MFL - Magazine for Living 45

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Magazine For Living

n. 45. aprile 2019. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale

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stile milano by STEFANO RONCATO

Milano calling. La metropoli, fulcro del Salone del mobile e della design week, si trasforma da luogo deputato alla sperimentazione in fonte di ispirazione, scorci, sguardi, interpretazioni per i designer giunti qui da tutto il mondo. La città si dimostra capace di raccontare i suoi mille volti e di racchiudere quell’ecosistema virtuoso fatto dell’incontro tra la creatività e l’industria, tra il progetto e le aziende. Dando un senso pratico alle nuove idee. Il nuovo numero di MFL-Magazine For Living è dedicato proprio a questa meta di fermento, una piazza dove si incontrano i grandi maestri del design e i giovani talenti, senza soluzione di continuità. La stessa dove trovano spazio i progetti di arredo del duo Dimorestudio, che proprio alla città ha dedicato il suo nuovo marchio, DimoreMilano, e dove ci si interroga sul futuro sostenibile dell’interior design e dell’architettura urbana grazie alla XXII Esposizione internazionale della Triennale di Milano. Natura e uomo al centro anche della riflessione progettuale di Ludovica+Roberto Palomba, nuovi chief design officer di Ideal standard e mentori per le giovani generazioni, che stimolano nella creazione e nell’innovazione per emergere nel mondo. Un mondo che quest’anno si raduna intorno alla figura ispiratrice di Leonardo da Vinci nel cinquecentenario della sua morte. Il Salone lo omaggia con una grande mostra dedicata al suo rapporto con le vie d’acqua metropolitane. E la città, intanto, svela i suoi tesori. Case splendide, con viste mozzafiato, luoghi che raccontano lo stile ineguagliabile della borghesia lombarda, ma mostrano anche la passione per l’Italia degli stranieri. Che qui trovano un tessuto culturale e creativo unico. Una fonte inesauribile di bellezza.

in cover e sopra, tavolo manta di rimadesio; sedie Leggera di Gio Ponti, Cassina I Contemporanei; sospensione taraxacum 88 disegnata da achille castiglioni per flos e pouf bubble di roche bobois. foto: lorenzo carone; artwork: giorgio tentolini; location: penthouse libeskind residenze citylife

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contents

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quick chat Arianna Bassi

28 un tavolo con l’anima Nicole Bottini

46 a 48

worldwide Margot Zanni

30 bicentennial homage Margherita Malaguti

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effetto salone Nicole Bottini

32 e 33 urban spaghetti Cristina Cimato

58 a 60

in-out revolution Nicole Bottini

34 a 38 girls power Nicole Bottini e Cristina Cimato

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art on 50 floors Chiara Chiapparoli

40 e 41 facecool Chiara Chiapparoli

64 italian love story Angelo Ruggeri

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66 a 68 Dining in beauty Barbara Rodeschini

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openview Stefano Roncato

family business Chiara Chiapparoli

in alto, duomo, dalla mostra ÂŤAnna Sutor. Milano fra le ditaÂť

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contents

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70 tribute to milan Nicole Bottini 72 e 73

dimorestudio Angelo Ruggeri

74 e 75

paola antonelli Chiara Chiapparoli

76 a 78

ludovica+roberto palomba Cristina Cimato

90 a 96 room with a view Cristina Cimato Foto Andrea Martiradonna

in alto, santa maria delle grazie, dalla mostra ÂŤAnna Sutor. Milano fra le ditaÂť

98 a 104

interni milanesi Babara Rodeschini Foto Santi Caleca

106 a 116 skyline Alessandra Laudati

81 e 82 Marco Balich Barbara Rodeschini

118 a 124 exterior design Alessandra Laudati Artwork Giorgio Tentolini

84 LA POLTRONA DI PROUST Nicole Bottini

127 e 128 fashionable project Margherita Malaguti

86 a 89 seasonal tips Arianna Bassi

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evergreen

2009

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un tavolo con l’anima by nicole bottini

«Progettare semplificando, per estrapolare l’essenza». È stata questa la genesi del tavolo Tense, ideato dai designer Piergiorgio e Michele Cazzaniga. Vera e propria icona della collezione Mdf Italia, Tense rappresenta il nucleo, il concetto primario dell’idea di tavolo, talmente autentico e minimale da adattarsi agli ambienti più svariati. E quest’anno celebra il suo decimo anniversario: presentato nel 2009 al Salone del mobile di Milano, il progetto conquistò immediatamente l’attenzione per le inusuali dimensioni che il tavolo può raggiungere (400 cm di lunghezza e 150 cm di larghezza), grazie a un cuore nascosto altamente tecnologico, che permette di vincere la sfida con la forza di gravità mantenendo una perfetta planarità, accompagnata dalla leggerezza. Per queste peculiarità e per l’innovazione e la ricerca tecnologica applicata al piano, nel 2011 Tense ottenne anche la Menzione d’onore del compasso d’oro Adi. Per festeggiare i dieci anni dalla sua nascita, Mdf Italia presenta due nuove versioni del tavolo, Tense diamond e Tense fine wood, che arricchiscono la serie Tense material. «In tutti i miei lavori, cerco sempre di dare importanza al tatto, per me fondamentale nella progettazione di un oggetto», ha raccontato Piergiorgio Cazzaniga. «La famiglia di tavoli Tense material è caratterizzata da una bellezza intelligente, frutto di un pen-

siero e di un saper fare in grado di trasmettere un’emozione profonda attraverso un’accentuazione delle peculiarità dei materiali usati». Una collezione che pone l’accento sull’unicità di materiali capaci di veicolare emozioni pure e profonde, dunque. Ogni materiale spicca per il suo tratto distintivo. Oltre alle già esistenti finiture in marmo nero ebano, legno, ottone e pietra, ricostruita con arene di fiume, la collezione si arricchisce quest’anno delle finiture Fine wood, dove la volontà dei progettisti è stata quella di accostare l’essenzialità dell’oggetto alla bellezza del legno di noce; ma anche Marmo Carrara bianco, frutto di una miscela di polveri di marmo di grani diverse, e diamond, realizzato rifacendosi all’antica tecnica della lacca cinese: un processo che prevede la stesura manuale del colore e la successiva applicazione di quattro strati di resina trasparente. «Con queste nuove finiture», ha continuato il designer, «abbiamo voluto dare a Tense una configurazione emotiva, creando sinergia tra l’oggetto e la storia dell’arredo e dell’uomo». Sono state inoltre introdotte nuove dimensioni e quattro nuove altezze nelle collezioni Tense, Tense material e Tense intarsia. Nasce così un vero sistema di tavoli che si articola in cinque differenti tipologie: low table, coffee table e bench, dining table e working table, consolle e high table, high table bar/office.

in alto, TAVOLO TENSE di mdf italia, progettato da piergiorgio e michele cazzaniga

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evergreen

1819

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bicentennial homage by margherita malaguti

«Avere almeno un figlio per generazione». Per Michael e Camilla Fischbacher, marito e moglie oggi al timone dell’editore tessile più antico del mondo Christian Fischbacher, è questa la ricetta della longevità. Grazie alla quale oggi possono spegnere 200 candeline sulla torta che celebra il bicentenario dell’azienda di famiglia. Se è lei l’anima creativa del brand, lui, che nella company svizzera ricopre il ruolo di amministratore delegato, è il figlio di Christian Fischbacher V, il cui solo numero romano dice molto sulla linea di successione. E sugli anni trascorsi da quando, nel 1819, il primo Christian fondò a soli 16 anni l’omonima azienda di San Gallo. Eppure questo non basta a decretare il successo di una ditta che crea e commercializza tessuti con standard di produzione elevatissimi e che ha aggiunto sedi affiliate in Germania, Italia, Paesi Bassi, Inghilterra e Giappone. «Ci vuole fedeltà», ha commentato la coppia, aggiungendo: «Le aziende a conduzione familiare hanno statisticamente più successo. Durano più a lungo e sono più stabili. Perché i loro componenti vogliono continuare a lavorare per le generazioni a venire». Per farlo, è necessario reinventarsi sempre. A ogni passaggio di testimone, il Fischbacher che lo raccoglie ha infatti il compito di portare innovazione. «Tutto è cambiato, cambia e cambierà. Nell’ultimo quarto di secolo siamo

passati dalla moda ai tessuti per la casa», ha proseguito il duo che è in azienda dal 1997 e da allora costantemente in viaggio. Spesso in Italia, avamposto per l’evoluzione stilistica e cuore nevralgico per il business. «Abbiamo iniziato a disegnare tessuti in Italia circa 30 anni fa. Gradualmente, lo studio di design italiano ha acquisito importanza. In più, la nazione è tra i nostri più grandi mercati unici a livello mondiale». Una sinergia importante quella del ponte Italia-Svizzera, che quest’anno ha portato a presentare un unico drop celebrativo, chiamato Jubilee e interamente disegnato per raccogliere i punti di forza dei due design. Il risultato è un viaggio tra culture e tessuti luccicanti come metalli preziosi. Un iter misterioso, illuminato da bagliori cangianti dove si fanno strada i pattern Venezia e Verona e un omaggio al passato italiano. Ci sono i damaschi della repubblica marinara, dall’impatto teatrale e c’è la patina dei muri invecchiati della città di Romeo e Giulietta, universo di fascinazione per l’art director Camilla tanto quanto i colori del paese. Mentre il futuro vede la scommessa sul green. «Ci presenteremo al prossimo Fuorisalone con il velluto Benu talent, realizzato al 100% con bottiglie Pet riciclate. È da quattro anni che ci lavoriamo», hanno concluso i Fischbacher. Con in mente altri 200 anni di etica ed estetica.

in alto, i tessuti venezia e verona della collezione celebrativa jubilee di christian fischbacher

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follie

urban spaghetti by cristina cimato

«Volevo realizzare una seduta. E siccome volevo fosse anonima, ho pensato a quelle pubbliche, immaginando immediatamente le possibili variazioni ed esagerazioni. E così sono nate le Spaghetti benches». L’artista e scultore argentino Pablo Reinoso, naturalizzato francese, da sempre lavora sulla rielaborazione e lo stravolgimento della materia. Il primo segno di ciò che poi è confluito nelle celebri panchine è stato inciso nel 2002 quando nella serie Ashes to ashes si è confrontato con listelli di legno che ha piegato e spezzato per permetter loro di liberarsi dalla funzione originaria. Dal 2004 Reinoso ha iniziato a occuparsi di una serie incentrata su un’icona del design industriale, la sedia Thonet. E partendo da questo punto si è addentrato nel mondo delle panchine pubbliche, nel loro significato sociale oltre che progettuale. Nell’ultima serie, che ha affrontato a partire dal 2009, ha cambiato materiale spingendosi a reinterpretare la putrella d’acciaio, torta come un filo e capace

di riconfigurare spazi leggeri, meditativi. Nel 2017 la sua opera è confluita in Pablo Reinoso, la prima monografia dedicata al suo processo creativo (edita da 5 Continents editions, 280 pagine) che ha radunato i testi del filosofo ed epistemologo Michel Serres, dello psicanalista Gérard Wajcman e del critico d’arte Henri-François Debailleux. «Un giorno mi trovavo nel mio studio con molti rami intrecciati per terra che dovevano essere radunati e raddrizzati», ha commentato, «e quello scenario mi ha suggerito qualcuno che avesse fatto cadere un piatto di spaghetti». L’artista ha poi continuato sulla stessa impostazione creativa, tutt’oggi in corso. «Il vantaggio di questo oggetto, anche se molto difficile da scolpire», ha commentato, «è il suo potere poetico, in grado di toccare chiunque, in particolar modo i bambini, che sono importanti perché guardano le cose sempre con una visione aperta. Per la prima volta nella mia vita ho toccato qualcosa di universale, profondo e condiviso».

In alto, aladin spaghetti bench di pablo reinoso (foto Rodrigo Reinoso)

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dance, dance, dance Milano non sarebbe Milano senza il Teatro alla Scala. Milano non sarebbe Milano senza il tempio del teatro in musica e del balletto. E il designer Fabio Novembre sembra aver guardato proprio alla metropoli quando, per il Refettorio ambrosiano, ha realizzato il suo tavolo In punta di piedi (nella foto, a destra), prodotto da Riva 1920. Il progetto sociale, promosso dallo chef Massimo Bottura, ha avuto il pregio di riunire per la prima volta i mondi della cucina d’autore, del design e della solidarietà in favore dei senzatetto. A tutt’oggi lo spazio di Caritas ambrosiana ospita quotidianamente le persone più bisognose per un pasto caldo in un luogo dignitoso. Il tavolo rappresenta nella sua essenza il punto di congiunzione tra la rigidità del materiale, ovvero la quercia, e la plasticità del corpo umano, grazie alla struttura in legno massello a liste incollate con lati squadrati, dotato di due gambe a cavalletto e due di ballerina in equilibrio sulle punte. Un gioco di cromie sul top, bianco e nero e legno e bianco, esalta questo incontro tra la forza e la grazia.

art gallery Galleria Vittorio Emanuele, emblema della metropoli milanese, luogo di passaggio, di ritrovo e di contemplazione, progettata nel 1865 da Giuseppe Mengoni e da sempre conosciuta come il Salotto di Milano, ha trovato grazie alla fotografia e al design una strada inedita per essere apprezzata. Francesco Bolis ha dato vita per Driade a Mirò (nella foto, a sinistra). Il fotografo ha realizzato uno scatto della celebre struttura focalizzandosi sul suo centro, l’ottagono, e l’ha poi inserita in un paravento-opera che, inaspettatamente, sul fronte posteriore propone uno specchio «a trittico» con cui percepire tutta intera la figura umana, come accadeva un tempo nelle sartorie. E così la sede di caffè mitici come Campari, Savini e Biffi, ma anche il luogo in cui furono organizzate le prime manifestazioni politiche e i primi incontri culturali milanesi, si trasforma in una struttura costituita da tre pannelli in mdf, rivestiti da un lato in specchio argentato con stampa digitale, dall’altro in laminato nero. E diventa così, con la sua potenza estetica, un oggetto di uso comune.

shop and the city Parte di uno scenario e di un ambiente fantastico e immaginifico, Il Tornello di Atelier Biagetti (nella foto, a destra) appartiene alla collezione God e trova la sua idea primaria in uno dei tormenti della società contemporanea, il dio denaro. Con questo lavoro Laura Baldassari e Alberto Biagetti non hanno voluto accendere un dibattito teologico, ma piuttosto indagare un elemento che nella società contemporanea è onnipresente e fonte di regole e aspirazioni. E con esso l’idea di un veloce attimo di elettrizzante e onnipotente felicità. La coppia di creativi riesce a raccontare da sempre uno stato d’animo reinterpretandolo in un oggetto nuovo. In questo caso, il tornello di un supermercato diventa un prezioso tavolo realizzato in edizione limitata di sette pezzi più un prototipo e due bozzetti, in acciaio cromato, dettagli in ottone lucido e un top in vetro. Un oggetto capace di trovare e risvegliare anche una approccio ludico e surreale al design.

