MFf w w w. m f f a s h i o n . c o m
Magazine For Fashion
n. 90. aprile 2018. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale
international edition
Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano
Remo Ruffini con Craig Green, Pierpaolo Piccioli e Simone Rocha per Moncler genius. Foto Valerio Mezzanotti
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craig green - remo ruffini - pierpaolo piccioli - simone rocha @ moncler genius
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Magazine For Fashion
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Tommy Hilfiger con Gigi Hadid vestita TommyxGigi e quattro modelli in Hilfiger collection. Foto StÊphane Feugère
the wowness tommy hilfiger
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S H O P O N LI N E AT FE N D I .CO M
#GucciDansLesRues
gucci.com
jacquemus.com
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Versace
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Alexander Wang
Chanel
Balenciaga
Maison Margiela
Molly Goddard
Gucci
Marc Jacobs
Calvin Klein
Marine Serre
Marni
Off-white c/o Virgil Abloh
Dior
Vetements
Lanvin
Preen
Vivienne Westwood
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the wowness by STEFANO RONCATO
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Una testa sottile, stilizzata, accarezzata da una cagoule. Un simbolo estetico che richiama les femmes immaginate da Azzedine Alaïa, il designer raccontato da una retrospettiva appena aperta nella sua maison e che sembra essere celebrato anche dalle altre passerelle. Ma anche una testa concentrata, una mente che perde qualche fronzolo per guardare avanti, alle mutazioni del mondo della moda. Il valzer di stilisti che diventa un fraseggio musicale delle grandi maison. I buyer che escono dall'ombra e diventano personaggi, accendono una mania. Gli show globali, i calendari ibridati tra uomo e donna, l'alta moda come quella di Dior che diventa il mezzo per portare in giro nel mondo un racconto heritage. Abolendo le stagioni, buttando giù le barriere. E il nuovo numero di MFF-Magazine For Fashion racconta di questo fashion system che vuole cambiare pelle, partendo da Milano, dai due appuntamenti-evento che hanno segnato un nuovo perimetro concettuale. Moncler Genius immaginata da Remo Ruffini, che scommette su una nuova dimensione, creando un hub creativo e un business model rinnovato. E Tommy Hilfiger, con il suo show see-now buy-now itinerante, con quel retaggio digital di cui è stato un precursore. Due visioni che partono da punti diversi ma arrivano allo stesso obiettivo. Parlare al consumatore, raccontare una storia, far vivere un'emozione. Una passione come quella sportiva che torna prepotente, tra mondiali di calcio alle porte e l'accelerazione della Formula 1. Un big match che forse dividerà davanti ai televisori ma rimarrà leggero nello spirito. Senza bisogno di fasciarsi la testa.
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openview Stefano Roncato
46 Atlein. antonin tron Ludovica Tofanelli
38 e 39 facecool Angelo Ruggeri
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40 e 41 Moodboard Ludovica Tofanelli
50 shanghai tang. massimiliano giornetti Ludovica Tofanelli
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family business Sara Rezk
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quick chat Angelo Ruggeri
a-venue Sara Rezk
44 e 45 cultwalk Ludovica Tofanelli
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la sfilata di richard quinn f-w 2018/19 (foto Darren Gerrish, British Fashion Council)
vĂŒen. vincenzo palazzo Angelo Ruggeri
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linda cantello Silvia Manzoni
58 e 59 grooming Paola Gervasio 60 e 61 models Angelo Ruggeri 62 a 65 buyers picks Elisabetta Campana e Sara Rezk 66 e 67 Accessor-hype Angelo Ruggeri
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68 e 69 seasonal tips Vicente Campo García
il finale dello show balmain fall-winter 2018/19
70 a 79 remo ruffini @ moncler Stefano Roncato Foto Valerio Mezzanotti 80 a 87 tommy hilfiger Stefano Roncato Foto Stéphane Feugère e Jason Lloyd-Evans 88 a 91 maria grazia chiuri @ dior Testo Chiara Bottoni Foto Fan Xin
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92 a 95 simon holloway @ agnona Testo Cristina Cimato. Foto Salvatore Dragone 96 a 99
buying-mania Elisabetta Campana
100 e 101 big match Fabio Gibellino 102 e 103 the x factory Chiara Bottoni 104 a 109 first raw Stefano Roncato
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110 a 125 the best balenciaga saint laurent noir key ninomiya gucci louis vuitton prada calvin klein valentino giorgio armani dior marni dolce&gabbana n° 21
la presentazione fausto puglisi fall-winter 2018/19
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A SPECIAL COLLECTION BY GIGI HADID #TOMMYXGIGI TOMMY. COM
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fendi junya watanabe richard quinn 126 a 142 trends Fleurs d'hiver Fringed layering silky fetish shining mannish oversize black & White football scarf
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il finale Dolce&gabbana fall-winter 2018/19
in covers
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Tommy hilfiger assieme a gigi hadid in tommyxgigi con quattro modelli vestiti hilfiger collection
craig green, remo ruffini, pierpaolo piccioli e simone rocha al lancio di moncler genius
Servizio: stefano roncato foto: stÉphane feugĂˆre
servizio: stefano roncato foto: valerio mezzanotti / toggle(Off) visionary geeks
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Featuring artwork by Andy Warhol ©/®/™ The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc.
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PEOPLE
facecool
Un racconto in dieci tappe tra arte e moda, musica e design. Alla ricerca di personaggi che stanno riscrivendo il concetto di creatività. Talenti con un cool factor da scoprire. By Angelo Ruggeri
LEONARDO CRUCIANO WORK: founder & visual effects artist / FOR: Makinarium / WHERE: Rome Durante la collezione autunno-inverno 2018/19 di Gucci, presentata a Milano lo scorso febbraio, non hanno solo sfilato le ultime creazioni di Alessandro Michele, bensì anche serpenti corallo, cuccioli di drago addormentati, camaleonti, teste di modelli portate come borse, e occhi sulle mani e sulla fronte. Effetti speciali realizzati da Leonardo Cruciano, fondatore dello studio Makinarium di Roma, dove ricopre ruoli di supervisione degli effetti speciali integrati con partner degli effetti visivi, oltre che creatures creator e special make-up artist. Per cinema, serie tv e teatro.
GHERARDO FELLONI WORK: creative director / FOR: Roger Vivier / WHERE: paris Nella sua carriera, ha disegnato scarpe per Helmut Lang, Fendi e Miu Miu. Dieci anni fa si è trasferito a Parigi per supervisionare le shoe collection di Dior, sotto la direzione creativa di John Galliano prima e Raf Simons dopo. Nel 2014 è tornato da Miu Miu come direttore footwear, pelletteria e gioielli. Da poco Felloni è stato nominato direttore creativo di Roger Vivier. «La griffe è sinonimo di lusso. Sono sempre stato affascinato dalla maestria artigianale e dalla modernità del marchio, dallo chic e dall'infinita creatività», ha spiegato il designer che, senza dubbi, donerà alla maison un tocco contemporaneo e moderno.
GRYFFINDIOR WORK: founder / FOR: Gryffindior / WHERE: London Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley, per un attimo, abbandonano la loro divisa della scuola di stregoneria di Hogwarts e indossano le collezioni più cool firmate Dior degli ultimi anni. Non più Grifondoro, quindi. Bensì @GryffinDior. Ed è proprio così che si chiama il profilo ufficiale di Instagram dedicato al mondo del mago più famoso di sempre, che diventa fashion addicted insieme ai suoi amici. E si fa fotografare nella scuola con i capi più iconici della maison del gruppo Lvmh, come gli abiti couture ricamati, le maglie oversize, le camicie stampate e le borse a mano logate.
OLAN PRENATT WORK: skater & model / FOR: herself / WHERE: Los Angeles Bellissima, irriverente. Olan Prenatt è stata scelta da Donatella Versace insieme ad Ama Elsesser e Fig Abner come protagonista della campagna di Versus Versace per la primavera-estate 2018, scattata da Ben Toms. Il marchio young della Medusa vuole percorrere le strade di Los Angeles insieme a un gruppo di giovani californiani. Prenatt, modella ma anche skater guida la camera nel parco dove ha iniziato da piccola. «Questo gruppo di giovani talenti racconta lo spirito della sub-cultura Versus», ha spiegato Versace. «L’audacia e le problematiche della nuova generazione di creativi sono protagonisti degli scatti».
ROBERTO ROSSELLINI WORK: model & designer / FOR: himself / WHERE: NYC Milioni di ricci in testa, che diventano spesso anche rasta. E una creatività che esplode in tutte le direzioni. Roberto Rossellini ha sempre respirato cinema, fotografia e teatro, fin da piccolo, grazie alla sua mamma adottiva, l’attrice icona di una generazione, Isabella Rossellini. Nella vita, è modello sia per editoriali che per sfilate (recentemente, a Milano, ha partecipato allo show di Dolce&Gabbana tra i millennial), ama fotografare e ha recentemente lanciato il suo marchio CTRL+, ancora in fase di sviluppo, dedicato a un pubblico che ama lo streetwear futuristico e unisex.
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MARGHERITA ROVELLI WORK: designer / FOR: M\R / WHERE: Milan Classe 1994, Margherita Rovelli ha da poco lanciato a Parigi il suo marchio M\R. Un diploma in fashion styling presso l’Istituto Marangoni di Milano ed esperienze con Leith Clark, Viviana Volpicella e la giornalista JJ Martin, nel 2016 ha fondato il suo blog di moda, fin da subito un grande successo. Grazie alla sua personalità scoppiettante è una delle millennial protagoniste dello streetstyle internazionale ed è apparsa più volte su Vogue.com, WMag.com, The Sartorialist e sul blog di Adam Katz Sinding. Il suo brand vuole vestire le donne che amano il mix tra il menswear brit e il mondo sensuale della lingerie.
MIQUELA SOUSA WORK: virtual influencer / FOR: herself / WHERE: Los Angeles Ha più di 750 mila follower su Instagram. È bella e affascinante. Ama vestire alla moda. È invitata alle sfilate di tutto il mondo. Fin qui nulla di speciale. Se non che Miquela Sousa esiste solo nel mondo virtuale: è la prima virtual influencer del globo. Una specie di avatar deluxe 2.0, che ama raccontare ciò che vede, che indossa, che mangia e beve a pranzo con le amiche. Che rappresenti il futuro dei fashion influencer? Forse. Di certo il fashion system si è accorto di quanto sia facile collaborare con Miquela: nessun problema di taglia, nessuna spedizione di abiti e accessori, nessuna difficoltà nel reperire il look. Solo tanta passione.
LAURENZ STOCKNER WORK: product designer / FOR: Laurenz / WHERE: Brixen Laurenz Stockner è l’unico artista italiano che corre per vincere la seconda edizione del Loewe craft prize. Lanciato nel 2016 dalla Loewe Foundation, questo premio annuale vuole esibire e celebrare l’eccellenza, il valore artistico e l’innovazione nell’ambito dell’artigianato moderno. I finalisti sono stati selezionati da un comitato di esperti tra oltre 1.900 candidature provenienti da 75 paesi. Stockner ha realizzato la Ciotola di rame/forma elastica, che acquisisce profondità visiva attraverso la sua colorazione ossidata e la sua superficie flessibile, delicatamente graduata nella consistenza e nel colore.
GORDON VON STEINER WORK: filmmaker & photographer / FOR: himself / WHERE: NYC Gordon von Steiner, 29 anni, è un cineasta britannico/canadese che vive a New York e che si è già affermato come uno dei talenti più richiesti dalle maison del lusso. Oltre al suo lavoro con Steven Meisel, il creativo ha diretto film per Louis Vuitton, Dior e Chanel, oltre a lavorare regolarmente con pubblicazioni come Vogue (suo il film Funny con Céline Dion), W Magazine o il brand H&M. Il suo occhio per l'estetica e l’amore per una narrativa avvincente si fondono in pellicole provocatorie ed emotive. Per il marchio Jacquemus, a Tenerife ha realizzato il corto La Bomba, in collaborazione con The Woolmark company.
WENDY YU WORK: founder & ceo / FOR: Yu Capital / WHERE: London Il suo fondo d’investimento sarà uno degli sponsor più prestigiosi della mostra «Heavenly bodies» al Met-Metropolitan museum di New York a maggio, curata da Andrew Bolton sotto l’egida ala del direttore di Vogue America, Anna Wintour. Wendy Yu ha origini cinesi ed è investor nel campo della moda e della tecnologia, oltre che imprenditrice e filantropa. È il più giovane patron del progetto Trust del British fashion council e supporta molte organizzazioni tra cui Amfar, British museum, V&A museum, la Naked heart foundation. È anche vicepresidente della holding di famiglia, il Mentian group.
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backstage
MOODBOARD
L’emigrazione, la passione forte e l’American dream. Antonio Marras fantastica sulla storia di un suo antenato del XVIII secolo. By Ludovica Tofanelli
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Un viaggio creativo trasversale, che unisce passato e presente, l’America all’Europa, Antonio Marras a un suo stesso antenato. La collezione autunno-inverno 2018/19 immaginata dal designer sardo è un tuffo all’indietro che arriva alla fine del 1700, narrando la storia di John Marras. Un personaggio che nella realtà prendeva il nome di Jean e che lo stilista di Alghero ha oggi riscoperto, fantasticando sulla possibilità di far parte dello stesso albero genealogico e di essere quindi un suo discendente. «Si tratta di una persona realmente esistita, che dalla Francia aveva viaggiato fino in America, diventando miniaturista. Era poi arrivato a Costantinopoli come braccio destro del sultano, facendo tappa anche in Sardegna, dove si innamorò di una donna del luogo e concepì con lei un figlio. Ho quindi immaginato che la sua figura potesse essere quella di un mio antenato», racconta Antonio Marras nel backstage della sua sfilata, ripercorrendo il lontano vissuto nei suoi patchwork fantasiosi. Mentre lo stilista spiega la collezione, il moodbo-
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ard alle sue spalle si impregna di significato. Le immagini che lo compongono narrano il percorso compiuto dallo stesso John e ne segnano le innumerevoli tappe. Ad accompagnare il protagonista c’è sempre il mare, che affronta a vele spiegate. Il mondo nautico di una volta emerge in un diario di bordo a forma di collage, unendo il blu dell’oceano al bianco delle tele. Le imbarcazioni attraversano l’Atlantico come il Titanic, racchiudendo il vissuto di John Marras e dei suoi compagni. «Si viaggia su questo pontile animato dalle persone che vivono la nave stessa. Ho pensato a un finale che omaggiasse il cinema statunitense, una sorta di musical per rappresentare la realizzazione del sogno americano», continua il
creativo, fornendo la chiave interpretativa delle live performance danzanti ma anche della sua collezione. A formarla sono stratificazioni di tulle e felpe over, contaminazioni tra lo street e il romantico, sensazioni intime date dal nero ed esplosioni passionali suggerite dagli accenti di rosso. Tra finzione e realtà, la storia di John Marras si tinge di aneddoti e sfocia in un finale tra il teatrale e il cinematografico, per raccontare i giorni che furono ma anche la contemporaneità. «Siamo protagonisti e spettatori di tragedie. Non possiamo far finta di niente o dimenticare ciò che succede nel nostro mare», conclude Marras, suggellando il significato allegorico sull’immigrazione contenuto dalla sua passerella.
sopra, il moodboard della sfilata di antonio marras fall-winter 2018/19
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set design
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super architetture, installazioni teatrali e opere d'arte. ecco i migliori allestimenti iconici ideati da progettisti deluxe. BY sara rezk
chanel designed by chanel (foto olivier saillant)
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PRODUCTION AND DESIGN BY Villa Eugénie
PRODUCTION AND DESIGN BY coach (foto Daniel Salemi)
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PRODUCTION AND DESIGN BY moncler
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PRODUCTION AND DESIGN BY lacoste
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FASHION MOVES
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foto Brett Lloyd
foto JACK DAVISON
CAMBI DI DIREZIONE CREATIVA, TRASFERTE VERSO NUOVE FASHION WEEK E DEBUTTI. ecco LE NOVITà DA SEGNARE IN AGENDA CHE ANIMERANNO LE PASSERELLE uomo primavera-estate 2019. BY LUDOVICA TOFANELLI
Craig Green goes to Pitti Uomo
Kim Jones goes to Dior Homme
Sarà una trasferta speciale quella che riguarderà Craig Green a giugno. Lo stilista inglese, che solitamente sfila in occasione della settimana della moda di Londra, porterà per la prima volta la sua linea omonima nella cornice della Fortezza da Basso. «È un onore per me essere invitato come guest designer di Pitti immagine uomo 94, aggiungendo il mio nome allo straordinario elenco di designer che hanno partecipato alle precedenti edizioni», ha spiegato il creativo in occasione dell’annuncio, preparandosi quindi a presentare la sua collezione primavera-estate 2019 a Firenze.
Nel giro di poltrone del menswear rientra tra i protagonisti anche Kim Jones. Lasciato il ruolo di direttore creativo delle collezioni maschili di Louis Vuitton, che ricopriva da sette anni, lo stilista passa alla guida di un’altra maison del gruppo Lvmh. La sua nuova sfida è l’incarico di direttore creativo di Dior homme, affiancando quindi Maria Grazia Chiuri, direttore artistico del ready to wear donna e della haute couture di Dior, e Victoire de Castellane, designer della fine jewelry. Riguardo alla sua direzione estetica, che sarà svelata a giugno con un défilé parigino, ha spiegato: «Sono impegnato nel creare una moderna e innovativa silhouette maschile».
