Adige e dal 2009 Patrimonio Naturale dell’Umanità, si sono formate da sedimenti di barriere coralline emersi in seguito all’abbassamento del mare ancestrale. Grazie a sentieri e impianti di risalita le Dolomiti sono oggi accessibili a tutti in sicurezza e fruibili in ogni loro aspetto. La montagna che una volta faceva paura, oggi piace molto. È diventata un luogo di svago, un ambiente in cui rigenerarsi, e come tale deve essere preservata. Negli otto parchi naturali e nel Parco Nazionale dello Stelvio, la natura e il paesaggio culturale dell’Alto Adige sono protetti per grandi aree. Nel 1954 sull’Ortles è stata piantata l’attesa croce. La piramide di sassi che in origine doveva essere eretta sulla cima, rimase per anni chiusa in una cassa, a fondovalle, ai margini della strada. Nel 1899 è stata eretta a passo dello Stelvio, quel valico che collega l’Alto Adige con la Lombardia: non più in segno di trionfo sulla montagna, ma come monumento dedicato all’imperatore di Vienna.
Montagna | 21
Dolomiti I Monti Pallidi
Le Dolomiti sono la costruzione più bella del mondo, disse l’architetto Le Corbusier. Davvero possiamo affermare che le Dolomiti sono state costruite. Infatti, sono nate dalla sedimentazione di alghe e di scogliere coralline, accumulatesi per 250 milioni di anni nelle calde acque del mare Thetys. Quando questo si ritirò, affiorarono i bianchi, maestosi e bizzarri “Monti Pallidi”, così diversi dalle montagne circostanti. Nel 1788 i ricercatori capirono il perché: sono costituiti di pietra calcarea contenente magnesio. Le Dolomiti prendono il nome dal geologo Deodat De Dolomieu. Diventano molto popolari, le loro leggende famose, le Tre Cime fanno il giro del mondo impresse sulle cartoline, il gardenese Luis Trenker, con i suoi film di montagna, dedica un monumento al Sassolungo. Le Dolomiti sono abitate fin dall’era glaciale. Teti, Romani, Longobardi lasciarono le proprie tracce, durante la prima Guerra Mondiale Austria e Italia tracciarono il fronte attraverso queste montagne. I primi stanziali furono i Ladini, il più antico popolo delle Dolomiti e il terzo gruppo linguistico dell’Alto Adige. Nel 2009 le Dolomiti sono entrate nella lista dei monumenti naturali degni di tutela UNESCO. Dopo la regione Jungfrau-Aletsch-Bietschhorn e Monte San Giorgio in Svizzera, i Monti Pallidi sono il terzo Patrimonio Naturale dell’Umanità dell’arco alpino.
Dati e fatti » Quattro degli otto parchi naturali dell’Alto Adige si trovano nelle Dolomiti. www.provincia.bz.it/parchi-naturali » In Alto Adige ci sono 80 vie ferrate, le prime nacquero lungo il fronte delle Dolomiti e dell’Ortles durante la Prima Guerra Mondiale. 14 scuole di alpinismo organizzano emozionanti escursioni in tutta sicurezza. www.guidealpine-altoadige.it » A Sesto in Val Pusteria l’associazione “Bellum Aquilarum” propone escursioni guidate al “Museo all’aperto della Grande Guerra 1915-1918 Croda Rossa”. www.bellumaquilarum.com
Letture consigliate » Reinhold Messner/U. Demeter/Georg Tappeiner, Dolomiti. Patrimonio dell'umanità, Tappeiner 2010 » Oswald Mederle, Sulle tracce del fronte tirolese. Escursioni nei luoghi della Grande Guerra 1915-1918, Athesia 2013 22
Patrimonio Naturale UNESCO: le Dolomiti con le Tre Cime di Lavaredo
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Re Laurino o il tramonto: chi illumina di rosa il Catinaccio?
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Saghe e miti Semplicemente leggendari
In montagna decide la natura. Se brontola, bisogna averne paura, chi la affronta, o è un eroe, o è destinato ad essere punito. Fino a quando la scienza non cominciò a spiegare il mondo, l’uomo viveva in balia di forze misteriose, di spiriti maligni che facevano irrancidire il latte, di selvaggi che sfidavano gli dei, di streghe che insediavano il loro quartier generale sull’Alpe di Siusi. Le popolazioni ci hanno ricamato sopra centinaia di leggende. Nelle lunghe sere invernali si usava raccontare sempre le stesse storie. Ancora oggi, alcuni punti panoramici e particolari formazioni rocciose, attorno ai quali aleggiano le leggende, fanno volare la fantasia. Così, nelle profonde valli delle Dolomiti, per molto tempo tagliate fuori dal resto del mondo, si trova il cuore del grande regno incantato. I picchi rocciosi del Latemar sono bambole incantate e la sera non è tramonto del sole, ma la maledizione di Laurino, re degli gnomi, ad illuminare di rosa il Catinaccio.
Dati e fatti » Storie dell’Alto Adige da leggere su www.suedtirol.info/leggende e www.smg.bz.it/leggende » Sulle tracce delle leggende: 13.000 chilometri di sentieri percorrono le montagne dell’Alto Adige, un tratto lungo all’incirca 10 volte Bolzano – Roma e ritorno. Solo sull’Alpe di Siusi [D/E 5], il più esteso altopiano d’Europa, si snodano ben 300 chilometri di sentieri. Nelle valli, 600 chilometri di piste ciclabili attraversano l’intera regione.
Letture consigliate » Paola Favero, Dentro la montagna. Le Dolomiti tra leggenda e geologia, Cierre Edizioni 2012 » Marianne Ebnicher/Brigitte Seiwald, Leggende del Sudtirolo – Narrate ai bambini, Edizioni Athesia 2004 Montagna | 25
“In
nome
delle
rose”
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Re Laurino e il suo giardino raccontato da Martin Bertagnolli
C’era una volta un re… Anche questa storia comincia così, ma si tratta di un re speciale, re Laurino, che regnava su un popolo di nani ed era nano anche lui, ma ha lasciato a questa terra un dono gigantesco. Viveva in un castello fortificato sul Catinaccio, la splendida montagna dolomitica che fa da scenario a Bolzano, dove la conca di monti si apre verso est. Bene, il grande orgoglio di questo re era un bellissimo giardino di rose rosse che curava con tanto amore. I fiori, protetti e legati tra di loro con un filo di seta dorato, erano tutta la sua vita, tanto che Laurino faceva tagliare mano destra e piede sinistro a chiunque osasse reciderne uno. Oltre che dei suoi fiori, il piccolo grande re si innamorò, come spesso accade, della bella principessa del castello vicino, Similde, tanto che decise di rapirla e di portarla al suo castello, per farla vivere tra gli agi, ma in prigionia. Sennonché il fratello di Similde, disperato per la perdita dell’amata sorella, chiamò in aiuto altri cavalieri e il re dei Goti con i quali si mosse alla volta del castello di Laurino per liberare Similde. Fu così che si arrivò alla memorabile lotta, senz’altro impari, tra il piccolo re e i giganteschi invasori. Non ci furono speranze per Laurino che dovette soccombere alla forza del nemico, ma, prima di morire riuscì ancora ad esclamare le fatidiche parole: “Che né alla luce del giorno, né nelle tenebre della notte, nessuno possa mai più godere dello splendore del mio giardino!”. Aveva dimenticato, il povero Laurino, di menzionare anche quel particolare momento della giornata in cui il giorno lascia posto alla notte. Una vera fortuna! Da allora, infatti, in certi tramonti, il Catinaccio, che in tedesco si chiama Rosengarten (giardino di rose), si incendia di stupende tonalità rosate che si riflettono nell’azzurro del cielo. Uno spettacolo sempre emozionante, come la storia del piccolo re. Montagna | 27
Nel cuore delle Dolomiti: le bizzarre cime Odle, in Val di Funes
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Miniera Mondi sotterranei
Cunicoli bui e la fioca luce delle lampade da miniera caratterizzavano la vita dei minatori. Per centinaia di anni scendevano nelle viscere delle montagne altoatesine per estrarre rame, piombo, zinco e argento. In superficie, i paesi dei minatori si sviluppavano come un mondo a sé. Sul Monte Neve, a 2.000 metri, nella miniera in quota più alta d’Europa, lavoravano a pieno regime fino a 1.000 minatori. Oggi si possono visitare senza alcun pericolo, con casco e lampada frontale, il mondo sotterraneo di Monte Neve in Val Ridanna e in Val Passiria, la miniera d’argento di Villandro, in Val d’Isarco, e il museo delle miniere di Predoi, in Valle Aurina. Chi soffre di problemi respiratori può rigenerarsi presso il centro climatico ricavato all’interno della ex miniera di rame di Predoi: l’atmosfera qui è praticamente priva di polveri e di allergeni. La via centrale di Lasa, in Val Venosta, è lastricata di bianco. Il marmo di Lasa viene estratto ancora oggi. È considerato in tutto il mondo la pietra calcarea bianca più resistente agli agenti atmosferici. Monumenti di New York, Londra, Berlino e Vienna sono scolpiti nella pietra preferita dagli Asburgo. Fame di montagna: fare il pieno di energia in alta quota
Dati e fatti » Museo Provinciale delle Miniere [D2+G1], www.museominiere.it » Miniera d’argento di Villandro [D4], www.bergwerk.it » Visite guidate ai marmi di Lasa [A3], www.marmorplus.it
Lettura consigliata » Harald Haller/Hermann Schölzhorn, Monteneve in Sudtirolo, 2000 (in vendita nel Mondo delle Miniere Ridanna Monteneve) 30
Panorama Il grande paese
In valle, la vista è limitata dal profilo delle montagne. Sulle cime, tra terra e cielo, lo sguardo può spaziare liberamente. Dal monte più amato dagli sciatori, il Plan de Corones, si gode un’emozionante vista a 360 gradi su tutte le catene montuose circostanti. Dall’inizio di dicembre a metà aprile, gli amanti degli sport invernali, come sci, fondo, slitta, racchette da neve, snowboard o slitta trainata da cavalli, possono gustarsi ogni possibile prospettiva tra i 1.000 e i 3.000 metri di altitudine. Da Oscar il suggestivo gioco di nuvole sulle tre Pietre Rosse, a Verano (1.450 m), sopra la Val d’Adige (tra Merano e Bolzano), dove l’artista Franz Messner ha costruito il suo “Knottnkino”, un cinema natura, costituito da 40 sedie fissate nel terreno, a cielo aperto: qui tutti i giorni, fino al tramonto, si può ammirare lo spettacolo inscenato dal tempo sullo straordinario palcoscenico che si estende dal Gruppo dell’Ortles, alla Val D’Adige, fino alle Dolomiti.
Dati e fatti » In Alto Adige ci sono 30 comprensori sciistici. Il Dolomiti Superski, con i suoi 1.200 chilometri di piste, è il carosello sciistico più grande del mondo. Il “Sellaronda” [F6] conduce lo sciatore attraverso quattro passi dolomitici, girando intorno al massiccio del Sella, e d’estate è un impegnativo itinerario ciclistico. L’Ortler Skiarena è composto da 15 aree sciistiche. Aperta quasi tutto l’anno l’area sciistica sul ghiacciaio in Val Senales [B 2/3], nei pressi di Merano. www.suedtirol.info/inverno » Ci sono due piste nelle Dolomiti dove ogni anno si misurano i campioni mondiali dello sci: la discesa “Saslong”, in Val Gardena, www.saslong.org e la pista da slalom gigante “Gran Risa” in Alta Badia, www.skiworldcup.it » Ad Anterselva [G2], ogni anno, si disputano i mondiali di Biathlon. www.biathlon-antholz.it Piste di sci di fondo in Alto Adige su www.suedtirol.info/inverno » Nel 1805 fu costruito sull’Ortles [A2] il primo rifugio del Tirolo. Oggi sono in funzione 92 rifugi, tra i più suggestivi ci sono il Rifugio Gino Biasi al Bicchiere (3.195 m), il Rifugio Cima Libera (3.145 m) e il Rifugio Julius Payer (3.020 m). Tutti i rifugi su www.suedtirol.info/rifugi
Letture consigliate » Ulrich Kössler, Scialpinismo in Alto Adige, Edizioni Tappeiner 2008 » Georg Weindl, Sci di fondo in Alto Adige, Edizioni Folio 2007 » Hanspaul Menara, Escursioni invernali nel Sudtirolo, Edizioni Athesia 2005 » Hanspaul Menara, Le più belle gite nel Sudtirolo. 1-2-3 ore. Dalla Val Venosta alla Val Pusteria, Athesia 2011 Montagna | 31
Acqua Cristallina
All’inizio fu l’acqua a disegnare il panorama, a decidere la buona e la cattiva sorte dell’uomo. In Alto Adige migliaia di rivoli e ruscelli scorrono lungo le pendici delle montagne fino a valle. In ogni piazza di paese zampilla una fontana. Centinaia di scintillanti laghi alpini raccolgono l’acqua di scioglimento delle nevi. Gran parte dell’energia viene prodotta nelle centrali idroelettriche. L’acqua potabile impiega poche ore dalla fonte al rubinetto di casa, senza additivi, senza conservanti. Ci sono ben 30 fonti di acque minerali riconosciute. Le loro acque, da sempre, sono impiegate nei bagni termali e contadini, oppure vengono imbottigliate e vendute. Una scrosciante freschezza avvolge le tante cascate dell’Alto Adige, come quella di Stanga, nei pressi di Vipiteno, l’unica gola scavata nel marmo d’Europa, le cascate di Riva di Tures in Valle Aurina o la cascata di Parcines, presso Merano, che con i suoi 97 metri di salto è anche tra le più alte d’Europa. In Val Venosta l’acqua scorre lungo ordinati canali irrigui, in tedesco “Waale”, che in passato servivano ad irrigare i campi. Oggi, lungo i canali irrigui, si possono fare belle passeggiate.
Dati e fatti » Proposte di escursioni a laghi, cascate, e lungo i canali irrigui su www.suedtirol.info/trekking » Il Lago di Caldaro [B5], a sud di Bolzano, è il lago balneabile più caldo delle Alpi. Informazioni sui laghi balneabili su www.suedtirol.info/nuotare » Maggiori informazioni sulle fonti di acque minerali e sui bagni su www.provincia.bz.it/acqua
Lettura consigliata » Hanspaul Menara, Escursioni ai laghi del Sudtirolo, Edizioni Athesia 2003 32
Come imbrigliare alla perfezione le acque: le antiche rogge che irrigano la Val Venosta e i frutteti della conca di Merano
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Tra tedesco e italiano: cultura in Alto Adige è sensazione di vita
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Capitolo 2 Stile di vita
Il confine della felicità Tre lingue, abitudini che si intrecciano, storie che iniziano a somigliarsi. Tedeschi, italiani e ladini vivono insieme in Alto Adige. Lo stile di vita nordico e quello mediterraneo hanno trovato qui un loro equilibrio.
Quando gli altoatesini dicono “noi”, può non essere semplice capire cosa intendono. In Alto Adige la storia ha fatto confluire tre culture, si parlano tre idiomi. Come funziona la convivenza? Il giornalista altoatesino Claus Gatterer (1924-1984) dedica molto spazio a questa domanda nel suo romanzo autobiografico “Bel paese, brutta gente”. “Noi, ovvero le persone della valle, quelle che ci appartenevano”. Nella Sesto degli anni Venti descritta da Gatterer “noi” significava tutti, cioè i tedeschi, ovvero tirolesi, i ladini, ma anche gli italiani che vivevano da molto tempo in valle, come l’arrotino, o lo stagnino. Ma c’era anche un “Noi” ufficiale, un “Noi italiani”, quello imposto dallo Stato. Commenta Claus Gatterer: “Noi eravamo tutto ciò, allora. Un panorama confuso di genti, specchio di un tempo confuso”. La storia dell’Alto Adige inizia nel 1919, quando il territorio a sud del Brennero fu distaccato dal Tirolo austriaco e annesso all’Italia. Il nuovo confine interruppe le vie di un paese che per cinque secoli era stato parte dell’Austria. Le Alpi sono sempre state una regione di confine. Per i Romani, oltre il Tirolo si estendeva il Nord, per gli imperatori tedeschi che si fecero incoronare in Italia, il Sud cominciava subito dopo il Brennero. Per secoli, due passi alpini assicurarono al “Paese delle Montagne”, come allora veniva chiamato il Tirolo, una posizione cruciale nelle lotte di potere tra i regnanti europei. Commercianti, pellegrini, principi con i loro seguiti, avventurieri e soldati attraversavano il Tirolo, versavano passaggi e dazi, pagavano per vitto e alloggio e per la promessa di una scorta sicura. I politici europei si diedero sempre un gran da fare per non perdere i favori del Tirolo, ma allo stesso tempo non persero mai occa-
sione di conquistarlo. Di “Tirolo” si parlò per la prima volta nel 1271, nel 1330 l’eredità di Margarethe di Tirolo era già oggetto di contesa tra i Wittelsbacher, gli Asburgo e i Lussemburghesi. I potenti fecero anche concessioni: così i Tirolesi ottennero la Magna Charta Tirols, una garanzia per la conservazione dei diritti tirolesi. Gli Asburgo, che alla fine si aggiudicarono l’eredità, addirittura esonerarono i tirolesi dal servizio militare, pretendendo solo che i tirolesi si occupassero da soli, se necessario, di difendere il territorio compreso tra Kufstein e Ala. Il Tirolo andava orgoglioso del suo particolare status e, ogni volta che un sovrano minacciava di ledere qualche diritto, i tirolesi estraevano dal cassetto gli antichi documenti in loro possesso. Nella terra di confine che il Tirolo è sempre stata da un punto di vista linguistico, culturale e politico, ogni minima limitazione della libertà veniva immediatamente rilevata e denunciata. Si capisce che i sudtirolesi non erano minimamente preparati a quanto accadde nel XX secolo. La politica di italianizzazione fascista infranse ogni aspirazione all’indipendenza culturale e politica. Per molto tempo l’Alto Adige ha combattuto per ottenere lo status di autonomia provinciale. Oggi, tedeschi, italiani e ladini vivono insieme, con le loro lingue e culture. Come spesso accade, i primi approcci avvengono in cucina. Le contadine provarono a cucinare pasta e minestrone, le casalinghe italiane testarono speck e canederli. Ci si assaggiò. Un nuovo gusto per la vita, un nuova concezione del “noi” iniziò a salire dal vapore delle pentole e prese sempre più piede. La terra di confine ha raggiunto di nuovo una posizione speciale.