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girls power Milano, oggi, è il luogo con cui molte metropoli si confrontano, lo spazio in cui le cose prendono forma. Nella sua seppur piccola dimensione geografica, la città riesce a concentrare una serie di eccellenze che ne sono il motore: aziende e persone che con la loro straordinaria lungimiranza alimentano la grandezza e la crescita del capoluogo lombardo. Rossana Orlandi è una di queste. Ogni anno durante la design week, la sua galleria in via Matteo Bandello si anima di forme e colori: tanti i designer provenienti da tutto il mondo, che scelgono questo spazio per esporre i loro progetti. «Siamo propensi a dare spazio a giovani talenti», è solita dire Orlandi. «Quando arrivano idee interessanti, troviamo un posto». Quest’anno i progetti si moltiplicano con «GuiltlessPlastic», in mostra al Museo della scienza e della tecnologia. Un modo per stimolare il mondo del design sul tema della plastica, spesso ingiustamente colpevolizzata. Il vero male non è il materiale in sé, ma il suo cattivo utilizzo.

nella foto, rossana orlandi a milano in un loft di ciytylife (foto Gianni Basso/Vegamg)

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atmosfere

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atmosfere

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Nata a Teheran, cittadina del mondo. Ma soprattutto di Milano, dove dagli anni 80 è uno dei nomi di riferimento del collezionismo di design. Nina Yashar ha aperto il suo primo negozio di tappeti in via Bigli con il nome Nilufar, ossia loto in Farsi. Poi ha ampliato lo spazio, spostandosi in via della Spiga e trasformandolo in galleria. Amante di tappeti antichi, arredi vintage e design scandinavo, racconta il mondo attraverso gli oggetti con uno sguardo inedito, curioso e paziente. Sa aspettare le cose belle e sa valorizzarle, trovare nomi nuovi e ritrovare i grandi ma-

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estri. Quest’anno durante la design week, ospita, nella sede del Depot di via Lancetti, spazio per eccellenza dedicato alla ricerca, «Far», un progetto sperimentale, un’esplorazione nella galassia dei progettisti emergenti che spesso lavorano all’interno di collettivi. Negli spazi storici, invece, ospita «Piano nobile» con i lavori di Michael Anastassiades, Martino Gamper, Brigitte Niedermair in collaborazione con Dedar. Infine, la mostra «Details», dell’artista Bethan Laura Wood, inaugura il piccolo spazio Nilufar 25, una nuova vetrina accanto alla galleria.

nella foto, nina yashar nella sede di nilufar depot a milano (foto mattia iotti)

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atmosfere

Padre sognatore, poeta e pittore; madre instancabile, da cui ha ereditato la tradizione della produzione di carte da parati, presente in famiglia dalla fine dell’Ottocento. Paola Jannelli, milanese doc, è responsabile CreativeLab del gruppo Jannelli&Volpi, azienda di carte da parati, un’istituzione nel mondo del Fuorisalone. Quest’anno, però, sarà presente in Fiera, nel padiglione dove si concentrano i progetti contract nella nuova area S.Project. Un progetto di allestimento firmato da Matteo Ragni e dalla stessa Paola. Lo spazio rettangolare si divide in due blocchi quadrati che ospitano le collezioni e una nuova divisione aziendale. Tra le novità presentate, la collezione Composition - A tribute to Kandinsky, che conferma l’interesse dell’azienda per il mondo dell’arte. Il tributo al pittore russo si basa sull’elaborazione dei suoi dipinti e della raffigurazione dei tratti distintivi della sua opera: il colore come nesso tra opera d’arte e spiritualità e la musica come fil rouge della sua visione, associata ai colori. Nicole Bottini e Cristina Cimato

nella foto, un ritratto di paola jannelli nell'azienda di famiglia di carta da parati (foto lorenzo scaccini)

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PEOPLE

facecool

milano. C’È CHI NE AMA LA PARTE SFAVILLANTE E CHI QUELLA SEGRETA. Qualcuno l’ha scelta come CASA, altri sono solo di passaggio. DIECI STORIE diverse raccontano i volti di una città in evoluzione. By chiara chiapparoli

ERICA AGOGLIATI e FRANCESCA AVIAN WORK as: founders / FOR: FLATWIG STUDIO / WHERE: london-milan

foto Simona Flamigni

foto Cristopher Ghioldi

I loro progetti nascono dall’interesse per le tradizioni del passato, legate a momenti conviviali e reinterpretate in chiave contemporanea. Erica vanta studi di Interior Design al Politecnico di Milano e una grande passione per il settore del food, che l’ha portata a collaborare con numerosi chef a Londra; Francesca ha studiato design all’Università di Genova e Interior design al Politecnico di Milano, ed è stata docente in Spatial cultures presso la Middlesex University. Nel loro studio, fondato nel 2015, progettano complementi d’arredo, come Ondula (nella foto) realizzata a partire da un materiale usato per la copertura dei tetti.

ILARIA BIANCHI WORKs as: designer / FOR: herself / WHERE: milan Classe 1989 e toscana di origine, Ilaria Bianchi è una product and forniture designer con un approccio che unisce artigianalità, tecnica e sperimentazione materica, creando progetti che spaziano dal pezzo unico all’installazione. Dopo la Laurea in Disegno industriale a Torino e un master in Ceramic, furniture and jewellery design alla Central Saint Martins di Londra, ha lavorato in Gran Bretagna, Spagna e Svezia, prima di aprire il suo studio a Milano. Ha esposto in istituzioni come il Victoria & Albert Museum e Dimore Gallery. Di Milano ama la parte «Invisibile, nella quale ricercare lo Stendhal nascosto. E Beppe Sala».

Matteo Carrubba e Angela Tomasoni WORK as: founders / FOR: WRITE SKETCH & / WHERE: milan Passione per la grafica, per la tecnologia e amore per la moda sono i tratti distintivi di Matteo Carrubba e Angela Tomasoni, specializzati in art direction and branding, ed entrambi insegnanti presso l’Istituto Marangoni. Proprio da queste passioni è nato Write sketch &, marchio di stationary fondato nel capoluogo lombardo nel 2014, che alla tradizione italiana del design e delle materie prime unisce la sperimentazione e la cura estrema di tutti i dettagli. Dove trovarli? In department stores come Le bon marché, nei museum shops del Moma di New York, del Guggenheim e della Biennale di Venezia.

Rezzan Hasoglu WORKs as: designer / FOR: STUDIO SAHIL / WHERE: london Rezzan Hasoglu è una product designer il cui approccio alla progettazione si ispira ai fenomeni di origine naturale. Nata in Turchia, ha studiato al Royal college of art di Londra, città dove attualmente risiede, e ha una grande passione per Milano, che ha visitato spesso negli ultimi anni e che ama particolarmente durante la design week. È una dei sei finalisti del Lexus design award 2019, concorso organizzato dal premium brand del gruppo Toyota e giunto alla settima edizione, che premia progetti innovativi, capaci di migliorare significativamente la vita quotidiana attraverso l’utilizzo di materiali biodegradabili e energie rinnovabili.

Benjamin Hubert

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foto Jose Santopalomo

foto Jose Santopalomo

WORKs as: FOUNDER / FOR: STUDIO LAYER / WHERE: LONDON Classe 1984 e origine britannica, Benjamin Hubert è uno dei giovani creativi più acclamati a livello internazionale. Nello studio che ha fondato nel cuore di east London si intrecciano numerose discipline, tra cui industrial & digital design, ingegneria, arte e ricerca. Qui vengono realizzati sia prodotti sia strumenti di comunicazione e intelligenza artificiale. Ha all’attivo una lunghissima lista di premi ricevuti e collabora con partner come Google, Nike, Samsung, Vitra. Ha presentato molti progetti a Milano, tra cui Raytrace, installazione architettonica realizzata per l’azienda Cosentino (nella foto).

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Noa Ikeuchi e Tommaso Nani foto Alberto Strada

Doppia sede per Mist-o, studio internazionale fondato nel 2012 dal giapponese Noa Ikeuchi e dall’italianoTommaso Nani, che trova proprio nella profonda diversità dei due soci il principale punto di forza. Che si tratti di mobili e piccoli oggetti, oppure di installazioni più complesse, il loro tratto distintivo è la ricerca della semplificazione del linguaggio espressivo, che sapientemente scaturisce anche dal dialogo internazionale, favorito dal loro team che proviene da zone geograficamente molto distanti. Tra i loro clienti ci sono aziende quali Agusta Westland, Antolini, Atipico, Cappellini, Frag, Ichendorf, Living divani, Oluce e Tod’s.

foto Alberto Strada

WORK as: FOUNDERS / FOR: MIST-O / WHERE: MILAN-TOKYO

Astrid Luglio

foto t-space

Napoletana di origine, Astrid Luglio, classe 1988, è specializzata in design di prodotto, con uno sguardo particolare verso la food culture in tutti i suoi aspetti: tradizioni, gesti, ingredienti e soprattutto sensazioni. Dopo la laurea, conseguita presso Naba di Milano, ha vissuto e lavorato prima a Melbourne e poi a Ho Chi Minh city. Tornata in Italia, ha fondato nel 2018 il suo studio nel capoluogo lombardo, dove realizza progetti sofisticati, che si ispirano all’archetipo dell’oggetto, spesso realizzati in limited edition, per i quali si avvale della collaborazione di abilissimi artigiani.

foto Sirio Vanelli

WORKs as: designer / FOR: herself / WHERE: milan

jan Plechac e HENRY Wielgus WORK as: founders / FOR: STUDIO PLECHAC AND WIELGUS / WHERE: prague Jan Plechac e Henry Wielgus si sono conosciuti durante gli studi presso l’Academy of art, architecture and design di Praga, hanno aperto il loro studio nella città ceca nel 2011 e da allora realizzano progetti capaci di unire arte, architettura e design. Neverendig glory (nella foto) è una serie iconica creata per l’azienda Lasvit, che studia l’archetipo del lampadario sfarzoso, attualizzandolo. Il loro legame con Milano? La presenza dei loro oggetti durante alcuni tra i più importanti eventi e in alcuni tra i migliori spazi della città, tra cui la galleria Rossana Orlandi, Rinascente, Salone del mobile.Milano, Cappellini.

Elena e Giulia Sella WORK as: founders / FOR: DESIGNBYGEMINI / WHERE: milan DesignByGemini, fondato a Milano da Elena e Giulia Sella nel 2015, unisce il design d’interni e l’architettura all’interazione con il digital. Nato come un blog di design, negli anni lo studio delle due sorelle gemelle è cresciuto tanto da arrivare a occuparsi di progettazione d’interni, installazioni e product design, sempre con un’attenzione alla promozione sui media e alla comunicazione. Proprio questo aspetto, che può definirsi la loro firma, ha favorito le collaborazioni con il mondo della moda, programmi tv, canali Youtube e radio, e con brand quali Dior, Land Rover, Lierac, Technogym, Pandora.

Attila Veress WORKs as: founder / FOR: himself / WHERE: milan Attila Veress è nato in Transilvania nel 1990 e cresciuto negli Emirati Arabi Uniti. Nel 2011 si è laureato in Industrial design presso lo Ied di Milano, con una tesi che ha ricevuto una Menzione d’onore al XXIII Compasso d’Oro, e poi ha conseguito il master in Strategic design sempre presso lo Ied, dove attualmente insegna. Nel 2013 ha vinto la prima edizione del Bmw creative lab, premio che gli ha permesso di lavorare per l’azienda tedesca. Ha viaggiato in tutto il mondo, ma è Milano che ha scelto come sede per aprire il suo studio, nel 2015. Un suo progetto? La padella Panboo, realizzata con lo chef Davide Oldani.

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Family BUSINESS Q&A with Ico Migliore and Mara Servetto

Ricerca incessante, applicazione di nuove tecnologie, capacità di incuriosire e mantenere vivo l’interesse di chi osserva; questi sono solo alcuni tra i tanti punti di forza professionali di Ico Migliore e Mara Servetto, coppia nella vita e nel lavoro e fondatori dello studio Migliore+Servetto achitects composto da un team internazionale di architetti e designer. Uno dei concetti chiave del vostro lavoro è quello della narrazione. Cosa si intende? Mara Servetto: La sfida è quella di coinvolgere pubblici diversi, non solo gli esperti, ma anche persone che possono accedere a uno spazio culturale anche casualmente. Per esempio, nel museo del Teatro della Scala abbiamo realizzato un intervento di realtà aumentata per raccontare l’evoluzione della Magnifica Fabbrica: sul modello di Mario Botta, eseguito da un artigiano bravissimo, abbiamo costruito un racconto grazie all’uso quasi umanistico della tecnologia. Per restituire il fatto che la torre scenica sia alta 70 metri, è comparsa all’interno la Torre di Pisa, un elemento conosciuto, una misura dimensionale che si ha ben presente. Ico Migliore: Ci occupiamo da molto tempo di spazi di narrazione sia in campo di branding che di cultura. Parlando di approccio alla progettazione museale, per esempio, si tratta di concepire un museo in modo differente. In Italia a volte si ha la percezione che questo tipo di Istituzioni sia un po’ polveroso, mentre invece in altri paesi, come quelli anglosassoni, sono molto frequentate. Bisogna, quindi, ingaggiare con il visitatore un meccanismo capace di coinvolgerlo nell’aspetto conoscitivo, o magari dare forza a quelle notizie che catturano un po’ di più l’attenzione. Per esempio, sapere che Fryderyk Chopin era un uomo molto elegante, un po’ dandy, attento all’arredamento, alle tappezzerie, è un aspetto che intriga e porta più vicino alla storia del personaggio. Avete curato il Padiglione Italia della XXII Esposizione Internazionale alla Triennale di Milano. Cosa ha significato? M+I: È un classico esempio di polifonia: lo spettatore viene portato all’interno di un luogo in cui la tematica principale «4 elements taking care» viene affrontata a diversi livelli di approfondimento attraverso un racconto

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che si evolve dal micro al macro. Dai grandi libroni laterali alla wunderkammer sulla parete di fondo, fino all’installazione centrale i contenuti generano l’allestimento nella sua forma e nella sua interazione. Il tutto racconta la grande ricerca e i numerosi progetti selezionati dal Politecnico. Il risultato è un padiglione da sfogliare e ascoltare. Una parte importante del vostro lavoro è legata all’insegnamento. Come è possibile stimolare gli studenti oggi? M: Riuscendo a far sì che si sentano tutti parte di un percorso di crescita. Anche noi nel nostro studio lavoriamo in questo modo: ci sono diversi team e anche se i componenti sono a livelli diversi, alcuni più junior, altri più senior, tutti sono stimolati a partecipare, dire, intervenire e questo per noi è importante, è un valore aggiunto. Nella dialettica nasce l’idea. I: Non è solo un rapporto in cui diamo, io personalmente ricevo moltissimo dagli studenti. Ce ne sono alcuni bravissimi, i giovani oggi sono molto in gamba, aggiornatissimi e tecnologicamente molto avanzati. Spesso di fianco a noi c’è qualcuno da cui possiamo apprendere qualcosa, magari non lo sa ancora nemmeno lui. Cerchiamo sempre di stimolare il coraggio di dire, di fare, di esprimere opinioni, di essere curiosi, l’audacia dei giovani è uno dei motori necessari per andare avanti. Quali sono le vostre passioni in comune, oltre al lavoro? M: Viaggiare, vedere, scoprire. Non abbiamo confini netti tra famiglia e lavoro. I: Lo sport è molto presente nella nostra famiglia, io sono stato capitano della Nazionale di hockey su ghiaccio, ho fatto un’Olimpiade. Anche nostro figlio ha giocato in serie A e nostra figlia fa scherma a livello agonistico. Le discipline sportive sono un grande insegnamento nella vita, si dice: «Sei così bravo come l’ultima partita che hai giocato». La prima cosa a cui pensate quando vi svegliate al mattino? M+I: Pensiamo a individuare una cosa che ci piacerà nella giornata. La vita è talmente complessa che se aspetti un momento di pace non arriverà mai, quindi lo cerchiamo tutti i giorni. Chiara Chiapparoli

in alto, Mara servetto e ico migliore

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point of view

quick chat

doppia intervista ai due creativi che danno il nome allo studio Sovrappensiero. e che si muovono tra produzione industriale, ricerca, limited edition e design artistico. By arianna bassi

ernesto iadevaia Founder Sovrappensiero design studio

lorenzo de rosa Founder Sovrappensiero design studio

Cosa rappresenta Milano per lei? Il presente.

In Italia ci sono molti distretti industriali, ma le istituzioni come la Triennale e l’Adi, le Università e il Salone del mobile pongono Milano al centro del dibattito culturale.

Qual è il suo approccio al progetto? Dipende dal progetto: potrei dire che guardo un foglio bianco aspettando l’ispirazione ma mentirei, per me è tutto un po’ più complicato, lento e imprevedibile.

Ci confrontiamo ogni giorno con progetti molto diversi tra loro, ma per potersi approcciare di volta in volta a un nuovo tema è fondamentale approfondire la ricerca.

Quanto è importante raccontare una storia quando si progetta un oggetto? Penso sia molto importante scrivere il racconto prima di iniziare a disegnarne l’involucro, questo permette di creare una connessione forte tra forma e storia.

Da diversi anni la nostra ricerca verte sulla capacità degli oggetti di raccontare storie, aprire nuovi mondi e far riflettere. Ogni storia ha diverse chiavi di lettura e così anche gli oggetti hanno diversi livelli di fruizione, che arricchiscono l’oggetto di significati e contenuti contribuendo a costruirne l’identità.

Mi può fare un esempio concreto? Oggi siamo abituati a vedere prodotti con segno, materiali e colori rassicuranti inseguiti da una storia costruita e forzata che non riesce a raggiungerli e a convincerci. Credo che la direzione giusta sia inversa, ovvero partire da quello che si vuole raccontare per poi progettarne la forma utilizzando materiali e colori che accompagnino il racconto.

Il nostro progetto Furnature, per esempio, racconta di come un oggetto possa riacquistare una propria identità locale attraverso elementi naturali, oppure Porto sicuro viene spogliato di ogni funzione materiale per acquisirne una puramente simbolica. In Memoriae visionariae, invece, abbiamo provato a dar nuovo valore alla storia pregressa delle cose.

Enzo Mari ha definito l’attuale generazione di designer «degradata», cosa risponde? La nostra generazione nasce durante la più grande crisi economica-culturale, ci diamo da fare per reinventare questo mestiere e per dargli una nuova forma incontrando moltissime difficoltà. L’affermazione di Enzo Mari riesco in qualche modo a comprenderla facendo lo sforzo di immedesimarmi, sforzo che andrebbe sempre fatto, anche dai maestri.

Credo che oggi il lavoro del designer non sia solo disegnare oggetti, ma piuttosto gestire una serie di complessità. Capire e interpretare il momento storico in cui si vive, il pubblico a cui ci si rivolge, interpretare nuovi mondi che prima non esistevano. Stimo moltissimo il lavoro di Enzo Mari, ma credo che attualmente non abbia più gli strumenti, ma soprattutto la voglia di comprendere il contesto contemporaneo. È un vero peccato che sia caduto in un cliché.

A chi si ispira quando disegna un nuovo oggetto? Amo molto l’approccio di Naoto Fukasawa, il modo in cui mette in relazione il carattere di un oggetto con lo spazio all’interno del quale lo disegna, i lavori per Muji ne sono un esempio. Parallelamente al suo minimalismo disegna oggetti apparentemente lontani dalla sua filosofia ma straordinari, come i juicepeel packaging, bellissimi e pop.

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Seguo il lavoro di molti designer contemporanei, più o meno noti, per essere aggiornato e continuare ad imparare. Quando sono davanti al foglio bianco, però, preferisco prendere ispirazione dal mondo dell’arte, frequento spesso le gallerie e le diverse mostre che Milano offre, e ho una piccola collezione di opere.