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Virgil Abloh goes to Louis Vuitton
Jacquemus to launch menswear
Una nomina tanto attesa quanto chiacchierata. Dal momento in cui Kim Jones ha lasciato la direzione creativa del menswear di Louis Vuitton, i rumors del fashion system si sono focalizzati su Virgil Abloh come suo successore. E così è stato. Il fondatore di Off-White c/o Virgil Abloh ha assunto il ruolo di direttore artistico delle collezioni uomo della griffe ammiraglia di Lvmh e debutterà a giugno con uno show a Parigi. «Trovo che la storia e l’integrità creativa della maison siano le fonti d’ispirazione chiave a cui guardare per creare parallelismi con i tempi moderni», ha spiegato il creativo in occasione dell’annuncio. Al timone della divisione maschile della maison porterà il suo universo estetico trasversale, fatto non solo di moda, ma anche di design, architettura e musica.
Poche settimane prima dell’annuncio ufficiale, Simon Porte Jacquemus aveva già incuriosito il fashion system con uno sneak peek misterioso. Attraverso il suo profilo Instagram, lo stilista aveva preannunciato l’arrivo di un nuovo lavoro, portando il pubblico a credere che avrebbe preso in mano la direzione creativa di una grande maison. E invece la novità la stava covando in casa propria. Sulla passerella di febbraio, ha salutato i suoi guest con una felpa animata da una scritta significativa: New job. L'homme Jacquemus. La griffe dello stilista francese amplia così i propri orizzonti e si prepara a lanciare il menswear, debuttando con una sfilata ad hoc durante la fashion week parigina di giugno.
Roberto Cavalli goes to Pitti Uomo Tra i movimenti più hot in arrivo c’è anche quello di Roberto Cavalli, sotto la guida creativa di Paul Surridge. Dopo aver dato un primo assaggio del suo menswear con uno show co-ed a febbraio, lo stilista debutterà con la sua prima passerella tutta al maschile, portando il menswear a Pitti immagine uomo. A sottolineare l’importanza dell’evento è stato lo stesso ceo di Roberto Cavalli group, Gian Giacomo Ferraris: «La Roberto Cavalli è nata a Firenze ed è naturale che il suo rilancio passi da questa città. Siamo quindi particolarmente contenti dell’invito di Pitti immagine a cominciare il percorso di Paul Surridge per l’uomo di Roberto Cavalli come Special guest alla 94esima edizione dell'evento in scena il prossimo giugno».
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ATLEIN
ANTONIN TRON. interview by ludovica tofanelli È la natura stessa a permeare l’ibrido firmato Atlein. Nella realizzazione delle sue collezioni, il direttore creativo Antonin Tron fa riferimento al mondo della natura in generale, ma anche a una sua forma particolare. Una tra le più potenti e misteriose, quella dell’oceano. Una fonte d’ispirazione che lo stilista francese guarda con rispetto e che lui stesso affronta di persona praticando il surf. La conquista delle onde è una delle passioni che ha portato all’interno del brand fin dal suo esordio, risalente a solo due anni fa, quando Tron lo ha fondato insieme al partner Gabriele Forte. Il senso di praticità e la ricerca della libertà sono così alla base di una visione sporty-tailoring, portando nel mondo dell’abbigliamento femminile una collisione di pezzi che richiamano le iconiche mute dei surfisti, tra il fluido e lo scultoreo. A ispirarlo, d’altra parte, è un nome che della silhouette ha scritto un pezzo imprescindibile della storia della moda, come Tron stesso racconta in quest’intervista: Azzedine Alaïa. Dietro al suo lavoro c'è una forte passione per il surf... Qual è il suo rapporto con questo sport e con il mare? L'oceano Atlantico è sempre stato presente nella mia vita e nella mia mente. Quindi il riferimento è alla natura in generale. Il surf è anche la ricerca di sensazioni forti e di libertà. Ogni volta è un tentativo di divenire tutt’uno con l’onda. È una relazione di meraviglia e di rispetto. Come traduce tutto ciò nelle sue collezioni? Nella collezione autunno-inverno 2018 l’ispirazione è stata praticamente letterale, con riferimenti alla muta e alla sensualità che trovo nel cambiare l’attrezzatura da surf e nel surfare in Europa durante il freddo inverno. Penso che il modo in cui taglio i vestiti tragga origine da questo ambiente fluido e liquido. Il jersey è stato un punto di riferimento fin dall'inizio. Mi piace lavorarci. Drappeggi e abiti costruiti che non hanno cerniere e una struttura non troppo limitativa. C’è libertà di movimento. Non mi piacciono gli indumenti restrittivi.
La sua ultima collezione è stata ispirata anche dalle parole dello scrittore William Finnegan in Barbarian days... Può spiegare questo riferimento? Ho letto il suo libro la scorsa estate e ho pensato togliesse il fiato. La sua percezione del mondo e il modo in cui descrive la relazione con il surf mi hanno toccato profondamente. Il risultato è un ibrido di sport e tailoring... Come mixa questi due elementi? Penso che Atlein abbia come fonte il mondo fisico: sono una persona molto attiva. Pratico box, yoga e surf. Adoro il trekking e la natura e viaggio molto. Allo stesso tempo sono cresciuto a Parigi e la grande cultura di questo centro urbano è qualcosa a cui faccio riferimento. Mi sono anche formato e ho lavorato nel contesto dell’abbigliamento maschile. Il tailoring è qualcosa che mi viene naturale... Non penso davvero in termini di codici. Come ha iniziato la tua carriera? È inziato tutto ad Anversa alla Royal Academy. Ho ricevuto una call per quella scuola e per il design belga in generale. Il vero inizio della storia di Atlein è stato poi l’incontro con il mio partner Gabriele Forte, che è l'altra metà del marchio. Ha un mentore o qualcuno che la ispira particolarmente? Azzedine Alaïa sarà sempre qualcuno capace di ispirarmi: il suo lavoro e il suo mondo. Qual è la sua idea di look femminile e quale messaggio vuole trasmettere? Credo che il lato più nobile della moda sia far parte della vita attiva di oggi. Come un servizio alle donne perché vivano in armonia nel modo in cui loro stesse vivono. Qual è il suo prossimo passo? Atlein sta crescendo lentamente ma costantemente. Con l'ultima collezione abbiamo potuto esprimere un’intera gamma di capi creando un guardaroba e questa è stata una pietra miliare davvero importante.
in alto, un ritratto di antonin tron
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Vìen
Vincenzo Palazzo. interview by angelo ruggeri Vincenzo Palazzo è innamorato del suo lavoro. I suoi occhi trasmettono emozione quando parla del suo marchio, Vìen. I capi profumano di determinazione, ribellione, malinconia e avanguardia. Tutto mixato all’ennesima potenza. Con lo scopo di trasmettere i suoi valori: libertà, quella punk irresistibile, e qualità estrema. Di forme e materiali. Perché ha scelto di chiamare il marchio Vìen? Ho giocato con le iniziali del mio nome e di quello di Elena, mia amica e modellista delle collezioni. Poi ho scoperto che «vien» è anche uno slang francese che vuol dire «vieni», oltre a essere una parola arcaica per definire una cosa splendida. Cosa faceva prima di lanciare Vìen? Avevo un club in Puglia, più precisamente a Putignano, che oggi è diventato il mio atelier. Organizzavo festival di musica sperimentale ed elettronica, di ricerca. Poi ho iniziato anche con le serate a Milano. Quando ha lanciato Vìen? Circa un anno fa, a febbraio. Gli abiti sono sempre stati la mia ossessione. Sono cresciuto assieme alle mie zie negli anni 80. Putignano è un paese famoso per la sartoria. Lì o facevi formaggi o abiti (ride, ndr). La nonna, sarta, mi raccontava come io fossi eccentrico, sempre alla ricerca di volumi, di tessuti. Insomma, ho sempre voluto fare questo. Quali sono i valori del suo marchio? Prima di tutto il modello. Dietro ciascun capo c’è un lavoro di modellistica non indifferente. Poi c’è la ricerca nel passato, principalmente nell’era Vittoriana e ottocentesca, che rendo punk. Amo i contrasti. Ogni collezione è un’ode al contrasto. Cosa è per lei il punk? Un’attitude. Il punk era libertà, capacità di esprimere se stessi fino all’anarchia. Punk è Patti
Smith, ma anche Rei Kawakubo. Era punk da teenager? Sì, a 15 anni. Ma non con creste colorate e abiti in pelle. Ero punk alla Richard Hell che ha ispirato Malcolm McLaren. Vestivo giacche e pantaloni del papà, maglioni di lana oversize, Dr Martens e spillette ovunque. Come definirebbe il suo lavoro? Schizofrenico, in positivo, perché c’è contrasto e visione. Disordine e ordine insieme. Cosa è per lei la moda? È sogno, come anni 80 e 90 per Yohji Yamamoto e Gianfranco Ferré. Negli ultimi dieci anni, però, la moda è cambiata radicalmente: non è più la passerella che invade la strada ma è la strada che invade la passerella. E con ciò se ne è andata anche quella poesia irresistibile. Sono importanti i social network nel suo lavoro? È tutto troppo veloce, si è perso il sogno. Il buono di Instagram è quello di poter comunicare velocemente, ma tutto diventa plastico. Si assaggia ma non si gusta nulla. Cosa ne pensa della politica? La moda potrebbe aiutarla? Stiamo vivendo un momento di caos: non vedo né testa né coda. La miglior politica, secondo me, è fare economia. La moda può aiutarla, sì, ma abbiamo bisogno di una nuova Dolce vita. Di un nuovo Fellini, di nuova poesia, di brillare nuovamente di luce propria. Le piacerebbe collaborare con qualche marchio? Penso che sia il sogno di ogni creativo oggi, visto la tendenza. Mi piacerebbe collaborare con Nike, Adidas e, perché no, ridisegnare un marchio storico. Un sogno da realizzare? Vorrei rendere Vìen un marchio iconico. Lo spero davvero.
in alto, un ritratto di Vincenzo Palazzo
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shanghai tang
massimiliano giornetti. interview by ludovica tofanelli Eclettico. È l'aggettivo con cui Massimiliano Giornetti definisce se stesso. Un termine che rappresenta gli aspetti variegati del suo universo estetico e personale. La sua ultima avventura prende il nome di Shanghai Tang, brand di Hong kong di cui è direttore creativo, oggi proprietà congiunta di Alessandro Bastagli e del fondo di private equity Cassia investments. Giornetti è entrato a far parte del progetto seguendo un percorso informale, rileggendo un brand denso di cultura che faceva parte della sua stessa memoria. «Il mio ruolo è quello di uno storyteller che racconta attraverso le emozioni», spiega in quest’intervista, sottolineando l’importanza di concetti come il mistero, la sensualità dei sensi e l’arte. Come è iniziata questa nuova avventura con Shanghai Tang? Come tutte le cose interessanti della vita è nata per caso. Quello che mi lega ad Alessandro Bastagli e a suo figlio Edoardo è in primis l’amicizia. È iniziato tutto in modo informale, io ho potuto assorbire e capire come legare il passato del brand a un’interpretazione odierna. Qual è il suo legame con il marchio? Lo conoscevo fin dalle sue origini. Mio padre, in quanto orafo, viaggiava molto in Asia per le fiere della gioielleria, portando spesso la famiglia. Era la porta verso l’Oriente e negli anni 90 Shanghai Tang era una vera e propria destinazione. Un brand fatto di pezzi signature, che fondeva l’artigianato cinese al culto per il bello con uno spirito cosmopolita e glamour. È stato di forte impatto vedere come era diventato di recente… C’era stata una perdita di simbolo e di visione. Che direzione estetica ha preso? Ho immaginato la via della seta di Marco Polo, un link tra Italia e Cina. L’idea è unire le due culture, mescolando simboli cinesi a stilemi italiani, per creare un nuovo linguaggio internazionale. La matrice estetica e culturale cinese deve rimanere, soprattutto nei concetti di
unicità e mistero che caratterizzano il brand. L’Italia, dove produciamo, rappresenta l’artigianato che magnifica questo pensiero senza annientarne il mistero. Come vuole mantenere quest’aura di mistero? La facilità degli acquisti online ha portato alla mancanza di una forma legata ai sensi. La mia ambizione non è disegnare una collezione ma ridisegnare un’estetica e uno stile di vita. Il mio ruolo è quello di storyteller che racconta attraverso le emozioni. La moda oggi non si compra per necessità, è un desiderio. Per creare questo desiderio è necessario legarsi all’esperienza sensoriale… La Cina ancora oggi rimane un paese affascinante e misterioso. Parla molto dell’importanza del raccontare… Ho una formazione letteraria, ho lavorato molto sulla parola e sulla semantica e l'ho trasferito nella moda. Prima di disegnare, faccio una ricerca più che andare a caccia di ispirazione. Che genere di passioni riversa nella moda? La moda è il riflesso di valori che mi appartengono e che applico a ciò che faccio. La passione che vive con me, nella mia casa e nel mio studio è l’arte. Dal mio punto di vista l’arte entra nella moda in maniera delicata, attraverso colori che mi ispirano e influenzano. Sono nato come collezionista di arte antica. Ho iniziato con l’arte cinese, mescolandola poi con vetri italiani degli anni 50 del Novecento, mobili di Paul Evans... Sono incuriosito da cinema, letteratura e arte che mescolo insieme. Sono eclettico, questa è la mia definizione. Per quanto riguarda lo sviluppo del suo progetto personale... È un progetto complesso al quale sto lavorando con cura. Oggi non mancano le proposte di moda, anzi c’è un esubero. Manca però un prodotto qualitativamente alto, il cui price point non passi attraverso i moltiplicatori delle leggi del marketing e del merchandising. Un prodotto che abbia una forte creatività e che rispetti i tempi stessi della creatività.
in alto, un ritratto di MASSIMILIANO GIORNETTI
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Family BUSINESS Q&A with Eva and Robert Cavalli
La complicità del rapporto tra una madre e un figlio, legati da un cognome importante. Eva, ex modella e poi mente creativa della maison fondata nel 1970 da Roberto Cavalli. E Robert, classe 1993, figlio della coppia di stilisti. Dopo un periodo di formazione alla London school of arts, il giovane si è trasferito a Milano per fondare nel 2017 la sua etichetta di moda, Triple RRR, con la quale ha debuttato a gennaio, partecipando alla 93ª edizione di Pitti uomo a Firenze. Il debutto di Robert segna una nuova pagina nella moda per la famiglia Cavalli. Come vi sentite? Eva: Siamo molto eccitati per lui, Robin (il nomignolo dato dalla mamma a Robert, ndr) sa bene quali siano le difficoltà di questo lavoro ma il suo progetto è fantastico e la passione che si tramanda gli dà l'energia giusta per credere in questo brand, che lo rispecchia molto. Robert: Mi sento in grado finalmente di mostrare il mio punto di vista nella moda, la mia visione, la mia poesia attraverso i miei capi. Un giovane Robert Cavalli che porta avanti un nome molto importante. Ma lo sto facendo con serenità, senza guardare al passato e con un approccio molto personale. Qual è il vostro segreto in ambito professionale? E: Lavorare sodo senza mai perdere di vista le richieste del mercato. R: Sognare sempre, ma con un occhio attento al consumatore. Vi date consigli sul lavoro? E: Sì certo, ma Robin è un ragazzo molto intraprendente. Se ha un obiettivo chiaro preferisce usare sempre la sua testa. R: Ci confrontiamo spesso. Ci raccontiamo molte cose. Ragionamo meglio in due. Siamo molto simili ma con una visione diversa della vita. Un pregio e un difetto dell’altro E: Robin si emoziona facilmente, ma questo lavoro richiede molta concentrazione. R: Non potrei dire i difetti di mia mamma, perché molte volte sono pregi, e viceversa.