Stile di vita | 35
Autonomia Buona e cattiva sorte
Nel 1919 l’Alto Adige fu annesso all’Italia. I vincitori della prima guerra mondiale pagarono così la promessa fatta all’Italia nel 1915, affinché entrasse nel conflitto al loro fianco. Dal 1922 i fascisti perseguirono una dura politica di italianizzazione. Fu proibito tutto ciò che era o che suonava tedesco. Quando, nel 1939, i dittatori Mussolini e Hitler concordarono l’opzione, la propaganda nazista trovò terreno fertile: l’85 per cento delle persone di madrelingua tedesca era disposto ad abbandonare il paese. Ma la guerra bloccò l’esodo. Dopo il secondo conflitto mondiale, venne riconfermato il confine del Brennero. Iniziarono annose contrattazioni per l’autonomia che fu suggellata nel 1972, con il secondo Statuto di Autonomia. Ci vollero altri 20 anni, affinché l’Alto Adige arrivasse ad ottenere di fatto l’autonomia legislativa e amministrativa in tutti gli ambiti previsti dallo Statuto. Oggi, l’Alto Adige è un modello per le minoranze di tutto il mondo.
Dati e fatti » 510.000 persone vivono in Alto Adige, 3 le lingue ufficiali. Il 70 per cento della popolazione parla tedesco, il 26 per cento italiano, il 4 per cento ladino. Il 5 per cento della popolazione altoatesina è di origine straniera. » La storia dell’Alto Adige su www.suedtirol.info/storia
Letture consigliate » Carlo Romeo, Storia territorio società: Alto Adige/Südtirol. Percorsi di storia contemporanea, Edizioni Folio 2005 » Marius De Biasi, Sudtirolo. Dalla contea alla Heimat, Edizioni Praxis 3 2008 » Claus Gatterer, Bel paese, brutta gente, Edizioni Praxis 3 2005 » Rolf Steininger, Alto Adige/Sudtirolo. 1918-1999, Studienverlag, 1999 » Rolf Steininger, La questione dell’Alto Adige, Una storia per immagini, Studienverlag 2008 36
“Grüß Gott” e “Buona sera”: i gruppi linguistici si incontrano all’aperitivo
Spontaneo e affidabile Tre punti di vista e uno d’intersezione
Il territorio forma gli uomini. Gli uomini danno forma all’ambiente in cui vivono. In Alto Adige, città e campagna penetrano l’una nell’altra, senza linee di cesura. A volte predomina la chiarezza nordica, altre la scioltezza mediterranea. Un insieme difficile da descrivere, titoli tedeschi e italiani al chiosco dei giornali, un “Grüss Gott” dove ci si aspetta un “Buongiorno”, un alternarsi di atmosfere che qui è di casa, dal caffè macchiato alle 10 del mattino, all’aperitivo del dopo lavoro, fino al gioco delle carte al solito bar. Tedeschi, italiani, ladini, tutti con le loro storie e i loro ricordi. Con il tempo i muri divisori si assottigliano sempre di più, le abitudini si intrecciano, le storie cominciano a somigliarsi, le lingue si intersecano. Il tema interessa anche la letteratura: Joseph Zoderer ha scritto due grandi romanzi sulle relazioni sentimentali tra italiani e tedeschi, esperienze sul crinale tra l’affetto individuale e il senso di appartenenza collettiva. Nel 2011 due scrittrici si sono fatte notare con altrettanti romanzi di successo ambientati in Alto Adige: Sabine Gruber e Francesca Melandri.
Letture consigliate » Gianni Bianco, Una casa sull’argine, Edizioni Longo 1965 » Beatrice Simonsen (a cura di), Grenzräume (Terre di confini) – Una mappa letteraria dell’Alto Adige, Edizioni Raetia 2005 » Francesca Melandri, Eva dorme, Mondadori 2011 » Joseph Zoderer (trad.: Ugo Gandini), L'italiana, Bompiani 2007 Stile di vita | 37
Colloqui tedeschi-italiani ad Egna: sport tratto dalla “Gazzetta”, notiziari locali dal quotidiano “Dolomiten”
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L’Italiana Joseph Zoderer, Bompiani Milano 2007, pag. 3-4
Infine aveva dovuto urlarglielo, a Silvano: “rimani a casa”, e solo allora lui aveva capito e era rimasto a casa, nel quartiere italiano della città che i tedeschi chiamavano Shanghai. Sono una vile carogna, si ripeteva, come una litania; quasi al ritmo del borbottio del rosario che penetrava nella Stube dalla stanza accanto dove avevano composto suo padre, il maestro. Non avrebbe dovuto impedire a Silvano di venire al funerale di suo padre, un evento sacro per lui, meridionale, sarebbe stato un gesto ovvio, un atto di rispetto e di ossequio, e non importava affatto che suo padre una volta avesse messo sul pavimento della Stube, proprio Ií accanto al tavolo, perché li mangiasse il cane lupo, gli spaghetti che Silvano aveva cucinato in casa del maestro, o che lo avesse considerato, quell'italiano, un fanfarone e basta. Lei lo aveva trattato non come uno qualunque, e non certo come una persona amata, bensì come un Walsche, un «italiano» appunto, che non aveva nulla da cercare in quel loro mondo, quello tedesco, uno che era meglio che se ne stesse alla larga; lo aveva respinto, anche se in un certo senso solo escluso, tenuto fuori, per non aver lei stessa altre seccature, ma sicuramente per risparmiare fastidi a lui. Si conformava, gli faceva
un torto, proprio lei che da tempo pretendeva d'infischiarsene e che nonostante le chiacchiere della gente, nonostante la resistenza di suo padre, viveva come voleva, e cioè assieme a Silvano, uno di cui non c'era verso di fare un tedesco punto e basta. E non lo aveva sposato, non l'aveva voluto lei, che pure aveva passato la trentina. Tranquillità in occasione del funerale di suo padre, ecco cosa aveva cercato. E cosi si era avviata da sola, in macchina, verso le nuvole che le si muovevano incontro, per sistemare da sola quel che c'è da sistemare quando qualcuno muore; per stare in pace, insomma per paura degli altri era salita fin lassù da sola, in quel paesetto a milletrecento metri sopra il livello del mare, lontanissimo da ogni viavai, in quel buco di montagna da cui suo padre non era stato capace di allontanarsi, benché un tempo avesse esclamato spesso: Andarsene per il mondo bisogna, andarsene. Non era un paradiso quello in cui tornava, lo sapeva fin troppo bene, la gente non era cambiata, era diventata solo più cortese, in apparenza, e perfino il Ploser aveva demolito il vecchio maso, la casa e anche la stalla e costruito una pensione. All'ultima curva, prima del cartello col nome del paese, aveva pensato: i ranuncoli, quelle palline gialle, a Silvano avrebbero fatto piacere.
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Ladini é pa mé da dì – Voglio solo dire
Dopo il tedesco e l’italiano, il ladino è la terza lingua ufficiale dell’Alto Adige, parlata da 18.000 persone fra la Val Gardena e la Val Badia. Il ladino è anche la lingua originaria di questa terra: quando i Romani conquistarono le valli alpine, il latino volgare si sovrappose alla lingua dei Reti, parlata allora dalle popolazioni alpine. I Germani scacciarono i ladini fino in fondo alle valli dolomitiche, dove l’isolamento e la povertà li spinsero a conservare la loro lingua e a sviluppare uno straordinario patrimonio di leggende e una grande abilità artigianale. Solo nel 1951 i ladini furono riconosciuti come gruppo linguistico. Oggi il ladino è una delle più “piccole” lingue d’Europa. Nel Museum Ladin, in Val Badia, si può approfondire la storia dei ladini. Pare che, un tempo che fu, i ladini vivessero in perfetta simbiosi con le marmotte. Così almeno secondo la leggenda sulle origini del mondo ladino tramandata oralmente da generazioni di ladini. Difatti, solo da poco si sta lavorando ad una comune lingua scritta. Una sostenitrice è la scrittrice gardenese Rut Bernardi: “é pa mé da dì”.
Dati e fatti » Le Dolomiti ladine si estendono su tre province, Alto Adige, Trentino e Belluno. Si parlano e scrivono tre idiomi: in Alto Adige sono il Marèo e il Badiot, in Val Badia [F 3-6], e il Gherdeina in Val Gardena [E4-F6]. Complessivamente, nell’area dolomitica, parlano ladino circa 30.000 persone. » Il Museum Ladin a San Martino in Badia [F4] offre interessanti sguardi sulla storia e sulla cultura ladina. www.museumladin.it
Lettura consigliata » Rut Bernardi, Gherlandes de sunec, ladino-tedesco, con Audio-CD, Skarabäus 2003 42
la ie pa da rì é pa mé da dì la ie da tò y jì n ne sà pa co fé a dì mo a vó te n di o no l cë ne va pa mé a jì do si pe la ne ie pa da rì co ne sà no ëi y no si fi da dì la ie mé da tò y de ne dì no: oh da dì dò Brano di Rut Bernardi da: Dolomit. Ein Gipfelbuch, antologia ladina, Verlag für die Literatur der Wenigerheiten 2007 (per ordinare: nitsche@tirol.com)
Fa proprio ridere voglio solo dire pigliala e vai non si sa come fare a dire ancora a voi in un giorno o no la testa non funziona solo a seguire il suo piede non fa proprio ridere come non sanno dire né loro e neanche il loro figlio va solo presa e che non si venga a dire: oh da ripetere Stile di vita | 43
“Ortisei” in italiano, “St. Ulrich” in tedesco, “Urtijei” in ladino: qui si confrontano direttamente le tre lingue ufficiali dell’Alto Adige
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Canederli e spaghetti Semplice accostamento
Canederli e spaghetti: meglio non si potrebbe riassumere la cucina altoatesina. Qui, a sud delle Alpi, ingredienti e cibi alpini e mediterranei si ritrovano nello stesso piatto, o per lo meno sullo stesso menu. Grano saraceno ed erbe di montagna sono impiegati tanto quanto parmigiano e rosmarino. I cuochi altoatesini mescolano sapientemente tutti i sapori che ben armonizzano creando così opere di alta arte culinaria. Stelle, Cucchiai e Cappelli brillano nel cielo gastronomico altoatesino più intensamente che in ogni altra parte d’Europa. Senza tante salse, decorazioni e ghirigori, gli chef in cucina si concentrano sull’essenziale: ingredienti freschi, spesso dal proprio orto, esperienza e talento nel mescolare cibi tirolesi, italiani e ladini. A tavola la questione dell’identità altoatesina “si mastica” con maggiore serenità.
Identità in cucina: un misto tra sapori italiani, ladini e tirolesi
Dati e fatti » Una cucina piena di stelle: di anno in anno, la Guida Michelin premia l’alta gastronomia altoatesina (23 stelle nel 2014). » Consigli sulla cucina altoatesina, ricette e vini consigliati su www.suedtirol.info/ricette
Letture consigliate » Carlo Ravanello, Cucina e vini dell’Alto Adige, Franco Muzzio Editore 2008 » Herbert Hintner, La mia cucina altoatesina. Delizie dal cuore delle Alpi, Edizioni Folio 2007 » Heinrich Gasteiger/Gerhard Bachmann/Helmut Wieser, Cucinare nelle Dolomiti, Edizioni Athesia 2012 46
Capoluogo Bolzano/Bozen
Questione di stile: al gotico Duomo di Bolzano/Bozen hanno lavorato maestri italiani e tedeschi
A Bolzano, il capoluogo di Provincia, l’incontro tra la cultura italiana e quella tedesca è più diretto. Lo si vede anche nell’architettura della città. Fino a cento anni fa, Bolzano finiva a Ponte Talvera. Era un antico centro commerciale, con portici tardo medievali, vicoli popolati da artigiani e facciate della case in stile nordico con qualche elemento mediterraneo. Al di là del fiume Talvera, solo frutteti e campi incolti. Dal 1922, la città fu ripianificata, i fascisti intendevano partire da Bolzano per affermarsi in tutto l’Alto Adige. Si cominciò a costruire in stile razionalista che doveva simboleggiare la nuova, moderna Italia. Famosi architetti di regime, tra cui Marcello Piacentini, progettarono a tavolino la “città nuova”, la Bolzano italiana, a destra del Talvera. Così, la città fu ampliata con un complesso architettonico interamente di stampo fascista, pressoché unico in Italia. Tutto qui è più italiano che nel centro storico: bar, negozi, stile di vita. Politicamente il nuovo assetto urbanistico fu un affronto, oggi, osservando la cosa con distacco, si può dire che abbia avuto l’effetto di preservare intatta la storia di una città e di un paese e di aver donato alla piccola Bolzano un pezzo di modernità urbana. La migliore vista sui due volti della città la offre il nuovo Museion, Museo d’arte moderna e contemporanea, sullo scenario mozzafiato delle vicine Dolomiti.
Dati e fatti » Bolzano [C4], il capoluogo, ha 100.000 abitanti, il 73 per cento di madrelingua italiana, il 26 per cento tedesca e lo 0,7 per cento ladina. Il 30 per cento degli stranieri residenti in Alto Adige vive a Bolzano. Informazioni su storia, siti turistici e manifestazioni su www.bolzano-bozen.it
Lettura consigliata » Gerald Steinacher/Aram Mattiolo (a cura di), Architettura e fascismo, nella collana: Storia e regione, anno XVII, 2008, n.1 Stile di vita | 47
Alto Adige/
S端dtirol 48
Alto Adige/Südtirol Una terra a cavallo tra due nazioni, tre culture e tre lingue: tedesco, italiano e ladino. Un luogo dove Nord e Sud si incontrano da secoli e le tradizioni sono un culto. Dove ci si sforza di proteggere il patrimonio naturale e già da tempo si punta sulle energie alternative, il biologico, l’ecocompatibilità.
Può bastare una parola per entrare in un mondo. Chissà quante volte, al supermercato, ci si è trovati davanti a uno yogurt della Mila, la più grande cooperativa lattiera dell’Alto Adige/ Südtirol. Ma quando si scopre che quel nome non è nato a caso, perché è formato dalle iniziali della parola “latte” in tedesco e in italiano, si piomba nel vivo della realtà altoatesina. Una terra a cavallo tra due nazioni, Austria e Italia. Un luogo dove si parlano due lingue, anzi tre: perché tra queste montagne vive anche una piccola, ma fiera, comunità ladina. Settemila e 400 chilometri quadrati che si estendono dalle Alpi al fondovalle dell’Adige, dove le diversità culturali sono nette, ma nella vita quotidiana si mischiano spesso. E sin dai tempi antichi. Nel Medioevo le merci tedesche e quel-
le italiane si fronteggiavano sotto i portici di Bolzano, ognuna dalla propria parte, perché questo territorio è stato sempre crocevia di scambi e passaggi tra Nord e Sud. Lo scrittore meranese Joseph Zoderer, che pubblica in tedesco e in italiano, dice che si sente nato “tra la neve e le palme. I piedi nell’Adriatico, dietro la schiena una catena di montagne”. E chiunque arrivi qui si accorge subito che anche nel maso della valle più sperduta troverà sia canederli che tagliatelle, burro di malga ma anche olio e pomodori. Una terra, l’Alto Adige/ Südtirol, dove vivono tre comunità diverse, ma indissolubilmente legate dalla Storia e soprattutto dal territorio. Che qui tutti amano visceralmente, e lo si può capire: già solo passeggiando per Bolzano, alla vista si impone dappertutto un’incredibile corona di montagne e i vigneti arrivano fino in città. Irene Meli, giornalista di GEO Italia
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Stile storicista al Kurhaus di Merano: l’opulenza della natura con palme e ghiacciai innevati
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Capitolo 3 Paesaggio
In grembo ai Titani La natura ha scatenato tutta la sua violenza nel creare questa regione. Contadini, viticoltori e giardinieri l’hanno trasformata in uno straordinario paesaggio agrario. Sospeso tra palme e nevi eterne dei ghiacciai, l’Alto Adige somiglia molto al paradiso.