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IL GIARDINO DI LEGNO - ARREDI PER ESTERNI

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brand new

worldwide foto Sylvie Becquet

Le novità più hot dalle fucine del design. premi e nomi clou, anteprime, inaugurazioni, progetti e visioni future dell’abitare. di un panorama in perenne trasformazione. BY margot zanni

bassa paola navone goes to fast food Uno spazio giocoso e al contempo chic, che esprime forte personalità e gioia di vivere. La designer italiana Paola Navone progetta gli interiors di McDonald’s France. E il fast food di Boulevard de l’hopital, nel 5° arrondissement, a due passi dalla stazione di Austerlitz, è il primo di Parigi. Una scatola bianca e luminosa, nella quale lo spazio è definito grazie a tonalità che vanno dal bianco al grigio, fino a tinte acquose e a differenti texture. declinate in maniera non ripetitiva.

BOSCO VERTICALE GOES TO TIRANA Stefano Boeri ha progettato una versione albanese della sua foresta verticale. Tirana gode di un clima mediterraneo e per questo sono state scelte essenze tipiche di questo particolare ecosistema. Saranno piantati arbusti di un verde acceso e fiori gialli e viola. Tra le piante profumate ci saranno mirto e rosmarino.

LONDON garden Nell’estate 2019 Junya Ishigami progetterà il Serpentine pavillon dei Kensington gardens di Londra. Un vero e proprio esperimento che avrà la forma di una montagna di ardesia dall’estetica leggera e aggraziata. L’architetto giapponese lavorerà con un team di ingegneri per realizzare l’ambiziosa opera con tutti i suoi dettagli.

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PIOVE CHAMPAGNE Durante la Design week a Palazzo Clerici le flûte si colgono direttamente dai rami, così come i grappoli d’uva vengono colti dalla vite. Il progetto dedicato alla natura e alla sua energia è firmato da Perrier-Jouët e dall’artista Bethan Laura Wood che si è ispirata all’Art nouveau e all’universo floreale della maison per questa installazione site-specific.

wandering house Micro, trasportabile, adattabile e soprattutto autosufficiente a livello energetico. Tutto questo è casa Ojalà. L’edificio disegnato dall’architetto Laura Bonzanigo ha una superficie di appena 27 metri quadrati ma può essere configurato con 20 diversi layout ed essere assemblato da chiunque e in qualsiasi luogo.

FERMATE D’AUTORE

MOUNTAIN exhibition

Quando aspettare il tram diventa un’esperienza di design. Succede a Kehl, in Germania, dove lo studio di architettura J Mayer H ha inaugurato una fermata ricavata da una pila di dischi in cemento armato. Il progetto è il capolinea della linea che attraversa il confine tedesco con Strasburgo, in Francia, dove la fermata è progettata da Zaha Hadid.

Lo studio specializzato in architettura del paesaggio Snøhetta ha progettato un nuovo quartiere museale sulle montagne che circondano Bolzano. Un edificio dalla forma allungata che richiama la topografia della montagna con vista mozzafiato sulla città costituito da un grande tetto a gradoni che avrà anche la funzione di belvedere.

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ARCHITETTURA PER LA COLLETTIVITà

Shapes of fendi

Un capannone per vecchie locomotive si trasforma in una biblioteca e spazio per eventi. Tutto questo avviene a Tilburg nei Paesi Bassi e porta la firma dello studio Civic architects di Amsterdam. L’edificio ha dimensioni imponenti. Alto 15 metri e largo 90 metri. La struttura in acciaio conserva lo stile industriale e le alte finestre in vetro. All’interno lo spazio è razionalizzato grazie a schermi mobili che di volta in volta definiscono gli spazi.

Per i dieci anni di presenza a Design Miami, Fendi ha chiamato l’artista Sabine Marcelis che ha scelto l’acqua, elemento legato alla maison e alla città eterna, per realizzare «The shapes of water», dieci fontane ispirate ad altrettanti simboli della griffe, come l’iconica bag Peekaboo. Dopo la Florida, il progetto è volato a Hong Kong, dove la mostra è ospitata da Landmark.

GIOCHI GENDER FREE

UNIVERSITà A EMISSIONI ZERO

Toro play kitchen è la nuova cucinetta per bambini realizzata dal marchio danese Ferm living pensata per essere utilizzata da tutti e senza distinzioni di sesso. Si tratta di un progetto che promuove l’inclusività con le sue linee minimaliste e i colori neutri. L’obiettivo è liberare i più giovani dai limiti delle convenzioni culturali e sociali.

Sulla costa meridionale di Singapore si trova il primo edificio a emissioni zero dell’isola. Si tratta della School of design & enviroment 4. L’università, progettata dallo studio londinese Serie architects e da Multiply architects, offre oltre 1.500 metri quadrati di aule, una piazza, laboratori, centri ricerca e aule open-air. L’architettura sostenibile si adegua ai ritmi della natura tropicale circostante.

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effetto salone by nicole bottini

Dopo il cambio di passo dello scorso anno, vidimato da un Manifesto che ne dettava le nuove intenzioni, la 58ª edizione del Salone del mobile.Milano punta nuovamente i riflettori da una parte sulla centralità della città, che continua a vivere la sua rinascita raccogliendo riconoscimenti internazionali, dall’altra sulla capacità creativa e di fare sistema, che rendono la rete industriale dell’arredo unica al mondo. Fino al 14 aprile, Fiera Milano Rho si anima e diventa una vetrina d’eccellenza della qualità, dell’innovazione e della creatività del settore arredo. Il Salone Internazionale del mobile e il Salone internazionale del complemento d’arredo – suddivisi nelle tipologie stilistiche Classico, Design e xLux – scendono in campo con le biennali Euroluce e Workplace3.0, dedicato al mondo dell’ufficio, che quest’anno si presenta con una modalità espositiva rinnovata, diffusa e trasversale, per mettere in scena al meglio l’evoluzione dell’idea di ambiente lavorativo, oggi, sempre più luogo ibrido tra dovere e piacere, professionale e personale. Fa poi il suo debutto S.Project, che si propone come uno spazio trasversale dedicato ai prodotti di design e alle soluzioni decorative e tecniche del progetto d’interni. Saranno circa 550 i giovani protagonisti della 22ª edizione del Salone Satellite, il settore dedicato ai nuovi talenti. Tema di quest’anno «Food as a

design object». L’auspicio è che lo slogan possa sollecitare ai giovani creativi provenienti da tutto il mondo risposte e soluzioni sotto forma di visioni avanguardistiche, idee, progetti e contributi originali. Con un omaggio speciale alla «michetta». «Visto che Milano è la capitale mondiale del design, abbiamo pensato di celebrarla con un omaggio al panino più famoso del capoluogo lombardo», ha raccontato Marva Griffin, ideatrice e curatrice del salone satellite. Al Salone del mobile sono oltre 2 mila (di cui il 30% straniere) le aziende che presentano le proprie proposte di arredo, dal classico al design. Dietro all’immagine di stand che sembrano teatri, di allestimenti curati nel dettaglio, c’è il lavoro delle fabbriche, italiane e straniere. Un settore, quello dell’arredo, in decisa ripresa, ma su cui pesano le previsioni al ribasso dell’economia per il 2019. «Veniamo da un 2018 di grande successo, perché siamo riusciti a ottenere un aumento della produzione destinata al mercato nazionale del 3,1% sul 2017», ha commentato Emanuele Orsini, presidente di Federlegno ArredoEventi. Anche l’estero ha funzionato molto bene, noi siamo per l’inclusione dei mercati perché abbiamo bisogno di espanderci e di avere accordi stabili e forti con i Paesi stranieri. È una trama straordinaria quella che lega creatività, ingegno e industria, e che fa

in alto, 3D printed bar di caracol studio, realizzato con biopolimeri e stampato interamente da un sistema robotico antropomorfo

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dall'alto, in senso orario, la festa delle farfalle di ingo maurer; il primo progetto europeo degli australiani designbythem per giochi di design in una residenza di via farini; L'installazione IQOS world revealed di Alex Chinneck e le pop medusa di versace home collection

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dall’alto, in senso orario, le cassettiere pandora di de castelli; la chaise longue onda di armani/casa, rivestita in pelle intrecciata; IL LEONE ILLUMINATO CON LUCI DICROICHE delL’ALLESTIMENTO UNBORING THE FUTURE di Peugeot e le nuove poltrone di Fendi casa dall’allure romantica e il design circolare

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del design italiano un punto di forza di importanza strategica per tutto il sistema Italia». Aggiungere il temine ingegno all’edizione 2019 del Manifesto è un omaggio a Leonardo da Vinci, protagonista degli eventi culturali organizzati dal Salone. «La parola ingegno ha varie sfaccettature», ha affermato Claudio Luti, presidente del Salone del mobile, «l’ingegno delle aziende, dei designer e di tutte le persone che lavorano per un anno per preparare nuovi progetti e fare innovazione. Ecco, è questo l’ingegno: l’intelligenza come principio di creatività, senso del talento, geniale abilità nel fare e nel pensare. Doti che le nostre imprese possiedono, che i nostri designer sviluppano e che le nostre radici ci tramandano e parola che costituisce un invito a guardare sempre avanti, a non accontentarsi, a pensare che ogni cosa può sempre essere reinventata e riscoperta con occhi nuovi che guardano al futuro. Abbiamo collegato questa parola al massimo dell’ingegno che è Leonardo da Vinci, che ha vissuto 20 anni a Milano e che per noi è l’essenza del progetto e della ricerca». Il Salone del mobile anticipa le commemorazioni cittadine per i 500 anni dalla morte di Leonardo con due grandi installazioni: in città, all’interno della Conca dell’Incoronata, di cui presumibilmente Leonardo ha sovrainteso i lavori di costruzione oltre che progettarne le

celebri porte lignee, troneggia «Aqua», un’esperienza immersiva site specific ideata da Marco Balich. In Fiera, invece, De-signo: «È un’installazione che mette in relazione la progettualità e la genialità leonardesca con la grande progettualità italiana, milanese e lombarda. Un omaggio al sapere fare italiano, dall’epoca del Maestro fino ai giorni nostri», ha raccontato Davide Rampello, curatore del progetto. Ingegno fa però rima con impegno ed è quello che mettono in scena, in diverse sfaccettature, tutti i design district di Milano. Come ogni anno, creatività, progetto e – appunto – ingegno travalicano i confini della fiera per invadere la città tutta, dal centro alle periferie. Per una settimana, la geografia del capoluogo lombardo viene ridisegnata con nuovi equilibri, portando aree normalmente dismesse o poco frequentate a essere vetrina e laboratorio di sperimentazione e di creatività. Il Fuorisalone diventa un «Salone diffuso», trasformando la città in uno spazio liquido, che si apre a tante esperienze e a tanti momenti di incontro e condivisione. Tra i più storici, Brera design district presenta la decima edizione della sua Design week. Parola chiave di quest’anno, la sostenibilità, traslata nel tema «Design your life», la progettazione consapevole delle proprie scelte. Tanti i progettisti coinvolti, da Mario Cucinella ad Aldo

in alto, lampada nut da appoggio firmata acollection di andrea castrignano

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Cibic, fino a Cristina Celestino, che cura il Brera design apartment. Numerose anche le delegazioni straniere: su tutte, quella brasiliana e quella giapponese. Tortona Rocks, nel distretto dove il Fuorisalone è nato, getta un nuovo sguardo sul futuro, ricercando cambiamento e creando consapevolezza su come il design sta mutando, arrivando a toccare tutti gli ambiti delle nostre vite e contribuendo allo sviluppo della società contemporanea. Highlight del distretto, il progetto Iqos world dell’artista britannico Alex Chinneck, un’installazione ambientale dal potere suggestivo, che indaga su come le nostre scelte quotidiane si riflettano sulla definizione di un futuro migliore. Sempre protagonista in via Tortona, Superstudio, che si avvicina al suo ventesimo anno d’età e che anche questa volta segue la mission Only the best, con attenzione al tema «innovation&tradition». La tradizione, l’heritage, l’artigianato d’autore, le lavorazioni manuali, i materiali organici si accostano all’innovazione e alla tecnologia più spinta con un unico obiettivo: semplificare e rendere più belle, smart, ecosostenibili le nostre case e le nostre città. Quest’anno l’art director Giulio Cappellini lancia il progetto speciale Superhotel, un hotel internazionale ma con profonde radici italiane che mixa prodotti industriali e di alto artigianato creati ad hoc.

5Vie riconferma il suo ruolo di promotore culturale e polo di ricerca e di design d’avanguardia, con particolare attenzione al pezzo unico, all’art design e alla commistione tra le arti. «In ogni edizione organizziamo una dedica a un grande maestro della scena internazionale», ha spiegato Alessia Del Corona, co-founder 5Vie, «quest’anno abbiamo pensato a Ugo La Pietra. Nel Cortile di Via Cesare Correnti 14, il maestro presenta la mostra personale «Design territoriale, genius loci», che esplora il suo interesse sul mondo della cultura sommersa»; quel tipo di artigianato artistico in grado di sostenere e rappresentare l’opera d’arte, capace di diventare laboratorio di ricerca per il design e nello stesso tempo ridare strumenti per connotare l’architettura. Confermata la collaborazione con i curatori Annalisa Rosso, Maria Cristina Didero e Nicolas Bellavance-Lecompte: sono state affidate loro tre installazioni site-specific, riaffermando così una particolare attenzione per il territorio. Tante le new entry, come Nicoletta Gatti, arredatrice e designer milanese con la sua inedita collezione «Sedute esaurite». Un sapiente recupero di vecchie poltrone di famiglia, rivestite di tessuti Rubelli fuori catalogo da anni, che crea un delicato equilibrio tra ieri e oggi, tra memoria e contemporaneità. Porta Nuova Porta Volta, simbolo della Milano che cambia,

in alto, complicated sofa di andrés reisinger per milan design market (foto javier agustÍN ROJAS)

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dedica questa edizione della design week al tema dell’ospitalità. «Abbiamo voluto perseguire una strada che porti a una riflessione seria sul tema dell’ospitalità e del design», ha spiegato Andrea Boschetti, direttore scientifico di Idd-Innovation design district, anche il mondo del lavoro sta diventando più ospitale, basti pensare al co-working e al co-housing. Il nostro futuro prossimo sarà fatto di consumo collaborativo: condivideremo servizi e sforzi per aumentare la nostra qualità della vita. E quale posto migliore per discuterne se non Milano, la città che, per antonomasia, accoglie da sempre». The hospitable city è quindi un vero dibattito pubblico per costruire un futuro comune. Tra le novità più interessanti della terza edizione di Isola design distrinct, l’iniziativa Materiæ in collaborazione con Regione Lombardia. Qui il progetto più importante è Terramia, un prototipo di alloggio con materiali naturali dell’architetto Stephanie Chaltiel. Fabbrica del vapore, invece, fa parte per la prima volta del distretto con mostre, eventi e talk. Futuro e apprendimento sono le parole chiave anche di Ventura Projects e della sua nuova partnership con Base Milano con il progetto

UN-learn/RE-learn. Sono stati chiamati a raccolta designer, pensatori, artisti e innovatori, fra loro diversi e complementari, in un percorso interattivo tra domande e installazioni. Obiettivo: indagare e immaginare nuovi processi, luoghi e forme dell’apprendimento per mettere in discussione gli schemi del presente e ridisegnare un futuro in cui il settore culturale e creativo sia motore di innovazione. Il distretto più ricco di sperimentazione e idee innovative porta negli spazi dell’ex Ansaldo l’evento Ventura future, con i migliori talenti attraverso i progetti delle accademie di design e università internazionali, studi e brand creativi per scoprire le nuove frontiere del design contemporaneo. Una design week ricca e dinamica, ma attenta. Attenta al futuro. Una design week immersa in una città unica, aperta e proiettata con il suo dinamismo verso il mondo. Milano è ormai diventata il termine di paragone con cui molte metropoli si confrontano; una città internazionale, un nuovo modello, simbolo di quell’abilità nel fare e nel pensare che stimola nuovi modi di inventare soluzioni in cui il design provvede al benessere dell’uomo e della società.

in alto, in senso orario, la camera delle meraviglie, progetto di home collection di massimiliano giornetti; snake, seduta modulare realizzata da campidarte con contenitori per trasportare le uova; i tappeti rug-o-rama di foro studio+alessandro iovine, omaggio a milano e alle molte identità della metropoli

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in-out revolution by nicole bottini