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C’è un film o una canzone che vi lega? E: Ci piace stare insieme. Guardare un film è sempre un'ottima ocasione per farlo. Amiamo soffermarci sulla scenografia e sui costumi, e insieme sogniamo. R: Siamo due romanticoni. Il cinema che ci lega molto. A volte capita di metterci a letto insieme e guardare un film come se fossi ancora un bambino. Questi sono ricordi che porterò avanti nel tempo. Avete un mentore? E: Io ho avuto un marito, e Robin un padre, come Roberto. Lui ci ha ispirati da sempre. E dunque Robin è cresciuto circondato dalla creatività e dall'intuito. Ha respirato la passione per la moda da quando è nato. R: Sicuramente Lei. Mia madre Eva. È una persona che stimo molto sia in ambito lavorativo sia personale. Sono stato cresciuto in collegio e dunque non ho avuto un rapporto familiare quotidiano. Perciò oggi, oltre al forte affetto che ci lega, ho ancora molto da imparare da lei. Una persona che considerate un’icona nella moda? E: Non ho mai avuto una sola icona. Sicuramente lo sono le donne forti, con una gran carattere, che hanno un proprio stile e non seguono la moda o la tendenza del momento. Fortunatamente di donne così, nella mia vita, ne ho conosciute molte. Due donne con la D maiuscola, e che mi mancano in modo particolare, sono Marta Marzotto e Franca Sozzani. R: Le mie icone fanno parte per lo più del mondo della musica, una mia grande passione. Un idolo è Lenny Kravitz. Con il suo gusto eccentrico è sempre stato avanti anni luce. Benjamin Clementine, invece, incarna il concetto di stile che sto portando avanti oggi. Come vi vedete nel futuro? E: Legati a doppio filo. Siamo una famiglia. E chissà che un giorno non si possa diventare anche colleghi di lavoro. R: All'avanguardia, pronto per vedere i frutti di ciò che ho seminato, e sicuramente sempre al fianco della mia famiglia. Sara Rezk
in alto, eva e robert cavalli
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Un'intervista doppia ad alta velocità. Domande e risposte rapide con una coppia di big player dell’illustrazione. Per scoprire quali sono i punti chiave del loro lavoro. By Angelo Ruggeri
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A N D R E A TA R E L L A Illustrator
Tre parole per definire il suo lavoro Spontaneo, impreciso e ricco di ispirazione. Spontaneo, appassionato e liberatorio. Come è cambiato il mondo dell'illustrazione rispetto a quando ha iniziato a lavorare? È cresciuta l’attenzione nei confronti dell’illustrazione. E c’è maggior richiesta da parte del Oggi c’è molta più attenzione nei confronti degli illustratori: dalla pubblicità ai redazionali, mondo del moda. dal mondo delle stampe tessili alla comunicazione. I social media hanno cambiato il suo modo di lavorare? Molto. Ti danno la possibilità di crearti una vetrina personale in maniera immediata e Sicuramente. Con i social media hai la possibilità di seguire diverse tipologie visibile in tutto il mondo. Prima dovevi mandare il tuo portfolio. Ora, invece, ti basta di creatività e ognuna con un proprio linguaggio preciso. Tutto ciò che vedo, pubblicare e taggare. mi ispira e influenza inevitabilmente. Come si fondono, oggi, i concetti di illustrazione e moda? La moda è quasi sempre stimolante. Ti dà una base molto ricca per lavorare, grazie alle Spesso la moda produce immagini iconiche e legate al contemporaneo. Talmente forti da sue idee, alle immagini, alle diverse ispirazioni. Poi, attraverso la tecnica di acquerello e spingermi a congelarle a mia volta con l'illustrazione. Mi piace l'idea di poter omaggiare il china, traduco quel mondo e lo guardo attraverso la mia lente. lavoro di altri reinterpretandolo a modo mio, trasformandolo in qualche modo in dialogo. Con quali maison le piacerebbe collaborare? Fra tutte, Comme des garçons. È una maison che amo, perché è l’esasperazione positiva Tra le molte, Marni, Gucci, Prada, Msgm, Céline e Balenciaga, per la loro sensibilità della forma e della linea, del colore e della libertà. e vicinanza al mondo dell'arte contemporanea. In che modo fa ricerca di ultime tendenze? Oltre ai social media, leggo e consulto libri, vado a vedere mostre… dipende dal lavoro. Utilizzando Instagram oppure guardandomi intorno. Cosa ama di più del suo lavoro? La possibilità di lavorare su nuovi progetti che ti permettono di crescere assieme al cliente. Il fatto di essere sempre stimolato e di avere sempre qualcosa da dire a riguardo. Rischio e sfida, contemporaneamente. E, soprattutto, avere lo spazio per farlo. Cosa invece non le piace? Forse l’instabilità dovuta all’essere freelance. Un po’ all’avventura, ma molto stimolante. Se devo essere sincero, nulla: cerco di prendere tutto in maniera sportiva. Uno dei momenti più belli della sua carriera? Quando mi hanno chiamato per fare un lavoro per le Isole Borromee. Io sono di Verbania Quando ho ricevuto la notizia della mia vittoria al contest di illustrazione indetto ed è stato un po’ come tornare a casa e far parte del mondo creativo di dove sono nato. da Prada (il Swing manga contest del 2011, ndr). Un sogno da realizzare? Lavorare con il cinema o con il mondo della musica. Continuare a sognare.
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linda cantello interview by silvia manzoni
dall'alto, in senso orario, alcune modelle nel backstage della sfilata giorgio armani f-w 2018/19 e un ritratto di Linda cantello, international make-up artist giorgio armani
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È più di una star, termine che non apprezzerebbe neppure. Ma senza dubbio è una vera leggenda del make-up. The Queen, come tutti la definiscono dietro le quinte. Che ha lavorato con i più grandi fotografi di moda, da Irving Penn a Richard Avedon, e star come David Bowie sulla cover dell'album Black tie white nose. Giorgio Armani l'ha voluta al suo fianco come international make-up artist. Oggi Linda Cantello, tra una sfilata e i viaggi nei laboratori L'Oréal per mettere a punto la creazione di nuovi prodotti, si è costruita la fama di eminenza grigia del maquillage più creativo e high tech del fashion world. Che posto occupa la ricerca nel suo lavoro? Importantissimo. Ho sempre mostrato interesse per le discipline scientifiche, al punto che mio padre mi vedeva farmacista. Davanti a una formula mi chiedo sempre cosa ci sia dietro. Quando vedo un buon prodotto, mi interrogo sul perché, cerco di andare in profondità. Sono una persona con un forte senso pratico e con una certa logica. Cerco sempre delle risposte. È la base della ricerca, no? Le sfilate costituiscono un terreno su cui esercitare l'innovazione, attraverso l'Armani runway lab. Come funziona? È uno strumento che abbiamo istituito nei backstage per sperimentare nuovi approcci e testare basi e pigmenti. Il signor Armani tiene alle novità e anch'io sono sensibile a questo challenge che si rinnova periodicamente. Il Runway lab ci consente di introdurre alcune vere innovazioni da estendere poi al grande pubblico. Lei e il signor Armani condividete la stessa visione estetica? Senza parlare per lui, credo siamo entrambi attratti da una bellezza non statica, che ammetta l'errore, è questo che le conferisce emozione. Con il fondotinta Maestro ha aperto una breccia in questo settore. Come è riuscita a imporre un prodotto così rivoluzionario? Inizialmente Maestro aveva solo cose da migliorare: conteneva elementi oleosi, alcolici (ride, ndr). Ma era qualcosa di completamente innovativo. E vedrete il prossimo: è una polvere che diventa cremosa a contatto con la pelle, servendosi dell'umidità dell'epidermide per trasformarsi. Lo trovo
straordinario, un'idea sicuramente nuova nel make-up. Secondo lei oggi il trucco dev'essere combinato per forza con un'idea di «do-good»? Questo è quello che auspico. Sono sempre attenta a coniugare l'aspetto del colore con quello della cura della pelle e sono convinta che la linea che oggi separa make-up e skincare presto non esisterà più. Crede che il make-up, come la moda, abbia un'influenza diretta sul comportamento di una donna? Credo che in ogni caso sia il riflesso dei nostri tempi, anche se viviamo in un mondo trendless, ormai. Mi accorgo che alla fine le attese delle donne sul make-up sono le stesse: efficacia, semplicità, autenticità. Lei ha curato il make-up del suo idolo di gioventù, la rock star David Bowie. Oggi che personaggio sognerebbe di truccare? David era il mio eroe. Non ho più la stessa età e i miti cambiano. Oggi sogno di incontrare il Dalai Lama. Sono diventata più saggia, probabilmente. Dove trova nutrimento la sua ispirazione? Ovunque. Le mie passioni mi forniscono continuamente idee. Le passeggiate nella natura (vive in campagna, ndr), per esempio. O la lettura: sono incapace di dormire senza aver letto diverse pagine, mi capita spesso di leggere anche tre libri alla volta. Mi lascio ispirare anche dal giardinaggio, o dalle persone che osservo per strada. Anche lei considera la Corea il paese-laboratorio dell'innovazione nel settore del make-up? La Corea è uno dei tanti luoghi al mondo in cui c'è una vera creatività nel maquillage, e oltretutto è un paese che ha avuto molto peso nel successo di Maestro. Anche se oggi è il Giappone a sembrare più forte nella scoperta di nuovi trend. In ogni caso il bello è prendere un po' da qui e un po' da lì e mescolare tutto. Bisogna avere un'attenzione globale. Qual è il prodotto di trucco che l'accompagna sempre? Il mascara. Ho l'impressione che mi trasformi. Mi sento diversa, con le ciglia truccate. Forse è solo un'illusione ottica, ma è l'oggetto che non manca mai nella mia borsa.
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makeover. Un racconto di bellezza che si muove dietro le quinte. Mixando effetti speciali, suggestioni da sfilata e tips backstage. by paola gervasio Dolce&Gabbana
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REPORT
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Le esclusive, i volti più richiesti e i nomi nuovi dalle sfilate fallwinter 2018/19. Secondo il parere di casting director internazionali, per rivelare le modellE più cool della stagione. By Angelo Ruggeri
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report
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70 | MFF-Magazine For Fashion in questa pagina, Da sinistra, Craig Green, Remo Ruffini, Pierpaolo Piccioli e Simone Rocha al lancio di Moncler Genius
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moncler remo ruffini
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eve, montagna. Un vero Dna per Moncler. Un cerchio che si chiude se quel candore diventa il set naturale per immortalare un momento. Remo Ruffini con Simone Rocha, Craig Gren, Pierpaolo Piccioli, ossia alcuni talenti chiamati a raccolta per la nuova era. Una new vision che va sotto il nome di Moncler genius, progetto svelato lo scorso febbraio a Milano e che ha una data già fissata per il debutto, il prossimo 12 giugno. Quando nei negozi entrerà la prima delle collaborazioni eccellenti stilate per immaginare quel nuovo fashion business model. «Devi aspettare di andare male per cambiare qualcosa?». È questa una delle riflessioni che hanno guidato Ruffini. «Stavamo e stiamo andando bene. Gli ultimi due/tre anni sono stati ottimi. Il consumatore stava cambiando e abbiamo sempre creduto che si debbano anticipare un po’ i tempi». Un indirizzo d’azienda su una falsariga editoriale, un approccio non più stagionale alle collezioni ma quasi un progetto al mese capace di portare sul mercato l’intesa con un creativo diverso, mettendo insieme un pool di designer blasonati o di ricerca. La punta di un iceberg di un cambiamento che tocca logistica, produzione, retail e digitale. La punta di quella nuova, amata, montagna. È contento di questo momento con il lancio di Moncler genius? Contento vediamo, nel senso che abbiamo appena iniziato, ci lavoravamo da tempo ma oggi c’è tutta l’execution, che è la parte importante. Organizzare il lancio per gli addetti ai lavori non dico sia stato facile, ma è andato bene. Adesso si tratta di coinvolgere il consumatore, attrarlo in negozio. Come si arriva agli store? Abbiamo più o meno un progetto editoriale al mese con un tagli totalmente diversi. Comunque fa parte della nostra regia avere più consumatori all’interno del nostro pacchetto. Però bisogna indirizzarli. La prima delivery è quella di Hiroshi Fujiwara, con un tipo di atteggiamento che non è street, perché non volevo entrare nel mondo dello streetwear, però comunque è il mood delle persone che camminano per la strada. Poi arriva Pierpaolo Piccioli, che ha una attitude totalmente diversa. Una signora sofisticata, un cromatismo pazzesco. Dunque con lui chiamiamo un consumatore diverso. Poi arriva Craig Green che è comunque super sofisticato, ma allo stesso tempo è molto concettuale. Una scommessa? La gara è dura, ed è tutta in salita. Il progetto Genius è un progetto innovativo per il nostro settore, possiamo prendere poco spunto da quello che è già successo. Forse la prima stagione sarà di messa a punto, perché credo che l’innovazione porti anche un po’ a questo, alla sperimentazione. Ma siamo convinti che sia un progetto a lungo termine, dunque ci miglioreremo di giorno in giorno e speriamo di arrivare all’obiettivo finale che è
servizio stefano roncato foto Valerio mezzanotti / toggle(off) visionary geeks
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due look moncler craig green; Hair and make up: beautick; casting director: piergiorgio del moro @ exposure ny
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in queste pagine, un look moncler simone rocha; Hair: duffy @ streeters; make up: thomas de kluyver; casting DIRECTOR: piergiorgio del moro @ exposure ny
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quello di andare oltre il concetto stagionale. Non perché io abbia alcunché contro le stagioni, non perché noi d’estate siamo meno forti. Ma per creare un’energia sempre nuova per il consumatore finale. Questo è l’obiettivo vero. Sentivate la necessità di un cambiamento? Onestamente a livello di marchio non ne sentivamo il bisogno. Stavamo e stiamo andando bene. Gli ultimi due/tre anni sono stati ottimi. Il fatto è che il consumatore stava cambiando e noi abbiamo sempre creduto si debbano anticipare i tempi. Il consumatore oggi è molto diverso, non è più locale, cambia il guardaroba e 15 giorni dopo vuole andare a fare shopping. Il consumatore gira molto perché è cambiato il modo di vivere. È molto sensibile all’experience. Lo si vede bene nell’hospitality, nel food & beverage. Settori diversi dal nostro ma da tenere in considerazione. Il mondo sta cambiando e noi dobbiamo cambiare prima degli altri. Lei parla di un Genius network… Ovvero tutti quelli che ci dovrebbero dare una mano a trasferire questo messaggio. Sono negozi, giornali... Credo che sia importante creare una community che può essere formata da clienti, consumatori nostri e non, che apprezzano quel tipo di progetto editoriale. In qualche modo io penso un po’ a un giornale… Perché questa visione quasi editoriale? Abbiamo bisogno di altre cose al di fuori del prodotto per comunicare il progetto, e quando penso a come comunicarlo mi viene in mente un giornale, un magazine che ha una sua struttura e un suo progetto forte. Certo, noi siamo un po’ diversi nel senso che ogni mese dobbiamo avere il progetto Genius come testata, ma all’interno dobbiamo creare contenuti differenti, che si rivolgono a un consumatore diverso. Dunque è ancora un po’ più complicato. Il titolo è uguale, ma l’immagine no. Come evolverà? Un primo step in cui questi progetti saranno mensili, dunque non ritroveremo l’energia del Genius building che abbiamo visto a febbraio. La rivedremo l'1 di ottobre quando cercheremo di riunire tutti i progetti e creeremo dei pop-up nei department store e dentro i nostri negozi. E il Genius building? Sarà una volta l’anno. Questa energia che ho sentito a Milano, che era un po’ quella che c’era a New York dieci/dodici anni fa e che un po’ si è persa, devo esser del tutto sincero, mi è piaciuta molto. Lei è alla guida di Moncler dal 2003, 15 anni di crescita velocissima? Non velocissima. In crescita sì, ma siamo andati avanti step by step. Nei primi tre/quattro anni abbiamo messo a posto la parte organizzativa. E nel frattempo procedevamo a piccoli passi per capire come uscire da quel mondo solo sport e per dialogare con clienti diversi. Poi nel 2009 abbiamo iniziato ad aprire i nostri negozi e dunque da azienda puramente wholesale abbiamo intrapreso un percorso retail. Quasi un’altra startup, diciamo. Oggi siamo al 75% retail, con una cultura e una mentalità totalmente diverse. Nel frattempo, ci siamo affiancati al mondo della moda con le sfilate, che prima non ci appartenevano. E adesso? Siamo a uno step successivo, ci rivolgiamo in modo sempre più diretto al consumatore, non pensando più alle stagioni. Creare progetti mensili è un inizio. Il sogno è quello di diventare un’azienda "mensilizzata" a tutti gli effetti, perché oggi, ribadisco, la maggior parte del nostro fatturato è dato dalla collezione Moncler main, quella che comunque ci sarà sempre nei negozi. Se poi riuscissimo un domani ad avere tutto il nostro progetto al 100%, di mensilizzare tutti i negozi del mondo… È un’execution molto complessa, però mi piacerebbe molto. Non la spaventa questo progetto? L’alternativa qual è? Devi aspettare di avere problemi per cambiare? Credo di no, perché quando vai bene devi trovare il modo di capire cosa il mercato vuole veramente, cercare di ascoltarlo, per anticiparlo. Si parla tanto di co-branding, co-lab. Ma voi siete stati apripista… Il primo è stato Junya Watanabe. Siam partiti da lì per capire se riuscivamo a uscire dai