Ci fu un tempo in cui questa terra era terribilmente bella. Terribile, poiché dal Brennero in giù le rocce si avvicinavano sempre di più alla strada, ad ogni piè sospinto si staccavano frane e i viaggiatori “incontravano quasi ogni quarto d’ora un Cristo sanguinante”, come descrisse nel 1788 Luise von Göchhausen nei racconti del suo viaggio verso sud. Bella, perché allo stesso tempo le rocce trasmettevano un senso grandioso. La paura per molto tempo era il sentimento dominante. Chi poteva abitare questi luoghi? Il principe dei Medici Cosimo III sopravvisse a stento ad una frana. Göthe, nel suo “Viaggio in Italia”, oltrepassò velocemente le montagne di notte. E via dritto, in direzione Italia! Solo a sud di Bolzano notò come “tutto ciò che qui cerca di crescere in alta montagna ha più forza e più vita, il sole splende forte e si riesce di nuovo a credere in un Dio”. La natura è sotto controllo, la terra torna a essere calpestabile. Quasi ovunque il panorama protende verso l’alto. Il paesaggio attraversa tutti gli stadi, dalla vegetazione sub mediterranea alla tundra artica. In pochissimo spazio si ritrovano insieme palme e ghiacciai. Rudezza alpina smorzata da dolci contorni. Le Alpi proteggono l’Alto Adige dai venti del nord e il clima è più mite, la luce più splendente, cosa facile, considerati i 300 giorni di sole l’anno, il tepore mediterraneo è ormai a portata di mano. Lungo l’Adige e l’Isarco i vigneti s’inerpicano sulle pendici delle montagne, interrotti da alberi di albicocche, mele, pere e qua e là mandorli, cipressi e fichi. In primavera si raccolgono gli asparagi, in autunno le castagne. Il paesaggio dell’Alto Adige è un mosaico ricco di contrasti. Ogni angolino di terra è stato strappato alla natura, in brevissime distanze cambiano geologia e clima, spesso da una tenuta
vinicola all’altra, da un maso all’altro. Fino a 1.000 metri di altitudine si coltivano vigneti e frutteti, in Val d’Isarco e in Val Venosta, troviamo i vigneti più nordici d’Italia, le viti crescono in mezzo ad un panorama alpino spettacolare e sono esposte a forti sbalzi di temperatura tra la notte e il giorno; per questo i loro vini bianchi sono tra i più premiati d’Italia. Oltre i 1.000 metri dominano i campi coltivati e l’allevamento di bestiame. In estate, persone e animali si spingono verso l’alto, fino quasi in cielo. E una lunga tradizione cittadina quella di cercare la frescura estiva nelle località di mezza montagna, e anche i contadini, d’estate, si spostano a lavorare più in su, fino agli alpeggi. L’erba in quota è migliore, la vita essenziale. Bello o terribile? Intorno al 1800, un nuovo ideale di bellezza si diffonde nelle società borghesi europee. Le montagne sono considerate meravigliose, l’area fresca è salutare per il corpo, la rigogliosa vegetazione un tonico per l’anima. Anche le strade del paese sono divenute più sicure. È arrivato il grande momento di Merano. La città, con il suo mite clima invernale, come descritto nel 1821 negli “Annuari delle fonti termali della Germania”, diventa un luogo dove “la moda impone di stare in buona salute”. Dalla città spariscono letamai e pollai, d’ora in poi devono odorare solo le passeggiate in fiore. L’occupazione primaria degli ospiti termali è quella di passeggiare e di mangiare uva che un tempo potevano addirittura raccogliere da sé nei vigneti. Molti si rilassano ammirando il paesaggio, solo pochi scalano le montagne. Improvvisamente arrivano nel paese molti turisti, non più solo di passaggio verso sud.
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Vino Nel vigneto
Lagrein, Schiava e Gewürztraminer, tre vitigni autoctoni dell’Alto Adige. Sono gli ambasciatori del vino altoatesino. Ognuno dà il suo meglio. Anche se non sono compatibili fra di loro. Il Lagrein ama la calda, rossa terra di porfido, il Gewürztraminer preferisce il terreno argilloso, la schiava vuole terreni di riporto e ghiaiosi. I viticoltori prendono la cosa molto sul serio da quando, negli anni ’80, hanno iniziato la loro offensiva sulla qualità. Da allora la viticoltura in Alto Adige è come un puzzle: il terreno e il clima variano sensibilmente un’infinità di volte tra i 200 e i 1.000 metri di altitudine, la costante è data dai 300 giorni di sole l’anno. Il risultato? 20 diversi tipi di vitigni e vini alpini di carattere dallo charme mediterraneo. Circa due terzi del vino altoatesino viene prodotto nelle cantine lungo la strada del vino dell’Alto Adige, l’itinerario panoramico che si snoda dolcemente da Bolzano, in direzione sud, attraverso l’Oltradige, verso la Bassa Atesina, costeggiando antichi paesi vinicoli e tenute modernissime. L’Alto Adige è la zona vitivinicola più antica di tutta l’area tedescofona. I Romani impararono qui a conservare il vino nelle botti di legno, più tardi conventi tedeschi insediarono nel sud del Tirolo le loro tenute vinicole. La vite in Alto Adige dà i suoi frutti anche là, dove nessuno se l’aspetterebbe: Bolzano, città capoluogo, è anche il terzo più importante comune vitivinicolo della provincia.
Ambiente ideale: da 20 diversi vitigni nascono vini alpini dallo charme mediterraneo
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Dati e fatti » Superficie coltivata a vite: 5.300 ettari; il 98 per cento dei vigneti è classificato D.O.C. 20 vitigni (60 per cento bianchi, 40 per cento rossi). Produzione: circa 340.000 ettolitri, pari allo 0,8 per cento della produzione vinicola italiana. Sette cantine producono spumante con il metodo classico della fermentazione in bottiglia: 250.000 bottiglie l’anno. 27 vini altoatesini hanno ottenuto i Tre Bicchieri della guida enologica “Gambero Rosso – I vini d’Italia 2014”. Maggiori informazioni sulla vitivinicoltura in Alto Adige su www.vinialtoadige.com » Tre cantine conventi, tre punti di forza: il convento Muri-Gries a Bolzano [C4], con il suo vino rosso, www.muri-gries.com, la cantina dell’Abbazia Novacella, presso Bressanone [D3], con i suoi vini bianchi, www.kloster-neustift.it, la distilleria Pircher, a Lana [B4], con i suoi distillati pregiati, www.pircher.it » La più importante manifestazione locale dedicata ai vini è la “Mostra Vini Bolzano”. www.mostravini.it Una piattaforma esclusiva ed internazionale è il Merano Wine Festival & Gourmet. www.meranowinefestival.com » Il Tresterbrand, la grappa altoatesina, deriva esclusivamente da uve locali. www.suedtirol.info/prodotti
Letture consigliate » Tobias Hierl/Christoph Tscholl, Un sorso di Alto Adige, Edizioni Folio 2014 » Vini & ristoranti dell'Alto Adige Südtirol 2014, nella collana “Le guide de L’Espresso” 2013 » Carlo Ravanello, Cucina e vini dell’Alto Adige, Franco Muzzio Editore 2008 Paesaggio | 53
“Il Rosso, leggermente terroso nel suo temperamento naturale, ha un carattere maschile, da aspro a rozzo, come le forti mani di un uomo. Un Lago di Caldaro rimane sempre un giovanotto imberbe, mentre il Lagrain nasce già uomo adulto, col petto villoso”. Klaus Platter, enologo ed ex direttore del Podere Provinciale Cantina Laimburg
Firmate dall’artista: le etichette delle bottiglie di vernaccia “Gschleier” della Cantina di Cornaiano sono disegnate da Paul Flora
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Zuppa di vino bianco di Terlano ½ l di brodo di carne 4 tuorli d’uovo 50 ml di panna da cucina ¼ l Pinot Bianco di Terlano 1 panino (rosetta) raffermo tagliato a cubetti 1 cucchiaio di burro Cannella, noce moscata, sale Rosolare i dadini di pane nel burro e cospargerli di cannella. Unire in una pentola il brodo e il vino bianco. Mescolare i tuorli e la panna e aggiungerli alla zuppa. Mettere la pentola sul fuoco lento e sbattere la zuppa, finché diventa cremosa. Salare, aggiungere un po’ di noce moscata e di cannella. Versare la zuppa nelle tazze. Cospargere con i dadini di pane e una presa di cannella e di noce moscata.
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Törggelen La quinta stagione
È autunno, l’uva è stata già raccolta, pigiata e, secondo la leggenda, i “Weinnörggelen”, gli gnomi del vino, sbucano dalle montagne e s’intrufolano nei masi per farsi servire il vino nuovo, quando non lo rubano. La sete di novello è grande e, mentre i nani arraffano vino, i contadini vanno a “törggelen”. Il nome di quest’usanza altoatesina deriva dal latino “torculum”, torchio, in altoatesino “Torggl”. L’usanza del “Törggelen” è probabilmente originaria della Valle Isarco. I viticoltori mandavano il loro bestiame sui pascoli dei contadini di montagna e in autunno ricambiavano con un “Bauernschmaus” (piatto tipico a base di carré di maiale, diverse salsicce, crauti) e del vino nuovo. Forse, invece, i contadini volevano semplicemente festeggiare insieme la fine del raccolto, oppure confrontare i loro vini. Quel che è chiaro, è che il “Törggelen” inizia con una passeggiata nella natura e finisce in compagnia, in una trattoria, con mosto dolce e castagne arrostite, qui chiamate “Keschtn”. Come portata principale una volta c’erano Speck e Kaminwurz, i saporiti salamini affumicati locali, oggi si serve quello che è disponibile in cucina: zuppa d’orzo, carne affumicata, salsiccia fatta in casa, crauti e canederli. E, nei momenti di punta, sicuramente la contadina avrà pronti anche dolci Krapfen.
Dati e fatti » Le castagne sono elemento essenziale del “Törggelen”, ne fanno parte a pieno diritto. I castagni sono sempre stati alberi protetti, fin dal Medioevo, e addirittura tramandati: spesso erano una sorta di pensione d’anzianità. Sul Sentiero didattico del castagno a Lana (fra Bolzano e Merano) e sul Sentiero del castagno in Valle Isarco s’impara l’importanza della castagna. Per saperne di più sul “Törggelen”: www.suedtirol.info/torggelen » Il “Buschenschank” è un'osteria contadina situata in una zona vitivinicola. Agli ospiti vengono servite pietanze contadine con vino di propria produzione. www.gallorosso.it 56
Arrostite sul fuoco: “Keschtn”, le saporite castagne altoatesine, si sposano con il mosto dolce nell’usanza del Törggelen
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80 ambienti botanici di tutto il mondo e un museo nel castello. I Giardini di Trauttmansdorff a Merano
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Giardini e cure Le passeggiate e la Tappeiner
Dati e fatti » Informazioni sulle passeggiate di Merano [C3] su www.merano.eu » I Giardini di Trauttmansdorff, intorno all’omonimo castello, sono stati nominati nel 2005 i più bei giardini d’Italia. Nel castello ha sede il Turiseum, il Museo Provinciale della Storia del Turismo. www.trauttmansdorff.it, www.turiseum.it » Le Terme Merano sono state progettate dall’architetto di fama internazionale Matteo Thun. Nella Spa si impiegano prodotti altoatesini naturali, come uva, fieno e siero di latte. Nuova anche una linea di cosmetici alla mela. Informazioni su www.hoteltermemerano.it » Il giardino labirinto nella tenuta Kränzel, a Cermes [B4], presso Merano, invita alla meditazione e all’introspezione. Cuore dell’impianto è il labirinto costeggiato da 10 tipi diversi di vitigni a spalliera. www.labyrinth.bz
Né troppo calda, né troppo fredda, l’aria di Merano era proprio quel che ci voleva per i pallidi volti dei malaticci di buona famiglia. Il primo a darne prova scientifica fu un medico personale, quindi sinceramente interessato al benessere della sua paziente. Dopo la principessa Schwarzenberg, anche l’imperatrice d’Austria Sissi venne a rigenerarsi a Merano e, da quel momento in poi, giunsero a Merano personaggi come Schnitzler, Kafka, Rilke e altri. Nel 1900 Merano si è affermata come la stazione climatica prediletta dalla nobiltà internazionale. Il lavatoio, dove una volta i meranesi usavano mettere a mollo i loro panni, deve lasciare il posto alle passeggiate climatiche. C’è una Passeggiata d’Inverno e una d’Estate. Sulle pendici di Monte Benedetto, proprio sopra la città, si snoda il sentiero Tappeiner, per i meranese semplicemente “la Tappeiner”, una delle passeggiate più lunghe d’Europa. Anche a Bolzano furono realizzate simili passeggiate. È lo stesso medico a ordinare ai pazienti di muoversi e di respirare a pieni polmoni l’aria salubre del luogo, così gli ubbidienti ospiti si dedicano a lunghe passeggiate ai piedi del ghiacciaio, tra magnolie invernali in fiore, palme, cactus, olivi, bevono siero di latte acido di Merano e mangiano uva curativa, fino a tre chili il giorno. Ancora oggi Merano è una combinazione di clima, paesaggio e architettura. Nei giardini botanici di Trauttmansdorff crescono piante provenienti da tutto il mondo. Il nostalgico sentiero di Sissi parte proprio da lì e porta a Merano, fino alle nuove terme. Un po’ di tranquillità, e il fascino della belle epoque è subito rievocato.
Letture consigliate » Joseph Rohrer, Camere libere – il libro del Touriseum, 2003 (reperibile direttamente presso il Touriseum – Museo Provinciale del Turismo) » Udo Bernhart/Ulrike Dubis, Trauttmansdorff. I giardini, 2006 Paesaggio | 59
Mela Il pomo d’oro
Nel cuore dell’Alto Adige si trova il frutteto del paese. 40 milioni di alberi di mele crescono a sud, lungo l’Adige, a ovest fino in Val Venosta, e in Valle Isarco, nei dintorni di Bressanone. I frutteti lungo l’Adige costituiscono la più grande area ininterrottamente coltivata ad alberi da frutto d’Europa. Le mele dell’Alto Adige sono sode e succose. 300 giorni di sole l’anno le conferiscono la giusta dolcezza e il colore, le notti rigide rendono la polpa compatta e soda e mantengono fresco l’aroma. Tra i 200 e i 1.000 m di altitudine si coltivano 16 diverse qualità di mele, le più note sono le Golden Delicius, le Gala, le Red Delicius e le Braeburn. Il clima fa la differenza, ma è anche la maggiore preoccupazione del contadino: quando, in primavera, la valle e le pendici delle montagne sono sommerse da un mare di fiori, e ciclisti ed escursionisti si godono il bianco panorama dall’alto delle montagne ancora innevate, il contadino è sempre all’erta. Se minaccia una gelata notturna, spruzza gli alberi d’acqua, in modo che intorno ai fiori si formi una calotta protettiva di ghiaccio che si scioglie piano il mattino seguente, ai primi raggi di sole, riscoprendo i boccioli ancora intatti. Per lo più i contadini ci azzeccano con il tempo: ogni anno, tra metà agosto e fine ottobre, vengono raccolte 900.000 tonnellate di mele, ciò significa che ogni dieci mele raccolte in Europa, una viene dall’Alto Adige. Circa la metà del raccolto viene esportato, cosa che avveniva già nel XVI secolo, quando i corrieri trasportavano le mele altoatesine, apprezzate per il loro particolare gusto alpino-mediterraneo, fino alle corti austriache e russe.
Dati e fatti » Informazioni sulla coltivazione e le diverse qualità di mele, nonché su escursioni tra i frutteti su www.suedtirol.info/mela » Tutto della mela altoatesina alla base della linea cosmetica delle Terme Merano [C3]. www.termemerano.it 60
16 qualità di mele, 40 milioni di alberi: in Europa, ogni dieci mele, una viene dall’Alto Adige
Canali irrigui Ingegno contadino
La Val Venosta è la Sicilia dell’Alto Adige, nel senso che anche qui cadono solo 500 millimetri di pioggia l’anno. È quindi comprensibile che un tempo l’acqua fosse venerata quasi quanto il buon Dio e che gli addetti ai canali, in tempi di siccità, godessero di maggiore considerazione rispetto al parroco. Già in epoca medievale i contadini tracciavano i canali irrigui, chiamati “Waale”, attraverso i quali deviavano l’acqua dei ruscelli di montagna fino a valle distribuendola nei campi. Per molti chilometri queste opere maestre di “ingegneria contadina” attraversavano le aride pendici del Monte Sole. In primavera, l’addetto ai canali faceva visita ai masi, si parlava del tempo e di quali canali fossero da sistemare. Era stabilito con precisione chi, dove, e quanta acqua poteva adoperare, le pecore potevano abbeverarsi al canale solo il tempo necessario al pastore per mangiare il suo “Paarl”, il tipico pane doppio di segale locale. Il sistema funzionava: il frumento del Monte Sole era molto apprezzato e un tempo veniva scambiato 1 a 1 con il vino di Caldaro. Oggi sono in funzione solo pochi canali. Le estese piantagioni di meli che hanno sostituito il grano sono dotate di sistemi di irrigazione ultramoderni. Oggi, solo gli escursionisti si dilettano a misurare il livello d’acqua nei vecchi canali irrigui.
Dati e fatti » Canali irrigui della Val Venosta [A/B 1-3] su www.venosta.net » Itinerario Scultoreo dell’Alto Adige: il progetto paesaggistico a Lana [B4] tra Bolzano e Merano è uno dei sentieri più belli dell’Alto Adige e conduce, tra l’altro, lungo il canale di Brandis. www.lana-art.it » Nel Museo Venostano di Sluderno [B2] c’è un intero reparto dedicato all’acqua. www.altavenosta-vacanze.it Paesaggio | 61
Oltre al confine del bosco: 95.000 mucche, pecore, capre “vanno in vacanza“ alle malghe
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Malga Ritiro temporaneo
Quando, all’inizio dell’estate, i contadini sono impegnati a raccogliere il fieno da stoccare per l’inverno, pecore, capre, vitelli e mucche se ne vanno in vacanza in malga. Oltre il limite del bosco l’erba è più sana, pastori, malgari e mungitori si ritirano per tre mesi ad una vita essenziale. Il pastore ha in custodia gli animali, tutti, se necessario, mungono, il malgaro lavora il latte e cucina: “Schmarrn” (omelette strapazzata dolce), canederli, “Melchermuas” (una specie di crêpe dolce del contadino), oppure Speck con formaggio fresco di malga e Schüttelbrot, la tipica schiacciata di pane croccante alla segale, deliziano anche i palati degli escursionisti che si fermano per una sosta. L’usanza di salire in malga è antico quanto la presenza dell’uomo sulle montagne. A seconda delle zone, le malghe appartengono a singoli contadini oppure a consorzi. Spettacolare la transumanza delle pecore in Val Senales. Da secoli, ogni anno, circa 3.000 pecore valicano il ghiacciaio della Vedretta del Giogo Alto, a quota 3.000 m, per raggiungere i pascoli estivi nell’austriaca Valle di Vent. La marcia attraverso campi innevati, rocce e canali di ghiaccio dura due giorni. Il rientro, in autunno, è ovunque un’occasione di festa: in testa procede una mucca ornata con una festosa corona seguita dalla mandria, solo i vitelli vengono trasportati fino a valle. Qui i contadini si dividono i pani di burro e le forme di formaggio, i pastori e i malgari ricevono il loro compenso, sul portone della stalla si appende la corona della mucca capomandria.