La location è quella che più rappresenta il cambiamento della città di Milano. La piazza di CityLife, tra i grattacieli usciti dalla matita di giganti della progettazione internazionale come Arata Isozaki, Zaha Hadid e Daniel Libeskind, viene invasa, nei giorni della design week, da prodotti dedicati all’outdoor e al wellness. Torna per il secondo anno consecutivo In-out your outdoor experience, una mostra evento en plein air che sviluppa il tema del benessere all’aria aperta con installazioni, prototipi, concept e materiali. Una vera e propria oasi di relax per offrire una riflessione sugli stili di vita. Deus ex machina del progetto è l’architetto Fabio Rotella: «Ho partecipato per la prima volta al Salone del mobile di Milano nel 1990. Allora lavoravo per Atelier Mendini, dove sono stato per sette anni, e mi occupavo proprio degli eventi al Salone. Essere presenti alla design week milanese è un’esperienza che ho consolidato nel corso degli anni. Allora però era molto diverso. Oggi il Fuorisalone è un mix di tutto. Da tempo sentivo l’esigenza di fare qualcosa in un’aera che non fosse già inflazionata. Il progetto In-out si basa fondamentalmente su tre pilastri: outdoor, perché da architetto credo siano già stati affrontati tutti i vari ambienti della casa, mentre l’esterno è un tema ancora parzialmente da esplorare. Si è sviluppato solo negli ultimi anni, proprio

perché il mercato si è allargato (più spazi verdi, più case con giardino, più hotel con aree all’aperto, ndr). Il secondo pilastro su cui poggia il mio progetto è il rapporto uomo/arredamento/natura: il benessere è al centro delle nostre vite e delle nostre ricerche e bisogna stare bene sia in casa sia nella natura. Terzo e ultimo pilastro è CityLife, un quartiere completamente nuovo, rivoluzionario per Milano. Un grande parco, all’interno del quale la gente vive e lavora. Un’area che si sviluppa tra interno ed esterno». Un’ambientazione in perfetta sintonia con le intenzioni progettuali dell’architetto, dunque. Nella storia, l’arredo da esterno ha da sempre accompagnato l’evoluzione dell’architettura, della progettazione funzionale o decorativa per giardini, terrazze e verande, seguendo le diverse esigenze di chi vive lo spazio all’aperto. Difficile determinare confini sulle tipologie degli oggetti che fanno parte del mondo dell’arredo outdoor. «La nostra idea di wellbeing è riferita allo star bene all’esterno attraverso arredi ed elementi progettati per vivere in armonia con la natura, proponendo nuove prospettive di bellezza. Socrate parlava del wellbeing chiamandolo appunto stare bene», ha spiegato Rotella, «un insieme di sensazioni colte dallo sguardo, dall’olfatto, dal tatto. Un odore, un colore, che la nostra psiche percepisce e che alla fine dà un’emozione.

in alto, in senso orario, il progetto di piazza tre torri a citylife; fabio rotella, architetto e mente creativa della kermesse in-out your outdoor experience, in scena durante la milano design week, e nef, la poltrona con schienale alto di emu

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sopra, il format espositivo della mostra-evento en plain air; sotto, tami, il divano modulare a tre sedute di emu

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exhibition

Quest’anno abbiamo pensato però di allargare questo concetto e di creare un’area di working in outdoor. È un tipo di esperienza che sto già mettendo in pratica con la compagnia di assicurazione di crediti Coface, nel Lorenteggio village a Milano: all’ultimo piano stiamo sviluppando una grande terrazza dove verranno posizionate alcune working area. I dipendenti potranno accedervi nelle belle giornate per lavorare all’aria aperta». Gli espositori di In-out sono presenti sia con ambientazioni su spazi di diversi metri quadrati sia in spazi più contenuti, dove raccontare un solo prodotto o anche solo un’idea. Il fine è quindi quello di un hub creativo dedicato all’outdoor. Una serie di piattaforme espositive mettono in mostra diversi ambienti come living, dining, spa, relax e sport. Vivere sostenibile dunque, che riguarda l’arredo delle case e il mondo del contract, ma anche la mobilità elettrica, l’architettura e l’urbanistica delle città. «Negli ultimi anni si parla molto di Smart city», ha precisato Rotella, «ma io credo sia necessario concentrarsi sul verde nelle nostre città: è importante rivedere le terrazze e i tetti degli edifici e renderli più verdi, per ridare al territorio quello che abbiamo tolto, in modo paritetico. In alcune città dei paesi del Nord è già così. A Milano, che sta vivendo un periodo particolarmente felice, se ne parla comunque troppo poco

e si può fare ancora molto. Ogni spazio nuovo che la città può conquistare deve essere tramutato in verde. Un esempio? Recuperare la carreggiata centrale della circonvallazione e trasformarla in un parco che giri intorno a tutta la città, un ring park. Per non parlare dell’arredo urbano, che è tutto da rifare». Grande rilevanza, poi, viene data al tema della sostenibilità, contaminazione presente in tutto il progetto. Compagni di viaggio di Rotella in questa avventura, che quest’anno ha il patrocinio del Comune di Milano, sono Barbara Colonnello, ad dell’agenzia Promoest per l’organizzazione, la regia e la comunicazione, Sergio Rossi con Fierecom&events e Class editori. Terminata la design week milanese, il prossimo passo di questa iniziativa riguarda, per l’appunto, la mobilità. «In-out è una filosofia di vita», ha concluso Rotella, «non finisce con la design week milanese e non si limita al mondo del design, ma abbraccia diverse aree. Il 2019 coincide con la nascita di un format itinerante: a maggio parteciperemo al Versilia yachting rendez-vous, l’evento di Fiera Milano dedicato alla nautica, con la ricostruzione di un ponte di una nave completamente arredato. Poi voleremo all’Expo di Dubai, dove nella parte della Marina dedicata all’italian yachting realizzeremo il ponte ideale per vivere all’aria aperta su una grande barca».

in alto, in senso orario, due vedute notturne del progetto espositivo e la Lampada Space Ship di Atmosphera

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project

art on 50 floors by chiara chiapparoli

Non tutte le città possono vantare il grattacielo contenente il più grande murales del mondo, che si snoda lungo le scale dell’edificio stesso. Sancito dal Guinness world records, il Largest stairwell mural è da poco stato conferito all’Allianz tower per «giro del mondo in 50 piani», opera realizzata all’interno del quartiere generale del gruppo finanziario. Le immagini che percorrono le scale della costruzione si estendono per 2.980,59 metri quadrati. Un lavoro durato quattro mesi che ha dato vita a più di 200 soggetti, realizzati grazie alla collaborazione di numerosi protagonisti. Oltre all’azienda, anche il collettivo artistico Orticanoodles, pseudonimo dei famosi street artists Wally e Alita, la Fondazione Allianz umana mente e la Fondazione Arrigo e Pia Pini. Uno staff di tutto rispetto per un viaggio tra cinque continenti: a ogni piano del palazzo corrisponde infatti una città, scelta tra le più importanti metropoli del mondo e rappresentata attraverso i suoi principali simboli, dalla Statua della Libertà di New York al Cristo Redentore di Rio de Janeiro per arrivare alla Tour Eiffel di Parigi e al Duomo di Milano. Non solo un’imponente opera, ma anche un progetto sociale di ampie dimensioni, che grazie alla grande capacità di coinvolgimento dell’arte ha visto la partecipazione di 700 dipendenti dell’azienda, oltre a circa un

centinaio di persone con disabilità, o provenienti da situazioni sfavorevoli, che sono state coinvolte per prendere parte alla realizzazione del progetto. I riconoscimenti non finiscono qui: Arata Isozaki, archistar giapponese che ha progettato l’edificio sito nel complesso CityLife, è appena stato insignito del famoso Pritzker price 2019. Il prestigioso premio è stato istituito nel 1979 dall’omonima famiglia di Chicago e ogni anno viene assegnato a un personaggio del settore che si sia particolarmente distinto per il talento e per il contributo verso la collettività. Non stupisce quindi che il vincitore sia Isozaki: basti pensare ad alcune tra le costruzioni che portano la sua firma, come il Museo di arte moderna di Gunma e il Museo di arte contemporanea di Los Angeles, il Soho Guggenheim museum a New York, o le meravigliose sale concerti a Kyoto e Nara. L’architetto, che è nato nel 1931 a Oita, nell’isola di Kyushu, è molto conosciuto anche come teorico e urbanista, oltre che per la grande capacità di far dialogare in modo eccellente, attraverso lo spazio, linguaggi lontani come quelli tra l’Est e l’Ovest del mondo. In Italia ha realizzato, oltre alla torre del capoluogo lombardo (che ha progettato assieme all’italiano Andrea Maffei), anche il Palahockey di Torino, costruito in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006.

in alto, il murales del progetto il giro del mondo in 50 piani alla torre isozaki

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Per chi ama il benessere e la raffinatezza un materasso Simmons è di casa. Lo straordinario comfort e l’incomparabile fascino assicurano un riposo impareggiabile. La cura meticolosa dei dettagli, la scelta dei materiali più nobili e la manifattura artigianale più scrupolosa, esclusivamente made in Italy, sono gli elementi caratterizzanti dell’indiscussa qualità Simmons. Perchè i materassi non sono tutti uguali e per dormire bene c’è bisogno di Simmons.

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italian love story by ANGELO RUGGERI

Una coppia nel lavoro e nella vita. Lui è architetto e designer di prodotto. Lei è artista visuale e cantante d’opera. Alberto Biagetti e Laura Baldassari formano il duo Atelier Biagetti. L’anno scorso sono stati chiamati da Louis Vuitton come primi designer italiani per realizzare un progetto da presentare durante il Salone del mobile.Milano 2019 e oggi, dopo più di 300 giorni tra sketch, progetti, prototipi, viaggi a Parigi, videochiamate e riflessioni, svelano la loro opera: il tavolo Anemona. «La gente potrebbe chiedersi: perché un tavolo come Objet nomade?», ha spiegato Alberto Biagetti. «In effetti la nostra opera non è trasportabile facilmente. Almeno fisicamente. Quando Louis Vuitton ci ha mandato il brief, uno dei più belli e liberi che abbiamo mai ricevuto, abbiamo ragionato su una serie di angoli e sfumature. Nomade non è solo una cosa che prendi e porti via. Ci siamo chiesti: come sta cambiando l’idea di nomade nella mente delle persone? Un tavolo può diventare un simbolo che tende a unire le persone, per discutere, parlare. Ovunque vai, il tavolo è identità aggregativa, di scambio». L’Objet è un omaggio al mare Adriatico che bagna la costa di Ravenna, alle sue onde sinuose. «Siamo nati qui. È una città di scambio attraverso il mare, un punto di incontro tra due mondi distanti», ha continuato l’architetto. Anche il nome

celebra il mondo sommerso. «L’abbiamo chiamato Anemona, come una creatura marina segreta, quasi mitologica», ha raccontato Laura Baldassari. Il tavolo, che sarà visibile alla mostra Louis Vuitton Objets nomades, dall’11 al 14 aprile presso palazzo Serbelloni (corso Venezia 16), è anche un omaggio alla città di Milano: «C’è un forte elemento di classicismo, che si collega alla magia del Teatro alla Scala e diventa così una soglia tra reale e surreale», ha continuato l’artista. «I drappeggi alla base del tavolo (ricoperti dalla pelle color cammello di Louis Vuitton, ndr) si rifanno a quelli del sipario iconico e degli abiti di scena dei protagonisti sul palcoscenico». All’interno della base ondulata, chiusa dal piano di vetro arrotondato (abbastanza grande per ospitare 12 persone sedute), invece, c’è il blu del mondo sommerso, l’idea di profondità. «Tutti quelli che l’hanno visto fino a ora, lentamente, si avvicinano per vedere cosa c’è dentro», ha continuato Biagetti, «proprio come se fossero davanti a un precipizio marino». Con questa opera, il duo è riuscito a creare un oggetto che racconti una storia e riveli la sua funzionalità espressiva. «Continuiamo a sperimentare e a realizzare la nostra visione. Il nostro sogno? Organizzare una grande mostra in Asia sul nostro lavoro, che possa far dialogare l’arte e la performance», ha concluso Biagetti.

in alto, il tavolo anemona firmato da atelier biagetti per louis vuitton object nomades

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Dining in beauty by barbara rodeschini

È il paradigma vincente della nuova ristorazione milanese. È la declinazione che unisce food e design. Nata con l’avventura di Expo 2015, la progettualità legata al cibo e ai suoi luoghi è oggi uno dei codici principali della città. Che si traduce in una geografia inedita, dove menù stellati si accompagnano sempre più spesso all’interior d’autore. Sull’esperienza di realtà come la Terrazza Triennale-Osteria con vista, con lo chef Stefano Cerveni e il progetto dello studio di architettura Obr, ma anche il ristorante di Filippo La Mantia che ha scelto lo studio di Piero Lissoni per arredarne gli spazi, il panorama eno-gastronomico ha visto crescere in maniera straordinaria la collaborazione tra i designer e i maghi della cucina. Un dialogo efficace che proietta l’accoglienza milanese in una dimensione contemporanea e che si snoda attraverso tutta la città in un fuorisalone unico a base di gusto e stile. Uno dei nuovi fulcri della Pinacoteca di Brera, per esempio, è il Caffè Fernanda, che prende il nome dalla visionaria direttrice Fernanda Wittgens, cui si deve la riapertura del museo nel 1950, dopo i bombardamenti del 1943. Pensato come parte integrante del percorso museale, lo spazio si integra perfettamente nel suo contesto grazie all’intuizione di rgastudio che ha saputo rispettarne i codici. Nelle sale ci sono tele importanti come La conversione del duca d’Aqui-

tania di Pietro Damini, Le tre grazie di Bertel Thorvaldsen, il busto di Fernanda Wittgens di Marino Marini e il suo ritratto eseguito da Attilio Rossi. Raffaele Azzarelli e Giuliano Iamele, architetti dell’iniziativa, hanno introdotto elementi di modernità, come i proiettori Led montati su binari che ricalcano l’orditura delle travi in gesso esistenti, preservando lo spirito colto del luogo. Sensibilità e visione sono i codici che definiscono l’ospitalità design della città come nel caso di Cracco in Galleria. Inaugurato nel 2018, è nato con l’intento di restituire alla Galleria il suo ruolo originario di Salotto. Un obiettivo reso possibile grazie allo Studio Peregalli, che ha disegnato la tipica atmosfera milanese in un ponte tra tradizione e modernità. Qui gli architetti Laura Sartori Rimini e Roberto Peregalli hanno colto l’esigenza di dare allo spazio un mood intimo, a tratti familiare, seppur nell’esclusività del genius loci: la Galleria costruita da Giuseppe Mengoni e inaugurata nel 1877. Ed è proprio la capacità di integrarsi nel contesto a dare vita a nuove formule di convivialità come nel caso di Prima Milano. Inaugurato sui Navigli, lo spazio di Rudy Corpetti e Gianluca Proietti si basa sul concetto di cucina bella da vedere e buona da mangiare. L’ambiente, curato per il suo interior da Michele David di Osa design lab, riflette questo mood scegliendo l’inserimento di arredi di un tempo passato.

in alto, il caffè fernanda all’interno della pinacoteca braidense

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places

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dall’alto, in senso orario, uno scorcio di prima milano, inedito format di convivialitĂ urbana; il rinnovato emporio armani caffè e ristorante; lo spazio di peck, appena aperto nel cuore di citylife e il nuovo ristorante il luogo di aimo e nadia

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rubrica

Il risultato è un mix & match molto accogliente. Il locale è aperto fino a tarda sera, dove le sedie in formica anni 70, gli specchi antichi e i piatti appesi, che ricordano la tradizione delle trattorie italiane degli anni 50, creano uno scenario cozy. Ma se il cuore storico della città offre ambientazioni costantemente in bilico tra passato e futuro, i nuovi centri di Milano sono proiettati verso dimensioni 4.0. È il caso del restyling de Il Luogo di Aimo e Nadia, che dopo il Bistro aperto accanto alla galleria di Rossana Orlandi e arredato da Etro, ha affidato a Vudafieri-Saverino Partners il progetto per lo spazio storico. Lo studio di architettura è tra i più impegnati nella realizzazione di concept per la ricettività e ha firmato, tra gli altri, il ristorante Berton, Peck CityLife e Dry Milano. Per il ristorante due stelle Michelin, Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino hanno definito un interior decor duplice: da un lato, le sale sono intime; dall’altro, il Theatrum dei sapori è sferzante per esaltarne il carattere conviviale con un imponente tavolo in legno di cedro con base in ferro e due installazioni luminose che si specchiano nella cucina Arclinea. Una scelta disruptive come quella fatta da Fabio Novembre per il nuovo Attimi by Heinz Beck nel quartiere di CityLife. Il bistrot, nato dalla collaborazione tra Beck & Maltese consulting e Chef express del Gruppo Cremonini, è uno dei primi esempi

di casual restaurant d’autore in città. Arredato con questo spirito, Attimi si articola attorno a colonne che separano idealmente l’ambiente in zone: da quella cocktail a quella dining, dall’aperitivo al bistrot vero e proprio. «Consideriamo gli attimi non come momenti fugaci di vita, ma intense esperienze che dobbiamo saper cogliere e che ci rimangono impresse nella mente», ha spiegato il designer. Sull’onda della nuova progettualità milanese non mancano nuovi format come Cafezal, la torrefazione inedita di via Solferino. Lo specialty caffè si è affidato alla capacità sperimentale di Studiopepe che ha riletto il concetto di roastery, tornato d’attualità con lo sbarco di Starbucks in piazza Cordusio, definendo un ambiente metropolitano con citazioni postmoderne. Gli arredi hanno forme morbide, i pattern sono grafici e si ispirano alla natura, mentre dettagli in marmo maequinia nero e rame spazzolato hanno un quid urbano. Tra gli ultimi spazi ridefiniti in città c’è poi Emporio Armani caffè e ristorante, ideato da Giorgio Armani con il suo team interno di architetti. Un format completamente rinnovato. Sono cambiati il design, la proposta gastronomica, gli ambienti. Dal grande barcaffetteria al piano terra una scala scenografica conduce al primo piano in cui è ospitato il ristorante, arricchito anche di uno Champagne bar.