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negozi di articoli sportivi e andare in un altro tipo di store. Mi sono domandato chi potesse darci una mano. E l’intesa che si è creata con Adrian Joffe (mente business di Comme des garçons) è stata fondamentale. Gli ho spiegato cosa mi serviva, gli ho spiegato che cosa faceva questa azienda. La mia fortuna è che Junya era già un entusiasta di Moncler e siamo partiti con una collaborazione. Ugualmente è stato con Nicolas Ghesquière da Balenciaga. Dopo un paio d’anni, Adrian mi ha proposto un’atra cosa. «Perché non facciamo un negozio che cambia pelle ogni giorno?» e abbiamo aperto uno store che si chiamava 365, a Tokyo. Ogni giorno cambiava oggetti di vendita. Un po’ producevamo noi, un po’ producevano loro. Magari era anche solo una T-shirt. Però è stato un progetto per il mercato giapponese che ci ha dato una grandissima visibilità. Avete interagito con tantissimi creativi, ma c’è qualcuno con cui vorresti lavorare? Ci sono tanti giovani adesso che mi piacciono. Ho una sorta di lista nel telefonino. Ci saranno una quindicina di nomi, tanti direi, perché di solito ne ho uno o due. A me piace molto il Giappone però c’è qualche inglese che mi interessa. E italiani? Onestamente non ne vedo. A parte Palm angels… Sì però ci abbiamo già collaborato ed è cresciuto in casa. È venuto che aveva vent’anni. A livello di numeri è contento? Pensa che ci siano degli obiettivi a lunghissimo termine…? I numeri non li ho mai guardati, ed è la verità. Quando lo dico agli analisti non ci credono… Strabuzzano gli occhi? Non li ho mai guardati. Ho sempre pensato che se si lavora bene si segue una strategia solida. Non cediamo mai a compromessi, preferiamo un rapporto sano col consumatore. Ci sono dei mesi, come il secondo quarter, in cui forse si fa più fatica. Ma siamo contenti di far fatica perché almeno non scendiamo a compromessi di strategia. Sarebbe facile, per esempio, fare 60 polo con altrettanti ricami e riempire il negozio… Invece cerchiamo sempre di essere Moncler dodici mesi all’anno con una strategia chiara. Il termine giusto è rigore. Se lavori bene e hai un forte rigore, i numeri di conseguenza dovrebbero venire. Fino a oggi son venuti, ecco, diciamola così. Come si evolverà la comunicazione? Credo che oggi debba essere davvero omnicanale. Per esempio tutti parlano del digital ma non credo che rimarrà solo quello. È lo stesso per la distribuzione? Moriranno i negozi fisici? Non credo proprio. Le grandi aziende di consulenza dicono che nel 2025 l’online rappresenterà il 25% del nostro business, cosa che è verosimile. L’esperienza sarà sempre importante. Credo che ci sarà anche nelle nuove generazioni la voglia di non essere chiusi in casa con un cellulare a guardare tutto. Dunque immagino un buon bilanciamento. Comunicare solo sul digitale? No, non solo. Vendere online? Non solo. Dare esperienze? Sì, ma non solo, dunque cercare veramente di essere onnipresenti e di creare hub forti. Siamo un po’ tutti agli inizi, però aziende come Burberry ci hanno fatto capire che si può lavorare con il consumatore in modi diversi. Io credo che questo approccio riguarderà tutte le aree dell’azienda. La comunicazione sicuramente, ma anche la logistica. La parola flessibilità in questo diventa molto importante. Flessibilità, un po’ come lei che sembra seguire tanti aspetti. Come si vede? Più amministratore delegato, creativo…? Sa che non lo so ancora? La cosa buona è che siamo ben strutturati, nel senso che io ho solo due riporti, e già credo che sia un buon vantaggio per un’azienda come la nostra. E in tre ci siamo divisi un po’ i compiti. Stiamo lavorando bene. Poi non faccio l’amministratore delegato, non faccio il direttore creativo, non ho una funzione ben delineata. Lei ha usato molto una parola, forse potrebbe essere giusta anche per lei… Omnicanale? Full translation at page 144
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nella foto, alcuni look MONCLER FRAGMENT HIROSHI FUJIWARA​; models: street casting; casting director: creart vt
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nelle foto, look MONCLER GRENOBLE; hair and Make up: beautick; casting director: piergiorgio del moro @ exposure ny; production: villa eugĂŠnie; photo asisstant: Christian Boscarino
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L’
tommy hilfiger
American dream che si materializza a Milano. Lo show che diventa un happening. Supermodelle. Social media impazziti. Pubblico in fibrillazione. Zone di Milano che si fermano quando Gigi Hadid fa la sua comparsa in un negozio assieme a lui, Tommy Hilfiger. Che appena parla fa subito venire alla mente ricordi, pezzi di storia della moda. Di ieri ma anche di oggi. La grande passione per la musica. Quell’iconico streetstyle che è tornato a far conoscere ai millenials. La velocità a più riprese. Dall’intuizione di Internet e del see now buy now a quella della Formula 1, ispirazione dello show portato in scena a Milano, Tommynow drive. Che suggella una doppia novità. L’avvio di una partnership pluriennale con la scuderia Mercedes-AMG Petronas motorsport e la recente intesa con Lewis Hamilton. «The Gigi thing è
accaduta nel momento giusto», ha spiegato lo stesso Hilfiger, «ma dopo questa second life adesso dobbiamo entrare nella terza vita. In questo business bisogna continuare ad andare avanti. Nella moda le persone devono riuscire a vedere cose sempre nuove». Aveva parlato molte volte di venire in Italia. Poi è stato a Pitti, ora Milano. Come si sente? Sono davvero molto felice di essere qui. Essere a Milano con i più grandi, Gucci, Prada, Dolce&Gabbana, Missoni, Giorgio Armani. È tutto grande. Sono onorato di essere nella stessa città con questi nomi. E abbiamo anche trovato una location stupenda per lo show. Sono anche felice di essere all'interno di un world tour. Questo è il secondo stop fuori dagli Stati Uniti, dopo il primo appuntamento a Londra. Ci stavamo riflettendo. Dovremmo farlo a Parigi? Dovremmo farlo a…? Milano,
ovviamente. Perché l’Italia, perché le piace? Il nostro business qui è forte. I clienti italiani amano Tommy Hilfiger. Abbiamo un negozio a Firenze, stiamo cercando uno spot a Roma. Tanti store, tanti consumatori e young people che hanno abbracciato il nostro marchio in un bel modo. Quanto è importante oggi avere un refresh con nuovi consumatori? Non vorremmo mai abbandonare i nostri clienti che sono sempre stati con noi. Ma vogliamo portare dentro nuovi customers. Perché devi rimanere sulla cresta dell’onda, attirare l’interesse, E con la Gigi collection, rimanere relevant regala un brivido al brand. Questa è l’ultima collezione con Hadid, arrivata alla quarta puntata. What’s next? Non posso ancora dirlo. Intanto visto che abbiamo siglato una sponsorizzazione
del racing team di Mercedes, la collezione che abbiamo appena portato in passerella ha come ispirazione il modo delle corse ad alta velocità. Così come le corse si spostano in tutto il mondo, voi fate un world tour… La Formula 1 è una sorta di premiere of racing. Un’alta moda delle corse? Esattamente. Vanno a Shanghai, vanno a Melbourne, quindi partono per la Germania, per l'Austria e l'Italia. Vivono worldwide. Quindi è la cosa giusta da fare per essere un brand globale con un grande bacino di client. E dopo Milano dove vuole andare con lo show? Stiamo pensando all’Asia ma ancora non sappiamo in quale città. Potremmo andare in decine di posti e non riuscire a coprire tutto il mercato asiatico. È enorme… Come è cambiata per voi l’Asia?
servizio stefano roncato foto stépHAne feugère e JASON LLOYD-EVANS
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Tommy Hilfiger con Gigi Hadid vestita TommyxGigi e quattro modelli in Hilfiger collection
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Negli anni è sempre stata in crescita. Ma adesso vediamo un dramatic increase. Il consumatore è così attirato da tutto quello che accade nel mondo. Fanno shopping con il telefonino e vogliono essere davvero informati su ciò che accade. Quindi abbigliamento, brands, orologi, automobile, sneakers. Hanno le antenne drizzate su tutto. Un nuovo approccio, un nuovo modo di fare shopping… È nuovo ma soprattutto è attraverso il cellulare. Hanno le same day delivery, consegne con i droni. È tutto molto avanzato. Sembra Blade runner versione shopping. Ma quanto è complicato organizzare tutto ciò per soddisfare questa nuova domanda legata agli smartphone? Non molto. Comunque non è diverso in ogni posto. Siamo presenti in Cina da più di 15 anni, abbiamo iniziato con un negozio a Shanghai. Poi store a Hong Kong. È da un po’ che siamo arrivati, ma ora stiamo veramente iniziando a crescere. Nuove visioni e tecnologia sono un argomento che l’ha sempre attirata molto, è stato quasi un precursore. Diceva che bisognava essere veloci… All’epoca, era un momento pre see nowbuy now. Dicevamo quanto sarebbe stato fantastico realizzare uno show così. Poi abbiamo chiamato Gigi a co-disegnare con noi. E quella prima sfilata ha ricevuto
più di 2 miliardi di impressions sui social media. Il secondo è salito a 2,5 e con il terzo quasi 2,8/2,9 miliardi. Stiamo parlando di social media impressions, il potere dei social media sta guidando questo brand. Abbiamo registrato un aumento del 900% sul sito tommy.com. È stato fenomenale. Ma a questo punto non ha paura di lasciar andar via Gigi Hadid? In questo business bisogna continuare ad andare avanti. Nella moda le persone devono vedere cose sempre nuove. E abbiamo delle news esaltanti per il futuro. Ma rimane il fatto che Gigi è fantastica e che abbiamo fatto una bella corsa insieme. Fa parte della famiglia. Pensando alla storia del marchio, la mossa del see now-buy now ha sicuramente aumentato il ritmo, come direbbe lei, super fast. È stata una sorta di Tommy 2.0? Aspettavamo qualcosa di entusiasmante da fare e parlavamo del come/cosa/ quando/dove. The Gigi thing è accaduta al momento giusto, proprio quando stavamo abbracciando digital e social media. E tutto è accaduto nello stesso momento, ma una delle cose successe e che era molto importante riguarda l’intera traiettoria. Il ritorno degli anni 90. Noi eravamo un brand potente in quegli anni. Molti millennials non avevano mai neanche visto il logo Tommy Hilfiger, la parte athletics o lo streetwear. E quindi li abbiamo rein-
trodotti. Ed è diventato quello che è in questo momento e che chiamerei iconic streetwear. È come una seconda vita, una seconda nascita del brand… Sì, a second life. Adesso dobbiamo entrare nella terza vita. E parte di essa sarà sicuramente la Formula 1, perché è eccitante e il momento è grande. Lanceremo qualcosa d’altro prossimamente che sarà altrettanto potente. Lei ha detto di come sia importante l’Asia, dove i social funzionano molto. State pensando di replicare il Gigi effect con qualche social icon orientale? In realtà collaboriamo con icons da tutto il mondo. Abbiamo un uomo superstar cinese che si chiama Shawn Yue. E lui è The guy in Cina. In ogni regione, cerchiamo le persone giuste. Ma guardando avanti, stiamo preparando alcune sorprese. Diceva di essere molto contento di essere a Milano e ha citato alcuni designer. Ma li ha invitati alla sfilata? Ovviamente, abbiamo invitato tutti gli stilisti. Miuccia Prada stava andando a Parigi, Alessandro Michele era di ritorno a Roma. Perché molti di loro partono subito dopo la sfilata. Ma abbiamo ricevuto dei bellissimi biglietti. Very lovely da Rosita Missoni, Dolce&Gabbana… Tutti hanno mandato le congratulazioni. Sono felice di averli invitati e capisco che appena fi-
nisce la sfilata vuoi solo andare via. Come me. La mattina dopo, sono partito subito per Tokyo. Come vede la fashion week di Milano? Sento l’energia. Venendo da New York a Milano, sento che c’è fashion energy. Tutti i brand più potenti al mondo sono qui. E fa anche shopping da loro? A volte. Se vedi qualcosa che ami, lo compri. Desiderabilità. Qual è il segreto del successo oggi? Devi avere un gran prodotto. Un grande marketing. E devi essere coinvolto nei social media. Allo stesso tempo, i consumatori millenials vogliono sapere tanto dell’azienda e dei tuoi valori. Perché investigano il marchio che guardano, vedono che tipo di persone ci sono dietro il brand. Devi essere generoso verso di loro, aprirti e raccontare. Non è qualcosa che pubblicizzi. Se vogliono scoprire qualcosa, deve essere disponibile. Tornerà a Milano? Sì, certamente. Forse con un altro show? O a Firenze. Siamo già stati a Pitti uomo con un evento. Penso che lo faremo ancora. Ma qual è il suo primo souvenir dell’Italia? Ha presente un Pinocchio? L’ho comprato quando ero un ragazzino. E ce l’ho ancora. Full translation at page 144
Hair: EUGENE SOULEIMAN @ WELLA PROFESSIONALS GLOBAL CREATIVE DIRECTOR AND GHD AMBASSADOR; Make up: MARK CARRASQUILLO @ MAYBELLINE NEW YORK MAKEUP; Models: NANDY NICODEME @ ANEXT NEW YORK; SARAH FRASER @ APM MODEL MANAGEMENT; SIMON MARTYN @ ELITE MODEL MANAGEMENT PARIS; GIGI HaDID; PK HOLDBROOK-SMITH @ RED MODEL MANAGEMENT; ADESUWA AIGHEWI @ THE SOCIETY MANAGEMENT NEW YORK; Casting director: MICHELLE LEE; PRODUCTION: KCD; looks: Tommyxgigi e hilfiger collection
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dior maria grazia chiuri
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ékin, Shanghai, Chinoiseries, Nuit de Chine, Hong Kong e Bleu de Chine. Sono i nomi di alcune delle creazioni che monsieur Christian Dior dedicò alla Cina. Un Paese mai visitato dal couturier ma che ne permeò in maniera unica l’immaginario, a testimonianza di quanto la sua visione fosse votata all’internazionalità. Ed è proprio a questo Paese che la maison ha voluto rendere omaggio con un maxi evento al Minsheng museum di Shanghai, location dove ha sfilato la collezione haute couture primavera-estate 2018 ispirata al Surrealismo assieme a 12 abiti realizzati ad hoc e ispirati all’estetica del ventaglio. Il ventaglio come simbolo di scambio artistico e culturale tra l’Europa e la Cina. Uno strumento che monsieur Dior utilizzò per la campagna del profumo Miss Dior nel 1949, realizzata da René Gruau. Un oggetto di seduzione che è diventato oggi il fil rouge tra la nuova anima stilistica della casa di moda e l’ex Celeste impero. «Dior è stato fin dalle sue origini un marchio internazionale e questo aspetto mi
ha da subito stupita quando ho iniziato a esplorarne gli archivi», ha raccontato Maria Grazia Chiuri, alla seconda esperienze in Cina come direttore creativo della maison di Lvmh. Come ha vissuto questa nuova esperienza in Cina? È la seconda volta che mi sono trovata in Cina come direttore creativo della maison. Lo scorso anno era stato con la collezione di ready to wear invernale ispirata al colore blu, quest’anno con l’alta moda. Andare in Cina con questa collezione ha avuto un significato speciale. È stata l’occasione per mostrare alle nostre clienti il valore di questi capi, ciò che si nasconde dietro le loro preziose lavorazioni, trasmettere l’heritage della maison. Perché sono stati realizzati dieci capi speciali per questo show? L’idea era di regalare alle clienti cinesi qualcosa di unico. Il punto di partenza è stato il ventaglio, un oggetto che collega la Cina al mondo di Dior. Ho ripreso una serie di riferimenti a vestiti storici di monsiuer Dior per realizzare abiti di tulle plissettati con volute che ricordano il movi-
testo chiara bottoni foto fan xin
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mento del ventaglio. Ho trovato anche un accessorio con la scritta Christian Dior che ho voluto riprodurre su una di queste creazioni. Molti di questi capi sono in rosso. Come mai questa scelta? Il rosso è un colore che monsieur Dior amava molto, lo considerava energico, positivo, il colore della vita. Il rosso è un colore che si ritrova anche nelle lacche, oggetti eccezionali parte della tradizione dei Paesi orientali, la cui superficie evoca subito le atmosfere senza tempo della Cina imperiale. Utilizzare il rosso vuol dire valorizzare e connettere l’heritage di Dior con una cultura lontana e affascinante. Cosa si prova a portare l’immagine di Dior nel mondo? È sempre molto interessante confrontarsi con altre culture e scoprire quanta conoscenza hanno del marchio. In Cina, ad esempio, c’è una giovanissima generazione che ha grande interesse verso la moda. Ho incontrato diverse persone e tutte hanno dimostrato curiosità verso la maison e mi hanno posto numerose domande sulla mia visione della donna... Cosa rappresenta la Cina per Christian Dior? È un Paese importante per il brand, profondamente radicato nel Dna del suo fondatore che battezzò con nomi cinesi alcune sue creazioni, pur non essendo mai stato in Cina. Da quando ne sono diventata direttore creativo, circa due anni fa, sono rimasta colpita dalla straordinaria presenza internazionale del marchio sin dalle sue origini. Monsieur Dior era in Australia nel 1947 con le sue collezioni, aprì tra i primi un atelier in Nordamerica, andò a Buenos Aires quando ancora viaggiare in aereo non era così comune. Mi piace citare una sua foto con il mappamondo accanto per dire quanto il suo approccio anticipasse i tempi. Come si può comunicare oggi il marchio in questi giovani mercati? È necessario lavorare sull’heritage, soprattutto quando ci si trova di fronte a consumatori anagraficamente giovani. È una questione generazionale. Perciò credo molto nel potere delle mostre per raccontare la storia della moda. Mostre che abbiamo fatto e che continueremo a fare nel mondo.