Dati e fatti » Le malghe dell’alto Adige sono situate oltre il limite del bosco. 95.000 animali, ogni anno, vanno all’alpeggio. Le malghe hanno anche l’importante funzione di proteggere il suolo dall’erosione e dall’inselvatichimento, mantenendo l’accessibilità del territorio. Tra l’inizio di settembre e l’inizio di ottobre uomini e animali abbandonano di nuovo le malghe. Escursioni alle malghe su www.suedtirol.info/trekking » In Alto Adige ci sono 80.000 mucche da latte. Dal loro latte si producono burro, formaggio e jogurt. Maggiori informazioni su www.suedtirol.info/latte » La Almencard dell’area vacanze Gitschberg-Jochtal [D/E 2-3] offre escursioni guidate gratuite a 30 malghe, l’uso di 3 cabinovie e la partecipazione a manifestazioni. www.malghe.it
Lettura consigliata » Renzo Caramaschi, Per malghe e rifugi in Alto Adige. Percorsi illustrati con immagini e cartine, Edizioni Raetia 2009 Paesaggio | 63
Cultura balneare Il bagno dei contadini
Per ogni piccolo malessere esiste la giusta erba officinale. I contadini lo sapevano già in tempi remoti. Se avevano un problema in qualche parte del corpo, applicavano impacchi di fieno; chi poteva permetterselo, dormiva su un materasso di fieno, non sulla paglia, come i servi. Solo circa cent’anni fa, in malga, si scoprirono i bagni di fieno: la sera, dopo aver tagliato i prati, i mietitori si sdraiavano sfiniti sul fieno meravigliandosi di come poi si risvegliavano riposati. L’estate passava, e con essa anche il benessere del fieno essiccato che, al contato del corpo caldo e umido di sudore, rilasciava l’aroma di cumarina, vitamine, tannini e oli essenziali, alleviando reumatismi e dolori muscolari, migliorando la circolazione e rafforzando il sistema immunitario. Oggi, i bagni di fieno si fanno tutto l’anno, aggiungendo artificialmente al fieno calore ed umidità. Già nel medio evo i contadini si prendevano volentieri del tempo per fare i bagni, a quei tempi nell’acqua, e persino i domestici avevano diritto a un periodo di ferie per fare i bagni. Famosa divenne la Val d’Ultimo per i suoi 9 bagni. Il futuro cancelliere dell’impero tedesco, Otto von Bismark, si innamorò perdutamente proprio in quei luoghi. Se non si arrivò al matrimonio, fu solo perché Bismark era protestante e il padre della ragazza profondamente cattolico…
Dati e fatti » Le erbe per i bagni di fieno provengono da prati non trattati. Tra le più conosciute ci sono alchemilla, genepì, achillea di montagna, pulsatilla, arnica, genziana, primula, saponaria, ranuncolacee. Masi e hotel che offrono bagni di fieno su www.suedtirol.info/benessere e www.badlkultur.it 64
Medicina dai prati: 100 anni fa si scoprirono le proprietĂ dei bagni di fieno
Paesaggio | 65
Conquistare le cime degli ottomila e l’apice della fama: Reinhold Messner
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Capitolo 4 Unicità
Cime solitarie Tutte le vie in Alto Adige portano in alto. Ciò si riflette inevitabilmente nella testa della sua gente. La vera arte, però, sta nel riuscire a mantenersi in alto. Ci sono altoatesini che in questo sono impareggiabili, altri che non temono confronti.
Cominciamo allora dagli eroi, o meglio, dagli “originali”. Un tempo, nelle città, veri e propri “tirolesi di corte” intrattenevano i cittadini con divertiementi e Jodel. Con “Sudtirolese” si intendeva comunemente una professione. Erano sicuramente degli “originali”, anche se poco famosi. Poveri di mezzi, ma ricchi d’inventiva, fecero delle loro origini una professione, circondandosi così di attenzione. Oggi, gli altoatesini originali non si vendono più a buon prezzo, ma devono ancora molto alle loro origini. Alla montagna, il loro ambiente vitale, alla storia del loro paese, al fiuto e alla testardaggine dei suoi abitanti. Reinhold Messner e Ötzi sono entrambi unici. Lo scalatore del secolo ha incontrato la mummia prima ancora della sua rimozione dal ghiacciaio di Similaum. Messner è uno dei maggiori critici dell’Alto Adige, ma anche un altoatesino convinto, a Ötzi invece mancavano solo 92,56 metri al confine e sarebbe stato austriaco. Ötzi e Messner sottolineano un tema cruciale: la montagna in Alto Adige è presente ovunque. Luis Trenker, lo scalatore altoatesino per eccellenza, ha reso vivi i colossi di roccia nel cinema degli anni Trenta. Ancora oggi le sue pellicole, nelle quali è protagonista la montagna, sono il riferimento per questo genere cinematografico. La montagna è natura e di conseguenza detta le regole. L’uomo si adatta. Così, in origine, selezionava e allevava gli avelignesi come cavalli da montagna e militari. Rifugi aggrappati sui picchi più alti e ardite funivie dimostrano che la montagna non è inaccessibile. Nello stesso tempo la natura dell’Alto Adige è una grandiosa riserva di energia: sole, boschi e acqua alimentano il territorio in maniera più che sostenibile. Tanto che il 40 per cento del fabbisogno
energetico locale proviene da fonti rinnovabili. E non mancano certo forme ibride: il 90 per cento delle piste di sci sono a innevamento programmato. L’Alto Adige è leader nello sviluppo di cannoni per l’innevamento artificiale, ma anche abile nel dimostrare che la l’acqua con la quale produce la neve artificiale è pulita: in Val Pusteria, lo Chef Martin Mairhofer offre sorbetti di neve di cannoni. Dall’alto, lo sguardo spazia sulla valle. Nel medio evo, era davvero potente chi aveva potere in Tirolo, tanti signori scrutavano il territorio dall’alto delle loro rocche e decidevano chi poteva attraversare il paese e chi no. Così tanti, che l’Alto Adige vanta la più alta densità di castelli d’Europa. Quando il commercio e la politica aprirono nuove strade, i tirolesi rimasero tra di loro, privati della loro princiaple fonte di guadagno e con la testardaggine di non mollare mai le posizioni raggiunte. Così, alcuni affreschi in Val Venosta si conservarono, proprio perché non c’erano più soldi per intonacare le chiese. Alcuni record sono invece appannaggio della natura: come le Dolomiti, i larici di 2.000 anni di età della Val d’Ultimo, la steppa sulle pendici del Monte Sole in Val Venosta, la vigna piantata 350 anni fa, a Prissiano, in Val d’Adige, che produce vino ancora oggi. Il massimo della fama, però, l’hanno conquistata letteralmente con le proprie gambe personaggi come Ötzi e Messner. E poi, l’architetto e designer Matteo Thun che adatta perfettamente i suoi progetti al paesaggio. I Kastelruther Spatzen che, con 15 milioni di dischi venduti, sono il gruppo musicale popolare di maggior successo in tutta l’area tedescofona. E Giorgio Moroder, gardenese, nipote di Trenker e vincitore di premio Oscar, che ha rivoluzionato la musica da discoteca. Vive a Los Angeles, ma rimane, naturalmente, un “altoatesino originale”.
Unicità | 67
Ötzi L’uomo venuto dal ghiaccio
“Vive” in condizioni estreme, sotto un vetro spesso otto centimetri, ad una temperatura di meno sei gradi Celsius e con il 98 per cento di umidità. Così, il luogo dove è conservata oggi la mummia, presso il Museo Archeologico di Bolzano, è climaticamente identico alla conca nel ghiacciaio di Senales dove, nel 1991, una coppia di turisti tedeschi incappò in Ötzi. Solo in laboratorio si capì la sensazionale portata di quel ritrovamento: l’uomo venuto dal ghiaccio visse 5.300 anni fa. È la mummia umida più antica del mondo, per intendersi era sepolta nel ghiaccio già da 600 anni, quando Cheope fece erigere in Egitto la sua piramide. Oggi, sappiamo che l’uomo era in fuga, sulla montagna che ben conosceva, e che fu assassinato. Per gli scienziati Ötzi è sempre un caso aperto. Dall’uomo di Similaum si aspettano nuovi impulsi all’antropologia, alla genetica, alla medicina. Così, le ricerche sul DNA di Ötzi potranno darci nuove rivelazioni su malattie genetiche come il morbo di Parkinson o sulla sterilità. In medicina sono già in uso bisturi in titanio e strumenti di precisione sviluppati apposta per Ötzi. Completamente diverso l’approccio del museo attivo “ArcheoParc”, in Val Senales, presso Merano: qui si possono sperimentare le condizioni di vita di Ötzi, perfettamente ricostruite per il visitore.
Dati e fatti » La mummia ed i suoi reperti originali – ascia, copricapo in pelle d’orso, vestiti, arco e frecce – così come una ricostruzione in grandezza originale sono esposti nel Museo Archeologico di Bolzano [C4]. www.iceman.it » Informazioni sul Museo Attivo “ArcheoPark” in Val Senales [B2] su www.archeoparc.it » L’Istituto Eurac per le Mummie e l’Iceman di Bolzano coordina e documenta tutti i progetti scientifici in accordo con il Museo Archeologico. Una documentazione fotografica completa mostra Ötzi da dodici prospettive, con zoom e funzione 3D. Tutto su www.eurac.edu
Letture consigliate » Angelika Fleckinger (a cura di): Ötzi 2.0. Una mummia tra scienza e mito, Folio Editore 2011 » Luisa Righi/Stefan Wallisch, Ötzi, i Reti e i Romani. Gite archeologiche in Alto Adige, Folio Editore 2009 » Gudrun Sulzenbacher, La mummia dei ghiacci. Con Ötzi alla scoperta del Neolitico (per ragazzi), Folio Editore 2012 68
Sensazione Ötzi: la più antica mummia umida del mondo conservata, studiata e ammirata a Bolzano
Avelignesi Amate bionde criniere
In Alto Adige l’avelignese (in tedesco “Haflinger”) è la razza di cavalli per eccellenza: di bell’aspetto, robusto, docile, un cavallo dai nervi saldi per il tempo libero e per le famiglie. Il primo avelignese si chiamava 249 Folie e venne al mondo in Val Venosta nel 1874 da un incrocio fra uno stallone di razza araba e una cavalla di campagna galiziana. A quel tempo, il ministero per l’agricoltura e quello militare austriaci stavano creando ovunque allevamenti di cavalli, per soddisfare l’esigenza di forti cavalli da traino e da guerra per il territorio alpino. L’allevatore venostano Josef Folie centrò l’obiettivo: l’avelignese fu descritto come una “montagna di muscoli con nobiltà araba” e rispondeva perfettamente alle attese dei governanti austriaci. I nuovi piccoli cavalli furono acquistati però soprattutto da contadini e commercianti dell’Altopiano del Salto e di Avelengo, presso Merano, da cui il loro nome. Con gli avelignesi i contadini portavano in montagna gli ospiti in cura a Merano. Più tardi, allevatori della Val Sarentino diffusero le bionde criniere in tutto il paese. Un debole per le bionde ce l’ha senz’altro anche Norbert Rier, leader dei Kastelruther Spatzen, nonché il più famoso allevatore di avelignesi dell’Alto Adige.
Dati e fatti » Informazioni su maneggi e scuole di equitazione in Alto Adige su www.suedtirol.info/cavallo » Informazioni su storia e allevamento degli avelignesi direttamente dall’associazione allevatori di avelignesi dell’Alto Adige su www.haflinger.eu » Ha una lunga tradizione contadina la corsa al galoppo di cavalli avelignesi presso l’ippodromo di Merano [C3]. L’impianto meranese è tra i più belli d’Europa ed è specializzato in corse agli ostacoli. www.meranomaia.it Unicità | 69
Illuminazione: trattoria e chiesetta sul Monte Santa Croce in Val Badia
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UnicitĂ | 71
Castelli La contesa dei cavalieri
Nel Medioevo il Tirolo, da sempre importante snodo tra nord e sud d’Europa, era al centro di un’accesa disputa. Imperatori e papi si contendevano alleati, i nobili locali si pugnalavano l’un l’altro. Si costruirono castelli su castelli, manieri su manieri. Molti appollaiati sulle rocce sporgenti, altri amorevolmente incorniciati da vigneti, alcuni custodiscono oggi musei, o sono stati trasformati in hotel e ristoranti. In Alto Adige si contano ben 450 castelli, manieri e residenze, una concentrazione unica in Europa. La prima e più grande rocca di cui si ha notizia è Castel Firmiano, costruito nel 945 a sud di Bolzano; il potere politico si concentrò invece a Castel Tirolo, nei pressi di Merano, il maniero avito dei Conti di Tirolo. Lo ribadirono gli “Stati del Tirolo” nel XV secolo: la storia ormai si faceva altrove, ma loro onoravano solo chi possedeva Castel Tirolo. Oggi, nel castello, è collocato il Museo storico – culturale della Provincia di Bolzano. Un gioiellino è Castel Coira, a Sluderno, in Val Venosta. Ricostruito nel XVI secolo in stile rinascimentale, conserva un’imponente raccolta privata di armature. Veri quadretti idilliaci illustrano la vita quotidiana delle corti cavalleresche negli affreschi di Castel Roncolo, a Bolzano, e di Castel Rodengo, nei pressi di Bressanone.
Dati e fatti » Dei 450 castelli e fortezze dell’Alto Adige, 50 sono visitabili. 80 castelli sono abitati. Il comune più ricco di castelli è Appiano [B4], con 13.000 abitanti e 180 tra castelli e residenze. » Indirizzi di castelli e fortezze, così come di hotel e ristoranti nei castelli su www.suedtirol.info/castelli
Letture consigliate » Julia Hörmann, Castel Tirolo, Edizioni Tappeiner 2004 » Stefan Stabler/Alexander v. Hohenbühel, Castelli e residenze signorili. Valle d'Isarco/Val Pusteria, Edizioni Athesia 2008 » Flavio Conti, Alto Adige – Il paesaggio fortificato. Castelli e residenze, Giunti Editore 2004 » Fiorenzo Degasperi, Castelli del Trentino-Alto Adige tra storia e leggenda, Edizioni Curcu&Genovese 2011 72
Atmosfere medievali intorno a Merano: Castel Monteleone/Lebenberg, sopra Cermes, fu costruito nel XIII secolo
UnicitĂ | 73
Affreschi romani Il cielo in terra
Siamo nel 1200: pullula di pellegrini, tutto è ricerca di Dio, nelle chiese e nei conventi si dipingono paradiso e inferno con colori accesi. La roccaforte altoatesina dell’affresco romano è la Val Venosta, qui le pitture sono splendidamente conservate, la concentrazione di esempi di alta arte raffigurativa romana è unica in Europa. Il convento benedettino Marienberg, presso Malles, ne è un esempio ineguagliabile. Agli affreschi della cripta si ispirano anche i pittori del convento di San Giovanni di Müstair (Svizzera) e della cappella romanica di Appiano, presso Bolzano. Le pitture di Marienberg ritornano anche nella chiesetta di San Giacomo a Kastelaz, nella Bassa Atesina. All’epoca, nessuno si sognava di parlare di libertà dell’espressione artistica. I contenuti venivano imposti dalla chiesa, erano i commissionanti a decidere l’oggetto, il pittore si limitava ad eseguire. Nella cappella di Castel d’Appiano si riconosce il gusto per la moda del fondatore: Ulrich III di Appiano era un crociato appassionato e portò a casa da Bisanzio, all’epoca il riferimento per tutta la pittura occidentale, i modelli più in voga. Gli stessi influssi sono evidenti anche nella cappella di S. Giacomo, presso Glorenza, in Val Venosta, e nei misteriosi affreschi di San Procolo a Naturno, poco distante da Merano. Unicità a Naturno: l’enigma degli affreschi di San Procolo rimane irrisolto
Dati e fatti » Il progetto sovra regionale “Scalinate verso il cielo” ha sviluppato un itinerario attraverso i più importanti siti culturali romanici dell’Alto Adige, dei Grigioni e del Trentino. www.stairwaystoheaven.info » Dal pennello alla pietra: l’ensamble del Duomo di Bressanone [D3], con il chiostro e le diverse cappelle, è la più grande struttura religiosa medievale dell’Alto Adige. www.brixen.org Conservata quasi interamente nella sua struttura originale l’abbazia romanica di San Candido [H3]. www.sancandido.info I portali del palazzo e della cappella di Castel Tirolo [C3], nei pressi di Merano, appartengono alle più straordinarie sculture romane dell’area alpina. www.casteltirolo.it
Letture consigliate » Helmut Stampfer/Thomas Steppan, Affreschi romanici in Tirolo e Trentino, Jaca Book 2008 » Leo Andergassen, Sudtirolo – arte e luoghi. Guida alle opere d’arte, Edizioni Athesia 2003 74
Funicolari In cima volando
La Svizzera sembrava ineguagliabile. Aveva conquistato tutte le sue montagne con ogni possibile funicolare. E poi, accadde. Il 29 giugno 1908, a Bolzano, s’inaugurò la funivia del Colle, la prima funivia per il trasporti di persone del mondo, un mese prima dell’ascensore dello svizzero Wetterhorn. Il pionierismo fu frutto della necessità. Il finanziere Josef Staffler, costruito un hotel sul Colle, sopra Bolzano, attendeva ospiti. Non potendo costruire una strada sulla montagna e non potendosi permettere nemmeno una funicolare su rotaia, individuò come unica soluzione possibile la fune. Il guru delle funivie in Alto Adige rimane comunque Luis Zuegg. L’industriale progettò la funivia a passo San Vigilio, presso Lana, e durante la prima Guerra mondiale costruì funivie per l’approvvigionamento dei soldati, tra cui quella di passo dello Stelvio. Quando il materiale cominciò a scarseggiare, pensò di assottigliare la fune portante e fece patentare il nuovo sistema, “Bleichert-Zuegg-System”, in uso ancora oggi. Fino al 1940 Zuegg e la ditta Bleichert costruirono 35 funivie in Europa, Usa e Sudafrica. Oggi, in Alto Adige, sono in funzione 377 impianti di risalita. La ditta altoatesina Leitner partecipa in tutto il mondo allo sviluppo di nuovi sistemi di funivie.