in alto, il nuovo ristorante attimi by heinz beck, nel quartiere citylife

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tribute to milan by nicole bottini

L’immagine dell’energia cinetica che si trasmette invisibile attraverso le cinque sfere lucide, quando l’impatto della prima sfera muove l’ultima della fila mentre le altre stanno ferme, è ciò che vuole esprimere Newton, una lampada che ferma nello spazio questo istante e fa scendere la luce all’interno delle sfere di vetro cromate e trasparenti. Ed è anche espressione del fascino che le forze della natura da sempre hanno sull’uomo. Progettata da un milanese doc, Franco Raggi, per una giovanissima azienda, Firmamento Milano, anch’essa rigorosamente meneghina. Newton fa parte della collezione che quest’anno l’azienda porta al suo debutto a Euroluce, assieme ad altri pezzi della nuova collezione e con i valori che con essa vuole rappresentare. Con il contributo di famosi studi di architettura e di piccole e medie aziende del territorio, il tentativo è quello di replicare il modello di successo che ha portato il design italiano a essere al primo posto nel mondo. Solo per citarne alcuni, Stefano Boeri, Pierluigi Cerri, Michele De Lucchi, Daniela Puppa, Cino Zucchi e, per l’appunto, Franco Raggi. Laureatosi in architettura al Politecnico di Milano nel 1969, ha progettato, nel corso della sua carriera, architetture, allestimenti, mostre, libri, scenografie, ambienti ed oggetti. La sua lampada On off, prodotta da Luceplan, è inclusa nella collezione permanente

di design del Moma di New York. Una grande ambizione, quindi, per una piccola azienda, fatta in realtà da persone che operano da anni nel settore. «Mai come in questo momento il capoluogo lombardo è al centro dell’attenzione del mondo», ha spiegato spiega Carlo Guglielmi, presidente di Firmamento Milano. «Da sempre riconosciuta come capitale di una formidabile rete industriale e commerciale, attualmente è considerata a livello internazionale anche come vitalissimo fulcro della cultura, dell’arte, della creatività, dell’innovazione. Insomma, del sapere». Quando sapere per Milano significa saper studiare, conoscere, ricercare, sperimentare, fare, cambiare, rischiare. La cultura della città è quella di non fermarsi mai, di non accettare lo scontato ma di ricercare in ogni ambito nuove soluzioni al vivere nella bellezza, alla ricerca della ricchezza come metodo per far vivere se stessi e gli altri nella generosità. «Ecco perché, avendo come riferimento questi valori», ha precisato Guglielmi, «è facile capire come Milano sia diventata la sede di un vasto numero di studi di architettura, design, moda, nuove startup. È stato facile per noi inglobare nel nostro nome quello della città. Altrettanto facile il nome Firmamento, perché vogliamo che la nostra società sia una sommatoria di firmamenti». Firmamento di idee, aspirazioni, architetti, progetti e bellezza.

in alto, newton di firmamento milano su disegno di franco raggi (foto MARCO MENGHI)

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dimorestudio

emiliano salci e britt moran. interview by angelo ruggeri La loro complicità è meravigliosa. E, a tratti, da invidiare. Una complicità nata all’inizio come storia d’amore. Poi trasformata in complicità lavorativa e amicizia fraterna. Della coppia creativa, Emiliano Salci è il lato «favolosamente folle». È facilissimo incontrarlo in via Solferino (dove è situato il loro headquarter) con look glitterati e appariscenti. Da favola, insomma. Originario di Arezzo, ama il design, la moda e l’arte. E quando parla, trasmette passione a 360 gradi, che elettrizza. Britt Moran, invece, è originario del North Carolina. Elegante e determinato, quando racconta il suo lavoro viaggia con la mente e fa viaggiare con lui anche le persone presenti, in luoghi indimenticabili. Insieme, nel 2003, hanno fondato lo studio milanese di architettura e interior design Dimorestudio, che oggi è conosciuto in tutto il mondo per la sua estetica intellettualmente cool. Da allora, ogni anno, diventano protagonisti indiscussi della Milano design week con presentazioni di grande effetto, collaborazioni d’autore e furniture unica. Quest’anno, però, c’è un’ulteriore grande novità: la nascita del marchio DimoreMilano (con logo nuovo incluso), che, al suo interno, conterrà l’arredamento, gli oggetti e i tessuti che i due creativi realizzano e propongono periodicamente. «Con il 2019, vogliamo espandere questo brand e cercare un nuovo showroom, nuovi distributori e nuovi

punti vendita», hanno spiegato i designer. Una bella sfida. L’ennesima. Proprio come quelle che presentano al Fuorisalone 2019 e che hanno raccontato nell’intervista che segue. Quali novità presentate per la Milano design week? Per DimoreMilano sveliamo il progetto Interstellar, con la nuova collezione di arredi e tessuti in tinta unità, acetati nei colori forti e spalmati per un’espressione ancor più creativa. Per la prima volta, lasciamo via Solferino e presentiamo all’ex Cinema Arti, in via Pietro Mascagni 8, dove abbiamo creato un vero e proprio percorso. Contemporaneamente, c’è anche la mostra fotografica di Andrea Ferrari, con cui lavoriamo da diversi anni. Quest’anno ci sembrava un peccato lasciare gli scatti dei tessuti solo nel catalogo, così li mostriamo attraverso una vera e propria exhibition. In via Pietro Mascagni 6, invece, c’è un’installazione speciale che celebra l’iconico malletier francese Au Départ, fondato a Parigi nel 1834 in un’esposizione di bauli storici che abbiamo rivisitato in chiave artistica. Infine, per Dimoregallery, in via Solferino 11, presentiamo Visioni, una special edition di pezzi iconici di Gabriella Crespi, che abbiamo rieditato a sei mani, assieme a Elisabetta, figlia della progettista, utilizzando anche materiali con i quali non sono mai stati realizzati prima.

in alto, da sinistra, Britt Moran ed Emiliano Salci (foto Silvia Rivoltella)

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Come è nata questa collaborazione? Abbiamo conosciuto Elisabetta grazie ad amici in comune ed è nata subito una simpatia. Allora, insieme, abbiamo pensato a una riedizione di nove pezzi in esclusiva mondiale e a un allestimento unico. Questo viaggio è stato bellissimo: il periodo storico di Gabriella Crespi ci ha sempre ispirato. Parlando, poi, con la figlia, l’abbiamo conosciuta meglio, grazie ad aneddoti esclusivi che ci ha raccontato sulla madre. E in fatto di collaborazioni? Non ci facciamo mancare neanche quelle. Quest’anno sveliamo anche la collezione realizzata in collaborazione con Dior maison. La griffe ci ha chiesto di creare una serie di oggetti speciali e di pensare a un mercatino di lusso. Così abbiamo sviluppato vasi, portafotografie, sottopiatti, portaombrelli, candelabri, un vassoio da buffet, un accendino e uno svuotatasche. Anche questa è stata una bellissima esperienza. Abbiamo lavorato a stretto contatto con l’ufficio marketing della maison, visitando l’archivio degli abiti storici e il negozio di Avenue Montaigne. Emozionante davvero, anche perché si chiude un cerchio straordinario: Gabriella Crespi, infatti, fu la prima a disegnare la collezione casa per Dior. È cambiata la città di Milano rispetto a quando avete fondato Dimorestudio? Moltissimo. In questo periodo, il capoluogo lombardo è internazionale: ci sono tante iniziative che stanno rendendo la città grande ma a misura d’uomo, con un’alta qualità di vita, dove è possibile respirare una bellissima energia. Quali sono i vostri musei e fondazioni preferiti di Milano? Senza dubbio, la Fondazione Prada. Ma anche il museo Poldi Pezzoli, villa Necchi Campiglio e il nuovo spazio di Massimo De Carlo, che ha fatto un ottimo lavoro. E in fatto di architetture? Assolutamente quelle di Piero Portaluppi, che raccontano di eleganza borghese ma molto attuale; quelle di Gio Ponti e di Ernesto Nathan Rogers per la Torre Velasca. Il vostro marchio moda preferito di Milano? Prada (detto in coro, ndr) La vostra zona preferita di Milano? Quella di Porta Venezia: ci sono vie irresistibili, rimaste immutate nel tempo. Quali sono, invece, le vostre donne icone di Milano? JJ Martin, Kelly Russell, Martina Mondadori, Osanna Visconti, Bettina Oldenburg e, infine, Luisa Delle Piane. C’è qualcosa che cambiereste nel sistema del design italiano? Ci piacerebbe che presso il Salone del mobile ci fosse più selezione, soprattutto per le persone che vengono da nazioni diverse apposta per la design week. Non sempre la selezione è magnifica, come dovrebbe essere. La cosa bella del Salone è che c’è molto spirito democratico, ma bisognerebbe dargli un senso. Oggi è molto caotico: bisognerebbe trovare un nuovo equilibrio. Cosa ne pensate della politica a Milano? Questa città è davvero molto avanti, è una piccola utopia. È una città pulita, ordinata e perfetta in cui vivere. Anche il sindaco Giuseppe Sala sta facendo un ottimo lavoro. E le persone che frequentiamo sono anch’esse felici. Qual è il vostro sogno per Milano? Ci piacerebbe che in città tutti avessero senso civico. Servirebbero più spazi verdi e meno graffiti sui palazzi. Un sogno per voi, invece? Vorremmo realizzare un film come scenografi. E, magari, creare un albergo «very Dimorestudio» a Milano, un boutique hotel, con al massimo 20 stanze, iper curate. Ma nei nostri sogni c’è anche quello di aprire una fondazione: stiamo collezionando pezzi d’arte e design difficili da trovare. E, chissà, magari un giorno riusciremo anche a invitare un resident artist. Sono sempre di più i millennial che amano lo stile Dimorestudio… È vero e lo confermiamo. In studio, siamo circondati da giovani tutto il giorno. Loro ci danno tanti stimoli e riescono a captare cosa vuole la gente in quel preciso momento. Le creazioni di DimoreMilano sono famose per l’accostamento dei colori, dei materiali, per il fatto di avere una patina del tempo passato ma nononstante ciò contemporanea. C’è un qualcosa in cui ti riconosci, ma fatto in maniera moderna. È come un ritorno sui banchi di scuola con uno sguardo verso futuro. Ed è forse per questo motivo che i millennial amano il nostro lavoro: è loro ma non è loro. Cosa consigliereste dunque ai giovani? Di diventare come spugne e assorbire il più possibile di tutto. E di non perdere mai la curiosità, la voglia di scoprire e di studiare ogni giorno.

dall'alto, Tavolo Eclipse 1980 di Gabriella Crespi (Archivio Gabriella Crespi) che dimoregallery ha rieditato in una special edition; uno scatto di andrea ferrari per il catalogo dimoremilano progetto tessuti all'interno di interstellar; il Tavolo Scultura 1976 e coppia di Aironi di Gabriella Crespi

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paola antonelli interview by chiara chiapparoli

Promuovere la comprensione del design, permettendo che gli influssi positivi di questa materia sulla vita quotidiana siano conosciuti il più capillarmente possibile è uno degli obiettivi di Paola Antonelli, senior curator del Dipartimento di architettura e design del Museum of modern art di New York e fondatrice e direttrice del Dipartimento di ricerca e sviluppo nello stesso museo, oggi protagonista anche a Milano, dove ha curato «Broken nature: design takes on human survival», la XXII Esposizione internazionale della Triennale. Dopo l’esperienza in Triennale, come può definire il design oggi? Si tratta di un elemento fondamentale, una delle forze che attualmente abbiamo a disposizione per cambiare le nostre vite, come la scienza, la tecnologia, la politica. Purtroppo il design in questo senso è ancora piuttosto sottovalutato, e questo accade anche per colpa nostra (curatori, designer, giornalisti di design), perché non riusciamo a spiegarne in modo esaustivo le potenzialità e a far capire che non ci si può riferire soltanto al campo dei mobili. Certo, gli oggetti sono importantissimi, ma la progettazione è anche altro: una strategia per riuscire a trasformare rivoluzioni e innovazioni tecnologiche nella vita di tutti i giorni. In questo senso, ciò che alcuni progettisti fanno è tradurre nella quotidia-

nità i grandi cambiamenti ideati per esempio da scienziati e da filosofi. Anche il «design ricostituente» che proponiamo con Broken nature, che è una disciplina di pensiero che può essere trasformata in oggetti, abitudini e comportamenti. Quindi la relazione tra l’essere umano e il proprio habitat può essere migliorata dalla progettazione? Certo. La comunicazione è a due vie: i designer possono influenzare le persone e viceversa. Io non uso la parola «consumatori», proprio perché questo è uno dei primi modi in cui è possibile aiutare la gente a comportarsi in modo diverso, cioè non soffermandosi solo sull’idea del consumo, ma sull’utilizzo e la co-creazione: rendere partecipi tutti della realizzazione responsabile e rispettosa di articoli di ogni genere. Esiste anche una grande responsabilità nella proliferazione di prodotti, ma ovviamente non possiamo affermare che tutto ciò che viene costruito sia male mentre tutto quello che rimane a livello concettuale sia bene. Infatti, c’è modo di influenzare le scelte anche attraverso i prodotti. Per fare un esempio, una cosa molto semplice come i contenitori per la raccolta differenziata domestica: anche dispositivi di questo genere, se ben studiati, possono rendere

in alto, un ritratto di paola antonelli (foto Marton Perlaki)

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il riciclo e il compostaggio facili e più naturali. Oppure, sono nate molte compagnie che realizzano beni altamente sostenibili: ci sono cotoni nuovi, come quelli di un collettivo di manifatture che si chiama Pangaia, che offre T-shirt che non hanno quasi bisogno di essere lavate perché sono state trattate con olio di menta e batteri… Ci sono moltissimi modi di migliorare la vita di tutti noi anche attraverso il prodotto. La ricerca è sempre stata alla base del progetto; è proprio questo che cerchiamo di promuovere, di far sapere a un pubblico più vasto possibile quali sono le enormi potenzialità del design. Nel suo ruolo di curatore, come sceglie gli oggetti che verranno inseriti? È un processo emozionale o razionale? Per quanto mi riguarda, sono entrambe le cose. Comincio da una ricerca molto ampia e mi faccio aiutare dal team curatoriale, ho collaboratrici fantastiche, e con questa rete molto larga raccolgo tanto materiale e lo aggiungo all’ispirazione iniziale. È un processo, la mostra dà forma all’idea e viceversa. L’intuizione man mano si rende più precisa e aiuta a scegliere altri oggetti, dopodiché diventa un programma di mise en scène, si modula la narrativa, si scelgono dei progetti che sono molto ancoranti e realistici, altri che

sono più emotivi. Io vedo il mio lavoro come il lavoro di una scrittrice, perché ho studiato architettura, ma ero una giornalista prima di cominciare a fare la curatrice. È importante per lei quindi il lavoro in team? Sì, assolutamente. Anzi tengo molto a nominare i miei collaboratori: Ala Tannir, Laura Maeran, Erica Petrillo e Laurie Mandin. Non posso lavorare da sola, se qualcuno non mi aiutasse a pensare e a selezionare io metterei troppi oggetti. L’estetica è ancora così importante? A mio avviso è fondamentale. È un metodo di comunicazione, un segno di rispetto, è alla base della vita e dei rapporti umani. Con ciò non intendo la bellezza simmetrica, classica, è più un’intenzione, un’attenzione alla forma. Il contrario di bello non è brutto, ma è pigro, indifferente. La forma è importantissima. Un film da vedere? District 9 di Neill Blomkamp. Tratta di argomenti quali l’inquinamento, la spazzatura e il razzismo, elementi che collega utilizzando gli alieni per parlare dell’apartheid. Bellissimo, perché bisogna capire che quando si parla di ecologia, ci si riferisce anche alla politica.

in questa pagina, alcune opere presenti alla XXII esposizione internazionale della triennale di milano. dall’alto, in senso orario, Design Museum Dharavi di Jorge Mañes Rubio; Amanda Pinatih e Ore Streams di formafantasma (foto IKON); Capsula Mundi di Anna Citelli e Raoul Bretzel (foto Francesco D’Angelo)

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ludovica+roberto palomba interview by cristina cimato