in questa pagina, due immagini della capsule prêt-à-porter (foto morgan o'donovan). a destra, un primo piano con maschera nera haute couture (foto li kai). in apertura, un ritratto di maria grazia chiuri con modelle vestite haute couture (foto fan xin). tutto dior
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otata di un'anima gentile. Così Simon Holloway, dal 2015 direttore creativo di Agnona, brand di Ermenegildo Zegna group, vede la sua donna. Colorata, femminile, dotata di una sensualità ricercata, mai banale. Lo stilista britannico, che ha lavorato anche per Jimmy Choo, Narciso Rodriguez, Ralph Lauren e Calvin Klein, per le sue collezioni attinge ai preziosi archivi e ai tratti distintivi di un marchio che affonda le radici nel mondo dei tessuti più pregiati e nella storia tutta italiana dell'artigianalità. Da quando è alla guida creativa di Agnona, che tipo di attitudine femminile sta raccontando? La mia donna è colta e dotata di una personalità acuta, apprezza la qualità e l’understatement, ma soprattutto, ha un’anima gentile. È sicura di sé e il suo guardaroba le consente di concentrarsi sulla sua vita professionale, sociale e sui suoi momenti privati con naturalezza. Ha una straordinaria sicurezza interiore. Cosa la affascina di un marchio come questo, legato, anche nel nome, a un territorio? Agnona ha la storia di moda più incredibile mai stata raccontata. Dal 1950 l’azienda forniva diversi paesi e designer con i tessuti più preziosi. Quando sono arrivato, ho scoperto la sua creatività: ricca e profonda. Il brand è spesso associato solo al cappotto cammello o alla maglieria. La realtà è che la sua storia è fatta di colori espressivi e innovazione. Ha un heritage modernista basato sull’integrità dei suoi materiali e sull’artigianalità del suo prêt-à-porter. A cosa si ispira per la creazione delle sue collezioni? Ogni stagione utilizzo gli archivi come punto di partenza per la mia ispirazione. Inoltre ho la fortuna di vivere a Londra e il privilegio di vivere esperienze culturali e artistiche. Per la p-e 2018, per esempio, mi ha colpito il quadro intitolato American collectors (Fred e Marcia Weisman) di David Hockney del 1968. Ho re-immaginato il cappotto rosa di Marcia Weisman nel più lussuoso cashmere double. L'autunno 2018 è stato guidato da una sensibilità femminile e un senso di protezione. Ho fatto riferimento al film Blade runner del 1982 e a un servizio fotografico dai toni molto noir, realizzato per una pubblicazione che la maison ha stampato dal 1972 al 1982. A quale luogo è più legato e quale sceglierebbe adesso per vivere? Amo Londra. È una città che abbraccia la diversità, le culture, la tradizione e l’innovazione. C’è umanità e vera
testo cristina cimato foto salvatore dragone
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inclusività, quasi una celebrazione dell’imperfezione. Ci sono correnti artistiche, architettoniche o periodi storici da cui è maggiormente sedotto? Se mentalmente percorro la libreria di casa mia posso trovare centinaia di libri sulla storia dell’haute couture, il modernismo scandinavo, la Wiener Werkstätte, lo street style inglese e il design italiano del dopoguerra. Ma anche su Hollywood, la scultura inglese del XX secolo, la Pop art, il Bauhaus e l'Art déco. C’è un indumento o accessorio capace di condensare il suo immaginario estetico? Uno dei cappotti in Mohair double face della collezione autunno inverno in blue Kohl o rosa cipria. Questi capi rappresentano tutto ciò che amo del mio lavoro da Agnona: la purezza, l’artigianalità, l’essere femminile e senza tempo. Dove le piacerebbe sfilare e quale allestimento le piacerebbe avere? Lo show ideale è intimo ed eccezionale. Una location architettonica. Luce naturale sugli abiti e sulle modelle. Capelli e make-up naturali. Alcune delle donne più interessanti del mondo per età ed etnia. Una musica che trasporta. Si riesce a parlare a un pubblico giovane e informale con un marchio così storico ed elegante? Abbiamo la fortuna di avere clienti di tutte le età. Ho notato che le donne più giovani vengono da Agnona perché apprezzano la qualità ultra lusso e la discrezione. Certamente non vogliono sembrare più grandi. A loro comunichiamo attraverso i nostri show e a un instagram feed al quale approcciamo da una prospettiva editoriale. C’è un designer giovane che le piace particolarmente o con il quale vorrebbe collaborare? Apprezzo i designer giovani e di talento e credo che andrebbero supportati. Sarebbe fantastico lavorare e supportare un giovane come Ernesto Naranjo per aiutarlo a crescere e per avere il suo contributo nel processo creativo. E invece uno stilista del passato con il quale avrebbe sognato di lavorare? Mademoiselle Chanel. Negli anni 20 e 30 del '900, all’apice della sua modernità, prima che iniziasse a incutere un po’ di timore. O Halston, negli anni 70, quando era influente e mondano. Immagina quanto sarebbe divertente?
Styling: Nancy Rhode; Hair: Duffy; Make up: Miranda Joyce; Models: Tasha Tilberg @ d’management group; Joan Smalls, Amber Valletta @ Img Milano; Ania Chiz @ Next Milan; Edie Campbell @ viva london; Chiara Frizzera @ Women Management Milan; Casting director: Adam Hindle; PRODUCTION: Agnona; looks: agnona FALL-WINTER 18/19
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business view
BUYING-MANIA
Nell’era digitale anche i compratori devono reinventarsi con un ruolo più mediatico, tra nuove sfide di mercato, omnicanalità e social network. ed è in pieno atto il grande valzer di poltrone. by elisabetta campana Da Ken Downing a Roopal Patel, da Elizabeth von der Goltz a Candice Fragis fino a Tiffany Hsu. Spesso sconosciuti al grande pubblico, i buyer sono l’altra faccia della moda. Da un lato stilisti e aziende. Dall’altro i compratori che selezionano, promuovono e vendono le collezioni nei department store, multimarca e marketplace. In mezzo, i sempre più indecifrabili consumatori mobile-oriented, oggetto del desiderio di entrambi. Nell’era digitale, dove i paradigmi che decretano o meno il successo di un brand cambiano repentinamente e per lo più sono imprevedibili, anche i buyer devono reiventarsi. Alla stregua di designer e manager, anche per loro è in atto un valzer di poltrone. Chi va, chi viene, chi accetta nuove sfide professionali. Ma soprattutto, chi approfitta del palcoscenico senza confini offerto dai social network per amplificare la propria visibilità, alimentata dai like dei clienti-follower. Così si impone un ruolo decisamente più mediatico. In un contesto buying 4.0, non sorprende che tra i più avvantaggiati siano proprio i compratori dei marketplace. Come Tiffany Hsu, dallo scorso ottobre fashion buying director di Mytheresa.com, che per il suo profilo Instagram (55,4 mila followers) ha scelto un soprannome a dir poco provocatorio: «Handinfire». Ovvero mano nel fuoco, che la dice lunga sul lavoro sfidante del buyer. Di origine taiwanese e con un trascorso in Lane Crawford e Selfrideges, Tiffany ha ampiamente colmato il vuoto d’immagine lasciato da Justin O’Shea, il top buyer d’origine australiana, attratto dalla carriera di designer che, nel marzo 2016 aveva abbandonato la piattaforma tedesca nell’orbita di Neiman marcus group. Da poco meno di un anno Elizabeth von der Goltz è invece l’autorevole global buying director di Net-a-porter. Altra protagonista del mondo dell’e-commerce è Candice Fragis, buying e merchandising director uomo, donna e bambino di Farfetch: impossibile non notarla alle sfilate con la sua incredibile cascata di riccioli. Anche se vista l’unicità della piattaforma guidata da José Neves, Candice non acquista direttamente le collezioni, ma lavora con la community di boutique e di brand partner per rendere l’offerta unica. Sempre di e-commerce si tratta quando si parla di Coco Chan, head del womenswear di Stylebop.com, che dopo un lungo trascorso in Harvey Nichols ha contribuito a dare un importante slancio al marketplace tedesco. L’antesignana delle vendite sul web è Natalie Kingham: buying director di Matchesfashion.com dal suo inizio. Mondo digitale anche per Riccardo Tortato (115mila followers su Instagram): veneziano doc, ma newyorchese d’adozione, ha lanciato con successo il sito del luxury department store Tsum di Mercury group, oltre a occuparsi del menswear. Passando all’offline, Charlotte Tasset è l’ultima top buyer ad aver cambiato poltrona: l’ex storica chief merchandising officer wo-
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IN QUESTE PAGINE, dall'alto in senso orario, tiffany hsu, dallo scorso ottobre buyer di mytheresa.com; candice fragis, buying and merchandising director di farfetch; Bruce Pask (foto Jonathan Daniel Pryce), fashion director uomo di bergdorf goodman e, dallo scorso settembre anche di neiman marcus; riccardo tortato che ha lanciato il sito del luxury store tsum di mercury group
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menswear, lingerie, bellezza e kidswear di Printemps, a metà marzo è diventata general manager della maison Nina Ricci. Ed è subito scattato il toto-carica su chi la sostituirà. Presentandosi in gennaio, quasi a sorpresa, all’ultima tornata di sfilate maschili, Roopal Patel, fashion director del womenswear di Saks fifth avenue ha invece ufficializzato il suo engagement anche nell’uomo, sostituendo Eric Jennings, uscito dall’insegna americana nel giugno 2017. Doppietta pure per Bruce Pask, fashion director uomo di Bergdorf Goodman che, da settembre, ha assunto lo stesso ruolo in Neiman marcus, entrambi sotto l’egida del Neiman marcus group. Un incarico ad interim svolto per alcune stagioni da Ken Downing, leader incontrastato dell’universo womenswear nei department store basati a Dallas: tra i primi a scommettere sui social network e, in particolare su Instagram con oltre 50 mila followers, è probabilmente il fashion director più famoso al mondo. Perché in realtà i cosiddetti «direttori moda», con particolare enfasi negli Usa, dove spesso diventano vere e proprie star, non solo danno indicazioni ai buyer su cosa acquistare e per questo spesso vengono equiparati a loro, ma si occupano a 360 gradi dell’immagine e delle campagne pubblicitarie dell’insegna. Con il risultato che di frequente ne rappresentano il volto. Oltre ai già citati Downing, Patel e Pask, Linda Fargo, sinonimo dell’offerta donna di Bergdorf Goodman, con i suoi capelli bianco platino, rossetto e gioielli oversize, è tra le icone americane. Hot lo store Linda’s at BG, aperto di recente al quarto piano del noto grande magazzino sulla Fifth avenue, che presenta una selezione di suoi must have. Dall’altra parte del l’oceano Sebastien Manes, su Instagram con lo pseudonimo Exchangramme, è il buying e merchanising director di Selfridegs: con le sue scelte ha contribuito a rendere il department store inglese decisamente cool. In Europa, orfana del concept store parigino Colette che ha chiuso i battenti in dicembre, sono diversi i multibrand di spicco. Tra questi, Storm di Copenhagen con il suo fondatore Rasmus Storm. A Mosca uno dei riferimenti anche online è Aizel Trudel, fermo restando che Alla Verber di Mercury group ed Ekaterina Moiseeva del Bosco di ciliegi sono le due storiche signore della moda russa. A Varsavia, Vitkac, la luxury destination più gettonata della Polonia, è guidata dal buying manager Arkadiusz Likus. Ancora: in medio Oriente, Eda Kuloglu è il punto di riferimento nel colosso Al Tayer Group. A Hong kong un nome che fa la differenza è quello invece Tracey Cheng, direttore del merchandising womenswear di I.T. Infine, in Giappone Kiyohiko Takada, fashion director di Isetan-Mitsukoshi, è l’ideatore e l’anima di Isetan men, il department store uomo numero uno al mondo. Questa carrellata tra i top buyer del mondo, esclusi gli italiani che meritano un discorso a sé, offre un’idea del dietro le quinte della moda. Di tutti coloro che ogni giorno si impegnano per vendere al meglio ciò che i designer creano. L’avvento del digitale, in realtà, fa sembrare solo in apparenza più lontani gli anni Settanta, in cui Joyce Ma, icona di stile e fondatrice del multibrand Joyce a Hong kong, ha fatto scoprire la moda nel Far
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IN QUESTE PAGINE, dall'alto a sinistra in senso orario, kiyohiko takada, fashion director di isetan-mitsukoshi e ideatore di isetan men; ken downing, fashion director di Neiman Marcus; Coco chan, head del womenswear di stylebop; roopal patel, fashion director women e menswear di saks fifth avenue; Elizabeth Von der goltz, global buying director di net-a-porter
east. Così come Joan Burstein, la famosa Lady B. dei multimarca Browns a Londra (adesso nell’orbita di Farfetch), ha portato il fashion in Gran Bretagna. O gli americani Derrill Osborn, Joan Kaner e Dawn Mello hanno segnato un’epoca per Neiman Marcus, Bergdorf Goodman e Saks fifth avenue. Le sfide dei buyer restano infatti essenzialmente le stesse: grazie alle loro scelte, a come propongono abbigliamento e accessori e al modo in cui lo raccontano, concorrono fortemente ancora oggi a decretare il successo o meno di un brand. Certo, nell’era di Instagram e Youtube, anche gli influencer fanno la loro, ma in corso di stagione. Ai buyer spetta invece il difficile e quasi divinatorio compito di ordinare le collezioni fino a 8 mesi prima rispetto a quando andranno in vendita. Perché nonostante le capsule «pronta consegna» o il «see now by now» che non ha avuto il proselitismo previsto, nell’universo luxury la maggior parte della moda viene acquistata dai compratori con grande anticipo. Una abilità che ai tempi del web, con il mercato che cambia alla velocità della luce, è messa a durissima prova. E allora, online od offline che sia, è la vera passione a contare. Quella che ha ancora un senso chiamare buying-mania.
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In queste pagine Dall'alto, in senso orario, l'adv nike scattata da jean paul goude, in cui compare simon porte jacquemus (con maglia a righe), autore dei look dei bleues di francia, una proposta adidas x gosha rubchinskiy, le away kit delle federazioni nazionali partner di puma, la nigeria football collection di nike e la nike mercurial superfly 360 x Kim Jones
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big match
i mondiali di calcio attirano spettatori e potenziali clienti. Così, i big dello sportswear, da nike ad adidas, si contendono sponsorizzazioni milionarie e corteggiano il mondo della moda. BY fabio gibellino Un miliardo di persone davanti alla tv per la finale tra Germania e Argentina. È questo l'ordine di grandezza che fa dei Mondiali di calcio uno dei momenti più attesi dagli sponsor e, perché no, dalla moda. Naturalmente l'augurio di tutti è che quel numero possa essere superato quest'anno in occasione della Fifa world cup di Russia 2018. E ancor più alta è la speranza che quegli spettatori siano tanto appassionati da trasformarsi in clienti. Auspicio che prima di ogni altro è ambìto dai grandi brand dello sportswear che, in totale, ogni anno investono circa 500 milioni di euro per sponsorizzare le maglie di tutte le nazionali del mondo. A dettare legge, in questa edizione, saranno per l'appunto Adidas e Nike, che hanno fatto di tutto per conquistare le casacche delle squadre più forti, basta pensare agli accordi da 50 milioni di euro all'anno con la Germania (Adidas) e da 43 milioni di euro, sempre ogni 12 mesi, con la Francia (Nike). Non è un caso che tra le otto formazioni di prima fascia, cioè quelle che generalmente possono ambire seriamente al successo finale, quattro (Argentina, Belgio, Germania e Russia) vestiranno tedesco e quattro (Brasile, Francia, Portogallo e Polonia) americano. E anche le due big di seconda fascia non fanno eccezione, con le accoppiate Spagna/Adidas e Inghilterra/Nike. Poca gloria, quest'anno, l'avrà Puma, orfana tra gli altri dell'Italia (a cui versa circa 19 milioni di euro all'anno) e che pone le sue speranza, vane o quasi, su Svizzera e Uruguay. In totale i marchi che parteciperanno ai Mondiali sono nove per 32 formazioni. La più presente è Adidas (12), quindi c'è Nike (10) seguita da Puma (4) e New Balance (2). Con un solo team invece ci sono Umbro, Hummel, Uhlsport e l'italiana Erreà. Ma non è tutto, perché calcio oggi non significa più solo abbigliamento tecnico anzi, l'occhio è sempre più orientato verso lo stile. Non a caso la stessa Nike si è affidata al nuovo enfant prodige della moda transalpina Simon Porte Jacquemus per disegnare i look dei bleues di Francia. Non contenti, a Beaverton,
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avrebbero arruolato anche Virgil Abloh, fresco di nomina alla guida del menswear di Louis Vuitton, per creare una capsule collection con la sua etichetta Off-white. Per contro Adidas ha deciso di giocare in casa, nel senso che per il suo progetto mondiale ha scelto il talento russo di Gosha Rubchinskiy che ha portato in passerella una serie di capi-uomo ispirati al mondo del pallone. Tra gli altri poi, non poteva mancare chi del calcio ha fatto un mantra, come Bikkembergs, che ha prodotto una capsule collection in omaggio alla bandiera del paese ospitante. O ancora c'è U.S. Polo Assn che ha creato una linea ad hoc dedicando i suoi capi alle nazionali partecipanti (e all'Italia), mentre Hugo Boss ha lavorato di prospettiva, scegliendo di investire sui bambini. Hublot invece, che è official timekeeper di Fifa world cup e marchio della galassia Lvmh, per l'occasione ha deciso di produrre uno smartwatch, ovviamente a tiratura limitata a 2018 esemplari. A tutto questo si aggiungeranno poi le capsule dell'ultima ora, considerando che le fashion week maschili andranno in scena in contemporanea con il mondiale. Prima di tutti Pitti, che in occasione della sua 94ª edizione, porterà in scena «Fanatic feelings - Fashion plays football», mostra voluta dalla Fondazione Pitti immagine discovery, curata da Markus Ebner, fondatore dei magazine Achtung mode e Sepp football fashion e dal critico d'arte contemporanea Francesco Bonami.