Dati e fatti
Record mondiale: nel 1908 s’inaugura la prima cabinovia aerea che congiunge Bolzano con il Colle
» Anche oggi una funivia collega Bolzano con il Colle [C5], amata meta per chi d’estate cerca un po’ di fresco. Un cabina della prima generazione è esposta nelle vicinanze della stazione a valle. Tutte le funivie che da Bolzano portano a mezza montagna su www.bolzano-bozen.it » Sui pionieri delle funivie dell’Alto Adige dà informazioni il Curatorio per i Beni tecnici culturali dell’Alto Adige. www.tecneum.eu » La funicolare della Mendola [B5] è l’unica funicolare storica su rotaia funzionante in Alto Adige. Costruita nel 1903, è una delle ferrovie più ripide d’Europa. Informazioni su www.eppan.travel/it/cultura-e-territorio/attrazioni Unicità | 75
Matteo Thun Il perfezionista della forma
Lusso è raffinata semplicità. Matteo Thun, nato e cresciuto a Bolzano, architetto e designer, ha già sperimentato tutte le forme possibili. Fondò con Ettore Sottsass il movimento di design Memphis che negli anni Ottanta estremizzò il gioco di forme, è stato Creative Director alla Swatch, nel 2004 fu ammesso nella Hall of Fame di New York, è uno dei più importanti designer e architetti del mondo. Oggi Matteo Thun si rinnega: predica la distruzione di tutto ciò che è inutile. Dal punto di vista dell’architettura ciò significa costruire secondo la natura. I progetti di Thun nell’arco alpino incarnano questo principio. Thun cattura l’anima di un luogo, si chiede che dimensioni una casa possa avere in proporzione all’ambiente circostante, per le risposte si orienta agli alberi e alle pareti rocciose. In Alto Adige ci sono tre alberghi che portano la sua firma: il Vigilius Mountain Resort presso Lana, in Val d’Adige, ha la forma di un albero disteso; il Pergola Residence, presso Merano, si inserisce simbioticamente in un vigneto. Nel caso delle Terme Merano, Thun ha impiegato legno e pietra lavorati, come se l’acqua ne avesse trattato a lungo le superfici. Il lusso di Thun è l’arte della rinuncia. L’unica cosa che considera irrinunciabile è il benessere.
Dati e fatti » Tutto sulla vita e opera di Matteo Thun su www.matteothun.com » Vigilius Mountain Resort [B3] su www.vigilius.it » Pergola Residence [B3] su www.pergola-residence.it » Matteo Thun ha disegnato gli interni delle Terme Merano e dell’annesso Hotel Terme Merano [C3]. www.hoteltermemerano.it » Il famoso “Gucker” (ovvero “binocolo”) di Matteo Thun, una spettacolare piattaforma panoramica nei Giardini di Trauttmansdorff, poco sopra Merano. www.trauttmansdorff.it 76
Il Pergola Residence di Thun, a Lagundo: il lusso è l’arte della rinuncia
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La nuova sede della fabbrica di articoli per l’alpinismo Salewa (Cino Zucchi Architetti, Milano) è stata premiata con il CasaClima Award 2012
Dati e fatti » Per informazioni generali: www.suedtirol.info/sostenibilita » Sistema di certificazione “CasaClima” per edifici ad efficienza energetica, www.agenziacasaclima.it » Centrale di teleriscaldamento di Dobbiaco, www.fti.bz » Per prenotare una visita “enertour”: www.enertour.it
Lettura consigliata » KlimaLand Südtirol/Alto Adige, Provincia autonoma di Bolzano, edizioni Kunstverlag Josef Bühn, Monaco di Baviera 2012 78
Ecologico per natura Efficienza energetica & energie rinnovabili
Se anche in futuro l’Alto Adige potrà contare sull’energia elettrica, dovrà ringraziare i suoi generatori naturali: sole, alberi e acqua sono infatti le principali fonti energetiche su cui può contare la provincia altoatesina. 300 giornate di sole l’anno rappresentano un invidiabile potenziale termico per una regione alpina, il 42 per cento della superficie altoatesina è boschiva e fornisce preziosa materia prima per l’industria del legno e per le centrali di teleriscaldamento a biomassa. Per non parlare poi di tutta l’acqua che scorre dalle montagne altoatesine: ben 963 centrali idroelettriche producono quasi il doppio del fabbisogno energetico provinciale, con il surplus di corrente che viene quindi esportato. Oggigiorno il 40 per cento del fabbisogno energetico altoatesino proviene da fonti rinnovabili, una percentuale di tutto rispetto se rapportata alle altre regioni alpine. Ma gli obiettivi della Provincia autonoma di Bolzano in fatto di clima sono ben più ambiziosi: entro il 2020 infatti l’energia necessaria per corrente, calore e mobilità dovrà scaturire per il 75 per cento da fonti rinnovabili, quota destinata ad arrivare al 90 per cento nel 2050. E la strategia climatica altoatesina prevede anche il risparmio di energia tramite nuove costruzioni ad efficienza energetica, la ristrutturazione di vecchi edifici ed un approccio più responsabile con le risorse. Un tris ecologico vincente: tre progetti che hanno fatto e fanno scuola. Il sistema di certificazione “CasaClima”, sviluppato in Alto Adige e ormai diffuso in tutta Italia, è sinonimo di costruzioni, sia nuove che ristrutturate, ad elevato tasso di efficienza energetica e comfort. Da dieci anni viene anche assegnato il CasaClima Award; nel 2012 il premio è stato assegnato, tra gli altri, anche alla ditta bolzanina Salewa ed al maso gardenese “Uridl-Hof”. Dal singolo edificio all’intera comunità: in Val Pusteria il paese di Dobbiaco con le sue 3.300 anime consuma energia prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili, nello specifico una centrale idroelettrica, una di teleriscaldamento e diversi impianti fotovoltaici e solari termici. Un percorso guidato nella centrale di teleriscaldamento comunale consente di capire come si produce corrente elettrica partendo dalla biomassa. Infine il progetto “enertour” consente di conoscere da vicino gli esempi più eclatanti di efficienza energetica, tramite visite guidate in edifici residenziali all’avanguardia e luoghi dove si produce energia. Unicità | 79
Maso contadino in Valle Aurina: il 65 per cento dei masi altoatesini si trovano ad oltre 1.500 metri di altitudine
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Capitolo 5 Tradizione
L’arte di conservare Da sempre accade che in valle le novità sbiadiscono velocemente, mentre in montagna la vita si ostina a conservarsi sempre uguale. Il sapere sulla natura e le tradizioni quotidiane sono salvati in memoria e li si possono richiamare in ogni momento.
“Heimat”, ovvero “Patria”, in Alto Adige è una parola dal significato forte, la si utilizza volentieri. In dialetto locale si dice “Hoamat”. Un tetto sulla testa e un po’ di terreno sotto i piedi, la patria degli altoatesini è piccola, non sempre integra, è un piccolo fazzoletto di terra, ereditato dalle generazioni precedenti, che si indica come proprio. “S’Hoamatl”, casa e maso, è la patria dei contadini, il senso profondo di appartenenza a quello e a nessun altro posto. Sono in pochi a lasciare il maso. La percentuale di chi abbandona fattoria e campagna è qui più bassa che in ogni altra regione europea. I contadini non hanno nulla di superfluo. Il 65 per cento dei masi sono situati oltre i 1.500 metri, dove il terreno è così ripido che, si racconta, le galline portano i ramponi, i bambini sono ancorati con delle funi per non precipitare e, dopo ogni pioggia, è necessario trasportare di nuovo a monte il terreno smottato. Molti contadini vivono soli: strade, elettricità e tv satellitare sono arrivati fino a loro, ma sono poche le donne, oggi, che vogliono fare le contadine, la maggioranza preferisce rimanere in valle. Per molti il maso rappresenta un secondo lavoro. I mestieri in stalla sono compito della contadina, se ce n’è una, oppure bisogna sbrigarli il mattino, prima di andare al lavoro in fabbrica o agli impianti di risalita, oppure la sera, una volta tornati a casa. Le ferie servono per raccogliere il fieno. Dalla città arrivano aiutanti volontari che scelgono di lavorare qualche settimana al maso, come esperienza alternativa di vita, ma non bastano a compensare la mancanza cronica di famiglie numerose. Molti sentono il peso della vita nel maso di montagna. L’orologio in quota segna le ore come dalle altre parti, ma il tempo scorre in maniera completamente diversa: il sentiero battuto che porta al fienile, i commenti del padre, sempre nell’orecchio ad ogni movimento, la foto del matrimonio dei nonni nella
Stube. Rimanere lassù, lo si fa soprattutto per rispetto e per dovere verso coloro che nello stesso posto si sono sempre ammazzati di lavoro. Sotto, in valle, la vita scorre e sembra andare avanti, in montagna, invece, sembra girare in tondo. Le processioni di preghiera e le giornate “critiche” del calendario contadino tornano sempre, c’è un giorno per salire in malga e un giorno per scendere e, naturalmente, si partecipa a tutte le feste religiose, per interrompere la solitudine del maso. Nessuno volle mai cancellare questi appuntamenti fissi. Ci provò il dittatore fascista Mussolini. Dal 1922 proibì tutto ciò che era, o che sembrava, tirolese, nel 1939, insieme al dittatore nazista Hitler, spinse la popolazione sudtirolese ad abbandonare la propria terra e a trasferirsi nei territori del Reich tedesco. Forse, fu proprio allora che i sudtirolesi capirono il valore che avevano per loro la tradizione, il dialetto, la fede, la loro “Hoamatl”. Anche dopo il 1945 la situazione rimase incerta. Così è come se il tempo in Alto Adige si sia arrestato per un certo periodo di tempo. Fin dentro casa, nel maso, lo Stato non arrivava, ed è proprio la memoria di quei tempi duri che ha permesso di salvare fino ad oggi molte abitudini e tradizioni. Le feste si festeggiano oggi come una volta, nelle associazioni femminili si ricama ancora al tombolo, nelle bande si suonano le marce e nei centri di montagna sopravvivono ancora i piccoli negozietti di paese. Gli altoatesini hanno sempre conservato, per necessità, per rispetto, anche per differenziarsi dagli altri. Conservare in Alto Adige è anche regolamentato giuridicamente: dal 1850 i palazzi storici sono tutelati. I masi, secondo l’antica legge del maso chiuso, non possono essere divisi, ma possono essere ereditati di generazione in generazione solo nella loro interezza e, fino a poco tempo fa, unicamente da un figlio maschio. Solo dal 2001 possono ereditare anche le donne. In un modo o nell’altro, la “S’Hoamatl”, la piccola patria, va conservata.
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Contadine Il messaggio delle coltivatrici
Prima di tutto viene il maso, poi il contadino. Una volta la contadina era la moglie del contadino. Il suo regno erano la cucina e l’orto, oggi è lei stessa imprenditrice e collabora alla sopravvivenza del maso. Due terzi dei masi agricoli sono gestiti come seconda attività, qualche soldo in più arriva dalla gestione parallela di un agriturismo o di una trattoria contadina. Solo pochi masi sono autosufficienti. Nonostante ciò, le contadine non lamentano mancanze. Non hanno bisogno di leggere l’etichetta, per sapere di quale lana siano fatte le pantofole in feltro, non acquistano prezzemolo avvolto nel cellophane e molte fanno di nuovo il pane in casa, seguendo antiche ricette. Qualche tempo fa, le coltivatrici dell’Alto Adige hanno dato una sferzata all’orgoglio e hanno deciso di mettere in evidenza ed offrire le loro competenze attraverso un portale di servizi. “Imparare, crescere, vivere con le contadine” è il motto, con il quale le donne dei masi propongono la cultura contadina. Le coltivatrici trasmettono durante visite alle fattorie un sapere prezioso, accumulato nei secoli, offrono degustazioni di prodotti fatti in casa, corsi di cucina e di artigianato. Il maso come luogo di formazione è un progetto ricco e di lunga prospettiva che, contemporaneamente, ci riporta agli albori della vita.
Dati e fatti » Il portale di servizi “Imparare, crescere, vivere con le contadine” su www.lernen-wachsen-leben.sbb.it » In Alto Adige esistono 20.200 masi, l’80 per cento a conduzione familiare; un maso su due dispone di meno di 5 ettari di terreno. Ci sono 12.500 masi chiusi, ovvero di masi non frazionabili tra eredi, ma che possono essere ereditati solo nella loro interezza e devono poter sfamare una famiglia di almeno quattro persone. » Supporto ai contadini dall’associazione Volontari di Montagna su www.masidimontagna.it » 1.600 masi sono anche agriturismi dove è possibile trascorrere una vacanza osservando da vicino la vita contadina. www.gallorosso.it
Lettura consigliata » Aldo Gorfer/Flavio Faganello, Gli eredi della solitudine. Viaggio nei masi di montagna del Tirolo del sud, Cierre Edizioni 2003 82
Mantiene vivo un sapere centenario: la contadina come imprenditrice
Usanze L’ora degli spiriti
Nella vita di montagna ogni cosa ha il suo tempo. Quando i contadini parlano del tempo, non significa che non hanno altri argomenti, e se girano con le maschere per il paese, non è perché gli ha dato di volta il cervello. Oltre alle festività della chiesa, nel calendario contadino sopravvivono culti di un passato oscuro. Si sono conservate tradizioni legate soprattutto ai periodi di Natale e Carnevale. Così, ancora oggi, il giorno dell’Epifania si gira per la casa e per il maso tenendo in mano una pentola piena di braci e di incenso, per scacciare gli spiriti maligni e per chiedere la benedizione. In Val Sarentino, fin dal XVI secolo, durante l’Avvento i “Klöckler” (da “klöckeln” che in dialetto locale significa “bussare”) bussano di casa in casa, mascherati e facendo un gran baccano per fare gli auguri ai compaesani. La sera di San Niccolò, a Stelvio, in Val Venosta, inizia la “Klosn”: al seguito di “Santa Klos”, San Niccolò, giovani mascherati, armati di catene e campanelle, danno sfogo al loro istinto maligno. Scacciare i demoni, propiziare la fertilità sono cose da uomini. Così accade dal 1591, ogni due anni, anche a Termeno, in Bassa Atesina: l’elegante “Egetmann Hansl” sfila a capo di un corteo nuziale carnevalesco, accompagnato da un uomo vestito da sposa e da altri 700 uomini del luogo invitati alla famosa rappresentazione. Antichissima anche l’usanza venostana del lancio dei dischi ardenti la prima domenica di Quaresima: si fissano i dischi di legno infuocati sulla cima di una verga di nocciolo e, quando calano le tenebre, li si lancia giù da un’altura, il più lontano possibile. I più abili non solo possono vincere grano o danaro, ma anche sperare di trovare moglie. Crescere, prosperare, i rituali servono, affinché la ruota continui a girare.
Dati e fatti » Il Museo provinciale etnografico di Teodone [F2], presso Brunico, attraverso la ricostruzione storica di case contadine e botteghe artigianali, racconta come si svolgeva la vita quotidiana dei secoli passati. La Residenza Mair am Hof è dedicata alla devozione e all’arte popolare. www.museo-etnografico.it » Informazioni su usi e costumi dell’Alto Adige su www.suedtirol.info/tradizioni Tradizione | 83
Tradizioni Nastro rosso, nastro verde
In Alto Adige il tempo lo batte la musica dei fiati. 211 bande musicali partecipano a feste religiose e popolari. 10.000 uomini e donne fanno parte di una banda musicale, ogni secondo musicista ha meno di 30 anni, nel piccolo comune di Appiano, in Bassa Atesina, 13.000 anime in tutto, sono attive ben quattro bande. La banda musicale di Monguelfo, in Val Pusteria, ha addirittura rotto una roccaforte maschile, infatti più della metà dei membri è costituita da donne. Si suona in uniforme. La varietà di costumi folkloristici dell’Alto Adige è famosa in tutto l’arco alpino, ogni località è riconoscibile dai suoi costumi tradizionali, per lo più realizzati a mano. Conservare i costumi locali è uno dei compiti tradizionalmente affidati ai gruppi di danza folkloristica, agli “Schützen”, i tradizionali tiratori scelti sudtirolesi, e alle bande musicali. Un tempo, appena uno arrivava si capiva subito se era un giorno feriale o un festivo, se era un momento di gioia o di dolore, se l’uomo era sposato o celibe. Ancora oggi, in Val Sarentino, un nastro rosso sul cappello significa che l’uomo è ancora da sposare, il nastro verde indica invece che la moglie non è molto lontana… ma chi può dirlo, oggi, con esattezza? Più chiaro è il linguaggio della musica: il repertorio delle bande va dalle classiche marce, ai valzer, alle composizioni contemporanee. Ci si incontra tutte le settimane per le prove. In primavera, in paese si tiene il primo concerto della stagione, dopodiché, praticamente ogni domenica, c’è un concerto di piazza, sempre con entrata libera.