«Il nostro lavoro è una costante ricerca. Ogni tanto, però, si trova qualcosa. E quando succede è emozionante e fa anche un po’ paura». Così è il percorso creativo di un designer, così è quello di Roberto Palomba e Ludovica Serafini, che 25 anni fa hanno fondato lo studio ps+a Palomba Serafini Associati e collaborano con i grandi nomi del design come Foscarini, Giorgetti, Poltrona Frau. Tra i loro primi committenti c’era un’azienda di sanitari. Nel 2011 hanno vinto un Compasso d’oro per Lab 03, un lavabo di Kos, e quest’anno, come a chiusura di un cerchio, sono stati chiamati come chief design officer da Ideal standard. E per ripensare al marchio sono partiti dalla clavicola… Collaborate con le più rinomate aziende di design, progettate oggetti di grande successo come la sedia Sissi di Driade e Noli per Zanotta. Ora siete i nuovi chief design officer di Ideal standard. Che momento è questo per voi? Ludovica: Lavoriamo su macro e micro-visioni. In particolare, per Ideal standard vogliamo resettare la contemporaneità, ritrovare una radice progettuale. Il centro del nostro studio è sempre l’essere umano. L’uomo abita e quindi bisogna riportarlo all’interno degli spazi. Roberto: La cosa più importante di questa collaborazione è di essere stati chiamati per

pensare. Questo è per noi un riconoscimento di questi ultimi anni di lavoro. Stiamo definendo il nuovo progetto e immaginiamo il marchio come è sempre stato, un luogo di grandi pensatori. Achille Castiglioni, Gio Ponti, Enzo Mari, Gae Aulenti. Questa azienda ha fornito in un momento storico insospettabile progetti diventati parte del Dna del design, rivolgendosi a una società più che a un cliente. Quindi, per il nostro primo progetto, appena presentato a Ish, abbiamo ripreso il tema della linea Conca di Paolo Tilche e recuperato la ceramica come elemento nodale. L’ispirazione è la clavicola umana. Quel piccolo avvallamento che crea una curva sinuosa, di raro fascino. Poi abbiamo lavorato su una rubinetteria appiattita, che diventa quasi una lama. In generale, abbiamo voluto dare a questo luogo uno spazio mentale. Milano è il vostro centro creativo e sta consolidando il suo ruolo preminente nel mondo del design. Quali sono le vostre novità per questo Salone del mobile? R: Con Poltrona Frau siamo arrivati al terzo capitolo consecutivo di una fruttuosa collaborazione. Due anni fa abbiamo disegnato il divano Let it be, decisamente fuori dagli schemi dell’azienda, che nel giorno in cui è stato presentato aveva già ricevuto un numero altissimo

in alto, un ritratto di ludovica serafini e roberto palomba (foto Carlo William Rossi + Fabio Mureddu)

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di ordini. L’anno dopo abbiamo dato l’idea di rientrare nei ranghi. Quest’anno, invece, abbiamo decisamente sparigliato le carte. Il divano Get back affronta un tema incoerente rispetto a Poltrona Frau, ossia la leggerezza. L: Amiamo da sempre Poltrona Frau, un’azienda di valori. Trovavamo però che i prodotti fossero destinati a un pubblico troppo maturo. E ristretto. Quindi stiamo provando a portarla verso un mercato più giovane. Per questo Salone abbiamo lavorato anche con Alias, Foscarini, Giorgetti, con la piccola azienda Talenti per cui facciamo anche una presentazione outdoor poetica. Poi con Kartell che, dopo due anni di prototipi, presenterà sul mercato la nostra sedia Be bop. Abbiamo infine disegnato carte da parati e tappeti con Texture. Su Instagram avete postato la foto di un lavoro enfatizzando il fatto che fosse fatto da due giovani dello studio. Come vedete il vostro ruolo di mentori? L+R: Anche quest’anno proseguiremo con il nostro progetto vivaio. Noi adulti dobbiamo aiutare i giovani a imparare a esprimersi. La creatività nel design ha bisogno di tempo. Per fare progetti importanti bisogna avere esperienza, essere maturi. Un percorso assistito è utile per poi inserirsi nella produzione. Abbiamo bisogno di progettisti bravi che sostituiscano

questa generazione. Di superstar abbiamo poco bisogno. Sono dannose e inutili. Preferiamo aiutare i ragazzi a diventare professionisti. Se poi saranno geni, tanto meglio. Avete di recente lanciato una call sui social per cercare un architetto. Quale rapporto avete con questi mezzi e come sta evolvendo? L+R: I siti sono sempre di più cataloghi. Tutta la parte creativa e aspirazionale va in altri canali. Abbiamo accolto in modo molto intuitivo questi nuovi mezzi, da sempre. Ne abbiamo compreso le potenzialità subito e capito che questa forma di comunicazione sostituirà tutte le altre. Abbiamo un engagement molto alto. Dei nostri 50 mila utenti la maggior parte è composta da interlocutori costanti, da cui abbiamo riscontri quotidiani. Avete fondato lo studio 25 anni fa. Cosa è cambiato e cosa è rimasto intatto? L: L’avventura è nata in modo totalmente naturale, illogico. Siamo entrambi architetti e abbiamo iniziato nel design perché le aziende sono tutte in Italia. La creatività, però, più la veicoli più si intristisce. Quindi siamo tornati all’architettura e poi ora stiamo realizzando progetti estemporanei, come un paio di occhiali l’anno scorso o le scarpe con Doucal’s quest’anno. Oggi forse siamo più curiosi di indagare tutte le possibilità dell’ispirazione.

in questa pagina, dall’alto in senso orario, il nuovo divano get back progettato da ludovica+roberto palomba per poltrona frau e presentato al salone del mobile.milano 2019; la lampada soffio di foscarini e la liz chair per expormim

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R: Il nostro sodalizio è nato per la capacità che abbiamo di parlarci senza parlarci. Il rapporto in 25 anni è cresciuto. Ma l’istinto e l’emozione sono ancora quelli del primo giorno. Un ricordo degli inizi? R: Il primo assegno di royalties, 900 lire. Non per i soldi, ma per aver capito che saremmo riusciti a vivere di questa cosa che ci piace tanto. L: Quando abbiamo iniziato a disegnare nello stesso momento la stessa vasca da bagno e lo stesso box doccia per un’azienda squattrinata per cui dovevamo realizzare un progetto in economia. Tremavo quando disegnavo, perché mentre disegni inventi anche lo scenario e in quel momento quello scenario era proiettato nel futuro. L’emozione è stata forte. Tra i vostri amori ci sono i cani e la Puglia. Come sono nate queste passioni? L+R: La passione per i cani l’abbiamo sempre avuta entrambi. Invece è arrivata in un secondo momento quella per i Levrieri. Alcuni amici ci hanno dato il primo e poi ci siamo innamorati perché sono dolcissimi. I nostri cani sono tutti recuperati e adottati, quindi siamo ancora più legati a loro per questo. L’ultima è una mitica randagia salentina che è diventata il capo assoluto di tutto e di tutti. Il Salento è stato amore a prima vista. Siamo stati in

vacanza lì con uno dei nostri migliori amici. Ci siamo subito affezionati a questa regione che ci somigliava molto per semplicità, immediatezza dei rapporti, discrezione delle persone, sapori meravigliosi, luce. Abbiamo trovato un frantoio del Seicento e abbiamo fatto una ristrutturazione radicale. Lo spazio era buio, senza luce. Ora è una casa luminosissima, bianca, viva. Facendo questo lavoro abbiamo capito che le persone, spesso anche i committenti, guardano solo quello che vedono. Noi lì abbiamo sempre visto ciò che è la casa è diventata. E questo aspetto è importante in ogni progetto. Vedere prima quello che sarà dopo. Qual è l’oggetto che avreste voluto disegnare voi? L: La lampada 265 di Flos di Paolo Rizzatto. Sono una persona indipendente, molto libera. Se un oggetto mi dà un alto grado di indipendenza io lo amo ancora di più. R: Il tavolo Cumano di Achille Castiglioni, è così poetico. Lo metto in tutte le case. Il primo concetto che vi viene in mente quando pensate al vostro rapporto? R: Cablaggio. Noi due siamo come fili in collegamento. L: Casa. Però al piano terra. Così se per insofferenza uno si vuole buttare, l’altro non si sente troppo minacciato…

dall'alto, in senso orario, il progetto conca, realizzato per ideal standard; la poltroncina di talenti e il tavolo outdoor break di giorgetti

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marco balich interview by barbara rodeschini

Nell’anno delle commemorazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, il Salone del mobile.Milano ha chiamato Marco Balich e la sua Balich worldwide shows per rendere omaggio al genio che ha vissuto per 20 anni nel capoluogo lombardo. Una scelta non casuale. Balich, veneziano di nascita e cosmopolita per vocazione, ha firmato i più importanti eventi mondiali dalle Olimpiadi al Padiglione Italia di Expo2015, da Intimissimi On ice al Giudizio Universale. Michelangelo e i segreti della Cappella Sistina, lo spettacolo prodotto da Artainment worldwide shows a Roma che in un anno di programmazione ha conquistato oltre 250 mila persone. Capace di sintetizzare attualità e visione futura, Balich per il Salone ha realizzato «Aqua. La visione di Leonardo», un’esperienza immersiva site specific all’interno della Conca dell’Incoronata tra il Naviglio della Martesana e la Cerchia dei Navigli. Com’è nato questo progetto? Milano e Leonardo sono una delle pagine più belle della storia rinascimentale. Con il Salone abbiamo voluto creare un’emozione che avesse anche un tema forte di attualità, com’è appunto quello della riapertura dei Navigli. È la prima volta che collaboro con il Salone ed è stato molto interessante e stimolante, l’innovazione che caratterizza questo evento si è

rivelata nell’entusiasmo di creare un momento di riflessione sul passato e sul futuro della città grazie alla visione di Leonardo. Come si struttura l’installazione, quali sono i suoi tratti distintivi? Volevano creare un momento dove si incontrassero il Rinascimento e il futuro di Milano e per questo abbiamo creato un innesto architettonico sotto forma di grande specchio d’acqua, al cui estremo un grande schermo a Led diventerà una finestra sulla Milano del futuro mostrando uno skyline mutevole a seconda del momento della giornata. Al di sotto di questa struttura, proprio all’interno del canale, verrà creata una Wunderkammer in cui i visitatori potranno esperire tutta la bellezza, l’energia e la forma dell’acqua in un ambiente totale che li avvolgerà nell’immagine e nel suono grazie all’uso delle tecnologie più avanzate. Cosa si aspetta che rimanga di questo progetto? Mi auguro che questo angolo di Milano, purtroppo un po’ dimenticato anche se molto interessante, rimanga vero e vivo come merita. Auspico che, dopo questa iniziativa, possa trovare la sua giusta valorizzazione. La scelta di mostrare la Milano del 2050 è l’occasione per riflettere sul futuro mentre si raccoglie l’esperienza di Leonardo, cui sono dedicate le tre

in alto, un ritratto di marco balich

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stanze sotterranee, che prendono spunto da ciò che diceva, cioè che «l’acqua non ha mai quiete». Questa è l’opportunità per raccontare il genio anche alle generazioni più giovani in un percorso fresco, moderno e inaspettato. Questo è proprio il nostro obiettivo, riuscire a guardare al domani consegnando documenti visivi alle nuove generazioni come quelle dei miei figli e quelle successive. Cosa la lega a Leonardo da Vinci? Beh Leonardo dava un sacco di feste e forse questo è il nostro unico punto di contatto! Ciò che amo di più di Leonardo è la capacità straordinaria di voler approfondire e capire tutto in tutti gli ambiti, dalla medicina all’architettura. Nella sua carriera ha firmato le cerimonie degli eventi più spettacolari alzando lo standard di questi eventi e diventando un punto di riferimento nel mondo dell’entertainment, quale spettacolo le è rimasto più nel cuore? Ogni show è come un figlio, è difficile sceglierne uno solo. I nostri lavori impiegano molto tempo, sia in fase di progettazione che di realizzazione, e coinvolgono moltissime persone, è impensabile preferirne uno all’altro. Tuttavia la cerimonia delle Olimpiadi di Torino è

un momento chiave, è stato il nostro primo lavoro e ci ha presentato al mondo. Un’altra situazione che ho amato molto è stata l’inaugurazione della Torre dell’Orologio di Venezia. Un po’ perché io sono veneziano, un po’ per il suo carattere speciale: è stata una cerimonia delicata, molto dolce, a mezzanotte e con un pubblico davvero speciale. Ha un’agenda sempre molto intensa, quali sono i suoi prossimi impegni? Sono molto contento che Giudizio Universale. Michelangelo e i segreti della Cappella Sistina sia diventato uno spettacolo permanente. È stato un lavoro cui abbiamo dedicato moltissime energie e per cui ci siamo avvalsi anche della consulenza scientifica dei Musei vaticani. A luglio saremo poi impegnati con i Pan and Parapan american games di Lima 2019. C’è un evento che non ha mai organizzato e che le piacerebbe fare? Non me l’hanno mai chiesto ma onestamente mi piacerebbe molto organizzare le celebrazioni del 2 giugno. Vorrei festeggiare questa data dando spazio al bello dell’Italia e alle sue eccellenze senza snaturare la natura della ricorrenza. Mi piace pensare che una data come questa possa essere l’occasione per parlare delle personalità italiane che si sono distinte in Italia e nel mondo alle nuove generazioni.

in alto, «aqua. la visione di leonardo», progetto di marco balich per il salone del mobile.milano

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making of

LA POLTRONA DI PROUST by nicole bottini

Disegnare un oggetto partendo da una sensazione letteraria, immaginando come poteva essere una poltrona per un poeta. È nata così Proust, seduta di design postmoderno disegnata e progettata da Alessandro Mendini. Il primo esemplare esordì nel 1978 a Palazzo dei Diamanti a Ferrara per la mostra «Incontri ravvicinati di architettura», a cura di Andrea Branzi ed Ettore Sottsass, poi traslata alla Biennale di Venezia. Nel tempo, la poltrona è divenuta un’icona del design del ’900 e uno dei riferimenti più conosciuti e importanti della ricerca formale ed estetica. Un oggetto volutamente kitsch, una finta poltrona barocca, la cui struttura e il tessuto di rivestimento sono decorati a mano con colori acrilici, con un ornamento a macchie di colori, ispirato alla tecnica del puntinismo pittorico e, in particolare, al dettaglio di un prato assolato di un quadro del pittore francese Paul Signac. Mendini era alla ricerca di una falsa poltrona settecentesca, proprio con l’intenzione di non dare alcun riferimento

temporale, alcuna riferibilità filologica. Negli anni seguenti ne sono state realizzate altre, tutte a mano e personalmente controllate dal progettista stesso, che ne ha anche firmata qualcuna. Alcune di queste sono in collezioni private o gallerie d’arte, altre sono esposte in musei. Nel 1993, Cappellini ha raccolto l’eredità della Proust, rieditandola. La struttura è in legno intagliato e dipinto a mano, il rivestimento è fisso in tessuto multicolor, che riprende il decoro della struttura. Nel 2009 è nata la variante Proust geometrica, con un nuovo tessuto multicolor. Riferimenti letterari, citazioni pittoriche, lavoro di abili artigiani: sono questi gli elementi che hanno dato vita a questo oggetto. Ma soprattutto l’estro di una dei più grandi maestri del design contemporaneo, recentemente scomparso. Architetto, designer, pittore. Alessandro Mendini era tutto questo e oltre. «Sono un Geppetto: nelle mie mani, cose inanimate sembrano prendere vita». E la sua impronta, infatti, rimarrà sempre indelebile.

in alto, la poltrona proust di alessandro mendini, prodotta a partire dal 1993 da cappellini e alcune fasi della sua lavorazione

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must-have

seasonal tips city in black

il design osserva milano e le sue tendenze, dal rustrial al vintage. E attinge all’età dell’oro di una metropoli in pieno fermento. by arianna bassi

natural wood

urban pattern

b&B italia Andy. divano con imbottitura flessibile a freddo

agapecasa Cavalletto. Libreria componibile baxter Q3. Lampadario con 64 bacchette di vetro

artemide Dalù. Lampada da tavolo con forma sinuosa

egoe life Moja. Poltrona in acciaio rivestita in zinco pedrali Frida. Seduta in massello di rovere

natevo Ski. Appendiabiti in frassino con Led integrati

Foscarini Twiggy. Lampada in fibra di vetro verniciata

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itlas Materia A21. Parquet in listoni di rovere

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driade 100 piazze. Vassoio Milano Piazza della Scala

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golden age

white balance

vintage treasures

brionvega TS522d+s. Radio con connessione Wifi

diamantini Domeniconi Duomo. CucĂš in legno laccato

dovetusai Al-ladino. Portacandela in vetro

EstĂşdio ronald sasson Soto. Poltrona-scultura

Karakter Rampa mobile su ruote in legno e cristallo living divani Dumas. Divano sfoderabile in abete

nunzia pontillo Braccio destro. Appoggia-oggetti zanotta Sacco. Poltrona anatomica imbottita desalto Kobe. Seduta ergonomica e flessibile

nataly rodriguez Pineapple leather. Chaise longue

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knoll Tulip. Tavolo tondo con basamento sinuoso

Danese milano Timor. Calendario da scrivania perpetuo

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milano da bere

smart work

rustrial

dark studio Lampade in pietra o grès con luci Led

bitossi home Decò. Set di coppe per lo Champagne

misuraemme WL2. Tensolibreria in lamiera d'acciaio

modulnova Blade. Libreria-separé da terra a più piani

alivar Oriental bar. Mobile-contenitore laccato lucido

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bross Intra. Scrittorio che diventa tavolo da pranzo

ethimo Clessidra. Poltrona in tondino di alluminio

magis Bottle. Modulo portabottiglie impilabile

tiffani & Co. Secchiello da ghiaccio in cristallo e argento

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scab design Lisa. Seduta imbottita con gambe in acciaio

tre-p&tre-più Planus sei lacunaria. Porta a scomparsa

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nordic escape

boho chic

aristocracy

norman copenhagen Momento lamp. Lampada da tavolo venini Bolle. Vetro soffiato lavorato a mano nemo Crown major gold painted, chandelier a sospensione

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BENTLEY HOME Roseberry. Poltrona dall'ampia scocca

calia italia Ibis. Divano modulare a piĂš sedute

aston martin V216, coffee table in cuoio e marmo molteni D950. Cornici in massello verniciato a mano

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nanban Doso by Tsukasa Goto. Dosaspaghetti in marmo