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IN QUESTE PAGINE, dall'alto in senso orario, da moncler genius l'installazione moncler 1952 e la capsule disegnata da pierpaolo piccioli, il finale della sfilata tod's e due immagini della capsule red tag di diesel con shayne oliver (foto Matthieu Lemaire Courapied) presentata a parigi
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the x Factory
L’innovazione come confronto tra menti creative. Moncler, Diesel e Tod’s sono i brand che hanno aperto le loro maison all’apporto di stilisti esterni per superare il concetto di designer unico. BY Chiara Bottoni Collisioni di pensieri. Menti creative a confronto. Andy Warhol docet. La sua Factory non è mai stata così attuale. Il mondo della moda oggi si interroga su quello che il pubblico desidera e la risposta è fresca creatività. Ecco allora entrare in gioco il concetto di Factory come luogo di interazione, confronto e scambio di idee. Lo ha dimostrato Moncler con la presentazione del progetto Genius in apertura di Milano moda donna. Lo ha ribadito Tod’s, annunciando un’iniziativa di coinvolgimento di amici del marchio e stilisti. Lo ha raccontato Diesel, protagonista durante la fashion week di Parigi dell’iniziativa Red tag. E non è escluso che altri marchi si affaccino a questa nuova dimensione del creare, che promette di rivoluzionare il sistema in maniera radicale. «È la nuova era di Moncler. Ci saranno circa 12 progetti all’anno con entrata nei negozi in momenti differenti», aveva spiegato Remo Ruffini, numero uno del gruppo Moncler in occasione dell’evento milanese, che ha trasformato gli spazi di piazza VI febbraio in un building futurista. Al centro del palcoscenico il prodotto dei primi creativi coinvolti: Francesco Ragazzi e la sua Palm angels, Pierpaolo Piccioli, mente di Valentino, Hiroshi Fujiwara, anima di Fragment, l’irlandese Simone Rocha, Kei Ninomiya, pupillo del mondo Comme des garçons e creatore dell’etichetta Noir Kei Ninomiya, Craig Green, che sarà prossimo guest designer di Pitti uomo e Sandro Mandrino già alla guida della linea Grenoble. Un happening che ha fatto girare la testa a stampa e a buyer e che ha dato forma a un nuovo modo di raccontare la moda. Un modo impostato sul lasciar fluire la creatività nella sua essenza più pura, permettendo al prodotto di parlare da sé attraverso una serie di progetti, la cui singolarità rispecchia quella del consumatore stesso. Mettere il consumatore al centro è anche la filosofia che sta guidando il lavoro di Renzo Rosso, nel riposizionamento della sua Diesel. Un gioiello di brand che ha segnato il costume per anni e che ha ancora tanto da raccontare. In occasione delle ultime sfilate parigine, l’imprenditore veneto ha presentato il progetto Red tag, piattaforma incubatrice che ospiterà stilisti influenti e darà vita a capsule collection ad hoc. Il primo nome hot chiamato in causa è stato quello di Shayne Oliver, creatore dell’etichetta Hood by air e fresco di una collaborazione con Helmut Lang. Oliver ha realizzato per l’happening parigino dieci look, che saranno in vendita da giugno sull’e-commerce di Diesel e in una selezione di 50 punti vendita nel mondo, grazie alla distribuzione dello showroom
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Tomorrow London. Look presentati in uno spazio underground con una live performance di artisti. «Questa iniziativa ha un preciso obiettivo: tornare a generare il desiderio, il sogno intorno al prodotto, di comunicare al consumatore la coolness del marchio», aveva raccontato Rosso. «L’idea è quella di coinvolgere creativi fuori di testa, persone attraverso le quali offrire un’interpretazione della modernità della moda». Partendo comunque, come nel caso di Moncler, da prodotti core del marchio. In un frangente, i piumini, nell’altro il denim. Per Tod’s i protagonisti saranno invece gli accessori. Il progetto, che da mesi è tra le priorità del marchio ammiraglio di un gruppo da 963,3 milioni di euro di ricavi nel 2017, sarà svelato tra giugno e luglio, attraverso una modalità ancora top secret. «Sarà un work in progress che si svilupperà attraverso capsule collection e limited edition destinate a essere lanciate di mese in mese a partire da giugno», aveva detto Diego Della Valle, numero uno del gruppo Tod’s. «Coinvolgeremo stilisti noti e giovani designer capaci di avere una visione chiara del presente e lo sguardo rivolto verso il futuro, oltre ad amici del marchio. Una scelta che riflette la necessità di cambiare il modello di business per adattarsi a una società e a un mercato in continua evoluzione. Oggi tutto è più rapido e non ha senso presentare collezioni solo ogni sei mesi. Le aziende devono diventare un po’ come degli editor di un mensile, pronti a rilasciare qualcosa di nuovo ogni 30 giorni», aveva precisato Della Valle. Come questo fermento possa tradursi negli accessori è ancora tutto da scoprire. Quello che è certo è che le factory creative possono essere considerate a tutti gli effetti come un’evoluzione delle fortunate co-lab che negli ultimi anno hanno vivacizzato il mercato della moda. Collaborazioni illustri che hanno smosso i conti e regalato una nuova coolness ai brand. Mettendo sempre il prodotto al centro di ogni riflessione, presente e futura.
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BRIVIDI DIGITALI dalla prima fila. Tra MOMENTI ICONICI, ambientazioni spettacolari E NUOVE ossessionI VISIVE. Racchiuse nelle pagine di un diario-album. PER catturare lo zeitgeist. photo by stefano roncato
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The Best
balenciaga Una montagna ricreata in una stanza, ricoperta da graffiti come a un raduno di street painter. O meglio, un paradiso di snowboarder immaginato da Demna Gvasalia per raccontare la nuova avventura di Balenciaga. Che debutta con la prima sfilata co-ed in una sinfonia in crescendo, come une vestizione che avviene piano piano. Dalla semplicità della prima uscita al super layering del finale, per raccontare un percorso che parte dal corpo, esaltato da tubini drappeggiati e maglie in velluto su pantaloni lineari. Un corpo inguainato in top con maniche e guanti incorporati, in pantaloni-stivali-calza che sono una signature. Dall’heritage si riprende lo spirito couture di costruzione degli abiti. Come i cappotti, scolpiti in vita ma leggerissimi, virati sulla lana e sul tweed.
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The Best
SAINT LAURENT
Sexyness a profusione. In una sfilata che mixa sapientemente musica rock, tocchi noir, irrequietezza e determinazione. Parola d’ordine? Gambe scoperte. Pantaloncini voluminosi di pelle e iper mini dress con spalle imbottite anni 80 per la nuova collezione autunno-inverno 2018/19 di Saint Laurent creata dal designer Anthony Vaccarello. A impreziosire i look, maxi cappelli che nascondono lo sguardo, orecchini luccicanti, scollature ampie e sexy, e fibbie deluxe delle cinture che brillano di luce propria. Il menswear, svelato assieme alle creazioni femminili, si ispira ai concerti punk rock piÚ famosi dell’ultimo decennio: ragazzi magri vestiti con giacche in velluto, black jeans attillati e stivaletti a punta che si perdono sulla passerella scura.
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The Best
Noir Kei Ninomiya
Quelle evocate da Noir Kei Ninomiya sono le atmosfere di un fiorire notturno. Dietro al brand c'è la figura di Kei Ninomiya, designer giapponese che ha lavorato come pattern maker sotto la guida di Rei Kawakubo e e che nel 2012 ha dato vita alla propria label. Una collezione autunnoinverno 2018/19 declinata interamente nei toni del nero e trasformata in un germogliare materico di texture tridimensionali e tessuti scultorei. Maxi costruzioni da bouquet dark, che si arrampicano drammaticamente sulla figura, fino a ricoprirla e proteggerla integralmente. A completare l’insieme, corolle floreali in versione copricapo disegnate dal floral artist Makoto Azuma. Per un racconto volumetrico che sboccia dai tessuti stessi.
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The Best
gucci Il direttore creativo Alessandro Michele costruisce il set di Gucci come una camera di chirurgia. Verde hospital, dischi volanti di luce, un percorso attorno a quei talami che incutono distanza. O speranza. «È il mio laboratorio», spiega. È una sequenza di stanze dove avvengono trasformazioni. Del corpo, della mente. Della testa, si potrebbe meglio dire, visto che due modelli escono in passerella con i loro volti clonati da Makinarium. Che ha realizzato per lo show quegli animali fake che «ridanno potere a questi ragazzi». Cuccioli di drago, serpenti dalle sfumature rosse. In un mix tra desideri fantasy e il Manifesto cyborg firmato da Donna J. Haraway che spinge la collezione verso una parola chiave. Ibrido. «Io stesso sono un ibrido». No gender, no season, no age.
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The Best
louis vuitton
La passerella sembra fluttuare nell’aria con due grandi ali che scendono ad accogliere le femme Louis Vuitton disegnate da Nicolas Ghesquière. Il designer sembra aver fatto atterrare un’astronave nel cortile nobile del Louvre. «Quintessenza dello spirito francese» sono le prime parole che disegnano un perimetro alla collezione, che parte dalla rilettura, distorsione ed esaltazione di un guardaroba bon ton. Il tailleur è nero, al ginocchio, con applicazioni sui revers, onde di frange piene che si muovono con fare imperioso. Le bordature disegnano losanghe, gli abiti-corpetto riformano le silhouette. Le spalle sono in primo piano, con giochi d’inserimento di scale di volant, fantasie tweed, tessuti tecnici e tocchi sportivi.
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The Best
prada Dal quarto e quinto piano della nuova torre di Fondazione Prada, si ammira un paesaggio illuminato dai neon, come a Las Vegas. Con quei simboli come fake-logo moderni. In un dualismo di femminilità, va in scena lo show, accompagnato da una colonna sonora speciale. Heart of glass, a ricordo dei Blondie. Fragilità. Romanticismo, passione, ossessione. Per quei look dalle forme semplicemente geometriche che diventano giubbini tecnici, nuovi tailleur bourgeois, sovrapposizioni di tulle che spuntano dagli orli. «Mi piaceva l’idea della notte come luogo di avventura, della libertà e dei limiti», spiega Miuccia Prada che infiamma il tutto con toni fluo accesi. Nel bordo dei montoni, nei tubini, negli stivali da pesca e nelle sneakers.
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The Best
CALVIN KLEIN Heroes, utility, war, democracy, Hollywood, together. Una serie di parole, associate agli Stati che compongono gli Usa. La fall-winter 2018/19 di Calvin Klein disegnata da Raf Simons esplora una terminologia ben precisa, legata al cuore dell’America, scomponendone l’essenza nelle singole rappresentazioni linguistiche e ricomponendole poi in una collezione densa di significato. «È un’evoluzione della mia idea di Calvin Klein, di una visione sulla società americana, ora più ampia e universale», racconta lo stilista belga, ricreando un tappeto immenso di popcorn come passerella. «È un’allegoria degli incontri tra i vecchi e i nuovi mondi, la corsa allo spazio negli anni 60 e l’era dell’informazione del XXI secolo».
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foto Greg Kessler
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Tema di esplorazione è il romanticismo nell’oggi. Che diventa sinonimo di forza. «Per dare forma alla libertà di essere, sovvertendo i luoghi comuni», racconta Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, che attinge agli stereotipi dell’essere romantico, esteticamente e visivamente, traslandoli nella contemporaneità. A partire dai fiori, papaveri e peonie, che diventano giganti e si impossessano della scena in maniera violenta, trasformandosi in strutture architettoniche sui colli dell’abito total black indossato con un paio di pantaloni in un gioco di layering che percorre l’intera collezione, o prendono vita grazie a giochi di intarsi di materiali differenti sui capispalla in cashmere e alpaca, portati con una camicia-tunica e con pantaloni maschili morbidi.
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foto Francesco Pizzo
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Un viaggio intorno al mondo che porta ad abbracciare razze e culture differenti nel segno dell’inclusione. Per il prossimo inverno, Giorgio Armani rievoca le atmosfere di mondi lontani ma paradossalmente così vicini come citazioni sfuggenti per catturare l’atmosfera dell’oggi e raccontare una moda inclusiva. Cadono le barriere e cadono i confini. «Volevo comunicare questo messaggio in maniera gentile, trovando il giusto bilanciamento tra le cose», racconta lo stilista. «Ho scelto ancora una volta di trasmettere il mio messaggio senza ricorrere a un’emotività facile o alla spettacolarità a tutti i costi». A legare il tutto nella collezione, come specificato dallo stesso Armani, è infatti: «Un’eleganza lineare». Le forme sono essenziali e fluide, le silhouette sottili.
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foto CHRISTINE SPENGLER
Fantasia al potere. Un tuffo nel 1968. Atmosfere da The dreamers. Le pareti della sala sfilate coperte da manifesti di rivolta. Una fotografia dove uno stuolo di donne protesta per avere gonne più corte. Dior torna a parlare di rivoluzione. Quella del costume, dei tempi. Maria Grazia Chiuri, direttore creativo della donna della maison, racconta di essersi ispirata agli anni delle proteste per immaginare il nuovo a-i 2018/19. Il primo look riprende la frase di un foulard del tempo «C’est non non non et non» riprodotto su un pull intarsiato. Sulla schiena la scritta J’adior. Poi il simbolo della pace. Gonnelloni, zoccoli, stivali da biker e check bourgeois. L’idea di una moda fatta in casa. Patchwork multicolor per la Bar jacket, ricami su dress candidi e lavorazioni a uncinetto.
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marni Un nuovo primitivismo, fortemente influenzato dalla tecnologia. La natura e l’innovazione sono i due elementi chiave della collezione disegnata da Francesco Risso per Marni. Una contrapposizione che si traduce in corazze ed erotismo felino, piumaggi e nudità. Fatto e non fatto si attraggono in un magnetismo universale all’interno della collezione che, se fosse un film, Risso intitolerebbe The I, the we and an army of me. «Sono molto attratto dalla parola elementare, dall’idea di guardare nella natura e trovarne la semplicità che è essenziale ma, al contempo, senza regole e senza tempo», spiega il designer. In scena, gonne a tubo verde fluo, prints effetto coccodrillo, maxi pants fucsia portati con una casacca viola.
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dolce &gabbana Ad aprire lo show, una sfilata di droni che sospendono nell’aria la nuova it-bag, la Devotion, con un ex voto come chiusura. Un nome che fa eco all’ispirazione di stagione. Angeli candidi con flash oro come in una chiesa barocca, sotto la scritta Fashion devotion. Quelle portate in scena da Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono peccatrici modaiole mai davvero pentite. Fashion sinner. Giocano tra sacro e profano con una leggerezza che toglie ogni malizia. Cuori, love, immagini da dipinti religiosi, cuffie gioiello. «Santa moda ora pro nobis» è il mantra di una T-shirt. Che si alterna a pizzi neri, tailleur maschili, al nero da vedova sexy. Oro, un pavè di ricami e borse che citano elementi ecclesiastici completano i look.
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Le luci della notte si riflettono sulle paillettes preziose e luccicanti. E le applicazioni riproducono l'anima sparkling della notte. Il designer Alessandro Dell’Acqua immagina, per la collezione autunno-inverno 2018/19 della sua N°21, la figura di una majorette che, fuggita dai riflettori di un palcoscenico di uno degli show più famosi della città del Nevada, Las Vegas, abbraccia il fidanzato della quale è molto innamorata e si copre le spalle con il suo cappotto. Maschile e femminile insieme, una collezione iper preziosa e grunge, elementi da sempre cari all’immaginario dello stilista, che si fondono, creando un mix dal sapore unico, una sorta di firma distintiva. Una moda in evoluzione, che racconta a 360 gradi la visione del creativo.
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fendi When boy meets girl. Passare da una divisa maschile in principe di Galles a un romantico abito ricamato senza sbavature non è cosa da tutti. Ma sulla passerella di Fendi, il mix è consequenziale e avviene con naturalezza. Lo è nei tessuti e nella logomania, che si impadronisce dei trench, delle calze leggings e diventa un mantra-ossessione. Lo anche è nella collaborazione con l’artista @hey_reilly che riscrive il logo della maison nell’inedito binomio Fendi/Fila. Il nome del marchio di Lvmh si staglia sulle maglie fur come uno statement per un nuovo lusso metropolitano. Che prende forma in total look di tessuti mannish per costruire silhouette stratificate o rivestire i trench che si aprono sul fianco in una fisarmonica di plissé.
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junya watanabe
Nessuna tendenza. Perché Junya Watanabe compie un’altra scelta. In contrasto con i pezzi più costruiti delle ultime stagioni, il designer giapponese ha voluto trasformare i capi esistenti in qualcosa di nuovo. E lo fa con la sua visione vincente che rielabora lo sguardo partendo dalla strada. Costruisce ed estremizza le silhouette oversize issate su leggins dai colori accesi, calze sportive, sneakers d’autore: Buffalo che elevano la figura, Reebok con borchiette che graffiano. Un percorso dai tratti punkeggianti per dare un twist alla normalità. Capelli increspati nelle parrucche elettrizzate. Choker. Giacca maschile, primo step della rielaborazione firmata Watanabe. Le maniche si allungano, sono drappeggiate come una dama.
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RICHARD QUINN Una collezione iper creativa, ben fatta, voluminosa. E resa ancor piĂš preziosa dalla presenza, in prima fila, tra il ceo del Bfc-British fashion council Caroline Rush e il direttore di Vogue America Anna Wintour, della regina Elisabetta II che, per la prima volta in tutto il suo regno, ha assistito a una sfilata durante la London fashion week. Sua maestĂ ha consegnato, al termine dello show, il queen Elizabeth II british fashion design award al designer Quinn. Che ha mandato in scena una collezione realizzata con centinaia di metri di seta stampata, plissettata o morbida, floreale, declinata in colori pop. Abiti che si gonfiano a ogni passo, maxi piumini, stivali cuissard e caschi da motocicletta rivestiti da pelle preziosa.