Dati e fatti » L’associazione delle bande musicali altoatesine comprende le 211 bande musicale del paese. Informazioni sulle singole bande e concerti su www.vsm.bz.it (sito solo in tedesco)
Lettura consigliata » Uta Radakovich, Costumi tradizionali in Alto Adige/Südtirol, Reverdito Edizioni 2009 84
Fiati in costume: 10.000 uomini e donne suonano nelle bande altoatesine
Tradizione | 85
Tavolo di gioco: per una partita di Watten ci vogliono 4 altoatesini con 5 carte a testa
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Non solo la giusta carta: allegria e coraggio
Tradizione | 87
Gerani Erker ardenti
Tutti gli anni le case dei contadini e le pensioni si accendono di rossi gerani che, in Alto Adige, fanno parte della casa, come la piccola acquasantiera nella stube. Poeticamente gli altoatesini chiamano i gerani “Brennende Liab”, amore ardente. I fiori rosso carminio pendono sulle travature in abete rosso. Così fu anche nel giugno 1939, quando Hitler e Mussolini decisero l’esodo dei sudtirolesi verso la Germania. Chi voleva restare, doveva diventare anima e corpo italiano. Gli altoatesini furono messi di fronte a una scelta: andarsene, quindi optare, oppure rimanere e rinnegare la propria identità culturale? Tutte le famiglie si trovarono a dover discutere il tema, e quando fu presa una decisione, molte si ritrovarono spaccate in due. Intanto fiorivano i gerani. Come simbolo della patria, furono strumentalizzati nella propaganda di entrambe le parti. Nella lirica di Hans Egater, quelli che restarono giuravano con l’amore ardente la propria fedeltà alla patria. La propaganda nazista, invece, strappò anche l’ultimo geranio dagli Erker, i tipici sporti altoatesini: “la fedeltà alla Germania era più forte” recitava una poesia, e difatti l’85 per cento degli altoatesini optò per la Germania. 75.000 persone, un terzo della popolazione, lasciarono l’Alto Adige. Più di 20.000 vi tornarono dopo il 1945. Solo lentamente il tempo ha ricucito questo strappo nella società altoatesina. Una cosa, però, è sopravvissuta indenne a tutte le vicende. Come sempre, l’amore ardente fiorisce sugli Erker. “Brennende Liab”: i gerani fanno parte delle case dei contatini come la piccola acquasantiera nella stube
Lettura consigliata » Joseph Zoderer, Ce n’andammo, Edizioni Raetia 2004 88
Dialetto L’Alto Adige in parole
In tutto l’Alto Adige, cittadini e contadini parlano quotidianamente 40 diversi dialetti altoatesini, tutti riconducibili all’idioma sud bavarese. I giovani sottolineano il loro senso di appartenenza scrivendo SMS in dialetto. Nel corso del XX secolo sono entrate nel vocabolario sempre più espressioni italiane e l’altoatesino è diventato un colorito misto tra la cultura tedesca, quella austriaca e quella italiana. Per esempio, in dialetto si dice “Welche Targa hat der Kammion?”, mentre in tedesco si direbbe “Welches Kennzeichen hat der Lastwagen?”.
Dati e fatti » Dizionario tedesco/altoatesino: www.oschpele.ritten.org Tradizione | 89
Artigianato Sulla punta delle dita
È stata la necessità a spingere gli altoatesini a sviluppare tanta manualità. Nel 1893 chiuse la miniera di rame di Predoi, in valle Aurina, e 60 uomini si ritrovarono sulla strada. Furono le donne, allora, a dover mantenere le famiglie: con il ricamo. L’idea venne al parroco, le donne sedevano fino a tarda notte al tombolo. Spesso scambiavano merletti con generi alimentari. Oggi, 39 donne e 2 uomini fanno parte dell’associazione “Scuola di tombolo Predoi”. I bambini imparano quest’arte nei corsi estivi. Si fissa un disegno guida sul cuscino e poi, incrociando e girando i fuselli anche centinaia di volte, si intrecciano i fili. In un certo senso, anche i gardenesi presero in mano i fili, quando nel XVII secolo iniziarono a scolpire il legno. La valle era isolata, la vita dura, gli inverni lunghi. Padre, madre e bambini passavano il tempo a intagliare a mano figure di santi e giocattoli. Con il tempo, si arrivò ad esportare dalla valle milioni di figure di legno l’anno, i gardenesi stessi si occuparono anche della distribuzione. Dal 1994 molti artisti artigiani gardenesi fanno parte dell’associazione Unika. Unika gestisce una galleria a Ortisei e organizza una fiera annuale dell’artigianato artistico.
Dati e fatti » In Alto Adige si contano 13.000 aziende artigianali, di cui fanno parte anche gli artisti artigiani. Informazioni sull’artigianato artistico su www.werkstaetten.it » Le case delle ricamatrici al tombolo sono contrassegnate col simbolo dell’Itinerario Culturale Valle Aurina [F/G 1-2]. www.suedtirol.info/tradizioni » Scultori, doratori, policromatori e scultori di ornamenti sono riuniti nell’associazione Unika in Val Gardena [E 4-6]. Informazioni sull’artigianato artistico gardenese su www.unika.org » Il Museum Gherdëina di Ortisei ospita la più grande collezione di giocattoli in legno della Val Gardena. Si tratta di pezzi realizzati a mano dalle famiglie valligiane tra il 1700 ed il 1940. www.museumgherdeina.it 90
Uno sguardo sull’arte gardenese della scultura nel legno: alla ricerca dell’originale
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E le tradizioni sono un culto Un esempio? Il turismo alberghiero è quasi esclusivamente un affare di famiglia, da generazioni, e il wellness ha riscoperto la saggezza popolare, i prodotti del territorio. Trecento anni fa, sull’altopiano dello Sciliar, i contadini andavano a fare la fienagione. Dormivano sui cumuli falciati e la mattina si svegliavano riposati e pieni di energia. Nel tempo, iniziarono a salire in parecchi per immergersi nel fieno caldo appena raccolto. «A Fié allo Sciliar la pratica era diffusa per curare i reumatismi: in molti mettevano a disposizione i fienili. Ma fu nel 1903 che un medico condotto, assieme al nostro bisnonno, decise di far costruire uno stabilimento per i bagni di fieno accanto al maso della famiglia» racconta Maria Kompatscher, titolare col marito dell’hotel Heubad, dove da oltre 100 anni si fanno questi trattamenti. Allora era un bagnino a scavare nel fieno fermentato la buca dove immergersi e ci si curava in gruppo, mentre ora all’hotel Heubad e nelle altre spa che utilizzano questo antico metodo il trattamento è personalizzato e si usa fieno essiccato, che circa un’ora prima viene immerso in un secchio d’acqua a 40 gradi. «La fermentazione avviene più velocemente nel fieno che cresce su terreno calcareo, come quello delle Alpi» spiega Maria Kompatscher «e nei pascoli d’alta quota la flora è particolarmente varia e ricca». Una cooperativa della Val Passiria ha
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addirittura ottenuto la certificazione per il proprio “prodotto” di alta montagna, che cresce a 1.700 metri, non viene concimato e in 50 metri quadrati contiene da 50 fino a 128 specie di fiori alpini ed erbe aromatiche, che poi sprigionano la loro forza durante i 20 minuti del “bagno”. Colpa di una strega, invece, se in Val Sarentino è stato riscoperto il pino mugo, un arbusto che cresce in vetta conosciuto già dai Celti. Si narra che Trehs, una strega del luogo, ne bruciasse gli aghi: il profumo balsamico e resinoso che usciva dal fuoco le liberava lo spirito e le dava forza. Nella valle, da secoli, l’olio di pino mugo – detto “benedizione di montagna” – era usato per profumare gli ambienti, ammorbidire le mani, scacciare gli acari: è un deodorante naturale e gli venivano riconosciuti effetti rivitalizzanti e benefici per la circolazione. Oggi viene estratto secondo l’antica ricetta contadina (ci vogliono 120 chili di aghi per ottenere un litro d’olio eterico puro), è diventato la base per una linea cosmetica biologica che porta il nome della strega, si utilizza nel wellness per bagni, peeling, massaggi, ed entra persino in cucina. A fare tutte queste operazioni è la famiglia Wenter, che vicino a una secentesca fonte di acque rigeneranti ha costruito il complesso dell’hotel Bad Schörgau. «Dal Pinus sarentensis, il cui nome originale oggi è protetto
dalla Ue, si distilla un olio essenziale di elevata purezza e qualità naturale, particolarmente attivo» afferma Gregor Wenter, che con aghi, rami, ciuffi e germogli dell’arbusto crea ricette particolari nel ristorante dell’hotel, dal risotto al pesto fino ai gelati, al punch e al liquore. Non è finita. Il wellness dell’Alto Adige/Südtirol usa molti altri prodotti del territorio: la castagna della Val d’Isarco, l’albicocca della Val Venosta, le mele Igp, la polvere del marmo di Lasa (con cui è stato costruito il Metropolitan Museum di New York perché particolarmente resistente agli agenti atmosferici), il pino cembro e il pino cirmolo, burro e yogurt, mirtillo e ginepro, l’arnica e l’iperico. A essere utilizzata è persino la lana delle pecore altoatesine, e scopriamo come quando arriviamo alle terme di Merano, stupefacente costruzione in vetro e acciaio: una realtà dove dappertutto, anche nell’area fitness, si trovano solo acqua locale e mele Igp dell’Alto Adige. Qui si fa il bagno con la lana che viene portata da un contadino della Val d’Ultimo, lavata e utilizzata una volta sola (poi il fornitore se la riprende e la usa per isolare la malga): stando 20-25 minuti immersi sotto la coltre viene stimolata la microcircolazione e con il calore si libera la lanolina, che è idratante. Andrea Frazzetta, fotografo, vincitore del premio Canon 2006
Tradizione | 93
Canederli e speck Cibo dei poveri
Dati e fatti » Il nome “Knödel”, canederlo, è un diminutivo del termine medievale “knode” che in tedesco significa “Knoten” e in italiano “nodo”. In Alto Adige si possono gustare ben 36 tipi diversi di canerli, tra dolci e salati. La prima raffigurazione pittorica del canerlo la troviamo nell’affresco della “mangiatrice di canederli”, nella Cappella di Castel d’Appiano [B4]. www.hocheppan.com » Ogni anno si producono 2,5 milioni di baffe di Speck altoatesino. L’autentico Speck del contadino, “Bauernspeck Alto Adige I.G.P.” , è invece un prodotto di nicchia; lo si trova in 28 negozi su www.bontadallaltoadige.com. Tutto su produzione e vendita di Speck su www.speck.it » La tradizione delle osterie contadine (“Schank”) è di lunga data: 180 giorni l’anno i contadini aprono cantine e stubi dove offrono vino locale e piatti tradizionali. Indirizzi su www.gallorosso.it
Letture consigliate » Masi con gusto – Guida ai sapori contadini, www.gallorosso.it » Karin Longariva/Gabriele DiLuca, Cucina contadina dell’ Alto Adige: Le migliori ricette della tradizione altoatesina, Edizioni Loewenzahn 2005 94
Difficile crederlo, eppure il canederlo, in tedesco “Knödel”, pare sia nato così: alcuni mercenari fanno irruzione in un maso, accecati dalla fame, ma la contadina ma non ha niente di decente da mangiare. Alla fine, come previsto, riesce comunque a mettere insieme qualcosa: pane, cipolle, uova, pancetta affumicata, farina. La contadina sminuzza e impasta il tutto, aggiunge sale e spezie dell’orto, forma delle palline con l’impasto e le butta nell’acqua salata bollente. I soldati se ne vanno soddis-fatti e la contadina, a quanto pare, continua a fare i canederli tramandandone anche la ricetta. Anche se per fare i canederli, più che una ricetta, serve l’esperienza per capire quando sono giusti, ovvero né troppo umidi, né troppo secchi. Per lo speck, invece, la storia è andata in maniera opposta. È oggi che agli altoatesini mancano i maiali, tanto che devono importarli. Il vero speck contadino altoatesino è una rarità, viene fatto con maiali nati e cresciuti nei masi dell’Alto Adige con l’impiego di mangimi privi di OGM. 14 produttori hanno sposato questi principi e forniscono la carne per la produzione di speck contadino altoatesino: ogni anni vengono macellati circa 700 maiali; secondo un’antica tradizione si cerca di utilizzare tutto il maiale. Oltre alla coscia, si utilizzano per lo speck anche coppa, spalla, carrè, e pancetta. Le prime testimonianze sullo speck risalgono al 1200, nei registri mercantili dell’ordine dei macellai. Al nord, per conservare la carne la si affumicava, al sud si usava il sale. I sudtirolesi mescolarono le due tecniche e inventarono così un prosciutto crudo che unisce la tradizione mediterranea con quella nordica: un po’ di sale, un po’ di fumo freddo, molta aria fresca, ecco i segreti dello speck. Un tempo, lo speck aiutava a passare il duro inverno, oggi fa parte di ogni merenda. Il sapore dipende anche dal taglio: sottile, spesso, o a listelli?
Speck dell’Alto Adige: più delicato del prosciutto affumicato nordico, più saporito del prosciutto crudo italiano
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Voglia di rinnovamento nel 1980: dimostrazione di artisti in via Museo, a Bolzano
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Capitolo 6 Innovazione
Uscita dal bozzolo Per molto tempo l’Alto Adige è stato un mondo a sé. Cultura significa tradizione, significa conservare. Ad un tratto le condizioni cambiano: il paese decide di percepire se stesso e l’ambiente circostante in modo nuovo. Decide di diventare un paese moderno.
“Siamo una generazione molto impacciata. Indietro non si può andare, il futuro però ci spaventa.” n. c. kaser, 1978 Tedeschi. Italiani. Due pianeti. Per decenni la politica dell’Alto Adige si è adoperata per evitare che lingue e culture si mescolassero. Allo scopo, bisognava proteggere l’identità tedesca e ladina da ogni possibile contaminazione. Scuole e associazioni andavano divise per gruppo linguistico, nessuna novità doveva poter scalfire usanze e tradizioni locali. Nel bozzolo altoatesino comincia a mancare l’aria. Negli anni Settanta studenti, alternativi di sinistra, artisti cominciano a perforare il guscio. Fanno circolare l’aria e si pongono in modo nuovo le vecchie domande sulla convivenza in Alto Adige. Mentre il governo locale insiste con il modello della divisione, le nuove teste pensanti cercano una via diversa per il futuro Alto Adige. Tedeschi. Italiani. Amici, amanti, genitori di figli che non sanno come definirsi: italiani o tedeschi? Scoprono di avere interessi in comune, di fare riflessioni analoghe. Vengono gettati i primi sottili ponti, in ambito teatrale c’è chi decide di sposare il tedesco letterario cacciando il dialetto dal palcoscenico, il regista italiano Marco Bernardi porta in scena i primi pezzi teatrali bilingui, scrittori e artisti si confrontano con colleghi del resto d’Italia e con i tedeschi d’Oltralpe. L’autore Norbert C. Kaser diventa il simbolo del nuovo pensiero trasversale. Contemporaneamente, l’alternativo di sinistra Alexander Langer, che è considerato uno dei più importanti fautori del moderno concetto d’Europa, ma che in Alto Adige viene temuto come un fantasma, esorta: “Più abbiamo a che fare gli uni con gli altri, più ci conosciamo, più cresce il senso di comune appartenenza”. Dal 1989 prende fiato anche l’Alto Adige istituzionale. I vecchi
politici si dimettono. Le trattative con il governo italiano per lo statuto autonomo provinciale stanno per concludersi. Dal momento in cui i diritti delle minoranze altoatesine sono assicurati, i nuovi politici possono preparare la rottura del bozzolo e pongono le basi di un’offensiva formativa e culturale che ha fatto dell’Alto Adige un luogo di azione e di pensiero aperto al mondo, dotato di forte autoconsapevolezza e autonomia. Da quel momento in poi, si è lavorato sodo per costruire una cultura altoatesina. Tutti i più importanti luoghi di cultura sono nati dopo il 1989, le città per la prima volta hanno iniziato a concepirsi come città culturali. I comuni propositi spingono i gruppi linguistici ad avvicinarsi. Storici italiani e tedeschi cominciano a ripensare la storia dell’Alto Adige. Si risveglia un senso di autoconsapevolezza regionale. S’inizia a discutere di forme culturali contemporanee e del loro valore per lo sviluppo sociale. La cultura assume un altro valore: diventa una professione. L’Alto Adige è un cantiere. Un esperimento. Dall’esito incerto. Gli altoatesini hanno iniziato a gustare il nuovo modo di vivere insieme. Ma hanno bisogno di tempo. Da anni Joseph Zoderer studia nei suoi romanzi i rapporti tra italiani e tedeschi. Nessuno riesce a spiegare meglio di lui, quanto siano complicate le relazioni, nonostante l’amore.