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nella foto, tavolo campo d’oro di de padova; poltroncine flow di mdf italia e criss cross-chandelier per nilufar; nella pagina accanto, scala di 8&A architetti in ottone; nelle pagine seguenti, sulla parete capri di francesco jodice, divano zanotta, armchairs di living divani e pouf pf2 cilindro stool di azucena

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room with

a view

un imprenditore giapponese innamorato dell’italia e un terrazzo sul duomo di milano da togliere il fiato. su queste basi lo studio 8&a architetti ha creato un rifugio con ampie vetrate dove convivono arte e design testo cristina cimato foto andrea martiradonna

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nelle foto, sopra, letto talamo di zanotta; a destra, il bagno con Coppia di applique disegnate da gio ponti; nella pagina accanto, tavolo tulip di knoll, sedie superleggera e lampada canopy 422 di oluce, piastrelle di la riggiola

T

occare il cielo con un dito. O, meglio ancora, le guglie del Duomo di Milano, tanto vicine da sembrare di poterle sfiorare. Una vista che vale l’investimento su una casa in pieno centro storico, un progetto di restauro impegnativo e l’acquisto di mobili di design e opere d’arte. Shintaro Akatsu è un imprenditore giapponese innamorato dell’Italia, della moda, dell’arte e del cibo tanto da aver diversificato il suo business del gas con il settore alimentare, aver scommesso diversi anni fa sul successo di Grom in Giappone, aver aperto locali di cucina asiatica a Milano e, più di recente, essersi alleato con Gino Sorbillo per portare la pizza napoletana negli Stati Uniti. Quando l’ha comprata, la sua casa sopra Galleria del Corso era un luogo semplice e disadorno, affacciato però sulla cattedrale milanese da un lato e sulla cupola della Chiesa di San Carlo dall’altra. «Abbiamo incontrato il nostro committente in questa inattesa villetta in quota disposta su due livelli che, nonostante il magnifico terrazzo razionalista, presentava una vista penalizzata dalle piccole finestre mal disposte», ha spiegato Anna Barile, titolare con Antonio Ottoboni dello studio 8&A architetti (8ea.it), che si è occupato della ristrutturazione. «Le sue richieste sono state dirette, chiare e sintetiche. Voleva che privilegiassimo la vista e che progettassimo una casa italiana, in tutto e per tutto». La dimora ha fatto parte di un’ampia lottizzazzione realizzata negli anni 30 del Novecento in centro a Milano, che ha compreso centinaia tra appartamenti, uffici, negozi, il cinema-teatro Excelsior e che ha coinvolto rinomati architetti del tempo come Pier Giulio Magistretti, Vittoriano Viganò, Enrico Agostino Griffini, Eugenio Faludi. «Mentre le fasi progettuali si susseguivano, lo stile classico monumentale realizzato su corso Vittorio Emanuele cedeva il passo al razionalismo. Sulla facciata, Faludi realizzò l’ultima parte della lottizzazione, sopra la quale noi abbiamo eseguito l’intervento, ma non la portò a termine per via delle leggi razziali a causa delle quali abbandonò l’Italia. Lasciò però i disegni di quell’ultimo piano, sul quale era

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nella foto, sullo sfondo, spazio verde di hortensia sulla parete greenery prodotta da paola lenti con verde profilo; divano E SEDUTE outdoor di francesco rota per paola lenti; Tavolino a terrazzo di 8&A Architetti; Sgabelli aria di lapalma; In primo piano, sedie e tavolo mirto disegnati da citterio per b&B italia outdoor

prevista la presenza di una piscina che, però, dopo la Seconda guerra mondiale non fu realizzata, a favore di una costruzione edificata in economia». Da qui gli architetti sono partiti, progettando una nuova facciata rivestita in marmo bianco, lo stesso utilizzato da Gio Ponti per casa Rasini, per nobilitare il volume. «Il progetto degli spazi interni ed esterni è complementare a quello delle vedute. Il living e la zona pranzo si affacciano sul Duomo, così come la zona notte al piano superiore», hannno spiegato. Il materiale che fa da filo conduttore è il marmo. Quello simile al travertino italiano con finitura patinata è stato previsto per la zona giorno per riflettere al meglio la luce nella stanza. Qui è stata anche realizzata una boiserie in noce italiano con profili in ottone, che incornicia una veduta del Canal Grande di Venezia di Canaletto, incisa da Giovanni Brustolon nel XVIII secolo. La porzione di parete intorno a un grande camino è invece rivestita in pietra Petrified wood. Al piano superiore, nella zona notte, è stata ripetuta una boiserie in noce italiano con inserti geometrici in vetro laccato, specchio ambrato e ottone brunito. Sul pavimento è stato posato un legno di rovere di recupero; il marmo Calacatta oro è, invece, stato previsto in bagno. Il blu, colore prediletto dal proprietario, domina la cucina dove sono state posate ceramiche Gio Ponti disegnate per l’Hotel parco dei principi di Sorrento, il marmo LapisAzul per il piano della cucina e le pareti del bagno degli ospiti. A collegare i due ambienti, la scala in ottone, finito a cera naturale, frutto dell’incontro tra diverse suggestioni, Frank Lloyd Wright in Giappone, Mondrian, il Tempio d’oro di Kyoto. Il design è presente in tutta la casa con pezzi

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importanti. «Abbiamo selezionato arredi di qualità, per la maggior parte di autori e aziende italiane, rappresentativi di uno stile di vita e che potessero essere visti dal committente che ha voluto toccare con mano tutto: legni, pietre, vetri, stoffe», ha precisato Anna Barile. «Il tavolo Campo d’oro di De Padova è stato scelto per la sua geometria variabile, il divano di Zanotta e le poltroncine di Living divani per la loro forma compatta. I tavolini Classicon in sala sono stati scelti in omaggio alla madre del committente che era un’artista del vetro e il tavolo bianco di Gio Ponti, rieditato da Molteni, era perfetto per la sua ironia e leggerezza. Il reticolato su cui è posato il piano cambia colore a seconda della posizione da cui lo si guarda». Tra gli altri pezzi di design, il tavolo di Knoll in cucina, tributo agli anni 50, i lampadari sopra il tavolo da pranzo e nel bagno degli ospiti, pezzi unici di Bethan Laura Wood, l’ampio divano da conversazione esterno e le poltroncine esterne di Paola Lenti. Il design si alterna con armonia all’arte, che in questa casa nata dall’amore per l’Italia ha avuto lo scopo di aprire vedute sul paese e sulle sue bellezze architettoniche. Oltre alla stampa antica di Venezia in sala, ci sono due foto di Francesco Jodice raffiguranti Capri e, sul lato opposto della sala, un trittico di Caroline Gavazzi dedicato alle statue classiche. Al piano superiore c’è una vista di Torino firmata Massimo Siragusa. L’interno della dimora si rapporta con il terrazzo grazie alle ampie vetrate. Il dialogo tra i due ambienti è garantito dall’illuminazione che rende lo spazio fruibile anche di sera. Del resto quale momento migliore per ammirare il Duomo se non quando si illumina e, con la sua luce, brilla nel buio?

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L I G H T

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il living della dimora milanese dell’800; Divano Alastair Marta Sala Éditions; Tavolini Bell Table di classicon e sedia qtz di Alexander Lotersztain

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milanesi Una dimora di fine ottocento con parquet originale, maniglie in ottone e infissi in legno bianco si è trasformata in un incontro tra heritage e hi-tech testo babara rodeschini - foto Santi Caleca

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sopra, La cucina a isola caratterizzata dal pavimento in cementine optical di Couleurs & Matières; nella pagina accanto, la luminosa entrata della sala da pranzo

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ome is where the heart is, homeless is where the heart is not. L’opera di Ronnie Cutrone, che campeggia nella sala da pranzo, è il riassunto di uno stile di vita preciso nel centro storico di Milano. Qui, in un palazzo storico ottocentesco, Vudafieri Saverino Partners, che ha ristrutturato lo spazio e sviluppato l’interior, si è confrontato con il classico impianto a L delle dimore antiche. Lo spazio, un appartamento di 450 metri quadrati, si inserisce in contesto preciso, quello dell’alta borghesia della città, e diventa con lo studio milanese la base per dare consistenza al dialogo tra tradizione e avanguardia, tra classico e contemporaneo. Gli oltre 100 anni di storia dell’abitazione sono il bagaglio prezioso da cui parte l’analisi. «Ogni nuovo progetto residenziale rappresenta una sfida. Progettare una casa significa confezionare un abito su misura per un cliente che è protagonista del suo spazio, confrontandosi anche con le dinamiche private e sociali della sua vita», hanno spiegato Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino, «In questo caso si tratta di un appartamento di alto profilo: oltre 450 metri quadrati nel centro storico di Milano, abitato da committenti educati per storia famigliare ai valori dell’arte e del design. La sfida è stata riuscire a osare e rompere con la

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tradizione, rispettando allo stesso tempo l’antica identità degli spazi, concepiti secondo un classico impianto ottocentesco a L, in cui le stanze sono organizzate ai due lati di un lungo corridoio distributivo». In ottica di conservazione, sono stati quindi mantenuti i codici dell’abitazione storica, che definiscono lo statement del luogo e si lasciano contaminare da tele pop art. All’entrata sei opere di Andy Warhol dialogano inaspettatamente con la panca d’antiquariato e con gli oggetti di design come il tavolo da pranzo rettangolare disegnato da Tokujin Yoshioka per la collezione Element di Desalto o i lampadari Neverending glory pendant Bolshoi per Lasvit. Un racconto inaspettato, che pone al centro la relazione tra elementi e oggetti e spazio, disegnato per evidenziare il carattere familiare e accogliente dell’appartamento, dove non sono i muri a determinare la riorganizzazione spaziale bensì gli arredi. «Siamo riusciti a preservare il Dna architettonico originario, fortuitamente rimasto intonso fino ad oggi. La casa ha ritrovato i suoi pavimenti scricchiolanti in legno posato a spina di pesce, le maniglie in ottone delle porte, gli infissi a telaio bianco. Ma, contestualmente alla riqualificazione della sua versione originale, abbiamo riprogettato il layout della zona living insieme al camino integrato in una struttura archetipo valorizzata dalla finitu-

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la Sala da pranzo con tavolo desalto, Sedie In Between di &Tradition, Plane Chandelier di Tom Dixon e, Alla parete, quadro di Ronnie Cutrone

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sopra, la master room con la lampada Dórica di Santa&Cole e Poltrona Zarina di AdeleC

ra carbonizzata marmorino; ripensato al millimetro cucina e bagni e disegnato tutti gli arredi fissi. Con grande cura del dettaglio e delle prospettive visive», hanno proseguito gli architetti. Così le diverse aree sono divise tramite un sistema dinamico di boiserie nella master room, mentre la cucina è mimetizzabile a comando grazie a una vetrata scorrevole che crea due spazi separati, quello per la preparazione e quello più conviviale, uniti da un pavimento optical e da un oggetto inatteso per un ambiente come questo: il divano-panca rivestito in velluto capitonné cardinalizio. Gli ambienti, organizzati ai due lati del lungo corridoio e illuminati dalle lampade a sospensione realizzate da Bertrand Bals per Dcw éditions Paris, offrono punti di osservazione sorprendenti in un equilibrio matematico tra vintage e modernità. «Per raggiungere la cucina, posta sul fondo lontana da soggiorno e sala da pranzo, bisogna ancora percorrere il lungo corridoio distributivo e passare davanti alle camere», hanno sottolineato Vudafieri e Severino, «alla fine è prevalsa l’idea che in questo modo si creava un’interazione con tutta la casa durante ogni ora della giornata». Nel dettaglio, la zona living, composta da soggiorno e sala da pranzo, ruota attorno a elementi potenti come il camino, valorizzato dalla cornice originaria in marmo, un’opera di Rainer

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Fetting, il divano Alastair di Lazzarini Pickering architetti per MSE/Marta Sala Éditions e la seduta limited edition in acciaio inox Qtz di Alexander Lotersztain. Elementi distintivi che si snodano attraverso la planimetria andando a toccare le diverse zone di conversazione: da un lato, un salotto con il Bend sofa di B&B Italia su design Patricia Urquiola e i tavolini Basalto disegnati da Simone Cagnazzo per Gallotti&Radice; dall’altro, l’angolo studio con la Y-Chair, pezzo unico disegnato da Hans Wegner nel 1949 per Carl Hansen & Son e la scrivania Marta Sala Éditions che si affaccia sui divani Edra in velluto. In questo modo un’abitazione classica diventa un luogo di charme grazie a un costante lavoro di contrappunti e giustapposizioni. La sintesi tra un contesto di alto standing culturale e la visione architetturale sono alla base delle scelte di interior design. Il progetto abitativo si distingue disegnando un luogo, dove personalità e stile sono distintivi, che ospita idee inedite, a tratti irriverenti, che però non minano l’identità originale degli spazi. Anche le stanze più private sottolineano il desiderio di unire passato e futuro in un cocktail di raffinati mobili vintage, che arredano anche le sale da bagno, punti luce firmati, come la lampada Dórica di Santa&Cole, e pezzi di design come la poltrona Zarina di AdeleC.

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sky line la metropoli milanese suggerisce al design scorci, sguardi e inedite strade interpretative. progetti sospesi tra icone storiche e oggetti legati a luoghi simbolici e ai nuovi stili di vita della cittĂ

di alessandra laudati

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edoardo tresoldi

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Sacral. La scultura, utilizzata come sfondo, propone un dialogo tra architettura e arte. Ăˆ esposta al Museo della scienza di Milano

edra

Tatlin. Divano-totem in velluto da salotto e per spazi pubblici. Design Cananzi e Semprini

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Campari light. Sospensione con dieci bottiglie originali di Campari soda. I cubetti di ghiaccio in vetro sulla sommitĂ riflettono la luce. Design Raffaele Celentano

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Fortuny. Piantana ideata per la prima volta nel 1907. A suggerirne la base fu il treppiede della macchina fotografica. Design Mariano Fortuny y Madrazo

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Close up. Tavolini progettati per omaggiare le cittĂ italiane, tra cui Milano, Firenze, Venezia, Roma con visioni tra architettura e sogno. Design Anna Sutor

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I piumini in vera piuma d'oca dal 1907

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Milano. Divano con struttura in acciaio. Cuscino e seduta in poliuretano, schienale e braccioli in piuma d’oca

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Tour. Tavolo dotato di ruote di bicicletta con piano in vetro float molato. Forcelle cromate e ruote rivestite di gomma. Design Gae Aulenti

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Multilamp line black. Luci dal design industriale che ricordano un set cinematografico. In versione black o white. Design Emanuele Magini

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cc-tapis

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Mazzolino. Tappeto annodato a mano in lana e seta himalayana ispirato al Rinascimento. Design Studio Klass

COLLECTION PARTICULIèRE

Terra. Tavolino con intrecci di rosso ispirato alla piastrella di tradizione secolare lombarda. Design Luca Erba

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POLLICE ILLUMINAZIONE 100 ANNI DI LUCE

Quando si parla di Pollice IIluminazione non si può prescindere dal suo art director Marco Pollice. Nato a Milano, specializzato al Politecnico in illuminotecnica e a New York in regia cinematografica, Marco è erede di tre generazioni che, dal 1908, hanno trascorso la loro vita illuminando strade, gallerie, uffici, abitazioni con cura e sapienza. Oggi Pollice Illuminazione è un centro di consulenza e progettazione illuminotecnica, dedita allo studio degli effetti della luce sulla salute ed è impegnata nella produzione e distribuzione di lampade speciali con tecnologia innovativa. Durante il Fuorisalone 2019, Pollice Illuminazione inaugura Pollice LightLab, un laboratorio di ricerca e progettazione della luce del futuro in cui convergono scienza, arte, creatività, design, sostenibilità e produzione artigianale e dove architetti, artisti, designer e appassionati della luce hanno l’opportunità di mettere le proprie idee e competenze al servizio della salute dell’essere umano. FC01 e FC02, quadri di luce, design Florencia Costa - collezione Pollice LightGallery La nuova linea di prodotti Pollice LightGallery, al Fuorisalone 2019 si arricchirà di altre due sculture luminose da parete, FC01 (nella foto) ed FC02, quadri di luce in ottone lucido e bronzato chiaro disegnati da Florencia Costa, dove luce e arte diventano tutt’uno. Architetto e designer di origine argentina, Florencia Costa ha indagato il ruolo compositivo della luce in importanti esperienze professionali dove la sapiente alternanza di luce e ombra esalta gli aspetti più “materici” del costruire: su questo tema si è sviluppato il lavoro con Pollice Illuminazione. Nelle FC01 e FC02, prodotte in edizione limitata e certificata, la luce è infatti trattata come una materia, con consistenza e corporeità proprie in grado di affascinare. La luce di queste sculture luminose filtra oltre gli schermi frontali esaltandone i confini, dialogando con l’ombra, invitando lo sguardo, a esplorare la profondità dei volumi. NoName quadri di luce, design Giuseppe e Lazzaro Raboni e Marco Zanuso jr. - collezione Pollice LightGallery NoName è una lampada modulare progettata dagli architetti e designer Giuseppe e Lazzaro Raboni e Marco Zanuso jr., una nuova forma polifunzionale, un modulo base assemblabile ad altri con caratteristiche di metamorfosi. E’ pensata infatti per poter variare materiali e forme a seconda dei gusti, degli ambienti e naturalmente delle funzioni. Da sola è una lampada da tavolo o una applique; assemblata diventa luce sospesa o da terra. Realizzata in diverse essenze di legni pregiati e forgiati con sapiente maestria, racconta della ricerca di un perfetto equilibrio tra forma e metodo - che esprime l’interesse per la luce e la sua relazione armonica tra design e architettura, tra produzione artigianale e cultura dei materiali. Pollice Illuminazione presenta per il Fuorisalone del mobile 2019 in anteprima la versione ottone lucido e ottone bronzato chiaro in edizione limitata e certificata.