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Dries Van Noten
Leonard Paris
Comme des garรงons
Mary Katrantzou
Jil Sander
Miu miu JW Anderson
Balenciaga
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John Richmond
Vionnet
Elie Saab
Rochas
Stella Jean
Erdem
trends
Fleurs d’hiver
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Prabal Gurung
Gabriele Colangelo
Luisa Beccaria
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Roberto Cavalli
Valentino
Erika Cavallini
Alexander McQueen
Chanel
Gucci
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fringed
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Elisabetta Franchi
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Missoni
Piccione.piccione
Giorgio Armani
Les copains
Etro
Coach
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Max Mara
Louis Vuitton
Diesel black gold
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Gucci
Simone Rocha
John Galliano
Loewe
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Carven
Prada
trends
layering Lemaire
3.1 Philip Lim
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Alberta Ferretti
Esteban Cortazar
Peter Pilotto
Bottega veneta
Haider Ackermann
Jason Wu
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Albino Teodoro
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Olivier Theyskens
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Giada
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Emporio Armani
Redemption
Zadig & Voltaire
Ann Demeulemeester
Roland Mouret Self-portrait
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Natasha Zinko
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Vladimiro Gioia
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Philipp Plein
Lanvin
Balmain
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Annakiki
Miu miu John Galliano
Ujoh
Haider Ackermann
Gareth Pugh
trends
fetish Tod's
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Balmain
Blumarine
Moschino
Chiara Boni
trends
Gucci
Brognano
shining Custo Barcelona
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Marques’ Almeida
Mila SchĂśn
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Drome
Philosophy di Lorenzo Serafini
Paco Rabanne
Giorgio Armani
Alberta Ferretti
Molly Goddard Temperley London
Jeremy Scott
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Isabel Marant
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Alexander Wang
Oscar de la Renta
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Giorgio Armani
Berluti
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Salvatore Ferragamo
Jil Sander
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mannish Roland Mouret
Tom Ford
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Victoria Beckham
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Laura Biagiotti
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Maryling
Thom Browne
Atlein Antonio Berardi
Stella McCartney
Jacquemus
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Etro
Max Mara
Cividini
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Poiret
Rick Owens
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Lacoste
Marc Jacobs
Marco De Vincenzo
Maison Margiela
Sacai
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MFF-Magazine For Fashion | 139
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Comme des garรงons
Vivienne Westwood
Philosophy di Lorenzo Serafini
trends
Roksanda
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Dries Van Noten
Gcds
Au jour le jour
Issey Miyake
Nina Ricci
Sonia Rykiel
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140 | MFF-Magazine For Fashion
foto Greg Kessler
Valentino
Frankie Morello
Derek Lam
Carolina Herrera
Givenchy
Isabel Marant
Trussardi
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black &white David Koma
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Alberto Zambelli
Giambattista Valli
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MFF-Magazine For Fashion | 141
Brognano
Alexander McQueen
Ermanno Scervino
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Philosophy di Lorenzo Serafini Etro
Genny
Marques’ Almeida
Dolce&Gabbana
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Versace
Iceberg X Gygy
Fendi
Michael Kors
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football scarf Anna Sui
House of Holland
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Nicopanda
Alberto Zambelli
Études
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3.1 PHILIP LIM ADIDAS AGNONA akris alberta ferretti alberto zambelli albino teodoro alexander mcqueen ALEXANDER WANG altuzarra ANN DEMEULEMEESTER ANNA SUI ANNAKIKI ANTONIO MARRAS ARTHUR ARBESSER ASTRID ANDERSEN ATLEIN au jour le jour baldinini BALENCIAGA BALMAIN BERLUTI BIANCHI E NARDI blumarine bora aksu BORBONESE HUGO BOSS bottega veneta BROGNANO BRUNELLO CUCINELLI bulgari CALVIN KLEIN carolina herrera carven chalayan CHANEL CHIARA BONI chloé CHURCH'S cividini COACH COCCINELLE COMME DES CARçONS CRAIG GREEN curiel custo barcelona david koma DEL POZO derek lam diesel black gold DIOR DIOR HOMME DOLCE&GABBANA DONDUP DRIES VAN NOTEN drome DSQUARED2 eleventy ELIE SAAB ELISABETTA FRANCHI EMPORIO ARMANI erdem erika cavallini ERMANNO SCERVINO esteban cortázar estée lauder ETRO ÉTUDES f.r.s for restless sleepers fabiana filippi FAUSTO PUGLISI
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144 | MFF-Magazine For Fashion
international moncler - remo ruffini Story by Stefano Roncato Photos by Valerio Mezzanotti / Toggle(Off) Visionary Geeks Snow, mountains. Real Moncler DNA. A circle that closes if that whiteness becomes the natural set for immortalising a moment. Remo Ruffini with Simone Rocha, with Craig Green, with Pierpaolo Piccioli, just some of the talents called in for the new era. A new vision that goes by the name of Moncler Genius, a project unveiled last February in Milan and already with a debut date fixed for 12th June. When the first of the collaborating excellences scheduled to imagine this new fashion business model steps into the shops. “Do you have to wait for bad times before changing something?” One of the reflections that has guided Ruffini himself. “We were and are going well. The last two/three years have been great. The consumer was changing and we’ve always believed that you’ve got to be a bit ahead of the times”. A company direction along publishing lines, an approach that’s no longer seasonal collections but almost one project per month. Each time bringing onto the market an understanding with a different designer, creating a pool of leading or research-oriented names. The iceberg tip of a change that will involve logistics, production, retail and digital. The tip of that new, beloved mountain. Are you happy with this moment, with the launch of Moncler Genius? Happy, well, in the sense that we’ve just begun. We’ve been working on it for some time but now there’s the whole execution, which is the important part. I won’t say that organizing the launch for the workforce has been easy, but it’s gone well. Now we’re talking about getting consumers involved, drawing them into the shop. How do you get to the stores? We’ve got a publishing project, roughly monthly, with a totally different slant each time. Anyway, it’s always part of our scene to have more consumers within our package, but you have to direct them. The first delivery is Hiroshi’s (Fujiwara) with a certain type of attitude, which isn’t street because I didn’t want to get into the streetwear world, but anyway it has this attitude of people walking in the street. Then Pierpaolo (Piccioli) who’s got a totally different attitude anyhow. A sophisticated lady, a crazy chromatism, so to bring that attitude which calls to a still different consumer. Then comes Craig (Green), who’s super-sophisticated anyway but at the same time super-conceptual. A gamble? It’s a tough one and all uphill. The Genius project is innovative for our sector, there’s not much inspiration to be had from what’s already been done. Maybe the first season will be a fine-tuning, because clearly I believe that innovation leads somewhat to this, towards experimentation. But we’re convinced that it’s a long term project, so we’ll improve from day to day and hope to reach our final goal, which is really to go beyond the seasonal concept. Not because I’ve got anything against seasons, not because we’re not so strong in summer. But to create an increasingly new energy for the end consumer. This is the real objective. Did you feel the need for a change? To be honest, at brand level we didn’t feel the need. We were and are going well.
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The last two-three years have been great. Fact is that consumers were changing and we’ve always believed that you’ve got to be ahead of the game. Today’s consumers are very different, no longer local, they change their wardrobe and a fortnight later they’re back in the shops. Consumers get around a lot because the way of life has changed. They’re highly sensitive to experience. You see it well enough in hospitality, in food & beverage. Sectors different from our but worth keeping in mind. The world is changing and we’ve got to change before the others. You talk about a Genius network… Everybody who should give us a hand to transfer this message. Shops, newspapers… I feel it’s important to create a community, it could be made up of customers, consumers, our own and otherwise, anyway, who appreciate that type of publishing project. Now and again when I’m confused I somehow think a bit about a newspaper… Why this quasi-publishing vision? We need other things outside the product to communicate the project, and when I think about how to communicate it, a newspaper comes into my head, a magazine that has its own structure and a powerful editorial project. Of course we’re somewhat different in the sense that we must have the Genius project masthead every month, but we’ve got to create different content for the inside pages, which are targeting a different consumer. So it’s still a bit more complicated. Same title, different image. How will it evolve? A first step, where these projects will be monthly, so we won’t find the Genius building energy seen in February. We’ll see it again on the first of October when we try to bring all the projects together, and where we’ll be creating pop-ups in department stores and in our own shops. And genius building? It’ll be once a year. I must say, this energy I felt in Milan, a bit like the energy in New York ten/twelve years ago, but which has been lost somewhat. To tell you the truth, I liked it a lot. You’ve been at the head of Moncler since 2003. Fifteen years of really fast growth? Not all that fast. In growth yes, but we moved ahead step by step. In the first three/four years we fixed up the organisational side. And in the meantime we proceeded with short steps to grasp how we could get out of that sport-only world and dialogue with different customers. Then in 2009 we started opening our shops, and then as a purely wholesale company we set off down the retail avenue. Almost another start-up you might say. Now we’re 75% retail, with a totally different culture and mentality. Meanwhile we hooked up with the fashion world, with shows, where we didn’t belong. And now? We’re at the next step, addressing the consumer more and more directly, we’re no longer thinking about seasons. Creating monthly projects is a start. The dream is to become a monthly-processed company to all effects. Because – I’ll say it again now – most of our turnover comes from the Moncler main collection, which in any case will always be in the shops. If in the future we then succeed in having our whole project at 100%, in “monthlifying” all the shops worldwide… It’s a highly complex execution, but I’d really like to do it. Doesn’t it scare you, this project? What’s the alternative? Do you have to wait for problems before making a change? I don’t think so, because when you’re
doing well you have to find a way to grasp what the market really wants, try to listen to it in order to anticipate. There’s a lot of talk about co-branding, co-lab. But you’ve been trailblazers… The first, who was it? It was Junya Watanabe. We set out from there to see if I could get out of sports article shops and into another kind of store. I wondered who might give us a hand. And the understanding built up with Adrian Joffe (Comme des Garçons business mind) was fundamental. I explained what I needed, explained what this company was doing. My luck was in, because Junya was already a Moncler fan and we got going on a collaboration. The same thing happened with Nicolas Ghesquière from Balenciaga. After a couple of years Adrian pitched me another thing. “Why don’t we have a shop that reinvents itself every day?” and we opened a store in Tokyo called 365. What was on sale changed every day. We produced some and they produced some. Maybe it was even just a T-shirt. But it was a project for the Japanese market that gave us a very great deal of visibility. You’ve interacted with so many creative talents, but is there anybody new you’d like to work with? There are a lot of young ones around that I like. I’ve got a sort of list on my mobile. There must be about fifteen names, plenty I’d say, because I usually have just one or two. I really like Japan, but a few of the English ones interest me. And Italians? To be honest, I don’t see any. Apart from Palm Angels… Yes, but by now we’ve already worked together and he grew up in-house. He was twenty years old when he came. At the level of figures and content? Do you feel there are long term objectives…? To be honest, I’ve never looked at the figures. It’s the truth. When I say this to the analysts they don’t believe it… They goggle? I’ve never looked. I’ve always thought that if you work well, pursue a solid strategy, there’s a fine energy. We never give in to compromise, we prefer a healthy relationship with the consumer. There are some months when the going’s maybe tougher, like the second quarter. But we’re happy to work hard because at least we don’t lower ourselves to compromises of strategy. For example it would be easy to make 60 polo shirts with 60 embroideries and fill the shop… Whereas we always try to be Moncler all year round with a clear strategy. Rigour is the word. If you work well, rigorously, the figures ought to come by themselves. So far they have, let’s put it that way. How will it evolve on the communications front? I feel you’ve got to be really multichannel nowadays. Everybody talks digital, for example, but I don’t believe that’s all there’s going to be. The same for distribution? Are physical shops going to die out? I really don’t think so. The big consultancy firms say that in 2025 our business will be 25% online, which seems likely. Experience will always be important. I reckon that the new generations will also have a slight desire to get out, not to stay at home scrolling everything on a mobile. So I imagine a good balance. Only digital communications? No, not only. Selling online? Not only. Giving experiences? Yes, but not only. So we’re talking about really trying to be omnipresent and trying to create powerful hubs. We’re all beginners to some degree, but companies like Burberry have taught us that you can work with