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Le città Ritratto urbano
Le città dell’Alto Adige sono piccole, tranquille, con vista sui monti; centro urbano e campagna sono attaccati. Ciononostante è nelle città, cioè nei luoghi dove vecchio e nuovo s’incontrano in maniera più diretta, che intorno al 1970 si leva la protesta. L’autore Norbert C. Kaser, originario di Brunico, compone a Bressanone le sue pagine della nuova letteratura altoatesina, a Merano, Bressanone, Brunico la gente di teatro si apre al confronto, nascono nuove case editrici e giornali, a Merano e Bolzano studenti e artisti si danno alla provocazione. Il tumulto dà i suoi frutti. Le città cambiano il proprio atteggiamento, vogliono esibire una propria cultura, una propria storia, una propria atmosfera. Il capoluogo di Provincia, Bolzano, diventa capitale culturale. Nell’arco di vent’anni a Bolzano sorgono un istituto di ricerca, un’università, un teatro comunale, un auditorium finalmente all’altezza dell’esigenza musicale della città, un cinema multisala e, come puntino sulla “i”, un teatro stabile per bambini. Brunico dà un segnale di apertura con un nuovo Municipio affacciato sulla moderna piazza cittadina, Merano ravviva le nuove terme con il fascino mediterraneo della piazza antistante. Molto è cambiato da quando, nel 1975, Norbert C. Kaser scrisse i suoi famosi ritratti cittadini “Stadtstiche”. Solo a Glorenza le mura della città hanno fermato i venti di novità: dietro, tutto è rimasto come è sempre stato.
Dati e fatti » Le otto città dell’Alto Adige: Bolzano [C4], Merano [C3], Bressanone [D3], Brunico [F2], Vipiteno [D2], Chiusa [D4], Glorenza [A2] e, dal 1985, Laives [C5]. Informazioni sulle singole città su www.suedtirol.info » Tutte le più importanti manifestazioni culturali in un colpo d’occhio su www.suedtirol.info/eventi 98
Profilarsi: nell’antica città vescovile nasce la nuova letteratura altoatesina
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Architettura Il tetto che scotta
Il tetto altoatesino è aguzzo, i tetti piatti li costruivano i fascisti. Punto e basta. Con questo si chiudeva, fino al 1980, ogni discussione sull’architettura, gli altoatesini continuavano a costruire “case contadine”, anche se contadini non erano più. Othmar Barth è stato uno dei pochi architetti del paese a realizzare singole idee di architettura in stile Bauhaus. Oggi è considerato il precursore dei giovani architetti che hanno introdotto in Alto Adige uno stile moderno di respiro regionale che impone riguardo per le strutture storiche, impiego di materiali locali e alta considerazione per il paesaggio circostante nella progettazione. I primi a mostrare apertura al nuovo, furono la chiesa e alcuni committenti della Val Venosta, cui seguì il resto del paese. Le più recenti grandi opere edilizie di architetti altoatesini sono il Municipio di Brunico, in Val Pusteria, l’Hotel Vigilius Mountain Resort, a Lana, in Val d’Adige, e la nuova chiesa di Saltusio, in Val Passiria. Sono molto apprezzati progetti in cui l’architettura moderna consapevolmente entra in dialettica con lo stile dei vecchi edifici, come per esempio per le innovative cantine vinicole dell’Oltradige, alcuni musei provinciali, l’ampliata chiesa di Laives, a sud di Bolzano, e Castel Firmiano, presso Bolzano. Unico è il complesso di stazioni lungo la tratta della rinnovata ferrovia della Val Venosta: dinosauri dell’epoca industriale si nutrono della tecnica più moderna.
Dati e fatti » Intorno al 1920, in Alto Adige inizia a prendere piede l’architettura moderna: a Tre Chiese [D4], con vista sulla Val d’Isarco, il tirolese Lois Welzenbacher e il pittore altoatesino Hubert Lanzinger costruiscono in stile Bauhaus alpino. www.briol.it » A Bolzano [C4], a partire dal 1934, architetti dell’epoca fascista hanno progettato interi quartieri in stile razionalista. » Merano Arte, www.kunstmeranoarte.org, a Merano [C3], e la Fondazione Architettura Alto Adige, www.kultura.bz.it, a Bolzano [C4], organizzano regolarmente mostre di architettura contemporanea e di tendenze internazionali. » Ogni due anni la Fondazione Architettura Alto Adige assegna il “Premio d'architettura Alto Adige”, destinato ad edifici di grande valore architettonico realizzati in Alto Adige. www.kultura.bz.it
Letture consigliate » Merano Arte/Südtiroler Künstlerbund, Architetture recenti in Alto Adige 2006-2012, Springer 2012 » Fondazione Architettura Alto Adige (a cura di), Guida d’architettura dell’Alto Adige, Edition Raetia 2013 100
Stile architettonico moderno dal carattere regionale: il nuovo Municipio a Brunico
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Arte contemporanea Unioni artistiche
Nel 1979 un gruppo di giovani occupa un vecchio fabbricato a Bolzano. Vogliono un centro giovanile aperto alle tre lingue e alle tre culture. Il Comune fa sgombrare l’immobile, è prevista la costruzione di un parcheggio. Ma accade di meglio: nel 2008, in quello stesso luogo, viene inaugurato il nuovo Museion, Museo di arte moderna e contemporanea, un luogo aperto che suscita discussioni. Il cubo di vetro degli architetti berlinesi Krüger, Schuberth, Vandreike (KSV) sorge proprio là, dove il fiume Talvera divide la vecchia Bolzano tedesca da quella italiana, sorta negli anni Trenta. È un luogo ideale per promuovere l’arte come terreno di confronto sociale. Tedeschi e italiani insieme osano avvicinarsi all’arte contemporanea. Il Museion è nato nel 1985 come associazione privata, lo stesso anno a Bolzano nacque anche la Galleria Museo, nel 2001 si aggiunse Merano Arte, nel 2003 la galleria di design Lungomare, a Bolzano. Nel 2008 la politica dà un altro segnale forte: l’Alto Adige ospita Manifesta 7, la biennale europea di arte contemporanea. Non c’è via di ritorno. I due ponti del Museion sul Talvera non permettono più la divisione tra due tempi e due culture.
Dati e fatti » Museion a Bolzano [C4]: la collezione permanente e il programma espositivo si concentrano soprattutto sull’arte post 1960. Attraverso il tema centrale “Lingue dell’arte” Museion si è fatto un nome a livello sovra regionale. www.museion.it » Galleria Museo a Bolzano [C4]: l’associazione “ArGe Kunst” mostra soprattutto approcci artistici sperimentali e interdisciplinari. www.argekunst.it » Merano Arte [C3]: l’iniziativa culturale, sotto i Portici di Merano, è una piattaforma per posizioni di arte e di architettura contemporanea nazionale e internazionale. www.kunstmeranoarte.org » Lungomare a Bolzano [C4]: un laboratorio di cultura e design. Si indagano le relazioni tra design, architettura, urbanistica, arte. www.lungomare.org 102
Palazzo di vetro: per il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano l’arte ha la funzione sociale di gettare ponti
Musei La patria in vetrina
Tutto cominciò con l’Iceman. Arrivò Ötzi e improvvisamente l’Alto Adige aveva bisogno di un museo archeologico. Nel 1998 vi si stabilì la mummia. L’Alto Adige ci ripensò anche per quel che riguardava altri tesori che aveva dato in consegna al Ferdinandeum di Innsbruck, affinché li conservasse, e se li fece restituire per inserirli nell’esposizione. La maggior parte degli 80 musei dell’Alto Adige è nata dopo il 1989. Il sapere sulla storia, geografia, etnografia ed economia dell’Alto Adige è stato interamente riordinato e approfondito in 9 musei provinciali. Da collezioni private si sono sviluppati il Museo della Farmacia di Bressanone, il Museo della Macchina da Scrivere di Parcines, presso Merano, e il Museo della Donna di Merano. I musei hanno cambiato la consapevolezza storica degli altoatesini e conferito un nuovo approccio scientifico a temi prima sentiti spesso solo emozionalmente. Anche il MuseoPassiria, in Val Passiria, ha recentemente preso una posizione più distaccata, mettendo accuratamente in evidenza le diverse interpretazioni storiche sulla controversa figura di Andreas Hofer, per gli uni un eroe che ha guidato i tirolesi contro i francesi infedeli di Napoleone, per gli altri un burattino, in mano ai potenti, che non seppe riconoscere i segnali del suo tempo. Tirolesi bravi, nemici cattivi: il giudizio sulla lotta del 1809, oggi, non è più così netto.
Dati e fatti » Tutti i musei dell’Alto Adige in un colpo d’occhio su www.musei-altoadige.com » museumobil Card: per accedere a tutti i musei altoatesini e utilizzare tutti i mezzi di trasporto pubblico. www.museumobilcard.info Innovazione | 103
Messner Mountain Museum In cima ai musei
Reinhold Messner preferisce sempre muoversi al limite. È stato il primo uomo a scalare tutti i 14 ottomila metri della terra, ha attraversato a piedi deserti di sabbia e di ghiaccio, il tutto riducendo sempre più il suo equipaggiamento, fino a rimanere solo lui stesso, la natura e l’alternanza dei suoi stati d’animo. Messner è estremo. In tutto ciò che dice, in tutto ciò che fa. Al momento scala quello che lui chiama il suo “quindicesimo ottomila”: un gruppo di musei dove la montagna è rappresentata come lo scenario di grandi esperienze, di conquista e culturali. Reinhold Messner ha realizzato in Alto Adige e nella vicina provincia di Belluno quattro musei della montagna, dedicati ognuno ad un tema: roccia, ghiaccio, religioni, arte e cultura. Un quinto museo, dedicato ai popoli delle montagne, è stato aperto nel 2011 nel Castello di Brunico. Centro del Messner Mountain Museum è il MMM Firmian, a Castel Firmiano, a sud di Bolzano. Tutto ciò che è esposto nei musei, opere d’arte, cimeli, reliquie, fa parte della collezione privata di Messner. Messner è quasi arrivato alla sua meta. Meta? “La cima della montagna è solo un punto di ritorno” ha detto Messner una volta. Così, possiamo immaginarci che presto si rimetterà in cammino, alla ricerca di una nuova montagna da scalare.
Dati e fatti » Tutti i cinque musei della montagna su www.messner-mountain-museum.it
Letture consigliate » Reinhold Messner, La mia vita al limite. Conversazioni autobiografiche con Thomas Hüetlin, Corbaccio 2006 » Reinhold Messner, Le Alpi. Fra tradizione e futuro, Cierre Edizioni 2007 » Reinhold Messner, La libertà di andare dove voglio. La mia vita di alpinista, Corbaccio 2013 » Reinhold Messner (trad.: Ugo Gandini), Spostare le montagne. Come si affrontano le sfide superando i propri limiti, Mondadori 2011 104
Ambiente culturale montagna: intorno a Castel Firmiano ruotano i musei della montagna di Reinhold Messner
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Informazioni sull’Alto Adige
Tutto quello che c’è da sapere sull’Alto Adige Una panoramica completa in 60 secondi
Superficie
Lago principale
7.400 km², di cui solo il 3% è popolato; l’80% della superficie è montuosa.
Lago di Caldaro (1,47 km², il lago più caldo delle Alpi)
Clima
Alpe di Siusi (52 km², pari a 8.000 campi di calcio)
In Alto Adige splende il sole 300 giorni l’anno. La vegetazione va da palme e vigneti, a boschi di latifoglie e conifere, fino a quella di alta montagna, tipica delle aree parzialmente ricoperte dal ghiaccio.
Fiumi più importanti
Abitanti
Parchi naturali
510.000
Città Bolzano (capoluogo di provincia), Merano, Bressanone, Brunico, Vipiteno, Laives, Chiusa, Glorenza
Principale alpeggio in quota
Adige (153 km), Isarco (95,5 km), Rienza (80,9 km)
Sciliar-Catinaccio, Gruppo di Tessa, Puez-Odle, Fanes-Senes-Braies, Monte Corno, Dolomiti di Sesto, Vedrette di Ries-Aurina, Parco nazionale dello Stelvio www.provincia.bz.it/parchi.naturali
Arte
Tedesco (70%), italiano (26%), ladino (4%)
Abbazia Benedettina di Marienberg, San Procolo, Castel d’Appiano: l’Alto Adige vanta la più alta densità di affreschi romanici d’Europa.
Storia
Formazione accademica
Lingue parlate
L’Alto Adige/Südtirol deve il suo nome tedesco ai conti del Tirolo, vissuti nel XII secolo nell’omonimo castello sopra Merano. Il nome italiano invece, ufficializzato con l’annessione all’Italia dopo la prima guerra mondiale, ha origini nel periodo di dominazione francese nel XVIII secolo. L’Accordo De Gasperi-Gruber del 1946 sancisce l’autonomia dell’Alto Adige e la salvaguardia delle minoranze etniche. Dopo decenni di conflitti politici, nel 1992 il rilascio della quietanza liberatoria dell’Austria all’Italia conclude formalmente la vertenza tra i due Paesi. Oggi l’Alto Adige rappresenta un modello di autonomia nel quale convivono i tre gruppi etnici italiano, tedesco e ladino con lo sguardo rivolto all’Europa, senza trascurare le proprie tradizioni.
Dal 1998 a Bolzano, Bressanone e Brunico, giovani di tutto il mondo studiano presso la prima università trilingue d’Europa. Lezioni, esami, dibattiti si tengono in tedesco, italiano e inglese.
Cima più alta
Vino La produzione vinicola altoatesina è composta per il 60% da vini bianchi e per il 40% dai rossi. Il 5% circa dei vini italiani premiati viene prodotto in Alto Adige, una delle zone viticole più piccole del Bel Paese.
Ortles, Val Venosta (3.905 m)
Dolomiti La roccia caratteristica dei Monti Pallidi è costituita da sedimentazioni di alghe e colonie coralline. Nel 2009 le Dolomiti sono state dichiarate dall’UNESCO patrimonio naturale dell’umanità.
Dolomiti Superski Con i suoi 1.200 km di piste, il comprensorio Dolomiti Superski è anche il più grande carosello sciistico del mondo. Il famoso “Sellaronda” invita gli sciatori a girare tutt’intorno al massiccio del Sella valicando 4 passi.
Prodotti di qualità Mele L’Alto Adige è la principale area di coltivazione di mele in Europa. Grazie alle condizioni climatiche ideali le numerose varietà, conservabili nel lungo periodo, hanno un sapore più intenso rispetto alle mele prodotte in altre regioni.
Latte In Alto Adige ci sono tanti masi quanti sono gli hotel della regione. I prodotti caseari dei masi di montagna sono privi di OGM. Speck Per secoli la produzione dello speck ha avuto come finalità la conservazione della carne. Ancora oggi quasi tutti i contadini di montagna dell’Alto Adige producono autonomamente il proprio speck.
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Le meraviglie dell’Alto Adige Tante valli per vacanze indimenticabili
Val Venosta
Bolzano e dintorni
Insieme al vecchio campanile di Curon che emerge dalle acque del lago di Resia, il massiccio dell’Ortles, la cima più elevata dell’Alto Adige con i suoi 3.905 m, è il simbolo della Val Venosta. Nelle vallate il paesaggio è caratterizzato da ampie distese coltivate a mele e viti, mentre sui pendii sono presenti orti e frutteti di albicocche. I percorsi lungo i vecchi canali di irrigazione, i sentieri di montagna e i tracciati per mountain bike si snodano in un paesaggio ricco di cultura, con chiesette romaniche, monasteri e castelli medievali. Gli abitanti della Val Venosta sono conosciuti per la loro creatività e inventiva. Non a caso i principali artisti e architetti dell’Alto Adige provengono da questa vallata occidentale.
Nella città dove è attualmente conservato Ötzi si incrociano due mondi, quello tedesco e quello italiano, che si fondono nell’unico stile di vita e di cultura quotidiana dei suoi circa 100.000 abitanti. Il panorama nei dintorni e a sud del capoluogo è caratterizzato da vitigni a perdita d’occhio sui quali si affacciano oltre 200 antichi borghi medievali, castelli e rovine. Altopiani, villaggi di montagna e ampie vallate, che raggiungono altitudini fino a 1.550 m, offrono un fresco riparo dalla calura estiva. Il sud dell’Alto Adige è considerato la regione “mediterranea” del paese: non a caso il suo clima mite rende il lago di Caldaro il più caldo dell’intero arco alpino.
Informazioni sulla Val Venosta: Area vacanze Val Venosta Via Cappuccini, 10 39028 Silandro tel. 0473 620 480 info@venosta.net
Informazioni su Bolzano e dintorni: Area vacanze Bolzano, Vigneti e Dolomiti Via Pillhof, 1 39057 Frangarto tel. 0471 633 488 info@stradadelvino.info www.stradadelvino.info
www.venosta.net
Merano e dintorni Palme e olivi a valle, neve e ghiaccio in quota: così si presenta il paesaggio intorno a Merano, affascinante cittadina termale amata dalla principessa Sissi. Così come l’intera regione, anche la città è ricca di contrasti: architettura tradizionale su una sponda del fiume Passirio, design contemporaneo sull’altra. I paesi nelle vicinanze, nei quali il paesaggio si contraddistingue per vigneti sterminati e coltivazioni di mele, offrono innumerevoli possibilità di praticare sport, in particolare escursioni e passeggiate lungo i sentieri delle rogge. Nelle valli laterali come la Val d’Ultimo e la Valle Passiria si apre invece uno scenario totalmente diverso, caratterizzato da antichi masi che rispecchiano tradizioni secolari.