www.polliceilluminazione.it

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exterior design by alessandra laudati - artwork giorgio tentolini

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01 slamp. Cordoba, sospensione con forme architettoniche. Design Daniel Libeskind; 02 rimadesio. Zenit, libreria leggera e versatile. Design Giuseppe Bavuso; 03 interno italiano. Bard, imbottito omaggio alla città di Milano; 04 gan rugs. Mirage, tappeto con un’illusione ottica che ricorda i disegni futuristi. Design Patricia Urquiola; 05 désirée. Arlon, divano con struttura nascosta in metallo e alluminio. Design Matteo Thun e Antonio Rodriguez; 06 Visionnaire. King’s Cross, tavolini con telaio in noce canaletto a poro aperto e top in marmo. Design Mauro Lipparini

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01 Horm. Moony, credenza con lune in metacrilato che si accendono. Design Toyo Ito; 02 cassina. Delfi di Simoncollezione, tavolo con due basi monolitiche e piano in pietra. Design Marcel Breuer e Carlo Scarpa; 03 Kitchen aid. Bollitore con doppia parete interna; 04 fornasetti. Cupola, piatti in porcellana e oro; 05 artemide. Alphabet of light, luce a sospensione; 06 elam. Opera, cucina con ante e cassettoni in diverse dimensioni; 07 thonet. 118, sedia che ricorda il modello Milano; 08 alessi. Pulcina, caffettiera in fusione di alluminio. Design Michele De Lucchi

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01 porro. Balancing boxes, tavolino costituito da una serie di scatole in legno sovrapposte; 02 poliform. Elise, pouf morbido dalla forma circolare; 03 bolzan letti. Jack, letto con testiera e pediera in pelle e tessuto con soluzione reversibile. Profilo lineare e tratti grafici marcati. Design Zanellato/Bortotto studio; 04 flos. Parentesi, lampada storica da terra con un faro che scorre su di un cavo di acciaio teso. Design Achille Castiglioni e Pio ManzĂš. 05 riflessi. Pegaso, consolle con base in metallo e piano in vetro; 06 tato. Vox, lampada con base in marmo

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01 boffi. Simple, cassetti in metallo opaco apribili a pressione. Design Piero Lissoni; 02 bottega ghianda. Cestino per la carta composto da 89 baguette di faggio; 03 inda. Specchio da bagno satinato senza cornice; 04 antrax. Chinook, radiatore free standing scultoreo con dischi di alluminio. Design Francesco Lucchese. 05 antonio lupi. Reflex, vasca trasparente in resina colorata con diverse nuance; 06 Oluce. Sonora, lampada iconica a sospensione del 1976. Design Vico Magistretti; 07 marazzi. Grande marble look Saint Laurent, grès porcellanato colorato in massa

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fashionable project by margherita malaguti

I grandi nomi del design made in Italy sono di moda. E non solo per una questione di trend. A coprire oggi il ruolo di amministratore delegato di Icg-ItalianCreationGroup, holding inserita nell’arredamento di alta gamma con i brand Driade, Valcucine, FontanaArte e Toscoquattro, è infatti il manager del fashion system Giuseppe Di Nuccio. Ex ceo di Borbonese e con in curriculum esperienze da Armani, Jil Sander e Burberry, l’executive ha preso la guida della company nel marzo 2018 e da allora ha sempre tenuto premuto l’acceleratore del gruppo che corre adesso sul circuito del lusso con il metodo della moda. Tra velocità record e nuovi tecnici, come ha spiegato a MFL-Magazine For Living lo stesso Di Nuccio. Lei ha un punto di vista originale sul mondo del design. Chi è ai suoi occhi Icg? È un gruppo che raccoglie aziende uniche che da sempre sono la massima espressione del design. Il Dna dei nostri marchi è italiano e ci proponiamo di valorizzare il Made in Italy promuovendolo nel mondo in maniera fattiva. All’estero è ancora un valore importante. Come per la moda. C’è qualcosa che ha messo in valigia quando ha salutato il fashion system e che le è tornato utile in quest’ultimo anno? È innegabile che la mia esperienza e il know how proveniente dalla moda mi abbiano ac-

compagnato fino a qui e siano stati determinanti per portare un cambiamento di mentalità in un settore, quello del design, che purtroppo è ancora poco avvezzo alle novità. La moda è un comparto giunto a maturazione da molti anni e al tempo stesso si mantiene in continua evoluzione. Essere riuscito a fare tesoro dei suoi fattori ci permette ora di essere pronti ad affrontare un mercato sempre più veloce ma non per questo meno attento ed esigente. Per farlo ha avuto bisogno di un nuovo team? Ho inserito una figura di strategic planner director con un relativo ufficio, creato ad hoc, di business development e controlling che presidia oggi tutte le aree: creativa, produttiva e commerciale. Le grandi sfide non si possono vincere da soli. Ha portato con sé una piccola rivoluzione… Per questa nuova fase abbiamo lavorato duramente all’elaborazione del piano strategico quinquennale approvato dagli azionisti lo scorso dicembre. Ho ridisegnato tutti i processi per intervenire in modo sostanziale sulla catena del valore. Con coraggio ed energia. Era fondamentale cambiare radicalmente l’approccio. L’heritage di questi brand da solo non basta per soddisfare le aspettative del business.

in alto, da sinistra, un ritratto di giuseppe di nuccio (foto Settimio Benedusi) e la lampada setareh disegnata da francesco librizzi per fontanaarte

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Parlando proprio dei marchi del gruppo, qual è la sua fotografia? Driade ha sempre percorso una sua strada, sofisticata e contro le regole. Per questo è il brand più fashion che abbiamo. FontanaArte è invece la quinta essenza dello stile decorativo basato su vetro e metallo, con interpreti che hanno fatto la storia a partire dal suo fondatore Gio Ponti. Valcucine ha una missione innovativa nell’industria cuciniera, mentre Toscoquattro con il suo motto «Acqua e scultura» rappresenta ciò che di meglio si possa progettare in un bagno. È giovane ma conta già firme come Van Duysen e Silvestrin. Nomi altisonanti del design, eppure lei sembra contrario a un linguaggio elevato… Chi ha il privilegio di fare il nostro mestiere ha la responsabilità di educare alla bellezza. E in questo, più della moda, il design si avvicina all’arte. Se ci poniamo come obiettivo quello di parlare a un pubblico più ampio, il prodotto diventa fondamentale per rendere comprensivo un linguaggio troppo spesso elitario. Recentemente ha però nominato un altro big name, Fabio Novembre, come art director di Driade. Coma mai questa scelta? La novità sostanziale che ho introdotto è stata proprio quella di aver individuato un art director per ciascun brand. Sembra una banalità, ma nel design non è sempre così. Eppure il binomio direttore creativo-ceo è un dualismo che nella moda è motore di successo. La creatività è fondamentale, ma da sola non basta. Fabio è il giusto interprete per Driade. Sembra che le sue strategie stiano funzionando… Finalmente il gruppo ha superato 52 milioni dopo anni di difficoltà e in soli 10 mesi. Con risultati rassicuranti per tutti i brand e il break even di Valcucine. Quali invece gli obiettivi che intende raggiungere a medio termine? Il business plan 2018/2022 prevede di superare 110 milioni di euro. Quest’anno sarà la volta di FontanaArte e il prossimo quello di Driade. Nel frattempo ci stiamo guardando intorno per nuove acquisizioni, non necessariamente nel mondo del design. Il mio mantra? Il futuro è oggi perché il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo.

in questa pagina, dall’alto, la seduta nemo di driade creata da fabio novembre, la collezione leacque di toscoquattro e la genius loci di valcucine ideata da gabriele centazzo

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GLI INGREDIENTI DELLA CERAMICA ITALIANA CHE FANNO LA DIFFERENZA SONO ALESSANDRO, DAVIDE, ILARIA E ROBERTO.

CERAMICS OF ITALY. ITALIANS MAKE THE DIFFERENCE. Gli ingredienti della ceramica italiana che fanno la differenza sono gli italiani. Come Alessandro, Davide, Ilaria e Roberto, che ogni giorno con il loro lavoro contribuiscono a fare della ceramica italiana la migliore del mondo. Solo i più importanti produttori italiani di ceramica - piastrelle, sanitari e stoviglie - possono fregiarsi del riconoscimento Ceramics of Italy, garanzia di qualità, design e stile italiano. Per questo chiedi sempre il marchio Ceramics of Italy, sinonimo di eccellenza della ceramica in tutto il mondo.

ceramica.info

Ceramics of Italy, promosso da Confindustria Ceramica - l’Associazione dell’industria ceramica italiana - è il marchio settoriale di Edi.Cer. S.p.A. società organizzatrice di Cersaie (Salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno Bologna, 23-27 settembre 2019 - www.cersaie.it).

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&tradition 8&A architetti Adelec Agapecasa Alessandro Iovine Alessandro Mendini Alessi Alex Chinneck Alivar Amanda Pinatih Andrea Castrignano Andrés Reisinger Anna Sutor Antonio Lupi Antrax Armani/casa Artemide Aston Martin Astrid Luglio Atelier Biagetti Atmosphera Attila Veress Attimi by Heinz Beck Azucena B&b Italia Baxter BENTLEY HOME Bethan Laura Wood Bitossi home Boffi Bolzan letti Bottega ghianda Brionvega Bross Calia Italia Campidarte Cappellini Capsula mundi Caracol studio Casamilano Cassina CC-tapis Christian Fischbacher Citterio ClassiCon Collection Particulière Couleurs & Matières Danese Milano Daniel Libeskind De Castelli De Padova Desalto Design Museum Dharavi DESIGNBYGEMINI Designbythem Désirée Diamantini Domeniconi Dimorestudio Dovetusai Driade Edoardo Tresoldi Edra Egoe life Elam Emanuele Magini Emporio Armani caffè Emu Estúdio Ronald Sasson Etel Ethimo Expormim Extroverso Fabio Novembre Fabio Rotella Fendi casa Firmamento Milano Flatwig studio Flos Fondazione Arrigo e Pia Pini Fontanaarte Formafantasma Fornasetti Foro Studio Foscarini Francesco Bolis Francesco Jodice Francesco Librizzi Francesco Lucchese Francesco Rota Franco Raggi Fredericia Gabriella Crespi Gan rugs Gervasoni Gio Ponti Giorgetti Giuseppe Bavuso Horm

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andtradition.com Hortensia 8ea.it Icgadele-c.it ItalianCreationGroup agapecasa.it Ideal Standard alessandroiovine.it Il luogo di Aimo e Nadia ateliermendini.it Ilaria Bianchi alessi.com Inda alexchinneck.com Ingo Maurer alivar.it Interno italiano madepinatih.com Itlas andreacastrignano.it J Mayer H reisinger.studio Jannelli e Volpi annasutor.com Junya Ishigami antoniolupi.it Karakter antrax.it Kitchen aid armani.com Knoll artemide.com La riggiola formitalia.it/aston-martin Lapalma astridluglio.com Living divani atelierbiagetti.com Loewe atmospheraitaly.com louis vuitton attilaveress.com Luca Erba attimi-heinzbeck.it Magis azucena.it Marazzi bebitalia.com Marco Balich baxter.it Mario Cananzi luxurylivinggroup.online Marta Sala éditions bethanlaurawood.com Matteo Thun bitossihome.it Mauro Lipparini boffi.com Mdf Italia bolzanletti.it Michele de Lucchi bottegaghianda.com Migliore+Servetto brionvega.it Architects bross-italy.com Milan design market caliaitalia.com Mist-o campidarte.com MisuraEmme cappellini.it Modulnova capsulamundi.it Molteni caracolstudio.com Nanban casamilanohome.com Natevo cassina.com Natuzzi cc-tapis.com Nemo fischbacher.com Nilufar antonio-citterio.it Norman Copenhagen classicon.com Oluce collection-particuliere.fr Orticanoodles couleurs-et-matieres.fr Pablo Reinoso danesemilano.com Pallucco libeskind.com Paola Lenti decastelli.it Paola Navone depadova.com Patricia Urquiola desalto.it Peck designmuseumdharavi.org Pedrali designbygemini.com Perrier-Jouët designbythem.com Peugeot gruppoeuromobil.com/ita/desiree Piero Lissoni diamantinidomeniconi.it Poliform dimorestudio.eu Poltrona Frau dovetusai.it Porro driade.com Prima Milano edoardotresoldi.com ps+a Palomba Serafini edra.com Associati egoe-life.eu Riflessi tisettanta.it/elam Rimadesio emanuelemagini.it Riva 1920 armani.com Roberto Semprini emu.it Rossana Orlandi estudioronaldsasson.com.br Santa&Cole etel.design Scab design ethimo.com Seletti expormim.com Slamp extroverso.it Snøhetta novembre.it Sovrappensiero design studiorotella.com studio fendi.com Stefano Boeri firmamentomilano.com Studio Jan Plechac & flatwig.com Henry Wielgus flos.com Studio Klass Studio Layer pinifoundation.com Studio Sahil fontanaarte.com Tato formafantasma.com Thonet fornasetti.com Tiffany & Co. forostudio.com Tom Dixon foscarini.com Ton francescobolis.com Toscoquattro francescojodice.com Toyo Ito francescolibrizzi.com Tre-P&Tre-Più francescolucchese.com Tsukasa Goto francescorota.com Valcucine francoraggi.com Venini fredericia.com Verde profilo gabriellacrespi.it Versace home gan-rugs.com collection gervasoni1882.it Visionnaire gioponti.org Write sketch & giorgettimeda.com Zanellato/Bortotto bavuso-design.com Studio horm.it Zanotta

hortensia.it italiancreationgroup.com idealstandard.it aimoenadia.com ilabianchi.com inda.net ingo-maurer.com internoitaliano.com itlas.com jmayerh.de jannellievolpi.it jnyi.jp karakter-copenhagen.com kitchenaid.it knoll.com la-riggiola.com lapalma.it livingdivani.it loewe.com louisvuitton.com lucaerba.eu magisdesign.com marazzi.it balichws.com mariocananzi.com martasalaeditions.it matteothun.com maurolipparini.com mdfitalia.com micheledelucchi.it architettimiglioreservetto.it milandesignmarket.com mist-o.com misuraemme.it modulnova.it molteni.it nan-ban.com natevo.com natuzzi.it nemolighting.com nilufar.com normann-copenhagen.com oluce.com orticanoodles.com pabloreinoso.com pallucco.com paolalenti.it paolanavone.it patriciaurquiola.com peck.it pedrali.it perrier-jouet.com peugeot.it lissoniassociati.com poliform.it poltronafrau.com porro.com primamilano.it palombaserafini.com riflessi.it rimadesio.it riva1920.it robertosemprini.it rossanaorlandi.com santacole.com scabdesign.com seletti.it slamp.com snohetta.com sovrappensiero.com stefanoboeriarchitetti.net janandhenry.com studioklass.com layerdesign.com studiosahil.com tatoitalia.com thonet.de tiffany.com tomdixon.net ton.eu toscoquattro.it toyo-ito.co.jp trep-trepiu.com tsukasagoto.com valcucine.com venini.com verdeprofilo.com versace.com visionnaire-home.com writesketchand.com zanellatobortotto.com zanotta.it

MF

il quotidiano dei mercati finanziari

Direttore ed Editore Paolo Panerai Direttore ed Editore Associato Gabriele Capolino

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Magazine For Living Direttore

Stefano Roncato (sroncato@class.it)

Redazione

Chiara Bottoni (caposervizio, cbottoni@class.it) Tommaso Palazzi (caposervizio, tpalazzi@class.it) Cristina Cimato (ccimato@class.it)

Grafica

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Hanno collaborato

Margherita Malaguti, Arianna Bassi, Nicole Bottini, Chiara Chiapparoli, Alessandra Laudati, Barbara Rodeschini, Angelo Ruggeri, Giorgio Tentolini, Margot Zanni foto

Archivio Gabriella Crespi, Ikon, T-space, Gianni Basso, Sylvie Becquet, Settimio Benedusi, Santi Caleca, Lorenzo Carone, Francesco D'Angelo, Simona Flamigni, Cristopher Ghioldi, Mattia Iotti, Andrea Martiradonna, Marco Menghi, Marton Perlaki, Rodrigo Reinoso, Silvia Rivoltella, Javier Agustín Rojas, Carlo William Rossi + Fabio Mureddu, Jose Santopalomo, Lorenzo Scaccini, Alberto Strada, Sirio Vanelli

Presidente Giorgio Luigi Guatri Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Amministratore Delegato Paolo Cuccia Consiglieri Delegati Gabriele Capolino, Angelo Sajeva Consigliere (Chief Luxury Coordinator) Mariangela Bonatto Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva Vice Presidenti, Mariangela Bonatto, Andrea Salvati, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web, Business, Stefano Maggini Vice Direttore Generale TV e TelesiaTv, Consumer, Giovanni Russo Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1

Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: Elcograf spa, via Mondadori 15, 37131 Verona Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai

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