the consumer in different ways. I feel it’s an approach that will concern all company areas. Communications certainly, but also logistics. Flexibility becomes the big word in all this. Flexibility, a bit like you who seem to be dealing with various aspects. How do you see yourself? More of a CEO, or creative talent…? Can I say that I don’t know yet? The upside is that we’re well structured, in the sense that I only have two people reporting to me, which I feel is right away a big advantage for a company like ours. So we sort of divided the tasks up between the three of us. We’re working well. And then I’m not the MD, not the creative director. I don’t have a well defined function. There’s a word you’ve used a lot, maybe it could also apply to you… Multichannel? tommy hilfiger Story by Stefano Roncato Photos by Stéphane Feugère e Jason Lloyd-Evans The American Dream that materializes in Milan. The show that becomes a happening. Supermodels. Social media going crazy. Public in fibrillation. Areas of Milan that come to a standstill when Gigi Hadid makes an appearance in a shop alongside him, Tommy Hilfiger. Who the moment he talks brings backs memories, bits of fashion history. From yesterday but also from today. The great passion for music. That iconic streetstyle he brought back and made known to millennials. Speed, round after round, from the intuition of Internet and see- now-buy -now, to that of Formula 1, inspiration for the show staged in Milan, TommyNow Drive. Which sealed a twofold novelty. The beginning of a multiyear partnership with the Mercedes-AMG Petronas Motorsport racing team and the recent agreement with Lewis Hamilton. “The Gigi thing happened at the right moment,” explained Hilfiger himself, “but after this second life we’ve now got to step into the third life. In this business you need to keep on going ahead. In fashion, people must always see new things”. You’d often talked about coming to Italy. Then you were at Pitti, now Milan. How do you feel? I’m really very happy to be here. Being in Milan with the greatest, Gucci, Prada, Dolce&Gabbana, Missoni, Giorgio Armani. It’s all great. I’m honored to be in the same city with these names. And we also found a stupendous place for the show. And I’m also happy to be on a world tour. This is our second stop outside the States, after the first date in London. We were thinking. Should we do it in Paris. Should we do it in…? Milan, obviously. Why Italy, why do you like it? Our business is very strong here. Italian customers love Tommy Hilfiger. We’ve got a shop in Florence, we’re looking for a spot in Rome. Lots of stores, lots of consumers and young people who’ve embraced our brand in a big way. How important is it today to have a refresh with new consumers? We wouldn’t ever want to abandon customers who’ve always been with us. But we want to bring new customers in. Because you’ve got to stay on the crest of the wave, attract interest. And with the Gigi collection, staying relevant gives the brand a thrill. This is the last collection with Hadid, the fourth episode. What’s next? I can’t say yet. Meanwhile, as we’ve signed a sponsorship for the Mercedes
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racing team, the collection we’ve just put on the runway is inspired by the world of high speed races. And in the same way as racing moves around worldwide, you’re doing a world tour… Formula 1 is a sort of premiere of racing. A high fashion of races? Exactly. They go to Shanghai, go to Melbourne, then they set off for Germany, Austria, Italy. They live worldwide. So it’s the right thing to do for a brand with a wide customer base. And after Milan, where do you want to take the show? We’re thinking about Asia, but we still don’t know which city. We could go to dozens of places and still not manage to cover the whole Asian market. It’s enormous… How has Asia changed for you guys? It’s always been growing over the years. But now we’re seeing a dramatic increase. Now the consumer is so attracted by what’s happening in the world. They go shopping with their cellphone and they want to be really informed about what’s going on. So clothes, brands, watches, automobiles, sneakers. They’ve got their ears pricked up for everything. A new approach, a new way of going shopping… It’s new but more than anything it’s by cellphone. They have same day deliveries, delivery by drones. It’s all very advanced. Sounds like a shopping version of Bladerunner. But how complicated is it to organize all this, to meet the new demand linked to smartphones? Not very. At least it isn’t different for each place. We’ve been in China for more than fifteen years, we started out with a shop in Shanghai. Then a store in Hong Kong. We’ve been there a while, but now we’re really starting to grow. New visions and technology have always been a subject that attracts you a lot. You’ve been almost a precursor. You were saying that you need to be fast… And at the time it was before the seenow-buy- now moment. And we were saying how fantastic it would be to put on a show like that. Then we called Gigi to co-design with us. And that first show got more than two billion impressions on the social media. The second went up to 2.5 and with the third almost 2.8-9 billion. We’re talking social media impressions, the power of the social media is driving this brand. We clocked up a 900% increase on the tommy.com site. It was phenomenal. But at this point aren’t you afraid to let Gigi Hadid go? In this business you’ve got to keep going forward. In fashion, people must always see new things. And we have exciting news for the future. But the fact remains that Gigi is fantastic and we’ve had a great run together. She’s part of the family. Thinking about the history of the brand, the see- now-buy-now move certainly speeded up the rhythm, superfast as you would say. Was it a sort of Tommy 2.0? We were waiting for something thrilling to do and talking about the how/what/when/ where. The Gigi thing happened at the right time, just when we were embracing digital and social media. And it all happened at the same moment, but one of the things that happened, which was very important, had to do with the whole trajectory. The return to the 90s, and we were a powerful brand in those years. A whole lot of millennials hadn’t even seen the Tommy Hilfiger logo, the athletics part or the streetwear. So we reintroduced
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them. And it became what it is right now and what I would call iconic streetwear. It’s like a second life, a second birth of the brand… Yes, a second life. And now we’ve got to step into the third life. And part of it will surely be Formula 1, because it’s exciting and it’s a big moment. We’ll soon be launching something else that’s equally powerful. You said how important Asia is, where the social media work well. Are you thinking of replicating the Gigi effect with oriental social icons? We actually collaborate with icons all over the world. We have a Chinese male superstar called ShawnYue. He’s The guy in China. We seek out the right people in every region. But looking ahead, we’ve got some surprises in the pipeline. You were saying you’re very happy to be in Milan and you mentioned a few designers. But did you invite them to the show? Obviously we invited all the stylists. Miuccia Prada was going to Paris, Alessandro Michele was on his way back to Rome. Because many of them leave right after the show. But we received some beautiful cards. Very lovely from Rosita Missoni, Dolce&Gabbana… They all sent congratulations. I’m happy to have invited them and I understand: as soon as the show’s over you just want to get away. Like me, the morning after I left straight away for Tokyo. How do you see the Milan fashion week? I feel the energy. Coming from New York to Milan, I feel that there’s fashion energy. All the world’s most powerful brands are here. And do you also go shopping? Sometimes. If you see something you love, you buy it. Desirability. What’s the secret of success today? You must have a great product. Great marketing. And you must be involved in the social media. At the same time, millennial consumers want to know all about the company and your values. Because they investigate the brands they look at, see what kind of people are behind the brand. You have to be generous with them, open up and tell. It’s not something you advertise. If they want to find out something, you have to be willing. Will you come back to Milan? Yes, surely. Maybe with another show? Or in Florence. We were already at Pitti Uomo with an event. I think we’ll sometimes do it again. But what’s your first souvenir of Italy? Do you know that Pinocchio? I bought one when I was a kid. And I still have it. moncler - remo ruffini Stefano Roncato 采访 白雪,高山,它们是Moncler真正的 基因。如果这片雪白成为自然的舞台, 再让这一刹那凝固成为永恒,就不可 谓不圆满。Remo Ruffini,Simone Rocha,Craig Gren和Pierpalolo Piccioli,他们跻身于振兴Moncler 未来的人才之列。Moncler Genius是 我们推出的一个新理念,这一计划于去年 二月份在米兰揭开面纱,并且其处女秀日 期定于今年六月十二日。当第一批优秀的 作品进驻商店,它们的诞生将引发对这 一新兴服装商业运营模式的憧憬。“你一 定要等到问题出现才想到改变吗?”这是 引导Ruffini的众多思考之一。“无论是 在过去还是现在我们一直运营良好。过去 的两/三年堪称卓越。消费者的观念在改
变,我们一直坚信必须具备超前意识”。 我们想到采用出版社的模式,不再是季节 性推出新品,而是几乎每月都会出现新项 目,把不同的创新设计呈现到市场上,把 一群著名的设计师或研发人员汇聚在一 起。这项起源于冰山一角的变革也涉及到 物流,生产,零售和数字化等方面。而这 冰川一角,出自焕然一新,为品牌钟爱的 那座冰川。 推出Moncler Genius这一刻您感到满 意吗? 满意,从我们刚刚起步这个层面上 来说我感到满意,我们已经为此工作了很 长一段时间,但是今天全部付诸实施,这 是非常重要的一部分。针对业内人士组织 发布会并不容易,但是进展很顺利。现在 的任务是如何带动消费者,把他们吸引到 商店里来。 如何进驻商店? 我们大约每个月会公布一个项目,项目 间彼此完全不同。然而吸引更多消费者 到我们的系列产品中来是我们经营理念 中永恒的一部分,为此必须对消费者加 以引导。我们推出的第一批产品来自于 Hiroshi(Fujiwara),带有某种特定 的态度,但不是街头模式,因为我不想进 入街头服饰领域,但是还是具有街上路 人的那种风格。接下来展现完全不同态度 的Pierpaolo (Piccioli)会出现。一位 精致的女性,丰富的色彩,所以伴随这种 不同风格又会有不同的消费群体被吸引进 来。然后是Craig (Green),它极其精 致,但同时兼具超级概念设计风格。 一场赌博? 这场博弈很艰难,并且全程充满艰 辛。Genius计划对于我们的行业来讲是 一个创新性项目,可以供我们吸取的经验 十分有限。或许第一季只是一次准备,因 为很明显我认为创新会引发各种不同的尝 试。但是我们坚信这是一项长期的计划, 所以我们每天都会提升自己,并希望可以 实现我们的最终目标,那就是真正超越季 节性推出新品的概念。这样做不是因为我 们反对季节性运营,也不是因为一到夏季 我们的竞争力就会下降。而是为最终消费 者创造出能持续推出新品的活力。 这才是我们真正的目标 你们感觉到变革的 必要了吗? 说实话,在品牌层面我们并不觉得有必 要。无论是过去还是现在我们运营顺利。 过去的两/三年尤为出色。事实是消费者 正在改变,而我们坚信我们必须有超前意 识。今天的消费者与以往大不相同,不再 限于本土,他们更换服饰,十五天后还想 要去购物。由于生活方式发生了变化,所 以消费者经常出游。他们对于以往的经验 非常敏感。这一点从酒店业,餐饮业可 以明显地看出来。这些虽然与我们身处不 同行业,但也是我们需要借鉴的。世界正 在发生变化,我们必须赶在他人之前做出 改变。 您谈到一个Genius 网络… 所有那些应该帮助我们传递消息的渠道 都涵盖在这个网络里。商店,报纸……都 包括在内,我相信创建这样一个社区非常 重要,这个社区可以由我们的客户,消费 者,以及其他客户所组成,无论怎样,他 们都会欣赏这种出版社模式。以何种方 式,当我偶尔感到迷惑时,我会想到报刊 的发行模式… 为什么这个理念几乎与出版业一样? 我们需要产品之外的其它渠道来传播我们 的项目,当我思考如何传播它时,我想到 了拥有自身组织结构和强大编辑能力的报 纸,杂志。当然,我们还是有些不同,因 为每个月,我们都必须推出Genius项目 作为主打,但是在内部我们必须创建不同 的内容,这些具体内容针对不同的消费者 制定。所以它还是有些复杂。标题一样, 但是所表现的形象不同。 它将如何发展? 第一步,这些项目将于每月推出,也就是 说我们将无法重见二月看到的Genius大 厦。我们将在十月一日尝试汇总所有项目 时,重新与它见面,并且在那里为百货公 司和我们的商店创建弹出式窗口。 Genius大厦? 这项活动将一年举办一次。我得承认,在 米兰感受到的这种活力,类似于十年/十 二年前在纽约所能感受到的那一种,却是
在时间过程中已经丢失一部分了,但它深 得我心,对此我必须坦诚。 从2003年起, 您开始执掌Moncler,过去15年是快速 增长的15年吗? 不应该说发展很快,而是在不断发展,我 们一步步地前行。在最初的三/四年里, 我们已经把组织管理部分落实到位。同 时,我们对于搞清楚为吸引不同客户群 体,如何从仅限于运动服装领域走出来 迈出了一小步。接下来在2009年,我们开 始开新店,从原来纯粹的批发公司,开始 走上零售的道路。可以说几乎是又一次创 业。今天我们的零售占75%,经营文化和 心态完全不同。与此同时,我们也加入了 时尚界,举办时装表演,这些我们原本都 不涉足。 现在呢? 我们正在迈出下一步,我们越来越直接面 向消费者,而不再考虑季节因素。创建月 度项目只是一个开始。我们的梦想是成为 全方位的“月度”公司,再次重申因为今天 我们大部分的营业额都是由Moncler的 主系列产品贡献的,这个系列的产品总是 会出现在商店里。如果有一天我们可以 100%实现所有计划,使世界上所有的商店 月度化……当然实现过程会非常复杂,但 这是我心之所向。 这个计划不会吓到您吗? 替代方案是什么?你一定要等到问题出现 才想到要改变吗?我不这么认为,因为当 经营顺利时,你必须找到理解市场真实需 求的方式,尝试倾听,并提前预见。 有很多关于品牌合作,联合实验室的讨 论。但是你们作为开拓者… 第一个人是Junya Watanabe。我们 从那儿起步,尝试着看看我是否能走出体 育用品商店的框框,并成为另一种商店。 当时我自问谁可以帮我一把。和Adrian Joffe(Comme des Garçons的精神 领袖)共同创建的理念具有根本性意义。 我向他解释了我需要什么,以及这家公司 在做些什么。我很幸运,因为那时Junya 已经是Moncler的爱慕者,于是我们开 始了合作。同样,我同来自Balenciaga的Nicolas Ghesquière 也是这样 开始合作。几年后,Adrian向我提出了 另外一个建议。“为什么我们不创建一个 每日更新的商店呢?”于是我们在东京开 了一家名为365的商店。每一天商店都会 更换出售的商品。我们生产一部分,他们 生产一部分。或许仅仅是一件T恤衫。但 这是针对日本市场的一个项目,它为我们 带来了很大的知名度。 您曾经与很多有创造力的人交流过,但是 其中有您愿意与之合作的吗? 现在有许多 我喜欢的年轻人。 在我的电话里有一个列表。大约有15个名 字,对我来说已经很多了,因为通常来讲 我只有一个或两个设计师。我很喜欢日本 人,同时我对于几位英国设计师也很感 兴趣。 意大利设计师呢? 说实话,我还没发现。 除了Palm Angels… 是的,不过我们早就一起合作,而且他是 和Moncler共同成长起来的设计师。他 20岁的时候就来到这里。 销售额让您满意吗?您有长期目标吗? 说实话,我从不关注那些数据。我告诉分 析师时,他们都不相信。 让他们瞪大了眼睛? 我从来没有注意过这些。我一直认为, 如果你工作出色,遵循一套合理的战略, 就会产生活力。我们从不妥协,我们更愿 意与消费者之间建立健康的关系。一年里 有几个月,就像在第二季度,经营会更困 难。但是我们很愿意去努力奋斗,因为至 少我们不会在战略上妥协。比如:做60件 polo衫,每件有60种刺绣,然后填满商 店……,这些非常容易办到。与此相反, 我们总会尽力做Moncler自己,在一年 十二个月中制定清楚的战略。一个词“严 格”可以解释所有这些举措。如果你工作 出色,并且严格要求,你所期望的结果自 会出现。这样说吧,到目前为止,我期待 的目标已经实现。 沟通渠道如何演变? 我相信今天的沟通方式必须是真正的全方 位渠道。比如,每个人都在谈论数字化,
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但是我不认为它是唯一的。 对于分销是否一样?实体店会消亡吗? 我完全不这样认为。大型咨询公司表示,到2025 年在线业务会占我们总业务的25%,这一点是可 信的。经验永远都是重要的。我相信,新生代 不会希望被关在家里,在手机上浏览一切。所 以,我设想会出现一种良性的平衡局面。仅通 过数字化工具沟通?不,不仅如此。在线销售? 不,不仅如此。销售经验?是的,但不限于此, 所以要尽量做到无所不在,并努力创建强大的 调控中心。我们和竞争对手几乎都是在起步阶 段,然而像Burberry这样的公司已经让我们 明白可以通过不同方式和消费者合作。我相信 这是一种涵盖公司所有部门的理念。沟通部门 没的说,同样在物流部门适用。灵活性在这一 方面变得尤为重要。 灵活性,有些像您,似乎 在做很多事情。 您怎么看?更多CEO,创意…? 您知道吗? 目前对此我还不太清楚?好的方面是我们的结 构构建得很好,我只有两个直接下属,我认为 这对于像我们这样的公司来讲已经是一个优势 了。我们三个分工合作。我们合作得很好。除 此以外,我不担任CEO,不是创意总监,我的 工作并没有一个明确的界定。 有一个词您用了很多次,也许它也适合描述您... 全方位渠道? tommy hilfiger Stefano Roncato 采访 在米兰实现的美国梦。时装秀成为一场文化盛 典。超级名模。疯狂的社交媒体。激动的观众 。当Gigi Hadid与Tommy Hilfiger一起出 现在商店里时,整个米兰似乎在这一刻静止。他 一开口,就让人忆起那段时尚的黄金时代。如 昨日重现。回荡着对音乐的热爱。标志性的街 头风格卷土重来,为千禧一代所追捧。快速更 是数次被提到的设计重点。灵感源泉从互联网和 即看即买,到F1方程式,均启发了本次在米兰 上演的赛车主题时装秀。发布会带来了两个好消 息。即开始了与Mercedes-AMG Petronas Motorsport车队的长期合作伙伴关系,和近 期与Lewis Hamilton的合作。“与Gigi的合 作恰逢其时,” Hilfiger解释说,“有了第二次 的合作后,我们推出了第三次联名系列。以后也 会持续合作下去。给时尚不断带来新的事物。” 您曾多次说过要来意大利。 之后您去了Pitti, 现在是到米兰。 您感觉如何? 我真的很高兴 来到这里。 在米兰与最伟大的Gucci,Prad a,Dolce&Gabbana,Missoni,Giorg io Armani设计师在一起。 这里的一切都很伟 大。 我很荣幸能与这些名字在同一座城市。 我 们还找到了时装秀的绝佳位置。 我也很高兴参 加世界巡演。 这是在第一站伦敦后,美国以外 的第二站。 我们正在考虑,应该在巴黎办时装 秀吗? 还是应该在哪里举办 ? 当然是米兰。 为什么是意大利,您为什么喜欢它? 我们在这里的业务非常强劲。 意大利客户喜欢 Tommy Hilfiger品牌。 我们在佛罗伦萨有一 家商店,我们正在罗马寻找一个地方开店。 很 多商店、很多消费者和年轻人,以一种美好的 方式拥护了我们的品牌。 今天,与新消费者一起更新有多重要? 我们永远不想放弃一直与我们在一起的客户。 但我们希望吸引新客户。 必须时刻处在浪潮的 顶端,吸引他们的注意力,也通过与Gigi联名 的系列产品,保持这种联系会给品牌带来碰撞。 这是和Hadid合作的最新系列产品,已经到第 四季了。 接下来是什么? 我还不能说。 同时,由于我们已经签订了对奔 驰赛车队的赞助,我们刚刚在时装秀上展示的 服装系列就受到了高速赛车的启发。 同样,随着比赛在世界各地巡回举办,你们进 行了一次世界巡演... F1是赛车的一种首映式。 赛车的高级时尚? 的确如此。 他们去上海,去墨尔本,然后前往 德国,奥地利,意大利。 他们生活在世界各 地。所以,成为一个拥有大量客户的全球品牌 是正确的方向。 在米兰之后,您想在哪里举办时装秀? 我们正在考虑亚洲,但仍然不知道在哪个城市。 我们即使可以去几十个地方,仍然无法覆盖整 个亚洲市场。它太庞大 了... 对你们来说,亚洲改变得如何? 多年来它一直在增长。现在更是让我们看到一个 戏剧性的增长。消费者现在对世界上发生的一
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切都很感兴趣。他们通过手机消费,渴望借助手 机知道发生了什么。服装,品牌,手表,汽车, 运动鞋。他们都可以获取所有的信息。 一种新的方式,一种新的购物方式... 这是新的方式,但首先是借助手机。 他们可以 同一天发货,无人机交货。 这一切都非常先 进。 听起来像是银翼杀手购物版。但是,为了 满足这个与智能手机相关的新需求,这些组织 工作有多复杂? 并不是很复杂。 总之,在每个地方的工作并没 有什么不同。 我们在中国市场已经经营超过十 五年的时间了,我们先在上海开了一家店。 然 后又在香港开了一家店。尽管我们进入这个市 场已经有一段时间,但现在我们才真正开始增 长。 对您来说,新的观点和新的技术是一个很 吸引人的话题,您在这方面几乎是一位先行者。 您曾说有必要快点... 当时,是即看即买的前一个时段。 我们曾说过 要做这样的时装秀,会有多棒。 然后我们打电 话给Gigi,邀请她和我们共同设计。 第一场时 装秀在社交媒体上获得了超过20亿的点击量。 第二场秀点击量上升至25亿,第三场秀点击量 升至近28/29亿。 我们正在谈论社交媒体的点击 量,社交媒体的力量正在推动这个品牌前进。 在Tommy官方网站上我们记录了900%的增 长。这是惊人的。 到了现在,您会不会害怕让 Gigi Hadid离开? 在这项合作业务中,我们 必须不断向前。在时尚领域,人们必须一直看 到新事物。我们对未来有令人振奋的消息。但 事实仍然是Gigi非常棒,我们一起参加了一场 精彩的旅程。她是我们家族的一部分。 考虑到品牌的历史,即看即买势必加快增长的 节奏,就像您说的,超级快速。可以说已经是 一种Tommy 2.0吗? 我们正期待一些令人兴奋的事情,我们讨论了 如何/何物/何时/何地。 与Gigi的合作恰逢其 时,就在我们拥护数字化和社交媒体的时候。 这一切都发生在同一时间,但其中发生的一件 事非常重要,涉及整个公司发展轨迹。 就是90 年代时尚风格的回归,在那些年中,我们是一 个强大的品牌。许多千禧一代以前甚至从未见过 Tommy Hilfiger的标志,无论是田径运动服 装或是街头服装。 因此我们重新介绍了它们。 现在已经成为我们所谓的标志性街头服装。 这就像是第二次生命,品牌的第二次诞生... 是的,第二次生命。现在我们必须进入第三次 重生。其中的一部分肯定会是F1方程式,因为 这很令人兴奋,而且现在势头正劲。我们将尽 快推出其他强劲的产品。 您说过亚洲是多么得重要,社交媒体在那里发 挥了很大作用。您是否想用一些东方的社交媒 体明星来复制Gigi效果? 我们与世界各地的标志人物进行合作。我们有 一位不错的中国巨星叫余文乐。他是我们在中 国选择的明星。在每个地区,我们都在寻找合适 的人。而且展望未来,我们正在准备给人以惊 喜。 您曾说您很高兴来到米兰,还提到了一些 设计师。邀请他们参加这场时装秀了吗? 当然了,我们邀请了所有的设计师。Miuccia Prada正前往巴黎,Alessandro Michele正返回罗马。由于他们中的许多人 在时装秀后就立即离开了。但我们也收到 了一些漂亮的贺卡。 非常可爱的Rosita Missoni,Dolce&Gabbana...... 所有人都对 我们表示祝贺。我很高兴邀请了他们,我明白, 一旦时装秀结束,你只想离开。像我一样。第 二天早上,我就立即出发去东京了。 您如何看待米兰时装周? 我感受到了能量。从纽约到米兰,我觉得有时 尚能量。世界上所有最强大的品牌都在这里。 您也从他们那里购物? 有时候。如果你看到你喜欢的东西,就买下它。 渴望程度。今天成功的秘诀是什么? 你必须有一个伟大的产品。一个伟大的营销。 必须参与社交媒体。与此同时,千禧一代的消 费者想要了解公司和你的价值观。因为他们研究 他们关注的品牌,看品牌背后有什么样的人。 你必须对他们慷慨,敞开心扉。这不是你做广 告的手段。如果他们想发掘某些东西,他们寻 找就寻见。 您会回到米兰吗? 是的,当然。 也许是带着另一场时装秀? 或者是在佛罗伦萨。我们已经去 Pitti Uomo 办过活动。我想有时候我们将会再做一次。 那么您的第一份意大利纪念品是什么? 您知道皮诺曹玩偶吧?是我小时候买的。我现 在仍然拥有它。
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