Informazioni su Merano e dintorni: Area vacanze Merano e dintorni Via delle Palade, 95 39012 Merano tel. 0473 200 443 info@meranodintorni.com www.meranodintorni.com
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Val d’Ega Sulle tracce del re dei nani Laurino e della ninfa del lago di Carezza: oltre 530 km di sentieri che si snodano tra il massiccio del Catinaccio/ Rosengarten e quello del Latemar, l’area escursionistica più estesa dell’intero Alto Adige. Punto di partenza di innumerevoli passeggiate, escursioni e arrampicate, questa zona è caratterizzata da piccoli villaggi fuori dal tempo, con borghi isolati e vecchie case contadine. Nel luogo di pellegrinaggio più importante di tutto l’Alto Adige, il santuario della Madonna di Pietralba a Monte San Pietro, vivono ancora oggi i padri dell’Ordine dei servi di Maria.
Informazioni sulla Val d’Ega: Area vacanze Val d’Ega Via Dolomiti, 4 39056 Nova Levante tel. 0471 619 500 info@valdega.com www.valdega.com
Alpe di Siusi
Valli Ladine
365 tra malghe e baite distribuite su una superficie pari a circa 8.000 campi da calcio: questa è l’Alpe di Siusi, l’alpeggio più esteso d’Europa, vero paradiso all’aria aperta per grandi e piccini. I paesi limitrofi di Castelrotto, Siusi e Fiè, a mezz’ora di macchina da Bolzano o Brunico, non sono ancora stati toccati dal turismo di massa: basti pensare che ancora oggi in questa zona si contano più contadini che ristoratori o proprietari di alberghi! Tutto questo si traduce in un forte legame con la natura e la cultura del posto. Attaccamento alla tradizione che traspare soprattutto nella vita quotidiana, in particolare in occasione di manifestazioni tipiche quali la Cavalcata Oswald von Wolkenstein o i matrimoni contadini.
Il ladino, terza lingua ufficiale dell’Alto Adige, è parlato ancora oggi in due valli dell’Alto Adige, la Val Gardena e l’Alta Badia. Collegate dal Passo Gardena, queste due valli si trovano nel cuore delle Dolomiti e consentono di immergersi in un meraviglioso scenario naturale, caratterizzato da paesaggi mozzafiato ed emozionanti “cartoline” alpine. La gente del luogo, attiva e molto legata alle tradizioni locali, vive principalmente di turismo, come dimostrano i numerosi hotel e ristoranti tipici della zona. Da non dimenticare le sculture in legno dei maestri gardenesi e la gastronomia tipica dell’Alta Badia. Per conoscere le testimonianze culturali e il retaggio storico del popolo ladino, visitate il Museum Ladin (museo ladino) di San Martino in Badia.
Informazioni sull’Alpe di Siusi: Area vacanze Alpe di Siusi Via del Paese, 15 39050 Fiè allo Sciliar tel. 0471 709 600 info@alpedisiusi.info www.alpedisiusi.info
Informazioni sulle Valli Ladine: Area vacanze Val Gardena Via Dursan, 80c 39047 Santa Cristina tel. 0471 777 777 info@valgardena.it www.valgardena.it
Valle Isarco La Valle Isarco, a sud del Brennero, prende il nome dal fiume che l’attraversa, principale affluente dell’Adige. Già nel Medioevo vi facevano sosta re e mercanti ed è in questo periodo che si sviluppano i tre principali centri, Bressanone, Vipiteno e Chiusa, oggi vivaci cittadine ricche di negozi alla moda, eleganti caffè e preziosi tesori culturali. Sui ripidi pendii della vallata si estendono campi di mele, vigneti e castagni. L’autunno invita ad un’antica tradizione contadina che ha origine proprio qui: il “Törggelen”, la degustazione del vino nuovo. Un’esperienza indimenticabile la regalano anche le valli laterali, con i loro paesini a stretto contatto con la natura immersi in uno scenario alpino che conquista il cuore.
Area vacanze Alta Badia Col Alt, 36 39033 Corvara tel. 0471 836 176 info@altabadia.org www.altabadia.org
Informazioni sulla Valle Isarco: Area vacanze Valle Isarco Bastioni Maggiori, 26a 39042 Bressanone tel. 0472 802 232 info@valleisarco.info www.valleisarco.info
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Val Pusteria
Valli di Tures e Aurina
Nella parte orientale dell’Alto Adige si trova la Val Pusteria, un’ampia conca verde che si estende fino al Tirolo austriaco orientale. Nella valle sorgono numerosi piccoli comuni (tra i quali spicca Brunico, la cittadina più grande e vivace della zona) circondati da boschi, campi e prati sterminati che proseguono nelle vallate secondarie. Il fiume Rienza taglia il paesaggio in due, con a nord i boschi della cresta di confine e a sud le Dolomiti in tutto il loro splendore. L’ampia area escursionistica della Val Pusteria è ricchissima di sentieri che consentono di raggiungere incantevoli laghi alpini, ad esempio il lago di Braies, nonché alcune tra le cime più alte dell’Alto Adige come le Tre Cime di Lavaredo. Oltre ai paesaggi mozzafiato, interessante è anche il dialetto parlato dagli abitanti della valle, che li rende particolarmente simpatici e cordiali.
Le Valli di Tures e Aurina si trovano nel cuore soleggiato delle Alpi Aurine, nella regione turistica più a nord dell’Alto Adige: 80 vette oltre i 3.000 m creano panorami straordinari con una miriade di cascate, alpeggi e laghi d’alta quota incastonati nel Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina. La cultura secolare si rispecchia anche negli abitanti delle valli, gente semplice e legata alle tradizioni ma al contempo aperta alle novità, come dimostrato dall’ampia offerta di sport estremi praticabili nella zona, tra cui l’arrampicata sulle cascate di ghiaccio e le discese in rafting. In queste valli, inoltre, si parla un dialetto marcato che distingue gli abitanti dalle altre popolazioni altoatesine.
Informazioni sulla Val Pusteria: Area vacanze Plan de Corones Via Michael Pacher, 11a 39031 Brunico tel. 0474 555 447 info@plandecorones.com www.plandecorones.com Area vacanze Alta Pusteria Via Dolomiti, 29 39034 Dobbiaco tel. 0474 913 156 info@altapusteria.info www.altapusteria.info
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Informazioni sulle Valli di Tures e Aurina: Area Vacanze Valli di Tures e Aurina Via Aurina, 95 39030 Cadipietra tel. 0474 652 081 info@tures-aurina.com www.tures-aurina.com
Cosa rende inconfondibile l’Alto Adige Una scelta di proposte per le vacanze
Dolomiti
Alpe di Siusi
La bizzarra catena di cime costituisce uno dei territori montuosi più suggestivi del mondo. Montagne straordinarie come il Catinaccio, il Gruppo delle Odle e le Tre Cime di Lavaredo offrono un panorama mozzafiato anche a chi non ama abbandonare un suolo sicuro... D’inverno è possibile girare intorno all’intero Gruppo del Sella con gli sci ai piedi: con un unico skipass, attraverso quattro passi dolomitici di fama mondiale. Nel giugno 2009 le Dolomiti sono state dichiarate dall’UNESCO patrimonio naturale dell’umanità.
Il più esteso altopiano d’Europa offre un panorama a 360 gradi sulle più imponenti cime dolomitiche. Tanto in inverno, quanto in estate, intere famiglie e amanti dello sport all’aria aperta usufruiscono della ricca offerta di attività per il tempo libero, per poi rigenerarsi nelle tradizionali malghe e rifugi.
Castelli e fortezze Nel XIII secolo Castel Tirolo ha dato il nome all’intera regione circostante. Da allora la storia del Tirolo è strettamente legata a quella del “suo” castello. In Alto Adige sorgono quasi 800 tra castelli, fortezze, residenze e rovine; una densità unica in Europa. Oggi molti di questi luoghi custodiscono musei ed esposizioni, oppure sono stati adattati per ospitare hotel e ristoranti.
Cuore storico e invitanti negozi Vicoli tortuosi, pittoreschi portici, vecchie mura e vivaci vie commerciali: ogni città dell’Alto Adige ha il suo fascino. Le mura medievali meglio conservate di tutto l’arco alpino appartengono alla cittadina altoatesina di Glorenza che, con i suoi 890 abitanti, è anche la più piccola della provincia. Dopo lo shopping tra eleganti negozi e botteghe tradizionali ci si può rilassare in piazza, davanti a un caffè e a uno strudel di mele.
Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio La mummia conservata dal ghiacciaio per 5.300 anni è stata rinvenuta in Val Senales nel 1991 ed è oggi esposta nel Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano. Anche grazie a tutto il suo originale corredo attira ogni anno 250.000 visitatori. Nell’ArcheoParc della Val Senales, presso Merano, si possono sperimentare personalmente le condizioni di vita di Ötzi e dei suoi contemporanei.
Tradizione e innovazione Partecipare alla festa di paese, marciare con la banda locale, dare una mano ai contadini di montagna. La tradizione in Alto Adige è mantenuta viva e si apprezzano le molte cose buone che arrivano dal passato. Contemporaneamente si percepisce la voglia di novità, come dimostrano le forme futuristiche di una certa architettura, ad esempio quella del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano.
Castel Trauttmansdorff Un giardino botanico straordinariamente ricco, un parco di alberi e piante alpine ed esotiche, giardini acquatici e terrazzamenti, nonché le prime palme a sud delle Alpi. Qui, da aprile a novembre si può godere di una pace profonda tra incantevoli profumi.
Delizie per il palato Che sia in una malga tradizionale o in un elegante ristorante per intenditori, la gastronomia dell’Alto Adige deriva da un’eccellente fusione di cibi tradizionali tirolesi e delicati sapori della gastronomia mediterranea. Una raffinata combinazione tra canederli e spaghetti.
Ricchezza linguistica Il 70% della popolazione altoatesina è di madrelingua tedesca, l’italiano si parla soprattutto a Bolzano, a Merano e nella Bassa Atesina. Passeggiando per le vie di Bolzano si nota in maniera più evidente l’intrecciarsi tra lo stile di vita tedesco e quello italiano. La lingua più antica dell’Alto Adige, tuttavia, è il ladino che esiste da più di 1.000 anni. Oggi lo parlano circa 18.000 persone tra la Val Gardena e la Val Badia.
Il piacere del vino I nobili vini altoatesini che ogni anno raccolgono moltissimi riconoscimenti maturano in cantine scure e profonde. Pittoreschi vigneti costeggiano la Strada del Vino dell’Alto Adige, antiche cantine e moderne enoteche offrono degustazioni. Secondo l’usanza del Törggelen, in autunno i contadini inaugurano il vino novello accompagnandolo alle caldarroste.
MMM – Messner Mountain Museum Reinhold Messner ha realizzato cinque musei dedicati alla montagna, ognuno con un tema diverso: roccia, ghiaccio, religioni, arte e cultura, popoli di montagna. Il centro dei musei di Messner rimane Castel Firmiano, presso Bolzano. Uno spettacolare percorso permette di toccare con mano il confronto e il dialogo tra l’uomo e la montagna.
Rilassarsi in modo naturale Alpine Wellness: bagni di vapore alle erbe montane, sauna al pino mugo, bagni di fieno. Il benessere “made in Alto Adige” riequilibra corpo e mente dopo un’intensa giornata e prepara per un altro giorno di vacanza piacevolmente attiva. Informazioni sull’Alto Adige | 111
Come, dove, cosa Südtirol Map – Standard
Come arrivare
Aree vacanze Valli di Tures e Aurina
5 München 4 Valle Isarco
2 Rosenheim 15.indd 1
12/18/11 4:46 PM
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5 Salzburg 4
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Val Venosta
Merano e dintorni
Alta Pusteria
Bolzano Vigneti e Dolomiti
2 Bregenz
5 Zürich 4 5 Innsbruck 4
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2 Vipiteno/Sterzing 2 Brunico/Bruneck Glorenza/Glurns 2 Bressanone/Brixen 2 2 Merano/Meran iti l d o o m 2 Cortina
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Val Gardena Alpe di Siusi
Alta Badia
Val d’Ega
2 Vaduz
2 Chur
Plan de Corones
Spittal an der Drau 2
5 Bolzano/Bozen 4 i
2 Trento
2 Udine
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di
5 Bergamo 4 5 Brescia 4 la
5 Milano 4
0 km
50
» Val Venosta: www.venosta.net » Merano e dintorni: www.meranodintorni.com
a
2 Lugano
5 Verona 4
5 Treviso 4
» Bolzano, Vigneti e Dolomiti: www.stradadelvino.info
5 Venezia 4
» Val d’Ega: www.valdega.com » Alpe di Siusi: www.alpedisiusi.info » Val Gardena: www.valgardena.it
Informazioni e indicazioni utili per arrivare in auto, treno, bus o
» Alta Badia: www.altabadia.org
aereo; le navette low cost che collegano i vicini aeroporti di Bergamo,
» Plan de Corones: www.plandecorones.com
Verona, Venezia, Treviso e Innsbruck con l’Alto Adige; itinerari, orari
» Alta Pusteria: www.altapusteria.info
di treni e autobus: tutto questo e altro ancora potete trovarlo al link
» Valle Isarco: www.valleisarco.info
www.suedtirol.info/comearrivare
d 1
Informazioni e prenotazioni
» Valli 1/4/12 2:32di PMTures
Per informazioni su alloggi, prenotazioni, attività per il tempo libero, manifestazioni: Alto Adige Informazioni Piazza della Parrocchia, 11 39100 Bolzano tel. 0471 999 999 info@suedtirol.info www.suedtirol.info
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e Aurina: www.tures-aurina.com
Alloggi
Autonoleggi
Un database completo di tutti gli alloggi dell’Alto Adige
Hertz a Bolzano
e servizio di prenotazione online: www.suedtirol.info
tel. 0471 254 266 www.hertz.it
Specialisti delle vacanze: » Agriturismo in Alto Adige: www.gallorosso.it
Avis a Bolzano, Bressanone e Merano
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Festività » 1 gennaio: Capodanno » 6 gennaio: Epifania
Meteo
» marzo/aprile: Pasqua e lunedì dell’Angelo
Previsioni meteo, il tempo in montagna,
» 25 aprile: Festa della Liberazione
il bollettino dei pollini:
» 1 maggio: Festa dei lavoratori » maggio/giugno: domenica e lunedì di Pentecoste
Ufficio Idrografico
» 2 giugno: Festa della Repubblica
tel. 0471 271 177
» 15 agosto: Assunzione di Maria Vergine (Ferragosto)
www.provincia.bz.it/meteo
» 1 novembre: Ognissanti » 8 dicembre: Immacolata Concezione » 25/26 dicembre: Santo Natale
Trasporto pubblico » Trasporto pubblico locale: www.sii.bz.it » Ferrovia della Val Venosta: www.ferroviavalvenosta.it
Numeri d’emergenza
» Mobilcard – un biglietto per tutti i mezzi pubblici del Trasporto
Autoambulanze, pronto soccorso, soccorso alpino: 118
Integrato Alto Adige: www.mobilcard.info
Carabinieri: 112 Polizia: 113
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Itinerari tra storia, cultura e tradizione Andreas Gottlieb Hempel Folio Editore 2008
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Alto Adige – Tutto di tutto
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Infografiche a cura di no.parking Hermann Gummerer/Franziska Hack Folio Editore 2012
Le Dolomiti tra leggenda e geologia Paola Favero Cierre Edizioni 2012
Due mondi e io vengo dall’altro
Dolomiti verticali. Una prospettiva insolita
Il Sudtirolo, detto anche Alto Adige Alessandro Banda Laterza 2012
Ulrich Ackermann/Ingrid Runggaldier Moroder Vianello Libri 2010
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Architetture recenti in Alto Adige 2006-2012
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Con fotografie di Frieder Blickle e consigli enologici a cura di Margot Hintner Herbert Hintner Folio Editore 2013
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Con testi di Leo Andergassen e Susanne Waiz Ruggero Arena Folio Editore 2012
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Eva dorme
Gite archeologiche in Alto Adige Luisa Righi/Stefan Wallisch Folio Editore 2009
Francesca Melandri Mondadori 2011
ALTO ADIGE MARKETING DESIGN: inQuadro Sas, Bolzano TESTO: Gabriele Crepaz FOTOGRAFIE: Clemens Zahn, Thomas Grüner, Toni Stocker/Scuola d’alpinismo Ortler, Helmuth Rier, Alessandro Trovati, Frieder Blickle, Max Lautenschläger, Andree Kaiser, Stefano Scatà, Freddy Planinschek, Dolomiti Superski, organizzazioni turistiche dell’Alto Adige, Camera di commercio di Bolzano, “100 anni funivia del Colle” Curatorium per la Salvaguardia dei Beni Culturali Tecnici, archivio Alexander Langer, suedtirolfoto.com/Othmar Seehauser, Udo Bernhart, Marion Gelmini, Alex Filz, Museo Archeologico dell'Alto Adige, Othmar Prenner, “Karl auf der Mauer”, Museion facciata mediale 2011 STAMPA: ATHESIADRUCK Srl, Bolzano
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Afferrabile: quest’aggettivo descrive alla perfezione l’Alto Adige, una terra fatta di materiali resistenti, dalla forte struttura. Ăˆ la pietra a formare il territorio, roccia che cambia repentinamente da porfido, a marmo, a granito, fino alla dolomite caratterizzando paesaggi e vegetazione. Gli abitanti hanno lavorato duramente il terreno con le mani, per fare in modo che anche piante e colori seguissero il variare della pietra. Natura e cultura si intrecciano, ci si aggrappa a costumi e tradizioni. Si afferra qualcosa di nuovo.